La presenza delle donne
nei processi decisionali
Breve exursus storico
Una analisi della situazione italiana
A cura della dr.ssa Gabriella Cantore
Il nostro percorso….
Il tema della presenza femminile all’interno dei processi decisionali
è complesso e articolato. Per comprenderlo faremo una analisi
della rappresentazione partendo da livello più generale (il
parlamento e il governo) per arrivare a livello locale (le
amministrazioni regionali e
la pubblica amministrazione in generale).
L’analisi metterà in evidenza che non si tratta solo di una
“questione di numeri” ma anche e soprattutto di qualità degli
incarichi affidati che ci spinge ad affermare per le donne, negli
anni 2000 in Italia, il soffitto di cristallo (invisibile ma solido) è
ancora una realtà di fatto
I processi decisionali si caratterizzano storicamente come processi dalla
forte connotazione maschile;
gli uomini hanno rivestito funzioni e ruoli di maggior potere e prestigio
sia nel ristretto ambito della famiglia, sia, e soprattutto,
nella partecipazione e amministrazione della cosa pubblica.
Questa sorta di ‘maschilismo istituzionale’ era una caratteristica
radicata, pervasiva e data per scontata.
Solo nel ventesimo secolo si comincia a prestare maggiore attenzione a tale
tendenza, e l’interesse nei confronti del ruolo politico e decisionale delle donne
acquisisce rilevanza pubblica [Lovenduski e Karam 2002]
.
Fonte: Francesca Fiori, Genere e processo decisionale in Italia, Dipartimento di Scienze Demografiche, Università ‘La Sapienza’ Roma
Genere e processo decisionale politico
Nonostante le battaglie e le campagne di sensibilizzazione che nel
corso del 900 hanno portato quasi ovunque dapprima
al suffragio universale (diritto di voto per tutti i cittadini), e poi al
riconoscimento anche per le donne del diritto all’elettorato passivo
(diritto di candidarsi), esiste ancora un
forte divario tra presenza maschile e femminile negli organi decisionali
del paese (parlamento, istituzioni, pubblica amministrazione)
Che tipo di analisi stiamo per fare…
Come: La valutazione non intende essere solo quantitativa
ma anche relativa a quali tipi di incarichi vengono ricoperti:
se essi siano in ambiti tipicamente maschili (‘productive’ o
‘hard’ sectors) e femminili (‘reproductive’ o ‘soft’ sectors).
Dove: gli ambiti di analisi saranno il potere politico e amministrativo
e le posizioni di vertice all’interno di organizzazioni di rappresentanza
quali partiti, organizzazioni sindacali, altre organizzazioni sociali.
Perché: la sottorappresentazione di una categoria maggioritaria di cittadini
costituisce il segno dei limiti della democrazia reale.
La composizione per sesso degli organi decisionali può esercitare un impatto
determinante sui programmi e sugli interventi attuati
Presenza femminile in parlamento
1946: le donne ottengono il diritto a candidarsi per le cariche
politiche e amministrative del paese
fino al 1976: la loro presenza oltre che discontinua è stata
anche poco significativa non superando mai il 5 % delle
candidate e ancor meno delle elette
1994: si registra il picco delle presenze femminili con
14.7% che però è destinata immediatamente a scendere al
10.6% nel 1996 e l’11.7% nel 2001
2006: nell’attuale parlamento le donne sono 108
su un totale di 630 (17,14%)
Quali le cause…
La sproporzione tra le percentuali maschili e femminili ha diverse cause:
•
la proporzione di elette è determinata a priori dalla proporzione delle
candidate nelle liste elettorali che, seppure sempre in crescita, ha difficilmente
superato il 15 per cento: se le donne sono escluse in partenza dalle competizioni
politiche… da qui il dibattito sulle “quote rosa”.
•
i partiti di sinistra si sono storicamente caratterizzati per una maggiore
rappresentatività del sesso femminile rispetto alla destra, grazie ad una maggiore
apertura culturale ma forse anche per esigenze pratiche di ampliamento del consenso
•
la crisi di tangentopoli ha ulteriormente allontanato i non addetti ai lavori
dalla politica, considerata troppo sporca e corrotta, tra questi molte donne
Presenza femminile nel governo
1976 per la prima volta una donna viene eletta
ministro: è Tina Anselmi che presiede il ministero
della Sanità durante tre governi Andreotti (76/78/79)
Dal 1976 fino ai primi anni novanta, soltanto altre tre donne
- Franca Falcucci alla Pubblica Istruzione, Rosa Russo Iervolino agli
Affari Sociali e Vincenza Bono Parrino ai Beni Culturali e Ambientaliabbiano ricoperto l’incarico di ministro.
Anni 90 -2000 La presenza femminile aumenta, in particolare durante i due
governi D’Alema, entrambi con sei donne ministro e una decina di
sottosegretarie. Ma scende nuovamente durante il governo Berlusconi, con due
sole donne ministro alle Pari Opportunità e all’Istruzione, Università e Ricerca
Scientifica
Il governo attualmente in carica, presieduto da Romano Prodi,
conta in totale 25 ministri di cui 6 sono donne
Rosi Bindi: Ministero Politiche per la famiglia
Livia Turco: Ministero Salute
Barbara Pollastrini: Ministero Diritti e Pari Opportunità
Giovanna Melandri: Ministero Politiche Giovanili e
attività sportive
Emma Bonino: Ministero Politiche Comunitarie e
commercio internazionale
Linda Lanzillotta Ministero Affari Regionali e
Autonomie locali
Cinque delle sei ministre sono senza portafoglio (anche se Emma Bonino
gestendo il Ministero degli Affari esteri ha in realtà "mezzo portafoglio")!
Diversi autori, nel teorizzare le caratteristiche della
partecipazione femminile al potere, osservano come vi sia:
• una marginalizzazione verticale, con un numero decrescente di
donne man mano che si salgono i gradini delle gerarchie di potere
• una marginalizzazione orizzontale, ‘funzionale’: la rappresentanza
femminile è di norma più alta nei ministeri con competenze sociali- i
ministeri della ‘riproduzione’: Pubblica Istruzione, Sanità, Affari Sociali -,
o al limite relativi alla legge e alla giustizia, mentre i ministeri con
competenze economiche o politiche – i ministeri della ‘produzione’- sono
solitamente e quasi esclusivamente in mani maschili.
Genere e processo decisionale
politico locale
Che tipo di analisi stiamo per fare..
Dove: diverse realtà regionali italiane, cercando di
confrontare il peso della componente femminile all’interno delle diverse
istituzioni locali.
Perché:
• il processo politico a livello locale può considerarsi come una sorta
di palestra, di allenamento, per chi aspira ad una carriera politica
• numerose questioni di notevole importanza per le donne, come le
politiche sociali di supporto all’attività di cura ai bambini e agli
anziani, sono decise e gestite a livello locale
• il livello locale rappresenta un’opportunità per fare politica nel
modo più congeniale perché è opinione condivisa che le donne
abbiano un approccio più finalizzato alla soluzione di questioni
tangibili e concrete.
La presenza femminile
negli enti locali. Anno
2001.
A livello locale emerge
un quadro meno
desolante rispetto al
nazionale,
con punte di presenza
femminile pari al 25% in
taluni contesti, ed inoltre
un andamento temporale
generalmente positivo
Genere e alta dirigenza
della Pubblica Amministrazione
Cosa si intende per pubblica amministrazione
I dati qui presentati si riferiscono all’analisi della situazione entro Ministeri,
Aziende autonome, Scuola, Corpi di Polizia, Forze armate, Magistratura, carriera
diplomatica, carriera prefettizia, Enti Pubblici non economici, Università, Regioni
ed enti locali, Segretari comunali, Servizio Sanitario Nazionale, enti di ricerca.
Soltanto dal 1963, grazie ad una legge, “la donna può accedere a tutte
le cariche, professioni e impieghi pubblici, compresa la Magistratura, nei
vari luoghi, carriere e categorie, senza limitazioni di mansioni e di
svolgimento della carriera salvo i requisiti stabiliti dalla legge.” Tuttavia
bisognerà attendere circa vent’anni, prima che vi sia un bacino di
personale tale da permettere di selezionare donne per i livelli più alti.
Nel 2000, nella P.A., le donne erano circa il 50 per cento del
totale dei dipendenti e il 28 dei dirigenti.
Anche nei Ministeri le donne costituiscono circa la metà (47.7) dei
dipendenti, ma ancora una volta le percentuali diminuiscono
sensibilmente se ci si limita ad osservare l’alta dirigenza: 26.1%
fra i dirigenti ed un modesto 14.7% fra i dirigenti di prima fascia.
La magistratura: nel 2000 il 33.3 per cento dei magistrati di ogni
ordine e grado è donna.
Tuttavia la loro presenza non supera il 15 percento del totale dei
magistrati alla Corte dei Conti, al Consiglio di Stato/TAR, nella
Magistratura Militare.
I numeri e le percentuali peggiorano ulteriormente quando si considerino
gli incarichi direttivi e nessuna donna Presidente della Corte di
Cassazione, Procuratore Generale, Presidente aggiunto della Corte di
Cassazione, ed inoltre, nella Cassazione, e in Tribunale, solo il 7.6
percento delle cariche superiori è rivestito da donne.
Per il resto dei settori del Pubblico Impiego la situazione è
sostanzialmente identica: a fronte di una presenza femminile sul totale
dei dipendenti che oscilla tra il 30 e il 50 percento, le percentuali
di donne nell’alta dirigenza o in incarichi di responsabilità e prestigio
difficilmente supera il 20% e nella maggior parte dei casi si attesta
intorno al 10%
Anche più bassa è la presenza femminile nella Carriera Diplomatica –
nessuna donna ambasciatore, il 3.5 percento di ministri plenipotenziari
donna e il 10.7% sul totale del corpo diplomatico-, dai Corpi di Polizia e
dalle Forze Armate.
Le conclusioni
Nonostante gli ultimi trent’anni siano stati caratterizzati
da una continua crescita culturale e professionale delle donne
e dal loro progressivo ingresso negli organismi di rappresentanza
e nei luoghi in cui si esercita il potere,
le donne sono sotto-rappresentate a tutti i livelli del sistema politico,
sono quasi totalmente assenti dalle posizioni di dirigenza degli organismi
di interesse pubblico c
osi come dai vertici della Pubblica Amministrazione,
nonostante l’alta femminilizzazione del settore.
E’ chiaro che, se più della metà della popolazione non è rappresentato
nelle istituzioni, questo costituisce un problema assai grave per una
democrazia che si basa sulla rappresentanza.
Le decisioni che vengono prese per tutti, in realtà sono prese in
assenza di una parte, che è poi in realtà una maggioranza, i cui
bisogni, interessi, cultura e punti di vista sono differenti. Tale deficit di
democrazia si fa ancora più grave se si considera il ruolo sempre più
attivo delle donne nell’economia, nella società, nelle professioni.
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