C LINICA M A I ^ T T I f i NERVOSE t MESTAI! Voi. X X X IX (Serie IV - Voi. X) ------------------------------------------------------------------------------------ ^i^toaa 6?0 8t a_______ W MU1 ARCHIVIO mnàm MiUKin DI ANTROPOLOGIA CRIMINALE PSICHIATRIA E MEDICINA LEGALE fondato da CESARE LOMBROSO REDATTORI Pr o f . MARIO C A R R A R A , deU’Università di Torino Dott. Gina Lombroso — Lattes Dott. L. — Mariani Dott. C. E. Románese Dott. R. - Sacerdote Dott. A. - Tovo Dott. 0. SOMMARIO Dott. Prof. Leone Lattes, Aiuto neirjstitiito di Medicina Legale deirUniversità di Torino — Sulla morte improvvisa per accesso epilettico (con due t a v o l e ) ....................................................Pag. 321 Dott. Carlo De Sanctis, Capitano Medico - Ipoalgesia universale » 338 e « Sintomo di Lombroso » ................................................... Dott. Prof. Anselmo Sacerdote, Medico nel Manico:nio di Torino — Un nuovo caso d i emicraniosi in alienato (con una tavola) » 355 Prof. B. Prisco, Direttore del Manicomio Provinciale di Catanzaro in Girifalco — Equivalente epilettico sotto forma di esposizione accessuale del seno (esibizionismo) e consecutiva automasturbasione m am m aria (con una figura nel testo) . . . . » 361 Dott. R. Románese, Assistente nell’istituto di Medicina Legale dell’ Università di Torino — Un raro caso d i morte improvvisa (con nna t a v o l a ^ .................................................................... » 365 Documenti Criminologici — Giurisprudenza Medico-Legale Bibliografia — R ivista delle Riviste Notizie — Nuoce pubblicazioni — Necrologio (nelle pagine interne della copertina) FRATELLI TORI NO BOCCA, E D I T O R I MILANO — 1919 ROMA DOCUMENTI CRIMINOLOGIOI L’Antropologia Criminale e la guerra. Questa immane conflagrazione guerresca di popoli che ha avuto manifestazioni ed effetti così gravi, profondi e re moti, ha posto anche al necessario cimento della pratica la nostra dottrina di Antropologia Criminale per quel che ri guarda sia la criminalità in generale che la criminalità mili tare propriamente detta ; mostrando la necessità di sceverare nella complessità del fenomeno collettivo — il fattore indi viduale o antropologico e di valutarne l’influenza e il com portamento. Quanto alla prima tutti ci siamo ripetutamente domandati *come si sia comportata la criminalità diciamo così « bor ghese » durante la guerra, nelle sue varie forme di violenza e di frode. Chè se raolte « energie » le sono state sottratte dalle generose leve in massa che han mobilitato gli uomini proprio nell’età meglio atta alle manifestazioni criminose, in cambio la guerra ha scatenato attivi fermenti di indisci plina e di ribellione, ha rincrudite le condizioni economi che ed ha inscenato tristi esempi e non trascurabili abitu dini di violenza e di sangue. Alcune di tali condizioni si sommano, ma altre si interfe riscono : e non è facile nè prudente di prevederne, e nep pure semplicemente di constatarne la definitiva risultante. Una diminuzione numerica di reali di violenza certa mente si è avuta, pur valutata naturalmente in rapporto alla riduzione di popolazione «borghese ». Ma dal punto di vista antropologico si ha la impressione, se pur non possa ancora essere sorretta e «dimostrata» da cifre statistiche, che ab biano commesso reati in numero proporzionalmente maggiore che pel passato individui di debole resistenza psichica — i - 84 - quali furono alienali o che alle alienazioni mentali e comunque a disturbi psichici sono predisposti. Essi semhran dunque esser state le prime vittime di fattori occasionali, quali sono le condizioni sociali e psichiche atteggiate a violenza e le condizioni economiche più difficili. Qualche cosa dì simile avvenne anche dopo la guerra del 1870 in Francia, secondo riferì di recente in un suo ar ticolo il Roux (1) ; e l’Abbott (2) sulla base di statistiche car cerarie ha accertata una diminuzione postbellica nella crimi nalità per l’Inghilterra, la Scozia e l’irlanda. 11 Comm. Liperi Pais, allora Procuratore Generale alla Corte d’Appello di Torino, confrontando le cifre della crimi nalità nel 1915 pel Distretto Giudiziario di Torino, vi notava in confronto al 1913 (chè il 1915 era stato anno di eccezionale aumento di criminalità) una notevole diminuzione di reati specialmente di rapina e di truffe : mentre erano aumentati gli omicidi e le lesioni lievi e lievissime. Tale diminuzione si è verificata anche nei reati di competenza pretoria. L’« occasione » si è offerta specialmente peri reati contro la proprietà, dei quali il numero non è certo diminuito in pro porzione con la diminuzione transitoria di popolazione pre-^ sente. Gli estremi rincari delle merci non solo han prodotto difficoltà economiche di vita per l’acquis.to dei generi di prima necessità, che sono anche dall’Antropologia Criminale giudicate un elemento attivo nell’eziologia del delitto ; ma han dato « valore » ad una quantità di piccoli oggetti e di ma terie prime o di prodotti secondari abbandonati per la primi tiva tenuità intrinseca del loro valore alla buona fede pubblica : o di cui pel loro numero e l’uso che se ne fa riesce diffìcile e sproporzionatamente costosa la custodia: vasi, bottiglie, tubature, oggetti di vestiario, combustibili, grassi, prodotti medicinali.... Ogni cosa per quanto modesta ha acquistato apprezzabile valore ed ha quindi suscitato le cupidigie ladre sche anche di chi, in tempi normali, avrebbe probabilmente resistito a stimoli meno intensi e meno facilmente appagabili. L’« occasione» ingomma par avere avuto, com’era del resto t (1) Bevue politique et parlam entaire, Avril 1917. (2) Journal of crim inal Low, IX , 1. - 85 - da attendersi, più pronta e maligna influenza specialmente su individui, anche lievemente, predisposti. Ma come ho detto si tratta di un’« impressione » desunta pressoché esclusivamente da esperienza personale e quindi — per quanto diretta e genuina — necessariamente limitata e parziale ; bisogna su questo campo, lasciar prima parlare le statistiche penali. Esperienza larga, pur troppo meglio documentata, s'è fatta intorno ai problenù di Antropologia Criminale attinenti alla guerra — che concernono cioè la criminalità militare vera e propria. Già al principio della guerra ci fu chi credette che questa rappresentasse un utile « impiego » delle tendenze degenerate e violente dei criminali. Non è la guerra stata definita da un ostinato pacifìcista un assassinio collettivo? Senonchè con un’implicita e irriducibile contraddizione si è creduto in sieme che la guerra — che doveva utilizzare le tendenze criminali — le potesse anche correggere ! e i criminali ci tornassero dalla fronte redenti e trasformati. Persino una legge del iluglio 1915, su cui VArchivio (1915, pag. 561) ha già espresse riserve, e che fu del resto assai limitatamente applicata — (in nessun caso nel Distretto giudiziario di To rino !) — promette e permette una riabilitazione per merito di guerra. Ma presto l ’esperienza ha Fatto giustizia dell’una e dell’altra illusione : e non è neppur necessario di trattenersi sull’ar gomento, se non dal punto di vista, dirò cosi, storico. Presso di noi se ne fece propagatore l’Avellone pei mino renni ; in Francia il Ramell, deputato dei Pirenei Orientali in un articolo dal signitìcativo titolo « Uomini che si pos sono ricuperare » propose senz’altro di aprire le porte del carcere a coloro che domandano di andare alla fronte a com battere « perchè si riabilitassero con l’esempio quotidiano della disciplina, dell’abnegazione, del dovere ». In Germania, « au bout de ressources » umane, il 9 giugno 1918 il Bundesrath ha rinviato al Reichstag un progetto per mettente la mobilitazione di reggimenti di detenuti. 1 « for - 86 - zati » in corso di espiazione di pena o liberali dovevano essere raccolli in reggimenti speciali. Ci può essere stato bensì nella guerra qualche caso iso lato di coraggio, di altruismo in soldati criminali, sotto le armi : nè starò a ripetere come la psicologia del coraggio si diffe renzi da questi impulsi o ciechi o criminali : più facilmente ancora le tendenze feroci e impulsive di qualche individuo o di qualche branca etnica han trovato in un attacco bellicoso, in un periglioso corpo a corpo occasione propizia per passare in atto con risultati « utili » per la collettività. Ma l’espe rienza generale meglio assodata e più inleiligentemenle in terpretata da capi e da gregari fu presto contraria a codesta forma di « simbiosi » che offriva troppo pericolose possibilità di ritorsione. 0 almeno anche qui doveva intervenire a regolare l’espe rimento il buon criterio antropologico discriminativo : quando infatti si parla di delinquenti « sic et simpliciter » si in dica una categoria di individui che hanno di comune una attività deviata, ma hanno profonde e numerose varietà di carattere e di attitudini psichiche individuali, cosicché non si può — senza cadere in rilevanti inesattezze ed in inevi tabili errori — prevedere in loro una identità di effetti per cause, sia pur identiche, a cui essi, così in blocco, siano sottoposti. Ora è ben possibile che rei di delitti « convenzio nali », occasionali, passionali specialmente, diventino buoni soldati, capaci insieme di atti eroici e di attese pazienti e disciplinate, di idealismi guerreschi e di tranquilla praticità. Proprio in questi giorni ho rivisto come caporale coman dante il piccolo picchetto di soldati posto a guardia della Carceri giudiziarie, un’antica conoscenza delle carceri stesse, certo B., che nella sua prima giovinezza vi era stato accolto più volle per furio, e vi aveva tenuto condotta pessima tanto da dover essere più volte confinato nella cella di punizione... Non aveva però nessun precedente morboso individuale nè fa miliare ; era tiglio di madre vedova e abbandonato a sè stesso. L’esercito e la guerra han agito su di lui come i riformatori agiscono sui loro ospiti migliori emendabili... Egli è ora un ottimo soldato : mi ha raccontato che dopo la guerra libica ca duto malato gravemente per febbri malariche e in « punto di morte » giurò alla ipadre, nell’ospedale di Pisa, di cambiar — 87 — vita... se fosse vissulo. E ha manlenuto la parola. Dopo d’allora non ha più awita una punizione ed ora custodisce fe delmente i suoi compagni d’un tempo! Ma tutta la psicologia delle forme più gravi di delinquenti, dei delinquenti nati, dei delinquenti abituali, dei recidivi, che sono poi i pili temibili e quelli pei quali varrebbe la pena di tentare codeste applicazioni derivatrici della loro crimina lità, contrasta fondamentalmente con un’utilizzazione guerre sca ; la quale non richiede soltanto qualità negative di disci plina passiva o rassegnata, come può sembrare ad un osser vatore superficiale e parziale, ma esige anche qualità etiche « positive ». Si tratta di compiere un dovere, e un dovere assai gravoso per giunta. Sempre un dovere, quale che sia, presuppone in chi lo compie attitudini psichiche — che son le medesime tanto per i doveri civici che per quelli militari : chi ha mancato agli uni per non esservi fondamentalmente adattato e preparato, mancherà pure, secondo ogni ragionevole pre sunzione, agli altri. Nella guerra odierna, guerra di popoli interi non di una sola casta militare, guerra che fu in gran parte di trincea, cioè tormentata da interminabili attese, da un ozio, almeno in apparenza, vano sotto il tormento del continuato pericolo, occorrono più che slanci incomposti e rapidi — inibizione vi gile e continuata, compostezza di sentimento, cosciente e te nace disciplina. Proprio l ’opposto di quel che è la psicologia criminale appunto nelle forme più gravi che ho detto : tutta a scatti, ad impulsività e ad insofferenze, col suo aspetto tipicamente epilettoide... Onde dopo i primi slanci, talora pure in buona fede e disinteressati — ecco l’accorata sfiducia, ecco le ribellioni improvvise e sanguinarie, le fughe pressoché inconscie, le diserzioni e i suicidi (1). La medecina legale militare è tanto persuasa di codesta irriduttibile incompatibilità, che allontana nella maniera più larga e sommaria tutte le forme di neuro e di psicopatie — (1) Cfr. L attes , questo Archivio, (ibidem , voi. 39, pag. 29). voi. 38, pag. 381 ; S a c c h w i e quindi anche le criminali — dall’esercilo : le presenti, le passate — anche se guarite ! — e, per quanto può, le future ! Possiam dire anzi che tale eliminazione degli elementi psi chicamente sospetti dall’esercito è una gloriosa conquista della scuola lombrosiana. Ghè il « misdeismo » non fece che attuare nella dolorosa realtà quanto l’antropologia criminale aveva segnalato e pre veduto; il pericolo cioè di armare la mano di individui, cosi pronti ad un’inconscia offesa, e di volerli sottoposti ad una uniformità e ad un rigore di disciplina contro cui tutta la loro organizzazione anomala e la loro personalità psichica si ribella. Dopo Misdea e Seghetti (1) furon promossi, sotto la sugge stione della scuola lombrosiana, provvedimenti sanitari e legislativi diretti a rimuovere ed a tener lontano — per quanto può previsione umana — dalla compagine dell’esercito tali minacciosi componenti. Nou dico soltanto gli « alienati » come tali, il che riesce più facile e di più evidente ragione, ma gli individui o epilettici o epilettoidi, cioè criminali in po tenza o addirittura palesemente criminali. Pure quando esercito, come in quest’ultima guerra, di viene tutto un popolo, e quando la terribile potenza offensiva e distruttiva delle armi moderne moltiplica il danno delle stragi mortali — codesta eliminazione, che pur riusciva ef ficacemente protettiva per l’esercito, diventa disastrosa per la collettività sociale, perchè essa costituisce, una selezione invertita, in cui gli elementi, socialmente più dannosi vengono risparmiati in danno degli elementi più sani e più utili, mag giormente sacrificati. (1) A proposito del Seghetti : vieti diffuso a scopo di propaganda confessionale persino tra i detenuti nelle carceri un libretto scritto da un certo prete Audisio, intitolato « La morte del soldato G u stavo Seghetti», tirato nientemeno al centesimo migliaio in una tipografìa di Savona (1916). È una sdolcinata narrazione di con fessioni, di « comunioni », di abbracciamenti e di genuflessioni, con grandi elogi al caro, buon « Gustavo » coraggioso e devoto e mite cristiano, salvo quell’ incidentello della «s p a ra la » , che del resto il buon dio ha voluto « per ricliiaraare a sè u n ’anim a spersa ». Testuale! È insomma u n ’apologia se non del reato... del delin quente. Come diavolo si lascia che i preti diffondano nelle carceri CQ’ 4esta roba? - 89 — Uq mio amico e collega, deputato di un collegio politico siciliano, mi dà questa prova di selezione invertita : i paesi del suo collegio abitati almeno in prevalenza, da elementi cat tivi, criminali, mafiosi hanno avuto in guerra molto minori perdite di uomini in confronto dei paesi abitati da elementi moralmente e civicamente migliori. Tale distinzione tra tempo di pace e tempo di guerra, an che per l’ammissione nell’esercito di squilibrati e anormali fu esplicitamente affermata ed adottata in Francia, che rico nobbe per bocca dell’Haury le supreme esigenze della guerra attuale a masse mobilitate così enormi per un’opportuna uti lizzazione del maggior numero possibile di uomini: esigenze vivaci specialmente in Francia per la deflcenza di popo lazione. Tutti noi medici che o nel fitto delle battaglie o nei tran quilli ospedali, abbiamo visto codesta « selezione invertita » — vi abbiam messo anzi noi mano ! — tutti noi dico ne abbiamo anche sentita la suprema ingiustizia e l ’ incombente danno. L’uno e l’altra aggravate dalla circostanza che, come veniva largamente simulata l ’epilessia, neH’impressionante propor zione che in altra pagina VArchivio riporta, — allo scopo di ottenere la riforma — così, e non nella sola Germania, ve nivano appositamente commessi reati perchè i loro autori speravano di essere espulsi, come delinquenti, dall’esercito 1 Siamo dunque corsi ai ripari ; se non per rimuovere com piutamente tali dannosi effetti, almeno per attenuarli : e l’Ottolenghi, e l ’Antonini e il Vidoni, in questo Archivio, voi. 38, pag. 17 e 397), e il Giani, il Ferrando e A. Morelli e il Pighini, e il Sarteschi e mille altri ed io pure tra i primi, almeno in ordine cronologico, in una conferenza tenuta alla Scuola di guerra nel 1916, c’ ingegnammo a dimostrare che codesta selezione non poteva piìi farsi cosi assoluta e totale, ma si doveva atteggiare alle nuove necessità ed alle inattese condizioni create dalla guerra mondiale. Piìi radicale e più pratico di tutti l’Agostini affrontò la questione se gli « epilettici», e sappiamo bene quante forme di criminalità si associano a tale forma morbosa, potessero essere in qualche modo utilizzati in corpi speciali disarmati, con particolare sorveglianza e trattamento. B con viva compiacenza VArchivio riferì a suo tempo — 90 — (Voi. 38, p. 431) di una interrogazione deU’on. De Capitani che con felice iniziativa e con concezione e « forma » antropologico-criminale proponeva appunto per essi reparti spe ciali o case di lavoro sotto sorveglianza medica, la quale li rendesse istituti di terapia del delitto e strumenti di efficace protezione sociale. Non si seppe mai -se e che cosa il Ministero ha risposto all’on. De Capitani ! 1 maggiori contrasti a tali proposte vennero dagli ufficiali medici eifettivi : si capisce bene come l’organizzazione e il reggimento di tali reparti speciali, così tristamente costi tuiti, avrebbero richiesto una somma di nuove responsabilità, uno spirito di iniziativa, una faticosa organizzazione un trat tamento individualizzato, secondo il buon metodo antropologico, che sono troppo remoti dalle abitudini routinières della alta burocrazia anche militare, anche sanitaria. Non se ne fece naturalmente nulla. E ormai la guerra è finita e speriamo che malgrado le bramosie conquistatrici degli scogli Dalmati ce se ne risparmierà una seconda prova: di guisa che anche dei corpi speciali per epilettici, frenastenici e cri minali, è inutile parlare, se non, come ho detto, per scrupolo di cronista! * H <» La guerra è finita e la pace si sta laboriosamente compo nendo : ma di tutte le migliaia di soldati condannati — mol tissimi addirittura all’ergastolo — che cosa conta di fare l ’autorità militare? Anche tutti codesti « delinquenti » costituiscono, come di cevo più sopra, un materiale umano parecchio disforme. Disformità che ha tanta maggiore concludenza e significato antropologico che il loro « reato » è invece per la gran mag gioranza il medesimo: o insubordinazione o diserzione (1). Probabilmente l’autorità militare in idilliaco accordo con l ’autorità civile ricorrerà ad uno di quei provvedimenti di amnistia così spesso adottati, perchè grazie alla loro indiffe(t) S acg hin i, Archivio, Voi. 38, p. — 91 — lenziata uniformità costano poca fatica alla burocrazia e rappresentano bene la olimpica indifferenza per ogni varietà psicologica degli individui che han commesso il reato. Si amni stia, dirò, piuttosto il reato, che non l ’individuo che l’ha com messo, di cui nessuno si cura. Pure in quest’occasione della guerra è così palese la enorme ingiustizia e l ’inescusabile danno che si procaccerebbe trat tando nello stesso modo tutti quelli che han commesso uno stesso reato — poniamo il reato di diserzione — che l’opi nione pubblica si è già preventivamente commossa. Non dico soltanto i medici e gli ufficiali che son più direttamente minacciali, nelle loro conoscenze scientifiche e nel loro senti mento di giustizia e di ordine — da un provvedimento così empiricamente sommario. Ne han parlato di recente il Gian nini e il Tului (1). Ma ho ricevuto lettere anche da Direttori di Carceri che han visto passare dinnanzi a loro codesta folla di disertori — e han saputo e potuto apprezzare le sue profonde varietà psico antropologiche pur soltanto dalle diver sità di contegno dei disertori : ora muti e doloranti; ora tran quilli su quel che han fatto e sul loro destino che dalla nota patria indulgenza s’attendono ben mite ; ora cinici e, sod disfatti di « avergliela fatta»... E mi scrivono che prima di liberare tutta quella folla (già tutti s’attendono a ciò !) sia fatta almeno in essa una scelta, che riesca a distinguere 1’« animus » con cui il reato fu commesso -- e ad esso adatti e proporzioni il trattamento penale e l’indulto: « Chi ha veduto passare » mi si scrive « dinanzi a sè centi naia di ergastolani o condannati a gravissime pene ordinarie, provenienti dalla zona di guerra e freschi di condanna; chi ha avuto occasione di trattenerli per qualche tempo prima di inoltrarli alle varie carceri ove erano destinati; chi ha avuto occasione di averne centinaia e centinaia per lungo tempo alla propria dipendenza, potrà ben consentire che si restituiscano nel tripudio della gioia alla libertà coloro che vollero sottrarsi ai pericoli della guerra, ma vorrà che si distingua e si clas sifichi, si selezioni e si cataloghi. Non si faccia come ha fatto il Ministero che ordinò tutti indistintamente fossero fotogra- _______ ✓ (l) Rivista di discipline carcerarie, 1918. fati come se si trattasse di un’accozzaglia di delinquenti; ma si distingua diserzione semplice da diserzione di fronte al ne mico, assenza prolungata da assenza occasionale, recidivi in diserzione da recidivi penalmente, rapinatori e pregiudicati da semplici disertori : quando pur si voglia addivenire ad una mitigazione delle pene inflitte dai tribunali di Guerra, che hanno condannato ed ubbidito ai Bandi Cadorna e Diaz senza niente altro considerare ». « Ignoro quanti siano i condannati all’ ergastolo ed a gravi pene ordinarie, ma se debbo giudicare da quanti ne sono passati dalle carceri da me dirette, carceri eminente mente di transito, debbo ritenere siano qualche migliaio ». Come si vede è una spontanea e significativa invocazione al trattamento penale individuale o di categoria preconizzato dall’Antropologia Criminale... Anche parecchi deputati, il Petrillo a Napoli, il Galimberti, che molto si è occupato anche professionalmente della crimina lità militare e il Soleri a Torino — reclamano un diverso trattamento pei disertori che sono stati detti « impropri » cioè che hanno semplicememte ritardata la propria presentazione. Un altro deputato, l’on. Cotugno, propone addirittura la revi sione di tutte le sentenze pronunciate pel reato di diserzione. Il ohe pare persino eccessivo. In verità codesti disertori sono stati mossi al reato da « mo venti » ben diversi. Ci son le forme di normalità o quasi nor malità: contadini e operai deboli e pigri, ma incensurati, sono stati trattenuti facilmente qualche giorno di più a casa dalle insistenze, inconsciamenti crudeli, dei parenti, della moglie, da esagerati se pur non inesistenti pretesti di malattie, da va nitose ostentazioni sentimentali. Si vergognano un po’ della loro debolezza e della condanna, e s’affannano sempre a se gnalare la tenuità della colpa e la sua scusa affettiva... Altri invece han disertato — ma dal loro « corpo », vicino o lontano che fosse dal nemico : senza alcuna adeguata ra gione che essi stessi non san neppure pretestare : eran già morti «due fratelli» in guerra: gli è girata la testa... già ne avevano abbastanza »... Ci sono tra questi anche dei malati, talora con forme di fughe patologiche, di natura epilettica: di solito facilmente ricono scibili anche dalla semplice anamnesi, dai caratteri di auten - 93 — tica veridicità che scaturiscono dal racconto semplice é schietto. Ma più spesso son criminali, pregiudicati che han vio lato la disciplina militare come avevan mancato prima ai doveri civili, per una costituzionale anomalia psico-antropolo gica. La percentuale loro tra i disertori è — almeno secondo le mia esperienza peisonale fatta nell’Ospedale Militare prin cipale e nel Carcere Giudiziario, ove i disertori condannati son passati a frotte per andare alle Case di Pena istituite nei forti qui intorno a Torino — enorme ; raggiungerebbe l’80 al 90 0[0 ! Ma io vi includo anche coloro nei quali il mio amico Prof. G. C. Ferrari, con una delle sue ingegnose e brillanti « boutades » ha scoperto una diatesi psicopatica particolare —, il pellandronismo — cui egli ha ingiustamente elevato agli onori — e quindi all’impunità — di una forma pressoché mor bosa. Che i mani di Caporetto gli perdonino ! Si tratta dunque di sceverare tra tutta codesta cosi disforme massa d’uomini coloro, ai quali sia giusto e pietoso concedere un condono della pena, e quelli invece pei quali anche dal puro punto di vista della difesa sociale s’impone un più se vero trattamento. Per essi la diserzione — e potrei ripetere l ’argomentazione per l ’altro reato altrettanto frequente e di significato psicologico cosi affine — l’insubordinazione, ma gari con vie di fatto — non è stato che un episodio che s’è ricollegato agli altri precedenti criminali della loro vita, un altro reattivo rivelatore della loro costituzione antropologica abnorme. Si doveva già fare tale distinzione diagnostica e pratica — non sembri eccessiva esigenza il ricliiederlo ! — prima di condannarli tutti ad una così terribile uniforme gravità di pena forse già preveduta vana. Ma dacché non è stato fatto prima, provvediamo ora che l ’agio dell’esame è maggiore, e concordi e avvedute voci ciò richiedono da più lati — ora che maggiore è il pericolo di rimettere ciecamente in circolazione elementi torbidi e so spetti. Per mio conto ho chiesto ed ottenuto dall’Autorità-Militare di poter esaminare i condannati nelle case di pena militari esistenti in questo Corpo d’Armata e pronunciare un giudizio sulla loro costituzione « antropologica ». Si tratta cioè, e il - 94 — più elementare buon senso lo suggerisce (non è un torto delle dottring^cientifiche di trovarsi una volta tanto d’accordo col buon senso !), di investigare la costituzione psichica e fi sica individuale, l’anamnesi individuale familiare, specialmente i precedenti psicopatici e criminali, i moventi del reato, la condotta al reggimento e in carcere... Altrettanto si dovrebbe fare e si farà in altre regioni. Ma certo converrebbe dare norme uniformi a questo lavoro di selezione perchè si svolga con procedimenti scientifici e ga ranzie di competenza e dargli specialmente autorità e valore pratico « ufficiale » in confronto dei provvedimenti successivi. M a r io C a r r a r a . Proprio mentre esce il fascicolo dell’« Archivio * è pub blicato il preveduto decreto di amnistia nella temuta forma che continua le lamentate tradizioni di grossolana, indiffe renziata uniformità di disposizioni — appunto in un campo e in argomento in cui ogni osservatore constata la maggior va rietà individuale di condizioni. Non parliamo dell’amnistia ai detenuti diciamo così « po litici »; da tempo e pur troppo invano l’Antropologia Grimi naie va predicando che il delitto detto « politico » non è altro che la forma esteriore in cui si foggiano, consciamente o no, delitti « comuni ». Anche qui il movente più appariscente e proclamato non è sempre il vero: per es. tra gli autori dei «fatti di To rino » dell’agosto 1917 — specialmente delle depredazioni ai negozi e degli incendi al materiale di medicazione ! — e dei brutali e rovinosi saccheggi nella Chiesa di S. Bernardino ove la « folla criminale » spiegò ancora una volta la sua pazzesca violenza — c’era ben da scegliere ! alle povere donne occa sionalmente trascinate dalla furia collettiva e dall’avidità a rubare... scarpe scompagnate, niuno avrebbe negato un atto di larga e indulgente clemenza... Si tratta di provvedimenti politici, ai quali resta estraneo ogni argomento di ragione dottrinale, salvo forse questo: che anche per noi le condanne « politiche » che hanno puro fon damento in un istinto, in un diritto di difesa quando urge il pericolo, non han più ragione di permanere quando questo è passato. Quando però sia realmente passato... Ma per l’amnistia « militare» codeste ragioni riprendono — o dovrebbero riprendere - il loro imperio. E’ .stata dunque con cessa amnistia per qualsiasi reato salvo alcuni di particolare gravità, ai militari comunque decorati, posteriormente al - tìà - éòmmesso reato o dichiarati invalidi o che abbian commesso reati punibili con pena non superiore ai tre anni di carcere e per reati colposi. Benché con qualche riserva, che si riferisce alle conside razioni sopra svolte, ma su cui non pare opportuno ora insi stere, tali provvedimenti si possono pur approvare anche dal junto di vista dell’Antropologia Criminale : appunto perchè il egislatore si è almeno preoccupato di avere, nella condotta del soldato dopo il reato, una garanzia che questi non risponda ad una preesistente, « disposizione » criminale ma provenga piuttosto da un’accidentale occasionalità. Meno fondata e meno approvabile è la riduzione di pena anche di tre anni concessa (art. 4) a tutti i soldati : non si sa per quali ragioni, certo senza alcuna « garanzia >. L’art. 8 s’ac contenta nel commutare e ridurre la pena, che i soldati ab biano « servito con fedeltà » e tenuto « lodevole condotta ! » Per poco che uno sia pratico di cose militari sa con che im pudente larghezza sia riconosciuto nei fogli matricolari che il soldato ha servito «con fedeltà ed onore». Io ho trovata la preziosa annotazione concessa a individui, sottoposti al mio giudizio peritale, imputati recidivi di reati comuni. Non costituisce insomma garanzia di sorta. Previdente mente tuttavia questo stesso articolo 8 minaccia la cessazione della sospensione di pena se il condannato commetterà altri reati entro cinque anni, come in una vera e propria condanna condizionale. E così anche è approvabile l’art. 10 che concede il condono già proposto dalle autorità militari ai soldati che abbian serbafa « irreprensibile condolta >>, comechè nell’e norme confusione della mobilitazione i giudizi sulla « con dotta » sian spesso cervellottìci ed arrischiati. Ma peggio è, come prevedevamo, pel reato di diserzione, intorno a cui le disposizioni del decreto d’amnistia non potrebbero essere più empiriche e più cieche : nessun accenno è fatto ai precedenti penali dei disertori ! La diserzione diventa pel legislatore un episodio criminale per sè stante, che non si riallaccia in alcun modo alla precedente attività deirìndividuo, da cui pure prende invece, come abbiam visto, luce e carattere ! Inoltre (art. 11) è concessa amnistia ai disertori sapete perchè? quando i relativi procedimenti penali in virtù di qualsiasi disposizione son rimasti sospesi I Non possiamo giu dicare il valore giuridico della disposizione, ma certo essa si riferisce ad un puro formalismo procedurale, che può aver avute infinite, lecite ed illecite, cagioni, ma non ha natural mente alcun fondamento antropologico. E che merito e ga ranzia può rappresentare l’aver prestato servizio per 18 mesi in « reparti mobilitati ? ». E cosi non è buon criterio per giudicare del significato anti > - 9(} - giuridico ed immorale della diserzione 11 numero di volte per cui essa si è ripetuta : chè in questo reato sopra tutti gli altri la recidiva fa sospettare un fondamento psicopatologico. E neppure la durata della diserzione ne impronta la minor gra vità « morale » : è ammistiata quella che non è persistita oltre i 15 giorni ; ma ho visto io disertori scoperti dopo mesi mentre lavoravano per mantenere le loro famiglie, a cui pure ogni giudice avrebbe concesso ogni attenuante. II decreto ha un accenno implicito ai moventi sentimentali non vili — quelli stessi che abbiamo su rammentati al n. 3 dell’art. 12 — quando amnistia i disertori che non si siano presentati allo scadere di una licenza o al cessare di un eso nero. Ma appunto è ingiusto trattare questi disertori alla stessa stregua di altri spinti al delitto da moventi di natura senti mentale affatto diversa... che per es. possono avere animato i disertori a presentarsi... prima del 31 ottobre 1918 (num. 1 dell’art. 12) quando già non si combatteva più ! Oh l’inge nuità legislativa! Insomma senza insistere in quest’esame analitico par giu sto rilevare che anche codesta amnistia, — come quelle che l’han preceduta, ma in modo più grave e deplorevole attesa la enorme frequenza del reato e perchè da tempo e da più parti erano venuti all’autorità militare e civile ammonimenti e consigli dei quali non s’è tenuto alcun conto — ha ancora una volta considerata la diserzione come un episodio crimi nale per sè stante, avulso dalla vita, dalle abitudini e dalle tendenze del soldato : nè ha valutato i precedenti di questo, e i momenti che l’hanno spinto a disertare e «he a volta a volta imprimono e tolgono importanza e gravità alla diserzione stessa. Chè mentre avremmo applaudito la più larga indulgenza per gli uni, sarebbe stata consigliabile una prudente « asten sione » per quelli, pei quali la diserzione non è che una nuova manifestazione della loro criminalità individuale, un aggrava mento della loro i pericolosità sociale. Allora soltanto la pietà indulgente e « pacificatrice » non sarebbe risultata un’atroce offesa a quelli che han fatto dolo rando il proprio dovere, e la cui opera, ironia delle cose, l ’amnistia vuol appunto celebrare. m. c.