BALLETTO NAZIONALE DELLA GEORGIA
DEL POPOLO
ce
vo
/la
.hr
dit
w.e
ww
palcoscenico
An
no
I
• n. 2
5
• Martedì, 3 maggio 200
Sipario
UN CAFFÈ CON...
Pippo Rota
Pagina 2
LE RECENSIONI
Macbeth
Pomeriggi musicali
Cabaret
Pagina 3
TEATRO
DI: viaggio nel tempo
Pagine 4-5
IL PERSONAGGIO
Neva Rošić
Pagina 6
IL BALLETTO
Balletto Nazionale
della Georgia
Pagina 7
NOTES
Maggio nelle CI
Pagina 7
CARNET PALCOSCENICO
Il cartellone del mese
Pagina 8
2 palcoscenico
Martedì, 3 maggio 2005
UN CAFFÈ CON ... PIPPO ROTA
Il teatro è la vita in diretta
di Marianna Jelicich Buić
U
na presentazione chiara, sobria e puntuale quella che il professor Paolo Quazzolo, docente presso l’Università degli Studi di Trieste, inserisce all’inizio del volume “Teatro” di
Giuseppe Pippo Rota, recentemente presentato presso la Comunità degli Italiani “Fulvio Tomizza” di Umago.
Pubblicato nell’ambito della collana
“Biblioteca Istriana”, progetto realizzato
grazie alla collaborazione UI-UPT, il libro propone una scelta di nove testi teatrali che vanno da Vita de casa nostra, nata
nel ‘73 come atto unico e poi ampliata a
tre atti, fino alla recente commedia in due
atti Carosello umaghese, che ha toccato
nella sua lunga tournée 18 località. Oltre
a queste due, nell’opera “Teatro” possiamo
trovare le commedie Sposite e te vedarà,
Sposarse...ogi e Xe tuti parenti streti, l’atto unico Clienti esigenti, il dramma Maledetti confini, il radiodramma Odissea di un
adolescente, e lo scherzo in un atto L’ultimo de carneval.
Che commedia
questo dramma!
Anche se non esiste una storia scritta
del teatro in lingua italiana dell’Istria e di
Fiume, Quazzolo dice, nella sua presentazione, che la scrittura drammaturgica e la
pratica del palcoscenico su questi territori
risalgono alla fine del Trecento con la commedia Paulus del capodistriano Pier Paolo
Vergerio, al quale sono seguiti molti altri
autori di teatro. A partire dall’istituzione,
nel 1946, del Dramma Italiano di Fiume
inizia a svilupparsi sempre più la composizione e la rappresentazione di testi drammatici, e sempre più autori decidono di
cimentarsi con il linguaggio drammatico.
Spesso, e questo è il caso anche di Rota,
l’autore sceglie una scrittura scenica che
alterna il dramma alla commedia, il dialetto alla lingua italiana. Sono soprattutto le
commedie quelle che maggiormente attirano il pubblico, che sulla scena rivive e rivede le situazioni e i personaggi della vita
quotidiana. Sono soprattutto le battute tristemente vere, a farci ridere di più.
Giuseppe Pippo Rota, anche se nato a
Siracusa, è un umaghese d.o.c. e sin dagli
anni giovanili si sente portato per il teatro.
Negli anni che lo vedono studente del ginnasio Carlo Combi di Capodistria, recita
in diverse commedie accanto a Elsa Fonda,
Fulvio Tomizza e Anton Marti. Ed è proprio di questo periodo la prima storia che ci
racconta il nostro interlocutore.
“Era la sera dell’8 ottobre del 1953. Stavamo recitando una commedia brillante a
Isola quando ad un tratto entra la polizia
gridando e interrompendo lo spettacolo:
se serava i blochi. Noi con un pulmino, in
fretta e furia, siamo tornati a casa. L’8 otto-
bre dell’anno scorso, destino ha voluto che
ci trovassimo a recitare Carosello umaghese proprio a Isola. Alla fine dello spettacolo sono uscito sul palco e ho ricordato
la vicenda concludendo Dopo 51 ani, semo
ancora qua!.”
All’esperienza presso il Teatro del popolo di Capodistria è seguita anche quella al Dramma Italiano di Fiume, accanto
a Mascheroni e Scaglia. Si iscrive nel ‘55
alla Facoltà di Romanistica presso l’Università di Lubiana e, conseguita la laurea,
fa il servizio militare.
Insegnante, preside,
giornalista, politico…
”Anche durante questo periodo ho fatto teatro: sentirmi parlare in croato e capire
fischi per fiaschi, era un autentico spettacolo!” ci dice scherzosamente Rota.
Dal 1961 in poi, fa l’insegnate, ricoprendo anche il ruolo di direttore e di preside delle istituzioni scolastiche italiane
P
er trovare l’ispirazione io mi affaccio alla
finestra e guardo la gente. La vita in diretta,
potremmo dire, in tutti i suoi aspetti. Da qui nasce
la storia che poi si sviluppa e arricchisce di
personaggi. Alcuni sono tipici, altri macchiette, altri
ancora completamente reali. Sono storie di vita
vera. Per questo motivo mi sono sentito dire molte
volte dalla gente che ha guardato lo spettacolo “ma
cosa anche lei conosi mia suocera” oppure “ma el
vardi che anche a mi me ga sucesso la stesa roba”
di Umago e Buie. Si è occupato anche di
giornalismo e per dieci anni è stato annunciatore a Radio Capodistia. Per dieci anni,
inoltre, è stato anche presidente dell’Unione Italiana, e ora, per qualche mese ancora,
è vicepresidente della Regione Istria. Poi la
tanto attesa e meritata pensione. Ma la passione per il teatro lo ha accompagnato nel
corso di tutti questi anni, anche portando
avanti la filodrammatica della Comunità
degli italiani di Umago. Ed è stata proprio
la stanchezza di passare ore e ore nelle biblioteche a cercare un testo da cui attingere il prossimo spettacolo, a fargli decidere
di scrivere lui il copione. Così è nato il primo atto di Vita de casa nostra che, visto
il successo riscosso, si è sviluppato in tre.
La pubblicazione di Teatro, pertanto, è un
motivo di gioia, non solo personale ma anche collettivo: una fonte da dove poter attingere anche per le generazioni future.
Il palcoscenico?
È la vita in diretta
Ma come nasce una sua opera?
“Per trovare l’ispirazione io mi affaccio
alla finestra e guardo la gente. La vitta in
diretta, potremmo dire, in tutti i suoi aspetti. Da qui nasce la storia che poi si sviluppa e arricchisce di personaggi. Alcuni personaggi sono personaggi tipici, altri macchiette, altri ancora completamente reali,
come nel caso del protagonista del radiodramma Odissea di un adolescente. Quando poi ho scritto il testo, lo passo a 2-3 amici che lo leggono e loro sono la mia giuria.
Sono storie di vita vera. Per questo motivo
mi sono sentito dire molte volte dalla gente
che ha guardato lo spettacolo ma cosa anche lei conosi mia suocera? oppure ma el
vardi che anche a mi me ga sucesso la stesa
roba. Eclatante l’episodio di Lussinpiccolo
dove abbiamo recitato L’ultimo de carneval, nel quale si parla di Bepi, inflessibile padre di famiglia, che durante una festa
in maschera corteggia una bella dama che
poi si scopre essere sua moglie. La stessa
cosa era successa proprio lì e ho anche conosciuto i due personaggi, questa volta rea-
li. Le commedie di questo tipo sono quelle
che la gente ama vedere, quelle che riempiono i teatri e, come mi è stato detto recentemente, dopo che go visto el suo spetacolo ridevo per tuta la setimana! - la gente
ha bisogno di questo, di ridere, per dimenticare almeno un po’ la quotidianità e i suoi
innumerevoli problemi. Mi ricordo nell’
‘89 quando abbiamo recitato a Mestre: per
la prima volta ho visto i pompieri che contenevano la folla, con la scritta “esaurito”
davanti al teatro, mentre altre 200 persone
aspettavano in fila lo spettacolo successivo.
Strabiliante.”
Il testo drammatico è sempre meno efficace della messa in scena; chi lo legge fa
fatica spesso a ricordarsi tutti i personaggi, specialmente se sono tanti, e manca poi
il fattore umano, quello del tono di voce,
dell’espressione, della mimica che spesso
sono fondamentali per ottenere l’emozione
e l’effetto voluto. Mi ricordo, per fare un
esempio, di Pino Degrassi nella parte del
cameriere in Clienti esigenti - nonostante
le battutte fossero divertenti, era soprattutto la sua presenza, la sua immedesimazione, a far morir dal ridere il pubblico.
“Il trucco sta nel riuscire ad assegnare il
personaggio all’interprete più adatto, a uno
che riuscirà a renderlo al meglio e trasporne le caratteristiche. In Carosello umaghese molte persone recitano per la prima
volta e questa non è una situazione facile
da gestire se si pensa che è fondamentale
riuscire a tirar fuori la spontaneità, quella
recitazione che non sia farsa. Comunque
ce l’hanno fatta e, anzi, alcuni sono stati un’autentica rivelazione. La difficoltà
maggiore, quando si scrive un testo per il
teatro, è che, rispetto alla poesia, ad esempio, bisogna tirar fuori e sviluppare tanti
caratteri al di fuori di se stessi.”
Professione del futuro
pensionato-scrittore
Progetti per il futuro?
“Tra i prossimi impegni, la messa in
scena del dramma Maledetti confini! in
occasione del tradizionale simposio internazionale “Tomizza e noi” che si svolgerà
tra pochi mesi a Umago. E poi, con l’arrivo della pensione, quello di riprendere
a scrivere visto che ho già diversi temi in
mente.”
Tra cose di teatro, aneddoti e storie di
vita, con Pippo Rota si potrebbe stare per
ore e ore senza annoiarsi mai, proprio come
guardando le sue commedie. Ma ahimè, le
prove con la filodrammatica lo attendono
e dobbiamo salutarci. E mentre rimango a
finire la mia bibita, mi tornano in mente le
sue battute, la sua contagiosa risata, ma anche i suoi discorsi ufficiali e tutte le saggezze. E, come nel suo Carosello umaghese, vedo una miriade di personaggi che poi
sono un personaggio solo: e quello che provo è pura e semplice ammirazione.
palcoscenico 3
Martedì, 3 maggio 2005
LA RECENSIONE/CABARET
LA RECENSIONE/OPERA
Il dramma della coscienza
Maurizio Crozza torna sul palcoscenico
Potere, ambizione e ambiguità in Macbeth
“Due rette che vanno
all’infinito ... chi le paga?”
di Emilia Marino
Torna attesissimo al Teatro
Lirico Giuseppe Verdi di Trieste, dopo vent’anni dall’ultima
rappresentazione, “Macbeth”,
melodramma in quattro atti su
libretto di Francesco Maria Piave, tratto dall’omonima tragedia
di William Shakespeare, musicato dal grande compositore di
Busseto.
Allestite in coproduzione fra
il Ravenna Festival, il Teatro
Comunale di Bologna e il Teatro Lirico triestino, le sette repliche dello spettacolo (l’ultima il
21 aprile) portano la firma, per
la regia, del noto coreografo
russo-belga Micha Van Hoecke,
di Edoardo Sanchi per le scene,
Marella Ferrara per i costumi,
di Daniele Naldi per il disegno
luci; la direzione musicale alla
bacchetta del maestro concertatore Elio Boncompagni.
Rarità fra le opere dell’Ottocento, “Macbeth” non è un
dramma d’amore ma della coscienza: il dramma di una coppia criminale, la cui ambizione
ha il sopravvento fino ad indurre il Generale dell’esercito del
Re, sobillato dalla spregiudicata assenza di scrupoli della consorte, a sedare la sete di potere
con azioni che comporteranno
un’ineluttabile condanna –non
solo morale- per entrambi.
Schiacciato e tormentato dai
sensi di colpa per i delitti commessi, Macbeth viene travolto
dalla follia visionaria: l’apparizione dell’assassinato Banco lo
spinge ad aggrapparsi agli ambigui vaticini delle streghe nel
presagio di un tragico destino
incombente.
Incubi e delirio anche per
Lady Macbeth che, oppressa
dalle allucinazioni, finisce per
confessare i suoi misfatti prima
di morire.
Una sceneggiatura dettagliata dal ritmo incalzante: su
questa partitura Verdi, grande
estimatore del drammaturgo inglese, commissionò a Piave un
libretto che rispettasse la struttura drammatica originale in
questo suo primo incontro con
un modello shakespeariano.
Sul piano musicale, peculiarità dell’opera è la mancanza del
timbro tenorile per la parte protagonista: all’americano Mark
Rucker è stato affidato il ruolo
baritonale di Macbeth.
Lady Macbeth, una vocalità
drammatica a esprimere passione malvagia e desiderio di potenza, ha visto alternarsi le soprano Tatiana Serjan e Marina
Shevchenko.
S’affiancano il basso (fiumano) Giorgio Surian nei panni di Banco, il tenore Valter Borin in Macduff, Gianluca Bocchino come Malcolm, Antonella
Rondinone dama di Lady Macbeth e Nicolò Ceriani come medico.
Completano il cast Luca Tittoto, Giuseppe Pizzicato, Marzia Falcon nel ruolo di Ecate, i
solisti dei Piccoli Cantori della
Città di Trieste, l’Ensemble di
Micha Van Hoecke, il coro preparato dal M° Lorenzo Fratini,
il Corpo di Ballo e l’Orchestra
del Verdi.
In una scenografia assolutamente sobria ed essenziale rompe - mantenendo un equilibrio
stilistico perfetto - la scelta artistica di costumi nipponici che,
pur se in contrasto filologico con
l’ambientazione dell’azione in
terra scozzese, danno alle scene
un’atmosfera rarefatta, poetica
ed intensa.
Le suggestioni create dagli
evocativi e seducenti balletti diretti dal grande coreografo contribuiscono a far percepire danza, canto e la sempre vibrante
musica verdiana come un momento d’arte scenica unico che
suscita accesi unanimi entusiastici consensi di pubblico e di
critica. Spettacolo da vedere.
Chiude con Maurizio
Crozza il cartellone “Cabaret” del Teatro Stabile del
Friuli Venezia Giulia dopo i
successi delle esilaranti performance di Gene Gnocchi,
Sabina Guzzanti ed Enrico
Bertolino.
Ognuno è libero di credere, valutare e scegliere ciò che
la società dell’informazione
- fatte salve censure, superficialità, gossip, piaggeria e
malafede - offre ai nostri giudizi: da tale assunto il proposito (forse troppo ambizioso)
di un’analisi sarcastica del
mondo in cui viviamo.
Intento impegnativo che
richiede al comico genovese
di portare sulle scene alcuni
dei suoi più famosi personaggi attraverso cui commentare
spiritosamente argomenti anche spinosi dell’attualità: ad
un ridicolizzatissimo George
‘dabliu’ Bush è affidata la denuncia – dai toni un po’ scontati - sulla guerra e lo sfruttamento delle popolazioni più
povere; le improbabili confusionarie lezioni del simpatico
Zicchichi danno il la a battute
sul delirio tecnologico e scientifico sempre più spregiudicato e sull’imperfezione evolutiva della supponente specie
umana (“per il 99,4% siamo
ancora delle scimmie”)!
All’originale gag sulla sospetta propensione alla beneficenza del più illustre dei
nostri tenori - che gorgeggia
grottesche arie “faccio del
bene… solo se mi conviene”
- seguono mordaci battute
su banche e “bancherotte”,
giustizia e leggi “salva-parlamentari”, condoni a tutela
degli evasori abituali e promesse elettorali “quasi” mai
tradite (“Signora, s’è accorta
che Berlusconi ha abbassato
le tasse? No?... Aspetti di guadagnare di più”).
Una satira non sempre
tagliente e con uscite talora
ovvie o già sentite diverte comunque la platea accorsa ad
applaudire il noto caratterista televisivo di Avanzi, Tunnel, Mai dire gol e Quelli che
il calcio.
Sul palcoscenico, insieme a
Crozza, Savino Cesario (voce
e chitarra) e Silvano Belfiore
(tastiere) si prestano a spalla
per canzonature e domande
provocatorie.
Produzione del Teatro
dell’Archivolto di Genova,
lo spettacolo ha come autori
Vittorio Grattarola, Massimo
Olcese, Giorgio Gallione –che
cura anche la regia- e lo stesso Crozza che saluta il pubblico triestino ammonendo
“chi va con lo zoppo,… prima
o poi lo supera”. (em)
LA RECENSIONE/RITMI
Dai Pomeriggi musicali alla Sala Bartoli del Rossetti
Narrare e sedurre (con le note)
di Rossana Poletti
“OPERETTA JAZZ - l’operetta a ... ritmo di Shimmy e di
fox trot” ha concluso venerdì 8
aprile i “POMERIGGI MUSICALI AL ROSSETTI”. Il ciclo di appuntamenti ospitati alla
Sala Bartoli del Politeama Rossetti di Trieste, nei mesi di marzo e aprile, è stato organizzato
dall’Associazione Internazionale dell’Operetta per il secondo
anno consecutivo. Al pubblico
è stato offerto un percorso tra
jazz, spirituals, musiche da film,
passando attraverso un doveroso
omaggio a Giorgio Gaber, amato
cantautore recentemente scomparso di cui sono note le origini
triestine, per concludersi con un
concerto d’operetta. La rassegna
ha registrato il tutto esaurito con
un’accoglienza entusiastica di
pubblico e critica.
Il primo appuntamento ha visto in scena il gruppo “Aljoša
Jerič Quartet”, con musicisti di
ambedue le parti del confine italo-sloveno con un itinerario dal
musical al jazz contemporaneo,
che racconta di luoghi rarefatti
ed emozioni sfumate, di fumosi caffè e di un libro che narra
e seduce.
Potente e mistica Cheryl Porter, accompagnata al pianoforte
da Michele Bonivento, ha scosso la platea con il suo caldo e
profondo messaggio d’amore.
“Amazing grace” - ha spiegato
la cantante - è così significativa per la tradizione spiritual da
poter essere considerata l’equivalente di una preghiera del calibro del Padre Nostro.”
E’ stata poi la volta del Movies Trio che ha proposto una serie di temi musicali appartenenti ad alcune tra le più belle produzioni filmiche e di commedia
musicale italiane ed estere. Gli
splendidi arrangiamenti e i frequenti e giocosi duetti tra piano-
forte e clarinetto hanno creato
una magica e piacevole atmosfera addolcita dalle note suadenti
del violino.
Da Jacques Brel trae ispirazione Walter Di Gemma, come
già avvenne per Gaber. Infatti
nella musica e nel canto del giovane cantautore milanese, che ha
proposto un mix di canzoni sue e
di Giorgio Gaber, traspira quella
malinconia che ha caratterizzato
tutta l’opera del cantante milanese, e che origina dal messaggio del cantante belga: la libertà
di pensiero e di coscienza come
unica via di espressione del sentimento e della poesia.
Ed è stato gioco forza, per
l’Associazione
dell’Operetta,
concludere con un concerto dedicato alla piccola lirica. Il tenore Andrea Binetti e il soprano
ungherese Krisztina Nemeth, accompagnati al pianoforte da Federico Consoli hanno proposto,
venerdì 8 aprile, brani tratti dal-
le operette più note: La bajadera, La danza delle libellule, Scugnizza, La duchessa di Chicago,
Il trillo del diavolo, Al cavallino
bianco, Fior d’Haway e altre ancora. Siamo negli anni ‘ 20, gli
anni folli del charleston, del jazz
e delle prime commedie musicali americane di Youmans e Kern.
La musica “nera” sconvolge il
mondo della canzone; l’operetta ormai ha assorbito danze “a
la mode” come il fox trot e lo
shimmy, accetta i nuovi ritmi
e immette, fra i sospirosi duetti del soprano e del tenore, motivi profumati di jazz-band e di
swing. Il musical di Broadway
avanza prepotente, l’operetta
deve cedere il passo. Saranno gli
spartiti di Porter, Berlin, Rodgers, i continuatori di quel meraviglioso alternarsi di danza, prosa e canto.
4
palcoscenico
Martedì, 3 maggio 2005
Martedì, 3 maggio 2005
5
TEATRO Per chi il teatro lo ama e per chi deve ancora conoscerlo: 60 anni di storia della “nostra” Compagnia (2 e cont.)
Dramma Italiano: viaggio nel tempo
1960/61
“Bonaventura,
precettore a
corte” di S.
Tofano con
Ermanno
Svara (nella
culla), Gianna
Depoli e
Raniero
Brumini
di Nensi Giachin Marsetić
La crisi improvvisa
(1951-1961)
D
opo un avvio incoraggiante, i primi veri problemi per il Dramma Italiano. I sintomi di quello che sarebbe diventato il periodo più difficile per il Dramma Italiano si ebbero
già nel 1949, con le prime opzioni. In quei mesi la compagnia era stata quasi dimezzata; furono licenziati in tronco tutti gli attori che avevano optato per la cittadinanza italiana. In poco tempo il Dramma si
vide privato dell’apporto di Tardivelli, Bortolotti, di attrici come la Intravaia, la Grattoni e la Pontoni.
Ma la vera crisi per il collettivo
giunse improvvisa e implacabile,
come conseguenza alle opzioni, e
continuò per tutto il decennio 195161. Fiume e l’Istria si “svuotarono”
in poco tempo della presenza italiana. Questa drastica diminuzione del
numero di connazionali si riflesse
immediatamente anche sulle attività
culturali della minoranza e, in modo
particolare, sui risultati del Dramma
Italiano. Ci fu una caduta vertica-
La stessa composizione della compagnia, con attori che provenivano da una lunga esperienza
sui palcoscenici italiani, indusse ad
“osare” una via di mezzo. Decisero di trasformare il Dramma Italiano in un teatro popolare, nel senso
elementare del termine, mettendo in
scena “lavori da dopolavoro”, adatti
forse di più ad una filodrammatica
che ad una compagnia stabile.
Accanto a testi come “L’antenato” di Veneziani, “Ostrega, che sbrego!” di Fraccaroli, “Nina, no far la
stupida” di Giancapo, “Paparino” di
Falconi, i cartelloni comprendevano
però anche lavori più impegnativi
come “Spettri” di Ibsen, “La dodicesima notte” di Shakespeare, “Medea” di Euripide o “La signora delle
camelie” di Dumas. Il ridimensionamento del repertorio non bastava
comunque da solo ad assicurare la
presenza costante del pubblico. Gli
attori si fecero perciò procacciatori
di spettatori, gestendo in proprio le
campagne di abbonamenti e persino
la vendita dei biglietti. Osvaldo Ramous, direttore della compagnia in
quei difficili anni, si era adoperato
1960/61, !Il
caso Wagner”
di M.Matković
con Raniero
Brumini
ed Angelo
Benetelli
le della frequenza del pubblico agli
spettacoli. Dalla consuetudine di recite settimanali, la compagnia si ridusse, a Fiume, a dare una sola replica per ogni lavoro. La situazione diventò quasi insostenibile. Bisognava
reagire “creare” un pubblico che esisteva solo come potenzialità numerica tra gli italiani rimasti e l’unica
soluzione possibile era di impostare
una diversa politica culturale.
I dirigenti della compagnia si
posero per la seconda volta la questione del repertorio. L’esodo aveva portato con sé la maggior parte
di intellettuali e borghesi; in città la
fascia di utenza si ridusse alla cerchia operaia e in Istria ad un miscuglio di contadini e pescatori, tutta
gente che non era un’assidua frequentatrice dei teatri. La compagnia andava perciò “reinventata”,
doveva ripartire da zero e muoversi
in un terreno fino a quel momento
sconosciuto. E’ difficile insegnare
a qualcuno ad amare il teatro, soprattutto se questo qualcuno è una
persona adulta con i gusti già formati. Le possibilità erano due: decidere di portare in scena un repertorio popolaresco, l’unico in grado di
attrarre a teatro la gente rimasta, o
cogliere l’occasione per affrontare
un discorso se non proprio elitario,
di grande impegno artistico.
fino in fondo per alleviare le difficoltà dell’istituzione.
Se il numero degli spettatori
aveva cominciato a salire, non si
poteva dire altrettanto per il numero degli attori del Dramma Italiano.
Nella stagione 1950/51 erano infatti 17, l’anno successivo il numero
è salito a 24 per poi scendere a 16
nella stagione 1954/55 e ridursi a 14
nella stagione 1955/56.
Nella stagione 1955/56 si registra l’inizio di un’importante collaborazione tra il Teatro di Fiume
e Dorian Sokolić, giovane scenografo che aveva da poco concluso
gli studi presso l’Accademia delle
Belle Arti a Belgrado. Sokolić non
fu l’unica “ondata di aria fresca”
che caratterizzò il 1955. Osvaldo
Ramous riuscì infatti ad assicurare
la presenza della grande attrice italiana Diana Torrieri, che prese parte a ben due spettacoli del D.I. nella
stagione 1955/56. Fu la protagonista di “La moglie ideale” di Praga
e de “La signora delle camelie” di
Dumas. Sempre su iniziativa di Ramous fu condotta in questa stagione
una campagna per una maggiore affluenza del pubblico alle rappresentazioni. Furono introdotti abbonamenti collettivi ad uso delle fabbriche ed aziende, oltre a sconti riservati agli studenti.
Tutto questo impegno non servì
però a scongiurare quello che si sarebbe dimostrato un vero e proprio
colpo di mano contro il Dramma
Italiano.
La minoranza rimasta in città
stava vivendo un grande periodo
di crisi nel 1956. Doveva difendere e garantire la sopravvivenza delle uniche quattro scuole elementari
in lingua italiana rimaste attive e del
Ginnasio, cercando di sventare il
progetto, più volte ventilato, di una
loro fusione. Lo stesso tipo di lotta
fu intrapresa dai giornalisti quando
fu proposto di trasformare il quotidiano La Voce del Popolo in settimanale. Ma contro il Dramma Italiano si ricorse a raggiri e ad intimidazioni con l’unico scopo di eliminarlo del tutto. Fu così che, in base
ad un piano ben definito, il 25 febbraio 1956, i quattordici dipendenti
della compagnia italiana del Teatro
del Popolo furono licenziati senza
alcun preavviso.
Solo recentemente sono venuti
alla luce i documenti riguardanti la
liquidazione improvvisa del Dramma, dai quali risulta che la proposta per il licenziamento fu avanzata
proprio dal Circolo Italiano di Cultura (CIC) di Fiume. Non sono stati
resi noti i nomi delle poche persone
che a suo tempo avevano partecipato alla riunione, durante la quale
fu deciso il futuro della compagnia.
L’incontro si era tenuto effettivamente presso il CIC. Un esponente di punta del Comitato cittadino
del Partito, che era anche uno dei
due vicepresidenti dell’UIIF, tentò
di spiegare le ragioni che avevano
indotto le autorità a trasformare la
compagnia in una filodrammatica.
Il piano, che stava per venir messo a punto, prevedeva di ridurre il
complesso ad un numero insignificante di attori (tre o quattro) che si
sarebbero valsi, a seconda delle esigenze, della collaborazione di dilettanti provenienti dalla SAC “Fratellanza” di Fiume. Anche la sede sarebbe stata diversa, cioè un piccolo
edificio in periferia.
Il 29 febbraio 1956 il segretario
del CIC convocò una riunione con il
personale del Dramma per spiegare
quali erano le ragioni che avevano
portato ad agire in questo modo nei
confronti della compagnia. Dal verbale appare chiaramente che aveva
cercato di far capire ai presenti che
“ormai tutta la vita politica e l’attività degli Italiani sta(va) sempre più
fondendosi con quella croata”, per
cui, tanto valeva in un “sano spirito socialista” accelerare i tempi dell’assimilazione; si trattava cioè di
“facilitare questo processo naturale”. Le proteste dei diretti interessati furono molto energiche. Gli attori
sottolinearono l’importante funzione svolta dalla compagnia quale
unico complesso drammatico al servizio della minoranza e confutarono l’asserzione che il pubblico scarseggiava, facendo presente che le
tournèe in Istria si trasformavano in
grandi avvenimenti socio-culturali.
Ma chi più di altri si dimostrò
una figura determinante in questo
momento di grande difficoltà, fu il
direttore della compagnia, Osvaldo
Ramous, che seppe reagire prontamente. Comunicò al sovrintendente del teatro, Drago Gervais, la sua
decisione di recarsi a Zagabria e a
Belgrado per esporre il caso personalmente alle autorità. Sia a Belgrado che a Zagabria ottenne l’assicurazione che il Dramma Italiano sa-
1975/76,
“I signori
Glembaj”
di M. Krleža
con Gianna
Depoli
e Raniero
Brumini
rebbe rimasto in vita e che avrebbe
continuato la sua attività senza ulteriori intoppi. Il direttore del Dramma colse l’occasione per illustrare
alle autorità quello che rappresentava un altro problema per la compagnia fiumana: i giri artistici in Istria.
Una grande parte del pubblico potenziale del Dramma viveva nella
penisola istriana e per il complesso
era quasi impossibile trovare i mezzi finanziari necessari per organizzare regolarmente le tournée nella
penisola. Gli organi competenti si
dimostrarono molto favorevoli a
questa iniziativa e gli assicurarono
delle regolari sovvenzioni.
vennero presto elementi fondamentali per la compagnia.
Gli anni Sessanta
Gli anni Sessanta segnarono il
rilancio del Dramma Italiano a livello nazionale anche grazie ad una
serie di novità nell’organizzazione
delle stagioni e ai rapporti sempre
più frequenti con l’Italia. Se fino
alla firma del Memorandum d’Intesa l’unica funzione riconosciuta
all’UIIF e al Dramma Italiano sembrava essere di tipo educativo e culturale, ora iniziava a profilarsi un
nuovo “campo d’azione”. Nel 1961,
dopo un’assemblea dell’UIIF svol-
Dalla “Relazione sulla tournée effettuata dal
Dramma Italiano dal 3 al 13 ottobre 1957 nei
distretti di Pola e Capodistria con la commedia di Hubert “Quando la luna è blu”, per capire in quali condizioni si svolgevano questi giri
artistici e quali erano le difficoltà che gli attori si trovavano ad affrontare (teatrini in pessime condizioni, sale non riscaldate, mancanza di
pubblico a causa di lavori stagionali nei campi, ecc.).
“[...] La sera stessa del giorno demmo uno
spettacolo a Buie, con scarsa affluenza di
pubblico a causa della vendemmia che vuotava il paese e tratteneva i contadini in campagna fino a tardi, ci dissero. Il 6, a Verteneglio, avemmo la gradita sorpresa di regi-
E fu proprio in quei giorni difficili che tutti gli italiani dell’Istria e
di Fiume dimostrarono la loro grande solidarietà alla compagnia con
una partecipazione massiccia per
gli spettacoli proposti.
Passato il grande spavento, l’attività della compagnia proseguì più
intensa che mai. Dal 1956, grazie
alle sovvenzioni del governo, le
tournée in Istria diventarono regolari.
Dopo la sigla del Memorandum
di Londra (1954) i rapporti tra Jugoslavia e Italia migliorarono sensibilmente. Anche il Dramma trasse dei
vantaggi da questa nuova situazione e intensificò i propri rapporti con
la Nazione Madre. In questi anni si
ebbero nuove assunzioni nella compagnia: si erano aggiunti al gruppo
il Bonelli e Alessandro Petterin. Nel
1958 arrivarono dall’Italia i coniugi
Glauco e Lucilla Verdirosi, che di-
tro i ragazzi. Di regola le “matinée”
prendevano spunto dallo spettacolo
in programma per gli adulti, che veniva spiegato ai giovani per consentire una più facile comprensione.
I primi risultati di questo lavoro divennero visibili dopo due-tre
anni. Il numero del pubblico stava
aumentando e fra i nuovi appassionati c’erano proprio i ragazzi delle
scuole. La Direzione decise perciò
di stanziare ogni anno dei finanziamenti in favore di questa attività
che, dalla metà degli anni Sessanta, venne regolarmente inserita tra
le attività della compagnia.
Nel corso della stagione successiva, 1962/63, Raniero Brumini diede avvio ad un altro progetto dedicato ai giovanissimi, il pubblico di
domani, che doveva venir “educato” al teatro. Ideò e creò un teatrino
delle marionette, con il quale visitò
tutte le scuole in lingua d’insegnamento italiana. La stagione si concluse positivamente, con due uscite nella penisola istriana (una in inverno e l’altra nei mesi primaverili)
ed un dato costante: l’affluenza del
pubblico continuava ad essere maggiore nei centri istriani più piccoli, come Gallesano e Dignano. In
estate fu organizzata una tournée
all’aperto (la compagnia si serviva
di un palcoscenico mobile) in Istria
e sulle isole, iniziativa che riscosse
un grande successo.
La stagione 1964/65 si aprì con
molte incertezze dovute all’esiguo
numero di attori a disposizione. Il
complesso poteva contare su dieci
attori: Mascheroni, Depoli, Novak,
Flebus, Braico, Benetelli, Brumini,
Petrali, Verdirosi e Svara. Furono
ingaggiati anche due giovani dilettanti di Fiume: Chiepolo e Marini.
strare un pienone anche se l’organizzazione
della recita difettava parecchio. La sala dove
dovevamo dare lo spettacolo era ingombrata
da cataste di legna, banchi di scuola e quinte
di vecchi spettacoli. Le seggiole mancavano.
Abbiamo dovuto provvedere alla pulizia e al
trasporto delle seggiole, dal cinema alla sala
del teatrino. Alla sera, tuttavia, quasi la metà
del paese ha assistito alla recita e lo spettacolo è stato accolto con nutriti applausi, tanto
da sembrarmi un peccato che fino ad oggi,
nei nostri giri, si sia trascurata quest’ottima
piazza. Da notare che la sala era stipatissima
e che gran parte di coloro che avrebbero voluto assistere alla recita se ne dovettero tornare a casa impossibilitati ad entrare. [...]”
tasi a Fiume, si fece strada il nuovo ruolo affidato a questo ente che
doveva “fare della minoranza un
ponte ideale per la pacifica collaborazione tra Jugoslavia ed Italia, e
di coltivare relazioni con istituzioni
ed organizzazioni progressiste italiane.” Anche il Dramma Italiano
iniziò a muoversi in questa direzione, ingaggiando per i propri spettacoli importanti registi Italiani, come
Francesco Macedonio e Giuseppe
Maffioli (ma solo verso la fine degli
anni ’60).
Nella stagione 1961/62 vennero
inserite per la prima volta nel programma del complesso le famose
“matinée” per i ragazzi delle scuole,
nate da un’idea di Ferruccio Glavina. Si trattava di spettacoli per bambini oppure con gli alunni stessi, seguiti da un dialogo che, sotto forma
di quiz e concorsi, aveva lo scopo
di rendere protagonisti dell’incon-
Mancava Nereo Scaglia; per problemi di salute era lontano dal palcoscenico fiumano da oltre un anno.
Ada Mascheroni aveva intanto
organizzato un corso di recitazione
e dizione per aspiranti attori. Ormai
gli attori dilettanti non bastavano
perché il pubblico stava diventando
sempre più esigente. La compagnia
doveva cercare di rinnovarsi e migliorare la qualità degli spettacoli,
anche per essere in grado di competere con altre forme di spettacolo
che si stavano imponendo: il cinema e la televisione.
Il Dramma Italiano aveva bisogno di una scossa. In quasi vent’anni erano stati pochi i cambiamenti
a livello di messa in scena: i registi erano più o meno sempre quelli
e, anche se nel passato avevano ottenuto dei grandi successi, a lungo
andare erano diventati troppo “prevedibili”. Il problema della regia si
fece sempre più acuto e solo l’arrivo
di registi dall’Italia riuscì ad aprire
nuovi orizzonti nel campo della ricerca e dell’interpretazione.
Il 1964 fu un anno importante
per il futuro di tutte le istituzioni
della minoranza, perché segnò l’inizio di una proficua e determinante collaborazione con l’Università
Popolare di Trieste (UPT), finestra
sempre aperta verso l’Italia.
Con la stagione 1966/67 lo stabile fiumano festeggiava i primi
vent’anni di attività. Per l’occasione fu fissato un calendario celebrativo ricco di rappresentazioni, conferenze e manifestazioni. Il Dramma Italiano decise di festeggiare
il suo ventesimo compleanno con
l’allestimento della commedia goldoniana “Il burbero benefico”, che
nel 1946 lo aveva fatto conoscere
al pubblico fiumano. Per la seconda volta, a distanza di due decenni,
Gianna Depoli prese parte allo spettacolo. Oltre a Goldoni, il cartellone prevedeva “Da giovedì a giovedì” di De Benedetti, “Tre topi grigi”
di A. Christie, di A. Miller “Erano
tutti miei figli”, “I denti dell’eremita” di C. Terron e “A sinistra della
coscienza” di Živulović. Un repertorio strutturato attraverso un buon
dosaggio di teatro brillante e teatro
“impegnato”. Sei produzioni, per un
totale di oltre 100 spettacoli tra Fiume e l’Istria.
La stagione 1967/68 permise di
assistere al primo spettacolo diretto
da un regista professionista arrivato
dall’Italia: Spiro Dalla Porta Xidias.
Era la prima volta che gli attori lavoravano con un “vero” regista. In
questa stagione Xidias firmò la regia di tre spettacoli: “Così è (se vi
pare)” di Pirandello, “La giostra” di
Dursi e “Quando la donna è muta”
del drammaturgo jugoslavo Rabadan. Tutti testi che gli hanno permesso di esprimere il suo modo di
far teatro, in bilico tra tradizionalismo e tendenze avanguardistiche e
che si sono dimostrati successi di
critica e di pubblico.
Da segnalare inoltre che nella
stagione 1968/69 ci fu la prima collaborazione registica con Francesco
Macedonio, che ha curato la regia
della “Cantata del fantoccio lusitano” di Weiss, allestimento che lo
ha imposto anche all’attenzione dei
critici italiani. Questo testo ha influito sul modo di fare teatro della
compagnia ed ha segnato l’inizio di
una crescita qualitativa delle messinscena, fino a quel momento quasi esclusivamente di impianto natural-realistico.
Le novità introdotte dai registi
italiani diedero un’immagine più
moderna e ringiovanita alla compagnia che, visti i progressivi miglioramenti, decise in questo periodo di
puntare ad un allargamento del suo
“raggio d’azione”, cercando di organizzare delle uscite in Italia.
mentale. L’attività della compagnia
continuò ininterrotta presso un’altra
sede. Prima nella Casa dell’Armata
e successivamente in quella del Pioniere, anche se entrambe risultarono
“recipienti” inadatti ai tipi di spettacoli presentati. Furono anni molto
duri, caratterizzati da un calo delle
presenze a teatro, vuoi per la sede
provvisoria non molto amata dal
pubblico, vuoi per la crisi generale
che stava vivendo il teatro. Nonostante i vari ostacoli di tipo tecnico,
gli anni ’70 furono nel complesso
abbastanza positivi per il Dramma
Italiano. Grazie all’interessamento
dell’UPT, la collaborazione dei registi italiani divenne quasi una consuetudine. Sempre l’ente triestino
mise a disposizione, nei primi anni
Settanta, delle borse di studio per
studenti che avevano deciso di frequentare una scuola d’arte drammatica in Italia. Nel 1972 erano quattro i giovani che, iscritti all’Accademia d’Arte Drammatica a Trieste,
usufruivano dell’assegno di studio.
L’anno seguente, nel 1973, Elvia
Malusà, giovane promessa dignanese, entrò a far parte della compagnia
dopo aver portato a termine gli studi a Trieste. Seguirono anni di grandi successi e di una nuova apertura
della compagnia sia livello nazionale sia verso l’Italia.
Il repertorio continuava a seguire le linee programmatiche fissate dalla compagnia. Il numero di
produzioni stagionali oscillava tra
le quattro e le cinque. Tra queste,
una era dedicata ad un autore italiano, un’altra al lavoro di un drammaturgo straniero (possibilmente
del ‘700-‘800), una terza ad un testo della drammaturgia contemporanea ed infine era d’obbligo l’allestimento di un lavoro jugoslavo.
Nella compilazione del cartellone
si cercava di alternare testi “leggeri” ad allestimenti più impegnativi.
Si spaziava perciò dalle pièce francesi di Labiche, Sauvajon, Bisson,
a testi più esigenti di autori Italia-
come Krleža, Hadžić, Đukić, Nušić
o esempi di “colore locale” come
Ramous, Gervais o Schiavato.
I maggiori successi in questo decennio andarono alla “Cantata di un
fantoccio lusitano” di Weiss (stagione 1969/70), a “La Fiorina ovvero L’istà e l’inverno” (1972/73),
riduzione e adattamento di Giuseppe Maffioli (che curò anche la regia
dello spettacolo), con testi tratti da
“La Fiorina”, dal “Dialogo facetissimo”, da “La Pastoral” e da “L’Anconitana” del Ruzzante. Molto buona l’accoglienza della critica anche
per “Il soldato Tanaka” (1973/74) di
Kaiser, diretto da Francesco Macedonio e per “L’Avaro” di Držić, con
la regia di Maffioli.
Per la prima volta la compagnia
italiana si esibì anche in Italia. Con
“La Fiorina” il Dramma partecipò
alla rassegna “Teatro Oggi” svoltasi a Gorizia nel 1974. Nel 1976,
il testo del Ruzzante fu adattato per
il piccolo schermo e trasmesso dalle TV di Capodistria, Zagabria e
Lubiana, con sottotitoli in croato e
sloveno.
Nelle stagioni successive si ebbero altre uscite in Italia, anche se
erano tutte limitate ai centri del
Friuli. “Il feudatario” di Goldoni fu
rappresentato a Muggia nell’estate
del 1974. “La calzolaia fantastica”
di Lorca fece tappa a Tolmezzo,
1977/78,
“L’avaro”
di M. Držić
con Nereo
Scaglia
e Bruno Petrali
“I. Zajc”: chiuso
per restauro
Il fatto che influì più di altri negli anni Settanta sull’attività e sui risultati di tutte le sezioni del Teatro
stabile fiumano fu sicuramente la
chiusura dell’edificio teatrale, avvenuta il 1 gennaio 1970. Le pessime
condizioni in cui si trovava il teatro,
non lasciavano scelta: era giunto il
momento di ristrutturarlo. Solo che,
lontano da ogni previsione, ci vollero ben undici anni per vedere riaperte le porte di quell’edificio monu-
ni come Betti, Fabbri, Gallina, senza tralasciare Goldoni, Pirandello
e Ruzante, per arrivare a Brecht,
Kaiser, Dürrenmatt, Cervantes,
Čechov, Lorca ed includere poi, in
ogni stagione, un autore jugoslavo
Cormons, Grado e Trieste (1977).
L’uscita che risultò più interessante e appagante per la piccola compagnia fu, senza dubbio, la tournée
con “L’Avaro” di Držić. La commedia, capolavoro della letteratura
del Rinascimento croato, fu presentata al “Parioli” di Roma e poi,
nel 1980, fu vista a Forlì, Ferrara,
Argenta, Ravenna, Cesena e Trieste. L’accoglienza riservata alla
compagnia fu quanto mai positiva
a Roma. Ezio Mestrovich, inviato de La Voce del Popolo, annotava a questo proposito che “fin dall’inizio era evidente che il pubblico accettava e rispondeva a quanto veniva proposto dai nostri attori
sul palcoscenico del teatro Parioli.
[…] Se perplessità ed esitazioni
fossero sussistite prima dell’incognita del debutto capitolino, esse
sono state fugate dal felice avvio
del gioco scenico che ha vinto la
platea, strappato applausi prima del
termine. […] Due critici, Di Gianmarco e Pagliarini, rispettivamente
de La Repubblica e Paese Sera hanno espresso giudizi positivi e lusinghieri. Una gradevole rivelazione,
per ambedue, il lavoro, così come
la validità di un complesso di cui
ignoravano l’esistenza.” La commedia fu portata anche in giro per
la Croazia e nel 1978 partecipò alla
“Rassegna dei teatri professionisti”
di Slavonski Brod.
Per quanto riguarda il progetto di avvicinare il teatro anche alle
generazioni più giovani (progetto
inaugurato qualche anno prima con
le matinée per le scuole e diversi
spettacoli allestiti dagli attori della
Dramma), va sottolineato che nella stagione 1972/73 fu inserito per
la prima volta anche nel cartellone
ufficiale uno spettacolo dedicato ai
ragazzi: “Operazione filtro magico” di Mario Schiavato, seguito nel
1974/75 da “Zibaldone n. 2” di Bruno Petrali.
Nel 1978 (anche a causa di qualche attrito fra i “vecchi” attori della
compagnia e i nuovi arrivati) Gianna Depoli, Angelo Benetelli, Ada
Mascheroni e Nereo Scaglia, colonne portanti della compagnia per
oltre trent’anni, decisero di ritirarsi
definitivamente dalle scene e chiedere il pensionamento. Prima ancora, nel 1973, era scomparsa anche
Lucilla Flebus-Duca.
Gli attori che la compagnia aveva a disposizione erano tutti molto
giovani. Negli ultimi anni si erano
aggiunti al gruppo anche la rovignese Ester Segalla e i giovani Giulio Marini, Galliano Pahor e Bruno
Nacinovich. Erano tutti attori con
del talento, ma ancora acerbi perché non avevano avuto il tempo per
portare a termine quel fondamentale periodo di rodaggio, che a teatro
spesso significa aspettare, imparare osservando gli altri, iniziare con
parti da comparsa per poi guadagnarsi ruoli sempre più importanti.
Si sono semplicemente trovati a dover portare sulle spalle un peso che,
in quel momento, era per loro forse
ancora troppo grande.
6 palcoscenico
Martedì, 3 maggio 2005
IL PERSONAGGIO
Con Drago Rošić e
Nina “Vašar snova”
di Matković.
Ancora 1958
Neva Rošić,
di Gianfranco Miksa
N
eva Rošić ha festeggiato i suoi cinquant’anni
di carriera artistica. L’ha
fatto nella sua città natia, vale a
dire Fiume. Dal 1955 ad oggi, la
Sarah Bernhardt croata ha portato sulle tavole del palcoscenico numerosi personaggi in oltre
settanta pièce teatrali.
Neva Rošić, figlia del primo
sovrintendente croato del teatro “Zajc”, ossia Đuro Rošić, è
nata nel 1935 a Sussak (Sušak),
allora città a sé stante, parte del
regno jugoslavo, mentre Fiume
apparteneva all’Italia. Già in tenera età si è occupata di teatro,
amatorialmente, con presenze
però pure al teatro della città di
Fiume come comparsa. L’anno
1953, segna un momento cruciale per Neva Rošić, difatti s’iscrive all’Accademia d’arte drammatica di Zagabria. La carriera
professionale dell’attrice inizia
nel 1955 al Teatro Drammatico di Zagabria, oggi Teatro Gavella.
A soli vent’anni la fiumana d’adozione si confronta con
autori come Goethe, Shakespeare, Goldoni, dimostrando per la
recitazione un talento eccezionale. Nel 1968 passa al Teatro
Popolare Croato di Zagabria e
vi resterà per ben vent’anni in
pianta stabile. Su quel palcoscenico l’attrice darà il meglio
di sé, dando un grande contributo alla scena croata, ma ancor
di più una gran lezione di recitazione per tutte le generazioni
successive. Purtroppo la grande attrice reciterà di rado nella
sua città natia: appena nel 1976
il pubblico fiumano avrà l’onore
di vederla in “Leda” di Krleža.
Ci vorranno poi altri tredici anni
per poterla applaudirle nuovamente a Fiume, questa volta nelle vesti di Claire nel pezzo teatrale di Durenmatt, “Visita della vecchia signora”. La stagio-
Nel 1969 è un’impareggiabile Laura in “U agoniji”
di Miroslav Krleža
ne successiva (1990), sempre al
Teatro Zajc, l’attrice interpreta
la “fiumana” Mafalda in “Esercitazioni alla vita” di Nedjeljko
Fabrio e Darko Gašparović. Da
questo momento l’attrice croata
comincia ad allontanarsi lentamente dal palcoscenico, interpretando fino al 1993, data dell’allontanamento definitivo, pochi ruoli.
Dal 1997, Neva Rošić, intraprende il ruolo di regista; cura
cinque regie, una delle quali,
l’ultima (2004), “La maratona”
di Edoardo Erba, per il Dramma
Italiano. Diciotto i
premi vinti nella sua
lunga carriera, tra i
quali annoveriamo il
premio “Città di Zagabria” per gli anni
’63 e ’85 e il premio
“Vladimir Nazor”
per la carriera artistica nel 2002.
Dopo
tredici anni d’assenza dalla
scena croata l’attrice è ritornata nella sua città natia per festeggiare il giubileo d’oro, i
cinquanta anni di (venerata e
onorata) carriera. Quest’importante giubileo è stato festeggiato, allo “Zajc” (per l’occasione
strapieno), con la messa in scena del “Gabbiano” di Anton Cechov, la regia è stata curata da
Jagoš Marković. L’attrice ha interpretato il personaggio di Irina
Nikolajevna Arkadina, ruolo che
conosce profondamente bene: infatti, ha avuto l’occasione d’interpretarlo
esattamente vent’anni fa, ossia
nel 1975 nel Teatro popolare di
Zagabria. Un giubileo festeggiato con un ritorno alle origini, è
la prima cosa che passa per la
mente. In effetti, dopo aver passato un così lungo tempo (tredici anni) lontano dalle scene, non
si può non parlare di ritorno alle
origini.
La padronanza recitativa dell’attrice è ben visibile,
una forza prorompente, quasi una recitazione violenta che
la mette al centro della scena.
Dunque uno stile di recitazione, alquanto discutibile, pieno
d’euforia ma allo stesso tempo
completo anche di “sporcature” (di solito si sporca la battuta, riempendola di fonemi e sospiri, soprattutto quando non si
riesce a stare “dietro” all’attore
con cui si dialoga) e di regia di
scena (gestualità e movimenti di corpo del deuteragonista del momento scenico,
laddove non ha la battuta:
in sostanza quando l’azione
e la parola sono incentrati
su un altro personaggio).
Trucchetti e scappatoie
recitative che s’assimilano
unicamente con l’esperienza di
un “background” artistico di un
personaggio come la Rošić. In
ogni modo la sala gremita e le
ovazioni della gente sono state una conferma della bravura
dell’attrice.
Un giubileo molto pubblicizzato ma, nondimeno, egregiamente meritato.
Nel 1970 interpreta Lady Macbeth
nella tragedia shakespeariana
Nel 1971 è Rosaura nella “Vedova scaltra”
di Goldoni
Splendida Tirena nell’omonima opera
di Držić. È l’anno 1958
palcoscenico 7
Martedì, 3 maggio 2005
IL BALLETTO A Trieste il Balletto Nazionale della Georgia
NOTES
A cura di Daniela Rotta Stoiljković
La magia della tradizione
diventa danza
Aprile nelle CI
CI CHERSO
22 maggio ore 12 in piazza, esibizione del coro “Giuseppe Tartini” e del gruppo mandolinistico “Serenate”
della CI di Pirano
CI CITTANOVA
12 maggio ore 19 commedia “Fioi e colombi sporca la
casa” presentata dalla Filodrammatica della CI di
Momiano, ospite pure la Mandolinistica
CI FIUME
8 maggio ore 18,30 spettacolo dialettale di parole e musica “Machinista, machinista daghe oio” a cura del Serenade Ansamble – Compagnia folcloristica muggesana “Ongia” e l’Associazione “Fameia Miuesana”.
Lo spettacolo nasce da un’idea di Andrea Sfetez
10 maggio ore 18,30 “Teatro a leggio” – “Per voci sole”:
“La domanda di matrimonio” di Anton Cechov, presentato dall’associazione culturale “Amici della Contrada”
14 maggio concerto del Coro di Capri che è ospite della
SAC “Fratellanza”
16,18 e 25 maggio 41.esima edizione del Festival dei Minicantanti
19 maggio concerto di primavera, serata di musica e intrattenimento a cura del Coro misto della SAC “Fratellanza”
di Anton I. Sergovic
L
a danza e la musica popolare attraversano la storia
grazie alla forza della loro semplicità e immediatezza, per arrivare, a volte, a incrociare la strada del
mondo accademico, in una sintonia che ne sublima la bellezza.
Dal 1945 il Balletto Nazionale della Georgia tramanda e preserva le danze antichissime delle sue genti con una
dignità presto riconosciuta, tanto da essere stata una delle sole quattro compagnie che ha ottenuto il rango di Ensamble accademico nazionale sovietico (insieme a quelle di
Igor Moisseiev, del Berioska e dell’Armata Rossa). Nel suo
sessantesimo compleanno è tornata in Italia, facendo tappa
al Politeama Rossetti di Trieste, recentemente in scena per
cinque serate.
Ma se l’idea su cui lo spettacolo si fonda sembrerebbe
molto semplice (studiare le danze sviluppatesi nelle varie
regioni della Georgia - con particolare attenzione a quelle
delle popolazioni montane e di cacciatori-, spettacolarizzarle e portarle in scena), la sua unicità trae origine dalla storia
e dalla geografia di questa regione.
“Isola cristiana in un mare mussulmano” la ha definita
Iliko Sukhishvili, il fondatore di questa compagnia di ballo.
E le contaminazioni di tale mare si mostrano da subito nello
spettacolo, nei sinuosi movimenti dalle eco orientali della
danza femminile, nelle braccia che compiono armoniose e
ampie volute intorno al corpo, mentre i piedi sfiorano il parquet del teatro: come antiche pattinatrici sul ghiaccio, come
nuove regine di Bisanzio, come bambole di porcellana…
tanti i paragoni che hanno cercato di catturare con un’immagine lo stupore davanti a queste danzatrici eteree e siderali, di una bellezza di luoghi lontani e dalle vesti dalla sontuosità in un crescendo tale da diventare spettacolo in sé.
Sono loro le vere protagoniste nelle prime scene dello
spettacolo, sono loro ad attirare gli sguardi. Il corpo di ballo
maschile inizia, sembra, con un po’ di incertezza, con slancio sì, ma quasi macchinoso, un ingranaggio che sembra
attendere la carica dell’orologiaio. Ad aiutarli non ci sono
certo le zoppicanti luci, manovrate (quando vi riesce) con
dubbio mestiere.
Poi la carica arriva, nella danza d’armi che diventa subito
l’apice della prima parte, e sono scintille, di quelle vere, che
infiammano il pubblico nell’incrociarsi di sciabole e scudi,
combattimenti e danze che si fanno sempre più incessanti,
articolate, con fendenti e rincorse in piroette saettanti.
Il sipario si chiude per l’intervallo su un pubblico ancora
estasiato nell’applauso.
La seconda parte regala balli di festa, nenie della Svanetia, danze di corteggiamento caucasiche ma anche di pugnali. Si conferma la distinzione delle esecuzioni femminili da quelle maschili: virtuose le prime, veri sfoggi di forza
le seconde, in cui vi è un evidente attingere dalla tradizione
guerriera di queste genti, ma portate in scena con doti atletiche, gare di bravura e tecnica di cui indimenticabile rimarrà
sempre la danza sulle punte degli stivali morbidi, esercizio
di cui i ballerini georgiani si fregiano di essere gli unici al
mondo in grado di eseguire.
Ma se quasi si soffre nel vederli ballare sulle punte, se ci
si incanta guardando la grazia dei movimenti delle ballerine, lo spettatore è più di ogni altra cosa travolto dall’energia
che si diffonde dal palco: applaude, batte il tempo, torna ad
applaudire, stordito, entusiasta.
Guardando il pubblico, è difficile dire se le espressioni
più sbalordite siano sui volti degli adulti o dei bambini. E
questo, per uno spettacolo, forse è uno dei risultati più belli.
CI SISSANO
8 maggio ore 17 spettacolo per la Giornata della mamma,
partecipano il coretto e il gruppo filodrammatico del
sodalizio. Ospiti i minicantanti della CI di Momiano
CI POLA
3 maggio ore 19 “Beato el turco” di Carpinteri e Faraguna, presentato dal Gruppo Teatrale per il Dialetto di
Trieste diretto da Gianfranco Saletta.
CI ROVIGNO
5 maggio ore 20 “Teatro a leggio”- “Per voci sole”: “Due
dozzine di rose scarlatte” di Aldo De Benedetti, presentato dall’associazione culturale “Amici della Contrada”
7 maggio ore 20 Casa della cultura, la SAC “M.Garbin
ospita il coro di Bareggio (Milano)
10 maggio ore 20 Teatro Gandusio, “Appuntamenti rovignesi” per la Festa della mamma con la partecipazione dei bambini dell’asilo d’infanzia “Naridola”, della
SE “B.Benussi” e dei minicantanti e midicantanti della SAC “M.Garbin”
CI PARENZO
14 maggio ore 20 Festivalando, mini e midicantanti
25 maggio ore 20 “L’antenato” con il Teatro Grado
29 maggio ore 20”Piran fra tera, siel e mar” con la Filodrammatica della CI di Pirano
CI PIRANO
4 maggio ore 17 Casa Tartini - l’ora della fiaba “Capricci
che passione” con Gloria Frlić
7 maggio ore 20,30 Teatro Tartini, “Vita de casa nostra”,
commedia brillante in 3 atti di Pippo Rota messa in
scena dal Gruppo filodrammatico della CI di Pirano e
dall’Armonia-F.I.T.A. di Trieste. Regia di Bruno Cappelletti e Ruggero Paghi
9 maggio ore 20,30 Teatro Tartini, “Carmen de los corrales”, rielaborazione della “Carmen” di G.Bizet nello
stile del tango e del folclore argentino di Daniel Pacitti, con la Camerata Strumentale Italiana di retta da
Fabrizio Ficiur
12 maggio ore 19 Sala delle vedute di Casa Tartini, saggio al pianoforte di Ivola Kruljac allieva del prof.
Bojan Glavina della Scuola di musica di Pirano. In
programma Bach, Beethoven, Chopin, Papandopulo
e Glavina
25 maggio ore 20,30 Teatro Tartini, dramma “Maria Callas
Master Class” presentato dal Dramma Italiano di Fiume, musiche di Terence McNelly, regia di Lary Zappia
30 maggio ore 20,30 Teatro Tartini, concerto della Nuova Orchestra da Camera “Ferruccio Busoni” di Trieste diretta da Massimo Belli. Al pianoforte Massimo
Gon. In programma Mozart e Bach
Il programma può subire modifiche
8 palcoscenico
Martedì, 3 maggio 2005
CARNET PALCOSCENICO rubriche a cura di Daniela Rotta Stoiljković
INVITO A TEATRO - Il cartellone del mese
IN CROAZIA
IN ITALIA
Teatro Nazionale Ivan de Zajc - Fiume
Teatro lirico G. Verdi - Trieste
STAGIONE LIRICA E
DI BALLETTO
14 maggio ore 20,30;
15 maggio ore 16; 17,
18 e 20 e 24 maggio ore
20,30; 21 maggio ore 17
Teatro Lirico “Giuseppe
Verdi” – Trieste
Faust
Marquezomania
5 maggio ore 19,30; 6 maggio ore
19,00, 7 maggio ore 20,00 Jalta,
Jalta di Grgić – Kabiljo, musical
8 maggio ore 17,00 e 19,00; 9
maggio ore19
Munchhausen
di
MatulaKovačević-Sušković
14 maggio ore 19,30; 15 maggio
ore 19,00, 16 maggio ore 19,30,
17 maggio ore 19,00
Galeb/Il gabbiano commedia di
Anton Čehov
19 maggio ore 19,30 e 20 maggio ore 19,00
Maria Callas Master Class di Nc
Nally, dramma con musiche
28 maggio ore 19,00
Saggio finale degli allievi dello Studio di balletto classico e
dei solisti del Corpo di Ballo del
TPC Ivan Zajc Ex Kvarner Garibaldi
22 e 23 aprile ore 20
Muškardin/La moscheta,
commedia
23 e 24 aprile ore 18,00
Carmen G.Bizet, opera
26 aprile ore 19,00; 27,28 e 29
aprile ore 19,30
Marquezomania, di Zurovac,
balletto
Zajc Off
22 maggio ore 11,30 e 20,00
Arlecchino servitore di due padroni di Carlo Goldoni, commedia, Piccolo Teatro di Milano
– teatro d’Europa
11, 12 e 13 maggio ore 20,00;
23, 24,25 e 27 maggio ore
20,00
Bludi/Peccati/Zozos di Manfridi, commedia noire
23 maggio ore 19,30; 24 maggio ore 17,00 e 19,30; 25 maggio
ore 19,30
Na rubu pameti dramma, liberamente tratto dal romanzo di Krleža
16 maggio ore 20, 17 maggio
ore 18,00 e 20,30
Prokleti ne idu na Bali/I maledetti non vanno a Bali di Delbianco, dramma
Teatro cittadino - Pola
Zagrebački plesni ansambl e Teatro ITD Zagabria
20 maggio ore 20
Ćelava pjevačica/La cantatrice
calva di E. Ionesco, regia Lary
Zappia. Produzione HKD Ivan
Zajc Fiume
3 maggio ore 20
Ana Karenjina di L.N.Tolstoj,
regia Vasily Senin. Produzione
ZKM Zagabria
14 maggio ore 20
Isto/Lo stesso, balletto. Coreografie Ksenija Zec. Produzione
24 maggio ore 20
Maria Callas Master Class di T.
McNelly, regia Lary Zappia. Produzione Dramma Italiano Fiume
IN SLOVENIA
Teatro cittadino - Capodistria
3 maggio ore 17, 16 maggio ore 20
Morte accidentale di un terrorista di Dario Fo
Arlecchino servitore di due padroni
Allestimento in coproduzione
fra la Royal Opera House - Covent Garden di Londra,
l’Opéra de Monte Carlo, l’Opéra de Lille
e il Teatro Lirico “Giuseppe Verdi” di Trieste
Maestro concertatore e direttore Jean Claude Casadesus, Regia David McVicar, realizzata da Lee
Blakeley, Scene Charles Edwards, Costumi Brigitte Reiffenstuel, Maestro del Coro Lorenzo Fratini,
Coreografie Michael Keegan-Dolan, Luci Paule
Constable
I CONCERTI APERITIVO
15 maggio ore 11
Sala del Ridotto “VICTOR de SABATA”
Camerata strumentale del Teatro lirico “G.Verdi”,
direttore Fabrizio Ficiur
Musiche di Anton Arenskij, Aleksandr Glazunov,
Peter Ilic Tchajkovskij, Dmitrij Šostakovič
Sala del Ridotto “VICTOR de SABATA”
29 maggio ore 11
Coro del teatro lirico “G. Verdi” direttore Lorenzo Fratini
Musiche di Franz Schubert, Johannes Brahms,
Gioacchino Rossini
Politeama Rossetti - Trieste
1° maggio - POLITEAMA ROSSETTI
PERSIANI
di: Eschilo - traduzione di Monica Centanni
Scene: Bruno Buonincontri
Musiche: Germano Mazzocchetti
Costumi: Elena Mannini
Regia: Antonio Calenda
Produzione: Teatro Stabile del Friuli-Venezia Giulia - in collaborazione con Istituto Nazionale del
Dramma Antico Fondazione Onlus
6 maggio ore 20
Beato el Turco di Lino Carpinteri
e Mariano Faraguna, Spettacolo
del Gruppo teatrale per il dialetto
di Trieste
17 maggio ore 20
Desdemona con Paula Vogel,
Spettacolo del Teatro Nazionale di Osi
26, 27, 28 maggio ore 20, 30 e 31
maggio ore 18
Edipo re di Sofocle
Dal 17 al 29 maggio 2005 – SALA BARTOLI
FIGHTING DOGS: CANE vs. SANGUE
Di: da Michail Bulgakov
Scene: Manuela Pischedda
Costumi: Manuela Pischedda
Regia: progetto e regia di Andres Teres Morte
Produzione: Centro culturale mobilità delle arti,
Teatro Stabile del Friuli-Venezia Giulia - in collaborazione con Teatro Mercat de les Flors (Barcellona, Spagna)
Fighting dogs
La Contrada - Trieste
Dall’1 al 4 maggio
al Teatro Stabile
Atto unico di Italo
Svevo
Regia: Francesco Macedonio
Con Orazio Bobbio,
Maria Grazia Plos, Manuel Fanni Canelles,
Adriano Giraldi, Carlo
Moser, Marzia Postogna, Maurizio Zacchigna e Xenia Bevitori
Dal 6 al 15 maggio
Teatro Eliseo
10 maggio ore 20
Undici passi. Serata della canzone d’autore di Boris Cavazza
5 maggio ore 17 e 20
La signorina Giulia di August
Strindberg:
Ciclo: Altri percorsi
22 maggio ore 18
Teatro lirico “G. Verdi”
I solisti veneti, direttore Claudio Scimone (programma in definizione)
7 maggio ore 11
Aiuto, pesciolino arcobaleno!
di M. Pfister – K. Pegan – V.
Maher:
14 maggio ore 10; 11,30
Il custode dei maiali – H.C. Andersen – K. Marincic, Spettacolo del Teatro dei burattini di Lubiana.
Dall’11 al 13 maggio 2005
- POLITEAMA ROSSETTI
ARLECCHINO, SERVITORE
DI DUE PADRONI
Di: Carlo Goldoni - adattamento di Maurizio
Soldà
Scene: Flavio Dogani
Costumi: Elena Caucci
Regia: Maurizio Soldà
Produzione: Teatro Stabile del Friuli-Venezia
Giulia
Opera in cinque atti
su libretto di Jules Barbier
e Michel Carré da Goethe
Musica di Charles Gounod
(Editore: Editions Choudens, Paris)
(Rappr. per l’Italia: Casa Musicale Sonzogno di Pietro Ostali, Milano)
in lingua originale con sopratitoli
Orchestra, Coro e Corpo di ballo
del Teatro Lirico “Giuseppe Verdi” di Trieste
Ciclo: Prosa
27 maggio ore 20
Audicija III/Audizioni IIIdi Ž.
Ninčić, regia Željko Ninčić. Produzione World Music
Ciclo: Fuori abbonamento
I Persiani
Lasciami andare madre musikdrama di
Lina Wertmüller e
Helga Schneider
Regia: Lina Wertmüller
Con Roberto Herlitzka e Milena Vukotic
Anno 1 / n. 2 3 maggio 2005
“LA VOCE DEL POPOLO” - Caporedattore responsabile: Errol Superina
IN PIÙ, supplementi a cura di Errol Superina, progetto editoriale di Silvio Forza
edizione: PALCOSCENICO
Redattore esecutivo: Carla Rotta / Art director: Daria Vlahov Horvat
Redattore grafico: Vanja Dubravčić
Collaboratori: Nensi Giachin Marsetić, Marianna Jelicich Buić, Emilia Marino, Gianfranco
Miksa, Rossana Poletti, Daniela Rotta Stoiljković, Anton I. Sergovic, Rosanna T. Giuricin
Scarica

3. 5.2005 - EDIT Edizioni italiane