® Notizie testimonianze proposte per gli amici dei missionari Burundi Camerun CIAD Congo R. D. Mozambico Sierra Leone Bangladesh Filippine Giappone Indonesia Taiwan amazzonia BRASILE COLOMBIA MESSICO CSAM Centro Saveriano Animazione Missionaria Via Piamarta, 9 - 25121 Brescia Tel. 030.3772780 – Fax 030.3772781 E-mail: [email protected] Direttore: Marcello Storgato Redazione: Diego Piovani Direttore Responsabile: Domenico Milani Regist. Trib. di PR 07-03-1967 - n. 400 Stampa: Tipografia Camuna S.p.A. - Brescia In caso di mancato recapito rinviare all’ufficio P. T. Brescia C.M.P., detentore conto per la restituzione al mittente, che si impegna a pagare la relativa tariffa Abbonamento annuo € 8,00 Una copia € 0,80 - Contiene I. R. Poste Italiane. Sped. A.P. D.L. 353 03 (conv. L.27/02/04 n° 46) art. 1, comma 2, DCB Brescia. Envoi par Abonnement Postal - Taxe Perçue 2008 GIUGNO n. 6 Un grande africano amico Il card. Gantin, uomo di statura elevata Missione è sanità I l 13 maggio, all’ospedale “Pompidou” di Parigi, è morto il cardinale Bernardin Gantin. Aveva 86 anni. Con lui scompare una personalità di alto livello, una delle più belle figure cristiane dell’Africa contemporanea, orgoglio del Benin e amico dei missionari. Chi scrive questo breve profilo ha avuto l’onore e la gioia di conoscerlo e di essere trattato amichevolmente da quest’uomo, alto fisicamente e ancor più spiritualmente. Il card. Gantin era una persona capace, cordiale e alla mano. Attraversava la strada per salutarti e si interessava di te, del tuo lavoro. S’informava della nostra fami- glia missionaria e dei saveriani che conosceva personalmente. Un “pezzo da novanta” Metteva a loro agio i suoi interlocutori, pur essendo un… pezzo da novanta della gerarchia romana. È stato il primo africano ad approdare alle più alte cariche della curia, scalando silenziosamente tutti i gradini, fino a diventare decano del Collegio dei cardinali. Ma era rimasto semplice e umile, come un fanciullo africano. Era nato in Benin (che allora si chiamava Dahomey), figlio di un dipendente delle ferrovie coloniali francesi. Gantin significa “albero di ferro”: un nome che gli calzava perfettamente, perché era solido e massiccio come una quercia. Era diventato prete nel 1951, formato dai missionari d’Africa di Lione, cui era rimasto affezionato. Spesso dichiarava la sua riconoscenza per i missionari di tutti i tempi e di tutti i luoghi. Dopo due anni di sacerdozio, fu mandato a Roma per completare gli studi di teologia e diritto. A 34 anni - uno dei più giovani vescovi di allora - fu eletto ausiliare dell’arcivescovo di Cotonou mons. Parisot, al quale succedette il 5 gennaio 1960, come primo arcivescovo metropolita dell’Africa francofona. La sua preoccupazione principale fu di consolidare la chiesa locale, sollecitando la collaborazione dei missionari. Africano a Roma Paolo VI lo chiamò a Roma nel 1971, come segretario della Congregazione per l’evangelizzazione dei popoli, che proprio allora cercava la sua nuova iden- CON TANTO DI CAPPELLO... Paolo Giuntella, giornalista e cristiano convinto p. MARCELLO STORGATO, sx lui se n’è andato, A nche chiamato dal Padre della vita. L’abbiamo saputo dal Tg della sera, giovedì 23 maggio. Il giornalista Paolo Giuntella, che abbiamo visto tante volte per i suoi servizi dal Quirinale e al seguito del presidente, se n’è andato in dignitoso silenzio, appena 61 anni di vita, sempre molto impegnata e mai chiassosa. I giornali gli hanno dedicato poche righe. Neppure l’Avvenire gli ha riservato lo spazio che meritava; meglio L’Osservatore Romano, con una colonna a firma di Pio Cerocchi, amico dall’infanzia. Molto più spazio è stato dato ad altri giornalisti e scrittori. Forse, Paolo era “troppo cristiano” per ricevere maggiore attenzione... Ha scritto bene il presidente nel messaggio di cordoglio: “il senso della missione lo ha guidato in tutta la sua attività professionale”. Paolo Giuntella era così: un semplice cristiano convinto. Un grande comunicatore e anche un eccellente animatore missionario. Ricordo l’incontro al palasport di Udine nel 1999, gremito di giovani. Arrivato il suo turno, ha testimoniato il suo affetto per la sposa Laura e per i tre figli; poi è sceso in mezzo al pubblico per sollecitare gli interventi dei giovani ed è riuscito a coinvolgerli nell’entusiasmo per la vita e la fede cristiana. L’avevo poi invitato nel 2003 al Convegno missionario dell’Emilia Romagna a Cesena, sul tema “Fatti di pace”. Anche lì Paolo è stato supersonico. Con le sue profonde riflessioni ha saputo coinvolgere la platea, come riesce a fare un testimone convinto e credibile. Quei suoi cappelli strani. “Ti fanno somigliare a un quacchero; ma quanti ne hai?”, gli dicevo scherzando. E lui: “I cappelli, come le mucche di Mussolini, sembrano tanti, semplicemente perché li alterno. È un modo diverso per caratterizzare i servizi”. Riceveva “con piacere” questo nostro foglio mensile e seguiva sul sito internet le attività dei saveriani. Nel luglio del 2005 era morta la sorella Anna Maria per tumore alle ossa. In sua memoria, aveva versato una somma alla missione in Sierra Leone. Mi scriveva: “Era stata molto colpita dai problemi dei bambini soldato e dalla straordinaria esperienza di un missionario saveriano”. A fine anno inviava gli auguri agli amici, regalando un suo “racconto di Natale”. Nel 2003, Paolo scrive di un Ammiraglio che arriva in paradiso. Forse, scriveva già di se stesso, o comunque, delle sue grandi convinzioni di fede. “L’Ammiraglio fu subito introdotto all’abbraccio con Dio. Non pensava che fosse così immediato: era convinto che ci fosse una grande fila. Avrebbe voluto sfogarsi, anche arrabbiarsi con Dio, per quello che aveva sofferto e per le fatiche, le ingiustizie e il dolore che aveva visto sulla terra. Ma non gli vennero le parole, accoccolato in quell’abbraccio così caldo. Tutti i discorsi che si era preparato, erano troppo umani e incongrui per quel luogo. Gli riuscì solo a dire, «Signore, perché non sono riuscito ad amare, almeno come avrei voluto?...». Ma si accorse che non aveva proprio aperto bocca e che Dio aveva ascoltato lo stesso e gli aveva risposto. Senza parole, quell’abbraccio era la Parola. Dio lo chiamò per nome e lo baciò; gli fece capire che era uno ■ dei suoi benamati”. p. Gabriele Ferrari, sx tità dopo il Concilio. Impegnato al servizio della chiesa universale, non dimenticò mai la sua terra d’origine, cui faceva regolarmente ritorno. Aveva un occhio di particolare attenzione per la crescita della chiesa in Africa, specialmente per quelle regioni dove essa soffriva. Ricordo la sua sollecitudine per il Burundi in occasione della sanguinosa repressione del 1972. Andò a visitare quella chiesa per confermarla nel suo dovere di avvocata dei più deboli. E continuò a informarsi anche quando fu trasferito ad altri incarichi. Infatti, a Roma si fece presto conoscere meglio e stimare ancor di più. Fu chiamato a presiedere il Consiglio Cor Unum e la Commissione giustizia e pace, finché Paolo VI lo creò cardinale il 27 giugno 1977. Dopo l’improvvisa morte di papa Luciani si era parlato di lui come “papabile”. Nell’aprile 1984 fu nominato prefetto della Congregazione per i vescovi, uno dei dicasteri più importanti. In quel ruolo, toccò a lui firmare il decreto di scomunica per mons. Lefebvre, che egli conosceva bene. Romano in Africa Il 5 giugno 1993 fu eletto dai cardinali decano del loro Collegio, un compito di grande prestigio che egli svolse fino all’ottantesimo anno di età, il 30 novembre 2002. In quell’occasione il cardinale fece ritorno a casa, per continuare a essere, dopo Il card. Bernardin Gantin, “albero di ferro” 30 anni d’assenza, “missionario romano in Africa”, come gli piaceva dire, e per dare un aiuto alla sua chiesa cui era rimasto profondamente legato. Certo, i suoi concittadini del Benin e dell’Africa intera avrebbero voluto conservare più a lungo questo monumento di saggezza e di umanità che era il card. Gantin, ma sorella morte è venuta a trapiantare l’albero di ferro nel giardino della casa del Padre. Questa straordinaria figura di cristiano d’Africa, patriarca saggio e fraterno, brillante per la sua intelligenza e per la sua incredibile memoria, forte nella tempesta, ma delicato e umile, che non sembrava tener conto del suo rango di principe della chiesa, non sarà dimenticata. E noi missionari saveriani, che egli stimava al di là dei nostri meriti, alla maniera africana gli diciamo: “La terra d’Africa ti sia leggera, eminenza!”. ■ Missione è sanità - Gesù è stato il Medico dell’anima e del corpo: guariva da ogni infermità. La missione sanitaria è parte della missione evangelica. Nella foto, fratel Bepi Masolo, un entusiasta della missione medica in Bangladesh. 2008 giugno n. ANNO 61° 6 2 Siamo usciti dall’inferno 3 Ponte di speranza in Bangladesh 4/5 La natura ci sconvolge 6 Il martirio della testimonianza Anche il linguaggio sia non violento Michele Galasso, laico saveriano I medici italiani operano... miracoli Tra gli straccivendoli del Cairo 2008 GIUGNO m is s ion e e spirito L’icona della missione Parabole del regno dei cieli Anche il linguaggio sia non violento I l vangelo di Matteo ha una predilezione per le parabole: immagini prese dalla vita quotidiana per trasmettere un messaggio sapienziale, che trascende la realtà. Sono come un pacco sorpresa che ci mette davanti all’imprevisto della vita. Gesù spesso narra storie, fa paragoni, usa immagini, a partire dalla vita semplice del popolo per aprire un dialogo con la folla che lo segue. La realtà narrata da Gesù obbliga a fare un salto, ad andare oltre, dentro l’insegnamento. Matteo ci propone 23 parabole, di cui 9 sono solo sue, e 11 cominciano con “il regno dei cieli...”. Perchè concentrare tante parabole nel capitolo 13? Perché parlare tanto di “regno dei cieli”? Lo chiediamo all’evangelista. La spiaggia e la casa. La nostra comunità aveva una forte tradizione giudaica. Per rispetto a coloro che non osavano pronunciare il nome di Dio, abbiamo sostituito “regno di Dio”, con “regno dei cieli”. Questo non vuol dire stratosfera, perché il regno deve avvenire nella storia. Il regno, infatti, è il cuore della Buona Notizia. Ci abbiamo riflettuto molto e abbiamo scelto l’ambiente e i destinatari della predicazione del Maestro. Il capitolo 13, infatti, comincia in riva al mare alla presenza della folla. Dalla spiaggia ci spostiamo poi in una casa, dove sono presenti solo i discepoli e le discepole. Sulla spiaggia sono narrate le parabole dei terreni, del buon seme e della zizzania, del granello di senapa e del lievito. In casa che è la comunità -, Gesù spiega la parabola del buon seme e della zizzania e narra le parabole del tesoro, della perla e della pesca. Le parabole nascono dalla vita del popolo: agricoltori, proprietari di campo, servi, casalinghe, pescatori, commercianti. Inizialmente Gesù rivolge il suo discorso a tutte le categorie di persone presenti, parlando di quello che già conoscono, della loro vita semplice; e così giunge al cuore. Dalla moltitudine sorgono i discepoli e le discepole: sono il terreno buono dove il seme ha fruttificato. Il campo è il luogo dove è seminato il buon seme e la zizzania; crescono insieme ed è necessario lasciar crescere pri- CARISMA è MISSIONE ma di separare. C’è un filo che percorre tutto il capitolo: il piccolo, a cui non si dà valore. A quei tempi la donna non aveva valore; nelle gerarchia dei beni veniva dopo gli animali. Ma Gesù afferma che il Regno dei cieli è come una donna che fa il pane: un gesto banale, quotidiano. Gesù affida il Regno ai piccoli. Ma, c’è un’altra sorpresa: anche il Regno dei cieli è una cosa piccola; è come un granello di senapa, il più piccolo fra i semi. Il Regno è una realtà così piccola, che si corre il rischio di non darle valore; ma ha una forza che lo fa crescere e divenire un albero le cui foglie curano, le cui bacche danno sapore ai cibi, i cui rami accolgono gli uccelli e danno ombra ai viandanti. I discepoli e le discepole che hanno ascoltato le parabole sulla spiaggia s’incontrano poi in casa. Vogliono capire la parabola del buon seme e della zizzania: il campo è la storia, è la vi- L’albero e il minuscolo seme di senapa PER CONTINUARE A RIFLETTERE Ti invito a fare un esercizio: scegli una categoria di persone di cui conosci la vita e crea una parabola che sia un messaggio, una buona notizia per loro: “Il regno dei cieli è come... La missione CHIAMA Il martirio della testimonianza momenti. Decine di migliaia di persone hanno abbandonato le città per fuggire… Poi è stato il turno del Camerun con le rivolte popolari violente che hanno causato morti nelle maggiori città. Quattro giovani saveriani appena arrivati si preparano a raggiungere le loro posizioni. Il missionario non è un turista, le ragioni della sua vita sono altre; egli cerca un bene più grande, anche a rischio della propria incolumità personale. Perché non essere fieri di questi giovani che rendono la nostra povera umanità un po’ più umana, e ringraziare Dio che esistono?”. È un’esperienza forte dei nostri missionari. La leggo alla luce degli Atti degli apostoli: “Mi sarete testimoni fino agli estremi confini della terra”. Una testimonianza impastata di martirio, legata al rischio e al sacrificio della vita per il Regno. Ma Gesù risorto illumina la loro testimonianza anche nella sconfitta e nell’umiliazione. Martirio significa testimonianza. Esprime la radicalità della scelta di Dio e la fiducia in lui, fino a consegnare interamente la vita nelle sue mani. “Chi vorrà salvare la propria vita la perderà”. La radicalità è dunque il contesto in cui fiorisce il martirio - testimonianza fino a versare il sangue. Gesù è il testimone fedele. Nell’amore, il Figlio di Dio non è solo vittima, ma anche “dolore” per l’umanità. Egli ha vissuto la solidarietà con gli uomini fino a condividere il senso dello sgomento e l’angoscia del perché del dolore. La testimonianza - martirio è un frutto maturo della fede, un aspetto crudo del vangelo che come cristiani - discepoli di Gesù - tutti siamo chiamati a vivere. Gesù ce l’aveva detto: “Se qualcuno vuole venire dietro a me… prenda la sua croce” (Lc 9,23). Il suo Regno non è di questo mondo, e per goderlo con lui bisogna attraversare molte tribolazioni. Questa rivelazione del dolore, prevista dal vangelo, porta nel nostro cuore meno entusiasmo, ma non impedisce che si realizzi la promessa di Gesù, “la vostra afflizione si cambierà in gioia”. Crediamo nell’amore Dipinto di Lino Maggioni, Kamenge onvertirsi! Sì, il missionario legge, medita e prega la Parola anzitutto per convertirsi. Leggo nelle Costituzioni dei missionari saveriani: “Sentiamo necessità di ascoltare, meditare e pregare la Parola ogni giorno, sia personalmente che comunitariamente, per convertirci alla maniera di pensare e di agire di Dio”. Questo è il primo obiettivo. Ogni giorno meditiamo la Parola, anzitutto per convertire noi stessi. Infatti, “l’esperienza delle nostre quotidiane infedeltà all’amore di Dio, rende necessario l’atteggiamento della conversione continua”. Convertirsi ogni giorno, perché la meta è sempre un passo oltre: “Siate perfetti, siate misericordiosi come il Padre vostro!”. Ogni cristiano è missionario. Ogni battezzato deve camminare ogni giorno verso quell’oltre irraggiungibile, da perseguire con un itinerario di continua conversione. Il battezzato entra nella dinamica pasquale di morte al peccato e di vita verso uno stile ogni giorno più evangelico. Bell’avventura questa di camminare scoprendo a ogni passo panorami nuovi, scene di bellezza incomparabile; come camminare su un sentiero di montagna: a ogni passo un nuovo spettacolo, una meraviglia! Convertirsi è tipico della spiritualità del missionario, chiamato a uscire dalla sua terra e cultura. Penso a Pietro che rifiuta di mangiare ciò che Dio ha purificato e si ferma perplesso sulla soglia di casa del pagano Cornelio: è fatica entrare nello spazio dei peccatori. Così pensava. Pietro deve cambiare rotta, convertirsi. Cornelio era “timorato di Dio, faceva molte elemosine e pregava sempre” (Atti 10,2). Aveva diritto di sapere che pregava Dio Padre; e Pietro aveva il dovere di annunciargli il Figlio Gesù, venuto a togliere il peccato del mondo. Una volta convertito, Pietro deve aiutare la comunità a convertirsi. Anche la comunità cristiana è tentata di dividere il mondo fra buoni e cattivi, di tracciare uno steccato fra il bene e il male. Ma proprio nel cuore di chi innalza queste barriere si annida l’impero del male: “Se diciamo di essere senza peccato inganniamo noi stessi, facciamo di Lui un bugiardo e la sua Parola non è in noi” (1Gv 1,8.10). Il missionario Gesù, dopo trent’anni di nascondimento e silenzio, si mescola tra le file dei peccatori chiedendo a Giovanni Battista il battesimo di penitenza. Non è solo umiltà; è un progetto di vita; è disponibilità piena ad accogliere l’altro, che è sempre immagine di Dio; è amore al fratello, anche al fratello che è caduto in errore. Il pensiero di Dio è accoglienza e misericordia, pazienza e bontà, amore e dono gratuito. Proprio per questo il saveriano (e ogni discepolo-missionario) sente la necessità di ascoltare, meditare e pregare la Parola: “per convertirsi alla maniera di pensare e di agire di Dio”. ■ pasta perché il Regno si realizzi. È un messaggio che si ripete tre volte, per dire che è la chiave di lettura di tutto il capitolo. I discepoli e le discepole in casa sono la comunità, che deve stare nel mondo, nella storia: non possono isolarsi, ma devono essere lievito che trasforma la storia in buon pane. Devono essere come uno scriba o un padre di famiglia, che dal suo tesoro estrae cose nuove e cose antiche. ■ La parabola del lievito sta al centro e sembra essere la più importante. Un pizzico fa lievitare tutta la farina e diventa pane saporoso. Sono i piccoli che si lasciano guidare dalla giustizia, lievitano la storia e la conducono al Regno. I piccoli, ai quali Gesù affida il Regno, devono vivere nel mondo insieme alla zizzania. È necessario essere dentro la scrivono: “In Ciad abM ibiamo vissuto dei brutti p. ALFIERO CERESOLI, sx 2 tea FRiGERIO, mM ASCOLTARE PER CONVERTIRSI C ta - dice loro Gesù; il buon seme è il Regno; la zizzania è l’anti-regno. Si somigliano, possono confondersi. È necessario lasciar crescere, vedere i frutti, discernere, per poi separare. La parabola della pesca rafforza questo messaggio. Chi vuole servire il Regno può illudersi, credendo che sia solo un affare spirituale. Invece, il campo e la pesca sono immagini di vita, che cammina verso il Regno definitivo, costruito nella storia. E il discepolo che comprende il mistero del Regno vende tutto per comprarlo, come chi incontra una perla preziosa, un tesoro. Scelte radicali di servizio INTENZIONE MISSIONARIA E PREGHIERA DEL MESE Ogni cristiano coltivi una profonda e personale amicizia con Cristo, così da poter comunicare la forza del suo amore a ogni persona che incontra. Lo Spirito Santo ci aiuti a comprendere sempre più che l’Eucaristia è il cuore della chiesa e fonte dell’evangelizzazione. Conforti: ”Il missionario deve essere copia fedele di Cristo”. p. siLVIO TURAZZI, sx che abbraccia, come un arco, la vita terrena e quella eterna. è la via dei santi. C’è anche il martirio del cuore che vedo, a volte, nei missionari che rientrano per una sosta, spesso legata a motivi di salute. È l’esperienza di madre Teresa di Calcutta che si abbandona a Dio, che non vede e non sente. Anche Teresa di Lisieux scrive: “Gesù ha permesso che l’anima mia fosse invasa dalle tenebre più fitte e che il pensiero del cielo, dolcissimo per me, non fosse più se non lotta e tormento”. La croce vissuta nel dono di sé attraverso l’ascolto e l’impegno per la verità, il perdono e la giustizia con i più deboli, è la testimonianza più forte della resurrezione di Gesù, un evento di speranza per tutti. Contemplando Gesù sulla croce, vediamo l’amore nella sua forma più radicale. Le occasioni per fare il suo cammino sono abbondanti. Accogliamo l’invito del Papa ai giovani: “Guardatevi attorno con gli occhi di Cristo, ascoltate con le sue orecchie, intuite e pensate con il suo spirito… Nutriti dalla preghiera, preparati nel silenzio, scoprirete la vocazione particolare che il Signore riserva per voi. Abbracciatela con gioia. Oggi i discepoli di Cristo siete voi” (New York, aprile 2008). Dall’interno della vita cristiana possiamo trovare il coraggio e il sostegno per scelte radicali di amicizia vera, di perdono e di servizio. Gesù risorto invia anche noi dappertutto come suoi testimoni e ci rassicura: “Io sono con voi sempre, tutti i giorni, ■ fino alla fine del mondo”. 2008 GIUGNO V ITA SAV ERIANA Siamo usciti dall’inferno La vita è un miracolo... ogni giorno C ari amici, scriviamo per dirvi che stiamo bene. Eravamo contenti di aver trovato posto su quel volo per Kinshasa. Non potevamo immaginare quello che stava per succedere quel 15 aprile. È stato un attimo. In fase di decollo, poco prima di staccarsi da terra, un motore dell’aereo è scoppiato e ha preso fuoco. Non c’era più pista e siamo finiti giù dalla scarpata, sopra uno dei quartieri più popolati di Goma. Padre Pier: “la bambina si è aggrappata a me” I colpi sono stati molto violenti; la carlinga si è spezzata in tre. Tutto è durato pochi secondi. Quando l’aereo si è fermato, mi sono accorto che eravamo avvolti nel fuoco. Ho pensato che ormai dovevo solo aspettare la morte, e già immaginavo il dolore delle persone care. Poi il panico, la gente che gridava “Gesù! Gesù!”, il fuoco e il fumo... Ricordo solo di essermi buttato nel vuoto: probabilmente nel punto dove l’aereo si era spezzato. Nel fumo ho visto una persona che si infilava in una fessu- ra davanti a me. L’ho seguita e mi sono ritrovato nella parte anteriore dell’aereo. Fuori, una bambina americana piangeva e cercava i suoi genitori: si è aggrappata a me. Abbiamo parlato in kiswahili e insieme abbiamo cercato i genitori e p. Pietro. La gente ci diceva di averli visti uscire sulla strada, ma questo non cancellava i nostri dubbi. Abbiamo ritrovato i genitori all’ospedale e, subito dopo, sulla strada ho incontrato p. Giuseppe che mi cercava e mi ha detto che p. Pietro era già a casa nostra. Padre Pietro: “mi hanno estratto dal buco” Siamo passati attraverso la valle della morte. Tutto intorno a noi e dentro l’aereo era fuoco e fumo denso. Ero già scoraggiato: mi mancava il fiato a causa del fumo, e “fratello fuoco” cominciava già ad accarezzarmi al collo, alla testa e alle braccia. Pensavo già a morire, ma non sapevo come, e se fosse vero. Poi ho intravisto una sorgente di luce e sono saltato in avanti: da un buco le persone a forza cercavano di uscire. Io ho fatto lo stesso La fusoliera (spezzata in tre parti) dell’aereo caduto a Goma, in Congo, su cui viaggiavano i saveriani p. Agostinis e p. Rinaldi AGOSTINIS e RINALDI, sx e sono riuscito a passare: alcune persone mi hanno tirato fuori, con il corpo graffiato. Una volta fuori, ho corso un po’ per paura che l’aereo esplodesse. Alla fine ho trovato una moto-taxi e mi sono fatto portare a casa. Lì p. Tonino mi ha accompagnato al dispensario delle suore in città e ho avuto soccorso, soprattutto ossigeno, perché mi mancava il fiato. Poi hanno curato le altre ferite lievi. Tutto è passato, siamo vivi. Tutti ci sono stati vicini Oltre ai confratelli, anche le mamme dei giovani saveriani di Goma si sono precipitate ad assisterci e a coccolarci, come fossimo i loro figli. Con loro, abbiamo ringraziato il Signore. In silenzio, abbiamo ascoltato la loro preghiera e lasciato che dicessero per noi quello che ancora non riuscivamo a dire. Sarebbero tante le cose da raccontare, da denunciare, da cambiare! Quanta sofferenza è scomparsa tra le fiamme e il fumo del DC9: i passeggeri rimasti nel ventre dell’aereo e un quartiere distrutto, centinaia di feriti e oltre un centinaio di morti! L’impressione è di trovarsi in un paese dove il valore della vita dei suoi abitanti non conta. È tempo di scrivere la vita Tanti hanno parlato di miracolo. Non ho dubbi che se siamo ancora in vita, è perché il Signore ci ha riservato ancora qualcosa di buono da fare. Il giorno dopo l’incidente, sono uscito per comprare qualche vestito. Mentre rientravo, il sole è uscito dalle nubi e tutto è cambiato: i volti delle persone, il verde intenso, l’aria fresca… Ho avuto l’impressione di essere appena nato, di gustare la bellezza di essere ancora vivo. Ogni giorno la vita è un miracolo: troppo spesso ce ne dimentichiamo o ce ne ricordiamo solo quando la morte ci sfiora. Dentro di me ho pensato solo che Dio, a suo modo, trova il modo di svegliarci, di rilanciarci nella vita. È il momento di girare pagina: dopo aver letto la morte e la paura, si tratta ora di scrivere la vita. Non mancano le pagine bianche: la missione ci aspetta, con la nostra gente, e tanti sogni… Il Signore ci ha accompagnato e con■ tinuerà a esserci vicino. LAICATO SAVERIANO Il testimone di un sogno Michele Galasso, laico saveriano A 51 anni, è morto il laico saveriano Michele Galasso, di Salerno. Ha vissuto pienamente il carisma missionario, nel martirio della sofferenza. Offriamo la nostra solidarietà alla sposa Mirella e alla figlia Manuela, ai famigliari e ai laici saveriani. Caro Michele, all’alba del primo mattino del mese dedicato a sua Madre, il Signore risorto ti ha chiamato accanto a sé: “vieni, benedetto dal Padre mio!”. Se è vero che il mondo cerca testimoni, possiamo dire che tu, per noi e per quelli che ti hanno conosciuto, sei stato una testimonianza concreta. Testimone nella sofferenza. Quante volte sul tuo viso abbiamo visto le smorfie di dolore, che cercavi di mascherare per evitare di far soffrire chi ti stava accanto. Ci hai insegnato che si può portare la croce dei dolori con dignità; che la vita è meravigliosa anche se vissuta con una spina nella carne. A noi resta il tuo sorriso, la tua espressione di coraggio nell’affrontare la prova che il Signore aveva riservato per te. Testimone nel credere. Hai sempre creduto che Cristo debba essere portato agli altri, fino agli estremi confini della terra. E per questo hai sempre fatto missione, hai sempre raccontato a noi tutti e a quelli che incontravi sul tuo cammino, che il Signore è la vita che vince la morte. Tante volte lo hai cantato e suonato, con la gioia immensa che veniva dal profondo del tuo cuore; quelle note e parole arriveranno anche all’orecchio di chi non ha potuto ascoltarti da vicino. Testimone di passione. Abbiamo vivo il ricordo del tuo ultimo intervento nella nostra assemblea: è stato il tuo testamento spirituale. Ci hai detto che bisogna mettere tanta passione nelle cose in cui si crede davvero. Tu lo hai sempre fatto. Innamorato e appassionato della vita, della sposa e della figlia, del lavoro, di tutte le piccole cose che hai costruito intorno a te. Innamorato e appassionato della missione vera, quella che ti ha fatto donare Cristo agli altri con un semplice sorriso. Testimone di un sogno. Sei stato il più fedele testimone del sogno che condividiamo da anni: fare del mondo una famiglia. Lo pensavi e lo facevi davvero, cominciando da noi, dai nostri figli e i nostri genitori. Abbiamo avuto la certezza, in questi giorni così tristi, che siamo una sola grande famiglia, pronta ad accogliere Mirella e Manuela, sorella e figlia di noi tutti, e con loro il mondo intero. E tu sarai con noi, perché l’amore è più forte della morte. Per questo motivo sei partito sereno e hai realizzato per primo il sogno di raggiungere la missione più difficile e bella: quella che porta alla casa del Padre. Ciao Michele, ci rivedremo lì, insieme al Signore in cui crediamo. E saremo felici per sempre, senza stampelle e senza affanni. BURUNDI, TRE GENERAZIONI Dal 21 al 24 aprile 2008, quindici saveriani del Burundi si sono riuniti a Bujumbura per l’assemblea capitolare, accompagnati da p. Girola e p. Katindi della Direzione generale. Scrive p. Girola: “La sera, mentre in un clima fraterno ci scambiavamo le notizie di famiglia, si udivano i colpi di mortai, segni di una pace non ancora raggiunta, malgrado gli accordi stipulati tra le parti. I saveriani desiderano continuare a servire questo popolo sull’esempio dei martiri p. Maule Ottorino e p. Marchiol Aldo e di Catina Gubert, che riposano in terra burundese assieme a p. Victor Ghirardi e p. D’Alessandri Fiore”. Il commento alla foto è di p. Lino Maggioni: “Ecco i volti dei cinque confratelli ai quali abbiamo affidato il compito di guidare il nostro cammino nella chiesa del Burundi che cresce e comincia a misurarsi con i veri problemi del paese. Ai missionari è chiesto di non dimenticare la storia e, allo stesso tempo, di aprire strade dove ancora non sono passati, preparare risposte che hanno il sapore della sfida evangelica. Perciò nella nuova direzione sono rappresentate tre generazioni di missionari. Padre Modesto, il nuovo superiore, appartiene alla generazione di quelli che hanno visto tutto. È arrivato in Burundi quando questo piccolo paese africano iniziava il cammino verso la democrazia e la chiesa inaugurava la prima diocesi. È lui che, sulla tomba dei nostri tre martiri, ha pronunciato un discorso di responsabilità e di riconciliazione alle autorità del paese. Lui è sempre il più entusiasta di tutti. Padre Mario, vice superiore, rappresenta la generazione dei saveriani espulsi dal paese, quando in Burundi si erano messi in testa di voler fare senza i missionari. Nonostante tutto, ha voluto tornare per aiutare la chiesa del Burundi a tessere la vita pastorale delle comunità parrocchiali. Padre Rubén e padre Ignacio rappresentano la nuova generazione. Hanno portato in Burundi i colori e la fede del popolo messicano. Sono giovani, attenti a cogliere le trasformazioni della missione. Padre Pierino aveva lavorato in Burundi tanti anni fa. Poi era stato dirottato in Camerun Rubén Macías, Mario Pulcini, Modesto Todeschi, Ignacio Martinez e Pierino Zoni e Ciad. Tra i saveriani è colui che meglio può spiegare come la chiesa e il Burundi stanno crescendo”. ■ SAVERIANI SPERICOLATI Oltre all’incidente aereo di Goma del 15 aprile, in cui sono stati coinvolti p. Agostinis e p. Rinaldi, gli angeli custodi sono stati particolarmente vigilanti sui saveriani. In Colombia, tre confratelli di Buenaventura hanno sbandato sotto la pioggia mentre si recavano all’incontro per riflettere su “Paolo, apostolo delle genti”. La macchina è in fin di vita, ma i missionari sono incolumi. In Camerun, il superiore p. Armando Coletto è caduto dalla moto mentre andava a far visita ai confratelli nelle missioni: niente di rotto, ma è stata necessaria un po’ di convalescenza. Invece a Bafoussam, p. Bruno Calderaro è caduto da un albero ed è finito in ospedale con due costole rotte. Cosa ci faceva sull’albero? Forse voleva fare come... Zaccheo: vedere meglio Gesù! Ma il caso più classico è capitato a p. Domenico Milani all’interno della casa madre a Parma. Aveva da poco compiuto gli 86 anni. Come suo solito, vestito in giacca e cravatta, è montato in bici per percorrere i 200 metri dall’ufficio della Procura al refettorio per il frugale pranzo. È caduto dalla bici e ha rotto il femore: ha fatto tutto da solo. Per rimediare, gli hanno messo una protesi. Angeli di Dio, nostri custodi...! ■ 3 2008 GIUGNO UN PONTE DI SPERANZA CON IL BANGLADESH UNA VOCAZIONE “C’è PIù GIOIA NEL DARE” Nel cuore del dott. Franco Saracino p. SILVANO GARELLO, sx F ranco Saracino, classe 1957, di professione infermiere ortopedico, è sposato e ha quattro figli. È originario di Fasano di Brindisi e tradisce nel volto il sole del suo meridione. Ma solo esplorando il suo cuore si riesce a capire perché, a dir poco, si è lasciato affascinare dal Bangladesh. Dopo il servizio militare, nel 1979, si era iscritto alla scuola infermieri di Parma. Da allora ha acquisito una notevole esperienza nel preparare i gessi per gli infortunati che, spesso in seguito a un incidente, senza poter tornare a casa, passano dalla strada alla sala operatoria. Nemmeno lui sa dirci quanti busti, quante gambe e quante braccia siano passate per le sue mani per le necessarie ingessature. Prima di tutto, i rapporti umani Ma il bello del suo lavoro, secondo la sua testimonianza, resta la tessitura di rapporti umani che egli sa instaurare con i pazienti che i colleghi chirurghi gli affidano. Egli può certamente andar fiero del suo modesto contributo per ridare vitalità a chi è soggetto a trauma debilitanti, sia fisicamente che psicologicamente. Nel novembre del 1995, il professor Elio Rinaldi, direttore della clinica ortopedica di Parma, lo aveva lusingato con la proposta di una trasferta umanitaria. “Non ti piacerebbe venire con il nostro gruppo in Bangladesh e mettere a disposizione, in modo gratuito, la tua competenza professionale? Nella città di Khulna c’è un piccolo ospedale, gestito dai missionari saveriani e dalle suore di Maria Bambina. Lì assieme, potremmo fare miracoli, soprattutto per tanti bambini ridotti a trascinarsi sulla strada a chiedere l’elemosina, camminando Franco Saracino al lavoro all’ospedale “Santa Maria” di Khulna: la miglior terapia è quella del sorriso! a quattro zampe”. Franco non aveva esperienza di viaggi all’estero, e tanto meno degli ambienti ospedalieri del terzo mondo. La proposta del prof. Rinaldi era una sfida al suo cuore: gli veniva richiesto un balzo di generosità. Come avrebbe potuto sopportare il distacco dalla famiglia, o piuttosto, come avrebbe potuto coinvolgere la sua famiglia in questa avventura che veniva a rompere il ritmo del suo lavoro e delle sue vacanze? Dal primo impatto al coinvolgimento Arrivando in Bangladesh, il suo primo shock culturale è stato nel vedere la massa di persone che premevano all’ingresso dell’aeroporto. Il loro sguardo quasi perso, rivolto lontano, gli aveva destato nel cuore la domanda: “Che cosa cerca tutta questa gente?”. Da qualche anno, i vari gruppi medici possono disporre di un’adeguata struttura ospedaliera, chiamata “Santa Maria“. Ma agli inizi non era così. A Khulna, il gruppo di chirurghi e infermieri erano ospitati - o forse si dovrebbe dire, erano accampati - presso le suore di madre Teresa, che gestiscono una casa di accoglienza per i bambini abbandonati. Qui, il signor Saracino, prendendosi cura dei piedi torti dei bambini, ha imparato presto la comunicazione del sorriso. La sua sfida era quella di stabilire un ponte di speranza tra i bambini e i loro genitori, ansiosi di poterli vedere camminare. Se l’esperienza del nostro infermiere ortopedico si è protratta nell’arco di dieci anni, significa anche che attorno a sé ha percepito una corrente di amore e di riconoscenza della gente verso questi medici stranieri che rispettano la vita di ogni persona, a prescindere dal colore della pelle e dalla loro condizione sociale. Andando a visitare qualche villaggio del Bangladesh, egli ha avuto la gioia di essere stato riconosciuto e chiamato per nome: “dottor Franco!”. Molti dei suoi bambini ora possono giocare a pallone e le bambine possono rincorrersi come farfalle. Domani per loro non ci sarà più difficoltà ad essere scelte come spose. La solidarietà che fa miracoli Egli ha raccolto un po’ di documentazione fotografica che gli permette di incontrare i bambini delle scuole italiane, interessati al destino di tanti altri bambini meno fortunati. Non parla loro solamente dei 1.500 bambini che sono passati per le sue mani, ma anche del lavoro dei medici chirurghi e delle infermiere, dell’amorevolezza di suor Tecla e delle altre suore, del servizio dei missionari saveriani, che hanno avuto quest’idea geniale di permettere ad altri di partecipare alla loro missione di carità evangelica. Dunque, anche in Bangladesh tanti dolori possono essere trasformati in gioia. Da questo punto di vista, il Bangladesh sta facendo tanta strada, superando gli handicap del suo passato e i contraccolpi della globalizzazione. Per fortuna che c’è anche una globalizzazione della solidarietà. Come la solidarietà dei medici italiani che, per sei mesi all’anno, si succedono all’ospedale “Santa Maria”. È una solidarietà che ha intrecciato una catena di piccoli miracoli. UN LAVORO AMMIREVOLE p. ALFONSO OPRANDI, sx Insieme ai compianti p. Italo Gaudenzi e fr. Giuseppe Masolo, p. Oprandi è stato uno degli iniziatori dell’attività dei medici italiani in Bangladesh. Recentemente, accompagnando l’abate di Praglia in visita a p. Carlo Rubini, a Khulna ha incontrato l’equipe medica. Ci descrive qualche “bozzetto” della sua rapida visita. Scrivo dalla casa dei saveriani a Khulna. Ieri, alla prima uscita con l’abate, siamo stati a pranzo dalla famiglia nel cui pukur (laghetto) era caduta la signora Milvia (la scrittrice dei due racconti in questa pagina), nella sua ultima visita in Bangladesh. Abbiamo perciò rievocato il famoso evento! Questa mattina è arrivato p. Gabriele Spiga, che da tanti anni si dedica al recupero degli handicappati nel suo centro “Casa della speranza”, non lontano da Satkhira. Sembra che l’abbia mandato il cielo apposta, per aggiustare la mia valigiona. Si era rotta la chiave dentro e p. Gabriele ha riparato il guasto: ha tirato fuori il pezzo e ha fatto due chiavi nuove. Nel pomeriggio sono andato all’ospedale “Santa Maria”, dove sono al lavoro i nostri medici italiani: l’equipe chirurgica del dott. Casiraghi e altri quattro dell’equipe ortopedica del prof. Rinaldi. Un ortopedico e tre fisioterapisti stanno seguendo tutti i pazienti operati tra novembre e dicembre dello scorso anno. Al centro d’assistenza dei malati sta andando avanti un lavoro che nessuno può immaginare se non vede con i propri occhi. È davvero una grande soddisfazione. Tra pazienti e accompagnatori, vi sono alloggiate oltre centotrenta persone. Domani saranno a cena con noi saveriani tutti gli operatori sanitari dell’equipe. Sono persone davvero eccezionali: si sacrificano molto per raggiungere l’obiettivo di operare quanti più malati possibile e di fare un buon lavoro. Il dott. Casiraghi mi ha detto che quando vanno per strada, tutti li riconoscono e sono loro riconoscenti. È da tanti anni che svolgono questo ammirevole lavoro. Termino qui, perché attorno a me ci sono tante zanzare che non mi lasciano in pace... 4 2008 GIUGNO La gioia di dare è davvero grande Molti medici e infermieri, venendo in Bangladesh, prendono l’occasione per incontrare anche gli amici zingari di don Renato Rosso, missionario fidei donum di Alba, conosciuto come “il prete degli zingari” in Bangladesh e India. Da un po’ di tempo, tutti questi volontari italiani si forniscono da loro di perle, per farne dono agli amici. Ma il risvolto più interessante di questa vicenda è nelle “perle” che questo servizio medico è riuscito a far nascere, come per incanto, nel mare di dolore e di abbandono in cui vivono tante persone che non possono permettersi le cure mediche più ordinarie. Questo scambio di doni che si è realizzato attraverso la presenza di chirurghi, fisioterapisti e infermiere provenienti da varie parti d’Italia. Anche questa è diventata un’altra bella prova a favore della missione. “C’è più gioia nel dare che nel ricevere”: è un detto di Gesù, che potrebbe onorevolmente trovare posto anche nei nostri ospedali italiani, per suscitare la fantasia della carità, proprio là dove c’è il rischio che una vocazione così alta diventi solo un altro mestiere che garantisce un buon salario. ■ ALL’ESTERNO I MEDICI ITALIANI OPERANO... MIRACOLI! a cura di p. MARCELLO STORGATO, sx abbiamo insistito nel proporre esperienze e riflessioni sulla Parola di Dio, in varie circostanze e da varie Q uest’anno nazioni, perché non esiste vera missione senza l’annuncio della “Buona Notizia”. Il vangelo di Cristo è il miglior dono che Dio ha fatto all’umanità, e di cui l’umanità ha più bisogno. Tutti i cristiani sentono il dovere di dare gratuitamente quello che gratuitamente hanno ricevuto. Anche queste due pagine sono interamente dedicate alla “Buona Notizia”: al vangelo della sanità. Gesù passava nei villaggi della Palestina facendo bene a tutti, curando i malati e sanandoli da ogni infermità... Nella lunga storia dell’evangelizzazione, sull’esempio di Cristo, i missionari e le missionarie hanno sempre privilegiato l’assistenza ai malati. Il beato Conforti ha voluto che i saveriani avessero l’opportunità di prepararsi adeguatamente anche a questo servizio, con corsi adeguati organizzati in collaborazione con i medici di Parma. Tanti si sono distinti come medici, chirurghi e infermieri. La raccolta e selezione dei medicinali è ancora nella memoria di molti. Ai nostri giorni anche questa “missione sanitaria” si è arricchita di nuove opportunità. I missionari continuano in vari modi la loro opera di assistenza ai malati, ma hanno sollecitato e incoraggiato la collaborazione di tante persone - uomini e donne che servono i malati con professionalità. In queste pagine riportiamo il bell’esempio di collaborazione tra saveriani e medici volontari, che si protrae da circa vent’anni in Bangladesh. Una scintilla nell’Azienda Ospedaliera di Parma ha sprigionato il fuoco della carità sanitaria. Ne beneficiano tanti poveri malati del Bangladesh. E forse più ancora i medici italiani. È una pagina di vangelo nel ■ mondo di oggi. foto archivio MS / A. Bonifacio La COLLABORAZIONE UN ANGOLO DI CIELO Collaborazione tra saveriani e medici p. CARLOS GONZÁLEZ, sx ultimi tre anni ho avuto l’opportunità di collaborare N egli nell’ospedale “Santa Maria”, nella città di Khulna, in- sieme a p. Agustin Albor, che ne è l’incaricato responsabile. Questa è infatti un’attività a carico dei saveriani. Collaborano anche p. Giovanni Abbiati e altri, che aiutano per il trasporto dei malati e la manutenzione della strumentazione ospedaliera. Fanno anche da interpreti, un ruolo molto importante per la comunicazione tra pazienti del luogo e medici italiani. A Dhaka, la capitale del Bangladesh, p. Alfio Coni tiene le fila dell’organizzazione con i medici in Italia e per la parte burocratica con gli uffici governativi: traduce i documenti, chiede i dovuti permessi e l’iscrizione all’albo dei medici, mantiene i contatti con l’ambasciata italiana, riceve i medici all’aeroporto... La compassione per i malati Il contatto con i malati è davvero una grande ricchezza, che apre il cuore per compatire le pene e le sofferenze, per sostenere le speranze dei pazienti, che provengono da tutte le parti del paese, senza distinguere religione o classe sociale. Ma il nostro obiettivo sono i più poveri e tra questi, i bambini e le donne, che sono sempre gli ultimi nella scala dei valori della società: non contano. Valgono come lo zero dopo il punto. Si può dire che anche per noi missionari il servizio sociale sul piano della sanità è una grande via per entrare in dialogo con i fratelli e le sorelle che, come noi, vivono la loro fede nel Creatore, anche se chiamiamo lo stesso Dio con nomi diversi. ALL’INTERNO ma, Cagliari, Sassari... Ci sono state anche visite singole a altri paesi come la Gran Bretagna e gli Usa. Molte operazioni sono di chirurgia plastica, specialmente ai bambini che hanno il labbro leporino o che hanno subito traumi per bruciature, o anche a chi ha gli arti atrofizzati (traumatologia) o chi soffre per difetti congeniti agli organi genitali. “Un lavoro che ci riempie di gioia” L’attività inizia a settembre e termina a fine marzo, un periodo in cui le temperature sono più sopportabili. Il clima tra i malati e l’equipe dei medici e il personale infermieristico è talmente buono da avere una caratteristica familiare. Un giorno un anziano musulmano mi ha detto: “Non so cosa c’è in questo ospedale, ma mio nipotino qui è molto contento. Nonostante l’operazione, non si lamenta; i medici gli fanno carezze e giocano con lui; tutti voi ci trattate con rispetto e affetto. Questo sembra un angolo di cielo!”. In questo modo, attraverso queste esperienze che noi tutti stiamo facendo e di cui ci arricchiamo, mi convinco sempre più della varietà di emozioni e sentimenti della maggioranza dei medici e delle infermiere che contribuiscono a questa attività. A volte sono talmente emozionati che si esprimono così: “Il lavoro con la gente bengalese ci riempie di pace e di gioia. Ci basta vedere il volto sereno e sorridente dei pazienti per sentirci ricompensati per quello che abbiamo fatto. Questa pace e gioia noi la portiamo dove ci chiedono di andare, ma sempre ci resta l’inquietudine e la speranza di tornare ad essere utili anche il prossimo anno”. Sono molto contento per questa esperienza fatta nell’ospedale in questi ultimi tre anni. Mi auguro che si realizzino le speranze di tante persone che meritano di godere un po’ d’affetto e... un angolo di cielo! ■ Dottori da tutte le parti d’Italia Ogni anno arrivano nella città di Khulna medici di diverse specializzazioni che, nel periodo delle loro ferie, vengono a offrire il loro servizio nel nostro ospedale. Provengono, si può dire, da tutte le parti d’Italia. Innanzitutto da Parma (Ortopedia e Pediatria); qui la collaborazione tra l’università di Medicina e l’istituto Saveriano è iniziata con mons. Conforti e si è consolidata negli anni. Poi c’è Milano (Niguarda e Centro Oncologico Europeo), Genova (Gaslini), Como e Bologna (Maxillo facciali), Cantù, Bergamo, Pavia, Sondrio, RoTra un gesso e un intervento c’è anche il tempo di di giocare e sorridere (le tre fotografie in pagina sono di F. Saracino, che ringraziamo) IN SALA OPERATORIA UNA PAGINA DI VANGELO Un clima inconsueto all’ospedale MILVIA O. FUMAGALLI mi capita di vedere con gli occhi dell’imG eneralmente maginazione quello che leggo. Durante il mio soggior- no in Bangladesh invece mi è successo il contrario: una realtà ben precisa mi ha richiamato, rendendole attuali e vive, alcune pagine del vangelo in cui Gesù è riconosciuto e ricercato come il Medico, il Guaritore, il Salvatore dell’uomo. È successo a Khulna quando ho visitato l’ospedale “Santa Maria”, dove da tanti anni si avvicendano equipe chirurgiche italiane per operare soprattutto bambini e adolescenti, affetti da devastanti malformazioni, congenite o acquisite, che impediscono loro una decente qualità di vita. Come un alveare affollato Appena varcata la soglia del cancello verde, che preclude la vista dell’interno a chi passa per la via, si apre come un’oasi, abbastanza inconsueta nel contesto di un ospedale. Un grande spiazzo davanti al bianco edificio, con aiuole di fiori variopinti, panchine e soprattutto il brulicare di un alveare: uomini, donne e bambini, in piedi o seduti in paziente attesa; medici, suore e infermiere indaffarati fra barelle, carrozzine e lettucci, dentro e fuori dalla sala operatoria e dalle sale di degenza; pazienti sdraiati o seduti al sole; bambini, in attesa di intervento o convalescenti, distratti dal gioco… C’è anche un artigiano che, con attrezzi rudimentali, adatta e prepara supporti e scarpe ortopediche, rendendosi utile agli altri e guadagnando qualcosa per sbarcare il lunario. All’ora dei pasti la scena si anima ulteriormente: intorno al carrello del cibo si stringe una piccola folla, che sciama poi con il piatto colmo, sistemandosi a gruppi, sulle panchine e i muretti, in cerchio sulle stuoie… Se le mamme o le nonne accudiscono i propri bimbi, chi tra i malati è in grado di farlo, aiuta gli altri. Mi viene naturale una trasposizione: in uno spiazzo erboso della Palestina, folle attirate da Gesù che prometteva una vita nuova, hanno condiviso il pane moltiplicato dal suo amore; in Bangladesh una folla, attirata dalla notizia di una possibile guarigione, condivide il cibo procurato La riabilitazione è meno pesante se da una catena come fisioterapista... c’è la mamma! di solidarietà. Disponibilità e umanità gratuita Entrando nelle sale di degenza, mi accostavo ai pazienti con un po’ di disagio: mi sembrava di invadere la loro privacy. Invece ho notato che tutti gradivano la mia attenzione e, non intendendoci a parole, me lo dicevano con il sorriso. In chirurghi, anestesisti e infermiere ho trovato tanta disponibilità e umanità nello svolgere il loro lavoro massacrante, sia per l’impegno (fino a dieci ore al giorno in sala operatoria, oltre all’attività ambulatoriale e terapia del dolore la sera e nella notte), sia per il clima caldo e umido. Prestano la loro opera gratuitamente a scapito di ferie. Alcuni ripetono questo servizio, ogni anno senza eccezione, da quando hanno iniziato. In questo modo, non solo sentono di poter dare qualcosa, ma sperimentano anche di ricevere tanto. L’iniziativa, nata dal coraggio e dall’impegno di pochi, anno dopo anno, si è sviluppata come il granello di senapa dal quale nasce una grande pianta e ora - senza pubblicità, se non quella fornita dal tam tam e dal passaparola di chi ne ha beneficiato - è divenuta un punto di riferimento al quale accorrono da tutto il Bangladesh. La calca che, all’arrivo dei dottori, si ammassa all’ingresso e tenta di varcare il cancello, rimanda a chi tra la folla cercava di arrivare a Gesù, per essere da lui toccato e sanato. ■ Anche il Signore era contento MILVIA O. FUMAGALLI il soggiorno a Khulna, ho vissuto un’esperienza D urante davvero inaspettata: mi è stata offerta la possibilità di assistere a un intervento chirurgico. Ho accettato senza esitazione. Indossati zoccoli, camice, cuffia e mascherina, sono entrata in sala operatoria. Erano le 11 di martedì 24 gennaio. Doveva iniziare una operazione impegnativa su una giovane donna che, a causa di un trauma da parto naturale, aveva subito la distruzione di uretra e vagina. Il coraggio di chi ci crede Mi è stato indicato dove stare, per seguire lo svolgimento dell’intervento senza intralciare il lavoro. Dal mio posto di osservazione, mi sono guardata attorno: la sala operatoria mi sembrava bene attrezzata. Mi era stato raccontato come si erano svolte le operazioni, i primi anni: mancava quasi tutto, tranne il coraggio di chi, credendo in ciò che faceva, iniziò stringendo i denti, superando difficoltà, vincendo stanchezze e fatiche. I pionieri di Parma hanno parlato e coinvolto altri. La loro testimonianza è stata portata tra colleghi, familiari e amici, anche con congressi, conferenze, mostre e cene; ha fatto conoscere, apprezzare e sostenere l’iniziativa in vari ambiti. Ora ogni anno partono a turno equipe di specialisti volontari, occupando l’arco di sei mesi. Se il servizio sul campo è il più importante e impegnativo, non va comunque taciuta tutta la collaborazione di chi, rimanendo a casa, si dà da fare per favorire la riuscita delle “spedizioni”: i familiari che lasciano partire i loro congiunti, i dirigenti che concedono i permessi, i colleghi che non pongono ostacoli, e tutti coloro che offrono denaro, attrezzature, medicinali, giocattoli… C’è un grande coinvolgimento. È come un sassolino gettato nell’acqua, che crea onde concentriche: a poco a poco si viene a creare un’attenzione, una mentalità nuova nelle persone. Anche questo è un aspetto molto importante: è animazione, educazione alla mondialità, missione. Così, pensavo, è la dinamica di ogni nostro gesto e parola: anche se in modo inconsapevole, provoca sempre un’eco positiva o negativa su quelli che ci circondano... Dalle 11 del mattino alle 8 di sera Inseguendo questi pensieri, osservavo i passaggi operatori, le segnalazioni acustiche e luminose dei monitor… L’intervento si è protratto fino a sera: alle 20, una dottoressa ultimava la sutura più superficiale, mentre i due chirurghi, stanchi ma soddisfatti, lasciavano la sala operatoria, gli anestesisti provvedevano al risveglio della paziente e una delle strumentiste cominciava a riordinare. Quando sono entrata al mattino, avevo intenzione di fermarmi solo un poco; invece non sono riuscita a staccarmi da quello che si stava svolgendo, coinvolta in quell’atmosfera concentrata e in quel silenzio operoso, rotto solo da poche essenziali parole. Lasciando la sala operatoria, ero contenta che alcuni, con professionalità e abnegazione, avessero posto le premesse per diminuire la sofferenza e il dolore nel mondo, a cui tornavo. Anche il Signore non poteva che essere contento. ■ I NUMERI assistenza ai malati “Santa Maria” - Khulna p. ALFIO CONI, sx In questo prospetto generale, che va dal 1991 fino al 2008, troviamo il numero e la consistenza delle equipe, la quantità di operazioni e visite compiute complessivamente ogni anno. I periodi di lavoro vanno da settembre a marzo nei settori di chirurgia pediatrica, ortopedica, ginecologica e maxillo facciale. Anno 1991 1993 1994 1995 1996 1997 1998 1999 2000 2001 2002 2003 2004 2005 2006 2007 2008 Totali Equipe e membri uno 5 membri due 17 membri due 8 membri due 19 membri due 24 membri cinque 46 membri quattro 34 membri quattro 44 membri quattro 43 membri quattro 43 membri quattro 49 membri quattro 46 membri cinque 52 membri quattro 45 membri cinque 61 membri sei 62 membri tre 37 membri 64 equipe - 635 membri Interventi 60 191 198 160 216 217 293 352 401 399 334 577 772 445 750 902 429 6.596 Visite 100 150 243 250 279 611 785 1.040 1.438 2.221 2.578 3.389 5.319 2.041 3.991 4.459 3.980 32.874 Notiamo la vastità del bene compiuto: nel 1991, i 5 membri di un’equipe hanno visitato 100 pazienti e fatto 60 interventi; nel 2007, 62 medici in 6 equipe hanno visitato 4.459 pazienti e compiuto 902 interventi. 5 2008 GIUGNO il mon d o in ca sa SUD/NORD NOTIZIE La natura ci sconvolge Solidarietà ai due popoli pagina a cura di DIEGO PIOVANI potrebbero essere più di 2 milioni. Dopo un periodo in cui il governo non ha autorizzato voli umanitari e l’arrivo di operatori stranieri, le autorità birmane hanno accettato una conferenza dei Paesi donatori del sud-est asiatico, per indirizzare al meglio gli aiuti. Più che lo Stato abbiamo visto i “monaci” soccorrere per primi; i monasteri sono ancora pieni di sfollati senza tetto. ■ ● Cina: terremoto sca- la 8! Anche “Missionari Saveriani” esprime solidarietà al popolo cinese e al popolo birmano, dopo le calamità naturali che hanno devastato le due nazioni asiatiche. In Cina, il bilancio ufficiale dopo il terremoto del 12 maggio parla di oltre 70mila morti. La comunità cattolica cinese è in prima Un uomo ancora vivo tra le macerie del terremoto in Cina linea fin dall’inizio delPrezzi impazziti la tragedia e ora intensifica il suo sione sono state affidate alla Maimpegno spirituale e materiale donna le vittime del terremoto e ● Rivolte contro il carovita. Si stanno allargando a macchia di insieme alle altre confessioni re- i loro familiari. leopardo in tutto il mondo le riligiose e a tanti cinesi che sono ● Birmania: ciclone “Nargis”. volte contro il rialzo dei prezaccorsi come volontari. Il 24 maggio è stata celebra- Non è ancora possibile avere un zi. Il primo ministro britannita una giornata di preghiera per bilancio definitivo delle vittime co Brown, ha esortato i Paela chiesa in Cina. Quel giorno si del ciclone “Nargis”. Si parla di si industrializzati a promuovefa memoria della Beata Vergine quasi 140mila tra morti e disper- re un’azione coordinata per ferMaria, venerata con grande de- si. Non si conosce nemmeno il mare l’inflazione globale. La vozione nel santuario mariano di numero degli sfollati e delle per- questione sarà tra le priorità del She-shan a Shangai. Nell’occa- sone colpite che, secondo l’Onu, prossimo G8 di luglio, in pro- MISSIONI NOTIZIE Ingiustizia è fatta! ● Suor Dorothy: i dubbi crescono. A Belém, è stato assolto Moura, il latifondista già condannato in un primo processo a 30 anni di carcere come mandante dell’omicidio di suor Dorothy Stang, avvenuto il 12 febbraio 2005. “È troppo facile condannare il sicario, un uomo povero, e assolvere il latifondista, che ha molto più potere” ha detto la presidente del “Comitato Dorothy Stang” Virginia Moraes. Per una singolare coincidenza, la sentenza è giunta nelle stesse ore in cui tre vescovi e un sacerdote, minacciati di morte nel Pará, denunciavano alla ‘Commissione per l’Amazzonia’ della Camera dei deputati di Brasilia l’esistenza di “un consorzio del crimine” nello stato amazzonico. “Chi prende posizione a favore degli esclusi in Amazzonia, diventa automaticamente nemico dei “fazendeiros”, dei mercanti di legname o dei cercatori di diamanti… Dorothy Stang è stata uccisa perché credeva in un sogno diverso per l’Amazzonia, perché difendeva i progetti di sviluppo sostenibile e lottava per l’insediamento dei semplici coloni che avevano bisogno di coltivare e di vivere”. I vescovi del Brasile, preoccupati per la sentenza d’assoluzione, hanno espresso solidarietà alla comunità di Anapu che continua la missione di suor Dorothy. ● Yemen: terrorista chi si converte. Convertirsi dall’islam al cristianesimo in Yemen è pericoloso. La fede cristiana è considerata addirittura “terrorismo”. 6 Secondo un convertito, i cristiani sarebbero 2.500: “S’incontrano una volta alla settimana nella casa di un fedele straniero della capitale; ci sono dei giovani che diffondono il vangelo, ma lo fanno di nascosto perché la polizia non lo permette”. Il rischio per i convertiti è la pena di morte. ■ Diaologo è vita Egitto: sentenza storica. Dodici cittadini di religione cristiana copta, già forzatamente convertiti all’islam e infine tornati alla fede di origine, potranno vedere quest’ultima riportata nei loro documenti. È l’esito di una sentenza “storica” del tribunale del Cairo, una vittoria della libertà religiosa in Egitto, dove è obbligatorio che la carta d’identità specifichi la religione d’appartenenza. ● ● Bangladesh: incontro inatteso. Il 18 aprile, 40 musulmani e 40 cristiani si sono incontrati all’università di Dhaka per parlare della lettera aperta che 138 esperti musulmani hanno scritto al Papa e della sua risposta. Nella giornata di studio, i relatori si sono confrontati sul tema “Amare Dio e amare il prossimo”, sottolineando come i due atteggiamenti siano presenti in entrambe le religioni. Hanno constatato l’importanza di incoraggiare una migliore conoscenza fra musulmani e cristiani a tutti i livelli. Il dialogo va trasformato in azioni concrete: coinvolgimento dei giovani, servizi verso i più vulnerabili della società, inserimento nei testi scolastici di capitoli sulle maggiori religioni del Paese per Invitiamo i lettori, dotati di computer e internet, a consultare la MISNA (Agenzia missionaria di informazione mondiale) per allargare la mente al mondo intero: www.misna.org Visitate anche il nostro sito www.saverianibs.it nel quale potete leggere tutte le notizie, le testimonianze e le proposte del nostro mensile, comprese le edizioni locali e la versione in formato pdf. permettere ai bambini di acquisire una conoscenza almeno di base. Solo così, si potrà evitare la manipolazione delle religioni a fini politici che spesso sfocia nella violenza. EMI: arriva p. Munari. L’editrice missionaria italiana (EMI) ha cambiato direttore. Dopo molti anni di arduo lavoro, è andato “in pensione” p. Ottavio Raimondo. Al suo posto è arrivato p. Giovanni Munari, anch’egli comboniano. Padre Raimondo così scrive nel suo ultimo editoriale: “Per me, che l’ho accompagnata nella sua nascita e poi per ben 21 dei suoi 35 anni di vita, l’EMI è stata ed è l’espressione chiara e ben definita della missione affidata da Cristo ai suoi discepoli. Il dialogo è la ricchezza e la forza che ci ha motivato in questi anni”. La redazione di “Missionari Saveriani” ringrazia p. Ottavio per il lavoro svolto e dà il “benvenuto” a p. Giovanni. ■ ● Una storia speciale Tra gli straccivendoli del Cairo. Secondo una rivista francese, per due anni la donna preferita dai transalpini è stata la suora novantanovenne Emmanuelle, al secolo Madelaine Cinquin. Suor Emmanuelle ha trascorso 22 anni tra gli straccivendoli del Cairo. Ora è in Francia, ma la sua opera continua grazie a suor Sara, ortodossa egiziana, che racconta: “La prima volta che ho incontrato suor Emmanuelle mi ha portata nel quartiere dove aveva iniziato un lavoro ● gramma a Tokyo. È difficile credere che in un mese la crescita demografica e la domanda di cibo abbiano portato al rapido rialzo dei prezzi. La speculazione finanziaria respinge ogni regola e le politiche sembrano incapaci di dettare regole. “Se la crisi attuale non è affrontata in modo adeguato può scatenare altre crisi che colpiranno la crescita economica, il progresso sociale e anche la sicurezza politica del pianeta”, ha detto il segretario generale dell’Onu, Ban Ki-moon. ● Kenya: rivoluzione “verde”. Per facilitare la ripresa e lo sviluppo dell’agricoltura, in crisi per l’aumento dei prezzi e le violenze post-elettorali che hanno messo in fuga migliaia di contadini, il governo e alcuni enti di sostegno allo sviluppo in Africa hanno proposto un programma di credito e sussidi nel settore agricolo (oltre 34 milioni di euro). Il programma offre prestiti fino a mille euro per l’acquisto di semi, fertilizzanti e strumenti agricoli da restituire con un tasso del 10% annuo. Durante le violenze post-elettorali erano stati distrutti quasi 4 milioni di sacchi di mais. ■ Nuovi mercati ● India: conquista dell'Africa. La competizione è ormai lanciata. Il continente africano è diventato la “terra di bengodi” per i due colossi asiatici. Mentre la Cina cerca di instaurare scambi commerciali di ogni tipo con più stati, l’India punta a sfruttare legami che vanno oltre l’economia e che sono radicati nella storia. Per il 2010, anno dei mondiali di calcio in Sudafrica, è stato siglato un accordo di commercio preferenziale che prevede investimenti indiani, soprattutto per quanto riguarda le infrastrutture. Per l’India queste opportunità arrivano nel momento in cui la sua economia sta vivendo un boom che necessita di sbocchi e mercati inesplorati. L’apporto indiano alla tecnologia informatica e alla produzione di farmaci generici a basso costo attrae i Paesi che tentano di modernizzare la propria economia. L’India sta sviluppando progetti di cooperazione allo sviluppo insieme a istituzioni africane che si occupano di istruzione e sanità. Le aree d’intervento si trovano in zone remote molto povere. I piani hanno avuto anche il consenso dell’Onu. ■ PREGHIERA PER LA CINA ALLA VERGINE DI SHE-SHAN BENEDETTO XVI Vergine Santa di She-Shan, verso cui guarda con devoto affetto l’intera Chiesa che è in Cina, veniamo oggi davanti a te per implorare la tua protezione. Volgi il tuo sguardo al Popolo di Dio e guidalo con sollecitudine materna sulle strade della verità e dell’amore, affinché sia in ogni circostanza fermento di armoniosa convivenza tra tutti i cittadini. Con il docile “sì” pronunciato a Nazaret tu consentisti all’eterno Figlio di Dio di prendere carne nel tuo seno verginale e di avviare così nella storia l’opera della Redenzione, alla quale cooperasti poi con solerte dedizione, accettando che la spada del dolore trafiggesse la tua anima, fino all’ora suprema della Croce, quando sul Calvario restasti ritta accanto a tuo Figlio che moriva perché l’uomo vivesse. Da allora tu divenisti, in maniera nuova, Madre di tutti coloro che accolgono nella fede il tuo Figlio Gesù e accettano di seguirlo prendendo la sua Croce sulle spalle. Madre della speranza, dona ai tuoi figli la capacità di discernere in ogni situazione, fosse pur la più buia, i segni della presenza amorosa di Dio. Nostra Signora di She-Shan, sostieni l’impegno di quanti in Cina continuano a credere, a sperare, ad amare, affinché mai temano di parlare di Gesù al mondo e del mondo a Gesù. Nella statua che sovrasta il Santuario tu sorreggi in alto tuo Figlio, presentandolo al mondo con le braccia spalancate in gesto d’amore. Aiuta i cattolici ad essere sempre testimoni credibili di questo amore. Madre della Cina e dell’Asia, prega per noi ora e sempre. Amen! che solo una santa come lei poteva scegliere. Piansi per tre giorni vedendo la gente che viveva come mai avrei immaginato: donne scheletrite, bambini seminudi Olio su tela di Christian Puliac e gli uomini in cerca di rifiuti. Da allora restammo insieme 18 anni, impegnate giorno e notte a cercare cibo e medicine, a sedare liti e rivolte. Vivevamo nella stessa capanna, uguale a quella degli straccivendoli. I ritmi di suor Emmanuelle erano ininterrotti, serrati; ci si fermava solo per la preghiera, l’incontro con Dio ci dava conforto”. Nel 1993 suor Emmanuelle è rientrata in Francia, ma suor Sara, insieme ad altre 35 consorelle, ha raccolto la sua eredità. “Suor Emmanuelle è una seconda Madre Teresa, la sua opera non morirà”, ha detto suor Sara. ■ 2008 GIUGNO DIA L O G O E SO LIDARIETÀ lettere al direttore I MISSIONARI SCRIVONO p. Marcello Storgato MISSIONARI SAVERIANI Via Piamarta 9 - 25121 Brescia E-Mail: [email protected] Pagina web: saveriani.bs.it/missionari_giornale Un salernitano nel paese dei coyote, in Messico PROVOCHIAMO “IMMONDIZIA”? Cari amici, per legge, devo pubblicare “il bilancio di esercizio” dell’anno 2007, riguardante la nostra cooperativa CSAM con le sue varie attività. Qui accanto, lascio lo spazio ai missionari che scrivono, per informare sulle loro attività e per ringraziare della vostra solidarietà. Alcuni giorni fa, un frate parroco nel Trentino mi ha scritto per E-mail queste poche parole: “Cancellate il mio indirizzo dal vostro giornale. Non è richiesto, nessuno lo legge, viene buttato, provoca immondizia (sic!), e crea disturbo a chi deve buttarlo. Il parroco Frangy”. Evidentemente, ho risposto al reverendo “Frangy” (fra Angelo) che avrei subito cancellato il suo indirizzo, ma assicurandogli che, pur nel rispetto della sua libertà di espressione, la sua opinione non rispondeva alla realtà. Ringrazio ciascuno e tutti, cari amici, per l’affetto e la costanza con cui ci seguite e leggete. p. Marcello, sx IL BILANCIO C.S.A.M. R.I. 50127 - Bilancio d’esercizio al 31.12.2007 in forma abbr. ex art. 2435 bis C.C. Stato Patrimoniale ATTIVO 31.12.2007 31.12.2006 I. non richiamati 0 0 II. richiamati 0 0 33.167 33.167 24.887 22.129 A) CREDITI V/SOCI PER VERSAMENTI ANCORA DOVUTI: TOTALE A) B) IMMOBILIZZAZIONI: I. immobilizzazioni immateriali meno fondi di ammortamento immobilizzazioni immateriali nette II. immobilizzazioni materiali meno fondi di ammortamento immobilizzazioni materiali nette III. immobilizzazioni finanziarie 8.280 11.038 777.843 738.205 715.788 689.112 62.054 49.093 5.165 5.165 75.499 65.296 I. rimanenze 431.696 373.298 II. crediti 464.447 434.389 IV. disponibilità liquide 174.313 243.876 1.070.456 1.051.563 TOTALE B) C) ATTIVO CIRCOLANTE: TOTALE C) D) RATEI E RISCONTI ATTIVI TOTALE PATRIMONIALE ATTIVO PASSIVO 1.275 1.162 1.147.231 1.118.021 31.12.2007 31.12.2006 A) PATRIMONIO NETTO: 300 300 IV. riserva legale I. capitale sociale 482.730 449.966 IX: utile (perdita) dell’esercizio (15.704) 33.776 467.325 484.042 TOTALE A) B) FONDI PER RISCHI ED ONERI 80.275 58.690 C) TFR RAPPORTO LAVORO SUBORDINATO 108.563 90.561 D) DEBITI 479.640 475.354 47.595 197.595 di cui esigibili oltre l’esercizio successivo E) RATEI E RISCONTI PASSIVI TOTALE PATRIMONIALE PASSIVO Conto Economico 11.428 9.374 1.147.231 1.118.021 31.12.2007 31.12.2006 1.259.014 1.342.518 58.398 0 0 0 A) VALORE DELLA PRODUZIONE: 1. RICAVI DELLE VENDITE E DELLE PRESTAZIONI 2. VARIAZ. RIM. PRODOTTI IN CORSO DI LAV., SEMIL., FINITI 3. VARIAZIONE DEI LAVORI IN CORSO SU ORDINAZIONE 4. INCREMENTI DI IMMOBILIZZAZIONI PER LAVORI INTERNI 0 0 198.430 263.722 0 0 1.515.842 1.606.240 6. PER MATERIE PRIME, SUSSIDIARIE, CONSUMO, MERCI 449.498 428.147 7. PER SERVIZI 643.764 624.586 9. PER IL PERSONALE 318.813 382.726 247.201 310.260 9b) oneri sociali 51.545 50.130 9c) trattamento di fine rapporto 18.002 16.365 2.064 5.971 29.437 33.932 5. ALTRI RICAVI E PROVENTI di cui contributi in c/esercizio TOTALE A) B) COSTI DELLA PRODUZIONE: 9a) stipendi 9e) altri costi 10. AMMORTAMENTI E SVALUTAZIONI 10a) ammortamento immobilizz. immateriali 10b) ammortamento immobilizz. materiali 6.393 5.527 23.044 28.406 11. VARIAZ. RIMAN. MAT. PRIME, SUSS., CONSUMO E MERCI 12. ACCANTONAMENTI PER RISCHI 14. ONERI DIVERSI DI GESTIONE TOTALE B) DIFFERENZA TRA VALORE E COSTI DELLA PRODUZIONE (A-B) 28.724 0 25.567 45.713 2.448 1.487.225 1.526.131 28.618 80.109 2.756 952 C) PROVENTI E ONERI FINANZIARI: 16. ALTRI PROVENTI FINANZIARI 16d) proventi finanziari diversi dai precedenti 2.756 952 17. INTERESSI PASSIVI E ALTRI ONERI FINANZIARI 2.472 2.576 283 (1.624) 20. PROVENTI 19.498 1.182 21. ONERI 23.396 2.777 TOTALE E) (20-21) (3.898) -1595 RISULTATO PRIMA DELLE IMPOSTE (A-B+/-C+/-D+/-E) 25.003 76.890 22. IMPOSTE SUL REDDITO DELL’ESERCIZIO 40.707 43.114 23. RISULTATO DELL’ESERCIZIO -15.704 33.776 23. UTILE (PERDITA) DELL’ESERCIZIO -15.704 33.776 TOTALE C) (16-17) E) PROVENTI ED ONERI STRAORDINARI: Finalmente riesco a scrivere qualcosa per voi. Il ritardo non è dovuto a scarsa volontà, ma non ho facile accesso a internet e quando vado in città non sempre ho tempo per connettermi... Da luglio scorso sono a Acoyotla, una missione saveriana in Messico. Il nome significa “Luogo del Coyote”: che è una pianta e anche un animale. Vi assicuro che quando i coyote vengono in paese sono davvero tanti e oltre a mangiare le gallinelle fanno abbastanza casino. La gente dice che il coyote ha uno sguardo ipnotico e attrae a sé le povere galline..., e guai a dire che non è vero! Una curiosità: anche gli straneri sono chiamati “coyotes”; chissà perché, ma credo sia chiaro. Ad Acoyotla noi saveriani seguiamo la parrocchia, che è composta da 17 ranchos o comunità, alcune piccole e altre più grandi. Hanno nomi strani, legati alle caratteristiche del luogo: Amatitla, Chantasco, El Barco, Pueblo Nuevo, Texopich, Xalcuatla... Sono con p. Angelo Milan e il congolese p. Willy Nkumbo. Io sono l’economo della comunità e della parrocchia e ho l’incaricato della catechesi. Sto approfondendo la cultura messicana in generale e soprattutto la cultura Nahuatl, che spero di conoscere sempre meglio, perché è la cultura della gente tra cui vivo. Saluto tutti, augurando ogni bene. p. Alfonso Apicella, sx - Messico Una torta di 10 metri a Belém, in Amazzonia Per la prima volta la nostra parrocchia di san Francesco Saverio ha ospitato, nel nuovo centro pastorale da poco inaugurato, i sacerdoti e i diaconi della diocesi di Belém, per una giornata di riflessione e di spiritualità, guidata dall’arcivescovo mons. Orani. Tutti sono rimasti ammirati e felici per l’accoglienza simpatica e allegra. Così io cerco di usare tutte le occasioni per far conoscere meglio la nostra identità missionaria e il nostro fondatore beato Conforti. Ho celebrato il giubileo alla presenza dell’arcivescovo mons. Orani il 13 aprile, la domenica del Buon Pastore. Oltre alla Messa solenne, ho fatto preparare un dolce di 10 metri, per averne per tutta la gente che vi ha partecipato. Penso sia stato anche un momento di animazione missionaria saveriana nella città di Belém, dove siamo ancora poco conosciuti. Continuerò l’animazione missionaria per il 50.mo di sacerdozio anche in Italia: l’8 giugno sarò ospite del tempio del Sacro Cuore a Parma; poi, il 13 luglio celebrerò a Cittadella (PD), la mia comunità di origine. Accompagnatemi con la vostra preghiera. p. Marcello Zurlo, sx - Amazzonia Per il tetto sulle scuole, festa a Kitutu (RD Congo) “Fare del mondo una sola famiglia” era il sogno del Conforti, fondatore dei saveriani. Sono con loro dal lontano 1964, quando, lasciata la scuola alberghiera di Torino, bussai alla loro porta. Da allora ho messo la mia vita a servizio di tutti, particolarmente dei più bisognosi. Hanno la precedenza i più poveri e i malati, che non hanno risorse per essere curati: sono nostri fratelli e sorelle, nostri genitori e figli. Poi vengono i bambini e i giovani, che sono la nostra speranza. Nelle nostra missione di Kitutu, gli edifici scolastici sono stati “massacrati” dalle violenti guerre. In questi giorni, grazie ai vostri doni, abbiamo acquistato migliaia di lamiere e viti. Sarà una festa quando i ragazzi delle scuole verranno a prenderle, accompagnati dai loro maestri. Così avranno la loro scuola coperta da un tetto. Voi, cari amici, quando inviate un dono ai missionari, fate un dono a tutti attraverso le nostre povere mani. Un “grazie” a ciascuno. Vi assicuriamo tutta la nostra amicizia e un particolare ricordo per voi e per i vostri defunti nella santa Messa. p. Paolo Maran, sx - Congo solidarietÀ BANGLADESH: LAMPADA SCIALITICA Dal 1992, noi missionari saveriani che lavoriamo in Bangladesh, con l’aiuto di varie équipe specializzate di medici ospedalieri italiani, stiamo gestendo una campagna per le operazioni chirurgiche in favore dei più poveri, che soffrono per deformazioni congenite o acquisite, specialmente bambini e donne. Dal mese di ottobre fino alla fine di marzo, con la pausa nel periodo natalizio, équipe di ortopedici, estetistici (per maxillo facciali e bruciature), pediatri, medici di chirurgia generale e ginecologi vengono in Bangladesh per operare. Nel 2007 ci sono state 778 operazioni chirurgiche, con 71 medici e infermieri italiani che si sono avvicendati nell’ospedale da noi costruito e gestito dalle suore di Maria Bambina, a Khulna. Non è una vacanza, perché operano dal mattino fino alla sera. Molte operazioni sono delicate e richiedono anche varie ore. Offrono una bella e potente testimonianza cristiana. Per la prossima stagione chirurgica, vorremmo procurare una nuova lampada scialitica che costerà circa 9.000 euro. Quella utilizzata fino ad ora è troppo piccola e non funziona bene. Perciò vorremmo cambiarla con una più adeguata. Ringrazio fin d’ora coloro che vorranno sostenerci in questa grande opera di servizio ai poveri pazienti del Bangladesh. p. Mimmo Pietanza, sx piccoli progetti 3/2008 - BANGLADESH Khulna, una lampada scialitica In Bangladesh, ogni anno da ottobre a marzo, equipe di medici si susseguono nell’ospedale di Khulna, per compiere operazioni su malati che altrimenti non avrebbero speranze di miglioramento. Occorre una lampada scialitica più grande e adeguata (euro 9.000). • Responsabile del progetto è il superiore dei saveriani, p. Mimmo Pietanza. • •• 2/2008 - AMAZZONIA Belém, camionetta per i malati In Amazzonia le suore missionarie aiutano i malati più poveri e mendicanti, incoraggiate da p. Gugliotta, saveriano anziano e quasi non vedente. Chiedono un aiuto per acquistare una camionetta per servire meglio, per un costo di 10.000 euro. • Responsabile del progetto è il saveriano p. Francesco Gugliotta (Potenza). Chi desidera partecipare alla realizzazione di questi progetti, può utilizzare l’accluso Conto corrente postale, oppure può inviare l’offerta direttamente al C/c.p. 00204438, intestato a: Procura delle Missioni Saveriane, Viale S. Martino 8 - 43100 PARMA oppure bonifico bancario su C/c 000072443526 CARIPR&PC - Ag. 6, via Farini 71, 43100 Parma IBAN IT86 P062 3012 7060 0007 2443 526 Si prega di specificare l’intenzione e il numero di Progetto sul C/c.p. Grazie. 2008 GIUGNO ALZANO 24022 ALZANO L. BG - Via A. Ponchielli, 4 Tel. 035 513343 - Fax 035 511210 E-mail: [email protected] - C/c. postale 233247 Missionario tra i cristiani Nelle Filippine, formiamo i futuri saveriani saveriani siamo nelle N oiFilippine dalla fine del 1991. Non siamo molti: solo 11 missionari sacerdoti e una quindicina di studenti di teologia, provenienti da varie nazioni, tra cui due filippini. Il Capitolo generale del 1989 aveva deciso di aprire in Asia una comunità internazionale per lo studio della teologia. Così p. Piergiorgio Venturini, p. Vincenzo Salis e p. Jorge Rosales arrivarono a Manila, accolti dal cardinale Sin. Impegnati nella missione Attualmente viviamo in quattro comunità concentrate a Quezon City, una delle aree metropolitane della Grande Manila. Due si dedicano alla formazione: la comunità teologica internazionale e quella del noviziato; la terza è incaricata della parrocchia San Francesco Saverio e la quarta è nella casa della “delegazione” e svolge varie attività. Siamo tutti occupati nei settori tipicamente “nostri”: l’attività di animazione missionaria e vocazionale, la formazione dei nuovi missionari, la collaborazione con la chiesa locale attraverso varie attività pastorali e di promozione umana. Siamo anche impegnati nei settori di giustizia e pace e del dialogo interreligioso, i “nuovi” spazi dell’attività missionaria. Due sfide evangeliche Sono due le sfide che la Provvidenza ci offre per un autentico impegno evangelico e missionario nelle Filippine. Anzitutto riconosciamo e promoviamo il ruolo della chiesa locale, con le sue peculiarità, la L’unione fa la forza L’uragano dello Spirito a Trescore I l titolo descrive quello che è successo dal 13 al 20 aprile nel vicariato di Trescore. Cos’è successo di così importante da pubblicarlo su “Missionari Saveriani”? Sulle 14 parrocchie del vicariato in quella settimana si è abbattuto un “uragano” dello Spirito: un gruppo di 70 persone sono andate in ogni angolo per incontrare le persone che compongono le comunità ecclesiali del vasto territorio. Chi erano? Erano donne e uomini entusiasti delle loro vita di fede e delle loro scelte di vita, felici di condividere con tutti le loro esperienze. La settimana della vocazione Chiariamo il mistero. Il vicariato di Trescore ha vissuto la settimana della vocazione, organizzata dal Centro vocazionale diocesano. Hanno collaborato sacerdoti, missionarie e missionari, religiosi 8 e religiose, laici e laiche consacrate, novizi e novizie, seminaristi e diaconi, coppie di sposi e giovani impegnati nel volontariato. Persone di diversa età ed estrazione sociale, che però hanno in comune una cosa: hanno risposto alla chiamata del Signore. Sono persone che prendendo sul serio il cristianesimo si sono impegnate a seguire Gesù nel servizio alla chiesa e all’umanità. Seguendo la propria vocazione, fanno tutti parte di quel magnifico mosaico che è la chiesa di Cristo. Uno accanto all’altro, collaborando e donando il meglio di sé per il bene di tutti, ognuno dà il proprio contributo alla costruzione del regno di Dio nel mondo. Una settimana di incontri È stata davvero una settimana di grazie: abbiamo incontrato bambini, adolescenti e giovani nelle catechesi settimanali; con i Incontro con i ragazzi all’oratorio di Entratico, durante la settimana della vocazione p. EUGENIO PULCINI, sx sua storia e cultura, il suo modo di vivere, le sue energie e le sue debolezze. Con questa chiesa condividiamo il nostro carisma missionario e cerchiamo di aiutarla a diventare essa stessa una chiesa missionaria tra i popoli, aperta verso l’umanità; una chiesa asiatica impegnata a portare il vangelo in ogni pensiero e in ogni fatica umana, in ogni cuore e in ogni struttura; specialmente tra le moltitudini dei poveri e degli oppressi, nello spirito del vangelo. Inoltre, le Filippine sono l’unica nazione in Asia a maggioranza cristiana, per cui può essere considerata un trampolino di lancio per tutte le nostre missioni in Asia. Ci sono istituti teologici e pastorali di buona qualità che incoraggiano lo studio delle grandi religioni e cultu- p. LEONARDO RAFFAINI, sx catechisti abbiamo sottolineato il loro ruolo come accompagnatori nelle scelte di vita dei ragazzi; negli incontri serali abbiamo parlato con gli adulti sulla loro responsabilità di testimoniare la fede in famiglia e nella società; abbiamo incoraggiato i gruppi missionari che animano le comunità verso la missione universale. Abbiamo anche partecipato alla veglia dei giovani nella chiesa di san Rocco a Cenate Sotto; abbiamo pregato con le suore francescane di clausura a Montello; insieme alle comunità ecclesiali abbiamo celebrato le festose liturgie domenicali. Affidiamo il seme allo Spirito Testimoni di tante vocazioni diverse che lavorano insieme, ognuno con il suo stile e carisma, ma in comunione e armonia, è stato davvero un’opera dello Spirito. Non importava da dove si veniva, l’età che uno aveva, l’esperienza fatta, la strada percorsa... La cosa importante è essere parte di uno stesso progetto, mostrare a tutti che la cosa più bella è seguire Gesù e lasciarci guidare da lui, essere suoi testimoni in mezzo all’umanità di oggi, spesso sbandata e indecisa. Questa settimana è stata per tutti un momento di grazia: per noi che l’abbiamo organizzata e realizzata e per tutte le persone che abbiamo incontrato e sono state coinvolte. Ora lasciamo che lo Spirito, il vero protagonista, faccia crescere il seme gettato. ■ Giovane famiglia filippina che fa parte del progetto di micro finanza “Salva il fratello” re dell’Asia, per scoprire dove in esse possiamo incontrare Dio e annunciare il vangelo di Cristo. Qui i nostri studenti si preparano a diventare apostoli per l’Asia e per il mondo, acquistando gli atteggiamenti necessari a un missionario in qualsiasi situazione si trovi a vivere e lavorare. Il progetto “Salva il fratello” Come saveriani, anche nelle Filippine cerchiamo di essere in quelle zone dove maggiore è il bisogno, formando comunità cristiane nelle quali i programmi vengano scelti basandosi su necessità concrete e in comunione con la chiesa locale. Sitio Militar, un’area emarginata della parrocchia “Nostra Signora del Perpetuo Soccorso”, è una di queste comunità dove alcuni studenti saveriani svolgono attività pastorale insieme ai sacerdoti locali. Da oltre tre anni stiamo portando avanti un progetto di micro finanza con un gruppo di famiglie molto povere. Il progetto si propone di aiutare ad avviare piccole attività che garantiscano una rendita sufficiente a migliorare le condizioni economiche delle famiglie, in modo che possano condurre una vita più decorosa. Si chiama “Sagip kapwa - Salva il fratello” e si basa sui principi cristiani della carità, solidarietà e compassione evangelica. Anche nei suoi aspetti più pratici, il progetto viene portato avanti “alla maniera del vangelo” invece che “alla maniera degli affari”, nel continuo sforzo di aiutare i più poveri della società. Insomma, ■ “aiutati che Dio t’aiuta! (continua nel riquadro) UNA NAZIONE SCONCERTANTE p. E. PULCINI, sx Le Filippine sono un arcipelago con più di 7.000 isole, situate tra il mare della Cina e l’immensità dell’oceano Pacifico. Siamo nel lontano oriente! È un’area benedetta dal Creatore in molti modi. È purtroppo anche una nazione di incredibili contrasti, dove si possono incontrare lusso sfrenato e tecnologie avanzate insieme ad arretratezza, sfruttamento e corruzione endemica. La maggioranza della popolazione vive in precarie condizioni economiche e sociali. Ciò spinge milioni di persone a emigrare, in cerca di fortuna e di sicurezza economica per le proprie famiglie. Più del 10 per cento della popolazione filippina attiva adulta vive e lavora all’estero. Si possono trovare filippini in ben 197 nazioni! Ormai si parla di una vera e propria “cultura della migrazione” che se a livello economico porta alcuni vantaggi alla nazione, a livello sociale determina gravi conseguenze per milioni di famiglie. La stessa Conferenza episcopale filippina (CBCP) ha rilevato che di 15 milioni di famiglie, 8 milioni subiscono le conseguenze di questo gigantesco fenomeno migratorio. P. Eugenio Pulcini, saveriano di Bergamo, responsabile della comunità di teologia a Manila, nelle Filippine, con gli studenti Simone Piccolo e il camerunese André Semeni 2008 GIUGNO BRESCIA 25121 BRESCIA BS - Via Piamarta, 9 Tel. 030 3772780 - Fax 030 3772781 E-mail: [email protected] - C/c. postale 216259 La premiazione della pace Duecento studenti e tanta soddisfazione S abato 17 maggio non era una “bella” giornata: nuvole e scrosci di pioggia hanno accompagnato la mattinata. Ma la chiesa di San Cristo era piena di giovani studenti, accompagnati da insegnanti, per la premiazione al Concorso “Giovani e dialogo: una sfida, una continua ricerca”. Tanti giovani in San Cristo Prima ad arrivare è stata una classe del liceo artistico Olivieri di Brescia: gli studenti hanno approfittato per tracciare a matita gli archi, le colonne e i capitelli del chiostro. Poi, via via, sono arrivati oltre 200 ragazzi, accolti dai percussionisti senegalesi del “Siko group”, che ha p. MARCELLO STORGATO, sx fatto furore. I giovani studenti non sono riusciti a rimanere fermi: battiti di mani, salti, entusiasmo... hanno accompagnato i ritmi africani. Padre Gesuino, organizzatore e responsabile dell’iniziativa, è visibilmente soddisfatto: quasi 500 gli elaborati pervenuti: molti sono esposti, con vivaci colori, su La chiesa di San Cristo affollata di gioventù, sabato 17 maggio, per la premiazione al Concorso “Giovani e dialogo”: che soddisfazione! Luci a San Cristo, finalmente! Nove scatole tecnologiche a luce diffusa R oberto Vecchioni cantava “Luci a San Siro”. E noi potremmo prendere questa canzone e adattarla perfettamente alla nostra realtà. Infatti, dopo diversi anni di riunioni, intenzioni e discussioni, la chiesa di San Cristo ha visto… una nuova luce. Il 30 maggio scorso è stato inaugurato il nuovo impianto d’illuminazione, tenuto a battesimo dal Convegno di “Missione Oggi” che si è tenuto il giorno successivo. 8 Un progetto ad hoc Il progetto di un nuovo impianto d’illuminazione, adatto alle caratteristiche del luogo e rispettoso delle norme di sicurezza, era stato commissionato dalla “Fondazione S. Cristo onlus” allo studio dell’architetto Rossana Bettinelli. La vecchia illuminazione, infatti, era stata realizzata durante i lavori di restauro della chiesa. Era provvisoria e inadatta al luogo: cavi elettrici e portalampade “da cantiere”, lampadine a luce fredda azzurrata e una resa cromatica molto bassa… Il nuovo impianto nella navata e nel presbiterio non è invasivo. Ha un impatto minimo, ma permette la massima resa per il godimento degli affreschi e per l’utilizzo della chiesa per i diversi eventi. È possibile, in sostanza, ammirare la volta e le pareti affrescate senza essere abbagliati. Allo stesso tempo, non si provoca danno agli affreschi. Sono state predisposte nove “scatole tecnologiche” che contengono tutto il necessario per illuminare gli affreschi e la sala. L’intensità luminosa, anche verso il pavimento, è stata ridotta il più possibile per evitare il riscal- Un momento della premiazione della pace a San Cristo, non ancora illuminata dal nuovo impianto luci cartelloni sotto il chiostro, per essere ammirati. Oltre ai premiati, tutti i partecipanti hanno ricevuto in dono l’abbonamento a “Missionari Saveriani” per un anno. Ha poi annunciato le classi presenti alla premiazione: dalle Rinaldini, 28 Maggio, Pastori e Arici di Brescia alla Leopardi di Castelmella, alla Zammarchi di Castrezzato e alle ben cinque classi dell’Olivieri... Altre classi concorrenti da Villanuova s/Clisi, Sarezzo, Gardone V/T e Gavardo non hanno potuto essere presenti. Il benvenuto agli studenti Padre Rosario, rettore dei saveriani di Brescia, dà il benvenuto a tutti: “Siete al centro della vostra città, nella chiesa di San Cristo che testimonia la fede e la cultura cristiana da oltre 500 anni. Brescia, ha avuto nei secoli una lunga storia di eventi e intrecci culturali, che oggi continua. I colori dei volti che sono qui oggi testimoniano l’inizio di un’epoca nuova di fraternità tra i popoli convenuti a Brescia. Sono lieto di offrire il benvenuto ai popoli della terra che convivono in fraternità tra voi, studenti e insegnanti impegnati nel dialogo formativo”. Subito i senegalesi intonano il canto della pace, invitando tutti a partecipare al ritornello in lingua araba: “la pace sia con te; con te sia la pace” DIEGO PIOVANI damento eccessivo e proteggere così le decorazioni in affresco. Lavoro da... professionisti L’illuminazione è di due tipi: diretta e indiretta. La prima è utilizzata come illuminazione generale; la seconda è diffusa, permette una visione uniforme della volta e delle pareti, “consentendo una percezione completa e armoniosa dell’edificio”. Sarà utilizzata anche come illuminazione di sicurezza in caso di emergenza. Il progetto è stato presentato nell’autunno scorso al sovrintendente dei beni culturali dottor Rinaldi, che dopo due sopralluoghi lo ha approvato, dando il via libera all’installazione. L’azienda Flos ha realizzato gli apparecchi per la parte tecnica, mentre l’ingegner Podestà si è occupato della parte elettrica e dell’installazione. Come tutte le cose delle “belle arti”, anche questo progetto è costato… caro (circa 40.000 euro). Per questo, confidiamo ancora nella generosità di tanti amici. I saveriani ringraziano i membri della Fondazione San Cristo e tutti i professionisti che hanno contribuito alla realizzazione di questa importante opera e invitano tutti i lettori di “Missionari Saveriani” a visitare la chiesa ■ ...illuminata. Tre parole di pace Padre Nicola, direttore della rivista “Missione Oggi”, richiama il motivo del Concorso: per celebrare i 50 anni di attività a Brescia dei missionari saveriani. “Siamo davvero felici per la vostra numerosa partecipazione all’iniziativa sulla pace e il dialogo”. Poi invita a contribuire personalmente alla pace, con tre parole da praticare ogni giorno: “Grazie! - Ti voglio bene! - Scusami!”. E ha concluso: “Grazie per aver partecipato e per essere venuti. Venite ancora!”. Si spengono le luci: p. Fiorenzo aziona il computer. Sullo schermo gigante appaiono le immagini e i suoni dei tre migliori elaborati in dvd al Concorso: il primo premio va a “Insieme per la pace” di Claudia e Diego dell’istituto tecnico “Pastori”; il secondo premio a “Testimoni di dialogo”, classi II/B e III/A della “Zammarchi” di Castrezzato; il terzo premio a “Guerra e pace”, di Carlo Francesco del liceo “Olivieri”. Padre Fiorenzo, esperto direttore di “Videomission”, ha motivato i pregi dei premiati e ha dato alcuni consigli pratici per migliorare tecniche e contenuti. Ce ne ricorderemo... La giovane concorrente Cristina (liceo “Olivieri”), ha letto la spiegazione del suo disegno: “Uomo, non chiamarmi amico; dividi con me il pane, bevi alla mia fonte. E chiamami fratello, perché il tuo è il mio tempo; mio è il tuo passato...”. Concludiamo con l’invito di Claudia e Diego, al termine del loro documentario: “Speriamo di avervi convinto. E ricordatevi di tutti i bambini e delle altre persone rimaste sole, che oggi cercano la felicità attraverso la pace!”. Ce ne ricorderemo, per ...seminare la pace nel cuore di ogni giovane. ■ SONO TORNATI IN MISSIONE Padre Mario Pezzotti, dopo alcuni anni di servizio ai saveriani anziani e malati nella casa madre di Parma, è tornato in Amazzonia. Ha salutato la sua comunità di Marone con la sua solita semplicità, per mettersi a servizio degli indio kayapó, tra i quali egli aveva lavorato a lungo e che considera il suo popolo di adozione. La missione tra gli indigeni è stata scelta come una delle priorità dai missionari saveriani del nord Brasile. Con lui, lavorano altri tre saveriani: un indonesiano, un italiano, un messicano. Anche padre Riccardo Tobanelli è tornato in Bangladesh. Era venuto a casa dopo aver ricevuto la notizia del papà infermo, ricoverato all’ospedale. Le cure e soprattutto la vicinanza dei figli e della sposa hanno aiutato a superare la crisi. Nel frattempo, p. Riccardo ha approfittato per potare gli alberi di ulivi, in una proprietà di Castrezzone presa in affido. Prima di ripartire è venuto a salutarci. Papà Davide è tornato a casa dall’ospedale e lui è tornato nella missione asiatica mercoledì 7 maggio. Nella foto, il ritrovo di “vecchi amici” alla trattoria del fratello per un pranzo ...ecologico: i fratelli Raffaini p. Fiorenzo e p. Leonardo, p. Adriano Armati, e i fratelli Tobanelli p. Riccardo e Maurizio. 2008 GIUGNO CAGLIARI 08015 MACOMER NU - Via Toscana, 9 Tel. 340 0840200 E-mail: [email protected] - C/c. postale 207084 Una presenza che si rinnova 50 anni fa la “prima pietra” a Macomer F u il vescovo di Cagliari mons. Piovella che nel 1923, incontrando il fondatore dei saveriani al 7° Congresso eucaristico nazionale a Genova, fece al beato Conforti la proposta di aprire una casa saveriana in Sardegna. Padre Angelo Lampis ci ricorda che l’idea non si poté realizzare subito e il fondatore disse: “Quello che ora non si può fare, si farà domani, coraggio…”. Dopo oltre cinquant’anni, siamo ancora a quel “domani”, per portare avanti il nostro lavoro di animazione missionaria e vocazionale in Sardegna con un nuovo stile. Gli anni delle Casermette Per i primi dodici anni, i saveriani sono stati ospiti nel “seminario sardo per le missioni estere” di Tortolì, fondato da p. Virgilio Mirto e continuato dai saveriani dopo la sua tragica e generosa morte. Gli studenti, chiamati “apostolini”, furono poi trasferiti il 10 luglio 1950 presso la V e VI Casermetta di Macomer. Ma dal ’52 al ’56 erano arrivati 25 ordini di sfratto e per quattro anni i saveriani hanno cercato di esaminare varie proposte alternative. Nel frattempo, dal 1952 al 1954, gli apostolini furono mandati a Nizza Monferrato; tra loro ricordiamo p. Giuseppe Tavera, ora missionario in Gran Bretagna. Il rettore p. Pasquale Lo Stocco riuscì a ottenere dal Comando militare di Cagliari una proroga allo sfratto del 30 aprile 1952. Padre Morandi era arrivato alle Casermette di Macomer nel novembre del 1956, al momento del recapito di un nuovo sfratto da parte del ministero della difesa. La generosità dei sardi I saveriani allora non avevano niente in Sardegna e solo la generosità dei sardi ha permesso il mantenimento della scuola, p. DINO MARCONI, sx degli apostolini in formazione e di affrontare i problemi con i vari ministeri. La benefattrice Mariantina Nughes Barria donò il terreno per costruire una casa nel rione S. Antonio, che allora non esisteva. C’erano solo alcune casette nel verde, dove pascolavano le mucche. Fra speranze, fatiche e dissidi, fu costruita l’attuale casa di Macomer con a fianco il santuario mariano, che non ha però avuto lo sviluppo che p. Morandi desiderava, essendo stato trasformato nella parrocchia della “Madonna Missionaria”. La costruzione dell’istituto iniziò il 29 giugno 1958 con la benedizione e la posa della prima pietra alla presenza delle autorità e fu inaugurato il 6 aprile 1960. Ci ricorda ancora p. Lampis: “Macomer era ed è il crocevia tra le province di Cagliari, Sassari e Nuoro”. Allora, infatti, era stato scelto dai politici come centro logistico industriale della provincia Assunta Pinna è “ancella” Hanno offerto due figli al Signore I l 6 aprile scorso nella casa madre delle “ancelle della Sacra Famiglia”, una congregazione religiosa nata in Sardegna, si è consacrata al Signore con i voti di castità, povertà e obbedienza suor Assunta Pinna. È stato un momento significativo non solo per la famiglia religiosa che l’ha accolta, ma anche per i saveriani con i quali la giovane ha lavorato diversi anni nell’animazione missionaria. Ho voluto partecipare anch’io per rappresentare in qualche modo Luigi, il fratello di Assunta, missionario saveriano in Colombia. Una grande gioia per tre La celebrazione dell’Eucaristia con la professione religiosa è stata un momento davvero commovente. La chiesa era stracolma. Erano presenti numerose consorelle di Assunta, testimoni di una grazia speciale in questi tempi di grande scarsità di vocazioni. Ha presieduto l’Eucaristia il vescovo emerito di Iglesias, mons. Tarcisio Pillolla. Vedere una giovane che consacra la propria vita al Signore non è cosa di tutti i giorni! Molti fedeli avevano gli occhi lucidi, mentre Assunta, era raggiante! Papà Salvatore e mamma Santina hanno accompagnato all’altare la figlia come una sposa, perché fosse offerta a un marito speciale: Cristo Gesù. Anche loro erano raggianti di gioia e sembravano davvero orgogliosi del privilegio concesso loro da Dio. Dei quattro figli, Salvatore Assunta Pinna con i genitori e p. Guglielmo Camera, dopo la professione religiosa come “ancella” della Sacra Famiglia di Cagliari 8 p. DINO MARCONI, sx e Santina due li hanno offerti al Signore. Come la “casa di Betania” Ho avuto la possibilità di incontrare molte volte la famiglia Pinna. Con loro mi sono sempre trovato come a casa mia. È una specie di “casa di Betania” per noi saveriani. In quella casa, i missionari hanno imparato a pensare di più agli altri. La famiglia Pinna ad Assemini è benvoluta da tutti, perché ciò che loro hanno appartiene anche agli altri. Sono felici di condividere i frutti della loro terra e del loro ...pollaio. Nel 2004, all’inizio del suo cammino vocazionale, Assunta scriveva: “Lascio tutto perché ho risposto alla chiamata del Signore per seguirlo e servirlo tra le ancelle della Sacra Famiglia. Sono grata al Signore per questo grande dono della vocazione e condivido con voi questa mia gioia, che è tanta!”. Quando Assunta è arrivata a casa sua, vestita da suora, il gruppo di amiche e amici era là ad aspettarla e per lei hanno esploso mortaretti e profuso una quantità enorme di fiori. La vocazione di Assunta è un profumo della famiglia di Salvatore e Santina! A noi la gioia di accompagnare questa nuova consacrata ■ con la preghiera. 29 giugno 1958: la posa della prima pietra della casa dei saveriani a Macomer di Nuoro, un progetto che oggi incontra serie difficoltà. Unico centro, tanti legami Padre Morandi ha avuto come collaboratori fratel Narciso Guerini, il gigante buono perito tragicamente in Congo, e p. Angelo Lampis, patriarca dei saveriani sardi, che girava per i paesi in cerca di delegate, “brave, giovani e belle”, come ripeteva spesso a p. Morandi. Molte sono già passate a contemplare la bellezza eterna di Dio; qualche novantenne sopravvive ancora. Da quest’anno la casa di Macomer è diventata l’unica presenza saveriana per l’intera Sardegna. Come “missionari itineranti”, continuiamo a mantenere i legami con i sacerdoti, le delegate, i familiari e gli amici dei saveriani in tutta l’isola. A Cagliari, avremo un appartamento per mantenere i contatti con tutti coloro che finora hanno fatto riferimento alla casa di via Sulcis. Il centro saveriano di Macomer è il fulcro dell’attività missionaria dei saveriani in Sardegna. Qui si svolgono le attività fondamentali per la gioventù: la formazione missionaria, il discernimento vocazionale e l’esperienza in missione. ■ Con le saveriane di Oristano Una bella giornata di ringraziamento nella comunità delle saveriane di Oristano. Il 22 maggio, nella parrocchia S. Giovanni Evangelista, insieme al vescovo mons. Sanna, sr. Caterina Albertini ha celebrato 50 anni di vita religiosa, mentre sr. Olivia Lomelì e sr. Giovanna Marras hanno celebrato 25 anni di vita religiosa. I nostri auguri, con le parole della fondatrice madre Celestina: “La missione sgorga da un cuore posseduto dall’amore di Gesù e dal desiderio ardente di irradiarlo e di comunicarlo a tutti”. CAMPI ESTIVI IN SARDEGNA Come già pubblicato nel numero di maggio, anche quest’anno ragazzi e giovani possono vivere una parte della loro estate in modo missionario. Ecco le opportunità che gli animatori saveriani offrono a ragazzi, adolescenti e giovani della Sardegna. Campo “Mission-boys” per ragazzi da 12 a 14 anni “Missione: insieme si può” dal 3 al 6 luglio, a Macomer Campo “Ragazze sprint” per ragazze da 12 a 14 anni “Apri le ali alla vita” dall’ 8 al 13 luglio, a Macomer Campo giovanissimi per ragazzi/e da 15 a 18 anni “Missione: insieme si può” dal 17 al 23 luglio, a Macomer dal 30 luglio al 5 agosto, a Cagliari Gruppo “Missione giovani” Campo missionario nazionale per i/le giovani da 18 a 30 anni dal 30 luglio al 5 agosto, a Cagliari Per informazioni, contattare: p. Roby Salvadori, cell 340 4914261; E-mail: [email protected] sr. Piera Grandi, tel. 0783 72758; E-mail: [email protected] 2008 GIUGNO CREMONA 26100 CREMONA CR - Via Bonomelli, 81 Tel. 0372 456267 - Fax 0372 39699 E-mail: [email protected] - C/c. postale 00272260 Gesù ha un cuore grande La comunità del Sacro Cuore a Piracicaba del tropico del A ll’altezza Capricorno, nell’interno del Brasile, c’è la città di Piracicaba. Nella periferia sud, sorge la parrocchia del Cuore Immacolato di Maria. Ha 40mila abitanti: due terzi sono cattolici e un terzo segue varie sette protestanti evangeliche. È un’area in forte crescita: case povere, simili alle baracche delle favelas, ma anche nuove lottizzazioni con centinaia di casette - alveare da 18 a 36 metri quadrati, tutte in fila e tutte uguali. Gli incontri all’aperto La parrocchia è affidata ai missionari saveriani: p. Domenico Borotti, p. Mario Tognali e p. Vincenzo Tonetto. Anch’io ho lavorato lì per sei anni dal 2000 al 2006, prima di arrivare a Cremona. Ogni nuovo rione, abitato perfino da mille famiglie, doveva diventare una nuova comunità cristiana. I nostri laici, a nome della parrocchia, portavano a tutte le famiglie un volantino, informando circa il luogo e l’ora per un primo incontro. Nel rione “Serra Verde” le riu- Il nuovo salone in costruzione e, sullo sfondo, il vecchio capannone della comunità del Sacro Cuore a Piracicaba p. DANTE VOLPINI, sx nioni e le Messe erano all’aperto, in un cortile o su una strada. Alcune persone si erano rese disponibili per fare le letture bibliche, suonare la chitarra, cantare, offrire lo spazio davanti casa per una riunione, per una celebrazione o per una piccola kermesse. La nostra preoccupazione più grande era proprio quella di trovare un terreno per le attività religiose e sociali della nuova comunità in formazione. Un baraccone di legno Si avvicinava la Pasqua del 2001. Insieme alla popolazione pregavamo il Signore perché ci aiutasse a trovare una soluzione. Il missionario incaricato delle trattative aveva fatto una promessa al Sacro Cuore di Gesù: se all’epoca della sua festa, due mesi dopo, si fosse presentata un’occasione propizia, avrebbe fatto il possibile perché quella Missione giovani a Cremona “Ho imparato ad avere più coraggio” i gazebo e i giovaH onivisto in piazza e ho accom- pagnato una bella processione animata dai giovani. Anche un missionario della terza età come me rimane coinvolto. Cosa sta succedendo? Un fermento nuovo scuote Cremona. Si chiama “Missione giovani”. Perché questo titolo? Perché destinatari e protagonisti sono i giovani. Piazza Duomo è “occupata”: dipinti, totem, tendoni colorati, pannelli pieni di disegni e scritte, volantini, ragazzi e 8 ragazze che fermano le persone e parlano di cose serie... Missionari tra i coetanei “È stato fantastico vedere un brulicare di gente che ascoltava la nostra musica, che si fermava per dire due parole senza conoscerci”. “Ho imparato ad avere più coraggio, ad avere più fiducia negli altri”. “Molti dei giovani intervistati hanno detto che vedono la chiesa solo come un’istituzione, fatta di uomini, regole e gerarchie”. “Il nostro obiettivo è mostrare un modo alternativo di credere, staccato da dogmi, più accessibile e comprensibile e, quindi, più bello da vivere. Sono fiduciosa e ottimista”. Queste sono le parole di alcuni dei trenta giovani che da mesi si sono preparati alla sfida di essere missionari in mezzo ai loro coetanei. La “Missione giovani” è iniziata sabato 26 aprile con la Messa del vescovo mons. Dante Lafranconi in catIl gazebo della “Missione giovani” in piazza Duomo, a tedrale, seguita da Cremona: la città è stata animata dall’entusiasmo missionario di molti giovani; di spalle, mons. Lafranconi aperitivo e musiche p. DANTE VOLPINI, sx in piazza del Comune. Domenica 27 in piazza Stradivari, c’è stata l’apertura: le tende dell’Agorà, con animazione musicale e le mostre su “La felicità” e “Uomo e Dio: storia di una ricerca”. Nuove speranze per la città Venerdì 2 maggio è stato il momento della preghiera a sant’Abbondio e della processione serale fino in cattedrale con preghiere e canti animati dai giovani. Poi, “una luce nella notte”: i giovani, a due a due per le vie della città, hanno invitato altri giovani a passare un momento con Gesù presente nell’Eucaristia, in duomo. Sabato 3 maggio, la serata “Cèrcati o cercàti, devi sapere cosa vuoi per sapere dove andare”, animata da Francesco Sportelli, dai Doc, da un comico, da p. Marano e dai giovani di Fidenza. Domenica 4 maggio: mostre, musica e confronti e il pellegrinaggio a Caravaggio con il vescovo. Poi preghiere, dialoghi e altre iniziative, fino al 10 maggio. Il vescovo mons. Dante, prendendo lo spunto dal capitolo 8 degli Atti degli apostoli, ha detto che “l’evangelizzazione dei giovani a Cremona sta producendo nuove testimonianze, nuove prese di coscienza, nuove adesioni di fede e di coerenza cristiana e... tante altre grazie che subito non ■ si vedono”. P. Mario Tognali e p. Domenico Borrotti responsabili della parrocchia a Piracicaba, insieme a p. Vincenzo Tonetto e p. Giuseppe Chiarelli nuova comunità scegliesse il suo nome. Nella settimana del Corpus Domini, ci dissero che il padrone di un’azienda edile stava pensando di smontare il baraccone di legno e il terreno dove tenevano gli arnesi e i materiali per le costruzioni delle case e che era disposto a trattare con noi. Stava passando la settimana senza novità, ma nel primo pomeriggio di venerdì, giorno della Festa liturgica del Sacro Cuore, concludemmo la trattativa per una cifra di 20.000 real (circa 8.000 euro). Combinammo il pagamento in tre rate nei mesi successivi e ottenemmo che il capannone rimanesse lì, con l’attacco della luce e dell’acqua a nome della chiesa. Era un terreno di 740 metri quadrati, collocato proprio nel mezzo del rione. La grazia del Sacro Cuore Era questa la grande grazia che il Sacro Cuore di Gesù aveva fatto a quella comunità. Ma la grazia fu anche più grande e completa. Quello stesso pomeriggio ci spiegarono che dietro al terreno acquistato stava sorgendo un’altra lottizzazione per 250 case e che avremmo potuto acquistare alcuni lotti a condizioni favorevoli. Così, grazie a qualche mediazione amichevole, riuscimmo a comprare sei lotti, pagando un prezzo vantaggioso. Erano in tutto 1.800 metri quadrati, ben localizzati. Negli anni seguenti, la comunità che aveva scelto il nome di “Comunidade Sagrado Coração de Jesus” è cresciuta molto. Continuava a riunirsi nel vecchio capannone di legno, ma Gesù ha un cuore grande ed è capace di generare cuori grandi. La comunità ha organizzato serate di beneficenza e ha raccolto offerte. Grazie agli aiuti delle altre quindici comunità della parrocchia e alle donazioni di mattoni, siamo riusciti a costruire prima una sala e poi un bel salone di 19 per 22 metri. Qui la comunità del Sacro Cuore organizza le sue attività liturgiche, catechetiche, caritative e sociali per tutta la popolazione. ■ Grazie al Sacro Cuore! SIGNORe, INSEGNACI A... RAOUL FOLLEREAU Signore insegnaci a non amare noi stessi, a non amare soltanto i nostri, a non amare soltanto quelli che amiamo. Insegnaci a pensare agli altri, ad amare quelli che nessuno ama. Signore, facci soffrire della sofferenza altrui. Facci la grazia di capire che ad ogni istante, mentre noi viviamo una vita troppo felice, protetta da Te, ci sono milioni di esseri umani, che muoiono di fame senza aver meritato di morire di fame, che muoiono di freddo senza aver meritato di morire di freddo. Signore, abbi pietà di tutti i poveri del mondo Abbi pietà dei lebbrosi, ai quali Tu così spesso hai sorriso quand’eri su questa terra; pietà dei milioni di lebbrosi, che tendono verso la tua misericordia le mani senza dita, le braccia senza mani… E perdona a noi di averli, per una irragionevole paura, abbandonati. E non permettere più, Signore, che noi viviamo felici da soli. Facci sentire l’angoscia della miseria universale, e liberaci da noi stessi. Raoul Follereau Così sia. 2008 GIUGNO DESIO 20033 DESIO MI - Via Don Milani, 2 Tel. 0362 630591 - Fax 0362 301980 E-mail: [email protected] - C/c. postale 00358200 Vittorio e Tecla Ughetto a Londra durante un viaggio di qualche anno fa Papà Vittorio Ughetto Capace di amare e perdonare Tecla e il giovane M amma Enrico erano in chiesa molto prima dell’inizio. Davanti al grande altare della chiesa Sant’Elena, a Milano, hanno accolto l’abbraccio dei parrocchiani, familiari e amici. Tra loro, i numerosi padri e studenti saveriani, venuti da Ancona, Brescia, Desio, Parma, Parigi. Tanti abbracci, tante emozioni; poche parole e molti gesti d’affetto. Poi il grande portone della chiesa si è aperto; l’organo ha lanciato le note del “Canto d’amore”; tutti si sono alzati in piedi, per accogliere la bara, ricoperta di fiori primaverili, accompagnata dal figlio missionario. Messa in rito ambrosiano Il signor Vittorio Ughetto, sposo di Tecla e papà di p. Mario e di Enrico, è già nelle braccia del Padre. Deceduto il 13 aprile, dopo sofferenze e a cura di p. M. STORGATO, sx miato da questa terra. Presiede la Messa il figlio p. Mario, venuto da Parigi, dove studia lingua francese per andare in Africa, dopo essere stato animatore missionario tra i giovani dell’Italia. Attorno a lui, tanti confratelli saveriani e i sacerdoti don Claudio di S. Giuseppe della Pace (zona Fiera) e don Matteo vice parroco di S. Elena. La Messa è in rito ambrosiano: subito il rito di accoglienza del fedele defunto, con l’aspersione dell’acqua che ricorda il battesimo e con l’incenso della sofferenza, necessaria per risorgere a vita nuova. Ecco come la sposa e i figli ricordano la perIl signor Vittorio Ughetto, immerso nella lettura, nella casa dei saveriani a Londra sona cara. cure che lasciavano sperare nella ripresa, è ora davanti all’altare con la sua comunità, per la celebrazione dell’Eucaristia di com- Quattro giorni di fraternità Giovani aspiranti missionari al sud I n Italia le case di formazione per i giovani che desiderano diventare saveriani sono due: a Desio per il discernimento vocazionale e ad Ancona per il noviziato. Attualmente siamo cinque giovani: Alessio di Lissone (MI) e Gino di San Bonifacio (VR) sono a Desio, con la guida di p. Virginio Simoncelli; Simone di Parma, Andrea di Viadana (MN) e Javier di Soria (Spagna) sono ad Ancona, con la guida di p. Giovanni Matteazzi. È tradizione che due volte l’anno, in novembre e aprile, ci incontriamo per stare fraternamente insieme e per comunicarci le nostre esperienze formative. Quest’anno, siccome non ave- 8 vamo mai visitato l’Italia “sotto Roma”, abbiamo organizzato una gita culturale nel sud Italia. Partiti da Ancona il 25 aprile all’alba, siamo tornati il 28 aprile al tramonto. Sono venuti con noi anche due saveriani partenti per il Giappone, che attualmente sono ad Ancona per apprendere la lingua italiana: padre Denny dell’Indonesia e padre Felipe del Messico. Con loro, i nove posti del pulmino erano esauriti. Abbiamo visitato le comunità saveriane di Taranto e di Gallico (Reggio Calabria). Siamo riconoscenti per l’ottima accoglienza fraterna che ci hanno offerto. A Taranto è stata una toccata e fuga; appena una sosta per la Messa e il pranzo. I cinque giovani di Desio e Ancona con i loro formatori p. Simoncelli e p. Matteazzi, nella breve visita alla comunità saveriana di Taranto, accolti dal rettore p. Berton e p. Primosig SIMONE STROZZI A Reggio Calabria ci siamo dati anche alla cultura, visitando la città e i bronzi di Riace, databili al V secolo a.C., in ottimo stato di conservazione. Le due statue - rinvenute nel 1972 nei pressi di Riace, in provincia di Reggio Calabria - sono considerate tra i capolavori scultorei più significativi del periodo ellenico classico. Dopo i bronzi, abbiamo percorso il lungo mare di Reggio Calabria, quello che il D’Annunzio chiamava “il chilometro più bello d’Italia”, con il famoso “gelato di Cesare”, tappa obbligatoria per i turisti, fino alla bella cittadina di Scilla con la sua spiaggia. Ma un forte acquazzone ci ha ricordato che... l’estate era ancora lontana. Abbiamo fatto anche un’incursione in Sicilia, con la bella attraversata in traghetto sullo Stretto, la visita al duomo di Messina e, percorrendo l’incantevole costa sicula, abbiamo fatto una breve visita a Taormina con il suo teatro greco. Sono stati quattro giorni di fraternità. I chilometri percorsi in pulmino non sono stati pochi, ma i luoghi visti, la bellezza del creato e soprattutto l’accoglienza dei confratelli e della gente del sud ci hanno confermato ancora una volta la bontà del Signore, che ci ha donato la voca■ zione missionaria. Testimonianza dei familiari “Vittorio nasce a La Spezia il 10 novembre 1940, quinto di 6 figli. Trascorre i primi anni di vita immerso nella guerra, mentre suo padre, ufficiale di Marina, è costretto a spostamenti continui. I pochi ricordi di guerra di Vittorio non sono tristi: quando c’era la sirena, la mamma suonava il piano e i bambini cantavano; poi quando arrivavano gli aerei si scendeva in cantina, dove i vecchi pregavano e i bambini giocavano tra loro. Nel 1950 si trasferiscono tutti a Genova, dove la famiglia trova finalmente un po’ di sicurezza economica. Vittorio continua gli studi di perito radiotecnico. Offre la sua opera in parrocchia, è scout ed educatore dei lupetti. Durante un pellegrinaggio a Lourdes, incontra Tecla, giovane crocerossina di Chiavari. Da allora non ha più tempo per le opere parrocchiali, ma solo per il treno diretto Genova - Chiavari e ritorno. Vittorio e Tecla si sposano nel 1964 e vanno ad abitare a Milano. Dopo sette anni di attesa, nasce Mario e poi Enrico. Tecla è maestra di scuola materna e Vittorio lavora nel campo dell’informatica per diverse società. Vittorio trasmette la pas- sione dell’informatica anche ai figli, tanto da diventare un lavoro per Enrico, con il quale lui stesso collabora negli ultimi anni, e uno strumento importante per l’animazione missionaria di Mario. Ha sempre amato donare il suo appoggio, affettivo e fattivo, ai progetti dei figli e anche alle comunità parrocchiali delle quali la famiglia ha fatto parte. Senza avere ruoli di primo piano, si è sempre messo a disposizione, insieme a Tecla, di cui si definiva lo “sguattero”, per dare una mano nei piccoli ma essenziali servizi come la cucina, l’accoglienza o l’amministrazione. Il carattere affettuoso e accogliente lo ha reso un punto di riferimento importante per la sua famiglia nei momenti più difficili. Alcuni nipoti lo sentivano come un “secondo padre”. Nonostante l’eccessivo silenzio nei rapporti tra persone e l’irascibilità, per la quale alcuni amici dicevano che diventava “Vittorio mannaro”, quello che di lui ci resta è il suo servizio umile e la sua ostinata voglia di non giudicare gli altri, la sua capacità di amore tenero e fedele, di comprensione e di perdono”. ■ Tecla, Mario, Enrico CAMPI ESTIVI PER I GIOVANI Come già ricordato nel numero di maggio, anche quest’anno i giovani possono vivere una parte delle loro vacanze in modo missionario. Ecco le opportunità che gli animatori saveriani offrono per l’estate. Gruppo “Missione giovani” Campo missionario nazionale per i giovani e le giovani da 18 a 30 anni dal 30 luglio al 5 agosto, a Cagliari “Tabor” per riflettere e pregare settimana di spiritualità missionaria per i giovani e le giovani da 18 a 30 anni dal 23 al 30 agosto, con i saveriani di Ancona al centro di discernimento vocazionale Per informazioni, contattare: p. Claudio Codenotti, cell 333 1716407; E-mail: [email protected] sr. Lidia Vermi, tel. 02 29406786; E-mail: [email protected] 2008 GIUGNO FRIULI 33100 UDINE UD - Via Monte S. Michele, 70 Tel. 0432 471818 - Fax 0432 44185 E-mail: [email protected] - C/c. postale 210336 Dall’indifferenza alla fede cristiana Un’esperienza di conversione a Taipei punto di vista storico e D alliturgico, la vigilia di Pa- squa è il momento più adatto per il battesimo degli adulti. Anche quest’anno, la piccola parrocchia di S. Francesco Saverio a Taipei ha accolto due nuovi cristiani. Condivido con voi il racconto dell’esperienza di conversione di una donna taiwanese che ha ricevuto il battesimo la notte di Pasqua. Io e la mia fortuna Prima di conoscere il cristianesimo, tutto quello che sapevo mi era stato trasmesso dai miei genitori, dalla scuola e dalla società. Papà e mamma mi hanno insegnato che si lavora e si lotta per sconfiggere la durezza della vita. Fin da piccola, sono cresciuta con la convinzione che si è padroni di se stessi e che in ogni situazione si è da soli e senza aiuto. L’unico aiuto che si può trovare è quello in se stessi e nella fortuna. Ero indifferente verso qualsiasi credo religioso. Non avrei mai pensato che un giorno mi sarei avvicinata alla religione cattolica fino ad approfondirla. Da piccola, qualche volta andavo al tempio p. EDI FOSCHIATTO, sx con mia madre per offrire incenso alle varie divinità e per chiedere prosperità per la famiglia. Compiuti vent’anni, ho avuto l’occasione di partecipare alle lezioni di lettura della Bibbia in inglese. Il mio obiettivo era perfezionare la conoscenza della lingua, dato che sono laureata in letteratura inglese. Le storie dell’antico testamento e dei vangeli per me erano racconti di una letteratura straniera; non riuscivano a scaldare il mio cuore. Con gli occhi di Dio Poi, piano piano, hanno ini- “Va avanti per la sua strada” Padre Pier Agostinis e l’incidente aereo S i sa che i missionari quando si trovano nel campo di lavoro e devono spostarsi da una parte all’altra sono sempre a rischio. Questo può succedere quando si va in jeep, in corriera, in moto o anche via fiume o sul mare. Ma eravamo ben lontani dal pensare che due nostri giovani confratelli potessero trovarsi coinvolti in un grave incidente aereo e si salvassero per miracolo! Sono il friulano p. Pierfrancesco Agostinis e il toscano p. Petro Rinaldi, ambedue missionari a Kinshasa. Da Goma, dove avevano partecipato a una settimana di spiritualità missionaria insieme ad altri giovani confratelli, stavano per iniziare il loro viaggio di ritorno a Kinshasa, la capitale del Congo, dove i due lavorano. Improvviso e inaspettato lo schianto, il fumo, il fuoco... Mamma Nives, che vive a Luincis, piccola frazione di Ovaro, ha vissuto momenti terribili fino a quando non ha potuto sentire la voce del figlio padre Pier che la rassicurava. Ecco le sue considerazioni che ci ha fatto per telefono. Ho ringraziato il Signore “Prima di tutto ho tirato un grande sospiro di sollievo quando ho saputo che mio figlio non aveva avuto serie conseguenze: praticamente non si era fatto niente. Subito dopo però ho ringraziato il Signore che le cose erano andate in questa maniera. Certo, penso alla paura che ha passato, ai momenti che ha vissuto. Sapevo che doveva mettersi in viaggio e quando al telefono mi sono sentita chiamare dal ministero degli Esteri, ho preso subito una gran paura. Ma poi mi hanno assicurato immediatamente che Pierfrancesco stava bene. Certo, non potevo darmi pace: volevo sentire la sua voce e avevo anche una gran voglia di vederlo. Per questo ho tenu- L’incendio dell’aereo caduto a Goma, in Congo, su cui viaggiavano p. Agostinis e p. Rinaldi 8 p. DOMENICO MENEGUZZI, sx Padre Pier Agostinis con la mamma Nives to d’occhio tutti i telegiornali per vedere se lui appariva. Solo dopo alcuni giorni ho potuto leggere un reportage sul settimanale “Oggi”, che ha pubblicato anche una sua foto assieme a quella dell’amico missionario p. Pietro Rinaldi. Lui dice che ormai “tutto è passato”. A dire la verità, padre Pier in missione ha vissuto tanti altri pericoli e problemi, ma è sempre riuscito ad uscirne fuori. Ora so che è arrivato bene a Kinshasa con un aereo dell’Onu, dopo aver raggiunto Bukavu con un battello. Mio figlio Pier è sereno e continua a sottolineare che “è una cosa ormai passata”. Del resto, lui ha sempre avuto una grande forza, un coraggio non comune. Per questo motivo non mi resta che ringraziare il Signore. Lui va avanti contento per la sua strada. E quindi anche noi dobbiamo rimanere sereni e con■ tinuare a pregare per lui”. Mamma Nives ziato a fare breccia. Ho cominciato a riferire l’esperienza di vita descritta nella Bibbia alla mia stessa esperienza, a portare quelle parole vicino al mio cuore, specialmente le parabole del vangelo e in particolare quella della pecorella smarrita... Così sono stata costretta a guardarmi con gli occhi di Dio. Prima ero tutta incentrata su me stessa, come se io fossi dio. Sapere che Dio ci ha creato per uno scopo nella vita, mi ha fatto riflettere molto. Mi sono accorta che prima non sapevo niente. Ero chiusa in me stessa e nella mia ignoranza. Pensavo solamente di evitare il dolore e la disperazioPadre Edi Foschiatto battezza una catecumena ne. Ma questa mia perso- la notte di Pasqua, nella parrocchia S. Francesco Saverio di Taipei, a Taiwan na, che per 20 anni aveva vissuto senza scopi nella vita, ora scopre di essere amata. Sicuramente, è più grande quelPiena di gioia, allora, inizia a lo che ho ricevuto di ciò che ho ringraziare Dio per aver trovato donato. Credo, però, che questo questa pecorella smarrita, per sia il segreto di tutta la vita e non aver usato un’infinita miseri- solo di un momento particolare, cordia, per avermi abbracciata e di una tappa parziale. È per me una nuova fase spirituale. Devo condotta fino a lui. dire che entrare in questa nuova vita è come entrare nell’abbracIl secondo tempo della vita Solo allora, con grande gioia, cio accogliente di Dio, ma vuol ho trovato la fonte di me stessa, dire anche accettare i problemi cioè, Dio! Mettere in pratica lo della vita. Fin dall’inizio ho sperimentato spirito di Gesù mi ha portato a un profondo cambiamento. Mi la difficoltà: per accogliere quesembra quasi di non riconoscere sta fede e ricevere il battesimo ho il mio passato: vivevo nella tri- dovuto affrontare l’opinione dei stezza. Ora mi pare di aver sco- miei genitori che si sono opposti con tutta la forza, specialmente perto il calore della mia vita. Ho iniziato ad accettare i miei durante l’ultimo periodo in cui mi limiti e questo mi ha incorag- sono avvicinata al battesimo. Per giato e dato forza nella vita. Ho fortuna, ho ricevuto anche l’aiuto iniziato ad accettare e a donare di tante persone e continuo a tro■ amore, premura e attenzione. vare forza nella preghiera. NELLA VALIGIA DEL MISSIONARIO p. EDI FOSCHIATTO, sx Ritornando in Italia per le vacanze, un missionario porta nella valigia del proprio cuore l’amicizia e l’affetto per i propri genitori, se ancora sono in vita, e tanti ricordi da condividere con le comunità cristiane, con i gruppi parrocchiali e con le persone amiche. Approfitto di questa opportunità per condividere con voi la gioia del lavoro missionario e le piccole soddisfazioni che ne derivano, per grazia di Dio. Ogni volta che si avvicina la santa notte della Pasqua, mi torna nell’animo la curiosità di conoscere meglio la molla che scatta nelle persone durante il processo di avvicinamento alla religione cristiana, fino al punto di voler aderire alla chiesa cattolica. Ma al di là della naturale curiosità, la domanda di ogni missionario è questa: come si fa a essere missionari autentici e a donare agli altri la fede in Dio? L’esperienza maturata in questi anni mi ha portato a puntare tutta l’attenzione sulle persone. Si tratta di un’attenzione particolare, personale. Ho potuto notare la gioia nel profondo del cuore: una gioia difficile da descrivere e che io definisco “il contatto con la grazia di Dio”. È certamente una gioia gratuita, che porta alla sorpresa per la propria indegnità e al ringraziamento per l’immensa bontà di Dio. Padre Edi Foschiatto 2008 GIUGNO MACOMER 08015 MACOMER NU - Via Toscana, 9 Tel. 0785 70120 - Fax 0785 70706 E-mail: [email protected] - C/c. postale 207084 Una presenza che si rinnova 50 anni fa la “prima pietra” a Macomer F u il vescovo di Cagliari mons. Piovella che nel 1923, incontrando il fondatore dei saveriani al 7° Congresso eucaristico nazionale a Genova, fece al beato Conforti la proposta di aprire una casa saveriana in Sardegna. Padre Angelo Lampis ci ricorda che l’idea non si poté realizzare subito e il fondatore disse: “Quello che ora non si può fare, si farà domani, coraggio…”. Dopo oltre cinquant’anni, siamo ancora a quel “domani”, per portare avanti il nostro lavoro di animazione missionaria e vocazionale in Sardegna con un nuovo stile. Gli anni delle Casermette Per i primi dodici anni, i saveriani sono stati ospiti nel “seminario sardo per le missioni estere” di Tortolì, fondato da p. Virgilio Mirto e continuato dai saveriani dopo la sua tragica e generosa morte. Gli studenti, chiamati “apostolini”, furono poi trasferiti il 10 luglio 1950 presso la V e VI Casermetta di Macomer. Ma dal ’52 al ’56 erano arrivati 25 ordini di sfratto e per quattro anni i saveriani hanno cercato di esaminare varie proposte alternative. Nel frattempo, dal 1952 al 1954, gli apostolini furono mandati a Nizza Monferrato; tra loro ricordiamo p. Giuseppe Tavera, ora missionario in Gran Bretagna. Il rettore p. Pasquale Lo Stocco riuscì a ottenere dal Comando militare di Cagliari una proroga allo sfratto del 30 aprile 1952. Padre Morandi era arrivato alle Casermette di Macomer nel novembre del 1956, al momento del recapito di un nuovo sfratto da parte del ministero della difesa. La generosità dei sardi I saveriani allora non avevano niente in Sardegna e solo la generosità dei sardi ha permesso il mantenimento della scuola, p. DINO MARCONI, sx degli apostolini in formazione e di affrontare i problemi con i vari ministeri. La benefattrice Mariantina Nughes Barria donò il terreno per costruire una casa nel rione S. Antonio, che allora non esisteva. C’erano solo alcune casette nel verde, dove pascolavano le mucche. Fra speranze, fatiche e dissidi, fu costruita l’attuale casa di Macomer con a fianco il santuario mariano, che non ha però avuto lo sviluppo che p. Morandi desiderava, essendo stato trasformato nella parrocchia della “Madonna Missionaria”. La costruzione dell’istituto iniziò il 29 giugno 1958 con la benedizione e la posa della prima pietra alla presenza delle autorità e fu inaugurato il 6 aprile 1960. Ci ricorda ancora p. Lampis: “Macomer era ed è il crocevia tra le province di Cagliari, Sassari e Nuoro”. Allora, infatti, era stato scelto dai politici come centro logistico industriale della provincia Assunta Pinna è “ancella” Hanno offerto due figli al Signore I l 6 aprile scorso nella casa madre delle “ancelle della Sacra Famiglia”, una congregazione religiosa nata in Sardegna, si è consacrata al Signore con i voti di castità, povertà e obbedienza suor Assunta Pinna. È stato un momento significativo non solo per la famiglia religiosa che l’ha accolta, ma anche per i saveriani con i quali la giovane ha lavorato diversi anni nell’animazione missionaria. Ho voluto partecipare anch’io per rappresentare in qualche modo Luigi, il fratello di Assunta, missionario saveriano in Colombia. Una grande gioia per tre La celebrazione dell’Eucaristia con la professione religiosa è stata un momento davvero p. DINO MARCONI, sx commovente. La chiesa era stracolma. Erano presenti numerose consorelle di Assunta, testimoni di una grazia speciale in questi tempi di grande scarsità di vocazioni. Ha presieduto l’Eucaristia il vescovo emerito di Iglesias, mons. Tarcisio Pillolla. Vedere una giovane che consacra la propria vita al Signore non è cosa di tutti i giorni! Molti fedeli avevano gli occhi lucidi, mentre Assunta, era raggiante! Papà Salvatore e mamma Santina hanno accompagnato all’altare la figlia come una sposa, perché fosse offerta a un marito speciale: Cristo Gesù. Anche loro erano raggianti di gioia e sembravano davvero orgogliosi del privilegio concesso loro da Dio. Dei quattro figli, Salvatore Assunta Pinna con i genitori e p. Guglielmo Camera, dopo la professione religiosa come “ancella” della Sacra Famiglia di Cagliari 8 e Santina due li hanno offerti al Signore. Come la “casa di Betania” Ho avuto la possibilità di incontrare molte volte la famiglia Pinna. Con loro mi sono sempre trovato come a casa mia. È una specie di “casa di Betania” per noi saveriani. In quella casa, i missionari hanno imparato a pensare di più agli altri. La famiglia Pinna ad Assemini è benvoluta da tutti, perché ciò che loro hanno appartiene anche agli altri. Sono felici di condividere i frutti della loro terra e del loro ...pollaio. Nel 2004, all’inizio del suo cammino vocazionale, Assunta scriveva: “Lascio tutto perché ho risposto alla chiamata del Signore per seguirlo e servirlo tra le ancelle della Sacra Famiglia. Sono grata al Signore per questo grande dono della vocazione e condivido con voi questa mia gioia, che è tanta!”. Quando Assunta è arrivata a casa sua, vestita da suora, il gruppo di amiche e amici era là ad aspettarla e per lei hanno esploso mortaretti e profuso una quantità enorme di fiori. La vocazione di Assunta è un profumo della famiglia di Salvatore e Santina! A noi la gioia di accompagnare questa nuova consacrata ■ con la preghiera. 29 giugno 1958: la posa della prima pietra della casa dei saveriani a Macomer di Nuoro, un progetto che oggi incontra serie difficoltà. Unico centro, tanti legami Padre Morandi ha avuto come collaboratori fratel Narciso Guerini, il gigante buono perito tragicamente in Congo, e p. Angelo Lampis, patriarca dei saveriani sardi, che girava per i paesi in cerca di delegate, “brave, giovani e belle”, come ripeteva spesso a p. Morandi. Molte sono già passate a contemplare la bellezza eterna di Dio; qualche novantenne sopravvive ancora. Da quest’anno la casa di Macomer è diventata l’unica presenza saveriana per l’intera Sardegna. Come “missionari itineranti”, continuiamo a mantenere i legami con i sacerdoti, le delegate, i familiari e gli amici dei saveriani in tutta l’isola. A Cagliari, avremo un appartamento per mantenere i contatti con tutti coloro che finora hanno fatto riferimento alla casa di via Sulcis. Il centro saveriano di Macomer è il fulcro dell’attività missionaria dei saveriani in Sardegna. Qui si svolgono le attività fondamentali per la gioventù: la formazione missionaria, il discernimento vocazionale e l’esperienza in missione. ■ Con le saveriane di Oristano Una bella giornata di ringraziamento nella comunità delle saveriane di Oristano. Il 22 maggio, nella parrocchia S. Giovanni Evangelista, insieme al vescovo mons. Sanna, sr. Caterina Albertini ha celebrato 50 anni di vita religiosa, mentre sr. Olivia Lomelì e sr. Giovanna Marras hanno celebrato 25 anni di vita religiosa. I nostri auguri, con le parole della fondatrice madre Celestina: “La missione sgorga da un cuore posseduto dall’amore di Gesù e dal desiderio ardente di irradiarlo e di comunicarlo a tutti”. CAMPI ESTIVI IN SARDEGNA Come già pubblicato nel numero di maggio, anche quest’anno ragazzi e giovani possono vivere una parte della loro estate in modo missionario. Ecco le opportunità che gli animatori saveriani offrono a ragazzi, adolescenti e giovani della Sardegna. Campo “Mission-boys” per ragazzi da 12 a 14 anni “Missione: insieme si può” dal 3 al 6 luglio, a Macomer Campo “Ragazze sprint” per ragazze da 12 a 14 anni “Apri le ali alla vita” dall’ 8 al 13 luglio, a Macomer Campo giovanissimi per ragazzi/e da 15 a 18 anni “Missione: insieme si può” dal 17 al 23 luglio, a Macomer dal 30 luglio al 5 agosto, a Cagliari Gruppo “Missione giovani” Campo missionario nazionale per i/le giovani da 18 a 30 anni dal 30 luglio al 5 agosto, a Cagliari Per informazioni, contattare: p. Roby Salvadori, cell 340 4914261; E-mail: [email protected] sr. Piera Grandi, tel. 0783 72758; E-mail: [email protected] 2008 GIUGNO MARCHE 60129 ANCONA AN - Via del Castellano, 40 Tel. 071 895368 - Fax 071 2812639 E-mail: [email protected] - C/c. postale 330605 Papà Vittorio Ughetto Capace di amare e perdonare Tecla e il giovane M amma Enrico erano in chiesa molto prima dell’inizio. Davanti al grande altare della chiesa Sant’Elena, a Milano, hanno accolto l’abbraccio dei parrocchiani, familiari e amici. Tra loro, i numerosi padri e studenti saveriani, venuti da Ancona, Brescia, Desio, Parma, Parigi. Tanti abbracci, tante emozioni; poche parole e molti gesti d’affetto. Poi il grande portone della chiesa si è aperto; l’organo ha lanciato le note del “Canto d’amore”; tutti si sono alzati in piedi, per accogliere la bara, ricoperta di fiori primaverili, accompagnata dal figlio missionario. Messa in rito ambrosiano Il signor Vittorio Ughetto, sposo di Tecla e papà di p. Mario e di Enrico, è già nelle braccia del Padre. Deceduto il 13 aprile, dopo sofferenze e cure che lasciavano sperare nella ripresa, è ora davanti all’altare con la sua comunità, per la celebrazione dell’Eucaristia di commiato da questa terra. Presiede la Messa il figlio p. Mario, venuto da Parigi, dove studia lingua francese per andare in Africa, dopo essere stato animatore missionario tra i giovani dell’Italia. Attorno a lui, tanti confratelli saveriani e i sacerdoti don Claudio di S. Giuseppe della Pace (zona Fiera) e don Matteo vice parroco di S. Elena. La Messa è in rito ambrosiano: subito il rito di accoglienza del fedele defunto, con l’aspersione dell’acqua che ricorda il battesimo e con l’incenso della sofferenza, necessaria per risorgere a vita nuova. a cura di p. M. STORGATO, sx Ecco come la sposa e i figli ricordano la persona cara. La testimonianza dei familiari “Vittorio nasce a La Spezia il 10 novembre 1940, quinto di 6 figli. Trascorre i primi anni di vita immerso nella guerra, mentre suo padre, ufficiale di Marina, è costretto a spostamenti continui. I pochi ricordi di guerra di Vittorio non sono tristi: quando c’era la sirena, la mamma suonava il piano e i bambini cantavano; poi quando arrivavano gli aerei si scendeva in cantina, dove i vecchi pregavano e i bambini giocavano tra loro. Nel 1950 si trasferiscono tutti a Genova, dove la famiglia trova finalmente un po’ di sicurezza economica. Vittorio continua gli studi di perito radiotecnico. Offre la sua opera in parrocchia, SPAZIO GIOVANI Scoprire Dio e noi stessi Esercizi spirituali nella vita ordinaria S iamo una giovane coppia di Ancona, sposata da due anni. Abbiamo deciso di intraprendere il cammino spirituale degli EVO, gli esercizi spirituali nella vita ordinaria. Siamo venuti a conoscenza di questo cammino da alcuni amici. Frequentando di tanto in tanto la casa dei missionari saveriani sulle colline di Ancona, siamo capitati lì poco tempo prima che gli esercizi iniziassero. Per curiosità, ma anche tanto assetati di verità e di felicità, ci siamo addentrati su questa strada. 8 profonda esperienza di Dio e di se stesso. Un’esperienza che ha cambiato profondamente la sua vita e il suo modo di vedere Dio. Infatti, Dio è sempre presente nella nostra vita e agisce per portarla alla sua piena realizzazione, ma solo con la piena disponibilità di ogni individuo. Ci incontriamo due volte al mese, il giovedì dopo cena. I nostri incontri sono guidati da padre Matteazzi, Alessandro ed Erika. Il cammino si svolge nell’arco di due anni. L’esperienza si fonda sulla necessità di favorire l’integrazione tra la fede e la vita di tutti i giorni, in maniera tale che il nostro essere cristiani si traduca in scelte di vita concrete e coerenti. FABIO e VERA menti fondamentali: gli incontri di gruppo quindicinali, per ricevere spunti di riflessione e nuovi strumenti di preghiera, per confrontarci e condividere con gli altri; la sosta di riflessione e preghiera personale quotidiana, che è il nucleo dell’esperienza; infine, l’incontro personale con la guida spirituale, per la verifica del cammino compiuto. È importante che gli EVO siano vissuti nella vita di ogni giorno. Infatti, è proprio nella vita quotidiana che il rapporto di Dio con ciascuno di noi si approfondisce sempre più. L’obiettivo di Il giovedì, dopo cena questi esercizi è quindi imparare Gli esercizi spirituali sono il a vivere con Cristo ogni situarisultato dell’esperienza di vita zione della nostra vita, bella o di sant’Ignazio di Loyola, un brutta che sia, cercando di “inuomo che è riuscito a fissare in teragire” con lui per capire cosa un “metodo” il cammino interioSeguendo lo stile di Cristo lui ci chiama a fare. Inoltre, imre che lo ha portato a fare una Gli EVO si basano su tre mo- pariamo a conoscere a fondo noi stessi, per riordinare la nostra vita secondo lo stile di Cristo. Questo quadro generale è ben poco per descrivere cosa gli EVO ci stanno dando. Potremmo aggiungere soltanto che è stato e continuerà a essere una scoperta. Una scoperta di Dio che è ovunque, che vive dentro di noi, che è solo Amore e che non desidera altro che Il gruppo degli Evo di Ancona, tra cui Vera e Fabio; seduti sul pavimento, Alessandro e p. Matteazzi la nostra felicità! ■ è scout ed educatore dei lupetti. Durante un pellegrinaggio a Lourdes, incontra Tecla, giovane crocerossina di Chiavari. Da allora non ha più tempo per le opere parrocchiali, ma solo per il treno diretto Genova - Chiavari e ritorno. Vittorio e Tecla si sposano nel 1964 e vanno ad abitare a Milano. Dopo sette anni di attesa, nasce Mario e poi Enrico. Tecla è maestra di scuola materna e Vittorio lavora nel campo dell’informatica per diverse società. Vittorio trasmette la passione dell’informatica anche ai figli, tanto da diventare un lavoro per Enrico, con il quale lui stesso Il signor Vittorio Ughetto, immerso nella lettura, nella casa dei saveriani a Londra collabora negli ultimi anni, e uno strumento importante per l’animazione missionaria ferimento importante per la sua di Mario. famiglia nei momenti più diffiHa sempre amato donare il cili. Alcuni nipoti lo sentivano suo appoggio, affettivo e fattivo, come un “secondo padre”. ai progetti dei figli e anche alle Nonostante alcuni difetti, cocomunità parrocchiali delle quali me l’eccessivo silenzio nei rapla famiglia ha fatto parte. Senza porti tra persone e l’irascibilità, avere ruoli di primo piano, si è per la quale alcuni amici dicevasempre messo a disposizione, no che diventava “Vittorio maninsieme a Tecla, di cui si defini- naro”, quello che di lui ci resta va lo “sguattero”, per dare una è il suo servizio umile e la sua mano nei piccoli ma essenziali ostinata voglia di non giudicare servizi come la cucina, l’acco- gli altri, la sua capacità di amore glienza o l’amministrazione. tenero e fedele, di comprensione Il carattere affettuoso e acco- e di perdono”. ■ gliente lo ha reso un punto di riTecla, Mario, Enrico DIARIO DELLA COMUNITà QUATTRO GIORNI DI FRATERNITà SIMONE STROZZI In Italia le case di formazione per i giovani che desiderano diventare saveriani sono due: a Desio per il discernimento vocazionale e ad Ancona per il noviziato. Attualmente siamo cinque giovani: Alessio di Lissone (MI) e Gino di San Bonifacio (VR) sono a Desio, con la guida di p. Virginio Simoncelli; Simone di Parma, Andrea di Viadana (MN) e Javier di Soria (Spagna) sono ad Ancona, con la guida di p. Giovanni Matteazzi. Due volte l’anno ci incontriamo per stare fraternamente insieme e per comunicarci le nostre esperienze formative. Quest’anno, abbiamo organizzato una gita culturale nel sud Italia. Sono venuti con noi anche due saveriani partenti per il Giappone: padre Denny dell’Indonesia e padre Felipe del Messico. Abbiamo visitato le comunità saveriane di Taranto e di Gallico (Reggio Calabria). A Taranto è stata una toccata e fuga; appena una sosta per la Messa e il pranzo. A Reggio Calabria ci siamo dati anche alla cultura, visitando la città e i bronzi di Riace. Abbiamo fatto anche un’incursione in Sicilia, con la bella attraversata in traghetto sullo Stretto, la visita al duomo di Messina e, percorrendo l’incantevole costa sicula, abbiamo raggiunto Taormina con il suo splendido teatro greco. Sono stati quattro giorni di fraternità. I luoghi visti, la bellezza del creato e soprattutto l’accoglienza dei confratelli e della gente del sud ci hanno confermato ancora una volta la bontà del Signore, che ci ha donato la vocazione missionaria. I 5 giovani di Desio e Ancona con i loro formatori p. Simoncelli e p. Matteazzi, nella breve visita alla comunità saveriana di Taranto, accolti dal rettore p. Berton e p. Primosig 2008 GIUGNO PARMA 43100 PARMA PR - Viale S. Martino, 8 Tel. 0521 990011 - Fax 0521 990002 E-mail: [email protected] - C/c. postale 153437 “Taglia, scolpisci, leviga...” A Parma, una mostra sorprendente! e illustrato artiN elcololungo che il mensile di Par- ma “Insieme dove?” di gennaio - febbraio 2007 ha dedicato al nostro museo, l’autore scrive: “…un luogo straordinario come il museo d’arte cinese ed etnografico di Parma: straordinario quanto ignorato dai nostri concittadini”. L’osservazione ha un fondo di verità, che le statistiche confermano. Guardando alle provenienze dei visitatori, mi accorgo che, se si tolgono gli studenti delle scuole, prevalgono coloro che arrivano da fuori città. In verità, i visitatori parmensi ricordano che “tanti e tanti anni fa…” ebbero l’occasione di visitare il museo e dalla memoria riaffiora, con un po’ di vaghezza, qualche oggetto che ne colpì la fantasia giovanile. L’idea permane in tante persone: un museo è una realtà che, una volta visitata, si è vista per sempre. In questi anni il museo ha presentato diverse novità e ha curato nuovi allestimenti, che meritavano di essere visti. È così anche ora. Nasce, muore e non torna Questa volta vi presento una piacevole sorpresa: una mostra che consente di guardare all’Africa in maniera nuova e rispettosa. La mostra si intitola: “Taglia, scolpisci, leviga. Il sacro nell’arte della maschera e della statuetta in Africa”. Il titolo ha un sapore misterioso, perché si rifà al racconto del mito delle origini delle maschere e statuette africane: da chi e perché furono scolpite? Secondo un antico mito africano, fin dai tempi lontani gli uomini avvertirono che “il disordine nel quale vivevano, aveva creato molti mali e sofferenze di ogni sorta: malattie, fame, omicidi, liti tra parenti, furti e stupri”. Non basta! La triste condizione dell’uomo sulla terra era resa ancor più grave dal fatto che egli p. EMILIO IURMAN, sx è condannato a una morte senza via di scampo. Dice un canto del popolo dinka del Sudan: “Quando Dio creò tutte le cose, egli creò il sole e il sole nasce, muore e ritorna. Egli creò la luna e la luna nasce, muore e ritorna. Egli creò le stelle e le stelle nascono, muoiono e ritornano. Egli creò l’uomo e l’uomo nasce, muore e non torna più”. Le statuette “manga” Vedendo questo, Ngoy il demiurgo, andò a trovare Nkulu, l’Essere supremo, il quale gli consegnò una statuetta e gli disse di farne fare molte simili. “Il grande veggente cominciò a tagliare, scolpire, levigare. Insomma lavorò senza sosta giorno e notte. Passò un certo tempo e alla fine consegnò a Ngoy una grande quantità di statuette di forma e dimensioni varie. Ngoy le portò all’Essere supremo che le aveva chieste. Come aveva promesso, l’Essere supremo soffiò l’energia Olimpiadi di Pechino 2008 La forza della mente e la forza fisica nostro museo cinese a N elParma c’è una copia fede- le di una famosa terracotta chiamata “il cantastorie”. L’originale risale alla dinastia degli Han Orientali (25-221 d.C.) e rappresenta, con il realismo tipico di tutte le terrecotte cinesi, un personaggio buffo che esercita il mestiere dell’intrattenitore. La statuetta esprime un coinvolgimento totale nel suo lavoro: su un corpo poco adatto all’attività sportiva, il viso sprizza umorismo e bonomia, la mano destra brandisce la bacchetta con cui si appresta a percuotere il tamburo che regge sotto l’ascella sinistra, il piede destro è alzato, con goffaggine infantile, nel gesto di scalciare. 8 Cantastorie bene augurante Gli affidiamo il compito di rullare il suo tamburo per un felice inizio e svolgimento delle olimpiadi di Pechino del prossimo agosto. La Cina è il primo paese orientale ad ospitarle. Per un museo che promuove l’intercultura ed è in gran parte “cinese”, ci pare importante richiamare questi XXIX giochi olimpici, dato che la Cina è pur sempre il primo amore dei saveriani. Nonostante recenti polemiche che li avvolgono, i giochi olim- pici sono di per sé la festa di tutti i popoli, uniti nel nome dello sport e della competizione pacifica. Con il loro intento di promuovere lo sport e di mettere alla prova le abilità fisiche dell’uomo, i giochi olimpici sono nati e cresciuti in occidente. Sono uno sviluppo quasi naturale del pensiero e della cultura greco - cristiana della valorizzazione - risurrezione del corpo, come parte integrante della persona umana. Competizione e incontro Anche l’oriente conosce e pratica lo sport e le competizioni fisiche, pur limitate a poche discipline. Tuttavia, a partire dalla Cina e dal suo pensiero filosofico confuciano, si rivela una tendenza tipica del pensiero orientale: l’elemento corporeo va “superato” affinché lo spirito raggiunga quella perfezione morale cui tende il gentiluomo, il letterato. Le tipiche arti marziali orientali, così popolari ora in occidente, sono nate su un secondo troncone del pensiero cinese: quello dei monasteri buddhisti e taoisti (basti citare il monastero di Shaolin e i suoi monaci guerrieri dediti al kung-fu). Pur ricer- p. E. IURMAN, sx cando una straordinaria padronanza e adattabilità del corpo, anche le arti marziali sottolineano, in qualche maniera, il predominio della forza della mente sulla forza fisica. Oriente e occidente possono imparare molto, a vicenda, dal loro incontro. È così che vorremmo fossero vissute le olimpiadi. Cantastorie, rulla il tuo tamburo! ■ Statuetta in terracotta del “cantastorie”, copia della più famosa degli Han Orientali (25-221 d.C.) Una statuetta e una maschera della mostra “Taglia, scolpisci, leviga…”, allestita al museo cinese dei saveriani di Parma operante negli oggetti. Li chiamò “manga” che significa “ciò che emana l’energia viva”… Da quel giorno gli uomini ricorrono a questi oggetti energetici per curare i loro mali, per mettersi in contatto con il sacro e con il Genio primordiale, con i loro antenati e con gli esseri spirituali”. Fascino e mistero Queste parole sono tratte dal libro che accompagna la mostra. La suggestione creata da vari testi poetici e dalle didascalie si propaga nella visione degli oggetti esposti: la maschera funebre, i feticci caricati di potenza magica, gli oggetti di divinazione, la maschera ventrale, le statuette degli antenati scontenti del loro rapporto con i discen- denti… Insomma, una galleria di oggetti ben scelti e carichi di fascino misterioso, per ammirare e pensare. Una colorata e sobria sequenza di foto di un’Africa che richiama all’oggi e alla quotidianità circonda gli oggetti esposti, rendendo un servizio alla conoscenza di questo continente e della sua gente. Insieme con la mostra, si possono naturalmente ammirare anche le altre esposizioni del museo. Orari per le visite: tutti i giorni dalle 9 alle 12 e dalle 15 alle 18 (anche la domenica, dalle 15 alle 18). Resta chiusa il mercoledì e la domenica mattina. Se ne può godere un’anticipazione visitando il sito del museo: www.museocineseparma.org ■ “SPECCHIO DELLE MIE BRAME...” Nuovo allestimento museale a Parma p. E. IURMAN, sx Dal momento in cui, secondo il racconto biblico, l’uomo percepì la propria nudità, ha cercato di coprire il proprio corpo, per pudore e per difesa dalle avversità del clima. Non solo. In tutte le culture, gli uomini e le donne hanno usato il proprio corpo sia come biglietto da visita per presentarsi agli altri e rendersi desiderabili e belli, sia come tessera di riconoscimento per potersi aggregare a un particolare gruppo di esseri a loro vicini o per distinguersi da altri gruppi, percepiti come diversi. Il nuovo allestimento di una sezione del museo dei saveriani a Parma parte da questa premessa per esplorare usi e costumi di alcuni popoli, in particolare: - gli indio kayapò dell’Amazzonia, che fanno un uso estensivo della pittura del corpo (in foto); - il popolo mentawaiano dell’Indonesia, che usa il tatuaggio; - la Cina con l’eleganza dei suoi abiti di seta (in foto); - alcune culture dell’Africa che praticano la scarificazione. Nonostante il titolo, l’allestimento non vuole fare una classifica di eleganza umana. Intende solo curiosare dentro un’umanità fatta di corpi e di ricerca del bello, a partire dalla propria immagine riflessa nello specchio con cui si apre l’allestimento e che maliziosamente suggerisce: “Il più bello sei tu...”. La mostra è visitabile nei prossimi mesi, tutti i giorni dalle 9 alle 12 e dalle 15 alle 18 (anche la domenica, dalle 15 alle 18). Resta chiusa il mercoledì e la domenica mattina. 2008 GIUGNO PIACENZA 25121 BRESCIA BS - Via Piamarta, 9 Tel. 030 3772780 - Fax 030 3772781 E-mail: [email protected] - C/c. postale 216259 “Taglia, scolpisci, leviga...” A Parma, una mostra sorprendente! e illustrato artiN elcololungo che il mensile di Par- ma “Insieme dove?” di gennaio - febbraio 2007 ha dedicato al nostro museo, l’autore scrive: “…un luogo straordinario come il museo d’arte cinese ed etnografico di Parma: straordinario quanto ignorato dai nostri concittadini”. L’osservazione ha un fondo di verità, che le statistiche confermano. Guardando alle provenienze dei visitatori, mi accorgo che, se si tolgono gli studenti delle scuole, prevalgono coloro che arrivano da fuori città. In verità, i visitatori parmensi ricordano che “tanti e tanti anni fa…” ebbero l’occasione di visitare il museo e dalla memoria riaffiora, con un po’ di vaghezza, qualche oggetto che ne colpì la fantasia giovanile. L’idea permane in tante persone: un museo è una realtà che, una volta visitata, si è vista per sempre. In questi anni il museo ha presentato diverse novità e ha curato nuovi allestimenti, che meritavano di essere visti. È così anche ora. Nasce, muore e non torna Questa volta vi presento una piacevole sorpresa: una mostra che consente di guardare all’Africa in maniera nuova e rispettosa. La mostra si intitola: “Taglia, scolpisci, leviga. Il sacro nell’arte della maschera e della statuetta in Africa”. Il titolo ha un sapore misterioso, perché si rifà al racconto del mito delle origini delle maschere e statuette africane: da chi e perché furono scolpite? Secondo un antico mito africano, fin dai tempi lontani gli uomini avvertirono che “il disordine nel quale vivevano, aveva creato molti mali e sofferenze di ogni sorta: malattie, fame, omicidi, liti tra parenti, furti e stupri”. Non basta! La triste condizione dell’uomo sulla terra era resa ancor più grave dal fatto che egli p. EMILIO IURMAN, sx è condannato a una morte senza via di scampo. Dice un canto del popolo dinka del Sudan: “Quando Dio creò tutte le cose, egli creò il sole e il sole nasce, muore e ritorna. Egli creò la luna e la luna nasce, muore e ritorna. Egli creò le stelle e le stelle nascono, muoiono e ritornano. Egli creò l’uomo e l’uomo nasce, muore e non torna più”. Le statuette “manga” Vedendo questo, Ngoy il demiurgo, andò a trovare Nkulu, l’Essere supremo, il quale gli consegnò una statuetta e gli disse di farne fare molte simili. “Il grande veggente cominciò a tagliare, scolpire, levigare. Insomma lavorò senza sosta giorno e notte. Passò un certo tempo e alla fine consegnò a Ngoy una grande quantità di statuette di forma e dimensioni varie. Ngoy le portò all’Essere supremo che le aveva chieste. Come aveva promesso, l’Essere supremo soffiò l’energia Olimpiadi di Pechino 2008 La forza della mente e la forza fisica nostro museo cinese a N elParma c’è una copia fede- le di una famosa terracotta chiamata “il cantastorie”. L’originale risale alla dinastia degli Han Orientali (25-221 d.C.) e rappresenta, con il realismo tipico di tutte le terrecotte cinesi, un personaggio buffo che esercita il mestiere dell’intrattenitore. La statuetta esprime un coinvolgimento totale nel suo lavoro: su un corpo poco adatto all’attività sportiva, il viso sprizza umorismo e bonomia, la mano destra brandisce la bacchetta con cui si appresta a percuotere il tamburo che regge sotto l’ascella sinistra, il piede destro è alzato, con goffaggine infantile, nel gesto di scalciare. 8 Cantastorie bene augurante Gli affidiamo il compito di rullare il suo tamburo per un felice inizio e svolgimento delle olimpiadi di Pechino del prossimo agosto. La Cina è il primo paese orientale ad ospitarle. Per un museo che promuove l’intercultura ed è in gran parte “cinese”, ci pare importante richiamare questi XXIX giochi olimpici, dato che la Cina è pur sempre il primo amore dei saveriani. Nonostante recenti polemiche che li avvolgono, i giochi olim- pici sono di per sé la festa di tutti i popoli, uniti nel nome dello sport e della competizione pacifica. Con il loro intento di promuovere lo sport e di mettere alla prova le abilità fisiche dell’uomo, i giochi olimpici sono nati e cresciuti in occidente. Sono uno sviluppo quasi naturale del pensiero e della cultura greco - cristiana della valorizzazione - risurrezione del corpo, come parte integrante della persona umana. Competizione e incontro Anche l’oriente conosce e pratica lo sport e le competizioni fisiche, pur limitate a poche discipline. Tuttavia, a partire dalla Cina e dal suo pensiero filosofico confuciano, si rivela una tendenza tipica del pensiero orientale: l’elemento corporeo va “superato” affinché lo spirito raggiunga quella perfezione morale cui tende il gentiluomo, il letterato. Le tipiche arti marziali orientali, così popolari ora in occidente, sono nate su un secondo troncone del pensiero cinese: quello dei monasteri buddhisti e taoisti (basti citare il monastero di Shaolin e i suoi monaci guerrieri dediti al kung-fu). Pur ricer- p. E. IURMAN, sx cando una straordinaria padronanza e adattabilità del corpo, anche le arti marziali sottolineano, in qualche maniera, il predominio della forza della mente sulla forza fisica. Oriente e occidente possono imparare molto, a vicenda, dal loro incontro. È così che vorremmo fossero vissute le olimpiadi. Cantastorie, rulla il tuo tamburo! ■ Statuetta in terracotta del “cantastorie”, copia della più famosa degli Han Orientali (25-221 d.C.) Una statuetta e una maschera della mostra “Taglia, scolpisci, leviga…”, allestita al museo cinese dei saveriani di Parma operante negli oggetti. Li chiamò “manga” che significa “ciò che emana l’energia viva”… Da quel giorno gli uomini ricorrono a questi oggetti energetici per curare i loro mali, per mettersi in contatto con il sacro e con il Genio primordiale, con i loro antenati e con gli esseri spirituali”. Fascino e mistero Queste parole sono tratte dal libro che accompagna la mostra. La suggestione creata da vari testi poetici e dalle didascalie si propaga nella visione degli oggetti esposti: la maschera funebre, i feticci caricati di potenza magica, gli oggetti di divinazione, la maschera ventrale, le statuette degli antenati scontenti del loro rapporto con i discen- denti… Insomma, una galleria di oggetti ben scelti e carichi di fascino misterioso, per ammirare e pensare. Una colorata e sobria sequenza di foto di un’Africa che richiama all’oggi e alla quotidianità circonda gli oggetti esposti, rendendo un servizio alla conoscenza di questo continente e della sua gente. Insieme con la mostra, si possono naturalmente ammirare anche le altre esposizioni del museo. Orari per le visite: tutti i giorni dalle 9 alle 12 e dalle 15 alle 18 (anche la domenica, dalle 15 alle 18). Resta chiusa il mercoledì e la domenica mattina. Se ne può godere un’anticipazione visitando il sito del museo: www.museocineseparma.org ■ “SPECCHIO DELLE MIE BRAME...” Nuovo allestimento museale a Parma p. E. IURMAN, sx Dal momento in cui, secondo il racconto biblico, l’uomo percepì la propria nudità, ha cercato di coprire il proprio corpo, per pudore e per difesa dalle avversità del clima. Non solo. In tutte le culture, gli uomini e le donne hanno usato il proprio corpo sia come biglietto da visita per presentarsi agli altri e rendersi desiderabili e belli, sia come tessera di riconoscimento per potersi aggregare a un particolare gruppo di esseri a loro vicini o per distinguersi da altri gruppi, percepiti come diversi. Il nuovo allestimento di una sezione del museo dei saveriani a Parma parte da questa premessa per esplorare usi e costumi di alcuni popoli, in particolare: - gli indio kayapò dell’Amazzonia, che fanno un uso estensivo della pittura del corpo (in foto); - il popolo mentawaiano dell’Indonesia, che usa il tatuaggio; - la Cina con l’eleganza dei suoi abiti di seta (in foto); - alcune culture dell’Africa che praticano la scarificazione. Nonostante il titolo, l’allestimento non vuole fare una classifica di eleganza umana. Intende solo curiosare dentro un’umanità fatta di corpi e di ricerca del bello, a partire dalla propria immagine riflessa nello specchio con cui si apre l’allestimento e che maliziosamente suggerisce: “Il più bello sei tu...”. La mostra è visitabile nei prossimi mesi, tutti i giorni dalle 9 alle 12 e dalle 15 alle 18 (anche la domenica, dalle 15 alle 18). Resta chiusa il mercoledì e la domenica mattina. 2008 GIUGNO PIEMONTE e liguria 20033 DESIO MI - Via Don Milani, 2 Tel. 0362 630591 - Fax 0362 301980 E-mail: [email protected] - C/c. postale 00358200 Papà Vittorio Ughetto Capace di amare e perdonare Tecla e il giovane M amma Enrico erano in chiesa molto prima dell’inizio. Davanti al grande altare della chiesa Sant’Elena, a Milano, hanno accolto l’abbraccio dei parrocchiani, familiari e amici. Tra loro, i numerosi padri e studenti saveriani, venuti da Ancona, Brescia, Desio, Parma, Parigi. Tanti abbracci, tante emozioni; poche parole e molti gesti d’affetto. Poi il grande portone della chiesa si è aperto; l’organo ha lanciato le note del “Canto d’amore”; tutti si sono alzati in piedi, per accogliere la bara, ricoperta di fiori primaverili, accompagnata dal figlio missionario. Messa in rito ambrosiano Il signor Vittorio Ughetto, sposo di Tecla e papà di p. Mario e di Enrico, è già nelle braccia del Padre. Deceduto il 13 aprile, dopo sofferenze e cure che lasciavano sperare nella ripresa, è ora davanti all’altare con la sua comunità, per la celebrazione dell’Eucaristia di commiato da questa terra. Presiede la Messa il figlio p. Mario, venuto da Parigi, dove studia lingua francese per andare in Africa, dopo essere stato animatore missionario tra i giovani dell’Italia. Attorno a lui, tanti confratelli saveriani e i sacerdoti don Claudio di S. Giuseppe della Pace (zona Fiera) e don Matteo vice parroco di S. Elena. La Messa è in rito ambrosiano: subito il rito di accoglienza del fedele defunto, con l’aspersione dell’acqua che ricorda il battesimo e con l’incenso della sofferenza, necessaria per risorgere a vita nuova. Ecco come la sposa e i figli ricordano la persona cara. a cura di p. M. STORGATO, sx Testimonianza dei familiari “Vittorio nasce a La Spezia il 10 novembre 1940, quinto di 6 figli. Trascorre i primi anni di vita immerso nella guerra, mentre suo padre, ufficiale di Marina, è costretto a spostamenti continui. I pochi ricordi di guerra di Vittorio non sono tristi: quando c’era la sirena, la mamma suonava il piano e i bambini cantavano; poi quando arrivavano gli aerei si scendeva in cantina, dove i vecchi pregavano e i bambini giocavano tra loro. Nel 1950 si trasferiscono tutti a Genova, dove la famiglia trova finalmente un po’ di sicurezza economica. Vittorio continua gli studi di perito radiotecnico. Offre la sua opera in parrocchia, è scout ed educatore dei lupetti. Durante un pellegrinaggio a Lourdes, incontra Tecla, giovane crocerossina di Chiavari. Da allora non ha più tempo Fiori della speranza in Brasile Non possiamo perdere il coraggio I l Brasile, nonostante qualche progresso, vive ancora una situazione complicata: cibo insufficiente, scarsa istruzione, igiene e abitazioni precarie, trasporti costosi e insicuri... Senza alcuna prospettiva per il futuro è facile che si creino tensioni, che poi possono scoppiare in mondo drammatico. Sono ancora milioni i bambini abbandonati e le prigioni sono sempre piene zeppe di carcerati maltrattati, che pensano solo a ribellarsi e a fuggire. La casa come un collegio Ma in mezzo a questo mare di melma crescono i fiori profumati di un popolo che ama la vita, si intenerisce per i bambini, si innamora dei piccoli gesti di bontà che i poveri spesso fanno, ac- cogliendosi, aiutandosi, rendendo meno penosa l’esistenza. Conosco una giovane maestra che vive da sola in città. Improvvisamente arrivano da lei tre fratelli e un cognato, in vista degli esami di ammissione all’università. Dopo di loro, arriva una sorella con tre bambini per passare qualche giorno in città. Poi, la mamma con un’altra sorella e infine un’amica che chiedeva di restare anche lei in casa sua per studiare. Tutti hanno dormito e mangiato là. La piccola casa si era trasformata in un ...collegio! Un giorno sono andato a visitare un vecchio malato, rannicchiato nella sua amaca. Una donna premurosa gli stava accanto. Pensavo fosse la figlia; invece era la nuora. II marito l’aveva abbandonata, lasciandole tre fiPadre Masi tra Giorgio Fasolini e la sposa Caterina, amici genovesi delle missioni 8 p. NICOLA MASI, sx gli e il suocero anziano da curare. “Dio me l’ha dato - mi disse; potevo buttarlo fuori? Lui ha bisogno e io lo curo, come se fosse mio padre!”. “Cammineremo uniti...” L’anno scorso sono stati cresimati 40 giovani. Li ammettiamo solo a 17 anni, perché desideriamo che ricevano coscientemente il sacramento, assumano il loro impegno cristiano e continuino poi a lavorare nella comunità. Una ragazza, durante la Messa presieduta dal vescovo, ha voluto esprimere ciò che sentiva in quel momento. “Rinnovo il mio impegno a lavorare nella comunità, con piena fiducia in Dio, al quale chiedo di darmi forza e coraggio per andare avanti. Signore, cammineremo uniti: tu appoggiandomi, e io mettendomi a tua disposizione, preparandomi sempre più per servire meglio il tuo popolo. Fammi tuo strumento perché venga il tuo regno, un regno di amore e di pace, di fraternità e di giustizia; un regno nel quale tu, o Dio, sarai tutto di tutti. Amen!”. Finché in Brasile ci sono persone così, non possiamo perdere il coraggio. Dio deve essere molto vicino a questo popolo tanto sofferente. Ed è per questo che fa germogliare e crescere fiori bellissimi. Sono i fiori della ■ speranza. per le opere parrocchiali, ma solo per il treno diretto Genova - Chiavari e ritorno. Vittorio e Tecla si sposano nel 1964 e vanno ad abitare a Milano. Dopo sette anni di attesa, nasce Mario e poi Enrico. Tecla è maestra di scuola materna e Vittorio lavora nel campo dell’informatica per diverse società. Vittorio trasmette la passione dell’informatica anche ai figli, tanto da Il signor Vittorio Ughetto, immerso nella lettura, nella casa dei saveriani a Londra diventare un lavoro per Enrico, con il quale lui stesso collabora di riferimento importante per negli ultimi anni, e uno strumen- la sua famiglia nei momenti to importante per l’animazione più difficili. Alcuni nipoti lo sentivano come un “secondo missionaria di Mario. Ha sempre amato donare il padre”. Nonostante l’eccessivo sisuo appoggio, affettivo e fattivo, ai progetti dei figli e anche alle lenzio nei rapporti tra persone comunità parrocchiali delle quali e l’irascibilità, per la quale alla famiglia ha fatto parte. Senza cuni amici dicevano che divenavere ruoli di primo piano, si è tava “Vittorio mannaro”, quello sempre messo a disposizione, che di lui ci resta è il suo serviinsieme a Tecla, di cui si defini- zio umile e la sua ostinata vova lo “sguattero”, per dare una glia di non giudicare gli altri, mano nei piccoli ma essenziali la sua capacità di amore tenero servizi come la cucina, l’acco- e fedele, di comprensione e di perdono”. ■ glienza o l’amministrazione. Il carattere affettuoso e acTecla, Mario, Enrico cogliente lo ha reso un punto BRASILE, TERRA DI SACCHEGGIO p. NICOLA MASI, sx II problema del Brasile è economico e politico, ma è soprattutto etico. L’economia di questo Paese grande e ricco è stata sfruttata perché era considerata una “terra di saccheggio”. Arrivarono in molti. Primi fra tutti i portoghesi, poi i francesi, gli inglesi, gli olandesi; infine, all’inizio del secolo passato, tedeschi, italiani, polacchi, giapponesi... Non erano interessati alla popolazione, ma a far fortuna, ad arricchirsi e a tornarsene a casa. II Brasile è stato preso d’assalto dalle multinazionali, che rimangono là finché fa comodo. II potere interno, più che difendere il cittadino, fa i suoi interessi e aumenta la corruzione, l’insicurezza, l’ingiustizia, la violenza. In questa situazione, nascono gli avventurieri politici, i salvatori della patria, che riempiono il popolo di sogni e di speranze… A rendere più drammatica la situazione è il deterioramento etico. Ognuno cerca di arrangiarsi. Si moltiplicano le leggi, ma diminuiscono gli esecutori. Comanda chi può. Vale il diritto del più forte, la legge della foresta. II povero diventa sempre più povero e sempre più indifeso. E spesso, per sopravvivere, vive un suo codice parallelo. Perfino in campo religioso la gente, che si dice in gran parte “cattolica”, ha le sue vie, la sua maniera di vivere, la sua religiosità. Inventa la sua religione, intona i suoi canti e le sue danze; fa leggi per il suo quartiere e arriva a farsi giustizia con le proprie mani, perché non riesce più a fidarsi di nessuno. 2008 GIUGNO PUGLIA 74100 LAMA TA - Via Tre Fontane, 15 Tel. 099 7773186 - Fax 099 7772558 E-mail: [email protected] - C/c. postale 10423747 L'ANGOLO DEL SILENZIO / 18 Impariamo dal gatto di casa Come e perché usare la “gatto-terapia” S appiamo tutto del gatto come “atleta”. Conosciamo meno le eccezionali misure di auto-terapia che il nostro scattante felino domestico pratica istintivamente ogni volta che si ammala. La cura del gatto è così efficace che, applicata, sarebbe vantaggiosa per tutti gli animali, …uomo compreso. Infatti, in base all’esperienza, è noto che il gatto malato, in situazione di emergenza fisica, mostra una capacità di recupero sorprendente e veloce. Si dice che “il gatto guarisce presto perchè ha sette vite”. Non è vero! Guarisce grazie al metodo rigoroso e intelligente con il quale cura se stesso. Massimo auto controllo La terapia con cui il gatto malato si cura mi ha sempre incuriosito. Quando ero ragazzo, in un ambiente di aperta campagna, ho potuto osservare in casa mia un gatto ferito alle gambe. Sembrava che dovesse morire da un momento all’altro. Invece, dopo pochi giorni l’ho rivisto muoversi dal suo letargo e in grado di camminare. Il fatto mi ha stupito e mi ha spinto, fin da allora, ad approfondire il problema. Poi, osservando altri casi di gatti feriti gravemente, è emersa abbastanza chiara la definizione segreta della loro cura. Tutto sembra consistere nell’enorme potenziale di auto controllo che ha il felino durante la malattia: economizza ogni caloria ed energia per convogliarla in favore della parte malata. p. ANGELO BERTON, sx La cura produce un efficace e veloce recupero fisico perché il felino, appena si ammala, ha la capacità reale di perdere momentaneamente la dimensione del tempo e dello spazio. Si cala subito nel riposo e nell’oblio di sé, con un’ammirabile compostezza. Riesce a voltar pagina, interrompendo lo stress quotidiano delle sue normali abitudini esteriori, finché la sua terapia intensiva non gli restituisce, rigenerate, tutte le parti lese del suo corpo. Aver cura di se stessi Chi ha insegnato al gatto questi accorgimenti curativi? È un mistero Quattro giorni di fraternità Giovani aspiranti missionari al sud I n Italia le case di formazione per i giovani che desiderano diventare saveriani sono due: a Desio per il discernimento vocazionale e ad Ancona per il noviziato. Attualmente siamo cinque giovani: Alessio di Lissone (MI) e Gino di San Bonifacio (VR) sono a Desio, con la guida di p. Virginio Simoncelli; Simone di Parma, Andrea di Viadana (MN) e Javier di Soria (Spagna) sono ad Ancona, con la guida di padre Giovanni Matteazzi. È tradizione che due volte l’anno, in novembre e aprile, ci incontriamo per stare fraternamente insieme e per comunicarci le nostre esperienze formative. Quest’anno, siccome non ave- 8 vamo mai visitato l’Italia “sotto Roma”, abbiamo organizzato una gita culturale nel sud Italia. Partiti da Ancona il 25 aprile all’alba, siamo tornati il 28 aprile al tramonto. Sono venuti con noi anche due saveriani partenti per il Giappone, che attualmente sono ad Ancona per apprendere la lingua italiana: padre Denny dell’Indonesia e padre Felipe del Messico. Con loro, i nove posti del pulmino erano esauriti. Abbiamo visitato le comunità saveriane di Taranto e di Gallico (Reggio Calabria). Siamo riconoscenti per l’ottima accoglienza fraterna che ci hanno offerto. A Taranto è stata una toccata e fuga; appena una sosta per la I cinque giovani di Desio e Ancona con i loro formatori p. Simoncelli e p. Matteazzi, nella breve visita alla comunità saveriana di Taranto, accolti dal rettore p. Berton e p. Primosig SIMONE STROZZI Messa e il pranzo. A Reggio Calabria ci siamo dati anche alla cultura, visitando la città e i bronzi di Riace, databili al V secolo a.C., in ottimo stato di conservazione. Le due statue - rinvenute nel 1972 nei pressi di Riace, in provincia di Reggio Calabria - sono considerate tra i capolavori scultorei più significativi del periodo ellenico classico. Dopo i bronzi, abbiamo percorso il lungo mare di Reggio Calabria, quello che il D’Annunzio chiamava “il chilometro più bello d’Italia”, con il famoso “gelato di Cesare”, tappa obbligatoria per i turisti, fino alla bella cittadina di Scilla con la sua spiaggia. Ma un forte acquazzone ci ha ricordato che... l’estate era ancora lontana. Abbiamo fatto anche un’incursione in Sicilia, con la bella attraversata in traghetto sullo Stretto, la visita al duomo di Messina e, percorrendo l’incantevole costa sicula, abbiamo fatto una breve visita a Taormina con il suo teatro greco. Sono stati quattro giorni di fraternità. I chilometri percorsi in pulmino non sono stati pochi, ma i luoghi visti, la bellezza del creato e soprattutto l’accoglienza dei confratelli e della gente del sud ci hanno confermato ancora una volta la bontà del Signore, che ci ha donato la voca■ zione missionaria. della natura. Il gatto non fa come qualcuno di noi umani che, ammalatosi, non sa sottrarsi alla schiavitù delle sue occupazioni quotidiane. Noi, invece di riposare accettando i limiti della nostra natura, pretendiamo di forzarla, rimanendo attaccati oltre il lecito alle nostre abituali attività e fatiche. Pur davanti all’evidenza dei fatti, cerchiamo di insistere e strafare, dicendo: “Perchè proprio adesso? Non posso abbandonare il lavoro per curarmi... Devo resistere..., devo arrivare..., devo fare...”. Così facendo, molti di noi si sono tirati la zappa sui piedi peggiorando la situazione, tanto da essere costretti a soccombere e abbandonare per sempre il lavoro, con il doppio rimpianto di non aver fatto, a tempo dovuto, la… cura del gatto. Manuale della terapia Ecco un semplice manuale terapeutico del nostro caro felino domestico: 1. Appena cade ammalato, sa passare subito dalla massima attività a un riposo equilibrato; evita di sprecare calorie durante tutto il tempo della cura. 2. Sa accettare i suoi limiti con realismo; rinuncia e dimentica (non per pigrizia né per esagerato protezionismo) la passione della caccia, i salti e perfino il cibo. 3. Senza innervosirsi, resta rigorosamente in un angolino, aspettando tempi migliori. 4. Controlla il suo frenetico istinto di movimento e usa tutte le auto difese per sottoporsi, momento per momento, al sistema curativo. 5. Non si preoccupa più di niente e di nessuno; non gira nemmeno la testa; se ti avvicini, ti guarda con la coda dell’occhio. In lui tutto è programmato istintivamente per risparmiare e recuperare il massimo di energie in favore della propria salute. In conclusione, voglio solo dire... Per non cadere in trappola e dover fare la fine del topolino, …imitate la cura del gatto! ■ Notizie della famiglia Abbiamo ricevuto notizia della morte della signora Ranieri Colomba, mamma del saveriano p. Domenico Pietanza, missionario in Bangladesh. Ringraziando Dio per il dono di 93 anni di vita, resta tuttavia il dolore della separazione terrena. Il figlio missionario non ha potuto partecipare fisicamente alla Messa di commiato, celebrata nella chiesa di san Nicola a Mola di Bari, sabato 17 maggio. La sua vicinanza spirituale è stata certamente intensa, accanto ai fratelli e alle sorelle. Nella preghiera e con affetto fraterno, ci uniamo al dolore e al sacrificio della famiglia, mentre imploriamo la gioia eterna per la mamma defunta. CAMPI ESTIVI PER I GIOVANI Come già ricordato nel numero di maggio, anche quest’anno i giovani possono vivere una parte delle loro vacanze in modo missionario. Ecco le opportunità che gli animatori saveriani offrono per l’estate. Per i giovanissimi, ragazzi e ragazze da 15 a 18 anni, sono previsti cinque campi di formazione e lavoro per la missione, in varie zone di Salerno e vicinanze. Tema comune per tutti i campi: “Missione: insieme si può”. Ecco le date e i luoghi: • dal 18 al 22 giugno: a Lancusi - Baronissi (Salerno) • dal 24 al 29 giugno: a Salerno città, zona est • dal 2 al 6 luglio: a Olevano (Salerno) • dall’8 al 13 luglio: a Salerno città, zona ovest Tre giorni di formazione “Missione nel cuore” per i giovanissimi, 15 - 18 anni, dal 24 al 26 luglio, a Salerno in casa dei missionari saveriani Campi missionari per giovani speciali Gruppo “Missione giovani” per i giovani e le giovani da 18 a 30 anni dal 30 luglio al 5 agosto, a Cagliari “Tabor” per riflettere e pregare settimana di spiritualità missionaria per i giovani e le giovani da 18 a 30 anni dal 23 al 30 agosto, con i saveriani di Ancona Per informazioni, contattare: p. Alex Brai, cell 334 9718037; E-mail: [email protected] sr. Francesca Mura, cell 328 7234433; E-mail: [email protected] 2008 GIUGNO REGGIO CALABRIA 89135 GALLICO SUPERIORE RC - Via Rimembranze Santuario Madonna della Grazia Tel. 0965 370304 - Fax 0965 373137 - E-mail: [email protected] - C/c. postale 10444891 Il libro del “martirio bianco” Il sacrificio missionario di una vita breve S pesso la chiesa ha pianto e onorato i suoi “martiri rossi”, coloro cioè che hanno subìto morte violenta a causa della loro fede in Dio. Sono tanti, dai profeti ai santi innocenti, compresi tutti coloro che li seguirono, in ogni tempo e luogo fino a oggi. Di alcuni sono state scritte le memorie, ma molti di più sono anonimi; solo Dio sa quanti, e li ha coronati adeguatamente. La tomba dell’uomo bianco Ma c’è un’altra schiera, forse più numerosa, di apostoli che hanno accettato il sacrificio di una vita breve per portare il vangelo in luoghi malsani e difficili. Uno di questi luoghi è la Sierra Leone, conosciuta in passato come “la tomba dell’uomo bianco”. Tanti giovani missionari vi si sono avventurati perché la gente indigena potesse almeno godere ...il paradiso nell’aldilà. Il beato Conforti diceva: “La vita apostolica, congiunta alla professione dei voti religiosi, costituisce per sé quanto di più perfetto, secondo il vangelo, si possa concepire… I voti sono come una specie di martirio a cui, se manca l’intensità dello spasimo, supplisce la continuità di tutta la vita”. Le micidiali febbri tropicali Il libretto souvenir scritto dai padri dello Spirito Santo, per celebrare il centenario della missione da loro fondata, riporta una lista impressionante di giovani missionari che hanno subìto volontariamente il “martirio bianco” per amore del vangelo: una vita breve, stroncata dalle infide malattie tropicali. La dedica del libro dice: “Questo souvenir del centenario è dedicato con gratitudine alla fede ardente, allo zelo apostolico e al generoso spirito di sacrificio dei primi missionari”. Il p. MARIO GUERRA, sx vescovo Brosnahan, a conclusione dell’introduzione scrive: “Il seme sparso nei cento anni passati è stato bene irrigato dal generoso sacrificio. Prego che il futuro porti frutti degni di tanto sacrificio nascosto”. L’Africa dell’ottocento era un pericolo mortale per chiunque si avventurasse nel suo interno. Il clima tropicale, caldo e umido, favoriva il proliferare di miriadi di insetti portatori di febbri ed epidemie mortali. La medicina curativa era ancora inadeguata, i trasporti primitivi e lenti. Il quarto tentativo di “santa crociata” per l’evangelizzazione stabile dell’Africa occidentale fu opera dei “padri dello Spirito Santo” e delle “suore di S. Giuseppe di Cluny”, agli inizi del 1800. Due tentativi precedenti di gesuiti e francescani erano finiti nell’annientamento totale della missione, proprio a causa delle febbri e malattie tropicali. L’infaticabile suor Javouhey La fondatrice delle giuseppine di Cluny, madre Anne Marie Javouhey, si era stabilita prima a St. Lollis (Senegal) nel 1779, e poi nell’isola di Goree nel 1818. Aveva visitato l’Africa occidentale nel 1823, in spedizioni degne dei grandi viaggi apostolici, tra innumerevoli pericoli di ogni tipo. Essa meravigliò tutti per la sua grande energia. Non è mai indietreggiata di fronte a un’azione che potesse migliorare la condizione della gente. Lavorò sopportando anche il fastidio dei severi abiti religiosi del tempo, non idonei ai climi caldi dell’Africa. Alla richiesta del governatore inglese a Freetown Sir Charles McArthy, madre Anne Marie accettò la gestione dell’ospedale di Bathust in Gambia e prese interesse alla Sierra Leone, dove arrivò il 14 marzo 1823. Per vari mesi lavorò all’ospedale con energia sovrumana tra le vittime di “febbre gialla” e quasi ne rimase vittima lei stessa. Per varie settimane giacque in condizioni disperate, ma Dio la conservò per altre opere di carità. La sua guarigione fu un vero miracolo e poté tornare in Francia, triste di dover lasciare la missione a cui si era dedicata con ■ tanta passione. La chiesa di Sant’Andrea a Makeni, in Sierra Leone, distrutta durante la guerra civile; la croce piegata è simbolo di sofferenza, ma anche di speranza Suor Javouhey Quattro giorni di fraternità Giovani aspiranti missionari al sud I n Italia le case di formazione per i giovani che desiderano diventare saveriani sono due: a Desio per il discernimento vocazionale e ad Ancona per il noviziato. Attualmente siamo cinque giovani: Alessio di Lissone (MI) e Gino di San Bonifacio (VR) sono a Desio, con la guida di p. Virginio Simoncelli; Simone di Parma, Andrea di Viadana (MN) e Javier di Soria (Spagna) sono ad Ancona, con la guida di padre Giovanni Matteazzi. È tradizione che due volte l’anno, in novembre e aprile, ci incontriamo per stare fraternamente insieme e per comunicarci le nostre esperienze formative. Quest’anno, siccome non ave- 8 vamo mai visitato l’Italia “sotto Roma”, abbiamo organizzato una gita culturale nel sud Italia. Partiti da Ancona il 25 aprile all’alba, siamo tornati il 28 aprile al tramonto. Sono venuti con noi anche due saveriani partenti per il Giappone, che attualmente sono ad Ancona per apprendere la lingua italiana: padre Denny dell’Indonesia e padre Felipe del Messico. Con loro, i nove posti del pulmino erano esauriti. Abbiamo visitato le comunità saveriane di Taranto e di Gallico (Reggio Calabria). Siamo riconoscenti per l’ottima accoglienza fraterna che ci hanno offerto. A Taranto è stata una toccata e fuga; appena una sosta per la I cinque giovani di Desio e Ancona con i loro formatori p. Simoncelli e p. Matteazzi, nella breve visita alla comunità saveriana di Taranto, accolti dal rettore p. Berton e p. Primosig SIMONE STROZZI Messa e il pranzo. A Reggio Calabria ci siamo dati anche alla cultura, visitando la città e i bronzi di Riace, databili al V secolo a.C., in ottimo stato di conservazione. Le due statue - rinvenute nel 1972 nei pressi di Riace, in provincia di Reggio Calabria - sono considerate tra i capolavori scultorei più significativi del periodo ellenico classico. Dopo i bronzi, abbiamo percorso il lungo mare di Reggio Calabria, quello che il D’Annunzio chiamava “il chilometro più bello d’Italia”, con il famoso “gelato di Cesare”, tappa obbligatoria per i turisti, fino alla bella cittadina di Scilla con la sua spiaggia. Ma un forte acquazzone ci ha ricordato che... l’estate era ancora lontana. Abbiamo fatto anche un’incursione in Sicilia, con la bella attraversata in traghetto sullo Stretto, la visita al duomo di Messina e, percorrendo l’incantevole costa sicula, abbiamo fatto una breve visita a Taormina con il suo teatro greco. Sono stati quattro giorni di fraternità. I chilometri percorsi in pulmino non sono stati pochi, ma i luoghi visti, la bellezza del creato e soprattutto l’accoglienza dei confratelli e della gente del sud ci hanno confermato ancora una volta la bontà del Signore, che ci ha donato la voca■ zione missionaria. LA CALABRIA CANTA La luna ti guidi nella notte La tua stella ti guida e fa brillare i tuoi tristi occhi nella notte, che con i suoi misteri t’inganna, ancora una volta. E tu sei triste per questo e non ti accorgi di ciò che accade intorno a te. Quanta solitudine, ancora una volta, e alla fine dei tuoi giorni ti domanderai qual è la risposta che tu cerchi da tanto tempo. È dentro di te. Fa parte del tuo essere, dei tuoi giorni più tristi e più belli. Torna a viaggiare nel tempo insieme a me, là dove lo spazio è aperto a tutti coloro che cercano la libertà. E nel cerchio magico danzerai con lei all’infinito. E quando sei stanco ti domanderai dov’è la risposta che cerchi da tempo. È lì in quel vecchio armadio, dimenticato dal tempo, che torna nella tua mente quando sei stanco. È per questo che chiedo alla luna che ti faccia luce nella notte, quando non vedi, e quando cammini nella notte, silenzio nel silenzio, in questa notte così misteriosa. 2008 GIUGNO ROMA 00165 ROMA RM - Via Aurelia, 287 Tel. 06 39366929 - Fax 06 39366925 E-mail: [email protected] - C/c. postale 45206000 Una giornata a “Buraco Quente” Storie di miracoli quotidiani in Amazzonia Padre Nicola Masi sta trascorrendo un periodo di riposo a Priverno (LT), suo paese natale. Ci ha inviato questo “reportage” sulla missione in Amazzonia e sulla situazione del Brasile. L a signora Adalgisa è venuta a chiamarmi. C’è una donna nel “Buraco Quente” ridotta a un mucchio di ossa avvolte in pochi stracci. Stava là, tutta accartocciata, con gli occhi sbarrati nel vuoto. Chissà da quanto non mangiava! Sola, in un bugigattolo di legno tutto cadente. Non ha nessuno. O meglio, ha un figlio che purtroppo è “viziato”: alcool e droga. Per fortuna esistono al mondo anche le Adalgise, donne di grande fede e di buon cuore. Adalgisa e Joelson Appena saputo di questa situazione, Adalgisa è corsa da me per vedere cosa fare. Abbiamo provveduto a comprare un’amaca e un lenzuolo nuovo, abbiamo portato un piatto caldo. I vicini si sono organizzati e, a turno, hanno cominciato a portare un po’ di cibo a quella poveretta. La signora Adalgisa è così. Visita con frequenza la “baixada”, la zona bassa acquitrinosa della città. Là c’è pure il “Buraco Quente” (Buco Caldo), una specie di favela fatta di casupole di legno. È riuscita a far costruire una cappella di legno dedicata a “Gesù Misericordioso”. Ora vuole mettere in piedi un baraccone per accogliere donne e ragazze e fare corsi di taglio, cucito, manicure e altri lavori femminili. Joelson è un giovane sui venti anni. Vive accanto a una favela fatta di palafitte su terreno allagato. Si è fatto dare un terreno da suo padre e poi è andato a p. NICOLA MASI, sx battere alla porta di tanta gente. Così ha potuto costruire un salone di legno dove i ragazzi possono giocare, ricevere lezioni scolastiche supplementari e lezioni di catechismo. Accoglie anche la gente per pregare, per fare novene e per leggere il vangelo. Il destino dei poveri All’inizio non ci credevo; ma ho dovuto ricredermi. Per chi ha fede si tratta di veri miracoli. È Cristo che agisce e si rivela attraverso i piccoli e gli emarginati. Ma mentre gioiamo per questi fatti, restiamo tremendamente tristi per la situazione drammatica in cui vive la nostra gente. Molte zone sono infestate da dengue e da topi. Giorni fa Josian è stato ricoverato nel nostro piccolo ospedale: leptospirosi. Per questa malattia bisogna andare a Belém, capitale dello Stato. Solo che nell’ospe- Fiori della speranza in Brasile Non possiamo perdere il coraggio I l Brasile, nonostante qualche progresso, vive ancora una situazione complicata: cibo insufficiente, scarsa istruzione, igiene e abitazioni precarie, trasporti costosi e insicuri... Senza alcuna prospettiva per il futuro è facile che si creino tensioni, che poi possono scoppiare in mondo drammatico. Sono ancora milioni i bambini abbandonati e le prigioni sono sempre piene zeppe di carcerati maltrattati, che pensano solo a ribellarsi e a fuggire. La casa come un collegio Ma in mezzo a questo mare di melma crescono i fiori profumati di un popolo che ama la vita, si intenerisce per i bambini, si innamora dei piccoli gesti di bontà che i poveri spesso fanno, ac- 8 cogliendosi, aiutandosi, rendendo meno penosa l’esistenza. Conosco una giovane maestra che vive da sola in città. Improvvisamente arrivano da lei tre fratelli e un cognato, in vista degli esami di ammissione all’università. Dopo di loro, arriva una sorella con tre bambini per passare qualche giorno in città. Poi, la mamma con un’altra sorella e infine un’amica che chiedeva di restare anche lei in casa sua per studiare. Tutti hanno dormito e mangiato là. La piccola casa si era trasformata in un ...collegio! Un giorno sono andato a visitare un vecchio malato, rannicchiato nella sua amaca. Una donna premurosa gli stava accanto. Pensavo fosse la figlia; invece era la nuora. II marito l’aveva abbandonata, lasciandole tre fi- Mons. Giovenale, vescovo di Abaetetuba cambia la gomma forata della sua auto: così vestono e lavorano i vescovi in Brasile… p. NICOLA MASI, sx gli e il suocero anziano da curare. “Dio me l’ha dato - mi disse; potevo buttarlo fuori? Lui ha bisogno e io lo curo, come se fosse mio padre!”. “Cammineremo uniti...” L’anno scorso sono stati cresimati 40 giovani. Li ammettiamo solo a 17 anni, perché desideriamo che ricevano coscientemente il sacramento, assumano il loro impegno cristiano e continuino poi a lavorare nella comunità. Una ragazza, durante la Messa presieduta dal vescovo, ha voluto esprimere ciò che sentiva in quel momento. “Rinnovo il mio impegno a lavorare nella comunità, con piena fiducia in Dio, al quale chiedo di darmi forza e coraggio per andare avanti. Signore, cammineremo uniti: tu appoggiandomi, e io mettendomi a tua disposizione, preparandomi sempre più per servire meglio il tuo popolo. Fammi tuo strumento perché venga il tuo regno, un regno di amore e di pace, di fraternità e di giustizia; un regno nel quale tu, o Dio, sarai tutto di tutti. Amen!”. Finché in Brasile ci sono persone così, non possiamo perdere il coraggio. Dio deve essere molto vicino a questo popolo tanto sofferente. Ed è per questo che fa germogliare e crescere fiori bellissimi. Sono i fiori della ■ speranza. Padre Nicola Masi ha lavorato per molti anni nella favela alla periferia di Belém, all’estuario del rio Amazzoni: la felicità dei bambini e del missonario dale specializzato non c’è posto. Bisogna aspettare che si liberi un letto. È il destino dei poveri. E poveri qui ce ne sono tanti. Un rapporto dell’Onu sui centri urbani nel mondo afferma che nel 2005 i favelados nel Brasile erano 52.300.000, cioè il 28% della popolazione. Occorre lo sforzo di tutti Ho vissuto per 18 anni in una favela di Belém, in una palafitta. So quindi cosa vuol dire. Il rapporto citato (“Lo stato delle città del mondo”, elaborato da Habitat), dice che “Le favelas non sono solo una manifestazione di abitazioni di basso livello, dove mancano i servizi elementari e il rispetto dei diritti umani. Esse sono anche un sintomo di società urbane non funzionali, in cui le disuguaglianze sono tollerate e proliferano liberamente”. Il rapporto afferma che “le condizioni abitative colpiscono gravemente chi vive in favela: soffrono di più la fame, ricevono meno educazione, hanno meno possibilità di conseguire un impiego, sono più soggetti a malattie”. Certo qualcosa si sta muovendo. Si parla di politiche di urbanizzazione, di risanamento di base, di programmazione economica partecipativa, di borsafamiglia... Ma non basta la buona volontà di alcuni. Ci vuole lo sforzo di tutti: della chiesa, dello stato, dei cittadini. E che il Signore ci aiuti! ■ BRASILE, TERRA DI SACCHEGGIO p. NICOLA MASI, sx II problema del Brasile è economico e politico, ma è soprattutto etico. L’economia di questo Paese grande e ricco è stata sfruttata perché era considerata una “terra di saccheggio”. Arrivarono in molti. Primi fra tutti i portoghesi, poi i francesi, gli inglesi, gli olandesi; infine, all’inizio del secolo passato, tedeschi, italiani, polacchi, giapponesi... Non erano interessati alla popolazione, ma a far fortuna, ad arricchirsi e a tornarsene a casa. II Brasile è stato preso d’assalto dalle multinazionali, che rimangono là finché fa comodo. II potere interno, più che difendere il cittadino, fa i suoi interessi e aumenta la corruzione, l’insicurezza, l’ingiustizia, la violenza. In questa situazione, nascono gli avventurieri politici, i salvatori della patria, che riempiono il popolo di sogni e di speranze… A rendere più drammatica la situazione è il deterioramento etico. Ognuno cerca di arrangiarsi. Si moltiplicano le leggi, ma diminuiscono gli esecutori. Comanda chi può. Vale il diritto del più forte, la legge della foresta. II povero diventa sempre più povero e sempre più indifeso. E spesso, per sopravvivere, vive un suo codice parallelo. Perfino in campo religioso la gente, che si dice in gran parte “cattolica”, ha le sue vie, la sua maniera di vivere, la sua religiosità. Inventa la sua religione, intona i suoi canti e le sue danze; fa leggi per il suo quartiere e arriva a farsi giustizia con le proprie mani, perché non riesce più a fidarsi di nessuno. 2008 GIUGNO ROMAGNA 48100 S. PIETRO in VINCOLI RA - Via Angaia, 7 Tel. 0544 551009 - Fax 0544 551811 E-mail: [email protected] - C/c. postale 13591482 Il nuovo “governo saveriano” Capitolo regionale a S. Pietro in Vincoli S ono circa 150 i missionari saveriani in Italia, distribuiti in 15 comunità, da Reggio Calabria a Udine, da Ancona a Parma, la loro sede principale, e dove vive la metà dei confratelli: dai più anziani e bisognosi di cure della casa madre ai più giovani che si preparano al sacerdozio e studiano teologia. La squadra direttiva Confinati a San Pietro in Vincoli (Ravenna) dal 30 marzo al 12 aprile per il XIII Capitolo regionale, i 26 delegati hanno eletto i cinque componenti della direzione italiana per i prossimi quattro anni: p. Carlo Pozzobon viene confermato superiore; p. Ulisse Zanoletti, rettore della comunità teologica internazionale di Parma, è vice superiore; consiglieri sono p. Rosario Giannattasio, rettore del centro di animazione saveriana di Brescia, p. Alessandro Brai, animatore giovanile a Salerno, e p. Virginio Simoncelli, rettore della comunità di Desio (MI). Le elezioni sono avvenute martedì 8 aprile, nel pomeriggio, alla presenza di p. Rino Benzoni, superiore generale della famiglia saveriana, e del suo vice p. Luigi Menegazzo, arrivato direttamente dagli Stati Uniti, dove aveva partecipato all’assemblea dei saveriani che lì lavorano. Gli obiettivi da consolidare Eletto il “governo”, il Capitolo ha pensato alla... “finanziaria”! Si punta alla spiritualità come incentivo per la crescita degli investimenti nell’animazione vocazionale, nel progetto culturale della missione, nella formazione di base e permanente. “Ripartire dalla spiritualità per la nostra missione in Italia” - è stato il tema tenuto costantemente presente nei lavori delle varie sessioni. L’obiettivo è certamente l’Italia, ma si viene da lontano: nella nuova direzione c’è in realtà un concentrato di mondo: dall’Amazzonia del trevigiano p. Carlo e del bergamasco p. Ulisse, alla Colombia del salernitano p. Rosario; dal Congo del bergamasco p. Virginio, al Camerun del sardo p. Alessandro. Lo “zaino” missionario dei membri della direzione è pieno di esperienze e le risorse apprese a contatto con p. NICOLA COLASUONNO, sx varie culture e popoli sono tutte da sfruttare per l’animazione missionaria in Italia. La visita del vescovo Padre Pozzobon con queste parole riassume la linea che si vuole seguire: “La prima animazione è la nostra testimonianza di vita fraterna. E la seconda? L’accoglienza e l’attenzione che diamo a tutti coloro che incontriamo sulle strade ancora da percorrere, annunciando il vangelo di Cristo”. È stata molto gradita la visita del vescovo di Forlì, mons. Lino Pizzi, ai saveriani partecipanti al Capitolo, nella mattinata del 9 aprile. Celebrando l’Eucaristia, il vescovo ha incoraggiato la famiglia saveriana, e in particolare la comunità di San Pietro in Vincoli, a essere una spinta per la chiesa di Forlì. Ha molto apprezzato la nostra casa e la sua funzionalità, anche per gli incontri dei gruppi giovanili. Il vescovo ha anche ricordato il discorso e la fotografia del fondatore beato Guido Conforti al convegno eucaristico missionario di Modena nel 1913, e ne ha ammirato lo spirito e lo zelo missionario. ■ L’assemblea dei delegati saveriani riuniti per il Capitolo; nel riquadro, p. Giuseppe Nardo, rettore e delegato della comunità saveriana in Romagna. Il vescovo di Forlì, mons. Lino Pizzi, ha parlato e celebrato l’Eucaristia con i saveriani al Capitolo; lo vediamo tra i due “superiori”: a sinistra, p. Rino Benzoni (superiore generale), a destra, p. Carlo Pozzobon (rieletto superiore per l’Italia). Stop a “Missionari Saveriani” Aprendo la cassetta delle lettere settimana fa, abbiaQ ualche mo ricevuto una lettera, indirizzata a “ Istituto Saveriano, S. Pietro in Vincoli”. Vogliamo condividerla con voi, amici lettori, insieme alla risposta del direttore di “Missionari Saveriani”. 8 Una lettera provocatoria Oggetto: Richiesta di cessazione invio postale della vostra rivista mensile “Missionari Saveriani”. I motivi per la mia richiesta in oggetto essenzialmente sono due. Primo, perché cambio la residenza tra non molto; quindi è d’obbligo cessare l’invio. Secondo, perché non condivido l’idea ossessionante del sig. Ratzinger contro l’aborto “legale e ospedaliero”, che io ritengo sia uno dei principali mezzi, in mancanza di una cultura alternativa contraccettiva, per tentare di ridurre le ben più gravi successive morti per fame o per guerre inutili e fratricide. Fra i due mali, meglio scegliere alla radice il minore. Senza una pianificazione famigliare di piena responsabilità genitoriale, sarà molto difficile vincere la fame nel mondo. E i vostri lodevoli sforzi vengono vanificati. Con i più cordiali saluti, Lolli Luciano, Bologna La risposta del direttore Caro signor Luciano, è d’obbligo per noi rispettare la sua richiesta di non inviarle più “Missionari Saveriani”: è una sua scelta, libera e non obbligata. Chi cambia residenza, infatti, si premura di informarci chiedendo di aggiornare l’indirizzo per non perdere neppure un numero del nostro modesto mensile. Per quanto riguarda il secondo motivo, cioè la sua ossessionante idea a favore dell’aborto, cosa vuole che le dica! Innanzitutto, lei sa che a Ratzinger si addice il titolo e il ruolo di “papa”, guida della chiesa cattolica. Condivido la sua preoccupazione per la sorte di tanti fratelli e sorelle - anche bambini - che muoiono “per fame e per guerra”. È uno scandalo che si protrae, nonostante i “lodevoli sforzi” dei missionari e di tanti altri che si impegnano per lo sviluppo e la pacificazione dei popoli. Certo, la sua soluzione va “al- la radice”: non far nascere chi poi morirà per fame o per guerra. Ma vede, signor Luciano, fame e guerre non sono frutti del caso. Ci sono responsabilità precise. E poi, lei sa che gli aborti e le varie pratiche anticoncezionali avvengono soprattutto nei paesi dove c’è più abbondanza (ed egoismo!) e si muore di... sprechi; nei paesi che vivono la pace, ma promuovono le guerre, con armi che uccidono senza pietà genitori e figli che vorrebbero vivere in santa pace. Piuttosto che continuare “la strage degli innocenti”, possiamo pensare anche ad altre soluzioni: condividere il nostro benessere scegliendo una vita più sobria e rinunciando agli sprechi; ridurre la produzione di armi, prevenire le guerre e investire nella pace; pagare meglio i prodotti del suolo e del sottosuolo... Anche queste sono soluzioni “radicali”: meno facili da attuare, ma certamente più umane, eque e generose. Ci pensi, e quando vorrà ricevere il nostro mensile, ci faccia sapere il suo nuovo recapito. Saluti fraterni, p. Marcello Storgato, sx Il Capitolo dei saveriani sarebbe stato più… indigesto senza il tocco magico delle cuoche Tiziana (a sinistra) e Annalisa, che hanno ristorato e ...preso per la gola tutti i partecipanti. Grazie per il loro lavoro prezioso! DEDICATO AI SAVERIANI TONINO PIAZZA Il signor Tonino di Faenza è un amico dei missionari saveriani di S. Pietro in Vincoli. Dopo un incontro in casa nostra, ci ha fatto l’onore di dedicarci questa poesia. Aria di fede oggi da qui emana, da questa bella casa saveriana, da questi padri che ci hanno ospitato per esaltare la gioia del creato, per ribadir il concetto che la croce senza il Cristo ivi appeso non ha voce, ma è solo vaticinio di dolore, di sofferenza, di vita senz’amore. Apriamo i nostri cuori alla speranza, viviamo la nostra fede con costanza, vediamo nel fratello sofferente il viso di Gesù sempre presente. Sarà per noi valida garanzia che abbiamo scelto ben la nostra via. E con Saverio e Conforti, guide sicure per la nostra vita e salvezza imperiture, temprati dai carismi della chiesa, per noi da sempre presidio e difesa, sarà più agevole, pur in simbiosi col dolore, finire nelle braccia di Cristo Salvatore. S. Pietro in Vincoli, 17 marzo 2008 2008 GIUGNO SALERNO 84135 SALERNO SA - Via Fra G. Acquaviva, 4 Tel. 089 792051 - Fax 089 796284 E-mail: [email protected] - C/c. postale 00205849 La regina di tutte le feste Le famiglie dei saveriani insieme del mese di maggio, L’ inizio con l’avvio della bella sta- gione e la festa della mamma, porta nella casa dei saveriani di Salerno l’incontro con i genitori e i familiari dei nostri missionari. È l’occasione per risentire voci e rivedere volti divenuti cari, perché hanno condiviso con noi la gioia del figlio e l’impegno per la missione. Educatori e benefattori I nostri genitori, lo sappiamo bene, sono i nostri primi e più validi formatori, nella fede e nei valori umani: la preghiera e l’Eucaristia, la laboriosità e il sacrifico, la generosità e la solidarietà con i poveri, la semplicità e la sobrietà, il calore umano e la fedeltà al proprio dovere e alla parola data, l’onestà e la coerenza, la gratuità nel servizio... Se non avessimo avuto questo primo “seminario naturale”, come avremmo potuto amare la vocazione speciale alla missione? Noi abbiamo l’abitudine di ricordare e pregare regolarmente per i nostri genitori e di considerarli fra i più insigni benefattori Un momento della celebrazione eucaristica nella festa dei familiari 2008, a Salerno Esperienze di vita... Meeting giovani a Pompei S pesso noi giovani siamo accusati di non partecipare alla vita religiosa, di ispirarci a falsi ideali e di non capire il vero valore della vita. Attraverso progetti come il Meeting dei giovani, che si è tenuto a Pompei il 1° maggio 2008, si è voluto sensibilizzare l’animo degli adolescenti e non solo... Queste attività sono molto diverse da una semplice giornata passata a scaldare la sedia; sono piene di significati che vengono trasmessi anche attraverso il divertimento. Riflessione e allegria La giornata fantastica è iniziata con la preghiera del mattino, animata dai saveriani di Salerno e da noi giovani. L’inno del Meeting, “Al centro dell’amo- 8 GIUDY, VALE e ALE re”, spiega che non bisogna mai abbattersi, neanche nei momenti più difficili, poiché Dio è sempre con noi. Non a caso, solo con la fede, si possono superare gli ostacoli più duri della vita; ed è proprio questo il messaggio del Meeting! Ci sono state varie testimonianze. Ad esempio, quella di Patricia, una suora di origine brasiliana. Ha parlato della sua gente che, nonostante le grandi difficoltà, sofferenze e la forte povertà, è sempre sorridente e felice; non per superficialità, come lei sottolineava, ma per la grande fede che possiede. Poi, c’è stato un momento musicale che ha unito noi giovani in un lungo trenino, che ci ha messo in movimento verso la chiesa, anticipando la marcia della pa- Il gruppo dei giovani che hanno partecipato al “Meeting” di Pompei, intorno al loro animatore p. Alex Brai p. BENIGNO FRANCESCHETTI, sx della nostra famiglia religiosa. Nessuno, infatti, ha dato più di loro. Un nostro missionario raccontava con commozione la testimonianza di una donna africana che ricordava, con riconoscenza, non solo la visita del missionario, ma anche la visita della mamma del loro missionario. Questa festa ci dà l’opportunità di comunicare i doni ricevuti e di moltiplicare, in un certo senso, i nostri familiari, che diventano genitori, fratelli e sorelle di tutti noi. Tutti presenti! I più fedeli, numerosi e vivaci sono senz’altro gli Apicella, che hanno anche promosso a tavola una raccolta di firme a favore delle famiglie numerose. Ben vengano di nuovo le famiglie numerose e certamente torneranno a crescere anche le vocazioni milionarie! I genitori di p. Alex Brai sono arrivati addirittura due giorni prima dalla Sardegna. C’erano i familiari di ce. Il pomeriggio è stato pieno di sorprese. Ci sono stati ospiti anche famosi, come il cantante Gigi Finizio e l’imitatrice Manuela Aureli. La fede ci ha fatto riunire Ma ciò che più ha dato una scossa reale ai nostri cuori è stata la testimonianza di Silvia, una giovane invalida. Queste le sue parole prima di ricevere una risposta alle mille domande: “Dio, a che gioco stai giocando? Perchè proprio a me?”. Noi, troppo presi dalle superficialità della vita, pensiamo che ci è tutto dovuto. Silvia ci ha fatto comprendere che non è esattamente così, e che dovremmo ringraziare ogni momento Dio per ciò che abbiamo e per ciò che siamo. Prima d’ora non avevamo mai partecipato ai Meeting, ma questa giornata creativa e significativa, ci ha dato la possibilità di raccogliere in una giornata di festa tanto entusiasmo e di ascoltare la fede che ci unisce, attraverso scambi di esperienze, divertimento e momenti di preghiera, con tutti i grandi messaggi che abbiamo ricevuto. Il Meeting, giornata di musica e divertimento, di riflessione e preghiera, non va però inteso come una semplice occasione di aggregazione giovanile. È piuttosto “un’esperienza concreta di fede e di cultura”, che resta impressa nello spirito e nel cuore di ■ noi giovani. fratel Atzori da Napoli, i Nicoliello, i Marcelli, i Della Valle, i Dell’Orto, i Gargano... Dopo una cordiale accoglienza, ha presieduto la celebrazione dell’Eucaristia p. Carlo Pozzobon, appena rieletto superiore dei saveriani in Italia. Era presente anche p. Rosario Giannattasio, di passaggio nella nostra casa, anche lui consigliere regionale insieme a p. Alex Brai, il nostro animatore vocazionale per i giovani. Partecipavano per la prima volta a questa festa a Salerno il nuovo rettore p. Benigno, il diacono Santos Henandèz, che ci ha allietato con la sua chitarra, e p. Stefano Della Pietra, arrivato da pochi mesi dal Congo per organizzare con p. Alex l’attività con i giovani. Con i missionari nel mondo Abbiamo pensato ai nostri missionari, sparsi ai quattro angoli della terra. Padre Carlo, commentando la Parola di Dio, ha manifestato stima e riconoscenza verso i familiari. Ci ha ricordato che l’impegno per la missione è affidato a ogni battezzato e ci ha indicato a modello l’atteggiamento della Madonna, alla quale rivolgiamo le nostre preghiere, in particolare a maggio. Dopo la celebrazione, c’è stato uno scambio di notizie sui saveriani in missione. È stato letto il racconto di p. Pierfrancesco Agostinis sull’incidente aereo di Goma e la sua riflessione sulla sofferenza del popolo congolese. In seguito, p. Stefano ha proiettato le fotografie animate della famiglia saveriana e delle attività della nostra comunità durante l’anno. Il pranzo con l’agape fraterna è stato il momento più adatto per fare quattro chiacchiere un po’ con tutti e per vivere gioiosamente l’incontro fra noi. Ci siamo lasciati con la promessa di restituire quanto prima la visita, recandoci noi saveriani nelle abita■ zioni dei nostri familiari. Cuoche e aiutanti sono state protagoniste della festa dei familiari: grazie per il lavoro e per i piatti deliziosi! ATTIVITà GIOVANILI A SALERNO Come già ricordato nel numero di maggio, anche quest’anno i giovani possono vivere una parte delle loro vacanze in modo missionario. Ecco le opportunità che gli animatori saveriani offrono per l’estate. Per i giovanissimi, ragazzi e ragazze da 15 a 18 anni, sono previsti cinque campi di formazione e lavoro per la missione, in varie zone di Salerno e vicinanze. Tema comune per tutti i campi: “Missione: insieme si può”. Ecco le date e i luoghi: • dal 18 al 22 giugno: a Lancusi - Baronissi (Salerno) • dal 24 al 29 giugno: a Salerno città, zona est • dal 2 al 6 luglio: a Olevano (Salerno) • dall’8 al 13 luglio: a Salerno città, zona ovest Tre giorni di formazione “Missione nel cuore” per i giovanissimi, 15 - 18 anni, dal 24 al 26 luglio, a Salerno in casa dei missionari saveriani Campi missionari per giovani speciali Gruppo “Missione giovani” per i giovani e le giovani da 18 a 30 anni dal 30 luglio al 5 agosto, a Cagliari “Tabor” per riflettere e pregare settimana di spiritualità missionaria per i giovani e le giovani da 18 a 30 anni dal 23 al 30 agosto, con i saveriani di Ancona Per informazioni, contattare: p. Alex Brai, cell 334 9718037; E-mail: [email protected] sr. Francesca Mura, cell 328 7234433; E-mail: [email protected] 2008 GIUGNO 22038 TAVERNERIO CO - Via Urago, 15 Tel. 031 426007 - Fax 031 360304 E-mail: [email protected] C/c. postale 267229; Banca Raiffeisen, Chiasso C/c.p. 69-452-6 TAVERNERIO “Ora mi sento... in gamba!” In Brasile, vicino a chi è sfruttato 14 mesi sono “fuoD ariquasi combattimento” a causa di un incidente avuto in Brasile. Un trattore ha investito la moto su cui viaggiavo spezzandomi la gamba. Dopo sei mesi di ospedale, sono tornato in Italia dove mi hanno rifatto l’operazione alla tibia. Sono passati altri nove mesi e finalmente con la gamba ...rifatta posso tornare in Brasile, di cui sento nostalgia. Il lungo periodo di immobilità mi ha dato modo di riflettere sulla mia vita passata. Sono cresciuto con i poveri La voglia di diventare saveriano la devo a p. Antenore Nardello, un saveriano reduce da Cina e Indonesia, che a Caldogno ci raccontava le sue avventure missionarie. Grazie a lui ho sviluppato anche sensibilità e interesse per i poveri e i più deboli; una sensibilità che mi ha sempre accompagnato durante il periodo della formazione. Ricordo che, insieme ai compagni liceali di Tavernerio, giravamo con un vecchio furgone per le contrade comasche, raccogliendo tutto quello che poteva essere venduto, per realizzare il progetto di un missionario in Congo. Durante la teologia a Parma, invece, insegnavo catechismo nelle parrocchie e mi occupavo delle persone che non avevano una casa. Dopo l’ordinazione sacerdotale sono stato destinato agli Stati Uniti. A Chicago mi dedicai alla pastorale dei neri, un problema scottante per la dura e difficile realtà in cui vivevano le popolazioni di colore nelle periferie delle grandi città statunitensi. p. DANILO LAGO, sx La missione in Amazzonia Nel 1982 si è aperta la porta per il Brasile; precisamente quella di “Sendor José Porfirio”, tipica cittadina sulle rive del fiume Xingu, affluente del rio delle Amazzoni. Qui ho iniziato la mia meravigliosa esperienza di lavoro. Avevamo circa 40 comunità sparse lungo il fiume. Mi piaceva perché ero vicino alla povera gente, soprattutto ai seringueiros, raccoglitori del latice per l’industria del caucciù. La loro giornata, specialmente durante il periodo delle piogge, cominciava alle 4 del mattino per terminare alle 8 di sera! La pratica del prestito li costringeva a una continua dipendenza dal padrone, dal quale ricevevano un “aiuto” per iniziare a lavorare. Poi, però, dovevano Non ci sentiamo mai soli Quando il “porta a porta” funziona bene... P. Luigi Zucchinelli e p. Giuseppe Caretta con due benefattrici dei saveriani di Tavernerio; le ringraziamo con affetto perché con la preghiera ci accompagnano nella nostra missione. possessavano della terra vendergli il latice ai prezzi con documenti falsi e da lui stabiliti. Per loro seminavano erba per era impossibile riusciil pascolo. A quel re a pagare il debito punto, avevano e dovevano tornare bisogno di mal’anno dopo a lanodopera e così vorare per sanare il in poco tempo debito precedente. il numero degli Il sistema era coabitanti è cresì ben studiato da sciuto da 4mila essere perfino aca 30mila, sparsi cettato dai lavoper tutto il “muratori, che spesso nicipio”. consideravano il Nella realtà padrone come loro amazzonica, un benefattore, percontadino non riché alla fin fine li esce a vivere con aiutava a sopravpoche mucche. vivere. Prima o poi è P e r r e n d e rcostretto a venli indipendenti dere la sua terra fondammo una a qualche laticooperativa di fondista, che pescatori e agripoi lo costrincoltori. Il fiume ge a lavorare era ricco di per lui come pesce e con l’agricoltura Padre Danilo Lago si è rimesso in forma ed operaio diè pronto a tornare in Brasile, pendente. si produceva accanto a chi soffre ed è sfruttato Abbiamo il riso. Dopo scoperto che vent’anni la le piantagioni di cacao sono cooperativa funziona ancora. un’ottima alternativa all’allevamento del bestiame. In meno Una nuova esperienza… Nel 1989 fui trasferito a Sao spazio si produce di più, si diFelix do Xingu. La foresta at- strugge meno e non si è costretti torno era ricca di piante di mo- a vendere la terra ai latifondisti. gano che, per il loro valore, cre- È nata una cooperativa e oggi ava conflitti di proprietà tra gli sono più di mille le famiglie che estrattori di mogano e i latifon- producono cacao. Il nostro lavoro avviene all’indisti. La lotta fu feroce e senza pietà: la violenza dominava in- terno delle comunità ecclesiali di base. Oltre all’insegnamento relicontrastata. Pulita la foresta dal ricco gioso, si educa la gente a difenlegname, i latifondisti s’im- dersi e a unirsi in cooperative. ■ LA NOSTRA VITA CON VOI Con p. Caretta e il giovane fr. Feruglio, il festeggiato p. Pilade Rossini: sono 74 anni e te ne auguriamo ancora tanti; ma non correre troppo; chi va piano, va lontano! In casa dei signori Adriano e Rosa con alcuni amici bergamaschi. Grazie per la vostra amicizia: pace e bene! 8 Anche noi missionari abbiamo bisogno di nutrire e intensificare la nostra vita spirituale con la meditazione e la celebrazione Eucaristica quotidiana, l’adorazione al santissimo Sacramento ogni giovedì e il ritiro spirituale mensile. Qualche volta per il ritiro spirituale, partiamo da Tavernerio e andiamo in qualche “luogo sacro”. Nella foto, siamo davanti al santuario della Madonna del Bosco. Abbiamo raccomandato alla Madre celeste tutti coloro che ci scrivono chiedendo una preghiera. La Vergine Maria vi benedica! 2008 GIUGNO VICENZA 36100 VICENZA VI - Viale Trento, 119 Tel. 0444 288399 - Fax 0444 288376 E-mail: [email protected] / [email protected] - C/c. postale 13616362 A Vicenza, il Mission Day 2008 Fabio ed Elisa, giovani sposi di Chiampo, il 3 ottobre partiranno per l’Amazzonia e lavoreranno per alcuni anni tra gli indio kayapó; al “Mission day” hanno spiegato le ragioni della loro scelta Quattrocento persone nella casa dei saveriani p. LUCIANO BICEGO, sx Andrea Guglielmi, D on l’incaricato della pastorale giovanile in diocesi a Vicenza, al termine della giornata dei «giovani per la missione» ha dato un suggerimento: “Sarebbe utile diffondere le esperienze vissute dai giovani nei loro viaggi missionari in tutte le parrocchie della nostra diocesi. È un limite raccontarle solo nella giornata del Mission Day”. Tutti per nove, nove per tutti Il 20 aprile la casa dei saveriani a Vicenza veniva invasa da tanti giovani. Già dal mattino si erano dati appuntamento tutti coloro che in questi anni sono stati in missione, insieme a chi partirà nei prossimi mesi. Nel pomeriggio si sono aggiunti altri giovani che volevano conoscere gli obiettivi e le modalità di questo percorso. All’inizio dell’incontro, il vicario generale mons Lodovico Fu- Anche l’edizione del “Mission day” 2008 è stata un successo! Più di quattrocento giovani hanno ascoltato le testimonianze missionarie rian ha sottolineato l’originalità di questa iniziativa. Infatti, sono nove le congregazioni con sede a Vicenza che collaborano tra loro per la partenza dei giovani verso i paesi di missione: i verbiti, i religiosi di san Gaetano, i saveriani, i sacerdoti fidei donum, le dorotee, le orsoline, le suore della Divina Volontà, le piccole sorelle del vangelo e le carmelitane. Tutti insieme per comunicare una chiesa che vuole incoraggiare i giovani nei loro grandi ideali. Bicchieri pronti a riempirsi Durante il pomeriggio si sono alternati al microfono diversi giovani che hanno narrato le loro esperienze e le ripercussioni dei loro viaggi, brevi ma intensi. Fin dal mattino eravamo tutti molto euforici: una coppia di giovani sposi ci ha informato della loro scelta di partire, lasciando lavoro e affetti, per andare in Amazzonia dove sperano di rimanere alcuni anni. Giornata di emozioni e di fede Le famiglie dei saveriani vicentini P er la comunità dei saveriani di Vicenza la prima domenica di maggio riveste da anni un’importanza particolare. In quella data abbiamo un appuntamento con i genitori e i parenti dei missionari saveriani veneti che vivono attualmente in comunità e che lavorano in varie missioni sparse nel mondo. Clima di festa e allegria Si tratta di un incontro di famiglia per stare insieme, conoscersi meglio, pregare e stare anche in allegria per un buon pranzetto... Quest’anno la partecipazione è stata veramente numerosa: oltre cento persone. Una bella giornata di sole ha favorito il clima festoso dell’incontro e l’atmosfera molto familiare. Era con noi padre Rino Benzoni, superiore generale dei saveriani, che ha presieduto la Messa concelebrata da tutti i saveriani sacerdoti della comunità. Alla fine della Messa, p. Rino ci ha informato brevemente della situazione dei missionari nei vari paesi del mondo. Hanno concelebrato con noi anche alcuni saveriani che si trovano in Italia per vacanze o altri motivi: p. Marcello Zurlo di Cittadella, p. Danilo Lago di Caldogno e p. Sergio Boscardin di Arzignano. Il pranzo è stato servito dal Gams, il gruppo amici dei missionari saveriani che ci offre sempre un aiuto prezioso nelle nostre varie attività. Il regalo del Gams Durante il pranzo, padre Marcello Zurlo, con l’entusiasmo che lo contraddistingue, è intervenuto per parlarci della missione a Belém, nell’Amazzonia brasiliana. Hanno poi parlato p. MARIO GIAVARINI, sx anche p. Danilo Lago, che sta recuperando la forma fisica dopo l’incidente subito in missione, e p. Sergio Boscardin, che si occupa dell’economia delle comunità saveriane in Italia. C’è stata anche una piccola sorpresa: a ogni famiglia dei presenti è stato consegnato un quadro in tela rappresentante la Madonna di Guadalupe, in Messico, incorniciato e preparato dagli amici Gams. È stata una sorpresa molto gradita, accolta con entusiasmo, anche perché il superiore generale in persona è intervenuto spontaneamente per narrarci la storia di Guadalupe e per presentarci la grande devozione che il popolo messicano ha verso la sacra immagine. Insomma, è stata una giornata intensa di amicizia, di emozioni e ■ di fede. Lara Testolin poi, partita lo scorso anno, ci ha comunicato che “la missione è un’esperienza forte, che ti cambia dentro. Non importa sapere dove si va, è l’incontro con una cultura diversa che ti lascia un segno indelebile. L’importante è avere una giusta preparazione per essere come un bicchiere vuoto che si riempie dei valori dell’altro”. Anna, giovane sposa e mamma, ci narra che dopo l’esperienza missionaria sentiva la voglia di mettersi a servizio dei più poveri qui in Italia. Così, ha iniziato a insegnare al “Mezzanino” la lingua italiana agli immigrati. Imparare a dire “sì” Emmanuela di Malo, che è stata in Mozambico, ci ha confidato un cambiamento del suo stile di vita dopo l’esperienza missionaria: “Ho imparato a dire sempre di sì e non mi sono mai pentita. Tempo fa ho saputo dal centro missionario diocesano di una necessità che avevano alcuni missionari veneti in Thailandia. Si trattava di insegnare l’inglese per alcuni mesi ai bambini di quella missione. Ho risposto subito sì, senza pensarci due volte. Ringrazio i miei genitori che mi hanno educata così”. Alessandra, invece, è stata in Sierra Leone. Al suo ritorno in Italia sente il bisogno di lavorare per le missioni visitate. Ma per fare qualcosa bisogna lavorare… in rete. Perciò si unisce ad altri 12 amici amanti delle missioni per sensibilizzare scuole e realtà pubbliche. Questo gruppo, armato di tanta buona volontà, ha raccolto 15 tonnellate di tappi di plastica per sovvenzionare un pozzo in Congo. In conclusione, non poteva mancare la voce di una mamma ruandese che, lavorando con i missionari quando era in Africa, aveva sempre creduto che l’Italia fosse il centro e la culla del cristianesimo. Ma quando è arrivata qui si è accorta di quanto fosse difficile inserirsi nel nostro mondo, perché non vedeva traccia di quel cristianesimo che aveva imparato: “Qui non ci si saluta; ognuno fa per sé; non esi■ ste la comunità...”. (continua nel riquadro) ADESSO ASPETTIAMO ANCHE TE! p. L. BICEGO, sx A conclusione della bella giornata è stato proiettato un video di Vittorio Bicego, missionario laico. Vittorio, di Valdagno, era partito per la Guinea Bissau con l’intenzione di aiutare un cugino missionario per un mese. Ma poi, colpito dai problemi di quelle popolazioni, ha deciso di rimanere con loro fino alla fine. Il discorso migliore per concludere il “Mission day” 2008, poteva farlo solo don Arrigo Grendele, responsabile dell’ufficio missionario diocesano: “Voi giovani siete una parte di quella moltitudine di persone che nella nostra diocesi aiutano e sono sensibili alle missioni. Siete il pilastro che sostiene l’arcata del ponte che arriva fino in missione, dove quasi 1.500 persone di Vicenza lavorano accanto a popolazioni povere che non conoscono ancora Gesù. A tutti dobbiamo dire il nostro grazie perché con la nostra tipica operosità possiamo fare tanto bene per la costruzione di un mondo di fratelli”. Inizia il nuovo corso 8 Il superiore generale p. Rino Benzoni ha celebrato l’Eucaristia con le famiglie dei saveriani vicentini A tutti i giovani desiderosi di conoscere la missione, ricordiamo che sono aperte le iscrizioni al corso che fornisce la necessaria preparazione per un viaggio in missione. Le iscrizioni sono a numero chiuso; il corso inizierà a settembre e avrà appuntamenti mensili. Per informazioni e iscrizioni: Centro missionario diocesano (tel. 0444 2265546); padre Luciano Bicego (tel. 0444 288399). Emmanuela, giovane vicentina, partirà per la Thailandia 2008 GIUGNO ZELARINO 30174 ZELARINO VE - Via Visinoni, 16 Tel. 041 907261 - Fax 041 5460410 E-mail: [email protected] - C/c. postale 228304 Qualcuno ancora ci apprezza L’animazione missionaria in diocesi a Padova p. AMEDEO GHIZZO sx quando ero ragazzo a D aoggi, il modo con cui i missionari propongono il loro ideale e la loro vita è molto cambiato. Non è una novità, perché a ogni passaggio di generazione i rapporti mutano, si modifica la cultura, l’economia e la politica; cambia anche la spiritualità, le devozioni, la sensibilità umana e religiosa. Però, rimane sempre uguale il messaggio evangelico di Gesù Cristo. L’iniziativa padovana Nella diocesi di Padova ho trovato un approccio al mondo missionario che conserva ancora la stima per la consacrazione alla missione per tutta la vita. Il progetto di formazione per gli operatori di pastorale missionaria, infatti, coinvolge i missionari “ad vitam” - cioè coloro che appartengono a istituti missionari specificatamente tali - e li impegna direttamente nelle “equipe vicariali” che animano la diocesi. A questi istituti missionari, senza gelosie o paure di perdere aiuti e vocazioni, a turno, sono assegnate diverse zone pastorali presso le quali sono invitati a dare la loro testimonianza. I missionari presentano il loro lavoro nel mondo, sollecitano adesioni, incoraggiano i giovani a rispondere generosamente alla vocazione per la missione, riaccendono nel popolo di Dio lo zelo missionario, ricordano a ogni cristiano la vocazione battesimale a testimoniare sempre e dovunque il Signore risorto. Esiste la novità cristiana Si tratta di un approccio capillare che dà ancora i suoi frutti. Con un certo rammarico, infatti, vedo che si riducono un po’ dappertutto gli spazi per riflettere sull’urgente necessità di vivere nella chiesa la dinamica missionaria. Certo, in certi ambienti se ne parla molto, ma a volte il linguaggio della missione è usato in modo equivoco. Quello che più manca è l’annuncio ai non cristiani, che nel mondo diventano sempre più numerosi. Abbiamo perso il senso dell’urgenza evangelica di rendere le nazioni discepole di Cristo con l’annuncio del vangelo. Ci siamo rassegnati a un cristianesimo che spesso si identifica con una cultura, a confronto con altre da rispettare, ognuna con spazi socio-ambientali ben definiti, da relegare nel privato, in nome della libertà di coscienza. Pensiamo di essere nel giusto e di essere molto moderni, quando riconosciamo a ciascuno il di- Viaggio d’amore in Senegal Simona e Silvano, sposi... africani chi va in Africa per misC’ èsione, chi per turismo e chi per studio-lavoro. Ed è stato proprio l’abbinamento studio-lavoro che ha portato in Senegal Silvano Lizzit, mio nipote, e Simona Adami. L’impatto non è stato solo folcloristico; anzi, è diventato subito umano e personale, specialmente con la comunità di Fadiouth, una singolare isola fatta di conchiglie accumulatesi nei secoli, a circa 90 chilometri da Dakar, in Senegal. Poi, è arrivato il mal d’Africa, che ti fa ritornare… E il 14 febbraio scorso tutta la comunità di Fadiouth si è unita per festeggiare Simona e Silvano nel loro 8 viaggio d’amore. Ecco come i due protagonisti raccontano la loro esperienza, che non ha bisogno di commenti. “Ci siamo sentiti molto ben voluti” “Fin dalla nostra prima visita in Senegal, abbiamo condiviso emozioni forti che hanno fatto scaturire la scintilla e il desiderio di sposarci proprio là. Il vivere quotidiano dei senegalesi è qualcosa di unico e, per molti aspetti, invidiabile. Nonostante la maggior parte delle persone viva nella povertà più assoluta, non mancano mai i sorrisi sinceri; dai loro sguardi traspare sempre serenità. Silvano Lizzit, nipote di p. Franco, con la sposa Simona il giorno del loro matrimonio in Senegal; tra loro, due bambini “testimoni” particolari a cura di p. FRANCO LIZZIT, sx Per noi è stato fin da subito tutto molto coinvolgente. Ci siamo immedesimati con il loro modo di essere, ci siamo sentiti una parte di loro, delle loro famiglie, dei loro villaggi. Grazie al loro modo di vivere, fatto di profondo entusiasmo, non ci siamo mai sentiti esclusi, grazie anche alla presenza degli innumerevoli bambini che, in qualsiasi posto si vada, ti prendono per mano come se fossero i tuoi figli, ti danno fiducia e un affetto immenso. Siamo rimasti molto colpiti dalla grande importanza che danno ai rapporti di amicizia e al contatto umano, spontaneo, profondo e reciproco, che si instaura con una facilità strabiliante. Ci hanno trasmesso, inoltre, un grande esempio di cosa sia la tolleranza e la pacifica convivenza tra culture e religioni diverse. Musulmani e cristiani appartengono alla medesima famiglia, vivono insieme e a Fadiouth, dove ci siamo sposati, riposano in pace uno accanto all’altro in un solo cimitero. L’Africa, e il Senegal in modo particolare, ci ha dato l’opportunità di imparare molto, ci ha offerto una grande lezione di vita. Per questo, abbiamo voluto ricambiare l’immenso tesoro che ci ha regalato manifestando in quella terra la nostra promessa d’amore. Grazie Senegal, grazie ■ di cuore!”. Silvano e Simona È sempre bello parlare di missione a gruppi parrocchiali numerosi e sensibili ai temi della mondialità, della solidarietà e dell’accoglienza ritto di “pensarla come vuole”. A me questo non sembra l’approccio che Gesù ha usato quando è andato per le strade dei villaggi predicando: “Convertitevi e credete al vangelo”. Bisogna reagire al sentimento comune di lasciar andare le cose come vanno. Senza la novità cristiana le cose non vanno bene affatto. Ravvivare la missione L’esperienza delle “giornate di sostegno”, in atto nella diocesi di Padova e affidate agli istituti missionari, riconfermano la lungimiranza del centro missionario. Si sente l’importanza di ravvivare nelle parrocchie lo spirito missionario che ha animato da tanti secoli questa diocesi. Il numero di missionarie e missionari e di sacerdoti fidei donum ne è prova eloquente. Il contatto con l’esperienza di persone che hanno fatto dell’evangelizzazione la loro scelta di vita, contribuisce a ridare la percezione del grande regalo che Dio ha fatto a ciascuno, donandoci la fede in Gesù suo Figlio e il desiderio di trasmetterla ad altri fratelli e sorelle nel mondo. Questa esperienza si tramanda da un passato che ha dato molti frutti. Fortunatamente è rimasta. L’auspicio è che non venga meno la consapevolezza delle motivazioni di fede che sono alla base di questa preziosa iniziativa. Da parte dei missionari saveriani di Zelarino, che di questo progetto fanno parte, arriva un “grazie” agli organizzatori che hanno tenuta aperta questa strada per l’animazione missionaria e ■ vocazionale. Estrazione premi Ecco, nell’ordine, i numeri usciti dalla sottoscrizione di domenica 4 maggio; congratulazioni ai fortunati vincitori. 1) n° 14708; 5) n° 17665; 9) n° 03892; 13) n° 02147; 17) n° 08183; 2) n° 04512; 6) n° 06762; 10) n° 12550; 14) n° 04863; 18) n° 12269; 3) n° 04138; 4) n° 07995; 7) n° 07206; 8) n° 01463; 11) n° 02092; 12) n° 06915; 15) n° 17992; 16) n° 01739; 19) n° 10584; 20) n° 09823 MONDIALITà E SCUOLE MATERNE p. F. LIZZIT, sx La casa dei saveriani di Zelarino ospita il centro di spiritualità e animazione missionaria, dedicato al compianto p. Ottorino Maule, martire in Burundi nel 1995. Di solito, noi saveriani mettiamo un’attenzione speciale nell’accogliere i gruppi che ci chiedono l’uso degli ambienti del centro. È un’occasione per illustrare agli ospiti il carisma saveriano e il nostro impegno missionario, a cui tutti siamo chiamati, sia pure in modo diverso. Le dirigenti della Fism (Federazione italiana scuole materne) della provincia di Venezia, ci hanno chiesto di usare l’aula “Ottorino Maule” per svolgere i loro corsi di aggiornamento. L’abbiamo data volentieri, sia per il buon rapporto che abbiamo sempre avuto con la responsabile signora Anita e le collaboratrici Giuseppina e Monica; e anche perché la formazione missionaria comincia proprio dall’infanzia. È stata anche l’occasione per far conoscere alle partecipanti la nostra rivista “Cem Mondialità”, che presenta le culture del mondo e spiega agli insegnanti come farle conoscere agli studenti, bambini e universitari. Le partecipanti al corso hanno avuto anche la pazienza di farsi immortalare in foto per il nostro giornale. Le aspettiamo ancora, per il loro prossimo corso d’aggiornamento.