DEL POPOLO
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6 • Martedì, 1 dicem
UN CAFFÈ CON... Licia Maglietta Pagina 2 / ANTEPRIMA I raccomandati Pagina 3 / LA RECENSIONE Tartufo /
Caracreatura / Italiani si nasce Pagine 4 - 5 / DRAMMA ITALIANO Brutta Pagine 6 - 7 / CARNET PALCOSCENICO
Il cartellone del mese Pagina 8
2 palcoscenico
UN CAFFÈ CON...
Licia Maglietta
Martedì, 1 dicembre 2009
Licia Maglietta
di Rossana Poletti
L
icia Maglietta non crede
che Moliere sia un po’ superato ai giorni nostri?
Anzi, credo che sia uno dei
testi più attuali che si possa immaginare, qualsiasi testo di Moliere lo è.
Il regista in questo spettacolo introduce una certa gestualità e l’uso di una cadenza napoletana, che rendono lo
spettacolo, soprattutto nel secondo tempo, alquanto particolare.
È la scelta che Carlo (il regista Cecchi, ndr) ha fatto per Dorina (la cameriera, ndr), di poter
utilizzare in qualche modo una
cadenza napoletana e anche la
sua gestualità popolare. Per ogni
personaggio costruisce una gestualità propria, attorno a quella
che ogni attore porta con sé.
Un approccio più fisico per
ciò che è ironia.
Sì, certo il lavoro che Cecchi
fa con gli attori sul piano fisico
è molto importante. L’attore non
è soltanto parola. Il corpo assieme alla parola costruisce il personaggio.
In questo testo i personaggi rilevanti sono femminili, figure che emergono prepotenti, con forte individualità, autonomia e con un’intelligenza
che spesso è più forte che in
tanti personaggi maschili, che
in tanti casi in Moliere fanno
la figura di perfetti imbecilli.
Per quanto riguarda le figure maschili, questo è uno dei più
bei testi scritti. I testi di Tartufo,
quanto quelli di Cleante, sono
forse il massimo di quanto si
sia ascoltato in una commedia,
ci sono duelli verbali tra Cleante
e Tartufo di grande intelligenza.
Tartufo è l’incarnazione di tutto
quanto c’è adesso nella politica,
tutto quello che passa nella religione, il parlare attraverso metafore religiose e anche politiche.
Ormone è il personaggio più
frastornato, quello che si lascia
irretire. Dall’altra parte ci sono
Dorina, nel primo tempo, ed Elmira nel secondo. Elmira è il regista di tutta la commedia, non
solo capisce assieme a Dorina
l’impostura e riesce a smascherare immediatamente Tartufo e
ad intuire quale potrebbe essere
la soluzione da adottare affinché
questo truffatore venga scoperto
nella famiglia. C’è da difendere
tutto, famiglia, patrimonio, tutto
ciò che loro posseggono.
Sono donne che, a differenza degli uomini, hanno la
grande arte di trovare la soluzione del problema senza passare per conflitti cruenti, sul
“filo del rasoio” trovano una
strada attraverso il dialogo e
lo smascheramento.
Questo vale soprattutto per
Elmira, perché Dorina è colei
che dice in faccia le cose, colei
che riconosce Tartufo in quanto ha il suo stesso stato sociale.
Elmira lo affronta con più intelligenza.
A lei sono cari questi personaggi femminili “morbidi”, mi
passi questa espressione. Morbidi nel senso che cercano una
Licia Maglietta nasce a Napoli nel 1954.
La sua carriera teatrale incomincia nei primi anni ’80 con il gruppo “Falso Movimento”
passando poi a quello dei “Teatri Uniti”. Lavora poi con Carlo Cecchi che la dirige ne “La
locandiera” (1993) e “Leonce e Lena” (1994),
per poi passare ad interpretare uno spettacolo tutto suo, “Delirio amoroso” (1995), nato
dall’incontro con la poetessa Alda Merini. Lo
spettacolo è un monologo sulla vita della poetessa, donna marchiata dall’esperienza del
manicomio, ed è una delle prove più significative dell’attrice napoletana. In seguito interpreta “Caligola” (1997) con la regia di Elio De
Capitani. Negli anni novanta passa al cinema
interpretando diversi film. Il successo le arriva prima con “L’amore molesto” (1995) diretto da Mario Martone, “Rumori di fondo” di
Claudio Camarca (1996) e “Le acrobate” di
Silvio Soldini (1997). Proprio con Silvio Soldini ha il maggior successo della sua carriera con “Pane e tulipani” (1999) con il quale
vince nel 2000 il premio David di Donatello
come miglior attrice protagonista. Dopo aver
interpretato alcuni film per la tv, torna al cinema con i film “Luna rossa” (2001) di An-
Siamo attori e il nostro
compito è quello
di affrontare e portare
al pubblico personaggi
molto diversi tra di loro,
indipendentemente
dai nostri gusti
tonio Capuano, “Agata e la tempesta” (2003)
di nuovo diretto da Silvio Soldini e “Nel mio
amore” (2004) di Susanna Tamaro. Nel 2007
la vediamo nuovamente in tv con il film in pillole “Viaggio in Italia” - una favola vera diretta da Genovese e Miniero e assieme ad Antonio Catania. Arriva quindi un nuovo debutto
a teatro in veste di attrice e regista. Una nuova tappa di un percorso che da qualche tempo
ne indirizza la ricerca sulle possibilità di incarnare sul palcoscenico figure femminili mediate dalla grande letteratura d’ogni tempo e
nazionalità. Donne scelte per la forza e l’intensità con cui le pagine ne restituiscono tratti e carattere, come nel caso di Borina, la protagonista della pièce intitolata “Manca solo la
domenica”, personaggio tratto da un racconto di Silvana Grasso, pubblicato da Einaudi
nel 2007 con il titolo “Pazza è la luna”. Oltre
a recitare e fare la regia la Maglietta ne cura
anche le scene. Sul palco si esibisce assieme
alla fisarmonica di Vladimir Denissenkov. Alterna a questo spettacolo la sua presenza nel
“Tartufo” di Moliere, nei panni di Elmira con
la regia di Carlo Cecchi, presentato anche al
Politeama di Trieste.
loro strada, una loro dignità senza fare “morti”. Come la protagonista di quel bellissimo suo
film che fu “Pane e tulipani”.
“Pane e Tulipani” l’ho interpretato dieci anni fa, dopo quello ho
fatto altre cose compreso l’ultimo
spettacolo che sto portando in giro
da un anno, in cui il personaggio
femminile non è così. Dopo “Pane
e Tulipani” c’è stato “Luna rossa”,
film di Capuano, in cui ho fatto il
personaggio più truce, più cruento e tremendo, e nei panni del quale mi sono molto divertita. Poi a
teatro ho interpretato moltissimi
altri personaggi, compreso quest’ultimo di Borina, con cui sono
attualmente in tournée. In questo
racconto che si intitola “Manca
solo la domenica”, c’è una donna
con un pensiero sarcastico, lucido
e limpido che alla fine sceglie una
soluzione per niente accomodante.
Noi siamo attori e il nostro compito è quello di affrontare e portare
al pubblico personaggi molto diversi tra di loro, indipendentemente dai nostri gusti.
Nella sua esperienza artistica
ad un certo punto compare Alda
Merini, la poetessa purtroppo
scomparsa recentemente. Che
cosa ricorda di lei, con cui fece lo
spettacolo “Delirio amoroso”?
La perdita di Alda per me è un
vuoto enorme, non solo come amica, ma anche come persona che
ascoltavo, sentivo, che se anche
non vedevo spesso, sentivo sempre al telefono da sedici anni. Un
rapporto molto lungo. Ed ero anche testimone della sua vita dolorosa. Quello che è rimasto da parte
sua è un importante insegnamento di grande umiltà che lei aveva.
Nonostante vivesse in condizioni
veramente miserevoli, non voleva
cedere a niente e a nessuno, accettando di vivere così. A questo aggiungasi la perdita di una delle più
grandi poetesse del ‘900. Un vuoto
culturale che ai nostri giorni sta diventando una voragine.
I suoi impegni per il futuro,
oltre allo spettacolo di Moliere
con cui è attualmente in tournée?
Quindici giorni fa ho sospeso la tournée del mio spettacolo
“Manca solo la domenica”, che riprenderò a febbraio, finito il Tartufo con cui sono attualmente in giro
per i teatri d’Italia.
“Manca solo la domenica” nasce da un testo di Silvana Grasso,
una scrittrice di cui consiglio vivamente di comprare i libri, perché è una delle più grandi in Italia,
di veramente grande levatura secondo me. Il racconto da cui è tratto lo spettacolo è “Pazza è la luna”
che lei ha pubblicato due anni fa,
un libro di racconti. Ho cominciato la tournée quest’anno con
piazze come Parigi, Madrid, una
tournée europea andata straordinariamente bene. In primavera sarò
a Roma, in altre città italiane che
non ho ancora fatto e poi ancora
in Francia.
Magari la vedremo anche da
queste parti nelle prossime stagioni.
Chissà! Sono in scena con un
bravissimo fisarmonicista Vladimir Denissenkov, che è russo
e suona il bajan, la fisarmonica
russa appunto. Mi piacerebbe che
ci ascoltaste entrambi prossimamente.
palcoscenico 3
Martedì, 1 dicembre 2009
ANTEPRIMA
I raccomandati
Il piacere dell’onestà
Politeama Rossetti, Trieste “Il piacere dell’onestà” segna il ritorno allo Stabile dell’ottimo
Leo Gullotta in un ruolo pirandelliano.
Il plauso dei recensori, 95.000 spettatori nei
tre anni di tournée dello spettacolo, la candidatura
ai Premi Olimpici del Teatro quale miglior attore: forte di tali risultati, Gullotta affronta la piéce
riproponendo la stessa squadra creativa – il regista Fabio Grossi, lo scenografo e costumista Luigi Perego, Germano Mazzocchetti per le musiche,
Valerio Tiberi per le luci – e invitando fin da principio a una riflessione sul tema centrale di questo
testo: l’onestà. Un valore su cui oggi come allora
non appare affatto scontato soffermarsi.
Tratto da una novella, “Il piacere dell’onestà”
è andato in scena per la prima volta nel 1917 e
narra la vicenda di Angelo Baldovino, uomo fallito, che solo “per il piacere dell’onestà” accetta di
sposare Agata, ragazza di ottima famiglia, rimasta
incinta di un uomo maritato, anch’egli “rispettabilissimo”.
Il matrimonio riparatore salva Agata e la sua
cerchia vuota di valori reali davanti alle convenzioni della società, e fa sì che Angelo sia investito
del costume dell’Onesto: cosa che lo rende inattaccabile, lo differenzia dagli altri e gli permette di sfidare false apparenze ed egoismi. Quando
egli si allontanerà da quella società vuota, otterrà
una fondamentale vittoria: Agata, conquistata, lo
seguirà.
“Tutta la vicenda – scrive il regista – letta oggi
con occhi rapportati alla realtà in cui mi muovo, fa
sì d’indurmi a rappresentarla come una gran bella
favola, dove il “cattivo” prende su di sé l’immagine del buono e le anime dei così detti “per bene”
assumono l’espressione della bestialità (…).
Perché essere onesti significa essere diversi,
e la società fa di tutto per annichilire l’elemento
considerato spurio con tutti i mezzi, anche quelli
più perversi”.
Aggiungi un posto a tavola
HKD / Casa di cultura Sušak, Fiume Dopo il successo ottenuto nel lontano 1984 con “Il giorno della tartaruga”, gli attori
del Dramma Italiano hanno sempre avuto il desiderio di riproporre
nuovamente un musical. Solo che la tradizione italiana non è quella dei musical, ma quella delle commedie musicali. “Aggiungi un
posto a tavola”, è forse una delle commedie musicali che il pubblico italiano conosce e ama di più, un successo senza pari che è
andato in scena per decenni al Teatro Sistina di Roma ed è stato
allestito in tutti i continenti.
Il protagonista italiano della prima, fortunatissima edizione,
era Johnny Dorelli. La storia è quella di Don Silvestro, parroco di
un immaginario paese di montagna, il quale riceve una telefonata
del Padreterno in persona che gli comunica l’intenzione di mandare sulla terra il secondo diluvio universale. Come un novello Noè,
riceve l’incarico di costruire un’arca di legno, per mettere in salvo
dal diluvio tutti gli abitanti e gli animali del paese.
La regia dello spettacolo è stata affidata al fantasioso coreografo fiumano Branko Žak Valenta.
Un ispettore in casa Birling
Teatro “Orazio Bobbio”, Trieste Un classico della scena inglese del ’900, rappresentato per la prima volta nell’estate del 1945,
An Inspector calls (Un ispettore in casa Birling), che già nel titolo
ammicca alla popolarità del genere poliziesco, è un testo costruito
con sapienza magistrale, in cui la trama procede con la tensione e la
suspense proprie del giallo.
In una sera di primavera, in casa del ricco industriale Birling si
sta concludendo la cena di fidanzamento della figlia Sheila. L’atmosfera conviviale viene interrotta dall’arrivo dell’ispettore Goole,
che annuncia il suicidio di Eva Smith, una giovane ex-dipendente
in uno degli stabilimenti Birling, licenziata due anni prima in quanto attivista sindacale. L’ispettore interroga i membri della famiglia,
i quali risultano tutti, ciascuno a diverso titolo, coinvolti nella vita
di Eva e potenzialmente responsabili
dell’atto suicida di lei.
Terminata l’indagine, l’Ispettore se ne va e i Birling cominciano
a interrogarsi sull’accaduto. Scoprono che Goole non fa parte della
polizia e sono anche assaliti dal dubbio che la ragazza, di cui negli
ospedali di zona non risulta traccia, non sia mai esistita. Ma quando
tutto sembra ormai avviato a tornare nella consueta, tranquilla routine familiare, all’improvviso squilla il telefono: all’altro capo del
filo è la polizia…
Le colpe si materializzano e diventano spauracchi agli
occhi della famiglia Birling dove ognuno prova a scaricare la
propria responsabilità.
L’interrogatorio poliziesco dura un’intera notte, non risparmiando niente e nessuno: in una serie di colpi di scena alla Hitchcock
dove cambia ogni volta il nome dell’assassino, i protagonisti, presunti ignari e presunti colpevoli, sono coinvolti in una sarabanda
surreale e velenosa, che non conosce sosta e che ha termine alle prime luci dell’alba.
In scena, Paolo Ferrari, Adrea Giordana e Crescenza Guarnieri.
Regia Giancarlo Sepe.
Relazioni
Teatro cittadino, Capodistria Una faccenda che potrebbe capitare a ciascuno di noi.
Una professoressa di mezza
età, dvorziata, vive con la figlia adulta che ha appena troncato la relazione con il fidanzato. Un brutto colpo, che la
mamma - prof. tenta di lenire
con la teoria che la vita, in fon-
do, è bella (anche) senza uomini. Convince sè stessa, ma in
nessun modo la figlia. Convinta proprio? Alla festa di anniversario di matura, un ex allievo le confessa che dai banchi
di scuola è innamorato di lei. al
contempo la figlia si innamora
di uomo più “vecchio” di lei,
ed allora c’è il confronto tra
queste coppie, tutto sommato
molto attuali: una donna legata ad un uomo assai più giovane, un’altra legata ad uno assai
più vecchio. O, se preferite, un
uomo giovane legato ad una
donna più grande, un uomo di
mezza età legato ad una donna
giovane. Firma la commedia
Tone Partljič.
4
palcoscenico
Martedì, 1 dicembre 2009
Martedì, 1 dicembre 2009
5
Italiani si nasce
RECE
ECENSIONE
E
ECEN
I
IONE
ION
E NSIIONE
ECENSIONE
L’inferno di una madre (e figlio)
sempre eroi, poeti e sant
T
H
rieste. Teatro La Contrada. “Caracreatura”, assieme a Vera Verk di Tomizza, allestito quest’estate nel
castello di Muggia, può essere
considerato a ragione uno dei
migliori allestimenti della Contrada di questi ultimi anni. Il testo di Pino Roveredo, quasi un
monologo per l’ottima interpretazione di Maria Grazia Plos,
presenta una scrittura limpida,
incisiva, teatralmente di grande
ggibilità. La regia del triestino
P
de semplicità ed efficacia la storia, che lo scrittore triestino dedica ad uno dei tanti personaggi sfortunati della sua personale
esperienza umana.
Il luogo della rappresentazione è il piccolo teatrino dei Fabbri, restituito al pubblico dopo
tanti anni di lavori di ristrutturazione, spazio ideale raccolto per
un racconto tragico che ha bisogno di intimità per svelarsi. Due
quintine bianche in mezzo alla
scena rappresentano due finestre
sul mondo esterno, bagnato da
una fitta pioggia che cade ininterrotta e rumorosa. Al centro una
donna, trasandata e stanca, sfinita da una vita in salita costan-
il figlio Gianluca. È una donna
semplice Marina, così si chiama
la protagonista, e delle persone
semplici ha il gergo e le abitu-
si era perso nel vortice della droga. Overdose, spaccio, violenza
paura ne avevano sottolineat
istenza sua e della famig
adre non regge il dolore
operta e, ancora giova
e. Lei pros
erché ama
e. La paro
vivere e co
e, spesso
ità e le im
alla china
pezzo di carta appoggiato ad un
ato e desolante tavolino in
za disadorna rimandano
oria di un interno femaico. Si tira su le manipiù ore dell’orologio
rare
, per
a, deuando
opo esmenata
pugno il
figlio. È una denuncia che lei intravede come ultima e unica via
per salvare Gianluca. E così sarà
quando finalmente il ragazzo accetterà di andare in una comunità per salvarsi. E fuori smetterà
finalmente di piovere. La grande
fede che Roveredo ha
sibilità umana di redi
poteva dare una final
ce alla tragica storia
che salva tut
ri, il messag
sta da dare
vita non po
molti g
ono con calore a dimostrahanno capito e condiviso.
La Plos entra nel personaggio e
lo incarna con profondità e con
crudo realismo. Affianco a lei il
giovane Massimiliano Borghesi
che, con una voce forte e dolente,
rappresenta nei brevi spot di dialogo la furia di un giovane ferito.
Meno in linea con il resto il picolo cammeo del marito che com
pare solamente in video. L’atto
re Riccardo Maranzana, evoca
nei ricordi di Marina, è trop
raffinato e distante per il con
sto in cui è stata calata la sto
Ma è poca cosa per togliere an
ammaticità e alla
essa in scena.
Po
a debu
nasce …
mo”, s
da Mauriz
lenghi. (Pr
atro Stabi
Studio).
Con la collaborazione ai testi
Marco Presta e la consulenza
istica di Michele Mirabella,
liani si nasce” riunisce per la
a volta sulle scene nella dueste di autori e interpret
i, che uniscono la
d
“varietà del terzo millennio”.
Lo spettacolo vuole celebrare
in maniera ironica e scherzosa i
150 anni dell’Unità d’Italia che
ricorrono nel 2010. Ed è occasione, questa, per riflettere sugli
aspetti del costume e del carattere nazionale: malgrado il passare
dei secoli, non sembrano cambiati
e puntualmente si ripropongono.
Non si tratta di una rievocazione nostalgica, bensì è un raccontare con l’occhio critico di
oggi il carattere degli italiani nel
tempo. E così, in una piazza italiana, ai piedi dei due monumenti di Garibaldi e di Vittorio Emanuele II, una compagnia teatrale comincia a narrare una storia
e a più umili comparse (due cristiani che stanno per essere sbranati dai leoni del Colosseo, due
santi alla continua ricerca di fedeli, ecc.).
Scopriremo così che tutti sono
accomunati dallo stesso irresistibile denominatore comune: l’italianità. Ma esiste ancora? E come
si manifesta oggi? E che fine hanno fatto “Dio, Patria e Famiglia”
o gli inevitabili e invadenti “poeti
santi e navigatori”?
umorismo, prose, versi e canzoni,
dove i due protagonisti, sostenuti
da una compagnia di altri sei validissimi attori, si caleranno nel
funambolismo dei personaggi,
per ripercorrere attraverso caratterizzazioni, trucchi, dialetti, travestimenti, le mille identità necessarie a raccontare i loro
“Italiani”.
Accanto a Micheli e Solenghi, si muovono in scena Sandra
Cavallini, Gualtiero Giorgini,
Eva (italiani anch essi, stano agli autori) per poi passare ad
grandi prota
storia (Leona
Galilei, Cavour,
contare scandagliando la storia
patria con la comicità del teatro:
di quel teatro speciale, cos
camente italiano, che è il
tà di sangue nobile, con mu
zetti, Matte
mani, che d
naggi
regi
arce
Il Tartufo
Il tuo nome è ipocrisia
T
rieste. Politeama Rossetti.
Moliere presentò la sua commedia “Il Tartufo” al ventiseienne Luigi XIV, re di Francia, e
alla sua corte nel 1664, in un momento storico delicato, e lo fece con una
satira pungente che non fu gradita
agli ambienti conservatori e religiosi
della monarchia, tanto che la cosiddetta “cabala dei devoti” ottenne la
pubblica della commedia. Ci vollero parecchi anni e mutate con
ni politiche perché il lavoro
forse il più bello del dra
francese, potesse essere r
ruota atto
postore, T
e mendican
l nobile Or
da costui lo
suo affetto
o promett
rianna, c
fidanzata con Vale
gono le perorazion
meriera e di Cleonte, fratello di Ermina, moglie di Orgone, di cui Tartufo, però, è segretamente innamorato, e a lei si dichiara. La donna,
respingendolo, promette di non dire
niente al marito a patto che Tartufo rifiuti di sposare Marianna. Damide, figlio di Orgone, che ha ascoltato la conversazione nascosto in un
armadio, esce allo scoperto con l’intenzione di denunciare tutto ad Orgone, affinché Tartufo non rimanga
impunito. Ma Orgone è troppo o
ubilato dall’impostore, non vu
dere alle accuse rivolte all’am
nzi, per dimostrargli la sua
ta fiducia gli dona i suoi b
nte ciò E
a a far sc
e lo convince a
to ad un tavolo
nversazione con
on riesce a tratdigia per
questa volta finalmente O
ompresa la verità, si rivel
fo, per nulla perduto, è infatti legalmente proprietario della casa e dei
beni di Orgone ed è intenzionato a
scacciare lui e la sua famiglia; denuncia Ormone al re, accusandolo
di avere tenuto nascosti importanti
segreti custoditi in una cassetta. Ad
essere arrestato, però, sarà Tartufo, noto truffatore e delinquente
che, andando a denunciare il nobi-
di annulla il contratto con cui Orgoha donato i beni all’impostore. E
isce bene, con uno sdolcinarico
ra opera è una satira nei
confronti della società nobile francese del ‘600. Il Tartufo è infatti
l’emblema dell’ipocrita che v
to la maschera della devozi
giosa e dell’amicizia verso
ma in realtà vuole approfit
sua fiducia per trarne va
, come afferma M
una presentazione
media al re di Francia, “il compito
della commedia essendo quello di
correggere gli uo
presentando i v
nche esagerato
La messa
il Teatro Stabile delle
che e quello di Napoli, si avvale
di una traduzione teatrale di Cesare Garboli molto rigorosa, con
pi tratti in rima. Molto bella
no linguistico, a tratti sonel primo tempo rischia
brigliare un po’ troppo
la recitazione degli
il secondo
energia e
rsonaggi.
e dello st
anni di O
’untuoso
impersonata da Licia M
n evidenzia la furbizia
a elegante della nobile
. Bravi anche tutti gli
elica Ippolito (Madame
Antonia Truppo (Dorina
De Francesco (Cleante),
Ferrieri (Valerio), Rino Marino (Il
Signor Leale/un Ufficiale), Barbara Ronchi (Marianna), Diego Sepe
Damide). Le scene sono di Fransco Calcagnini, i costumi di Sana Cardini e le musiche di Michele
’Ongaro. (
6 palcoscenico
Martedì, 1 dicembre 2009
DRAMMA ITALIANO «Brutta», commedia noir antiestetica
Un gioco di ritratti grotteschi
dove il bello è brutto e viceversa
di Ilaria Rocchi
M
etti una donna brutta, ma
proprio brutta, frustata implacabilmente dalla vita fin
dal primo vagito. È Brutta, di nome
e di fatto, anzi è “brutta, sporca, repulsiva, una gobba nauseabonda,
all’alitosi condannata, malformata,
vomitosa, guercia, strabica, rognosa, vacca fetida, merdosa”. Anteponile Samuel Guasch, un artista,
uomo che si vuole bello, popolarissimo, che in quanto a piaceri terreni
non si fa mancare proprio nulla, strafregandosense degli altri. Aggiungi
poi una miriade di personaggi-macchiette, mostruosamente normali,
di quelli che s’incontrano quotidianamente, esemplificazione di una
mediocrita` imperante in un mondo
ormai davvero scassato. C’è l’imprenditore che sta per assumere una
segretaria dando la preferenza alla
quantità delle forme, piuttosto che
alla qualita` e alle doti; c’è la classica amica del cuore, che promette di
starti sempre accanto e aiutarti, ma
poi ti sfrutta e non esita un attimo a
conficcarti il coltello nella schiena,
portandosi a letto l’unico uomo che
non ti aveva vomitato in faccia; c’è
poi Raul, un amico-massaggiatore,
ipercomplessato e, manco a dirlo,
decisamente gay; c’è ancora Pina,
la segretaria-robot perdutamente
innamorata – come vuole il cliché
Il volto, specchio
dell’anima?
Ecco come si introduce questa piéce: Sì, c’è un una cosa
peggiore in questo mondo dell’essere brutti ed è essere brutta. Perché per una donna sarà
certamente più duro. Ma può
sempre trovare un modo di vendicarsi: una commedia musicale per esempio...
Chi non hai mai avuto un
incubo? Un incubo di quelli
orribili, di quelli in cui ti svegli in piena notte tutto sudato
con la sensazione di aver corso un grave pericolo, per poi
accorgerti che sei a casa e nel
proprio letto con il tuo peluche
preferito. Non ti è mai successo? La nostra protagonista non
può risvegliarsi. Una ragazza
con poca grazia fisica che lotta per sopravvivere in un mondo dove Essere belli e famosi è
la sola cosa che conta. Ecco allora Brutta, una commedia musicale divertente e crudele dove
la nostra eroina decide di farsi
giustizia da sola.
Tutti ci siamo sentiti soli
almeno una volta nella nostra
vita.Tutti ci siamo sentiti, prima o dopo, incompresi e rifiutati dagli altri. Tutti ci siamo sentiti fisicamente o spiritualmente
brutti e rifiutati. Tutti abbiamo
pensato che la natura è stata
ingiusta con noi perché non ci
ha dato la possibilità di scegliere il nostro corpo, il nostro viso,
il carattere.
Tutti quanti ci siamo ribellati
inutilmente o con fortuna a questo dispotismo della natura. Tutti ci siamo sentiti, con un certo
imbarazzo, insultati, quando
qualcuno ci ha detto: “il volto è
lo specchio dell’anima...”
– del suo capo; quindi un’infermiera che si lascia corrompere dal
paziente, un gigolò, un’attricetta,
un chirurgo plastico stressato dalle diete e dai canoni estetici, una
donna poliziotto gelida, un calciatore brasiliano e... un nostro collega, Paul Carbonelle, giornalista de
“La Voce” (che ahimé, in scena a
Fiume, teneva in mano un allegato del “Novi List”) che, come tanti del mestiere, è ormai assuefatto
agli orrori della società contemporanea, tanto da essere l’unico a riuscire a parlare con la protagonista,
Brutta, senza provare un senso di
repulsione – non la deride brutalmente come lo fanno quasi tutti gli
altri – per la sua poca grazia fisica,
trattandola come un essere normale, anzi, arrivando persino a esserle amico e starle accanto in un momento difficile.
Crudele, forte, esagerato: è
“Brutta”, “commedia musicale noir antiestetica”, ultima produzione del Dramma Italiano
– Teatro nazionale croato “Ivan
de Zajc” di Fiume, che dopo il
debutto del 26 novembre scorso,
nel capoluogo quarnerino, è sbarcata in Istria (Buie, Capodistria,
Pola e Lussinpiccolo). Il testo è
stato scritto dal drammaturgo catalano Sergi Belbel (con l’apporto di Jardi Sánchez e le musiche di
Oscar Roig), un autore contemporaneo pochissimo (quasi per niente) rappresentato da queste parti e,
in generale, in lingua italiana, per
cui questo lavoro del DI può dirsi
davvero “pionieristico”. Non una
novità per la compagnia di prosa
italiana, che ama proporsi quale
“ponte” – e ciò non solo tra culture, come classicamente avviene fin
dalla sua fondazione – anche tra
diversi modi di fare teatro, non disdegnando discorsi (allestimenti)
audacemente innovatori.
La “Brutta” di Belbel nella versione proposta dal Dramma Italiano, rispettivamente dal regista
Toni Cafiero, è una piéce che racchiude elementi di consonanza con
temi, codici, registri e suggestioni
appartenenti a diverse arti. Da una
parte si possono infatti scorgere alcuni momenti della tragedia classica – nel discorso introduttivo
affidato alla protagonista, nei vari
episodi del lavoro, nei canti (sep-
pure non corali) che li separano –;
dall’altra parte ci sono chiari riferimenti a un certo tipo di cinematografia, in primis quella del regista
spagnolo Pedro Almodóvar – ma
anche all’opera surrealista di un
maestro del cinema che va oltre la
realtà, come Luis Buñuel, eccentrico, provocatorio, scandaloso – e
al cinema “pulp” dell’americano
Quentin Tarantino. Della «settima
arte» questo spettacolo possiede i
ritmi frenetici, le scene di sesso,
violenza, sangue.
Toni Cafiero dirige un gioco
teatrale abbastanza convincente.
Le scene si alternano con un buon
ritmo; forse con una riduzione degli “stacchi” musicali avrebbe acquisito maggiore velocità (il tutto
dura oltre due ore, con un intervallo). La scenografia si basa su
una serie di elementi scarni, quasi simbolici, che contribuiscono a
(ri)creare spazi e ambienti. I cambiamenti avvengono durante brevi intervalli, nel buio; pause tecniche che nulla tolgono alla dinamicita` e che sono impreziositi da
interessanti proiezioni video. Lo
spettacolo si regge sulle interpretazioni di quattro attori che vestono i panni di ben ventidue personaggi, rispettivamente Elena Brumini e` la protagonista assoluta,
mentre tutti gli altri ruoli vedono impegnati Woody Neri, Rosanna Bubola e Fabrizio Careddu, rispettivamente con tre, dieci
e otto ruoli. Bravi, una faticaccia,
un grande lavoro. Forse fin troppo ambizioso nelle intenzioni: di
fronte a questo ventaglio di parti così ampio è difficile evitare il
rischio di una non completa caratterizzazione dei personaggi, di
una certa ripetitività.
La trama è semplice e ruota intorno a questa donna (di)sgraziata,
rinnegata dai suoi stessi genitori
– il padre la mandera` addirittura
via di casa –, che cerca di costruirsi un’esistenza lottando contro le
ipocrisie, consapevole di questo
handicap fisico che le rovina la
vita. Dopo un colloquio di lavoro andato male, irrompe nel suo
mondo la candidata rivale, Clara
Roger, una ragazza prestante, che
si spaccia per sua amica e che cerca puerilmente (animata dalla morale della celebre favola di Hans
Christian Andersen) di far emergere
“il cigno” che c’è in lei, brutto anatroccolo, rispettivamente di trovare
l’utilità della sua condizione (contro
la futilità della bellezza). Una mission impossible, come confermerà
poi un chirurgo estetico, stranamente assai poco avvezzo alla pratica
del “nip/tuck” (taglia e cuci) così
diffusa invece nel mondo d’oggi..
Rassegnata, un giorno Brutta conosce, sulla panchina di un
parco, Paul Carbonelle, giornalista-cronista cui il capo ha affidato
il compito di scovare, tra la gente
comune del rione, una storia strappalacrime. Vede Brutta e l’accetta
così com’è, acconsente di venire a
a cena a casa di lei. E alla ragazza
lui piace; Brutta spera, s’illude di
essere ricambiata. Invece Paul si lascia sedurre da Clara, con la quale
consuma un rapporto veloce e poco
appagante; sarà solo lui a pentirsene, chiedendo poi scusa a Brutta.
Troppo tardi: nella nostra anti-eroina scatta la molla che la trasformerà in... mostruosa; una serial killer
che farà fuori i “belli e famosi” – e
prima vittima sarà la sua “amica”
Clara –; un progetto machiavellico
teso a migliorare il mondo, a fare
in modo che l’apparire (belli fuori) non conti più dell’essere (belli
dentro), dove le persone saranno
apprezzate per quello che sono, a
prescindere dalla loro prestanza (o
meno) fisica.
Brutta cerca di farsi giustizia
da sola, con estrema efferattezza (massacrando e sfigurando le
sue vittime), provando ogni volta
un’esplosione di sensazioni estatiche. Il piacere della vendetta?
In questo modo però perde la sua
battaglia: diventa repellente anche
moralmente. Scompare così ogni
distinzione netta tra “vittima” e
“carnefice”, quasi a dire che ognuno, in fin dei conti, è vittima della
situazione che vive. Basta questo a
comprendere l’orrore di certi comportamenti? Brutta ha comunque
la sua piccola rivincita. Sul mondo dei belli. S’innamora di lei Samuel Gausch, un giovanotto con
cui la Natura è stata generosa, bello, famoso, seducente. Ma egoista,
insensibile, vuoto, vanitoso, alla
perenne ricerca della perfezione
esteriore. Quando la raggiunge ne
capisce tutta l’inutilità; arriva per-
L’autore
Uno degli autori spagnoli più
rappresentati, tradotto in inglese, francese, tedesco, russo, polacco e giapponese, Sergi Belbel
(Terrassa, 29 maggio 1963), è dal
2005 direttore del Teatre Nacional de Catalunya (Teatro Nazionale di Catalogna). Laureatosi in
filologia catalana a Barcellona, si
forma dal punto di vista teatrale
nel Teatro dell’Universidad Autónoma de Barcelona. Nel 1985 gli
è stato conferito il premio Marqués de Bradomín per la sua piéce
“Caleidoscopios y faros de hoy”
(Caleidoscopi e fari di oggi) che
va in scena l’anno successivo. La
sua attività teatrale si amplia dalla
scrittura alla regia e, a partire dal
1988, è professore dell’Institut del
Teatre de Barcelona (Istituto del
Teatro di Barcellona). Nel 1996
ha ricevuto il Premio Nazionale
di Letteratura nella sezione della drammaturgia per la sua opera
Morir (Morire). Nel 1997, dalla
sua opera “Carícies” (Carezze) è
stato tratto un film omonimo, diretto dal regista catalano Ventura
Pons. Traduttore di testi classici,
come quelli di Racine e Corneille,
ma anche di opere moderne come
quelle di Koltes, Lagarace, Sarah
Kane, Martin Mc Donagh, tra i lavori di Belbel ricorderemo “Caleidoscopios y faros de hoy” (1986),
“Minim-mal show” (1987), “Ópera” (1988), “Elsa Schneider”
(1989), “En companyia d’abisme” (1989), “Talém” (1990),
“Carícies” (1991), “Después de
la Lluvia” (1993), “El temps de
Plank” (1999), “Forasters” (2005)
e “A la Toscana” (2007).
ciò a rifiutare tutto ciò che fino ad
allora aveva perseguito. Un’autentica crisi esistenziale. Rimasto solo
e nudo per la mancanza di morale e
di etica – non solo per l’assenza di
abiti (e qui diventa impossibile non
ricordare nuovamente Andersen,
questa volta con “I vestiti nuovi
dell’imperatore”) – desidera morire, lui che dentro era già decrepito.
Si fa catturare e seviziare da Brutta,
provando amore, per la prima volta. Poi si uccide lanciandosi sul coltello della ragazza. Nel frattempo la
polizia scopre l’identità dell’omicida; braccata, Brutta scappa, ma si
costituisce più tardi su consiglio di
Paul, poco prima di dare alla luce
un bambino; un nuovo essere generato in quell’unico rapporto sessuale avuto nella sua vita, con Samuel.
Mette al mondo un bambino perfetto. E lo uccide gli strappa il cuore,
“guidata” da Samuel, che le compare come “ghost”.
Un mondo ai limiti del grottesco,
in alcuni frangenti stereotipato, che
suscita facile ilarità. E non dovrebbe
farlo. Perché nella vita di tutti i giorni non ci salterebbe mai in mente di
ridere di certe situazioni descritte
nella piéce, come la discriminazione basata sull’aspetto fisico o di un
fenomeno come la molestia sessuale (ad esempio la segretaria che si
becca la pacca sul sedere del futuro
capo). Dunque, a seconda di come
ci si accosta alla commedia, “Brutta” può essere vissuta in diversi
modi; ciascuno può darle la lettura
che preferisce; non ci sono insegnamenti morali. È una sorta di parabola ironicamente/drammaticamente
splatter sulla condizione umana in
questo nuovo millennio; un viaggio dentro la sterilità delle emozioni, della banalità delle interazioni,
della volgarità. Insomma, è come
entrare nella sala degli specchi deformanti di un luna park, in un gioco
di ritratti dalle sfaccettature contradditorie, in cui il grottesco è comico.
Ma anche tragico.
palcoscenico 7
Martedì, 1 dicembre 2009
Il mito di Narciso
CAST AUTORALE
E ALLESTIMENTO
di Sergi Belbel e Jordi Sànchez
Musica: Oscar Roig
Regia e adattamento in lingua italiana: Toni Cafiero
Scene e costumi: Toni Plešić, Toni
Cafiero
Creazione luci: Alan Vukelić
Traduzione testo: Rosanna Bubola
Traduzione e adattamento canzoni: Laura Marchig
Consulenza musicale: Igor Vlajnić
Video: Martino Šesnić
Tecnici del suono: Sanjin Valić,
Anito Jelović; direttrice di scena:
Lili Švrljuga; suggeritrice: Sintia
Lacman
Lo spettacolo e realizzato con il
contributo finanziario dell’Unione
Italiana - Fiume e dell’Università
Popolare di Trieste
PERSONAGGI E INTERPRETI
Brutta: Elena Brumini
Samuel Guasch l’artista; un ragazzo
carino; una ragazzina: Woody Neri
Clara Roger l’amica; una ragazza
carina; Pina; la fidanzata; la madre; l’infermiera; un’attrice; una
donna poliziotto; la levatrice; il
padre: Rosanna Bubola
Paul Carbonelle, giornalista; un
ragazzo interessante; una ragazzina, un gigolò; un manager; Raul; il
dottor Blanes; il calciatore: Fabrizio Careddu
Un testo che trascina, che cattura, “non comune, denso, polissemico, caustico, divertente, terribile, irritante, travolgente”, in cui non esistono le
mezze misure: è così che lo riassume la direttrice
del Dramma Italiano, Laura Marchig. Con “Brutta”
si penetra in una dimensione in cui lo straordinario diventa quotidiano e in cui il quotidiano si rivla
improvvisamente in tutta la sua eccezionalità e bizzarria. “Il mondo di Belbel – rileva Marchig – mantiene dei solidi legami con la realtà, questa ne rappresenta il fondamento e ne è la diretta ispiratrice.
La capacità, che del resto è propria di un certo tip
odi letteratura e cinematografia iberica, è quella di
sapere scoprire i misteri, le ambiguità, gli equivoci,
i prodigi, le anomalie e le mostruosità nascoste all’interno delle banalità e delle consuetudini. Belbel
fa parte, a mio modo di vedere, di quel gruppo di
scrittori che possiamo definire eccentrici, che sanno
individuare con estrema lucidità – e mediandole attraverso una particolare sensibilità e delle pratiche
cognitive insolite – le anomalie e le contraddizioni
delle società contemporanea”.
Il mito di Narciso è stato
un’assidua fonte di ispirazione per gli artisti fino ai giorni
nostri, anche ben prima che il
poeta latino Ovidio includesse
una sua versione nel libro III
delle sue “Metamorfosi”. Personaggio della mitologia greca famoso per la sua bellezza
(figlio della ninfa Liriope e del
dio fluviale Cefiso, o secondo
un’altra versione di Selene
ed Endimione), Narciso appare come un essere incredibilmente crudele, in quanto
disdegna ogni persona che lo
ama. Come punizione divina,
si innamora della sua immagine riflessa in uno specchio
d’acqua, lasciandosi infine
morire, resosi conto dell’impossibilità del suo amore. La
dea della Natura in suo onore,
come simbolo per la sua sepoltura, creò un iris di nome
Narciso.
Il mito di Narciso è, fra
quelli classici, uno di quelli
dei quali è possibile notare la
ricorsività pressoché ininterrotta nella storia della cultura
occidentale. Se facciamo risalire la prima versione completa a Ovidio, si può cogliere
uno sviluppo, una tradizione
che abbraccia pressoché due
millenni interi di storia della
cultura occidentale. Pressoché contemporanea alla versione di Ovidio è quella di un
autore greco, cioè Conone; a
queste due segue la versione
di Pausania, nel II secolo dopo
Cristo, e poi assistiamo ad uno
sviluppo pressoché ininterrotto, salvo alcune fasi di relativa
eclissi, in cui questo mito viene riletto, ripresentato, reinterpretato in forme e in contesti
diversi, e anche con significati
e funzioni fra di loro notevolmente e sensibilmente differenti. Se volessimo a grandissime linee tracciare una sorta
di storia di questo mito dopo,
appunto, la versione di Pausania, potremmo ricordare la
ripresa che del mito di Narciso si realizza in età medioevale dopo la prima traduzione in
lingua moderna delle “Metamorfosi” di Ovidio, che risale al 1180, e il fiorire di quella
che è stata denominata opportunamente la prima aetas ovidiana, che coincide all’incirca
con l’inizio del tredicesimo
secolo. Per poi seguire la fortuna del mito attraverso le riprese rinascimentali, attraverso l’importante, anche se breve, reinterpretazione del mito
di Narciso offerta da Francesco Bacone; e ricordare, poi,
il testo assai significativo di
Rousseau dedicato al mito di
Narciso, nonché l’importanza
che questa figura mitologica
ha poi avuto nella cultura tedesca dell’Ottocento, e in particolare in autori come Herder,
Hamann e una serie di altri letterati o pensatori dell’Ottocento tedesco, i quali sovente si
sono riferiti alla figura di Narciso reinterpretata perlopiù in
chiave romantica. Inutile poi,
credo, ricordare come al mito
di Narciso Sigmund Freud
abbia riservato particolare attenzione, in qualche misura
facendo della figura di Narciso l’emblema, la rappresentazione di una forma in cui si
manifesta l’eros e la pulsione
erotica, nella forma determinata, appunto, dell’amor sui,
dell’amore per sé stesso.
8 palcoscenico
Martedì, 1 dicembre 2009
CARNET PALCOSCENICO rubriche a cura di Carla Rotta
TEATRO Il cartellone del mese
IN CROAZIA
IN ITALIA
Teatro Nazionale Ivan de Zajc - Fiume Teatro lirico Giuseppe Verdi - Trieste
2, 3, 4, 10 e 11 dicembre ore 19,30
Casanova in Istria opera comica di
Alfi Kabiljo. Libretto Drago Orlić e Alfi
Kabiljo. Regia Krešimir Dolenčić. Interpreti Ivica Čikeš, Voljen Grbac, Marijana
Radić, Vanja Zelčić, Davor Lešić, Ivanica
Lovrić, Dario Bercich, Siniša Štork, Kristina Kolar, Robert Kolar, Saša Matovina, Marko Fortunato, Ivica Žunić, Darko
Matijašević
12, 15, 16 e 17 dicembre ore 20,30; 13 dicembre ore 16; 18 dicembre
ore 18; 19 dicembre ore 17
La fanciulla di neve musica di P. I. Ciajkovski. Coreografia Vladimir Burmeister. Balletto del Teatro Musicale
Accademico Stanislavskij e Nemirovich-Danchenko di Mosca
Politeama Rossetti - Trieste
7 e 8 dicembre ore 19,30
Crnac / Il negro di Tatjana Gromača. Regia Tomi Janežić. Interpreti Jelena Lopatić, Tanja Smoje, Bojan Navojec, Olivera Baljak,
Zdenko Botić, Anastazija Balaž Lečić, Jasmin Mekić, Damir Orlić,
Sabina Salamon, Biljana Torić
Ciclo:Prosa
1, 3, 4 e 5 dicembre ore
20,30; 2 e 6 dicembre ore 16,30
Politeama Rossetti
Cyrano de Bergerac di Edmond Rostand. Regia Daniele
Abbado. Interpreti Massimo Popolizio, Stefano Alessandroni,
Roberto Baldassari, Luca Bastianello, Giovanni Battaglia, Luca
Campanella, Dario Cantarelli,
Simone Ciampi, Andrea Gherpelli, Marco Maccieri, Elisabetta
Piccolomini, Mauro Santopietro,
Viola Pornaro, Carlotta Viscovo
8 e 9 dicembre ore 19,30 HKD Sušak
Brutta di Sergi Bebel. Regia Regia Toni Cafiero. Interpreti Elena
Brumini, Woody Neri, Rosanna Bubola, Fabrizio Careddu
16, 18 e 19 dicembre ore
20,30; 17 e 20 dicembre ore 16
Politeama Rossetti
5 dicembre ore 18
L’Ape Maja opera per ragazzi di Bruno Bjelinski. Regia Ivan
Leo Lemo. Interpreti Olga Šober, Denis Brižić, Anđelka Rušin,
Kristina Kolar, Sergej Kiselev, Siniša Štork, Robert Kolar, Mirko
Čagljević, Milica Marelja, Ivanica Lovrić, Stanislava Šćulac, Saša
Matovina, Angela Nujić, Dario Bercich, Marko Fortunato
Il piacere dell’onestà di Luigi Pirandello. Regia Fabio Grossi. Interpreti Leo Gullotta, Mar10 e 11 dicembre ore 19,30 HKD Sušak
Turbo folk di Oliver Frljić. Regia Oliver Frljić. Interpreti Anastazija
Balaž Lečić, Olivera Baljak, Andreja Blagojević, Alen Liverić, Jelena
Lopatić, Jasmin Mekić, Dražen Mikulić, Damir Orlić, Tanja Smoje
16, 17, e 18 dicembre ore 19 La Fenice
Aggiungi un posto a tavola commedia musicale di Garinei
& Giovannini e Iaia Fiastri. Regia Žak Valenta, Interpreti Mario
Lipovšek, Bruno Nacinovich, Elvia Nacinovich, Giuseppe Nicodemo, Elena Brumini, Alida Delcaro,Toni Plešić, Pino Trani, Silvano
Bontempo, Rosanna Bubola, Chiara Cavalieri, Vivien Galletta, Miriam Monica, Marijan Padavić, Cvetan Pelčić, Marijana Radić, Lucio Slama, Teodor Tiani
tino Duane, Paolo Lorimer, Mirella Mazzeranghi, Valentina
Beotti, Antonio Fermi, Federico
Mancini, Vincenzo Versari
CicloAltri Percorsi
11, 16, 17 e 18 dicembre ore
20,30; 12, 13, 15, 19 e 20 dicembre ore 17 Sala Bartoli
Il Conde/ Le voci di Claudio
Magris. Regia Antonio Calenda.
Interpreti Antonio Calenda
21 dicembre ore 20,30 Politeama Rossetti
L’intervista di Natalia Ginzburg. Regia Valerio Binasco.
Interpreti Maria Paiato, Valerio Binasco, Azzurra Antonacci
Ciclo: Fuori abbonamento
15 dicembre ore 20,30 Politeama Rossetti
21 dicembre ore 21; 22, 27 e
30 dicembre ore 11 e ore 17; 28
e 29 dicembre ore 17
Variertà con I Piccoli di Podrecca
Ciclo: Musical & Grandi eventi
9, 10 e 11 dicembre ore 20,30;
10 e 12 dicembre ore 16; 13 dicembre ore 15 Politeama Rossetti
Chicago - The musical libretto di Fred Ebb & Bob Fosse. Regia Bobbie ripresa da Scott Faris.
Interpreti Gary Wilmot, Twinnie-Lee Moore, Adam Stafford,
Wendy-Lee Purdy, G E Weaver
Ciclo : Danza e dintorni
22 e 23 dicembre ore 20,30
Politeama Rossetti
Lo Schiaccianoci musiche di
P. I. Ciaikovskij. Interpreti i solisti e il corpo di ballo del Moscow
Festival Ballet
La Contrada – Trieste
11, 12, 16, 17, 18 e 19 dicembre ore 20,30; 13, 15
e 20 dicembre ore 16,30
Un ispettore in casa Birling di John Boyton Priestley. regia Giancarlo Sepe. Interpreti Paolo Ferrari,
Andrea Giordana, Crescenza Guarnieri, Cristina Spina, Vito Di Bella, Mario Toccafondi, Loredana Gjeci
IN SLOVENIA
Teatro cittadino – Capodistria
za. Interpreti Renato Jenček,
Mojca Fatur, Ajda Toman, Urška
Bradaškja, Gorazd Žilavec, Ajda
Smrekar
18, 19, 21 e 22 dicembre ore 19,30
Ospedale generale commedia noire di Hristo Bojčev. Regia
Matjaž Latin
Aspettiamo il Natale con gli
alpini Coro ANA Trieste “Nino
Baldi”, diretto da Paolo Rossi
1.mo dicembre ore 20
O nasilju / Della violenza
tratto da “Tito Andronico” di W.
Shakespeare. Di e regia Anđelka
Nikolić. Interpreti Branislav
Knežević, Nikola Joksimović,
Dragan Ostojić, Marko Gvero, Jordan Bursać, Filip Jungić,
Željko Tomin, Miljan Davidović,
Đorđe Branković, Marija Opsenica, Mina Stojković, Slavoljub
Matić, Gordana Roščić
2 dicembre ore 19,30
Chicchignola di Ettore Petrolini. Regia Boris Cavaz-
4 dicembre ore 11
Podžig di Jeroen van den
Berg. Regia Nenni Delmestre.
Interpreti Gorazd Žilavec, Mojca
Fatur, Ajda Toman, Rok Matek
5 dicembre ore 10,30; 7 e 8 dicembre ore 9 e ore 10,30; 9 dicembre ore 9; 10 dicembre ore 18
Mali modri Huhu / Il pulcino azzurro di Maja Aduša Vidmar. Regia Katja Pegan. Interpreti Mojca Fatur, Ajda Toman,
Rok Matek, Maja Aduša Vidmar,
Gorazd Žilavec
11, 16, 18 e 19 dicembre ore 20
Partnerski odnosi / Relazionidi Tone Partljič. Regia Vinko
Möderndorfer. Interpreti Vesna
Jevnikar, Vesna Slapar, Vesna
Pernarčič Žunić, Darja Reichman, Igor Štamulak, Borut Veselko
13 dicembre ore 20
Božični večer / Sera di Natale
di Desa Muck, Jure Ivanušič. Regia Katja Pegan. Interpreti Desa
Muck, Vojko Belšak, Ajda Toman, Žiga Saksida, Jaša Jamnik
7 dicembre ore 19
Kdo vam je pa to delu di
Marko Pokorn. Regia Jaša Jamnik. Interprete Boris Kobal
Anno IV / n. 46 del 1.mo dicembre 2009
“LA VOCE DEL POPOLO” - Caporedattore responsabile: Errol Superina
IN PIÙ Supplementi a cura di Errol Superina
23, 28, 29 e 30 dicembre ore 20
Operetta, operetta concerto di Capodanno. Dirige Nada Matošević
Teatro cittadino - Pola
Non pervenuto
Progetto editoriale di Silvio Forza / Art director: Daria Vlahov Horvat
Edizione: PALCOSCENICO
Redattore esecutivo: Carla Rotta / Impaginazione: Vanja Dubravčić
Collaboratori: Rossana Poletti, Ilaria Rocchi Foto: Pino Le Pera, Dražen Šokčević
La pubblicazione del presente supplemento, sostenuta dall’Unione Italiana di Fiume / Capodistria e dall’Università Popolare
di Trieste, viene supportata dal Governo italiano all’interno del progetto EDITPIÙ in esecuzione della Convenzione
MAE-UPT N° 1868 del 22 dicembre 8, Contratto 248a del 18/10/2006 con Novazione oggettiva del 7 luglio 2009
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1.12.2009 - EDIT Edizioni italiane