ANCL - ADERENTE CONSILP/CONFPROFESSIONI - SETTIMANALE - ANNO XLI - N. 35 DEL 16 SETTEMBRE 2000
35
articoli
Responsabilità e delega nella sicurezza (Gualtierotti)
Fatti non foste per viver come bruti … (Notarnicola)
Permessi ai portatori di handicap (Beltrami)
Le agevolazioni del part-time (Milocco)
L’uso delle attrezzature di lavoro (Pelliccia)
Ancora sui lavoratori extracomunitari (Bradaschia)
rubriche
Week Work (Studio associato Paoli)
Fisco in pillole (credito d’imposta, verifiche fiscali, protesti cambiari)
Storie di lavoro (Paoli)
Tutto il tesseramento m x m (settimanale)
CONVEGNI
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Convegnistica Ancl
A Vicenza
il 23 settembre
(pag. 616)
A Torino
il 25 settembre
(v. n. 33/00)
A Salerno
il 28 settembre
(pag. 621)
A Mogliano Veneto (TV)
il 30 settembre
(pag. 616)
L’Ancl nazionale ha organizzato
un convegno, che affronta alcune problematiche in materia fiscale, nelle
date qui di seguito specificate: 7 e 8
novembre, 4, 5, 11 e 12 dicembre.
Il relatore, dott. PAOLO MENEGHETTI,
approfondirà il tema del collegato
alla Finanziaria (le condizioni ed i
vantaggi della rivalutazione dei beni
d’impresa; le modifiche alla disciplina delle operazioni straordinarie e
dell’imposta sostitutiva; la nuova
collaborazione coordinata e continuativa; le modifiche alla detassazione Visco).
Le UP interessate all’iniziativa
dovranno prenotare presso la segreteria nazionale dell’Ancl.
Illuminante rassegna giurisprudenziale sul delicato argomento
Responsabilità e delega nella sicurezza
P
articolare attenzione merita la delega di compiti e,
conseguentemente, di responsabilità, in materia di sicurezza e di igiene del lavoro nella quale sono stati assunti dal legislatore e dalla giurisprudenza atteggiamenti particolarmente rigorosi. Anzitutto l’art. 1, D.Lgs 19.3.96,
n. 242 – aggiungendo all’art. 1 del
D.Lgs 19.9.1994, n. 626, il comma
4-ter – ha escluso dalla delega i
seguenti compiti che, evidentemente, sono considerati poteridoveri facenti carico in via esclusiva al datore di lavoro:
– valutazione del rischio;
– redazione del documento di
valutazione;
– individuazione delle misure
di prevenzione e programma
di attuazione;
– designazione del responsabile del servizio di prevenzione
e protezione.
La precisazione contenuta
nella legge ha fatto ritenere confermata, per i rimanenti adempimenti, la possibilità di delega
(Cass. pen., 9 ottobre 1996, n.
9053).
Bisogna anzitutto tenere presente che, al fine di esonerare da
responsabilità il rappresentante
legale di una società, è irrilevante
che questi non abbia ricevuto la
delega ad occuparsi di sicurezza
del lavoro, ma occorre che sia stata delegata ad altri la responsabilità antinfortunistica, altrimenti
compresa nella qualità di legale
rappresentante della società
(Cass. pen., 26 giugno 1996, n.
6486; 31 maggio 1995). Secondo
il prevalente indirizzo giurisprudenziale il presupposto della delega è che l’imprenditore si trovi
impossibilitato, per la complessità ed ampiezza dell’azienda, per
la pluralità di sedi e stabilimenti
d’impresa, o per altre ragionevoli
evenienze, ad esercitare di persona i poteri-doveri connessi alla
condizione di naturale destinatario della normativa antinfortunistica (Cass. pen., 23 febbraio 1993;
27 luglio 1995, n. 8585. Nel senso
invece della possibilità di delegare i compiti anche nell’ambito di
imprese di modeste dimensioni,
Cass. pen., 1° agosto 1995, n.
8782). È necessario poi che il delegante affidi le sue attribuzioni a
persona tecnicamente preparata
e capace.
Quest’ultima deve volontariamente accettare la delega (nella
consapevolezza degli obblighi di
cui viene a gravarsi), deve essere
fornita di poteri autoritativi e decisori autonomi, pari a quelli dell’imprenditore ed idonei a fare
fronte alle esigenze connesse all’apprestamento dei presìdi antinfortunistici compreso l’accesso ai mezzi finanziari (Cass. pen.,
8 settembre 1994; 12 novembre
1993; 21 ottobre 1993).
I princìpi generali ora richiamati hanno trovato piena conferma nella recentissima sentenza che si annota (Cass. pen.,
24 giugno 2000, n. 7418); d’altro
- 614 -
canto è stato affermato che l’atto formalmente denominato
delega antinfortunistica non lo
è sostanzialmente quando non
provenga dall’organo statutario
e non preveda l’accettazione e
la possibilità di spesa dell’onerato (Cass. pen., 27 gennaio 1999,
n. 1142).
Con riferimento ad una specifica fattispecie è stato precisato che, perché possa affermarsi la
penale responsabilità di un dipendente amministrativo addetto ad un determinato servizio
(prevenzione degli infortuni sul
lavoro), occorre considerare la ripartizione interna ed istituzionale delle specifiche competenze, i
limiti della delega ottenuta e le
funzioni in concreto esercitate e
distinguere tra carenze strutturali,
addebitabili al vertice dell’ente, e
deficienze derivanti dall’ordinario
buon funzionamento (Cass. pen.,
30 maggio 1996, n. 5407).
I fondamentali princìpi enunciati dalla giurisprudenza costituiscono vere e proprie condizioni
di idoneità della delega a sollevare da responsabilità il delegante.
La delega è ritenuta valida
soltanto ove sia accettata dal delegato (Cass. pen., 29 gennaio
1990, n. 1005) il quale deve essere consapevole degli obblighi di
cui viene a gravarsi con la relativa volontaria accettazione; il delegato deve inoltre essere persona tecnicamente capace e competente, deve avere piena autonomia decisionale (Cass. pen., 18
➦
N. 35 del 16 settembre 2000
(segue)
ottobre 1990 e Cass. pen., 7 giugno 1996, n. 5193, secondo la
quale viene meno l’esonero dalla responsabilità quando il delegante abbia imposto al delegato
di riferirgli ogni cosa, mancando
in tal caso una delega piena, cioè
in senso sostanziale) e deve disporre di tutti i mezzi, anche finanziari, necessari per affrontare
qualsiasi spesa e per avvalersi di
collaboratori esperti (Cass. pen.,
23 febbraio 1993); il delegante
non deve in alcun modo ingerirsi
personalmente nella predisposizione e organizzazione del processo lavorativo e non deve essere comunque venuto a conoscenza di insuccessi o carenze
nell’ambito della prevenzione
dei rischi e danni da lavoro, cosicché non è esonerato da responsabilità penale se si premuri
di sorvegliare personalmente il
rispetto delle misure di sicurezza
e si faccia carico di apprestare
egli stesso i mezzi antinfortunistici (Cass. pen., 10 ottobre 1991,
n. 1071). Riassume tutti i requisiti
sopra indicati Cass. pen., 27 maggio 1996, n. 5242.
L’aspetto più controverso è
quello relativo al contenuto e alla
forma della delega.
Questa è valida esclusivamente con riguardo agli specifici
compiti che ne formano oggetto;
quella concessa in via generale è
sufficiente a scagionare il datore
di lavoro soltanto se si tratta di
lavori normalmente svolti nell’azienda (Cass. pen., 3 aprile
1990).
Secondo un indirizzo giurisprudenziale della Suprema Corte la delega deve essere in forma
scritta (Cass. pen., 30 dicembre
1994; 23 marzo 1994). Particolarmente rigorosa è Cass. pen., 29
aprile 1997, n. 3978, secondo la
quale la delega di poteri e funzio-
N. 35 del 16 settembre 2000
ni antinfortunistiche da parte del
datore di lavoro ad altro soggetto è valida ed esime da responsabilità il datore di lavoro, soltanto se risulta espressa, non avendo particolare rilievo eventuali
precisazioni fornite dai testi. In altri casi è stato addirittura ritenuto che la delega debba essere rilasciata “in conformità di una
espressa disciplina interna dell’azienda” (Cass. pen., 20 marzo
1996, n. 2931) e che la ripartizione dei compiti antinfortunistici
risulti da “chiare e ineludibili norme interne preventivamente fissate e approvate dai competenti organi di gestione a cui corrisponde
un preciso organigramma” (Cass.
pen., 15 luglio 1994).
Per altro indirizzo essa è valida pure se manca tale forma essendo consentita la prova anche
a mezzo testimoni (Cass. pen., 13
dicembre 1995, n. 12360, 13 ottobre 1992, n. 10978), ammettendo
in tal modo la mera attribuzione
di fatto dei compiti, e più precisamente per fatti concludenti e mediante il concreto inserimento
nell’organizzazione del lavoro.
Una via intermedia è costituita da quella giurisprudenza secondo la quale la delega è valida
benché non in forma scritta se
consista in un atto univoco nel
quadro dello statuto, quale l’istituzione di una filiale cui sia preposto un direttore, persona tecnicamente qualificata (Cass. pen.,
30 dicembre 1994, n. 13114).
Infine è stato ritenuto che
possa individuarsi il responsabile nel cosiddetto preposto di fatto. Secondo Cass. pen., 5 febbraio 1997, n. 952, nel settore della
sicurezza del lavoro, un lavoratore anche inesperto assume tale
qualità e responsabilità, a condizione che sia solito dare direttive
e impartire ordini e che la preposizione di fatto risulti nota e riconosciuta mediante l’ottemperan-
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za alle direttive e agli ordini dai
lavoratori sui quali viene esercitata. Vero è che, nonostante il principio enunciato dalla Cassazione,
la responsabilità del preposto di
fatto non escluderebbe, a mio
avviso, quella del datore di lavoro ove tale preposto fosse un lavoratore “inesperto”.
La responsabilità penale del
dipendente può, dunque, nascere dall’attribuzione, alle condizioni sopraindicate, di poteri-doveri
che sono propri del datore di lavoro, sia esso individuale o ente
collettivo in persona del legale
rappresentante o, comunque, di
colui al quale competono gli specifici compiti.
Tuttavia nella materia della sicurezza e igiene del lavoro esiste
anche una responsabilità penale
propria di determinati dipendenti. Si tratta dei dirigenti e dei preposti ai quali le varie leggi attribuiscono specifici obblighi e conseguentemente la responsabilità
per la violazione degli stessi.
Non vanno confusi il ruolo, la
funzione, la responsabilità del delegato in senso tecnico con la posizione del preposto che è un
soggetto responsabile pro-quota
delle violazioni in materia antinfortunistica (Cass. pen., 27 gennaio 1999, n. 1142).
Può essere utile, a questo riguardo, segnalare che nella stessa sentenza è stato sottolineato
che le funzioni più significative
del preposto, la cui inosservanza
ha rilievo penale, si possono agevolmente ricavare dal contenuto
sanzionatorio dell’articolo 90,
D.Lgs 626/94, dal quale si deduce
che il preposto, privo del potere
o dovere di predisporre mezzi e
strutture, svolge i seguenti compiti di controllo e sorveglianza,
con corrispettivi poteri organizzativi e disciplinari: è responsabile, tra l’altro, dell’attuazione delle
➦
(segue)
misure di sicurezza decise dal
datore di lavoro e organizzate
dai dirigenti per il concreto svolgimento dell’attività lavorativa;
rende edotti i lavoratori dei rischi cui sono soggetti; vigila sull’uso dei dispositivi di sicurezza
individuali; verifica se, nelle fasi
di produzione, si presentino rischi imprevisti e prende le opportune cautele; deve attuare il
piano di manutenzione delle
macchine e predisporre verifiche e controlli sulle stesse per
garantirne la perfetta efficienza.
Da tali funzioni si evince che grava sul preposto, nell’alveo del
suo compito fondamentale di vigilare sull’attuazione delle misure di sicurezza, l’obbligo di verificare la conformità dei macchinari alle prescrizioni di legge e di
impedire l’utilizzazione di quelli
che, per qualsiasi causa (inidoneità originaria o sopravvenuta),
siano pericolosi per l’incolumità
del lavoratore che li manovra.
La contrattazione collettiva
si è preoccupata di predisporre
un’adeguata tutela anche sotto
il profilo economico nel caso di
responsabilità penale per fatti
che siano direttamente connessi all’esercizio delle funzioni attribuite al lavoratore. Il ccnl dirigenti aziende industriali, oltre a
garantire tutele di carattere economico e la conservazione del
posto di lavoro, ha precisato che
“ogni spesa per tutti i gradi di giudizio è a carico dell’azienda” e che
“è in facoltà del dirigente di farsi
assistere da un legale di propria
fiducia, con onere a carico dell’azienda”.
La disposizione vale anche
per procedimenti penali successivi alla cessazione del rapporto
UNIONI PROVINCIALI ANCL DEL VENETO
di lavoro.
La tutela è esclusa soltanto
nei casi di dolo o colpa grave del
dirigente accertate con sentenza
passata in giudicato.
Il ccnl dell’abbigliamento, ad
ulteriore esempio, ha parimenti
stabilito, in favore dei quadri, “la
copertura delle spese e l’assistenza
legale in caso di procedimenti civili o penali per cause non dipendenti da colpa grave o dolo e relative a
fatti direttamente connessi con
l’esercizio delle funzioni svolte”, anche attraverso apposita polizza
assicurativa.
L’assunzione delle spese nei
casi sopraesaminati non costituisce quindi una mera concessione
del datore di lavoro, ma l’adempimento di un obbligo contrattuale, con quanto ne deriva anche ai
fini della deducibilità.
Piero Gualtierotti
CONSIGLI PROVINCIALI DELL’ORDINE DEI CDL DEL VENETO
in collaborazione con il
CENTRO STUDI NAZIONALE ANCL
organizzano due
CONVEGNI
per il giorno 23 settembre 2000, dalle ore 9,00 alle ore 13,00, presso l’ Hotel “Alfa Fiera” – Via dell’Oreficeria, 50 – VICENZA
per il giorno 30 settembre 2000, dalle ore 9,00 alle ore 13,00, presso il Collegio Salesiano “Astori” – Via Marconi, 22 – Mogliano Veneto (TV)
sul tema
STRUMENTI DI FLESSIBILITÀ NELL’ACQUISIZIONE DI MANO D’OPERA
PROGRAMMA
Ore 9,00 Apertura dei lavori.
Saluto ai partecipanti:
PIERGIORGIO CANDIAGO, Presidente dell’UP Ancl di Vicenza;
ELVIRA D’ALESSANDRO, Presidente dell’Ordine cdl di Vicenza;
GIORGIO FORCOLIN, Presidente dell’UP Ancl di Treviso;
LINO CATTARIN, Presidente dell’Ordine cdl di Treviso;
FERNANDO TEBALDI, Presidente dell’Ancl regionale Veneto.
Ore 9,15 Relatore:
avv. PAOLO PIZZUTI, ricercatore in Diritto del lavoro presso l’Università di Roma “Tor Vergata”.
PRIMA PARTE
● Intermediazione di mano d’opera.
● Comando o distacco.
Ore 11,00 Coffee break.
SECONDA PARTE
● Lavoro interinale.
● Contratto a termine.
Risposte ai quesiti.
Ore 13,00 Chiusura dei lavori.
Segreterie: UP Ancl di Vicenza – Tel. 0444/547099 – Fax 0444/325929; UP Ancl di Treviso – Tel. 0422/590971 – Fax 0422/410521.
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N. 35 del 16 settembre 2000
Le iniziative dell’Ancl, il ruolo dell’Ordine
Fatti non foste per viver come bruti
ma per seguir virtute e conoscenza
L
ettera e risposta (vedi n.
29/2000, pagg. 506 e segg.
– ndr) ci segnalano, coi
piedi per terra, particolari aspetti
e ciò che caratterizza, nell’ agire,
il Sindacato e l’Ordine.
Mi si permetta di dire che, anche per il così ampio spazio dedicato al problema, sono insoddisfatto dei reali contenuti
espressi.
Mi manca il perché, mi manca l’idealità, la filosofia, l’utopia
(forse) dell’essere della professione intellettuale.
Non (mi) basta ritrovare i mille argomenti da contrapporre a
questo od a quel potere politico
od economico e sapere di poterli
far rappresentare a seconda delle bisogna da questa o da quella
organizzazione (Sindacato od
Ordine), (mi) serve una “fede”.
Se non si crede che l’essere
di una professione intellettuale
sia la continua ricerca di un miglioramento delle cose e del sapere comuni a tutti (cittadini,
Stato) allora venga pure l’omologazione anche della nostra attività ad attività puramente mercantile.
Si deve poter, invece, credere
che anche il singolo piccolo contributo al sapere generale sia di
qualche utilità e consenta ad altri di migliorare le proprie conoscenze, i propri modi di rapportarsi con gli altri. Conseguentemente la nostra attività non può
N. 35 del 16 settembre 2000
essere di pura e semplice applicazione delle norme; vi dev’essere, in questo nostro agire (fare e
pensare), sempre qualcosa d’innovativo e diretto a conseguire
un obiettivo più generale, che, a
sua volta, trascende dal risultato
immediato.
Non importa se l’obiettivo
possa essere considerato utopico alla luce di una realtà che oggi
ci appare lontana da ideali diversi dall’opzione mercantile.
Siamo così immersi in uno
sgradevole imbarbarimento dei
costumi che ci sorprendono i più
elementari gesti del viver civile:
accortezza, altruismo, financo la
semplice gentilezza sono aggettivi che sanno di vecchio; ora impera il tutto, subito e comunque.
Dobbiamo opporci, come
parte della classe dirigente del
Paese (ma abbiamo la coscienza
di esserlo?), ad una visione dell’economia e del sociale tristemente e desolatamente rivolta
ad acquisire solamente ricchezza,
consensi e quindi potere.
Siamo alle soglie di una rivoluzione epocale e dobbiamo sforzarci di partecipare alla creazione del nuovo e contribuire ad inventare un nuovo equilibrio fra le
mutate percezioni dei diritti e
degli obblighi di ciascuno.
La percezione del valore della parola “dipendenza” nel rapporto di lavoro è significativamente mutata; allora per essere
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conseguenti alla reale esigenza
occorre pensare ad un nuovo diritto del lavoro e, vista l’occasione, pensare ad un nuovo rapporto fra beneficio (economico e
tecnico) e rischio personale, sociale ed ambientale. Ed, ancora,
pensare ad un nuovo rapporto
fra la ricchezza prodotta e quanto di questa debba essere attribuita al capitale, ai soggetti che
l’hanno prodotta, alla società
che l’ha resa possibile.
Parole prive di sostanza ovvero della più deprecabile dialettica eristica? Non è mia intenzione
ingannare alcuno, ma denuncio il
fatto di parlarne poco e, soprattutto, di non trasfondere l’idealità dei concetti generali, che sono
alla base del munito operare, ai
giovani, ai praticanti. Inoltre dissento con forza dal farmi rappresentare da chi pur avendo denaro non abbia idee, parimenti considerando che se le idee sono nel
posto sbagliato servono a poco.
Combattere gli attuali potentati partendo dal presupposto
che la guerra costa, nel nostro
caso, è pura demagogia, non
avendo le risorse (in tempo e denaro) dei nostri avversari; perderemo dunque probabilmente la
battaglia delle cose, ma quello
che non possiamo assolutamente permetterci è di perdere la
guerra delle idee.
Danilo Notarnicola
L’Inps fornisce chiarimenti e istruzioni
Permessi ai portatori di handicap
Premessa
L’Inps, con circolare n. 133 del
17 luglio 2000, fornisce chiarimenti ed istruzioni sulle recenti
novità contenute nella L. 53/2000
(nuova disciplina dei congedi parentali) circa i permessi in favore
dei portatori di handicap.
A tal proposito, si precisa che
per portatori di handicap si intendono esclusivamente quei soggetti con handicap in situazioni
di gravità (L. 104/92, art. 3), non ricoverati a tempo pieno.
Lavoratori portatori
di handicap
La L. 104/92, art. 33, comma 6,
prevede che il portatore di handicap che lavora può beneficiare,
alternativamente, di permessi “a
ore” o di permessi “a giorni”.
Il tipo di permesso richiesto (a
giorni o ad ore) può essere cambiato, da un mese ad un altro, con
una semplice modifica della domanda presentata mentre, in linea generale, non è consentita
variazione in corso di mese, ad
eccezione del caso in cui sopraggiungano esigenze improvvise
ed imprevedibili opportunamente documentate.
Genitori di figli minorenni
portatori di handicap
Il genitore lavoratore di figlio
minorenne handicappato può richiedere e fruire dei seguenti benefici:
●
prolungamento dell’astensione facoltativa;
●
riposi orari fino a tre anni
d’età del bambino;
●
permessi giornalieri dai tre
anni ai diciotto anni d’età del
bambino, anche quando l’altro genitore non ha diritto a
tali benefici (casalingo/a, disoccupato/a, lavoratore autonomo, ecc. …).
Se entrambi i genitori sono
lavoratori dipendenti, i benefici di
cui sopra spettano ad entrambi
ma alternativamente (non possono cioè usufruirne contemporaneamente).
Prolungamento
dell’astensione facoltativa
La L. 104/92, art. 33, comma 1,
riconosce alla lavoratrice madre o,
in alternativa, al padre lavoratore
di minore handicappato grave il
diritto al prolungamento del periodo di astensione facoltativa con
beneficio dell’indennità economica (30% della retribuzione per
l’intero periodo) sino ai tre anni
d’età del bambino.
Alla luce delle recenti novità
introdotte dalla nuova disciplina
sui congedi parentali, in particolare circa i rapporti esistenti tra
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astensione facoltativa e prolungamento della medesima, si precisa che il prolungamento può
iniziare solo dopo il decorso del
normale periodo di astensione
facoltativa della madre (sei mesi),
periodo che ha inizio dal giorno
successivo alla fine dell’astensione obbligatoria (nove mesi successivi al parto).
In merito al prolungamento
dell’astensione facoltativa, si evidenziano le seguenti particolarità:
1) se dei due genitori solo il padre lavora, il prolungamento
decorre dal giorno successivo
alla scadenza del normale
periodo di astensione facoltativa (sette mesi dalla nascita
del bambino);
2) in presenza di un solo genitore, il prolungamento decorre
dal giorno successivo alla scadenza del particolare periodo
di astensione facoltativa (dieci mesi dalla nascita del bambino);
3) se la madre è una lavoratrice
che non ha diritto all’astensione facoltativa, il padre può
fruire del prolungamento dal
giorno successivo alla scadenza del suo normale periodo di astensione facoltativa
(sette mesi dal termine dell’astensione obbligatoria della madre);
➦
N. 35 del 16 settembre 2000
(segue)
4) se la madre è una lavoratrice
autonoma il padre può fruire
del prolungamento dal giorno successivo alla scadenza
della normale astensione facoltativa (sette mesi decorrenti dai tre mesi successivi al
parto).
Nei casi, invece, in cui entrambi i genitori hanno fruito, in tutto
o in parte, della normale astensione facoltativa, il prolungamento
è consentito alle seguenti condizioni:
1) se la madre ha beneficiato di
sei mesi di astensione facoltativa, il padre, prima di richiedere il prolungamento, può
usufruire di cinque mesi di
astensione facoltativa entro il
terzo anno d’età del bambino
e tra il terzo e l’ottavo anno
(per l’indennizzabilità sono
previste particolari condizioni di reddito);
2) se il padre ha beneficiato di
sette mesi di astensione facoltativa, la madre, prima di richiedere il prolungamento,
può usufruire di quattro mesi
di astensione facoltativa nei
termini di cui al punto 1).
Riposi orari
fino ai tre anni d’età
del bambino
La L. 104/92, art. 33, comma 2,
stabilisce che i genitori di figlio
minore portatore di handicap
possono, in alternativa al prolungamento dell’astensione facoltativa, fruire di riposi orari (due ore
se l’orario è pari o superiore alle
sei ore/giorno, un’ora in caso contrario) sino ai tre anni d’età del
N. 35 del 16 settembre 2000
bambino.
Si precisa che sino al primo
anno di età del bambino i riposi
sono quelli cosiddetti per allattamento (alternativi all’astensione
facoltativa della madre).
Tra il secondo e il terzo anno
d’età i riposi invece diventano alternativi al prolungamento dell’astensione facoltativa.
Permessi giornalieri
I genitori di figli minorenni
portatori di handicap possono
fruire di permessi giornalieri
(massimo tre giorni al mese da
ripartire tra i due genitori) anche con assenze contestuali dal
lavoro.
Genitori e altri familiari,
non conviventi,
di maggiorenni portatori
di handicap
La L. 53/2000 riconosce ai genitori e ai familiari lavoratori di
persone maggiorenni handicappate, anche se non conviventi, il
diritto a fruire di permessi giornalieri qualora prestino loro assistenza con continuità ed esclusività.
La continuità, ad esempio, è
da escludere nei casi di oggettiva
lontananza delle abitazioni mentre l’esclusività quando il portatore di handicap convive in un nucleo familiare in cui sono presenti
lavoratori che già beneficiano
dello stesso tipo di permessi.
Genitori e altri familiari,
conviventi, di maggiorenni
portatori di handicap
I genitori o gli altri familiari lavoratori, conviventi con la persona handicappata, possono fruire
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dei permessi giornalieri se nel nucleo familiare non vi sono soggetti in grado di fornire assistenza.
Di seguito si elenca una serie
di motivi che determina l’impossibilità dei genitori o degli altri familiari non lavoratori conviventi
con il portatore di handicap di
prestare assistenza:
1) titolarità di pensioni (Inps o
altri enti pubblici) che presuppongono un’incapacità al lavoro pari al 100%;
2) titolarità di pensioni (Inps o
altri enti pubblici) che presuppongono infermità superiori
ai 2/3;
3) età inferiore ai 18 anni;
4) infermità temporanea con ricovero ospedaliero;
5) infermità temporanea senza
ricovero ospedaliero (in tal
caso l’infermità dovrà essere
debitamente documentata e
sarà suscettibile di valutazione medica);
6) età superiore ai 70 anni in
presenza di invalidità riconosciuta di qualsiasi grado.
Contribuzione figurativa
In merito alla copertura contributiva dei periodi oggetto dei
permessi di cui sopra, in attesa di
disposizioni specifiche, si precisa
che la L. 53/2000, art. 19, lett. a),
prevede per i permessi giornalieri
la copertura mediante contribuzione figurativa.
I permessi ad ore, coperti da
contribuzione figurativa, sono invece riscattabili oppure possono
formare oggetto di versamenti
volontari.
Raffaello Beltrami
Circolare operativa dell’Inps
Le agevolazioni del part-time
L’
Inps, in attuazione alle vigenti normative, con circolare n. 145 del 4 agosto
ha fornito istruzioni operative ai
datori di lavoro che intendono
usufruire delle agevolazioni previste per il contratto di lavoro parttime a tempo indeterminato.
Le agevolazioni contributive
più comuni a livello nazionale sono
quelle riguardanti l’apprendistato,
il contratto di formazione e lavoro,
i lavoratori in mobilità ed a disoccupazione lunga e buon ultime
quelle relative al part-time (legge
n. 196/1997 e successive norme).
Gli sconti
per il part-time
Per i contratti a part-time è prevista la riduzione triennale nelle
seguenti misure (come riduzione
dell’aliquota Inps):
–
sette punti percentuali, per
i contratti part-time con un orario di lavoro settimanale pari o
superiore a 20 ore e non superiore a 24 ore;
–
dieci punti percentuali, per i
contratti part-time con orario
superiore a 24 ore e non superiore a 28 ore settimanali;
–
tredici punti percentuali, per i
contratti part-time con orario
superiore alle 28 ore ma non
superiore alle 32 ore settimanali.
Detta agevolazione spetta a
condizione che:
1) l’assunzione riguardi soggetti privi di occupazione, vale a
dire lavoratori che non hanno
ancora trovato un impiego o
che hanno perso l’impiego precedente;
2) l’assunzione stessa comporti
la creazione di nuovi posti di lavoro rispetto agli organici calcolati con riferimento alla forza
media dei 12 mesi precedenti;
3) che siano osservati i contratti
collettivi nazionali stipulati dalle associazioni sindacali comparativamente più rappresentative.
Non cumulabilità
con altri benefici
Andrà evidenziato che il beneficio in parola non è cumulabile con
altre agevolazioni relative agli stessi lavoratori e che il numero dei
contratti agevolabili non può superare una percentuale variabile in
funzione della forza lavoro aziendale (vedi anche ccnl della categoria).
Modalità
per ottenere
il beneficio
La domanda per ottenere il beneficio può essere presentata all’Inps, con il modello predisposto
dall’Istituto (pubblicato in allegato
alla circolare n. 123 del 27 giugno
2000 dell’Istituto), da quei datori di
lavoro che, a decorrere dalla data di
entrata in vigore del decreto (3 giu-
- 620 -
gno 2000), abbiano stipulato contratti di lavoro a tempo indeterminato e parziale entro il 30 giugno
2000.
Possono essere presentate le
domande anche per il periodo successivo a tale data e sino al 31 dicembre 2000, in quanto, con nota
del 13 luglio 2000, il Ministero del
lavoro ha dato notizia dell’avvenuta
autorizzazione da parte della Commissione delle Comunità europee.
Le istanze saranno ammesse al
beneficio nei limiti della disponibilità dei fondi, e con le seguenti priorità:
1) data di presentazione o invio
della domanda;
2) contratti stipulati in favore di
soggetti di età fino a 25 anni;
3) contratti stipulati in favore
delle donne con uno o più figli
minori o con soggetti disabili
conviventi.
Entro 15 giorni dalla comunicazione dell’ammissione ai benefici, il
datore di lavoro dovrà presentare
all’Inps i contratti di lavoro a tempo parziale stipulati, per la successiva verifica da parte della sede circa la sussistenza dei requisiti.
Le aziende ammesse saranno
contrassegnate dal codice di autorizzazione “2T” che, a decorrere da
giugno 2000, assume il significato
di “azienda ammessa ai benefici per
il part-time di cui al DM 12 aprile
2000”.
Il beneficio si applica anche alle
➦
N. 35 del 16 settembre 2000
(segue)
contribuzioni Ivs sostitutive di
quella dovuta all’Inps, quindi anche
nei confronti di Inpdap, Enpals, ecc.
I datori di lavoro interessati si
avvarranno della relativa riduzione
in sede di versamento dei contributi dovuti ai singoli enti.
rative o ditte artigiane oppure a
contratti di affitto di manodopera
con le ditte autorizzate dalla nota
legge Treu, con conseguente calo
occupazionale concreto.
dipendenti in quanto le aziende,
per esigenze di mercato, ricorrono
con sempre maggior frequenza a
contratti autonomi quali l’associazione in partecipazione e le collaborazioni autonome e coordinate,
ad appalti e subappalti con coope-
Claudio Milocco
TUTTO IL TESSERAMENTO M x M
Variazioni periodo 1.9.2000 – 12.9.2000
Riflessioni finali
Andrà evidenziato subito che il
beneficio in parola non è automatico ma collegato ai fondi a disposizione, per cui appare evidente lo
scarso interesse che potrà avere
l’agevolazione fra i datori di lavoro
impegnati in un mercato dove è
necessario conoscere costi certi e
subito.
È doveroso segnalare poi che in
tutto il territorio nazionale si registra un costante calo di lavoratori
Quote 1999
quote
precedenti
provincia
nuova
situazione
variazioni
soci
simpatizzanti
Treviso
179
-20
159
20
TOTALE
179
-20
159
20
Quote 2000
Novara
Roma
1
17
1
1
2
18
TOTALE
18
2
20
CONSIGLIO PROVINCIALE
DELL’ORDINE DEI CDL DI SALERNO
SEZIONE CENTRO NAZIONALE STUDI
DI DIRITTO DEL LAVORO DI SALERNO
organizzano un
INCONTRO-DIBATTITO
per il giorno giovedì 28 settembre 2000 alle ore 16,00
presso il Salone del Palazzo della Provincia di Salerno – Via Roma – SALERNO
sul tema
CARTOLARIZZAZIONE DEI CREDITI CONTRIBUTIVI
L’incontro sarà presieduto dalla prof.ssa avv. Maria Josè Vaccaro, ordinario di Diritto del lavoro presso l’Università degli Studi di Salerno.
MODERATORE:
dott. Matteo Casale, Presidente della sezione lavoro della Corte d’Appello di Salerno.
RELATORE DI SINTESI:
prof. avv. Michele Miscione, coordinatore redazionale della rivista mensile il “LAVORO NELLA GIURISPRUDENZA” (editore Ipsoa – Milano).
Interverranno, quali relatori, autorevoli docenti universitari, magistrati e avvocati.
Il coordinamento scientifico è curato dal prof. avv. Nicola Crisci.
Quesiti possono essere proposti preventivamente.
Segreteria:
Consiglio Provinciale dell’Ordine dei cdl di Salerno
Via S. Alfonso Maria de’ Liguori, 2 – Tel. 089/481003-481068 – Fax 089/481068.
N. 35 del 16 settembre 2000
- 621 -
Le novità introdotte dal D.Lgs 359/99
L’uso delle attrezzature di lavoro
1 – Premessa
All’uso delle attrezzature di lavoro, com’è noto, è dedicato il Titolo III del D.Lgs 19.9.1994, n. 626;
quest’ultimo, costituito dagli artt.
dal 34 al 39, oltre a disciplinare gli
aspetti connessi all’impiego delle attrezzature di lavoro, definisce
contorni:
●
delle definizioni alla base delle specifiche norme di prevenzione e protezione;
●
degli obblighi del datore di lavoro;
●
delle disposizioni concernenti le attrezzature di lavoro;
●
dell’informazione dei lavoratori;
●
della formazione ed addestramento dei lavoratori;
●
degli obblighi dei lavoratori.
Come certamente il lettore ricorderà, si intendono per:
●
attrezzatura di lavoro: qualsiasi macchina, apparecchio,
utensile od impianto destinato ad essere usato durante il
lavoro;
●
uso di un’attrezzatura di lavoro: qualsiasi operazione lavorativa connessa ad una attrezzatura di lavoro, quale la
messa in servizio o fuori servizio, l’impiego, il trasporto, la
riparazione, la trasformazione,
la manutenzione, la pulizia, lo
smontaggio;
●
zona pericolosa: qualsiasi zo-
na all’interno ovvero in prossimità di un’attrezzatura di lavoro nella quale la presenza
di un lavoratore costituisce un
rischio per la salute o la sicurezza dello stesso.
A mente dell’art. 184 del DPR
27.4.1955, n. 547, i mezzi di sollevamento e di trasporto non soggetti a disposizioni speciali, qualora vengano adibiti, anche saltuariamente o per sole operazioni di
riparazione e di manutenzione, al
sollevamento od al trasporto di
persone, devono essere provvisti
di efficaci dispositivi di sicurezza e,
qualora questi non siano applicabili, devono essere usati previa
adozione di idonee misure precauzionali.
2 – Il D.Lgs 4.8.1999, n. 359
Sulla Gazzetta Ufficiale n. 246
del 19.10.1999, in attuazione della direttiva 95/63/Cee del Consiglio del 5.12.1995 (che modifica
la direttiva 89/655/Cee a suo
tempo recepita nel D.Lgs 626/
1994), relativa ai requisiti minimi
di sicurezza e di salute per l’uso
delle attrezzature di lavoro da
parte dei lavoratori durante il lavoro, è stato pubblicato il D.Lgs
4.8.1999, n. 359, che è entrato in
vigore il 19.4.2000.
Il decreto in questione è caratterizzato da quattro fili conduttori:
1. la sostituzione integrale dell’art. 184 del DPR 547/1955;
- 622 -
2. la modifica e l’integrazione
degli artt. 35, 36 e 37 del D.Lgs
626/1994;
3. l’aggiunta al D.Lgs 626/1994
degli allegati XIV e XV;
4. l’adeguamento degli artt. 89
e 90 del D.Lgs 626/1994 sugli
aspetti sanzionatori.
2.1 Sollevamento e trasporto di
persone
L’art. 4 del D.Lgs 359/1999, a
integrale modifica dell’art. 184
del DPR 547/1955, prevede che il
sollevamento di persone può avvenire solamente tramite attrezzature di lavoro e accessori a tale
scopo previsti.
Conseguentemente, possono
essere usate attrezzature non
previste allo scopo per il sollevamento di persone solo in via del
tutto eccezionale; in queste ipotesi è comunque necessario che
siano adottate idonee misure in
materia di sicurezza, conformemente a disposizioni di buona
tecnica che prevedono l’appropriato controllo dei mezzi impiegati nonché la registrazione di
tale controllo.
Qualora a bordo dell’attrezzatura di lavoro adibita al sollevamento di carichi siano presenti lavoratori, è inoltre necessario che:
– il posto di comando sia occupato in permanenza;
– i lavoratori sollevati dispongano di un mezzo di comuni-
➦
N. 35 del 16 settembre 2000
(segue)
cazione sicuro con il posto di
comando;
– sia garantita l’evacuazione
dei lavoratori in caso di pericolo, con opportune misure.
2.2 Obblighi del datore di lavoro
Il datore di lavoro, già obbligato ad attuare le misure tecniche ed organizzative idonee a ridurre al minimo i rischi connessi
all’uso delle attrezzature di lavoro da parte dei lavoratori e ad impedire che le stesse possano essere impiegate per operazioni e
condizioni per le quali siano inadeguate, è inoltre tenuto ad adottare le misure necessarie a far sì
che durante l’uso delle attrezzature stesse siano rispettate le disposizioni che seguono:
●
nell’uso delle attrezzature di
lavoro mobili, semoventi:
1. siano disposte e fatte rispettare regole di circolazione per attrezzature di
lavoro che manovrano in
una zona di lavoro;
2. siano adottate misure organizzative idonee a evitare che i lavoratori a piedi si
trovino nella zona di attività di attrezzature semoventi e, in ogni caso, misure idonee ad evitare che,
qualora la presenza di lavoratori a piedi sia necessaria per la buona esecuzione dei lavori, essi subiscano nocumento da tali
attrezzature;
3. il trasporto di lavoratori su
attrezzature di lavoro mobili mosse meccanicamente avvenga esclusivamente su posti sicuri, predisposti allo scopo, e, nel caso in
cui vadano effettuati lavo-
N. 35 del 16 settembre 2000
●
ri durante lo spostamento,
la velocità dell’attrezzatura sia adeguata;
colo la sicurezza di funzionamento delle attrezzature di sollevamento.
4. le attrezzature di lavoro
mobili, dotate di motore a
combustione, siano utilizzate nelle zone di lavoro
solamente nel caso in cui
sia assicurata una quantità sufficiente di aria senza
rischi per la sicurezza e la
salute dei lavoratori;
Al momento delle scelte delle attrezzature il datore di lavoro
è altresì tenuto a prendere in considerazione anche i sistemi di comando; ciò al fine di assicurarsi
che gli stessi siano sicuri.
Va inoltre aggiunta la valutazione dei possibili guasti, dei disturbi e delle sollecitazioni prevedibili per ciò che attiene all’uso
progettato dell’attrezzatura.
In altre parole, siamo in presenza di una valutazione preventiva, tesa ad evitare la possibilità
di scarsa affidabilità e di possibili
malfunzionamenti delle attrezzature di lavoro.
Sempre il datore di lavoro è
tenuto ad adottare tutte le misure necessarie affinché le attrezzature di lavoro siano disposte in
modo tale da ridurre i rischi tanto per gli utilizzatori quanto per
le altre persone.
In particolare, va assicurato
uno spazio sufficiente tra gli elementi mobili e quelli fissi o mobili circostanti.
Parimenti, tutte le energie e le
sostanze utilizzate o prodotte devono altresì poter essere addotte o estratte in modo sicuro.
In applicazione della vigente
normativa, il datore di lavoro è
tenuto a garantire che le attrezzature di cui all’allegato XIV siano sottoposte a verifiche di prima installazione o di successiva
installazione e a verifiche periodiche o eccezionali, al fine di assicurare la corretta installazione
e il buon funzionamento.
I risultati delle verifiche vanno tenuti a disposizione della
competente autorità di vigilanza
per un periodo di 5 anni dall’ultima registrazione ovvero fino alla
nell’uso delle attrezzature di
lavoro destinate a sollevare
carichi:
1. gli ascensori di sollevamento siano scelti in funzione dei carichi da movimentare, dei punti di presa, del dispositivo di aggancio, delle condizioni atmosferiche, nonché tenendo conto del modo e della
configurazione dell’imbracatura;
2. siano prese misure idonee
per evitare la collisione tra
i carichi e gli elementi delle attrezzature di lavoro,
eventualmente utilizzate
in presenza di particolari
situazioni d’uso;
3. i lavori e le operazioni di
sollevamento siano progettati, effettuati e controllati al fine di tutelare la sicurezza dei lavoratori;
4. siano adottate idonee misure in caso di carichi sospesi delle attrezzature di
lavoro utilizzate per sollevamento di carichi non guidati;
5. sia sospesa e siano adottate adeguate misure di protezione per i lavoratori allorché le condizioni metereologiche si degradino al
punto da mettere in peri-
- 623 -
➦
n. 459 (la cd. direttiva macchine), a seguito dell’applicazione delle disposizioni precedenti e quelle effettuate per
migliorare le condizioni di sicurezza sempre che non comportino modifiche alle modalità di utilizzo e delle prestazioni previste dal costruttore,
non configurano immissione
sul mercato ai sensi dell’art. 1,
comma 3, secondo periodo,
dello stesso DPR 459/96.
(segue)
definitiva messa fuori servizio
dell’attrezzatura, qualora questa
avvenga prima.
L’esecuzione dell’ultima verifica deve essere attestata da un
documento che deve accompagnare le attrezzature di lavoro
ovunque queste siano utilizzate.
2.3 Disposizioni sulle attrezzature
di lavoro
Le modalità e le procedure
tecniche delle verifiche, a modifica di quanto in precedenza previsto, seguono il regime giuridico
corrispondente a quello in base al
quale l’attrezzatura di lavoro è
stata costruita e messa in servizio.
Sulla scorta di tale previsione
il Ministero del lavoro stabilisce
(secondo il D.Lgs 626/1994, era
una mera facoltà) modalità e procedure per l’effettuazione delle
verifiche di che trattasi.
I nuovi obblighi possono così
sintetizzarsi:
●
il datore di lavoro deve adeguare ai requisiti di cui all’allegato XV, entro il 30.6.2001, le
attrezzature di lavoro indicate
nell’allegato XIV, già messe a
disposizione dei lavoratori
alla data del 5.12.1998 e non
soggette a norme nazionali di
attuazione di direttive comunitarie concernenti disposizioni di carattere costruttivo,
allorché esista per l’attrezzatura di lavoro considerata un
rischio corrispondente;
●
fino a che le attrezzature di
lavoro di cui all’allegato XIV
non siano adeguate, devono
essere adottate misure alternative che garantiscano un livello di sicurezza equivalente;
●
le modifiche apportate alle
macchine definite all’art. 1,
comma 2, del DPR 24.7.1996,
2.4 Obbligo di informazione ai lavoratori
L’art. 5 del D.Lgs 359/1999 stabilisce che il datore di lavoro
provveda ad informare i lavoratori, in aggiunta ai consueti obblighi in tal senso, sui rischi cui i medesimi sono esposti durante l’uso
delle attrezzature di lavoro, sulle
attrezzature di lavoro presenti
nell’ambiente immediatamente
circostante, anche se da essi non
usate direttamente, nonché sui
cambiamenti di tali attrezzature.
2.5 Sanzioni
Le previsioni sanzionatorie
aggiuntive sono le seguenti:
●
arresto da tre a sei mesi o
ammenda da tre a otto milioni per il datore di lavoro e il
dirigente che violano le disposizioni contenute negli
artt. 35 e 36 del D.Lgs 626/
1994, così come modificati dal
D.Lgs 359/1999;
●
arresto sino a due mesi o ammenda da L. 500.000 a L.
2.000.000 per i preposti che
violano le medesime disposizioni di legge.
2.6 Allegati
I due nuovi allegati aggiunti
al D.Lgs 626/1994 riguardano, rispettivamente, l’elenco delle attrezzature da sottoporre a verifi-
- 624 -
ca (allegato XIV) e le prescrizioni
supplementari applicabili alle attrezzature di lavoro specifiche (allegato XV).
Per queste ultime, in stretto
raccordo con il DPR 459/1996,
viene espressamente chiarito che
le stesse, ai fini del loro adempimento ed in quanto riferite ad
attrezzature in esercizio, non richiedono necessariamente l’adozione delle stesse misure corrispondenti ai requisiti essenziali
applicabili alle attrezzature di lavoro nuove.
L’allegato XIV si limita, invece,
ad una esaustiva – sicuramente
tassativa e non meramente indicativa – elencazione delle attrezzature da sottoporre a verifica.
L’elenco di cui trattasi è il seguente:
1. scale aeree ad inclinazione
variabile;
2. ponti mobili sviluppabili su
carro;
3. ponti sospesi muniti di argano;
4. idroestrattori centrifughi con
diametro esterno del paniere
superiore a 50 cm;
5. funi e catene di impianti ed
apparecchi di sollevamento;
6. funi e catene di impianti ed
apparecchi di trazione;
7. gru e apparecchi di sollevamento di portata superiore a
200 kg;
8. organi di trazione, di attacco
e dispositivi di sicurezza dei
piani inclinati;
9. macchine e attrezzature per
la lavorazione di esplosivi;
10. elementi di ponteggio;
11. ponteggi metallici fissi;
12. argani dei ponti sospesi;
13. funi dei ponti sospesi;
14. armature degli scavi;
➦
N. 35 del 16 settembre 2000
(segue)
15. freni dei locomotori;
16. micce;
17. materiali recuperati da costruzioni sceniche;
18. opere sceniche;
19. riflettori e batterie di accumulatori mobili;
20. teleferiche private;
21. elevatori trasferibili;
22. ponteggi sospesi motorizzati;
23. funi dei ponteggi sospesi motorizzati;
24. ascensori e montacarichi in
servizio privato;
25. apparecchi a pressione semplici;
26. apparecchi a pressione di gas;
27. generatori e recipienti di vapore d’acqua;
28. generatori e recipienti di liquidi surriscaldati;
29. forni per oli minerali;
30. generatori di calore per impianti di riscaldamento ad acqua calda;
31. recipienti per trasporto di gas
compressi, liquefatti e sciolti.
Relativamente all’allegato XV
si possono fare due distinzioni:
●
disposizioni applicabili alle
attrezzature di lavoro mobili,
semoventi e non semoventi;
●
disposizioni applicabili alle
attrezzature di lavoro adibite
al sollevamento di carichi.
Sul primo punto vi è da dire
che:
1. qualora il bloccaggio intempestivo degli elementi di trasmissione d’energia accoppiabili tra un’attrezzatura di
lavoro mobile e suoi accessori e traini possa provocare rischi specifici, l’attrezzatura di
lavoro stessa deve essere at-
N. 35 del 16 settembre 2000
trezzata ovvero sistemata in
modo tale da impedire il bloccaggio degli elementi di trasmissione d’energia: qualora
detto bloccaggio non possa
essere impedito, dovrà essere comunque adottata ogni
possibile precauzione per evitare conseguenze pregiudizievoli per i lavoratori;
2. nel caso in cui gli organi di trasmissione di energia accoppiabili tra attrezzature di lavoro mobili rischiano di sporcarsi e di rovinarsi strisciando al
suolo, vanno previste possibilità di fissaggio;
3. le attrezzature di lavoro mobili con lavoratore o lavoratori
a bordo devono limitare, nelle
condizioni di utilizzazione reali, i rischi derivanti da un ribaltamento delle stesse, mediante idonee strutture di
protezione e/o dispositivi di
portata equivalente;
4. i carrelli elevatori su cui prendono posto uno o più lavoratori devono essere sistemati o
attrezzati in modo da limitare
i rischi di ribaltamento, mediante idonee strutture.
Sul secondo punto vi è da
dire, invece, che:
1. gli accessori di sollevamento
devono essere contrassegnati
in modo da poterne identificare le caratteristiche essenziali
ai fini di un’utilizzazione sicura: qualora l’attrezzatura di lavoro non sia destinata al sollevamento di persone, una indicazione in tal senso dovrà esservi apposta in modo visibile,
al fine di non ingenerare alcuna possibilità di confusione;
2. le macchine per il sollevamento o lo spostamento di
persone devono essere di na-
- 625 -
tura tale da escludere tanto
qualsiasi rischio di schiacciamento, di intrappolamento
oppure di urto dell’utilizzatore (in particolare, i rischi dovuti a collisione accidentale),
quanto da garantire che i lavoratori bloccati in caso di incidente nell’abitacolo non siano esposti ad alcun pericolo
e possano essere liberati.
3 – Conclusioni
Le nuove previsioni normative introdotte dal D.Lgs 359/1999,
come premesso, sono entrate in
vigore il 19.4.2000 (ad eccezione
degli adeguamenti da effettuarsi
entro il 30.6.2001) e sono relative
alle attrezzature di lavoro; queste
ultime, come già detto, sono qualsiasi macchina il cui utilizzo è previsto durante l’espletamento di
una qualunque attività lavorativa.
Quindi, con la sola eccezione
dei casi previsti, il DPR 459/1996
(la cd. direttiva macchine) non va
ad incidere con le disposizioni in
esame, poiché lo stesso si applica
solamente nel periodo intercorrente tra il momento in cui la macchina è disponibile per la vendita
e quello in cui avviene la vendita.
La finalità dell’indicato provvedimento è infatti quella di consentire che una macchina, un’attrezzatura, un impianto o un componente di sicurezza, costruiti
conformemente ai contenuti della
direttiva stessa, vengano immessi
sul mercato nazionale e comunitario senza dover sottostare ad ulteriori regolamenti in materia di sicurezza.
Luigi Pelliccia
RESPONSABILE
DEL SERVIZIO ISPEZIONE DEL LAVORO
DELLA DIREZIONE PROVINCIALE
DEL LAVORO DI SIENA
Nuova circolare del Minlav.
Ancora sui lavoratori extracomunitari
Autorizzazione al lavoro
Con la circolare n. 55 del 28 luglio 2000 il Ministero del lavoro si
occupa dell’applicazione della normativa relativa al rilascio delle autorizzazioni per lavoro subordinato, comprese quelle stagionali e di
lavoro domestico.
Viene ribadita la possibilità di
assunzione di lavoratori stranieri residenti all’estero sia con richiesta
nominativa che numerica, la valenza biennale delle autorizzazioni prevista dalle precedenti norme viene
a cadere, con la precisazione che
l’ingresso dello straniero dovrà riguardare la qualifica riportata sull’autorizzazione.
Importante il chiarimento del
Ministero sull’obbligo di motivare
la richiesta di autorizzazione da
parte del datore di lavoro, questo
perché la valutazione dei flussi non
si fonda solo sulla quantità, ma anche sulla qualità del lavoro.
Per i lavori a tempo determinato devono sussistere i presupposti,
le condizioni e le ipotesi previste
dalle nostre leggi e dai ccnl.
La mancata instaurazione del
rapporto di lavoro deve essere comunicata alla Direzione provinciale
del lavoro, ai fini della revoca dell’autorizzazione, lo stesso Ufficio
provvederà all’inoltro alla Questura.
Risulta anche importante la
precisazione sulla possibilità di assunzione part time (escluso il lavoro dello spettacolo), mai negata o
regolamentata prima, ma condizionata ora ad uno svolgimento di orario tale da consentire un reddito
sufficiente allo straniero ai fini del
suo mantenimento. Viene anche ribadita la possibilità per il datore di
presentare autocertificazione consistente in una dichiarazione complessiva che attesti i redditi, l’iscrizione alla Cciaa, l’applicazione del
ccnl e la congruità della richiesta relativa sia alla capacità economica e
sia alle esigenze dell’impresa. La capacità economica del datore va valutata caso per caso dalla Dpl, in
relazione al numero dei lavoratori
da assumere e delle esigenze dello
stesso che potrà vedersi richiedere
motivata relazione da presentare
entro 20 giorni.
Al lavoratore domestico si applicano le stesse discipline del lavoro subordinato e allo stesso va
garantito un reddito mensile di lire
850.000 oltre all’alloggio (anche ripartito fra più datori). Il mancato
utilizzo del lavoratore per servizi
familiari o l’impiego diverso da
quello autorizzato comportano la
revoca dell’autorizzazione e la comunicazione alla Questura. Come
già stabilito con precedente circolare, alle richieste per lavoro subordinato stagionale potrà essere allegato il contratto firmato solo dal
datore di lavoro. All’atto della richiesta del permesso di soggiorno
il lavoratore firmerà davanti all’autorità di pubblica sicurezza il contratto, il datore depositerà poi il
contratto al momento della richiesta del libretto di lavoro.
Non è necessaria alcuna autorizzazione per l’assunzione di lavoratori stranieri in Italia con permesso di soggiorno per motivi di stu-
- 626 -
dio, per i minori in affido e per coloro che sono presenti per motivi
umanitari: agli stessi è infatti consentito lo svolgimento di attività
lavorativa anche se limitata in relazione all’orario prestato.
La cessazione di tutti i rapporti
di lavoro (anche domestico) va comunicata entro 5 giorni all’Ufficio
per l’impiego e alla sede Inps mentre il libretto di lavoro va restituito
immediatamente alla Dpl.
Le modifiche e le precisazioni
riportate in tale circolare fanno
comprendere che i nuovi limiti imposti dal Ministero ai datori di lavoro sono dettati dalla conoscenza approfondita dei casi di abusi verificatisi in questi ultimi anni.
Conversione
dei permessi di soggiorno
Le richieste di conversione dei
permessi di soggiorno da altro titolo a lavoro autonomo, stagionale e subordinato verranno esaminate dalle Direzioni provinciali sulla
base della disponibilità delle quote. Lo stesso vale per le conversioni
dei permessi in lavoro subordinato, che verranno esaminate in base
ai flussi stabiliti, mentre i lavoratori
stagionali che vogliano convertire
il permesso di lavoro in uno a tempo determinato o indeterminato,
devono, oltre che rientrare nei flussi programmati, avere prima fatto
ritorno nel Paese d’origine.
Il Ministero ha emanato i fac simili con la circolare n. 56/00.
Silvia Bradaschia
N. 35 del 16 settembre 2000
In un lampo passano le informazioni nei nostri studi. Proviamo a fermarne qualcuna,
indicandone la fonte. Contiamo così di dare una mano a chi per un attimo si è
distratto, come capita spesso anche a noi. (studio associato Paoli)
WEEK WORK
WORK
WEEK
N.
Argomento
Oggetto
Fonte
159
Lavoratori
extracomunitari
Permesso
di soggiorno
Modalità per
la conversione
Il Minlav. ha predisposto le attestazioni da rilasciare ai lavoratori stra- “Guida Normatinieri nel caso di conversione del permesso di soggiorno da altro ti- va” n. 157 del
tolo in lavoro subordinato o autonomo. La richiesta di conversione 6.9.00
del permesso va presentata alla Questura competente subordinatamente al rilascio da parte della Direzione provinciale del lavoro dell’attestazione che la richiesta rientra nelle quote annuali di ingresso
(circolare Minlav. n. 56 del 28.7.00).
160
Lavoratori
extracomunitari
Disciplina
Istruzioni Minlav.
riguardo alle
autorizzazioni
al lavoro
Il Minlav. fornisce le indicazioni per l’applicazione della normativa “Guida Normatirelativa al rilascio delle autorizzazioni al lavoro per ingresso dall’estero va” n. 157 del
e per lavoro domestico. Ribadita la competenza delle Direzioni pro- 6.9.00
vinciali del lavoro per il rilascio delle autorizzazioni per il primo ingresso in Italia del lavoratore straniero. Ai Centri per l’impiego rimane la competenza per l’occupazione di lavoratori stranieri in possesso di permesso di soggiorno per motivi diversi dal lavoro ma che
consentono comunque lo svolgimento di un’attività lavorativa (circolare Minlav. n. 55 del 28.7.00).
161
Occupazione
Incentivi
Al via
i contributi
per la ricerca
Al via i contributi per la ricerca. Le risorse disponibili per l’esercizio
2000 ammontano a 26 miliardi. Si prevede un contributo, per un
massimo di due anni, per ogni assunzione a tempo pieno con contratto a termine di durata almeno biennale, inquadrata nell’ambito
di un progetto di ricerca di 30 milioni (assunzione di dottori di ricerca e possessori di titolo di formazione post-laurea) o di 20 milioni
(assunzione di laureati con certificata esperienza nel settore ricerca).
Beneficiarie sono le pmi, secondo la definizione comunitaria, le imprese artigiane, i consorzi e le società consortili, le grandi imprese, le
società consortili a capitale misto pubblico-privato. Le domande vanno presentate a partire dal 4 settembre fino al 31 dicembre (decreto
Ministero università del 18.5.00).
162
Lavoratrici
madri
Astensione
obbligatoria
Flessibilità
del periodo
L’Inps, nel ribadire quanto disposto già dal Minlav., chiarisce che la lavo- “Italia Oggi” del
ratrice, la quale voglia avvalersi di fruire dell’astensione obbligatoria un 5.9.00
mese prima del parto e quattro mesi dopo il parto deve fare domanda
al datore di lavoro e all’Istituto. Requisiti: assenza di patologie rischiose
per la madre e il nascituro; assenza di provvedimento di astensione
anticipata; assenza di rischi in ordine alle mansioni svolte; assenza di
altre controindicazioni. La domanda deve essere corredata del certificato del medico ostetrico-ginecologico nonché del medico competente se la lavoratrice è soggetta al 626 (circolare Inps n. 152 del 4.9.00).
N. 35 del 16 settembre 2000
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“Gazzetta Ufficiale” n. 198 del
25.8.00
“Guida al lavoro”
n. 35 del 12.9.00
FISCO IN PILLOLE
Agevolazioni – Credito d’imposta
Assunzioni
nelle piccole
e medie imprese
delle aree depresse
S
ono state fornite, con circolare del Ministero delle finanze n. 161/E del 28.8.00,
ulteriori istruzioni relative alle modalità, alle procedure e ai termini
per la richiesta e la fruizione del credito d’imposta alle piccole e medie imprese, situate in determinati
“ambiti territoriali”, che assumono
nuovi dipendenti nel periodo dal 1°
gennaio 1999 al 31 dicembre 2001
Controlli – Guardia di finanza
Coordinate
allo Statuto del
contribuente le
norme sulle verifiche
C
on l’approvazione e l’entrata in vigore (1.8.00) dello
“Statuto del contribuente”
(legge 27.7.00, n. 212), il Comando
generale della Guardia di finanza
ha dovuto coordinare le attività di
incrementando la loro base occupazionale, come previsto dalla legge 448/98 (Finanziaria ’99).
La circolare (che esce con un ritardo di quasi due anni), inoltre, fornisce gli elenchi delle aree e dei territori interessati all’agevolazione,
trasmessi dal Ministero del lavoro,
concentrati soprattutto al CentroSud, rendendo così operativi gli incentivi alle pmi relativi al triennio
1999-2001.
Le istruzioni, oltre a definire
l’ambito territoriale, dettano le condizioni di applicabilità del “bonus”
chiarendo l’impossibilità di cumulare le agevolazioni con quelle di
natura analoga previste da altri aiuti (anche se la legge 448/98 non l’ha
espressamente previsto).
Ricordiamo che l’art. 4 della legge 23.12.98, n. 448 (come modifica-
ta dalla legge 448/99), stabilisce i
nuovi importi, cioè un milione per
ciascun nuovo dipendente assunto nel periodo d’imposta 1999 e tre
milioni in quelli 2000 e 2001, per le
aree individuate con due elenchi riportati in allegato dalla circolare
stessa (si tratta in dettaglio di 33
province del Centro-Sud con un tasso di disoccupazione superiore del
20% al dato medio nazionale e di 4
Sezioni circoscrizionali del Lazio).
Il credito d’imposta, come disposto dai commi 1 e 5 della legge
448/98, è riconosciuto nel rispetto
delle regole relative agli aiuti “de minimis” di cui alla comunicazione Ce
n. 96/C 68/06 e non può eccedere,
per il periodo d’imposta in cui è avvenuta l’assunzione e per i due successivi, l’importo di 60 milioni annui
e di 180 milioni nel triennio.
verifica con i princìpi contenuti in
detto Statuto. E lo ha fatto con la
circolare n. 250400 del 17.8.00 inviando istruzioni ai verificatori sul
comportamento da tenere durante le visite di controllo iniziate dopo
il 31 luglio 2000.
Ma la circolare non rappresenta soltanto un aggiornamento del
“galateo” o un’elencazione di obblighi che i verificatori dovranno rispettare, ma anche una guida dei
diritti che il contribuente può
esercitare non appena le Fiamme
gialle si presentano in azienda o in
ufficio.
Le relazioni tra controllori e con-
trollati dovranno basarsi “sempre più
non sull’autoritarismo, ma sulla cooperazione ed il rispetto reciproco”, è
detto nel documento, e pertanto le
ispezioni, gli accessi e le verifiche fiscali nei locali destinati all’esercizio
di attività commerciali, industriali,
agricole, artistiche o professionali
devono essere effettuati sulla base
di “esigenze effettive di indagine e
controllo sul luogo”. E tali operazioni
dovranno svolgersi solamente durante l’ordinario orario di esercizio
dell’attività, senza turbare il regolare svolgimento delle attività produttive e commerciali, limitando la loro
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➦
N. 35 del 16 settembre 2000
(segue Fisco in pillole)
presenza al tempo strettamente necessario e non andando, comunque,
oltre i 30 giorni lavorativi, salvo proroga speciale di altri 30 giorni concessa dal Comando della Guardia di
finanza nei casi di particolare complessità dell’indagine.
La verifica diretta in azienda,
quindi, dovrà rappresentare una
specie di soluzione estrema, cioè
verrà attuata quando è necessario
procedere a ricerche di documentazione contabile ed extracontabile, oppure è necessario effettuare
verifiche sulle giacenze di magazzino, sulla consistenza di cassa, sul
consumo di energia, sulla identificazione del personale, ecc., e non è
possibile ricorrere ad un altro sistema, né attraverso l’invio di questio-
nari, né mediante convocazioni dell’interessato.
Altri punti importanti della circolare trattano del segreto di ufficio per i verificatori sui criteri utilizzati per selezionare i soggetti da
controllare, nonché – secondo l’art.
12 della legge 212/2000 – dell’obbligo che i verificatori informino
il contribuente, fin dal primo giorno del controllo, delle ragioni della
verifica, nonché di tutti i diritti a lui
spettanti per legge, compresi quelli
di farsi assistere da un professionista abilitato in campo tributario,
della possibilità di muovere osservazioni o rilievi, nonché della facoltà, per il soggetto controllato nel
caso in cui ritenga che i verificatori
procedano con modalità non con-
formi alla legge, di rivolgersi al Garante del contribuente.
L’esame dei documenti amministrativi e contabili, su richiesta del
soggetto controllato, può essere effettuato nell’ufficio dei verificatori
o presso un professionista che lo
assiste o lo rappresenta, il quale
può far mettere a verbale anche le
sue osservazioni o i suoi rilievi. Lo
stesso contribuente può comunicare, entro i 60 giorni successivi al
rilascio della copia del processo
verbale di chiusura delle operazioni, osservazioni e richieste agli Uffici impositori, i quali non potranno emanare l’avviso di accertamento prima dei 60 giorni concessi al
contribuente, salvo casi di “particolare e motivata urgenza”.
Banche e credito – Protesti cambiari
dere l’annotazione sui predetti
elenchi presentando un’apposita
istanza al Presidente della Camera
di commercio competente per territorio.
La legge, inoltre, definisce modalità più garantiste per l’iscrizione dei nominativi dei protestati (ad
evitare omonimie l’elenco deve
contenere i dati anagrafici completi
del debitore), i compiti del Presidente della Cciaa in merito, le modalità
per proporre ricorso avverso le decisioni dello stesso, le procedure di
cancellazione e la riabilitazione. Alla
legge è allegato anche un modello
di istanza. Il provvedimento si propone di evitare la cattiva fama nei
rapporti con i fornitori, i clienti e i finanziatori derivante dall’iscrizione
nel “Bollettino dei protesti” che avviene quando un assegno o un “pagherò”non vengono pagati alla scadenza, oppure nel caso in cui una
cambiale-tratta non viene accettata
dal soggetto indicato come debitore sullo stesso effetto. E a volte la
causa dell’iscrizione è dovuta ad er-
rore, nonostante l’avvenuta regolazione del conto.
Per ottenere la cancellazione
l’interessato, oltre a presentare l’apposita istanza (entro un anno) al
Presidente della Camera di commercio, dovrà dimostrare di aver
corrisposto al creditore, oltre all’importo facciale della cambiale, anche gli interessi maturati, le spese
del protesto addebitate, quelle dovute all’avvocato per l’eventuale
precetto e quelle spettanti al giudice per l’eventuale processo esecutivo eventualmente promosso.
Nel caso di errore nella “levata
del protesto”, l’erronea cancellazione o l’illegittimità possono essere
chieste anche dal notaio, dalla banca o da altro pubblico ufficiale e, a
tal punto, potrebbero anche essere accertate responsabilità per danni subìti.
Contro l’eventuale rigetto da
parte del Presidente, l’interessato
può presentare ricorso al Giudice di
pace competente per luogo di residenza.
Dodici mesi,
anziché 60 giorni,
per cancellare
il debito
E
ntrerà in vigore il 27 dicembre 2000 il nuovo regolamento in materia di cancellazione dagli elenchi dei protesti
cambiari la cui novità più rilevante
riguarda il nuovo termine di 12 mesi
(invece degli attuali 60 giorni) che
sono a disposizione del debitore
per ottenere la cancellazione dal
Bollettino dei protesti cambiari.
Lo ha stabilito la legge 18.8.00,
n. 235 (in GU n. 200 del 28.8.00) la
quale, modificando la legge del ’95,
ha pure stabilito che anche il debitore, il quale ha provveduto al pagamento oltre il predetto termine,
senza aver subìto protesti, può chie-
N. 35 del 16 settembre 2000
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STORIE DI LAVORO
V
iveva proprio al centro
della città un tale, di
nome Sofronio, occupato
da anni in qualità di operaio specializzato presso la fabbrica in fondo al viale, prima del ponte.
Oggi s’è dimesso perché un
giorno il capo gli raccomandò di
non battere la fiacca e di usare la
diligenza stabilita dall’art. 2104
c.c., nell’interesse dell’impresa e
della produzione nazionale.
Fu da quel giorno che Sofronio si buttò a capofitto nel lavoro, al punto che i superiori gli
dicevano ora sì che usi la diligenza richiesta, ora sì che agisci nell’interesse superiore della produzione nazionale. Bravo Sofronio.
Però in seguito la fabbrica
assunse un giovane apprendista
che, nel giro di pochi mesi, pur
svolgendo esattamente le mansioni di Sofronio, ebbe una busta
paga con 200.000 lire in più di lui.
Eppoi si riseppe che il ragazzo era
stato visto più volte con la figlia
del titolare.
Figuriamoci Sofronio. Corse
subito dal capo, gli ricordò gli elogi dei superiori e poi gli disse senza tanti complimenti che mai e
poi mai avrebbe accettato la grave discriminazione che lo feriva
profondamente.
Stesso lavoro, paga diversa
Se due persone fanno esattamente lo stesso lavoro, concluse, esse debbono essere pagate allo stesso modo: metta pertanto nella mia busta paga le
200.000 lire che mancano.
Ma il capo si arrabbiò più di
lui. Non è perché sia il fidanzato
di mia figlia che l’apprendista
prende più di te, Sofronio. Prende di più perché mette nel lavoro
un grado di diligenza superiore al
tuo, tanto è vero che la sua produzione è migliore e supera nettamente la tua.
Ma se anche foste esatta-
mente uguali, la Cassazione (n.
5623 del 5.5.00) ha spiegato bene
che “l’attribuzione ingiustificata ad
un lavoratore di un determinato beneficio non può costituire titolo per
attribuire al lavoratore che si trovi
nell’identica posizione un diritto ad
ottenere lo stesso beneficio…”.
Ecco perché Sofronio s’è dimesso e per dispetto s’è messo in
proprio, ovviamente lavorando
con un grado di diligenza superiore a quello del fidanzato della
figlia del principale.
Valfrido Paoli
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