BALLETTO NAZIONALE DELLA GEORGIA DEL POPOLO ce vo /la .hr dit w.e ww palcoscenico An no I • n. 2 5 • Martedì, 3 maggio 200 Sipario UN CAFFÈ CON... Pippo Rota Pagina 2 LE RECENSIONI Macbeth Pomeriggi musicali Cabaret Pagina 3 TEATRO DI: viaggio nel tempo Pagine 4-5 IL PERSONAGGIO Neva Rošić Pagina 6 IL BALLETTO Balletto Nazionale della Georgia Pagina 7 NOTES Maggio nelle CI Pagina 7 CARNET PALCOSCENICO Il cartellone del mese Pagina 8 2 palcoscenico Martedì, 3 maggio 2005 UN CAFFÈ CON ... PIPPO ROTA Il teatro è la vita in diretta di Marianna Jelicich Buić U na presentazione chiara, sobria e puntuale quella che il professor Paolo Quazzolo, docente presso l’Università degli Studi di Trieste, inserisce all’inizio del volume “Teatro” di Giuseppe Pippo Rota, recentemente presentato presso la Comunità degli Italiani “Fulvio Tomizza” di Umago. Pubblicato nell’ambito della collana “Biblioteca Istriana”, progetto realizzato grazie alla collaborazione UI-UPT, il libro propone una scelta di nove testi teatrali che vanno da Vita de casa nostra, nata nel ‘73 come atto unico e poi ampliata a tre atti, fino alla recente commedia in due atti Carosello umaghese, che ha toccato nella sua lunga tournée 18 località. Oltre a queste due, nell’opera “Teatro” possiamo trovare le commedie Sposite e te vedarà, Sposarse...ogi e Xe tuti parenti streti, l’atto unico Clienti esigenti, il dramma Maledetti confini, il radiodramma Odissea di un adolescente, e lo scherzo in un atto L’ultimo de carneval. Che commedia questo dramma! Anche se non esiste una storia scritta del teatro in lingua italiana dell’Istria e di Fiume, Quazzolo dice, nella sua presentazione, che la scrittura drammaturgica e la pratica del palcoscenico su questi territori risalgono alla fine del Trecento con la commedia Paulus del capodistriano Pier Paolo Vergerio, al quale sono seguiti molti altri autori di teatro. A partire dall’istituzione, nel 1946, del Dramma Italiano di Fiume inizia a svilupparsi sempre più la composizione e la rappresentazione di testi drammatici, e sempre più autori decidono di cimentarsi con il linguaggio drammatico. Spesso, e questo è il caso anche di Rota, l’autore sceglie una scrittura scenica che alterna il dramma alla commedia, il dialetto alla lingua italiana. Sono soprattutto le commedie quelle che maggiormente attirano il pubblico, che sulla scena rivive e rivede le situazioni e i personaggi della vita quotidiana. Sono soprattutto le battute tristemente vere, a farci ridere di più. Giuseppe Pippo Rota, anche se nato a Siracusa, è un umaghese d.o.c. e sin dagli anni giovanili si sente portato per il teatro. Negli anni che lo vedono studente del ginnasio Carlo Combi di Capodistria, recita in diverse commedie accanto a Elsa Fonda, Fulvio Tomizza e Anton Marti. Ed è proprio di questo periodo la prima storia che ci racconta il nostro interlocutore. “Era la sera dell’8 ottobre del 1953. Stavamo recitando una commedia brillante a Isola quando ad un tratto entra la polizia gridando e interrompendo lo spettacolo: se serava i blochi. Noi con un pulmino, in fretta e furia, siamo tornati a casa. L’8 otto- bre dell’anno scorso, destino ha voluto che ci trovassimo a recitare Carosello umaghese proprio a Isola. Alla fine dello spettacolo sono uscito sul palco e ho ricordato la vicenda concludendo Dopo 51 ani, semo ancora qua!.” All’esperienza presso il Teatro del popolo di Capodistria è seguita anche quella al Dramma Italiano di Fiume, accanto a Mascheroni e Scaglia. Si iscrive nel ‘55 alla Facoltà di Romanistica presso l’Università di Lubiana e, conseguita la laurea, fa il servizio militare. Insegnante, preside, giornalista, politico… ”Anche durante questo periodo ho fatto teatro: sentirmi parlare in croato e capire fischi per fiaschi, era un autentico spettacolo!” ci dice scherzosamente Rota. Dal 1961 in poi, fa l’insegnate, ricoprendo anche il ruolo di direttore e di preside delle istituzioni scolastiche italiane P er trovare l’ispirazione io mi affaccio alla finestra e guardo la gente. La vita in diretta, potremmo dire, in tutti i suoi aspetti. Da qui nasce la storia che poi si sviluppa e arricchisce di personaggi. Alcuni sono tipici, altri macchiette, altri ancora completamente reali. Sono storie di vita vera. Per questo motivo mi sono sentito dire molte volte dalla gente che ha guardato lo spettacolo “ma cosa anche lei conosi mia suocera” oppure “ma el vardi che anche a mi me ga sucesso la stesa roba” di Umago e Buie. Si è occupato anche di giornalismo e per dieci anni è stato annunciatore a Radio Capodistia. Per dieci anni, inoltre, è stato anche presidente dell’Unione Italiana, e ora, per qualche mese ancora, è vicepresidente della Regione Istria. Poi la tanto attesa e meritata pensione. Ma la passione per il teatro lo ha accompagnato nel corso di tutti questi anni, anche portando avanti la filodrammatica della Comunità degli italiani di Umago. Ed è stata proprio la stanchezza di passare ore e ore nelle biblioteche a cercare un testo da cui attingere il prossimo spettacolo, a fargli decidere di scrivere lui il copione. Così è nato il primo atto di Vita de casa nostra che, visto il successo riscosso, si è sviluppato in tre. La pubblicazione di Teatro, pertanto, è un motivo di gioia, non solo personale ma anche collettivo: una fonte da dove poter attingere anche per le generazioni future. Il palcoscenico? È la vita in diretta Ma come nasce una sua opera? “Per trovare l’ispirazione io mi affaccio alla finestra e guardo la gente. La vitta in diretta, potremmo dire, in tutti i suoi aspetti. Da qui nasce la storia che poi si sviluppa e arricchisce di personaggi. Alcuni personaggi sono personaggi tipici, altri macchiette, altri ancora completamente reali, come nel caso del protagonista del radiodramma Odissea di un adolescente. Quando poi ho scritto il testo, lo passo a 2-3 amici che lo leggono e loro sono la mia giuria. Sono storie di vita vera. Per questo motivo mi sono sentito dire molte volte dalla gente che ha guardato lo spettacolo ma cosa anche lei conosi mia suocera? oppure ma el vardi che anche a mi me ga sucesso la stesa roba. Eclatante l’episodio di Lussinpiccolo dove abbiamo recitato L’ultimo de carneval, nel quale si parla di Bepi, inflessibile padre di famiglia, che durante una festa in maschera corteggia una bella dama che poi si scopre essere sua moglie. La stessa cosa era successa proprio lì e ho anche conosciuto i due personaggi, questa volta rea- li. Le commedie di questo tipo sono quelle che la gente ama vedere, quelle che riempiono i teatri e, come mi è stato detto recentemente, dopo che go visto el suo spetacolo ridevo per tuta la setimana! - la gente ha bisogno di questo, di ridere, per dimenticare almeno un po’ la quotidianità e i suoi innumerevoli problemi. Mi ricordo nell’ ‘89 quando abbiamo recitato a Mestre: per la prima volta ho visto i pompieri che contenevano la folla, con la scritta “esaurito” davanti al teatro, mentre altre 200 persone aspettavano in fila lo spettacolo successivo. Strabiliante.” Il testo drammatico è sempre meno efficace della messa in scena; chi lo legge fa fatica spesso a ricordarsi tutti i personaggi, specialmente se sono tanti, e manca poi il fattore umano, quello del tono di voce, dell’espressione, della mimica che spesso sono fondamentali per ottenere l’emozione e l’effetto voluto. Mi ricordo, per fare un esempio, di Pino Degrassi nella parte del cameriere in Clienti esigenti - nonostante le battutte fossero divertenti, era soprattutto la sua presenza, la sua immedesimazione, a far morir dal ridere il pubblico. “Il trucco sta nel riuscire ad assegnare il personaggio all’interprete più adatto, a uno che riuscirà a renderlo al meglio e trasporne le caratteristiche. In Carosello umaghese molte persone recitano per la prima volta e questa non è una situazione facile da gestire se si pensa che è fondamentale riuscire a tirar fuori la spontaneità, quella recitazione che non sia farsa. Comunque ce l’hanno fatta e, anzi, alcuni sono stati un’autentica rivelazione. La difficoltà maggiore, quando si scrive un testo per il teatro, è che, rispetto alla poesia, ad esempio, bisogna tirar fuori e sviluppare tanti caratteri al di fuori di se stessi.” Professione del futuro pensionato-scrittore Progetti per il futuro? “Tra i prossimi impegni, la messa in scena del dramma Maledetti confini! in occasione del tradizionale simposio internazionale “Tomizza e noi” che si svolgerà tra pochi mesi a Umago. E poi, con l’arrivo della pensione, quello di riprendere a scrivere visto che ho già diversi temi in mente.” Tra cose di teatro, aneddoti e storie di vita, con Pippo Rota si potrebbe stare per ore e ore senza annoiarsi mai, proprio come guardando le sue commedie. Ma ahimè, le prove con la filodrammatica lo attendono e dobbiamo salutarci. E mentre rimango a finire la mia bibita, mi tornano in mente le sue battute, la sua contagiosa risata, ma anche i suoi discorsi ufficiali e tutte le saggezze. E, come nel suo Carosello umaghese, vedo una miriade di personaggi che poi sono un personaggio solo: e quello che provo è pura e semplice ammirazione. palcoscenico 3 Martedì, 3 maggio 2005 LA RECENSIONE/CABARET LA RECENSIONE/OPERA Il dramma della coscienza Maurizio Crozza torna sul palcoscenico Potere, ambizione e ambiguità in Macbeth “Due rette che vanno all’infinito ... chi le paga?” di Emilia Marino Torna attesissimo al Teatro Lirico Giuseppe Verdi di Trieste, dopo vent’anni dall’ultima rappresentazione, “Macbeth”, melodramma in quattro atti su libretto di Francesco Maria Piave, tratto dall’omonima tragedia di William Shakespeare, musicato dal grande compositore di Busseto. Allestite in coproduzione fra il Ravenna Festival, il Teatro Comunale di Bologna e il Teatro Lirico triestino, le sette repliche dello spettacolo (l’ultima il 21 aprile) portano la firma, per la regia, del noto coreografo russo-belga Micha Van Hoecke, di Edoardo Sanchi per le scene, Marella Ferrara per i costumi, di Daniele Naldi per il disegno luci; la direzione musicale alla bacchetta del maestro concertatore Elio Boncompagni. Rarità fra le opere dell’Ottocento, “Macbeth” non è un dramma d’amore ma della coscienza: il dramma di una coppia criminale, la cui ambizione ha il sopravvento fino ad indurre il Generale dell’esercito del Re, sobillato dalla spregiudicata assenza di scrupoli della consorte, a sedare la sete di potere con azioni che comporteranno un’ineluttabile condanna –non solo morale- per entrambi. Schiacciato e tormentato dai sensi di colpa per i delitti commessi, Macbeth viene travolto dalla follia visionaria: l’apparizione dell’assassinato Banco lo spinge ad aggrapparsi agli ambigui vaticini delle streghe nel presagio di un tragico destino incombente. Incubi e delirio anche per Lady Macbeth che, oppressa dalle allucinazioni, finisce per confessare i suoi misfatti prima di morire. Una sceneggiatura dettagliata dal ritmo incalzante: su questa partitura Verdi, grande estimatore del drammaturgo inglese, commissionò a Piave un libretto che rispettasse la struttura drammatica originale in questo suo primo incontro con un modello shakespeariano. Sul piano musicale, peculiarità dell’opera è la mancanza del timbro tenorile per la parte protagonista: all’americano Mark Rucker è stato affidato il ruolo baritonale di Macbeth. Lady Macbeth, una vocalità drammatica a esprimere passione malvagia e desiderio di potenza, ha visto alternarsi le soprano Tatiana Serjan e Marina Shevchenko. S’affiancano il basso (fiumano) Giorgio Surian nei panni di Banco, il tenore Valter Borin in Macduff, Gianluca Bocchino come Malcolm, Antonella Rondinone dama di Lady Macbeth e Nicolò Ceriani come medico. Completano il cast Luca Tittoto, Giuseppe Pizzicato, Marzia Falcon nel ruolo di Ecate, i solisti dei Piccoli Cantori della Città di Trieste, l’Ensemble di Micha Van Hoecke, il coro preparato dal M° Lorenzo Fratini, il Corpo di Ballo e l’Orchestra del Verdi. In una scenografia assolutamente sobria ed essenziale rompe - mantenendo un equilibrio stilistico perfetto - la scelta artistica di costumi nipponici che, pur se in contrasto filologico con l’ambientazione dell’azione in terra scozzese, danno alle scene un’atmosfera rarefatta, poetica ed intensa. Le suggestioni create dagli evocativi e seducenti balletti diretti dal grande coreografo contribuiscono a far percepire danza, canto e la sempre vibrante musica verdiana come un momento d’arte scenica unico che suscita accesi unanimi entusiastici consensi di pubblico e di critica. Spettacolo da vedere. Chiude con Maurizio Crozza il cartellone “Cabaret” del Teatro Stabile del Friuli Venezia Giulia dopo i successi delle esilaranti performance di Gene Gnocchi, Sabina Guzzanti ed Enrico Bertolino. Ognuno è libero di credere, valutare e scegliere ciò che la società dell’informazione - fatte salve censure, superficialità, gossip, piaggeria e malafede - offre ai nostri giudizi: da tale assunto il proposito (forse troppo ambizioso) di un’analisi sarcastica del mondo in cui viviamo. Intento impegnativo che richiede al comico genovese di portare sulle scene alcuni dei suoi più famosi personaggi attraverso cui commentare spiritosamente argomenti anche spinosi dell’attualità: ad un ridicolizzatissimo George ‘dabliu’ Bush è affidata la denuncia – dai toni un po’ scontati - sulla guerra e lo sfruttamento delle popolazioni più povere; le improbabili confusionarie lezioni del simpatico Zicchichi danno il la a battute sul delirio tecnologico e scientifico sempre più spregiudicato e sull’imperfezione evolutiva della supponente specie umana (“per il 99,4% siamo ancora delle scimmie”)! All’originale gag sulla sospetta propensione alla beneficenza del più illustre dei nostri tenori - che gorgeggia grottesche arie “faccio del bene… solo se mi conviene” - seguono mordaci battute su banche e “bancherotte”, giustizia e leggi “salva-parlamentari”, condoni a tutela degli evasori abituali e promesse elettorali “quasi” mai tradite (“Signora, s’è accorta che Berlusconi ha abbassato le tasse? No?... Aspetti di guadagnare di più”). Una satira non sempre tagliente e con uscite talora ovvie o già sentite diverte comunque la platea accorsa ad applaudire il noto caratterista televisivo di Avanzi, Tunnel, Mai dire gol e Quelli che il calcio. Sul palcoscenico, insieme a Crozza, Savino Cesario (voce e chitarra) e Silvano Belfiore (tastiere) si prestano a spalla per canzonature e domande provocatorie. Produzione del Teatro dell’Archivolto di Genova, lo spettacolo ha come autori Vittorio Grattarola, Massimo Olcese, Giorgio Gallione –che cura anche la regia- e lo stesso Crozza che saluta il pubblico triestino ammonendo “chi va con lo zoppo,… prima o poi lo supera”. (em) LA RECENSIONE/RITMI Dai Pomeriggi musicali alla Sala Bartoli del Rossetti Narrare e sedurre (con le note) di Rossana Poletti “OPERETTA JAZZ - l’operetta a ... ritmo di Shimmy e di fox trot” ha concluso venerdì 8 aprile i “POMERIGGI MUSICALI AL ROSSETTI”. Il ciclo di appuntamenti ospitati alla Sala Bartoli del Politeama Rossetti di Trieste, nei mesi di marzo e aprile, è stato organizzato dall’Associazione Internazionale dell’Operetta per il secondo anno consecutivo. Al pubblico è stato offerto un percorso tra jazz, spirituals, musiche da film, passando attraverso un doveroso omaggio a Giorgio Gaber, amato cantautore recentemente scomparso di cui sono note le origini triestine, per concludersi con un concerto d’operetta. La rassegna ha registrato il tutto esaurito con un’accoglienza entusiastica di pubblico e critica. Il primo appuntamento ha visto in scena il gruppo “Aljoša Jerič Quartet”, con musicisti di ambedue le parti del confine italo-sloveno con un itinerario dal musical al jazz contemporaneo, che racconta di luoghi rarefatti ed emozioni sfumate, di fumosi caffè e di un libro che narra e seduce. Potente e mistica Cheryl Porter, accompagnata al pianoforte da Michele Bonivento, ha scosso la platea con il suo caldo e profondo messaggio d’amore. “Amazing grace” - ha spiegato la cantante - è così significativa per la tradizione spiritual da poter essere considerata l’equivalente di una preghiera del calibro del Padre Nostro.” E’ stata poi la volta del Movies Trio che ha proposto una serie di temi musicali appartenenti ad alcune tra le più belle produzioni filmiche e di commedia musicale italiane ed estere. Gli splendidi arrangiamenti e i frequenti e giocosi duetti tra piano- forte e clarinetto hanno creato una magica e piacevole atmosfera addolcita dalle note suadenti del violino. Da Jacques Brel trae ispirazione Walter Di Gemma, come già avvenne per Gaber. Infatti nella musica e nel canto del giovane cantautore milanese, che ha proposto un mix di canzoni sue e di Giorgio Gaber, traspira quella malinconia che ha caratterizzato tutta l’opera del cantante milanese, e che origina dal messaggio del cantante belga: la libertà di pensiero e di coscienza come unica via di espressione del sentimento e della poesia. Ed è stato gioco forza, per l’Associazione dell’Operetta, concludere con un concerto dedicato alla piccola lirica. Il tenore Andrea Binetti e il soprano ungherese Krisztina Nemeth, accompagnati al pianoforte da Federico Consoli hanno proposto, venerdì 8 aprile, brani tratti dal- le operette più note: La bajadera, La danza delle libellule, Scugnizza, La duchessa di Chicago, Il trillo del diavolo, Al cavallino bianco, Fior d’Haway e altre ancora. Siamo negli anni ‘ 20, gli anni folli del charleston, del jazz e delle prime commedie musicali americane di Youmans e Kern. La musica “nera” sconvolge il mondo della canzone; l’operetta ormai ha assorbito danze “a la mode” come il fox trot e lo shimmy, accetta i nuovi ritmi e immette, fra i sospirosi duetti del soprano e del tenore, motivi profumati di jazz-band e di swing. Il musical di Broadway avanza prepotente, l’operetta deve cedere il passo. Saranno gli spartiti di Porter, Berlin, Rodgers, i continuatori di quel meraviglioso alternarsi di danza, prosa e canto. 4 palcoscenico Martedì, 3 maggio 2005 Martedì, 3 maggio 2005 5 TEATRO Per chi il teatro lo ama e per chi deve ancora conoscerlo: 60 anni di storia della “nostra” Compagnia (2 e cont.) Dramma Italiano: viaggio nel tempo 1960/61 “Bonaventura, precettore a corte” di S. Tofano con Ermanno Svara (nella culla), Gianna Depoli e Raniero Brumini di Nensi Giachin Marsetić La crisi improvvisa (1951-1961) D opo un avvio incoraggiante, i primi veri problemi per il Dramma Italiano. I sintomi di quello che sarebbe diventato il periodo più difficile per il Dramma Italiano si ebbero già nel 1949, con le prime opzioni. In quei mesi la compagnia era stata quasi dimezzata; furono licenziati in tronco tutti gli attori che avevano optato per la cittadinanza italiana. In poco tempo il Dramma si vide privato dell’apporto di Tardivelli, Bortolotti, di attrici come la Intravaia, la Grattoni e la Pontoni. Ma la vera crisi per il collettivo giunse improvvisa e implacabile, come conseguenza alle opzioni, e continuò per tutto il decennio 195161. Fiume e l’Istria si “svuotarono” in poco tempo della presenza italiana. Questa drastica diminuzione del numero di connazionali si riflesse immediatamente anche sulle attività culturali della minoranza e, in modo particolare, sui risultati del Dramma Italiano. Ci fu una caduta vertica- La stessa composizione della compagnia, con attori che provenivano da una lunga esperienza sui palcoscenici italiani, indusse ad “osare” una via di mezzo. Decisero di trasformare il Dramma Italiano in un teatro popolare, nel senso elementare del termine, mettendo in scena “lavori da dopolavoro”, adatti forse di più ad una filodrammatica che ad una compagnia stabile. Accanto a testi come “L’antenato” di Veneziani, “Ostrega, che sbrego!” di Fraccaroli, “Nina, no far la stupida” di Giancapo, “Paparino” di Falconi, i cartelloni comprendevano però anche lavori più impegnativi come “Spettri” di Ibsen, “La dodicesima notte” di Shakespeare, “Medea” di Euripide o “La signora delle camelie” di Dumas. Il ridimensionamento del repertorio non bastava comunque da solo ad assicurare la presenza costante del pubblico. Gli attori si fecero perciò procacciatori di spettatori, gestendo in proprio le campagne di abbonamenti e persino la vendita dei biglietti. Osvaldo Ramous, direttore della compagnia in quei difficili anni, si era adoperato 1960/61, !Il caso Wagner” di M.Matković con Raniero Brumini ed Angelo Benetelli le della frequenza del pubblico agli spettacoli. Dalla consuetudine di recite settimanali, la compagnia si ridusse, a Fiume, a dare una sola replica per ogni lavoro. La situazione diventò quasi insostenibile. Bisognava reagire “creare” un pubblico che esisteva solo come potenzialità numerica tra gli italiani rimasti e l’unica soluzione possibile era di impostare una diversa politica culturale. I dirigenti della compagnia si posero per la seconda volta la questione del repertorio. L’esodo aveva portato con sé la maggior parte di intellettuali e borghesi; in città la fascia di utenza si ridusse alla cerchia operaia e in Istria ad un miscuglio di contadini e pescatori, tutta gente che non era un’assidua frequentatrice dei teatri. La compagnia andava perciò “reinventata”, doveva ripartire da zero e muoversi in un terreno fino a quel momento sconosciuto. E’ difficile insegnare a qualcuno ad amare il teatro, soprattutto se questo qualcuno è una persona adulta con i gusti già formati. Le possibilità erano due: decidere di portare in scena un repertorio popolaresco, l’unico in grado di attrarre a teatro la gente rimasta, o cogliere l’occasione per affrontare un discorso se non proprio elitario, di grande impegno artistico. fino in fondo per alleviare le difficoltà dell’istituzione. Se il numero degli spettatori aveva cominciato a salire, non si poteva dire altrettanto per il numero degli attori del Dramma Italiano. Nella stagione 1950/51 erano infatti 17, l’anno successivo il numero è salito a 24 per poi scendere a 16 nella stagione 1954/55 e ridursi a 14 nella stagione 1955/56. Nella stagione 1955/56 si registra l’inizio di un’importante collaborazione tra il Teatro di Fiume e Dorian Sokolić, giovane scenografo che aveva da poco concluso gli studi presso l’Accademia delle Belle Arti a Belgrado. Sokolić non fu l’unica “ondata di aria fresca” che caratterizzò il 1955. Osvaldo Ramous riuscì infatti ad assicurare la presenza della grande attrice italiana Diana Torrieri, che prese parte a ben due spettacoli del D.I. nella stagione 1955/56. Fu la protagonista di “La moglie ideale” di Praga e de “La signora delle camelie” di Dumas. Sempre su iniziativa di Ramous fu condotta in questa stagione una campagna per una maggiore affluenza del pubblico alle rappresentazioni. Furono introdotti abbonamenti collettivi ad uso delle fabbriche ed aziende, oltre a sconti riservati agli studenti. Tutto questo impegno non servì però a scongiurare quello che si sarebbe dimostrato un vero e proprio colpo di mano contro il Dramma Italiano. La minoranza rimasta in città stava vivendo un grande periodo di crisi nel 1956. Doveva difendere e garantire la sopravvivenza delle uniche quattro scuole elementari in lingua italiana rimaste attive e del Ginnasio, cercando di sventare il progetto, più volte ventilato, di una loro fusione. Lo stesso tipo di lotta fu intrapresa dai giornalisti quando fu proposto di trasformare il quotidiano La Voce del Popolo in settimanale. Ma contro il Dramma Italiano si ricorse a raggiri e ad intimidazioni con l’unico scopo di eliminarlo del tutto. Fu così che, in base ad un piano ben definito, il 25 febbraio 1956, i quattordici dipendenti della compagnia italiana del Teatro del Popolo furono licenziati senza alcun preavviso. Solo recentemente sono venuti alla luce i documenti riguardanti la liquidazione improvvisa del Dramma, dai quali risulta che la proposta per il licenziamento fu avanzata proprio dal Circolo Italiano di Cultura (CIC) di Fiume. Non sono stati resi noti i nomi delle poche persone che a suo tempo avevano partecipato alla riunione, durante la quale fu deciso il futuro della compagnia. L’incontro si era tenuto effettivamente presso il CIC. Un esponente di punta del Comitato cittadino del Partito, che era anche uno dei due vicepresidenti dell’UIIF, tentò di spiegare le ragioni che avevano indotto le autorità a trasformare la compagnia in una filodrammatica. Il piano, che stava per venir messo a punto, prevedeva di ridurre il complesso ad un numero insignificante di attori (tre o quattro) che si sarebbero valsi, a seconda delle esigenze, della collaborazione di dilettanti provenienti dalla SAC “Fratellanza” di Fiume. Anche la sede sarebbe stata diversa, cioè un piccolo edificio in periferia. Il 29 febbraio 1956 il segretario del CIC convocò una riunione con il personale del Dramma per spiegare quali erano le ragioni che avevano portato ad agire in questo modo nei confronti della compagnia. Dal verbale appare chiaramente che aveva cercato di far capire ai presenti che “ormai tutta la vita politica e l’attività degli Italiani sta(va) sempre più fondendosi con quella croata”, per cui, tanto valeva in un “sano spirito socialista” accelerare i tempi dell’assimilazione; si trattava cioè di “facilitare questo processo naturale”. Le proteste dei diretti interessati furono molto energiche. Gli attori sottolinearono l’importante funzione svolta dalla compagnia quale unico complesso drammatico al servizio della minoranza e confutarono l’asserzione che il pubblico scarseggiava, facendo presente che le tournèe in Istria si trasformavano in grandi avvenimenti socio-culturali. Ma chi più di altri si dimostrò una figura determinante in questo momento di grande difficoltà, fu il direttore della compagnia, Osvaldo Ramous, che seppe reagire prontamente. Comunicò al sovrintendente del teatro, Drago Gervais, la sua decisione di recarsi a Zagabria e a Belgrado per esporre il caso personalmente alle autorità. Sia a Belgrado che a Zagabria ottenne l’assicurazione che il Dramma Italiano sa- 1975/76, “I signori Glembaj” di M. Krleža con Gianna Depoli e Raniero Brumini rebbe rimasto in vita e che avrebbe continuato la sua attività senza ulteriori intoppi. Il direttore del Dramma colse l’occasione per illustrare alle autorità quello che rappresentava un altro problema per la compagnia fiumana: i giri artistici in Istria. Una grande parte del pubblico potenziale del Dramma viveva nella penisola istriana e per il complesso era quasi impossibile trovare i mezzi finanziari necessari per organizzare regolarmente le tournée nella penisola. Gli organi competenti si dimostrarono molto favorevoli a questa iniziativa e gli assicurarono delle regolari sovvenzioni. vennero presto elementi fondamentali per la compagnia. Gli anni Sessanta Gli anni Sessanta segnarono il rilancio del Dramma Italiano a livello nazionale anche grazie ad una serie di novità nell’organizzazione delle stagioni e ai rapporti sempre più frequenti con l’Italia. Se fino alla firma del Memorandum d’Intesa l’unica funzione riconosciuta all’UIIF e al Dramma Italiano sembrava essere di tipo educativo e culturale, ora iniziava a profilarsi un nuovo “campo d’azione”. Nel 1961, dopo un’assemblea dell’UIIF svol- Dalla “Relazione sulla tournée effettuata dal Dramma Italiano dal 3 al 13 ottobre 1957 nei distretti di Pola e Capodistria con la commedia di Hubert “Quando la luna è blu”, per capire in quali condizioni si svolgevano questi giri artistici e quali erano le difficoltà che gli attori si trovavano ad affrontare (teatrini in pessime condizioni, sale non riscaldate, mancanza di pubblico a causa di lavori stagionali nei campi, ecc.). “[...] La sera stessa del giorno demmo uno spettacolo a Buie, con scarsa affluenza di pubblico a causa della vendemmia che vuotava il paese e tratteneva i contadini in campagna fino a tardi, ci dissero. Il 6, a Verteneglio, avemmo la gradita sorpresa di regi- E fu proprio in quei giorni difficili che tutti gli italiani dell’Istria e di Fiume dimostrarono la loro grande solidarietà alla compagnia con una partecipazione massiccia per gli spettacoli proposti. Passato il grande spavento, l’attività della compagnia proseguì più intensa che mai. Dal 1956, grazie alle sovvenzioni del governo, le tournée in Istria diventarono regolari. Dopo la sigla del Memorandum di Londra (1954) i rapporti tra Jugoslavia e Italia migliorarono sensibilmente. Anche il Dramma trasse dei vantaggi da questa nuova situazione e intensificò i propri rapporti con la Nazione Madre. In questi anni si ebbero nuove assunzioni nella compagnia: si erano aggiunti al gruppo il Bonelli e Alessandro Petterin. Nel 1958 arrivarono dall’Italia i coniugi Glauco e Lucilla Verdirosi, che di- tro i ragazzi. Di regola le “matinée” prendevano spunto dallo spettacolo in programma per gli adulti, che veniva spiegato ai giovani per consentire una più facile comprensione. I primi risultati di questo lavoro divennero visibili dopo due-tre anni. Il numero del pubblico stava aumentando e fra i nuovi appassionati c’erano proprio i ragazzi delle scuole. La Direzione decise perciò di stanziare ogni anno dei finanziamenti in favore di questa attività che, dalla metà degli anni Sessanta, venne regolarmente inserita tra le attività della compagnia. Nel corso della stagione successiva, 1962/63, Raniero Brumini diede avvio ad un altro progetto dedicato ai giovanissimi, il pubblico di domani, che doveva venir “educato” al teatro. Ideò e creò un teatrino delle marionette, con il quale visitò tutte le scuole in lingua d’insegnamento italiana. La stagione si concluse positivamente, con due uscite nella penisola istriana (una in inverno e l’altra nei mesi primaverili) ed un dato costante: l’affluenza del pubblico continuava ad essere maggiore nei centri istriani più piccoli, come Gallesano e Dignano. In estate fu organizzata una tournée all’aperto (la compagnia si serviva di un palcoscenico mobile) in Istria e sulle isole, iniziativa che riscosse un grande successo. La stagione 1964/65 si aprì con molte incertezze dovute all’esiguo numero di attori a disposizione. Il complesso poteva contare su dieci attori: Mascheroni, Depoli, Novak, Flebus, Braico, Benetelli, Brumini, Petrali, Verdirosi e Svara. Furono ingaggiati anche due giovani dilettanti di Fiume: Chiepolo e Marini. strare un pienone anche se l’organizzazione della recita difettava parecchio. La sala dove dovevamo dare lo spettacolo era ingombrata da cataste di legna, banchi di scuola e quinte di vecchi spettacoli. Le seggiole mancavano. Abbiamo dovuto provvedere alla pulizia e al trasporto delle seggiole, dal cinema alla sala del teatrino. Alla sera, tuttavia, quasi la metà del paese ha assistito alla recita e lo spettacolo è stato accolto con nutriti applausi, tanto da sembrarmi un peccato che fino ad oggi, nei nostri giri, si sia trascurata quest’ottima piazza. Da notare che la sala era stipatissima e che gran parte di coloro che avrebbero voluto assistere alla recita se ne dovettero tornare a casa impossibilitati ad entrare. [...]” tasi a Fiume, si fece strada il nuovo ruolo affidato a questo ente che doveva “fare della minoranza un ponte ideale per la pacifica collaborazione tra Jugoslavia ed Italia, e di coltivare relazioni con istituzioni ed organizzazioni progressiste italiane.” Anche il Dramma Italiano iniziò a muoversi in questa direzione, ingaggiando per i propri spettacoli importanti registi Italiani, come Francesco Macedonio e Giuseppe Maffioli (ma solo verso la fine degli anni ’60). Nella stagione 1961/62 vennero inserite per la prima volta nel programma del complesso le famose “matinée” per i ragazzi delle scuole, nate da un’idea di Ferruccio Glavina. Si trattava di spettacoli per bambini oppure con gli alunni stessi, seguiti da un dialogo che, sotto forma di quiz e concorsi, aveva lo scopo di rendere protagonisti dell’incon- Mancava Nereo Scaglia; per problemi di salute era lontano dal palcoscenico fiumano da oltre un anno. Ada Mascheroni aveva intanto organizzato un corso di recitazione e dizione per aspiranti attori. Ormai gli attori dilettanti non bastavano perché il pubblico stava diventando sempre più esigente. La compagnia doveva cercare di rinnovarsi e migliorare la qualità degli spettacoli, anche per essere in grado di competere con altre forme di spettacolo che si stavano imponendo: il cinema e la televisione. Il Dramma Italiano aveva bisogno di una scossa. In quasi vent’anni erano stati pochi i cambiamenti a livello di messa in scena: i registi erano più o meno sempre quelli e, anche se nel passato avevano ottenuto dei grandi successi, a lungo andare erano diventati troppo “prevedibili”. Il problema della regia si fece sempre più acuto e solo l’arrivo di registi dall’Italia riuscì ad aprire nuovi orizzonti nel campo della ricerca e dell’interpretazione. Il 1964 fu un anno importante per il futuro di tutte le istituzioni della minoranza, perché segnò l’inizio di una proficua e determinante collaborazione con l’Università Popolare di Trieste (UPT), finestra sempre aperta verso l’Italia. Con la stagione 1966/67 lo stabile fiumano festeggiava i primi vent’anni di attività. Per l’occasione fu fissato un calendario celebrativo ricco di rappresentazioni, conferenze e manifestazioni. Il Dramma Italiano decise di festeggiare il suo ventesimo compleanno con l’allestimento della commedia goldoniana “Il burbero benefico”, che nel 1946 lo aveva fatto conoscere al pubblico fiumano. Per la seconda volta, a distanza di due decenni, Gianna Depoli prese parte allo spettacolo. Oltre a Goldoni, il cartellone prevedeva “Da giovedì a giovedì” di De Benedetti, “Tre topi grigi” di A. Christie, di A. Miller “Erano tutti miei figli”, “I denti dell’eremita” di C. Terron e “A sinistra della coscienza” di Živulović. Un repertorio strutturato attraverso un buon dosaggio di teatro brillante e teatro “impegnato”. Sei produzioni, per un totale di oltre 100 spettacoli tra Fiume e l’Istria. La stagione 1967/68 permise di assistere al primo spettacolo diretto da un regista professionista arrivato dall’Italia: Spiro Dalla Porta Xidias. Era la prima volta che gli attori lavoravano con un “vero” regista. In questa stagione Xidias firmò la regia di tre spettacoli: “Così è (se vi pare)” di Pirandello, “La giostra” di Dursi e “Quando la donna è muta” del drammaturgo jugoslavo Rabadan. Tutti testi che gli hanno permesso di esprimere il suo modo di far teatro, in bilico tra tradizionalismo e tendenze avanguardistiche e che si sono dimostrati successi di critica e di pubblico. Da segnalare inoltre che nella stagione 1968/69 ci fu la prima collaborazione registica con Francesco Macedonio, che ha curato la regia della “Cantata del fantoccio lusitano” di Weiss, allestimento che lo ha imposto anche all’attenzione dei critici italiani. Questo testo ha influito sul modo di fare teatro della compagnia ed ha segnato l’inizio di una crescita qualitativa delle messinscena, fino a quel momento quasi esclusivamente di impianto natural-realistico. Le novità introdotte dai registi italiani diedero un’immagine più moderna e ringiovanita alla compagnia che, visti i progressivi miglioramenti, decise in questo periodo di puntare ad un allargamento del suo “raggio d’azione”, cercando di organizzare delle uscite in Italia. mentale. L’attività della compagnia continuò ininterrotta presso un’altra sede. Prima nella Casa dell’Armata e successivamente in quella del Pioniere, anche se entrambe risultarono “recipienti” inadatti ai tipi di spettacoli presentati. Furono anni molto duri, caratterizzati da un calo delle presenze a teatro, vuoi per la sede provvisoria non molto amata dal pubblico, vuoi per la crisi generale che stava vivendo il teatro. Nonostante i vari ostacoli di tipo tecnico, gli anni ’70 furono nel complesso abbastanza positivi per il Dramma Italiano. Grazie all’interessamento dell’UPT, la collaborazione dei registi italiani divenne quasi una consuetudine. Sempre l’ente triestino mise a disposizione, nei primi anni Settanta, delle borse di studio per studenti che avevano deciso di frequentare una scuola d’arte drammatica in Italia. Nel 1972 erano quattro i giovani che, iscritti all’Accademia d’Arte Drammatica a Trieste, usufruivano dell’assegno di studio. L’anno seguente, nel 1973, Elvia Malusà, giovane promessa dignanese, entrò a far parte della compagnia dopo aver portato a termine gli studi a Trieste. Seguirono anni di grandi successi e di una nuova apertura della compagnia sia livello nazionale sia verso l’Italia. Il repertorio continuava a seguire le linee programmatiche fissate dalla compagnia. Il numero di produzioni stagionali oscillava tra le quattro e le cinque. Tra queste, una era dedicata ad un autore italiano, un’altra al lavoro di un drammaturgo straniero (possibilmente del ‘700-‘800), una terza ad un testo della drammaturgia contemporanea ed infine era d’obbligo l’allestimento di un lavoro jugoslavo. Nella compilazione del cartellone si cercava di alternare testi “leggeri” ad allestimenti più impegnativi. Si spaziava perciò dalle pièce francesi di Labiche, Sauvajon, Bisson, a testi più esigenti di autori Italia- come Krleža, Hadžić, Đukić, Nušić o esempi di “colore locale” come Ramous, Gervais o Schiavato. I maggiori successi in questo decennio andarono alla “Cantata di un fantoccio lusitano” di Weiss (stagione 1969/70), a “La Fiorina ovvero L’istà e l’inverno” (1972/73), riduzione e adattamento di Giuseppe Maffioli (che curò anche la regia dello spettacolo), con testi tratti da “La Fiorina”, dal “Dialogo facetissimo”, da “La Pastoral” e da “L’Anconitana” del Ruzzante. Molto buona l’accoglienza della critica anche per “Il soldato Tanaka” (1973/74) di Kaiser, diretto da Francesco Macedonio e per “L’Avaro” di Držić, con la regia di Maffioli. Per la prima volta la compagnia italiana si esibì anche in Italia. Con “La Fiorina” il Dramma partecipò alla rassegna “Teatro Oggi” svoltasi a Gorizia nel 1974. Nel 1976, il testo del Ruzzante fu adattato per il piccolo schermo e trasmesso dalle TV di Capodistria, Zagabria e Lubiana, con sottotitoli in croato e sloveno. Nelle stagioni successive si ebbero altre uscite in Italia, anche se erano tutte limitate ai centri del Friuli. “Il feudatario” di Goldoni fu rappresentato a Muggia nell’estate del 1974. “La calzolaia fantastica” di Lorca fece tappa a Tolmezzo, 1977/78, “L’avaro” di M. Držić con Nereo Scaglia e Bruno Petrali “I. Zajc”: chiuso per restauro Il fatto che influì più di altri negli anni Settanta sull’attività e sui risultati di tutte le sezioni del Teatro stabile fiumano fu sicuramente la chiusura dell’edificio teatrale, avvenuta il 1 gennaio 1970. Le pessime condizioni in cui si trovava il teatro, non lasciavano scelta: era giunto il momento di ristrutturarlo. Solo che, lontano da ogni previsione, ci vollero ben undici anni per vedere riaperte le porte di quell’edificio monu- ni come Betti, Fabbri, Gallina, senza tralasciare Goldoni, Pirandello e Ruzante, per arrivare a Brecht, Kaiser, Dürrenmatt, Cervantes, Čechov, Lorca ed includere poi, in ogni stagione, un autore jugoslavo Cormons, Grado e Trieste (1977). L’uscita che risultò più interessante e appagante per la piccola compagnia fu, senza dubbio, la tournée con “L’Avaro” di Držić. La commedia, capolavoro della letteratura del Rinascimento croato, fu presentata al “Parioli” di Roma e poi, nel 1980, fu vista a Forlì, Ferrara, Argenta, Ravenna, Cesena e Trieste. L’accoglienza riservata alla compagnia fu quanto mai positiva a Roma. Ezio Mestrovich, inviato de La Voce del Popolo, annotava a questo proposito che “fin dall’inizio era evidente che il pubblico accettava e rispondeva a quanto veniva proposto dai nostri attori sul palcoscenico del teatro Parioli. […] Se perplessità ed esitazioni fossero sussistite prima dell’incognita del debutto capitolino, esse sono state fugate dal felice avvio del gioco scenico che ha vinto la platea, strappato applausi prima del termine. […] Due critici, Di Gianmarco e Pagliarini, rispettivamente de La Repubblica e Paese Sera hanno espresso giudizi positivi e lusinghieri. Una gradevole rivelazione, per ambedue, il lavoro, così come la validità di un complesso di cui ignoravano l’esistenza.” La commedia fu portata anche in giro per la Croazia e nel 1978 partecipò alla “Rassegna dei teatri professionisti” di Slavonski Brod. Per quanto riguarda il progetto di avvicinare il teatro anche alle generazioni più giovani (progetto inaugurato qualche anno prima con le matinée per le scuole e diversi spettacoli allestiti dagli attori della Dramma), va sottolineato che nella stagione 1972/73 fu inserito per la prima volta anche nel cartellone ufficiale uno spettacolo dedicato ai ragazzi: “Operazione filtro magico” di Mario Schiavato, seguito nel 1974/75 da “Zibaldone n. 2” di Bruno Petrali. Nel 1978 (anche a causa di qualche attrito fra i “vecchi” attori della compagnia e i nuovi arrivati) Gianna Depoli, Angelo Benetelli, Ada Mascheroni e Nereo Scaglia, colonne portanti della compagnia per oltre trent’anni, decisero di ritirarsi definitivamente dalle scene e chiedere il pensionamento. Prima ancora, nel 1973, era scomparsa anche Lucilla Flebus-Duca. Gli attori che la compagnia aveva a disposizione erano tutti molto giovani. Negli ultimi anni si erano aggiunti al gruppo anche la rovignese Ester Segalla e i giovani Giulio Marini, Galliano Pahor e Bruno Nacinovich. Erano tutti attori con del talento, ma ancora acerbi perché non avevano avuto il tempo per portare a termine quel fondamentale periodo di rodaggio, che a teatro spesso significa aspettare, imparare osservando gli altri, iniziare con parti da comparsa per poi guadagnarsi ruoli sempre più importanti. Si sono semplicemente trovati a dover portare sulle spalle un peso che, in quel momento, era per loro forse ancora troppo grande. 6 palcoscenico Martedì, 3 maggio 2005 IL PERSONAGGIO Con Drago Rošić e Nina “Vašar snova” di Matković. Ancora 1958 Neva Rošić, di Gianfranco Miksa N eva Rošić ha festeggiato i suoi cinquant’anni di carriera artistica. L’ha fatto nella sua città natia, vale a dire Fiume. Dal 1955 ad oggi, la Sarah Bernhardt croata ha portato sulle tavole del palcoscenico numerosi personaggi in oltre settanta pièce teatrali. Neva Rošić, figlia del primo sovrintendente croato del teatro “Zajc”, ossia Đuro Rošić, è nata nel 1935 a Sussak (Sušak), allora città a sé stante, parte del regno jugoslavo, mentre Fiume apparteneva all’Italia. Già in tenera età si è occupata di teatro, amatorialmente, con presenze però pure al teatro della città di Fiume come comparsa. L’anno 1953, segna un momento cruciale per Neva Rošić, difatti s’iscrive all’Accademia d’arte drammatica di Zagabria. La carriera professionale dell’attrice inizia nel 1955 al Teatro Drammatico di Zagabria, oggi Teatro Gavella. A soli vent’anni la fiumana d’adozione si confronta con autori come Goethe, Shakespeare, Goldoni, dimostrando per la recitazione un talento eccezionale. Nel 1968 passa al Teatro Popolare Croato di Zagabria e vi resterà per ben vent’anni in pianta stabile. Su quel palcoscenico l’attrice darà il meglio di sé, dando un grande contributo alla scena croata, ma ancor di più una gran lezione di recitazione per tutte le generazioni successive. Purtroppo la grande attrice reciterà di rado nella sua città natia: appena nel 1976 il pubblico fiumano avrà l’onore di vederla in “Leda” di Krleža. Ci vorranno poi altri tredici anni per poterla applaudirle nuovamente a Fiume, questa volta nelle vesti di Claire nel pezzo teatrale di Durenmatt, “Visita della vecchia signora”. La stagio- Nel 1969 è un’impareggiabile Laura in “U agoniji” di Miroslav Krleža ne successiva (1990), sempre al Teatro Zajc, l’attrice interpreta la “fiumana” Mafalda in “Esercitazioni alla vita” di Nedjeljko Fabrio e Darko Gašparović. Da questo momento l’attrice croata comincia ad allontanarsi lentamente dal palcoscenico, interpretando fino al 1993, data dell’allontanamento definitivo, pochi ruoli. Dal 1997, Neva Rošić, intraprende il ruolo di regista; cura cinque regie, una delle quali, l’ultima (2004), “La maratona” di Edoardo Erba, per il Dramma Italiano. Diciotto i premi vinti nella sua lunga carriera, tra i quali annoveriamo il premio “Città di Zagabria” per gli anni ’63 e ’85 e il premio “Vladimir Nazor” per la carriera artistica nel 2002. Dopo tredici anni d’assenza dalla scena croata l’attrice è ritornata nella sua città natia per festeggiare il giubileo d’oro, i cinquanta anni di (venerata e onorata) carriera. Quest’importante giubileo è stato festeggiato, allo “Zajc” (per l’occasione strapieno), con la messa in scena del “Gabbiano” di Anton Cechov, la regia è stata curata da Jagoš Marković. L’attrice ha interpretato il personaggio di Irina Nikolajevna Arkadina, ruolo che conosce profondamente bene: infatti, ha avuto l’occasione d’interpretarlo esattamente vent’anni fa, ossia nel 1975 nel Teatro popolare di Zagabria. Un giubileo festeggiato con un ritorno alle origini, è la prima cosa che passa per la mente. In effetti, dopo aver passato un così lungo tempo (tredici anni) lontano dalle scene, non si può non parlare di ritorno alle origini. La padronanza recitativa dell’attrice è ben visibile, una forza prorompente, quasi una recitazione violenta che la mette al centro della scena. Dunque uno stile di recitazione, alquanto discutibile, pieno d’euforia ma allo stesso tempo completo anche di “sporcature” (di solito si sporca la battuta, riempendola di fonemi e sospiri, soprattutto quando non si riesce a stare “dietro” all’attore con cui si dialoga) e di regia di scena (gestualità e movimenti di corpo del deuteragonista del momento scenico, laddove non ha la battuta: in sostanza quando l’azione e la parola sono incentrati su un altro personaggio). Trucchetti e scappatoie recitative che s’assimilano unicamente con l’esperienza di un “background” artistico di un personaggio come la Rošić. In ogni modo la sala gremita e le ovazioni della gente sono state una conferma della bravura dell’attrice. Un giubileo molto pubblicizzato ma, nondimeno, egregiamente meritato. Nel 1970 interpreta Lady Macbeth nella tragedia shakespeariana Nel 1971 è Rosaura nella “Vedova scaltra” di Goldoni Splendida Tirena nell’omonima opera di Držić. È l’anno 1958 palcoscenico 7 Martedì, 3 maggio 2005 IL BALLETTO A Trieste il Balletto Nazionale della Georgia NOTES A cura di Daniela Rotta Stoiljković La magia della tradizione diventa danza Aprile nelle CI CI CHERSO 22 maggio ore 12 in piazza, esibizione del coro “Giuseppe Tartini” e del gruppo mandolinistico “Serenate” della CI di Pirano CI CITTANOVA 12 maggio ore 19 commedia “Fioi e colombi sporca la casa” presentata dalla Filodrammatica della CI di Momiano, ospite pure la Mandolinistica CI FIUME 8 maggio ore 18,30 spettacolo dialettale di parole e musica “Machinista, machinista daghe oio” a cura del Serenade Ansamble – Compagnia folcloristica muggesana “Ongia” e l’Associazione “Fameia Miuesana”. Lo spettacolo nasce da un’idea di Andrea Sfetez 10 maggio ore 18,30 “Teatro a leggio” – “Per voci sole”: “La domanda di matrimonio” di Anton Cechov, presentato dall’associazione culturale “Amici della Contrada” 14 maggio concerto del Coro di Capri che è ospite della SAC “Fratellanza” 16,18 e 25 maggio 41.esima edizione del Festival dei Minicantanti 19 maggio concerto di primavera, serata di musica e intrattenimento a cura del Coro misto della SAC “Fratellanza” di Anton I. Sergovic L a danza e la musica popolare attraversano la storia grazie alla forza della loro semplicità e immediatezza, per arrivare, a volte, a incrociare la strada del mondo accademico, in una sintonia che ne sublima la bellezza. Dal 1945 il Balletto Nazionale della Georgia tramanda e preserva le danze antichissime delle sue genti con una dignità presto riconosciuta, tanto da essere stata una delle sole quattro compagnie che ha ottenuto il rango di Ensamble accademico nazionale sovietico (insieme a quelle di Igor Moisseiev, del Berioska e dell’Armata Rossa). Nel suo sessantesimo compleanno è tornata in Italia, facendo tappa al Politeama Rossetti di Trieste, recentemente in scena per cinque serate. Ma se l’idea su cui lo spettacolo si fonda sembrerebbe molto semplice (studiare le danze sviluppatesi nelle varie regioni della Georgia - con particolare attenzione a quelle delle popolazioni montane e di cacciatori-, spettacolarizzarle e portarle in scena), la sua unicità trae origine dalla storia e dalla geografia di questa regione. “Isola cristiana in un mare mussulmano” la ha definita Iliko Sukhishvili, il fondatore di questa compagnia di ballo. E le contaminazioni di tale mare si mostrano da subito nello spettacolo, nei sinuosi movimenti dalle eco orientali della danza femminile, nelle braccia che compiono armoniose e ampie volute intorno al corpo, mentre i piedi sfiorano il parquet del teatro: come antiche pattinatrici sul ghiaccio, come nuove regine di Bisanzio, come bambole di porcellana… tanti i paragoni che hanno cercato di catturare con un’immagine lo stupore davanti a queste danzatrici eteree e siderali, di una bellezza di luoghi lontani e dalle vesti dalla sontuosità in un crescendo tale da diventare spettacolo in sé. Sono loro le vere protagoniste nelle prime scene dello spettacolo, sono loro ad attirare gli sguardi. Il corpo di ballo maschile inizia, sembra, con un po’ di incertezza, con slancio sì, ma quasi macchinoso, un ingranaggio che sembra attendere la carica dell’orologiaio. Ad aiutarli non ci sono certo le zoppicanti luci, manovrate (quando vi riesce) con dubbio mestiere. Poi la carica arriva, nella danza d’armi che diventa subito l’apice della prima parte, e sono scintille, di quelle vere, che infiammano il pubblico nell’incrociarsi di sciabole e scudi, combattimenti e danze che si fanno sempre più incessanti, articolate, con fendenti e rincorse in piroette saettanti. Il sipario si chiude per l’intervallo su un pubblico ancora estasiato nell’applauso. La seconda parte regala balli di festa, nenie della Svanetia, danze di corteggiamento caucasiche ma anche di pugnali. Si conferma la distinzione delle esecuzioni femminili da quelle maschili: virtuose le prime, veri sfoggi di forza le seconde, in cui vi è un evidente attingere dalla tradizione guerriera di queste genti, ma portate in scena con doti atletiche, gare di bravura e tecnica di cui indimenticabile rimarrà sempre la danza sulle punte degli stivali morbidi, esercizio di cui i ballerini georgiani si fregiano di essere gli unici al mondo in grado di eseguire. Ma se quasi si soffre nel vederli ballare sulle punte, se ci si incanta guardando la grazia dei movimenti delle ballerine, lo spettatore è più di ogni altra cosa travolto dall’energia che si diffonde dal palco: applaude, batte il tempo, torna ad applaudire, stordito, entusiasta. Guardando il pubblico, è difficile dire se le espressioni più sbalordite siano sui volti degli adulti o dei bambini. E questo, per uno spettacolo, forse è uno dei risultati più belli. CI SISSANO 8 maggio ore 17 spettacolo per la Giornata della mamma, partecipano il coretto e il gruppo filodrammatico del sodalizio. Ospiti i minicantanti della CI di Momiano CI POLA 3 maggio ore 19 “Beato el turco” di Carpinteri e Faraguna, presentato dal Gruppo Teatrale per il Dialetto di Trieste diretto da Gianfranco Saletta. CI ROVIGNO 5 maggio ore 20 “Teatro a leggio”- “Per voci sole”: “Due dozzine di rose scarlatte” di Aldo De Benedetti, presentato dall’associazione culturale “Amici della Contrada” 7 maggio ore 20 Casa della cultura, la SAC “M.Garbin ospita il coro di Bareggio (Milano) 10 maggio ore 20 Teatro Gandusio, “Appuntamenti rovignesi” per la Festa della mamma con la partecipazione dei bambini dell’asilo d’infanzia “Naridola”, della SE “B.Benussi” e dei minicantanti e midicantanti della SAC “M.Garbin” CI PARENZO 14 maggio ore 20 Festivalando, mini e midicantanti 25 maggio ore 20 “L’antenato” con il Teatro Grado 29 maggio ore 20”Piran fra tera, siel e mar” con la Filodrammatica della CI di Pirano CI PIRANO 4 maggio ore 17 Casa Tartini - l’ora della fiaba “Capricci che passione” con Gloria Frlić 7 maggio ore 20,30 Teatro Tartini, “Vita de casa nostra”, commedia brillante in 3 atti di Pippo Rota messa in scena dal Gruppo filodrammatico della CI di Pirano e dall’Armonia-F.I.T.A. di Trieste. Regia di Bruno Cappelletti e Ruggero Paghi 9 maggio ore 20,30 Teatro Tartini, “Carmen de los corrales”, rielaborazione della “Carmen” di G.Bizet nello stile del tango e del folclore argentino di Daniel Pacitti, con la Camerata Strumentale Italiana di retta da Fabrizio Ficiur 12 maggio ore 19 Sala delle vedute di Casa Tartini, saggio al pianoforte di Ivola Kruljac allieva del prof. Bojan Glavina della Scuola di musica di Pirano. In programma Bach, Beethoven, Chopin, Papandopulo e Glavina 25 maggio ore 20,30 Teatro Tartini, dramma “Maria Callas Master Class” presentato dal Dramma Italiano di Fiume, musiche di Terence McNelly, regia di Lary Zappia 30 maggio ore 20,30 Teatro Tartini, concerto della Nuova Orchestra da Camera “Ferruccio Busoni” di Trieste diretta da Massimo Belli. Al pianoforte Massimo Gon. In programma Mozart e Bach Il programma può subire modifiche 8 palcoscenico Martedì, 3 maggio 2005 CARNET PALCOSCENICO rubriche a cura di Daniela Rotta Stoiljković INVITO A TEATRO - Il cartellone del mese IN CROAZIA IN ITALIA Teatro Nazionale Ivan de Zajc - Fiume Teatro lirico G. Verdi - Trieste STAGIONE LIRICA E DI BALLETTO 14 maggio ore 20,30; 15 maggio ore 16; 17, 18 e 20 e 24 maggio ore 20,30; 21 maggio ore 17 Teatro Lirico “Giuseppe Verdi” – Trieste Faust Marquezomania 5 maggio ore 19,30; 6 maggio ore 19,00, 7 maggio ore 20,00 Jalta, Jalta di Grgić – Kabiljo, musical 8 maggio ore 17,00 e 19,00; 9 maggio ore19 Munchhausen di MatulaKovačević-Sušković 14 maggio ore 19,30; 15 maggio ore 19,00, 16 maggio ore 19,30, 17 maggio ore 19,00 Galeb/Il gabbiano commedia di Anton Čehov 19 maggio ore 19,30 e 20 maggio ore 19,00 Maria Callas Master Class di Nc Nally, dramma con musiche 28 maggio ore 19,00 Saggio finale degli allievi dello Studio di balletto classico e dei solisti del Corpo di Ballo del TPC Ivan Zajc Ex Kvarner Garibaldi 22 e 23 aprile ore 20 Muškardin/La moscheta, commedia 23 e 24 aprile ore 18,00 Carmen G.Bizet, opera 26 aprile ore 19,00; 27,28 e 29 aprile ore 19,30 Marquezomania, di Zurovac, balletto Zajc Off 22 maggio ore 11,30 e 20,00 Arlecchino servitore di due padroni di Carlo Goldoni, commedia, Piccolo Teatro di Milano – teatro d’Europa 11, 12 e 13 maggio ore 20,00; 23, 24,25 e 27 maggio ore 20,00 Bludi/Peccati/Zozos di Manfridi, commedia noire 23 maggio ore 19,30; 24 maggio ore 17,00 e 19,30; 25 maggio ore 19,30 Na rubu pameti dramma, liberamente tratto dal romanzo di Krleža 16 maggio ore 20, 17 maggio ore 18,00 e 20,30 Prokleti ne idu na Bali/I maledetti non vanno a Bali di Delbianco, dramma Teatro cittadino - Pola Zagrebački plesni ansambl e Teatro ITD Zagabria 20 maggio ore 20 Ćelava pjevačica/La cantatrice calva di E. Ionesco, regia Lary Zappia. Produzione HKD Ivan Zajc Fiume 3 maggio ore 20 Ana Karenjina di L.N.Tolstoj, regia Vasily Senin. Produzione ZKM Zagabria 14 maggio ore 20 Isto/Lo stesso, balletto. Coreografie Ksenija Zec. Produzione 24 maggio ore 20 Maria Callas Master Class di T. McNelly, regia Lary Zappia. Produzione Dramma Italiano Fiume IN SLOVENIA Teatro cittadino - Capodistria 3 maggio ore 17, 16 maggio ore 20 Morte accidentale di un terrorista di Dario Fo Arlecchino servitore di due padroni Allestimento in coproduzione fra la Royal Opera House - Covent Garden di Londra, l’Opéra de Monte Carlo, l’Opéra de Lille e il Teatro Lirico “Giuseppe Verdi” di Trieste Maestro concertatore e direttore Jean Claude Casadesus, Regia David McVicar, realizzata da Lee Blakeley, Scene Charles Edwards, Costumi Brigitte Reiffenstuel, Maestro del Coro Lorenzo Fratini, Coreografie Michael Keegan-Dolan, Luci Paule Constable I CONCERTI APERITIVO 15 maggio ore 11 Sala del Ridotto “VICTOR de SABATA” Camerata strumentale del Teatro lirico “G.Verdi”, direttore Fabrizio Ficiur Musiche di Anton Arenskij, Aleksandr Glazunov, Peter Ilic Tchajkovskij, Dmitrij Šostakovič Sala del Ridotto “VICTOR de SABATA” 29 maggio ore 11 Coro del teatro lirico “G. Verdi” direttore Lorenzo Fratini Musiche di Franz Schubert, Johannes Brahms, Gioacchino Rossini Politeama Rossetti - Trieste 1° maggio - POLITEAMA ROSSETTI PERSIANI di: Eschilo - traduzione di Monica Centanni Scene: Bruno Buonincontri Musiche: Germano Mazzocchetti Costumi: Elena Mannini Regia: Antonio Calenda Produzione: Teatro Stabile del Friuli-Venezia Giulia - in collaborazione con Istituto Nazionale del Dramma Antico Fondazione Onlus 6 maggio ore 20 Beato el Turco di Lino Carpinteri e Mariano Faraguna, Spettacolo del Gruppo teatrale per il dialetto di Trieste 17 maggio ore 20 Desdemona con Paula Vogel, Spettacolo del Teatro Nazionale di Osi 26, 27, 28 maggio ore 20, 30 e 31 maggio ore 18 Edipo re di Sofocle Dal 17 al 29 maggio 2005 – SALA BARTOLI FIGHTING DOGS: CANE vs. SANGUE Di: da Michail Bulgakov Scene: Manuela Pischedda Costumi: Manuela Pischedda Regia: progetto e regia di Andres Teres Morte Produzione: Centro culturale mobilità delle arti, Teatro Stabile del Friuli-Venezia Giulia - in collaborazione con Teatro Mercat de les Flors (Barcellona, Spagna) Fighting dogs La Contrada - Trieste Dall’1 al 4 maggio al Teatro Stabile Atto unico di Italo Svevo Regia: Francesco Macedonio Con Orazio Bobbio, Maria Grazia Plos, Manuel Fanni Canelles, Adriano Giraldi, Carlo Moser, Marzia Postogna, Maurizio Zacchigna e Xenia Bevitori Dal 6 al 15 maggio Teatro Eliseo 10 maggio ore 20 Undici passi. Serata della canzone d’autore di Boris Cavazza 5 maggio ore 17 e 20 La signorina Giulia di August Strindberg: Ciclo: Altri percorsi 22 maggio ore 18 Teatro lirico “G. Verdi” I solisti veneti, direttore Claudio Scimone (programma in definizione) 7 maggio ore 11 Aiuto, pesciolino arcobaleno! di M. Pfister – K. Pegan – V. Maher: 14 maggio ore 10; 11,30 Il custode dei maiali – H.C. Andersen – K. Marincic, Spettacolo del Teatro dei burattini di Lubiana. Dall’11 al 13 maggio 2005 - POLITEAMA ROSSETTI ARLECCHINO, SERVITORE DI DUE PADRONI Di: Carlo Goldoni - adattamento di Maurizio Soldà Scene: Flavio Dogani Costumi: Elena Caucci Regia: Maurizio Soldà Produzione: Teatro Stabile del Friuli-Venezia Giulia Opera in cinque atti su libretto di Jules Barbier e Michel Carré da Goethe Musica di Charles Gounod (Editore: Editions Choudens, Paris) (Rappr. per l’Italia: Casa Musicale Sonzogno di Pietro Ostali, Milano) in lingua originale con sopratitoli Orchestra, Coro e Corpo di ballo del Teatro Lirico “Giuseppe Verdi” di Trieste Ciclo: Prosa 27 maggio ore 20 Audicija III/Audizioni IIIdi Ž. Ninčić, regia Željko Ninčić. Produzione World Music Ciclo: Fuori abbonamento I Persiani Lasciami andare madre musikdrama di Lina Wertmüller e Helga Schneider Regia: Lina Wertmüller Con Roberto Herlitzka e Milena Vukotic Anno 1 / n. 2 3 maggio 2005 “LA VOCE DEL POPOLO” - Caporedattore responsabile: Errol Superina IN PIÙ, supplementi a cura di Errol Superina, progetto editoriale di Silvio Forza edizione: PALCOSCENICO Redattore esecutivo: Carla Rotta / Art director: Daria Vlahov Horvat Redattore grafico: Vanja Dubravčić Collaboratori: Nensi Giachin Marsetić, Marianna Jelicich Buić, Emilia Marino, Gianfranco Miksa, Rossana Poletti, Daniela Rotta Stoiljković, Anton I. Sergovic, Rosanna T. Giuricin