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ambiente, appalti, edilizia, urbanistica e sicurezza
Chiuso in redazione il 17 dicembre 2015
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a cura della Redazione
Redazioni Editoriali Professionisti e Aziende
tecnici24.ilsole24ore.com
n. 12 – dicembre 2015
Pagina
NEWS
Ambiente,
Appalti,
Economia
e
Fisco,
Edilizia
e
Urbanistica,
Energia,
Pubblica
Amministrazione/Enti Locali, Rifiuti
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RASSEGNA DI NORMATIVA
Leggi, decreti, circolari: sintesi e classificazione
32
RASSEGNA DI GIURISPRUDENZA
Ambiente, Appalti, Pubblica Amministrazione/Enti locali, Edilizia e urbanistica
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APPROFONDIMENTI
Enti locali
RISCOSSIONE NEGLI ENTI LOCALI
Il sistema della riscossione delle entrate locali e, nello specifico, di quelle comunali, è stato
sempre, e resta tuttora, un argomento particolarmente spinoso a causa dell’instabilità e
della mutevolezza delle disposizioni legislative che ne sono poste alla base.
Pietro Sacchetta, Il Sole 24 ORE - La Settimana Fiscale, Edizione del 16 dicembre 2015, n.
47 pag. 42-45
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Enti locali
LA
PIANIFICAZIONE DEL TERRITORIO ALLA SCALA AMPIA-SOVRACOMUNALE: LE AREE PRODUTTIVE
ECOLOGICAMENTE ATTREZZATE
Pianificare e gestire il territorio alla scala ampia-sovracomunale non è impresa facile nel
nostro paese, ne danno ampia testimonianze il fallimento delle ipotesi-proposte di
istituzione delle cosiddette aree metropolitane e più in generale le difficoltà connesse
all’attuazione, in termini di capacità di sviluppo del territorio, espressa dagli strumenti di
governo del territorio alla scala provinciale.
Oliviero Tronconi, Il Sole 24 ORE - InDettaglio, Edizione 12/2015
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2
Ambiente
IMPIANTI BIOMASSE: SÌ AL RISARCIMENTO ALL'IMPRESA SE LA PA AUTORIZZA IN RITARDO
L’amministrazione che ingiustificatamente si oppone e ritarda nel rilasciare l’autorizzazione
alla realizzazione di un impianto per la produzione di energia alternativa deve risarcire il
danno al richiedente per i costi che quest’ultimo ha ingiustamente sostenuto proprio a causa
dell’inutile e illegittimo ostruzionismo che ha provocato la ritardata autorizzazione.
Giovanni Nicodemo, Antonio Nicodemo, Il Sole 24 ORE - Ambiente24, 10 dicembre 2015
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Ambiente
ONERE REALE SULLE AREE DA BONIFICARE, SERVE LA DIFFIDA DEL COMUNE AL PROPRIETARIO
Con la sentenza n. 5300 del 20 novembre 2015, la Sezione V del Consiglio di Stato, si è
pronunciata sulla costituzione, su un compendio immobiliare da bonificare di proprietà
privata, dell’onere reale di cui all’articolo 17 del Dlgs 22/1997. La norma dispone, fra l’altro,
che gli interventi di messa in sicurezza, bonifica e ripristino ambientale nonché la
realizzazione delle eventuali misure di sicurezza costituiscono onere reale sulle aree
inquinate di cui ai commi 2 e 3.
Massimiliano Atelli, Il Sole 24 ORE - Ambiente24, 9 dicembre 2015
86
Edilizia
IL PERMESSO DI COSTRUIRE PER MUTAMENTO DI DESTINAZIONE D'USO
Il Tribunale amministrativo regionale per il Lazio, Sez. I-quater, con la sent. n. 11216 dell'11
settembre 2015, si è pronunciato sulla questione avente a oggetto il mutamento di
destinazione d'uso e il permesso di costruire: non è sufficiente la DIA.
Cristiana Trovò, Il Sole 24 ORE - Consulente Immobiliare, Edizione del 31 dicembre 2015,
n. 989 pag. 2181-2182
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L’ESPERTO RISPONDE
Lavoro & Professione, Enti Locali
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 Ambiente
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Il piano d'azione UE per un'economia circolare
La Commissione europea ha adottato il 2 dicembre 2015, un nuovo pacchetto di misure per
incentivare la transizione dell’Europa verso un’economia circolare, che ne rafforzerà la competitività
a livello mondiale e stimolerà la crescita economica sostenibile e la creazione di nuovi posti di lavoro.
Le proposte della Commissione riguardano l’intero ciclo di vita: dalla produzione e il consumo fino
alla gestione dei rifiuti e al mercato per le materie prime secondarie. La transizione sarà finanziata
dai fondi SIE, da 650 milioni di EUR provenienti da "Orizzonte 2020" (il programma di finanziamento
dell’UE per la ricerca e l’innovazione) e da 5,5 miliardi di EUR provenienti dai fondi strutturali per la
gestione dei rifiuti, e mediante investimenti nell’economia circolare a livello nazionale.
Il piano d’azione approvato prevede cinque distinte linee di intervento da realizzare nel corso del
mandato dell'attuale Commissione:
– riduzione dei rifiuti alimentari, compresa una metodologia comune di misurazione, una migliore
indicazione della data di consumo, e strumenti per raggiungere l'obiettivo di sviluppo sostenibile
globale di ridurre della metà i rifiuti alimentari entro il 2030;
– sviluppo di norme di qualità per le materie prime secondarie al fine di aumentare la fiducia degli
operatori nel mercato unico;
– misure nell'ambito del piano di lavoro 2015-2017 sulla progettazione ecocompatibile per
promuovere la riparabilità, longevità e riciclabilità dei prodotti, oltre che l'efficienza energetica;
– revisione del regolamento relativo ai concimi, per agevolare il riconoscimento dei concimi organici
e di quelli ricavati dai rifiuti nel mercato unico e sostenere il ruolo dei bionutrienti;
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– una strategia per le materie plastiche nell'economia circolare, che affronta questioni legate a
riciclabilità, biodegradabilità, presenza di sostanze pericolose nelle materie plastiche e, nell'ambito
degli obiettivi di sviluppo sostenibile, l'obiettivo di ridurre in modo significativo i rifiuti marini;
– una serie di azioni in materia di riutilizzo delle acque, tra cui una proposta legislativa sulle
prescrizioni minime per il riutilizzo delle acque reflue.
Sul tema dei rifiuti, le nuove proposte legislative definiscono obiettivi chiari in materia di riduzione
dei rifiuti e stabiliscono un percorso a lungo termine per la loro gestione e riciclaggio.
Al fine di garantire un’attuazione efficace, gli obiettivi di riduzione dei rifiuti delle nuove proposte
sono accompagnati da misure concrete volte ad affrontare gli ostacoli pratici e le diverse situazioni
nei vari Stati membri.
Gli elementi chiave delle nuove proposte comprendono:
– un obiettivo comune a livello di UE per il riciclaggio del 65% dei rifiuti urbani entro il 2030;
– un obiettivo comune a livello di UE per il riciclaggio del 75% dei rifiuti di imballaggio entro il 2030;
– un obiettivo vincolante per ridurre al massimo al 10% il collocamento in discarica per tutti i rifiuti
entro il 2030;
– il divieto del collocamento in discarica dei rifiuti della raccolta differenziata;
– la promozione di strumenti economici per scoraggiare il collocamento in discarica; definizioni più
semplici e adeguate nonché metodi armonizzati per il calcolo dei tassi di riciclaggio in tutta l’UE;
– misure concrete per promuovere il riutilizzo e stimolare la simbiosi industriale trasformando i
prodotti di scarto di un'industria in materie prime destinate ad un'altra;
– incentivi economici affinché i produttori facciano giungere prodotti più ecologici sul mercato e un
sostegno ai sistemi di recupero e riciclaggio (es. per imballaggi, batterie, apparecchiature elettriche
ed elettroniche, veicoli).
(Pierpaolo Masciocchi, Il Sole24 Ore - Tecnici24, 3 dicembre 2015)
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Pompa di calore geotermica. Ecco come abbattere i costi di realizzazione iniziale
Un progetto americano permette la realizzazione di un sistema in pompa di calore geotermica che
abbatte i costi di realizzazione iniziali.
Le pompe di calore geotermiche, seppure siano le meno conosciute in Italia, sono tra quelle in grado
di fornire la migliore efficienza energetica e le migliori prestazioni. Esse rappresentano una fonte di
energia molto più efficiente rispetto ai tradizionali sistemi di raffreddamento e riscaldamento, poiché
sono in grado di fornire una quantità di energia di molto superiore rispetto a quella che viene
consumata per il loro funzionamento.
La pompe di calore funzionano, dunque, come dei “moltiplicatore di energia”.
La maggior parte delle pompe di calore presenti sul mercato sono reversibili, dunque possono essere
utilizzate sia per il raffrescamento estivo che per il riscaldamento invernale. Nel primo caso il fluido
termovettore viene refrigerato, mentre nel secondo caso viene riscaldato.
La realizzazione di sistemi con pompe di calore geotermiche è ostacolata da costi di installazione
iniziali piuttosto elevati. Nonostante la fonte di energia sia gratuita infatti, il costo per la realizzazione
dei sistemi geotermici è relativamente altoo, a causa dello scavo per il pozzo di prelievo.
A ridurre queste elevate spese è intervenuto il progetto sperimentale guidato della società American
Water e che sta attualmente interessando la William L. Buck Elementary School di Valley Street di
NY.
Il progetto prevede di utilizzare il sistema idrico comunale anziché una rete di tubature sotterranee
per il trasporto del fluido termovettore, eliminando la necessità della perforazione e riducendo
significativamente i costi di costruzione iniziali.
Nella modalità di riscaldamento, l’acqua comunale viene trasferita in uno scambiatore di calore,
all’interno del quale viene estratto il calore in esso contenuto che serve per il riscaldamento
dell’edificio. Dopo aver attraversato lo scambiatore, l’acqua viene restituita alla falda acquifera
attraverso una sacca di diffusione.
Il sistema geotermico innovativo sta fornendo riscaldamento e raffreddamento per una scuola di
40.000 piedi quadrati, eliminando l’utilizzo dei combustibili fossili nei mesi invernali. Ogni classe è
dotata di un’unità interna che può essere controllato individualmente, regolando le temperature in
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base alle esigenze. Grazie a questo nuovo sistema, la William L. Buck School potrà essere raffrescata
nei mesi estivi, permettendo il benessere interno degli occupanti.
L’unico problema del sistema innovativo risiedeva nel rischio di contaminazione dell’acqua della rete
comunale. Il vice presidente dell’American water ha però assicurato che questa possibilità non esiste
poiché “il trasferimento di calore tra l'acqua e il ciclo geotermico avviene all'interno dello scambiatore
di calore, che è molto piccolo ed è composto da una doppia unità di contenimento, il che assicura
che non vi è alcun contatto tra l'acqua e il circuito geotermico”.
Per quanto riguarda il profilo economico, il sistema è costato 3,5 milioni di dollari e grazie ad alcuni
aspetti che potrebbero ancora essere migliorati, il costo potrebbe scendere per future applicazioni a
2milioni.
Questo investimento risulta essere facilmente ammortizzabile nel tempo grazie i risparmi. La William
L. Buck Elementary School di Valley Street avrebbe infatti risparmiato in un anno 40 milioni di dollari.
(Giada D’Amato, Il Sole24 Ore - Tecnici24, 3 dicembre 2015)
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Aliquota IVA ridotta per la cessione di moduli fotovoltaici
Con la sentenza n. 9/10/15 del 22.10.2015, la Commissione Tributaria Provinciale di Milano si è
pronunciata sui limiti applicativi dell'aliquota IVA del 10% prevista dal n. 127-quinquies), Tabella A,
Parte III, allegata al D.P.R. n. 633/1972 per le cessioni di moduli fotovoltaici.
L'Ufficio ha negato l'agevolazione nel presupposto che i suddetti beni, non costituendo impianti di
produzione di energia elettrica di fonte solare-fotovoltaica, ma solo componenti degli stessi, non
possono beneficiare né dell'aliquota ridotta di cui al citato n. 127-quinquies), né - in assenza della
dichiarazione finale d'uso da parte dell'acquirente - di quella del successivo n. 127-sexies.
Di diverso avviso, invece, i giudici di primo grado, per i quali i beni in questione sono stati
correttamente assoggettati ad imposta con l'aliquota del 10% siccome "i moduli cablati, vale a dire
impianti idonei a produrre energia elettrica da fonte solare fotovoltaica, sia pure a corrente continua
e non alternata", sono "operazioni oggettivamente da assoggettare all'aliquota IVA del 10%".
Per completezza, occorre rammentare che l'Agenzia delle Entrate, con la Risoluzione n. 269/E/2007,
ha precisato che, dal tenore letterale del n. 127-quinquies), "si desume che il legislatore ai fini
dell'applicazione del beneficio fiscale prescinde dalle caratteristiche intrinseche del realizzando
impianto, ponendo come unica condizione la circostanza che deve trattarsi di impianto idoneo a
produrre calore energia. Né la norma in questione pone vincoli di natura soggettiva, con la
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conseguenza che la stessa è da applicarsi oggettivamente alle cessioni degli impianti in parola a
prescindere dal soggetto nei confronti del quale le cessioni sono effettuate, vale a dire
indipendentemente dalla circostanza che i cessionari si configurino, ai fini IVA, come utilizzatori finali
oppure quali operatori commerciali (produttori, importatori, grossisti o installatori)".
Diversamente, ai fin dell'applicazione del successivo n. 127-sexies), il riferimento ai "beni, escluse
materie prime e semilavorate, forniti per la costruzione (…)", evidenzia che l'aliquota ridotta è
circoscritta ai cd. "beni finiti" effettivamente utilizzati per la costruzione degli impianti di cui al n.
127-quinquies), vale a dire beni "per i quali il processo produttivo si sia già compiuto e che, come
tali, si trovino nell'ultima fase di commercializzazione", che siano stati "acquistati per essere
direttamente impiegati per la costruzione dell'impianto".
In definitiva, conclude la Risoluzione n. 269/E/2007, "la disposizione di cui al n. 127-sexies risulterà
applicabile alle sole cessioni dei componenti di impianti termici solari (quali pannelli solari, bollitori e
pompe) effettuate (…) nei confronti di soggetti dediti all'installazione o costruzione di impianti termici
ad energia solare nonché degli utilizzatori finali che rilascino, sotto la propria responsabilità, una
dichiarazione circa l'utilizzazione dei beni per la costruzione degli impianti di cui al n. 127-quinquies".
(Il Sole24 Ore - Tecnici24, 2 dicembre 2015)

Pubblicati 4 Regolamenti di esecuzione del Reg (UE) n. 517/2014 in materia di
riduzione delle emissioni di gas fluorurati a effetto serra
Il 18 novembre 2015 sono stati pubblicati in Gazzetta Ufficiale dell'Unione Europea (L 301/39 del 18
novembre 2015) quattro regolamenti di esecuzione del Regolamento (UE) n. 517/2014 in materia di
riduzione delle emissioni di gas fluorurati a effetto serra.
In particolare, i Regolamenti in questione vanno a sostituire, rispettivamente, il Regolamento
1494/2007, il Regolamento 303/2008, il Regolamento 305/2008 e il Regolamento 308/2008. In
seguito una breve sintesi dei nuovi provvedimenti.
• Regolamento di Esecuzione (UE) 2015/2068 della Commissione del 17 novembre 2015 che
stabilisce, a norma del regolamento (UE) n. 517/2014 del Parlamento europeo e del Consiglio, il
formato delle etichette per i prodotti e le apparecchiature che contengono gas fluorurati a effetto
serra. Il regolamento (CE) n. 1494/2007 è abrogato e i riferimenti a quest’ultimo si intendono fatti
al Regolamento (UE) n. 2015/2068 e vanno letti secondo la tavola di concordanza in allegato. Viene
specificato che le informazioni devono risaltare chiaramente sullo sfondo dell'etichetta e devono
avere una dimensione e una spaziatura che le rendono chiaramente leggibili. Quando le informazioni
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stabilite
dal
regolamento
sono
aggiunte
su
un'etichetta
già
apposta
sul
prodotto
o
sull'apparecchiatura in questione, le dimensioni dei caratteri non devono essere inferiori alle
dimensioni minime delle altre informazioni presenti sull'etichetta, su altre targhette esistenti o su
altre etichette di informazione del prodotto. Si prevede poi che tutta l'etichetta e il suo contenuto
siano concepiti in modo da restare saldamente attaccati al prodotto o all'apparecchiatura e da
rimanere leggibili in normali condizioni di funzionamento per tutto il periodo nel quale il prodotto o
l'apparecchiatura contengono gas fluorurati a effetto serra.
• Regolamento di Esecuzione (UE) 2015/2067 della Commissione del 17 novembre 2015 che
stabilisce, in conformità al regolamento (UE) n. 517/2014 del Parlamento europeo e del Consiglio, i
requisiti minimi e le condizioni per il riconoscimento reciproco della certificazione delle persone fisiche
per quanto concerne le apparecchiature fisse di refrigerazione e condizionamento d'aria, le pompe di
calore fisse e le celle frigorifero di autocarri e rimorchi frigorifero contenenti gas fluorurati a effetto
serra, nonché per la certificazione delle imprese per quanto concerne le apparecchiature fisse di
refrigerazione e condizionamento d'aria e le pompe di calore fisse contenenti gas fluorurati ad effetto
serra. Il regolamento (CE) n. 303/2008 è abrogato e i riferimenti a quest’ultimo si intendono fatti al
Regolamento (UE) n. 2015/2067 e vanno letti secondo la tavola di concordanza in allegato II.
Importante sottolineare che il regolamento si applica alle persone fisiche che svolgono le seguenti
attività: a) controllo delle perdite di apparecchiature contenenti gas fluorurati a effetto serra in
quantità pari o superiori a 5 tonnellate di CO2 equivalente e non contenuti in schiume, a meno che
le apparecchiature siano ermeticamente sigillate, etichettate come tali e contenenti gas fluorurati a
effetto serra in quantità inferiori a 10 tonnellate di CO2 equivalente; b) recupero; c) installazione;
d) riparazione, manutenzione o assistenza; e) smantellamento. Il regolamento si applica inoltre alle
imprese che svolgono per terzi le seguenti attività in relazione ad apparecchiature fisse di
refrigerazione e condizionamento d'aria e pompe di calore fisse: a) installazione; b) riparazione,
manutenzione o assistenza; c) smantellamento. Il regolamento non si applica invece alle attività
inerenti alla fabbricazione e alla riparazione effettuate nel luogo di produzione delle apparecchiature.
• Regolamento di Esecuzione (UE) 2015/2066 della Commissione del 17 novembre 2015 che
stabilisce, a norma del regolamento (UE) n. 517/2014 del Parlamento europeo e del Consiglio, i
requisiti minimi e le condizioni per il riconoscimento reciproco della certificazione delle persone fisiche
addette all'installazione, assistenza, manutenzione, riparazione o disattivazione di commutatori
elettrici contenenti gas fluorurati ad effetto serra o al recupero di gas fluorurati ad effetto serra da
commutatori elettrici fissi. Le persone fisiche che svolgono tali attività non sono soggette all'obbligo
di possedere il certificato, purché soddisfino le seguenti condizioni: a) siano iscritte ad un corso di
formazione finalizzato al rilascio di un certificato, che riguarda l'attività in questione e b) svolgano
l'attività sotto la supervisione di una persona in possesso di un idoneo certificato che si assume la
piena responsabilità della corretta esecuzione dell'attività. Il regolamento non si applica invece alle
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attività inerenti alla fabbricazione e alla riparazione effettuate nel luogo di produzione dei
commutatori elettrici. Il regolamento (CE) n. 305/2008 è abrogato e i riferimenti a quest’ultimo si
intendono fatti al Regolamento (UE) n. 2015/2066 e vanno letti secondo la tavola di concordanza in
allegato II.
• Regolamento di Esecuzione (UE) 2015/2065 della Commissione del 17 novembre 2015 che
stabilisce, a norma del regolamento (UE) n. 517/2014 del Parlamento europeo e del Consiglio, il
formato della notifica dei programmi di formazione e certificazione degli Stati membri. Il regolamento
(CE) n. 308/2008 è abrogato e i riferimenti a quest’ultimo si intendono fatti al Regolamento (UE) n.
2015/2065 e vanno letti secondo la tavola di concordanza in allegato VI.
(Il Sole24 Ore - Tecnici24, 25 novembre 2015)

Fanghi utilizzati in agricoltura: differenza tra quelli di alta qualità e la categoria dei
fanghi idonei
Quando l’unica differenza con la normativa sovraordinata o previgente stia soltanto nella diversa
cadenza di effettuazione dei test di fitotossicità (sulla quale cadenza si ritiene sussistere la
competenza regionale), deve reputarsi condivisibile l’argomentazione secondo cui i fanghi di alta
qualità
costituirebbero
una
tipologia
interna
alla
categoria
dei
fanghi
idonei.
Con la sentenza n. 2434/2015, la Sezione III del TAR Lombardia-Milano, si è pronunciato sull’art. 6
del D. Lgs. 99/1992, secondo cui le regioni possono stabilire ulteriori limiti e condizioni di utilizzazione
in agricoltura per i diversi tipi di fanghi, chiarendo che tale modifica, afferente le modalità di
accertamento della qualità dei fanghi e non i valori limite degli inquinanti, appare ricadere nell’ambito
della competenza regionale.
Di qui, la conclusione che quando i valori limite della concentrazione di inquinanti nei fanghi idonei
non siano modificati rispetto alla normativa statale, né modificati in senso peggiorativo rispetto alle
previgenti disposizioni regionali, né vi siano differenze gestionali o di impiego fra i fanghi idonei ed i
fanghi di alta qualità, salva la diversa cadenza di effettuazione dei test di fitotossicità, in relazione
alla quale cadenza si ritiene sussistere la competenza regionale, deve reputarsi condivisibile
l’argomentazione secondo cui i fanghi di alta qualità costituirebbero una tipologia interna alla
categoria dei fanghi idonei.
(Massimiliano Atelli, Il Sole24 Ore - Tecnici24, 24 novembre 2015)
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 Appalti

Anac, negli appalti clausole sociali solo per garantire efficienza
La clausola sociale che impone il riassorbimento dei lavoratori nel passaggio tra un appaltatore e un
altro non deve ostacolare la possibilità di organizzare in modo più efficiente la gestione del contratto.
Giusto tutelare i lavoratori, ma l'impresa che subentra nel contratto deve essere libera di organizzarsi
al meglio puntando alla massima efficienza possibile.
Il parere
In sintesi è quello che l'Autorità Anticorruzione ha messo nero su bianco nel parere rilasciato alla
commissione Lavoro del Senato (su richiesta del presidente Maurizio Sacconi) che ha avanzato dei
dubbi sulle clausole sociali contenute in più punti del disegno di legge delega per la riforma degli
appalti, licenziato la settimana scorsa dalla commissione lavori pubblici di Palazzo Madama. Per il
presidente dell'Autorità Raffaele Cantone, che ha firmato il parere, «il riassorbimento dei lavoratori
deve essere armonizzabile con l'organizzazione dell'impresa subentrante e con le esigenze tecnicoorganizzative e di manodopera previste nel nuovo contratto». Corollario: l'applicazione della clausola
sociale può essere consentita soltanto dopo aver valutato la sua «compatibilità con l'organizzazione
di impresa». «La clausola sociale - chiarisce Cantone -, non può alterare o forzare la valutazione
dell'aggiudicatario in ordine al dimensionamento dell'impresa e, in tal senso, non può imporre un
obbligo di integrale riassorbimento dei lavoratori del pregresso appalto, senza adeguata
considerazione delle mutate condizioni del nuovo appalto, del contesto sociale e di mercato o del
contesto imprenditoriale in cui dette maestranze si inseriscono». «Prevale e non può che essere così
- ha commentato Sacconi - l'esigenza di garantire ai servizi in appalto una sempre maggiore
efficienza che, nel caso dell'appaltante pubblico, significa un determinante contributo alla spending
review. Cosa ben diversa è il dumping sociale di coloro che non rispettano i minimi contrattuali».
Quattro correttivi
L'interpretazione di Cantone è stata fatta propria dalla commissione Lavoro, che nel parere sulla
delega appalti ha chiesto di rivedere i quattro punti del provvedimento che impongono al governo di
tenere conto della stabilità occupazionale nella riforma del sistema dei contratti pubblici da varare al
più tardi entro luglio 2016. Tra questi figura anche l'obbligo di riassorbimento dei lavoratori
nell'avvicendamento degli appalti relativi ai call center. Difficile che il testo della delega arrivato al
traguardo della terza lettura in Senato, dopo oltre un anno di cammino parlamentare, venga a questo
punto ritoccato, imponendo un nuovo passaggio alla Camera. Ma è chiaro che l'interpretazione
dell'Authority non potrà essere ignorata nella stesura del nuovo codice. Da parte di Cantone è arrivata
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po anche una nuova bocciatura del maxi appalto da 157milioni bandito dal Comune di Bologna per
assegnare in un colpo solo la manutenzione degli impianti e delle strutture degli edifici comunali.
Appalto giudicato «restrittivo della concorrenza» per non essere stato suddiviso in più lotti, favorendo
la partecipazione delle Pmi.
(Mauro Salerno, Il Sole24 Ore – Quotidiano Enti Locali & Pa, 17 dicembre 2015)
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Appalti, il mandatario è tenuto all'esecuzione se fallisce uno dei mandanti
L’articolo 37, comma 19, del Codice degli Appalti prevede che in caso di fallimento di uno dei
mandanti, il mandatario, ove non indichi altro operatore economico subentrante che sia in possesso
dei prescritti requisiti di idoneità, è tenuto alla esecuzione, direttamente o a mezzo degli altri
mandanti, purché questi abbiano i requisiti di qualificazione adeguati ai lavori, servizi o forniture
ancora da eseguire.
I dubbi interpretativi
Sono sorti dubbi sull’ambito di applicazione di tale disposizione, giacchè potrebbe ritenersi che tale
norma faccia riferimento alla fase successiva alla stipulazione del contratto, mentre, relativamente
alla fase anteriore alla stipulazione, troverebbe applicazione la normativa dell’articolo 38 sui requisiti
generali.
Argomentando in termini, si perverrebbe alla conclusione che, poiché i requisiti generali dell’articolo
38 devono essere posseduti non solo alla scadenza del termine di presentazione delle domande di
ammissione alla procedura ma fino al momento della stipulazione del contratto (si veda da ultimo
Consiglio di Stato, Adunanza Plenaria, 20 luglio 2015, n. 8), la richiesta di ammissione al concordato
preventivo comporterebbe la perdita, da parte dell’Ati aggiudicataria, dei requisiti di ammissione e il
conseguente onere, per la Stazione Appaltante, di revocare l’aggiudicazione.
In ogni caso, la revoca-annullamento dell’aggiudicazione potrebbe ritenersi un atto dovuto a seguito
della dichiarazione di fallimento della mandante.
La peculiarità del concordato preventivo
In via preliminare, la richiesta di ammissione al concordato preventivo in continuità non implica, ipso
facto, la perdita dei requisiti di ammissione, giacchè la perdita dei requisiti va ricollegata alla sentenza
dichiarativa del fallimento.
L'articolo 186-bis della Legge fallimentare, rubricato “Concordato con continuità aziendale”, prevede,
al comma 4, che l'ammissione al concordato preventivo non impedisce la partecipazione a procedure
di assegnazione di contratti pubblici, purchè l'impresa presenti in gara una relazione di un
professionista che attesta la conformità al piano e la ragionevole capacità di adempimento del
contratto.
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E’ necessaria, inoltre, la dichiarazione di altro operatore in possesso dei requisiti di carattere
generale, di capacità finanziaria, tecnica, economica nonché di certificazione, richiesti per
l'affidamento dell'appalto, il quale si è impegnato nei confronti del concorrente e della stazione
appaltante a mettere a disposizione, per la durata del contratto, le risorse necessarie all'esecuzione
dell'appalto e a subentrare all'impresa ausiliata nel caso in cui questa fallisca nel corso della gara o
dopo la stipulazione del contratto, ovvero non sia per qualsiasi ragione più in grado di dare regolare
esecuzione all'appalto.
Nello specifico, anche nelle more della presentazione di una domanda di concordato preventivo “con
continuità aziendale”, l’impresa richiedente conserva la facoltà di partecipare alle gare di affidamento
dei pubblici contratti.
Tale principio vale anche nell’ipotesi, consentita dall’articolo 161, comma 6, Legge fallimentare, in
cui l’impresa abbia inizialmente proposto una domanda di ammissione “in bianco”, con riserva di
presentare la proposta, il piano e la documentazione, nel termine massimo complessivo, fissato dal
giudice, di centottanta giorni decorrenti dal deposito della domanda di concordato “in bianco”,
L’applicabilità della norma alla fase “pre-contrattuale”
Il problema è stabilire se, in assenza della stipulazione del contratto, può o meno applicarsi la
disposizione dell’articolo 37, comma 19.
Invero, tale norma, si riferisce non solo alla fase successiva alla stipulazione del contratto ma anche
a quella successiva all’aggiudicazione definitiva.
Così afferma il Tar Lazio, Latina, con la sentenza n. 805 del 9 dicembre 2015.
Anzitutto, il dato letterale costituito dalla circostanza che il comma 19 non fa specifico riferimento a
fallimenti dichiarati in costanza del contratto depone in favore della richiamata intepretazione.
E’ evidente la differenza della disposizione dell’articolo 38 che, regolando il caso del fallimento del
mandatario, fa esplicito riferimento alla “prosecuzione del rapporto di appalto” suggerendo che, ove
il fallimento colpisca il mandatario in epoca anteriore alla stipulazione del contratto l’aggiudicazione
definitiva va annullata.
Allo stesso modo, l’espressione “lavori … ancora da eseguire” può essere considerata un sicuro
riferimento alla fase di esecuzione del contratto, perché non esclude che possa riferirsi a tutti i lavori.
Del resto, il fallimento potrebbe anche verificarsi dopo la stipulazione del contratto ma prima che i
lavori siano iniziati, per cui l’espressione sopra indicata non è un sicuro indice che la previsione
dell’articolo 37, comma 19, si riferisca alla fase successiva alla conclusione del contratto e non possa
“coprire” anche la fase che segue all’aggiudicazione definitiva.
Questa soluzione è giustificata, inoltre, sul piano degli interessi, dato che – se il fallimento colpisce
la mandante – l’applicazione della disposizione dell’articolo 37, comma 19, tutela sia l’interesse della
mandataria a non perdere la commessa che quello della stazione appaltante a ottenere
sollecitamente la prestazione desiderata senza dover procedere a annullamenti, con il rischio di
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contenziosi, e a parziali rinnovazioni del procedimento, cioè a nuova aggiudicazione definitiva con
connessa verifica della persistenza del possesso dei requisiti da parte del subentrante.
D’altro canto, non è ammissibile una tesi diversa, che comporterebbe conseguenze ingiuste
nell’ipotesi, pure considerata dal comma 19, in cui il mandatario sia in possesso dei requisiti necessari
all’esecuzione della prestazione che avrebbe dovuto essere assicurata dalla mandante e sia quindi in
grado di eseguire individualmente la prestazione.
Argomentando a contrario, infatti, si porrebbe, a carico della mandataria, il rischio di fallimenti della
mandante che si verifichino a causa di ritardi nella stipulazione cui essa sia del tutto estranea.
Di conseguenza, la previsione dell’articolo 37, comma 19, copre anche l’ipotesi in cui il fallimento
della mandante o di una mandante si verifichi dopo l’aggiudicazione definitiva e prima della
stipulazione del contratto.
In particolare, la mandataria, se in possesso dei requisiti, è legittimata a procedere alla stipulazione
in proprio del contratto, ovvero ad associarsi con altra mandante, pure in possesso dei requisiti
richiesti.
(Giovanni La Banca, Il Sole24 Ore – Quotidiano Enti Locali & Pa, 17 dicembre 2015)

Soglia di sbarramento, legittima se adeguata alle esigenze dell'amministrazione
All’interno di una gara da aggiudicare con il criterio dell’offerta economicamente più vantaggiosa, la
stazione appaltante può prevedere, in conformità all’articolo 83 comma 2 del Codice dei contratti
pubblici, una clausola di sbarramento.
Il Giudice amministrativo, può eventualmente rilevarne l’illegittimità soltanto in caso di abnormità e
manifesta illogicità.
Questo, il principio ribadito dal Consiglio di Stato, sezione 5, con la sentenza 2 dicembre 2015, n.
5468,
nell’ambito
di
una
gara
per
l’affidamento
del
servizio
di
raccolta
dei
rifiuti.
Nel caso in esame, un concorrente proponeva ricorso per non aver superato la soglia di sbarramento
prevista dalla legge di gara ed essere stato escluso dalla procedura.
Sia in primo grado sia in sede di appello, i Giudici amministrativi rigettano le doglianze dell’impresa
perché la stazione appaltante ha agito secondo quanto previsto dall’articolo 83 comma 2 del Codice
dei contratti pubblici.
Questa norma, prevede che lo scarto tra il punteggio della soglia e quello massimo relativo
all’elemento cui si riferisce la soglia deve essere appropriato, lontano dal punteggio massimo
conseguibile (Consiglio di Stato, sezione 5, sentenza 18 novembre 2011, n. 6084).
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L’amministrazione aggiudicatrice, tutte le volte in cui indice una gara da aggiudicare con il criterio
dell’offerta economicamente più vantaggiosa, può quindi prevedere una soglia di sbarramento
relativa alla valutazione tecnica delle offerte. I concorrenti che non raggiungono questo punteggio
sono automaticamente esclusi.
Il Comune, in questa particolare circostanza, prevedendo una soglia di sbarramento di cinquanta
(50) punti su un totale di settanta (70) ha correttamente agito, perché ha cercato di soddisfare
un’esigenza concreta, ovvero ancorare un determinato punteggio tecnico alle imprese che
garantivano una certa percentuale di raccolta differenziata (65%).
Per tali ragioni il ricorso e l’appello sono stati rigettati con conseguente condanna della ricorrente al
pagamento delle spese processuali.
(Marco Porcu, Il Sole24 Ore - Tecnici24, 9 dicembre 2015)

I reati sub judice a fini dell'esclusione dalla gara
L'esclusione dalla gara d'appalto prevista dall'articolo 38, comma 1, lettera f), del Dlgs 163/2006, si
fonda sulla necessità di garantire l'elemento fiduciario nei rapporti contrattuali della Pubblica
amministrazione fin dal momento genetico.
Non rileva pertanto che i fatti valutati dall’Amministrazione per addivenire alla decisione di rilevare
grave negligenza o malafede nell’esercizio di un precedente rapporto contrattuale tra le parti, se
oggetto di indagine penale, siano sub iudice, né che non siano stati oggetto di condanna, poiché ciò
che giustifica la scelta di esclusione è solo l'imperizia emersa nel corso dell'attività professionale, che
a sua volta ha leso quel rapporto di fiducia nella capacità professionale dell'impresa.
(Consiglio di stato, sezione 5, sentenza 20 novembre 2015, n. 5299).
L’approfondimento
La legge, ha chiarito il Consiglio, non esclude che determinati fatti di rilievo penale, laddove
costituenti ipotesi di grave errore professionale, possano essere valorizzati ai fini della sussistenza
della causa ostativa di cui all'articolo 38, comma 1, lettera f), del Dlgs 163/2006, indipendentemente
dalla astratta configurabilità o meno della causa ostativa contemplata alla precedente lettera c).
In altri termini, un determinato fatto penalmente rilevante può essere inquadrato alternativamente
o cumulativamente, a seconda del verificarsi dei rispettivi presupposti di legge, all'interno delle due
disposizioni normative (lettera c e lettera f), non rinvenendosi nel sistema contrattualistico pubblico
alcun divieto alla sussumibilità delle fattispecie di reato nella categoria del grave errore professionale
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e, per converso, alcuna riserva del penalmente sensibile alla categoria della moralità professionale
strettamente intesa.
Ne discende che ciò che rileva ai fini dell'applicabilità dell'articolo 38, comma 1, lettera f) del Dlgs
163/2006, è solo che un determinato fatto, quantunque avente qualificazione penale, possa essere
una forma di manifestazione di un grave errore professionale, prescindendosi in ogni caso dalla
sussistenza di una pronuncia giudiziale passata in giudicato, come è invece previsto dalla precedente
lettera c).
Il caso
Nella specie, la commissione di gara aveva disposto l’esclusione di un’impresa dalla procedura per
carenza del requisito di cui all’articolo 38, comma 1, lettera f), del Dlgs 163/2006, in dichiarata
esecuzione della determinazione dirigenziale con cui il Comune aveva accertato, a carico della società
stessa, grave negligenza e malafede nell’esecuzione di precedente appalto di trasporto alunni a
seguito della presa conoscenza delle risultanze del procedimento penale a carico del titolare della
società, rinviato a giudizio per i reati di cui agli articoli 355, 356 e 640 del Codice penale.
Le considerazioni
La decisione del Consiglio di Stato offre spunti interessanti. Il principio chiave della decisione sta
nell’affermazione per cui, riguardo all’articolo 38 del Codice degli appalti, un determinato fatto
penalmente rilevante può essere inquadrato alternativamente o cumulativamente, a seconda del
verificarsi dei rispettivi presupposti di legge, all'interno delle due disposizioni normative contenute in
detto articolo (lettera c e lettera f), non rinvenendosi nel sistema contrattualistico pubblico alcun
divieto alla sussumibilità delle fattispecie di reato nella categoria del grave errore professionale e,
per converso, alcuna riserva del penalmente sensibile alla categoria della moralità professionale
strettamente intesa.
Da ciò la sezione 5 fa discendere che quel che rileva ai fini dell'applicabilità dell'articolo 38, comma
1, lettera f), del Dlgs 163/2006, è solo che un determinato fatto, quantunque avente qualificazione
penale, possa essere forma di manifestazione di un grave errore professionale, prescindendosi in
ogni caso dalla sussistenza di una pronuncia giudiziale passata in giudicato, come è invece previsto
dalla precedente lettera c).
Agli effetti pratici, ciò significa, per le stazioni appaltanti, che esse possono porre a base della
valutazione della sussistenza dell’elemento fiduciario fatti emersi dalla conoscenza del giudizio penale
in questione, anche se non ancora oggetto di pronuncia passata in giudicato. Né in senso contrario
può rilevare, ha aggiunto significativamente il Consiglio di Stato, che la relativa procedura si concluda
successivamente con sentenza di assoluzione dai reati loro ascritti per insussistenza del fatto, quando
la sussistenza delle circostanze di fatto apprezzate con il provvedimento impugnato non risulti esclusa
dalla sentenza penale di assoluzione.
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Detto altrimenti, ben può la stazione appaltante tenerne conto ai fini della emanazione del giudizio
circa la sussistenza dell’elemento fiduciario di cui trattasi.
(Massimiliano Atelli, Il Sole 24 Ore - Tecnici24, 30 novembre 2015)
 Economia e Fisco

Sconti Irpef del 20% sul prezzo fino a 300mila euro e sugli interessi passivi
Il regolamento di attuazione della norma che concede la deduzione Irpef del 20% sul prezzo di
acquisto degli appartamenti destinati alla locazione è stato pubblicato nella «Gazzetta Ufficiale» n.
282 del 3 dicembre 2015 (si tratta del decreto del ministero delle Infrastrutture 8 settembre 2015).
La norma (l'articolo 21, Dl 133/2014, convertito con legge 164/2014) concede all'acquirente persona
fisica (non esercente attività commerciale) una deduzione dal reddito complessivo pari al 20% del
prezzo di acquisto (effettuato tra il 1° gennaio 2014 e il 31 dicembre 2017) di unità immobiliari a
destinazione residenziale, di nuova costruzione o oggetto di interventi di restauro o di ristrutturazione
che:
•
fossero «invendute» alla data del 12 novembre 2014;
•
abbiano conseguito il requisito dell'agibilità tra il 1° gennaio 2014 e il 31 dicembre 2017 mediante
il rilascio dell'apposita certificazione da parte del Comune o per intervenuta formazione del silenzio
assenso di cui all'articolo 25 del Dpr 380/2001.
Nel regolamento attuativo viene specificato che la deduzione spetta «ai soggetti titolari del diritto di
proprietà dell'unità immobiliare in relazione alla quota di proprietà»: in sostanza, in caso di acquisto
per quota di comproprietà, a ciascun comproprietario spetta una detrazione commisurata alla
rispettiva quota.
(Il Sole 24 Ore -Tecnici24, 10 dicembre 2015)

Novità su sanzioni per imposta di registro nei contratti di locazione e affitto di beni
immobili
Sono tre le novità introdotte dall'art.17, Dlgs n.158/2015, in materia di sanzioni sull'imposta di
registro per i contratti di locazione e di affitto di beni immobili: 1) entro il termine di 30 giorni, oltre
alla liquidazione e versamento dell'imposta da parte dei contraenti dopo la stipula del contratto,
andranno comunicati all'ufficio delle entrate preposto in cui il contratto stesso è stato registrato,
anche le cessioni, le risoluzioni e le proroghe, anche se tacite, dal momento in cui esse si sono
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verificate; se ciò non dovesse avvenire, si potrà incorrere nella sanzione del 30% di ogni importo
non versato, così come stabilito dall'art.13, Dlgs n.471/1997; 2) l'attestato di proroga, cessione o
risoluzione del contratto da presentare entro 20 giorni all'ufficio preposto è pertanto abrogato,
bastando ormai la semplice comunicazione del fatto giuridico entro 30 giorni, come detto al punto
precedente; 3) in caso di mancata presentazione della comunicazione relativa alla risoluzione del
contratto di locazione per il quale è stata esercitata l'opzione per l'applicazione della cedolare secca,
entro 30 giorni dal verificarsi dell'evento, si applica la sanzione in misura fissa pari a 67 euro, ridotta
a 35 euro se presentata con ritardo non superiore a 30 giorni. Le suddette novità si applicheranno a
partire dal 1° gennaio 2017.
(Il Sole 24 Ore - Tecnici24, 30 novembre 2015)


Edilizia e Urbanistica
Perizie immobiliari, presentate le nuove Linee guida ABI
Sono state presentate lo scorso 14 dicembre a Roma, nel corso della giornata formativa “Le
valutazioni immobiliari in un contesto di integrazione europea”, le nuove Linee guida per le
valutazioni degli immobili in garanzia delle esposizioni creditizie, improntate a requisiti di massima
trasparenza, certezza ed economicità, che serviranno a porre all’avanguardia in Europa il mercato
italiano del credito ipotecario.
Le indicazioni per le perizie, aggiornate e adeguate ai più recenti standard europei di
valutazione, sono frutto del lavoro svolto da ABI, Assovib, Collegio Nazionale degli Agrotecnici,
Collegio Nazionale dei Periti Agrari, Consiglio dell’Ordine Nazionale dei Dottori Agronomi e dei Dottori
Forestali, Consiglio Nazionale degli Architetti Pianificatori Paesaggisti Conservatori, Consiglio
Nazionale degli Ingegneri, Consiglio Nazionale dei Periti Industriali, Consiglio Nazionale Geometri e
Tecnoborsa.
Valore di mercato, codice di condotta dei Periti, procedure e metodi di valutazione, metodo del
confronto di mercato, metodo finanziario sono alcuni dei principi su cui si basano le nuove Linee
guida e che consentiranno di eseguire valutazioni degli immobili secondo parametri di chiarezza e
trasparenza nei confronti di tutti i referenti sia privati (clienti mutuatari, agenzie di rating ecc.) sia
Istituzionali (Banca d’Italia, Agenzia delle entrate già Agenzia del territorio, tribunali delle esecuzioni
immobiliari ecc.).
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A disposizione di banche, tecnici e consumatori, dunque, un dettagliato volume che realizza
“l’esigenza di introdurre una serie di criteri di omogeneità in materia avvertita da tempo a vari livelli,
con riferimento specifico agli indicatori di superficie o di volume, alle metodologie di valutazione
adottate (per capitalizzazione del reddito, per stima comparativa ecc.), allo stesso concetto di valore
e alla professionalità dei periti incaricati della valutazione”.
(Il Sole 24 Ore - Tecnici24, 15 dicembre 2015)

Stima degli immobili: pubblicata la norma UNI 11612
La commissione tecnica Commercio ha finalmente pubblicato la norma UNI 11612:2015 sulla stima
del valore di mercato degli immobili che, assieme alla UNI 11558:2014 sul valutatore immobiliare,
completa e definisce con chiarezza e puntualità i parametri di un settore nevralgico pe il nostro Paese.
La nuova norma è finalizzata a definire principi e procedimenti funzionali alla stima del valore di
mercato degli immobili secondo criteri oggettivi e in conformità agli standard nazionali e
internazionali, consentendo di rendere trasparente il processo e il prodotto (servizio) di valutazione
a beneficio di tuti i soggetti coinvolti (professionisti, tribunali, istituti di credito, società immobiliari,
fondi immobiliari, cittadino-consumatore ecc.).
E’ stato inoltre approvato, nel corso della riunione del Tavolo "Valutazione di conformità alla UNI
11558" svoltasi a Milano il 16 novembre scorso, il progetto di prassi di riferimento UNI dal titolo
"Raccomandazioni per la valutazione di conformità di parte terza accreditata ai requisiti definiti nella
norma UNI 11558 'Valutatore immobiliare - Requisiti di conoscenza, abilità e competenza'", che è
ora sottoposto alla fase di consultazione pubblica con scadenza 18 gennaio 2016.
Il documento - frutto della collaborazione tra UNI, RPT (Rete Professioni Tecniche) e Accredia - è
pensato per illustrate e definire delle regole comuni di carattere applicativo in relazione alla
certificazione rilasciata ai sensi della UNI 11558, nella quale sono individuati i requisiti di conoscenza,
abilità e competenza del valutatore immobiliare. Nella futura UNI/PdR sono identificati gli elementi
base per la trasparenza e l’uniformità dei processi di valutazione e di certificazione gestiti dagli
organismi di certificazione accreditati in conformità alla UNI CEI EN ISO/IEC 17024 e il documento è
stato strutturato in modo tale da rispettare la coerenza con la norma UNI 11558 di riferimento
evidenziando gli aspetti operativi tipici del processo di certificazione (procedure di esame,
mantenimento e rinnovo della certificazione).
(Il Sole 24 Ore - Tecnici24, 14 dicembre 2015)
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
Il mercato immobiliare italiano si rimette in moto
L’Ufficio Studi del Gruppo Tecnocasa, sulla base dei dati forniti dall’Agenzia delle entrate, ha
analizzato l’andamento delle compravendite nelle grandi città italiane nei primi nove mesi del 2015.
Le transazioni residenziali sono aumentate del 5,4%.
Tutte le principali città della Penisola hanno mostrato volumi in aumento, ad eccezione di Genova e
Roma. La città ligure vede una contrazione del 3,4%, mentre la Capitale ha subito una diminuzione
dello 0,6% rispetto allo stesso periodo dell’anno scorso.
Dalla parte opposta spicca l’andamento di Palermo dove le compravendite sono aumentate del 12,4%
e di Milano che segnala un incremento del 9,6%. Bene anche Firenze con +8,4% e Napoli con +7,7%.
I dati dell’Agenzia delle entrate, quindi, sembrano confermare il sentiment della rete del Gruppo
Tecnocasa che da diversi mesi segnala una ripresa della volontà di acquisto, spinta sia dai prezzi più
convenienti sia dalla maggiore propensione delle banche a finanziare l’acquisto della casa. Al
momento questo aumento delle compravendite non si sta trasformando in un incremento di valori.
(Il Sole 24 Ore - Tecnici24, 14 dicembre 2015)


Energia
Attestato di prestazione energetica con il nuovo software Docet v.3
È disponibile DOCET v.3, la nuova versione del software che permette di redigere l’APE di edifici
residenziali esistenti inferiori a 200 mq ENEA, in collaborazione con l’Istituto per le Tecnologie della
Costruzione del CNR, ha infatti predisposto la nuova versione del software DOCET aggiornata tenendo
conto delle nuove norme tecniche, dei decreti attuativi contenenti prescrizioni e requisiti minimi degli
edifici e delle nuove Linee Guida nazionali per la certificazione energetica degli edifici (UNI TS 113001-2, UNI TS 11300-3, UNI TS 11300-4 e i D.M. 26 giugno 2015).
Tecnici e operatori del settore edilizio possono utilizzare il nuovo software solo per la certificazione
energetica degli edifici residenziali esistenti con superficie utile inferiore o uguale a 200 mq, siano
essi
singole
unità
immobiliari
o
singoli
appartamenti
in
edifici
condominiali.
Il software DOCET v.3 è classificato come “Metodo di calcolo da rilievo sull’edificio”, secondo il livello
di approfondimento “Metodo semplificato” e prevede la valutazione della prestazione energetica
dell’edificio a partire dai dati di ingresso ricavati da indagini svolte direttamente sull’edificio esistente,
per analogia costruttiva con altri edifici e sistemi impiantistici coevi, integrata da banche dati o abachi
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nazionali.
(Il Sole 24 Ore - Tecnici24, 9 dicembre 2015)

Climatizzazione degli ambienti: dal MiSE la guida per l'esercizio, il controllo e la
manutenzione degli impianti
Il Ministero dello sviluppo economico ha pubblicato una guida per la corretta gestione degli impianti
per il riscaldamento e il raffrescamento.
La guida - predisposta da ENEA in collaborazione con Adiconsum, Assoclima, Assotermica,
Confartigianato, Federconsumatori, Unione consumatori e il Salvagente – descrive tutto quello che
occorre sapere per avere impianti efficienti e ben regolati e adempiere agli obblighi di legge: quale
è la temperatura ideale da tenere in casa, come e quando eseguire i controlli di efficienza energetica,
i limiti di emissioni consentiti, e per le caldaie, chi è e quali sono i compiti del responsabile
dell’impianto, che cos’è il libretto d’impianto, chi esegue e come avvengono le ispezioni ecc.
Una precisa regolazione e una corretta manutenzione degli impianti termici infatti, spiega il
documento, consentono di ridurre sensibilmente i consumi e con essi anche la spesa sostenuta per
farli funzionare. E non solo. Un impianto ben tenuto è più sicuro e inquina meno, perché emette
nell’atmosfera una minore quantità di gas che hanno effetti negativi sull’ambiente e sulla nostra
salute.
Per far sì che vi sia l’impegno di tutti, esiste da anni nel nostro Paese una normativa - in continua
evoluzione per adeguarsi alle direttive dell’Unione Europea e alla disponibilità di tecnologie sempre
più efficienti - che regola l’esercizio, il controllo e la manutenzione degli impianti termici.
Sono due gli ultimi aggiornamenti in materia, che riguardano sia i cittadini sia gli addetti ai lavori:
• il D.P.R. 74 del 16 aprile 2013 - entrato in vigore il 12 luglio 2013 - che definisce i criteri generali
in materia di esercizio, conduzione, controllo, manutenzione e ispezione degli impianti termici per la
climatizzazione invernale ed estiva degli edifici e per la preparazione dell’acqua per usi igienici e
sanitari;
• il D.M. 10 febbraio 2014 che introduce e definisce il nuovo modello di libretto di impianto per la
climatizzazione degli ambienti e il rapporto di controllo di efficienza energetica.
(Il Sole 24 Ore - Tecnici24, 27 novembre 2015)
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 Pubblica amministrazione/Enti locali

Anticorruzione, entro il 31 dicembre la stipula dei protocolli di legalità
Scade il prossimo 31 dicembre 2015 il termine per la stipula dei protocolli di legalità per disciplinare
gli specifici obblighi di prevenzione della corruzione e di trasparenza per le società e gli altri enti di
diritto privato partecipati da pubbliche amministrazioni.
Il termine è stato indicato dal comunicato del Presidente dell'Anac, pubblicato il 4 dicembre 2015,
che ha riassunto i prossimi adempimenti in materia di anticorruzione e trasparenza per tutte le
società e gli enti privati destinatari delle linee guida di cui alla determinazione n. 8 del 17 giugno
2015 (si veda anche l'articolo pubblicato sul Quotidiano degli enti locali e Pa dell'8 dicembre 2015).
Si tratta di una vasta gamma di enti formalmente privati, ma attratti dalla normativa anticorruzione
nell'orbita pubblicistica: società in controllo pubblico ai sensi dell'articolo 2359 del Cc, a
partecipazione pubblica non di controllo, altri enti di diritto privato nei cui confronti le pubbliche
amministrazioni controllanti hanno un potere di ingerenza sull'attività con carattere di continuità
ovvero un'influenza dominante sulle decisioni, gli enti di natura privatistica, diversi dalle società,
partecipati da pubbliche amministrazioni, che hanno rilievo pubblico in quanto deputati a svolgere
attività amministrative ovvero attività d'interesse generale.
Prevenzione della corruzione
In particolare, l'agenda predisposta dall'Anac prevede, quale primo adempimento, non oltre il 31
dicembre 2015, la stipula dei protocolli di legalità, in cui deve essere indicata la cadenza temporale
delle misure in tema di prevenzione della corruzione e di trasparenza da adottare nelle società e
negli altri enti di diritto privato partecipati da pubbliche amministrazioni. Sono da ricomprendere,
secondo la determinazione dell'Anac, tra gli «altri enti di diritto privato partecipati» quelli di natura
privatistica, non sottoposti a controllo ai sensi dell'articolo 2359 del Codice civile da parte di
amministrazioni pubbliche, oppure nei quali non siano riconosciuti alle pubbliche amministrazioni,
anche in assenza di una partecipazione azionaria, poteri di ingerenza nei sensi di nomina dei vertici
o dei componenti degli organi. Tali enti sono rilevanti ai fini della normativa in materia di prevenzione
della corruzione e trasparenza in quanto comunque partecipati da amministrazioni. Infatti, pur
avendo natura di diritto privato, si possono configurare quali strutture organizzative che hanno un
rilievo pubblico laddove deputate a svolgere attività amministrative ovvero attività di interesse
generale. Nonostante l'autonomia statutaria e gestionale loro riconosciuta, all'amministrazione sono
attribuiti poteri di vigilanza in ragione della natura pubblica dell'attività svolta. Detti poteri possono
sostanziarsi, ad esempio, nell'approvazione da parte dell'amministrazione degli atti fondamentali,
nella formulazione di rilievi sui bilanci, nei compiti di verifica dell'effettiva tutela dei beneficiari
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secondo le forme individuate negli statuti. Nella categoria degli enti di diritto privato solo partecipati
da pubbliche amministrazioni rientrano, anche sulla base della giurisprudenza, ordinaria e
costituzionale, le fondazioni bancarie, le casse di previdenza dei liberi professionisti, le associazioni
e le fondazioni derivanti dalla trasformazione per legge di istituzioni pubbliche di assistenza e
beneficienza, nonostante l'indubbio rilevo di interesse generale delle funzioni ad esse attribuite.
La stipula dei protocolli di legalità
In considerazione delle finalità istituzionali perseguite da questi enti non viene meno l'interesse
generale alla prevenzione della corruzione. Poiché, però, tali enti non sono considerati in controllo
pubblico, essi non sono tenuti ad adottare le misure previste dalla legge 190/2012 né a nominare un
Responsabile della prevenzione della corruzione. È, invece, compito delle pubbliche amministrazioni
partecipanti promuovere, in special modo nel caso in cui esse corrispondano all'ente forme di
finanziamento a vario titolo riconosciute, l'adozione di protocolli di legalità che disciplinino specifici
obblighi di prevenzione della corruzione e di trasparenza, diversamente calibrati e specificati in base
alla tipologia di poteri, di vigilanza, di finanziamento o di nomina, che l'amministrazione esercita. In
questi casi i protocolli di legalità devono disciplinare, ad esempio, gli obblighi di trasparenza e di
informazione sull'uso delle risorse pubbliche da parte dei beneficiari. Nel caso di esercizio di soli
poteri di vigilanza, occorre che nei protocolli siano indicate le modalità per rendere tale attività
efficace e trasparente, assicurandone la conoscibilità degli esiti. È anche compito delle
amministrazioni che a vario titolo vi partecipano, promuovere, da parte di questi soggetti, l'adozione
di modelli come quello previsto nel Dlgs 231/2001, laddove ciò sia compatibile con la dimensione
organizzativa degli stessi.
(Paolo Canaparo, Il Sole 24 Ore – Quotidiano Enti Locali & Pa, 17 dicembre 2015)

Armonizzazione, pubblicato il terzo decreto correttivo
Dal 1° gennaio 2016 gli enti locali e le regioni dovranno tener conto anche delle novità contenute nel
terzo decreto correttivo dell'armonizzazione contabile emanato il 1° dicembre e pubblicato sul sito
Arconet.
Che cosa cambia
Le principali modifiche agli allegati al Dlgs 118/2011, che si applicheranno con riferimento agli schemi
di bilancio e di rendiconto dell'esercizio 2016, riguardano la copertura degli investimenti pluriennali
con il risparmio corrente e l'accertamento delle entrate tributarie devolute alle Autonomie speciali.
Dopo gli effetti limitativi sugli investimenti delle rigorose regole della competenza finanziaria
potenziata, si apre una nuova possibilità per finanziare un investimento (e quindi dare ad esso
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copertura finanziaria) data dall'utilizzo delle risorse del saldo corrente dell'esercizio cui è imputata la
spesa.
Le conseguenze operative
La portata delle nuove regole riguarda in particolare gli investimenti imputati agli esercizi successivi
a quello in corso, per esempio un'opera con stati di avanzamento lavori che scadono negli anni 2016,
2017 e 2018, per 100 euro l'anno. Prima della modifica, per dare il via libero all'investimento di 300
finanziato con entrate dell'ente, occorreva disporre di entrate accertate e imputate all'anno 2016 per
300 euro. Dal 1 gennaio, invece, gli investimenti imputati agli esercizi 2017 e 2018 potranno essere
finanziati con il margine corrente «consolidato», cioè una quota consolidata (non l'intero importo)
del saldo positivo di parte corrente previsto per ciascun esercizio (per il 2017 e 2018 nel nostro
esempio) nel rispetto di alcune condizioni analiticamente indicate nei principi. Oltre al margine
consolidato il principio indica due ulteriori leve: l'applicazione di nuove o maggiori aliquote fiscali e
dalla maggiorazione di oneri concessori e sanzioni, formalmente deliberate (al netto del fcde) e una
quota derivante da riduzioni permanenti di spese correnti, già realizzate, risultanti da un titolo
giuridico perfezionato. Il decreto apporta modifiche anche al piano dei conti integrato finanziario e
agli schemi di bilancio.
(Patrizia Ruffini, Il Sole 24 Ore – Quotidiano Enti Locali & Pa, 17 dicembre 2015)

Anche gli organismi di diritto pubblico sono soggetti alla spending review
Ha natura di accertamento costitutivo l’inserimento nell’elenco degli organismi pubblici, ad opera
dell’Istat, di un ente con personalità giuridica (anche privata), che si qualifica per il perseguimento
di interessi generali (di natura non industriale o commerciale) e goda di un finanziamento pubblico
maggioritario o, in alternativa, sia rappresentato da oltre la metà di componenti (di estrazione
pubblica) nel c.d.a oppure nell’organo di vigilanza. Conseguentemente scatta, anche per questi enti,
l’assoggettamento ad un controllo mirato a perseguire la spending review.
È quanto si ricava dalla sentenza del Consiglio di Stato, Sezione VI, del 10 dicembre 2015, n. 5617.
(Lorenzo Camarda, Il Sole 24 Ore - Pubblica Amministrazione24, 16 dicembre 2015)

Relazioni sindacali dopo la riforma del lavoro pubblico: un rebus tra norme e zone
d'ombra
Una delle tematiche più dibattute, soprattutto in questi ultimi tempi, attiene alla corretta
determinazione delle relazioni sindacali dopo l’avvento del sistema di riforma del lavoro pubblico di
cui al Dlgs n. 150/2009, il quale, incidendo significativamente sugli equilibri relazionali in atto con le
UNITELNews24
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competenti istanze sindacali, ha determinato una serie di spostamenti di materie da un contesto di
rapporti industriali ad un altro, originando non poche incertezze sul complesso apparato
dell’ordinamento delle relazioni sindacali che, a tutt’oggi, governa istituti e meccanismi di regolazione
del rapporto di lavoro. L’attualità del tema, infatti, si pone in un momento particolare delle dinamiche
relazionali che, da un lato, assistono al blocco sostanziale dei rinnovi nazionali e, dall’altro, a fronte
di tale interdizione che si protrae oramai da anni, tentano di forzare l’ordine dei contrappesi a livello
decentrato, cercando di porre rimedio ai ritardi accumulati a seguito dei blocchi contrattuali. Il nuovo
scenario normativo aperto dal regime di riforma si sviluppa sul principio di una decisa contrazione
degli spazi negoziali nell’ambito della contrattazione di secondo livello, rimodulando, quindi, le
simmetrie relazionali mediante una redistribuzione delle materie oggetto di rapporti sindacali su livelli
relazionali più blandi e meno invasivi.
La prevalenza delle norme sui contratti
Il meccanismo di revisione, pertanto, prende le mosse dalle disposizioni e dai principi recentemente
introdotti dal cosiddetto decreto Brunetta (Dlgs 27 ottobre 2009, n. 150), il quale - in disparte le
prescrizioni inderogabili di adeguamento dell’ordinamento interno recate dagli articoli 16, comma 2,
e 31, comma 1 – rimette alla fonte regolamentare, escludendo, dunque, in senso diametrale quella
contrattuale, la regolazione di taluni aspetti relativi all’applicazione del regime generale di premialità
(si veda il comma 2 del citato articolo 31: “(…) gli enti locali, nell'esercizio delle rispettive potestà
normative (…)”), nonché consegna immediatamente alla fonte legale la disciplina degli istituti
premiali direttamente regolati con legge (cfr. comma 3 del citato articolo 31: “(…) Per premiare il
merito e la professionalità (…) gli enti locali, oltre a quanto autonomamente stabilito (…) utilizzano
gli strumenti di cui all’art. 20, comma 1, lettere c), d), e) ed f), nonché, adattandoli alla specificità
dei propri ordinamenti, quelli di cui alle lettere a) e b) (…)”), determinando, quindi, quale diretta
conseguenza di tali determinazioni normative, la messa fuori gioco delle relative previsioni
contrattuali, da ritenersi disapplicate nei termini delle scansioni temporali dettate dalla stessa norma
(cfr. comma 4 del ridetto art. 31: “Nelle more dell'adeguamento di cui al comma 1, da attuarsi entro
il 31 dicembre 2010, negli ordinamenti (…) degli enti locali si applicano le disposizioni vigenti alla
data di entrata in vigore del presente decreto; decorso il termine fissato per l'adeguamento si
applicano le disposizioni previste nel presente titolo fino alla data di emanazione della disciplina
regionale e locale.”).
Il transito dalla sede negoziale a quella legale della previsione e della disciplina dei meccanismi di
premialità determinato dalla riforma, pertanto, non poteva non avere effetti anche e soprattutto
sull’assetto delle corrispondenti relazioni sindacali che devono essere ridefinite alla luce di tale
mutato quadro di fonti regolatrici.
Sotto altro profilo, poi, il sistema di riforma provvede a rimodulare i contesti di intervento dirigenziale
mediante l’adozione di una previsione combinata di disposizioni inderogabili che - pur riaffermando
il principio generale per il quale i contratti collettivi nazionali di lavoro disciplinano le modalità e gli
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istituti della partecipazione sindacale (articolo 36 del decreto) - riservano, in via esclusiva, ai
dirigenti, quali organi preposti alla gestione con la capacità ed i poteri propri del privato datore di
lavoro, ancorché nell'ambito delle leggi e degli atti organizzativi di diritto comune di loro competenza
(cosiddetta micro organizzazione), le determinazioni per l'organizzazione degli uffici e le misure
inerenti alla gestione dei rapporti di lavoro, fatta salva la sola informazione ai sindacati, ove prevista
nei contratti collettivi nazionali di lavoro, preoccupandosi di specificare, altresì, che rientrano, in
particolare, nell'esercizio dei poteri dirigenziali, le misure inerenti alla gestione delle risorse umane,
nonché la direzione e l'organizzazione del lavoro nell'ambito degli uffici (cfr. articolo 34 del decreto).
Anche tale previsione, quindi, per la portata innovativa e specificativa che introduce, non poteva non
produrre conseguenze sugli equilibri relazionali di origine contrattuale sino ad allora consolidati con
le organizzazioni sindacali, determinando la necessità di una revisione degli stessi in conformità con
i nuovi principi affermati dalla riforma.
La definizione degli assetti relazionali
Fatta questa doverosa premessa sul perimetro normativo all’interno del quale occorre muoversi a
seguito delle innovazioni prescrittive e culturali prodotte dal disegno riformistico, sembra ora
necessario dare un contributo empirico rispetto alla definizione degli attuali assetti relazionali,
combinando, quindi, le attuali previsioni legali con quelle che, ancora oggi, sono le prescrizioni in
materia dettate dal vigente quadro negoziale nazionale.
L’attuale sistema di relazioni, quindi, potrebbe ritenersi assestato, in applicazione dei principi e delle
prescrizioni legali appena viste, su di un disegno che, a regime, appare sviluppato come segue,
partendo dal sistema degli assetti contrattuali, che rappresenta l’ambito maggiormente rilevante non
solo in termini quantitativi di materie, ma, anche e soprattutto, sul piano delle strategie delle relazioni
industriali, così importanti nell’amministrazione pubblica per il seguito culturale che, da sempre, le
accompagna.
In sintesi, quindi, il tracciato relazionale che, a buon titolo, potrebbe oggi delinearsi, quanto meno
sugli aspetti principali di sistema è come di seguito rappresentato, con riferimento alle singole
materie oggetto di prerogative sindacali:
1. Articolo 4, comma 2, lett. a), del Ccnl 1° aprile 1999: i criteri per la ripartizione e la
destinazione delle risorse finanziarie indicate nell’articolo 15 (fondo di finanziamento del
salario accessorio del personale dipendente): tale materia è da ritenere che sia rimasta in
ambito negoziale di secondo livello, tenuto conto che il regime di riforma non regola la materia
delle destinazioni economiche, limitandosi a preservarne talune destinazioni (articoli 26,
comma 2, e 31, comma 3, secondo periodo, del decreto).
2. Articolo 4, comma 2, lett. b), del Ccnl 1° aprile 1999: i criteri generali relativi ai sistemi di
incentivazione del personale sulla base di obiettivi e programmi di incremento della
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produttività e di miglioramento della qualità del servizio: tale ambito di regolazione è rimasto
in ambito contrattuale integrativo per quanto attiene ai criteri generali, ovvero alle politiche
di gestione degli strumenti premiali, mentre gli obiettivi ed i programmi di incremento di
efficienza e di qualità rientrano nelle autonome determinazioni degli enti ai sensi di quanto
già sopra detto.
3. Articolo 4, comma 2, lett. b), del Ccnl 1° aprile 1999: i criteri generali delle metodologie di
valutazione basate su indici e standard di valutazione ed i criteri di ripartizione delle risorse:
questo profilo di regolazione è da intendersi oggi consegnato integralmente all’autonoma
disciplina regolamentare delle amministrazioni, rientrando pienamente nella regolazione
normativa del sistema premiale.
4. Articolo 4, comma 2, lett. c), del Ccnl 1° aprile 1999: le fattispecie, i criteri, i valori e le
procedure per l’individuazione e la corresponsione dei compensi relativi alle diverse indennità
previste dal contratto nazionale: si ritiene che detto ambito di disciplina sia rimasto
consegnato alla fonte contrattuale di secondo livello, tenuto conto che il sistema di riforma
non ha innovato circa gli emolumenti aventi natura indennitaria, i quali, pertanto, restano
regolati dalla fonte negoziale e disciplinati dalla stessa (la riforma, invero, ha dettato principi
e regole esclusivamente per gli strumenti premiali ed i relativi istituti economici, non avendo
preso in considerazione altri trattamenti economici non aventi tale natura).
5. Articolo 4, comma 2, lett. h), del Ccnl 1° aprile 1999: i criteri delle forme di incentivazione
delle specifiche attività e prestazioni correlate all’utilizzazione delle risorse indicate
nell’articolo 15, comma 1, lett. k) (incentivi alla progettazione, al recupero dell’Ici, ai
compensi per l’Avvocatura ecc.): si ritiene che tale ambito, fatta salva l’eventuale
sopravvenienza di norme legislative speciali incompatibili, resti regolato, in termini di criteri
generali, dalla sede negoziale integrativa, alla luce di quanto osservato al precedente punto
4., qui da ritenersi richiamato.
6. Articolo 4, comma 2, lett. i), del Ccnl 1° aprile 1999: le modalità e le verifiche per l’attuazione
della riduzione d’orario di cui all’articolo 22 (personale organizzato su turni o con orari
plurisettimanali): tale ambito di intervento è da ritenere oramai rimesso alle facoltà gestionali
dei dirigenti, secondo l’affermazione dei principi di riforma sopra riportati, per cui appare del
tutto sottratto alla sede negoziale, trattandosi di profilo riconducibile al contesto gestionale
dei dirigenti e, come tale, non sottoponibile a condizioni relazionali che non siano l’eventuale
informazione successiva ai sensi dell’articolo 7 del Ccnl 1° aprile 1999.
7. Articolo 4, comma 2, lett. m), del Ccnl 1° aprile 1999: i criteri generali per le politiche
dell’orario di lavoro: anche tale profilo di intervento negoziale risulta espunto dall’assetto
negoziale di secondo livello per le considerazioni appena rilevate, qui da intendersi
integralmente richiamate, atteso che la determinazione dell’orario di lavoro, fin dalle
previsioni di cui all’articolo 17 del Ccnl 6 luglio 1995, rientra nelle prerogative gestionali dei
dirigenti.
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8. Articolo 16, comma 1, primo alinea, del Ccnl 31 marzo 1999: completamento ed integrazione
dei criteri per la progressione economica all’interno della categoria: si ritiene che questa
materia rientri ancora oggi nell’ambito dell’assetto relazionale della contrattazione decentrata
integrativa, in virtù dell’espresso rinvio operato, al riguardo, dal regime di riforma, con
particolare riferimento all’articolo 23, comma 1, del Dlgs (cfr.: “1.
Le amministrazioni
pubbliche riconoscono selettivamente le progressioni economiche (…) sulla base di quanto
previsto dai contratti collettivi nazionali e integrativi di lavoro (…).”).
Il modello relazionale concertativo
Per quanto attiene, poi, al modello relazionale concertativo, con particolare riferimento all’articolo 8
del Ccnl 1° aprile 1999, pare sufficiente, in questa sede, richiamare un principio di massima in grado
di orientare l’interprete ad una corretta applicazione di tale livello relazionale. Tale principio suona
pressappoco così: restano soggetti a tale rapporto concertativo gli ambiti di regolazione non rimessi
alle facoltà gestionali dei dirigenti, atteso il chiaro disposto di cui al rinnovato articolo 5, comma 2,
del Dlgs. n. 165/2001, per cui, esaminando succintamente le materie oggetto di concertazione, può
ritenersi quanto segue:
1. articolazione dell'orario di servizio: non più soggetta a concertazione;
2. calendarizzazione delle attività delle istituzioni scolastiche e degli asili nido: soggetta a
concertazione, trattandosi di competenza di governo e non di natura gestionale;
3. individuazione dei criteri per il passaggio dei dipendenti per effetto di trasferimento di attività
o di disposizioni legislative comportanti trasferimenti di funzioni e di personale: non più
soggetta a concertazione (fatte salve eventuali previsioni legislative di natura speciale);
4. andamento dei processi occupazionali: non più oggetto di concertazione;
5. criteri generali per la mobilità interna: non più oggetto di concertazione.
(Luca Tamassia, Il Sole 24 Ore - Pubblica Amministrazione24, 10 dicembre 2015)

Firma digitale dei documenti classificati, al via le nuove regole
Un regolamento per disciplinare la firma elettronica dei documenti informatici classificati. 34 articoli,
distribuiti in 4 Capi: è questa la struttura del provvedimento, emanato dal presidente del Consiglio
dei ministri il 6 novembre scorso e pubblicato sul supplemento ordinario n. 65 alla Gazzetta Ufficiale
del 5 dicembre 2015. Un decreto diretto a sistematizzare il complesso regime della firma digitale e
a fare “ordine” tra le norme. È questo in sintesi il Dpcm in esame.
Documenti classificati e firma digitale
Si tratta di documenti informatici, formati e gestiti su sistemi per l'elaborazione automatica dei dati
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omologai dall'UCSe, a cui è stata apposta una classifica di segretezza in conformità a quanto stabilito
dalle norme in materia di protezione e tutela delle informazioni classificate. Per firma digitale si
intende quel particolare tipo di firma elettronica, prodotta con determinate modalità, che garantisce
l'identificabilità dell'autore, l'integrità e l'immodificabilità del documento.
Oggetto e ambito di applicazione
Il regolamento si applica a tutti i soggetti, pubblici e privati, in possesso delle previste abilitazioni di
sicurezza per il trattamento di informazioni classificate e regola le modalità di generazione,
apposizione e verifica delle firme digitali nonché la validazione temporale di documenti informatici
classificati.
Le disposizioni del decreto si applicano anche ai documenti informatici non classificati, se formati,
sottoscritti e gestiti su sistemi omologati in conformità a quanto previsto dalla normativa vigente in
materia di tutela delle informazioni classificate.
Disciplina
Come anticipato, il decreto regolamenta il documento informatico classificato e la firma digitale
nonché l’infrastruttura a chiave pubblica (public key infrastructure): dalle nozioni alle regole per le
copie alle caratteristiche e modalità di generazione e conservazione, passando per i controlli e la
sicurezza.
Norme finali
Le disposizioni finali contengono le norme tecniche ed indicano l’entrata in vigore del Dpcm,
fissandola per il quindicesimo giorno successivo alla pubblicazione in Gazzetta. Spetta infine
all’organo nazionale di sicurezza emanare con propria direttiva, entro 12 mesi dall'adozione del
regolamento, il Disciplinare tecnico e il Manuale operativo recante la disciplina applicativa dei principi
e le procedure applicate dal certificatore nazionale per i servizi di certificazione relativi alla firma
digitale (CA) nello svolgimento della sua attività e di curarne l'aggiornamento.
(Pubblica Amministrazione24 – Il Sole 24 Ore, 9 dicembre 2015)
 Rifiuti
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Continua a crescere l'industria del riciclo
Presentata oggi a Roma la ricerca "L'Italia del Riciclo 2015" realizzata dalla Fondazione per lo sviluppo
sostenibile e da FISE Unire.
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Il Rapporto evidenzia una crescita continua del settore del riciclo in Italia in particolare per gli
imballaggi: l'avvio al riciclo in questo settore è aumentato, infatti del 2% (nel 2014 rispetto al 2013)
nonostante le molte difficoltà create dall'attuale congiuntura; anche sul fronte dei Raee si registrano
dati positivi con la quantità di apparecchiature elettriche ed elettroniche raccolte che aumentano del
3% e raggiungono la quota nazionale pro-capite di 3, 81 Kg per abitante, vicina ai 4 Kg fissati come
target a fine 2015.
Cresce, inoltre, la quantità di frazione organica raccolta in modo differenziato che registra un
incremento del 9,5 % rispetto al 2013.
Il Rapporto contiene, quest'anno, anche un focus sulle attività di import e export dei rifiuti che
evidenzia nel 2014 una movimentazione dei rifiuti sul territorio nazionale di circa 10 milioni di
tonnellate: 5,9 per l'import e 3,8 per l'export.
L'attività risulta distribuita in modo disomogeneo: l'import riguarda quasi esclusivamente imprese
ed enti del nord-Italia (circa il 96% della quantità in entrata) mentre l'export è un fenomeno che
interessa anche il centro-sud (quasi il 40% del totale dei rifiuti destinati a paesi esteri).
Nella maggior parte dei casi i rifiuti importati vengono avviati al recupero di materia mentre i rifiuti
spediti all'estero sono destinati a operazioni di recupero per il 70%.
Tra il 2009 e il 2014 l'imporazione di rifiuti è cresciuta del 60% e l'esportazione del 10%.
A pochi giorni dalla diffusione del nuovo pacchetto sulla circulary economy presentato dalla
Commissione europea lo scorso 2 dicembre, la ricerca mostra come l'industria del riciclo, in continua
crescita, cosituisca un pilatro dell'economia circolare.
(Tecnici24 – Il Sole 24 Ore, 15 dicembre 2015)
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Emergenza rifiuti: i poteri statali non possono comportare un sacrificio illimitato
dell'autonomia regionale
Con la sentenza n. 13523/2015, la Sezione II bis del TAR Lazio ha ribadito che, pur essendo lo Stato
legittimato a regolamentare – in considerazione della peculiare connotazione che assumono i “principi
fondamentali” quando sussistono ragioni di urgenza che giustificano l'intervento unitario del
legislatore statale – gli eventi di natura straordinaria di cui all'art. 2, comma 1, lettera c), della stessa
legge 225/1992, anche mediante l'adozione di specifiche ordinanze autorizzate a derogare, in
presenza di determinati presupposti, alle stesse norme primarie”, ciò “non implica, tuttavia, che
l'emergenza possa giustificare «un sacrificio illimitato dell'autonomia regionale»: la salvaguardia
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delle attribuzioni legislative regionali viene garantita, infatti, attraverso la configurazione di un potere
di ordinanza, eccezionalmente autorizzato dal Legislatore statale, ben definito nel contenuto, nei
tempi e nelle modalità di esercizio (Corte Costituzionale, sentenze n. 127 del 1995 e n. 418 del
1992).
Sicchè, la legge 225/1992, in relazione ai profili indicati, risponde a queste esigenze, circoscrivendo
il predetto potere in modo da non compromettere il nucleo essenziale delle attribuzioni regionali,
attraverso il riconoscimento della sussistenza di un nesso di adeguatezza e proporzione tra le misure
adottate e la qualità e natura degli eventi, la previsione di adeguate forme di leale collaborazione e
di concertazione nella fase di attuazione e organizzazione delle attività di protezione civile (art. 5,
comma 4-bis, del decreto-legge 343/2001), nonché la fissazione di precisi limiti, di tempo e di
contenuto, all'attività del Commissario delegato” (TAR Lazio, Sez. I, n. 9921 del 2012).
Sentenza n. 13523/2015, la Sezione II bis del TAR Lazio - Pur essendo lo Stato legittimato a
regolamentare – in considerazione della peculiare connotazione che assumono i “principi
fondamentali” quando sussistono ragioni di urgenza che giustificano l'intervento unitario del
legislatore statale – gli eventi di natura straordinaria di cui all'art. 2, comma 1, lettera c), della stessa
legge 225/1992, anche mediante l'adozione di specifiche ordinanze autorizzate a derogare, in
presenza di determinati presupposti, alle stesse norme primarie”, ciò “non implica, tuttavia, che
l'emergenza possa giustificare «un sacrificio illimitato dell'autonomia regionale».
(Massimiliano Atelli, Tecnici24 – Il Sole 24 Ore, 2 dicembre 2015)
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Legge e prassi
(G.U 15 dicembre 2015, n. 291)

 Ambiente
DELIBERA DEL CONSIGLIO DEI MINISTRI 6 novembre 2015
Proroga dello stato di emergenza in conseguenza delle eccezionali avversità atmosferiche,
caratterizzate da forti venti, che il 5 marzo 2015 hanno colpito il territorio delle provincie di
Firenze, Arezzo, Lucca, Massa Carrara, Prato e Pistoia. (15A08808)
(G.U. 26 novembre 2015, n 276)
DELIBERA DEL CONSIGLIO DEI MINISTRI 6 novembre 2015
Dichiarazione dello stato di emergenza in conseguenza degli eccezionali eventi meteorologici che
nei giorni 13 e 14 settembre 2015 hanno colpito il territorio della provincia di Genova. (15A08809)
(G.U. 26 novembre 2015, n 276)
PRESIDENZA DEL CONSIGLIO DEI MINISTRI DIPARTIMENTO DELLA PROTEZIONE
CIVILE, ORDINANZA 17 novembre 2015
Interventi urgenti di protezione civile in conseguenza degli eccezionali eventi meteorologici che nei
giorni 13 e 14 settembre 2015 hanno colpito il territorio della provincia di Genova. (Ordinanza n.
299). (15A08813)
(G.U. 27 novembre 2015, n 277)
PRESIDENZA DEL CONSIGLIO DEI MINISTRI DIPARTIMENTO DELLA PROTEZIONE
CIVILE, ORDINANZA 17 novembre 2015
Primi interventi urgenti di protezione civile in conseguenza degli eccezionali eventi meteorologici
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che nei giorni dal 14 al 20 ottobre 2015 hanno colpito il territorio della regione Campania.
(Ordinanza n. 298).
(G.U. 27 novembre 2015, n 277)
DELIBERA DEL CONSIGLIO DEI MINISTRI 6 NOVEMBRE 2015
Proroga dello stato di emergenza in conseguenza alle eccezionali avversità atmosferiche verificatesi
nei mesi di febbraio e marzo 2015 nel territorio della Regione Abruzzo.
(G.U. 30 novembre 2015, n 279)
DELIBERA DEL CONSIGLIO DEI MINISTRI 6 NOVEMBRE 2015
Dichiarazione dello stato di emergenza in conseguenza degli eccezionali eventi meteorologici che
nei giorni dal 14 al 20 ottobre 2015 hanno colpito il territorio della Regione Campania.
(G.U. 30 novembre 2015, n 279)
DELIBERA DEL CONSIGLIO DEI MINISTRI 6 NOVEMBRE 2015
Dichiarazione dello stato di emergenza in conseguenza degli eccezionali eventi meteorologici che
nei giorni 24 e 25 agosto 2015 hanno colpito il territorio della provincia di Siena.
(G.U. 30 novembre 2015, n 279)
PRESIDENZA DEL CONSIGLIO DEI MINISTRI DIPARTIMENTO DELLA PROTEZIONE
CIVILE, ORDINANZA 19 NOVEMBRE 2015
Primi interventi urgenti di protezione civile in conseguenza degli eccezionali eventi meteorologici
che nei giorni 24 e 25 agosto 2015 hanno colpito il territorio della Provincia di Siena. (Ordinanza n.
300).
(G.U. 30 novembre 2015, n 279)
MINISTERO DELLE POLITICHE AGRICOLE ALIMENTARI E FORESTALI
DECRETO 18 novembre 2015
Dichiarazione dell'esistenza del carattere di eccezionalità degli eventi calamitosi verificatisi nelle
province di Venezia.
(G.U. 3 dicembre 2015, n 282)
MINISTERO DELLE POLITICHE AGRICOLE ALIMENTARI E FORESTALI
DECRETO 18 novembre 2015
Dichiarazione dell'esistenza del carattere di eccezionalità degli eventi calamitosi verificatisi nelle
province di Mantova.
(G.U. 3 dicembre 2015, n 282)
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MINISTERO DELLE POLITICHE AGRICOLE ALIMENTARI E FORESTALI
DECRETO 18 novembre 2015
Dichiarazione dell'esistenza del carattere di eccezionalità degli eventi calamitosi verificatisi nelle
province di Grosseto e Siena.
(G.U. 3 dicembre 2015, n 282)
MINISTERO DELLE POLITICHE AGRICOLE ALIMENTARI E FORESTALI
DECRETO 18 novembre 2015
Dichiarazione dell'esistenza del carattere di eccezionalità degli eventi calamitosi verificatisi nelle
province di Agrigento e Palermo.
(G.U. 3 dicembre 2015, n 282)
MINISTERO DELLE POLITICHE AGRICOLE ALIMENTARI E FORESTALI
DECRETO 18 novembre 2015
Dichiarazione del carattere di eccezionalità per i danni causati da organismi nocivi (Dryocosmus
kuriphilus) nelle province di Firenze, Lucca, Massa Carrara, Prato e Pistoia.
(G.U. 3 dicembre 2015, n 282)
MINISTERO DELLE POLITICHE AGRICOLE ALIMENTARI E FORESTALI
DECRETO 18 novembre 2015
Dichiarazione dell'esistenza del carattere di eccezionalità degli eventi calamitosi verificatisi nelle
province di Firenze, Lucca, Pisa e Prato.
(G.U. 3 dicembre 2015, n 282)
MINISTERO DELLE POLITICHE AGRICOLE ALIMENTARI E FORESTALI
DECRETO 18 novembre 2015
Dichiarazione dell'esistenza del carattere di eccezionalità degli eventi calamitosi verificatisi nelle
provincia di Cosenza.
(G.U. 3 dicembre 2015, n 282)
MINISTERO DELLE POLITICHE AGRICOLE ALIMENTARI E FORESTALI
DECRETO 18 novembre 2015
Dichiarazione dell'esistenza del carattere di eccezionalità degli eventi calamitosi verificatisi nelle
province di Chieti, Pescara e Teramo.
(G.U. 3 dicembre 2015, n 282)
MINISTERO DELLE POLITICHE AGRICOLE ALIMENTARI E FORESTALI
DECRETO 23 novembre 2015
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Dichiarazione dell'esistenza del carattere di eccezionalità per i danni causati da organismi nocivi
(Xylella fastidiosa) nella provincia di Brindisi.
(G.U. 3 dicembre 2015, n 282)
DECRETO-LEGGE 4 dicembre 2015, n. 191
Disposizioni urgenti per la cessione a terzi dei complessi aziendali del Gruppo ILVA.
(G.U. 4 dicembre 2015, n 283)
MINISTERO DELLE POLITICHE AGRICOLE ALIMENTARI E FORESTALI
DECRETO 23 novembre 2015
Autorizzazione allo svolgimento dell'attivita' di pesca nelle giornate 8, 19 e 20 dicembre 2015
nonche' 6 gennaio 2016 e 2 giugno 2016.
(G.U. 4 dicembre 2015, n 283)
PRESIDENZA DEL CONSIGLIO DEI MINISTRI DIPARTIMENTO DELLA PROTEZIONE CIVILE
ORDINANZA 25 novembre 2015
Ordinanza di protezione civile per favorire e regolare il subentro della Regione Puglia nelle iniziative
finalizzate al superamento della situazione di criticita' determinatasi in conseguenza degli
eccezionali eventi atmosferici verificatisi nei giorni dal 1° al 6 settembre 2014 nel territorio della
provincia di Foggia. (Ordinanza n. 301).
(G.U. 4 dicembre 2015, n 283)
DECRETI PRESIDENZIALI
DELIBERA DEL CONSIGLIO DEI MINISTRI 13 novembre 2015
Proroga dello stato di emergenza in conseguenza degli eventi meteorologici verificatisi nel periodo
dal 16 febbraio al 10 aprile 2015 nel territorio delle province di Palermo, Agrigento, Caltanissetta,
Enna, Messina e Trapani.
(G.U. 7 dicembre 2015, n 285)
MINISTERO DELLE POLITICHE AGRICOLE ALIMENTARI E FORESTALI
DECRETO 21 ottobre 2015
Disposizioni nazionali di attuazione dei Regolamenti (UE) n. 1308/2013 del Parlamento europeo e
del Consiglio e (CE) n. 555/08 della Commissione, per quanto riguarda la sottomisura del
reimpianto di vigneti a seguito di un'estirpazione obbligatoria per ragioni sanitarie e fitosanitarie,
nell'ambito della misura della ristrutturazione e riconversione dei vigneti.
(G.U. 7 dicembre 2015, n 285)
PRESIDENZA DEL CONSIGLIO DEI MINISTRI DIPARTIMENTO DELLA PROTEZIONE
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CIVILE, ORDINANZA 3 dicembre 2015
Ulteriori disposizioni urgenti di protezione civile in conseguenza degli eccezionali eventi
meteorologici che nei giorni dal 14 al 20 ottobre 2015 hanno colpito il territorio della regione
Campania. (Ordinanza n. 303).
(G.U. 10 dicembre 2015, n 287)
LEGGE 1 dicembre 2015, n. 194
Disposizioni per la tutela e la valorizzazione della biodiversità di interesse agricolo e alimentare.
(G.U. 11 dicembre 2015, n 288)
MINISTERO DELLA SALUTE
DECRETO 6 agosto 2015, n. 195
Regolamento recante aggiornamento limitatamente agli acciai inossidabili al decreto del Ministro
della sanità 21 marzo 1973, recante: "Disciplina igienica degli imballaggi, recipienti, utensili
destinati a venire a contatto con le sostanze alimentari o con sostanze d'uso personale".
(G.U. 11 dicembre 2015, n 288)
PRESIDENZA DEL CONSIGLIO DEI MINISTRI DIPARTIMENTO DELLA PROTEZIONE
CIVILE, ORDINANZA 3 dicembre 2015
Proroga contabilità speciale n. 5118. Situazione di criticità conseguente all'inquinamento delle aree
minerarie dismesse del Sulcis Iglesiente e del Guspinese. (Ordinanza n. 302).
(G.U. 11 dicembre 2015, n 288)
MINISTERO DELLA SALUTE
DECRETO 25 novembre 2015
Proroga della scadenza delle autorizzazioni dei prodotti biocidi appartenenti al PT 14 ed aventi
come principi attivi il bromadiolone e/o il clorofacinone e/o il cumatetralil.
(G.U. 12 dicembre 2015, n 289)

Appalti
AUTORITA' NAZIONALE ANTICORRUZIONE
DETERMINA 28 ottobre 2015
Piano Nazionale Anticorruzione - Aggiornamento 2015. (Determina n. 12).
(G.U. 16 novembre 2015, n 267)
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 Economia e Fisco
MINISTERO DELLE INFRASTRUTTURE E DEI TRASPORTI
DECRETO 5 ottobre 2015
Incremento delle tariffe per le operazioni in materia di motorizzazione.
(G.U. 26 novembre 2015, n 276)
MINISTERO DELL'ECONOMIA E DELLE FINANZE
DECRETO 19 novembre 2015
Valore della variazione percentuale, salvo conguaglio, per il calcolo dell'aumento di perequazione
delle pensioni spettante per l'anno 2015, con decorrenza dal 1° gennaio 2016, nonché il valore
definitivo della variazione percentuale da considerarsi per l'anno 2014, con decorrenza dal 1°
gennaio 2015.
(G.U. 1 dicembre 2015, n 280)
MINISTERO DELLO SVILUPPO ECONOMICO
DECRETO 7 ottobre 2015
Destinazione di risorse finanziarie del Fondo per la crescita sostenibile al finanziamento di
interventi volti alla promozione dell'inserimento delle imprese italiane nei mercati extra U.E. e al
miglioramento e alla salvaguardia della solidità patrimoniale delle imprese esportatrici di piccole e
medie dimensioni.
(G.U. 1 dicembre 2015, n 280)
DECRETO DEL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO DEI MINISTRI 29 settembre 2015
Riduzione delle quote percentuali di fruizione dei crediti d'imposta indicati nell'elenco n. 2 allegato
alla legge 23 dicembre 2014, n. 190 (legge di stabilità per l'anno 2015) ai sensi del comma 242
dell'articolo 1 della medesima legge.
(G.U. 11 dicembre 2015, n 288)
MINISTERO DELL'ECONOMIA E DELLE FINANZE
DECRETO 4 dicembre 2015
Modalità di individuazione del maggior gettito afferente al territorio della regione Valle d'Aosta da
riservare all'erario ai sensi dell'articolo 1, comma 510, della legge 27 dicembre 2013, n. 147, per
l'anno 2015.
(G.U. 11 dicembre 2015, n 288)
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37
MINISTERO DELLO SVILUPPO ECONOMICO
DECRETO 29 settembre 2015
Modalità di valutazione dei finanziamenti per l'acquisto di beni strumentali di cui all'art. 2 del
decreto-legge 21 giugno 2013, n. 69, ai fini dell'accesso al Fondo di garanzia per le piccole e medie
imprese e adeguamento della disciplina del Fondo alla normativa comunitaria in materia di aiuti di
Stato.
(G.U. 11 dicembre 2015, n 288)
MINISTERO DELL'ECONOMIA E DELLE FINANZE
DECRETO 11 dicembre 2015
Modifica del saggio di interesse legale
(G.U. 15 dicembre 2015, n 291)
 Immobili/Edilizia
MINISTERO DELLO SVILUPPO ECONOMICO
COMUNICATO
Espropriazione definitiva in favore del Ministero dello sviluppo economico degli immobili siti nel
Comune di Muro Lucano nell'ambito del progetto n. 39/60/COM/6062 «strada di collegamento
dell'Area industriale di Baragiano con l'abitato di Muro Lucano».
(G.U. 25 novembre 2015, n 275)
MINISTERO DELLO SVILUPPO ECONOMICO
COMUNICATO
Espropriazione definitiva in favore del Ministero dello sviluppo economico degli immobili siti nel
Comune di Muro Lucano nell'ambito del progetto n. 39/60/COM/6062 «strada di collegamento
dell'Area industriale di Baragiano con l'abitato di Muro Lucano».
(G.U. 25 novembre 2015, n 275)
ISTITUTO NAZIONALE DI STATISTICA
COMUNICATO
Indice dei prezzi al consumo per le famiglie di operai e impiegati, per il mese di ottobre 2015, che
si pubblicano ai sensi dell'art. 81 della legge 27 luglio 1978, n. 392 (Disciplina delle locazioni di
immobili urbani), ed ai sensi dell'art. 54 della legge del 27 dicembre 1997, n. 449 (Misure per la
stabilizzazione della finanza pubblica).
(G.U. 26 novembre 2015, n 276)
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MINISTERO DELLA DIFESA
COMUNICATO
Passaggio dal demanio al patrimonio dello Stato delle ex opere difensive «Quota 845» e «Forcella
Nebria», in Tarvisio.
(G.U. 28 novembre 2015, n 278)
MINISTERO DELLA DIFESA
COMUNICATO
Passaggio dal demanio al patrimonio dello Stato dell'ex corpo di guardia «Castelmonte», in San
Leonardo.
(G.U. 28 novembre 2015, n 278)
MINISTERO DELLA DIFESA
COMUNICATO
Passaggio dal demanio al patrimonio dello Stato delle particelle demaniali facenti parte del
comprensorio «Aerocampo San Giacomo di Veglia», in Vittorio Veneto.
(G.U. 28 novembre 2015, n 278)
MINISTERO DELLA DIFESA
COMUNICATO
Passaggio dal demanio al patrimonio dello Stato dell'ex Centro Nodale d'Area ex Ponte Radio di
«Col di Ul», in Ampezzo.
(G.U. 30 novembre 2015, n 279)
MINISTERO DELLA DIFESA
COMUNICATO
Passaggio dal demanio al patrimonio dello Stato di parte dell'ex fortificazione permanente
«Mocchetta», in Gorizia.
(G.U. 30 novembre 2015, n 279)
MINISTERO DELLA DIFESA
COMUNICATO
Passaggio dal demanio al patrimonio dello Stato del terreno demaniale costituente l'immobile
«VDF/NAV - Zona Servizi», in Buccheri.
(G.U. 30 novembre 2015, n 279)
MINISTERO DELLO SVILUPPO ECONOMICO
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COMUNICATO
Espropriazione definitiva in favore del Ministero dello sviluppo economico degli immobili siti nei
Comuni di Muro Lucano e di Castelgrande nell'ambito del progetto n. 39/60/COM/6057/03-01
«strada di collegamento dell'abitato di Muro Lucano con la S.S. 401 Ofantina» 3° lotto 1º stralcio.
(G.U. 30 novembre 2015, n 279)
MINISTERO DELLA DIFESA
COMUNICATO
Passaggio dal demanio al patrimonio dello Stato di un sito nel comune di Gorizia
(G.U. 1 dicembre 2015, n 280)
MINISTERO DELL'AMBIENTE E DELLA TUTELA DEL TERRITORIO E DEL MARE
COMUNICATO
Passaggio dal demanio al patrimonio dello Stato di un tratto di ex alveo del torrente Federia, nel
comune di Livigno.
(G.U. 2 dicembre 2015, n 281)
MINISTERO DELL'AMBIENTE E DELLA TUTELA DEL TERRITORIO E DEL MARE
COMUNICATO
Passaggio dal demanio al patrimonio dello Stato di un tratto di ex alveo del Canale Centrale, nel
comune di Romano d'Ezzelino.
(G.U. 2 dicembre 2015, n 281)
MINISTERO DELL'AMBIENTE E DELLA TUTELA DEL TERRITORIO E DEL MARE
COMUNICATO
Passaggio dal demanio al patrimonio dello Stato di ex impluvi del Fiume Cherio, nel comune di
Grone.
(G.U. 2 dicembre 2015, n 281)
MINISTERO DELL'AMBIENTE E DELLA TUTELA DEL TERRITORIO E DEL MARE
COMUNICATO
Passaggio dal demanio al patrimonio dello Stato di un'area ubicata in sinistra idraulica del Fiume
Canalbianco, nel comune di Ceregnano.
(G.U. 2 dicembre 2015, n 281)
DECRETO DEL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO DEI MINISTRI 12 ottobre 2015
Definizione dei termini e delle modalità di attuazione degli interventi di adeguamento strutturale e
antisismico, in attuazione dell'art. 1, comma 160, della legge 13 luglio 2015, n. 107. (15A08992)
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(G.U. 3 dicembre 2015, n 282)
MINISTERO DELLE INFRASTRUTTURE E DEI TRASPORTI
DECRETO 8 settembre 2015
Modalità di attuazione e procedure di verifica ai sensi dell'articolo 21, comma 6, del decreto-legge
12 settembre 2014, n. 133, convertito, con modificazioni, dalla legge 11 novembre 2014, n. 164,
in materia di deduzione per l'acquisto, la costruzione o la ristrutturazione di unità immobiliari da
destinare alla locazione.
(G.U. 3 dicembre 2015, n 282)
MINISTERO DELL'AMBIENTE E DELLA TUTELA DEL TERRITORIO E DEL MARE
COMUNICATO
Passaggio dal demanio al patrimonio dello Stato di un'area costituente ex tratto del Rio di Bacoli,
con sovrastante porzione di fabbricato sito in località San Miniato Basso nel comune di San Miniato.
(G.U. 3 dicembre 2015, n 282)
MINISTERO DELL'AMBIENTE E DELLA TUTELA DEL TERRITORIO E DEL MARE
COMUNICATO
Passaggio dal demanio al patrimonio dello Stato di un tratto di ex alveo del torrente Quisa nel
comune di Ponte San Pietro e nel Comune di Mozzo.
(G.U. 3 dicembre 2015, n 282)
MINISTERO DELL'AMBIENTE E DELLA TUTELA DEL TERRITORIO E DEL MARE
COMUNICATO
Passaggio dal demanio al patrimonio dello Stato di un tratto di ex alveo del Fosso del Mugnaio sito
nel comune di Roma.
(G.U. 3 dicembre 2015, n 282)
AGENZIA DEL DEMANIO
DECRETO 27 novembre 2015
Individuazione di beni immobili di proprieta' dello Stato.
(G.U. 4 dicembre 2015, n 283)
COMITATO INTERMINISTERIALE PER LA PROGRAMMAZIONE ECONOMICA
DELIBERA 6 agosto 2015
Relazione sull'attivita' svolta dall'Unita' Tecnica Finanza di Progetto nell'anno 2014. (Delibera n.
92/2015).
(G.U. 4 dicembre 2015, n 283)
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CONSIGLIO DI PRESIDENZA DELLA GIUSTIZIA TRIBUTARIA
DELIBERA 24 novembre 2015
Regolamento per il procedimento disciplinare nei confronti dei componenti delle commissioni
tributarie regionali e provinciali. (Delibera n. 2980/2015).
(G.U. 4 dicembre 2015, n 283)
COMMISSIONE DI GARANZIA PER L'ATTUAZIONE DELLA LEGGE SULLO SCIOPERO NEI
SERVIZI PUBBLICI ESSENZIALI
DELIBERA 30 novembre 2015
Valutazione del "Protocollo di intesa per il Giubileo straordinario della Misericordia", sottoscritto, in
data 24 novembre 2015, dal Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, dalle Associazioni datoriali
AGENS, ANAV, ASSTRA, ASSAEREO, ASSAEROPORTI, ASSOCONTROL, ASSOHANDLERS,
UNINDUSTRIA e dalle Federazioni sindacali di FILT CGIL, FIT CISL e UILTRASPORTI (pos.
2265/15). (Delibera n. 15/337).
(G.U. 5 dicembre 2015, n 284)
MINISTERO DELLA DIFESA
COMUNICATO
Dismissione definitiva, previa sclassifica dell'aliquota demaniale di ex opere difensive in Tarvisio
(G.U. 12 dicembre 2015, n 289)
MINISTERO DELLA DIFESA
COMUNICATO
Dismissione definitiva, previa sclassifica di un immobile in Sedegliano
(G.U. 12 dicembre 2015, n 289)
MINISTERO DELLA DIFESA
COMUNICATO
Inserimento, nell'elenco allegato al decreto n. 14/2/5/2010 del 22 novembre 2010 di un alloggio
demaniale, in Brescia.
(G.U. 12 dicembre 2015, n 289)
MINISTERO DELLA DIFESA
COMUNICATO
Dismissione definitiva, previa sclassifica di un comprensorio demaniale in Venezia
(G.U. 12 dicembre 2015, n 289)
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
Professione
DECRETO DEL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO DEI MINISTRI 14 ottobre 2015
Autorizzazione all'Avvocatura dello Stato ad assumere la rappresentanza e la difesa dell'Agenzia
regionale conservatoria delle coste della Sardegna nei giudizi attivi e passivi avanti le autorità
giudiziarie, i collegi arbitrali, le giurisdizioni amministrative e speciali.
(G.U. 9 dicembre 2015, n 286)
MINISTERO DEL LAVORO E DELLE POLITICHE SOCIALI
COMUNICATO
Approvazione della delibera adottata dal Comitato nazionale dei delegati della Cassa nazionale di
previdenza ed assistenza per gli ingegneri ed architetti liberi professionisti (Inarcassa), in data 5-6
marzo 2015.
(G.U. 11 dicembre 2015, n 288)
MINISTERO DEL LAVORO E DELLE POLITICHE SOCIALI
COMUNICATO
Approvazione della delibera adottata dal Comitato nazionale dei delegati della Cassa nazionale di
previdenza ed assistenza per gli ingegneri ed architetti liberi professionisti (Inarcassa), in data 1112 giugno 2015.
(G.U. 11 dicembre 2015, n 288)
MINISTERO DEL LAVORO E DELLE POLITICHE SOCIALI
COMUNICATO
Approvazione delle delibere n. 33/2015 e n. 34/2015 adottate dal Consiglio di indirizzo generale
dell'Ente di previdenza dei periti industriali e dei periti industriali laureati (EPPI), in data 20
febbraio 2015.
(G.U. 11 dicembre 2015, n 288)
MINISTERO DEL LAVORO E DELLE POLITICHE SOCIALI
COMUNICATO
Approvazione della delibera n. 11/15 adottata dal Consiglio di amministrazione dell'Ente nazionale
di previdenza ed assistenza per gli psicologi in data 20 febbraio 2015.
(G.U. 12 dicembre 2015, n 289)
MINISTERO DEL LAVORO E DELLE POLITICHE SOCIALI
COMUNICATO
UNITELNews24
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Approvazione della delibera n. 18/15 adottata dal Consiglio di amministrazione dell'Ente nazionale
di previdenza ed assistenza per gli psicologi in data 20 marzo 2015.
(G.U. 12 dicembre 2015, n 289)
MINISTERO DEL LAVORO E DELLE POLITICHE SOCIALI
COMUNICATO
Approvazione della delibera n. 30/15 adottata dal Consiglio di amministrazione dell'Ente nazionale
di previdenza ed assistenza per gli psicologi in data 24 aprile 2015.
(G.U. 12 dicembre 2015, n 289)
MINISTERO DEL LAVORO E DELLE POLITICHE SOCIALI
COMUNICATO
Approvazione della delibera n. 27/15 adottata dal Consiglio di amministrazione dell'Ente nazionale
di previdenza ed assistenza per gli psicologi in data 24 aprile 2015.
(G.U. 14 dicembre 2015, n 290)
MINISTERO DEL LAVORO E DELLE POLITICHE SOCIALI
COMUNICATO
Approvazione della delibera n. 09/2015 adottata dal Consiglio di indirizzo generale dell'Ente
nazionale di previdenza ed assistenza per gli psicologi in data 28 marzo 2015.
(G.U. 14 dicembre 2015, n 290)
MINISTERO DEL LAVORO E DELLE POLITICHE SOCIALI
COMUNICATO
Approvazione della delibera n. 23/2014 adottata dal Consiglio di indirizzo generale dell'Ente
nazionale di previdenza ed assistenza per gli psicologi in data 29 novembre 2014.
(G.U. 14 dicembre 2015, n 290)
 Pubblica Amministrazione
DECRETO DEL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO DEI MINISTRI 8 giugno 2015, n. 184
Regolamento riguardante l'individuazione del responsabile del procedimento amministrativo e del
titolare del potere sostitutivo, ai sensi dell'articolo 4 e dell'articolo 2, comma 9-bis, della legge 7
agosto 1990, n. 241, per i procedimenti amministrativi di competenza della Presidenza del
Consiglio dei Ministri.
(G.U. 24 novembre 2015, n 274)
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DECRETO-LEGGE 25 novembre 2015, n. 185
Misure urgenti per interventi nel territorio.
(G.U. 25 novembre 2015, n 275)
DECRETO LEGISLATIVO 4 novembre 2015, n. 186
Norme di attuazione dello statuto speciale per la Regione Trentino-Alto Adige recanti modifiche e
integrazioni al decreto del Presidente della Repubblica 15 luglio 1988, n. 574, in materia di uso
della lingua tedesca e della lingua ladina nei rapporti dei cittadini con la pubblica amministrazione e
nei procedimenti giudiziari.
(G.U. 25 novembre 2015, n 275)
DECRETO DEL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO DEI MINISTRI 6 novembre 2015
Stanziamento a favore della Prefettura di Roma, per l'anno 2015, di una quota delle risorse di cui
all'articolo 1, comma 200, della legge 23 dicembre 2014, n. 190 (Legge di stabilità 2015),
necessaria ad assicurare la copertura finanziaria delle spese da sostenere anche in ragione della
imminente apertura del Giubileo straordinario della Misericordia.
(G.U. 26 novembre 2015, n 276)
MINISTERO DEL LAVORO E DELLE POLITICHE SOCIALI
DECRETO 28 settembre 2015
Definizione dello schema di convenzione di cui all'articolo 10, comma 1, lettera c), della legge 30
marzo 2001, n. 152, secondo il quale gli Istituti di patronato e di assistenza sociale possono
svolgere attività di informazione, di istruttoria, di assistenza e di invio di istanze, con contributo
all'erogazione del servizio.
(G.U. 26 novembre 2015, n 276)
MINISTERO DELLO SVILUPPO ECONOMICO
DECRETO 7 ottobre 2015
Termini e modalità di presentazione delle proposte progettuali per l'accesso alle agevolazioni per la
realizzazione di progetti transazionali di sviluppo sperimentale e ricerca industriale nel settore delle
biotecnologie, nell'ambito del Programma comunitario EUROTRANS-BIO e attribuzione di risorse
alla sezione del Fondo per la crescita sostenibile relativa alla promozione di progetti di ricerca,
sviluppo e innovazione.
(G.U. 26 novembre 2015, n 276)
COMITATO INTERMINISTERIALE PER LA PROGRAMMAZIONE ECONOMICA
DELIBERA 6 agosto 2015
Fondo sanitario nazionale 2012. Assegnazione alle regioni della quota vincolata per la prevenzione
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e cura della fibrosi cistica, legge n. 548/1993. (Delibera n. 80/2015). (15A08806)
(G.U. 26 novembre 2015, n 276)
COMITATO INTERMINISTERIALE PER LA PROGRAMMAZIONE ECONOMICA
DELIBERA 6 agosto 2015
Fondo sanitario nazionale 2013. Assegnazione alle regioni della quota vincolata per la prevenzione
e cura della fibrosi cistica, legge n. 548/1993. (Delibera n. 81/2015). (15A08807)
(G.U. 26 novembre 2015, n 276)
LEGGE 20 novembre 2015, n. 187
Conversione in legge, con modificazioni, del decreto-legge 30 settembre 2015, n. 153, recante
misure urgenti per la finanza pubblica.
(G.U. 27 novembre 2015, n 277)
LEGGE 26 novembre 2015, n. 188
Ratifica ed esecuzione dell'Accordo sul trasferimento e la messa in comune dei contributi al Fondo
di risoluzione unico, con Allegati, fatto a Bruxelles il 21 maggio 2014, con processo verbale di
ratifica, fatto a Bruxelles il 22 aprile 2015.
(G.U. 27 novembre 2015, n 277)
MINISTERO DELLA DIFESA
DECRETO 30 ottobre 2015
Determinazione del contributo, per l'anno 2016, per l'iscrizione al Registro nazionale delle imprese
e dei consorzi di imprese operanti nel settore degli armamenti. (15A08819)
(G.U. 27 novembre 2015, n 277)
MINISTERO DEL LAVORO E DELLE POLITICHE SOCIALI
DECRETO 30 ottobre 2015
Adeguamento del contributo individuale dovuto dagli iscritti al Fondo di previdenza del clero e dei
ministri di culto delle confessioni religiose diverse dalla cattolica, relativo all'anno 2014.
(G.U. 27 novembre 2015, n 277)
COMITATO INTERMINISTERIALE PER LA PROGRAMMAZIONE ECONOMICA
DELIBERA 6 agosto 2015
Fondo sanitario nazionale 2013 - ripartizione tra le regioni delle risorse destinate al finanziamento
della sanità penitenziaria. (Delibera n. 84/2015).
(G.U. 27 novembre 2015, n 277)
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LEGGE 29 NOVEMBRE 2015, N. 189
Conversione in legge, con modificazioni, del decreto-legge 1° ottobre 2015, n. 154, recante
disposizioni urgenti in materia economico-sociale.
(G.U. 30 novembre 2015, n 279)
MINISTERO DELLA GIUSTIZIA
DECRETO 6 NOVEMBRE 2015
Avvio delle comunicazioni e notificazioni per via telematica presso il Tribunale per i minorenni di
Brescia, il Tribunale di sorveglianza di Bolzano, il Tribunale di sorveglianza di Caltanissetta, l'Ufficio
di sorveglianza di Bolzano, l'Ufficio di sorveglianza di Caltanissetta e l'Ufficio di sorveglianza di
Trapani - settore penale.
(G.U. 30 novembre 2015, n 279)
MINISTERO DELLE POLITICHE AGRICOLE ALIMENTARI E FORESTALI
DECRETO 15 OTTOBRE 2015
Distribuzione di derrate alimentari alle persone più bisognose - anno 2015. (15A08832)
(G.U. 30 novembre 2015, n 279)
DECRETO DEL PRESIDENTE DELLA REPUBBLICA 12 novembre 2015
Scioglimento del consiglio comunale di Zermeghedo e nomina del commissario straordinario.
(G.U. 1 dicembre 2015, n 280)
DECRETO DEL PRESIDENTE DELLA REPUBBLICA 12 novembre 2015
Scioglimento del consiglio comunale di Esine e nomina del commissario straordinario.
(G.U. 1 dicembre 2015, n 280)
DECRETO DEL PRESIDENTE DELLA REPUBBLICA 12 novembre 2015
Scioglimento del consiglio comunale di Cirò Marina e nomina del commissario straordinario.
(G.U. 1 dicembre 2015, n 280)
DECRETO DEL PRESIDENTE DELLA REPUBBLICA 12 novembre 2015
Scioglimento del consiglio comunale di Marcianise e nomina del commissario straordinario.
(G.U. 1 dicembre 2015, n 280)
MINISTERO DELLA GIUSTIZIA
DECRETO 22 novembre 2015
Avvio delle comunicazioni e notificazioni per via telematica presso il Tribunale per i minorenni di
Cagliari, la Procura della Repubblica presso il Tribunale per i minorenni di Cagliari, il Tribunale di
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sorveglianza di Catanzaro, il Tribunale di sorveglianza di Palermo, l'Ufficio di sorveglianza di
Catanzaro, l'Ufficio di sorveglianza di Cosenza e l'Ufficio di sorveglianza di Palermo - settore
penale.
(G.U. 1 dicembre 2015, n 280)
MINISTERO DELLA SALUTE
DECRETO 19 novembre 2015
Attuazione della direttiva 2010/53/UE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 7 luglio 2010,
relativa alle norme di qualità e sicurezza degli organi umani destinati ai trapianti, ai sensi
dell'articolo 1, comma 340, legge 24 dicembre 2012, n. 228, nonché attuazione della direttiva di
esecuzione 2012/25/UE della Commissione del 9 ottobre 2012, che stabilisce le procedure
informative per lo scambio tra Stati membri di organi umani destinati ai trapianti.
(G.U. 1 dicembre 2015, n 280)
MINISTERO DELLO SVILUPPO ECONOMICO
DECRETO 14 ottobre 2015
Termini, modalità e procedure per la concessione ed erogazione di agevolazioni per la realizzazione
di attività imprenditoriali volte, attraverso la valorizzazione del patrimonio naturale, storico e
culturale, al rafforzamento dell'attrattività e dell'offerta turistica del territorio del cratere sismico
aquilano.
(G.U. 2 dicembre 2015, n 281)
CORTE DEI CONTI
DELIBERA 9 novembre 2015
Linee di indirizzo in tema di gestione di cassa delle entrate vincolate e destinate, alla luce della
disciplina dettata dal Testo unico delle leggi sull'ordinamento degli enti locali e del decreto
legislativo 23 giugno 2011, n. 118. (Delibera n. 31/SEZAUT/2015/INPR).
(G.U. 2 dicembre 2015, n 281)
MINISTERO DELL'ECONOMIA E DELLE FINANZE
DECRETO 20 ottobre 2015
Rimodulazione delle risorse assegnate, a valere sulle disponibilità del Fondo di Rotazione ex lege n.
183/1987 per la copertura dell'onere derivante dall'applicazione dell'imposta sul valore aggiunto
(IVA) connessa a pagamenti relativi ad interventi, a titolarità del Ministero delle politiche agricole
alimentari e forestali, cofinanziati per il periodo 2007-2013 dal Fondo europeo per la pesca (FEP),
di cui al regolamento CE n. 1198/06, nonché dai regolamenti CE n. 1543/2000 e n. 861/2006.
(Decreto n. 35/2015).
(G.U. 3 dicembre 2015, n 282)
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MINISTERO DELL'ECONOMIA E DELLE FINANZE
DECRETO 20 ottobre 2015
Cofinanziamento nazionale del progetto «European Coast Guard Functions Academy Network for
European Sectorial Qualification's Framework for Coast Guarding (ECGFA-NET)», ai sensi della
legge n. 183/1987. (Decreto n. 36/2015). (15A08962)
(G.U. 3 dicembre 2015, n 282)
MINISTERO DELL'ECONOMIA E DELLE FINANZE
DECRETO 20 ottobre 2015
Cofinanziamento nazionale dei programmi di attività a sostegno del settore dell'olio d'oliva e delle
olive da tavola, di cui all'articolo 29 del regolamento (UE) n. 1308/2013, per l'annualità 2015/16,
ai sensi della legge n. 183/1987. (Decreto n. 38/2015).
(G.U. 3 dicembre 2015, n 282)
MINISTERO DELL'ECONOMIA E DELLE FINANZE
DECRETO 4 novembre 2015
Rideterminazione del finanziamento a carico del Fondo di rotazione di cui alla legge n. 183/1987
per l'attuazione degli interventi previsti dal Piano di Azione Coesione della Regione Calabria.
(Decreto n. 42/2015).
(G.U. 3 dicembre 2015, n 282)
MINISTERO DELLO SVILUPPO ECONOMICO
COMUNICATO
Avviso relativo al bando per la concessione di agevolazioni alle imprese per la valorizzazione dei
disegni e modelli - Disegni+3.
(G.U. 3 dicembre 2015, n 282)
MINISTERO DELLO SVILUPPO ECONOMICO
COMUNICATO
Avviso relativo al bando per la concessione di agevolazioni alle imprese per favorire la registrazione
di marchi comunitari e internazionali - marchi+2.
(G.U. 3 dicembre 2015, n 282)
MINISTERO DELLO SVILUPPO ECONOMICO
COMUNICATO
Avviso di sospensione dello sportello per il bando relativo alla concessione di agevolazioni per la
brevettazione e la valorizzazione economica dei brevetti a favore di micro, piccole e medie imprese.
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(G.U. 3 dicembre 2015, n 282)
MINISTERO DELLA GIUSTIZIA
DECRETO 6 novembre 2015
Modifiche al decreto 10 novembre 2014, concernente «Individuazione delle sedi degli uffici del
giudice di pace mantenuti ai sensi dell'articolo 3 del decreto legislativo 7 settembre 2012, n. 156»,
escludendo l'ufficio del giudice di pace di Alghero dall'elenco delle sedi mantenute.
(G.U. 4 dicembre 2015, n 283)
COMITATO INTERMINISTERIALE PER LA PROGRAMMAZIONE ECONOMICA
DELIBERA 6 agosto 2015
Relazione sull'attivita' svolta dall'Unita' Tecnica Finanza di Progetto nell'anno 2014. (Delibera n.
92/2015).
(G.U. 4 dicembre 2015, n 283)
CONSIGLIO DI PRESIDENZA DELLA GIUSTIZIA TRIBUTARIA
DELIBERA 24 novembre 2015
Regolamento per il procedimento disciplinare nei confronti dei componenti delle commissioni
tributarie regionali e provinciali. (Delibera n. 2980/2015).
(G.U. 4 dicembre 2015, n 283)
COMMISSIONE DI GARANZIA PER L'ATTUAZIONE DELLA LEGGE SULLO SCIOPERO NEI
SERVIZI PUBBLICI ESSENZIALI
DELIBERA 30 novembre 2015
Valutazione del "Protocollo di intesa per il Giubileo straordinario della Misericordia", sottoscritto, in
data 24 novembre 2015, dal Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, dalle Associazioni datoriali
AGENS, ANAV, ASSTRA, ASSAEREO, ASSAEROPORTI, ASSOCONTROL, ASSOHANDLERS,
UNINDUSTRIA e dalle Federazioni sindacali di FILT CGIL, FIT CISL e UILTRASPORTI (pos.
2265/15). (Delibera n. 15/337).
(G.U. 5 dicembre 2015, n 284)
DECRETO DEL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO DEI MINISTRI 6 novembre 2015
Disciplina della firma digitale dei documenti classificati. (Decreto n. 4/2015).
(G.U. 5 dicembre 2015, n 284, S.O., n. 65)
DECRETO DEL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO DEI MINISTRI 6 novembre 2015
Disposizioni per la tutela amministrativa del segreto di Stato e delle informazioni classificate e a
diffusione esclusiva. (Decreto n. 5/2015).
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(G.U. 5 dicembre 2015, n 284, S.O., n. 65)
MINISTERO DELLO SVILUPPO ECONOMICO
DECRETO 8 ottobre 2015
Determinazione dei contributi a conguaglio per l'anno 2014 e provvisorio per l'anno 2015,
all'Organismo centrale di stoccaggio italiano (OCSIT) e relative modalità di versamento per
l'effettuazione delle funzioni in materia di scorte petrolifere, ai sensi del decreto legislativo 31
dicembre 2012, n. 249.
(G.U. 9 dicembre 2015, n 286)
MINISTERO DELLO SVILUPPO ECONOMICO
CIRCOLARE 24 novembre 2015, n. 90178
Modalità e termini di presentazione delle istanze di accesso alle agevolazioni in favore delle
microimprese localizzate nella zona franca urbana istituita, ai sensi dell'articolo 12 del decretolegge 19 giugno 2015, n. 78, nei territori dell'Emilia colpiti dall'alluvione del 17 gennaio 2014 e nei
comuni colpiti dal sisma del 20 e 29 maggio 2012.
(G.U. 9 dicembre 2015, n 286)
MINISTERO DEGLI AFFARI ESTERI E DELLA COOPERAZIONE INTERNAZIONALE
COMUNICATO
Entrata in vigore della Convenzione internazionale per la protezione di tutte le persone dalle
sparizioni forzate, fatta a New York il 20 dicembre 2006.
(G.U. 9 dicembre 2015, n 286)
MINISTERO DELLO SVILUPPO ECONOMICO
COMUNICATO
Comunicato relativo al decreto 19 novembre 2015, concernente approvazione delle modifiche e
integrazioni delle condizioni di ammissibilità e delle disposizioni di carattere generale per
l'amministrazione del Fondo di garanzia per le piccole e medie imprese.
(G.U. 9 dicembre 2015, n 286)
MINISTERO DELL'ECONOMIA E DELLE FINANZE
DECRETO 4 novembre 2015
Rideterminazione del finanziamento a carico del Fondo di rotazione di cui alla legge n. 183/1987
per l'attuazione degli interventi previsti dal Piano di Azione Coesione del Ministero dell'istruzione
dell'università e della ricerca. (Decreto n. 43/2015). (15A09172)
(G.U. 10 dicembre 2015, n 287)
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MINISTERO DELLA SALUTE
DECRETO 2 dicembre 2015
Divieto di prescrizione di preparazioni magistrali contenenti il principio attivo efedrina.
(G.U. 11 dicembre 2015, n 288)
MINISTERO DELL'INTERNO
DECRETO 19 novembre 2015, n. 196
Regolamento recante modifiche all'articolo 14 del decreto 1° agosto 2002, n. 199, concernente le
modalità di accesso alla qualifica iniziale del ruolo dei sovrintendenti della Polizia di Stato.
(G.U. 14 dicembre 2015, n 290)
MINISTERO DELL'ECONOMIA E DELLE FINANZE
CIRCOLARE 16 novembre 2015, n. 30
Dematerializzazione degli ordinativi di contabilità speciale. Aspetti amministrativi e operativi.
(G.U. 14 dicembre 2015, n 290)
MINISTERO DELLE POLITICHE AGRICOLE ALIMENTARI E FORESTALI
DECRETO 27 novembre 2015
Modifica del decreto 5 agosto 2014, relativo a «Disposizioni nazionali di attuazione del
Regolamento (UE) n. 1308/2013 del Parlamento europeo e del Consiglio e del Regolamento (CE) n.
555/08 della Commissione per quanto riguarda le comunicazioni relative agli anticipi».
(G.U. 15 dicembre 2015, n 291)
CONCESSIONARIA SERVIZI ASSICURATIVI PUBBLICI S.P.A.
PROVVEDIMENTO 23 ottobre 2015
Regolamento concernente la disciplina dell'attività peritale di cui al decreto legislativo 7 settembre
2005, n. 209 e successive modificazioni e integrazioni (Codice delle assicurazioni private - Titolo X
- Assicurazione obbligatoria per i veicoli a motore e i natanti, Capo VI - Disciplina dell'attività
peritale). (Regolamento n. 1).
(G.U. 15 dicembre 2015, n 291)
CONCESSIONARIA SERVIZI ASSICURATIVI PUBBLICI S.P.A.
PROVVEDIMENTO 23 ottobre 2015
Regolamento concernente la procedura di applicazione delle sanzioni disciplinari nei confronti dei
periti assicurativi iscritti al Ruolo di cui al decreto legislativo 7 settembre 2005, n. 209 e successive
modificazioni e integrazioni (Codice delle assicurazioni private). (Regolamento n. 2).
(G.U. 15 dicembre 2015, n 291)
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AGENZIA DELLE ENTRATE
COMUNICATO
Tabelle nazionali dei costi chilometrici di esercizio di autovetture e motocicli elaborate dall'ACI Art. 3, comma 1, del decreto legislativo 2 settembre 1997, n. 314.
(G.U. 15 dicembre 2015, n 291, S.O. n. 66)
 Sicurezza
DECRETO LEGISLATIVO 12 novembre 2015, n. 190
Attuazione della direttiva di esecuzione 2014/111/UE recante modifica della direttiva 2009/15/CE,
per quanto attiene all'adozione da parte dell'Organizzazione marittima internazionale (IMO) di
taluni codici e relativi emendamenti di alcuni protocolli e convenzioni.
(G.U. 3 dicembre 2015, n 282)
MINISTERO DELLO SVILUPPO ECONOMICO
DECRETO 30 settembre 2015
Approvazione delle norme tecniche per la salvaguardia della sicurezza relativamente ai materiali,
agli apparecchi, alle installazioni e agli impianti alimentati con gas combustibile e all'odorizzazione
del gas.
(G.U. 3 dicembre 2015, n 282)
MINISTERO DELLE INFRASTRUTTURE E DEI TRASPORTI
DECRETO 9 ottobre 2015, n. 192
Regolamento recante norme relative all'individuazione dei criteri di assimilazione ai fini della guida
e della circolazione ed all'accertamento dei requisiti tecnici di idoneita' delle «piattaforme
semoventi».
(G.U. 4 dicembre 2015, n 283)
MINISTERO DELLE INFRASTRUTTURE E DEI TRASPORTI
DECRETO 9 ottobre 2015, n. 193
Regolamento recante norme relative all'individuazione dei criteri di assimilazione ai fini della guida
e della circolazione ed all'accertamento dei requisiti tecnici di idoneita' della «navetta turistica».
(G.U. 4 dicembre 2015, n 283)
MINISTERO DEL LAVORO E DELLE POLITICHE SOCIALI
DECRETO 30 settembre 2015
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Riduzione dei premi e contributi per l'assicurazione contro gli infortuni sul lavoro e malattie
professionali.
(G.U. 9 dicembre 2015, n 286)
MINISTERO DELL'INTERNO
COMUNICATO
Riconoscimento e classificazione di un manufatto esplosivo.
(G.U. 12 dicembre 2015, n 289)
MINISTERO DELL'INTERNO
COMUNICATO
Riconoscimento e classificazione di alcuni manufatti esplodenti.
(G.U. 12 dicembre 2015, n 289)
MINISTERO DELL'INTERNO
COMUNICATO
Riconoscimento e classificazione di un manufatto esplosivo.
(G.U. 12 dicembre 2015, n 289)
MINISTERO DELL'INTERNO
COMUNICATO
Riconoscimento e classificazione di un manufatto esplosivo.
(G.U. 12 dicembre 2015, n 289)
MINISTERO DELL'INTERNO
COMUNICATO
Riconoscimento e classificazione di un manufatto esplosivo.
(G.U. 12 dicembre 2015, n 289)
MINISTERO DELL'INTERNO
COMUNICATO
Riconoscimento e classificazione di alcuni manufatti esplodenti.
(G.U. 12 dicembre 2015, n 289)
MINISTERO DELL'INTERNO
COMUNICATO
Classificazione di un manufatto esplosivo.
(G.U. 12 dicembre 2015, n 289)
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MINISTERO DELL'INTERNO
COMUNICATO
Classificazione di alcuni manufatti esplosivi.
(G.U. 12 dicembre 2015, n 289)
MINISTERO DELL'INTERNO
COMUNICATO
Classificazione di alcuni manufatti esplosivi.
(G.U. 12 dicembre 2015, n 289)
MINISTERO DELL'INTERNO
COMUNICATO
Classificazione di un manufatto esplosivo.
(G.U. 12 dicembre 2015, n 289)
MINISTERO DELL'INTERNO
COMUNICATO
Classificazione di un manufatto esplosivo.
(G.U. 12 dicembre 2015, n 289)
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Giurisprudenza

Ambiente
 Tribunale di Genova - Sezione I - Sentenza 13 luglio 2015 n. 2262
 NOTA
Scarico non autorizzato delle acque, responsabile anche il gestore dell'impianto
Dello scarico non autorizzato di reflui urbani nel mare, risponde anche il «mero gestore operativo»
dell'impianto e dunque non soltanto il «Gestore d'ambito», che è il soggetto titolato a chiedere ed
ottenere l'autorizzazione. Lo ha stabilito il Tribunale di Genova, sentenza del 13 luglio 2015 n. 2262,
respingendo il ricorso di una Spa.
La società aveva fatto opposizione contro l'ordinanza-ingiunzione di pagamento della Provincia di
Genova che, a seguito del verbale dell'Arpal, aveva accertato l'assenza dell'autorizzazione allo scarico
(in violazione dell'articolo 124 Dlgs 152/2006, sanzionato dall'articolo 133, comma 2 del medesimo
decreto) per l'impianto di depurazione di reflui urbani di Camogli, di proprietà del Comune,
ingiungendo il pagamento di 15mila euro. Gli opponenti si erano difesi sostenendo la carenza di
legittimazione passiva in quanto «non diretti sottoscrittori della convenzione».
Come chiarito dalla Cassazione, però, «per l'individuazione del responsabile dell'illecito occorre dare
rilievo al soggetto che gestisce o detiene di fatto la condotta non autorizzata» (n. 3176/2006). Infatti,
l'infrazione amministrativa, che punisce chiunque effettua scarichi di acque reflue domestiche o di
reti fognarie senza l'autorizzazione, «non costituisce un illecito “proprio”, atteso che essa non
presuppone una particolare qualità del soggetto attivo, che può identificarsi non solo nel titolare
dell'autorizzazione all'esercizio, dell'impianto, che apra nuove vie di scarico, ma anche in qualsiasi
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soggetto che gestisca o comunque detenga di fatto la condotta di scarico non autorizzata». Per cui,
prosegue la sentenza, «è di tutta evidenza che la norma mira a sanzionare anche e comunque la
condotta di chi effettua in concreto lo scarico in difetto di autorizzazione, a prescindere dalla
individuazione del soggetto titolare dello scarico nei confronti del quale, a norma dell'art. 124 TU
ambiente, viene rilasciata l'autorizzazione ed al quale, in mancanza della stessa, potrebbe
eventualmente essere comminata la medesima sanzione, per la violazione della medesima norma,
in concorso ex art. 5 L. 689/1981».
In definitiva, prosegue la sentenza, il carattere operativo della gestione della società opponente «non
esclude, ma anzi rafforza la responsabilità della società, per aver effettuato lo scarico in mancanza
di autorizzazione, a nulla rilevando il fatto che la autorizzazione avrebbe dovuto in ipotesi essere
rilasciata in favore di un soggetto diverso». Del resto, una conferma in tal senso deriva anche dalla
particolare disciplina contenuta nell'articolo 124 comma 2 seconda parte, laddove, prevede l'ipotesi
in cui «uno o più stabilimenti conferiscano, tramite condotta, ad un terzo soggetto, titolare dello
scarico finale, le acque reflue provenienti dalle loro attività, l'autorizzazione è rilasciata in capo al
titolare dello scarico finale o al consorzio medesimo, ferme restando le responsabilità dei singoli
titolari delle attività suddette e del gestore del relativo impianto di depurazione in caso di violazione
delle disposizioni della parte terza del presente decreto». E ancora, sempre in senso conforme, il
Tribunale di Chiavari (sentenza n. 157/2012) ha statuito che «dello scarico non autorizzato
rispondono anche coloro che gestiscono di fatto l'impianto», condannando così la locale Spa che
gestiva il servizio pubblico di fognatura e di depurazione «perché era suo dovere dotarsi della
prescritta autorizzazione allo scarico».
(Francesco Machina Grifeo, Il Sole 24 ORE – Guida al Diritto online, 7 dicembre 2015)
 Appalti
 Tar Umbria con la sentenza 4 dicembre 2015, n. 559
 NOTA
Gare pubbliche, l'invio del fax consente la piena conoscenza degli atti
Sono valide le comunicazioni trasmesse agli operatori economici mediante l'utilizzo del fax,
soprattutto (ma non solo) quando la lex specialis di gara richiedeva l'autorizzazione dei concorrenti
a ricevere le comunicazioni con tale strumento e le imprese avevano indicato il proprio numero fax
all'interno dell'offerta di gara.
È questo il principio affermato dal Tar Umbria con la sentenza 4 dicembre 2015, n. 559.
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Il caso
Un'impresa si aggiudica una procedura negoziata ai sensi dell'articolo 122, comma 7 del Dlgs
163/2006 per l'affidamento dei lavori di ristrutturazione di una caserma e viene invitata a presentare
la documentazione necessaria per la stipula del contratto.
Stante la mancata produzione della suddetta documentazione, la stazione appaltante intima alla
ricorrente di provvedere e tale diffida viene inviata al numero di fax indicato dalla concorrente negli
atti di gara.
Perdurando l'inerzia dell'impresa, con una successiva nota la stazione appaltante comunica di aver
dichiarato – ai sensi dell'articolo 113 comma 4 del Codice appalti – la decadenza dall'aggiudicazione
e di averne disposto il subentro a favore della seconda classificata.
L'impresa impugna il provvedimento di decadenza, affermando di non aver mai ricevuto l'invito a
trasmettere la documentazione: con la sentenza in rassegna, tuttavia, il Tar Umbria disattende le
censure e dichiara infondato il ricorso.
La decadenza dall'aggiudicazione può essere comunicata con fax
Come accennato, la fattispecie trae origine dalla mancata costituzione della garanzia definitiva che,
ai sensi dell'articolo 113, comma 4 del Codice appalti, determina la decadenza dell'affidamento e
l'acquisizione della cauzione provvisoria nonché l'affidamento della gara al concorrente che segue
nella graduatoria.
Nel caso di specie, la nota di diffida a produrre la documentazione necessaria alla stipula del contratto
era stata inviata a mezzo fax al numero della sede legale indicato dall'impresa ricorrente negli atti di
gara: la nota, peraltro, era stata regolarmente ricevuta, così come emergeva dal cosiddetto rapporto
di trasmissione depositato in giudizio dalla stazione appaltante.
Il Tar sottolinea che, ai sensi dell'articolo 43, comma 6 del Dpr 445/2000, i documenti trasmessi
tramite fax soddisfano il requisito della forma scritta e la loro trasmissione non deve essere seguita
da quella del documento originale, fatta salva la necessità del riscontro dell'avvenuta ricezione
mediante il rapporto di trasmissione: in questo senso, l'utilizzo del fax costituisce una modalità
ordinaria di scambio delle comunicazioni tra la stazione appaltante e le imprese partecipanti alle gare
e rappresenta, pertanto, uno strumento perfettamente idoneo a determinare la piena conoscenza
del provvedimento (cfr. Tar Sicilia, Catania n. 2909/2013 e Tar Lombardia, Brescia n. 401/2013).
Il fax costituisce, in particolare, un sistema basato su linee di trasmissione di dati e su
apparecchiature che consentono di documentare sia la partenza del messaggio dall'apparato
trasmittente sia – attraverso il rapporto di trasmissione – la ricezione del messaggio in quello
ricevente.
La trasmissione del fax consente, in tal modo, di presumere l'avvenuta ricezione senza che colui che
dimostra di aver inviato il messaggio debba fornire alcuna ulteriore prova: resta salva, però,
l'eventuale prova contraria concernente la cattiva funzionalità dell'apparecchio ricevente, prova che
dovrà essere fornita, secondo l'ordinaria regola processualistica, da chi afferma la mancata ricezione
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del messaggio (cfr. Tar Sicilia, Palermo n. 613/2014 e Consiglio di Stato n. 3252/2013 nonché Tar
Lazio, n. 1254/2008 e n. 151/2015).
L'autorizzazione della ditta a usare il fax come mezzo di comunicazione
La sentenza in rassegna sottolinea che una parte della giurisprudenza ha ritenuto che, in base alla
disposizione normativa di cui al comma 5-bis dell'articolo 79 del Codice appalti, la comunicazione a
mezzo fax degli atti di una procedura di evidenza pubblica è consentita 'solo se espressamente
autorizzata dal concorrente': ne consegue che la comunicazione mediante fax non potrebbe
rappresentare uno strumento idoneo a determinare la piena conoscenza dell'aggiudicazione o di un
altro atto di gara quando tale specifica modalità di comunicazione non sia stata espressamente
autorizzata dal concorrente (cfr. Tar Calabria, Catanzaro n. 1171/2012 e Consiglio di Stato n.
4116/2012). Nel caso di specie dedotto avanti al Tar Umbria, tuttavia, la lettera di invito richiedeva
espressamente, ai sensi dell'articolo 79, comma 5-quinqiues del Codice, l'autorizzazione dei
concorrenti a ricevere le comunicazioni inerenti la gara attraverso l'uso del fax: e ancora – continua
il Giudice amministrativo – pur volendo ritenere imprescindibile l'autorizzazione del concorrente, il
fatto che il numero del fax era stato espressamente riportato nell'offerta economica presentata per
partecipare alla gara poteva essere considerato, sostanzialmente, come un'autorizzazione "implicita"
ai sensi del citato articolo 79, comma 5-bis del Codice appalti (cfr. Tar Lombardia, Brescia n.
247/2011).
La prova del malfunzionamento del fax
La sentenza in rassegna, infine, rileva che nella fattispecie concreta la ricorrente non aveva
dimostrato eventuali malfunzionamenti del fax indicato in sede di offerta e che la relativa
comunicazione doveva pertanto ritenersi trasmessa validamente.
Sul punto, la giurisprudenza amministrativa ha sottolineato che deve essere ritenuta illegittima
l'esclusione motivata con riferimento all'omessa presentazione, nel termine assegnato, dei
documenti richiesti per la verifica a campione ex articolo 48 del Codice appalti quando la predetta
richiesta di documenti sia stata comunicata dalla stazione appaltante a mezzo fax e la ditta
interessata abbia dimostrato, con prova documentale, di non averla ricevuta a causa di un
malfunzionamento dell'apparecchio ricevente: la società esclusa, infatti, aveva prodotto in giudizio il
rapporto di intervento della ditta di manutenzione del fax attestante che, in quella medesima data, i
tecnici incaricati avevano prelevato il dispositivo non funzionante (recante anomalia "perdita dati")
per le opportune riparazioni; dal successivo rapporto della medesima ditta risultava, inoltre, che il
fax era stato riconsegnato alla società proprietaria soltanto successivamente.
Alla data di spedizione della nota a mezzo fax, pertanto, l'apparecchio fax della concorrente non era
operativo e non risultava neppure installato presso la sede della concorrente che si trovava in
un'oggettiva ed incolpevole condizione di inconsapevolezza della richiesta inviata dalla stazione
appaltante nonché nell'impossibilità di assolvere l'onere probatorio richiesto ai sensi dell'articolo 48
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del Codice (Tar Campania, Napoli n. 4750/2015).
Secondo la giurisprudenza del Consiglio di Stato, la presunzione di conoscenza che consegue all'invio
della comunicazione mediante fax all'indirizzo corretto - accompagnata dal rapporto di ricezione non ha, pertanto, natura assoluta poiché ne può essere fornita la prova contraria: tale prova dovrà
riguardare la funzionalità dell'apparecchio ricevente e in tale ipotesi, secondo l'ordinaria regola
processualcivilistica, la dimostrazione del malfunzionamento dovrà essere fornita dal soggetto che
afferma la mancata ricezione del messaggio (cfr. Consiglio di Stato n. 2951/2007 e Tar Lazio, Roma
n. 13289/2014).
(Ilenia Filippetti, Il Sole 24 ORE – Quotidiano Enti Locali & Pa, 17 dicembre 2015)
 Tar Campania n. 5456/2015
 NOTA
Niente permuta, l'immobile del Comune va sempre ceduto con gara
È illegittima la decisione del Comune di cedere in permuta un terreno, laddove non sia stata avviata
una procedura di evidenza pubblica con adeguata pubblicità, per garantire la massima trasparenza
e imparzialità nella cessione del bene comunale.
Questo il principio affermato dal Tar Campania, sezione VII, con la sentenza 24 novembre 2015 n.
5456, che dirime in tal modo la controversia insorta tra un cittadino e l'ente locale, dopo che
quest'ultimo comunicava al primo l'indisponibilità alla permuta di alcune aree comunali con un
appezzamento di proprietà del privato, secondo le intese approvate con apposita delibera consiliare.
Le motivazioni
L'amministrazione motivava la sopravvenuta indisponibilità adducendo dubbi di legittimità in ordine
all'operazione patrimoniale, sia per il vincolo di inalienabilità del bene comunale attiguo a un
depuratore pubblico, sia per la ragione che - quand'anche l'immobile fosse libero da vincoli - esso
potrebbe essere alienato soltanto previa gara a evidenza pubblica.
Quest'ultimo rilievo, a giudizio della Pa, non si fonda soltanto sul fatto che una norma regolamentare
dell'ente evoca il sistema dell'asta pubblica per la vendita degli immobili, ma anche sulla circostanza
che per il medesimo terreno è pervenuta all'amministrazione una proposta di acquisto anche da parte
di un altro soggetto interessato.
In ragione di ciò, con un atto consiliare ad hoc il Comune sospende la precedente delibera di
autorizzazione della permuta, provocando così la reazione del soggetto privato che ricorre al Tar per
contestare la sopravvenuta indisponibilità dell'ente.
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Nel respingere tale ricorso il collegio osserva che la decisione di alienazione è in contrasto con la
legislazione nazionale e con la regolamentazione locale in materia, dacché «non risulta essere stata
avviata alcuna procedura di evidenza pubblica con adeguata pubblicità da dare alla vendita del bene,
al fine di garantire la massima trasparenza e imparzialità nella cessione del bene comunale».
Il contratto di permuta
Come si può notare, il Tar considera il contratto di permuta al pari di una compravendita, anche se
esso non ha per sé un rilievo finanziario, ma soltanto patrimoniale.
La permuta, infatti, dà luogo a un contratto a prestazioni corrispettive che genera uno scambio di
diritti, e la cui finalità potrebbe essere perseguita attraverso una duplice vendita tra le medesime
parti, tant'è che, ai sensi dell'articolo 1555 del codice civile, alla permuta sono applicabili, in quanto
compatibili, le norme sul contratto di vendita.
Sotto il profilo normativo, in assenza di una dettagliata disciplina che regoli la materia, il collegio
rileva che in base al principio posto dall'articolo 41 del Rd 827/1924 la trattativa privata costituisce
modalità di alienazione ammissibile solo nei casi ivi previsti, tra cui non può ascriversi la fattispecie
di alienazione di un terreno comunale.
È perciò un dato acquisito che la permuta si configura quale contratto a titolo oneroso suscettibile di
incidere a livello patrimoniale dell'ente, con l'effetto che la procedura di evidenza pubblica, anche se
non prevista in modo espresso da una disposizione legislativa, risulta una scelta pressoché obbligata
in applicazione dei criteri di economicità, efficienza e redditività, che debbono sempre orientare
l'esercizio dell'azione amministrativa.
(Michele Nico, Il Sole 24 ORE – Il Sole 24 ORE – Quotidiano Enti Locali & Pa, 16 dicembre
2015)
 Corte di Cassazione, VI sezione penale, sentenza 49275 del 14 dicembre 2015
 NOTA
Gare truccate: concussione se l’imprenditore rischia la chiusura
Concussione e non induzione indebita per il pubblico ufficiale che chiede soldi in cambio di un appalto
a un imprenditore che cede per evitare la chiusura dell’azienda.
La Corte di cassazione, con la sentenza 49275 depositata ieri, sceglie la via del rigore nel punire gli
ufficiali che avevano messo in piedi un sistema di gare truccate all’interno di una cittadella militare,
che poteva essere “espugnata” solo con le tangenti. Uno schema collaudato basato sulla doppia
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busta: una contente l’offerta dell’impresa e un’altra lasciata in bianco per mettere, se necessario,
una cifra più vantaggiosa rispetto a quella scritta nella prima busta.
La Suprema corte punisce per il reato più grave di concussione, la cui pena massima è di 12 anni,
rispetto all’induzione indebita che ha un tetto di tre anni di reclusione.
Entrambe le figure di reato sono state ridisegnate dalla legge 190 del 2012. L’induzione indebita si
contraddistingue per persuasione, suggestione inganno e pressione morale, dotati però di un minor
potere nel condizionare la libertà di autodeterminazione del destinatario. In questo caso il “prescelto”
per l’induzione ha dalla sua un maggior margine di manovra nel decidere se prestare il consenso alla
richiesta illegittima e concludere l’”affare” con la prospettiva di ottenere un tornaconto personale,
ipotesi che giustifica una sanzione a suo carico. Diverso lo scenario della concussione in cui il gioco
si fa più duro da parte del pubblico agente che, per costringere, usa la violenza e minaccia un danno
illecito. In questo caso il concusso si trova a un bivio, con una libertà limitata: senza alcun vantaggio
per sé deve scegliere tra subire un danno ingiusto o evitarlo con un pagamento in denaro o un’altra
utilità non dovuta.
Gli imputati “rivendicavano” il diritto a essere puniti per il reato più lieve di induzione indebita. Gli
imprenditori, secondo la difesa, erano di casa nella cittadella militare e si trovavano a loro agio nel
muoversi fra le mura “fortificate” di un sistema in virtù del quale la gara si vinceva con la tangente
grazie al trucco della doppia busta.
Secondo la ricostruzione dei ricorrenti erano gli stessi imprenditori a rivolgersi a loro per aggiudicarsi
gli appalti in esclusiva, aderendo immediatamente alle richieste. Una confidenza con i pubblici ufficiali
in contrasto con l’ipotesi della sopraffazione tipica del reato contestato.
La Suprema corte, consapevole di muoversi in un terreno scivoloso nel quale le azioni dei protagonisti
possono essere ambigue, ricorda che i giudici devono sempre basarsi sul fatto «cogliendo da
quest’ultimo i dati più qualificanti idonei a contraddistinguere la vicenda concreta».
Nel caso esaminato ha pesato il timore degli imprenditori di perdere l’azienda. La Cassazione sceglie
la concussione e non l’induzione perché le persone offese erano state messe con le spalle al muro:
la conseguenza inevitabile di un rifiuto era l’esclusione da qualsiasi lavoro. L’imprenditore che si
ribellava sapeva di rischiare la chiusura della sua l’attività. Certo una minaccia non blanda.
(Patrizia Maciocchi, Il Sole 24 ORE – Quotidiano Diritto, 15 dicembre 2014)
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 Corte di giustizia Ue – Sentenza 12 novembre 2015 – Causa C-439-13
 NOTA
Corte di giustizia Ue: “Sugli appalti in ambito Pesc, la competenza spetta agli eurogiudici”
La decisione sull’aggiudicazione di un appalto da parte di una missione Ue istituita nell’ambito della
politica estera e di sicurezza comune può essere impugnata dinanzi agli organi giurisdizionali
dell’Unione europea. È vero, infatti, che gli atti in questo settore sono sottratti alla competenza della
Corte,
ma
non
quando
incidono
sul
regolamento
finanziario
dell’Unione,
come
avviene
nell’attribuzione di un appalto.
Lo ha chiarito la Corte di giustizia dell’Unione europea nella sentenza depositata il 12 novembre nella
causa Elitaliana Spa contro Eulex Kosovo (causa C-439/13), con la quale è stato anche stabilito che
l’errore
commesso
dall’impresa
ricorrente
nell’individuazione
della
controparte
nell’azione
giurisdizionale dinanzi al Tribunale Ue non è scusabile. Di conseguenza, bene ha fatto il Tribunale a
respingere un ricorso di un’azienda che ha sbagliato nel citare in giudizio una missione Ue per carenza
di legittimazione passiva.
Questi i fatti. Sulla Gazzetta ufficiale dell’Unione europea era stato pubblicato un bando di gara
ristretto per la fornitura di un elicottero alla missione Eulex in Kosovo. Un’azienda italiana era arrivata
seconda
e
aveva
così
presentato
un
ricorso
al
Tribunale
Ue
chiedendo
l’annullamento
dell’aggiudicazione e il risarcimento del danno. L’azione giurisdizionale era stata bocciata a
Lussemburgo perchè gli eurogiudici avevano constatato la carenza di legittimazione passiva di Eulex
Kosovo. L’azienda, infatti, avrebbe dovuto citare in giudizio direttamente la Commissione europea e
non Eulex, in quanto ente non dotato di autonomia. Una conclusione condivisa dalla Corte di giustizia,
alla quale si era poi rivolta l’azienda italiana impugnando il verdetto di primo grado. Chiara la
posizione di Lussemburgo: le missioni come Eulex non hanno una propria autonoma personalità
giuridica e non possono essere considerate come “organi e organismi” in base all’articolo 263 del
Trattato Ue, norma che fissa il perimetro delle competenze della Corte sul controllo di legittimità
degli atti. D’altra parte, scrive la Corte, Eulex, che non ha una propria personalità giuridica e ha
un’attività limitata nel tempo, agiva su delega della Commissione europea e, di conseguenza, ogni
atto era imputabile all’esecutivo e solo la Commissione poteva essere citata in giudizio in quanto
autorità delegante. Tanto più – osserva la Corte di giustizia – che il capomissione riferisce
direttamente alla Commissione.
I giudici Ue, inoltre, hanno riconosciuto la propria competenza a pronunciarsi, malgrado le
disposizioni relative alla Politica estera e di sicurezza comune (Pesc) e gli atti adottati nel settore
siano sottratti, in via generale, alla competenza della Corte. È vero, infatti, che l’istituzione della
missione Eulex Kosovo è compresa tra quelli per i quali è esclusa la competenza della Corte, in
UNITELNews24
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quanto atto Pesc, ma nel caso di specie la questione riguardava l’aggiudicazione di un appalto in
grado di incidere sul regolamento finanziario dell’Unione. Se le spese della missione sono poste a
carico del bilancio dell’Unione e, quindi, le questioni relative all’appalto rientrano nel campo di
applicazione del regolamento finanziario, gli atti come le decisioni sugli appalti, che generano spese,
sono impugnabili dinanzi a un organo giurisdizionale dell’Unione.
(Marina Castellaneta, Il Sole 24 ORE – Quotidiano Diritto, 9 dicembre 2014)
 Pubblica Amministrazione/Enti Locali
 Corte di cassazione - Sezione lavoro - Sentenza 7 dicembre 2015 n. 24801
 NOTA
Pa, retribuzione persa se il licenziamento segue la sospensione cautelare
È legittimo il licenziamento del biologo impiegato presso l'Azienda sanitaria regionale che
deliberatamente ometta di effettuare gli «esami urgenti» richiesti durante la notte dal cardiologo di
turno, buttando nel contenitore dei rifiuti provette e richiesta. Lo ha stabilito la Corte di cassazione,
sentenza 24801/2015, chiarendo anche che la sospensione cautelare del dipendente «si salda con il
licenziamento, tramutandosi in definitiva interruzione del rapporto e legittimando la perdita “ex tunc”
del diritto alle retribuzioni, a far data dal momento della sospensione medesima».
La vicenda che ha investito l'Asur 3 di Fano è piuttosto complessa articolandosi in diverse azioni
giudiziali. Nell'ambito delle quali il dipendente si è aggiudicato un round favorevole quando a seguito
del secondo licenziamento - intimato per una serie di inadempimenti tra cui la divulgazione alla
stampa di documenti riservati relativi ad un presunto caso di malpractice e minacce a colleghi - aveva
ottenuto il pagamento delle retribuzioni maturate tra il secondo recesso e la reintegra disposta dal
tribunale di Pesaro, in via cautelare. Da lì in poi però il sanitario ha accumulato soltanto sconfitte.
In particolare, nel chiudere la vicenda, la Cassazione ricorda come nel pubblico impiego il parere del
Comitato dei garanti (in questo caso favorevole al sanitario) ha «carattere obbligatorio ma non
vincolante, e comunque non può mai esonerare il datore di lavoro dalle valutazioni di sua
competenza». E comunque rileva unicamente in riferimento alla responsabilità gestionale «e non
anche alla responsabilità disciplinare del dirigente», che abbia dunque violato singoli doveri. Quanto
poi all'argomento secondo cui egli aveva ritenuto «non necessarie» le analisi, dopo aver sottolineato
la «gravità» della condotta, tale da non consentire la prosecuzione del rapporto, la Suprema corte
precisa che «non rientra nell'ambito di competenza operativa del biologo l'apprezzamento della
necessità ed urgenza delle analisi e che l'eventuale dubbio (ove effettivo) su tali presupposti avrebbe
dovuto indurre ad altra condotta e non già ad omettere un atto dovuto».
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Infine, sottolineano i giudici, una volta ritenuto legittimo il primo licenziamento, «non possono
riconoscersi al lavoratore le retribuzioni per i mesi intercorsi tra il secondo recesso e l'ordine di
reintegrazione in servizio: l'ordine ha, infatti, perso ogni effetto, con l'ulteriore conseguente
insussistenza del diritto del lavoratore al pagamento delle retribuzioni». E, conclude la sentenza, «le
stesse ragioni valgono anche per gli effetti della sospensione cautelare dal servizio che permangono
fino all'esito del procedimento penale o disciplinare, il cui esito favorevole condiziona il diritto del
lavoratore alla percezione delle retribuzioni non corrisposte».
(Francesco Machina Grifeo, Il Sole 24 ORE – Guida al Diritto online, 7 dicembre 2015)
 Edilizia
 Corte di cassazione – Sezione VI civile – Ordinanza 14 dicembre 2015 n. 25110
 NOTA
Espropriazione, la conoscenza dell'ordinanza fa decorrere il termine per l’opposizione
Per il terzo pignorato, ai fini della decorrenza del termine per proporre opposizione agli atti esecutivi,
la data di notificazione del precetto non è decisiva qualora egli abbia già avuto conoscenza legale
dell'ordinanza di assegnazione. Lo ha stabilito la Corte di cassazione, ordinanza 14 dicembre 2015
n. 25110, dichiarando inammissibile il ricorso di un comune abruzzese.
Il Tribunale aveva ritenuto tardiva l'opposizione agli atti esecutivi perché il municipio non aveva
fornito la prova del momento in cui aveva avuto conoscenza dell'ordinanza di assegnazione
impugnata. Il principio da applicare, spiega la sentenza, è quello per cui «colui il quale propone
opposizione agli atti esecutivi, ex art. 617 cod proc. civ., ha l'onere di indicare e provare il momento
in cui abbia avuto la conoscenza, legale o di fatto, dell'atto esecutivo che assume viziato, non
potendosi altrimenti verificare il rispetto da parte sua del termine di decadenza per la proposizione
dell'opposizione». Tale assunto, prosegue la Corte, deve essere poi coordinato «con il principio di
acquisizione probatoria, sicché l'onere è assolto anche qualora la prova della tempestività
dell'opposizione emerga, comunque, dagli atti del fascicolo dell'esecuzione o da quelli prodotti
dall'opposto».
Aggrappandosi a questa regola l'opponente ha sostenuto che la tempestività del precetto risultava
«per tabulas», essendo stato notificato l'11 maggio del 2009 mentre l'opposizione era del 22 dello
stesso mese, dunque nel termine di venti giorni. Per la Suprema corte tuttavia il ricorso non centra
il punto, dal momento che il comune «non deduce di non avere mai avuto conoscenza diretta
dell'ordinanza di assegnazione», che è altra cosa, ed anzi lascia intendere di averla precedentemente
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conosciuta, ma di non averne compreso «la reale portata e l'effettiva valenza», se non dopo aver
ricevuto la notificazione del precetto. Il riscontro si evince dal controricorso della creditrice che
afferma di aver notificato alla controparte l'ordinanza di assegnazione il 24 dicembre dell'anno
precedente quindi «prima e separatamente dalla notificazione dell'atto di precetto». Ciò che
smentisce l'assunto del comune ricorrente circa il momento in cui avrebbe avuto conoscenza dell'atto
impugnato e dunque la relativa idoneità a far decorrere il termine per proporre l'opposizione.
Nel tentativo di fare chiarezza sul punto, la Cassazione ha affermato il principio per cui «in tema di
espropriazione forzata presso terzi, il termine per proporre l'opposizione agli atti esecutivi ex articolo
617 c.p.c. avverso l'ordinanza di assegnazione ex articolo 553 c.p.c. decorre, per il terzo pignorato,
dal momento in cui ha avuto conoscenza legale di questa ordinanza, tramite notificazione da parte
del creditore, e non dalla data di notificazione dell'atto di precetto, se effettuata successivamente
alla notificazione dell'ordinanza di assegnazione che costituisce il titolo esecutivo per agire in
executivis nei confronti del terzo». Del resto, già precedentemente (Cass. n. 11642/14), i giudici di
Piazza Cavour avevano stabilito che «il termine per propone opposizione agli atti esecutivi avverso
l'ordinanza di assegnazione di cui all'art. 553 cod. proc. civ. decorre, per il terzo pignorato, dal
momento in cui questi ne abbia legale conoscenza».
(Francesco Machina Grifeo, Il Sole 24 ORE – Guida al Diritto online, 14 dicembre 2015)
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Enti locali

Riscossione negli enti locali
Pietro Sacchetta, Il Sole 24 ORE - La Settimana Fiscale, Edizione del 16 dicembre 2015, n. 47 pag.
42-45
Il sistema della riscossione delle entrate locali e, nello specifico, di quelle comunali, è stato sempre,
e resta tuttora, un argomento particolarmente spinoso a causa dell’instabilità e della mutevolezza
delle disposizioni legislative che ne sono poste alla base.
Nell’attuale momento storico, in attesa delle definitiva cessazione di Equitalia S.p.a. e delle società
da essa partecipate dall’attività di riscossione coattiva delle entrate, tributarie o patrimoniali, degli
Enti locali, l’esecuzione forzata è affidata a due procedimenti distinti tra loro e alternativi, ossia il
ruolo e l’ingiunzione fiscale.
Se da una parte, però, il ruolo è legato esclusivamente all'attività dell'agente della riscossione, e
quindi rischia di avere vita breve a causa delle profonde modifiche legislative apportate dalle recenti
riforme in materia, dall’altra parte l’ingiunzione fiscale rimane l’unico strumento, seppur datato, che
i Comuni hanno a disposizione per poter procedere coattivamente alla riscossione forzata delle loro
entrate, tanto tributarie quanto patrimoniali.
Autonomia nella riscossione degli locali
Il sistema della riscossione dei tributi nel tempo ha subito una molteplicità di interventi legislativi.
Scendendo nel particolare, le norme che nel nostro ordinamento regolano l’autonomia degli Enti locali
nell’attività di accertamento e riscossione sono contenute nel Titolo III «Riordino della disciplina dei
tributi locali» del D.Lgs. 15.12.1997, n. 446, così come modificato dalla L. 24.12.2007, n. 244.
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La riscossione coattiva delle entrate tributarie e patrimoniali degli Enti locali assume forme e modalità
diverse a seconda del soggetto che attua l’azione di recupero del credito.
L’art. 52, co. 6, D.Lgs. 446/1997 , ora abrogato, stabiliva letteralmente che: «La riscossione coattiva
dei tributi e delle altre entrate di spettanza delle province e dei comuni viene effettuata con la
procedura di cui al decreto del Presidente della Repubblica 29 settembre 1973, n. 602, se affidata ai
concessionari del servizio di riscossione di cui al decreto del Presidente della Repubblica 28 gennaio
1988, n. 43, ovvero con quella indicata dal regio decreto 14 aprile 1910, n. 639, se svolta in proprio
dall'ente locale o affidata agli altri soggetti menzionati alla lettera b) del comma 5».
L’abrogazione del citato co. 6 dell’art. 52, D.Lgs. 446/1997, da parte della L. 244/2007, aveva fatto
sorgere parecchie perplessità circa l’utilizzo del ruolo e dell’ingiunzione fiscale da parte degli Enti
locali.
L’emanazione del D.L. 31.12.2007, n. 248, conv. con modif. dalla L. 28.2.2008, n. 31, ha fugato
ogni dubbio in merito, in quanto all’art. 36, co. 2 , dello stesso è stato ribadito che «la riscossione
coattiva dei tributi e di tutte le altre entrate degli enti locali continua a potere essere effettuata con:
a) la procedura dell'ingiunzione di cui al Regio Decreto 14 aprile 1910, n. 639, seguendo anche le
disposizioni contenute nel titolo II del decreto del Presidente della Repubblica 29 settembre 1973, n.
602, in quanto compatibili, nel caso in cui la riscossione coattiva è svolta in proprio dall'ente locale
o è affidata ai soggetti di cui all'articolo 52, comma 5, lettera b), del decreto legislativo 15 dicembre
1997, n. 446;
b) la procedura del ruolo di cui al decreto del Presidente della Repubblica 29 settembre 1973, n. 602,
se la riscossione coattiva è affidata agli agenti della riscossione di cui all'articolo 3 del decreto legge
30 settembre 2005, n. 203, convertito, con modificazioni, dalla legge 2 dicembre 2005, n. 248».
Anche questa norma individua, dunque, due soli strumenti con i quali gli Enti locali possono procedere
alla riscossione coattiva delle entrate, vale a dire:
-il ruolo;
-l’ingiunzione fiscale.
Il D.L. 13.5.2011, n. 70, conv. con modif. dalla L. 12.7.2011, n. 106, ha però introdotto nuove regole
in merito alla riscossione delle entrate negli Enti locali.
Con l’art. 7, co. 2, lett. gg-ter), D.L. 70/2011 , era stato infatti previsto che «a decorrere dal 1
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gennaio 2012, in deroga alle vigenti disposizioni, la società Equitalia S.p.a., nonché le società per
azioni dalla stessa partecipate ai sensi dell’art. 3 comma 7, del decreto-legge 30 settembre 2005, n.
203, convertito con modificazioni dalla legge 2 dicembre 2005, n. 248, cessano di effettuare le
attività di accertamento, liquidazione e riscossione, spontanea e coattiva, delle entrate, tributarie o
patrimoniali, dei Comuni e delle società da essi partecipate».
La norma appena citata aveva stabilito l’eliminazione di Equitalia S.p.a. (e delle società dalla stessa
partecipate e di Riscossione Sicilia per il territorio siciliano) dai soggetti abilitati a procedere alla
riscossione negli Enti locali attraverso lo strumento del ruolo.
Agli enti locali, a far data dall’1.1.2012, non restava dunque che avvalersi unicamente
dell’ingiunzione fiscale prevista e disciplinata dal R.D. 639/1910.
La cessazione della riscossione a mezzo ruolo dei tributi locali da parte di Equitalia S.p.a, delle società
da essa partecipate e di Riscossione Sicilia S.p.a, non ha, però, minimamente avuto luogo il 1.1.2012,
perché una molteplicità di interventi normativi ha sempre prorogato (per ben 5 volte) tale termine,
e, ad oggi, il D.L. 19.6.2015, n. 78, conv. con modif. dalla L. 6.8.2015, n. 125, ha rinviato tale
cessazione (salvo l’ennesima proroga) al 31.12.2015.
Riscossione tramite ruolo
La riscossione tramite ruolo aveva già trovato la fonte normativa nel R.D. 17.10.1922, n. 1401 (Testo
unico delle imposte sui redditi), nonché nel successivo D.P.R. 29.1.1958, n. 645 (Testo unico sulle
imposte dirette).
Trattandosi di provvedimenti datati, nel corso degli anni si era avvertita l’esigenza di procedere a
modifiche legislative, cosicché il quadro di riferimento attuale può sintetizzarsi come segue:
D.P.R. 29.9.1973, n. 602 (Disposizioni sulla riscossione delle imposte sul reddito);
D.Lgs. 26.2.1999, n. 46 (Riordino della disciplina della riscossione mediante ruolo, a norma
dell’art. 1, L. 28.9.1998, n. 337), il quale da un lato ha modificato il D.P.R. 602/1973 e dall’altro ha
previsto norme applicabili in maniera diretta alla riscossione di entrate di natura non tributaria e ai
contributi previdenziali;
D.L. 31.5.2010, n. 78, conv. con modif. dalla L. 30.7.2010, n. 122 (Misure urgenti in materia di
stabilizzazione finanziaria e competitività economica).
La riscossione coattiva a mezzo ruolo è l’azione di recupero forzoso di un credito della pubblica
Amministrazione, solitamente a seguito della notifica di una cartella di pagamento (o un
accertamento esecutivo emesso dall’Agenzia delle Entrate, ma ciò non è argomento di questo
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articolo).
Nello specifico, secondo il disposto dell’art. 10, D.P.R. 602/1973, il ruolo non è altro che un elenco
nominativo dei debitori e dei relativi debiti, formato dal creditore e successivamente consegnato
all’Agente della riscossione (oggi Equitalia S.p.a e Riscossione Sicilia S.p.a.), affinché quest’ultimo
proceda all’esazione forzata delle somme indicate nello stesso.
L’Ente locale, in qualità di creditore dei propri tributi, provvede quindi all’iscrizione a ruolo degli
stessi, formando un atto nel quale indica gli elementi identificativi del contribuente, la data in cui il
ruolo diviene esecutivo, il riferimento all’atto impositivo su cui si basa l’iscrizione o, qualora tale atto
manchi, la motivazione della pretesa tributaria.
Il ruolo così formato non ha alcuna validità se non è sottoscritto, anche mediante firma elettronica,
dal titolare dell’Ufficio o da suo delegato, come riporta chiaramente l'art. 12, co. 4, D.P.R. 602/1973.
Con la sottoscrizione il ruolo diviene esecutivo, cioè acquista la forza di legge che consente all’Agente
della riscossione di riscuotere forzatamente i tributi in esso contenuti.
La norma succitata è chiarissima nello stabilire, pena la mancanza di efficacia del ruolo stesso:
-la necessità della sottoscrizione del ruolo;
-le caratteristiche che deve possedere il soggetto (titolare dell'Ufficio o suo delegato) che tale
sottoscrizione deve apporre. Nello specifico deve trattarsi di un soggetto munito della rappresentanza
sostanziale dell'ente impositore ed istituzionalmente preposto alla sottoscrizione dei ruoli.
Successivamente all’apposizione della sottoscrizione, il ruolo viene consegnato all’Agente della
riscossione, affinché lo stesso proceda alla notifica della cartella di pagamento, che è un atto
predisposto da quest’ultimo in un’unica copia. La cartella deve contenere, oltre alla specifica delle
somme richieste e l’indicazione dell’Ente impositore, l’invito per il contribuente a pagare entro 60
giorni dalla notificazione, pena la successiva esecuzione forzata delle somme iscritte a ruolo.
In altri termini la cartella di pagamento, notificata al debitore, altro non è che un vero e proprio un
estratto del ruolo che lo riguarda.
A differenza del passato, l’Agente della riscossione ha oggi acquistato poteri sempre più incisivi in
tema di riscossione coattiva dei tributi. L’art. 49, co. 1, D.P.R. 602/1973, attribuisce infatti all’Agente
della Riscossione il potere di compiere una serie di azioni sia cautelari (ad esempio, fermi
amministrativi, ipoteche immobiliari), che ne hanno aumentato considerevolmente la forza di
riscossione nei confronti dei contribuenti, che di riscossione forzosa, come ad esempio:
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-il pignoramento di beni mobili o immobili, anche presso terzi, che saranno successivamente venduti;
-l’espropriazione dei crediti;
-il pignoramento dello stipendio.
Riscossione tramite ingiunzione fiscale
I Comuni che ad oggi decidono di non servirsi di un agente della riscossione possono procedere alla
riscossione coattiva delle proprie entrate tributarie avvalendosi dell’ingiunzione fiscale.
Si tratta di una procedura di esazione regolata dal vecchio R.D. 639/1910, utilizzabile dagli Enti locali
per esercitare in autonomia (senza quindi il necessario coinvolgimento di Equitalia S.p.a., di una
società dalla stessa partecipata o di Riscossione Sicilia S.p.a.) la riscossione forzata delle proprie
entrate, derivanti tanto da tributi locali quanto da sanzioni amministrative.
La procedura di ingiunzione fiscale presenta un vantaggio per il creditore che, in caso di omesso o
insufficiente pagamento del tributo nei tempi di legge, può emettere subito l’ingiunzione fiscale,
senza attendere i tempi tecnici per la formazione dei ruoli, la trasmissione degli stessi all’Agente
della riscossione, e l’emissione (e la notifica) della cartella di pagamento.
L’ingiunzione fiscale, dunque, rispetto alla procedura di riscossione tramite ruolo, offre dei tempi
molto più veloci, in quanto, decorsi 30 giorni dalla notifica dell’ingiunzione fiscale senza che venga
effettuato il pagamento, vengono direttamente avviate le procedure di riscossione coattiva.
Optando per la procedura dell’ingiunzione fiscale, gli Enti locali potranno scegliere tra due diverse
possibilità di riscossione:
-diretta: l’Ente locale emette l’ingiunzione fiscale servendosi della propria struttura organizzativa
interna (può affidare all’esterno il solo servizio di consulenza, rimanendo il potere di riscossione
unicamente in capo all’Ente),
-affidata a terzi in concessione: in tali casi la riscossione può essere affidata dal Comune, ex art. 52,
D.Lgs. 446/1997, a soggetti iscritti nell’apposito Albo, a operatori degli Stati membri stabiliti in un
Paese dell’Unione europea, che esercitano le attività di riscossione, alle società in house, a capitale
pubblico e a società miste.
È opportuno, a questo punto, procedere ad una breve analisi di ciascuna delle predette possibilità.
Gestione diretta dell’ingiunzione fiscale
Tale forma di gestione consente, almeno in via teorica, all’Ente comunale di provvedere in via
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autonoma e diretta alla riscossione coattiva delle entrate tramite ingiunzione fiscale, secondo il già
menzionato procedimento previsto e disciplinato dal R.D. 639/1910.
Il vero problema, in questo caso, consiste però nell’obbligo della presenza, nell’organico dell’Ente,
della figura del cosiddetto Funzionario della riscossione, previsto dalla lett. gg-sexies) del co. 2, art.
7, D.L. 70/2011, nella quale si legge «ai fini di cui alla lettera gg-quater), numero 1), il sindaco o il
legale rappresentante della società nomina uno o più funzionari responsabili della riscossione, i quali
esercitano le funzioni demandate agli ufficiali della riscossione nonché quelle già attribuite al
segretario comunale dall'articolo 11 del testo unico di cui al regio decreto 14 aprile 1910, n. 639. I
funzionari responsabili sono nominati fra persone la cui idoneità allo svolgimento delle predette
funzioni è accertata ai sensi dell'articolo 42 del decreto legislativo 13 aprile 1999, n. 112, e successive
modificazioni».
Tale figura professionale (ufficiale di riscossione), introdotta quale necessaria dalla L. 265/2002 e
confermata, appunto, dal D.L. 70/2011, risulta di difficile reperimento non solo negli organici degli
enti, ma anche all’esterno.
I motivi di tale difficoltà vanno ricercati innanzitutto nel mancato svolgimento, negli anni, di concorsi
pubblici per ottenere l’abilitazione richiesta dall’art. 42, D.Lgs. 112/1999. Con il regolamento da
emanare ai sensi dell'art. 17, co. 2, L. 23.8.1988, n. 400, previsto dall’art. 31, L. 8.5.1998, n. 146,
sono state stabilite le nuove regole per lo svolgimento degli esami di abilitazione, in sostituzione di
quelle previste dalla L. 11.1.1951, n. 56; tale abilitazione era, infatti, necessaria per poter lavorare
nelle esattorie di allora. Con il D.L. 30.9.2005, n. 203, conv. con modif. dalla L. 2.12.2005, n. 248,
tale abilitazione divenne facoltativa e non più richiesta, ragione per cui non vennero banditi quasi più
esami di abilitazione. I pochi che oggi la possiedono sono quasi tutti già organici ad Equitalia o altri
agenti della riscossione.
La figura dell'ufficiale di riscossione abilitato è divenuta però indispensabile all’Ente che decide di
riscuotere in proprio i tributi. La nomina di un funzionario non abilitato potrebbe cagionare
l’annullamento di tutti gli atti dallo stesso emessi e sottoscritti, cioè le ingiunzioni fiscali, e tutti i
successivi atti cautelari e di recupero coattivo del credito: fermi amministrativi, pignoramenti diretti
e presso terzi, iscrizioni ipotecarie, ecc.
Per quanto appena detto, la via della gestione diretta dell’esecuzione forzata tramite ingiunzione di
pagamento, da parte di Enti sprovvisti della figura di un ufficiale della Riscossione abilitato, potrebbe
presentare il concreto rischio di inesigibilità dei tributi.
L’Ente locale che nel proprio organico non ha la menzionata figura può comunque incaricare di tale
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funzione un soggetto esterno abilitato (che può tranquillamente svolgere la sua funzione in molteplici
Enti).
Gestione esternalizzata dell’ingiunzione fiscale
L’art. 52, co. 5, lett. b), D.Lgs. 446/1997, come modificato dalla L. 244/2007, così statuisce in
proposito: «b) qualora sia deliberato di affidare a terzi, anche disgiuntamente, l'accertamento e la
riscossione dei tributi e di tutte le entrate, le relative attività sono affidate, nel rispetto della
normativa dell'Unione europea e delle procedure vigenti in materia di affidamento della gestione dei
servizi pubblici locali, a:
1) i soggetti iscritti nell'albo di cui all'articolo 53, comma 1;
2) gli operatori degli Stati membri stabiliti in un Paese dell'Unione europea che esercitano le
menzionate attività, i quali devono presentare una certificazione rilasciata dalla competente autorità
del loro Stato di stabilimento dalla quale deve risultare la sussistenza di requisiti equivalenti a quelli
previsti dalla normativa italiana di settore;
3) la società a capitale interamente pubblico, di cui all'articolo 113, comma 5, lettera c), del testo
unico di cui al decreto legislativo 18 agosto 2000, n. 267, e successive modificazioni, mediante
convenzione, a condizione: che l'ente titolare del capitale sociale eserciti sulla società un controllo
analogo a quello esercitato sui propri servizi; che la società realizzi la parte più importante della
propria attività con l'ente che la controlla; che svolga la propria attività solo nell'ambito territoriale
di pertinenza dell'ente che la controlla;
4) le società di cui all'articolo 113, comma 5, lettera b), del citato testo unico di cui al decreto
legislativo n. 267 del 2000, iscritte nell'albo di cui all'articolo 53, comma 1, del presente decreto, i
cui soci privati siano scelti, nel rispetto della disciplina e dei principi comunitari, tra i soggetti di cui
ai numeri 1) e 2) della presente lettera, a condizione che l'affidamento dei servizi di accertamento e
di riscossione dei tributi e delle entrate avvenga sulla base di procedure ad evidenza pubblica».
Rispetto alla formulazione precedente, dunque, la L. 244/2007 ha esteso la possibilità di affidamento
anche agli operatori degli Stati membri, per i quali non è necessaria l’iscrizione all’Albo ma è
sufficiente una certificazione che attesti la presenza dei necessari requisiti richiesti dalla legge.
Oltre alle società iscritte all’Albo e agli operatori degli Stati membri, l’attività di riscossione
esternalizzata può essere affidata a società a totale partecipazione pubblica, altrimenti definite
società in house, nonché a società a carattere misto, sia pubblico che privato.
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Da quanto finora esposto, risulta evidente come il sistema di riscossione coattiva attualmente vigente
nel nostro Paese per quanto riguarda gli Enti locali sia poco chiaro e comunque mutevole.
In una prospettiva de iure condendo ci si augura che il Legislatore possa una volta per tutte fare
chiarezza su tale spinosa tematica, in modo da rendere più semplice il recupero delle entrate per gli
Enti locali, già gravati da innumerevoli costi.
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Enti locali
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La pianificazione del territorio alla scala ampia-sovracomunale: le aree
produttive ecologicamente attrezzate
Oliviero Tronconi, Il Sole 24 ORE - InDettaglio, Edizione 12/2015
Pianificare e gestire il territorio alla scala ampia-sovracomunale non è impresa facile nel nostro paese,
ne danno ampia testimonianze il fallimento delle ipotesi-proposte di istituzione delle cosiddette aree
metropolitane e più in generale le difficoltà connesse all’attuazione, in termini di capacità di sviluppo
del territorio, espressa dagli strumenti di governo del territorio alla scala provinciale. Tentativi ne
sono stati fatti molti, ma i risultati ottenuti sono ancora pochi. Tra i risultati ottenuti spicca come
esemplare l’esperienza compiuta della Regione Emilia-Romagna sul tema decisamente innovativo
delle “Aree produttive ecologicamente Attrezzate” (APEA).
La prima indicazione normativa nel merito delle APEA è contenuto nell’art. 26 del D.Lgs. 112/98 nel
quale si prevede che le regioni e le province autonome possono disciplinare, con proprie leggi, le
aree industriali e le aree ecologicamente attrezzate, dotate delle infrastrutture e dei sistemi necessari
a garantire la tutela della salute, della sicurezza e dell’ambiente; sono inoltre tenute a regolare le
forme di gestione unitaria delle infrastrutture e dei servizi delle aree ecologicamente attrezzate da
parte di soggetti pubblici o privati.
La regione Emilia-Romagna con la L.R. 20/2000 è intervenuta, nel campo della disciplina delle
trasformazioni e dell’uso del suolo, normando (art. A-14) più precisamente gli ambiti denominati
“aree industriali ecologicamente attrezzate” e prevedendo l’emanazione di uno specifico atto di
coordinamento tecnico per specificarne le caratteristiche.
In particolare questo atto, approvato dalla regione Emilia-Romagna nel 2007, definisce gli obiettivi
prestazionali delle aree ecologicamente attrezzate, che si caratterizzano per una qualità ambientale
superiore agli standard abituali, e prevede per le APEA particolari accorgimenti infrastrutturali e
gestionali in un sistema unitario e di qualità al fine di garantire elevate prestazioni ambientali nei
seguenti settori:
- salubrità e igiene dei luoghi di lavoro;
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- prevenzione e riduzione dell’inquinamento dell’aria, dell’acqua e del terreno;
- smaltimento e recupero dei rifiuti;
- trattamento delle acque reflue;
- contenimento del consumo dell’energia e suo utilizzo efficace;
- prevenzione, controllo e gestione dei rischi di incidenti rilevanti;
- adeguata e razionale accessibilità delle persone e delle merci.
La provincia di Ferrara tra le prime in Italia si è da subito impegnata per l’individuazione delle aree
territoriali produttive più idonee per la realizzazione di APEA.
A svolgere tutte le attività istruttorie è stata chiamata dalla provincia di Ferrara SIPRO l’agenzia
provinciale per lo sviluppo, che ha condotto un’approfondita ricognizione che ha consentito la
formulazione del Piano Provinciale delle Aree candidate a divenire APEA.
SIPRO ha realizzato un’analisi dettagliata su ogni aspetto del sistema produttivo nel territorio
provinciale, evidenziando le caratteristiche e le peculiarità di ogni area censita. L’elaborazione dei
dati raccolti, ha portato all’individuazione di 7 ambiti produttivi candidabili alla conversione in aree
ecologicamente attrezzate.
La provincia di Ferrara ha successivamente selezionato 3 aree industriali ed artigianali su cui
concentrare prioritariamente gli interventi di riqualificazione necessari ed opportuni per il
raggiungimento delle condizioni previste dalla normativa regionale.
I poli produttivi di rilievo provinciale più idonei sono stati individuati con delib. Giunta prov. n.
374/98787 del 25 novembre 2008 (documento di adeguamento al PTCP) e sono le aree di:
- S. Giovanni di Ostellato;
- Codigoro - Pomposa - Ponte Quagliotto;
- Argenta - Area S. Antonio - Ex Marini.
Per adeguare le tre aree individuate la provincia di Ferrara ha disposto importanti investimenti per
la sistemazione idraulica e gestione delle acque, per la realizzazione di impianti fotovoltaici in grado
di garantire una quota significativa di energia da fonti rinnovabili alle imprese che decideranno di
insediarsi in loco, nonché altre opere pubbliche come gli impianti di illuminazione e il potenziamento
delle strutture viarie.
L’ultimazione di tutti i lavori di adeguamento delle tre aree è previsto per la fine del 2015, mentre
per gli impianti fotovoltaici l’installazione, il collaudo e l’entrata in funzione era stata prevista per il
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mese di gennaio 2012.
Caratteristiche ambientali delle aree produttive ecologicamente attrezzate
Fermo restando il rispetto dei limiti e degli standard ambientali previsti dalle vigenti disposizioni
europee, nazionali e regionali, nelle aree ecologicamente attrezzate secondo le indicazioni della
regione Emilia-Romagna (approvazione atto di indirizzo in merito alla realizzazione delle APEA, prot.
118 del 13 giugno 2007), dovranno essere perseguiti i seguenti obiettivi:
a. devono essere prese le opportune misure di prevenzione dell’inquinamento, applicando (nei casi
previsti dalla direttiva 96/61/CE) le migliori tecniche disponibili;
b. non si devono verificare fenomeni di inquinamento significativi;
c. deve essere evitata la produzione di rifiuti, a norma della direttiva 75/442/Cee del Consiglio del
15 luglio 1975 e del D.Lgs. 152 del 3 aprile 2006; in caso contrario, i rifiuti sono recuperati, o, se ciò
sia tecnicamente ed economicamente impossibile, sono eliminati evitandone riducendone l’impatto
sull’ambiente;
d. l’energia deve essere utilizzata in modo efficace;
e. devono essere prese le misure necessarie per prevenire gli incidenti e limitarne le conseguenze;
f. deve essere evitato qualsiasi rischio di inquinamento al momento della cessazione definitiva
dell’attività e il sito stesso ripristinato ai sensi della normativa vigente in materia di bonifiche e
ripristino ambientale.
Inoltre, nelle progettazioni unitarie delle aree ecologicamente attrezzate deve essere prestata
particolare attenzione alle seguenti tematiche:
- emissioni in atmosfera;
- progettazione dei fabbricati secondo i principi della bioarchitettura;
- tecniche di produzione pulite;
- emissioni acustiche;
- produzione di energia da fonti rinnovabili;
- emissioni elettromagnetiche.
Questi principi generali vanno perseguiti tramite la definizione di un programma ambientale
poliennale, che definisca le performances ambientali ottimali dell’area ecologicamente attrezzata e
delle singole imprese in essa insediate, da aggiornare periodicamente e da rendere disponibile nei
confronti sia delle Amministrazioni Pubbliche, sia delle associazioni, sia dei cittadini.
Al fine della predisposizione del Programma ambientale è necessario effettuare una Analisi
ambientale dell’area, delle sue attività, dei suoi prodotti e servizi.
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La concreta definizione delle caratteristiche dell’area ecologicamente attrezzata è operata dal piano
operativo comunale (POC). Questo strumento definisce, infatti, la puntuale localizzazione dell’Area e
tutti i parametri urbanistici ed edilizi nonché le prestazioni infrastrutturali che la stessa deve
presentare.
Per la trasformazione di un’area produttiva esistente in area ecologicamente attrezzata, andranno
considerate tutte le potenzialità di sviluppo sostenibile della stessa, e tener conto delle carenze
strutturali e gestionali esistenti, come per esempio l’obsolescenza degli impianti e delle infrastrutture
urbanistiche, di strutture e tecnologie, la frammentazione organizzativa, le scelte gestionali non
integrate ecc.
Per questo non è possibile equiparare integralmente le caratteristiche strutturali e gestionali di
un’area ecologicamente attrezzata “esistente”, rispetto alle aree ecologicamente attrezzate nuove.
Partendo da una situazione esistente, si dovrà intervenire migliorando progressivamente le dotazioni
e le prestazioni ambientali attuali dell’area, definendone il Programma ambientale in termini di un
miglioramento e riqualificazione progressivo, con l’obiettivo di avvicinare gradualmente le
caratteristiche e le performances ambientali dell’area agli standard di qualità richiesti per le aree
ecologicamente attrezzate.
Secondo le indicazioni regionali sarà opportuno che i piani comunali prevedano un contestuale
ampliamento dell’area produttiva esistente da trasformare in area ecologicamente attrezzata.
In tali ipotesi, fermo restando che l’adesione al Programma da parte delle imprese già insediate dovrà
avvenire comunque su base volontaria, i requisiti dei lotti di nuova realizzazione e le caratteristiche
dell’area esistente dovranno essere considerate in modo integrato, in modo che le seconde possano
trovare significativi miglioramenti derivanti dalle infrastrutture e dai servizi realizzati negli ambiti di
espansione. Allo stesso modo, la selezione delle nuove imprese da insediare potrà risultare essenziale
per consentire il raggiungimento di significativi livelli di efficienza energetica e produttiva, la chiusura
del ciclo dei rifiuti, la razionalizzazione dei sistemi logistici ecc.
La scelta della riqualificazione di un’area produttiva esistente tale da farle assumere i caratteri di
area ecologicamente attrezzata compete al comune interessato ed è effettuata attraverso il PSC.
Sin dalla fase di predisposizione di questo piano è opportuno che il comune avvii una negoziazione
con le imprese insediate, al fine di ricercare una condivisione di massima delle scelte generali di
riassetto dell’area e degli obiettivi generali di qualificazione della stessa.
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Semplificazioni amministrative e procedurali, agevolazioni e benefici economici
Nell’area ecologicamente attrezzata può individuarsi il luogo ideale per sviluppare sperimentalmente
nuovi modelli organizzativi e nuove modalità di interazione delle imprese con la Pubblica
amministrazione, creando un ambiente normativo ed amministrativo favorevole e semplificato
all’attività d’impresa. Ciò può essere realizzato mediante:
- l’individuazione di autorizzazioni che il soggetto responsabile della gestione dell’area può acquisire
sia direttamente senza il coinvolgimento delle imprese, sia unitariamente in sostituzione delle
richieste autorizzatorie delle singole imprese ivi insediate. Al riguardo, in pratica, lo sportello unico
può attivare procedimenti unici autorizzativi nei riguardi del responsabile della gestione dell’area,
evitando il successivo rilascio alle singole imprese, nel caso di autorizzazioni legate a scarichi e
approvvigionamento idrico o alla gestione dei rifiuti disciplinati dalla legislazione vigente;
- individuazione della possibilità di ottenere, in relazione alle dotazioni ambientali dell’area, una
autorizzazione univa anche attraverso l’elaborazione di un regolamento ambientale per l’utilizzo delle
infrastrutture da parte delle imprese;
- la standardizzazione e la semplificazione delle procedure di costituzione e di insediamento delle
imprese nell’area produttiva, prevenendo ipotesi di agevolazione delle imprese nell’ottenimento delle
autorizzazioni, in sede di rilascio e in sede di rinnovo:
- l’accelerazione dell’iter amministrativo, anche tramite la semplificazione delle prassi amministrative
degli enti, e in considerazione delle certificazioni di qualità già in possesso delle imprese insediate
nell’area;
- il favorire il più ampio ricorso, nei casi previsti dalla normativa vigente, all’autocertificazione circa
il possesso di requisiti delle imprese insediate nell’area.
In particolare, per le aree ecologicamente attrezzate di nuova istituzione, la L.R. 9/1999 sulla
valutazione di impatto ambientale prevede, all’art. 4, comma 6, che le soglie dimensionali delle
attività produttive siano incrementate del 30% qualora i progetti siano localizzati nelle aree industriali
ecologicamente attrezzate.
Per le aree ecologicamente attrezzate derivanti dalla trasformazione di aree produttive esistenti, la
medesima L.R. 9/1999 prevede, all’art. 4, comma 7, che le soglie dimensionali delle attività
produttive siano incrementate del 20% qualora i progetti siano insediati in aree industriali esistenti
dotate delle infrastrutture e degli impianti tecnologici e sistemi necessari a garantire la tutela della
salute, della sicurezza e dell’ambiente.
La legge nazionale prevede, comunque, che possano essere introdotti ulteriori benefici a favore delle
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aree ecologicamente attrezzate. Si può così ipotizzare la previsione di forme di riduzione dei
contributi di costruzione dovuti ovvero di incentivi urbanistico-edilizi (premi in volumetrie e
riconoscimento di destinazioni d’uso ammissibili, permute ecc.).
Le aree ecologicamente attrezzate potranno essere destinate dell’erogazione di appositi contributi
pubblici, ovvero aver riconosciuta una priorità in bandi pubblici diretti a promuovere insediamenti
produttivi di qualità, conversioni industriali, ammodernamenti tecnologici ecc.
In particolare, la regione, tramite gli interventi previsti dalle proprie leggi regionali e dai propri
documenti di programmazione, promuove la realizzazione delle aree ecologicamente attrezzate
anche tramite la concessione di benefici economici a favore degli enti locali che ne prevedano la
realizzazione nonché a favore delle imprese insediate o che intendano insediarsi in tali aree e
rispettare il programma ambientale per esse definito.
La regione, in particolare, durante il primo periodo di sperimentazione, fissato in 5 anni, segue le
esperienze di formazione ed attuazione delle aree e ne verifica il concreto sviluppo, al fine di trarre
elementi utili per la predisposizione di proposte di modifica o integrazione del presente atto di
indirizzo e di coordinamento tecnico. In particolare, il monitoraggio delle esperienze potrà essere
essenziale per l’individuazione di ulteriori profili di semplificazione procedurale delle modalità
gestionali delle aree.
I criteri e le priorità per il finanziamento delle Apea della regione Emilia Romagna
Secondo la procedura definita dalla regione Emilia Romagna (delib. giunta reg. n. 1701 del 20 ottobre
2008) le aree candidabili al finanziamento per divenire APEA devono essere individuate:
- nell’ambito dei piani territoriali di coordinamento provinciale (PTCP);
- nell’ambito dei piani strutturali comunali (PSC), adottati dai comuni in forma singola o in forma
associata;
- nell’ambito degli accordi tra Enti territoriali.
Successivamente le province interessate potranno presentare alla regione un documento/progetto
contenente:
- l’elenco delle aree individuate ritenute strategiche;
- i programmi di investimento definiti dai soggetti proponenti con particolare attenzione:
alla prevenzione e riduzione degli impatti ambientali;
alla riduzione e riciclo dei rifiuti;
all’assetto razionale della mobilità interna delle persone e delle merci;
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alle connessioni con le vie di comunicazione più strategiche;
al contenimento dei consumi energetici e alle misure di efficienza energetica;
allo sviluppo di sistemi di produzione di energia alimentati da fonti rinnovabili e/o da impianti
di cogenerazione, trigenerazione e quadrigenerazione ad alto rendimento;
allo sviluppo delle reti telematiche;
allo sviluppo di sistemi in grado di garantire una adeguata e razionale accessibilità all’area e di
conseguire cambiamenti rilevanti a favore delle modalità di trasporto meno energivore e inquinanti;
alla riduzione delle emissioni di gas serra.
Per ogni area candidata al finanziamento regionale il documento/progetto delle province dovrà
contenere:
1. Il quadro conoscitivo dell’area:
- ubicazione dell’area e la sua denominazione;
- tipologia (nuova/esistente) dell’area;
- dimensione complessiva dell’area e della superficie interessata agli interventi;
- natura delle attività produttive prevalenti;
- proprietari dell’area;
- infrastrutture a rete esistenti (energia, trasporti, telematica, ciclo dell’acqua e dei rifiuti, dotazioni
ecologico ambientali ecc.) e le loro eventuali criticità;
- servizi pubblici o di interesse collettivo operanti nell’area;
- caratteristiche degli impatti e delle interazioni significative dell’area nel contesto territoriale
circostante.
2. Il quadro programmatico degli interventi nel quale si evidenzi la loro conformità alle previsioni
degli strumenti di pianificazione territoriale vigenti. In particolare, per gli aspetti energetici si dovrà
documentare come gli interventi previsti siano in grado di ottenere:
- la riduzione dell’intensità energetica;
- la predisposizione di standard prestazionali e sistemi di certificazione energetica di area;
- l’aumento della qualità, flessibilità e sicurezza del sistema energetico locale attraverso lo sviluppo
della generazione distribuita, dei sistemi di stoccaggio, della domanda interrompibile e la
valorizzazione delle risorse locali anche marginali;
- la riduzione delle perdite di rete;
- la programmazione di servizi di Energy Management e di gestione della qualità ambientale;
- la riduzione del consumo di benzina e gasolio per autotrazione con carburanti, mezzi e sistemi di
trasporto a basso impatto ambientale e ridotte emissioni di gas serra;
- la previsione della copertura, nei vari orizzonti temporali, della domanda di potenza elettrica locale,
attraverso interventi di miglioramento della efficienza energetica, lo sviluppo della autoproduzione e
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di sistemi intelligenti di rete.
3. Il quadro di riferimento progettuale dovrà evidenziare:
- caratterizzazione, dimensionamento, localizzazione degli interventi;
- rilevanza degli obiettivi conseguiti con la realizzazione degli interventi;
- livelli prestazionali degli interventi.
4. Il quadro di sintesi degli interventi ritenuti prioritari:
- interventi da realizzare prioritariamente, con indicazione sintetica delle ragioni delle scelte a fronte
delle alternative possibili;
- obiettivi conseguibili con la realizzazione degli interventi prioritari in termini di protezione
ambientale, sostenibilità energetica, contenuti urbanistico-territoriali di qualità, sviluppo di
infrastrutture e servizi di interesse collettivo;
- possibili impatti significativi sull’ambiente e il territorio connessi alla attuazione degli interventi
prioritari;
- misure previste per impedire o mitigare i possibili impatti negativi;
- misure previste per il monitoraggio e la valutazione sistematica delle prestazioni del pianoprogramma e degli interventi prioritari;
- modalità e tempi di realizzazione degli interventi prioritari;
- quadro economico-finanziario degli interventi, compresa la possibilità d’accesso a incentivi,
provvidenze, meccanismi di sostegno pubblico comunque denominati;
- voci di spesa finanziabili per ciascun intervento.
In base alla deli. Reg. n. 1701/2008 risultano prioritariamente finanziabili (tramite le risorse
finanziarie del POR Fesr 2007-2013 e del bilancio regionale) gli interventi aventi come obiettivo la
sostenibilità energetica delle aree tra cui vengono citate a titolo esemplificativo:
- le piattaforme energetiche a fonti rinnovabili, intese come sistema costituito da uno o più impianti
di generazione elettrica alimentati da fonti rinnovabili, anche in assetto cogenerativo;
- i sistemi a rete per il riscaldamento e il raffrescamento degli edifici, per la produzione e la fornitura
di aria compressa, freddo tecnologico e altre forme di energia, a servizio dell’area;
- gli impianti di cogenerazione, trigenerazione e quadrigenerazione ad alto rendimento a servizio
dell’area;
- i sistemi di illuminazione ad alto rendimento delle aree esterne e delle parti comuni;
- i sistemi di telecontrollo e telegestione degli impianti e delle reti di interesse collettivo.
Sulla base delle proposte presentate e della relativa documentazione la Regione formulerà una
valutazione e approverà il piano regionale degli interventi finanziabili in relazione alla cantierabilità
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e all’efficacia energetico-ambientale delle proposte.
Seguirà la stipula tra la regione, le province e i soggetti attuatori delle convenzioni per la realizzazione
delle opere finanziate.
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Ambiente
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Impianti biomasse: sì al risarcimento all'impresa se la Pa autorizza in
ritardo
Giovanni Nicodemo, Antonio Nicodemo, Il Sole 24 ORE - Ambiente24, 10 dicembre 2015
L’amministrazione che ingiustificatamente si oppone e ritarda nel rilasciare l’autorizzazione alla
realizzazione di un impianto per la produzione di energia alternativa deve risarcire il danno al
richiedente per i costi che quest’ultimo ha ingiustamente sostenuto proprio a causa dell’inutile e
illegittimo ostruzionismo che ha provocato la ritardata autorizzazione.
Il casus belli
La ricorrente chiede al giudice amministrativo il risarcimento del danno derivante dall’eccessivo
tempo impiegato dall’amministrazione nel rilasciare l’autorizzazione per la realizzazione di un
impianto a biomasse.
La causa risarcitoria è seguita al giudizio amministrativo intrapreso dalla stessa impresa per vedersi
riconoscere il diritto ad ottenere l’autorizzazione de qua.
Ciò in quanto il Comune con atti e comportamenti aggravava il procedimento autorizzatorio così non
adottando il provvedimento richiesto dall’impresa.
Sulla vicenda il Consiglio di Stato con sentenza n. 655 pronunciata dalla V sezione il 7 febbraio 2012,
ha accertato il diritto della ricorrente di vedere portato a compimento il procedimento di
autorizzazione a realizzare e a esercire la centrale a biomasse ordinando al Comune di rilasciare il
titolo edilizio all’uopo richiesto.
Sulla scorta del richiamato decisum il ricorrente ha intrapreso azione risarcitoria dinanzi al giudice
amministrativo.
La decisione del Tar Liguria
Il Tar Liguria, con la sentenza n. 933 del 20 novembre 2015, decidendo della questione si pronuncia
su ognuno degli elementi della fattispecie risarcitoria.
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Il giudice amministrativo ligure stabilisce che i comportamenti ostruzionistici della Pa adottati in
palese violazione delle regole di imparzialità, di correttezza e di buona amministrazione alle quali
l'esercizio della funzione amministrativa deve ispirarsi, e, segnatamente, dei principi di economicità
ed efficacia dell’attività amministrativa di cui all’articolo 1 della Legge n. 241/1990, oltre che del
generale divieto di inutile aggravamento del procedimento sono fonte di danno per i privati
destinatari dei provvedimenti autorizzatori.
Nel caso di specie in particolar modo perché l’accertamento del diritto a realizzare e a esercitare la
centrale a biomasse è qualificato dallo stesso giudice amministrativo (Sentenza del Consiglio di Stato
Sezione V 7.2.1012 n. 655 cit.) come pieno ed incondizionato, nel senso che non residua, in capo al
Comune, alcun margine di esercizio della discrezionalità in vista del rilascio del titolo edilizio.
Il giudice amministrativo esclude la scusabilità dell’errore per l’esistenza di un contrasto
giurisprudenziale.
Il Comune aveva paventato il detto contrasto per il solo fatto che, in primo grado, il ricorso è stato
respinto, mentre il Consiglio di Stato, con la sentenza menzionata, accogliendo l’appello ha espresso
un’opinione diversa rispetto alla decisione del giudice di prime cure.
Spiega il Tar Liguria infatti che in punto di errore scusabile approvando il ragionamento offerto dal
Comune si dovrebbe concludere nel senso che il giudice amministrativo di appello non potrebbe mai
- ribaltando gli esiti della pronuncia di primo grado - affermare l'esistenza di un danno ingiusto,
poiché l'esistenza di una sentenza di primo grado di segno favorevole sortirebbe sempre e comunque
l'effetto di sterilizzare - nel senso del contrasto di giurisprudenza - la valenza della pronuncia di
appello, ciò che si porrebbe in contrasto con il canone della pienezza ed effettività della tutela
giurisdizionale di cui all'articolo 24 della Costituzione (in tal senso anche Consiglio di Stato, VI,
28.8.2013, n. 4310).
Sul nesso di causalità poi il giudice amministrativo spiega che la mancata, tempestiva realizzazione
dell’impianto – con la frustrazione dell’interesse legittimo pretensivo della Società ricorrente – è
dipesa unicamente dalle difficoltà e dagli ostacoli illegittimamente frapposti dal Comune alla
definizione del procedimento.
Quanto all’elemento soggettivo infine il giudice amministrativo ribadisce il consolidato principio in
virtù del quale è configurabile nel caso in cui l'adozione dell'atto o del comportamento illegittimo,
lesivo dell'interesse del danneggiato, sia avvenuta “in violazione delle regole di imparzialità, di
correttezza e di buona amministrazione alle quali l'esercizio della funzione amministrativa deve
ispirarsi” e che il giudice può valutare, in quanto si pongono come limiti esterni alla discrezionalità
(così Cassazione, Sezioni Unite, n. 500/1999).
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Ambiente
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Onere reale sulle aree da bonificare, serve la diffida del Comune al
proprietario
Massimiliano Atelli, Il Sole 24 ORE - Ambiente24, 9 dicembre 2015
Con la sentenza n. 5300 del 20 novembre 2015, la Sezione V del Consiglio di Stato, si è pronunciata
sulla costituzione, su un compendio immobiliare da bonificare di proprietà privata, dell’onere reale di
cui all’articolo 17 del Dlgs 22/1997. La norma dispone, fra l’altro, che gli interventi di messa in
sicurezza, bonifica e ripristino ambientale nonché la realizzazione delle eventuali misure di sicurezza
costituiscono onere reale sulle aree inquinate di cui ai commi 2 e 3.
La norma dispone, inoltre, che le spese sostenute per la messa in sicurezza, la bonifica ed il ripristino
ambientale delle aree inquinate nonché per la realizzazione delle eventuali misure di sicurezza, sono
assistite da privilegio speciale immobiliare sulle aree medesime, ai sensi e per gli effetti dell'articolo
2748, comma 2, Cc. Detto privilegio si può esercitare anche in pregiudizio dei diritti acquistati dai
terzi sull'immobile e le predette spese sono altresì assistite da privilegio generale mobiliare.
Come hanno specificato i giudici di Palazzo Spada, l’istituto dell’onere reale sulle aree inquinate,
introdotto per la prima volta nell’ordinamento dal Dlgs n. 22/97 e regolato dal Dm n. 471/99, è stato
reiterato dall’articolo 253 del Dlgs n. 152/2006, secondo il quale gli interventi di cui al presente titolo
costituiscono onere reale sui siti contaminati qualora effettuati d'ufficio dall'autorità competente;
l'onere reale viene iscritto a seguito della approvazione del progetto di bonifica e deve essere indicato
nel certificato di destinazione urbanistica.
Ad avviso della V Sezione, il Dlgs n. 152/2006 apporta significative e opportune modifiche che meglio
garantiscono il proprietario; in particolare, l’articolo 244, comma 3, in base al quale l’ordinanza con
la quale la Provincia diffida il responsabile dell’inquinamento a provvedere al fine di mettere in atto
gli interventi previsti dalla normativa sulle bonifiche deve essere notificata anche al proprietario del
sito.
La caratteristica dell’onere reale è, comunque, l’ambulatorietà passiva che accomuna l’istituto alla
obligatio propter remper il fatto che segue l’immobile, per cui chiunque subentri nel diritto reale
subentra anche negli obblighi connessi all’onere reale indipendentemente dal fatto che ne abbia
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avuto effettiva conoscenza; a tal fine è prevista la trascrizione dell’onere nei Registri immobiliari e
l’annotazione sul certificato di destinazione urbanistica.
In merito alla tipologia degli obblighi derivanti dall’onere reale, non è chiaro, aggiunge il giudice
amministrativo di appello, se consistono nell’obbligo di bonifica o nella mera garanzia – invero atipica
- per l’amministrazione di recupero delle spese sostenute per la bonifica, fermo restando che gli
obblighi scaturenti dalla costituzione dell’onere reale sono particolarmente gravosi per il proprietario
dell’area che potrebbe subire anche l’esproprio dell’area inquinata.
Di qui la conclusione che l’intera disciplina non può che essere di stretta interpretazione e non può
prescindere dalla rigida osservanza del procedimento dettato dal legislatore.
Ciò implica da un lato che vi sia certezza sullo stato di inquinamento del sito, dall’altro che sia
notificata al responsabile dell’inquinamento e al proprietario del sito interessato dall’inquinamento la
diffida a provvedere ad effettuare le opere di disinquinamento e di messa in sicurezza.
Tale diffida è onere procedimentale necessario a carico del Comune. E intimamente connessa alla
diffida è la situazione di “inerzia” del responsabile dell'inquinamento (o la sua mancata
individuazione) e/o l’inerzia del proprietario incolpevole o di eventuali altri soggetti interessati i quali
debbono provvedere tempestivamente agli adempimenti degli interventi necessari di messa in
sicurezza, di bonifica e ripristino ambientale. Solamente in caso di inerzia i suddetti provvedimenti
sono adottati dalla Regione o dal Comune.
Va da sé che l’obbligo di evocare correttamente i soggetti obbligati agli interventi di bonifica ed in
particolare il proprietario dell’area su cui ricade il vincolo deriva dalle conseguenze che l’accertamento
dell’inquinamento del sito comporta per il proprietario il quale, quand’anche non responsabile,
potrebbe ritenere utile di provvedere direttamente alla bonifica, se intende evitare le conseguenze
derivanti dai vincoli che gravano sull’area sub specie di onere reale e di privilegio speciale immobiliare
(Cons. Stato, Sez. VI, 5 settembre 2005, n. 4525).
Il caso
Nella specie, la società proprietaria di un’area chiedeva l’annullamento della deliberazione della
giunta comunale con la quale era stato costituito onere reale sul compendio immobiliare di sua
proprietà, e della relativa nota di trascrizione presso la Conservatoria dei Registri Immobiliari di
Cremona, nonché degli atti preordinati e connessi. Assumeva, allo scopo, di essere venuta a
conoscenza della costituzione dell’onere reale solo in occasione del rilascio del certificato di
destinazione urbanistica.
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Argomenti, spunti e considerazioni
La decisione del Consiglio di Stato persuade.
Tanto nella sua lucida disamina critica dei limiti della normativa di settore in tema di onere reale,
quanto nelle conclusioni che ne trae ovvero la necessità di considerare quest’ultima di stretta
interpretazione, considerate le ricadute che la stessa finisce per avere sulle aree da bonificare di
proprietà privata.
Per i Comuni appare preziosa soprattutto la sollecitazione a rispettare la sequenza procedimentale,
ruotante intorno al centro gravitazionale rappresentato dalla diffida al proprietario, quando questi,
pur incolpevole, resti inerte rispetto all’obbligo di provvedere tempestivamente agli adempimenti
degli interventi necessari di messa in sicurezza, di bonifica e ripristino ambientale.
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Edilizia
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Il permesso di costruire per mutamento di destinazione d'uso
Cristiana Trovò, Il Sole 24 ORE - Consulente Immobiliare, Edizione del 31 dicembre 2015, n. 989
pag. 2181-2182
Il Tribunale amministrativo regionale per il Lazio, Sez. I-quater, con la sent. n. 11216 dell'11
settembre 2015, si è pronunciato sulla questione avente a oggetto il mutamento di destinazione
d'uso e il permesso di costruire: non è sufficiente la DIA.
Il fatto
La sentenza in commento riguarda il ricorso contro l’ordine di demolizione di opere eseguite senza il
permesso di costruire. Le opere in questione sono relative a un locale soffitta.
Secondo la ricorrente, le opere sono consistite in riparazioni per infiltrazioni idriche provocate da un
lucernaio, sostituito con una finestra-abbaino a bocca di lupo, l’installazione di tegole in guaina
isolante e la sostituzione di travi in legno.
La ricorrente contesta che sia stata realizzata una sopraelevazione e che l’opera comprenda
l’installazione di impianti idrici, non essendo intenzione della ricorrente medesima destinare il bene
a uso abitativo.
Nel ricorso viene inoltre evidenziato che non sono state alterate le volumetrie e che pertanto non
sono stati realizzati abusi, ma solo interventi di restauro esterno e sistemazione del tetto fatiscente
e pericolante. Tali opere, finalizzate al risanamento conservativo di una soffitta risalente ai primi
dello scorso secolo, non sono soggette a permesso di costruire, essendo sufficiente la denuncia di
inizio di attività.
La sentenza tuttavia accerta che, oltre ai dichiarati interventi di sostituzione della copertura, sono
state eseguite anche una serie di opere sistematicamente volte a determinare un cambio di
destinazione d’uso da soffitta ad abitativo. Queste opere (fra le quali la posa di una rampa di scale
di accesso alla soffitta e una diversa distribuzione interna) comportano, anche singolarmente
considerate, un aumento volumetrico e la modifica della sagoma dell’edificio.
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Infine le opere impiantistiche realizzate sono idonee a modificare radicalmente la destinazione d’uso
della soffitta in locale abitabile, incidendo in modo determinate sul carico urbanistico.
La sentenza
Secondo i giudici, il ricorso è infondato.
Non costituiscono infatti opere di ristrutturazione quella parte di interventi edilizi realizzati in
difformità dalla DIA in assenza del prescritto permesso di costruire. Tali interventi hanno comportato
un maggiore ingombro a terra e una maggiore altezza al piano, con conseguente aumento di
volumetria.
Allo stesso modo non è inquadrabile nelle suddette opere di ristrutturazione la realizzazione
dell’abbaino munito di finestra sul tetto del fabbricato, in quanto, oltre a determinare un aumento di
volumetria, essa incide sulla sagoma dell'edificio e rientra quindi nella tipologia della ristrutturazione
con mutamento di sagoma, che è subordinata a permesso di costruire, secondo quanto dispone l'art.
10, comma 1, lett. c), del D.P.R. 380 del 6 giugno 2001.
Secondo i giudici, in materia edilizia, le opere interne e gli interventi di ristrutturazione urbanistica,
come anche quelli di manutenzione straordinaria, di restauro e di risanamento conservativo,
necessitano del preventivo rilascio del permesso di costruire ogni qual volta comportino mutamento
di destinazione d'uso tra due categorie funzionalmente autonome, mutamento d'uso che, nella
fattispecie, si deduce dalla realizzazione di opere tese a rendere abitabile uno spazio destinato a
soffitta.
Conclusivamente solo il cambio di destinazione d'uso fra categorie edilizie omogenee non necessita
di permesso di costruire. Quando invece il cambio di destinazione interviene tra categorie edilizie
funzionalmente autonome e non omogenee, si realizza una modificazione edilizia con effetti incidenti
sul carico urbanistico, che necessita il permesso di costruire.
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Casi pratici
 Lavoro&Professione
 MOBILITA’ TRA ENTI
D. Il Comune ha bandito un avviso pubblico per mobilità riservandolo ai dipendenti di ruolo di area
vasta, inquadrati nella Cat. C e con profilo professionale "Istruttore amministrativo". Nei termini è
pervenuta l'istanza di mobilità di una dipendente di Afol Metropolitana (azienda speciale consortile
della Città Metropolitana di Milano), con contratto Enti locali e inquadrata nella cat. C1. Si chiede se
il Comune può procedere con la suddetta mobilità.
---R. In relazione al quesito posto, si ritiene che, nel caso di specie, la mobilità tra enti non possa essere
operata, tenuto conto della natura dell’ente di destinazione. Il regime della mobilità volontaria,
infatti, per come disciplinato dall’articolo 30, comma 1, del Dlgs. n. 165/2001, è configurabile quale
cessione contrattuale effettuabile esclusivamente tra soggetti che possano giuridicamente qualificarsi
come “amministrazione pubblica” e non tra persone giuridiche di diritto privato. In tal senso depone
la predetta disposizione normativa che così dispone al riguardo: “1. Le amministrazioni possono
ricoprire posti vacanti in organico mediante passaggio diretto di dipendenti di cui all’articolo 2,
comma 2, appartenenti a una qualifica corrispondente e in servizio presso altre amministrazioni, che
facciano domanda di trasferimento, previo assenso dell’amministrazione di appartenenza”.
Come si vede, la cessione contrattuale tra enti appare legittimamente esperibile solamente laddove
il cedente ed il cessionario del contratto individuale di lavoro, ovvero i due soggetti datoriali, siano
qualificabili, alla stregua del vigente ordinamento giuridico, quali “amministrazioni pubbliche”,
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facoltà, quindi, il cui esercizio risulta escluso nei confronti dei soggetti datoriali, titolari del rapporto
di lavoro, che non rivestano tale qualificazione. La nozione di “amministrazione pubblica” cui la norma
in questione fa riferimento, infine, appare rinvenibile nel novero degli enti di cui all’articolo 1, comma
2, dello stesso Dlgs. n. 165/2001, il quale introduce la nozione in commento con riguardo esclusivo
ai seguenti enti: “2. Per amministrazioni pubbliche si intendono tutte le amministrazioni dello Stato,
ivi compresi gli istituti e scuole di ogni ordine e grado e le istituzioni educative, le aziende ed
amministrazioni dello Stato ad ordinamento autonomo, le Regioni, le Province, i Comuni, le Comunità
montane, e loro consorzi e associazioni, le istituzioni universitarie, gli Istituti autonomi case popolari,
le Camere di commercio, industria, artigianato e agricoltura e loro associazioni, tutti gli enti pubblici
non economici nazionali, regionali e locali, le amministrazioni, le aziende e gli enti del Servizio
sanitario nazionale, l’Agenzia per la rappresentanza negoziale delle pubbliche amministrazioni
(ARAN) e le Agenzie di cui al decreto legislativo 30 luglio 1999, n. 300. Fino alla revisione organica
della disciplina di settore, le disposizioni di cui al presente decreto continuano ad applicarsi anche al
CONI”.
Dalla richiamata individuazione, pertanto, restano escluse le aziende speciali, anche di tipo
consortile, delle amministrazioni locali, le quali, dunque, in virtù della carenza di qualificazione
soggettiva di “pubblica amministrazione”, non possono partecipare a forme di cessione contrattuale
che abbiano, come parte, un’amministrazione pubblica individuata ai sensi della riportata
prescrizione legislativa.
(Luca Tamassia, Il Sole 24 ORE – Quotidiano Enti Locali & Pa, 16 dicembre 2015)
 COMPONENTE UFFICIO DI STAFF “A TITOLO GRATUITO”
D. Può un Comune procedere alla nomina di un componente dell'Ufficio di staff del Sindaco ex articolo
90 del Tuel 267/2000, sulla base di un contratto di liberalità, ai sensi e per gli effetti dell'articolo 769
c.c., fattispecie prevista espressamente nel regolamento degli Uffici e dei servizi dell'ente, in virtù
del parere 81/2009 reso dal Consiglio delle Autonomie locali della Regione Sardegna?
---R. Al riguardo, acquisito in data 9 luglio 2015 il parere del dipartimento della Funzione pubblica, si
rammenta che il citato articolo 90 assegna al regolamento sull’ordinamento degli uffici e dei servizi
la facoltà di prevedere la costituzione di uffici di supporto agli organi di direzione politica, cosiddetti
uffici di staff. In base alla disciplina contenuta nei commi 1 e 2 di detto articolo i predetti uffici
possono essere composti da dipendenti dell’ente, ovvero, salvo che per gli enti dissestati o
strutturalmente deficitari, da collaboratori assunti con contratto a tempo determinato, i quali, se
dipendenti di una pubblica amministrazione, sono collocati in aspettativa senza assegni. Al personale
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assunto con contratto di lavoro subordinato a tempo determinato si applica il contratto collettivo
nazionale di lavoro del personale degli enti locali. Il rapporto contrattuale che può essere instaurato
dall’ente locale con i componenti degli uffici di staff è, quindi, per espressa previsione normativa,
quello del contratto di lavoro subordinato a tempo determinato, al quale si applicano integralmente
le norme del contratto nazionale di lavoro.
Suscita, pertanto, perplessità la stipula di contratti di liberalità ex articolo 769 c.c. per la nomina dei
componenti dei predetti Uffici, risultando tale modalità del tutto estranea al dato normativo e non
potendo il regolamento sull’ordinamento degli uffici e dei servizi dell’ente locale contenere norme
derogatorie alla disciplina di cui al citato art. 90.
Risulta condivisibile, quindi, l’orientamento della giurisdizione contabile formatosi in materia, che ha
escluso, per incompatibilità con il comma 2 dello stesso articolo 90, la possibilità di corrispondere al
personale degli uffici di staff il mero rimborso delle spese sostenute e debitamente documentate
nell’esercizio dell’attività lavorativa, con esclusione di qualsiasi compenso o retribuzione per l’attività
svolta (Cfr. SRC Campania n. 155/2014 PAR del 5 giugno 2014; SRC Calabria 395/2010).
Analogamente, è stato ritenuto non conforme alle disposizioni dell’articolo 90 il ricorso a contratti
atipici di lavoro caratterizzati da autonomia e gratuità, tenuto conto che il lavoro volontario e gratuito
risulta ammesso, come rilevato dalla sezione regionale di controllo della Campania con il menzionato
parere 155/2014, nei casi e alle condizioni stabilite dalla legge. In merito la medesima sezione ha
osservato che “l’inserimento di un soggetto nell’organizzazione pubblica, per quanto in strutture di
staff, non può non comportare la soggezione al potere di controllo e di indirizzo necessario alla
realizzazione delle finalità istituzionali, con le conseguenze di legge che si ricollegano all’instaurazione
ad un rapporto di servizio; per tale ragione, infatti, l’art. 90 TUEL prevede che il rapporto contrattuale
che può essere instaurato (…) è quello tipico del contratto di lavoro subordinato a tempo determinato
(…)”.
Né sembra possibile applicare alla fattispecie in esame la disposizione contenuta all’articolo 5, comma
9 del Dl 95/2012, convertito, con modificazioni, dalla legge 135/2012, come modificato dall’articolo
6, comma 1, del Dl 90/2014, che, nel prevedere, per le pubbliche amministrazioni, il divieto
dell’attribuzione di incarichi di studio e consulenza a soggetti già lavoratori pubblici o privati collocati
in quiescenza, nonché il divieto del conferimento ai medesimi soggetti di incarichi dirigenziali o
direttivi o in organi di governo delle medesime amministrazioni pubbliche, esclude gli incarichi e le
cariche conferiti a titolo gratuito. Tale disposizione va letta, infatti, nello specifico contesto normativo
in cui è inserita, con esclusivo riferimento ai possibili destinatari e alla tipologia di incarichi ivi
espressamente individuati. (Prot. n. 11767)
(Il Sole 24 ORE – Quotidiano Enti Locali & Pa, 11 dicembre 2015)
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 AZIENDA «SPECIALE», NO AL CONTRATTO ENTI LOCALI
D. La mia domanda riguarda un'azienda speciale multiservizi di un Comune, società partecipata ma
al 100% del Comune stesso. Se, attualmente, ai dipendenti vengono applicati i contratti collettivi
Federambiente, sarebbe possibile, per risparmiare, applicare a nuovi dipendenti da assumere,
contratti collettivi di enti locali? E quali, in particolare, vista la natura privatistica del rapporto tra
azienda partecipata e dipendenti?
---R. Non si ritiene possibile l’applicazione del Ccnl (contratto collettivo nazionale di lavoro) degli enti
locali all’azienda in questione, proprio per le ragioni indicate: infatti, trattandosi di rapporti di lavoro
caratterizzati dalla connotazione privatistica, va applicato un accordo collettivo che, nella propria
sfera di applicazione, non sia specificatamente riservato al personale della pubblica amministrazione.
Peraltro, anche ipotizzando – per assurdo – questa ipotesi, l’applicazione di diversi Ccnl nei confronti
degli stessi dipendenti appartenenti al complesso datoriale potrebbe avvenire solo qualora i medesimi
fossero adibiti a “unità” dell’azienda distinte e la cui attività richiedesse classificazioni contrattuali
collettive di comparti differenti.
(Ornella Lacqua e Alessandro Rota Porta, Il Sole 24 ORE – Esperto Risponde, 7 dicembre
2015)
 MODALITA’ DI CALCOLOPERMESSI EX ART. 33 C. 3 L.104/1992
D. Si chiede di conoscere il tipo di conteggio da applicarsi per il calcolo dei permessi L.104/1992
spettanti a due dipendenti comunali aventi il seguente orario di lavoro: dipendente A con orario di
lavoro settimanale di n.5,5 ore giornaliere: nel caso di fruizione giornaliera dei predetti permessi in
giornate da 5,5 ore (totale n.16,5) è ammissibile concedere n.1,5 ore di permesso (fruizione
frazionata) in altra giornata lavorativa oppure si devono considerare esauriti i n.3 giorni di permesso
spettanti mensilmente anche se non è stato superato il limite delle 18 ore mensili ex art.19 c.6 del
CCNL 06/07/1995? dipendente B con orario di lavoro settimanale di 6,5-7-5,5-7,5-5,5 ore: nel caso
di fruizione giornaliera dei predetti permessi sono concedibili n.3 giornate rispettivamente da 6,5-77,5 ore (totale n.21 ore) il cui debito orario superi complessivamente il tetto di 18 ore mensili ex
art.19 c.6 del CCNL 06/07/1995? Nel caso i due dipendenti dichiarano di fruire in modo misto (intere
giornate o permessi frazionati) dei predetti permessi come deve essere calcolato il contingente
massimo spettante mensilmente?
----
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R. Con riferimento al quesito posto, si forniscono le seguenti indicazioni. Dipendente A: in relazione
a tale prima casistica, si ritiene che, laddove la fruizione avvenga "a giornata", il numero delle ore di
prestazione che il dipendente sarebbe tenuto a rendere nelle singole giornate interessate dall'utilizzo
dell'istituto risulti del tutto irrilevante, per cui la fruizione dell'istituto "a giorni" deve intendersi
esaurita a prescindere ed indipendentemente dalla circostanza per la quale le ore convenzionali (18
ore mensili) non siano state concretamente impiegate, nella loro totalità, nell'applicazione del
beneficio. Dipendente B: in tale ipotesi, trattandosi di utilizzo dell'istituto "a giorni", la fruizione delle
tre giornate di permesso ben potrebbe determinare, in concreto, il superamento complessivo delle
18 ore convenzionali stabilite dal vigente CCNL. La fruizione giornaliera del beneficio, infatti, risulta
del tutto indipendente dall'entità delle ore di assenza che tale impiego genera, la quale, infatti,
potrebbe risultare superiore o inferiore (come nel caso precedente) al monte ore convenzionale
determinato dall'art. 19, comma 6, del CCNL 6.7.1995. Nell'ipotesi di impiego misto dell'istituto nello
stesso mese di fruizione (a giorni e ad ore), si ritiene che debba essere rispettato il monte ore
convenzionale stabilito dal CCNL (18 ore) per il godimento del beneficio in modo orario, ed il numero
massimo dei giorni concedibile ai sensi dell'art. 33, comma 3, delle legge n. 104/1992 e s.m.i., per
le fruizioni giornaliere. Le due diverse modalità di utilizzo, in ogni caso, non si sommano al fine di
determinare il monte ore di impiego orario o il numero massimo di giornate di impiego, trattandosi
di utilizzo con modalità disomogenee nell'ambito del medesimo periodo mensile.
(Luca Tamassia, Il Sole 24 ORE – Pubblica Amministrazione24 Risponde, 27 novembre
2015)
 Enti locali
 L'AFFIDAMENTO IN HOUSE DELLA GESTIONE DEI RIFIUTI
D. L'articolo 3 dello Statuto recita: «La società, ad esclusivo e totale capitale pubblico, è finalizzata
prevalentemente, e compatibilmente con le direttive e le norme tempo per tempo vigenti, alla
gestione dei servizi di interesse pubblico, sotto elencati, dei soggetti pubblici... ». Può questa società,
con tale limitazione, avere in affidamento la gestione appaltante di un impianto di trattamento rifiuti
che sarà a servizio di dieci comuni? Si precisa che la società è a totale partecipazione di un solo
comune.
----R. Trattasi, nella fattispecie, del cosiddetto affidamento in house di un servizio di interesse pubblico.
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Il riferimento, dopo vari interventi normativi di segno ondivago, è tornato ad essere – a seguito della
sentenza della Corte costituzionale n. 119/2012 – quello della normativa europea, che, per l’appunto,
consente il citato affidamento esclusivamente a società a capitale interamente pubblico, purché
svolga la quota prevalente della propria attività con l’ente affidante il quale, a sua volta, deve
esercitare su questa un controllo analogo a quello assicurato dai propri uffici. Allo scopo di garantire
il rispetto delle norme Ue, secondo le indicazioni della Corte, l’articolo 34, legge 221/2012 (di
conversione del Dl 179/12) è poi intervenuto sulla disciplina dei servizi pubblici locali di rilevanza
economica. Detta norma, in particolare, ha statuito che l'affidamento del servizio deve essere
realizzato sulla base di apposita relazione, pubblicata sul sito internet dell'ente affidante, che indichi
le ragioni e l’esistenza dei requisiti previsti dall'ordinamento europeo per la forma di affidamento
scelta e chiarisca i contenuti specifici degli obblighi di servizio pubblico e servizio universale,
precisando le compensazioni economiche, se previste (comma 20, articolo 34 citato). In linea
generale, le società pubbliche “in house”, partecipate da amministrazioni comunali, nonchè
affidatarie dirette di servizi, devono operare solo con gli enti partecipanti o affidanti, ma è loro
precluso di prestare attività a favore di altri soggetti pubblici o privati. Ciò allo scopo di evitare
alterazioni o distorsioni della concorrenza e del mercato e di assicurare la parità degli operatori nel
territorio nazionale. In altri termini, per evitare che nel mercato si creino – squilibrando a priori le
corrette condizioni competitive – surrettizie posizioni di giuridico privilegio delle società pubbliche
rispetto a quelle private. Tuttavia, per il Consiglio di Stato (sentenza n. 2362/2014), il menzionato
divieto non si estende ai servizi pubblici locali per i quali le società sono state costituite, come nel
caso che qui ci occupa. Di conseguenza, i predetti servizi possono essere svolti anche a favore di
soggetti diversi da quelli “costituenti, partecipanti o affidanti”, purché si tratti di soggetti erogatori
degli stessi, quali sono, appunto, i Comuni (stessa sentenza citata), proprio come nel caso in esame.
Una lettura siffatta, sebbene non perfettamente coincidente con la lettera della norma “limitatrice”,
ha però il merito di rendere maggiormente coerente e razionale il complessivo quadro normativo di
riferimento, in particolare, avuto principalmente riguardo alla scelta del legislatore – sempre più
accentuata negli anni – di individuare ambiti ottimali di gestione (Ato) dei pubblici servizi (sia quelli
di igiene urbana, sia quelli idrici integrati), di talché essa appare condivisibile proprio sul piano
sistematico.
(Mario Maceroni, Il Sole 24 Ore – L’Esperto Risponde, 14 dicembre 2015)
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