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articolo
S.I.R.S.
Quesiti e pareri
A NNO 11-
4
NUMERO
Servizio Informativo
Rappresentanti
dei Lavoratori alla Sicurezza
5
Provincia di Bologna
Comune di Bologna
Azienda USL di Bologna
INAIL di Bologna
Direzione Provinciale del Lavoro di Bologna
CGIL CISL UIL di Bologna
A NNO 11 - NUMERO 5
SETTEMBRE
OTTOBRE 2011
Non idoneità al lavoro e diritto del lavoratore
allo spostamento ad una mansione compatibile
di Leopoldo Magelli
19
articolo
Qualora la ricerca di una collocazione alternativa possibile risulti
negativa, allora purtroppo la situazione di incollocabilità può aprire la strada al licenziamento per giusta causa, che invece appare del
tutto illegittimo ed immotivato nel caso in cui tale misura venga
adottata senza aver espletato un’attenta ricerca delle possibili collocazioni alternative.
Restano ancora due punti da chiarire:
Quanto sopra si applica in tutti i casi di inidoneità o solo a quelli legati ad infortuni sul lavoro o malattie professionali?
Se in azienda non esiste una mansione compatibile, ma esistono
attività lavorative che potrebbero essere rese compatibili con interventi ad hoc, tecnici o organizzativi, il datore di lavoro è tenuto a compiere tali interventi, al fine di rendere compatibile la
mansione interessata?
Alla prima domanda la risposta è a nostro avviso chiara: la priorità della ricerca della ricollocazione vale per qualsiasi causa di inidoneità.
Alla seconda domanda la risposta più complessa, infatti, anche
nelle sentenze riportate dal dr. Dubini, si leggono interpretazioni
non univoche: se da un lato sembra si possa escludere l’obbligo
per il datore di lavoro di rendere compatibili alcune mansioni con
acquisti ad hoc di nuove attrezzature o con modifiche radicali dell’organizzazione del lavoro, dall’altro sembra di non poter escludere che il datore di lavoro, qualora le attrezzature e tecniche necessarie siano già disponibili in azienda e le modifiche organizzative siano di lieve entità ed impatto, sia tenuto ad agire positivamente per rendere compatibili mansioni che al momento non lo
sono.
Su questo punto così delicato riteniamo inopportuno esprimere
un parere categorico, per cui rimandiamo alla lettura integrale dell’articolo del dr. Dubini (e magari delle sentenze ivi citate).
Quello che ci sentiamo di dire, in conclusione, è che su questi
problemi così critici va attivato, ove possibile, un puntuale intervento non solo dei RLS, ma anche delle RSA o RSU, in sede negoziale, per definire un percorso condiviso con l’azienda con cui
affrontare casi del genere.
A NNO 11- N UMERO 5, SETTEMBRE-OTTOBRE 2011
Direzione:
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(Inail)
Maria Capozzi
(Direzione Provinciale
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Giovanni Panìco
(Punto 626 Cisl),
Leopoldo Magelli
(Provincia di Bologna)
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(Azienda USL)
Direttore responsabile:
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Segreteria di redazione:
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Stampa:
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di Bologna n° 729
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BOLLETTINO DI INFORMAZIONE E COMUNICAZIONE DELLA RETE DI RLS DELLE AZIENDE DELLA PROVINCIA DI BOLOGNA
La normativa sulle tossicodipendenze
nei luoghi di lavoro: un primo bilancio
tra costi e benefici
a cura del Comitato di redazione
L
a normativa relativa agli accertamenti sanitari
di assenza di tossicodipendenze o di assunzione
di sostanze stupefacenti o psicotrope in lavoratori addetti a mansioni che comportano particolari rischi per la sicurezza, l’incolumità e la salute di terzi è
sempre stata controversa e discussa, nonché fonte di
problemi e tensioni in diversi casi (come dimostrano
molti dei quesiti pervenuti al SIRS). Fedele alla propria linea di condotta, sia il SIRS che la Redazione di
Articolo 19, pur non nascondendo le proprie perplessità e critiche in ordine a tale normativa, hanno
sempre cercato di fornire indicazioni, suggerimenti e
pareri utili ad una corretta ed efficace applicazione
della normativa, convinti come siamo che una legge
dello stato, la si condivida o meno, va comunque applicata finché è in vigore (salvo, ovviamente, battersi
per cambiarla se non la si condivide!). Eravamo quindi curiosi di vedere se, prima o poi, sarebbero usciti
dei dati ufficiali che ci aiutassero a capire il reale impatto e la reale utilità di questa normativa, per sviluppare dei ragionamenti basandosi su dati precisi e numeri certi. Oggi finalmente ne abbiamo l’occasione,
perché a giugno di quest’anno, nella relazione annuale al parlamento (2011) sull’uso di sostanze stupefacenti e sullo stato delle tossicodipendenze in
Italia. (su dati 2010 e primo semestre 2011), presentata dal sottosegretario Giovanardi, a pag. 21 si legge
testualmente:
Alcuni aspetti rilevanti
I dati del progetto Drug Test nei Lavoratori a
Rischio hanno rilevato che detti lavoratori sottoposti a test di primo livello nel 2010 ammontano a
86.987 (+60.6% rispetto al 2009).
La prevalenza di consumo nei soggetti testati ha evidenziato una riduzione pari al 45,2%, passando
dall’1,15% del 2009 allo 0,63% del 2010 (551 soggetti). Il 26.3% dei soggetti risultati positivi al primo livello (145 lavoratori) hanno avuto conferma
alle indagini di secondo livello: di questi per il
15.9% dei casi (23 soggetti) è stata posta diagnosi di
dipendenza. Sia al primo che al secondo livello di ac-
certamento la sostanza più frequentemente riscontrata è stata la cannabis (circa i due terzi dei casi positivi) seguita dalla cocaina (20-25%).
Questi dati sono a nostro avviso di estremo interesse e quindi ci permettiamo qualche commento nel
merito.
1) Su 87.000 lavoratori (addetti a categorie a rischio)
controllati nell’anno 2010, quelli riscontrati positivi al primo livello di accertamento sono stati 551,
ovvero lo 0,63%. Non ci interessa discutere se sia
un numero molto elevato o no, ci interessa evidenziare come un’operazione così impegnativa e
onerosa abbia rivelato un livello di positività nel
complesso non certo drammatico. È pur vero che,
nell’anno precedente, le positività al primo livello
erano state percentualmente il doppio, ovvero
l’1,15%, e questo potrebbe significare che l’applicazione rigorosa della normativa ha avuto un potente effetto dissuasivo sui consumatori (occasionaliomeno)disostanzestupefacentiepsicotrope,ma
stiamo pur sempre parlando di positività ai test di
primo livello e quindi dobbiamo dire che non condividiamo l’espressione usata nella relazione di
“prevalenza di consumo nei soggetti testati”, in
quanto, lo ribadiamo, si tratta di riscontri positivi
al primo livello di accertamento, il che non significa assolutamente che tutti i positivi siano consumatori, anzi, lo vedremo nel prossimo punto, ci sono notevoli margini di errore.
Sommario
C
i arrivano spesso richieste di chiarimento in ordine al problema citato nel titolo di questo articolo: in particolare, il lavoratore non più idoneo alla sua mansione ha diritto ad essere spostato ad una mansione compatibile con le sue condizioni di
salute oppure l’eventuale spostamento è una concessione del datore
di lavoro che può quindi decidere in piena autonomia e discrezionalità nel merito?
Il problema è stato oggetto anche di alcune considerazioni, fondate
su recenti sentenze, del dr. Dubini, pubblicate sul periodico web
“Punto Sicuro” (anno 13, n. 2.661), a cui si rimanda per ulteriori
approfondimenti.
I punti di partenza sono due:
a) da un lato l’art. 18 del D.Lgs 81/2008, che tra gli obblighi del datore di lavoro e dei dirigenti indica anche il seguente: “nell’affidare i compiti ai lavoratori, tenere conto delle capacità e delle
condizioni degli stessi in rapporto alla loro salute e sicurezza”.
Questo significa che il datore di lavoro non può adibire un lavoratore ad un compito, attività o mansione non compatibile con le
sue condizioni di salute;
b) dall’altro, l’art. 42 dello stesso D.Lgs 81/2008, che così recita:
“provvedimenti in caso di inidoneità alla mansione specifica - Il
datore di lavoro [...] attua le misure indicate dal medico competente e qualora le stesse prevedano un’inidoneità alla mansione specifica adibisce il lavoratore, ove possibile, a mansioni
equivalenti o, in difetto, a mansioni inferiori garantendo il
trattamento corrispondente alle mansioni di provenienza”.
Questo significa che il datore di lavoro ha il preciso dovere di verificare l’esistenza di una possibile collocazione alternativa del lavoratore non idoneo e, se il riscontro è positivo, di adibire ad essa
il lavoratore stesso.
Quindi, tenendo conto di questi due riferimenti normativi, non pare esserci dubbio sul diritto del lavoratore non idoneo ad essere ricollocato in una mansione compatibile con le sue condizioni di salute e le sue capacità lavorative residue, a condizione ovviamente che
mansioni compatibili esistano in azienda.
Il primo dovere del datore di lavoro e/o del dirigente, nel momento
in cui il medico competente segnala loro una non idoneità, è quindi quello di verificare se esistano in aziende mansioni compatibili.
1 La normativa sulle tossicodipendenze nei
luoghi di lavoro: un
primo bilancio tra costi e benefici
a cura del Comitato di redazione
2 Il lavoro nobilita... ma
a volte è particolarmente
usurante
di Maria Capozzi
4 Non idoneità al lavoro e
diritto del lavoratore non
idoneo allo spostamento
ad una mansione compatibile
di Leopoldo Magelli
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articolo
Approfondimento
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2) Infatti, su 551 lavoratori riscontrati positivi all’accertamento
di primo livello, ben il 73,7% (quindi ¾ !) non ha visto confermare il dato di positività dall’accertamento di secondo livello, che è quello che fa testo e che, se positivo, innesca le successive fasi d’intervento. Ora, un test di primo livello che individua un percentuale di quasi il 75% di falsi positivi lascia
un enorme dubbio sull’efficacia e la correttezza di tale accertamento.
Quindi, quel già scarso 0,63 di soggetti positivi, si riduce al
0,17% (ovvero 145 lavoratori su 86.987). Ma, tornando ai test di primo livello, si apre un enorme problema sulla loro attendibilità: se in 3 casi su 4 vengono smentiti dai controlli di
secondo livello, significa che esistono errori e carenze tecniche
nelle modalità con cui si procede ai test di primo livello, e riteniamo che questo aspetto debba essere oggetto di un’attenta
riflessione da parte sia del legislatore che dei gestori di questa
normativa.
3) Infine, dei 145 lavoratori riscontrati positivi anche al secondo
livello (nei 2/3 dei casi per cannabis), solo per 23 è stata posta
diagnosi di tossicodipendenza (evidentemente gli altri 122
erano consumatori occasionali): 23 su 86.987 significa esattamente lo 0,026%! Quindi, nell’enorme “rete anti-droga” (se ci
si passa il termine irriverente) lanciata su quasi 90.000 lavoratori di attività a rischio, ben 23 “pesciolini” sono stati catturati, ovvero meno del 0,3 per mille! Questa “cattura” è costata
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di Maria Capozzi
Attività usuranti: le novità nel D. Lgs. n. 67 del 21/4/2011accesso al trattamento pensionistico anticipato
La norma, emanata in attuazione dell’art. 1 del Collegato Lavoro,
consente - in deroga a quanto previsto con la precedente L.
243/04 e successive modifiche apportate con la L. 247/07 - ad alcune categorie di esercitare il diritto per l’accesso al trattamento
pensionistico anticipato, fermo restando i requisiti di:
- “Anzianità contributiva non inferiore a trentacinque anni”
- “Regime di decorrenza del pensionamento vigente al momento della maturazione dei requisiti agevolati”
ed a condizione che abbiano svolto una o più attività individuate come usuranti per:
- almeno sette anni negli ultimi dieci anni ( per le pensioni
aventi decorrenza entro il 31/12/2017
- almeno metà della vita lavorativa complessiva (per le pensioni con decorrenza dal 1° gennaio 2018).
Il decreto individua le tipologie di lavoratori dipendenti che possono richiedere tale trattamento pensionistico.
Chi può beneficiarne?
Lavoratori impegnati in mansioni particolarmente usuranti (individuate dall’art. 2 DM 19/5/99) quali:
- “lavori in galleria, cava o miniera”: mansioni svolte in sotterraneo con carattere di prevalenza e continuità;
- “lavori nelle cave” mansioni svolte dagli addetti alle cave di
materiale di pietra e ornamentale;
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però una bella somma alle imprese (oltre che disagi, a volte
umiliazioni, comunque sempre fastidi, ai lavoratori).
Si tenga conto che il costo di questi accertamenti non è irrisorio.
Ad es., nella delibera sopra citata, la Regione Emilia-Romagna
prevede, come tariffa per gli accertamenti di primo livello la cifra
di 60 € più IVA, per gli accertamenti di secondo livello 53 € più
IVA per ogni sostanza ricercata, per gli accertamenti del SERT
780 €.
Navigando su Internet si scoprono numerosi tariffari di strutture più o meno note e più o meno qualificate, alcuni dei quali offrono prestazioni a prezzi “stracciati”: anche 30€ o addirittura 20
€ per il pacchetto di accertamenti di primo livello (non sarà che
certe politiche di tariffe si ripercuotono sulla qualità della prestazione, vedi precedente punto 2?).
In ogni caso, prendendo a riferimento due tariffe per gli accertamenti di primo livello, quella low cost di 30 € e quella della
Regione Emilia-Romagna di 60€, il costo per le imprese nell’anno 2010, per circa 87.000 controlli di primo livello, oscilla tra un
minimo di 2.610.000 € nel primo caso ed un massimo di
5.220.000 nel secondo (senza contare l’IVA).
Non è una cifra abissale, ma non è nemmeno poco: siamo sicuri che in una logica costi-benefici sia giustificato un tale onere ?
Naturalmente queste sono le nostre considerazioni, saremo ben
lieti di ospitare su Articolo 19, altre considerazioni e contributi
anche diversi nel merito.
Il lavoro nobilita... ma a volte
è particolarmente usurante
LA NORMA
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- “lavori nelle gallerie” mansioni svolte dagli addetti al fronte
di avanzamento con carattere di prevalenza e continuità;
- “lavori in cassoni ad aria compressa”;
- “lavori svolti dai palombari”;
- “lavori ad alte temperature”: mansioni che espongono ad alte temperature, quando non sia possibile adottare misure di
prevenzione, quali, a titolo esemplificativo, quelle degli addetti alle fonderie di 2 fusione, non comandata a distanza, dei
refrattaristi, degli addetti ad operazioni di colata manuale;
- “lavorazione del vetro cavo”: mansioni dei soffiatori nell’industria del vetro cavo eseguito a mano e a soffio;
- “lavori espletati in spazi ristretti”, con carattere di prevalenza e continuità ed in particolare delle attività di costruzione,
riparazione e manutenzione navale, le mansioni svolte continuativamente all’interno di spazi ristretti, quali intercapedini,
pozzetti, doppi fondi, di bordo o di grandi blocchi strutture;
- “lavori di asportazione dell’amianto” mansioni svolte con carattere di prevalenza e continuità.
Lavoratori impegnati all’interno di un processo produttivo in serie, che svolgano attività caratterizzate dalla ripetizione costante dello stesso ciclo lavorativo su parti staccate di un
prodotto finale (la norma fa riferimento alle imprese per le
quali operano alcune voci di tariffa Inail e riporta nell’Allegato
1 le lavorazioni interessate):
- Prodotti dolciari; additivi per bevande e altri alimenti
- Lavorazione e trasformazione delle resine sintetiche e dei materiali polimerici termoplastici e termoindurenti; produzione di articoli finiti, etc.
- Macchine per cucire e macchine rimagliatrici per uso industriale e domestico
- Costruzione di autoveicoli e di rimorchi
- Apparecchi termici: di produzione di vapore,di riscaldamento, di
refrigerazione, di condizionamento
- Elettrodomestici
- Altri strumenti ed apparecchi
- Confezione con tessuti di articoli per abbigliamento ed accessori; etc.
- Confezione di calzature in qualsiasi materiale, anche limitatamente a singole fasi del ciclo produttivo
Lavoratori notturni definiti quali:
- Lavoratori a turni (qualsiasi lavoratore in tutti i settori di attività
il cui orario di lavoro sia inserito nel quadro di lavoro a turni ex art.
1 c.2 lett. g D. Lgs 66/03 nel periodo notturno comprendente
l’intervallo tra la mezzanotte e le cinque del mattino) che prestano
la propria attività per almeno 6 ore e per un periodo non inferiore a 78 giorni lavorativi all’anno (per coloro che maturano il requisito per l’accesso anticipato tra il 1°luglio 2008 e 30 giugno
2009), e non inferiore a 64 giorni (per coloro che maturano il requisito dal 1° luglio 2009);
- Lavoratori che prestano la loro attività per almeno tre ore nell’intervallo che va dalla mezzanotte e le cinque del mattino per periodi di lavoro pari all’intero anno lavorativo.
Conducenti di veicoli adibiti a trasporto pubblico collettivo (capienza non inferiore a 9 posti)
Presentazione della domanda
I termini per la presentazione della domanda - che va fatta all’INPS
presso cui il lavoratore è iscritto - sono rispettivamente :
Entro il 30 settembre 2011: se il lavoratore ha già maturato i requisiti agevolati (o se li maturi entro il 31 dicembre 2011)
Entro il 1° marzo dell’anno di maturazione dei requisiti: qualora i requisiti siano maturati a decorrere dal 1° gennaio 2012
La domanda deve essere corredata da copia o estratti della documentazione prevista dalla normativa vigente al momento di svolgimento
della attività e dagli elementi di prova da cui possa emergere il possesso dei requisiti necessari per l’anticipo del pensionamento quali: prospetto paga, libro matricola, libro unico del lavoro, libretto di lavoro,
contratti di lavoro, ordini di servizio, schemi di turnazione del personale, documentazione sanitaria, carta di qualificazione del conducente, ecc. (con Messaggio n.16762 del 25 agosto 2011, l’INPS ha precisato le modalità operative per la presentazione della domanda).
Tutti i documenti devono risalire all’epoca in cui sono state svolte le
attività usuranti e pertanto non possono essere sostituiti da dichiarazioni rilasciate “ora per allora”. (nella Tabella A allegata alla Circolare
n. 22/2011 il Ministero del Lavoro è riportato l’elenco della documentazione minima da presentare da parte dei lavoratori dipendenti
di datori di lavoro pubblici e privati).
Obblighi del datore di lavoro
Il datore di lavoro è tenuto a rendere disponibile per il lavoratore tale documentazione entro 30 giorni dalla richiesta.
Il ritardo della presentazione della domanda oltre i termini stabiliti comporta in caso di accertamento positivo dei requisiti - il differimento del diritto alla
decorrenza del trattamento pensionistico
anticipati di:
Un mese => per un ritardo della presentazione compreso in un mese
Due mesi => per un ritardo della presentazione compreso fra un mese e due mesi
Tre mesi => per un ritardo della presentazione di tre mesi ed oltre.
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Articolo 19 - Numero 5 - Anno 2011