DEL POPOLO ce vo /la .hr dit w.e ww palcoscenico An no IV Sipario 9 200 • n. 4 e r b 6 • Martedì, 1 dicem UN CAFFÈ CON... Licia Maglietta Pagina 2 / ANTEPRIMA I raccomandati Pagina 3 / LA RECENSIONE Tartufo / Caracreatura / Italiani si nasce Pagine 4 - 5 / DRAMMA ITALIANO Brutta Pagine 6 - 7 / CARNET PALCOSCENICO Il cartellone del mese Pagina 8 2 palcoscenico UN CAFFÈ CON... Licia Maglietta Martedì, 1 dicembre 2009 Licia Maglietta di Rossana Poletti L icia Maglietta non crede che Moliere sia un po’ superato ai giorni nostri? Anzi, credo che sia uno dei testi più attuali che si possa immaginare, qualsiasi testo di Moliere lo è. Il regista in questo spettacolo introduce una certa gestualità e l’uso di una cadenza napoletana, che rendono lo spettacolo, soprattutto nel secondo tempo, alquanto particolare. È la scelta che Carlo (il regista Cecchi, ndr) ha fatto per Dorina (la cameriera, ndr), di poter utilizzare in qualche modo una cadenza napoletana e anche la sua gestualità popolare. Per ogni personaggio costruisce una gestualità propria, attorno a quella che ogni attore porta con sé. Un approccio più fisico per ciò che è ironia. Sì, certo il lavoro che Cecchi fa con gli attori sul piano fisico è molto importante. L’attore non è soltanto parola. Il corpo assieme alla parola costruisce il personaggio. In questo testo i personaggi rilevanti sono femminili, figure che emergono prepotenti, con forte individualità, autonomia e con un’intelligenza che spesso è più forte che in tanti personaggi maschili, che in tanti casi in Moliere fanno la figura di perfetti imbecilli. Per quanto riguarda le figure maschili, questo è uno dei più bei testi scritti. I testi di Tartufo, quanto quelli di Cleante, sono forse il massimo di quanto si sia ascoltato in una commedia, ci sono duelli verbali tra Cleante e Tartufo di grande intelligenza. Tartufo è l’incarnazione di tutto quanto c’è adesso nella politica, tutto quello che passa nella religione, il parlare attraverso metafore religiose e anche politiche. Ormone è il personaggio più frastornato, quello che si lascia irretire. Dall’altra parte ci sono Dorina, nel primo tempo, ed Elmira nel secondo. Elmira è il regista di tutta la commedia, non solo capisce assieme a Dorina l’impostura e riesce a smascherare immediatamente Tartufo e ad intuire quale potrebbe essere la soluzione da adottare affinché questo truffatore venga scoperto nella famiglia. C’è da difendere tutto, famiglia, patrimonio, tutto ciò che loro posseggono. Sono donne che, a differenza degli uomini, hanno la grande arte di trovare la soluzione del problema senza passare per conflitti cruenti, sul “filo del rasoio” trovano una strada attraverso il dialogo e lo smascheramento. Questo vale soprattutto per Elmira, perché Dorina è colei che dice in faccia le cose, colei che riconosce Tartufo in quanto ha il suo stesso stato sociale. Elmira lo affronta con più intelligenza. A lei sono cari questi personaggi femminili “morbidi”, mi passi questa espressione. Morbidi nel senso che cercano una Licia Maglietta nasce a Napoli nel 1954. La sua carriera teatrale incomincia nei primi anni ’80 con il gruppo “Falso Movimento” passando poi a quello dei “Teatri Uniti”. Lavora poi con Carlo Cecchi che la dirige ne “La locandiera” (1993) e “Leonce e Lena” (1994), per poi passare ad interpretare uno spettacolo tutto suo, “Delirio amoroso” (1995), nato dall’incontro con la poetessa Alda Merini. Lo spettacolo è un monologo sulla vita della poetessa, donna marchiata dall’esperienza del manicomio, ed è una delle prove più significative dell’attrice napoletana. In seguito interpreta “Caligola” (1997) con la regia di Elio De Capitani. Negli anni novanta passa al cinema interpretando diversi film. Il successo le arriva prima con “L’amore molesto” (1995) diretto da Mario Martone, “Rumori di fondo” di Claudio Camarca (1996) e “Le acrobate” di Silvio Soldini (1997). Proprio con Silvio Soldini ha il maggior successo della sua carriera con “Pane e tulipani” (1999) con il quale vince nel 2000 il premio David di Donatello come miglior attrice protagonista. Dopo aver interpretato alcuni film per la tv, torna al cinema con i film “Luna rossa” (2001) di An- Siamo attori e il nostro compito è quello di affrontare e portare al pubblico personaggi molto diversi tra di loro, indipendentemente dai nostri gusti tonio Capuano, “Agata e la tempesta” (2003) di nuovo diretto da Silvio Soldini e “Nel mio amore” (2004) di Susanna Tamaro. Nel 2007 la vediamo nuovamente in tv con il film in pillole “Viaggio in Italia” - una favola vera diretta da Genovese e Miniero e assieme ad Antonio Catania. Arriva quindi un nuovo debutto a teatro in veste di attrice e regista. Una nuova tappa di un percorso che da qualche tempo ne indirizza la ricerca sulle possibilità di incarnare sul palcoscenico figure femminili mediate dalla grande letteratura d’ogni tempo e nazionalità. Donne scelte per la forza e l’intensità con cui le pagine ne restituiscono tratti e carattere, come nel caso di Borina, la protagonista della pièce intitolata “Manca solo la domenica”, personaggio tratto da un racconto di Silvana Grasso, pubblicato da Einaudi nel 2007 con il titolo “Pazza è la luna”. Oltre a recitare e fare la regia la Maglietta ne cura anche le scene. Sul palco si esibisce assieme alla fisarmonica di Vladimir Denissenkov. Alterna a questo spettacolo la sua presenza nel “Tartufo” di Moliere, nei panni di Elmira con la regia di Carlo Cecchi, presentato anche al Politeama di Trieste. loro strada, una loro dignità senza fare “morti”. Come la protagonista di quel bellissimo suo film che fu “Pane e tulipani”. “Pane e Tulipani” l’ho interpretato dieci anni fa, dopo quello ho fatto altre cose compreso l’ultimo spettacolo che sto portando in giro da un anno, in cui il personaggio femminile non è così. Dopo “Pane e Tulipani” c’è stato “Luna rossa”, film di Capuano, in cui ho fatto il personaggio più truce, più cruento e tremendo, e nei panni del quale mi sono molto divertita. Poi a teatro ho interpretato moltissimi altri personaggi, compreso quest’ultimo di Borina, con cui sono attualmente in tournée. In questo racconto che si intitola “Manca solo la domenica”, c’è una donna con un pensiero sarcastico, lucido e limpido che alla fine sceglie una soluzione per niente accomodante. Noi siamo attori e il nostro compito è quello di affrontare e portare al pubblico personaggi molto diversi tra di loro, indipendentemente dai nostri gusti. Nella sua esperienza artistica ad un certo punto compare Alda Merini, la poetessa purtroppo scomparsa recentemente. Che cosa ricorda di lei, con cui fece lo spettacolo “Delirio amoroso”? La perdita di Alda per me è un vuoto enorme, non solo come amica, ma anche come persona che ascoltavo, sentivo, che se anche non vedevo spesso, sentivo sempre al telefono da sedici anni. Un rapporto molto lungo. Ed ero anche testimone della sua vita dolorosa. Quello che è rimasto da parte sua è un importante insegnamento di grande umiltà che lei aveva. Nonostante vivesse in condizioni veramente miserevoli, non voleva cedere a niente e a nessuno, accettando di vivere così. A questo aggiungasi la perdita di una delle più grandi poetesse del ‘900. Un vuoto culturale che ai nostri giorni sta diventando una voragine. I suoi impegni per il futuro, oltre allo spettacolo di Moliere con cui è attualmente in tournée? Quindici giorni fa ho sospeso la tournée del mio spettacolo “Manca solo la domenica”, che riprenderò a febbraio, finito il Tartufo con cui sono attualmente in giro per i teatri d’Italia. “Manca solo la domenica” nasce da un testo di Silvana Grasso, una scrittrice di cui consiglio vivamente di comprare i libri, perché è una delle più grandi in Italia, di veramente grande levatura secondo me. Il racconto da cui è tratto lo spettacolo è “Pazza è la luna” che lei ha pubblicato due anni fa, un libro di racconti. Ho cominciato la tournée quest’anno con piazze come Parigi, Madrid, una tournée europea andata straordinariamente bene. In primavera sarò a Roma, in altre città italiane che non ho ancora fatto e poi ancora in Francia. Magari la vedremo anche da queste parti nelle prossime stagioni. Chissà! Sono in scena con un bravissimo fisarmonicista Vladimir Denissenkov, che è russo e suona il bajan, la fisarmonica russa appunto. Mi piacerebbe che ci ascoltaste entrambi prossimamente. palcoscenico 3 Martedì, 1 dicembre 2009 ANTEPRIMA I raccomandati Il piacere dell’onestà Politeama Rossetti, Trieste “Il piacere dell’onestà” segna il ritorno allo Stabile dell’ottimo Leo Gullotta in un ruolo pirandelliano. Il plauso dei recensori, 95.000 spettatori nei tre anni di tournée dello spettacolo, la candidatura ai Premi Olimpici del Teatro quale miglior attore: forte di tali risultati, Gullotta affronta la piéce riproponendo la stessa squadra creativa – il regista Fabio Grossi, lo scenografo e costumista Luigi Perego, Germano Mazzocchetti per le musiche, Valerio Tiberi per le luci – e invitando fin da principio a una riflessione sul tema centrale di questo testo: l’onestà. Un valore su cui oggi come allora non appare affatto scontato soffermarsi. Tratto da una novella, “Il piacere dell’onestà” è andato in scena per la prima volta nel 1917 e narra la vicenda di Angelo Baldovino, uomo fallito, che solo “per il piacere dell’onestà” accetta di sposare Agata, ragazza di ottima famiglia, rimasta incinta di un uomo maritato, anch’egli “rispettabilissimo”. Il matrimonio riparatore salva Agata e la sua cerchia vuota di valori reali davanti alle convenzioni della società, e fa sì che Angelo sia investito del costume dell’Onesto: cosa che lo rende inattaccabile, lo differenzia dagli altri e gli permette di sfidare false apparenze ed egoismi. Quando egli si allontanerà da quella società vuota, otterrà una fondamentale vittoria: Agata, conquistata, lo seguirà. “Tutta la vicenda – scrive il regista – letta oggi con occhi rapportati alla realtà in cui mi muovo, fa sì d’indurmi a rappresentarla come una gran bella favola, dove il “cattivo” prende su di sé l’immagine del buono e le anime dei così detti “per bene” assumono l’espressione della bestialità (…). Perché essere onesti significa essere diversi, e la società fa di tutto per annichilire l’elemento considerato spurio con tutti i mezzi, anche quelli più perversi”. Aggiungi un posto a tavola HKD / Casa di cultura Sušak, Fiume Dopo il successo ottenuto nel lontano 1984 con “Il giorno della tartaruga”, gli attori del Dramma Italiano hanno sempre avuto il desiderio di riproporre nuovamente un musical. Solo che la tradizione italiana non è quella dei musical, ma quella delle commedie musicali. “Aggiungi un posto a tavola”, è forse una delle commedie musicali che il pubblico italiano conosce e ama di più, un successo senza pari che è andato in scena per decenni al Teatro Sistina di Roma ed è stato allestito in tutti i continenti. Il protagonista italiano della prima, fortunatissima edizione, era Johnny Dorelli. La storia è quella di Don Silvestro, parroco di un immaginario paese di montagna, il quale riceve una telefonata del Padreterno in persona che gli comunica l’intenzione di mandare sulla terra il secondo diluvio universale. Come un novello Noè, riceve l’incarico di costruire un’arca di legno, per mettere in salvo dal diluvio tutti gli abitanti e gli animali del paese. La regia dello spettacolo è stata affidata al fantasioso coreografo fiumano Branko Žak Valenta. Un ispettore in casa Birling Teatro “Orazio Bobbio”, Trieste Un classico della scena inglese del ’900, rappresentato per la prima volta nell’estate del 1945, An Inspector calls (Un ispettore in casa Birling), che già nel titolo ammicca alla popolarità del genere poliziesco, è un testo costruito con sapienza magistrale, in cui la trama procede con la tensione e la suspense proprie del giallo. In una sera di primavera, in casa del ricco industriale Birling si sta concludendo la cena di fidanzamento della figlia Sheila. L’atmosfera conviviale viene interrotta dall’arrivo dell’ispettore Goole, che annuncia il suicidio di Eva Smith, una giovane ex-dipendente in uno degli stabilimenti Birling, licenziata due anni prima in quanto attivista sindacale. L’ispettore interroga i membri della famiglia, i quali risultano tutti, ciascuno a diverso titolo, coinvolti nella vita di Eva e potenzialmente responsabili dell’atto suicida di lei. Terminata l’indagine, l’Ispettore se ne va e i Birling cominciano a interrogarsi sull’accaduto. Scoprono che Goole non fa parte della polizia e sono anche assaliti dal dubbio che la ragazza, di cui negli ospedali di zona non risulta traccia, non sia mai esistita. Ma quando tutto sembra ormai avviato a tornare nella consueta, tranquilla routine familiare, all’improvviso squilla il telefono: all’altro capo del filo è la polizia… Le colpe si materializzano e diventano spauracchi agli occhi della famiglia Birling dove ognuno prova a scaricare la propria responsabilità. L’interrogatorio poliziesco dura un’intera notte, non risparmiando niente e nessuno: in una serie di colpi di scena alla Hitchcock dove cambia ogni volta il nome dell’assassino, i protagonisti, presunti ignari e presunti colpevoli, sono coinvolti in una sarabanda surreale e velenosa, che non conosce sosta e che ha termine alle prime luci dell’alba. In scena, Paolo Ferrari, Adrea Giordana e Crescenza Guarnieri. Regia Giancarlo Sepe. Relazioni Teatro cittadino, Capodistria Una faccenda che potrebbe capitare a ciascuno di noi. Una professoressa di mezza età, dvorziata, vive con la figlia adulta che ha appena troncato la relazione con il fidanzato. Un brutto colpo, che la mamma - prof. tenta di lenire con la teoria che la vita, in fon- do, è bella (anche) senza uomini. Convince sè stessa, ma in nessun modo la figlia. Convinta proprio? Alla festa di anniversario di matura, un ex allievo le confessa che dai banchi di scuola è innamorato di lei. al contempo la figlia si innamora di uomo più “vecchio” di lei, ed allora c’è il confronto tra queste coppie, tutto sommato molto attuali: una donna legata ad un uomo assai più giovane, un’altra legata ad uno assai più vecchio. O, se preferite, un uomo giovane legato ad una donna più grande, un uomo di mezza età legato ad una donna giovane. Firma la commedia Tone Partljič. 4 palcoscenico Martedì, 1 dicembre 2009 Martedì, 1 dicembre 2009 5 Italiani si nasce RECE ECENSIONE E ECEN I IONE ION E NSIIONE ECENSIONE L’inferno di una madre (e figlio) sempre eroi, poeti e sant T H rieste. Teatro La Contrada. “Caracreatura”, assieme a Vera Verk di Tomizza, allestito quest’estate nel castello di Muggia, può essere considerato a ragione uno dei migliori allestimenti della Contrada di questi ultimi anni. Il testo di Pino Roveredo, quasi un monologo per l’ottima interpretazione di Maria Grazia Plos, presenta una scrittura limpida, incisiva, teatralmente di grande ggibilità. La regia del triestino P de semplicità ed efficacia la storia, che lo scrittore triestino dedica ad uno dei tanti personaggi sfortunati della sua personale esperienza umana. Il luogo della rappresentazione è il piccolo teatrino dei Fabbri, restituito al pubblico dopo tanti anni di lavori di ristrutturazione, spazio ideale raccolto per un racconto tragico che ha bisogno di intimità per svelarsi. Due quintine bianche in mezzo alla scena rappresentano due finestre sul mondo esterno, bagnato da una fitta pioggia che cade ininterrotta e rumorosa. Al centro una donna, trasandata e stanca, sfinita da una vita in salita costan- il figlio Gianluca. È una donna semplice Marina, così si chiama la protagonista, e delle persone semplici ha il gergo e le abitu- si era perso nel vortice della droga. Overdose, spaccio, violenza paura ne avevano sottolineat istenza sua e della famig adre non regge il dolore operta e, ancora giova e. Lei pros erché ama e. La paro vivere e co e, spesso ità e le im alla china pezzo di carta appoggiato ad un ato e desolante tavolino in za disadorna rimandano oria di un interno femaico. Si tira su le manipiù ore dell’orologio rare , per a, deuando opo esmenata pugno il figlio. È una denuncia che lei intravede come ultima e unica via per salvare Gianluca. E così sarà quando finalmente il ragazzo accetterà di andare in una comunità per salvarsi. E fuori smetterà finalmente di piovere. La grande fede che Roveredo ha sibilità umana di redi poteva dare una final ce alla tragica storia che salva tut ri, il messag sta da dare vita non po molti g ono con calore a dimostrahanno capito e condiviso. La Plos entra nel personaggio e lo incarna con profondità e con crudo realismo. Affianco a lei il giovane Massimiliano Borghesi che, con una voce forte e dolente, rappresenta nei brevi spot di dialogo la furia di un giovane ferito. Meno in linea con il resto il picolo cammeo del marito che com pare solamente in video. L’atto re Riccardo Maranzana, evoca nei ricordi di Marina, è trop raffinato e distante per il con sto in cui è stata calata la sto Ma è poca cosa per togliere an ammaticità e alla essa in scena. Po a debu nasce … mo”, s da Mauriz lenghi. (Pr atro Stabi Studio). Con la collaborazione ai testi Marco Presta e la consulenza istica di Michele Mirabella, liani si nasce” riunisce per la a volta sulle scene nella dueste di autori e interpret i, che uniscono la d “varietà del terzo millennio”. Lo spettacolo vuole celebrare in maniera ironica e scherzosa i 150 anni dell’Unità d’Italia che ricorrono nel 2010. Ed è occasione, questa, per riflettere sugli aspetti del costume e del carattere nazionale: malgrado il passare dei secoli, non sembrano cambiati e puntualmente si ripropongono. Non si tratta di una rievocazione nostalgica, bensì è un raccontare con l’occhio critico di oggi il carattere degli italiani nel tempo. E così, in una piazza italiana, ai piedi dei due monumenti di Garibaldi e di Vittorio Emanuele II, una compagnia teatrale comincia a narrare una storia e a più umili comparse (due cristiani che stanno per essere sbranati dai leoni del Colosseo, due santi alla continua ricerca di fedeli, ecc.). Scopriremo così che tutti sono accomunati dallo stesso irresistibile denominatore comune: l’italianità. Ma esiste ancora? E come si manifesta oggi? E che fine hanno fatto “Dio, Patria e Famiglia” o gli inevitabili e invadenti “poeti santi e navigatori”? umorismo, prose, versi e canzoni, dove i due protagonisti, sostenuti da una compagnia di altri sei validissimi attori, si caleranno nel funambolismo dei personaggi, per ripercorrere attraverso caratterizzazioni, trucchi, dialetti, travestimenti, le mille identità necessarie a raccontare i loro “Italiani”. Accanto a Micheli e Solenghi, si muovono in scena Sandra Cavallini, Gualtiero Giorgini, Eva (italiani anch essi, stano agli autori) per poi passare ad grandi prota storia (Leona Galilei, Cavour, contare scandagliando la storia patria con la comicità del teatro: di quel teatro speciale, cos camente italiano, che è il tà di sangue nobile, con mu zetti, Matte mani, che d naggi regi arce Il Tartufo Il tuo nome è ipocrisia T rieste. Politeama Rossetti. Moliere presentò la sua commedia “Il Tartufo” al ventiseienne Luigi XIV, re di Francia, e alla sua corte nel 1664, in un momento storico delicato, e lo fece con una satira pungente che non fu gradita agli ambienti conservatori e religiosi della monarchia, tanto che la cosiddetta “cabala dei devoti” ottenne la pubblica della commedia. Ci vollero parecchi anni e mutate con ni politiche perché il lavoro forse il più bello del dra francese, potesse essere r ruota atto postore, T e mendican l nobile Or da costui lo suo affetto o promett rianna, c fidanzata con Vale gono le perorazion meriera e di Cleonte, fratello di Ermina, moglie di Orgone, di cui Tartufo, però, è segretamente innamorato, e a lei si dichiara. La donna, respingendolo, promette di non dire niente al marito a patto che Tartufo rifiuti di sposare Marianna. Damide, figlio di Orgone, che ha ascoltato la conversazione nascosto in un armadio, esce allo scoperto con l’intenzione di denunciare tutto ad Orgone, affinché Tartufo non rimanga impunito. Ma Orgone è troppo o ubilato dall’impostore, non vu dere alle accuse rivolte all’am nzi, per dimostrargli la sua ta fiducia gli dona i suoi b nte ciò E a a far sc e lo convince a to ad un tavolo nversazione con on riesce a tratdigia per questa volta finalmente O ompresa la verità, si rivel fo, per nulla perduto, è infatti legalmente proprietario della casa e dei beni di Orgone ed è intenzionato a scacciare lui e la sua famiglia; denuncia Ormone al re, accusandolo di avere tenuto nascosti importanti segreti custoditi in una cassetta. Ad essere arrestato, però, sarà Tartufo, noto truffatore e delinquente che, andando a denunciare il nobi- di annulla il contratto con cui Orgoha donato i beni all’impostore. E isce bene, con uno sdolcinarico ra opera è una satira nei confronti della società nobile francese del ‘600. Il Tartufo è infatti l’emblema dell’ipocrita che v to la maschera della devozi giosa e dell’amicizia verso ma in realtà vuole approfit sua fiducia per trarne va , come afferma M una presentazione media al re di Francia, “il compito della commedia essendo quello di correggere gli uo presentando i v nche esagerato La messa il Teatro Stabile delle che e quello di Napoli, si avvale di una traduzione teatrale di Cesare Garboli molto rigorosa, con pi tratti in rima. Molto bella no linguistico, a tratti sonel primo tempo rischia brigliare un po’ troppo la recitazione degli il secondo energia e rsonaggi. e dello st anni di O ’untuoso impersonata da Licia M n evidenzia la furbizia a elegante della nobile . Bravi anche tutti gli elica Ippolito (Madame Antonia Truppo (Dorina De Francesco (Cleante), Ferrieri (Valerio), Rino Marino (Il Signor Leale/un Ufficiale), Barbara Ronchi (Marianna), Diego Sepe Damide). Le scene sono di Fransco Calcagnini, i costumi di Sana Cardini e le musiche di Michele ’Ongaro. ( 6 palcoscenico Martedì, 1 dicembre 2009 DRAMMA ITALIANO «Brutta», commedia noir antiestetica Un gioco di ritratti grotteschi dove il bello è brutto e viceversa di Ilaria Rocchi M etti una donna brutta, ma proprio brutta, frustata implacabilmente dalla vita fin dal primo vagito. È Brutta, di nome e di fatto, anzi è “brutta, sporca, repulsiva, una gobba nauseabonda, all’alitosi condannata, malformata, vomitosa, guercia, strabica, rognosa, vacca fetida, merdosa”. Anteponile Samuel Guasch, un artista, uomo che si vuole bello, popolarissimo, che in quanto a piaceri terreni non si fa mancare proprio nulla, strafregandosense degli altri. Aggiungi poi una miriade di personaggi-macchiette, mostruosamente normali, di quelli che s’incontrano quotidianamente, esemplificazione di una mediocrita` imperante in un mondo ormai davvero scassato. C’è l’imprenditore che sta per assumere una segretaria dando la preferenza alla quantità delle forme, piuttosto che alla qualita` e alle doti; c’è la classica amica del cuore, che promette di starti sempre accanto e aiutarti, ma poi ti sfrutta e non esita un attimo a conficcarti il coltello nella schiena, portandosi a letto l’unico uomo che non ti aveva vomitato in faccia; c’è poi Raul, un amico-massaggiatore, ipercomplessato e, manco a dirlo, decisamente gay; c’è ancora Pina, la segretaria-robot perdutamente innamorata – come vuole il cliché Il volto, specchio dell’anima? Ecco come si introduce questa piéce: Sì, c’è un una cosa peggiore in questo mondo dell’essere brutti ed è essere brutta. Perché per una donna sarà certamente più duro. Ma può sempre trovare un modo di vendicarsi: una commedia musicale per esempio... Chi non hai mai avuto un incubo? Un incubo di quelli orribili, di quelli in cui ti svegli in piena notte tutto sudato con la sensazione di aver corso un grave pericolo, per poi accorgerti che sei a casa e nel proprio letto con il tuo peluche preferito. Non ti è mai successo? La nostra protagonista non può risvegliarsi. Una ragazza con poca grazia fisica che lotta per sopravvivere in un mondo dove Essere belli e famosi è la sola cosa che conta. Ecco allora Brutta, una commedia musicale divertente e crudele dove la nostra eroina decide di farsi giustizia da sola. Tutti ci siamo sentiti soli almeno una volta nella nostra vita.Tutti ci siamo sentiti, prima o dopo, incompresi e rifiutati dagli altri. Tutti ci siamo sentiti fisicamente o spiritualmente brutti e rifiutati. Tutti abbiamo pensato che la natura è stata ingiusta con noi perché non ci ha dato la possibilità di scegliere il nostro corpo, il nostro viso, il carattere. Tutti quanti ci siamo ribellati inutilmente o con fortuna a questo dispotismo della natura. Tutti ci siamo sentiti, con un certo imbarazzo, insultati, quando qualcuno ci ha detto: “il volto è lo specchio dell’anima...” – del suo capo; quindi un’infermiera che si lascia corrompere dal paziente, un gigolò, un’attricetta, un chirurgo plastico stressato dalle diete e dai canoni estetici, una donna poliziotto gelida, un calciatore brasiliano e... un nostro collega, Paul Carbonelle, giornalista de “La Voce” (che ahimé, in scena a Fiume, teneva in mano un allegato del “Novi List”) che, come tanti del mestiere, è ormai assuefatto agli orrori della società contemporanea, tanto da essere l’unico a riuscire a parlare con la protagonista, Brutta, senza provare un senso di repulsione – non la deride brutalmente come lo fanno quasi tutti gli altri – per la sua poca grazia fisica, trattandola come un essere normale, anzi, arrivando persino a esserle amico e starle accanto in un momento difficile. Crudele, forte, esagerato: è “Brutta”, “commedia musicale noir antiestetica”, ultima produzione del Dramma Italiano – Teatro nazionale croato “Ivan de Zajc” di Fiume, che dopo il debutto del 26 novembre scorso, nel capoluogo quarnerino, è sbarcata in Istria (Buie, Capodistria, Pola e Lussinpiccolo). Il testo è stato scritto dal drammaturgo catalano Sergi Belbel (con l’apporto di Jardi Sánchez e le musiche di Oscar Roig), un autore contemporaneo pochissimo (quasi per niente) rappresentato da queste parti e, in generale, in lingua italiana, per cui questo lavoro del DI può dirsi davvero “pionieristico”. Non una novità per la compagnia di prosa italiana, che ama proporsi quale “ponte” – e ciò non solo tra culture, come classicamente avviene fin dalla sua fondazione – anche tra diversi modi di fare teatro, non disdegnando discorsi (allestimenti) audacemente innovatori. La “Brutta” di Belbel nella versione proposta dal Dramma Italiano, rispettivamente dal regista Toni Cafiero, è una piéce che racchiude elementi di consonanza con temi, codici, registri e suggestioni appartenenti a diverse arti. Da una parte si possono infatti scorgere alcuni momenti della tragedia classica – nel discorso introduttivo affidato alla protagonista, nei vari episodi del lavoro, nei canti (sep- pure non corali) che li separano –; dall’altra parte ci sono chiari riferimenti a un certo tipo di cinematografia, in primis quella del regista spagnolo Pedro Almodóvar – ma anche all’opera surrealista di un maestro del cinema che va oltre la realtà, come Luis Buñuel, eccentrico, provocatorio, scandaloso – e al cinema “pulp” dell’americano Quentin Tarantino. Della «settima arte» questo spettacolo possiede i ritmi frenetici, le scene di sesso, violenza, sangue. Toni Cafiero dirige un gioco teatrale abbastanza convincente. Le scene si alternano con un buon ritmo; forse con una riduzione degli “stacchi” musicali avrebbe acquisito maggiore velocità (il tutto dura oltre due ore, con un intervallo). La scenografia si basa su una serie di elementi scarni, quasi simbolici, che contribuiscono a (ri)creare spazi e ambienti. I cambiamenti avvengono durante brevi intervalli, nel buio; pause tecniche che nulla tolgono alla dinamicita` e che sono impreziositi da interessanti proiezioni video. Lo spettacolo si regge sulle interpretazioni di quattro attori che vestono i panni di ben ventidue personaggi, rispettivamente Elena Brumini e` la protagonista assoluta, mentre tutti gli altri ruoli vedono impegnati Woody Neri, Rosanna Bubola e Fabrizio Careddu, rispettivamente con tre, dieci e otto ruoli. Bravi, una faticaccia, un grande lavoro. Forse fin troppo ambizioso nelle intenzioni: di fronte a questo ventaglio di parti così ampio è difficile evitare il rischio di una non completa caratterizzazione dei personaggi, di una certa ripetitività. La trama è semplice e ruota intorno a questa donna (di)sgraziata, rinnegata dai suoi stessi genitori – il padre la mandera` addirittura via di casa –, che cerca di costruirsi un’esistenza lottando contro le ipocrisie, consapevole di questo handicap fisico che le rovina la vita. Dopo un colloquio di lavoro andato male, irrompe nel suo mondo la candidata rivale, Clara Roger, una ragazza prestante, che si spaccia per sua amica e che cerca puerilmente (animata dalla morale della celebre favola di Hans Christian Andersen) di far emergere “il cigno” che c’è in lei, brutto anatroccolo, rispettivamente di trovare l’utilità della sua condizione (contro la futilità della bellezza). Una mission impossible, come confermerà poi un chirurgo estetico, stranamente assai poco avvezzo alla pratica del “nip/tuck” (taglia e cuci) così diffusa invece nel mondo d’oggi.. Rassegnata, un giorno Brutta conosce, sulla panchina di un parco, Paul Carbonelle, giornalista-cronista cui il capo ha affidato il compito di scovare, tra la gente comune del rione, una storia strappalacrime. Vede Brutta e l’accetta così com’è, acconsente di venire a a cena a casa di lei. E alla ragazza lui piace; Brutta spera, s’illude di essere ricambiata. Invece Paul si lascia sedurre da Clara, con la quale consuma un rapporto veloce e poco appagante; sarà solo lui a pentirsene, chiedendo poi scusa a Brutta. Troppo tardi: nella nostra anti-eroina scatta la molla che la trasformerà in... mostruosa; una serial killer che farà fuori i “belli e famosi” – e prima vittima sarà la sua “amica” Clara –; un progetto machiavellico teso a migliorare il mondo, a fare in modo che l’apparire (belli fuori) non conti più dell’essere (belli dentro), dove le persone saranno apprezzate per quello che sono, a prescindere dalla loro prestanza (o meno) fisica. Brutta cerca di farsi giustizia da sola, con estrema efferattezza (massacrando e sfigurando le sue vittime), provando ogni volta un’esplosione di sensazioni estatiche. Il piacere della vendetta? In questo modo però perde la sua battaglia: diventa repellente anche moralmente. Scompare così ogni distinzione netta tra “vittima” e “carnefice”, quasi a dire che ognuno, in fin dei conti, è vittima della situazione che vive. Basta questo a comprendere l’orrore di certi comportamenti? Brutta ha comunque la sua piccola rivincita. Sul mondo dei belli. S’innamora di lei Samuel Gausch, un giovanotto con cui la Natura è stata generosa, bello, famoso, seducente. Ma egoista, insensibile, vuoto, vanitoso, alla perenne ricerca della perfezione esteriore. Quando la raggiunge ne capisce tutta l’inutilità; arriva per- L’autore Uno degli autori spagnoli più rappresentati, tradotto in inglese, francese, tedesco, russo, polacco e giapponese, Sergi Belbel (Terrassa, 29 maggio 1963), è dal 2005 direttore del Teatre Nacional de Catalunya (Teatro Nazionale di Catalogna). Laureatosi in filologia catalana a Barcellona, si forma dal punto di vista teatrale nel Teatro dell’Universidad Autónoma de Barcelona. Nel 1985 gli è stato conferito il premio Marqués de Bradomín per la sua piéce “Caleidoscopios y faros de hoy” (Caleidoscopi e fari di oggi) che va in scena l’anno successivo. La sua attività teatrale si amplia dalla scrittura alla regia e, a partire dal 1988, è professore dell’Institut del Teatre de Barcelona (Istituto del Teatro di Barcellona). Nel 1996 ha ricevuto il Premio Nazionale di Letteratura nella sezione della drammaturgia per la sua opera Morir (Morire). Nel 1997, dalla sua opera “Carícies” (Carezze) è stato tratto un film omonimo, diretto dal regista catalano Ventura Pons. Traduttore di testi classici, come quelli di Racine e Corneille, ma anche di opere moderne come quelle di Koltes, Lagarace, Sarah Kane, Martin Mc Donagh, tra i lavori di Belbel ricorderemo “Caleidoscopios y faros de hoy” (1986), “Minim-mal show” (1987), “Ópera” (1988), “Elsa Schneider” (1989), “En companyia d’abisme” (1989), “Talém” (1990), “Carícies” (1991), “Después de la Lluvia” (1993), “El temps de Plank” (1999), “Forasters” (2005) e “A la Toscana” (2007). ciò a rifiutare tutto ciò che fino ad allora aveva perseguito. Un’autentica crisi esistenziale. Rimasto solo e nudo per la mancanza di morale e di etica – non solo per l’assenza di abiti (e qui diventa impossibile non ricordare nuovamente Andersen, questa volta con “I vestiti nuovi dell’imperatore”) – desidera morire, lui che dentro era già decrepito. Si fa catturare e seviziare da Brutta, provando amore, per la prima volta. Poi si uccide lanciandosi sul coltello della ragazza. Nel frattempo la polizia scopre l’identità dell’omicida; braccata, Brutta scappa, ma si costituisce più tardi su consiglio di Paul, poco prima di dare alla luce un bambino; un nuovo essere generato in quell’unico rapporto sessuale avuto nella sua vita, con Samuel. Mette al mondo un bambino perfetto. E lo uccide gli strappa il cuore, “guidata” da Samuel, che le compare come “ghost”. Un mondo ai limiti del grottesco, in alcuni frangenti stereotipato, che suscita facile ilarità. E non dovrebbe farlo. Perché nella vita di tutti i giorni non ci salterebbe mai in mente di ridere di certe situazioni descritte nella piéce, come la discriminazione basata sull’aspetto fisico o di un fenomeno come la molestia sessuale (ad esempio la segretaria che si becca la pacca sul sedere del futuro capo). Dunque, a seconda di come ci si accosta alla commedia, “Brutta” può essere vissuta in diversi modi; ciascuno può darle la lettura che preferisce; non ci sono insegnamenti morali. È una sorta di parabola ironicamente/drammaticamente splatter sulla condizione umana in questo nuovo millennio; un viaggio dentro la sterilità delle emozioni, della banalità delle interazioni, della volgarità. Insomma, è come entrare nella sala degli specchi deformanti di un luna park, in un gioco di ritratti dalle sfaccettature contradditorie, in cui il grottesco è comico. Ma anche tragico. palcoscenico 7 Martedì, 1 dicembre 2009 Il mito di Narciso CAST AUTORALE E ALLESTIMENTO di Sergi Belbel e Jordi Sànchez Musica: Oscar Roig Regia e adattamento in lingua italiana: Toni Cafiero Scene e costumi: Toni Plešić, Toni Cafiero Creazione luci: Alan Vukelić Traduzione testo: Rosanna Bubola Traduzione e adattamento canzoni: Laura Marchig Consulenza musicale: Igor Vlajnić Video: Martino Šesnić Tecnici del suono: Sanjin Valić, Anito Jelović; direttrice di scena: Lili Švrljuga; suggeritrice: Sintia Lacman Lo spettacolo e realizzato con il contributo finanziario dell’Unione Italiana - Fiume e dell’Università Popolare di Trieste PERSONAGGI E INTERPRETI Brutta: Elena Brumini Samuel Guasch l’artista; un ragazzo carino; una ragazzina: Woody Neri Clara Roger l’amica; una ragazza carina; Pina; la fidanzata; la madre; l’infermiera; un’attrice; una donna poliziotto; la levatrice; il padre: Rosanna Bubola Paul Carbonelle, giornalista; un ragazzo interessante; una ragazzina, un gigolò; un manager; Raul; il dottor Blanes; il calciatore: Fabrizio Careddu Un testo che trascina, che cattura, “non comune, denso, polissemico, caustico, divertente, terribile, irritante, travolgente”, in cui non esistono le mezze misure: è così che lo riassume la direttrice del Dramma Italiano, Laura Marchig. Con “Brutta” si penetra in una dimensione in cui lo straordinario diventa quotidiano e in cui il quotidiano si rivla improvvisamente in tutta la sua eccezionalità e bizzarria. “Il mondo di Belbel – rileva Marchig – mantiene dei solidi legami con la realtà, questa ne rappresenta il fondamento e ne è la diretta ispiratrice. La capacità, che del resto è propria di un certo tip odi letteratura e cinematografia iberica, è quella di sapere scoprire i misteri, le ambiguità, gli equivoci, i prodigi, le anomalie e le mostruosità nascoste all’interno delle banalità e delle consuetudini. Belbel fa parte, a mio modo di vedere, di quel gruppo di scrittori che possiamo definire eccentrici, che sanno individuare con estrema lucidità – e mediandole attraverso una particolare sensibilità e delle pratiche cognitive insolite – le anomalie e le contraddizioni delle società contemporanea”. Il mito di Narciso è stato un’assidua fonte di ispirazione per gli artisti fino ai giorni nostri, anche ben prima che il poeta latino Ovidio includesse una sua versione nel libro III delle sue “Metamorfosi”. Personaggio della mitologia greca famoso per la sua bellezza (figlio della ninfa Liriope e del dio fluviale Cefiso, o secondo un’altra versione di Selene ed Endimione), Narciso appare come un essere incredibilmente crudele, in quanto disdegna ogni persona che lo ama. Come punizione divina, si innamora della sua immagine riflessa in uno specchio d’acqua, lasciandosi infine morire, resosi conto dell’impossibilità del suo amore. La dea della Natura in suo onore, come simbolo per la sua sepoltura, creò un iris di nome Narciso. Il mito di Narciso è, fra quelli classici, uno di quelli dei quali è possibile notare la ricorsività pressoché ininterrotta nella storia della cultura occidentale. Se facciamo risalire la prima versione completa a Ovidio, si può cogliere uno sviluppo, una tradizione che abbraccia pressoché due millenni interi di storia della cultura occidentale. Pressoché contemporanea alla versione di Ovidio è quella di un autore greco, cioè Conone; a queste due segue la versione di Pausania, nel II secolo dopo Cristo, e poi assistiamo ad uno sviluppo pressoché ininterrotto, salvo alcune fasi di relativa eclissi, in cui questo mito viene riletto, ripresentato, reinterpretato in forme e in contesti diversi, e anche con significati e funzioni fra di loro notevolmente e sensibilmente differenti. Se volessimo a grandissime linee tracciare una sorta di storia di questo mito dopo, appunto, la versione di Pausania, potremmo ricordare la ripresa che del mito di Narciso si realizza in età medioevale dopo la prima traduzione in lingua moderna delle “Metamorfosi” di Ovidio, che risale al 1180, e il fiorire di quella che è stata denominata opportunamente la prima aetas ovidiana, che coincide all’incirca con l’inizio del tredicesimo secolo. Per poi seguire la fortuna del mito attraverso le riprese rinascimentali, attraverso l’importante, anche se breve, reinterpretazione del mito di Narciso offerta da Francesco Bacone; e ricordare, poi, il testo assai significativo di Rousseau dedicato al mito di Narciso, nonché l’importanza che questa figura mitologica ha poi avuto nella cultura tedesca dell’Ottocento, e in particolare in autori come Herder, Hamann e una serie di altri letterati o pensatori dell’Ottocento tedesco, i quali sovente si sono riferiti alla figura di Narciso reinterpretata perlopiù in chiave romantica. Inutile poi, credo, ricordare come al mito di Narciso Sigmund Freud abbia riservato particolare attenzione, in qualche misura facendo della figura di Narciso l’emblema, la rappresentazione di una forma in cui si manifesta l’eros e la pulsione erotica, nella forma determinata, appunto, dell’amor sui, dell’amore per sé stesso. 8 palcoscenico Martedì, 1 dicembre 2009 CARNET PALCOSCENICO rubriche a cura di Carla Rotta TEATRO Il cartellone del mese IN CROAZIA IN ITALIA Teatro Nazionale Ivan de Zajc - Fiume Teatro lirico Giuseppe Verdi - Trieste 2, 3, 4, 10 e 11 dicembre ore 19,30 Casanova in Istria opera comica di Alfi Kabiljo. Libretto Drago Orlić e Alfi Kabiljo. Regia Krešimir Dolenčić. Interpreti Ivica Čikeš, Voljen Grbac, Marijana Radić, Vanja Zelčić, Davor Lešić, Ivanica Lovrić, Dario Bercich, Siniša Štork, Kristina Kolar, Robert Kolar, Saša Matovina, Marko Fortunato, Ivica Žunić, Darko Matijašević 12, 15, 16 e 17 dicembre ore 20,30; 13 dicembre ore 16; 18 dicembre ore 18; 19 dicembre ore 17 La fanciulla di neve musica di P. I. Ciajkovski. Coreografia Vladimir Burmeister. Balletto del Teatro Musicale Accademico Stanislavskij e Nemirovich-Danchenko di Mosca Politeama Rossetti - Trieste 7 e 8 dicembre ore 19,30 Crnac / Il negro di Tatjana Gromača. Regia Tomi Janežić. Interpreti Jelena Lopatić, Tanja Smoje, Bojan Navojec, Olivera Baljak, Zdenko Botić, Anastazija Balaž Lečić, Jasmin Mekić, Damir Orlić, Sabina Salamon, Biljana Torić Ciclo:Prosa 1, 3, 4 e 5 dicembre ore 20,30; 2 e 6 dicembre ore 16,30 Politeama Rossetti Cyrano de Bergerac di Edmond Rostand. Regia Daniele Abbado. Interpreti Massimo Popolizio, Stefano Alessandroni, Roberto Baldassari, Luca Bastianello, Giovanni Battaglia, Luca Campanella, Dario Cantarelli, Simone Ciampi, Andrea Gherpelli, Marco Maccieri, Elisabetta Piccolomini, Mauro Santopietro, Viola Pornaro, Carlotta Viscovo 8 e 9 dicembre ore 19,30 HKD Sušak Brutta di Sergi Bebel. Regia Regia Toni Cafiero. Interpreti Elena Brumini, Woody Neri, Rosanna Bubola, Fabrizio Careddu 16, 18 e 19 dicembre ore 20,30; 17 e 20 dicembre ore 16 Politeama Rossetti 5 dicembre ore 18 L’Ape Maja opera per ragazzi di Bruno Bjelinski. Regia Ivan Leo Lemo. Interpreti Olga Šober, Denis Brižić, Anđelka Rušin, Kristina Kolar, Sergej Kiselev, Siniša Štork, Robert Kolar, Mirko Čagljević, Milica Marelja, Ivanica Lovrić, Stanislava Šćulac, Saša Matovina, Angela Nujić, Dario Bercich, Marko Fortunato Il piacere dell’onestà di Luigi Pirandello. Regia Fabio Grossi. Interpreti Leo Gullotta, Mar10 e 11 dicembre ore 19,30 HKD Sušak Turbo folk di Oliver Frljić. Regia Oliver Frljić. Interpreti Anastazija Balaž Lečić, Olivera Baljak, Andreja Blagojević, Alen Liverić, Jelena Lopatić, Jasmin Mekić, Dražen Mikulić, Damir Orlić, Tanja Smoje 16, 17, e 18 dicembre ore 19 La Fenice Aggiungi un posto a tavola commedia musicale di Garinei & Giovannini e Iaia Fiastri. Regia Žak Valenta, Interpreti Mario Lipovšek, Bruno Nacinovich, Elvia Nacinovich, Giuseppe Nicodemo, Elena Brumini, Alida Delcaro,Toni Plešić, Pino Trani, Silvano Bontempo, Rosanna Bubola, Chiara Cavalieri, Vivien Galletta, Miriam Monica, Marijan Padavić, Cvetan Pelčić, Marijana Radić, Lucio Slama, Teodor Tiani tino Duane, Paolo Lorimer, Mirella Mazzeranghi, Valentina Beotti, Antonio Fermi, Federico Mancini, Vincenzo Versari CicloAltri Percorsi 11, 16, 17 e 18 dicembre ore 20,30; 12, 13, 15, 19 e 20 dicembre ore 17 Sala Bartoli Il Conde/ Le voci di Claudio Magris. Regia Antonio Calenda. Interpreti Antonio Calenda 21 dicembre ore 20,30 Politeama Rossetti L’intervista di Natalia Ginzburg. Regia Valerio Binasco. Interpreti Maria Paiato, Valerio Binasco, Azzurra Antonacci Ciclo: Fuori abbonamento 15 dicembre ore 20,30 Politeama Rossetti 21 dicembre ore 21; 22, 27 e 30 dicembre ore 11 e ore 17; 28 e 29 dicembre ore 17 Variertà con I Piccoli di Podrecca Ciclo: Musical & Grandi eventi 9, 10 e 11 dicembre ore 20,30; 10 e 12 dicembre ore 16; 13 dicembre ore 15 Politeama Rossetti Chicago - The musical libretto di Fred Ebb & Bob Fosse. Regia Bobbie ripresa da Scott Faris. Interpreti Gary Wilmot, Twinnie-Lee Moore, Adam Stafford, Wendy-Lee Purdy, G E Weaver Ciclo : Danza e dintorni 22 e 23 dicembre ore 20,30 Politeama Rossetti Lo Schiaccianoci musiche di P. I. Ciaikovskij. Interpreti i solisti e il corpo di ballo del Moscow Festival Ballet La Contrada – Trieste 11, 12, 16, 17, 18 e 19 dicembre ore 20,30; 13, 15 e 20 dicembre ore 16,30 Un ispettore in casa Birling di John Boyton Priestley. regia Giancarlo Sepe. Interpreti Paolo Ferrari, Andrea Giordana, Crescenza Guarnieri, Cristina Spina, Vito Di Bella, Mario Toccafondi, Loredana Gjeci IN SLOVENIA Teatro cittadino – Capodistria za. Interpreti Renato Jenček, Mojca Fatur, Ajda Toman, Urška Bradaškja, Gorazd Žilavec, Ajda Smrekar 18, 19, 21 e 22 dicembre ore 19,30 Ospedale generale commedia noire di Hristo Bojčev. Regia Matjaž Latin Aspettiamo il Natale con gli alpini Coro ANA Trieste “Nino Baldi”, diretto da Paolo Rossi 1.mo dicembre ore 20 O nasilju / Della violenza tratto da “Tito Andronico” di W. Shakespeare. Di e regia Anđelka Nikolić. Interpreti Branislav Knežević, Nikola Joksimović, Dragan Ostojić, Marko Gvero, Jordan Bursać, Filip Jungić, Željko Tomin, Miljan Davidović, Đorđe Branković, Marija Opsenica, Mina Stojković, Slavoljub Matić, Gordana Roščić 2 dicembre ore 19,30 Chicchignola di Ettore Petrolini. Regia Boris Cavaz- 4 dicembre ore 11 Podžig di Jeroen van den Berg. Regia Nenni Delmestre. Interpreti Gorazd Žilavec, Mojca Fatur, Ajda Toman, Rok Matek 5 dicembre ore 10,30; 7 e 8 dicembre ore 9 e ore 10,30; 9 dicembre ore 9; 10 dicembre ore 18 Mali modri Huhu / Il pulcino azzurro di Maja Aduša Vidmar. Regia Katja Pegan. Interpreti Mojca Fatur, Ajda Toman, Rok Matek, Maja Aduša Vidmar, Gorazd Žilavec 11, 16, 18 e 19 dicembre ore 20 Partnerski odnosi / Relazionidi Tone Partljič. Regia Vinko Möderndorfer. Interpreti Vesna Jevnikar, Vesna Slapar, Vesna Pernarčič Žunić, Darja Reichman, Igor Štamulak, Borut Veselko 13 dicembre ore 20 Božični večer / Sera di Natale di Desa Muck, Jure Ivanušič. Regia Katja Pegan. Interpreti Desa Muck, Vojko Belšak, Ajda Toman, Žiga Saksida, Jaša Jamnik 7 dicembre ore 19 Kdo vam je pa to delu di Marko Pokorn. Regia Jaša Jamnik. Interprete Boris Kobal Anno IV / n. 46 del 1.mo dicembre 2009 “LA VOCE DEL POPOLO” - Caporedattore responsabile: Errol Superina IN PIÙ Supplementi a cura di Errol Superina 23, 28, 29 e 30 dicembre ore 20 Operetta, operetta concerto di Capodanno. Dirige Nada Matošević Teatro cittadino - Pola Non pervenuto Progetto editoriale di Silvio Forza / Art director: Daria Vlahov Horvat Edizione: PALCOSCENICO Redattore esecutivo: Carla Rotta / Impaginazione: Vanja Dubravčić Collaboratori: Rossana Poletti, Ilaria Rocchi Foto: Pino Le Pera, Dražen Šokčević La pubblicazione del presente supplemento, sostenuta dall’Unione Italiana di Fiume / Capodistria e dall’Università Popolare di Trieste, viene supportata dal Governo italiano all’interno del progetto EDITPIÙ in esecuzione della Convenzione MAE-UPT N° 1868 del 22 dicembre 8, Contratto 248a del 18/10/2006 con Novazione oggettiva del 7 luglio 2009