SENTIREA SCOLTARE online music magazine LUGLIO/AGOSTO N. 33/34 Mirah S m a s h i n g P u mpkins Neurosis P r i m a v e r a S o u nd G i a n lu c a B e c u zzi Ex-Otago P a s q u a l e P a n e lla Control Beastie Boys bianchi per caso sentireascoltare www.audioglobe.it vendita per corrispondenza tel. 055-3280121, fax 055 3280122, [email protected] DISTRIbuzione discografica tel. 055-328011, fax 055 3280122, [email protected] AMIINA MICHAEL FAKESCH “Kurr” “Dos” CD Ever Due EP ormai introvabili e debutto su Ever per le Amiina, già dal vivo con i Sigur Ros e loro quartetto d’archi di fiducia. Strumentazione inimmaginabile, seghe musicali ad arco, glockenspiel, xilofononi e metallofoni, insieme a qualcosa di più consueto come l’harmonium, il piano rhodes, la tromba e naturalmente i loro archi. Musica delicata e raffinata, pura magia sospesa nel tempo. Immaginate una versione nordica e “fatata” della Penguin Cafè Orchestra in attesa di essere scoperta da qualche regista cinematografico. ALLOY MENTAL “We Have Control” Skint Records KING BRITT presents “The Cosmic Lounge Vol.1” CD Rapster/BBE Pochi al mondo posseggono la capacità di andare oltre le divisioni tra i generi musicali come King Britt: deep house, hip-hop, broken beat, jazz, funk e afro-tech. Questo è il primo capitolo di una serie di compilation in cui Britt darà fondo alla sua smisurata collezione di dischi jazz ed in cui uscirà, in pieno, l’essenza spirituale di questa musica. In scaletta: Herbie Hancock, Michal Urbaniak Group, Mtume e tantissimi altri. Un viaggio unico ed inimitabile. Michael Fakesch è stato, insieme a Chris De Luca, la metà dei Funkstörung, una delle formazioni più influenti nella scena elettronica degli ultimi dieci anni e tra le più complete nel coniugare una nuova estetica elettronica ed il beat digitale. Il debutto solista “Dos”, comunque sempre denso di elettronica e bleeps, vuole essere in primis un album profondamente funk. Immaginatevi, così, brani che suonano come se Curtis Mayfield incontrasse Luke Vibert. Soul, elettronica e jazz che vibrano insieme. Che rinascita, Mr. Fakesch! PARENTHETICAL GIRLS “Safe as Houses” CD Skint Dopo il folgorante ed omonimo EP uscito qualche mese fa, del quale si è interessata tutta la stampa specializzata inglese, “We Have Control” è il primo disco sulla lunga distanza degli Alloy Mental, trio proveniente da Belfast, Irlanda. Le tracce dell’album sono un incrocio bastardo e acido tra le commistioni elettroniche industrial dei Nitzer Ebb e la genuinità garage rock’n’roll di Iggy & The Stooges. Ne esce un suono ultra-contaminato che sa tanto di concerto rock quanto di rave party: Rock e Dance Music! CD !K7 CD+bonus EP Acuarela Anche in Italia quel che è stato uno dei dischi più chiacchierati dello scorso fine anno. Il nuovo dei Parenthetical Girls di Zac Pennington, cresciuto sotto l’ala protettiva di Jamie Stewart (Xiu Xiu), è un sorprendente puzzle pop composto da teatralità, tintinnii e romanticismo. Una creatura fantastica ed intrigante come se fosse un ibrido fra Morrissey ed Antony, un parto sperimentale nato dai suoni dei già citati Xiu Xiu. Rispetto a quella americana, la nostra edizione è disponibile con bonus EP. Da non perdere! RETINA.IT “Semeion” CD Hefty Nato nella seconda metà degli anni ’90, Retina.it, è il progetto di Lino Monaco e Nicola Buono. Da sempre affascinati dalle sperimentazioni in ambito elettronico, i due, arrivano alla corte della Hefty di Chicago (etichetta dei Telefon Tel Aviv) agli inizi del 2000 con una manciata di acclamati 12” ed ottimi remix. E’ del 2001 il lavoro sulla lunga distanza “Volcano. Waves 1-8”. Il nuovo “Semeion” raccoglie rarità, brani imprescindibili, materiale inedito e tracce esclusive. Eccellente per i neofiti ed imperdibile per i fan. TINY VIPERS PENTATONIK “Hands Across the Void” “Five Angels” CD Hydrogen Dukebox A 10 anni di distanza dal disco di esordio “Anthology”, R. Simon Bowring aka Pentatonik, torna con il nuovo “The Five Angels”. Tappetoni Kraut-Rock cosmici in stile Orbital ed elettronica che poi è diventata marchio di fabbrica sia delle produzioni Border Community (Nathan Fake, James Holden) sia dei primi vagiti dei Boards of Canada. Se amate gli sconfinati lidi raggiunti da Philipp Glass, Brian Eno, e Marc Moulin, Pentatonik farà al caso vostro. Pionieristico! CD Sub Pop Da Seattle, Jesy Fortino in arte Tiny Vipers, è una cantautrice di quelle di cui ci si innamora in un batter di ciglia. Le sue canzoni sono disarmanti, tanto sono semplici e scarne. La sua voce, invece, racconta storie di contraddizioni e quotidianità tra ballate e momenti oscuri. “Hand Across The Void” è una di quelle cose delicate e per anime gentili, uno di quei dischi che gli estimatori di Joanna Newsom, Will Oldham e Devendra Banhart non potranno assolutamente perdere. artisti vari Nothing Much + Something More 2CD Minus L’etichetta di Hawtin rappresenta, da sempre, il nonplusultra in fatto di musica elettronica minimale da club. Un concentrato di sostanza ed estetica futurista che ottiene consensi unanimi in ogni parte del globo. La nuova compilation dell’etichetta si presenta come doppio CD a prezzo speciale. Nel primo, 12 brani che sono una panoramica in casa Minus, nel secondo, un bonus mix CD curato da Troy Pierce! Una grande festa in casa Plastikman a base di postelectro, acid techno e robo-house. sommario 4 News 8 The Lights On Bishop Allen, Ex- O t a g o , I s l a j a , Ti e d A n d Tickled Trio 1 2 Speciali Zelienople, The N a t i o n a l , To m a h a w k , Mirah, Gianluca B e c u z z i , S m a s h i n g P u m - 8 pkins, Beastie Bo y s 34 Recensioni Amp, Artemoltobu ff a , C a r i b o u , E l e g i , In terpol, Jandek, S h e l l a c , Ti n a r i w e n . . . 24 7 9 Rubriche (Gi)Ant Steps Sonny Rollins We Are Demo: Volticontrolume, U C S , I l G a r a g e Ermetico, Liuk Pr o d u c t i o n s . . . Classic Sonic Youth, Neu r o s i s , P a s q u a l e P a n e l l a Cinema Control, L’isola I cosiddetti conte m p o r a n e i Arvo Pärt Direttore Edoardo Bridda Coordinamento Teresa Greco Consulenti alla redazione Daniele Follero Stefano Solventi Staff Valentina Cassano Antonello Comunale Antonio Puglia Hanno collaborato Gianni Avella, Davide Brace, Filippo Bordignon, Marco Braggion, Gaspare Caliri, Roberto Canella, Paolo Grava, Alessandro Grassi, Manfredi Lamartina, Andrea Monaco, Massimo Padalino, Stefano Pifferi, Andrea Provinciali, Stefano Renzi, Vincenzo Santarcangelo, Giancarlo Turra, Fabrizio Zampighi, Giuseppe Zucco 108 Guida spirituale Adriano Trauber (1966-2004) Grafica Edoardo Bridda, Valentina Cassano in copertina Beastie Boys SentireAscoltare online music magazine Registrazione Trib.BO N° 7590 del 28/10/05 Editore Edoardo Bridda Direttore responsabile Antonello Comunale Provider NGI S.p.A. Copyright © 2007 Edoardo Bridda. Tutti i diritti riservati. La riproduzione totale o parziale, in qualsiasi forma, su qualsiasi supporto e con qualsiasi mezzo, è proibita senza autorizzazione scritta di SentireAscoltare 114 sentireascoltare news a c u r a d i Te r e s a G r e c o News da Touch & Go: il 21 agosto (data USA) la Quarterstick pubblicherà il nuovo album dei Mekons, Natural, il primo con nuovo materiale da Oooh! risalente al 2000. È poi la volta dei For Carnation, di cui il 10 luglio escono un po’ di rarità: Promised Works è una ristampa che comprende i loro primi due EP su Matador (Marshmallows del 1996 e Fight Songs del 1995)… In occasione del venticinquennale dall’uscita, arriva a luglio la ristampa con bonus di Big Science, album che fece conoscere Laurie Anderson… Il duo elettronico tedesco Modeselektor uscirà l’11 settembre su Bpich Control con il secondo album, dal titolo Hello Mom!. Hanno partecipato Thom Yorke e Maximo Park tra gli altri… Sarà pubblicato a settembre su Asphodel un nuovo capitolo di Metal Machine Music di Lou Reed. È l’ensemble berlinese Zeikratzer a darle nuova veste tra avantgarde e musica da camera in una performance eseguita dal vivo con lo stesso Reed alla chitarra elettrica al Berlin Opera House il 17 marzo 2002… A settembre vedrà la luce anche Sojourner Box di Magnolia Electric Co., un ricco cofanetto in tiratura limitata che comprende il materiale registrato dal gruppo nel 2005 e che non era stato incluso in Fading Trails (pubblicato da Secretly Canadian nel 2006). Il box include 4 CD (3 album e un EP), un DVD, un poster, cartoline e un medaglione… Fiery Furnaces I Fiery Furnaces hanno firmato per Thrill Jockey, per cui uscirà il prossimo ottobre il nuovo album, Widow City, a un anno di distanza dal precedente The Bitter Tea… Il nuovo disco dei Franz Ferdinand uscirà nei primi giorni del 2008: lo ha rivelato Alex Kapranos in un’intervista a MTV, mentre intanto continua la sua lavorazione… I redivivi Kula Shaker tornano il 27 agosto con Strangefolk, a sette anni dall’ultimo Peasants, Pigs And Astronauts… Thurston Moore pubblicherà il secondo disco solista, Trees Outside The Academy, il 17 settembre sulla sua Ecstatic Peace, a 15 anni di distanza dal precedente (Psychic Hearts, di recente ristampato); hanno partecipato Steve Shelley, Samara Lubelski al violino, Christina Carter alla voce, per la produzione e missaggio di John Agnello. I Sonici saranno in Italia a luglio per riproporre il loro Deadream Nation (il 5 a Torino per Spaziale Festival, il 6 a Ferrara e il 7 al Teatro Romano di Ostia Antica)… Nuova uscita anche per Richard Hawley, che ritorna il 20 agosto (data inglese) con Lady’s Bridge su Mute… sentireascoltare R e u n i o n e s t e m p o r a n e a d e g l i Ye l l o w M a g i c O r c h e s t r a i n o c c a s i o n e d e l Live Earth di Kyoto del prossimo 7 luglio; la band che ebbe vita dal ’ 7 8 a l l ’ 8 3 e r a f o r m a t a d a R y u i c h i S a k a m o t o , H a r u o m i O s o n o e Yu k h i i r o Ta k a h a s h i … Dopo settimane di silenzio, dal quartier generale dei Radiohead arrivano finalmente segnali concreti riguardo l’attesissimo album N°7. Sul b l o g u ff i c i a l e D e a d A i r S p a c e ( h t t p : / / w w w. r a d i o h e a d . c o m / d e a d a i r s p a c e / ) , sono apparsi prima un post di Ed O’ Brien che recita inequivocabile “we are nearly there”, (“ci siamo quasi”), poi un filmato di Nigel Godrich che presenta un mash up di scarti e scampoli di registrazioni in studio. Dall’ascolto si riconoscono frammenti di brani già presentati dal vivo nel 2006 come Arpeggi, Down Is The New Up, All I Need, Open Pick, Bangers’n’Mash. Nessuna conferma - o smentita - circa la fantomatica data d i p u b b l i c a z i o n e d i ff u s a m e s i f a d a A m a z o n . c o m , c h e a n n u n c i a v a l ’ a l b u m d i Yo r k e e c o . p e r i l p r o s s i m o 7 a g o s t o … Inizio d’estate catastrofico per i grandi eventi dal vivo in Italia. Se la not i z i a d e l l a t r o m b a d ’ a r i a s u l l ’ H e i n e k e n J a m m i n ’ F e s t i v a l d i Ve n e z i a h a fatto il giro dei TG, non è andata molto meglio agli spettatori dell’unica d a t a d e g l i W h o , t e n u t a s i l ’ 11 g i u g n o s c o r s o a l l ’ A r e n a d i Ve r o n a . P r i m a un violento acquazzone ha interrotto il concerto per più di un’ora, poi è v e n u t a m e n o l a v o c e d i R o g e r D a l t r e y. I l s e t è s t a t o p o r t a t o c o m u n q u e a termine. Maggiori dettagli nella nostra recensione (vedere Dal vivo)… Devendra Banhart Devendra Banhart sta preparando il nuovo disco di cui non si conosce ancora il titolo, previsto per settembre prossimo in uscita su XL Recordings, con circa 16 canzoni e guest inaspettate, secondo quanto riportato s u l s u o M y S p a c e ( h t t p : / / w w w. m y s p a c e . c o m / d e v e n d r a b a n h a r t ) … Nuovi album anche per Mice Parade (l’omonimo su Fat Cat) e Stereo To t a l ( c o n P a r i s B e r l i n s u D i s c o B ) e n t r a m b i d i s t r i b u i t i d a A u d i o g l o b e i l 25 giugno… I Tu n n g p a s s a n o a l l a T h r i l l J o c k e y p e r c u i u s c i r à i l p r o s s i m o d i s c o , G o o d Arrows, il 24 agosto… I s I s è u n E P i n a r r i v o i l 2 3 l u g l i o p e r Ye a h Ye a h Ye a h s , 5 p e z z i che risalgono al 2004… Nuovo album per M.I.A.: Kala sarà pubblicato il 20 agosto prossimo su XL in Europa e Interscope in America, preceduto dal singolo Boyz… José Gonzàlez pubblicherà il secondo disco, In Our Nature il prossimo 25 settembre su Mute… sentireascoltare news a c u r a d i Te r e s a G r e c o The Piper At The Gates Of Dawn dei Pink Floyd in occasione del trentennale sarà ristampato dalla EMI il prossimo 3 settembre, in un’edizione a 3 CD, con le versioni mono e stereo rimasterizzate dall’ingegnere dei Floyd James Guthrie; il terzo disco conterrà rarità e b-sides, tra cui i singoli del ‘67… Ritorna il 7 e 8 luglio il BääFest 4, quest’anno a Giussago (PV) al Circolo ARCI Ortofonico; festival free-impro-minimal-core organiz- zato da Ebria Records, vede la partecipazione di due ospiti internazionali, William Parker, noto contrabbassista del movimento free che fa capo alla storica FMP e Dean Roberts, interprete di musica elettro-acustica, oltre alla scuderia Ebria e degli I/O, i ricami tra free e kraut degli Å e le architetture elettroniche di Fausto Balbo ad a c c o m p a g n a r e l a d a n z a d i Vi t o M o r a n o . A n c o r a i N u n g d a M i l a n o , A n d r e a B e l f i , N i c o l a R a t t i , G i u s e p p e I e l a s i . P e r i n f o d e t t a g l i a t e : h t t p / / w w w. m y space.com/ebriarecords E s c e s u A S i l e n t P l a c e L e a v e s U n d e r Tr e e s - P o r t a y e d W i n d o w di Fabio Orsi, edition limitata a sole 100 copie, formata da un LP (one sided - ovvero con un solo lato inciso) contenuto in un copert i n a p i e g h e v o l e s t a m p a t a i n s e r i g r a f i a c o n a l l e g a t o u n d i p i n t o s u c a r t a d e l l ’ a r t i s t a Te x a n a N i w i ( h t t p : / / w w w. p e r v e r t e d l o g i c . c o m / n i w i / ) . D i s c o d i s p o n i b i l e u n i c a m e n t e d a l l ’ e t i c h e t t a ( h t t p : / / w w w. a s i l e n t p l a c e . i t ) . . . Múm A n d r e w B i r d , i L o w, P h i l E l v e r u m , W h y ? e D o s h sono alcune delle g u e s t d e l p r o s s i m o d i s c o d i F o g ( A n d r e w B r o d e r, Ti m G l e n n , M a r k E r i k son), Ditherer, previsto su Lex Records per il 14 agosto prossimo. Su Yo u Tu b e ( h t t p : / / w w w. y o u t u b e . c o m / w a t c h ? v = h a r C 5 q z Z K K 0 ) l a p r e s s k i t dell’album, diretto da Chuck Stadler…. Dopo più di tre anni da Summer Make Good, il 24 settembre prossimo t o r n a n o i M ú m c o n G o G o S m e a r T h e P o i s o n I v y, L e t Yo u r C r o o k e d Hands Be Holy, preceduto il 21 agosto dal singolo They Made Frogs Smoke ‘Til They Exploded… L’ 8 g i u g n o è u s c i t a s u A r c a n a E d i z i o n i l a v e r s i o n e t r a d o t t a d e l l a b i o g r a f i a u ff i c i a l e d e i R a m o n e s d i J i m B e s s m a n ( R a m o n e s – l a b i o g r a f i a u ff i c i a l e ) , c o n t r a d u z i o n e d i A n d r e a S a l a c o n e , p r e f a z i o n e e a p p e n d i c e a cura di Federico Guglielmi. Scritto in collaborazione con i membri della band ed uscito nel 1993, il volume è arricchito da una dettagliatissima discografia e dalla “gigografia” completa, e da una serie di storiche illustrazioni (volantini, manifesti, recensioni originali degli anni Settanta) che illustrano la vita e la musica del gruppo americano; in occasione dell’uscita italiana il libro prevede un aggiornamento esclusivo. È stato p u b b l i c a t o a n c h e D a r k A n g e l – I t e s t i d i J e ff B u c k l e y , c o l l a n a d i t e s t i (con inserto fotografico) a cura di Giulio Casale e Luca Moccafighe, cele- sentireascoltare brazione dell’artista in occasione del decennale della tragica scomparsa. A l l i n k ( h t t p : / / w w w. s e n t i r e a s c o l t a r e . c o m / a r c a n a / j e ff b u c k l e y. h t m ) a l c u n i estratti dalla prefazione di Giulio Casale, e dall’introduzione di Jim bess m a n ( h t t p : / / w w w. s e n t i r e a s c o l t a r e . c o m / a r c a n a / R a m o n e s . h t m l ) . . . Il primo film da regista di Madonna, Filth And Wisdom, vedrà come protagonista Eugene Hutz leader e cantante dei Gogol Bordello, scelto dopo aver assistito lo scorso 21 maggio a Londra, al concerto di presentazione d e l n u o v o d i s c o d e l l a b a n d , S u p e r Ta r a n t a , c h e e s c e l ’ 11 l u g l i o … Gli Okkervil River il 7 agosto pubblicheranno su Jagjaguwar il nuovo disco The Stage Names; un pezzo (Our Life Is Not A Movie Or Maybe) si può ascoltare sul loro My Space… Tr a t t o d a u n c o n c e r t o d i b e n e f i c e n z a ( s v o l t o s i i l 2 1 s e t t e m b r e 2 0 0 3 a l L i n c o l n C e n t e r ’s Av e r y F i s h e r H a l l d i N e w Yo r k , d u r a n t e i l v i a g g i o n e g l i Stati Uniti del Dalai Lama) Healing The Divide: A Concert For Peace And Reconciliation è un incontro musicale tra Est e Ovest, con performance che spaziano dalla meditazione al teatro, dal gutturalismo alla bellezza e mirano al sostegno umanitario. Partecipano il Dalai Lama, Philip Glass, il sitarista Anoushka Shanka, la cantante polifonica Gyoto Ta n t r i c C h o i r, To m Wa i t s , i l K r o n o s Q u a r t e t e G r e g C o h e n . L’ a l b u m s u A n t i s a r à d i s p o n i b i l e s i a i n C D c h e o n l i n e s u i Tu n e s S t o r e a p a r t i r e d a l 6 luglio; il ricavato andrà a Healing The Divide per la Salute Tibetana, progetto che fornisce assicurazione sanitaria e cure mediche ai monaci Maximo Park tibetani buddisti e alle suore impoveriti da anni di repressione… A Milano al Circolo Magnolia la terza edizione del MI AMI 2007 (8-9-10 giugno, h t t p : / / w w w. r o c k i t . i t / m i a m i ) . O l t r e a i d u e g i o r n i c o n i d u e p a l c h i che hanno visto alternarsi 43 live, 10 dj set e 2 reading notturni, oltre a l l a z o n a m e r c a t i n o e a l M I FA I – H a p p e n i n g d e l f u m e t t o i n d i p e n d e n t e , d a quest’anno era possibile campeggiare in zona. Ex-Otago e Artemoltobuffa hanno presentato in anteprima nazionale i loro nuovi album. Anche S e t t l e f i s h , M a r t a S u i Tu b i , T h e M a g i c a k e e O f f l a g a D i s c o P a x c o n n u o vi pezzi dai loro dischi di prossima pubblicazione. Ancora Bugo ospite nella performance di Giorgio Canali… Aggiornamenti per l’ottava edizione dell’Indipendent Day Festival 2007 ( h t t p : / / w w w. m y s p a c e . c o m / i n d e p e n d e n t d a y s f e s t i v a l ) c h e s i s v o l g e r à i l p r o s s i m o 2 s e t t e m b r e a B o l o g n a a l l ’ A r e n a P a r c o N o r d : c o n f e r m a t i To o l , N I N , M a x i m o P a r k , Tr a i l O f D e a d e H o t H o t H e a t … sentireascoltare The Lights On... bishop allen Nonostante gli sforzi di George Wa s h i n g t o n e T h o m a s J e ff e r s o n , gli americani hanno finito per prendere dai cugini inglesi un sacco di cose. Per esempio i nomi delle città, come Cambridge (Massachussets), non a caso uno dei maggiori centri d’istruzione degli States: proprio lì, non troppo tempo fa, due studenti di Harvard passavano il tempo lanciando mobili giù dal tetto del loro appartamento al 66 di Bishop Allen Drive. Per fortuna dei loro padroni di casa, Justin Rice e Christian Rudder coltivavano anche altri passatempi extracurricolari, come scrivere canzoni insieme. Così, tornati nella nativa Boston, hanno formato prima i Piss e d O ff i c e r s , p o i i B i s h o p A l l e n , battezzati proprio in onore dei gloriosi giorni universitari. All’inizio niente di serio, intendiamoci, solo qualche scarabocchio registrato in casa con un multitraccia durante l ’ a n n o s a b b a t i c o t r a s c o r s o a Ly n chburg, prima di trasferirsi definitivamente a Brooklyn. Piano piano però la cosa si è evoluta, coinvolgendo anche qualche amico per mente cambiato rotta e hanno fatto parlare di sé e dei loro azzardi (il famoso – e folle - progetto di realizzare un EP per ogni mese del 2006, terminato con successo); fino a Bishop Allen & The Broken String (Dead Oceans / Wide, 24 luglio 2007 – vedi spazio recensioni), che se non è uno scacco matto, poco ci manca. Un percorso talmente azzeccato che se ne potrebbe trarre un vademecum per ogni aspirante indie darling; o, magari, un bel film lo-fi come quelli dell’amico Andrew Bujalski, a cui i due hanno prestato la faccia in tempi recenti (gli acclamati Funny Ha-Ha - con Rudder - e Mutual Appreciation - con Rice). Insomma, il caso è servito. Di certo, i Bishop Allen non sarebbero andati molto lontano se Charm School non fosse quella festa indie pop che è. Con pochi, basilari ingredienti - un paio di chitarre, basso, drum machine in loop, più qualche particolare ad aggiungere colore (battimani, armonica, banjo, slide, coretti appiccicosi) – i due fanno sfoggio di un songwriting divertito rifinire le canzoni quel tanto che basta per tirarne fuori un disco, e magari pubblicarlo in autonomia c o n u n ’ e t i c h e t t a D . I . Y. C h i l ’ a v r e b be mai detto che Charm School (Champagne School, 6 maggio 2003) avrebbe portato i nomi dei due alla ribalta di media nazionali come il Rolling Stone e la National Public Radio (NPR)? E questa è stata soltanto la prima mossa; in questi quattro anni, Justin e Chris si sono presi il tempo necessario, si sono costruiti attorno un culto di fedelissimi, hanno progressiva- e acuto, che mischia grandi dosi di ironia ed innocenza twee (pensate a una versione post-college dei B o y L e a s t L i k e l y To ) , c o n s p i r i t o corale e goliardico. Lo humour di marca Housemartins della title track, la coolness alla Beck di Eve Of Destruction (riscrittura hip hop d e l l a c e l e b r e p r o t e s t s o n g d i P. F. Sloan), le nevrosi Modest Mouse di Busted Heart, i fremiti Daniel Johnston di Little Black Ache, le filastrocche Pavement di Things A r e W h a t Yo u M a k e O f T h e m ( c o n citazione da Hello Goodbye) sono sentireascoltare solo alcuni picchi di quello che probabilmente è uno dei dischi più vivaci e contagiosi dell’America recente, una vera e propria botta di v i t a p e r l a N e w Yo r k a n c o r a s c o s s a d a l l o s c h i a n t o d e l l e Tw i n To w e r s . Soltanto per questo – l’aver fatto sorridere, cantare e ballare in tempi sempre più cupi per farlo - i Bishop Allen meriterebbero una menzione d’onore; ma è comunque poca cosa, se si pensa ai 12 EP pubblicati in fila l’anno scorso. Sembra che sia stato un vecchio pianoforte, trovato per caso in strada, a far scattare la scintilla che ha portato Rice, Rudder e una girandola di amici (tra cui Darbie Nowatka, illustratrice delle copertine) a sfornare puntualmente quattro tracce al mese, da January a December - con l’eccezione di August, la registrazione di un concerto che comunque contiene un paio di inediti. Un totale di circa 45 canzoni nuove di zecca, in cui sono evidenti sia la crescita di Justin come scrittore, approdato a confessioni folk in prima persona e allo storytelling, sia di Chris come arrangiatore, con trame prevalentemente acustiche, più varie e strutturate, in un’ideale zona franca fra Belle & Sebastian e Bright Eyes. Conquiste che saranno ribadite in …& The Broken String, ma c’è già da restare impressionati dall’eccezionalità dell’impresa e dalla qualità complessiva del malloppo, uno scrigno inesauribile ricolmo di gemme folk pop. Si sarà capito: innamorarsi dei Bishop Allen è facile. Un’esperienza che vi auguriamo, senza riserve. Antonio Puglia The Lights On... ex-otago Prendi un bravo dj disco, un (ex) rapper folgorato dalla prima ondata college emo, un chitarrista fanatico dei Pixies ed un batterista cresciuto con il mito dell’alternativecountry americano, falli conoscere e sguazzare in un ambiente fertile e dalla grande tradizione musicale come Genova, e stai a vedere cosa succede. Può darsi che non accada niente, che i quattro si disgustino a vicenda e che ognuno prenda la propria strada. Ma se accade qual cosa, se si trovano, si piacciono e capiscono di avere molte cose in comune oltre al buon gusto nel vestire, se la scintilla scatta come nelle migliori storie d’amore a pri ma vista, se la lampadina dell’illu minazione creativa si accende e si illumina come non mai, allora può succedere l’inaspettato. Racconta Alberto: “Gli Ex-Otago esistono da oltre cinque anni, in principio era vamo un trio interamente acustico, poi abbiamo deciso di inserire in formazione anche un batterista. Tanti saluti è il nostro secondo al bum, il primo, The Chesnut Time, è stato pubblicato nel 2003 da un’ stiamo adoperando per ristamparlo al più presto, con l’aiuto della Riot maker oppure con le nostre forze, nel frattempo noi lo regaliamo in cd-r ai nostri fan, durante i concerti o, più semplicemente, consigliamo a tutti gli interessati di andare a scaricarselo su qualche piattaforma peer to peer”. Così è stato per gli Ex-Otago, la in die band italiana con il suono più pop(olare) oggi in circolazione, l’anello di congiunzione ideale tra l’underground ed il mainstream, tra i campeggiatori scalzi di Arezzo (Ita lia) Wave e le ragazzine urlanti del Festivalbar con ai piedi le loro nuove ballerine anni cinquanta. Alberto: “Se devo dire la verità ci scherzia mo spesso su questa cosa, soprattutto quando sentiamo quello che gira in questo momento in radio, la qualità delle canzoni ci sembra ab bastanza bassa. Il nostro obbiettivo è quello di centrare la “melodia perfetta”, di riuscire a mettere a punto quel brano che istintivamente ti ri trovi a canticchiare sotto la doccia oppure in macchina con l’autoradio accesa. La cosa che ci fa più pia - le altre (almeno nel panorama ita liano) per quel desiderio mai na scosto di scrivere melodie facili ed immediate, per quella voglia di cimentarsi con il grande pubblico facendo capire anche agli snob, da sempre visceralmente legati al l’underground, che una canzone è “soltanto” una canzone e che si può scrivere per il solo desiderio di farsi ascoltare e non di stupire, per dire che poi non esiste tutta questa differenza tra il palco di un centro sociale e quello di Sanremo, e che gente come Alexia e gli 883 rap presentano, comunque, un pezzo importante della nostra storia. “La nostalgia è un elemento fondamen tale se vuoi fare musica altrimenti non sei ispirato a scrivere canzoni. Nella nostra musica c’è molta ma linconia, molta nostalgia ed anche un po’ di revival, ma non di quello modaiolo che va per la maggiore adesso. Il nostro revival attinge da cose che quando eri piccolo ti face vano assolutamente schifo come gli 883 oppure Alexia per non dire Bat tisti, e con lui una certa parte del cantautorato italiano. Ricordo che etichetta romana ( la Vurt per la quale incidevano anche Yuppie Flu e Laundrette). Durante questi anni abbiamo cercato di suonare il più possibile alternandoci tra centri sociali, piccoli club, locali stranissimi, cosa che ci ha permesso di farci conoscere da una certa fetta di pubblico che segue la scena “underground” o “indie”, che dir si voglia, italiana. The Chesnutt Time è fuori catalogo oramai da qualche anno e chiunque ne avesse a casa una copia può dire di possedere un pezzo da collezione ( risate). Ci cere di Tanti Saluti è proprio questa, il fatto cioè che ci siano delle canzoni che vanno bene per tutte le platee, dal localino indie con cin que persone al festival con migliaia di spettatori. Per noi sarebbe una vera e propria scommessa avere la possibilità di presentare un nostro pezzo all’interno di una manifesta zione importante e seguita come il Festivalbar, anche se, conoscendo il mercato e le sue logiche, sappiamo bene che una cosa del genere rimarrà soltanto un sogno”. Un band che si distingue da tutte quando li beccavo in radio, anni fa, cambiavo immediatamente canale, adesso, invece, mi viene un groppo in gola perché comunque hanno rappresentato la colonna sonora di una generazione”. Ta n t i S a l u t i ( i n s p a z i o r e c e n s i o ni) è, per questo, un album capace di attuare una piccola rivoluzione, di riuscire là dove molti altri hanno fallito e cioè di portare in alto, alla portata di tutti, una manciata di canzoni realmente venute dal basso. Stefano Renzi sentireascoltare The Lights On... islaja Molto parole sono state spese per il rapporto con il mecenate della ta di ognuno. Io usavo la chitarra descrivere l’atmosfera di bucolico scena, Sami Sämpäkkilä, che oltre acustica perché non avevo abba- e incontaminato mistero che irra- a d i ff o n d e r e m u s i c a a t t r a v e r s o l a stanza soldi per comprarne una dia dalla scena avant-folk finlan- sua etichetta Fonal Records, ne fa elettrica! Adesso quasi tutti stanno d e s e . L’ e s o t i s m o t i p i c o d i n o i e u - di sua, in proprio, dietro l’appella- nascondendo i loro strumenti acu- ropei ha colmato gli interstizi tra tivo Es. Islaja, come molti altri ar- stici e comprano un sacco di effet- u n a p a r o l a e l ’ a l t r a c o n u n d i ff u s o tisti della scena, canta nella lingua ti e pedali”. Quello che invece lei senso di stupore, quando ci si è madre. Questo ovviamente aggiun- nega con forza è il fatto che ci sia imbattuti in nomi strani e dalla pro- ge quel tocco di misterioso eso- da qualche anno a questa parte un n u n c i a d i ff i c i l i s s i m a c o m e K e m i a l - tismo che provoca interesse ogni trend che ha investito la scena di liset Ystävät, Fricara Pacchu, Paa- volta che ci si imbatte in esempi a t t e n z i o n e e r i c o n o s c i m e n t i : “ Tu t t i v o h a r j u , K u u p u u , L a u N a u , Av a r u s simili (Sigur Ros per esempio), abbiamo dimostrato che continuia- e Islaja. Un nome quest’ultimo che ma dall’altro rende praticamente mo a fare quello facciamo e con- invece entra subito in testa e non inintellegibile i testi e quindi tutto temporaneamente non vedo una se ne va più. Lei in realtà si chiama il mondo lirico della scena. Ulual diminuzione di interesse intorno a Merja Kokkonen, ma per registrare Yyy, così come i suoi precedenti noi. Ogni anno è migliore del pre- dischi preferisce usare come mo- album rimane un misterioso enigma cedente, quindi non può essere niker Islaja: “Merja è un nome trop- a meno che non ci si metta con un soltanto una moda”. po personale per me… E’ difficile vocabolario a tradurre parola per L’ a l t r o t e m a , q u e l l o d e l l a d o n n a aggiungere qualcuno parola: “Ulual Yyy non è un concept musicista, solitaria e folk, che si che conosci così bene. Islaja è più album, così ogni traccia ha la sua strugge e che spesso richiama da misteriosa e non ha nemmeno nien- particolare storia. I miei testi sono parte della stampa specializzata le te di artificiale”. Raggiunta per una poetici, alcuni anche mono-sillabi- solite comparazioni la vede deci- conversazione sul suo nuovo disco ci. Credo che dovresti conoscere samente contrariata. Provo a dirle la Nostra mostra di essere assai l’intera traduzione della canzone, che spesso viene ingiustamente lontana dall’icona di fatina buona e perché da una singola frase non comparata a Nico e non lo avessi triste che serpeggia di riflesso dai si può capire nulla…”. Ulual Yyy è mai detto: “A volte sembra che ci suoi dischi. “Inizialmente non ho un disco di svolta. Sono sempre di siano solo tre artiste donne: Nico. mandato le mie prime registrazioni più quelli che cercano di fuggire da B j ö r k e P j H a r v e y. E ’ f a c i l e p r e n d e - a nessuno. Un mio amico mi dis- un certo cliché ormai consolidato. re un nome da questo trio per fare se però della Fonal e dal momento Il forest folk finnico sembra volersi un leggerissimo paragone per dire che io e Sami Sämpäkkilä aveva- salvare da se stesso e molti nomi a l l ’ a s c o l t a t o r e c o s a d e v e a s p e t t a r- mo studiato nella stessa scuola, illustri della scena si stanno allon- si di sentire. Ma è soltanto pigrizia un giorno gli chiesi di prenderci un tanando a lunghe falcate dal loro da parte di chi scrive e un sotto- caffè insieme e ne approfittai per stesso stile. Quello di Islaja è un stimare il pubblico che ascolta. Le fargli sentire il mio nastro. A lui esempio perfetto di questo proces- mie più grandi influenze non ven- piacque ma non mi promise nulla. so che per lei è legato soprattutto g o n o d a l l a m u s i c a i n v e c e . Ve n g o - Quando Meritie fu finito mi promi- all’accresciuta consapevolezza dei no da altre cose, da altre direzioni: se di farne un mastertape e allora musicisti: “Penso che tutta l’atten- film e musica da film, e letteratura. finalmente realizzò che avrebbe zione che abbiamo ricevuto in que- I film e le soundtrack nei film di voluto distribuirlo con la sua eti- sti anni abbia poco a che fare con P a s o l i n i , H e r z o g , J a e c k i n , We i r … e chetta. Credo che fossimo entram- gli elementi ‘folkish’ ma soprattutto anche molto da compositori parti- bi realmente contenti della cosa”. con quanto buona la musica è. Poi c o l a r i c o m e G h e d a l i a Ta z a r t e s ” . Questi i suoi primi passi e questo dipende molto anche dalla cresci- glamour 10 sentireascoltare a Antonello Comunale The Lights On... tied and tickled trio Nel 2004 intervistammo i Tied And Tickled Trio in occasione di Observing Systems, l’ambizioso progetto con la Big Band jazz. Torniamo a farlo alla luce del nuovo intra-side project Aelita, dalla cifra sonora diversissima: il jazz “organico” ibridato di electro abbacinata, ma pur sempre “dentro” quel tipico spirito brass, è sparito. Al suo posto, uno spazio puntinato che puzza di bruciacchiato da pellicole giallognole primo Novecento. Insomma, niente Sun Ra (adorati da Marcus), Mingus e Davis nel bagagliaio dello shuttle per il cosmo. Quasi sorprende che il trio meno trio della storia non abbia cambiato ragione sociale. “Il nuovo lavoro è nato così, per caso. Una performance live a sonorizzare una sequenza di immagini del bel futuro d’altri tempi a Monaco e poi la realizzazione in volata di quell’intingolo elctro minimal presso i consueti studi”, spiegano Marcus Archer e Andreas Gerth. Ma questa storia la sapete già, la trovate nella recensione web e pure nel PDF di giugno. Molto più interessante è rilevare come dai TTT emerga una peculiare dialettica, colta e aneddotica assieme. Di gente estremamente curiosa e consapevole intenta a produrre musica nel modo più diretto ed estemporaneo possibile (la lavorazione dell’ultimo album ha richiesto tre giorni in tutto). L’approccio di Marcus è emblematico. Quando, nell’intervista del 2004, accennavamo agli umori Mingus tra i solchi di Observing, ci rispose: “Mingus sì, ci ha influenzato molto. Ma per gli arrangiamenti brass cito: Gil Evans, Sam Rivers (Dimensions + extensions) e John Coltrane (Africa Brass), mentre per la mescolanza di stili: Freddie Hubbard (Sing Me A Song Of Songmy), Herbie Hancock (Sextant), Miles Davis (On The Corner), Ronald Kirk e Sun Ra”. È veramente il massimo ascoltare una persona così minuziosa parlare di un amore sincero per “tutta l’area selvaggia dei ’60 e ’70, dove quei musicisti jazz afro-americani non volevano più suonare come avevano sempre fatto e cominciarono così a fondere e improvvisare con gli stili più disparati”. I Tied And Tickled Trio non rispondono in toto al freddo luogo comune sui teutonici, perché se pure in parte vi aderiscono, cercano modi intelligenti (e tipicamente deutch) per autosabotarsi. Siamo arrivati a convincerci che siano un collettivo di agnostici che credono nell’alchimia (o qualche stronzata simile). Razionalisti in grado di controllare la materia e i minimi effetti combinatori senza smettere di vederci la magia dentro. L’ultimo album non fa eccezione. Marcus lo ricollega alla musica che facevano all’inizio, “quando suonavano solo electronics, basso e batteria” (e la musica era la variante dei Tortoise krauta che andava di moda allora, vedi anche SA #30 aprile 2007). che Così è stato, aggiunge un po’ sornione, perché non c’erano brassplayers a disposizione. “Il prossimo disco tornerà dalle parti di Observing, probabilmente”. Però, nell’intervista recente, la polpa è un’altra e queste sono solo chiacchiere: è quando Andreas Gerth parla delle divergenze tra futurismo e costruttivismo che ci pare di cogliere il retroscena umorale dell’algido Aelita. Sentite la storia: “Quando Marinetti conobbe i futuristi di Pie- troburgo (circa nel 1912), ne rimase deluso. Per non parlare dell’astio che raccolse quando presentò i poemi sonori e tutte le onomatopee di macchine e aeroplani al pubblico russo. I poemi russi erano molto diversi: a Chlebnikov [titolo di un brano di Aelita] non interessava l’esaltazione della tecnologia ma la reinvenzione del linguaggio. Diversamente dall’alacre italico, i suoi lavori puntavano dritto al suono originale delle cose, del colore e degli stati mentali. I poeti russi in sostanza nello spazio c’avrebbero mandato missili di pensieri. Una versione antigravitazionale del pensiero logico. E in questo erano infinitamente diversi dai futuristi italiani, rappresentavano l’ineluttabilità della condizione umana in rapporto al cosmo”. Frasi che valgono molto più delle cazzate di cui sono solitamente piene le interviste. Spiegano il mistero di Aelita gettando ponti temporali con altre arti. E fanno supporre dolorose metafore concernenti l’attualità. Marcus e Andres si scherniscono: “nessuno di noi stava pensando coscientemente al futurismo quando suonava, né al fatto che Chlebnikov moriva proprio mentre registravamo”. Anche qui una teoria fa pendant: “la musica si fa al presente ed è anche un punto di vista delle eruzioni del passato, ma pur sempre nel focus del presente”, afferma Gerth. Vabbè, adesso tutti vorranno sapere quando esce il nuovo Notwist: Marcus dice che ci stanno lavorando e sarà pronto per gli inizi del 2008. Inoltre c’è una cosa chiamata Three Shades che sta per essere missata. Das Vidania. Edoardo Bridda s e n t i r e a s c o l t a r e 11 Zelienople PROVE GENERALI DI PSYCH SOMMERSO di Antonello Comunale Se esiste una gramm a t i c a p e r o g n i c o s a , a l l o r a a n c h e l a p s i c h e d e l i a h a i s u o i s o g g e t t i e i s u o i p r e d i c a t i . L o s a nno bene gli Zelienople, t r i o d i C h i c a g o c h e s u o n a m u s i c a p s i c h e d e l i c a c o n l a n o n c h a l a n c e d i c h i c o n o s c e a m e na dito l a grammatica d e l s u o l i n g u a g g i o , c o n i Ta l k Ta l k c o m e s o g g e t t o e i P i n k F l o y d c o m e p r e d i c a t o . “Spesso penso ai Floyd come una pietra miliare per il nostro genere di suono e per le nostre strutture musicali. Voglio dire, noi e un numero incalcolabile di band non esisteremmo neppure senza di loro. C’è stato un Ora come ora siamo meno timidi e impacciati nel registrare nuovi dischi. Ink, Stone Academy e His/Hers sono stati registrati per la maggior parte dal vivo senza sovraincisioni. Per alcune ragioni questo ha dato origine a so e notturno di Mark Hollis e dei Bark Psychosis (Mike: “Amo gli ultimi due dischi dei Talk Talk così come l’album di Mark Hollis, ma penso che i Bark Psychosis siano inferiori a noi!”), poi a partire dal terzo disco in tempo in cui ascoltavo Wish You Were Here ogni giorno”. A parlare è Matt Christensen, voce e chitarra della band. Anche Mike Weis, il batterista, non mi nasconde la sua adorazione per Gilmour e soci: “Sono stato un fan dei Pink Floyd sin da quando ero piccolo, ascoltavo i dischi nella stanza di mio fratello e osservavo per ore le copertine dei loro album. Sono più addentro al loro primo periodo, album come Piper At the Gates Of Dawn e specialmente Saucerful Of Secrets. Set The Controls For The Heart Of The Sun è il mio modello di canzone perfetta”. Loro due, insieme a Brian Harding, chitarra e clarinetto, sono gli Zelienople di Chicago. Un nome stranissimo preso da una cittadina in Pennsylvania “vicina a dove George Romero ha girato La Notte dei Morti Viventi”. Chi fa attenzione al caotico sottobosco americano delle etichette indie, avrà sicuramente letto di qualche loro disco sperso in qualche catalogo. Attivissimi fin da subito, oggi i tre toccano la quota del quinto disco sulla lunga distanza, senza contare gli ep e le collaborazioni. L’iperprolificità è uno dei mali dei nostri tempi, ma loro riescono inspiegabilmente a rimanere ancorati ad una traccia di qualità, indipendentemente da quanta musica partoriscano. “Le canzoni sono composte per metà da me e per metà improvvisate dalla band - mi dice Matt - registriamo tutto da soli. più brani”. Anche Mike mi spiega che dopo tutto è essenzialmente una questione di metodo. Se ne hai uno buono e l’ispirazione non ti manca puoi facilmente registrare una gran quantità di brani senza necessariamente produrre dei mostri: “Suoniamo per tre volte a settimana che ci sia un concerto da preparare o meno, così lavoriamo costantemente sulla musica. Da quando abbiamo incominciato a registrare più come una band dal vivo piuttosto che con le singole tracce, il processo è diventato molto più veloce. Abbiamo la maggior parte della strumentazione già montata nel mio seminterrato così siamo sempre pronti per incominciare a registrare. Matt spende un sacco di tempo con i microfoni e altre attrezzature tecniche ma una volta che ci siamo sistemati, le canzoni cominciano a venire fuori abbastanza velocemente. Dal momento che registriamo in questo modo ci auto imponiamo delle limitazioni nel senso che non abbiamo la tentazione di ‘aggiustare questo o quello col missaggio’ o aggiungere sovraincisioni per pulire le tracce”. Gli Zelienople sono passati dall’essere una variante appena più strutturata dei Talk Talk di Spirit Of Eden ad un coacervo di soluzioni improvvisate che li ha progressivamente traghettati verso un suono più libero, aereo, free. Pajama Avenue, il loro primo disco, aveva ancora molto del sound brumo- poi, Ink per la precisione, si sono allontanati sempre più dai propri referenti fino ad arrivare a dischi come Stone Academy e His/Hers che si riallacciano alle espressioni più libere e free form della storia della psichedelia. “Stiamo sicuramente diventando più improvvisati e stiamo progressivamente perdendo le nostre strutture ma penso che suonavamo più ambient ai tempi di Pajama Avenue - afferma Mike - non so perché ma trovo difficile valutare il nostro stesso lavoro. La nostra line-up corrente ha più in comune con il free jazz o con i gruppi di musica improvvisata che con i gruppi rock. Nel senso che stiamo ancora suonando canzoni ma sono sempre più sciolte e aperte all’interpretazione dei musicisti”. Per avere un’immagine chiara del loro suono basta guardare gli artwork dei dischi, nella maggioranza dei casi assemblati con foto scattate da Mike. I soggetti sono sempre gli stessi: case, strade, viali, cancelli, pareti, lampioni… non appare mai nessun umano o soggetto animato, soltanto spazi e cose. Mike ci scherza sopra: “Dovrei stare lontano dai cortili delle persone”, ma tutte emanano un senso di solitudine. Una solitudine degli spazi e un cercare di riempirli con gli sguardi o, come nel caso della musica, con i suoni. “A noi piace un sound espansivo o sarebbe meglio usare la parola “ricco”. Per me è difficilissimo sepa- 12 sentireascoltare rare quelle immagini dalla musica e dal momento che conosco Mike la cosa è difficile da risolvere comunque. Non vedo la nostra musica e le foto di Mike come due cose separate”. L’approccio sempre più libero e più squisitamente discografici, dal momento che tolti i primi due lavori, ogni nuovo disco è stato licenziato presso una label differente, con una predilezione per quelle più piccole e artigianali che a colpi di edizioni limi- Ghost Ship. L’ironia è che abbiamo avuto più attenzione con questi lavori limitati a 100 copie piuttosto che con la tiratura di 1000 dei primi due album su Loose Thread. È così che ho fatto amicizia con Brad di Digitalis, Jefre di insofferente verso le strutture dà parecchi problemi quando si tratta di categorizzare in una definizione o in un genere quello che si ascolta: “Ho appena letto la descrizione che TimeLag ha scritto per Enemy Chorus - riflette Mike - loro parlano di ‘qualcosa di simile all’acid folk suonato alla metà della velocità in una caverna nel deserto’. Credo che questa descrizione calzi bene per quel disco ma non credo che vada bene per lavori come His/Hers e Stone Academy. Ho sentito comunque ogni genere di descrizione… post-shoegaze, psichedelia sommersa, post-rock, ambient-rock, drone-rock, drone-jazz, ambient-drone-folk, space-rock, drone-noisefree-folk!”. Una simile indeterminazione vale anche per le influenze, perché quando gli chiedo chi siano i loro riferimenti creativi, al di là di Talk Talk e Pink Floyd la lista potrebbe allungarsi in modo indeterminato: “Quella dei Talk Talk è una grande influenza - afferma Matt- così come Neil Young, i Velvet Underground, Peter Gabriel, (ultimamente) John Carpenter, Brian Eno, Pharoah Sanders e la musica gamelan. In questi giorni sto ascoltando molto anche The Air In Piecies di Geoff Mullen. Non avevo ascoltato nulla dei Bark Psychosis fino a quando non lessi una recensione di Pajama Avenue che li menzionava. Posso capire il paragone”. Caotici anche i contorni tate hanno fatto crescere l’interesse intorno alla loro proposta. La cronistoria che mi fa Matt è un piccolo quadro d’insieme del sottobosco underground di questi anni: “Abbiamo avuto ottimi rapporti con tutte le label per cui abbiamo inciso. I nostri primi due dischi sono stati distribuiti dall’etichetta di un nostro amico, la Loose Thread, che li ha confezionati in modo molto professionale con tanto di press e promo. È stato bello avere qualcuno che ha fatto uscire quei due dischi ma è costato un po’ di tempo e di denaro e bisogna dire che dal momento in cui abbiamo finito di registrare a quello in cui il disco è stato distribuito c’è stato un intervallo di tempo di un anno. Una cosa frustrante perché nel frattempo avevamo già finito di concepire un nuovo lavoro. Così decisi di mandare Ink ad alcune label specializzate in cd-r che ammiravo come la finnica 267Lattajja e la neozelandese PseudoArcana. Mi piace molto il loro approccio DIY, mi ricorda l’epoca in cui scambiavamo le cassette nei giorni del Punk. Mi piace anche che loro facciano delle edizioni limitate di qualunque cosa invece di produrre materiale su materiale che spesso fa la fine di essere dimenticato sotto il letto a raccogliere polvere per anni. Altra cosa che mi piace è l’artwork fatto a mano al posto del freddo jewel-case. 267Lattajja ha così distribuito Ink e PseudoArcana Root Strata e John della Type e così questi due lavori ci hanno aperto ad altre label che avrebbero eventualmente distribuito i nostri futuri dischi. Una piccola etichetta di Parigi chiamata Cook And Egg ha ristampato il nostro primo cd-r, Bachelor ’s Grove che vendevamo da soli alla fine dei concerti e proprio oggi Time-Lag fa uscire Enemy Chorus, un cd-r ep che sarà l’ultimo cd-r prodotto in assoluto dall’etichetta. Le uscite in cd-r sono state divertenti ed eccitanti ma penso che i nostri futuri album usciranno unicamente su Type. John si dedica molto alle sue uscite e conosce molto bene come mandare avanti un affare complesso come un’etichetta discografica, in più è capace di distribuire gli album sia in formato cd che in formato vinile ed è la libidine definitiva”. Ora, a parte il quinto disco His/Hers in uscita su Type, i tre si dedicano anche ad alcuni progetti collaterali come i Good Stuff House insieme a Scott Tuma o come i Western Automatic che sono il viatico solista di Matt. “Quello dei Good Stuff House è un progetto veramente divertente ma ci va meno lavoro che negli Zelienople. C’è stato un cd-r uscito su Time-Lag lo scorso anno ma è fuori stampa ora. Root Strata distribuirà un cd vero e proprio questo autunno chiamato Endless Bummer. È meno influenzato dalle radici americane ed è più dark e… psichedelia sommersa!”. s e n t i r e a s c o l t a r e 13 The National STRANIERI PER CASO di Antonio Puglia Certe cose richiedon o t e m p o . I N a t i o n a l , m o d e r n i e p a z i e n t i a r t i g i a n i d i e m o z i o n i , l o s a n n o b e n e . Si tratti di folk, pop, i n d i e o w a v e , i l o r o s o n o d i s c h i c h e s e d i m e n t a n o c o n l e n t e z z a , p e r p o i r i p a g a r e a m p i a m e nte dell’attenzione ricev u t a . In tempi sempre più strani come i no- die rock. Come avete vissuto que- so in passato. Era nei vostri pensie- stri, a volte accadono piccoli, inspie- sta cosa, e come vi spiegate quel ri durante la realizzazione di Boxer? gabili miracoli. E così capita che il di- successo, oggi? Vi siete sentiti sotto pressione? schetto di un’oscura band di Brooklyn, Naturalmente, siamo rimasti lusinga- No, penso che sia sufficiente la pres- uscito a inizio 2005 nell’indifferenza ti da quello che è successo con Alli- sione interna che proviamo noi cinque generale, finisca nelle playlist di fine gator. E’ cominciato tutto in sordina, nel cercare di comporre canzoni che anno dei principali magazine inglesi, ma nel tempo il disco ha continuato ci ispirano. Non c’è spazio per pres- nonché di migliaia di entusiasti indie a crescere grazie al passaparola sot- sione proveniente dall’esterno. A volte fans. A ben vedere, i numeri per fare terraneo. Non riesco a spiegarmi né scherziamo sul “vivere nell’ombra del strage di cuori Alligator li aveva tutti: perché ha avuto questo successo, nostro successo underground”! chitarre alla Smiths, un crooner om- né perché ci sono voluti due anni per broso, tenere trame acustiche alter- raggiungerlo. Posso solo dire che noi In effetti Boxer suona molto più am- nate a vivide zampate wave, passaggi per primi tendiamo ad innamorarci di bizioso – e probabilmente più sicu- melodici indelebili conditi da testi sa- quelle canzoni che ci crescono addos- ro - del predecessore. Mi sbaglio? laci e memorabili, il tutto radunando so col tempo, quindi è perfettamente No, hai ragione. Il disco è molto am- le migliori istanze dell’indie pop ame- sensato che i nostri dischi abbiano lo bizioso e vario musicalmente, spe- ricano (e non) con una spiccata vena stesso effetto sugli altri. E’ stato un cialmente in termini di stratificazioni autoriale. Uno strike pieno quanto viaggio estenuante ma esilarante e ed arrangiamenti. Questo senso di inatteso per questi cinque amici di alla fine, anche oggi, stiamo facendo avventura, di ricerca è venuto comun- vecchia data provenienti da Cincin- le cose esattamente alla nostra ma- que in modo naturale - se vuoi, acci- nati - il vocalist Matt Berninger e la niera: scrivere delle canzoni in cui dentale - , come risultato di alchimie doppia coppia di fratelli Aaron e Bryce crediamo, che ci rendono felici quan- che si sono create sia all’interno della Dessner + Bryan e Scott Devendorf –, do le suoniamo. band, sia insieme a Padma Newsome che con giusto un paio di album al- (membro fondatore dei Clogs, band l’attivo rilasciati dalla loro etichetta, In effetti qualcuno ha detto – pen- “gemella” dei National), che ci ha dato la Brassland (The National, 2001 e so fosse Pitchfork - che la vostra una grossa mano con la produzione. Sad Songs For Dirty Lovers, 2003) musica cresce lentamente con gli Non abbiamo parlato di scelte preci- si sono ritrovati improvvisamente a re- ascolti piuttosto che colpire imme- se, come allontanarci di proposito da citare da protagonisti sul prestigioso diatamente. Siete d’accordo? E se certe convenzioni rock e provare cose palcoscenico della Beggars Banquet. sì, ritenete sia una qualità? nuove: semplicemente, tutti sentiva- Di questo ed altro ci ha parlato via e- Credo che sia il nostro caso, sì. Amia- mo di non doverci ripetere e fare un mail Aaron, impegnato in questi giorni mo gli album che resistono al trascor- Alligator II. insieme ai compagni nel tour promo- rere del tempo, che si rivelano gra- zionale di Boxer (Beggars / Self, 25 dualmente. Abbiamo sempre provato Quindi, prima di entrare in studio, maggio 2007 - recensione su SA#32), a fare questo tipo di dischi, quindi per non avevate in mente niente di pre- il nuovo intenso capitolo della saga noi è senz’altro un complimento. ciso? dei National. Come ti dicevo, non ne abbiamo parDopo Alligator, le aspettative da lato. E’ tutto nato da nuove abitudini, Due anni fa, Alligator ha rappre- parte del pubblico e della stampa e dalla volontà di scoprire il giusto sentato una sorpresa inaspettata (e per la vostra prossima mossa si tono e umore per ogni canzone. Allo gradita) per tutti gli amanti dell’in- sono alzate, come non era succes- stesso tempo, io e mio fratello Bryce 14 sentireascoltare abbiamo cominciato a sperimentare Ascolta la musica che gli forniamo per migliore. I risultati si sono visti, specie alcune idee sonore durante il tour di mesi e mesi, e scrive quaderni pieni di da voi in Europa. Alligator. Per esempio, mi sono messo idee. Poi, gradualmente, mette insie- a colpire la chitarra dietro il ponte, e me i testi come un collage; in questo Andando ancora più indietro, ci fa- da lì è nato il suono alla base di Mi- modo le canzoni possono avere più resti un breve riassunto della vo- staken For Strangers, una tecnica che argomenti allo stesso tempo. Riesce stra storia? So che le vicende dei abbiamo usato anche in altre canzoni. a mescolare l’onestà delle emozioni, National sono strettamente legate Ci siamo anche resi conto che fiati ed parlando con humor di situazioni diffi- a quelle della vostra etichetta, la ottoni sarebbero stati appropriati per cili e imbarazzanti e sì, penso che in Brassland. Quali sono i progetti fu- ciò che stavamo scrivendo. Dal mo- questo ha imparato da Cohen, Cave e turi della label? mento che Padma è stato coinvolto Morrissey. Noi cinque siamo stati sempre ami- sin dall’inizio, è possibile che abbia ci. Io, mio fratello e Bryan abbiamo influenzato la ricchezza degli arran- Amore e lotta, difficili situazioni in- suonato in diversi gruppi da quando giamenti. I dettagli orchestrali sono terpersonali sembrano essere i temi avevamo 15 anni. Scott e Matt hanno parte integrante delle canzoni, non ricorrenti di Boxer… frequentato il college insieme a Cin- soltanto giustapposizioni. Sì, molti dei protagonisti delle canzo- cinnati, e per poco hanno fatto par- ni lottano, in un modo o in un altro. te di una band, i Nancy. Suonavano Fra i tanti ospiti di Boxer spicca il Lottano per trattenere qualcuno che si come i Pavement. Verso il 1999 ci sia- nome di Sufjan Stevens. Cosa c’è ama, per debellare ansietà personali, mo tutti trasferiti a New York per lavo- dietro questa collaborazione? per rimettersi in contatto con amici o ro. Nei weekend ci incontravamo nel Beh, ci conosciamo da anni, è un no- cose che sono importanti, e così via. loft di Matt sul Gowanus canal (una stro vicino di casa e caro amico, mio zona che allora era malfamata), giu- fratello suona la chitarra nella sua Dopo anni di relativa oscurità, avete sto per divertirci. Un giorno abbiamo band. Così quando abbiamo avuto bi- trovato ospitalità presso la Beggars cominciato a fare canzoni, giusto per sogno di qualcuno che suonasse delle Banquet, un’etichetta che vanta un divertimento, e un nostro amico ne parti di piano più espressive (almeno, passato “importante”, insieme a un ha registrato alcune. Riascoltandole, più di quanto io e Bryce siamo capaci!) profilo immediatamente riconosci- l’alchimia tra di noi era evidente sin per due pezzi, Ada and Racing Like A bile e una precisa direzione artisti- dall’inizio. Così abbiamo cominciato Pro, è stato naturale e facile coinvol- ca. Come siete venuti in contatto a prendere la cosa più seriamente e gere Sufjan, Ha ascoltato le canzoni con questa realtà? infine, nel 2001, abbiamo registrato il una volta sola e le ha suonate imme- Roger Trust, il boss della Beggars, era nostro primo disco (The National). Il diatamente. E’ stato così semplice! un fan dei nostri primi album. Quando nostro amico Alec Hanley Bemis ci ha ha saputo che cercavamo un’etichetta offerto di mettere su un’etichetta per Il songwriting di Matt è sempre in- è stato lui a contattarci. E’ stato na- pubblicare l’album, insieme a un altro cisivo, mi fa pensare a Leonard turale per noi accettare, dal momento disco che mio fratello aveva fatto con Cohen, Nick Cave e Morrissey. C’è che abbiamo un enorme rispetto per la Padma Newsome (Thom’s Night Out un metodo particolare dietro? In- storia della label; inoltre, non c’è alcu- dei Clogs). E così è nata la Brassland. fluenze musicali (e non)? na interferenza con il nostro proces- Quest’anno la label pubblicherà un Credo che Matt tragga idee virtual- so creativo. Il successo di Alligator è nuovo disco dei Clogs insieme ad al- mente da ogni cosa. Film, televisione, senz’altro anche un loro merito, grazie bum dei Doveman e Irena &Vojtech libri, conversazioni sentite per caso. a una distribuzione e una promozione Havel, una band da Praga. s e n t i r e a s c o l t a r e 15 Tomahawk DA SCURE AD ASCIA BIFRONTE di Gaspare Caliri e Daniele Follero Dopo un paio di alb u m d a s u p e r g r u p p o – a p p r e z z a b i l i m a f o r s e n o n m e m o r a b i l i – l a b a n d d i D a n i s o n d e i J e sus Lizard e Mike Patton t r o v a u n a s u a p e r s o n a l i t à b if r o n t e : b r e v e s t o r i a d e i To m a h a k w, d a o c c h i e l l o d e l m e t a l - har dcore illuminato a ba n d d i r i c e r c a e t n i c a , c o n d o t t a a p a s s o d i g u e r r a . Nascita della scure Mettere a fuoco un gruppo di Mike Patton è affare poco semplice; come fare fotografie non mosse a una festa di compleanno di bambini scatenati. Passano ovvie differenze tra i due termini della similitudine – per esempio il fatto che nessuno vorrebbe essere il fotografo, a meno che non sia pagato o padre di uno dei discoli. Invece qualcosa ci spinge a occuparci dei Tomahawk (adattamento alla lingua inglese del termine usato dai nativi Angolchini della Virginia per indicare la scure da lanciare in battaglia), creatura eclettica quanto la voce di “Michele”, nata un paio di anni abbondanti dopo la dissoluzione dei Faith No More, annunciata da un comunicato stampa il 20 aprile 1998. Per la verità, tra 1998 e 1999 nascono anche i Fantômas, creatura prettamente pattoniana, ma sicuramente figlia dell’apertura mentale che il nostro ebbe dalla frequentazione di quel matto di John Zorn. Non che ci fosse bisogno di un corso di sincretismo per il cantante di Mr Jungle e FNM, ma insomma a partire dai Fantômas le cose sono un po’ cambiate, come è evidente dalla proliferazione di progetti e collaborazioni dell’ugola crossover. Certo basterebbe guardare alla composizione (sfiziosa) da supergruppo dell’entità Tomahawk – quasi una summa dei presupposti creati negli ’80 e sviluppati nei ’90 – per rimanerne incuriositi. Oltre alla voce di Mike, qui ci si fregia di Duane Danison (chitarrista dei Jesus Lizard), del basso di Kevin Rutmanis (dei Melvins) e di John Stanier alla bat- 16 s e n t i r e a s c o l t a r e teria (già negli Helmet, ora nei Battles). I quattro fanno uscire un disco self titled nel 2001, ovviamente sulla Ipecac Recordings, etichetta fondata dal solito Patton insieme al manager dei suoi Mr. Bungle, Greg Werckman. Un momento, però. Se andiamo avanti così ci prestiamo a facili conclusioni. La storia va un pochino riscritta. Per quanto al gruppo si associ sempre il nome del cantante emiliano-statunitense, in realtà l’idea non è stata sua. Ricordiamo che Patton fu pescato per la sua voce (dal chitarrista Jim Martin) già nel caso Faith No More. Per i Tomahawk è avvenuta una cosa simile, per quanto poi l’ingresso di MP non può che cambiare le cose. E’ stato infatti Danison ad avere l’idea del progetto, e a chiamare a sé Mike e gli altri. Ok, ben fatto. Restituito l’equilibrio tra le personalità, torniamo a parlare di Tomahawk. Anzi, facciamo prima un’altra specificazione. Il lancio della scure Dicevamo che l’interesse per questo gruppo non è solo ancorato al suo organico stupefacente. C’è un disco nuovo che fa venir voglia di riprendere in mano i Tomahawk – come band, non come progetto – e di capirci qualcosa di più. Si intitola Anonymous ed è costruito attorno al solito rumore unito alla musica dei nativi americani (trovate la recensione su questo numero di SA). Una specie di etnonoise focalizzata su una tradizione specifica; una sorta di folk fatto da terzi, di Tristi tropici delle riserve, perfettamente calato nel punto d’incrocio tra le personalità (dirompenti) dei musicisti e le peculiarità dell’oggetto antropologico che il combo si è scelto. Il disco è sicuramente riuscito, non sembra neanche grossolano, nonostante la difficoltà etnomusicologica di una tale operazione. E allora torniamo all’origine del progetto, e cerchiamo di fare ciò che solo nella provetta della critica musicale si può fare: isolare l’attività dei Tomahawk e cercarne linee rosse e rotture. La “rottura” a ritroso sembra evidente. Il primo disco – Tomahawk (Ipecac, 30 ottobre 2001 ) – è infatti tutt’altro rispetto all’approdo cui l’ascia è arrivata. L’iniziale Flashback dà prova della commistione ereditaria tra Melvins e gli immensi Jesus Lizard, nei riff, nelle mosse, alcune già presenti nel King Of A Day dei FNM. Se la prospettiva passata alla storia critica è quella di metal-prog – ancichè noise-prog, per esempio – ciò è probabilmente dovuto la voce di Patton, capace in ogni momento di spostare la prospettiva. Ma forse è questione, più che di oggettività musicale, di provenienze degli ascoltatori, che a seconda del bacino d’origine propendono verso una lettura o l’altra. È poi evidente che è Mike ad aver portato il maggior seguito rispetto agli altri componenti. Sentito il basso poderoso (post-punk nel senso in cui lo riprendevano i Jesus Lizard, appunto) di Point And Click, poi, associato alla voce e ai respiri di Mike, si capisce che la somma delle parti promette un risultato neanche lontanamente aritmetico, nel bene e nel male (7.3/10). L’album fu un successo ancora prima di uscire, a scatola chiusa; si prestò anche ad alcune critiche, che ritenevano l’esperienza niente più che un modo di fare due soldi commercializzando l’offerta. In realtà anche qui è bene specificare il punto di vista dal quale si scaglia un giudizio. Di certo, chi si è avvicinato ai Tomahawk dai Jesus ha trovato un terreno a lui abbastanza estraneo, e dunque può aver giudicato con più serenità. Gli altri, si suppone, possono aver fatto una delle due seguenti scelte: o preso Tomahawk come una tantum spara-gruppone, dal gruzzolo facile, oppure come primo capitolo di una saga nativa molto più lunga. A dire oggi che questi ultimi la vedevano giusta non si fa molta fatica. Avessero aspettato un pochino, gli altri… La scure volteggia, diventa bifronte A quasi due anni di distanza dall’omonimo esordio, infatti, i Tomahawk ricompaiono con Mit Gas (Ipecac, 6 maggio 2003), all’insegna di un rock duro e monolitico, senza fronzoli. La presenza di tastiere in primo piano e di riff di chitarra graffianti e ritornelli in crescendo rende questa seconda uscita uno dei lavori in cui è coinvolto Patton più direttamente riferibili all’esperienza Faith No More, eccettuato il lato rap metal, che qui scompare per lasciare il posto ad un sound più propriamente rock, che a volte sfocia (senza rischi) nel mainstream, altre in passaggi progressive, con il vocalist a sfoggiare tutto il suo repertorio di timbri vocali. Le esperienze precedenti di Stanier, Rutmains e Denison qui si fondono in modo meno ostentato e quindi forse più riuscito, supportando la vena di Patton, quasi sempre prevalente nella composizione. Lo si sente in quei passaggi dark, in quei cambi repentini di umore e di ritmo, in quell’incedere schizofrenico, ai quali il cantante americano ci aveva abituati sin dagli esordi. Nonostante il sigillo del leader, però, è proprio negli equilibri delle parti, nel suo saper parlare a più voci che quest’album funziona. Ne sono un esempio Captain Midnight - un miscuglio ben riuscito di drum’n’bass e power rock - e You Can’t Win, tra ritmi lounge e funky che sfociano in un finale di suoni dalla luce stroboscopica della psichedelia. Ma non mancano episodi più meditativi, dove prevale una calma quasi ambient, o un rumorismo ai limiti del noise, come nel caso di Harlem Clowns. Ciliegina sulla torta, la nenia strampalata Desastre Natural, con Patton che, in uno spagnolo dall’accento marcatamente yankee, ripete ad ogni verso “esto no es un examen”. Che questo sia o no un esame, i Tomahawk lo hanno superato a pieni voti (7.3/10). Fatto sta che sono seguiti quattro anni di silenzio, il che, vista l’ipertrofia dei protagonisti, può aver fatto ringalluzzire i teorici del progetto a breve termine. Ma siamo arrivati nel 2007, e i Tomahawk sono tornati – anche se solo in tre (ha abbandonato il bassista Kevin Rutmanis). La personalità tipica da combo ultradifferenziato che aveva contraddistinto il primo disco – e un po’ anche il secondo – ora trova un lato libero su cui ricucire punti di forza e di originalità. È curioso che il nome del gruppo trovi solo ora una spiegazio- ne chiara. Ma, quello che più ci interessa, nessuno potrà plausibilmente – a meno che sia ossessionato – tacciare questo progetto di mancanza di progettualità. Anzi, quello che fa meglio sperare di Anonymous è che lascia l’ascoltatore speranzoso nel prossimo passo di Danison, Stanier e Patton. Prima di rimandare nuovamente alla recensione, possiamo chiosare tornando ancora a Mike, al suo bene e al suo male. Se è vero che i Faith No More sono sopravvalutati rispetto ai loro meriti, a Patton va infatti il merito di non aver protratto le facilonerie. Siamo di fronte a un personaggio che ha grossissime potenzialità nel concentrare su di sé l’altrui attenzione; così facendo ha tenuto vivi i sospetti sull’ascia indianoamericana, ma anche aperto alla sperimentazione un mercato sicuramente non avvezzo. Patton è un personaggio popolare, e su questa cifra bisogna soppesare gli intarsi della sua personalità tra i vari progetti che solca. Poi c’è modo e modo di dosare la propria fama, che è il proprio potere. Come quella volta che fu Patton a subire un torto; quando cioè, per scaramucce precedenti, alla fine degli anni ’90 Anthony Kiedis dei Red Hot Chili Peppers, appena seppe che i Mr. Bungle dovevano suonare in un enorme festival in Australia (del quale i RHCP erano ovviamente tra i nomi di punta), minacciò di non portare sul palco il proprio gruppo se prima quello di Patton non fosse stato cancellato dal programma. Nessun commento è necessario. Gli arriverà presto un’ascia in fronte. sentireascoltare 17 Mirah MIRAH E I PERCORSI DELL’ANIMA di Alessandro Grassi Dal folk al tribalismo a l l a ” w o r l d m u s i c ” d e l l ’ u l t i m o S h a r e T h i s P l a c e , l a t a l e n t u o s a M i r a h p r o s e g u e i l s u o p e r c o r so, fatto di canzoni lievi c h e e s p l o r a n o l a g a m m a d e l l ’ u m a n o s e n t i r e . L a n o s t r a c h i a c c h i e r a t a s u l n u o v o r i u s c i t o d i sco e su molto altro anco r a . Mirah Yom Tov Zeitlyn è una scrit- L a v o c e e la c h i t a r r a d i M i r a h s o n o 1 2 . M i p i a c e l ’ i d e a d i e s s e r e c a pa - trice di canzoni lievi, dedicate alle sempre suadenti e dondolanti ma c e d i t r a s m e t t e r e u n a b u o n a e mo - stelle. Mirah è gay. Mirah ha avu- questa volta il calderone sonoro è z i o n e a l l e p e r s o n e c h e a s c o l t a no, to molte case e nessuna residenza decisamente più vitale e complica- d a r e l o r o q u a l c o s a a c u i p e n s are, fissa fino a poco tempo fa. Mirah to: arrivano delle sezioni di archi e q u a l c o s a c o n c u i m i s u r a r s i , i s p i rar- era una ragazza come tante alla ri- percussioni roboanti, come nell’ini- li, farli piangere o ridere.” cerca di sé, leggermente introversa z i a l e C o l d C o l d Wa t e r , c ’ è s p a z i o S i a r r i v a v e l o c e m e n t e a l 2 0 0 3 l ’ an - che da Philadelphia si è trasferita a per sempiterni folk ballad come n o d i u n p r o g e t t o p a r t i c o l a r e che Olympia negli anni della sua ado- Make It Hot e Monument, ma si er- g e n e r a u n d i s c o c u p o , a t m o s f e r ico, lescenza. Dopo essersi diplomata, gono i primi giacigli per incursioni t r i b a l i s t a , u n d i s c o f o r t e m e n t e in - Olympia continua ad essere la sua elettroniche, beat che s’insinuano f l u e n z a t o d a q u e l l ’ e s p e r i m e n t o so - città. Comincia un po’ per gioco a nella n o r o c h e è M t . E e r i e d e i M i c r o p ho- suonare, autoinsegnandosi a ma- pressoché perfetti come Recom- nes: neggiare una chitarra e a comporre mendation. M o u n t a i n M u s i c P r o j e c t. i suoi primi brani. Nonostante la materia trattata si sia M a è u n a p a r e n t e s i d e t t a t a d alla Poco dopo giungeranno due eventi ispessita e che le chiavi di lettura c o r a l i t à d e l p r o g e t t o . L a s o l a rità che cambieranno per sempre il corso siano diventate molteplici insieme comunicativa della nostra torna a della sua vita sia umanamente che agli stili toccati, si avverte una cer- s p l e n d e r e l ’ a n n o d o p o n e l c o m pat - musicalmente: la nascita dell’amici- ta coerenza di fondo che è l’anima t o q u a r t o a t t o C ’ m o n M i r a c l e . I l di - zia con il batterista/cantante tutto- narrante della cantante e che sem- s c o p i ù r i u s c i t o d e l l o t t o a n n o v era fare dei Microphones Phil Elvrum e bra riconciliare ogni episodio sep- c o m e s o l u z i o n i s o n o r e l e s t e s s e di l’entrata a far parte del rooster della p u r n e l l a s u a d i ff e r e n z a c o m e f o s s e s e m p r e t u t t e p e r ò e s e g u i t e c o n una celeberrima K Records, forse il faro una strada singola, come un viaggio f e d e l t à m a g g i o r e e c o n p i c c o l e sfu - più brillante nella creatività indipen- unico che ha come appiglio tappe m a t u r e e a c c o r g i m e n t i c h e r e n d ono dente di Olympia. d i ff e r e n t i : “ C r e d o c h e i m i e i a l b u m i l d i s c o u n a v e r a p e r l a d i c a n t a uto - Nel 1999 comincia a lavorare in- tendano a correre in più direzioni, rato al femminile. sieme a Phil Elvrum al suo debutto con molte e differenti tipologie di I l d o p o è u n p e r i o d o d i ff i c i l e o q uel - ossia You Think It’s Like This, But beat e suoni fra una canzone e l’al- l o c h e s o s t a n z i a l m e n t e s i p u ò d efi - Really It’s Like This. Edito nel 2000 t r a . L’ u n i c a c o s a c h e p o s s o i d e n t i - n i r e “ u n n u o v o i n i z i o ” : “ H o p a s s ato non è niente di più di un’altra raccol- ficare come fattore unificante non è d e l t e m p o a p o r t a r e i n t o u r C ’ mon ta di pezzi registrati su un 4 tracce, musicale: è una questione di grandi M i r a c l e e d o p o h o s e n t i t o i l b i s o gno composizioni folk. sentimenti, che si prendono vera- d i u n b r e a k . Vo l e v o r i p o s a r m i un Voce e chitarra e ogni tanto qualche mente cura delle persone intorno a p o ’ , c o n o s c e r e l a c i t t à i n c u i m i ero inserto di batteria grattuggiante per me, che condividono il mio mondo. dovuta trasferire (Portland, ndi.) e un insieme di pezzi che punta alla Cerco di comunicare un sentimen- a v e r e u n r u l l i n o d i m a r c i a u n po’ comunicatività immediata. to di speranza attraverso il mio la- p i ù r e g o l a r e r i s p e t t o a l s o l i t o . Ho Nel 2001 prende vita il secondo voro, e qualche volta si necessita t r a s c o r s o u n a n n o p r e v a l e n t e m en - episodio, quell’ Advisory Commit- l’ascolto dell’intero disco per ave- t e a c a s a , l a v o r a n d o a d u n m a r ket tee che è un completo abbaglio, un re il quadro completo, poiché se la agricolo, nuovo mondo, più conciso, più omo- soluzione non arriva con la terza p a s s a n d o d e l t e m p o c o n l a m i a ra - geneo, più inquadrato. canzone è probabile che arrivi alla g a z z a . S o n o s t a t a i n v e s t i t a d a una profondamente 18 sentireascoltare trama e generano classici Songs From coltivando The un B l ack g i a r d i no, macchina, ho i n i z i a t o a f a r e m o l t o pupazzi-insetto sulle parti pre-re- La materia musicale d’altro can- yoga, ho cors o u n a m a r a t o n a . E h o gistrate. È specializzata nell’usare to è sicuramente diversa rispetto anche comple t a t o l a s c r i t t u r a e l a oggetti trovati, generalmente cose al passato. Il folk è ora inteso in registrazione d i S h a r e T h i s P l a c e . ” che sono state scartate come rifiuti senso etnico, in una nuova moda- Arriviamo all’ o g g i o q u a s i . S h a r e per creare i suoi scenari. La secon- l i t à “ w o r l d m u s i c ” c h e a ff a s c i n a e This Place è u n p r o g e t t o c o m p l e s - da metà delle canzoni dell’album stupisce: “La musica è stata tutta so, qualcosa d i p i ù d i u n n u o v o a l - sono state registrate qualche mese composta da Lori Goldston e Kyle bum su cui m e t t e r e l e m a n i : “ È i n i - dopo e abbiamo ripetuto lo scambio. Hanson. Mi hanno inviato idee mu- ziato tutto com e u n a c o l l a b o r a z i o n e La performance consiste nel nostro sicate, o qualche volta un’intera intesa per una s p e c i f i c a p e r f o r m a n - live musicale accompagnato da 50 canzone e io ho scritto su ciò che ce in un festiv a l a r t i s t i c o a P o r t l a n d minuti più o meno di animazione che mi hanno mandato e poi abbiamo chiamato TBA f e s t i v a l ( Ti m e B a s e d è proiettata in un video circolare po- assemblato il tutto. Loro hanno una Art) ma erava m o c o s ì s t u p i t i d a c i ò sto sopra le nostre teste. È piuttosto grande confidenza con molti stili a cui eravamo a r r i v a t i c h e a b b i a m o semplice ma l’animazione è vera- musicali, come ad esempio il turco deciso di esp a n d e r e i l p r o g e t t o . I l mente stellare, pensa che tutti i pu- o il balcano. Il nostro percussioni- soggetto è ve n u t o u n p o ’ a c a s o . pazzi sono fatti di immondizia!” sta suona anche con una band di Volevamo Diventa questo musica araba e il nostro suonatore possibilmente u n i v e r s a l e , q u a l c o s a punto come la nostra sia riuscita ad di Oud ha studiato musica africa- su cui potess i s c r i v e r e d e l l e b u o - adattare il proprio songwriting o a na per anni e suona anche la Kora. ne storie, qu a l c o s a c o n e m o z i o n e manipolarlo per parlare della vita e Così il suono della musica in Share e personalità m a a l l o s t e s s o t e m p o dei percorsi degli insetti o per par- This Place è influenzato principal- qualcosa di m o l t o l o n t a n o d a i s o l i t i lare di cose più universali proprio mente dal background loro rispetto canali, che si s o n o s e m p r e c o n c e n - attraverso le loro gesta: “Queste al mio.” trati su di me e s u l l e m i e e s p e r i e n - nuove canzoni trattano molti degli Un album ancora una volta pieno ze. Imparand o a c o n o s c e r e g l i i n - stessi temi di sempre però in una di grazia e di tatto che aumenta in setti (la vera m a t e r i a d i c u i t r a t t a i l chiave differente. C’è una mosca maniera esponenziale la curiosità disco, ndi.) e s c r i v e n d o s e c o n d o l a che brama solamente di essere ac- verso i nuovi territori che la nostra loro prospetti v a è s t a t o i l l u m i n a n t e cettata e amata anche se è costan- potrà toccare a breve nella spe- per me, come c a n t a s t o r i e e c o m e temente rifiutata e degradata da ranza che riesca a portare il suo novizia entom o l o g a . ” colui che adora. C’è una seduttiva spettacolo nuovo qui nei nostri lidi: Share This Place non è solo un di- lucciola che “luccica” il suo langui- “Sto lentamente iniziando a regi- sco si diceva. E’ anche una perfor- do erotismo e poi freme per l’urgen- strare un nuovo disco solista ma ci mance animata che accompagna la za dell’attrazione. C’è lo scarabeo vorrà del tempo prima che venga resa live del gruppo, dei video rea- stercolario che è a sua volta così ultimato… Fortunatamente avremo lizzati da un artista amica di Mirah: ingannevolmente semplice con la la possibilità di inscenare Share “Britta Johnson è entrata a far parte sua gioia per il suo pasto (la sua This Place in Italia ed in Europa del progetto nell’istante stesso in cui palla di merda) e allo stesso tempo anche se ancora non so quando.” abbiamo presentato l’idea. Avevamo è così rappresentativo della grande Nella speranza che la promessa già delle canzoni scritte e registra- ruota che è la vita. Sono così teneri venga mantenuta godiamoci que- te così le abbiamo manipolate per e così intenti nella loro vita, proprio sto ultimo bellissimo lavoro… lei e ci ha animato i suoi fantastici come noi.” Bentornata! qu a l c o s a di specifico, curioso capire a sentireascoltare 19 Gianluca Becuzzi kinetix di Daniele Follero Un temperamento per niente nostalgico, un passato vissuto da studente di Belle Arti a Firenze, ascoltando Eno e John Cage, Throbbing Gristle e Pierre Schaeffer, per poi virare a 360° il suo percorso musicale, approdando all’elettronica sperimentale. Gianluca Becuzzi è, allo stato attuale, uno dei nomi più altisonanti del panorama avant-elettronica italiano. Ne abbiamo parlato con il diretto interessato... In principio fu Kin e t i x . N e l 1 9 9 9 rouge che colleghi ciò che mi ha L a S m a l l Vo i c e s c o n i l s u o co - ha inizio la tua att i v i t à c o n q u e- maggiormente influenzato, parle- r a g g i o è r i u s c i t a a t r a s f o r m arsi sto moniker, ma la t u a c a r r i e r a rei di tutte quelle musiche capaci p r e s t o i n p u n t o d i r i f e r i m e nto comincia già a part i r e d a l l a m e t à di esprimere idee forti, compiute, i m p r e s c i n d i b i l e p e r l ’ e l e t t r o n ica degli anni Ottanta. C o s ’ è s u c c e s- autonome, innovative, che si espri- s p e r i m e n t a l e n o s t r a n a . C o m e sei so in quegli anni? mono attraverso forme quanto più v e n u t o i n c o n t a t t o c o n l ’ e t i c h etta Negli Ottanta studi a v o p i t t u r a a l - possibile essenziali. A mio modo p u g l i e s e ? Q u a l i s o n o i v o s t r i r ap- l’Accademia di Belle A r t i d i F i r e n z e di vedere, in questa categoria tra- porti oggi? e co ntestualmente f a c e v o l e p r i - sversale possono convivere uno al Conosco me esperienze mus i c a l i s u o n a n d o fianco dell’altro artisti come Brian m o l t i a n n i . C o s ì , q u a n d o l u i f o ndò post-punk, coldwave , i n d u s t r i a l e t Eno e John Cage, Throbbing Gri- S m a l l Vo i c e s a s s i e m e a P i e r p a olo similia . Quello era il s u o n o “ p i ù e c - s t l e e P i e r r e S c h a e ff e r, R y o j i I k e d a M a r c h i o , p e r m e è s t a t o d e l t utto citante” dell’epoca, s o p r a t t u t t o s e , e Karlheinz Stockhausen, Iannis n a t u r a l e p r o p o r r e l o r o i m i e i l a v ori. come capitava a me , a v e v i 1 8 a n n i Xenakis e John Duncan, Pauli- P i e r p a o l o e P a s q u a l e s o n o s t a ti i e vivevi a Firenze, l a c a p i t a l e i t a - ne Oliveros e Pansonic, Bernhard p r i m i a c r e d e r e n e l m i o n u o v o cor - liana del “popolo ner o v e s t i t o ” . C o s ì Guenter e Morton Feldman. s o a r t i s t i c o o ff r e n d o m i l ’ o p p o r t u nità Pasquale Lomolino da c o n c r e t a d i f a r c i r c o l a r e i l n o m e di ho iniziato e così ho p r o s e g u i t o p e r buona parte degli a n n i N o v a n t a , L’ e l e t t r o n i c a i t a l i a n a , s o p r a t t u t t o K i n e t i x c o n l a p u b b l i c a z i o n e i n CD pubblicando album e s u o n a n d o i n nel campo della musica d’arte, ha d i S e l e c t e d E _ M i s s i o n s e W hite giro per mezza Euro p a s o t t o s v a r i a - una storia di tutto rispetto, lega- R o o m s . I n s e g u i t o h a n n o c o n t i n ua - te sigle. Alla fine d e l l o s c o r s o d e - ta a persone e luoghi fondamen- t o a s u p p o r t a r m i p u b b l i c a n d o Me - cennio i miei interes s i a r t i s t i c i s o n o tali come Bruno Maderna, Luigi m o r y M a k e s N o i s e , l ’ a l b u m a mio mutati radicalmente e h o i n d i r i z z a - Nono, Luciano Berio e lo Studio n o m e d e l l o s c o r s o a n n o e q u e l l o del to la mia ricerca es p r e s s i v a v e r s o Fonografico della RAI. Che rap- d u o - p r o j e c t c o n F a b i o O r s i M u ddy forme maggiorment e s p e r i m e n t a l i porto hai con le forme primordia- S p e a k i n g G h o s t s T h r o u g h M y Ma - rispetto al passato. O g g i t e n d o a d li di elettronica e in generale con c h i n e s. I n s o m m a , c o n S m a l l Vo i ces archiviare la prima f a s e d e l l a m i a i compositori contemporanei che e l a s u a s i s t e r l a b e l A S i l e n t P l a ce è produzione (una qu i n d i c i n a d i a l - con essa hanno sperimentato? un continuo work in progress. bum circa) sotto la v o c e “ o p e r e g i o - Nutro grandissimo rispetto e am- vanili”, siccome non h o u n t e m p e r a - mirazione nei confronti dei pio- L a t u a r i c e r c a n o n s i f e r m a a l ver - mento nostalgico e q u i n d i m i c a p i t a nieri che hai nominato. Senza la s a n t e m u s i c a l e , m a c o m p r e nde raramente di ripensa r e a l p a s s a t o . loro fondamentale opera, il mio a n c h e l e a r t i v i s i v e e i l r a p por - Tutte le mie energie s i c o n v o g l i a n o modo di concepire il suono e la- t o s p a z i o - s u o n o ( c o m e i n W hite sul presente, quand o n o n a d d i r i t t u - vorare con esso non sarebbe lo R o o m s ) , r e n d e n d o l a d i m e n s i one ra su l futuro. stesso. Credo che questo “debito performativa/installativa artistico” vada assolutamente rico- s c i n d i b i l e p e r c o m p r e n d e r e l a tua Attraverso quali as c o l t i G i a n l u c a nosciuto ed esteso anche a coloro a r t e . I n q u e s t o s e n s o i l s u p p orto Becuzzi è diventat o i l m u s i c i s t a che, pur ignorando opere e nomi d i s c o g r a f i c o n o n r i s c h i a d i e s se - che conosciamo? In p r a t i c a , q u a- dei compositori citati, beneficiano re un limite? li sono le musiche c h e t i h a n n o inconsapevolmente delle loro idee P a r a l l e l a m e n t e a l l a p r o d u z i o n e di formato? rivoluzionarie quando, ad esem- l a v o r i c o m p o s i t i v i ( p e r i q u a l i i l s up - Tantissimi ascolti, t r a l o r o d i v e r - pio, considerano pratica ordinaria p o r t o d i g i t a l e è o v v i a m e n t e q u ello si, che vanno dalla m u s i c a c o s i d - inserire suoni di sintesi e/o loop a p p r o p r i a t o ) h o r e a l i z z a t o a n che detta “colta” a quell a “ e x t r a - c o l t a ” . campionati all’interno delle proprie t u t t a u n a s e r i e d i l a v o r i “ a l t r i ” r i s pet - Dovendo comunque t r o v a r e u n f i l musiche. t o a l l a m o d a l i t à d e l p u r o a s c o lto: 20 sentireascoltare i m pre - installazioni s o n o r e , a u d i o - v i s i v e , sonorizzazion i d i s p a z i , s o u n d d e sign, perform a n c e . P e r s o n a l m e n t e considero CD c o m e W h i t e R o o m s o Gestaltsyst e m 0 1 : : P o s s i b l e F o r ms:: i catalog h i d e l l e d u e i n s t a l l a zioni che port a n o l o s t e s s o t i t o l o e niente più di q u e s t o , c o s c i e n t e c h e per “godere p i e n a m e n t e d e l l ’ o p e r a ” è necessario f r u i r l a n e l l a d i m e n s i o ne percettiva p e r l a q u a l e è s t a t a progettata. Qu e s t e f o r m e d ’ a r t e m i interessano a t a l p u n t o c h e i o e il mio amico M a r c o F o r m a i o n i a b biamo ideato u n f e s t i v a l c h i a m a t o Piombino eXp e r i m e n t a , i n t e r a m e n te dedicato al l a s o u n d a r t . Che fine ha fa t t o K i n e t i x ? Q u a n d o e perchè hai d e c i s o d i a b b a n d o nare questo m o n i k e r p e r p r e s e n tarti con il tu o n o m e a n a g r a f i c o ? E, soprattutt o , è u n a s c e l t a d e f initiva? Kinetix è la s i g l a c h e h o u t i l i z z a to ogni volta c h e l a m i a r i c e r c a s i centrava sul s o u n d p r o c e s s i n g d i gitale. Attual m e n t e s t o l a v o r a n d o principalment e c o n s o n o r i t à e l e t troacustiche-c o n c r e t e e p e r q u e s t o motivo, a part i r e d a M e m o r y M a k e s Noise , ho pr e f e r i t o f i r m a r e c o n i l mio nome i la v o r i c h e a n d a v a n o i n questa direzio n e , r e l e g a n d o l a s i g l a a semplice su ff i s s o m n e m o n i c o . K i netix potrebb e s a l t a r e n u o v a m e n t e fuori se decid e s s i d i d a r e a l l e s t a m pe alcune reg i s t r a z i o n i i n e d i t e c h e sono rimaste n e l c a s s e t t o . D i v e r s a mente non so . . . Con Memory M a k e s N o i s e , p u r senza abband o n a r e i l r a d i c a l i s m o che ti è semp r e s t a t o p r o p r i o , h a i inserito elem e n t i e l e t t r o a c u s t i c i e lo stesso hai fatto nei due lavori con Fabio Orsi. Del resto, è divenuta una pratica diffusa da parte d e g l i e x “ p u r i s t i ” d e l l ’ e l e t t r o n ica, quella di arricchire il sound con elementi acustici. Cos’è, una sorta di ripensamento o la nuova frontiera dell’elettronica postmoderna? Non sta a me dire se questa sia l’ultima frontiera, per certo è un terreno di ricerca estremamente stim o l an t e , c h e n e g l i u l t i m i t e m p i h a a t t r at t o d i v e r s i a l t r i a r t i s t i d e l g i r o avant internazionale. Quello che p o s so d i r t i è c h e i f i e l d r e c o r d i n g s , la manipolazione di oggetti sonori e gli strumenti acustici che ho utilizzato per realizzare le composizioni più recenti, mi hanno dato risultati talmente soddisfacenti da convincermi a proseguire in direzione elettroacustica. Questo non significa che in futuro non potrei tornare a pensare in termini di elettronica pura. Mai dire mai... Quella con Orsi è stata solo una collaborazione estemporanea o avete in progetto altri lavori? C o me è n a t a l ’ i d e a d i f a r e m u s i c a insieme? Q u e ll o f o r m a t o d a m e e F a b i o è u n vero e proprio duo-project destinato a rimanere stabile nel tempo e produrre altro ancora. Il nostro sodalizio si fonda su un’autentica amicizia e su una stima reciproca che investe tanto il piano umano quanto quello artistico. Ci siamo conosciuti nell’estate del 2004 in un luogo virtuale, il forum di IXEM ( I t a l ia n e X p e r i m e n t a l E l e c t r o n i c M u s ic ) , d o v e è a v v e n u t o u n p r i m o scambio di opinioni. In seguito, s p e d e n d o c i l e r i s p e t t i v e produzioni p e r v i a p o s t a l e , a b b i a m o capito che a l l ’ u n o p i a c e v a l a m u s i c a dell’altro e d a b b i a m o i n i z i a t o a c o l l aborare a d i s t a n z a . Tu t t o i l r e s t o è venuto da s e : i p r i m i d u e m p 3 w o r k s a doppia f i r m a , m e s s i i n r e t e d a S i newaves.it ( S n o w P a l a c e H o t e l e S t ella Maris H o t e l ) , O s c i, i l s o l o - d e b u t di Fabio, a l q u a l e h o l a v o r a t o i n v e ste di pro d u t t o r e d e l s u o n o , f i n o a d arrivare ai due recenti CD in duo. Mi piace immaginare Muddy S p e a k i n g G h o s t s … c o m e una sor t a d i d i m o s t r a z i o n e d i q uanto, in e p o c a p o s t m o d e r n a , l e radici del f o l k p o s s a n o l e g a r s i a l suo estrem o o p p o s t o , l ’ e l e t t r o n i c a. Come è n a t a l ’ i d e a , t r a l ’ a l t r o m olto inter e s s a n t e e o r i g i n a l e , d i rivisitare l e r e g i s t r a z i o n i d i A l a n Lomax? L’ i d e a è n a t a p r o p r i o d a l la volontà d i c r e a r e u n c o r t o c i r c u i t o estetico t r a d i m e n s i o n i s t o r i c o / c u lturali tra l o r o t a n t o d i s t a n t i d a r i s u l tare pres s o c h é i n c o n c i l i a b i l i . D a u na parte i m o n d i d e l l e t r a d i z i o n i p opolari re g i s t r a t e d a L o m a x , d a l l ’ a ltra la no s t r a c o n t e m p o r a n e i t à t e c nologica e d i s i n c a n t a t a . U n a s o r t a d i incontro/ s c o n t r o t r a t e r m i n i a n t i t e tici: natu r a e c u l t u r a , p a s s a t o e presente, t r a d i z i o n e e a v a n g u a r d i a. Un la v o r o b a s a t o s u l l a r e g i a ( sequenze, m o n t a g g i , t e m p i ) t a n t o c h e per certi v e r s i , a l l a f i n e , s o m i g l i a più a un film che a un disco. L’ i d e a delle forme variabili e s p r e s s a i n G e s t a l t S ystem01:: P o s s i b i l e F o r m s : :, q u e l la cioè di f a r s u o n a r e d u e C D c o ntemporan e a m e n t e , f o r n e n d o a l l’ascoltat o r e l a p o s s i b i l i t à d i c r e are nuove sentireascoltare 21 forme, mi sembra vada nella direzione del superamento dell’ascolto passivo. Un modo di superare le modalità d’ascolto tradizionali, unendo ricezione e creazione. Ė a questo che pensavi quando hai pubblicato il disco? Esattamente, la qual cosa vale anche come ricerca sulle possibilità autogenerative del suono, che può riconfigurarsi in forme sempre diverse se la composizione si basa su strutture modulari come avviene nel caso di questo doppio Cd. Nella sua versione installativa, invece, Gestaltsystem… è stato presentato nell’estate 2005 durante la prima edizione del Piombino eXperimenta. In quel caso avevo diffuso la composizione all’interno di tre celle del Castello di Piombino. L’ascoltatore era invitato ad entrare nel buio delle tre anguste prigioni chiudendosi la porta alle spalle per fare esperienza diretta del suono prodotto dai Cd-player selezionati in modalità random/repeat. Data l’esiguità dello spazio, il suono prodotto dagli speaker risultava assai prossimo e dunque “fisicamente avvertibile”. Puoi parlarci brevemente della IXEM, della quale sei membro? 22 sentireascoltare IXEM è una comunità virtuale attiva in rete da alcuni anni, che riunisce una significativa rappresentanza di artisti italiani dediti alla sperimentazione: compositori, perform e r, v i d e o a r t i s t i e t c . L’ e m a n a z i o n e pubblica di IXEM attualmente più visibile è Live-IXEM-Festival, una rassegna annuale proposta sotto forma di contest. Immagino non sia facile per un musicista sperimentale e, diciamolo pure, di nicchia, vivere con l a p r o p r i a m u s i c a . Tu c i r i e s c i ? Quali sono le maggiori difficoltà che incontri? No, io non vivo di sola arte, svolgo altre attività lavorative per garantirmi quel minimo di tranquillità e c o n o m i c a d i ff i c i l m e n t e o t t e n i b i l e altrimenti. Qualche volta mi capita di pensare quanto sarebbe bello se potessi occuparmi di musica a tempo pieno, senza alcuna distrazione, altre volte, invece, mi convinco che far dipendere unicamente dagli introiti artistici i pagamenti d e l l ’ a ff i t t o , d e l l e b o l l e t t e e l a s p e sa al supermercato potrebbe finire per rovinare tutto. Quindi, forse, è preferibile lasciare le cose come stanno... D e l r e s t o s o n o t a n t i i g r a n d i a rtis t i p e r i q u a l i l ’ a r t e , a l m e n o f ino a u n c e r t o p u n t o , n o n h a r ap p r e s e n t a t o l a p r i n c i p a l e f o n t e di g u a d a g n o . B a s t i p e n s a r e a I t alo S v e v o e C h a r l e s I v e s , e n t r am b i a s s i c u r a t o r i . S p e r o t i s i a di a u g u r i o . . . L a p i ù c l a s s i c a d elle d o m a n d e p e r c h i u d e r e u n ’ i n t e rvista: progetti per il futuro? H o c o m p o s t o u n a n u o v a p i è c e e let t r o a c u s t i c a i n t i t o l a t a [ i n ] v i s i ble F i e l d s a f i r m a G i a n l u c a B e c uzzi e s t o a t t u a l m e n t e t r a t t a n d o l a sua p u b b l i c a z i o n e a l l ’ e s t e r o . E n t r o l ’ an n o u s c i r à a n c h e i l p r i m o d i u n a se r i e d i q u a t t r o v o l u m i c h e r i s t a m p ano m a t e r i a l e T R A X , a l l a q u a l e p a r t eci p o c o n c o m p o s i z i o n i i n e d i t e s p eci f i c a m e n t e c r e a t e p e r l ’ o c c a s i o ne. I l t e r z o l a v o r o c o f i r m a t o c o n F abio O r s i s a r à p u b b l i c a t o n e l p r o s s imo a u t u n n o p e r l ’ e t i c h e t t a s t a t u n i t e nse L a s t Vi s i b l e D o g e s i i n t i t o l e r à Wild F l o w e r s U n d e r T h e S o f a. C o me p r o d u t t o r e d e l s u o n o h o l a v o r ato i n v e c e a l l ’ a l b u m s o l i s t a d e l “ s o l ito” F a b i o , F i n d E l e c t r o n i c a, e a E n so, l ’ e s o r d i o d i L u i g i Tu r r a , u n a ltro g i o v a n e t a l e n t o n a z i o n a l e d a l q u ale aspettarsi grandi cose. DISCOGRAFIA ESSENZIALE Kinetix - Selected E_Missions (SmallVoices, 2004) Debutto di Kinetix su SmallVoices, questo disco rappresenta anche il punto di partenza degli interessi radicali di Gianluca Becuzzi. Sei tracce nelle quali l’elettronica prova a farsi suono naturale, o per lo meno, prova ad avvicinarvisi. Drones che si trasformano in rumori della terra, immersi in atmosfere oniriche e ambienti sonori spaziosi e nitidi. In questo astrattismo sonoro, la spazialità del suono risulta essere il parametro dominante. (7.1/10) Kinetix - White Rooms (Small Voices, 2004) L’interesse per lo spazio sonoro e per la multidimensionalità della musica prosegue con questo doppio cd, un lavoro basato sulla relazione tra spazio fisico e sonoro. Il progetto è quello di mettere in musica la dimensione di una stanza, di tradurre l’ambiente fisico in disegno sonoro, intervenendo su singoli parametri dimensionali: volume, tempo, frequenze e spazio. Un’ottima conferma dell’attitudine sperimentale di Kinetix/Becuzzi. (7.2/10) Kinetix Gestaltsystem01:: Possible Forms :: (Monochrome Vision, 2006) Pubblicato dall’etichetta russa Monochrome Vision, Gestaltsystem01…, più che un disco vero e proprio è come se fosse il catalogo di una installazione presentata nel settembre 2005 al Festival Piombino eXperimenta. Il lavoro è concepito in modo che, suonando simultaneamente i 2 cd di cui si compone (ognuno dei quali contiene otto tracce di lunghezza identica), si ottengoano nuove combinazioni. La musica eterodirezionale di Becuzzi questa volta prova a proiettarsi nella dinamica ascolto attivo/passivo, che spinge verso un’interessante creatività della fruizione. (7.2/10) Gianluca Becuzzi [Kinetix] - Memory Makes Noise (SmallVoices / Audioglobe, 2006) Senza abbandonare il radicalismo che lo ha sempre contraddistinto, Becuzzi arricchisce il suo stile di elementi elettroacustici. I cut up, che costituiscono le fondamenta concettuali di Memory Makes Noise, si spingono fino al citazionismo, rendendo evidente il legame con autori quali Luc Ferrari e Morton Subotnick. Tre lunghe tracce, in cui il flusso di coscienza non si arresta mai, tra rumori concreti, tappeti electronoise e strumenti acustici trasfigurati, creando un paesaggio allucinato da cui è difficile scappare. (7.2/10) Gianluca Becuzzi / Fabio Orsi - Muddy Speaking Ghosts Through My Machines (A Silent Place, 27 febbraio 2007) Un drone plumbeo trafitto da un canto lontano. Un blues d’anteguerra, uno spiritual di chissà quale martire. Un soffrire esangue, quello di North Of Me (At Midday), che si scioglie e si cede alla pioggia, nella trilogia ad essa intitolata. Una dedica ad Alan Lomax che è come una dichiarazione di intenti, tentativo rischioso e affascinante di unire passato e presente attraverso la loro estrema sintesi musicale. Un risultato straordinario. E post-moderno. (7.5/10) (Gianni Avella) Gianluca Becuzzi / Fabio Orsi - The Stones Know Everything (Digitalis, aprile 2007) Secondo di una trilogia iniziata con il precedente Muddy Speaking..., questo doppio album perde il registro nostalgico evocato dai campionamenti di Alan Lomax. Le fondamenta ambient brillano così di nuova luce. Dando per scontato ormai che la coppia Orsi/Becuzzi regge il confronto con gli altri nomi altisonanti del settore, l’unica cosa che preme qui sottolineare è come un lavoro del genere si collochi ormai indubbiamente su un contesto tutto suo, lontano da quello nazionale dell’ambient drone e dell’elettroacustica. (7.5/10) (Antonello Comunale) sentireascoltare 23 big bang da camera Smashing Pumpkins di Stefano Solventi Nel bel mezzo dei N o v a n t a s e m b r a r o n o u n a d e l l e c o s e p i ù e l e t t r i z z a n t i m a i capitate al rock. Ma l a l o r o v i c e n d a s o n o r a d a m a g n i f i c a s b i a d ì p r e s t o i n qualcosa di confuso , t r o n f i o , e s a u s t o . U n o s g u a r d o a l l a p a r a b o l a S m a s h i n g Pumpkins. Classe ‘67, figlio d’un chitarrista avvenimento che sublima la real- lione di volte. Erano i phisique du blues, Billy Corgan nutrì l’adole- tà. Non la riscatta: la sostituisce. role che realizzavano il suo sogno s c e n z a d i c u p a s b r u ff o n e r i a h a r d - O ff r e u n r i f l e s s o d o l o r o s o e p u r fantarock. rock anni settanta - Black Sabbath, tuttavia proteso verso una rivalsa Questo non significa sminuire la C r e a m , L e d Z e p p e l i n , C h e a p Tr i c k ideale, fiabesca. portata - e di brumose inquietudini wave la visceralità, sono una trappola. Pumpkins. Anzi. La ragione profon- alla Bauhaus, Echo And The Bun- Quindi Corgan trasloca baracca e da che li mosse, pescata nel poz- nymen e Cure. Questi i principali burattini (rabbia e trepidazioni) su zo di una personalità complessa, moventi di una formidabile schizo- un piano puramente sonico, e per enigmatica e potente quale quella frenia poetico/estetica, compressa farlo deve costruirsi la torre sen- di Corgan, è tutto ciò che occor- nei pochi metri quadri di una imma- za porte né finestre in cui far con- re e anche di più quale innesco di ginaria (?) cameretta, tipo quella vergere tutto l’immaginario rock a un dispositivo rock coi controcaz- sotto cui sferragliava il tram che disposizione. Nella quale il senso z i . L’ i m p a t t o d i G i s h e S i a m e s e potete demo di estrema libertà è un’illusione Dreams si spiega da solo. E che contenuto in Pisces Iscariot. Lì, in necessaria, che cova in petto un dire di tutto il contemporaneo som- quella cameretta, accaddero cose doloroso anelito di salvezza e au- merso, rinvenibile solo parzialmen- fantascientifiche. torealizzazione. te in Pisces Iscariot? C’è in Cor- che. Conseguenza di una gigan- C e r t o , o k a y, C o r g a n n o n e r a s o l o . gan - e di conseguenza nel gruppo tesca come Attorno a lui coagulò una band - una determinazione estetica im- quella che - a quanto pare - prece- m i c a m a l e . Tr e b u o n i e l e m e n t i p e r pressionante, figlia di un profondo de qualsivoglia Big Bang. motivi diversi, James Iha, D’Arcy disagio e della voglia/necessità di e Jimmy Chamberlin. Quest’ultimo, s o d d i s f a r l o / c u r a r l o . L’ u n i c a t e r a p i a Sogno fantarock batterista jazz dal percussionismo è la soddisfazione, l’unico antido- Nei primi album targati Pumpkins asciutto e scattante, era musical- to alla frustrazione esistenziale è il cassetto di Corgan-Pandora si m e n t e i l p i ù p r e p a r a t o . L’ u n i c o s o - lo scatto in alto, verso una clamo- apre demoni pra la media. Quanto a Iha, cono- rosa autorealizzazione. Il che, per psych-rock. S’avverte chiara la ve- sciuto in un negozio di dischi usati B i l l y, s i g n i f i c a v a i n c a r n a r e i s o g n i nerazione per l’energia esoterica dove sognati fino ad allora. d e i S a b b a t h , q u e i r i ff c o m e r o c - “soltanto” un buon chitarrista col Vo g l i o r i b a d i r e c h e i l s u o c o r p u s ce strappate al ventre del mondo DNA marchiato a folk-rock e metal, lirico e sonico risiede in tutto e e fatte rotolare sulle strade degli ritmicamente pronto, abile a tenere per entusiasti. Così come la venera- le distorsioni al guinzaglio, dalla rock. I melodrammi onirici, il vit- zione per il vitalismo occulto dei scrittura felicemente problematica. timismo rabbioso, l’urlo dissonan- Led Zeppelin, impasto veemente D’Arcy invece poteva vantare stu- te, la carezzevole nenia, l’onirico e furbastro di mistero folk e sfac- di classici incentrati su violino e rollio, sembrano rivolgersi ad un ciataggine blues. Ma anche le ba- oboe, ma è pur vero che imbracciò panteon di situazioni e archeti- dilate più visionarie e scomposte il basso per la prima volta dopo il pi più ideali che reali. Il dramma obbediscono al disegno d’un dera- reclutamento nei Pumpkins. Insom- messo in scena da Corgan, sia gliamento controllato, d’una impla- ma, la sensazione è che la band si esso un grido straziante o un’in- cabile organizzazione wave. formò perché i tre finirono attratti vocazione indolenzita o un furioso Nella testa-cameretta di Billy il dall’aura di Corgan, invischiati nel- declama, è rivolto ad uno schermo rock diventa la propria stessa ra- l’orbita della sua urgenza espres- anzi allo schermo, quello sul quale gion d’essere, sfondo, scenografia, siva. Se furono “ingaggiati” è per ogni pasionario rock che si rispetti soggetto e interprete di un melo- come completavano il quadro men- proietta angosce e insoddisfazioni dramma languido e violento. E’ un tale che Billy s’era figurato un mi- e speranze di rivalsa e timori. In sentire in tensione liberando Soothe, Anzi, astrofisi- energetica orde 24 sentireascoltare di Billy La concretezza, lavorava, era invece del tutto fenomeno dentro Smashing all’immaginario Corgan, con Corgan e per Corgan tentico marchio di fabbrica delle re si concretizza la madre di tutte le zucche. 700.000 lusinghiere copie - nel fantasie rock: l’adolescente salva- Un campionario stilistico ancora li- volgere di pochi mesi. to dalla realtà. mitato ma intensissimo, capace al- Pensare che, ascoltato col senno tresì di covare svolte sconcertanti, di oggi, il programma non parte Magmatici gorghi radiosi come la tenerezza assoluta nel bri- benissimo: Cherub Rock è rigida e P a s s i a m o a i f a t t i . I n e l u d i b i l i . L’ e f - dge della scellerata Siva, o i rica- prevedibile, non riesce a risolve- ficacia della quadratura basso-chi- mi di flauto della melmosa Suffer re fluidamente la complessa sce- tarre-batteria. La vena autoriale e soprattutto il folk psych glassato nografia di accordi che tappezza il d i B i l l y, t r e m e n d a m e n t e p r o l i f i c a , d’archi della conclusiva Daydream, muro sonoro; Quiet ripropone con in grado di azzeccare fervidi pun- c a n t a t a d a u n a a l t r e t t a n t o i n e ff a b i - stolida veemenza l’hard funk bitu- ti di equilibrio tra dolcezza e calor l e ( e s i l e , i n s t a b i l e ) D ’ A r c y. S o t t o l a m i n o s o ; To d a y è u n a b a l l a d m a l i n - bianco. La sua statura d’interpre- scorza brutale s’intravedono modi conica e radiosa che s’imbroncia te, forse imbalsamata in quelle due sofisticati, esotiche/esoteriche di- s u u n r i ff e m i n e n t e m e n t e c o b a n i a - modalità - il sussurro fiabesco e vagazioni. Rispetto al grunge cui no. Un trittico piuttosto scontato l’acidità incapricciata - però incon- vengono automaticamente - e com- che avrà fatto la felicità delle radio fondibile, segno vocale lancinante. prensibilmente - associati, si pro- alternative e delle fregole adole- E quei due primi album, anzi tre. posero fin da subito come irriduci- scenziali sintonizzate. Ma il pun- Gish (Hut, 28 maggio 1991) è il bili alieni (7.0/10). to era un altro. Il punto iniziava a suono (quasi) in presa diretta dal- E’ appunto l’esplosione del grun- mettersi a fuoco con la successi- l a c a m e r e t t a . C o m p r e s s o . Tu m i d o . ge in seguito a Nevermind che va Hummer, sconcertante ipotesi Magmatico. A partire dall’iniziale I consentì agli Smashing Pumkins s h o e g a z e t r a e ff e t t i s p e c i a l i d a r k - Am One il furore malinconico s’in- di raccogliere i consensi meritati p s y c h . L’ i r r e q u i e t e z z a d a c a m e r a carna in hard funk rocciosi e aci- e qualcosa in più. Parteciparono d i B i l l y, q u e l g o r g o m a l s a n o c h e di, col gorgo sinistro del basso, il - con Soundgarden e Pearl Jam in Gish s’avvitava inesploso, qui canto da marionetta torva e quel tra gli altri - alla soundtrack del trasfigura in una pietas energica, drumming febbrile celebre Singles, il che consolidò un disperato idealismo che media (l’intelligenza ritmica di Chamber- l’equivoca parentela con la scena redenzione e dannazione. lin rappresenta per i Pumpkins ciò di Seattle. Ma c’era un tour da af- All’amore sempre dissipato, sparso c h e C h a r l i e Wa t t f u p e r i p r i m i r o z z i frontare, lungo ed estenuante, da a vuoto come la vita (“non sono li- Stones). Per poi acquietarsi in bal- c u i l a b a n d u s c ì a p e z z i . Tr a l e bera / pensi che l’amore esista?”), latone sognanti, immerse in un ac- “sparizioni” tossiche di Chamberlin contrappone una via di fuga sono- quario torbido, l’altra faccia della e i continui disaccordi e dissapori ra, estetica e non poetica, come furia, il languore di chi sta per ar- (si consideri la fine della relazione la meravigliosa semplicità dell’ar- rendersi. E ancora ruggini e saette tra Iha e D’Arcy), a Billy capitò di peggio conclusivo. Da lì in avan- negli strani esotismi zeppeliniani a ff r o n t a r e q u a l c h e s e d u t a d ’ i n c i - ti la scaletta inizia a sfaccettarsi (Bury Me), un incedere oppiaceo s i o n e d i S i a m e s e D r e a m s ( Vi r g i n , come un prisma: il folk rock ag- riciclato dalla funebre Caravan dei 27 luglio 1993) in totale solitudi- ghindato d’archi e campane di Di- Sabbath (Window Pane, Crush), gli ne. Una situazione spiacevole ma, sarm, l’asprezza hard funk di Geek assolo infervorati come se li suo- per così dire, rivelatrice e in fondo U.S.A. (col testo-denuncia rivolto nasse un Alvin Lee non-morto, le veritiera. Non deve stupire quindi all’american way of life, “i delusi scenografie fiabesche imbastite da se malgrado tutto ne venne fuori scompaiono come se non fossero progressioni di accordi prog-glam il disco della consacrazione. Che mai esistiti”), quindi l’art punk ro- forse didascalici ma in fondo l’au- triplicò le vendite del predecesso- botico e tribale di SIlverfuck e il calligrafico e - attestatesi nel frattempo su sentireascoltare 25 dream folk dai prodromi glam di recupero di scarti e b-side spaccia- che risponde al nome di Girl Na- Spaceboy. ta per il terzo album dei Pumpkins, med Sandoz. (6.6/10) Ma è con Mayonaise che il sogno- non fosse che contiene almeno fuga-redenzione di Corgan tocca cinque episodi - su 14 - irrinuncia- Ve r t i g i n i l’apice, una ballad perfetta, con- b i l i . Tr e d i q u e s t i s o n o f o l k : s e l a malinconie chiusa tra una intro e un outro trepida Landslide ed il fragile in- Col successivo Mellon Collie And palpitanti, fatta brillare da quei dolenzimento di Smoothe (quella T h e I n f i n i t e S a d n e s s ( Vi r g i n , 2 4 decolli melodici e chitarristici che registrata nella cameretta che in ottobre 1995), Corgan si sentì fi- s q u a d e r n a n o i l s o ff i t t o d e l l a c a m e - sottofondo ci senti il tram) dimo- nalmente libero di squadernare il retta, paventando di nuovo l’antica strano che la scrittura di Corgan ventaglio scalinata verso il cielo, sul quale non teme la nuda immediatezza, ossessioni. Di più: ne fu travolto. arrampicarsi cantare: stilistico formidabili delle proprie “qual- B l e w Aw a y p o r t a i n d o t e u n J a m e s L’ e s p l o s i o n e d e l l a c a m e r e t t a l o r i - c u n o r i e s c e a s e n t i r m i ? / Vo g l i o Iha morbido e dolciastro, caligi- succhiò nella vertiginosa gravità solo essere me stesso”. La chiusa ni sixties come pura preveggen- d’un percorso da compiere tutto d i L u n a è d o l c e a m a r a , t a n t o s o ff i - za Clientele. Poi c’è una Pissant intero, ciclico come quelle ultime ce ed oscura quanto emblematica: che è semplicemente lo spurgo più note di piano che riecheggiano le “tutte quelle canzoni che canti alle violento mai rilasciato fino ad allo- iniziali, come i bagliori del tramon- tue fidanzate / saranno un mezzo ra, dei Led Zeppelin metallizzati o to riverberano in quelli dell’alba. per vedere dentro di te”. (7.6/10) chissà cosa, mentre la conclusiva Una notte di caleidoscopica schi- A quel punto la monade che cova- Spaced si aggira muta e misterio- zofrenia, dove l’inquietudine può va un sogno rock esplosivo, era s e t r a l i q u i d e v o c i c o n e ff e t t o q u a s i anzi deve assumere tutti i volti co- già esplosa. Ciò che accadde dopo floydiano. Non che il resto faccia nosciuti e quelli inattesi, come una fu inevitabile. schifo, anzi, è materiale media- medaglia che mostra una faccia di- Ciò che accadde dopo fu Mellon mente buono, ma sostanzialmente v e r s a a d o g n i r o t a z i o n e . Ve n t o t t o Collie. ripete schemi già noti rasentan- i pezzi distribuiti su due CD, uno Prima però è doveroso rimarcare il do l’autoplagio. Basterà citare la sforzo congiunto di composizione peso specifico di Pisces Iscariot cremosa radioattività di Plume, la e arrangiamento (agli ingredienti ( Vi r g i n , 1 9 9 4 ) . S a r e b b e d a c o n s i - lenta perorazione psych di Starla e “consueti” si aggiungono gli archi derarsi una scaltra operazione di quella sorta di moderna Foxy Lady della Chicago Symphony Orche- una per infinite, conseguenza 26 sentireascoltare stra, tastiere, piano, lap steel...) M a è i l s e c o n d o d i s c h e t t o - Tw i l i g h t da ping pong, giusto perché un’im- che polverizza a monte l’equivoca To S t a r l i g h t - c h e c i p o r t a i n d o n o presa del genere non poteva che appartenenza alla famiglia grun- le sorprese più gustose. Per l’im- muovere da un’ambizione abnor- ge. Non a caso vengono ingaggiati pudenza con cui allinea in sequen- me. (8.5/10) quali co-producer Alan Moulder za hard-noise furibondo (Bodies), Nei mesi successivi a cotanta defla- - g i à a l l a v o r o c o n M y B l o o d y Va - palpiti dream-folk (Thirty-Three), grazione arrivò puntuale il fall-out, lentine, Ride e Nine Inch Nails, valzer desertico (In The Arms Of sotto forma di cinque EP – usciti nonché ingegnere del suono per Sleep) ed un prototipo di perfetta anche in curatissime edizioni in vi- Siamese Dreams - e l’incontenibile wave-pop (1979). E per il vaude- nile - poi raccolti nel cofanetto The Flood, fresco dei lusinghieri risul- v i l l e g o t i c h e g g i a n t e d i We O n l y A e r o p l a n e F l i e s H i g h ( Vi r g i n , 2 6 tati ottenuti con U2 e - di nuovo C o m e O u t A t N i g h t . P e r l ’ i n e ff a - n o v e m b r e 1 9 9 6 ) . Tr e n t a t r é p e z z i i n - Nine Inch Nails. bile pastiche Lennon-Harrison di tutto tra versioni alternative, cover Il valore dei s i n g o l i p e z z i e d i l s i - Beautiful. Per la trepida nudità acu- (dei Missing Persons, dei Cars, dei stematico str i d o r e s t i l i s t i c o d e l l a stica di Stumbleine. Per lo sfrigolio C u r e , d e i B l o n d i e … ) e i n e d i t i . Tr a scaletta rendo n o l ’ a s c o l t o u n ’ e s p e - siderale di stampo Eno che sigilla i questi ultimi, il delirio fluviale di rienza elettriz z a n t e . S o l o i l p r i m o cosmici tormenti di Thru The Eyes Pastichio Medley, ventisei minuti di volume - intit o l a t o D a w n To D u s k - Of Ruby. Per una By Starlight che mashup composto con frammenti di annovera epis o d i s t r a o r d i n a r i c o m e stempera prog, pop, psichedelia e (pare) 70 canzoni scartate durante la veemenza s i n f o n i c a d i To n i g h t , spacey-folk. Persino la conclusi- la lavorazione di Mellon Collie(!) Tonight , il pro g - p o p o n i r i c o d i P o r- va Farewell And Goodnight, in cui Nel complesso predominano le bal- celina Of The Va s t e O c e a n s , i l f o l k - tutti i componenti la band si alter- late, il lato intimo della questione, psych di Gala p a g o s e To F o r g i v e , nano al canto forse per sottolinea- come le trepide Dreaming, Jupi- l’hard acido d i Z e r o e d i m i r a g g i p o p re la ritrovata compattezza, non è t e r ’s L a m e n t , B l a n k e q u e l l a T h e di Cupid De L o c k e e Ta k e M e D o w n . un mero siparietto da titoli di coda L a s t S o n g c h e n o n a v r e b b e a ff a t t o Senza contar e q u e l l a B u l l e t Wi t h (che pure a quel punto ci sarebbe sfigurato nel rollercoaster emotivo Butterfly Win g s c o n c u i C o r g a n e stato bene), bensì l’ultimo prezio- dell’album-madre. compagni azz e c c a n o l a l o r o S m e l - so di un rosario impagabile. rioso come Corgan – da buon so- ls Like Teen S p i r i t , g u a d a g n a n d o s i Le critiche di megalomania rimbal- vrano illuminato – conceda la luce l’heavy rotatio n d i M T V. zano su questo disco come palline dei riflettori ad Iha (sua la voce in E’ altresì cu- sentireascoltare 27 un cambio di schema, il tentativo di domare “tatticamente” l’inevitabile diversità del sound. D’altro canto, il coinvolgimento della band in una pellicola blockbuster significava il definitivo ingresso nei quartieri alti dello shobiz. Carrozzone (anima non inclusa) To c c a t o l ’ a p i c e , i n i z i ò l a c a d u t a . Parallelamente alla fragilità della band, i crucci esistenziali e poetici di Billy furono pasturati dalla fine del matrimonio e, nel volgere di poco, dalla morte della madre. Due colpi niente male che trovano puntuale riflesso nel quarto album A d o r e ( H u t / Vi r g i n - 1 9 9 8 ) , l ’ a l b u m del sogno schiantato, dello spaesamento, della fragilità. Come se, appena guadagnata una dimensione reale, quel sogno che carburava il motore Pumpkins avesse esaurito smalto, vitalità. Lasciando Corgan alle prese con un vuoto a n g o s c i o s o , a ff r o n t a t o f a c e n d o r i corso ad ogni tipo di travestimento, prima estetico (lugubri mise da nosferatu) e quindi musicale. Le composizioni sono infatti molto elaborate, shoegaze mutante in direzione electro e prog. Una scelta impegnativa resa disperata – e in definitiva fallimentare - dalla sconcertante fiacchezza compositiva. Senza contare che il drumming di Believe – che poi è una Daydream Jimmy Chamberlin, fatto sta che in nuce – e nella struggente The si ritrovò in una camera d’albergo Bells). Segna infine un altro colpo d i N e w Yo r k a s s i e m e a l t a s t i e r i s t a spiazzante la rilettura per piano e Jonathan Melvoin, col particolare viola dello standard My Blue Hea- n o n i n d i ff e r e n t e c h e q u e s t ’ u l t i m o ven, sorta di quadretto chapliniano era morto di overdose. Jimmy se in apnea. (7.0/10) la cavò, malgrado gli circolasse Dopo tale formidabile dimostrazio- nelle vene la stessa eroina. Con ne di fertilità, e considerato che i i Radiohead non avrebbero sfornato Fu lo stesso Corgan a chiederne il capolavoro Ok Computer fino al la defezione, ben sapendo l’entità giugno del ’97, i Pumpkins poteva- della perdita, ovvero che la sel- no candidarsi seriamente al titolo v a g g i a r a ff i n a t e z z a d i C h a m b e r l i n Siccome però i frutti non cadono di rock band più importante del sarebbe stata insostituibile. Perciò mai pianeta. non fu sostituita. O, almeno, non e c c o l ’ i n c a n t e v o l e To S h e i l a , s t u - Se le pressioni conseguenti a Sia- stabilmente. In occasione del tour pendo campionario di mestizie (ar- mese Dreams avevano messo a m o n d i a l e i t a m b u r i f u r o n o a ff i d a t i a peggio delicato, piano struggente, dura prova la stabilità della band, M a t t Wa l k e r d e i F i l t e r, c h e a p p a r e mandolini e un vago letto sintetico), quelle successive a Mellon Collie anche in The End Is The Beginning ecco una Apples + Orange come - che fece incetta di numeri uno Is The End, pezzo confezionato un traslucido cinerama wave, ecco nelle classifiche di mezzo mondo per la OST di Batman And Robin, l’errebì roco e fumoso di Annie- - furono spallate telluriche. Non dove l’elettronica assume un ruolo Dog e una For Martha che - apice voglio con questo giustificare il predominante. Proprio questa svol- compositivo del disco - si muove brutto guaio in mezzo al quale finì ta stilistica può essere letta come in equilibrio tra stasi ed esplosio- 28 sentireascoltare Pumpkins però aveva chiuso. Wa l k e r e d e i p e r a l t r o s t i m a b i l i J o e y Wa r o n k e r e M a t t C a m e r o n s u o n a puntuale nario”. ma Solo fatalmente barlumi “merce- dell’antico f u l g o r e n e l l a c r u d a Av a A d o r e e nella poppeggiante Perfect, encefalogramma piatto nella monotona lagnosità di Shame e nell’ampollosa Behold: The Nightmare, mentre Te a r e O n c e U p o n A T i m e s o n o s o relline minori delle toccanti ninne nanne di Mellon Collie. troppo lontano dall’albero, ne, il piano a comandare la marcia volgere di poco, viene reso dispo- ni assieme agli amati New Order. attraverso nebulose creaturine so- nibile Machina II - The Friends Poi lo sciagurato progetto Zwan. niche, la bella coralità delle voci And The Enemies Of Modern Mu- Quindi l’esordio solista dignitoso e infine quello spegnersi tra reite- sic (Constantinople, 5 settembre ma non certo imprescindibile di 2000), venticinque pezzi distribui- un ti su tre EP e un LP (e scaricabili nel solco electro-pop. Infine, anno gratuitamente online) provenienti 2007, il ritorno degli sfasciazuc- d a l l e s e s s i o n i d i M a c h i n a . Ve r s i o n i che. Neanche troppo atteso a dire alternative e inediti, musicalmente il vero, almeno al di fuori della cer- più dirette, aspre, prive dell’op- chia dei fan. pressivo ben I l r o c k , s i s a , n o n h a g i u d i z i o . Va più disposte al vecchio gioco del- avanti a strappi, ad esplosioni, a la discontinuità stilistica (si senta ritorni di fiamma. Certe volte non la travolgente versione elettrica di fa altro che rivoltarsi nella tomba, B l u e S k i e s B r i n g Te a r s , l a g r u m o - credendosi più vivo che mai. Ma sa cover di Soul Power - classico anche il peggiore dei casi sa es- di James Brown - o la suadente s e r e u n o s p e t t a c o l o a ff a s c i n a n t e . i n q u i e t u d i n e d i I n n o s e n s e ) . Ta n t o Questo per dire che è giusto con- per lasciarsi alle spalle una corpo- cedere ai nuovi Pumpkins un’altra sa scia di rimpianti. (6.7/10) (un’ultima) chance. Anche se, tra Ciò che è accaduto dopo, è un’al- ciò che è lecito attendersi e non tra storia. Per fortuna, verrebbe attendersi, scorgiamo un ben an- da dire. Billy che risciacqua i pan- gusto spazio di manovra. razioni ipnotiche e uno sfrigolare cosmico d’aldilà. Un disco disorientato e disorientante, in cerca d i u n a b u s s o l a a ff i d a b i l e , d i t e r r a sotto ai piedi e pareti attorno (su cui proiettare, ancora, quei famosi sogni). (6.5/10) Un tour mondiale e un altro batteris t a ( K e n n y A r o n o ff ) d o p o , e d e c c o ricostituirsi la formazione originale col reintegro di Chamberlin. Le premesse per un ritorno in grande stile non mancavano, tuttavia Mac h i n a / T h e M a c h i n e s O f G o d ( Vi r gin, 29 febbraio 2000) si rivelò un lavoro tragicamente sgonfio, incapace persino d’imbastire una credibile pompa sonora (non mancavano certo i mezzi né l’intelligenza, vista la conferma di Flood quale pro- manto elettronico, Corgan ormai “normalizzato” ducer). Musicalmente, può essere interpretato come la negazione stessa della schizofrenia formale di Mellon Collie, perseguendo una sostanziale (e stancante) uniformità sonora all’insegna di crepitii elettronici, synth madreperlacei e r i ff a r a m a d i s t o r t o . Fallito (o rifiutato) il ritorno alla condizione di cosmico antagonista s o g n a t o r e , B i l l y s i t u ff a t r a l e o n d e caliginose di un pop-metal-gaze trepido ma melodicamente bol- so, sulla cui flaccida irrequietezza il buon Chamberlin si prodiga al massimo - come uno che deve recuperare e farsi perdonare - ma a vuoto, anzi il febbrile massaggio ritmico finisce per sembrare disorganico. Pochi i guizzi degni di nota, giusto il piglio bieco da Bad Seeds cibernetici in Glass And The Ghost Children, le palpitazioni oniriche di With Every Light o gli squarci tormentati di Stand Inside Yo u r L o v e . ( 4 . 5 / 1 0 ) Subito dopo, D’Arcy decide di moll a r e . Vi e n e s o s t i t u i t a d a M e l i s s a A u f D e r M a u r, g i à b a s s i s t a d e l l e H o l e , quel che si dice un gran pezzo di presenza scenica per l’imminente tour mondiale. Ma la band è ormai un carrozzone senza più un’anima a bordo, così l’annuncio dello sciog l i m e n t o è p i ù m o t i v o d ’ a ff l i z i o n e per i fan che non una sorpresa. Nel sentireascoltare 29 WILCO Beastie boys Bianchi per caso di Giancarlo Turra N o n s o n o s t a ti via per molto Ad-Rock, Mca e Mike D dall’ultima volta e a be n p i ù l u n g h e s eparazioni ci hanno abituato negli anni. Stavolta, però, scom p i g l i a n o l e a ttese più del solito con un disco strumentale che è carta g i à c a l a t a s u l t a volo, ma pure no. Del resto, i tre sono e saranno sempre… 30 sentireascoltare s e n t i r e a s c o l t a r e 31 “Molta gente non capisce un cazzo. ” (MCA) Ci siamo cascati un po’ tutti all’inizio. Ce l’hanno fatta sotto il naso vent’anni fa, facendoci credere di essere gli inetti così tipicamente “all American” che il nome lascia va intuire. Roba per un B-movie da strapazzo: birra, sesso e strafottenza adolescenziale crudelmente esi bite. Un accidente: se un paragone filmico ha da trovarsi, è con i sot tili ma sbracati studenti di Animal House. Schegge d’anarchia alcolica incuneate nel sistema, pronte a farlo vacillare se non si prendono le dovute misure e s’inocula il vacci no. Ci provarono, a suo tempo, ma i tre tennero botta perché la missione era di quelle che segnano le epoche: recitare da pionieri del crossover in prima linea, facendosi dare una mano da colleghi come Run DMC, per abbattere la cortina che separava il rock dal rap, passando per il punk in versione hardcore e il metal. Perché erano la stessa cosa, generi spuntati dal basso e perciò alla democratica portata di molti se non proprio tutti, bastava aver qualcosa da dire e un modo per farlo che fossero qui per rimanere. Afferrammo che si trattava della medesima frustrazione, schiacciata a forza dentro un disco e vomitata fuori dalle casse, come una lattina di birra agitata e aperta in faccia ai genitori, al preside, alla polizia. Cavandoci del denaro, poi, non lasciato in mano a un McLaren qualunque ma gestito con autonomia aromatizzata di sberleffo. Maturando addirittura, in saggi che non predicano, con una serie di dischi pressoché immacolata che è insieme causa ed effetto della crescita. Un percorso lungo il quale, a un certo punto, tut to fu chiaro come il sole. Che fossero tre ragazzi provenienti dalla borghesia ebraica newyorchese era il peggiore degli scandali, e fintanto che il ghetto non usciva dai propri confini tutto bene e sotto controllo, con gran fregar di mani ai piani alti del palazzo. Far passare Satchmo o Grandmaster Flash per folkloristiche macchiette non faceva differenza pur di intascarsi i proventi, ma guai a contaminare la gioventù 32 sentireascoltare WASP. Però, come per Elvis, quel che faceva paura non era il baci no roteante (nel caso specifico, una ballerina ingabbiata sul palco e le parolacce) ma bianco e nero che si mischiavano, per un po’ almeno, su di un bus che li portava in giro per l’America e sotto al palco da dove si sciorinavano le rime. Lì stavano, inscindibili, la provocazione sociale e la grandezza sti listica: nel dare il “la” al decennio dei trapianti sonori e attraversarlo da Maestri. Nel far parlare tra loro mondi che - a torto, e molto - davamo scontatamente incompatibili ed erano così vicini da sfiorarsi. Quasi degli Hendrix a rovescio, fatti i dovuti distinguo, i Beastie Boys hanno impartito un’educazione sonora multicolore, dove trovavi George Clinton a fianco degli AC/ DC, Afrika Bambaata sotto braccio ai Bad Brains e potevi adorarli allo stesso modo, senza vergognarti e perché mai dovevi. In moltissimi e tra loro disparati hanno con loro un conto aperto, e se l’hip hop è uscito allo scoperto fino a divenire - nel bene e nel male - ciò che è, il me rito è pure loro. Il nuovo stile sul serio, una volta tanto. GROWIN’ UP IN PUBLIC “Il rap rivela lo stesso atteggiamento del punk di fine ’70.” (AD Rock) Dall’ultimo dei nomi appena tirati in ballo conviene partire, perché è nel sottobosco della Grande Mela dei primi Ottanta che tutto inizia, quando Mike Diamond e Adam Yauch viaggiano a tutta - ehm - birra con l’hardcore vertiginoso (nonché scarsamente originale) dei The Beastie Boys, nei quali figura (una prima singolarità) anche la batterista Kate Schellenbach. Il primo vagito un EP nel 1982, quel Pollywog Stew (Rat Cage; 6.0/10) fedele alla linea e seguito l’anno dopo dal poco più fantasioso Cookie Puss (Ratcage; 6.5/10, nel 1994 riediti sull’esplicativo Some Old Bullshit; Grand Royal; 6.3/10): nel frattempo Kate ha dato forfait (fonderà le ottime Luscious Jackson) e con lei il chitarrista John Berry. Importante defezione, che fa posto ad Adam Horowitz, proveniente dagli Young & Useless e quindi dallo stesso giro. Ciò che imprime la decisa svolta è, tuttavia, l’arrivo in scena del barbu to Rick Rubin, amico (ma non per molto) e consigliere dei tre che da qui si ribattezzano come sappiamo. Costui li introduce al mondo parallelo dell’hip hop e li porta alla corte sua e di Russel Simmons, ovvero una Def Jam che sta raccogliendo attorno a sé i fenomeni che animano il Disco Fever o l’Anchor, locali per nulla diversi nello spirito dal CBGB’s, e le cui platee il trio contribuirà non poco a mescolare. E’ lo stesso Rubin a far portento so il primo album: sarà grande da produttore in seguito, ed è infatti dentro questi solchi variegati e in apparenza di granito che si gettano i semi dei ‘90. Non è hip hop Licensed To Ill (Def Jam, 1986; 9.0/10), dato che ci sono riff di chitarra a profusione, e neppure hard rock perché si rappa con mocciosa in dolenza. Poi rammenti che Jimmy Page ha rubacchiato ai maestri del blues e, nel ridare ai Cesari ciò ch’è loro, la chiave apre una prima porta. Anche per i Beastie, che si premurano di ribadirlo con lo sconvolgente magma di Rhymin & Stealin e The New Style, che pendono una verso il lato pallido e l’altra d’ebano della mistura incontrandosi a metà di una terra di nessuno. La stessa che nutre i fiati della fenomenale Slow Ride a metà tra Baretta e la Stax, poi unifica Violent Femmes e Isley Brothers (Girls, che praticamente plagia Shout). Sconquasso da lasciar increduli prima e indurre a escandescenze da headbangin’ subito dopo, quando ti s’abbattono addosso Fight For Your Right (Lemmy al posto di Vicious per un inno sovragenerazionale) e No Sleep Till Brooklyn (Kerry King alla fermata dopo Hammersmith…). La sorniona Paul Revere e la post disco di Hold It, Hit It riequilibrano la bilancia, i piatti della quale saltano sotto la scombinata Brass Monkey, con ottoni che maneggiano un funk intellettuale e bianco che si trova solo a New York, fungendo da ponte per il riassunto finale di Slow And Low e Time To Get Ill, tra chitarra chirurgica, rime ipnotiche e rintronante turntabilism. Ci vollero due anni di lavoro, ma il risultato è un disco impossibile da sottovalutare per impatto e portata, sulle prime monolitico e viceversa articolato. Parve insuperabile e quasi ne fummo persuasi non appena i media si accorsero dell’apparenza dei Ra gazzi Bestia, del tour con Madonna e di Eloise nella gabbia col fallo gonfiabile (agli Stones, dieci anni prima, andò liscia e i perché saranno chiari…), dell’amicizia con Tyson e dell’uovo marcio tirato in volto ai pagliacci Sigue Sigue Sputnik. Caos premeditato e ovvio contante a fiumi che ne deriva mentre l’ascesa sembra inarrestabile; gli si ritor ce contro, invece, a Liverpool, dove AD Rock rispedisce al mittente una lattina e centra una ragazza incolpevole. Non si aspettava altro: il relativo processo e i problemi di royalties con la Def Jam bloccano la posse per due anni e rotti. Reagiscono facendo quadrato, i tre, con orgoglio genuinamente “hc” che partorisce un lavoro complesso e in anticipo come Paul’s Boutique (Capitol, 1989; 7.8/10), meditato e stratificato secondo atto che in tempi non sospetti tira fuori dall’armadio funk e Parliament. Prodotto da quei Dust Brothers che stavano dietro a Tone Loc e saranno il carburante segreto di Beck su Odelay (si sente, altrochè), emerge alla distanza con trame percussive e cantilene, con la blaxploitation minimale di Egg Man, col funk indolente che si respira ovunque e in Shake Your Rump su tutto, con le venature electro e le corde prelevate da Abbey Road per The Sound Of Science. Redimono qualche lieve stiracchiamento l’immensa Looking Down The Barrell Of A Gun (oscura possanza che somma i Sabbath e Sly Stone), il piano liquidamene jazz che imperversa in What Comes Around e i fiati che fan lo stesso in Shadrach. C’è un singolo che diresti uscito ieri, Hey Ladies, ma non arriva che al numero 36 e delle ven dite stratosferiche del predecessore - 750.000 copie solo nel primo mese e mezzo - manco l’ombra. E’ solo una transizione, però di livello elevatissimo, che il triennio incombente collocherà nella giusta pro spettiva. s e n t i r e a s c o l t a r e 33 THE BEA(S)T INSIDE “Gli U2 ripropongono lo stesso giro di chitarra da anni.” (AD Rock) Diventar grandi non piace a nessuno, costa fatica e regala cose che capisci più tardi, se hai fortuna. Al trio tocca prender armi e bagagli e rifarsi le ossa da zero, perché il disco non è piaciuto all’etichetta, convinta di avere assoldato una gallina dalle uova d’oro che ha tradito le attese. Si rimboccano le maniche e coi proventi guadagnati fin lì allestiscono uno studio e fondano un’etichetta di loro proprietà, la Grand Royal. Come accennato, servono trentasei mesi per (buone) nuove: la copertina di Check Your Head (Grand Royal, 1992; 7.8/10) ostenta custodie di chitarra e basso sul selciato di una strada, mutamento ribadito dalla foto interna con Mike e i due Adam circondati da strumenti a pestare convinti e sorridenti. Si introduce l’idea di ensemble aperto con l’arrivo del pila stro Mark Ramos Nishita (sarà il loro Bernie Worrell), del produttore Mario Caldato Jr. e d’un plotone di percussionisti. Eccellente disco, ben scritto ed eseguito, porta avanti metamorfosi e incroci con un cantiere doppio su vinile, dove la molta carne al fuoco è quasi mai bruciata o scotta. Arriva pure tra i Top 10 e un po’ sa di rivincita dei falsi nerd, suonato più spesso dalle radio dei college che da quelle black nonostante l’apertura che mette in ginocchio, elastica e vitale per l’inafferrabilità baciata da spontaneo groove, da Jimmy James alla rugosa Gratitude, passando per Funky Boss e Pass The Mic. Si affacciano con prepotente gusto le tastiere ribollenti di “Money” Mark, fenomenale nell’acid jazz Pow, nell’hop quasi “trip” Groove Holmes e nell’ipnosi da jungla metropolitana Lighten Up. Finger Lickin’ Good apre squarci d’India e campiona Dylan nel fianco di un rimare sciol to che ha perso impudenza e acquisito autorevolezza. Come del resto fanno una mesmerica So Watcha Want e la sensualità “fumosa” di Something’s Got To Give, che rammoderna la psichedelia come Stand Together la no wave. Torna pure il 34 sentireascoltare punk a rotta di collo che con Time For Livin’ lancia il messaggio oltre la barricata, definitivamente raccolto e scagliato nei cieli dalla levitan te visione di Namasté. Tempo per un altro capolavoro, a questo punto, che sintetizzi non solo un sviluppo prodigioso ma fini sca per simboleggiare un decennio intero. Il giugno del 1994 benedi ce Ill Communication (Grand Royal; 10/10), capitolo fondamentale dove l’attitudine fonde quanto conosce della storia, filtrandolo con un atteggiamento critico “post” per come ricontestualizza la materia in nuove fogge con esemplare linearità (“coolness” degli strumentali compresa…). Logico quindi che il funk s’accompagni ai Minor Threat (il sandwich tra Sure Shot e Root Down a contenere Tough Guy), la strada (B-Boys Makin’ With The Freak Freak, Get It Together, Do It) acceda al laboratorio (una davisiana Ricky’s Theme, le deviazioni di The Scoop, l’indicibile trittico finale tra psichedelia orientaleggiante ed echi di Can con Clinton in regia). L’hard è più nero della pece (Sabotage prepensiona Morello e Futterman’s Rule schiaffeggia gl’inebetiti Primal Scream) mentre questa gode di ottundenti, eccezionali additivi (tutta The Update, il violino impossibilmente folk che percorre Eugene’s Lament). Un mix padroneggiato alla perfezione, che siccome i tempi sono maturi significa doppio platino e vetta insuperata, dalla quale le Bestie scenderan no senza perdere la faccia e anzi rafforzando l’integrità, pur tra mille ostacoli. Intanto si esulta per essere tra gli “headliner” al Lollapalooza ’94, pubblicare le amiche Luscious su una Grand Royal diventata anche rivista e, infine, sensibilizzare le platee alla causa del Tibet (impen sabile solo un lustro prima, o in vece sì: “hardcore” si resta - o si dovrebbe restare - per la vita, in un certo senso). Prima che il ben di Dio di cui sopra trovi un seguito, i ragazzi prendono tempo guar dandosi indietro e mostrando facce complementari tuttavia opposte: il punk “adulto” del mini Aglio E Olio (Grand Royal, 1995; 6.5/10) e la raccolta di strumentali The In Sound From Way Out! (Grand Royal, 1995; 6.5/10), poi regalando ai fan la breve chicca di remix e live tracks Root Down (Grand Royal, 1995; 7.0/10). NEW YORK , WE LOVE YOU “La musica si basa sulle emozioni, ci devi metter dentro il cuore e non solo la testa.” (Mike D) All’alba del 1998 gli appassiona ti concentrano le attese su Hello Nasty (Grand Royal, 1998; 7.3/10) e ne restano in parte delusi. Dura solo per i primi ascolti, dopo i quali subentra - in chi capisce - la consapevolezza della strada percorsa, del fatto che gli orizzonti di Transitions o Shambala avessero senso in quella temperie storica, la loro ripetizione insensata da farsi e pretendere alla stregua di uno Spiderland reiterato all’infinito, sino alla perdita del significato che lo generò. Ora, dove regnavano unitarietà e armonia, c’è dispersione, appannamento e qualche eccessiva lungaggine. Quasi che la magia cristallizzata in Storia fosse svanita nell’aria mentre i suoi scopritori si erano dati allo studio d’altre alchimie. Talvolta guardando nello specchietto retrovisore e sfacchinando con campionamenti mai così numerosi (The Move, Remote Control, The Negotiation Limerick File), oppure ben scegliendo i singoli (Three Mc’s And One DJ, Intergalactic e Body Movin’: appiccicosi e multiformi, faranno un ottimo lavoro). Convince più quanto diversifica la ricetta: l’exotica Song For The Man e i latinismi cocktail di Song For Junior, lo space hop Put Shame In Your Game e la narcolessia electro di Flowin’ Prose, il dub “scratchato” The Grasshopper Unit e quello da urlo che ospita il mito Perry Dr. Lee, PhD, il krauto crepi tare dentro Instant Death. Il difetto maggiore di Hello Nasty, la scorrevolezza d’insieme avara di coinvol gimento, non gli impedirà tuttavia d’essere campione al botteghino. La fine (del secolo) è intanto vicina, come quella di un mondo che sta per cambiare pelle. Arrivati ai fatidici “anta”, se nel contempo le sicurezze che da sem- pre ti scortano invece vacillano, diventa sempre più complicato por tarsi in spalla parole come “youth” o “boys”. Il rock è la musica dei giovani, come no, e il pubblico si aspetta continuamente il “flavour” del mese. L’artista si dibatte tra fare ciò che vuole o dare alla gente quel che s’aspetta, nel frattempo il calendario perde un foglio dopo l’altro e gli spazi si dilatano. A riempirli ci prova un’antologia doppia, ottimamente assemblata e generosa di rarità come The Sound Of Science (Grand Royal, 1999; 7.5/10), ma ci sono due Torri che vanno giù e un paio di guerre fresche di giornata, soprattutto, che fanno sparire dalle cronache il fallimento dell’etichetta del trio che ricomincia dalla Capitol. Cosa meglio, allora, che tornare sui propri passi con la saggezza acquisita per riversare cotanto vissuto in To The 5 Boroughs (Capitol, 2004; 7.6/10). Un’autentica Open Letter To NYC, come dice l’episodio migliore, canto di fratellanza rabbrividente cui funge da scheletro il riff di Sonic Reducer (al pari fenomenali la browniana Ch-Check It Out, l’old school barocca Right Right Now Now e quella classica di 3 The Hard Way, la fosca Rhyme The Rhyme Well). Una riflessione su cosa è rimasto della propria città dopo una ferita che appartiene all’umanità intera e mai si rimarginerà, l’album mostra ai tre i significati di un’epoca nuova e fin troppo simile a quella che li vide partire vent’anni prima. Ed è per questo che il nuovo The Mix Up (Capitol, 22 giugno 2007, vedere spazio recensioni) compie, nella tradizione di quanto ragionato sopra, un passo in ogni direzione e persuade. Perché è il primo disco veramente strumentale e interamente suonato delle Bestie, graziato da una progettualità che conferisce senso al ritorno di Nishita, al funk maritato col jazz, all’incursione di Brian Auger sulla pista da ballo, alle policromie blues, all’acidità, alla Giamaicae alla wave che sguscia dal soul… Quasi non ci si crede, e viene voglia di riprendere il viaggio da capo. Lo stile: se non l’hai, mica lo puoi inventare. O forse sì… s e n t i r e a s c o l t a r e 35 turn it on A A . V V. – K i n g B r i t t P r e s e n t s T h e C o s m i c L o u n g e Vo l u m e O n e (Rapster / Goodfellas, 14 luglio 2007) Genere: cosmic-jazz I n g a n n e v o l e q u e l l a p a r o l i n a c h e a c c o m p a g n a i l s u ff i s s o C o s m i c d e l t i t olo, d a t o c h e d i L o u n g e – a l m e n o n e l l ’ a c c e t t a z i o n e c o m u n e m e n t e n o t a – non s e n e o d e t r a c c i a , m e n t r e d i C o s m i c – n e l l ’ a c c e t t a z i o n e j a z z i s t i c a c o mu nemente nota – ce n’è da deliziarsene. I l c o m p i l a t o r e è K i n g B r i t t , D j p r o d u t t o r e e r e m i x a t o r e p e r c o n t o d i m olti, d a M a c y G ra y a Yo k o O n o p a s s a n d o p e r C u r t i s M a y f i e l d , c o l j a z z n e l c u ore p e r l o p i ù n e l l e f o r m e f r e e e n e w t h i n g n a t e n e i ‘ 6 0 / ’ 7 0 , e a r t e f i c e d i una p l a y l i s t n o t e v o l m e n t e a l l e t t a n t e . U n a s e q u e l a d i n o m i c h e i l b u o n B r i t t se l e z i o n a s e t a c c i a n d o i l p r o p r i o p a s s a t o . U n i n i z i o r e g a l e a ff i d a t o a l l ’ H e r bie H a n c o c k d i K a w a i d a , e p i s o d i o d a t a t o 1 9 7 6 p r o s s i m o p i ù a l l e s p e r i m en t a z i o n i s t i l e M w a n d i s h i/C r o s s i n g s /S e x t a n t ( a v e t e q u e s t i d i s c h i , v e r o?!) che non alla svolta d i s c o - d a n c e d i l ì a v e n i r e , e i n c e n d i a t o d a d u e j a z z - r o c k q u a l i l a s u p e r l a t i v a S c o r p i o - L i b r a di Eddie Handerson (tr o m b e t t i s t a d e v o t o a M i l e s D a v i s c h e a ff i a n c ò H a n c o c k p r o p r i o n e i d i s c h i d i c u i s o p r a ) e E kim del Michal Urbaniak G r o u p , c o m b o c a p i t a n a t o d a l m u l t i s t r u m e n t i s t a p o l a c c o M i c h a l U r b a n i a k c h e a l l a f r e d d e zza del jazz europeo pre f e r i v a l e s c a l e f u s i o n e g g i a n t i d e i p o s t - b e b o p e r s . Il jazz sedotto dal tr o p i c a l i s m o d i F l o r a P u r i m i n E n c o u n t e r , q u e l l o s a l m o d i a n t e d i D a n e B e l a n y e D o n C h e rry, rispettivamente con C o n v i c t i o n e M o v i n g P i c t u r e s F o r T h e E a r , e s l e g a t o d e l P h i l R a n e l i n d i Ti m e I s N o w For Chan ge ci accompag n a n o i n u n a d e l l e c o m p i l a z i o n i p i ù i n d o v i n a t e d e l g e n e r e . U n a l i s t a d i n o m i , c o n o s c i u t i e n on, che faranno la gioia d e i q u a n t i a m a n o i l j a z z n e l l a s u a f o r m a m e n o o r t o d o s s a . E s i a m o a p p e n a a l p r i m o v o l u m e… ( 8.0/10 ) Gianni Avella 36 s e n t i r e a s c o l t a r e Aa - GAame ( G i g a n t i c , 7 m a g g i o 2007) Genere: avan t n o i s e t r i b a l e Brooklyn, New Yo r k , 2 0 0 7 . G i u n g l a d’asfalto. La s c h i a t t a n e o t r i b a l e e avant percuss i v a n e w y o r k e s e s i a r ricchisce di un n u o v o f u r e n t e n o m e . Gli Aa (pronu n c i a t i “ B I G A l i t t l e a ” ) sono in quattr o e l a s t r u m e n t a z i o n e in base a qua n t o d i c o n o è c o s t i t u i ta da “ VoXx, S u N t H s , E l e c t r o n I c s & TONs O’ D r u m s ” . To n s o f D r u m s non rende pe r ò a p i e n o l ’ i d e a . L a musica in qu e s t i o n e i n f a t t i è u n continuo terre m o t o p e r c u s s i v o , o r a deflagrante e i s t e r i c o , i n s p e c i a l modo nella p r i m a m e t à d e l d i s c o , ora più sceno g r a f i c o e r i f l e s s i v o . I l frullato di ge n e r i , n o m i e c i t a z i o n i è di quelli buo n i , a t r a t t i a d d i r i t t u r a esaltante. L’o r i z z o n t e d i r i f e r i m e n t o muove ovviam e n t e d a i n e o t r i b a lismi sempre p i ù i n s i s t i t i d i t a n t a scena avant ro c k a m e r i c a n a , i n p a r ticolare newy o r k e s e . A n i m a l C o llective , Gang G a n g D a n c e, B l a c k Dice , Liars , e t u t t i i n o m i p r o m o s s i dalla Deathbo m b A r c . c o n l a r e c e n te compilation P i s s p o u n d e r, ( a c u i partecipano a n c h e l o r o c o n d u e b r a ni). Quello ch e g l i A a c i m e t t o n o i n più è una com p o n e n t e r o z z a m e n t e da strada, url a t a , d a m e r c a t o ( g l o bale), che si t i n g e d i e v i d e n t i v e n a ture hip hop ( M a n s h a k e , T h i r t e e n , Time In ) e te r z o m o n d i s t e / e s o t i c h e ( Fingers To Fi s t, U r a c l e , T h u m p e r ) . Il disco mant i e n e l a t e n s i o n e a l t a per tutta la s u a d u r a t a , r o v e s c i a sapientement e l e s u e e n e r g i e n e l l e orecchie dell ’ a s c o l t a t o r e e v a p o i a finire in glo r i a c o n l a d e m e n z i a le danza etno - w o r l d d i H o r s e S t e a k nello stile di u n P e t e r G a b r i e l t otalmente imp a z z i t o . A c o r r o b o r a r e il concetto il DVD accluso sviscera in immagini quello che su disco è espresso solo dalla musica, ergo un mondo di visioni sotto acido con cartoon a base di elefanti, antIlopi, mani mozzate, carcasse usate come elmetti e ancora, riprese da strada, performance all’aperto con due, tre batterie, megafoni, pareti d i s t r a d a i n s o z z a t e d a g r a ff i t i , u r l a e biascichi animaleschi. Qualcuno parlò del declino della civiltà occidentale, qualcun altro parlerà della nuova era tribale. (7.0/10) Antonello Comunale A A . V V. Pisspounder (Deathbomb Arc, maggio 2007) Genere: noise percussivo N o n p r o p r i o l a N o N e w Yo r k d e l X X s e c ol o c o m e q u a l c u n o h a i p o t i z z a to, ma poco ci manca. Gli ingredienti, come vedremo, ci sono tutti. A dare ragione o torto solo il tempo, grande scultore. Per adesso accontentiamoci di un disco, anzi 3 visto che di triplo lp in box si tratta, in c u i sf i l a n o a l c u n i d e i p i ù p e r v e r s i e b r u t ti c e ff i d e l l a s c e n a s o t t e r r a n e a americana. P r o v e n i e n z a o v v i a m e n t e N Y, e p i centro degli sconquassi musicali degli ultimi 30 anni; ambito musicale, quel mood primitivistico e da malsano back-to-nature che sembra attrarre da qualche anno svariati acts di un underground sempre meno tale: Black Dice, Animal Collective, Excepter, Liars. Qui però il baricentro si sposta m a l ef i c a m e n t e u n g r a d i n o p i ù i n l à rispetto alle prove tutto sommato a c c es s i b i l i e h y p e c o m e q u e l l e d e i suddetti. Qui ci si trova di fronte all’imputridimento di quelle coordinate, al fratello deforme nascosto nei sotterranei di casa, alla violenta lacerazione di un tessuto strutturale che sembra avere ben poco di umano. E che invece di umano ha molto, a partire dal filo conduttore: u n us o ( e s o p r a t t u t t o a b u s o ) d e l l a percussione - acustica, elettronica, trovata, inventata - sicuramente non innovativo, ma ferocemente e realisticamente nauseabondo proprio come quelle periferie dell’impero che la compilation (forse) vuole descrivere. Il risultato è un distorto e maleo- d o r a n t e m o n o l i t e n o i s e - p ercussivo c h e a n n i e n t a l ’ a s c o l t a t o r e piegan d o l o a i s u o i v o l e r i , s f r uttando di v o l t a i n v o l t a c o n n o t a t i persona l i : d a a p o c a l i s s e s w a n siana per S w o r d H e a v e n , d i u n a r ipugnante d e r i v a b l a c k m e t a l i n d u s triale per G r e y s k u l l e g i ù g i ù p e r t u tte le sfum a t u r e i n t e r m e d i e f i n o a d arrivare a q u e l l i d a w o r l d m u s i c i n disfaci m e n t o u r b a n o d i A a ( i p i ù messi a fuoco del lotto). D u e p e r l e : l o s c h i z o i d e a utismo tri b a l e d e l l a P s y c h i c C o n n ection del p a d r o n e d i c a s a B r i a n M i ller ( Foot Vi l l a g e) e l ’ e s t a t i c o f a l l -out posta t o m i c o d i R a i n b o w B l a n ket. C o s a r e s t a a l t e r m i n e delle due o r e ? D u b b i ( p o c h i ) e m a l d’orecchie ( t a n t o ) , m o l t o l i v o r e m a s oprattutto c u r i o s i t à a n o n f i n i r e p e r gli svilup p i f u t u r i d i q u e l l o c h e s e mbrerebbe n i e n t e p i ù d i u n r e a d y - m a de. Solo il t e m p o c i s a p r à d i r e s e P i sspounder è l a v e r s i o n e 2 . 0 d i N o New York. P e r a d e s s o ( 7 . 2 /1 0 ) Stefano Pifferi The Aggrolites - Reggae Hit L.A. (Hellcat / Self, 8 giugno 2007) Genere: reggae/rocksteady N a t i n e l 2 0 0 2 c o m e b a c king band d e l l e g g e n d a r i o D e r r i c k Morgan e d e l l ’ e x R a n c i d Ti m A r mstrong, i c a l i f o r n i a n i T h e A g g r o l i t es rappre s e n t a n o o g g i u n a d e l l e punte di d i a m a n t e d e l l a s c e n a r e vival reg g a e s t a t u n i t e n s e . F i e r i e rispettosi d e l l e p r o p r i e r a d i c i , i c i nque cali f o r n i a n i r i c a m a n o i l l o r o terzo al b u m i n s t u d i o c o n l a s o l i ta mistura d i r o c k s t e a d y, ( n o r t h e r n ) soul, funk e p o p , m a c i n a t a i n p a s s a to da leg g e n d e c o m e S k a t a l i t e s , Alton Ellis e d E t h i o p i a n s e d o g g i t o rnata pre - sentireascoltare 37 potentemente di mo d a a l l a f a c c i a di elettronicismi e s p e r i m e n t a z i o n i varie. La parole che coman d a n o d a q u e s t e parti sono sangue e s u d o r e , i n t e s i come passione e vo g l i a d i l o t t a r e senza però dimentica r s i c h e i l r i t m o è in levare è, sopr a t t u t t o , b a l l o e divertimento e quind i v i a c o n u n a t itle track sospesa tra J a m e s B r o w n e Jackie Mittoo, u n a F r e e Ti m e estre mamente soul, u n a We C a m e To Score che tutti i k i d p o s s o n o cantare all’unisono e t a n t o , m a t a n to, original reggae ( L e t s P a c k O u r Bags, Fire Girl, Wo r k I t ) R e g g a e Hit L.A. è un disco c h e p o t r e b b e fare sfaceli tra i re g g a e m a n i a c i , tra gli (red)skin e tr a p a r t e d e l p o polo mod, difficile p e r ò c h e r i e s c a a spi ngersi oltre e p e r q u e s t o n o n possiamo far altro ch e s c o n s i g l i a r l o ha chi non ha molta d i m e s t i c h e z z a con i generi o i musi c i s t i c i t a t i n e l l a recensione. ( 6.4/10 ) Stefano Renzi un inarrestabile disastro sismico nella zona delle percussioni, costantemente brutalizzate da Neilson. Il disco va preso come un tutt’uno, come un unico flusso di violenza fine a se stessa, ma nel programma si segnalano soprattutto la doomeggiante Kickin’ Thru Glass e la lunghissima title track. Il disco pur essendo interessante corre il rischio di stancare anche le orecchie più allenate e ben disposte, forse è p e r q u es t o c h e i n a c c o p p i a t a al vinile, viene distribuito Lotus E d i t i o n, u n c d c o n l a r i p r e s a d a l vivo di cinque brani incentrati principalmente sullo shakuhachi, il flauto traverso di origine giapponese d i c u i s i è i n f a t u a t o Yo u n g s e c h e è già stato oggetto di alcune delle sue n u m e r o s i s si m e u s c i t e . I l p a n o r a m a percussivo di questi cinque brani è sempre governato dalla ritmica free di Neilson, ma senza mai deflagrare come nel primo disco. L o s h a k u h a c h i d i Yo u n g s f a i l resto, restituendo inevitabilmente un’atmosfera orientale da giardino zen, che non può che pacificare gli animi dopo la violenza del vinile. (7.0/10) Antonello Comunale A l e x N e i l s o n & R i c h a r d Yo u n g s – Electric Lotus / Lotus Edition ( V H F, 7 m a g g i o 2 0 0 7 ) Genere: avant Un nuovo doppio album per la coppia d’oro dell’avant rock britannico contemporaneo, ovvero Alex Neilson e Richard Youngs. Electric Lotus, disponibile solo in vinile, ce li riporta alle orecchie con quello che è probabilmente il set più aspro e feroce per entrambi. Un infernale disco di free jazz noise da antologia che almeno nel caso di Youngs supera anche le prove più rumorose come Metallic Sonatas. Chitarre ultra sature, cupi e opprimenti giri doom di basso e Alog – Amateur (Rune Grammofon / Wide, 23 aprile 2007) Genere: elettronica N a ï v e e gi o c o s a , l a m u s i c a p e r found objects e strumenti inventati degli Alog, trova con il quarto capitolo inedite vie di fuga dalla propria maniera. Il duo norvegese costituito da Espen Sommer Eide e DagAre Haugan mette da parte l’algida perfezione del digitale per aprirsi a soluzioni inedite, continuando in modo più radicale il percorso già i n a u g u r a t o d a l p r e c e d e n t e M i n i a t ures Per concepire la musica di quest’album i due se ne sono andati in giro con Nicholas H. Møllerhaug, Nils Økland e Sigbjørn Apelanda registrando nelle location più impensabili e costruendosi degli strumenti ad hoc, salvo poi assemblare il tutto in studio, con un procedimento di vero e proprio montaggio sonoro. Son Of King apre con una melodia diafana e un po’ demente c h e f a t a n t o R o b e r t Wy a t t i n v e r - s i o n e r o b o t i c a . S i p r o s e g u e c o n un gamelan acustico e dinoccolato (A T h r o n e F o r T h e C o m m o n ) . L e co s t r u z i o n i p i ù i n f o r m a l i e f r e e a b b on d a n o , c o s ì c o m e l ’ u s o s m o d a t o di s t r u m e n t i a c u s t i c i d a l l ’ a t m o s f e r a un p o ’ e s o t i c a . I n u n p a i o d i b r a n i s em b r a d i s t a r a s c o l t a n d o i S u n City G i r l s (T h e L e a r n i n g C u r v e , E x i t Virt u o s o ) . I n s o m m a , e c c o n e a l t r i due c h e n o n s i t r o v a n o p i ù a l o r o a gio n e l l a f r e d d a g e o m e t r i a d e l b e at e c e r c a n o v i e d i f u g a n e i s u o n i a cu s t i c i . S i d i c e v a d e l l ’ e l e t t r o s h i f t i ng. U n n o m e d a a g g i u n g e r e a l t e o r e ma. (6.8/10) Antonello Comunale Alton Miller – Souls Like Mine (R2 Records / Audioglobe, 21 maggio 2007) Genere: nu-soul classic house U n o d i q u e i d i s c h i c h e s p u n t ano s i l e n z i o s a m e n t e , c h e s i i n s i n u ano s e n z a f a r s i n o t a r e t r o p p o , s e nza g o n f i a r s i p e r p o i s c o p p i a r e s u bito c o m e e ff i m e r e b o l l e d i s a p o n e . Il d i s c o d e l l o s t o r i c o p r o d u t t o r e h ou s e d i D e t r o i t a r r i v a - n e a n c h e a far l o a p p o s t a - p r o p r i o q u a n d o i l s oul è sulla bocca di tutti. Il puparo e m a r i o n e t t i s t a d e l l a M o t o r C i t y e sce c o n u n a c o l l e z i o n e d i t r a c c e d i am b i e n t s o u l p e r f e t t o , c o n c e n t r a t o di q u e l l ’ a n i m a c h e u l t i m a m e n t e c i sta f a c e n d o r i p e n s a r e a l l a v e r a e s ola t r a d i z i o n e , b a s e d i t u t t o i l r i t mo house. L a t i t l e t r a c k è u n s y n t h s e n s u a liss i m o c h e m e s c o l a l e u l t i m e p r o du z i o n i d i To s c a c o n u n a v o c e s exy d a c l u b s u p e r m a r a n z a , i l s i n g o l one P o s s i b i l i t i e s i n s i n u a q u a l c h e a c c en n o b r e a k j a z z y a s s i e m e a u n a L ady L i n n i n s t a t o d i g r a z i a , i l r i c o r d o di a l t r i l i d i e d i a l t r e s p i r i t u a l i t à i s ola - turn it on A m p – A l l O f Ye s t e r d a y To m o r r o w ( R r o o p p , g i u g n o 2 0 0 7 ) Genere: trip cosmic rock “ Il nostro spaz i o è l ’ i n c o n t r o t r a i l c o s m o e s t e r n o d e l l e s t e l l e e l e r i c e r c h e interne di cuo r e e m e n t e ” R i c h a r d A m p Wa l k e r È definitivame n t e l ’ e p o c a d e l l e r i s t a m p e e d e i b o x . S e q u a l c u n o a n c o r a s i sta chiedendo c o m e s i p u ò c o m b a t t e r e i l p 2 p e l a p i a g a d e l d o w n l o a d e come risposta s i d à q u e l l a d i m e t t e r e f i l t r i , c h i a v i d i a r r e s t o , p a s s w o r d e guardie di fin a n z e i n s t a t o d ’ a s s e d i o p e r m a n e n t e , b e h … h o p r o p r i o i d e a che sia la risp o s t a s b a g l i a t a . C h i s s à p e r c h é è s e m p r e u n a p i c c o l a e b a t tagliera mino r a n z a a s c e g l i e r e d i p u n t a r e s u l l a q u a l i t à d e i p r o d o t t i . C i vogliono tropp a f a t i c a e t r o p p a p a s s i o n e p r o b a b i l m e n t e , m a s o n o r e q u i s i t i che la piccola e t i c h e t t a i n g l e s e R r o o p p h a f a t t o p r o p r i e s i v e d e , s i s e n t e , m a s o p r a t t u t t o s i t o c c a con mano. Maneggiando q u e s t o s b a l o r d i t i v o b o x i n 3 c d c o n v o l u m i n o s o e p r e g e v o l m e n t e i m p a g i n a t o l i b r e t t o , c h e va a fare il paio con qu e l l o c h e l o r o r i l a s c i a r o n o u n a n n e t t o f a s u Ye l l o w 6, u n o s i d o m a n d a c h i m a i p o s s a p r eferire un grappolo di m e g a b y t e a l f a m o s o “ o g g e t t o d i s c o ” . E i l d i s c o r s o s i a l l a r g a a t u t t i i b o x e a l l e r i s t a m p e c he stanno progressivam e n t e i n v a d e n d o i l m e r c a t o d i q u e s t i t e m p i e c h e s e f a t t i c o n p a s s i o n e e r a z i o c i n i o , v a l g o no sempre l’acquisto. Il d o w n l o a d n o n p u ò m i n i m a m e n t e b a s t a r e i n q u e s t i c a s i . To l t a d i m e z z o q u e s t a p a r e n t e s i p e dagogica, bacchettona e o r r e n d a m e n t e r e t o r i c a m i v e d o c o s t r e t t o p e r ò a d e n t r a r e i n t o p i c p e r p r o d u r m i i n l o d i massicce e incondizionate a f a v o r e d i u n o d e i p i c c o l i g r a n d i c u l t i d e l l a s c u o l a a n n i ’ 9 0 d e l l a B r i s t o l c o s m i c a , g l i i n dimenticati Amp di Richa r d Wa l k e r e K a r i n e C h a r ff . C’erano anche l o r o t r a F l y i n g S a u c e r A t t a c k , M o v i e t o n e, C r e s c e n t , p r i m i T h i r d E y e F o u n d a t i o n. A n z i sono stati una componen t e f o n d a m e n t a l e d i q u e l l a s c e n a , f i n e n d o c o n l ’ e s s e r e m e s s i i n o m b r a d a i p r i n c i p a l i p o r t abandiera. Ma come in o g n i s c e n a c h e s i r i s p e t t i , a l l ’ e p o c a s i c o n o s c e v a n o t u t t i e s i i n t r e c c i a v a n o t r a d i l o r o . I l nucleo pri mordiale degl i A m p a d d i r i t t u r a r i s a l e a i m i s te r i o s i T h e S e c r e t G a r d e n c h e c o v a v a n o a l l o r o i n t e r n o t u t t o quello che sarebbe venu t o e a v r e b b e f a t t o p a r l a r e p o i d e l l a B r i s t o l c o s m i c a , q u e l l a c h e n e l l e c r o n a c h e m u s i c a l i v i e ne sempre ricordata com e l a s c e n a d i B r i s t o l m e s s a i n o m b r a d a q u e l l a t r i p h o p . M a d i t u t t o i l l o t t o , g l i A m p r i m a n g o no ancora oggi quelli più f i e r a m e n t e s g a n c i a t i d a l p i a n e t a t e r r a . C o n l o r o n o n s i t r a t t a n e m m e n o d i p o g g i a r e i piedi sulla crosta lunare e p i a n t a r e i n u t i l i b a n d i e r e b e n s ì d i l a s c i a r s i a n d a r e a l l a d e r i v a n e l c o s m o p i ù n e r o , m a n trico, eso terico e alluci n o g e n o . U n a m u s i c a c h e è c o m e l a c r o n a c a d i u n q u a s a r c h e e s p l o d e r i l a s c i a n d o i s u o i frammenti all’infinito. E c o s a d i r e d e l l a v o c e d i K a r i n e C h a r ff ? A u t e n t i c a s i r e n a d e l l o s p a z i o p r o f o n d o , c h e f a r e b b e deragliare anche il più a v v e n i r i s t i c o d e g l i U l i s s e . A r a g i o n v e d u t a i v e c c h i l a v o r i , d i c u i m i p r e m e r i c o r d a r e a l m e no il primo disco su Kran k y, A s t r a l m o o n b e a m p r o j e c ti o n s , n o n r e n d o n o c o m p l e t a m e n t e l ’ i d e a c o s ì c o m e f a q u esta tripla raccolta, che m e t t e i n s e r i e 3 8 c a n z o n i t r a d e m o , v e r s i o n i a l t e r n a t i v e , b r a n i m a i p u b b l i c a t i , b r a n i i r r i n t racciabili, brani fuori sta m p a , b r a n i p e r d u t i i n v a r i e c o m p i l a t i o n , t u t t o o v v i a m e n t e e r i g o r o s a m e n t e r i m a s t e r i z z a t o per l’occa sione. Il replic a n t e R o y B e a t t y d i r e b b e d i l o r o c h e h a n n o v i s t o c o s e c h e n o i u m a n i n o n p o t r e m m o m a i i m maginare. Ora però ques t o b o x s i i n c a r i c a d i n o n d i s p e r d e r e q u e s t i r i c o r d i c o m e l a c r i m e n e l l a p i o g g i a . ( 8 . 0 / 1 0 ) Antonello Comunale sentireascoltare 39 ne lo sentiamo nei c o r i p o s t - a f r o d i Knowledge Of The P y g m i e s e n e l l e percussioni tribali p o s t - N i n a S i m one di Long Time C o m i n ’ , i l d o w n tempo che ci fa ven i r v o g l i a d e g l i anni ‘80 di Sade lo t r o v i a m o n e g l i stilosissimi backing d i F i n d A Wa y , per finire con delle p r e l i b a t e z z e d a cocktail come la c a v a l c a t a p o s t hammond di Beautif u l B r o w n P e o ple e la battuta soul d e e p - m a k o s s a dell’irresistibile Insid e O u t . La riconferma che M i l l e r o l t r e a d essere un produttor e , è a n c h e u n o scultore del ritmo e u n c r e a t o r e d i atmosfere degne de l l a d e e p h o u s e di alta classe. Que s t o è u n d i s c o che cresce, perché non preten- de nulla. È “solo” b u o n a m u s i c a . (7.0/10 ) Marco Braggion che fa alla musica d’archivio, la library music, quella concepita e indirizzata direttamente alle produz i o n i v i d e o d i c i n e m a e t v. Q u e s t a trovata amarcord, si materializza nelle frasi che accompagnano ogni brano e che cercano di descrivere una vaga idea di contenuto: “ambigous western atmpsphere resolving i n t o c h i l d r e n ’s t u n e , s w i r l i n g c y m bals added”; “nostalgic mid-tempo pathos for widescreen drama, side g u i t a r + e le c t r o n i c e f f e c t s ” ; “r i p e t i t i v e b e d f o r s c i e n c e / m y s t e r y, m i niaturized percussion”, ecc. ecc. P e c c a t o c he s i a n o p i ù i n t r i g a n t i l e descrizioni delle composizioni stess e . L’ a m e r i c a n o t r a p i a n t a t o i n G e r mania non riesce così a trovare vie di fuga dal labirinto onanistico di suoni elettro rétro in cui si è chiuso. Presuntuoso e inutile. (5.0/10) Antonello Comunale t i r a n o n è p e r n i e n t e i n t r i g a n t e e in c o r a g g i a n t e : H o l d M u s i c è u n p os s i b i l e s i n g o l o t u t t o c o r e t t i s t u f a n ti e s y n t h g r o s s o l a n i , F e a t h e r I n A Ba s e b a l l C a p è u n r i e m p i t i v o s t a nco e d e c l a m a n t e e l a f i n a l e T h e S a me O l d I n n o c e n c e p a l e s a u n o s v e ne v o l e e s p e r i m e n t o p u n k - f u n k s e nza verve e fuori tempo massimo. L’ e r e d i t à d i u n d i s c o p a s s a t o r i u sci t o d e v e a v e r f a t t o t r e m a r e l e g a mbe a i n o s t r i e i l p a s s a g g i o a l l a P o l y v inyl m a g a r i l i h a p o r t a t i a f o r z a r e u n po’ t r o p p o l a m a n o n e l l ’ a t t o d i d i mo s t r a r e n e c e s s a r i a m e n t e q u a l c o s a… S i s p e r a c h e l a p r o s s i m a v o l t a de cidano di prendersi tutto il tempo a d i s p o s i z i o n e p e r p a r t o r i r e q u a l co s a d i p i ù o r g a n i z z a t o e f r i z z a nte, c o s a c h e h a n n o d a t o p r o v a d i s a per f a r e b e n i s s i m o . P e r a d e s s o , P l a ces L i k e T h i s è u n p a s s o f a l s o e b a sta. (5.3/10) Alessandro Grassi Andrew Pekler – Cue (Kranky / Wide, giugno 2007) Genere: elettronica Questo è il classico d i s c o c h e f a i fatica ad ascoltare p e r i n t e r o . O g n i brano comincia, pro s e g u e e a d u n certo punto ti viene i r r e f r e n a b i l e l a voglia di skippare c o n i l c d p l a y e r al pezzo successiv o . N o n s e n e può. Ascoltare inter a m e n t e q u e s t o album è come la tr e d i c e s i m a f a t i ca di Ercole. Pekle r a v e v a c o m i n ciato bene con un p a i o d i d i s c h i s u Scape che pur senz a f a r g r i d a r e a l miracolo, miscelava n o c o n a s t u z i a , glitch, kraut e jazz e l e t t r i c o . U n a certa propensione v e r s o l e a r c h i tetture più informali g l i h a p o i p r e so sempre di più la m a n o e o r a c o n il nuovo Cue , gira t u t t o i n t o r n o a d una marmellata di k r a u t g l i c h a t o con un fastidioso re t r o g u s t o v i n t a ge, da cui deriva a n c h e l ’ o m a g g i o 40 sentireascoltare Architecture In Helsinki – Places Like This (Polyvinyl / Goodfellas, 21 agosto 2007) Genere: indie-pop E dopo il disco di remix, di un’inut i l i t à v e r a m e n t e s o p r a ff i n a , e c c o finalmente giungere alle nostre orecchie il seguito dello strepitos o I n C a s e We D i e d e l 2 0 0 5 . G l i otto folletti australiani questa volta h a n n o p u n ta t o t u t t o s u l p i g l i o d a n ce di alcuni dei pezzi del precedente disco, focalizzandosi sui beats e sugli svariati synth, proponendo un polpettone ritmico essenziale e senza sbavature, che però tira i l f i a t o p r op r i o s u l l a f r e s c h e z z a e sulla solidità lo-fi che pervadeva il precedente episodio. Qui abbiamo a che fare prevalentemente con p s e u d o b - s i d e s . Tu t t a l a v i t a l i t à è racchiusa in un pugno di canzoni: il singolone Heart It Races, una cosa fra il dubstep/grime alla M.I.A. e lo scazzo pop più evocativo, una marcetta conturbante fra tribalismi e s i n g a l o n g r u ff i a n i s s i m i , p o i a b b i a mo Like It Or Not un altro carosello per gruppi di girotondi ubriachi e L a z y ( L az y ) u n n u m e r o s i m p a t i c i s s i m o a l la Ta l k i n g H e a d s p o s t S p e a k i n g I n To n g u e s. M a p a r l i a m o c i c h i a r o : I t ’s 5 , Wi s h b o ne e Cemetery erano veramente su un altro pianeta. E questo quando va bene, perché altrove l’aria che Av i s h a i C o h e n : A s I s . . . L i v e A t The Blue Note (Razdaz / Half Note, 24 aprile 2007) Genere: jazz D i e c i a n n i d o p o l ’ e s o r d i o s o l i s t ico, Av i s h a i C o h e n - c l a s s e ’ 7 0 , i s r ae l i a n o , e x p i a n i s t a f o l g o r a t o s u l l a via d i P a s t o r i u s , d a m o l t i i n d i c a t o tra i m i g l i o r i b a s s i s t i i n c i r c o l a z i o ne, c h i e d e r e p e r r e f e r e n z e a C h i c k Co r e a , R o y H a r g r o v e e B r a n f o r d M ar s a l i s t r a g l i a l t r i - l i c e n z i a q u esto l i v e c h e h a t u t t a l ’ a r i a d i v o l e r f are i l p u n t o s u u n a c a r r i e r a i n p r o c i nto d i d i v e n t a r e i m p o r t a n t e . R e g i s t r ato n e l s e t t e m b r e 2 0 0 6 a l l e g g e n da r i o B l u e N o t e d i N e w Yo r k , A s I s... m e t t e i n f i l a s e i t r a c c e p e s c a t e dal r e p e r t o r i o o r i g i n a l e p i ù u n a c l a mo r o s a r i l e t t u r a d e l l ’ e l l i n g t o n i a n a Ca r a v a n , i m p r e z i o s e n d o i l t u t t o con un fragrante q u e s t a , e a p p a r t i e n e a i più grandi: testimonianza v i s i v a d e l c o n c e r t o , dvd alleg a t o quale in cui - oltre a d u n l i r i c o d i e t r o l e c a t e g o r i a a l l a q u a l e i n o stri appar t e n g o n o c o n p i e n o d i r i t t o . ( 7.0/10 ) quinte e ad u n a i n t e r v i s t a c o n l o Giancarlo Turra stesso Cohen – t r o v a t e r i p r o p o s t i sette pezzi, t r e d e i q u a l i n o n p r e senti sul cd. Detto che al t r i o c o n s u e t o - o v v e r o Samuel Barsh a l l e t a s t i e r e e M a r k Guilliana ai ta m b u r i - s i a g g i u n g o n o Jimmy Green e a l s a x e i n u n p a i o di tracce Dieg o U r c o l a a l l a t r o m b a , occorre riferi r e d e i d e l i c a t i i n d o lenzimenti pa s t e l l o t r a a s t r a z i o n i tro un percorso artistico con pochi rumba di Elli, d i u n a R e m e m b e r i n g eguali nella storia recente, ecco dal romanticis m o c i n e m a t i c o c o m e che presentano un ennesimo trave- degli ipotetic i E S T c o l b a r i c e n t r o stimento, si dirigono verso un’altra (ovviamente) s u l c o n t r a b b a s s o e d i d i r e z i o n e . C o m e a c c a d e v a i n To una Feediop s i n c o p a t a e f e r v e n t e T h e F i v e B o r o u g h s, n o n o s t a n t e i n (da qualche p a r t e t r a i l C o l t r a n e d i p a s sa t o l a c a r t a s i a g i à s t a t a c a - Afro Blue e l’a l g e b r i c o l i r i s m o H e r - lata, il risultato resta persuasivo. bie Hancock ) . E p p o i , i l m a l u m o r e I tempi sono cambiati, altroché, e ondivago tra p i g l i o f u n k c e r e b r a l e e tutti (band compresa) si sforzano di nuance di sax & s y n t h i n S m a s h , e adeguarsi; ne consegue che questa ancora il sapo r e J a z z M e s s e n g e r d i mano, se non porta un’improbabile quella Etude c h e r e n d e c o n c l a m a t o s c a l a r e a l e , d i c e r t o n o n b l u ff a e i n - il latin tinge, e i n f i n e l a t r a m a v i - cassa ben più che semplice dignità brante di Bass S u i t e # 1 , a s s o l o p a - e rispetto dovuto. stoso di contr a b b a s s o s u c u i s a x e Primo disco veramente strumen- tromba ricama n o p e n n e l l a t e r a p i d e tale, interamente suonato dal trio come voli d’uc c e l l i n e l l a f o s c h i a . col ritrovato Money Mark alle ta- Sarebbe già m o l t o , m a o c c o r r e t o r - stiere, The Mix Up ostenta infatti nare a quella C a r a v a n c h e t r a s c a - u n ’ e s e c u z i o n e n i e n t ’ a ff a t t o b o l s a o riche funky, r i g u r g i t i s w i n g , c i o n - stiracchiata e una seria progettuali- dolamenti blu e s e f u g h e r o c k p o n e tà, che conferiscono senso robusto l’accento sul t a l e n t o s b r i g l i a t o , s u l - a l f un k m a r i t a t o c o l j a z z , a l l ’ i n c u r - la fantasia flu v i a l e ( u n B a r s h f e b - sione di Brian Auger sulla pista da brile ed esilar a n t e a l l a m e l o d i c a ) e ballo (14th St. Break) e alle poli- l’intenso inter p l a y. L e t r a c c e “ e s c l u - cromie blues (Off The Grid). Senza sive” del dvd - o v v e r o l e a s s o l u t a - indugiare, il trio non tralascia aci- mente raccom a n d a b i l i S a m u e l , O n e dità (The Gala Event) né Giamaica For Mark e Nu N u , t u t t e e s e g u i t e i n ( S u c o D e Ta n g e r i n a ) , r i s o l v e n d o s i - trio - sono un ’ u l t e r i o r e c o n f e r m a d i con perfetta e mai placata attitudi- quanto testé d e t t o , f o s s e s o l o p e r n e s in c r e t i c a - a i n d i c a r e i l c r o c e v i a quei vicendev o l i s c a m b i e n e r g e t i c i dove tutto si mescola nei gioiellini che danno la s t u r a a d a s s o l o s t r e - E l e c t r i c W o r m e F r e a k y H i j i k i . S t u- pitosi. ( 7.4 /10 ) pisce addirittura, dopo venticinque Stefano Solventi anni, con una wave che striscia fuori Beastie Boys – The Mix Up (Capitol, 22 giugno 2007) Genere: instrumental funk Come si ann o t a n e l l o s p a z i o m o nografico a l o r o d e d i c a t o , g l i ( e x ) Ragazzi Best i a s o n o d i n u o v o t r a noi e, fedeli a q u a n t o l i m u o v e d a g l i inizi, impress i o n a n o c o n l a s a g g i a classe tipica d e l l a m e z z ’ e t à . D e n - B l a c k S t r o b e - B u r n Yo u r O w n Church (Playlouder / Self, 5 giugno 2007) C ’ è v o l u t o u n b e l p o ’ , tanto che l ’ e l e c t r o d u o f r a n c e s e n e l frattempo è d i v e n t a t o u n q u a r t e t t o , e la vocaz i o n e s y n t h è m u t a t a v e r so un ap p e a l r o c k i s h d ’ a s s a l t o , m a alla fine i l d e b u t t o è c o s a f a t t a . I B lack Stro b e e s o r d i s c o n o v i a P l a y l ouder con u n t e a m d ’ a n g e l i a l l e s p alle e pro m e t t o n o d i s e g n a r e n u o v e frontiere s i a a l l ’ i n d u s t r i a l p i ù m e t allaro che a l l ’ e l e c t r o / r a v e t o r n a t o faccenda E B M ( e d u n q u e g o t h i c ) . Con Paul E p w o r t h ( B l o c P a r t y, F u t ureheads, M a x ï m o P a r k ) e A l a n M o ulder (U2, N i n e I n c h N a i l s , M a r i l y n Manson), r i s p e t t i v a m e n t e a l l a p r o duzione e a l m i x i n g , i q u a t t r o m e t t o no in pista u n m u t a n t e a d u e t e s t e t r a progres s i o n i r a v e e c a r r i a r m a t i industrial. P e n s a t e a g l i u l t i m i Yo u n g God e un p o c o a i N I N . I S i s t e r s O f Mercy per l a g e n e r a z i o n e d i We s l e y ‘ Blade ’ S n i p e s . I D o o r s c o m e f a c cenda per d j v a m p i r i . D u n q u e s y n t h graffianti c o m e e p i ù d e l l e c h i t a r r e , crooning c a v e r n o s o e s o u l - b l u s e g giante, e i n m e z z o t u t t a l a f a t t a n z a rave brit a n n i c a , a n c h e q u e l l a t a marra forte (B u z z B u z z B u z z ) , i n f i n e la porta p e r l ’ i n f e r n o m o l t o c h i c r eznoriana s e m p r e b e n s p a l a n c a t a ( Crave For S p e e d ) . C ’ è q u e l c h e s e r ve per ir r e t i r e - c r e d e r a n n o - l ’ i m maginario d e i k i d p o s t d i s c o c r e s c i u ti a suoni v i a v i a s e m p r e p i ù s c u r i t ra Liars e A d u l t , d i v e r s a m e n t e p e r ò , al posto d e l l ’ i n d o l e u n d e r g r o u n d s’affaccia u n a p r o d u z i o n e g r a n d g u ignolesca insistentemente, premedita- ta cerniera tra piglio funzionale e ammiccamento stilistico. Increduli, viene voglia di riprendere il viaggio da capo, ammirando gente che non ha mai pubblicato un disco inutile che fosse uno. Onesti verso se medesimi e il pubblico, i Beastie parlano solo se hanno qualcosa da dire. N o n è p r e r o g a t i v a g r a n c h é d i ff u s a , sentireascoltare 41 per il massimo effe t t o b a l l o / s b a l l o radiocomandato. In a l t r e p a r o l e , s e si vuole vedere, il t r u c c o c ’ è e s i sente. C’è chi te la v u o l e v e n d e r e prima che fartela (s ) b a l l a r e e l ’ a l larme pensiero indip e n d e n t e - b i p ! bip! - obbliga d’ind o s s a r e g l i o c chiali speciali di Ess i Vi v o n o. I d i fetti sono stagionatu r e u l t i m i Yo u n g God o certi espedie n t i d a N I N b a l lerini con il ritornello u l t r a c o m m e r ciale ( Shining Bright S t a r ) , l o s f o ggio ostentato - che a q u a l c u n o f a sempre effetto perch é e ff e t t o f a - d i tirar fuori i Doors tec h n o ( I ’ m A M a n che poi è la cover di B o D i d d l e y, m a è Morrison road hou s e d a m o r i r e ) , il giocare a mettere i n h i - f i l a r i s c o perta EBM di quest i a n n i . Q u e s t o è. Poi, se involontar i a m e n t e C r a v e For Speed suona com e i Ti n d e r s t i c k getta ti in bocca alla f i a m m e , i B l a c k Strobe riusciranno a s t r a p p a r e u n sorriso, ma la track l i s t è b e l l ’ e f i nita. E, a dir il vero, l ’ a b u s a r e c e r t i vocalizzi David Syl v i a n r o m p e u n po’ le scatole. Solo per ultra aman t i d e l l a t e c n o logia applicata al m a l e . S o c h e t i piace baby… ( 6.0/10 ) sguaiata, è l’elemento di continuità sia concettuale che fisico dell’album. La sua declinazione è sempre sinistra, anche quando Migration sembra uscire da Hosianna Mant r a d e i P o p o l Vu h. N o n r i n u n c i a a far parte dei giochi nemmeno negli esperimenti più astratti, come B o i l e r P e a n u t s , o c o m e F r a n k i e ’s Problem, questa ultima una composizione quasi cameristica per chitarra, tocchi di batteria e campane. In fin dei conti questo Blues Control è una creatura assai più stran a d i q u e l lo c h e p a r e , a o r e c c h i o distratto. È l’espediente metafisico, ultraterreno o sotterraneo, penetrato nella metropoli e oscurato – già esso stesso cupo – quando messo a confronto coi colori del mondo esterno. È psichedelia sbiadita che fa finta di essere distratta per non s e m b r a r e t ro p p o s e r i a . I n a l t r e p a r o le, un disco riuscitissimo. E la final e N o S w e a t ( r i ff a c c i o s a b b a t h i a n o e batteria pachidermia in secondo p i a n o , p i an o , t a s t i e r e d a R i c h a r d Wr i g h t , q u a s i u n b a d - t r i p a v v o l t o d i carillon) terrebbe in piedi già di suo un disco mediocre. (7.4/10) Edoardo Bridda Gaspare Caliri Blues Control – Self Titled (Holy Mountain / Goodfellas, 2007) Genere: psichedelia/ avant-noise-blues A prima svista ques t o d i s c o s e m bra una raccolta di v i n t a g i s m i c o l t i e disfattisti del rock d ’ a v a n g u a r d i a che fu. Ma non è sol o q u e s t o . A n z i , quasi per nulla. È s e m m a i u n t r a ttamento estremo – l ’ e s t r e m i z z a z i o ne – sistematicame n t e r i s e r v a t o a quei riferimenti colt i . D i c o s a p a r liamo? Del secondo d i s c o ( o m o n i mo) dei Blues Contr o l, c h e e s c o n o per Holy Mountain d o p o l ’ a p p r e z zatissimo esordio s u Wo o d s i s t ( e dopo un disco su c a s s e t t a p e r l a Fuckittapes!). I Blue s C o n t r o l s o n o poi Lea Cho e Rus s Wa t e r h o u s e , di New York, non g e n t e t e d e s c a , né proveniente dal d e s e r t o , m a g a r i giusto un po’ fricche t t o n i . La title track è u n a d i s t o r s i o n e blues direttamente f i g l i a d e i R o y a l Trux, che mette le c a r t e i n t a v o l a ma immediatamente l e b r u c i a , p u r concedendoci un tas s e l l o i m p o r t a n te; la chitarra, nella s u a d i s t o r s i o n e Bonaveri - Magnifico (Parole & Musica / Egea, 8 giugno 2007) Genere: cantautorato In occasione dell’esordio solista, Germano Bonaveri ci mette onestà, i m p e g n o , p a s s i o n e . L’ e x v o c a l i s t dei Resto Mancha è autore dei testi e di gran parte delle musiche, prodotte “artisticamente” dal saggio Beppe Quirici. Con una certa cocciutaggine (non priva di una certa ostentazione), persegue la strada del cantautorato, accettando i vantaggi e i rischi di una mappa ben tracciata. Non a caso, la scaletta somiglia ad una passerella di modi arcinoti: c’è la trafelata arguzia di Finardi in C’è chi (e chi), c’è un bel p o ’ d i Ve c c h i o n i n e l l a t i t l e - t r a c k , c ’ è p a r e c c h i o G u c c i n i i n To r q u e m a da e c’è la tensione meditabonda di Fossati in Delle diversità. Altrove il gioco è più complesso, le carte vengono mischiate con una certa perspicacia, allora t’imbatti in un Guccini spiritato Capossela (Non dimenticare), in un Fossati altezza L a p i a n t a d e l t è i n a l b e r a t o Av i o n 42 sentireascoltare Tr a v e l (Te r r a f e r m a ) , p e r n o n d i r e di q u e l l a S t a t o s o c i a l e c h e m a m b eg g i a c o m e u n S e r g i o C a p u t o e n g agé (praticamente un ossimoro). A n d r e b b e t u t t o b e n e , n o n f o s s e per i l f a t t o c h e B o n a v e r i s e m b r a pri g i o n i e r o d i q u e l p i g l i o d a e s p o n en t e d ’ u n a s c h i a t t a s e m p r e p i ù r ara, u n a p r e s u n z i o n e r o m a n t i c a e u n po’ s u p p o n e n t e c h e s m o r z a l ’ e m p a tia. A l l o r a a n c h e i t e s t i m i g l i o r i f i n i s co n o c o l s e m b r a r e u n a p r o s o p o pea c u i l a m u s i c a s i p r e s t a q u a l e c ha p e r o n g a r b a t o , a c c o r t o , p r e z i oso ( f l a u t i , o b o e , c l a r i n o , v i o l o n c e llo, pianoforte...) ma tutto s o m m ato i n n o c u o . C o m e è p r o p r i o d e i c an t a u t o r i . D i c e r t i c a n t a u t o r i ( n o n ho citato, difatti, De André). C e r t o , n o n m a n c a n o i b e i m o m e nti, c o m e q u e l l a O l t r e l ’ a r c o b a l e n o ani m a t a d a q u e l f i l o d i r a b b i a i n più e d a u n a b e l l a l i b e r t à f o l k - p r o g, o q u e l l a s p e c i e d i a c q u a r e l l o d u b nel l e s t r o f e d i I n d e l e b i l e , o l a f a n f ara m e d i e v a l e n e I l m a g o . P e r ò m a nca s e m p r e q u a l c o s a . A n z i , c ’ è s e m pre q u a l c o s a d i t r o p p o : i f a n t a s m i d i cui B o n a v e r i d o v r à l i b e r a r s i , p r i m a di c o n t i n u a r e . ( 5 . 5 /1 0 ) Stefano Solventi Caribou - Andorra (City Slang / V2, 21 agosto 2007) Genere: caramello psych Av e v a m o l a s c i a t o C a r i b o u c o n The M i l k O f H u m a n K i n d n e s s u n p aio d ’ a n n i f a , u n a l b u m n e l q u a l e c on v i v e v a n o i c a l e i d o s c o p i p s i c h e de l i c i d e l p r e c e d e n t e e a m a t o U p In F l a m e s c o n a l c u n i t i m i d i t e n t a t i v i al c a n t o e u n a s c e n s o r e p e r i l p a r adi s o . L o a v e v a m o d e f i n i t o i l c l a s sico l a v o r o d i t r a n s i z i o n e , m e n o e l e t tro n i c o e p i ù s u o n a t o , d a l l a m a g g i ore turn it on A r t e m o l t o b u f f a - L’ a r i a m i s t e r i o s a ( A i u o l a / S e l f , 3 0 m a g g i o 2007) Genere: cantautorato obliquo Di certo quel p i g l i o s b i l e n c o c h e i n n e r v a v a S t a n o t t e / S t a m a t t i n a e c h e tanti sorrisi, i n g e n u i e d i g u s t o , a v e v a s u s c i t a t o n o n h a n n o a b b a n d o n a t o la verve del v e n e z i a n o M u ff a t o , c h e i m p e r t e r r i t o c o n t i n u a a r i m e s t a r e i l brodo di intui z i o n i e r i f e r i m e n t i s o n o r i a m p i a m e n t e d i s p i e g a t i n e l D u e m i laquattro, sen z a p e r ò e c c e d e r e i n q u e l l ’ a t t i t u d i n e d a l o s e r c h e n e a v e v a decretato il su c c e s s o . L’ a r i a m i s t e r i o s a ( A i u o l a / S e l f , 3 0 m a g g i o 2 0 0 7 ) ha infatti qua l c o s a d i d i v e r s o e n u o v o i n s é : l ’ u o m o a n a g r a m m a t o p r o v a a rivestire i s u o i r a c c o n t i c o n a b i t i m e n o a r d i t i e c o n v u l s i n e l l e c o s t r u zioni e sovrap p o s i z i o n i d i t e s s u t i e c o l o r i , f a t t i d i r i p r e s e q u a e l à , d i f i l i che pendono, d i o r l i i m p e r f e t t i , c h e a d o g n i p a s s o s o b b a l z a n o c o n g r a z i a maldestra (a p a r t i r e d a l l a v o c e ) m o s t r a n d o l e c u r v e m o r b i d e d i u n p o e t a r e intento ancora a r a c c o g l i e r e i s t a n t a n e e d i u n ’ i n f a n z i a s p e n s i e r a t a , i n f a r c e n d o i p e n s i e r i a d u l t i d i m i s t e r i osi dilem mi che non ha n n o e n o n a v r a n n o m a i r i s p o s t e . S t o r i e p e r s o n a l i c h e a b b r a c c i a n o i l v i v e r e q u o t i d i a n o , dell’autore come di tutti, d a l r i c o r d o d e l l ’ e s t a t e a i t e m p i d e l l a s c u o l a ( u n p i a n o m a l i n c o n i c a m e n t e u b r i a c o s u c u i inanellare personaggi e s t a t i d ’ a n i m o a n c o r a v i v i d i i n E s t a t e) a d u n a m a t u r a e s o ff e r t a r i f l e s s i o n e s u l l a p r e c a r i e t à del con temporaneo (l a c o n s o l a n t e a m a r e z z a v o c e e p i a n o d i Te m p o a l t e m p o , i n c u i i l t e m a p o l i t i c o - s o c i a l e a ffrontato si affaccia con l a g e n t i l e z z a e t i m i d e z z a p r o p r i a d e l N o s t r o ) . M e n o c o r r e n t i d ’ o l t r e o c e a n o a f o r m a r e i n c respature (con l’eccezio n e p i ù c h e e v i d e n t e d e l l a b e a t l e s i a n a D o v e l e i p a s s a ) , p i u t t o s t o t u t t i i p r o f u m i d i c a s a nostra ad infestare, pre n d e r e l e t t e r a l m e n t e d ’ a s s a l t o i d i e c i b r a n i : l a f r e s c h e z z a d e l b a s i l i c o a d i n s a p o r i r e l e i d i osincrasie di Se un giorn o ( “ P r e f e r i s c i i d i s c o r s i c h e n o n t o r n a n o m a i / p e r f o r t u n a i d i s c o r s i t r a n o i n o n t o r n a n o mai / Metti cura, rispetto p e r t u t t i g l i s b a g l i c h e f a i / g r a z i e a l c i e l o c o n m e t u n e f a r a i ” ) , l ’ a s p r a i n t e n s i t à d e l l ’ o l i o d’oliva a cospargere il r a p p o r t o a d u e d i L e r u g h e s u l l a f r o n t e , i l t u t t o i n n a ff i a t o d a u n c o r p o s o v i n o r o s s o d i v i o lini e fiati, lasciato deca n t a r e d a l p r o d u t t o r e F a b i o ‘ N o n v o g l i o c h e C l a r a ’ D e M i n . “ P e n s o c h e q u e s t e c a n z o n i n on abbian nulla di oscur o o c r i p t i c o , e s i a n o i n v e c e p i e n e d i s p e r a n z a . P a r l a n d o d ’ e n i g m i n o n f a n l e m i s t e r i o s e . E se sono ‘ariose’, non s i ‘ d a n n o a r i e ’ . P e n s o s i a n o c a n z o n i p e r t u t t i ” . L’ e n n e s i m o g i o c o d i p a r o l e d i A l b e r t o M uffato che, per una volta, c o n d i v i d i a m o a p p i e n o . ( 7 . 2 / 1 0 ) Va l e n t i n a C a s s a n o sentireascoltare 43 apertura alla canzo n e S i x t i e s F o l k e una restrizione d e l v i r t u o s i s m o laptop che lo aveva r e s o f a m o s o . Da geniale pasticcio n e i n s o v r a d o saggio di layer (loop , s u o n i r o t o n d i e a volte ricolmi fin o a l l ’ o r l o ) , D a n stava mutando in u n l i s e r g i c o m e nestrello wilsoniano e p e r c i ò n o n sorprende ascoltarl o o g g i c a n t a u tore fiabesco. Con i dovuti disting u o , l ’ a t t i t u d i n e rimane sempre e com u n q u e e l e t t r o nica, farcita di CAN e S i l v e r A p p l e s : come dire, l’attenz i o n e è a n c o r a eminentemente rivo l t a a l m o o d ( e all’escrescenza del p o p ) e m e n o alle strofe. Del resto , a r i p r o v a d e l le buone intenzioni, i n A n d o r r a l e tracce cantate sono p r a t i c a m e n t e tutte e se Caribou n o n è d i v e n t a to propriamente un s o n g w r i t e r, è in grado d’esprimer e i l s o g n a t o r e che è in lui in modo d i s c r e t a m e n t e ammaliante. She’s T h e O n e , c a n t a ta e suonata con l’a i u t o d e l l ’ a m i c o Jeremy Greenspan ( J u n i o r B o y s ) ne è un esempio cur i o s o , a n c h e s e forse è Eli il miglio r e d e i t r a g u a r di ottenuti. Qui conv i v o n o i l o o p i n reverse della miglio r p s i c h e d e l i a , le voci bianche dei B e a c h B o y s e soprattutto un bel e s e m p i o d i n u g get ’67 sulla strada d i O f M o n t r e a l e Brian Jonestown M a s s a c r e ( l e migliori penne pop- p s y c h d i q u e sti ul timi anni). Altro v e a c a t t u r a r e maggiormente è la c o m p o n e n t e a r rangiativa, sempre a c c a t t i v a n t e n e l sovrapporre pattern r i t m i c i p i u t t o s t o serrati (e minimal) a u n l u n a p a r k di caramelle psych ( f l a u t i , g l o c k spiel, chitarrine by r d s i a n e , e c c . ) . Lo stesso singolo Me l o d y D a y p i a c e per questo, idem pe r l e s q u a d r e t t e kraute di Sundialing ( d o v e i l c a n t o è soltanto come com a n d a l o s h o e gaze). L’acc resciuto afflato l i v e è u n a l tro buon punto pe r C a r i b o u , e p pure l’unica novità v e r a è N i o b e nella quale l’interes s e p s y c h v i r a electro-techno (legg i A p p a r a t ) c o n risultati interessanti ( p e r i l f u t u r o ) . Ok, è un’ulteriore t r a n s i z i o n e , o p pure la conferma ch e C a r i b o u n o n è il genio Manitoba , s e m p l i c e m e n te un bravo arrangia t o r e e i n f u t u r o - chissà - un bravo s o n g w r i t e r. C i crediamo. Intanto… ( 6 . 7 / 1 0 ) Edoardo Bridda 44 sentireascoltare Chantsong Orchestra da Cremona, l a s p i n t a f u n e r e a / f u n e b r e d e g l i ot t o n i d e c l a m a n d o l u c i d o / a l l u c i n ato tipo il Ferretti dei bei tempi. Q u a l c h e d i f e t t u c c i o è r i s c o n t r a bile n e l l ’ e c c e s s i v a m e n t e n e v r a s t e nica F o r m a e s o s t a n z a , i n u n a D i s c on n e t t i i l p o t e r e c u i q u a l c h e b p m in m e n o a v r e b b e f a t t o b e n e , e i n q uel l a S t e l l e b u o n e c h e e r a e r e s t a un g r a n p e z z o m a c ’ è t r o p p o t e sto, n o n c o n c e d e r e s p i r o e l ’ a r r a n gia m e n t o n e e s c e g i o c o f o r z a b l o c ca t o . Ve d e t e b e n e c h e n o n è n ulla d ’ i m p e r d o n a b i l e . Ta n t ’ è , s e g n a l ata una Festa mesta con Roy Paci a fare il belzebù tra bailamme free e s g r o p p a t e r o c k , n o n r e s t a c h e c on c l u d e r e d i c h i a r a n d o l ’ e s p e r i m e nto r i u s c i t o e p i u t t o s t o g o d u r i o s o . Un b i s s a r e b b e d ’ u o p o . ( 7 . 0 /1 0 ) per la direzione e gli arrangiamen- Stefano Solventi Chantsong Orchestra - Indie M o o d ( N e w t o n e / F e l m a y, 7 maggio 2007) Genere: jazz/rock Dodici jazzisti giovani, entusiasti e abbastanza spregiudicati: ecco la ti di Igor Sciavolino, principale responsabile del progetto nonché dell ’ i d e a I n d i e M o o d. O v v e r o , p r e n d i undici pezzi indie rock più o meno gloriosi e piegali alle possibilità e alla calligrafia di una big band. Magari invitando quelli dell’altra sponda ad interpretare o reinterpretare. E infine, massì, aggiungi un paio di situazioni originali. La cosa funzion a . E f u n z io n a p e r c h é n o n a c c a d e quel che uno in questi casi teme, la famigerata trasfigurazione à la Bad Plus dove le istanze jazzy trattano l’ordine armonico e melodico come un puro pretesto, e allora tanto valeva farsi i pretesti propri. No, la Chantsong Orchestra si aggrappa alla giugulare della canzone, la metabolizza, se ne fa carico. Somigliando parecchio in questo a quell a M i l l e n n i u m B u g O r c h e s t r a p r ot a g o n i s t a di s c e l l e r a t e s c o r r i b a n d e con Marco Parente. I pezzi ne escono in qualche modo corroborati, vedi le febbrili dilatazioni di Lieve - col Godano che canta uno sdegno sospeso tra grappoli di basso, assolo di chitarra younghiana, vampe d’ottoni e palpiti di pianola - e una arguta Discolabirinto cantata da una Cristina Donà vamp svampita algida aliena(ta). Molto bene anche Balon Combo, che spedisce i Mau Mau tra liquori modulari Shorter e cascami b l u e s M i n g u s, e d u n a s o r p r e n d e n t e Gusci a perdere, uno dei due pezzi originali, dove Aldo Nove cavalca Charalambides – Electricity G h o s t s ( W h o l l y O t h e r, m a g g i o 2007) To m C a r t e r – W h i s p e r s To w a r d I n f i n i t y ( W h o l l y O t h e r, m a g g i o 2007) To m C a r t e r – G l y p h ( D i g i t a l i s Industries, febbraio 2007) Genere: psychedelic folk drones Ve c c h i e e n u o v e r e g i s t r a z i o n i e mer g o n o d a l b a u l e m a g i c o d i To m & C h r i s t i n a C a r t e r. E l e c t r i c i t y G hos t s , n u o v a u s c i t a p e r i l g r u p p o ma d r e , a p p a r t i e n e i n r e a l t à a s e s s i ons o r m a i v e c c h i e d i q u a l c h e a n n o , le s t e s s e c h e p o r t a r o n o a q u e l l a g em m a d i n o m e J o y S h a p e s . F o r m a zio n e a t r e , d u n q u e , c o n H e a t h e r Lei gh Murray a dar man forte ai due e l i b e r o s p a z i o a d u n a d o s e m a g gio r e , s e p o s s i b i l e d i s p e r i m e n t a l i smo d r o n e - p s i c h e d e l i c o r i s p e t t o agli a l b i u ff i c i a l i . C o m e s e p e r i s i g nori C a r t e r i c d - r f o s s e r o u n p o ’ c o me a p r i r e l a p o r t a d i c a s a a p o c h i , se l e z i o n a t i a m i c i e m e t t e r e a n u d o il proprio lato più intimo. I n q u e s t a o d e a l l ’ e l e t t r i c i t à s t a t ica i n 5 m o v i m e n t i e 6 5 m i n u t i i t r e di s e g n a n o p a e s a g g i l i q u i d i m e d i a nte p a s s a g g i r a r e f a t t i : s o s p i r i d r o nati e a r p e g g i , s c a m p a n e l l i i e s i n i stri t i n t i n n i i p e r u n a f o r m a d i t r a n c e de l i a m i n i m a l e e p p u r e i n t e n s i s s ima n e l s u o e s s e r e s e m p r e p i ù r i d otta a d u n a p p a r e n t e m e n t e i n e r t e e cto p l a s m a s o n o r o . N e l l o s t e s s o t em - po Tom se ne e s c e c o n W h i s p e r s Toward Infin i t y, u n a n u o v a r e l e a se sull’etiche t t a d i c a s a . Q u a t t r o magmatici pe z z i d i f o l k d r o n a t o e spettrale inca s t o n a t i i n u n a b e l l i s sima confezio n e h o m e m a d e , c h e rimarcano il t a g l i o i n t i m o e p e r s o nale dell’albu m . I l i d i s o n o q u e l l i già toccati in p a s s a t o d a l n o s t r o e frequentati p i ù o m e n o a b i t u a l mente da mae s t r i c o m e M a z z a c a n e Connors o d a i n s o s p e t t a b i l i c o m e Alan Sparhaw k : e s t a t i c h e c o m p o sizioni che sa n n o d i s a b b i e d e s e r tiche ed in cu i a v o l t e c o m p a i o n o fantasmi di u n b l u e s a n c e s t r a l e o frammenti d i l a t a t i d i c r e s c e n d o mantrici (il fin a l e d i C o l o r s F o r N ) . Infine un dov u t o r e c u p e r o : G l y p h, riedizione di u n a u s c i t a s u W h o l l y Other vede a n c o r a To m i n s p l e n d i da solitudine a l l e p r e s e c o n i f a n tasmi della s u a v i t a . R e g i s t r a t o a l momento dell ’ a b b a n d o n o d e l l a c i t t à natale, i tre m o v i m e n t i ( c i a s c u n o sintomaticame n t e d e d i c a t o a d u n a persona impo r t a n t e n e l l a v i t a d i Mr. Charalam b i d e s ) d i v e n g o n o u n a sorta di catac o m b a l e o d e a l l a s u a Austin. Lungh i e d e s t e n u a n t i d r o nes di chitarr a c h e t r o v a n o i l m o d o di crescere in f l u t t u a n t i e v o c a z i o n i , soprattutto ne i 3 0 s p e t t r a l i m i n u t i della abissale t r a c c i a 2 , c h e r i v e r berano echi d e l l ’ u l t i m o J o h n F a h e y e di Six Orga n s O f A d m i t t a n c e d e l sodale Ben C h a s n y, c o n i l q u a l e i l nostro è coin v o l t o n e l n u o v o p r o getto Badgerl o r e . Tr e d i s c h i m i n o r i ma indispensa b i l i p e r c o m p r e n d e r e a fondo l’esta t i c o ( e a v o l t e s t a t i c o ) universo Cha r a l a m b i d e s . I n d i s t i n tamente ( 6.8/ 1 0 ) . Stefano Pifferi m e n t e L a n e g a n, b u o n a s ì ma solo p e r a t t i z z a r e c u r i o s i t à . Avanti così. F a c c i a m o c i ( u n p o ’ ) m a l e . ( 5.2 /10 ) Stefano Solventi a c c on c i a t u r e c o t o n a t e d e l b a r a c c o n e ha r d e i g h t i e s . F u o r i d a c o t a n t a s c e ne g g i a t u r a / s c e n o g r a f i a , quella voce è un improbabile intruso. Ancor più se, come era chiaro già negli ultimi lavori col giardino sonoro, a z z ar d a d a r e c o r p o a d u m o r i e t e n tazioni soul blues. Difatti in questo Carry On l’impeto dello shouter viene sistematicamente sedato dai palpiti del croon e r. C i ò c h e a ff i o r a e v i d e n t e f i n dall’iniziale No Such Thing, con quell’alternanza tra rockaccio ipertrofico del chorus e ballatina tesa delle strofe, per non dire del middle eight in falsetto beatlesiano che completa l’ideale mash-up. Impresa tutt’altro che semplice, infatti ne è uscito un lavoro discontinuo, flaccido, confuso. P r o do t t o d a l s a p i e n t e S t e v e L i l lywhite, spiana ballate Oasis spolverate Red Hot chili Peppers ( A r m s A r o u n d Yo u r L o v e ) e p o p r o c kerie sofisticate Aerosmith (Poison Eye, Scar On The Sky), ciondola tra corrucciamenti Nirvana (quella s p e ci e d i A l l A p o l o g i e s r i f r i t t a c h e risponde al nome di She’ll Never Be Yo u r M a n ) e f o l k e s o t i c i L e d Z e p Chris Cornell Carry (Suretone / Interscope, maggio 2007) Genere: rock/folk/blues On 28 ( G h o s t s) , t e n t a p u r e c o n u n c e r t o successo di far coesistere Muse e J o h n M e l l e n c a m p ( Yo u K n o w M y Name, già nella OST dell’ultimo Ja- Pensate a co s a è s t a t a l a v o c e d i mes Bond) quindi fa outing defini- Cornell per q u e i p o c h i a n n i i n c u i tivo con gli ottoni tirati a lucido di il una Safe And Around che sembra grunge tir a v a mazzate bene- dette e senza r i g u a r d o : a n n e g a t a C l a pt o n v i a R o d S t e w a r t. nel crogiolo a c i d o e s f e r z a n t e d e i Un bel pasticcio, nel quale non puoi Soundgarden, s e m b r a v a l ’ u l u l a t o fare a meno di scorgere la strategia irriducibile di m i l l e f r o n t m a n c o n l e un po’ disperata di chi non riesce adenoidi bram o s e d i m e l o d r a m m a più a trattenere la propria ombra. metallaro, l’ic a s t i c o p u n t o d ’ a p p r o - Inoltre, e infine, ecco la genialata: do del nostro i m m a g i n a r i o n a u f r a - c o v er i z z a r e B i l l i e J e a n a l l a s t r e g u a go, sedotto e a b b a n d o n a t o t r a l e di sierosa processione blues vaga- C o l l e t t i v o A 6 - To d U n d F e u e r (Ame / Audioglobe) Genere: impro-rock Dadamatto - Ti tolgo la vita (BloodySound-Sweet Te d d y Marinaio Gaio-Eaten By Squirrels / Audioglobe, febbraio 2007) Genere: post-punk noise Te r z a u s c i t a e t e r z o c e n tro per la B r o w n S e r i e s d e l l a A M E. In azio n e q u e s t a v o l t a u n s u pergruppo c h e v e d e i n f o r m a z i o n e 3 Bron Y A u r , u n A i d o r u, J a c o p o “prezze m o l o ” A n d r e i n i e i l p a d r o ne di casa M a t t i a C o l e t t i. C o l l e t t i v o A6 si pres e n t a , c o m e p r e v e d e l a collana, c o n 1 0 b r a n i d i r o c k i n t e ramente e r i g o r o s a m e n t e i m p r o v v i s ato, carat t e r i z z a t i p e r ò d a l l e d i g r e ssioni psi c h e d e l i c h e c a r e a l b a c k ground di b u o n a p a r t e d e i p r e s e n t i , mai come o r a i n t e n t i a d i l a t a r e g l i s pigoli e ad o ff r i r e u n a v i s u a l e g r a n dangolare d e l l ’ i m p r o v v i s a t a d i m a t rice rock. L’ i n c r e d i b i l e p o t e n z a d i f uoco mes s a i n c a m p o d a l l ’ e n s e m ble (3 chi t a r r e , b a s s o , b a t t e r i a , s a x, tromba e d e l e c t r o n i c s ) o ff r e i n c essanti in t r e c c i d i c h i t a r r e e b a t t eria in cui s o v e n t e è i l s a x d i A n d r e ini a rita g l i a r s i u n r u o l o c e n t r a l e , ora come e l e m e n t o c o l l a n t e , o r a di rottura ( P r e s e n t a z i o n e e P a u s a , rispettiv a m e n t e ) , d o n a n d o a l l e t rame stru m e n t a l i - g i à d i p e r s é o ttime - un v e n t a g l i o d i p o s s i b i l i t à e normi. D i e c i p e z z i s o s p e s i s u l sottile filo c h e d i v i d e l ’ a s p e t t o c e r ebrale da q u e l l o m u s c o l a r e , i n c u i l e destrut t u r a z i o n i f r e e , l e i m p l o s i oni sonore e i l f r a s t a g l i a t o c o n c a t e n arsi degli s t r u m e n t i t r o v a n o l a l o r o perfetta c o e s i o n e c o n l a p a s s i o ne per la p s i c h e d e l i a , i n t e s a c o m e dilatazio n e d e l s u o n o e d e l l a c o scienza di c u i A c c o r d o è p e r f e t t a e s emplifica z i o n e . S u t u t t o r e g n a u n perenne s e n s o d i i n q u i e t a n t e e incipiente a p o c a l i s s e , c o m e n e l c apolavoro k l e e n i a n o c h e d o n a , n e l la perso n a l e r i v i s i t a z i o n e d i F i è , copertina e t i t o l o a l l ’ a l b u m . L a m orte della c u l t u r a e d e l l a c i v i l t à v i e ne propo s t a d a i s e i i n u n a f u s i o n e tenden - sentireascoltare 45 te alla rinascita. La l o n g a m a n u s di Mattia Coletti si s r o t o l a a n c h e sull’esordio lungo d i q u e s t o p o w e r trio marchigiano. C’ è m r. A M E , i n fatti, dietro la conso l l e d i Ti t o l g o la vita , disco compo s i t o e p o t e n t e , frutto della collabora z i o n e d i b e n 4 etichette. Ma c’è an c h e i l c o r a g g i o (o l’incoscienza?) d i u n g r u p p o d i esordienti che non te m o n o d i i n i z i a re il loro disco con u n a l u n g a s u i te (Videodrome ) di 1 2 m i n u t i i n c u i sfoderano tutto il ca m p i o n a r i o d e l l e proprie possibilità: p u n k c e r e b r a l e alla Fugazi, note lib e r e d i p i a n o s u duetti basso-batteri a , c i t a z i o n i d a Nirvana e Marlene d e g l i e s o r d i e conclusiva catarsi in b u c o l i c a f r e e form. Un buon inizi o , n o n c ’ è c h e dire, anche se il bel l o d e v e a n c o r a venire. I tre infatti co n i u g a n o b e n i s simo ruvidezze nois e e p o s t - p u n k , eredità dalla tradizio n e p u n k - h c i t a lica e rock accessib i l e e m e l o d i c o , senza mai perdere p o t e n z a o p e r sonalità. Alternano c o n n o n c h a l a n ce canzonette orecc h i a b i l i ( B a m b o la gonfiabile , Il mi o p a p p a g a l l i n o mediterraneo , come d i r e i M a r l e n e a Sanremo) ad aggr e s s i o n i i n p i e no stile Negazione ( U r l o c o n f u s o ) ; divagazioni eteree o v a g a m e n t e psichedeliche coste l l a t e d a f a n t a smi barrettiani a ind o m a b i l i s f u r i a t e noise-core o post-p u n k c o n d i t e d a una forte autoironia. U n d i s c o u m o rale e profondamen t e e t e r o g e n e o , che si fa ascoltare t u t t o d i u n f i a t o senza perdere in c o e s i o n e . I l t r i o dopotutto mantiene f e d e a l n o m e scelto, nel suo rau s c h e m b e r g i a n o sforzo di riutilizzo di s c o r i e m u s i c a li di scarto nel tentat i v o ( r i u s c i t o ) d i rivita lizzarle. Ad ent r a m b i ( 7 . 0 / 1 0 ) . Stefano Pifferi C o m a n e c i - Vo l c a n o ( D i s a s t e r s by Choice / Wide, 5 giugno 2007) Genere: gentle chamber pop Un sospiro lungo d o d i c i b r a n i . U n afflato melodico che s i s n o d a t r a l e corde di un violonce l l o e q u e l l e d i una chitarra acusti c a . M a l t r a t t a t e con accuratezza. Am a t e c o n c a n d i do stupore. Aggrovig l i a t e o d i s c i o l te in un tepore agre e n e i t o n i c a l d i della melanconia, q u e s t o s o l o l a voce può deciderlo. U n a v o c e c h e parla inglese, ma se n t e e v i v e t u t t o 46 sentireascoltare nella lingua d’origine, l’italiano. Mai avrei pensato che Ravenna covasse in seno una simile mestizia, così vicina alle terre vulcaniche d’Island a d e l l a To r r i n i i n f a s e a d u l t a d i F i s h e r m a n ’s Wo m a n ( n e l l a f o s c h i a dissonante del violoncello di Housemate), e che al tempo guarda con certo distacco quell’America mid Nineties della Chan Marshall più desertica e desolata degli esordi (la languidezza blues di One Night ( D e m o Ve r s i o n ) ) , s e n z a c h e s c o s se elettriche o drumming convulsi scompaginino la quiete di cui è intriso il debutto dei tre Comaneci. Semplici intuizioni tra il folk d’antan e la chamber music che girano attorno ad arrangiamenti tanto minim a l i q u a n t o e ff i c a c i , e u n c a n t o c h e pare trattenere il fiato ad ogni nota, quasi non volesse disturbare, ma in realtà subdolamente carezzevole e f i c c a n t e c om e q u e l l o e t e r e o e s o f i s t i c a t o d el l a S t i n a N o r d e n s t a m d i G e t O n Wi t h Yo u r L i f e ( l a t e n s i o n e v e r s o l ’ a l t o d i N o t h i n g I I ) . A c h i r ifugge da certo post modernismo le s o l u z i o n i u l t r a s c a r n i f i c a t e d i Vo lcano potrebbero provocare qualc h e s b a d i g l i o , s e n o n a ff i n i d i a n i mo, ma per quanti invece seguono ancor oggi il celebre detto di Mies van der Rohe, less is more, questo disco apparirà come una fulgida e meravigliosa epifania. (6.9/10) Va l e n t i n a C a s s a n o Dark Energy – Collided Energy (Underground Resistance / Discograph / Self, 25 giugno 2007) Genere: techno grime trance breakhouse Dietro al moniker Dark Energy si nasconde James Pennington a k a S u b u r b a n N i g h t, p a d r e del l a U n d e r g r o u n d R e s i s t a n c e , g uru d e l l ’ e l e c t r o h o u s e . D a D e t r o i t si e s p a n d e i l v e r b o m a c c h i n a . L’ M C è u n o d e i c o m p a g n i d i b a n c o d i n omi t u t e l a r i q u a l i J u a n A t k i n s , K e vin S a u n d e r s o n o D e r r i c k M a y . I n s om m a , n o n l ’ u l t i m o d e i p i v e l l i . E q u an do si dice scuola, si fa sul serio. Q u i i l p r o d u t t o r e , i n s i e m e a l f i d ato m e n t o r e M i k e B a n k s , c i p r o p o n e un v i a g g i o d e n t r o i l p o s t - g r i m e m i n i mal p i ù o s c u r o e i n t r i s o d i b r e a k b eat, c h e s i d i s t o g l i e p e r u n a t t i m o dal t u n n e l i n c u i l a Te m p a c i s t a f a c en d o s u d a r e d a t e m p o . R i t m i v e l o cis s i m i e s e r r a t i c h e h a n n o r a d i c i nel g r i n d p o s t - r a v e d e l l a f i n e d e i ‘ 90, e s c u r s i o n i a l l i m i t e d e l l a t r a n c e , un v i a g g i o s e n z a a l c u n a p a u s a , q uasi n i c h i l i s t i c o n e l s u o p r o c e d e r e ser ratissimo. Un colpo dark al cuore e a l l a m e n t e , c o m e q u a n d o s i a s col t a v a n o l e d i s q u i s i z i o n i t e o r i c h e di P h o t e k e s i r e s t a v a a b b a g l i a t i dal s u b l i m e i n c a n t o d e l l a n o t t e , n a s co s t a t r a s p a s m i e u r l a d a l p r o f o ndo d e l d a n c e f l o o r. N o n c i s o n o t r a c c e d a s e g n a l are, p e r c h é t u t t o è u n c o n t i n u o p r o se g u i r e v e r s o l ’ e t e r n a v e l o c i t à , c a val c a t e p e r a r m i g e r i b a t t a g l i e r i e im p a v i d i d i f r o n t e a u n m u r o d i h i - hat a c i d c h e s p a v e n t a . U n d o p p i o d i sco c h e n o n h a p a u r a d e l l e c r i t i c h e , che “ c a d e s e m p r e i n p i e d i ” , s e n z a p os s i b i l i t à d i m e d i a z i o n e . P u r o b l ack p r i d e . N o n p e r t u t t i i c u o r i . A s t e ner si snob perditempo. (6.5/10) Marco Braggion Dawn Landes – Fireproof (Fargo / Self, 15 giugno 2007) Genere: folk, pop, songwriting A volte le assonanze creano meravigliose e strane illusioni. Ecco allora che Bodyguard, primo brano del secondo album di questa songwriter newyorkese, sembra riprendere da dove Chan Marshall ci aveva lasciati prima di partire per Memphis per non fare più ritorno. Poi però segue I Don’t Need No Man, folk nervoso in cui la voce risuona ancestrale alla Joni Mitchell, e allora diventa sempre più chiaro che il discorso si sposta dal “solito” indie-folk pop. Non c’è molto da stupirsi: Dawn Landes turn it on Bishop Allen – Bishop Allen & The Broken String (Dead Oceans / Wide, 24 luglio 2007) Genere: indie pop, folk Scrivere e pub b l i c a r e 1 2 E P i n u n a n n o n o n è i m p r e s a d a t u t t i , a n z i ; a d e s sere onesti, è p u r a f o l l i a . A n d a t e l o a d i r e a J u s t i n R i c e e C h r i s t i a n R u d d e r, che per ogni m e s e d e l 2 0 0 6 h a n n o s f o r n a t o p u n t u a l i u n d i s c h e t t o n u o v o d i zecca, in un t o u r d e f o r c e s e n z a p r e c e d e n t i n e l l a s t o r i a d e l l a d i s c o g r a f i a recente (alla f a c c i a d i S u f j a n e d e i 5 2 S t a t i , a g g i u n g i a m o ) . S e q u e s t o v i sembra strano , v i b a s t i s a p e r e c h e s o n o g l i s t e s s i d u e r a g a z z i c h e a v e v a no inaspettata m e n t e c o n q u i s t a t o l e p a g i n e d e l R o l l i n g S t o n e c o n u n d e b u t to autoprodot t o ( C h a r m S c h o o l ) , c r e a n d o u n p i c c o l o c a s o g i à n e l 2 0 0 3 ; i più addentro, p o i , l i c o n o s c e r a n n o g i à c o m e a t t o r i p r o t a g o n i s t i d e i f i l m d e l cineasta indip e n d e n t e A n d r e w B u j a l s k i , a u t o r e d i F u n n y H a - H a e M u t u a l Appreciation, b o z z e t t i i p e r - r e a l i s t i s u l l a v i t a p o s t - c o l l e g e . Insomma, fino r a è s t a t o f i n t r o p p o f a c i l e g u a r d a r e a l d u o d i B r o o k l y n c o m e a l l ’ e n n e s i m a - m e r a v i g l i o s a - anomalia indie o, in eg u a l m i s u r a , c o m e a l n o m e p i ù c o o l m e s s o i n b o c c a a g l i u n d e r g r o u n d c h i c a l d i l à d e l l ’ A t l antico, da Pitchfork in su . A d e s s o c h e q u e s t o B i s h o p A l l e n & T h e B r o k e n S t r i n g l i g e t t a f i n a l m e n t e n e l l a m i s c h i a (è il primo album realizz a t o i n u n o s t u d i o p r o f e s s i o n a l e e r i l a s c i a t o d a u n a v e r a e t i c h e t t a – l a n e o n a t a D e a d O c e a ns, sorella di Secretly Ca n a d i a n e J a g j a g u w a r ) , J u s t i n e C h r i s n o n s i f a n n o c e r t o c o g l i e r e i m p r e p a r a t i . Chiaro, con u n s e r b a t o i o d i c a n z o n i c a p i e n t e e g e n e r o s o c o m e g l i E P ( c i r c a 4 5 t r a c c e c o m p l e t e , m i c a briciole) a disposizione, h a n n o a v u t o s o l t a n t o l ’ i m b a r a z z o d e l l a s c e l t a : C l i c k C l i c k C l i c k C l i c k , C h i n a t o w n B u s e Shrinking Violet erano g i à u n b e l b a l z o i n a v a n t i r i s p e t t o a g l i e s o r d i , c o n R i c e c o l t o d a u n i n t i m i s m o f e b b r i l e a metà fra lo Stuart Murdo c h c o l l e g i a l e e i l C o n o r O b e r s t p i ù d i m e s s o . S e p o i a l l a q u a l i t à a l t a d i q u e l l e c a n z o n i s i aggiunge un accurato la v o r o d i r i e l a b o r a z i o n e e p r o d u z i o n e ( c o n i m e m b r i a g g i u n t i D a r b i e N o w a t k a e C u l l y S y mington a dare man fort e ) , n o n s o l o s i s v e n t a l ’ e ff e t t o r i c i c l a g g i o , m a s u c c e d e c h e u n g i o i e l l i n o c o m e C o r a z o n p r e nde lette ralmente il vo l o , T h e M o n i t o r s i s p i e g a c o m e u n c a l e i d o s c o p i o m u l t i d i m e n s i o n a l e d ’ e m o z i o n i , F l i g h t 1 8 0 assume i contorni di u n a p i c c o l a e p o p e a s e n t i m e nt a l e . D i f r o n t e a l l e a r g u z i e f o l k d i C h o o s e A g a i n , p o i , s i può anche soprassedere s u u n a s c i o c c h e z z u o l a l a t i n a à l a D e v e n d r a c o m e L i k e C a s t a n e t s ; e s e n o n b a s t a s s e , R ain e The News From Yo u r B e d r i e s c o n o a m i s u r a r e a g r a n d i p a s s i t u t t a l a d i s t a n z a d e i n o s t r i d a l l e f r e a k e r i e e s t e mporanee degli - per dir e - I ’ m F r o m B a r c e l o n a , r i e v o c a n d o n e l a s u b l i m e l e g g e r e z z a s e n z a i n z u p p a m e n t i n e l c a r amello. Detto altrimen t i , q u e l l ’ e s t e t i c a r o m a n t i c a , i n n o c e n t e e n a ï f c h e d i s o l i t o a s s o c i a m o a l l e p a r o l e “ i n d i e ” e “pop” ha (ri)trovato la s u a f o r m a i d e a l e , i n v i s t a d i u n a n u o v a s t r a g e d i c o r d e r o t t e e c u o r i i n f r a n t i p e r i l p r o s s i mo autun no. Occhio, p e r c h é i B i s h o p A l l e n p o t r e b b e r o e s s e r e l a v o s t r a b a n d p r e f e r i t a , a n c h e s e a n c o r a n o n lo sapete. ( 7.5/10 ) Antonio Puglia sentireascoltare 47 non è esattamente una sprovveduta, il suo nome circola nel giro “che conta” già da un po’, grazie a tour con Andrew Bird, Feist, M83, Josh R i t t e r, S h a n n o n Wr i g h t t r a g l i a l t r i . Con Fireproof vuole puntare più alla tradizione, fra alt.country e folk, in maniera simile a una Laura Ve i r s p e r c e r t i v e r s i m a p i ù a p e r ta e meno crepuscolare, con belle intuizioni di arrangiamento. La Nostra d’altra parte è anche un ingegnere del suono che si sta affermando nell’ambiente (ha lavorato con Philip Glass, Hem, Joseph Arthur). Ecco allora che le ballad country incedono morbidamente ( Tw i l i g h t , s c r e z i a t a d i e l e t t r o n i c a ) di pari passo con il piglio dark jazzy della filastrocca Picture Show che diventa rock blues nello svolg i m e n t o , t r a Wa i t s e M . Wa r d ; K i d s In a Play rimanda alle morbidezze B & S e To y P i a n o è u n d e l i z i o so gioco strumentale per glockenspiel. E I’m In Love With The Night si fa dylaniana nel finale con armonica, mentre sorprende l’essenziale e riuscita ghost cover di Won’t Back Down. La Nostra fa pensare a una Suzann e Ve g a p i ù s b a r a z z i n a p e r c e r t i versi, con agganci rétro a certa musica ’60 d’autore francese, oltre all’immancabile folk classico a l l a G r e e n w i c h Vi l l a g e . E u n a v o c e suadente tra la prima Mitchell e le armonie vocali di una Perhacs. Album di una levità melodica spiccata, e di un minimalismo spartano, Fireproof conferma la sobrietà della giovanissima Landes, nome di cui ci auguriamo di sentire ancora parlare a lungo. (7.0/10) Te r e s a G r e c o 48 sentireascoltare D r a w i n g Vo i c e s - S e l f T i t l e d (Hydra Head / Goodfellas, maggio 2007) Genere: pennarello free, avant C r a i g D o ng o s k y è u n p r o f d e l l a Georgia che dell’arte del disegnare voci ha scritto un saggio, prima che un album. La sua teoria si basa su un semplice assunto “disegnare è di per sé un linguaggio e se i suoni dei pennarelli sulla carta (le evoluzioni e le pause della mano) identif i c a n o u n au t o r e t a n t o q u a n t o i l d i segno che verrà, allora il processo del disegnare parla di sé emettendo suoni che sono un’espressione sonora di un’arte specifica. Una pizza concettuale nel solco della vecchia scuola avant novecentesca (musica concreta, la scuola minimalista, il solito Cage, ecc.)? Non proprio. Le varianti hanno un certo peso e soprattutto il risultato non è per nulla barboso. Con l’aiuto di Aaron Tu r n e r ( c h it a r r i s t a d e g l i I s i s m a a n che cover maker quindi disegnatore pure lui), il prof alterna esempi di s c r i t t u r a r e g i s t r a t a i n l o - f i ( S c a t t ered Shavings, A Choir Speaks), a episodi dove il tratto viene trasfig u r a t o i n d i ff e r e n t i t e x t u r e g r a z i e alla manipolazione digitale (Mask, Being Born Broken). Non solo, Dongosky non fa il purista, utilizza anche voci vere in sovrapposizione (ancora Mask) creando così raddoppi e aumentando la complessità. A reggere l’impianto troviamo sporadici pattern ritmici, infine, il t o c c o d i Tu r n e r a l l a c h i t a r r a ( s p e cialmente in Shrine Of Wreckless Illumination) a conferire quel giusto scarto psych a un album, come dicevamo, dall’appeal classico contemporaneo ma che dei cosiddetti contemporanei, in fin dei conti, non c o n d i v i d e u n a q u a l s i v o g l i a s t r u ttu r a . P r o b a b i l m e n t e r i e n t r e r à n ella d e m o c r a z i a d e l l i n g u a g g i o d o n go s k y i a n o , u n a r i s o r s a i n p i ù s o t t o for m a d i m o l t e p l i c i t à d ’ a p p r o c c i o a un d i s c o n o n f a c i l e , m a a ff a s c i n a n t e e per nulla vetusto. (6.8/10) Edoardo Bridda Dÿse – Self Titled (Exile On Mainstream / Southern Records, 23 marzo 2007) C o m e i l d e l t a d i u n f i u m e , i l duo D ÿ s e s i f o r m a , n e l 2 0 0 3 , d a “aff l u e n t i ” d a l l e o r i g i n i m o l t o d i s t a nti, m a c h e s f o c i a n o n e l l o s t e s s o m are, q u e l l o d e l l o s t o n e r r o c k . J a r i R e be l e i n , n a t o i n Tu r i n g i a , h a u n p a s s ato d i a s c o l t i l e g a t i a l l a s c e n a h a r d co r e - p u n k ( D e a d K e n n e d y s , G o r illa B i s c u i t s ) , m e n t r e i l s u o c o l l ega p r o v i e n e d a s t u d i c l a s s i c i ( h a stu d i a t o l a f i s a r m o n i c a i n c o n s e r va t o r i o ) , s v o l t i n e l l a n a t ì a C h e m n itz, c i t t a d i n a d e l l a G e r m a n i a d e l l ’ est, c h i a m a t a K a r l - M a r x - S t a d t p r ima d e l l a c a d u t a d e l m u r o d i B e r l i no. P r o v e n i e n t i e n t r a m b i d a e s p e r i en z e c o n a l c u n e b a n d m e t a l ( R o deo Q u e e n, D e m e n t e d , R o e r h e d d s) i d u e s i s o n o i n c o n t r a t i p e r l a p r ima volta ad Amsterdam e l’incontro è s t a t o c o s ì i m p o r t a n t e p e r l o r o che h a n n o d e c i s o , q u a n d o c ’ è s t a t o bi s o g n o d i d a r e u n n o m e a l l a n u ova c r e a t u r a c h e s t a v a n a s c e n d o , di c h i a m a r l a D ÿ s e ( s i p r o n u n c i a d ooz e r ) i n o n o r e d e l l u o g o d e l l ’ i n c on t r o , i l D ÿ s e c a t m o t e l d e l l a c a p i tale olandese. A l d i l à d i q u e s t a r o m a n t i c a g e ne s i d e l d u o , c ’ è p o c o d i v e r a m en t e i n t e r e s s a n t e i n q u e s t o e s o rdio o m o n i m o , p u b b l i c a t o d a l l ’ e t i c h etta t e d e s c a E x i l e O n M a i n s t r e a m . Si r e s p i r a a n c o r a t r o p p a a r i a 9 0 s nei p o w e r c h o r d s e n e g l i s t o p - a n d -go c h e r i c o r d a n o m o l t o d a v i c i n o b and c o m e K y u s s e K o r n (D e r M a n Aus G o l d ) c o s ì c o m e i n c e r t a a g g r e ssi v i t à m e t a l a l l a H e l m e t , p i o n i e r i q ua s i i n v o l o n t a r i d i q u e l l o c h e s a r e bbe d i v e n t a t o l o s t o n e r ( l ’ i n i z i a l e Un d e r l a y d i s k ) . A c h i a m a s o ff e r m arsi s u i m m a g i n i s f o c a t e d i u n a s t a g i one m u s i c a l e n o n l o n t a n i s s i m a , m a del t u t t o t r a s c o r s a , p i u t t o s t o c h e c e r car e n e l l a m u s i c a n u o v i p u n t i d i v i sta, q u e s t ’ a l b u m n o n d i s p i a c e r à . Non d i s p i a c e r a n n o l e s o l u z i o n i r i p e t i tive e ipnotiche di Z w a r t e P i e t e n , n é l a struttura di p i e n i e v u o t i ( s u o n i e silenzi) che c a r a t t e r i z z a W o l k e o i l Motorhead-st y l e d i M o n s t e r m a n n . Per gli altri, p o s s i b i l m e n t e a v v e z z i al genere in q u e s t i o n e , n o n s e m brerà altro ch e u n e s e r c i z i o d i s t i l e . ( 6.1/10 ) Daniele Follero Elegi – Sistereis (Miasmah / Wide, 8 giugno 2007) Genere: acoustic doom Eine Sympho n i e d e s G r a u e n s o v vero A Simph o n y O f H o r r o r e r a i l sottotitolo de l p r i m o l e g g e n d a r i o Nosferatu di M u r n a u . A S i m p h o n y Of Horror è a n c h e u n a s o r t a d i s o t totitolo che To m m y J a n s e n , i n a r t e Elegi, ha dat o a l s u o p r i m o d i s c o . Sistereis è il p a r t o a r t i s t i c o d e l l ’ u l timo guerriero g o t i c o a r r u o l a t o d a Erik D. Svod k i n . C o n c e p i t o d o p o numerosi viag g i i n b a r c a , n e l p i e no delle temp e s t e m a r i n e , a l l a r g o dei fiordi del l a p e n i s o l a s c a n d i n a va, Sistereis è u n l a v o r o c h e s i f a suggestionare d a l m a r e e c h e c o n divide con l’u l t i m o d i s c o d i X e l a u n neppur tanto v a g o s e n t o r e d i a n goscia e fine i m m i n e n t e t r a i f l u t t i . Questione di v e n t i e o n d e i n t e m p e sta, legni scri c c h i o l a n t i , b a l u g i n i d i fantasmi e te t r e a r c h i t e t t u r e a t m osferiche. Eleg i è q u i p e r r i n f r e s c a r ci dalla calura e s t i v a c o n u n f r e d d o e raggelato al i t o d i m o r t e . C o m e d i cevamo non m o l t o t e m p o f a , l a s c e na del doom a c u s t i c o e o r c h e s t r a l e del Nord Euro p a è i n g r a n f e r m e n t o e trova propri o n e i D e a f C e n t e r e i n Svarte Greine r l e p i e t r e m i l i a r i i n torno a cui co s t r u i r e u n a s e q u e l a d i variazioni di re g i s t r o i n t r i g a n t i e p e r il momento m a i b a n a l i . D i s t r i b u i t e dall’etichetta stessa di Svodkin che è sempre più il mecenate e l’oscuro scrutatore di questo stil novo del gotico, le nuove pagine scure di Elegi vanno a ricongiungersi direttamente a quelle di Knive. E’ musica che fa della suggestione la sua principale ragion d’essere. Preme per allestire un mood piuttosto che una struttura. Un disco dove i vuoti hanno più importanza dei pieni e che vive del rapporto contiguo tra rumori spartani presi dall’ambiente (fruscii, scricchiolii, crepitii, ecc.) e le sparute note di piano e organo che cercano di salvare una vaga idea di armonia. Svarte Greiner in questo è ancora più radicale, ma anche più grezzo. Elegi riesce a far convivere meglio gli elementi ma non raggiunge il maestro nella costruzione di insieme. Stiamo comunque li e di tutti i seguaci di Svodkin, Elegi è di sicuro il principale indiziato per una resa a lungo termine, infatti ha già fatto sapere che Sistereis è soltanto il primo disco di una trilogia del doom di cui si aspettano a questo punto, con trepidante e rabbrividente attesa, i successivi capitoli. (7.0/10) Antonello Comunale Elvis Perkins – Ash Wednesday (XL / Self, 13 luglio 2007) Genere: folk, songwriting Nella recente ondata di songwriters, il trentenne Elvis Perkins è quello che può vantare la storia più incredibile. E triste. Figlio di Anthony – proprio lui, il Norman Bates di Psycho – e della fotografa Berry B e r en s o n , h a s o ff e r t o u n a v v i o d i carriera profondamente minato da pesanti tragedie familiari. Prima la scomparsa del padre nel 1992 per AIDS, poi quella della madre, i m b ar c a t a s i l a m a t t i n a d e l l ’ 11 s e t t e m b r e 2 0 0 1 s u l v o l o 11 d e l l ’ A m e r i can Airlines, quello che si schiantò s u l l a To r r e N o r d d e l Wo r l d Tr a d e C e n te r ; u n t r a u m a p r o f o n d o , c h e a s s um e i c o n n o t a t i d i u n d r a m m a privato e collettivo insieme. Ora, a s c ol t a n d o A s h We d n e s d a y – c o m posto in buona parte dopo l’evento e ovviamente dedicato alla memoria di Berry -, viene proprio da credere a quel vetusto luogo comune s e c on d o i l q u a l e i m i g l i o r i a u t o r i d i c a n z o n i , q u e l l i c h e r i e s c ono a par l a r e d r i t t o a l c u o r e d i c h i ascolta, s o n o a n c h e q u e l l i c h e h anno una s t o r i a v e r a a l l e s p a l l e , d e lle cicatri c i a d d o s s o , d e i d e m o n i d a domare. M a q u e s t o n o n b a s t a : p e r tramuta r e l ’ e l a b o r a z i o n e d i u n d olore – in q u e s t o c a s o u n l u t t o p e rsonale e nazionale - in s e n t i m e n to univer - s a l e , s e n z a i n c a p p a r e n e lle maglie d e l l a f a c i l e r e t o r i c a ( o , i n alterna tiva, d e l l ’ a u t o c o m m i s erazione), o c c o r r o n o a n i m a e t a l e n t o. Qualità c h e f a n n o g r a n d e u n s o ngwriter e d i c u i , p e r n o s t r a f o r t u n a, Perkins m o s t r a e s s e r e p r o v v i s t o : Ash Wed n e s d a y è , s e n z a t r o p p i giri di pa r o l e , u n o d e i d i s c h i f o l k più belli e s e n t i t i d i q u e s t i a n n i , d i quelli che n o n c a p i t a v a d i a s c o l t a r e da tempo. P e r l a v e s t e s o n o r a d e l i z i osamente r é t r o , a c c u r a t a e d e l e g a n te dei sin g o l i b r a n i , e l e v a t i a n c h e sopra gli s t a n d a r d d e l c a n t a u t o r a t o moderno ( a p a r t i r e d a D e v e n d r a , M Ward e B e n j y F e r r e e , c o n i q u ali comun q u e c o n d i v i d e l ’ a t t i t u d i n e ); merito, v a d e t t o , d i u n o s t u o l o d i collabora t o r i c h e c o m p r e n d e a n c h e il fratello O z – s e g u a c e d e l l e o r m e paterne a H o l l y w o o d - a l l a b a t t e ria. Per le m e l o d i e c u r a t e e p r o f o n de, e per l a l e g g e r e z z a c o n c u i s i insinuano s o t t o p e l l e , s e n z a v e n i r soffocate d a l d r a m m a d a c u i s c aturiscono (M a y D a y , E m i l e ’s Vi e t n am In The S k y, A l l T h e N i g h t Wi t h out Love ). P e r l i r i c h e c h e , t r a n a r r azioni ed accostamenti di i m m a g ini sacre e p r o f a n e , s i r i s o l v o n o spesso in p o e s i a ( d a l l e s e q u e n z e r omantiche d i W h i l e Yo u We r e S l e eping alla c o n c l u s i o n e l i t u r g i c a “ a l l this life is a s h w e d n e s d a y ” , c o n l a ricorrenza d e l m e r c o l e d ì d e l l e c e n e ri che di v e n t a m e t a f o r a u n i v e r s a l e di espia - sentireascoltare 49 zione e redenzione). Soprattutto, sua comparsa nell’album più rap- per come Elvis riesce a riempire presentativo della scena indipen- di contenuto – pesante, palpabile, d e n t e c a n a d e s e : Yo u F o r g o t I t I n vero - forme di per sé classiche People dei Broken Social Scene. e riconducibili alla memoria. Pren- Ciò di per sé rappresenterebbe già dete Moon Woman II: un esercizio una validissima prova di fiducia Dylan/Cohen, che potrebbe risol- aprioristica per avvicinarsi a Kni- versi in semplice mestiere; e inve- v e s D o n ’ t H a v e Yo u r B a c k . S e p o i ce rapisce, colpisce, disarma, con si aggiunge anche che Haines è la un semplice arrangiamento di archi fondatrice dei Metric, band lancia- in crescendo e alcune fantasmago- tissima nel panorama indie attuale, r i e T h o m Yo r k e ogni dubbio potrebbe esser fugato opportunamente allestite nella voce. E così funzio- totalmente. n a n o a n c h e E m i l e Vi e t n a m I n T h e Ma non lasciatevi ingannare: qui Sky, la title track, Sleep Sandwich, l’atmosfera Good Friday, da subito familia- Quelle sonorità rock tanto care ai ri nelle loro reminescenze (Neil gruppi succitati sono lontane anni Figurines - Skeleton (Strange Feeling / Audioglobe, 4 giugno 2007) Genere: pop/rock Yo u n g , Va n M o r r i s o n , M a r c B o l a n , luce. Le tredici canzoni (due delle C h i s s à q u a n t o e p e r q u a n t o i F i gu - il folk 70 ripreso da Destroyer, i quali presenti come bonus soltan- r i n e s r i n g r a z i e r a n n o i n c u o r l o ro i Low…) eppure personali ed empa- to per la versione europea) sono fenomenucoli tiche, perché fondate su una gram- tutte figlie di un’attitudine cantau- a v e r l i d e f i n i t i “ l a m i g l i o r b a n d in - matica sentimentale autentica. E’ toriale pianistica tanto malinconi- t e r n a z i o n a l e ” . F a t t o s t a c h e q ue - un imperscrutabile, ca quanto intimistica. I volumi non s t o S k e l e t o n, s e c o n d o l a v o r o p er il un trucco impossibile da rivelare, vengono mai alzati. La struttura di q u a r t e t t o d a n e s e , è d a v v e r o c a r i no, una magia fatta di piccoli, essen- ogni traccia è quella propria del- q u a t t o r d i c i t r a c c e c a p a c i d i s c o r az - ziali particolari (certe increspature la ballad: il piano segna il passo z a r e b r u s c h e e l u c c i c o s e t r a u mori delle corde vocali, certi tocchi di sul quale l’inserimento di chitarre post-garage, arrangiamento, tutti da scoprire di slide, archi e tamburi spazzolati g l e g g i a n t i e b a l l a t i n e l u n a r i , o v v ero ascolto in ascolto). Semplicemen- non serve ad altro se non ad argi- n e l b e l m e z z o d i q u e l c o a c e r v o di te, un disco prezioso. (7.7/10) nare un poco quel flusso doloroso s e g n i e m o d i c h e n o n e s i t i a m o un e nostalgico creato perfettamente i s t a n t e a d e f i n i r e i n d i e - p o p . Ben dalla voce della Haines. Addirit- Wa t t, e x c h i t a r r i s t a d e g l i E v e r y t h ing tura, in molti episodi si registra- B u t T h e G i r l , l i h a f o r t e m e n t e v o luti no passaggi quasi cinematografici n e l r o o s t e r d e l l a p r o p r i a e t i c h etta tanto è suggestiva e mai invadente S t r a n g e F e e l i n g , c o n i l c h e s i c hiu - la struttura musicale (Reading In d e i l c e r c h i o - s t r i n g a t o m a s i g nifi - Bed). Non a caso, infatti, i musi- cativo - delle referenze “nobili”. cisti accompagnatori, per l’occa- N o n r e s t a q u i n d i c h e c a l a r c i nel sione The Soft Skeleton, sono tut- d e t t a g l i o d i q u e s t e t r a c c e , p e r r ife - ti membri di band di tutto rispetto r i r e l a v e r v e a c i d u l a S t a n R i d g way (Sparklehorse e Stars su tutte). vitaminizzata Ma è la qualità vocale a far tocca- W o n d e r , l ’ i p o t e t i c a v i a d i m e z z o tra re al disco picchi emotivi altissimi, i P a v e m e n t p i ù t r e p i d i e l a q u asi- come avviene soprattutto in Doctor w a v e Vi o l e n t F e m m e s d i R i v a lry , Blind e Nothing & Nowhere. l ’ a s c i u t t e z z a f e b b r i l e d e i p r i m i Po- Emily Haines può rappresentare un l i c e i n W r o n g Wa y A l l T h e Way , ideale punto di contatto tra Feist, l ’ i n d o l e n z i m e n t o l u n a r e p i a n o - v oce Shannon Apple, - i M e r c u r y R e v v i a N e i l Yo u n g - di A Camp e Aimee Mann. Ma per R a c e Yo u , l ’ o n d e g g i a m e n t o a p r on - quanto riguarda le atmosfere cupe t a p r e s a B l u r/F r a n z F e r d i n a n d di e emergono A m b u s h , i l p r i m o D y l a n t r a s f i g u r ato dalle tredici tracce dell’album sia- F l a m i n g L i p s d i B a c k I n T h e Day , mo molto vicini ai Devics di Push e c c e t e r a e c c e t e r a . Ti r a n d o l e s om - T h e H e a r t . K n i v e s D o n ’ t H a v e Yo u r m e , t r a t t a s i d i u n a s i n t e s i d i s i n vol - Back è un disco di non facile e im- t a , a r g u t a , a t t u a l i z z a n t e e b e n p oco mediato ascolto, che necessità di n o s t a l g i c a , p e r q u a n t o i n z a c c h era - attenzione per esser apprezzato t a d i p a s s a t o . B e n e , q u i n d i . P erò, completamente. Notturno e inver- d a q u i a c o n s i d e r a r l i “ b e s t i n t e r na - nale oltremodo. (7.0/10) t i o n a l b a n d ” . . . ( 6 . 6 /1 0 ) incantesimo Antonio Puglia Emily Haines & The Soft Skeleton – K n i v e s D o n ’ t H a v e Yo u r B a c k (Grönland / Audioglobe, luglio 2007) Genere: indie-pop Già uscito negli Stati Uniti nel 2006, ecco che questo intenso e r a ff i n a t o e s o r d i o d e l l a c a n a d e s e Emily Haines trova la sua degna distribuzione anche nel vecchio continente. Per chi non conoscesse l’artista in questione ci basti dire che la sua splendida voce fece la 50 sentireascoltare lunari è del Wr i g h t , che tutto diversa. Fiona sovente Andrea Provinciali Kaiser Chiefs folk-rock Elf Power per j i n g l e j an - di The Stefano Solventi turn it on Death Ambient – Drunken Forest (Tzadik, giugno 2007) Genere: avant ambient Finalmente, d o p o s e i a n n i d i l a v o r a z i o n e e b e n o t t o d a l l a p u b b l i c a z i o ne del preced e n t e S y n a e s t h e s i a , i l t r i o I k u e M o r i / F r e d F i r t h / K a t o H i d e k i , partorisce l’a t t e s o t e r z o c a p i t o l o d e l l a s a g a D e a t h A m b i e n t . N e è v a l s a la pena di as p e t t a r e c o s ì t a n t o , p e r c h é D r u n k e n F o r e s t è i n a s s o l u t o i l miglior disco c h e c i s i p o t e s s e a t t e n d e r e d a l o r o , i n q u e s t o m o m e n t o . C h i non conosce l a m u s i c a d e i t r e e h a s o l o u n a v a g a i d e a d e l l o r o p e d i g r e e da solisti (in v e r o e c c e l l e n t e p e r t u t t i e t r e ) n o n d e v e l a s c i a r s i i n g a n n a r e dalla sigla. De a t h a m b i e n t v a i n t e s o , i n q u e s t ’ o c c a s i o n e , c o m e u n a c a t e goria molto va g a , l o n t a n i s s i m a d a l l e m a n i er e e d a g l i e ff e t t a c c i d i g e n e r e . Un equilibrio c o s t a n t e e m i s t e r i o s o s t a d i e t r o a l l e c o m p o s i z i o n i d i q u e s t o trio d’alta cla s s e , c h e p e r l ’ o c c a s i o n e d i v e n t a u n q u a r t e t t o c o n l ’ a g g i u n t a del batterista J i m P u g l i e s e . D r u n k e n F o r e s t è u n l a v o r o p e n s a t o f i n n e i minimi dettag l i e d i m i n i m i d e t t a g l i s i c o s t ru i s c e . L’ a r c h i t e t t u r a i n f o r m a l e d e l l e c o m p o s i z i o n i n o n s u o n a mai ec cessivamente i m p r o v v i s a t a e a l t e m p o s t e s s o l ’ e s t r e m a r i c e r c a t e z z a d e i s u o n i i r r e t i s c e l ’ a s c o l t a t o r e i n maniera subdola. Com e s e m p r e l a m u s i c a v i v e d i c o n t i n u e v a r i a z i o n i d i r e g i s t r o , s t r u m e n t i a c u s t i c i d i o g n i t i p o (ukulele, banjo, piatti e p e r c u s s i o n i , e c c . ) s i a m a l g a m a n o a l l a p e r f e z i o n e c o n i s u o n i d i g i t a l i e l e p a r t i t u r e s o n o f antasiose e mai due volt e i d e n t i c h e a s e s t e s s e . C o s t r u z i o n i e t e r e e e p p u r c o n c r e t e c h e o r a d i s e g n a n o p a r a d i s i a c i paesaggi new age, ora s i c h i u d o n o i n d i s t u r b a n t i h a b i t a t i s o l a z i o n i s t i , o r a i m m a g i n a n o m i s t e r i o s i s c e n a r i e s o t i c i . Un soun dscape creati v o , n e r v o s o , c o n c r e t o , i n c r e d i b i l m e n t e r i c e r c a t o e q u i n d i l o n t a n i s s i m o d a l l a n o i a a b i s s ale che di solito affligge i c i a r l a t a n i d e l s e t t o r e . D r u nk e n F o r e s t f o t o g r a f a l o s t a t o d e l l ’ a r t e d e i t r e e s i c a n d i d a ad essere considerato c o m e i l l o r o m i g l i o r l a v o r o d i s e m p r e . ( 7 . 5 / 1 0 ) Antonello Comunale s e n t i r e a s c o l t a r e 51 ds un alter ego ideale, impegnato in questa sede a restituire la cortesia spedendo dietro al tavolo del mixer e alle chitarre “aggiunte” Christian Alati dei Don Quibòl. (7.2/10) Fabrizio Zampighi Gabriel Sternberg – Endless Night (Canebagnato Records, 4 giugno 2007) Genere: folk Non c’è nulla di i n n o v a t i v o n e l l’esordio “adulto” di G a b r i e l S t e r n berg, a meno che n o n s i a t e g e n t e che pensa che la ch i t a r r a a c u s t i c a sia un’invenzione de g l i u l t i m i d i e c i anni. Nulla di rivoluz i o n a r i o , a m e n o che l a vostra perso n a l e i d e a d i r i voluzione in musica n o n c o n t e m p l i l’uso del pianoforte c l a s s i c o . N u l la di destabilizzante , a p a t t o c h e i l parlar d’amore non c o s t i t u i s c a p e r il vostro ego di masc h i o l a t i n o t u t t o d’un pezzo, una min a c c i a . E p p u r e . Eppu re questo Endl e s s N i g h t n o n lo schiodi dal lettore c d , t r a u n s i n ghiozzo malinconico e u n s o s p i r o pop ( Marzena ), uno s b u ff o i n s t i l e Chopin (Silent Day ) e u n o s c h i z z o carezzevole à la K i n g s O f C o n venience (Soon), a d i m o s t r a z i o n e che i l cuore, a volte , p u ò , l à d o v e l’ingegno e la tecni c a n o n r i e s c o no. Che poi vuol di r e c h e l ’ e s s e r e onesti, a volte, pag a , a n c h e q u a n do per farlo, si sac r i f i c a u n p o ’ d i originalità sull’altare d e l l a c a t a r s i , un po’ di ritmo a va n t a g g i o d e l l ’ i n tensità. E allora ben venga n o l e l e n t e z z e narcotiche d’organo d i P l e a s e D o n ’ t Leave Me , l’aroma M o j a v e 3 d i C l o se To Me, le oscillaz i o n i m i s u r a t e d i Willow Tree , se l’ob i e t t i v o è m e t t ere in musica e senza f i l t r i l e i n q u i e tudini di una vita. So p r a t t u t t o s e l a vita in questione è q u e l l a d i G a b r i e l Sternberg, vivace p o l i s t r u m e n t i s t a italo- tedesco dalla v o c e s o ff u s a e i modi cortesi, innam o r a t o d e i p a e saggi della Baviera m a d i c a s a a Milano. Un’esistenza c h e h a t r o v a t o nella cricca di Cane b a g n a t o R e c o r - 52 sentireascoltare Goem – Robbed (Smallvoices / Audioglobe, maggio 2007) Genere: microsuoni, minimal techno Gli olandesi Rael Meelkop, Peter D u i m e l i n k s e F r a n z d e Wa a r d ( q u e st’ultimo anche in Beequeen), oltre ad essere le menti del più noto progetto Kapotte Muzik, sono coinvolti da circa un decennio in un’interessante quanto curiosa avventura nel regno dei microsuoni e degli strumenti analogici. La nascita di Goem risale al 1996 ed è occasionata da un regalo fatto da Meelkop a d e Wa a r d : u n v e c c h i o d i s p o s i t i vo sanitario di seconda mano, lo S t u d e n t S t i m u l a t o r, u t i l i z z a t o o r i ginariamente per stimolare nervi ed articolazioni, e svelato nella inesplorata capacità di generare suono. Il disco che ne nasce, Stud Stim (Rastermusic, 1996) colpisce più per l’audacia della trovata teorica che per la musica che contiene – un coacervo di glitches e microfrequenze come in quegli anni se ne ascoltano a iosa. Le energie di Duim e l i n k s c on f l u i s c o n o n e l p r o g e t t o solo in un secondo momento, e da allora Goem, più che vero e proprio organico, diviene opera aperta: le esibizioni dal vivo si moltiplicano rapidamente, così come le collaborazioni con i nomi di punta della scena elettronica ed improvvisativa internazionale; i dischi, sempre più numerosi, e disseminati sulle più importanti etichette di genere, veic o l a n o s p es s o l e i n t u i z i o n i d i u n o solo dei tre titolari della sigla. C o s ì q u e s t o R o b b e d, p r i m o a l b u m a vedere la luce sull’italiana Smallvoices, è in realtà il disco solista di Rael Meelkop – come Atak (Atak, 2004) era invece realizzato dal solo d e Wa a r d , e d i n a t t e s a , i m m a g i n i a mo, del terzo capitolo della trilogia, ad opera dell’ultimo arrivato Duimelinks. Incentrato in prevalenza su un suono di natura digitale, Robbed è un tradizionale – e per certi versi scolastico – lavoro di minimal t e c h n o p e r a d d e t t i a i l a v o r i , o s t i co e a t r a t t i c e r v e l l o t i c o . S t i l i s t i c a m e nte i m p e c c a b i l e , c o n s t a d i o t t o c o m po s i z i o n i s e n z a t i t o l o p e r e n n e m e nte i n b i l i c o s u f r e q u e n z e i n s t a b i l i : che f r i z z a n o , s c o p p i e t t a n o e g r a t t a no; p e r i s c o n o c o n l a s t e s s a f a c i l i t à con c u i s o n o n a t e , v i v o n o d e l l a s t e ssa f r a g i l i t à c h e l e f a m o r i r e u n a t t i mo d o p o ; a ff a s c i n a n o , s t o r d i s c o n o ed i p n o t i z z a n o l ’ a s c o l t a t o r e d i s p osto a d a r m a r s i d e l l a p a z i e n z a d i c a lar s i p e r q u a s i c i n q u a n t a m i n u t i nel l e p r i m e p r o f o n d i t à d e l s o t t o s uo n o . (7 . 0 / 1 0 ) Vincenzo Santarcangelo G o o n M o o n - L i c k e r ’s L a s t L e g (Ipecac, 8 maggio 2007) Genere: psych/rock Q u e l l i d e l l a I p e c a c s a n n o i l f atto l o r o . C a s o m a i f o s s e r o p r o v v i s t i di u n m o t t o a z i e n d a l e , r e c i t e r e bbe p i ù o m e n o c o s ì : “ n o n s i p u b b l ica n u l l a c h e n o n a b b i a q u e l c e r t o gra d o d i f r e a k e r i a a r g u t a e c a z z oni s m o i m p l a c a b i l e ” . Q u e s t o L i c k er ’s L a s t L a g , s e c o n d o o p u s p e r i G oon M o o n , r i s p o n d e i n t o t o a c o t a l i re q u i s i t i ( a p a r t i r e d a l t i t o l o ) . I l trio c o m p o s t o d a J e o r d i e W h i t e ( già bassista per Marilyn Manson e N i n e I n c h N a i l s) , d a l c h i t a r r i s t a e c a n t a n t e C h r i s G o s s ( d e i M a s t ers O f R e a l i t y) e d a Z a c h H i l l ( b a tter i s t a d e g l i H e l l a ) , m e t t e a s e gno u n a p s i c h e d e l i a c o m p o s i t a e ra d i o s a , b i z z a r r a e s f e r z a n t e . Con q u e l l ’ a r i a u n p o ’ c o s ì , d a c a z z oni d e s e r t i c i , d a c o s t o l a i m p a z z i t a dei Queens Of The Stone Age (non a c a s o t r a i g u e s t c ’ è J o s h H o m m e, e n o n a c a s o G o s s h a p r o d o t t o l ’ul t i m o Q O T S A ) . E q u e l l a s m a n i a da r i c i c l a t o r i i n t e l l e t t u a l o i d i d i i s t a nze p s y c h d i s p a r a t e , t i p o l e m a l i e B eta B a n d t r a f a u c i p u n k d i Ti p To e , o il trip acid-bo o g i e à l a Z Z To p i n overdose ben z e d r i n i c a d i B a l l o o n ? , o ancora la ro b o b a l l a d d e s e r t i c a d i An Autumn Th a t C a m e To o S o o n . C’è il sospett o c h e s i t r a t t i d i u n a sequela di po s e , u n g i o c h i n o s f i z i o so e un po’ ( u n b e l p o ’ ) b e ff a r d o , il fiorellino c a r n i v o r o d a m e t t e r e all’occhiello. P e r ò , i n d u b b i a m e n te, questi tre s c i a g u r a t i c i s a n n o fare, sanno c o m e f a r c i d i v e r t i r e . Sforbiciando b r u m e e r r e b ì c o m e dEUS foschi e s v a m p i t e l l i ( H a r c o re Q3 ), ipot i z z a n d o g i o i e l l i p o p wave tra la 1 9 7 9 d e i P u m p k i n s e d il Jimi O’Rou r k e d i I n s i g n i f i c a n c e ( Lay Down ), s p e d e n d o i c r o m a t i smi psych de i p r i m i B e e G e e s t r a foschie enian e ( l a c o v e r d i E v e r y Christian Lio n H e a r t e d M a n Wi l l Show You ), o p p u r e s t r a p a z z a n d o una macchiet t a c o u n t r y t r a r o m b i industrial, sq u a r c i s t o n e r, v a p o ri noise e go l i a r d i a M o n t y P y t h o n (l’allucinata T h e G o l d e n B a l l ) . D i tutto ciò la lu n a r e B u i l t I n A B o t t l e è il necessari o s u g g e l l o , c o l p i a n o strascicato e d i l v o c o d e r b a v o s o , l’immancabile f a n t a s m a c h e c o v a i n ogni burla che s i r i s p e t t i . ( 6 . 7 /1 0 ) Stefano Solventi G o s s i p – S t a n d i n g I n T h e Wa y Of Control (Backyard / Self, 22 giugno 2007) Genere: dance-punk Uscito l’anno s c o r s o n e g l i S t a t e s via Kill Rock S t a r s , S t a n d i n g I n The Way Of C o n t r o l è f i n a l m e n t e edito anche n e i n o s t r i t e r r i t o r i . E a l lora eccoci al t e r z o c a p i t o l o d i u n a saga che è d i v e n t a t a s e m p r e p i ù ballabile di a l b o i n a l b o g r a z i e a d una decisa s p i n t a d i s c o - f u n k c o n piglio punk e s f e r r a g l i a n t e r a b b i a da “gioventù c o n t r o ” . “ La nostra mi s s i o n e è d i f a r v i b a l lare: se non a v e t e i n t e n z i o n e d i scatenarvi, a l l o r a r e s t a t e a c a s a ad ascoltare q u a l c h e v e c c h i o b r a n o alla radio ”, qu e s t o d i c o n o e q u e s t o fanno. Il trittico inizi a l e p r o p o s t o d a l t r i o americano, ca p i t a n a t o d a l l ’ i n d i a v o lata e trascina n t e B e t h D i t t o , è p u r a energia disco - p u n k : F i r e Wi t h F i r e gioca con un f u n k - p o s t p u n k c h e ti prende al c o l l o e a l l e g a m b e , l a title track è u n v e r o t o c c a s a n a d a dancefloor, a p i c e a z z e c c a t i s s i m o r i e p i s o d i Ye a h Ye a h Ye a h s e d i l f e m m i n i s m o p u n k d e l l e B i k i n i K i l l, ponendo il loro personale marchio nella speranza che non vada rovinandosi da solo nell’arco di poco tempo. Ma per adesso, tutto funziona e più che bene. (7.0/10) Alessandro Grassi Groove Armada – Soundboy R o c k ( B M G / S o n y, g i u g n o 2007) Genere: electro balearic glitch soul A p ar t e q u a l c h e s i n g o l o b u c a o r e c chi, l’armata del groove non mi a v e va m a i t o c c a t o . L e u l t i m e c o s e poi non le avevo nemmeno prese in c o n si d e r a z i o n e , o s c u r a t o d a l l o s n o bismo del downloading selvaggio e dall’ascolto inevitabilmente fugace. Invece qui scoppia il botto, il colpo pre-summer che l’anno scorso a v e va n o s c a g l i a t o i m a t t a t o r i p o s t Ibiza X-Press 2: la stessa sensazione magica che sale ascolto dopo a s c ol t o , t r a c c i a d o p o t r a c c i a . L’ u l t i ma fatica che ascolto ininterrottamente da giorni è il riscatto, il gesto che sorpassa la stasi compositiva. Un disco che va giù diretto come un mojito perlinato e rinfrescante, un sorso rinfrescante prima delle serate danzanti in riva al mare, un tonico post-Furtado (Get Down), qualche puntatina electropunk che guarda a quegli anni ‘90 così felici e m e l o d i c i ( i c o r i d i T h e T h i n g s We Could Share), le svisate breakdance di Save Our Soul, lo scoglio della maturità che combina alla perfezione ritmo e melodia, come nei migliori Chemical Brothers. Ma la forza dell’album non sta solo n e l l ’ e c c e l l e n z a d e l l a p r oduzione: è l ’ e t e r o g e n e i t à g r o o v y c he brucia i c o n c o r r e n t i . A s c o l t a t e il nu-soul p o s t - D a r k e l d i W h a t ’s Yo ur Version o il singolo t e c h n o - b a learic-hop T h e G i r l s S a y, l o s p l e n dido glitch v o c o d e r p o s t - d u b d i L i g h tsonic e il r e g g a e s u p e r c l a s s i c o d e l la traccia c h e n o n a c a s o d à i l t i t o l o all’album ( i n n o d u b - r o c k s t e a d y d a lacrime), i r i ff i n c a s s a d r i t t a d i Drop That T h i n g , i l s o g n o s p a c e y d i From The R o o f t o p s e ( a d d i r i t t u r a ! ) l’electro f u n k y d i S e e W h a t Yo u G et. U n m i s c u g l i o c h e r i a p r e i l dibattito/ c o n f r o n t o c o n l e r a d i c i g iamaicane e b l a c k d i t u t t a l a m u s i ca dance. L a s u m m a e l e c t r o c h e mancava, i n q u e s t o 2 0 0 7 d o m i n a t o dal soul. L’ o p e r a z i o n e i n c u i a v e v a eccelso l a T h i e v e r y C o r p o r a t i o n qui parte d a c o o r d i n a t e d i v e r s e , d a suoni po s i t i v i c h e r i v a l u t a n o a n c o r a una vol t a l a s c e n a b a l e a r i c a , o per meglio d i r e i s o l a n a . U n a c o n n e ssione tra c o o r d i n a t e m u s i c a l i a g l i antipodi, u n i t e d a l r i t m o e d a u n a passione s c o n f i n a t a p e r i l m e t i c c i a t o. Oltre la d i v i s o n e m a n i c h e a d i b l ack e whi t e . L o y i n e l o y a n g d e l l ’ estate che ( p e r f o r t u n a ) n o n s t a a n c ora finen d o . (7 . 4 / 1 0 ) Marco Braggion Guillamino – Atzavara (Third Ear / Wide, 29 giugno 2007) Genere: electropop / downbeat G u i l l a m i n o è P a u G u i l l a met, mul t i s t r u m e n t i s t a d i B a r c e l l ona. Dopo a v e r p u b b l i c a t o d u e d i s c hi per una p i c c o l a l a b e l s p a g n o l a è stato no t a t o d a l l a c e l e b e r r i m a Third Ear c h e n e s t a m p a o r a u n a s umma per i l m e r c a t o i n t e r n a z i o n a l e . Il nostro f r a m m e n t a i n 1 8 t r a c c e u n pot-pour r i d i s o n o r i t à c a l i e n t i , f u mosità jaz z y, d o w n b e a t f i g l i d e i ’ 9 0 e di Bri s t o l , d u b b e t t o n i n e r i e molto soul. L a p r i m a p a r t e d e l d i s c o vira verso p i c c o l e s i n c o p i j a z z , p e zzi come 3 a o I S e e L o v e f a n n o i l verso ad u n p i a n o b a r d i N e w O r l e ans, Ane s t e s i a , P o o r G i a n t e D u btes sono t r e d u b c o r p o s i e d o l e n t i, Echoes è p u r o s o u l b e a t v i b r a n t e e Kalim b e a t s è u n g i o c h i n o p e r samples e c o m p u t e r. A l t r o v e c i a vviciniamo a l l e s o n o r i t à d i u n M a t t h e w Herbert n e i s a m p l e s c i r c o l a r i d i C astanyada s e n t i r e a s c o l t a r e 53 e il fumo, quello bu o n o , d i B r i s t o l metà ’90 non è mai s t a t o c o s ì v i c i n o come nel raffermo c o n t r a b b a s s o e nei loop di Ull De Ll e b r e . C h i u d e i l tutto una deliziosa S e x y D a z e f r agrante nel suo ince d e r e l e g g i a d r o grazie ad una chitar r a s p a g n o l a e a una voce molto Groo v e A r m a d a . Se proprio voglia m o e v i d e n z i a re una pecca di que s t a r a c c o l t a è il fatto che nonosta n t e l a m a t e r i a trattata non sia ma i c o s ì d i s t a n te nel suo dipana r s i , s i a v v e r t e spesso il rischio d i r i d o n d a n z a e di ripetitività nelle tr a m e e s p o s t e e questo porta gli asc o l t i a n o n f l u i r e completamente e il p e r i c o l o d e l l o “skippaggio” è più c h e o c c a s i o n a le… Ad ogni modo, p u r n o n e s s e n do la cosa più origin a l e p r o p o s t a i n materia ultimamente ( m o l t o m e g l i o l’ultimo Herbert, ta n t o p e r d i r n e una…) Atzavara si l a s c i a a s c o l t a r e abbastanza piacevo l e m e n t e d i v e n tando una perfetta c o l o n n a s o n o r a per imbastire una gl o r i o s a i n s a l a t a di ris o o un qualsivo g l i a c i b o e s t i v o in infradito e pareo… ( 6 . 0 / 1 0 ) Alessandro Grassi Daniel A.I.U. Higgs – Atomic Y g g d r a s i l Ta r o t ( T h r i l l J o c k e y / W i d e , 11 g i u g n o 2 0 0 7 ) Genere: noise cosmicoorientale/guitar solo La “cosa” di Daniel A . I . U . H i g g s i n titola ta Atomic Ygg d r a s i l Ta r o t è un oggetto strano (in e d i z i o n e l i m i tata di 4000 copie, p e r i l c d , d i 9 0 0 per il vinile): un pa c k a g i n g r i g i d o con fuori simboli p s e u d o - p a t a f i s i ci, dentro (oltre al c d ) r i p r o d u z i o n i di quadri in stile su r r e a l i s t a - a n c e strale, dipinti dall’a u t o r e , a c c o m pagnati da “poesie e n i g m i s t i c h e ” fatte sviluppando u n a p a r o l a a l l a volta come acronimo ( d a A . B . Y. S . S . a L.I.G.H.T.). Più d i ff i c i l e s c r i v e rne che leggerne. Qu a l c h e c u r i o s i t à monta, per capire i n c h e m o d o s i potre bbe orchestrar e u n c o r r e l a t i vo musicale a tanto a v a n g u a r d i s m o novecentesco. Que l c o r r e l a t i v o è un po’ millenarista, u n p o ’ p a t e t i c o , un po’ mistico, un p o ’ s t r u g g e n t e . La m usica è sporch i s s i m a , p s i c h e delica, quasi unicam e n t e p e r s o l a chitarra distorta e u l t r a l o - f i . L e a r monie si situano a m e t à t r a l a c o mposizione indiana – g i à a p a r t i r e 54 sentireascoltare da Luminous Carcass Ornament – , l a “ v a n gu a r d i a ” ( S p e c t r a l H u e s ) e la ricerca intimista delle scale blu. Che bella scoperta, direte, dopo generazioni di freak indiofili blues e inneggianti alla purezza del suono orientale. Converrete certo che è mica facile improvvisarsi in questi frangenti dopo John Fahey – citandolo sia nei suoi inizi che negli sviluppi mistici (Cocoon On The Cross). Bene. Ma la novità è la s p o r c i z i a de l s u o n o ; e c o m u n q u e q u e s t a è r ob a c h e d i ff i c i l m e n t e p u ò essere giudicata con la categoria vecchio/nuovo. Si potrebbe perdonare questa persona per una sua presunta ingenuità. Ma Daniel Higgs è il cantante d e i L u n g f i s h, p i ù c h e v e n t e n n a le formazione post-hardcore (dischordiana), e nasce come poeta. I L u n g f i s h a ff r o n t a n o i l d i s c o r s o orientale da dieci anni ormai. Nessuna ingenuità. Ma io premierei comunque Daniel, per due cose. La p r i m a è c he n a s c e c o m e p o e t a , e qui non ha la pretesa di usare parole, almeno nella parte musicale. La seconda è che sembra rendersi conto del nostro giudizio frettoloso, e c i o n o n o st a n t e n o n u s a n e s s u n a t e c n i c a r e to r i c a p e r d i f e n d e r s i . E a l l o r a (7 . 0 / 1 0 ) . Gaspare Caliri e s s e n z i a l e e a r c h i t e t t o n i c o d ella p a r o l a ) e u n a m b i e n t l e g g e r m e nte h o r r o r i f i c o , u n a v a r i a n t e - d i c i a mo - a t t u a l e ( D o o m F o l k , Ty p e R e cor d s ) d e l l e r i c e r c h e d i M i c k H a rris ( L u l l) e c o m p a g n i a a s s o r t i t a . P en s a t e a i B l a c k Ta p e F o r A B l u e Girl - p e r c h i l i r i c o r d a - m o l t o r a r e f atti e s o l t a n t o s t r u m e n t a l i , o s s i a p i ane n o n t r o p p o d i s s i m i l i d a q u e l l e fre q u e n t a t e d a l l a G u d n a d o t t i r n e l pro g e t t o A n g e l, d o v e è c o i n v o l t o p ure I l p o V ä i s ä n e n ( Tr a n s m e d i a l e , Oral 2 0 0 6 ) , o p p u r e n e l l ’ u l t i m o P a n So n i c d o v e l a v i o l o n c e l l i s t a c o m p are in un paio di tracce. È g e n t e p r e p a r a t a q u e s t a , m a i di f e t t i n o n m a n c a n o : a f r o n t e d i una b e l l a H o w To C a t c h T h e R i g h t T h ou g h t - d o v e l ’ a m b i e n c e e c c l e s iale si fa più compatta, e l’immagine è q u e l l a d i u n a c h i e s a d a l l e v o l t e pro - H i l d u r G u d n a d o t t i r, B J N i l s e n And Stilluppsteypa - Second Childhood (Quecksilber / Wide, 15 giugno 2007) Genere: ambient, gothic I t ’s A b o u t Th e S i z e O f A H o u s e ( c h e conta 18 minuti) è un inquieto - e greve - sfrigolino di corde di violoncello tenuto per circa sei minuti. Lo stacco è brusco, come lo “Stop” premuto sul registratore. Segue una litania abbandonata da scuola i s o l a z i o n i s ta ( p r e e ) p o s t r o c k . C ’ è della micro elettronica a sprazzi (sottoforma di consueti fruscii) e qualche nota appesa alla elettrica, una pianola appena accarezzata e nulla più. Facile. Seppur nell’alveo cameristico dell’operazione, il territorio bazzicato dai tre è quello delle derive elettro-acustiche d’iniz i o N o v a n t a , d i ff e r e n t e m e n t e p e r ò S e c o n d C hi l d h o o d i n d a g a i c o n f i n i tra certa gotica (nel significato più t e s e a l c i e l o , g l i s p a z i s p o g l i e un s e n s o d i c o n f o r t o - , n e g l i i n i z i a l i 28 m i n u t i i l t r i o s i p e r d e n e l l a r i c e rca d i u n c l i m a x e a l t r o v e n o n c ’ è m olto o l t r e i l c i t a z i o n i s m o c o s m i c - k r a utot a n g e r i n e ( T h e D i r e c t i o n Wa s F o ggy O r C l o u d y ) , l o o p d i s c o r i e t r a n s i stor ( I H a v e S e e n S i m i l a r S t o n e s ) o un c l a s s i c o a m b i e n t à l a P a n A m e r i can v e r s o i l f i n a l e ( A r r i v a l ) . S e i p o l i t i co. (6.0/10) Edoardo Bridda Inserire Floppino – Inserire floppino suona inserire floppino ( Ta f u z z y, 2 0 0 7 ) Genere: ambient-elettronica Con un nome come “Inserire Floppino” ci una si poteva aspettare produzione soltanto sperimentale a bassissima fedeltà. In questo senso, non si rimane delusi ascoltando il turn it on E x - O t a g o – Ta n t i S a l u t i ( R i o t m a k e r / W a r n e r, 1 g i u g n o 2 0 0 7 ) Genere: perfect pop Come un ragg i o d i s o l e a r r i v a t o a s q u a r c i a r e i l t e t r o c i e l o r i c o l m o d i n u v o l e di questa tard a p r i m a v e r a , e c c o a r r i v a r e l ’ a n n u n c i a t o , m a n o n a n c o r a a t teso, nuovo a l b u m d e i g e n o v e s i E x - O t a g o c h e s i m a t e r i a l i z z a v e n t i g i o r n i prima dell’iniz i o d e l l ’ e s t a t e . P o t r e b b e s e m b r a r e u n a c a s u a l i t à , m a i n r e a l t à non lo è. L’arcobaleno p o p m e s s o i n p i e d i d a q u e s t i q u a t t r o ( e x ) r a g a z z i è , i n f a t t i , quanto di più s t u p e n d a m e n t e l u d i c o s i a a r r i v a t o s u i n o s t r i l e t t o r i d a t e m p o immemore, rin f r e s c a n t e c o m e u n a g r a t t a c h e c c a a l l ’ a r a n c i o i n u n t o r r i d o pomeriggio ro m a n o o , s e p r e f e r i t e , c o m e u n g e l a t o a l p i s t a c c h i o l e c c a t o sulla panchina d e l p a r c o d i e t r o c a s a . U n t r i p u d i o d i p o p c o n l a P m a i u s c o la, come poch e v o l t e è s t a t o d a q u e s t e p a r t i e d i l f a t t o c h e p e r l a m a g g i o r parte del temp o c a n t i n o i n i n g l e s e è s o l t a n t o u n a b a n a l e c o i n c i d e n z a . Una chitarra a c u s t i c a , u n a b a t t e r i a e q u a l c h e t e s t i e r a i l l o r o a r m a m e n t a r i o , n o n n a L u i s a , i l c a n e S a s h a, Sandro Pertini, Amato i l f r u t t i v e n d o l o , i l f a n t o m a t i c o M i r i n z i n i g l i e r o i e d i p r o t a g o n i s t i d e l l o r o p i c c o l o m o n d o ( quasi) per fetto, dove pu ò c a p i t a r e d i i n c o n t r a r e g l i A u s t i n L a c e c o n u n s o r r i s o a n c o r a p i ù g r a n d e d i q u e l l o c h e s olitamente sfoggiano ( Lu i s a , C o o k i n g O v a t i o n , P e r t i n i I s A G e n i u s , M i r i n i z i n i I s N o t F a m o u s ) , s t r u m e n t a l i s u l l o s t i l e del primo Ben Watt soli s t a (B a r C e n t r a l e ) , i m p r o b a b i li s k i t r a p ( S e n t i c o m e p o m p a ) , d e l i r a n t i g i o c h i s u l l e s s i c o i t a lo/inglese poggiati su pi m p a n t i b a s i d i t a s t i e r e g i o c a t t o l o ( A m a t o T h e G r e e n g r o c e r ) , n u o v i “ g i o r n i v a c a n z i e r i ” ( Robilante ), geniali pop so n g i n t r e c c i a t e a v a l z e r e c a n t i d i m o n t a g n a ( Wa i t i n g F o r T h e S t a r s) e d a n c h e i l b r a n o che avete sempre sogna t o p e r a b b a n d o n a r s i t r a l e b r a c c i a d i q u a l c u n a l t r o ( G o i n g To P a n a m a ) . P o i c ’ è C h e t e m po faceva , semplicement e l a m i g l i o r e c a n z o n e i t a l i a n a d e l l ’ a n n o . Un disco, Tan t i S a l u t i, c o n i l q u a l e s i p o t r e b b e ( s i d o v r e b b e ? ) v i n c e r e q u a l s i a s i F e s t i v a l b a r o p p u r e i n tasare de finitivamente l e f r e q u e n z e d i r a d i o D J , m a s a p e t e c o m e m e c h e q u e s t o n o n s a r à m a i p o s s i b i l e e d a l l ora rimane una sola cosa d a f a r e : m e t t e r e l a v o s t r a c o p i a i n m a c c h i n a e p o m p a r l a a l m a s s i m o c o n i f i n e s t r i n i e l a cappotta tirati giù. Se q u a l c u n o s i a v v i c i n e r à d a n d ov i d e l “ t e r r o n e ” o p p u r e i n t i m a n d o v i d i a b b a s s a r e i l v o l u m e giratevi e mostrategli il v o s t r o s o r r i s o p i ù e b e t e , c h i s s à , p o t r e b b e a n c h e c a p i r e . ( 8 . 0 / 1 0 ) Stefano Renzi s e n t i r e a s c o l t a r e 55 disco in questione, dal momento che il titolare del progetto – Psico, un quinto dei Mr Brace – mostra con orgoglio la sua voglia di fare musica affidandosi ad elettronica minimale, variazioni ambient, stratagemmi sonori da laptop (o forse sarebbe meglio dire da scrivania). Un’attitudine decisamente handmade che non perde tempo in convenevoli, deliziandoci invece con campionamenti fantasiosi – l’Albert Ayler saturo di distorsioni in Fantasma e richiamato in sottofondo a Airbert -, genuine riflessioni in forma di testo recitato – Conoscenti appena e Il più grande del mondo -, suoni rubati a qualche Amiga 500 dimenticato in soffitta – Ultrabit , registrazioni on the road – gli uccelli che abitano i sei minuti di Buvola – e tastierine sparse. Il tutto foraggiato da una “cosciente casualità” nell’associazione dei suoni e una filosofia di scrittura ostaggio del momento, capaci entrambe di garantire a chi ascolta trentacinque minuti ben sopra la soglia della noia.(6.5/10) dotto e non dimentico di tensione e nerbo e energie e soprattutto una o c r e s c e n d i i n p a t h o s c h e n o n co m u n i c a n o t e n s i o n e e s t r u g g i m e nto c o m e d o v r e b b e r o . Ti l a s c i a u n s en s o d i v u o t o O u r L o v e To A d mire e n o n p e r c h é v i s i a n o p e c c h e di p r o d u z i o n e , a n z i , l a t r a c k l i s t s u ona q u e l “ b e n e ” t a n t o d a n o n s c u o t ere i n e r v i s e n z a c h e l e c o l p e r i c a da n o s u l c o - p r o d u t t o r e R i c h C o s tey ( M u s e e F r a n z F e r d i n a n d ) . I l pro b l e m a è d i c o n t e n u t o . I l c l a s s ico principio della fine. (5.5/10) buona dose d’autorialità. Su que- Edoardo Bridda belle maniere. Anzi, bella scrittura perché se c’era una caratteristica unificante (di pubblico e critica) era proprio la capacità dei ragazzi di scrivere strofe e ritornelli, d’unire alterità e rabbia dolce in faccende di pochi accordi. Il sequel scontava la mancanza di crudezza e l’addio a certe pose propriamente filo divisioniane, tuttavia era fatto di sto tasto i ragazzi precipitano con O u r L o v e To A d m i r e , c a d o n o n o n senza aver cercato (i sentiti versi Fabrizio Zampighi I n t e r p o l - O u r L o v e To A d m i r e (Capitol / EMI, 10 luglio 2007) Genere: wave, rock Segn i di un’opposiz i o n e n o t t u r n a : braccialetto in pelle , c a m i c i a c r a vatta bianco/nera, ri g a d i l a t o , w a v e pop anni Ottanta in g r a n s p o l v e r o . Abitu dini: andare a c o m p r a r s i i l l a t te al Seven Eleven. F u m a r e u n a s i garetta sul balcone a t a r d a n o t t e . Estetica e stile di v i t a e Tu r n O n The Bright Lights d i c u i t u t t i s a n no, l’album che poc o d o p o I s T h i s It accese i riflettori s u l l e t e n d e n z e tese e angolari de i D u e m i l a . U n mix d’anticaglie dar k c r e d i b i l e . U n disco che aveva ste s o t u t t i ( e m o l to pi ù dell’esordio d e g l i S t o k e s ) . Il prodromo di un a g e n e r a z i o n e che voleva dimentic a r s i i N o v a n t a scazzo e edonismo i n t e s t a . Q u e l l a che uno spazio per l ’ o s c u r i t à l ’ h a trovato naturalment e c o n u n m i n i mo di ribellione rom a n t i c a . E s o n o passati sette anni, a n z i f a c c i a m o che i Duemila sono p e r t r e q u a r t i trascorsi e la storia è p r a t i c a m e n t e scritta. Antics (semp r e s u M a t a d o r ) ne er a il seguito mag g i o r m e n t e p r o - 56 s e n t i r e a s c o l t a r e i n i z i a l i d i P i o n e e r To T h e F a l l s , l e impressioni di un triangolo amoroso in No I In Threesome, il ritratt o P a c e I s T h e Tr i c k ) , m a c a d o n o , canzone dopo canzone, tarpati da una ricerca coraggiosa risoltasi in un freno a mano tirato, rifugiati in laboratorio come scienziati del proprio ardore. Così The Heinrich Maneuver (aut o m a t i c a e s e n z a h o o k e ff i c a c e ) morde la metà di una Slow Hands, Mammoth e All Fired Up rivedono l’alternanza (veloce/tranchant - piano/relapse) dell’esordio in un nulla di fatto emotivo stilistico e The Scale, senza girarci troppo attorno, è un episodio brutto come non mai visto nelle trascorse tracklist. Non buttiamo tutto, ci piace Rest M y C h e m i st r y l a t r a c c i a m i g l i o r e e l a p i ù N Y s t y l e , u n b r a n o e ff i c a c e che sa di qualcosa perché pregno di quella leggerezza che ci sarebbe dovuta stare. Invece la strada prediletta è spesso opposta, con i quattro impegnati a inficiare gli att a c c h i (N o I I n T h r e e s o m e, P a c e I s T h e Tr i c k) c o n p r a t i c h e c o m p l i c a t e I v a n V i c a r i A f r o J a z z Tr i o – Colpo di coda (Club Records, 2007) Genere: jazz N o n è l ’ A f r i c a o m a g g i a t a d a We Ins i s t ! F r e e d o m N o w S u i t e d i Max R o a c h q u e l l a c h e e s c e d a i s e t t an t a m i n u t i d i q u e s t o C o l p o d i C o da. N o n l o è p e r l e t e m a t i c h e d i f o n do, l à i s p i r a t e d a u n f o r t e s e n t i m e nto p o l i t i c o o l t r e c h e e s t e t i c o e q u i ca r a t t e r i z z a t e d a u n a c o m p e n e t r a zio n e e s c l u s i v a m e n t e f o r m a l e ; n o n lo è p e r l e s c e l t e s t r u m e n t a l i , d a l mo m e n t o c h e a f a r l a d a p a d r o n e n elle o t t o t r a c c e d e l l ’ o p e r a i n q u e s t i one è l ’ H a m m o n d d i I v a n Vi c a r i e n o n la v o c e m e l o d i o s a d i A b b e y L i n c o l n. P o c o m a l e , d a l m o m e n t o c h e si t r a t t a c o m u n q u e d i u n b e l s e n t ire. S o p r a t t u t t o s e c h i a s c o l t a è u n e sti m a t o r e d e l l a t r a d i z i o n a l e v e r s ati l i t à d e l l ’ o r g a n o “ p e r e c c e l l e n za”, g a r a n t i t a i n q u e s t a s e d e d a g l i ac c e n t i f u n k e l e p a r e n t e s i b l u e s , le s c i c c h e r i e e a s y l i s t e n i n g e l e c olo r i t u r e e t n i c o - j a z z c o n c u i d i v o l t a in v o l t a Vi c a r i v e s t e i l s u o s t r u m e nto. M o v i m e n t i d a l m o o d d i ff e r e n t e ma u g u a l m e n t e f a s c i n o s i , c h e n o n di m e n t i c a n o d i c o n c e d e r e a m p i s pazi a l l ’ i n v e n t i v a d e l l e a l t r i p a r t i i n c au s a . N e l l o s p e c i f i c o , i l s a x e l e g a nte d i G e n z o O k a b e , d i v i s o t r a a mori g i o v a n i l i h a r d - b o p e p r o g r e s s i oni i m p o s t a t e , m a s o p r a t t u t t o l e per c u s s i o n i d i K a r l P o t t e r, u n o che l ’ O l a t u n j i r e s p o n s a b i l e d e l l ’ i m p i an t o r i t m i c o d e l d i s c o d i c u i s i d i ce v a i n a p e r t u r a , d o v e v a a v e r l o b ene i n m e n t e q u a n d o h a i n c i s o l e otto tracce di Colpo di coda. Tr a v e n t i l a t i n i e b o s s a n o v a , s uo n i i p n o t i c i e t a p p e t i d i c o n g a s , ci s i i m b a t t e i n r i l e t t u r e d i C h a rlie P a r k e r – B i l l i e ’s B o u n c e - , o m aggi a Pat Methen y – S o n g F o r B i l b a o -, strumentali d i G e o r g e B e n s o n e Wes Montgom e r y – M i m o s a e R o a d Song – oltre c h e i n b r a n i a u t o g r a f i . Arrivando a fin e p r o g r a m m a c o n u n solo pensiero n e l l a t e s t a : s c h i a c ciare play e r i c o m i n c i a r e t u t t o d a capo. ( 7.3 /10 ) Fabrizio Zampighi J a n d e k – M a n h a t t a n Tu e s d a y (Corwood Industries, giugno 2007) Genere: avant Oggettivamen t e , n o n s i p u ò p r e tendere da u n a p e r s o n a n o r m a le che passa p e r c a s o d i q u i , c h e sia informata s u i f a t t i e c h e s a p pia tutta la st o r i a c h e c ’ è d i e t r o a Jandek, la Co r w o o d I n d u s t r i e s , l e copertine, i d i s c h i , l e v a r i e f a s i e ora anche i l i v e . Tr a l ’ a l t r o è a n che estate, fa c a l d o e d i c a s i c l i n i c i non si avverte c e r t o i l b i s o g n o . M a se uno non si i n f o r m a , s i a p u r e p e r sommi capi, s u c o s a h a c o m b i n a to Jandek da v e n t i a n n i a q u e s t a parte, probab i l m e n t e n o n r i e s c e a capire perché o g n i v o l t a c h e f a u n concerto si m o b i l i t a l a c r e m e d e l a creme dell’av a n t i n t e l l i g h e n z i a . D i Richard Youn g s e A l e x N e i l s o n, praticamente l a b a c k i n g b a n d d i Jandek per i c o n c e r t i a n g l o s a s s o n i , si è già detto . G r a n d e f o r m a z i o n e , grandissima p r i m a a p p a r i z i o n e l i v e in quel di Gla s g o w. Tu t t o a s o r p r e sa. Fan a boc c a a p e r t a . D a a l l o r a i l rappresentant e d e l l a C o r w o o d n o n si è fermato p i ù , è d i v e n t a t o u n o showman, ovv i a m e n t e a l l a s u a m a niera, e i suo i c o n c e r t i o r m a i s o n o una cosa (qu a s i ) n o r m a l e . Q u e l l o che proprio n o n è n o r m a l e è u n o show dove la l i n e - u p è c o s t i t u i t a d a Loren Conno r s a l l a c h i t a r r a , M a t t Heyner (No N e c k B l u e s B a n d ) a l basso e Chri s C o r s a n o a l l a b a t t e ria. Perché qu e s t a è s t a t a l a l i n e - u p che ha accom p a g n a t o J a n d e k p e r i l suo concerto d e l 6 s e t t e m b r e 2 0 0 5 , in quel di Ne w Yo r k . C o n f e s s o d i essere stato a l u n g o s c e t t i c o s u l la reale oppo r t u n i t à d e l N o s t r o d i uscire allo sco p e r t o , m a s e i r i s u l t a ti sono questi , l o s c e t t i c i s m o s c o m pare come ne v e a l s o l e . M a n h a t t a n Tuesday , in d u e d i s c h i , r i p r o d u c e fedelmente q u a n t o a v v e n u t o q u e l la sera. Il co n t e n u t o è c o s t i t u i t o da un’unica composizione in sette movimenti, chiamata Afternoon Of Insensitivity. Musicalmente è il disco di Jandek più gotico di sempre, fatta eccezione forse per Six And S i x. I l c a n o v a c c i o è l o s t e s s o p e r tutto il concerto. Un sintetizzatore Korg che sotto le sue mani diventa un organo da cattedrale mitteleuropea; la chitarra di Connors che gli va dietro disegnando arabeschi riverberati e rasoiate wah wah; il b a s so d i H e y n e r c h e i n c u p i s c e u l teriormente il tutto come fosse un pesante tendaggio di velluto nero a p og g i a r s i s u t u t t i g l i s t r u m e n t i e d u l c is i n f u n d o l a r i t m i c a d e n s a e magmatica di Corsano che trama s o t t e r r a n e a e f i c c a n t e . Te s t u a l m e n te è il Jandek cupo delle attese, dei pomeriggi abulici che inghiottono l’esistenza come buchi neri (All the phone rings are alarming/ It doesn’t matter/I can’t escape the weight of these days). E’ il Jandek che non riesce o non vuole trovare vie di fuga da se stesso pur essendo cinicamente consapevole delle sue ferite aperte (Self-inflicted stimulation is the deathbed/ Life is on the other side/The side I don’t know). Oggettivamente, il cliché del pazzo depresso che si lamenta strimpellando spasticamente la sua chitarra non ha mai avuto motivo di esistere, men che meno ora che il Nostro si produce in simili performance. Jandek è tante cose messe i n s i em e : u n d e p r e s s o c o m p i a c i u t o , un caso clinico da tabloid di terz’ordine, un nerd ipersensibile, un astuto figlio di puttana che ha saputo investire sulle sue ossessioni, un predicatore pazzo, un oscuro scrutatore della propria anima. Insomma, aveva proprio ragione Keiji H a i n o . J a n d e k è d a v v e ro l’ultimo v e r o b l u e s m a n d e l l a s t o r i a, ma an c o r p r i m a e s o p r a t t u t t o è uno di noi. (7.7/10) Antonello Comunale Jets Overhead – Bridges (Microgroove / Goodfellas, 18 giugno 2007) Genere: indie-rock N o n t u t t o c i ò c h e v i e n e d al Canada h a l a p r o t e z i o n e d e g l i a ngeli della g e n i a l i t à . I J e t s O v e r h e a d, quintet t o d i Vi c t o r i a , s o n o p u r o indie-rock d i m a n i e r a , f a c i l o n e , a s c oltabilissi m o , d i l a t a t o e a s s o l u t a mente inu t i l e . N o n h a f u o c o n e l l e vene, non h a i s p i r a z i o n e p r o f o n d a nella sua a n i m a , n o n h a u n v e r b o trascinan t e . P r e n d e t e u n b a s s o q u adrato alla I n t e r p o l e l a d e s o l a z i o n e degli ul t i m i F o l k I m p l o s i o n e a v rete come r i s u l t a n t e q u e s t o B r i d ges . This Wa y e S h a d o w K n o w s s o no pseudo b a l l a t o n e p e r r a g a z z i e mo-filiaci, L i f e ’s A S o n g è l o s t e r e o tipo della c a n z o n e i n d i e , q u a d r a t i s s ima, com p l e t a m e n t e a f u o c o , c o n tutto ciò c h e n o n r i u s c i r à m a i a b ruciare al p o s t o g i u s t o . P o i q u a n d o la trama p r e n d e u n p o c h i n o s o s t a n za ( Killing Ti m e e l a c o n c l u s i v a l a nda di di s p e r a z i o n e c h e è N o M o r e Nothing ) s i a m o c o m p l e t a m e n t e n e lla testa e n e l l a s e i c o r d e d i L o u B arlow, ir r i m e d i a b i l m e n t e p e r ò s e n za ispira z i o n e a l c u n a , s e n z a a l c u n strascico c h e p o r t i a l l a v o g l i a d i u n repeat. N o n u n a h i t , n e s s u n a n t h e m, nessu n a c a v a l c a t a f e r o c e , n e s sun assolo l i b e r a t o r i o , s o l o u n a l a n da grigiob l u a s t r a i n c o n t a m i n a t a e rafferma, p r o p r i o c o m e b e n r a p p r esenta la c o p e r t i n a . F r e c c i a a s i n i s tra e pas siamo oltre… (4.5/10) Alessandro Grassi J u s t i c e – + ( E d B a n g e r / W a r n e r, 11 g i u g n o 2 0 0 7 ) Genere: disco-funk / nu Daft Punk P o t e v a e d o v e v a e s s e r e una bom b a . I n v e c e è s o l o u n f u o co d’artifi c i o u n i c o e d e s o l a t o . A b biamo an c o r a t u t t i n e l l e o r e c c h i e l ’ hit spacca d a n c e f l o o r d e l l a s c o r s a estate Ne v e r B e A l o n e e l ’ a t t e s a per questo p r i m o e p i s o d i o l u n g o e r a veramen t e f e b b r i l e . L’ i m p a t t o t u tto pomp- sentireascoltare 57 svuotati di eccletismo, Stress cita gli ultimi fritti Chemical Brothers, The Party è un deludente troiadance electro facilone e la finale O n e M i n u t e To M i d n i g h t è a n c o r a Daft Punk senza palle e senza trama. Come si comprende, non tutto è da mettere al rogo, anzi, però ci si aspettava francamente molto di più di un surrogato di playlist “da appassionati” e non “da musicisti”. Peccato. (6.5/10) Alessandro Grassi electro di prima fattura è di quelli che lascia il segno, però grattando sotto la superficie lungo gli ascolti la materia grigia di questo + si palesa in tutte le sue mancanze, in t u t t i i s u o i b u c h i n e r i . Vu o i p e r c h é i nostri due francesini tentano la strada della pomposità tout court (che troppo spesso è sinonimo di ridondanza fine a se stessa), vuoi perché il giochino di miscelare “house simpatica al pubblico indie rock”, electro e sonorità Daft Punk è un trucco un po’ antiquato, la bontà della fruizione di queste dodici tracce ne risente non poco. C’è del buono, ovvio, e c’è anche dell’ottimo: Il singolo D.A.N.C.E. è un fresco e molto simpatico anthem estivo con il suo funk, i suoi archi campionati e i cori bambineschi che fanno veramente anni ’70 a furia di Abba disco-nebulose, New Jack è un altro funk tosto questa volta sminuzzato e triturato dentro una coltre stellare di drill ipnotici, Let There Be Light è un altro anthem che scorre con piacevolezza, electro proto-cibernetica per potenziali fruitori appassionati di bizzarie analogiche miscelate. Con le due Phantom però veniamo un po’ spiazzati perché sono schifosamente Daft Punk, batterie rock filtrate e fraseggi longilinei di vocoder ossia b-sides esattamente incastonate fra Homework e Human After All con tanto di eti- Kissogram Nothing, (Louisville, maggio 2007) Genere: Eclectic Pop Sir! Berlinesi di residenza, attivi dal 1 9 9 9 , p r o t e t t i d i J i m Av i g n o n , r e sponsabili come Kissogram di un album ed una buona dozzina di singoli, Jonas Poppe e Sebastian Dassè sono due menti piuttosto e ff i c a c i d e l l a m o d e r n a g e o g r a f i a musicale. Non dei “rivoluzionari” del rock and roll, come strombazzato recentemente dalle pagine di “NME”, ma due musicisti che sanno il fatto loro e che, soprattutto, dimostrano di aver assorbito ed essere entrati in contatto con svariati generi musicali, senza, apparentemente, alcun tipo di pregiudizio. Una scelta che depone a loro favore e che si ripercuote in maniera decisamente evidente sui solchi di questo nuovo Nothing, Sir!, album multicolore e multiculturale che scherza con l’etno pop dei Dissident (Come Spring Come R e a s o n , S n o w W h i t e I n T h e Tr a i n ) così come con quello Sixties dei M o n k e e s ( S h e ’s A n A p p l e P i e ) , giogioneggia i Madness (Manager In Love) ed immerge Elvis in un bagno electro (Shuffle Along), guarda con devozione al valium il jazz pop degli Steely Dan (Blue August) e si inebetisce con un perfetto giro di organo in stile Fuzztones (Car Kula Shaker Strangefolk (Strangefolk, 20 agosto 2007) Genere: rock psych L’ i m p e r a t i v o c i c l i c o d e l r i s c o p r ire/ r i s c o p r i r s i i m p o n e i l r e c u p e r o dei K u l a S h a k e r, e r o i i n c a n d e s c e n t i ma e ff i m e r i d e i n o v a n t a d i m e z z o . In c a p a c i d i s o p r a v v i v e r s i , s i s p e n se r o t e m p o d u e a l b u m . S t r a n a m e nte, f i n o a l l ’ a l t r o i e r i v e n i v a n o r i c o r dati p i ù l e s u p p o s t e s i m p a t i e f a s c i s t oidi d e l l e a d e r C r i s p i a n M i l l s c h e non p e r i l p u r a p p r e z z a t o a l b u m d ’ e sor d i o , q u e l K c h e t e n t a v a d i s o g n are u n ’ I n d i a s t r a l i s e r g i c a c a r b u r a n do s i d i n o s t a l g i a i m p e t u o s a e p r ete s t u o s i ( m ) i s t e r i s m i . F i n o a l l ’ a ltro i e r i , a p p u n t o . O g g i c h e i l m i l l e n nio è sverginato da un pezzo, Mills e s o c i - q u e l l i o r i g i n a l i - p o s s o n o fi n a l m e n t e f r e g i a r s i d i u n a p r o pria e t i c h e t t a , c o n t u t t o c i ò c h e q u e sto s i g n i f i c a i n t e r m i n i d i l i b e r t à c r ea t i v a . N e s o n o f i e r i e f e l i c i a l p u nto d a i n t i t o l a r e q u e s t o l o r o c o m e b ack c o l n o m e d e l l a l a b e l : S t r a n g e f olk. P e c c a t o c h e m a n c h i l o r o l a l i b ertà p i ù i m p o r t a n t e : q u e l l a d a s e s t e ssi. O v v e r o , d a l p r o p r i o s t a t u s l e g g en d a r i o d i i r r e d e n t i s t i p s y c h a v vin g h i a t i a l s a c r o f u s t o d e l l ’ a l b e r o ma g i c o . B u d d h a d a u n a p a r t e , Vi snu d a l l ’ a l t r a , p i ù u n n u g o l o d i s a n t oni f l o w e r p o w e r i n f r e g o l a h a r d r i c r eati c o n v e e m e n t e r i s o l u z i o n e d a c om p u t e r g r a p h i c . S ì , l ’ a r i a è d e c i sa m e n t e d i g i t a l e , m a l g r a d o i l r e a l i s mo ca “robot rock” nella parte prima, Crash Bop). Se cercate qualcosa e stessa materia ripetuta con ag- di carino e disimpegnato da ascol- d ’ h a m m o n d , n e g l i a s s o l o s d e r e na - giunta di qualche redivivo arco se- tare durante l’ennesimo pomerig- t i , n e i t u r g i d i g i r i d i b a s s o ( u n s uo - venties nella parte seconda. g i o t r a s c o r s o i n u ff i c i o , N o t h i n g , n o c h e s u o n a a l l a g r a n d e , g r azie Il resto non ha il mordente pre- Sir! è l’album che può fare al caso a n c h e a d u n t r i t t i c o d i p r o d u t tori cedente e perde consistenza lun- vostro. (6.5/10) c o m e S a m W i l l i a m s , Tc h a d B l ake go l’ascolto: DVNO ricorda dei !!! 58 sentireascoltare Stefano Renzi v i n t a g e d i g r i g n a t o i n o g n i g r a c idio e C h r i s S h e l d o n ) . N e s s u n o s ber - turn it on Machinefabriek - Weleer (Lampse, maggio 2007) Genere: ambient, folktronica, noise Se mi chiede s s e r o q u a l i s o n o i m u s i c i s t i e l e t t r o a c u s t i c i p i ù i n t e r e s s a n ti di questi ul t i m i a n n i d i r e i K e i t h F u l l e r t o n W h i t m a n e W i l l i a m B a s i n s k i , ma aggiunger e i s i c u r a m e n t e F a b i o O r s i e l ’ o l a n d e s e M a c h i n e f a b r i e k . D i quest’ultimo p a r l i a m o e We l e e r n o n è a l t r o c h e u n p e r s o n a l e S e l e c t e d Ambient Wor k s, u n a m a n c i a t a d i b r a n i g i à e d i t i n e i m i t i c i t r e n t a C d r d a tre pollici qui s e l e z i o n a t i p e r o l t r e d u e o r e d i r e g i s t r a t o . I n a t t e s a d i u n seguito dell’e p p ì L e n t e l i e d j e s p u b b l i c a t o s u Ty p e ( e d e l l ’ a l b u m M a r i j n licenziato dal l a L a m p s e ) , e c c o s e r v i t e a l c u n e m e d i t a z i o n i i n r i v a a l R e n o per armonica a b o c c a t r a t t a t a ( O i P o l l o i ) , u n a s o u n d t r a c k d o o m d a i l a n guori electro- j a z z y ( U i t e r w a a r d e ) , i g l i t c h e i s u o n i d e l l e n a v i ( C h i n e s e Unpopular So n g ) , s t r a t i f i c a z i o n i f e n n e s z i a n e ( H i e p e r d e p i e p ) , b a l l e t t i m o rse per giochi s t e r e o f o n i c i ( S t o t t e r p i a n o ) , d r o n i i n c a t t e d r a l e ( Wi n t e r v a c h t ) , quotidiani fiel d r e c o r d i n g s ( S c h r i j v e n , c h e v u o l d i r e “ s c r i v e r e ” i n o l a n d e s e ) , o v e r t u r e m i n i m a l i s t e i n “ b r eak” ( Don derwolk ) e pia n i s m i d e b u s s i a n i ( K a l e B o m e n L a n g s D e We g ) . È l ’ u n i v e r s o d i R u t g e r Z u y d e r v e l t p r e - d e b utto cd, un cosmo fatto d i c i r c u i t i , s p a z i o e s u o n i s u o n a t i o c o n c r e t i . È l a m a c c h i n a u m a n i s s i m a M a c h i n e f a b r i e k , c he indaga subconscio e s a p o r e d i u n a t e r r a , l ’ O l a n d a , q u e l l a d e l l e c a m p a g n e e d e l P o r t o . L’ O l a n d a l o n t a n a d a i c entri citta dini. Probabil m e n t e q u e l l a d e l N o r d , d o v e s i v e d e m e g l i o i l c i e l o . I n q u e s t o s t a l a m a g i a d e i v e n t i m i n uti di Lief (tradotto “dolc e ” ) , u n d r o n e l u n g o l u n g o g r a t t a t o d a s f r i g o l i i e c l a n g o r i r u v i d i . M a g i a c h e i l r a g a z z o t r asforma in loop noiseggi a n t i s u l f i n a l e r a c c h i u d e n d o l a i n u n a t r a c c i a f o l k t r o n i c a , c o s m i c a e a m b i e n t , o v v e r o l e t r e specialità dell’olandese. A c q u i s t o f o n d a m e n t a l e p e r c h i h a s a g g i a t o l e p o t e n z i a l i t à d e l m u s i c i s t a , n o n c h é u n b u on motivo per iniziare a f r e q u e n t a r l o , a p p a s s i o n a t i d i e l e t t r o n i c a e n o n . ( 7 . 2 / 1 0 ) Edoardo Bridda sentireascoltare 59 l e ff o s f e r z a n t e J o n S p e n c e r , m a un rimettere a nuovo quei vecchi vestiti, come i Beatles imbricconiti Radio Birdman/Supergrass di Great Dictator, o i CSN&Y invalvolati di benzedrina in Second Sight, o quella specie di Nights In White Satin (dei Moody Blues) messa in ammollo nel coccolino che risponde al nome di Shadowlands. Il giochino potrebbe continuare, ma lo lasciamo volentieri a chi pagherà il biglietto. Quanto a noi, non potevamo attenderci altro che questa parata di canzoni-pretesto, senza abbastanza fiato né cuore per reggere l’usura degli ascolti. E tuttavia divertenti, almeno finché non sgami l’inappuntabile sfoggio di mestiere che trasuda ogni piega del sound. (6.0/10) Stefano Solventi Lindstrom And Prins Thomas – Reinterpretations (Eskimo / Audioglobe, maggio 2007) Genere: space-disco Un’appendice al debutto datato 2005, una nuova uscita che si somma alle tante (tra 12”, ep e versioni in vinile) del duo spaced Lindstrom And Prins Thomas. Reinterpretations, come suggerisce il titolo, riedita in formato più dancey alcune delle tracce incluse n e l l ’ a n z i d e t t o d e b u t t o c o m e Tu rkish Delight (notevolmente accelerata e decisamente meno “space” dell’oppiacea originale), Boney M Down (che elude quel portamento à la Alan Parsons Project), Claudio (in pratica una versione sciamanica della fenomenale Sykkelsesong) 60 sentireascoltare addizionandole - per la prima volta e baleariche vedute – e lo space m o d o e c c e l l e n t e . S p l e n d i d e l e pic c o l e p a u s e d e l c l a s s i c o r ’ n ’ r, u n po’ L i t t l e R o c k , d i 1 0 0 L i t t l e W o m en ; p e r n o n p a r l a r e d e l f i n a l e p s i c he d e l i c o – d a T h e P i p e r – d i C u r sed W o r l d , g i u s t o p e r f a r e d u e e s e mpi. E b a s t a . G l i a p p a s s i o n a t i s i d i ver t i r a n n o ; i d i v e r t i t i n o n c r e d o s i ap passioneranno. (6.5/10) funk (questo sì space!) della con- Gaspare Caliri in cd – al krauto 12” Mighty Girl (un omaggio ai Can nella traccia o m o n i m a e a l k r a u t t u t t o i n Vr a n g O g Va n s k e l i g ) e d a n u o v e e s p e r i e n ze quali Te m p o Te m p o , M u m m e r Fire En - un pastiche di ventuno ipnotici minuti tra Orb, Metro Area c l u s i v a N u m m e r F i r e To . Nella valigetta del perfetto dj non dovrebbe mai mancare! (7.0/10) Gianni Avella Mark Sultan – The Sultanic Ve r s e s ( I n T h e R e d / G o o d f e l l a s , 15 maggio 2007) Genere: garage/lo-fi Questo disco è la solita creatura In The Red: sporco, cattivello ma in fin dei conti buontempone, facilmente catalogabile sotto il garage/ lo-fi – con un suono davvero sporco. Un ritorno (speriamo parziale, per alcuni versi) all’origine per l’etichetta garagissima, dopo i fasti i n c o n s u e t i d e i Vo l t. M a q u i s i p a r l a d i u n s u l t a n o , o v v e r o d i T h e S u l t an i c Ve r s e s d i M a r k S u l t a n , a k a l a seconda metà di the King Khan & B B Q S h o w, m a a n c h e c a n t a n t e e c h i t a r r i s t a d e i M i n d C o n t r o l s, c a ntante/batterista dei Les Sexareen o s, c a n t a n t e d e i T h e S p a c e s h i t s e molto altro (è evidente che ho citato questi ultimi per il nome che si sono scelti). L’ i r o n i a c ’ è . N e l l i b r e t t o c i i n f o r m a no che gran parte del disco è suonato da un musicista solo (Mark) che se la suona e se la canta come se fosse una band intera. Poi Mark puntualizza che non sopporta i musicisti che fanno tutto da sé, e soprattutto non sopporta il pubblico a cui piacciono queste cose; la chiosa esatta è “if you did like that shit, there is still solme of that on h e r e , t o o ” . L’ e ff e t t o è u n p o ’ s t r a no. È come ascoltare con una certa s o d d i s f a z i on e l a r a d i o a m a n e t t a dell’auto che abbiamo a fianco della nostra, in coda a un semaforo. Guardando negli occhiali da sole il guidatore, che è rockabilly ma ha la coppola in testa, come Mark. Il quale sembra aver ascoltato le compilation dei Nuggets, conoscerle a menadito, dare continuamente p r o v a d i a ve r a p p r e s o l a l e z i o n e i n Marmoset Florist Fired (Secretly Canadian / Wide, 24 luglio 2007) Genere: psych/wave Vo l e t e s a p e r e s e m i s o n o d i v e r t i to? O k , m i s o n o d i v e r t i t o . P a r e c c h i o , vi s t o l e v o l t e c h e l ’ h o a s c o l t a t o . Mol t o p i ù d i q u a n t o i n g e n e r e m i c o n ce d o p e r u n a r e c e n s i o n e . I M a r m oset s o n o s t a t i u n a s o r p r e s a , p e r q u a nto possano vantare altri due album e u n p a i o d i e p a l l e s p a l l e . N e a n che q u e l g r a n r e p e r t o r i o i n f i n d e i c o nti, v i s t o c h e c i s o n o v o l u t i o t t o a n n i per m e t t e r l o a s s i e m e e c h e d a c i n q u e il t r i o d a I n d i a n a p o l i s n o n d a v a n oti z i e d i s é . I n s o m m a , l e s e d i c i t r a cce d i F l o r i s t F r i e d s o n o u n a c o l l ana d i z u c c h e r i n i a c i d i c a p a c i d i s p edi r e i n o r b i t a g l i s c i r o c c a t i c o m e me, s e m p r e d i s p o n i b i l i s s i m i a l g i o c h ino dell’indovina-che-gusto-è. O c c o r r o n o c h i a r a m e n t e f r a g r a n z e di u n c e r t o t i p o . I n q u e s t o c a s o , c i on d o l a m e n t i L o u R e e d, f o s c h e a c i de r i e J u l i a n C o p e, s c h i v e e b b r e zze B e c k , d e l i z i o s e c a l i g i n i F e l t, o z i osi d e l i r i B a r r e t t . . . U n a s t o r d e n t e l ecc o r n i a v i a l ’ a l t r a , c o n f e z i o n a t e con l a f l e m m a s o r n i o n a d i c h i c e l’ha d e n t r o ( i l c o s o , i l q u i d p s i c h e d e l i co) e n o n h a b i s o g n o d i c o s t r u i r s e l o ad d o s s o . U n t r i p p e r f e t t o p e r n o s tal g i c i i n a m b a s c e s p i r i t u a l i , t r a d i t i da u n t e m p o d a u n m o n d o c h e s ’ a c c on t e n t a d i m e t t e r e i n s c e n a l a m e s sin scena e via andare. I n s o m m a , b r a v i M a r m o s e t , f a t elo p i ù s p e s s o . Tu t t a v i a , h o d a c om p i e r e u n d o v e r e c h e m ’ i m p o n e una c e r t a o b i e t t i v i t à . I n r a g i o n e d ella q u a l e q u e s t o F l o r i s t F i r e d f i n i sce a p p u n t o c o l s e m b r a r m i u n o s f o ggio d i f o r z o s a a l t e r i t à , o a l p i ù u n l eni t i v o p e r b a c u c c h i r o c k i n d o l e n ziti, b i s o g n o s i d i c o n s o l a z i o n e e r a ssi c u r a z i o n i e i l l u s i o n i s p a r s e . C o me, a p p u n t o , i l s o t t o s c r i t t o . ( 6 . 1 /1 0 ) Stefano Solventi tutto, però, gira come dovrebbe e l’oramai abusato utilizzo di questo particolare tipo di soluzioni finisce con il pesare sull’economia generale dell’album che, per quanto buono, non riesce a distinguersi dalla valanga di produzioni speculari, con sommo rammarico di tutti coloro che si aspettavano un capolavoro. (6.7/10) Stefano Renzi Matthew (Ghostly Dear – Asa Breed International / Audioglobe, 5 giugno 2007) Genere: minimal electro pop Tra i tanti ap o s t o l i d e l l a s c e n a o ff dance, Matth e w Dear è sempre stato uno dei n o s t r i p r e f e r i t i , v u o i per le ottime p r o v e o ff e r t e n a s c o sto dietro il m o n i k e r A u d i o n, v u o i per quella fa c c i a d a a d o l e s c e n t e sveglio che è s e m p r e u n v a l o r e a g giunto quando t i t r o v i a g a l l e g g i a r e in un universo r i c o l m o d i b r u t t i c e ff i com’è quello d e l l a m i n i m a l t e c h n o . Un giovincell o c a p a c e l ’ a m e r i c a no, a suo agio s i a q u a n d o d e v e f a r muovere pied i e b a c i n o s i a q u a n d o deve reimpost a r e l e p r o p r i e c o o r d i nate stilistich e e d i m b o c c a r e , c o m e in questo cas o , a u t o s t r a d e d i o b l i que traiettorie ( i n d i e ) p o p . Si, perché As a B r e e d è , a t u t t i g l i effetti, un disc o d i c a n z o n i , u n c a m pionario di de v i a t e e d e v i a n t i s t r u t ture electro p o p c h e g u a r d a n o a l l a pista da ballo s o l t a n t o i n m a n i e r a distratta o, ad d i r i t t u r a , p r e n d e n d o ne del tutto l e d i s t a n z e c o m e c apita, ad esem p i o , n e l l ’ u l t i m a p a r t e dell’album qu a n d o s p u n t a u n ’ i n a spettata e dim e s s a c h i t a r r a a c u s t i ca a cesellare i c o n t o r n i d i G i v e M e More e Midnig h t L o v e r s . Due episodi c h e c o n t r a s t a n o n e t tamente con i l r e s t o d e l l a v o r o , vero e propr i o g i o c o a d i n c a s t r i tra sonorità m i n i m a l i e d a ff a b i l i t à pop, come de i N e w O r d e r p r e - Technique ridot t i a l l ’ o s s o ( P o m P o m , Deserter ) opp u r e u n P r i n c e s c a r a ventato a forz a i n u n c l u b b e r l i n e se ( Shy ), os t e n t a n d o i m p r o b a b i l i suggestioni a f r o ( F l e e c e O n B r a i n ) prima di sca r a v e n t a r e v i a l a m a schera e dich i a r a r e i l p r o p r i o a m o re incontrasta t o p e r i l d i v i n o A r t h u r Russell (Ele m e n t a r y L o v e r ) . N o n Meg Baird – Dear Companion (Drag City / Wichita, 4 giugno 2007) Genere: folk, traditional Una foto di spalle a mezzobusto con i capelli al vento, mentre è investita da un fascio di luce in un paesaggio bucolico: la cover del primo solista di Meg Baird degli Espers non lascia adito a dubbi. Questo è un album folk, nel solco della tradizione inglese soprattutto, come è uso nel gruppo madre. I due pezzi originali sono mescolati a traditional britannici (The Cruelty of Barbary Allen e Willie O’ Winsbury) e americani (come la title track anche in versione a capella) insieme a cover version recuperate (River Song di Chris Thompson, l ’ a c c o r a t a T h e Wa l z e o f t h e Te n n i s Players dei misconosciuti canadesi seventies Frazer & Debolt) per soffici ballad acustiche con l’accomp a g n a m e n t o d i v o c e e d u l c i m e r. Reduce da un altro disco di recuperi filologici uscito l’anno scorso ( L e a v e s F r o m O ff T h e Tr e e ) i n t r i o con l’inglese Sharron Kraus ed Helena Espvall, la Baird riprende da lì il discorso lasciato, volgendosi verso una classicità Nick Drake in uno dei due pezzi originali, lo psych-folk di Riverhouse In Ti- nicum, mentre l’altro, Maiden In The Moor Lay è una ballad ariosa ed essenziale che non sfigura nel confronto. Le melodie senza tempo dei pezzi sono fatte rivivere rispettosamente, a dimostrazione della loro classicità che attraversa gli anni senza nulla perdere in forza espressiva. E la Nostra è perfettamente a suo agio, calata in questo contesto in cui non è per nulla difficile immaginarla. (7.0/10) Te r e s a G r e c o MGR Vs Sir DSS - Impromptu (Neurot / Goodfellas, giugno 2007) Genere: ambient, drone M g r Ve r s u s S i r D s s , o v vero Mike G a l l a g h e r c h i t a r r a m a s s i ccia degli I s i s e D a v i d S c o t t S t o ne chitar r a a n c o r a p i ù t o s t a e e l ettroniche: c o m e d i r e , p r e n d i u n o c o n la fissa p e r i l d r o n e e c e r t o m e t al passato s u l c o l i n o d e g l i S l i n t ( v e d i anche in N o v a L u x, l ’ e s o r d i o s o l i s ta) e met t i l o i n c o m b u t t a c o n u n s e ssion man d i l u s s o c o n q u i n d i c i a n ni d’espe r i e n z a a l l e s p a l l e . U n o , per dire, c h e n o n s ’ è f a t t o m a n c a r e nulla: dal g o t h a a v a n t - n o i s e ( M e r z b ow e Keiji H a i n o ) a M i k e P a t t o n e s oprattutto K i n g B u z z o ( m a a n c h e i Tool). Chia r o , i l c o l l a n t e t r a i d u e è l’astrazio n e d i c e r t o g r a n i t o r o c k (il terreno d’incontro/scontro tra Melvins e F a n t o m a s ) , t u t t a v i a i l t e am prefe r i s c e p r o c e d e r e v e r s o u n incrocio t r a c e r t a p s i c h e d e l i a s c u ra e alcu n i s a p o r i d o o m f o l k d i c u i abbiamo a m p i a m e n t e t r a t t a t o n e l magazine ( S A N ° 2 9 ) . G r a z i e a l l ’ a pporto di S t o n e , i l s o u n d s ’ a r r i c c h i sce di syn t h m o d u l a r i e a l t r e a p p a r ecchiature d a b u o n v e c c h i o a r t i g i a n o della co s m i c a a m p l i a n d o c o s ì i l f ulgido ef f e t t i s m o d r o n a t o d i q u e l bell’uomo d i G a l l a g h e r. C o s ì , t u t t o assume u n t e n o r e m o l t o s e r i o e rigoroso a n t i m a r i j u a n a , a n t i - L S D - giocando c o n i l f u o c o d e l l a s t e r i l i t à artistica e l a d e l u s i o n e ( p r o b a b i l e ) di coloro c h e n e l l ’ a m b i e n t p s y c h p rediligono p r o p r i o l ’ a s p e t t o f r e a k e l a fattanza “intelligente”. Sono a c c ostamenti c h e v e n g o n o s p o n t a n e i n el momen t o i n c u i i l s o u n d v i r a v erso certa s c u o l a K r a n k y v i a N u o v a Zelanda ( F o l l o w i n g E l e c t r o A c o u s tic Theory c h e p a r e d e d i c a t a a u n Roy Mont g o m e r y ) , o p p u r e p e r l e c a lle di cer - s e n t i r e a s c o l t a r e 61 to misticismo cosmic o a l l a A m p . I n definitiva, il classic o s i d e - p r o j e c t dignitoso. ( 6.5/10 ) sulla torta (salata), le ospiti fem- Edoardo Bridda Ta l e s O f L a s N e g r a s ) e l a c o n s u e t a minili: un’asciutta Laetitia Sadier degli Stereolab (al controcanto in K r i s t i n Va l t y s d o t t i r d e i M ú m ( m o l - Mice Parade - Self Titled (Fat Cat / Audioglobe, luglio 2007) Genere: saudade, indie-folk Con Mice Parade scopriamo che quella iniziata con l’insuperato Obrigado Saudade era una trilogia. Un percorso conclusosi in queste canzoni per chitarre, tastiere timide e la consueta saudade contornata da un paesaggio dalle sfumature e dai profumi impeccabili, tra i quali spiccano un rinnovato drumming (post-hardcore spezzato in alcuni brani), della shoegaze marittima e soprattutto un avvicinamento all’indie americano (quello di Lou Barlow ma anche pizzichi d i To u c h & G o ) . Del sound abbiamo già detto in p a s s a t o , t u t t a v i a è l ’ a ff i a t a m e n t o degli amici/ospiti più o meno stazionari (Scharin, Dylan Cristy del Dylan Group, Jay Israelson dei Lansing-Dreiden e Dan Lippel) e quel caratteristico sound to bambola prosciugata che continua a non piacermi) nella lenta e spettrale Double Dolphins On The Nickel. Altro bell’aspetto è questa timidezz a f a t t a d i r a ff i n a t i s s i m i a r r a n g i a menti, tutta studiata eppure umile e naturale, dolce ma con un vento a s o ff i a r e s o t t o e s o p r a . È c o m e s e Pierce ti invitasse nella sua vacanza esistenziale poco per volta, così facendo allontana i turisti e i curiosi dell’ultima tendenza (e fa bene), eppure un appunto in calce non va omesso: Mice Parade avrebbe potuto esserlo, ma non è un disco da playlist annuale. Forse è mancato un po’ di coraggio nel songwriting post-rock - la maggiore conquista nel percorso di Adam Pierce. La sua creatura Mice Parade suona vieppiù originale e piccole grandi variazioni, album dopo album, ne hanno arricchito e trasformato l a f o r m u l a . Tr o v i a m o u n a s c r i t t u ra à la Sebadoh clorofillati in un b r a n o c o m e T h e L a s t Te n H o m e s , e l e c t r o s h i f t i n g à l a S q u a r e p u s her d i S o d a , u n a p u n t a t i n a a l g l i t chsoul in Blackbird, l’omaggio al P r i n c i p e i n C o m p l i c a t e d , u n r i cor d o o l d - s c h o o l g r a n d m a s t e r f l a s hia n o n e l l ’ h i p - h o p p u r o e c r u d a m e nte f u n k d i G i v e I t To M e : q u e s t i a l c uni d e i r i f e r i m e n t i p r i n c i p a l i d e l d i sco, t u t t o i n t r i s o d i u n a p a t i n a b l a c k che mento. Pazienza, è una questione o s a c o n f r o n t a r s i c o n C u r t i s M ay - di scelte artistiche che non spetterebbe a noi liquidare con un voto. Se dobbiamo però (6.7/10) Edoardo Bridda f i e l d p e r l a c o o l n e s s c a l c o l a t i s s ima e per niente casuale. Un’operazione che mima il t en - t a t i v o d i s p o r c a r e i g e n e r i e d i ri p e n s a r e l a t r a d i z i o n e d a l o n t ano Michael Fakesch – Dos (!K7 / Audioglobe, 30 luglio 2007) Genere: electrosoul nu-funk Ritorna con un nuovo progetto solista il componente dei tedeschiss i m i a l f i e r i e l e c t r o F u n k s t ö r u n g. I l distacco dalle atmosfere acid del gruppo si rivela da subito: il seguito di Marion (la raccolta di singoli su Musik Aus Strom, 1999) suona le chitarre sgraziate elettrificate come un reperto break-hop in pie- a contrappeso delle acustiche in na atmosfera nu-70. Grazie alla Sneaky Red, oppure ancora le per- collaborazione del vocalist e copro- cussioni spagnoleggianti di Double d u t t o r e Ta p r i k k S w e e z e , i l s o u n d Dolphins On The Nickel. Ciliegina si rimpolpa di un cross-over degno del miglior Jamiroquai mescolato con accenni (neanche tanto velati) al nume tutelare Prince. La teoria di un 2007 essenzialmente nu-soul, viene qui rimodellata seguendo il trend che etichette come la Compost o la stessa !K7 stanno orgogliosamente battendo: una rivoluzione del breakbeat tramite una componente melodico-urban che cresce sempre di più di statura (vedi i lavori del genietto moltiplicatore Jamie Lid e l l) m e s c o l a n d o s a p i e n t e m e n t e i l ritmo techno al beat in levare del 62 sentireascoltare d i E s c a l a t e , l a c a v a l c a t a d i b a sso e un po’ di decisione nell’arrangia- trans- etnico - innestato nel cuore del f u n k . I l b r e a k m i c h a e l j a c k s o n i ano g i à t e n t a t o – m u t a t i s m u t a n d i s - da B e c k . D e e p f u n k d a p r o f e s s i o n i sti. S e f o s s e u s c i t o i n a n t i c i p o s a r e bbe p o t u t o d i v e n t a r e u n s i m b o l o . I l ri t a r d o ( d o p o Q u e n t i n H a r r i s , t a nto p e r d i r n e u n o ) l i m i t a i l c o l p o , m a ci f a c a p i r e c h e l ’ e l e c t r o n o n p u ò più p r e s c i n d e r e d a l c o l o r e n e r o . Co munque: elegantissimo.(6.4/10) Marco Braggion Michio Kurihara - Sunset Notes (Pedal Records 2005, 20/20/20/ Goodfellas, 2007) Genere: lo-fi, dream, rock M i c h i o K u r i h a r a è u n e s e g e t a psi c h d e l e i c o p a r t i c o l a r m e n t e g e n e r oso e g e n t i l e . U n o c h e a m a f u o r i m i s ura l a p r o p r i a p r i v a c y. P e r e n n e m e nte a l i e n o a q u a l s i a s i l o g i c a d e l m usic b i z . M e m b r o f o n d a t o r e d e i M a rble S h e e p a l l a f i n e d e g l i O t t a n t a , i l chi t a r r i s t a è a t t u a l m e n t e p a r t e d e l col l e t t i v o G h o s t , m a i n t u t t i q u e s t i a nni ( c i r c a u n a v e n t i n a ) h a c o l l a b o r ato a l m e n o a u n a d o z z i n a d i p r o g etti a l t r u i t r a i q u a l i T h e S t a r s , C o s mic I n v e n t i n o , W h i t e H e a v e n , Yu r a Yura Te i k o k u e s o p r a t t u t t o D a m o n & turn it on Mirah And Spectratone International – Share This Place: Stories And Observations (K Records / Goodfellas, 7 agosto 2007) Genere: indie-folk, world folk Mirah è torna t a e q u e s t a v o l t a i l p r o g e t t o è m o l t o a m b i z i o s o . S h a r e T h i s Place non è u n s e c o n d o C ’ m o n M i r a c l e , p o i c h é l a d d o v e i m p e r a v a n o b a l late suadenti d i u n f o l k l e g g e r o i n f a r c i t o d i p e r c u s s i o n i e s t r a s c i c h i d i archi e sdolci n a t e z z e r a ff i n a t e , o r a v i g e u n r i g o r e a s s o l u t o , u n n u o v o f o l k “totale” che s a g u a r d a r e a c u l t u r e l o n t a n e c o m e q u e l l a a r a b a , q u e l l a b a l canica e que l l a t u r c a . S t a v o l t a P h i l E l v r u m d e i M i c r o p h o n e s s i l i m i t a a registrare ins i e m e a S t e v e F i s k , e t u t t a l a m a t e r i a m u s i c a l e a d e s c l u s i o n e delle sole me l o d i e è s t a t a c u r a t a e c r e a t a a q u a t t r o m a n i d a L o r i G o l d s t o n e Kyle Hanso n d e l l a B l a c k C a t O r c h e s t r a , i q u a l i a v e v a n o p r e c e d e n t e mente collabo r a t o c o n l a n o s t r a p e r i l l i v e To A l l We S t r e t c h T h e O p e n Arm . Il risult a t o è u n d i s c o t i t a n i c o , s c i n t i l l a n t e c h e a t t r a v e r s o l e g e s t a degli insetti, q u i o s s e r v a t i s p e c i a l i e v e r i p r o t a g o n i s t i , r a c c o n t a l a p a r a b o l a v i t a l e , g l i i n c o n t r i , g l i a t t e ggiamenti, i sentimenti c h e s o n o u m a n i m a r i e s c o n o a d e s s e r e t o t a l i z z a n t i e c o m p l e t a m e n t e u n i v e r s a l i . L o v e S o ng Of The Fly è un aggr a z i a t o s o l o d i O u d c h e a p r e l a s t r a d a a d u n m i n i v a l z e r / s i r t a k i d ’ a l t r i t e m p i , t u t t o o n d e g g iamenti di contrabbasso , p i c c o l i s o l i d e l i c a t i d i K o r a e u n b i a s c i c a r e v o c a l e d o l c e , s u a d e n t e , s f a v i l l a n t e . G e s t a t i on Of The Sacred Beetle è s u l l a f a l s a r i g a d e l l a p r e c e d e n t e , e m o z i o n e p e r u n d i p a n a r s i d i n o t e s f i o r a t e e g e t t a t e alla luna e alle stelle. S o n g O f P s y c h e è u n a c a v a l ca t a d i p i ù d i 7 m i n u t i p e r c h i t a r r a a c u s t i c a e v i o l o n c e l l o , b r illante nel suo spirito rid o n d a n t e d i l u c e n t e z z a , L u m in e s c e n c e h a t o n i s e r a l i , c h i a r o s c u r i d i o m b r e e f i g u r e i n movimento lieve, una dan z a p e r a m a n t i l e n t a a l l a m e r c é d i q u a l c h e f l e b i l e l u c e e c a n d o r e m e t r o p o l i t a n o . A l t r o v e s i incrocia no fluorescen z e c a b a r e t t i s t i c h e ( C r e d o C i g a l i a ) , u n t a n g o d o n d o l a n t e r i c o n d u c e a l l e d a n z e a m o r o s e ( Supper ), escrescenze a r a b e s c h e a d o r n a n o l e p a r e t i d i f l u i d i t à d i p e n s i e r o , d i s t a s i e m o t i v e p r e g n e d i g i o i a e g i ocosità (la splendida leg g i a d r i a d i F o l l o w i n g T h e S u n ). Questo è Sha r e T h i s P l a c e, u n v i a g g i o “ c u l t u r a l e ” p i e n o d i m a g i a e c u r i o s i t à , u n a m u s i c a l i t à v i v a e c o nquistante passo dopo p a s s o , a s c o l t o d o p o a s c o l t o . E p a c e c h e i n f o n d o s i t r a t t i d i u n d i s c o d i “ w o r l d m u s i c ” c h e e sula com pletamente d a l p e r c o r s o s e g u i t o d a M i r a h f i n o r a , p o i c h é s e q u e s t o è i l r i s u l t a t o , c ’ è s o l o d a e s s e r e entusiasti. Estaticamente t r a v o l t i . ( 7 . 4 / 1 0 ) Alessandro Grassi s e n t i r e a s c o l t a r e 63 Naomi (i boss della 2 0 / 2 0 / 2 0 ) . scatti lo-fi, antivirtuo s i , f o r s e u n p o ’ e in Boat Of Courage (in arpeggio cristallino). La gioia delle piccole cose appartiene alla prima traccia, c o n K u r i h ar a a p r e m e r e i l p e d a l e s u l l ’ e ff e t t o s l i d i n g c r i m s o n i a n o , a n cora più raggiante. Qui casa vuol d i r e u n r i ff c h e s a d i s a g a d i v i t e lasciate al loro destino. Perché c’è gente avulsa dal proprio destino e Michio è uno di questi. Non badate a l v o t o (6 . 5 / 1 0 ) , s e s i e t e s i n t o n i zz a t i v i c i a ff e z i o n e r e t e e s e v o l e t e sentirlo in versione - a contrasto - dark-side-metal allora portatevi a c a s a R a i n b o w, l a s u a c o l l a b o r a z i o n e c o n i l t r i o B o r i s ( D r a g C i t y, 2007). tropp o umili e ovvi a m e n t e l o n t a n i Edoardo Bridda Trovarlo nelle liner n o t e è u n a g a r a dura, eppure chi lo c o n o s c e b e n e lo distingue dalla p r i m a n o t a p e r ché Kirihara è un R o b e r t F r i p p r o mantico (?) dagli in t r e c c i r i g o r o s i ma addolciti da u n a p e r s o n a l i t à mite, di quei caratte r i c h e a m a n o l a scanzonatezza della n a t u r a e q u a l che goccia di Glenn B r a n c a p e n s i e ro a contrasto (??). U n o s p i r i t o p o p ondivago, e meno c o n t r a d d i t t o r i o dei p unti di domand a a p p e n a m e s si tra parentesi, che l a r i s t a m p a d i Sunset Notes (uscit o i n o r i g i n e n e l 2005) restituisce in u n a s e r i e d i dai riflettori di qual s i a s i t r i b ù ( c h e Mikhail – Orphica (Quatermass / Audioglobe, 28 maggio 2007) Genere: chamber electro-pop M i k h a i l K a ri k i s è g r e c o . S i è t r a s f e - siano freak, prog, ne w a g e o p o p ) . Nei due momenti ca n t a t i d e l d i s c o la musa si chiama A i A s o ( i l v a lzer Wind Waltzes e l a f o l k i s h T h e WInd’s Twelve Qua r t e r s e n t r a m b e pressoché per chita r r a e v o c e ) , e la pop star è l’unic a v a n i t à c h e i l chitarrista s’è conce s s o , i l r e s t o è per lui: una mente, d u e c h i t a r r e s o vraincise e una man c i a t a d ’ a p p u n t i , tipo il rebus di una D o D e e p - S e a Fist Dream Of Elec t r i c M o l e s , t r a un hard rock à la J a c k W h i t e / R o bert Fripp e un riff d a s o u n d t r a c k ottimista in netto co n t r a s t o ( m o l t o bella); la tecnica f r i p p e r t r o n i c d i Pend ulum On A G-S t r i n g ( d i m a n i e ra), la noise-delia di C a n o n I n C ( C Is Fo r Cicada) (d’ob b l i g o ) , e p e r s i no un country piutt o s t o g a r a g i s t a morriconiano in Twil i g h t M y s t e r y O f A Russian Cowboy ( e s e r c i z i o d i s t i le). Un volto intimo s i s c o p r e i n v e c e nei sette minuti di Th e O l d M a n A n d The Evening Star (i n f i g e r p i c k i n g ) 64 sentireascoltare r i t o a L o n dr a n e l 1 9 9 3 d o v e t u t t o ra vive. Le sue passioni oltre alla musica sono l’architettura e l’arte visiva (come dimostra ampiamente la copertina di questo suo debutto). Mikhail ama alla follia Bjork, e ci è c o s ì v i s ci d a m e n t e l e g a t o c h e h a cercato di creare un suo Medulla personalizzato, ovviamente non riuscendoci. Sì perché Orphica non è n i e n t ’ a l t ro c h e q u e s t o : v o c a l i z z i più o meno alla cazzo in ogni dove (che raggiungono l’apice della loro espressività in Love Song dove per enfatizzare “rumorosità amorose” il nostro arriva a mixare il gracidare delle rane con dei rutti veri e propri!!!), qualche field recording, qualche arco, un violoncello che appare ogni tanto e tanti sostrati infarciti di eletro beats e human beatbox. Si parte con la tragicità (tutta greca c’è da supporre…) di Untitled In CoF Minor, un volteggiare parossistico di violini sincopati e qualche parola biascicata e rigurgitata nell’aria, si arriva alla fisicità di Dance dove il nostro continua ad usare la voce alla peggio maniera come fosse uno strumento da contorcere, sfibrare, violentare, il tutto in un candeggiare di archi a librarsi tutt’intorno e si giunge infine all’electro-beat rurale di Drumming, un po’ Matmos un po’ Wa r p m a s e n z a a v e r e l a c l a s s e d e i primi per il rumorismo e la fantas i a l u c e n t e d e l l a s e c o n d a . Tu t t a v i a A s t e r i s s e p p u r v e r a m e n t e t r o ppo b j o r k i a n a è v e r a m e n t e u n a b ella t r a c c i a , d o v e i l p r o g r a m m i n g e let t r o n i c o b e n s i u n i s c e a v o c a l i smi s t a v o l t a a z z e c c a t i . Tr o p p o p o c o co m u n q u e . L e o m b r e n o n s i d i s p e r do n o , i f a n t a s m i s o n o p i ù c h e e v i d enti e l a c l a s s e , q u e l l a c h e p o t e v a f are l a d i ff e r e n z a , n o n c ’ è . ( 4 . 6 / 1 0 ) Alessandro Grassi Miracle Fortress – Five Roses ( R o u g h Tr a d e / S e l f , 6 l u g l i o 2007) Genere: indie-pop F i v e R o s e s è i l d e b u t t o a s s o l uto d e i c a n a d e s i M i r a c l e F o r t r e s s , ma s a r e b b e p i ù c o r r e t t o u s a r e i l s i n go l a r e . I n f a t t i , G r a h a m Va n P e l t – già membro degli Think About Life – è l ’ u n i c o c o m p o n e n t e d e l l a b a n d : au t o r e , c a n t a n t e e p o l i s t r u m e n t i sta. E b b e n e s ì , è i l l a v o r o d i u n s i n g olo i n d i v i d u o a c r e a r e u n s i ff a t t o s offi c e m u r o d i s u o n o i n t r i s o d i a l l e gre m e l o d i e p o p . S t r a t i s u s t r a t i d i s trum e n t i e m e l o d i e . Ta s t i e r e , c h i t a rre, b a s s o b a t t e r i a , c o n t r o c a n t i , i n s erti e l e t t r o n i c i : i l t u t t o c r e a t o e c o m po s t o d a q u e s t o c a n a d e s e t u t t o f are, s e n z a l ’ a i u t o d i n e s s u n a l t r o . Se s i p e n s a c h e m o l t i a l t r e b a n d per c r e a r e q u a l c o s a d i s i m i l e s i a v val g o n o d i n u m e r o s i m u s i c i s t i , q u esta i n d i v i d u a l i t à l a d i c e l u n g a s u l l ’ e stro creativo e produttivo del Nostro. C o m e u n B r i a n E n o i n c o s t u m e da b a g n o G r a h a m Va n P e l t è r i u sci t o , g r a z i e a l l e s u e a b i l i t à p r o dut t i v e e s t i l i s t i c h e , a c r e a r e u n mor bido condensato pop immediato e sgranatamene sfumato pastello del tipici di c o lori panorama in - d i e o d i e r n o . Q u e s t e d o d i c i t r a cce s o n o f i g l i e t a n t o d e l l e i m m e d i ate m e l o d i e d e i B e a c h B o y s , q u a nto di quelle satu r e e s p o r c h e d e i M y Bloody Vale n t i n e. E c c o , q u e s t e sono le più ev i d e n t i c o o r d i n a t e s u l le quali si mu o v e F i v e R o s e s . S e a ciò aggiung e t e a n c h e u n a c e r t a spensieratezz a t i p i c a d i b a n d m o l to in voga re c e n t e m e n t e , c o m e g l i Of Montreal , s a r à f a c i l e i n q u a d r a re la proposta m u s i c a l e d e i M i r a c l e Fortress. Mol t o d e b i t o r e a g l i a r t i s t i succitati, que s t o a l b u m h a p e r ò i l merito di risul t a r e f r e s c o e b r i l l a n t e non solo a bre v e t e r m i n e , m a a n c h e ai ripetuti asc o l t i s u c c e s s i v i . M e r i to che va attr i b u i t o a c a n z o n i c o m e Have You Se e n I n Yo u r D r e a m s , Next Train , P o e t a s t e r e T h i s T h i n g About You ch e , n o n o s t a n t e p o s s i e dano un’alleg r a i m m e d i a t e z z a p o p contagiante f i n d a l p r i m o a s c o l t o , conservano u n a v e n a m a l i n c o n i c a di fondo tant o n o s t a l g i c a d a n o n annoiare facil m e n t e . P r o p r i o q u e s t o connubio alle g r i a - n o s t a l g i a s e m b r a essere il val o r e a g g i u n t o d e i M i racle Fortress , t a n t o d a f a r l i i n n a l zare di una s p a n n a s o p r a t u t t e l e altre band che d i q u e s t i t e m p i m u o vono sugli ste s s i t e r r i t o r i . U n d i s c o estivo, solare e p i e n o d i a l l e g r i a . Spensieratam e n t e e g i o i o s a m e n t e malinconico. O t t i m o d i q u e s t i t e m pi. ( 7.2/10 ) Andrea Provinciali Montag – Going Places (Carpark / Audioglobe, 5 giugno 2007) Genere: indietronica, electro pop Per questo te r z o a l b u m i l v a n c o u veriano Mon t a g c h i a m a a r a c c o l ta una nutri t a c o m p a g n i a i n u n progetto cora l e , p i ù v i r a t o v e r s o i l pop rispetto a i p r e c e d e n t i . R i m a n e in Going Pla c e s l a m a t r i c e i n d i e tronica, che q u i s i c o l o r a d i s p e z i e a s s or t i t e , d a l l e a r m o n i e v o c a l i e o r c h e st r a z i o n i s i n f o n i c h e a l l a S u f j a n Stevens (nell’incipit I Have Sound, a cui presta voce Anthony Gonzales di M83) all’indie e synth-pop di ascendenza kraftwerkiana (Best Boy Electric, che richiama anche il Ta m b o r e l l o d e l p r o g e t t o D n t e l ) . Non mancano i cantati-dialogati alla Stars (non a caso Amy Millan è ospite in due pezzi alla voce, Mechanical Kids e la Broadcast-iana Safe In Sound), le armonie beachboysiane i n S o f t n e s s c o n O w e n P a l l e t t d i F inal Fantasy ai backing vocals, gli estratti in 8 bit, e le altre guests v o c al i , d a l l e A u R e v o i r S i m o n e a Vi c t o r i a L e g r a n g e d i B e a c h H o u s e (nell’electro di Plus Grande Que, uno dei pezzi alla AIR cantati in f r a n c e s e ) . L’ a t m o s f e r i c a t i t l e t r a c k n a s ce i n v e c e d a l l ’ i d e a d i a s s e m b l a re clip musicali provenienti da 15 nazioni con più di 70 partecipanti ( We H a v e S o u n d P r o j e c t ) . A d A ntoine Bédard non manca di certo il buon gusto nel confezionare le sue ricette musicali e nel saper dosare gli ingredienti con equilibrio, mai strafacendo. Una conferma molto gradita per un album arioso e con uno spiccato senso melodico che non mancherà di allietare le nostre estati assolate. (7.1/10) g i n a r i o : i l s u o f i n e u l t i m o è – pre - Te r e s a G r e c o c o s e p o s s i b i l e , e c o s ì v i a. Piaccio - s u m i a m o - q u e l l o c h e l a maggior p a r t e d e l l e n o s t r e b a n d i ndie prova a f a r e d a u n a d e c i n a b u o n a d’anni a q u e s t a p a r t e , o v v e r o s p o sare sono r i t à c o s i d d e t t e a l t e r n a t i v e con il no s t r o c a n t o e , s o p r a t t u t t o , la nostra l i n g u a ( i m a i t r o p p o l o d a ti Scisma e g l i o v v i A f t e r h o u r s / D o nà , per chi h a f a m e d i n o m i c h e p o ssano cal zare). Tr a l a s c i a n d o t u t t i i s e , i come , i q u a n d o e i p e r c h é d e l c a so, queste u n d i c i c a n z o n i s i a v v i c i n ano all’ob b i e t t i v o i l g i u s t o c h e c o m pete a una b a n d e s o r d i e n t e , c o n t u t t e le clas s i c h e m a c c h i e d a “ p r i m a ” come la t r o p p a v i c i n a n z a a i m o d e l li di riferi - m e n t o , i l m e t t e r d e n t r o a l disco più n o p e r ò i l g u s t o n e g l i i n t r ecci a due Moque – Luna appesa con lo scotch (Videoradio, 7 luglio 2007) G e n e r e : 9 0 ’s i n d i e rock, Italian pop Dio benedica i ’90 e i loro favolosi gold soundz. Il primo passo dis c o gr a f i c o d e i p a l e r m i t a n i M o q u e sembra fatto apposta per suscitare tutte le nostalgie possibili legate i tempi in cui Billy Corgan non si era ancora rapato la zucca (con le ben note conseguenze), la chioma di Lee Ranaldo non si era del tutto ingrigita, le chitarre dovevano e s s er e s c o r d a t e , l e b a n d s u l p a l c o guardavano le loro scarpe, “post rock” voleva ancora dire qualcosa, “noise” era sinonimo di “cool” e se dicevi “pop” volevi dire Pixies e Pavement, mica Coldplay… Luna appesa con lo scotch non si limita però ad evocare - bene e puntualmente - tutto questo imma- c h i t a r r e ( s i a n e l c o s t r u i r e trame tra l e p i ù v a r i e , s i a n e l l ’ i n g a rbugliarsi: i S o n i c Yo u t h d i N i d o d ’ a pe , i Blon d e R e d h e a d p r i m a m a n i e ra di Fari fendinebbia…), l ’ a v v e n t urarsi in c e r t e a n o m a l i e r i t m i c h e p ost ( June O f ’ 4 4 i n S e n z a m e t a , D o n Caballe r o i n Vo l u m e d e n t r o ) , i l d ispiegarsi d i a n i m e d i v e r s e a l l ’ i n t erno dello s t e s s o b r a n o ( L a n c e H e nricksen ); p i a c e s o p r a t t u t t o q u a n d o l e soluzio n i m e l o d i c h e d e l l a c a n t a nte Elena F a z i o – a p r i m o o c c h i o , quanto di p i ù l o n t a n o d a l l ’ A m e r i c a ’90 - dan n o a i b r a n i u n a p p e a l r adiofonico ( L a f r a z i o n e d i u n s e c o n do, Quello c h e n o n h o ) . I l c h e n o n è certo una c r i t i c a , s e m m a i u n a u g u r io, specie n e l m o m e n t o i n c u i l e e s treme pe r i f e r i e d e l l ’ i t a l i c o r e g n o i n die hanno b i s o g n o d i l u c e e d e s p o s i zione. Ov v e r o , s e m p r e . I n a l t r e p a r ole, non si v i v e d i s o l a C a t a n i a … ( 6 . 8/10 ) Antonio Puglia s e n t i r e a s c o l t a r e 65 rente di melodie sfumate e sognanti. Si possono giusto segnalare gli stupendi cori dell’iniziale Per Tierres Baxes, le chitarrine prezione di Dulce Amor, la deliziosa e ritmata serenata di Perdieron Y La Tierra. Gli amanti delle musiche più dreamy rischieranno di consumare questo disco nel corso della lunga estate 2007. Bravi dunque i Mus, ma spontanea sorge una domanda: che fine hanno fatto i Mazzy Star? (6.5/10) Mus – La Vida (Green Wide, giugno 2007) Genere: indie folk Ufo / Ci sono musicisti che inventano una formula così personale da causare assuefazione. I Mazzy Star erano, sono (?), una band del genere e il canto così peculiare di Hope Sandoval è una firma che quando la conosci non ti basta mai e cerchi di rintracciarla un po’ dovunque pur di appagarti. E’ stato così, cercando emuli che suonassero anche solo vagamente come le musiche cantate da Hope, che qualche anno fa mi sono imbattuto in El Naval, album di questa misteriosissima band spagnola, chiamata Mus. Sono in due, Mónica Vacas e Fran Gayo, hanno una conoscenza precisa del canone più etereo del folk, un’ottima padronanza strumentale, delle melodie deliziosamente lineari eppure studiate nei minimi particolari, una parte lirica di assoluto rispetto e la peculiarità di cantare in asturiano, una versione antica dello spagnolo, che è un po’ come se da noi qualcuno cantasse con la lingua del Manzoni. Insomma, hanno tutte le cose al posto giusto, ma gli manca quel minimo di carisma che li può traghettare fuori dal genere che si sono scelti. Disco dopo disco però, i due dimostrano anche di non volersi dedicare ad altro che alla propria musica e il nuovo La Vida, complice un piglio più solare, rischia di dargli, volente o nolente, quel briciolo di attenzione in più che gli è mancato fino ad ora. Il lavoro è di quelli impeccabili e che non fanno una grinza che sia una. Folk etereo e trasognato che ultimamente non si ascolta più nemmeno dai Mojave 3. Non ci sono pezzi di prima scelta, perché tutto il disco va preso come un unico tor- 66 s e n t i r e a s c o l t a r e Antonello Comunale M y C a t I s A n A l i e n / Te x t O f Light – Cosmic Debris vol. I (A Silent Place / Audioglobe, maggio 2007) Genere: psych, improv A Silent Place è etichetta da ammirare già solo per costanza e fedeltà con cui sta dietro all’esuberanza creativa dei My Cat Is An Alien. Adesso si è messa in testa di documentare su CD l’ennesima serie di split che i fratelli Opalio condivideranno, su sontuosi vinyl art in e d i z i o n i c ar b o n a r e , c o n n o m i a l t i sonanti del panorama sperimentale internazionale. Cosmic Debris li vedrà collaborare, come ci avevano anticipato qualche mese fa Pierpaolo Marchio e Pasquale Lomolino i n s e d e d i i n t e r v i s t a , c o n Te x t O f L i g h t, S t e v e R o d e n , K e i j i H a i n o, M a t s G u s t a f s s o n, L o r e n C o n n o r s. Inutile sottolineare come l’operazione acquista senso soprattutto se concepita come un esperimento – l’ennesimo – di arte totale; che la musica sia dunque da considerare s o l o u n o d e g l i a s p e t t i d i q u e l l a G esamtkunstwerk alla cui concretizzazione i My Cat Is An Alien lavorano con fervore ormai da anni. E che i l c o n s i g l i o, d u n q u e , è d i a s s i c u rarsi una delle cento copie, se non di questo, sicuramente esaurito, almeno degli altri volumi della serie originariamente licenziati dalla Opax Records dei fratelli Opalio. Ma qui, nella fedele riedizione della A Silent Place, resta la musica, e si tratta una volta ancora di un g r a n s e n t i r e . Te x t O f L i g h t è i l s u pergruppo composto da Lee Ranald o , A l a n L i c h t , U l r i c h K r i e g e r, D J O l i v e e Ti m B a r n e s c h e n e l l a l u n g a traccia registrata dal vivo presso il Centro George Pompidou il 31 mar- zo del 2003, si lasciano andare a u n a l u n g a d i v a g a z i o n e i m p r o v v i s ata d a g l i e c h i o r a n o i s e , o r a v a g a m e nte f o l k , s e b b e n e s t r u t t u r a l m e n t e a ff ine a i m e t o d i c o m p o s i t i v i d e l f r e e - j a zz. E v e r y t h i n g F a l l s L i k e C o s m i c De b r i s d e i f r a t e l l i O p a l i o è i n v e c e il b r a n o m a n i f e s t o d e l l a s e r i e C o s mic D e b r i s . I l r i s c h i o è q u e l l o d i r i p e ter s i , m a i l f o l k l o r e a l i e n o d e i M C I AA, a l s o l i t o d r o g a t o e d a l l u c i n o g e n o, è e ff i c a c e e d e s s e n z i a l e c o m e f o sse u n ’ o p e r a d i a r t e p o v e r a , e n i g m a tico e d o p a c o c o m e i l r i t r o v a t o d i una civiltà indomabile. (7.0/10) Vincenzo Santarcangelo Num 9 - The Glow-Worm´s Resistance (Acuarela, 2006 Audioglobe, maggio 2007) Genere: pop, dream, indie C h e n o i a l a r e t o r i c a . Q u a n t i d i s chi a b b i a m o r e c e n s i t o d i i n d i e p o p per c h i t a r r e d i l a t a t e e e l e t t r o n i c a ( l eg g i Ta r w a t e r ) , c o n f u s i o n i s h o e g aze e f o u n d v o i c e s f o l k ( l e g g i Tu n n g)? Q u a n t i d i l o r o p o s s e d e v a n o u n c an t a u t o r a t o u m i l e e a g r o d o l c e , s o g na t e e m e l a n c o n i c o ? D i d i s c h i c o s ì ne u s c i r a n n o a l m e n o u n a d e c i n a al m e s e e l a M o r r, c h e n e h a f a t t o un f o r m a t , c ’ h a m e s s o p u r e u n a b ella l a s t r a s o p r a . E p p u r e N u m 9 è s pec i a l e , a p r t i c o l a r e d i c u i c i s i a c cor g e s u b i t o . L u i è E m a k B a k i a , l ’ exc h i t a r r i s t a d e i d i s c i o l t i M i g a l a ( c he, r i c o r d i a m o l o , h a n n o f a t t o l a s t oria d e l f o l k i n d i p e n d e n t e s p a g n o l o n i en t e m e n o ) m e s s o s i i n p r o p r i o . The G l o w Wo r m ’s R e s i s t a n c e l ’ a l bum u s c i t o d o p o u n a n n o a b b o n d a nte tra scrittura e arrangiamento. P u b b l i c a t o p e r A c u a r e l a l o s c o rso d i c e m b r e ( d e l 2 0 0 6 ) e o r a d i s po n i b i l e i n I t a l i a v i a A u d i o g l o b e (da p o c o d i s t r i b u t r i c e d e i d i s c h i d ella turn it on Skeletons And The Kings Of All Cities - Lucas (Ghostly International / Audioglobe, 8 maggio 2007) Genere: tropical/psych Fermi tutti. L’ a r m a t a M a t t M e h l a n h a f a t t o u n a c o s a g r o s s a , a n c o r p i ù del già notevo l e e n o t e v o l m e n t e s c o n c e r t an t e G i t ( G h o s t l y I n t e r n a t i o n a l , 2005). Ci son o c a m b i i n f o r m a z i o n e , m a d e l r e s t o i n u n c o m b o d i o l t r e quindici elem e n t i c r e d o s i a l a r e g o l a , c o m e m i n i m o . A n c h e l a r a g i o n e s o ciale è sensib i l m e n t e m o d i f i c a t a , a c c a n t o n a t i i “ r a g a z z i c o n l a f a c c i a d a ragazza” in fa v o r e d e i “ r e d i t u t t e l e c i t t à ” , e s c u s a t e s e è p o c o . M a q u e l che succede i n q u e s t e n o v e t r a c c e è p r o v o c a t o , c r e d o , d a u n n e t t o s a l t o di qualità pro g e t t u a l e , c h e p e r u n t i p o c o m e M e h l a n s i g n i f i c a o r g a n i z z a r e deliri & vision i i n u n c r o g i o l o a c i d o e o n d i v a g o , a l l u c i n a t o e a l l u s i v o , s t o r dente e grotte s c o . Un incrocio d i c o o r d i n a t e i n s t a b i l i d o v e s ’ i n c o n t r a n o / s c o n t r a n o l e e l u c u brazioni post- f o l k d e i G a s t r D e l S o l , l a f r e a k e r i a t r i b a l i s t a d e g l i A n i m a l C o l l e c t i v e , i l g u a z z a b u g l i o e t n ofuturista di Byrne /Eno, l a f u s i o n a l g e b r i c a d e i To r t o i s e e l ’ e u f o r i a e l e c t r o p e r c u s s i v a d i M a n i t o b a. Tr a m e r a d i oattive su cui si adagia i l c a n t o d i M a t t , c o n t a g i a t o ta n t o d a i l a n g u o r i e s o t i c i M a t t Wa r d q u a n t o d a l b u c o l i c o a bbandono Tim Delaught e r . Q u e l c h e n e r i s u l t a è u n ’ i p o t e s i p s y c h p e r l ’ o g g i d ì , m a n o n l e s o l i t e c o s e c h e c i t a n d o si disin nescano, cari n e r i e s f r i g o l a n t i s e n z a t r o p p i s b o c c h i n e l r e a l e e c h i s ’ è v i s t o s ’ è v i s t o . N o , q u i l ’ a ff a r e è davvero straniante, an n i d a t o n e l c u o r e s t e s s o d e l l ’ in c u b o m o d e r n o , c h e o s s e r v a a p a r t i r e d a l l a p i c c o l a c i t t à d el Kansas - microcosmo m e t o n i m i c o d i u n a q u o t i d i a n i t à s p l e n d i d a m e n t e d i s u m a n i z z a n t e - c u i s ’ i s p i r a . E p e r c i ò alletta e atterrisce, com e u n d e l i r i o a b r u c i a p e l o . C o s ì v i c i n o c h e q u a s i n o n l o v e d i . ( 7 . 5 /1 0 ) Stefano Solventi sentireascoltare 67 preziosa etichetta m a d r i l e n a ) , i l d i sco nasce e si cons u m a n e l s e g n o del cuore e dei tum u l t i d e l l ’ a n i m a . È indiepop a tratti d a n c e , u l t r a t e c h e ricco di sfumature a l l a p t o p , m a a marchiarlo a fuoc o è u n a v o c e . Prendete Perfect in a p e r t u r a , l a c a ratteristica dream s o n g d e l n o s t r o : un battito biologico- s i n t e t i c o s c a n disce il tempo, una c h i t a r r a n e w o r deriana inizia ad ac c a r e z z a r l o , p o i Bakia intona le strof e i n u n m i s t o d i coolness e slaking, R o n a l d L i p p o k e Lou Reed. Il feel i n g è i m m e d i a to e proprio grazie a l t a g l i o d e l l a voce, e ai testi che p u r e m e r i t a n o una scorsa, c’è se m p r e u n a t e n sione papabile nell e c a n z o n i , t r a amarezza e invettiv a p o l i t i c a n e l singolo A Giant Ste p ( o c c h i o a l v i deo su YouTube, id e a s e m p l i c i s s i ma ma efficace), op p u r e a t t r a v e r s o la critica sociale di P o e m a D e L a Resistencia . Num 9 pare un Ca s i o t o n e p i ù r o mantico nei toni m a p i ù t a g l i e n t e nei testi ( Foreign Ci t y ) , u n a s p e t t o che contrasta e as s i e m e b i l a n c i a l’incastro elettro ac u s t i c o , s ’ i n s e risce amabilmente n e i t e r r i t o r i p i ù houseggianti ( The D r e a m ) e n o n dimentica il sapore i s p a n i c o ( s o t t o forma di field record i n g s e c h i t a r r a spagnola). Prendete p o i u n p i c c o l o classico à la New O r d e r i b i z e n c h i come The Wait (ha m m o n d , c a s s a dritta e effetti), opp u r e u n a c h i c c a epoca Technique fir m a t a A F o r e i g n City e lo spessore c r e s c e a n c o r a . Saranno 37 minuti, m a n e v a l g o n o tutti la pena. ( 7.0/10 ) s c o n o s c i u t o ) o i t a l i a n i ( M o r r i c on e, Tr o v a i o l i o U m i l i a n i) h a c o n tribuito al rinnovamento dell’easy listening che sconfina sempre di più nell’electro (vedi l’imponente lavoro della Irma e dei suoi alfieri M o n t e f i o r i C o c k t a i l) . Ok quindi all’ennesima operazione di ripescaggio; per iniziare, il disco va più che bene (notevoli gli inserimenti di Rota, Barbieri, il s u p e r b l u e s d i C o l o m b i e r, l a b a l l a d d i S a r d e e l ’ e p o s d i Va n g e l i s) : i nsomma, uno starter per i neofiti o una riconferma per pigri aficionados. Una compilation iperromantica a tratti un po’ leziosa. Un lato dell’easy listening un po’ troppo ortodosso, che andrebbe rimescolato anche con qualche traccia più movimentata. Il prossimo disco della N o u v e l l e Va g u e s a r à s i c u r a m e n t e una raccolta di ballad. Nu-romantic: ecco la vostra compilation per l’estate sul Pont-Neuf. Per tutti gli a l t r i : u n p o ’ t r o p p o “ Te m p o d e l l e mele”. (6.0/10) S S T d i c u i m i i n f a t u a i l e g g e n d o una Marco Braggion o r, E v e r y t h i n g Yo u E v e r Wa n t e d to s e n s a z i o n a l e r e c e n s i o n e d e l b uon v e c c h i o C l a u d i o S o r g e e c h e p a ssai a n n i a c e r c a r e , s c o p r e n d o p o i che i n E u r o p a e r a u s c i t o p e r l a C r i p p led D i c k , e t i c h e t t a t e d e s c a s p e c i a liz z a t a i n s o u n d t r a c k d i J e s s F r a nco e v e c c h i g r o o v e s o f t p o r n o . C ulto r a d d o p p i a t o a l l ’ i s t a n t e . S e s i c on t a n o a n c h e i l e g g e n d a r i l i v e , con R o b i n s o n a s b a v a r e n u d o s u l mi c r o f o n o i n u n a s i m i l v e r s i o n e ne g r a d i H e n r y R o l l i n s, l e c o l l a b ora z i o n i s p a r s e c o n f e m m i n e f o l l i del r o c k c o m e Ly d i a L u n c h, M a r i a nne F a i t h f u l l e J a r b o e e l ’ a p p e l l a t i vo, d i m o s t r a t o c o i f a t t i , d i v e r i e r edi d e i P e r e U b u p e n s o c h e s i c api s c a c h e g l i O x b o w s o n o m a t e r iale p r e g i a t o , a n c o r c h é p e r i c o l o s o da m a n e g g i a r e . T h e N a r c o t i c S t ory c e l i r i c o n s e g n a d o p o u n a b ella p a u s a d i q u a t t r o a n n i d a l l ’ u l t i mo v e r o a l b u m i n s t u d i o e a l l a v igi l i a , t r a l ’ a l t r o , d e l l a p u b b l i c a z i one d e l p r i m o l i b r o s c r i t t o d a R o b i n son c h e r e c a l o s p l e n d i d o t i t o l o : F i ght: K n o w A b o u t A s s - K i c k i n g b u t Were A f r a i d Yo u ’ d G e t Yo u r A s s K i c ked for Asking. The Narcotic Story è u n d i s c o m o l t o m e n o a s s - k i c k i n g di q u e l l o c h e c i s i p o t r e b b e a s p e tta re da loro. C’è persino un intro e v e n g o n o u t i l i z z a t i a n c h e u n ’ a b b on d a n z a d i a r c h i p e r r i c a m a r e a r i e da m e l o d r a m m a . L’ i n t e n t o c h e c ’ è die t r o è q u e l l o d i a l l e s t i r e u n a c o l on n a s o n o r a e d i d i s e g n a r e u n a l b um s i n i s t r o e q u i e t o , m a n o n m e n o tor m e n t a t o d e i p r e c e d e n t i . C ’ è m olto Edoardo Bridda m e n o h a r d c o r e , m e n o f u r i a e t u t to è i n s c a t o l a t o c o n m a g g i o r c u r a . Non N o u v e l l e Va g u e – C o m i n g H o m e (Stereo Deluxe / Audioglobe, 10 maggio 2007) Genere: soundtrack compilation Si capisce sempre d i p i ù d a d o v e arrivi il bagaglio de i f r a n c e s i N o u velle Vague: la selec t a c o m p i l a t a d a Marc Collin ha infat t i a l s u o i n t e r n o i suo ni tipici delle c o l o n n e s o n o r e anni ‘60/’70 tanto c a r e a l l a s c u o l a post- Air che ha de f i n i t o u n a n u o va onda (appunto) n e l l e a b i t u d i n i indie degli ultimi tem p i . I l c o n t i n u o riferimento alla mig l i o r t r a d i z i o n e melodica di arrang i a t o r i f r a n c e s i (Gainsbourg tanto p e r c i t a r e u n o 68 sentireascoltare p u ò c e r t o d i r s i t r a i l o r o l a v o r i mi g l i o r i , n o n p e r c h é m e n o r a b b i o so, Oxbow – The Narcotic Story (HydraHead / Goodfellas, 5 giugno 2007) Genere: blues hardcore L’ u o m o n e ro d e l v o o d o o è t o r n a t o . Si chiama Eugene Robinson, è il frontman dei qui presenti Oxbow ed è il tipico mandingo alto due met r i e r i c o p er t o d i t a t u a g g i , c h e n o n vorresti mai vedere alle tue spalle in qualche vicolo. Gli Oxbow sono anni che ci deliziano con dischi storti e micidiali. Io personalmente ho un rapporto di autentico culto per Serenade In Red, disco su m a p e r c h é s o s t a n z i a l m e n t e i r r i sol t o . U n d i s c o c h e n o n s a a b b a n do n a r e l a s t r a d a v e c c h i a p e r l a n uo v a . M a i l b l u e s , q u e l l o s i . Q u ello c h e c ’ è s e m p r e . Q u e l l o c e l o m ette R o b i n s o n c o n l a s u a v o c e . S i a che s b r a i t i a n i m a l e s c o s u l l e d i s t o r s i oni a l b i n i a n e o c h e i n v o c h i “ O h ! J e s us” s u u n q u a r t e t t o d ’ a r c h i c o m e nel l ’ i n t r o d i D o w n A S t a i r B a c k w ard . E u g e n e R o b i n s o n n o n s i s m e n t i sce m a i . E u g e n e R o b i n s o n c a m m i n erà t r a n o i a n c h e d o p o e s s e r e m o rto. (6.8/10) Antonello Comunale Paoli, Rava, Rea, Gatto, Boltro, Bonaccorso - Milestones / Un incontro in jazz (Blue Note, 28 maggio 2007) Genere: jazz Questo Miles t o n e s a r r i v a c o m e n a turale conseg u e n z a d i u n a s t a g i o n e favorevole pe r i l j a z z i t a l i a n o . D i cui potrebbe d i v e n t a r e d a v v e r o u n a “pietra miliar e ” , a l m e n o d a l p u n t o di vista dello s f o n d a m e n t o c o m m e r ciale. La ban d è d i g r i d o , u n v e r o supergruppo o r g a n i z z a t o d a E n r ico Rava , de c a n o d e i t r o m b e t t i s t i nostrani, che h a v o l u t o a c c a n t o a sé l’ottimo D a n i l o R e a ( p i a n o f o r te), una sezi o n e r i t m i c a r o d a t a e affiatata com e R o s a r i o B o n a c c o r so (contrabba s s o ) e R o b e r t o G a t t o (batteria), più i l v i r t u o s o t r o m b e t tista Flavio B o l t r o i n t r e p e z z i . U n contorno luss u r e g g i a n t e p e r i l p i a t to forte rappre s e n t a t o d a G i n o P a o li, autorevole a n e l l o d i c o n g i u n z i o ne col bel mo n d o d e l p o p d ’ a u t o r e . Il disco è sta t o i n c i s o i n o c c a s i o ne dei due co n c e r t i t e n u t i a S o r e sina lo scorso m a r z o , q u i n d i g o d e di una fragran z a e l a r g i t a c o n b e l l a disinvoltura d a i c o n s u m a t i i n t e r preti. Anche t r o p p o , v e r r e b b e d a dire. Nel sens o c h e i l r e p e r t o r i o d e l cantautore ge n o v e s e è a ff r o n t a t o con una cert a d e f e r e n z a , s p e s s o l’arrangiamen t o j a z z d i v e n t a u n ’ a p parecchiatura g a r b a t a e p o c o p i ù , soprattutto ne i c a s i m e l o d i c a m e n t e più “ingombra n t i ” . Ve d i i c a s i d i U n a lunga storia d ’ a m o r e e d i Vi v e r e a n cora , oppure – s o p r a t t u t t o – l a c a u ta rilettura de I l c i e l o i n u n a s t a n z a , rumba placida s c r e z i a t a a p p e n a d a un’inquietudin e p i a n o / t r o m b a . Va meglio co n u n a u m o r i s t i c a L a gatta , dove G a t t o ( ! ) s t e m p e r a swing e free v o l e z z e b o s s a n e l l a schermaglia r i t m i c a c o l B o n a c c o r - so. Benissimo anche Sassi, con la trepidazione sospesa pianocontrabbasso-batteria e gli sprazzi drammatici della tromba. Meno bene la resa di due standard come Ti m e A f t e r Ti m e e I F a l l I n L o v e To o Easily, ingolfate sull’inglese improbabile di Paoli - che canta già stopposo di suo - e parzialmente salvate da un Rea in gran spolvero. D i s c r e t a i n v e c e l a v e r s i o n e d i S t a rdust, con l’ospitata del senatore dei pianisti Renato Sellani, latore della consueta, flemmatica eleganza. Chiude in bellezza Senza fine, abbandono fervido che lungo la strada si frastaglia hard-bop in sella all’interplay teso, scattante. Un disco buono ma non buonissimo, che dovrebbe piacere sopratt u t t o a c h i d i j a z z è p i u t t o s t o a d igiuno. Passi se il motivo principale per cui sarà venduto e apprezzato è proprio quello - la presenza di Paoli - per cui non riesce ad essere q u a l c o s a d i p i ù e m e g l i o . ( 6 . 2 /1 0 ) Stefano Solventi Part Chimp – Cup (Monitor / Wide, 24 aprile 2007) Genere: noise-rock Comincia con quello che sembra e s s er e a t u t t i g l i e ff e t t i u n a o u t t a k e d a i m i g l i o r i S o n i c Yo u t h d ’ a n n a t a , questo nuovo parto degli inglesi Part Chimp. Inglesi di passaporto a dir la verità, poiché tutto, ma proprio tutto sembra rimandare al di là dell’oceano: strutture, volumi, atteggiamento. Mathcore granitico, grumi di chitarre in distorsione, a m p li f i c a t o r i c h e f r i g g o n o c o m e f a rebbero quelli dei Melvins se suon a s se r o h a r d c o r e … E i l b e l l o è c h e i tre non si fermano mai. Non rifiatano, non riflettono, non ci pensano a ff a t t o . Ti r a n o d r i t t o s e m p r e e c o munque. Suonano straight in your face senza remore, come dei folli l a n c ia t i a v e l o c i t à m a s s i m a d e n t r o una galleria del vento. A dirla tutta Cup non è il loro nuovo album, ma è come se lo fosse, dato che è una compilation per il mercato americano che mette un po’ d’ordine in una discografia spesso in formati minori. Oltre all’intero nuovo singolo New Cross, si ritrovano b-sides, rarità e versioni alternative uscite nei vari singoli e s p l i t s u R o c k A c t i o n , M o nitor, Noi sestar ecc.. U n c o n c e n t r a t o d i n o i s e -rock pa c h i d e r m i c o e t o r r e n z i ale, fatto p r i n c i p a l m e n t e d i c h i t a r r e sature e r i t m i c h e f o r s e n n a t e i n c ui accen n i d i M o t o r p s y c h o d e g li esordi, L i g h t n i n g B o l t e S o n i c Youth si m e s c o l a n o a d u n a b u o n a dose di p a r a n o i a u r b a n a . D i s c o r so a parte m e r i t a u n p e z z o c o m e A nd Hell Is B e h i n d M e c h e s i n d a l t i t o lo fa capi r e c h e u n d e m o n i o c e l ’ h a nno e non l o n a s c o n d o n o a ff a t t o . D i eci minuti d i o s s e s s i v i t à r e i t e r a t a c he sembra g l i O r b i t a l s o t t o a c i d i p esanti alle p r e s e c o n c h i t a r r e e a m p l i invece di s e q u e n c e r s e e l e t t r o n i c h e varie. Un d e l i q u i o u m o r a l e t r a d e t r i ti di noise r o c k a m b i e n t a l e , f r i p p e r tronie va r i e e ( m o l t o ) e v e n t u a l i , b r usii e una c a t a r s i c h e s t e n t a a r a ggiungersi l a s c i a n d o l ’ a s c o l t a t o r e i n balia del l e o n d e s i n u s o i d a l i . I l v ero eco di b o m b e a t o m i c h e i n c a d u t a libera. U n a o t t i m a c o m p i l a t i o n per aficio n a d o s e c o m p l e t a s t i ; p er gli al t r i i l c o n s i g l i o è q u e l l o di cercare g l i a l b u m u ff i c i a l i C h a r t Pimp e I A m C o m e , e n t r a m b i s u Monitor. (6 . 7 /1 0 ) Stefano Pifferi Pieta Brown – Remember The Sun (One Little Indian / Goodfellas, giugno 2007) Genere: americana, c o u n t r y, r o c k f o l k S i a m o d a l l e p a r t i d e l l ’ Americana m i s c h i a t a a l f o l k - r o c k p i ù easy, per u n ’ a l t r a a u t r i c e c h i t a r r i s t a di belle s p e r a n z e a r r i v a t a o r m a i al quarto d i s c o , i l s e c o n d o s u l l ’ i n glese One L i t t l e I n d i a n . F i g l i a d ’ a r t e (il Bob Brown s o n g w r i t e r c o untry-rock a m e r i c a n o i l p a d r e ) , a c c o mpagnata d a l f i d o B o R a m s e y a l l a p roduzione ( a l l a c h i t a r r a p e r L u c i n d a Williams t r a g l i a l t r i ) s f o r n a u n a l tro album d i b a l l a d c o n u m o r i c h e variano d a l c o u n t r y p i ù t r a d i z i o n ale ( In My M i n d I Wa s Ta l k i n g To L oretta ), al s i m i l - C a s h v i r a t o W i l i a ms ( Sonic B o o m ) a l l a l a n g u i d a b a llata ( Are Yo u F r e e ? ) c a n t a t a c o n l a voce in d o l e n t e e t r a s c i n a t a c h e si ritrova. R i c h i a m a n d o s e n z a e s s e rne all’al t e z z a u n b e l p o ’ d i n o m i i llustri del p a s s a t o e d e l p r e s e n t e più recen t e . L a s c r i t t u r a n o n m e morabile e sentireascoltare 69 l’uniformità del mate r i a l e p r e s e n t a to non giocano quin d i a f a v o r e d e l disco. La Brown d’a l t r a p a r t e n o n ha una personalità d e c i s a , a n c h e vocale, che supplisc a a l l e c i t a t e c a renze. Un album di c u i n o n c i s p i e ghiamo proprio la r a g i o n d ’ e s s e r e in un contesto indie. ( 5 . 0 / 1 0 ) Te r e s a G r e c o bile Horizon). Ma le cose migliori vengono quando Riparbelli ha il coraggio di ascoltare fino in fondo il richiamo, sempre pulsante sottopelle, del rumore: allora le onde urticanti di glitches in movimento divengono la materia prima di un noise digitale che si direbbe provenire da quell’Oriente che ci ha abituati a simili arditezze ( To S e e k , I Wi l l A r r i v e , l ’ e s p l i c i t a Noise). Grazie anche alle collaborazioni di Gianluca Becuzzi (qui c o i n v o l t o n e l r e m i x d i To S e e k e n e l recitativo di alcuni brani), Echran ( s u o i l r e m i x A n o d i n e ) e K e n j i S i r at o r i, To S e e k a i u t a a s t a b i l i r e c o n precisione quali siano le coordinate entro cui collocare l’ennesimo astro nascente - ma la produzione dell’artista è già sterminata, tra compilation e CD-R - all’interno della sempre più intricata scena elettron i c a n o s t r a n a . Vi e t a t o n o n p r e n d e r ne nota. (7.3/10) t i m o r i r e v e r e n z i a l i e d i m o s t r a ndo u n a b u o n a o r i g i n a l i t à d i s c r i t t ura. Q u e l l a c h e e m e r g e d a l t e m p o r eg giare v e n a t o d i a r o m i d ’ o r i e n t e di Wa l k i e - Ta l k i e , d a i v i b r a n t i s l a nci v o c a l i d i G a s h D i s c i p l i n e o m a ga r i d a Q u e s t i o n : , c o s ì v i c i n a a c erte c o s e d e l T h o m Yo r k p e n s i e r o d i f ine m i l l e n n i o ( p e n s i a m o a K i d A e in p a r t i c o l a r e a E v e r y t h i n g I n I t s R i ght P l a c e ) . U n i m p e t o m e l o d r a m m a tico c h e n o n o s t a n t e l e f e b b r i l i p r o g r es s i o n i a l l a b a s e d e l s u o n o , t r o v a il t e m p o d i s t e m p e r a r e l a t e n s i o n e in p e r c o r s i m u s i c a l i p i ù d e f i l a t i ( P rin c e A s t r o n a u t ) s e n z a p e r q u e s t o ri nunciare al trasporto. (7.1/10) Fabrizio Zampighi Vincenzo Santarcangelo P i e t r o R i p a r b e l l i – To S e e k (Radical Matters Editions, aprile 2007) Genere: elettronica, digital noise Pur contenendo trac c e p r o v e n i e n t i da diverse sessioni d i r e g i s t r a z i o ne, remix, ed esibi z i o n i d a l v i v o , il CD-R di Pietro Ri p a r b e l l i c h e l a Radical Matters Ed i t i o n s d i L i v o r no presenta in un ’ e l e g a n t e c o n fezione rigorosame n t e handmade - la tiratura è disgr a z i a t a m e n t e l i mitata a sole 50 co p i e - , h a t u t t e le sembianze di un l a v o r o c o e s o , organico e corposo, i n g r a d o d i i n trodu rre compiutame n t e a l l ’ i n t e r n o di un universo sono r o c h e r i s c h i a , in maniera del tutto i m m e r i t a t a , d i rimanere inesplorato . E’ un universo che p a r e t a l v o l t a d o mandare esplicitame n t e d i r i m a n e r e inesplorato, quello d i P i e t r o R i p a r belli, paesaggio aust e r o e d e s o l a t o di suoni elettronici ra r e f a t t i , u n b a s so profondo a trive l l a r e s u p e r f i c i increspate di micros u o n i , i l s i s m o grafo a fatica traccia l ’ a n d i r i v i e n i d i scosse imprevedibili ( U n e x p e c t e d ) ; conversazioni che s i s c o p r o n o p r e sto ostinati monolog h i ( D i g i t a l C u rse , con il recitato di K e n j i S i r a t o r i ) ; stralci di frequenze c a p t a t e c h i s s à come da radio inasc o l t a t e ( A P o s s i - 70 sentireascoltare Planet Brain – Compromises & Carnivals (Function Records / Goodfellas, 2007) Genere: rock Con solo due autoproduzioni alle spalle i Planet Brain mollano l’Ital i a p e r a p p ro d a r e i n t e r r a d i A l b i o n e alla corte della Function Records. Una possibilità, quella di uscire per una label d’oltremanica concessa a pochi e che da sola dovrebbe bastare a far per lo meno sospettare che in questo caso, i numeri, ci siano davvero tutti. Supposizione confermata dai dieci movimenti di Compromises & Carnivals, che a volerli sintetizzare a grandi linee senza temere scomuniche per aver bestemmiato, li si potrebbe avvicinare al pop lirico e sferzante di artisti del calibro di Radiohead – quelli di The Bends e Muse: musica dagli arrangiamenti corposi e dalle grandi aspirazioni insomma, combattuta tra crescendo e batterie arrembanti, impennate vocali e falsetti, intense cavalcate soniche e malinconie. Marcello Batelli, Nicola Zangrando e Claudio Larese Casanova non fanno nulla per nascondere le origini nobili del suono, appropriandosi anzi dei canoni estetici di riferimento senza Polvere – Self Titled 10” ( Wa l l a c e / A u d i o g l o b e , m a g g i o 2007) Genere: elettroacustica È l ’ i d e a l e a p p e n d i c e a l l ’ o m o n imo a l b u m d i q u a l c h e t e m p o f a ( P o l ver e , Wa l l a c e 2 0 0 6 ) q u e s t o v i n i l e 10” c h e v e d e l a l u c e d a u n a c o l l a b ora z i o n e t r a l a n o s t r a Wa l l a c e , l a c eca M i n o r i t y e l a g i a p p o n e s e To w n To ne. C o l l a b o r a z i o n e c h e t e s t i m o n i a , se c e n e f o s s e a n c o r a b i s o g n o , i l v alo r e d e l d u o C o l e t t i / I r i o n d o e l a c l as s i c i t à d i u n s u o n o c h e d i s c o d opo d i s c o c o n f e r m a d i n o n c o n o s c ere c o n f i n i n é m u s i c a l i , n é g e o g r a f i ci. L e c o o r d i n a t e s o n o r e s o n o q u elle g i à n o t e : u n a e l e t t r o a c u s t i c a e mo z i o n a l e , o n d i v a g a e f l u t t u a n t e c he i d u e p e r l ’ o c c a s i o n e i m p r e z i o s i s co n o d i a c c e n t i j a p a n g r a z i e a l l ’ i n clu s i o n e d i f r a m m e n t i s o n o r i d a v e cchi d i s c h i g i a p p o n e s i . U n s a l u t o a l Sol L e v a n t e c h e c o s ì b e n e h a a c c o l to i d u e d u r a n t e l ’ u l t i m o t o u r ? O l ’ e n ne s i m a d i m o s t r a z i o n e d i u n a a p e r t ura turn it on To m a h a w k – A n o n y m o u s ( I p e c a c / G o o d f e l l a s , a p r i l e 2 0 0 7 ) Chi, dopo i p r i m i d u e a l b u m d e l l ’ e n n e s i m o s i d e - p r o j e c t d i M i k e P a t t o n , si era sentito i n d o v e r e d i e s p r i m e r e p a r e r i p i ù o m e n o d e f i n i t i v i c i r c a l o stile della ban d , c o n s i d e r a t a d a m o l t i l a p i ù “ a c c e s s i b i l e ” d e l l a m i r i a d e d i gruppi messi i n p i e d i d a l c a n t a n t e a m e r i c a no t r a g l i a n n i ‘ 9 0 e i l n u o v o m i l lennio, dovrà r i c r e d e r s i . S e f i n o a M i t G a s i r i f e r i m e n t i a i F a i t h N o M o r e sembravano s e g n a r e i n m a n i e r a i n d e l e b i l e a n c h e i l f u t u r o p r o s s i m o d e i Tomahawk, re n d e n d o l a u n a c r e a t u r a i n t u t t o e p e r t u t t o p a t t o n i a n a , q u e s t o Anonymous c o n f e r m a e s a t t a m e n t e i l c o n tr a r i o , c o g l i e n d o p e r f e t t a m e n t e nel segno in q u a n t o a e ff e t t i s p i a z z a n t i . La band, a qu a t t r o a n n i d a l l ’ u l t i m a f a t i c a i n s t u d i o , r i p a r t e d a l l ’ o r i g i n e d e l proprio nome ( i l t o m a h a w k e r a l ’ a s c i a d a g u e r r a d e i N a t i v i a m e r i c a n i ) , allontanandos i d a l r o c k p e r i n d a g a r e e r e i n t e r p r e t a r e l a c u l t u r a m u s i c a l e delle popolazi o n i c h e a n c o r a v i v o n o n e l l e r is e r v e . U n ’ o p e r a z i o n e n o n n u o va negli Stati U n i t i , d a p i ù d i u n s e c o l o s c h i a c c i a t i d a u n o b e r a n t e p e s o s u l l a c o s c i e n z a , s p o r c a t a d a u no stermi nio troppo sp e s s o t a c i u t o , m a p a r a g o n a b i l e a l l ’ o l o c a u s t o i n q u a n t o a f e r o c i a e c r u d e l t à . U n ’ e s p i a z i o n e che si è spesso manife s t a t a c o n s t e r i l i r e v i v a l f o l k l o r i c i , p e s s i m a i m i t a z i o n e d i u n a c u l t u r a m u s i c a l e t a n t o i m p enetrabile quanto affasc i n a n t e . U n ’ o p e r a z i o n e , q u e s t a , d a l l a q u a l e P a t t o n e c o m p a g n i h a n n o c e r c a t o d i s v i n c o l arsi senza lasciare ombr a d i d u b b i o . A n z i , i n r e a l t à s a r e b b e m e g l i o d i r e D e n i s o n e c o m p a g n i , v i s t o c h e s i t r a t t a s o p rattutto di un album dell’ e x c h i t a r r i s t a d e i J e s u s L i z a r d c h e , d o p o e s s e r s i s t u d i a t o p e r b e n e u n l i b r o d i t r a s c r i z i o n i di canzoni indiane risale n t e a l l ’ e p o c a r o o s v e l t i a n a , h a p r o v a t o a t r a s f o r m a r e q u e s t e m u s i c h e a m o d o s u o . Al di là di dis q u i s i z i o n i s u l v a l o r e e t n o m u s i c o l o g i c o d i q u e s t ’ a l b u m , l ’ o b i e t t i v o d i p a r t e n z a r i m a n e o t t ima: dare vita ad una so r t a d i n a t i v e a m e r i c a n - r o c k , p r e n d e n d o c o m e s p u n t o i t e s t i o r i g i n a l i e r i c o s t r u e n d o l e m usiche dei Nativi con chi t a r r e e l e t t r i c h e e b a t t e r i a e v i ta n d o d i r i c a d e r e n e l l a b a n a l i t à d e g l i s t e r e o t i p i . M i s s i o n e c ompiuta! Il sound rimane p e r f e t t a m e n t e i n l i n e a c o n l o s t i l e d e l g r u p p o e l e c o m p o s i z i o n i r i s u l t a n o o r i g i n a l i e m o l t o interes santi, anche s e p o c o “ a c c e s s i b i l i ” a d u n p r i m o a s c o l t o . R i t m i t r i b a l i , c h i t a r r e s a l t e l l a n t i , u n P a t t o n p e r f ettamente a proprio agio n e i v o c a l i z z i d e l l e c a r a t t e r i s t i c h e s i l l a b e n o n s e n s e d e i c a n t i “ i n d i a n i ” , s e m p r e a l l a r i c e rca di una voce plastica e t r a s f o r m i s t a , f a n n o p e n s a r e p o c o a i To m a h a w k , p u r m a n t e n e n d o b e n i n v i s t a l a f i r m a degli au tori. In alcuni e p i s o d i , l o s t i l e m i n i m a l i s t a e s e m i - s e r i o d e i B a t t l e s p r e v a l e ( G h o s t D a n c e ; R e d F o x ) , in altri è l’inconfondibi l e v e n a r o c k e t t a r a d i p a t t o n a i m p o r s i ( O m a h a D a n c e ; S u n D a n c e ) , m a p i ù s p e s s o i d u e e lementi si fondono dand o v i t a a i m o m e n t i p i ù c o m p l e t i e o r i g i n a l i d e l l ’ a l b u m , d a l l ’ i n c a n t e v o l e e s c h i z o f r e n i c a n i n n ananna di Cradle Song , a l b e l l i c o s o i n c e d e r e d i Wa r So n g , d a l l ’ e t n o - p r o g r e s s i v e d i S o n g O f Vi c t o r y a l r o c k t r i b a l e di Mescal Rite 1 . Al prim o a s c o l t o v e r r e b b e d a s t o r c e r e i l n a s o , m a s i f a p r e s t o a c a m b i a r e i d e a r i s p e t t o a u n a l b um che, a paragone con i s u o i p r e d e c e s s o r i , s i e s p r i m e i n m a n i e r a o t t i m a l e n e l l e r i f i n i t u r e , n e l l a r i c e r c a d i u n s o und nuovo e antico allo s t e s s o t e m p o e n e l f a s c i n o d e l l ’ i n t e r p r e t a z i o n e , c h e p e r m e t t e d i f a r r i n a s c e r e m u s i c h e p erdute nel tempo, ogniqu a l v o l t a s i v o g l i a . O p e r l o m e n o , q u a n d o s i a b b i a n o l e i d e e p e r f a r l o . A l o r o d i c e r t o n o n mancano affatto, anzi. (7 . 3 / 1 0 ) Daniele Follero sentireascoltare 71 mentale a nuovi suon i e d i n f l u e n z e ? Quale che sia la ragi o n e r e s t a n o s e i brevi pezzi perfettam e n t e b i l a n c i a ti tra aperture acus t i c h e ( u k u l e l e , strumenti tradiziona l i g i a p p o n e s i ) e elettriche, tessitu r e a m b i e n t a l i e inserti elettronici, sla n c i e v o c a t i v i e reiterate distensioni d a d r o n e - m u sic. L’unica pecca, e c r e d o s i s i a già capito, è la tropp o b r e v e d u r a t a . Venti minuti non po s s o n o s a z i a r c i . (7.0/10 ) Stefano Pifferi cori infiorettati...), ma stavolta la festa evita i prati abbacinati di sole per rifugiarsi nel granaio dove qualcuno ha organizzato un party un po’ p i ù t r a s g r es s i v o e t u r g i d o , i n t u t a n e r a i p e r t ec h e s g u a r d o i n s i d i o s o . Dove puoi permetterti struggimenti para-glam e fervori elettronici ( O v e r b l o w Yo u r N e s t ) , t r a s f o r m i s m i vaudeville e trasfigurazioni dreampop (la title track), oppure, perché no?, impudenze pixiesiane blandite da cori carezzevoli, archi svolazzanti e ottoni brumosi (Get Up And G o) . U n a s c o s s a n e c e s s a r i a c h e permette a questo sogno d’essere s o g n a t o a n c o r a u n a v o l t a . ( 6 . 9 /1 0 ) Stefano Solventi P o r n S w o r d To b a c c o – N e w Exclusive Olympic Heights (City Centre Offices / Wide, 12 luglio 2007) The Polyphonic Spree - The Fragile Army (TVT Records, 19 giugno 2007) Genere: pop/rock Se amate la calligra f i a s o n i c a d e l l’armata Delaughter - i n v e r o a m a b i le - ma non siete dis p o s t i a l l a t e r z a full imersion bucolic a / f r e a k , e c c o v i accontentati: il terzo c a p i t o l o d e l l a saga polifonica - che s i a v v a l e d e l la co-produzione ecc e l l e n t e d i J o h n Congleton dei Pape r C h a s e - è u n lavoro che sposa lo s p i r i t u a l t r a s o gnato con le istanze d e l p o w e r p o p più frizzante, evoca l ’ a n t i c o s o g n o beatlesiano corrobo r a n d o l o d i a d ditivo New Pornog r a p h e r s ( R u n ning Away ), si conc e d e c a v a l c a t e Springsteen ma com e s u c c e d a n e o E Street Band ingag g i a i B e l l e A n d Sebastian ( Younge r Ye s t e r d a y ) , spalanca il camicio n e p e r e s i b i r e una dolcezza squil l a n t e d a L a ’s nel paese dei balocc h i ( We C r a w l ) , gongola e cazzeggia c o m e u n a c o n grega del dopolavor o c h e s o g n a d i diventare la hippie- b a n d d e i s o g n i (Guaranteed Nightlit e ) . Insomma, c’è tutto i l c a m p i o n a r i o Spree (arpe, flauti, s b u ff i l u c c i c o s i , 72 sentireascoltare Genere: ambient L o s v e d e se H e n r i k J o n s s o n è l ’ u n i c o t i t o l a r e d e i P o r n S w o r d To bacco. Progetto elettronico strumentale nato nel 2004 che con New Exclusive Olympic Heights giunge alla sua terza fatica. In verità, però, dato che su quattordici canzoni soltanto cinque possono definirsi tali, in quanto le restanti nove non raggiungono neanche i due minuti di durata, il termine “fatica” risulta qui essere troppo abusato. Se a ciò si aggiunge anche che di quelle cinque tracce soltanto due possiedono una forma canzone – pur sempre intesa nell’accezione di elettronica strumentale – vera e p r o p r i a ( G i f t w r a p Yo u r s e l f , S l o w l y e Pappa! Min Kärlek Är Gravid), lo sforzo compositivo risulta veramente impalpabile. I due episodi succitati si muovono su un’elettronica sulla scia dei Boards Of Canada. I l r e s t o d e ll ’ a l b u m r i m a n e s o s p e s o in un’atmosfera eterea fatta di rumori, inserti sinfonici, note di piano e rumori di fondo senza andare mai in profondità. Certo l’intento di unire sonorità digitali a quelle più classiche e naturali è evidente, ma rispetto ai lavori precedenti quella malinconia di fondo, che fece di P o r n S w o r d To b a c c o u n o d e i p r o g e t ti più riusciti nel territorio ambient, è qui molto più trattenuta, quasi segregata. Forse ciò è dovuto proprio dalla frammentarietà d e l l ’ a l b um: tanti piccoli episodi che faticano a r a g g i u n g e r e i l p r o p r i o s c o p o . Tutto f i n t r o p p o s t a t i c o e i m m o b i l e an c h e p e r a v e r e p r e t e s e c i n e m a t i che e c h i l l o u t . Ve r a m e n t e t r o p p o p oco p e r e s s e r d e f i n i t o a l b u m , p e r e s ser definito ambient. (4.8/10) Andrea Provinciali Portastatic – Be Still Please (Acuarela / Audioglobe, maggio 2007) Genere: indie pop D i e t r o l a s i g l a P o r t a s t a t i c s i na sconde una vecchia c o n o s c e nza d e l l a s c e n a i n d i e - r o c k a m e r i c a na, quel Marc McCaughan c h e c on i s u o i S u p e r c h u n k s c r i s s e p a g ine d i b u o n a m u s i c a n e i p r i m i a n n i No v a n t a c a t a l i z z a n d o l ’ a t t e n z i o n e su q u e l l a m i c r o s c e n a l o f i n o i s e pop d i C h a p e l H i l l, o m a g g i a t a a n che d a i S o n i c Yo u t h a l l ’ i n t e r n o d e l l oro album Dirty. U n ’ o n e s t a c a r r i era c h e h a o r a m a i a b b o n d a n t e m e nte s u p e r a t o i l q u i n d i c e s i m o c o m p l e an n o m a c h e c o n t i n u a a v e l e g g i a r e su d i s c r e t i l i v e l l i c o m e t e s t i m o n i a elo q u e n t e m e n t e q u e s t o B e S t i l l P l eas e , d e c i m o a l b u m i n s t u d i o p o r t ato a compimento come P o r t a s t a tic. I n u t i l e a t t e n d e r s i n o v i t à o c a m bia m e n t i d i r o t t a e p o c a l i , M c C a u g han e s o c i ( t r a g l i o s p i t i a n c h e L a ura C a n t r e l l e d A n n i e H a y d e n ) f a nno q u e l l o c h e s a n n o f a r e m e g l i o ( m usi c a l m e n t e p a r l a n d o ) v a l e a d i r e s cri v e r e c a n z o n i p o p s e m p l i c i e me l o d i c h e , c h e g u a r d a n o a l l a S c o zia d i A b e r f e l d y e B e l l e & S e b a s t ian ( S w e e t n e s s A n d L i g h t ) c o s ì c ome a l l ’ A m e r i c a c a n t a u t o r a l e p i ù c l a ssi c a ( G e t t i n g S a v e d ) , s i i m m e r g ono i n e ff i c a c i a r r a n g i a m e n t i o r c h e s t rali ( S o u r S h o r e s ) , s a l u t a n o i c o m pa - gni di tour Ca m e r a O s c u r a (S o n g For A Clock ) p e r p o i c a l a r e i l j o l l y e sbattere sul p i a t t o u n a d e l l e c o v e r dell’anno, que l l a A n d I Wa s A B o y From School d i r e t t a m e n t e d a l l ’ u l t i mo album de g l i H o t C h i p. L’ e n n e simo, onesto, l a v o r o d i u n o u t s i d e r della migliore s t a g i o n e d e l l ’ i n d i e pop a stelle e s t r i s c e , p r e n d e r e o lasciare. P.S. B e S t i l l P l e a s e è g i à stato pubblic a t o n e l l ’ o t t o b r e d e l 2006 dalla Me r g e p e r i l s o l o m e r c a to americano. N e l l a v e r s i o n e e u r o pea data alle s t a m p e d a l l a A c u a r e l a compaiono tre b o n u s t r a c k t r a c u i l a cover degli Ho t C h i p . ( 6 . 5 / 1 0 ) Stefano Renzi Sir Richard Bishop – While My Guitar Violently Bleeds (Locust / Wide, 19 giugno 2007) Genere: folk psych Bisogna cominciare dalla fine di questo disco per capire quanto vale come chitarrista Richard Bishop. Perché senz’altro Mahavidya è una delle “canzoni” più belle ascoltate quest’anno, una bellezza profonda costruita intorno a un ritmo raga che cresce, si allarga e si flette all’infinito senza spezzarsi mai. Il fingerpicking nervoso e visionario diventa immediatamente la base su cui si sviluppa tutto il resto - variazioni e modulazioni, accelerazioni e sospensioni - lungo venticinque minuti che sembrano non finire mai, come certe cavalcate chitarristiche di Roy Montgomery. Un discorso che vale anche per Zurvan, fra le cui movenze si fa largo una meditazione che, nonostante tutto, ha ben poco di misticheggiante e sa invece risalire continuamente sulla superficie terrestre in un’atmosfera da western metafisico dove i proiettili escono dalle pistole al detto, ma fa di questo disco il per- p o r s i e l o s p i r i t o g e n u i n o che fecero g r a n d e i l s u o n o “ i n d i e ” d e lla provin c i a a m e r i c a n a , c h e c o s t i t uiscono la c i f r a a r t i s t i c a d i P o l l a r d , “amatore” e a r t i g i a n o p o p c o m e p o chi ne re s t a n o i n c i r c o l a z i o n e . ( 6 . 6/10 ) fetto pendant della colonna sono- Giancarlo Turra rallentatore. Non ci si meravigli q u i n d i s e W h i l e M y G u i t a r Vi o l e n tly Bleeds è un titolo che non solo esplicita al meglio quanto appena ra di Dead Man suonata da Neil Yo u n g . S t e s s e p u l s i o n i i n t r o s p e t tive ma di segno diverso, immerse come sono in una tradizione altra, in cui l’occidente è miniaturizzato, Lilliput dall’altra parte del cannocchiale. Chitarrista ispirato, che si spinge coraggiosamente verso tradizioni musicali così distanti da noi, Richard Bishop sembra sempre avere sulla punta delle dita la risposta giusta e, dopo tanti dischi coi Sun City Girls, dopo un album come Salvador Kali, non sembra dover dimostrare più niente a ness u n o . W h i l e M y G u i t a r Vi o l e n t l y Bleeds diventa, infine, un requiem i n a s p e t t a t o p e r C h a r l e s G o c h e r, batterista dei Sun City Girls morto proprio pochi mesi fa. (7.5/10) Roberto Canella Robert Pollard – Silverfish Tr i v i a (Prom Is Coming / Goodfellas, 24 aprile 2007) Genere: indie-low fi faccia della “musica giovane”. Non propone particolari rivoluzioni in questa ventina di minuti, immaginando il solito (micro)universo in cui la “British Invasion” non è mai terminata e, al massimo, si è fusa con un po’ di new wave. La voce di Pollard resta il medesimo, intrigante frullato di Stipe e McCartney, semmai è la penna a non sfoggiare lo smalto dell’epoca d’oro. Nondimeno regala tuttora tenere perle come la fluida Circe Saw Boys Club dai malinconici echi Big Star, u n ’ a c u s t i c a Wi c k e r m a n S m i l e e l e b i z z a r r e s v o l t e “ p o w e r ” d i To u c h e d To B e S u r e . Su tutto, anche sui siparietti d’archi posti in apertura e a fine programma, s’impone però il gioiellino Cats Love A Parade, ambiziosa e azzeccata mini suite che dai R.E.M. trasparenti degli inizi approda a cupe “nuove onde” attraversando i cieli a r a n c i o d e i L o v e. S i a p p r e z z a , n e l l’insieme, l’immutata gentilezza nel Sally Shapiro - Disco Romance (Diskokaine-Klein / Audioglobe, maggio 2007) Genere: Italo Disco E f u c o s ì c h e a n c h e l a n uova sce n a i t a l o - d i s c o t r o v ò l a s u a musa: si c h i a m a S a l l y S h a p i r o , a r riva dalla S v e z i a e d i n q u e s t o p r i mo album l i c e n z i a t o a s u o n o m e si “limita” a c a n t a r e e a p r e s t a r e i l suo vol t o d i s t e s o p e r c o p e r t i n e e foto prom o z i o n a l i . N i e n t e d i p i ù e niente di m e n o d i q u e l l o c h e f a c e v ano le ar t i s t e c o i n v o l t e n e l l a s c e n a italo di s c o o r i g i n a l e , a d i n i z i a r e dalla divi n a Va l e r i e D o r e . A t i r a r e le fila del p r o g e t t o è , i n f a t t i , a l t r o produttore i n d i g e n o , J o h a n A g e b j orn, scalt r i s s i m o a p p a s s i o n a t o d i sonorità e l e c t r o p o p c h e i n D i s c o Roman c e è r i u s c i t o d o v e m o l t i altri han n o m i s e r a m e n t e f a l l i t o , ovvero nel r i c r e a r e c o n s t u p e f a c e n te perizia q u e l l e a t m o s f e r e , q u e l s o und allora c o s ì m o d e r n o e d i n u s u a l e ma trop p o f r e t t o l o s a m e n t e a b bandonato n e l l a s c a t o l a d e i r i c o r d i , f iglio degli i n d e c e n t i p l a y b a c k d i Discoring c o m e d e l l a M a d o n n a “ a pparsa” ai f r e q u e n t a t o r i d e l P a r a d i s e Garage, d i G a z e b o c o m e d e i Va nzina, de g l i S c o t c h e d i D j Te l e v i s ion, delle s p a l l i n e d e l l e g i a c c h e d a uomo e degli spolverini. U n t u ff o i n d i e t r o n e l t e mpo e nel c u o r e d i c i r c a v e n t i c i n q u e anni, un t r a s h d i a l l o r a c h e s i è t r asformato sentireascoltare 73 nella cosa più cool d e l m o m e n t o , canzoni d’amore ch e s i p o s s o n o e si devono ballare , c h e g r i d a n o I’ll Be By Your Side e S l e e p I n M y Arms, che non chied o n o n i e n t e m a riescono a dare mo l t o , a n c h e p i ù di un sorriso, se g i r a t e p e r c i n que minuti cinque s u l v o s t r o l e t t o re, che possono far c i i n n a m o r a r e . Tutto questo lo pot e t e t r o v a r e n e i cinquanta minuti circ a d i D i s c o R o mance , il definitivo a l b u m d e l l a r i scossa italo-disco, d o p o i l q u a l e c i saranno soltanto de l u s i o n i . A ff r e t tatevi. (7.0/10 ) Stefano Renzi Shapes And Sizes – Split Lips, Winning Hips, A Shiner (Asthmatic Kitty / Audioglobe, 22 maggio 2007) Genere: sperimentale, indie Come descrivere il suono degli Shapes And Sizes senza cadere nel burrone delle frasi dalle pindariche banalità (“Un esempio psichedelico di rock sperimentale con schizofrenie sonore ad imbastardire l’anima smaccatamente pop del combo”… eh?)? Come parlare di un album senza dover tentare agghiaccianti incroci genetici (“Immaginate gli Xiu Xiu meno elettronici che invitano a colazione i Deerhoof ed insieme ascoltano tra un pasticcino e l’alt r o l ’ u l t i m o d i s c o d e i Vo l c a n o ” ) ? Come convincere chi legge della bontà del progetto e contemporaneamente evitare che diventi l’ennesimo manifesto dell’autismo indie-massonico tipico dell’ascoltatore medio italiano (“Un album vero, duro e intransigente, assolutamente sconsigliato a chi ancora si esalta con quei lagnosi fighetti dei Giardini Di Mirò”)? Perché Split Lips, Winning Hips, A Shiner ha purtroppo tutte le carte in regola per scalfire i cuori di tutti i partecipanti al concorso “Indie Nerd 2007”. La nazionalit à , i n n a n z i t u t t o . L’ e s s e r e c a n a desi garantisce sempre recensioni entusiastiche e giganteschi passaparola tra i blogghettari di tutto il mondo. E poi le canzoni. Sperimentali ma non masturbatorie. Dissonanti ma non cacofoniche, anzi con una robusta dose di 74 sentireascoltare melodia sulle spalle. Complesse ed articolate negli arrangiamenti eppure fluide e compatte durante l’ascolto. È il caso dell’iniziale Alone/Alive, una saltellante ballata rock che si divincola tra intensi vocalizzi e chitarre un po’ percosse con una vanga e un po’ accarezzate con un fioretto. Si prosegue con Head Moving, un ottimo post punk rimodellato secondo i dettami dell’indie moderno, e con il fluido jazz (?) organistico di Geese. Praticamente, una raccolta che fa dell’azzardo la propria arma vincente. E allora diciamolo, anche a costo di sembrare banali, modaioli e intransigenti per stile e non per personalità, che questo disco è bello. Uno dei migliori, peraltro, fra quelli usciti finora. Non a caso è di una band canadese, direbbe qualcuno. Stavolta non possiamo dargli torto. (7.5/10) s e t t e a n n i c h e n o n s i f a c e v a s e n tire Manfredi Lamartina g i à a m p i a m e n t e r o d a t i d a l v i v o e si c o n u n n u o v o a l b u m . M a o r a e c co l i q u i , c o n i l q u a r t o c a p i t o l o d ella s a g a , c h e s e g u e i l m i c i d i a l e 1 000 H u r t s d e l 2 0 0 0 . U n a b a n d c o m e gli S h e l l a c v a p r e s a c o m e u n a s s i o ma i m m u t a b i l e e t u t t o s o m m a t o i m mar c e s c i b i l e . I l s o u n d d e i t r e è i l s o lito c o m p a t t o e s q u a d r a t o a s s a l t o m aci l e n t o . C o n l o r o s e m b r a s e m p r e che c i s i a n o d e g l i i n g r a n a g g i d a o l i are, delle congiunture sostituire, delle arrugginite chitarre da u s u r ate d a r i p a r a r e . I l s u o n o d e g l i S h e llac è u n h a r d c o r e c a r i a t o c h e g r a ffia c o n l e n t e z z a e m e t o d i c a i n s i s t en z a . C h e q u e s t o v a l g a u n p o ’ c ome p r e m e s s a a l n u o v o d i s c o è i n evi tabile, perché Excellent I t a l ian G r e y h o u n d n o n p o r t a c o n s é n es s u n c a m b i o d i r o t t a , n e s s u n a n o vità s a l i e n t e , n i e n t e c h e l a s c i p e n s are a l f a t t o c h e i n s e t t e a n n i , d i s oli t o , m o l t e c o s e c a m b i a n o . L a m ag g i o r p a r t e d e i n u o v i b r a n i s o n o s tati s e n t e . S o n o i n t r e , m a l ’ a ff i a t a m en t o è t a l m e n t e a l t o c h e s e m b r ano u n o . Q u e l l o c h e p e r ò m a n c a s t a vol t a è i l p i g l i o p i ù i s t e r i c o , i l t a g l i o più e ff e r a t o . S i p r o p e n d e p e r u n s o und m a g g i o r m e n t e r i l a s s a t o e n o n è un c a s o c h e s e d a v v e r o q u a l c o s a dif f e r e n z i a q u e s t o d i s c o , a l l o r a quel q u a l c o s a è i l p i g l i o r e c i t a t i v o d i al c u n i b r a n i , s i s e n t a i l t a l k i n k sin g i n g q u a s i d o o w o o p d i G e n u i n e Lu l a b e l l e . S i p a r t e b e n e , a t t a c c a ndo c o n l a d e c l a m a n t e T h e E n d O f The R a d i o , m a s i a ff o g a g i à d a l s e c on d o b r a n o n e l l a v a r i a n t e p i ù m o r bida d e l l a t i p i c a p u n k s o n g a l b i n i a n a . In Shellac – Excellent Italian G r e y h o u n d ( To u c h & G o / S e l f , 8 giugno 2007) Genere: post hardcore L’ e c c e l l e n t e l e v r i e r o i t a l i a n o d e l t i tolo e della copertina pare appart e n g a r e a l m e n t e a l b a t t e r i s t a , To d d Tr a i n e r. L’ a r t w o r k è o p e r a d i J a y Ryan dei Dianogah e come per i precedenti album, nella versione in vinile è stato incluso anche il cd, per incentivare il consumo dello storico formato. Il trio costituito da S t e v e A l b i n i , B o b We s t o n e To d d Tr a i n e r, i n a r t e S h e l l a c O f N o r t h America, è insomma tornato per snocciolare il solito baccanale di misantropico post hardcore, dopo c e r t i f r a n g e n t i s e m b r a d i s e n t i r e gli H e l m e t c h e a m e t à c a r r i e r a s i m i se r o a s e d e r e e i d i s c h i s e m b r a v ano n o n a v e r e d i s t o r s i o n e , a n c h e s e ne e r a n o p i e n i . I n s o m m a , c o n o s c e n do l i , u n o d a g l i S h e l l a c n o n s i a s p etta c e r t o u n a r i v o l u z i o n e , m a c h e al meno il disco non suoni moscio e p r i v o d i m o r d e n t e , q u e s t o s ì . Pro b a b i l m e n t e , p e r u n o c o m e A l b ini, c h e è p a s s a t o p e r l e S o n g s A b out F u c k i n g e l e s f u r i a t e d e i R a p e m en , n o n c i p u ò e s s e r e p e g g i o r i n s u lto, m a q u e s t o s e m b r a n o g l i S h e l l a c nel 2 0 0 7 : m o s c i . S p e r i a m o n o n s i a ne c e s s a r i o u n a d o s e d i v i a g r a p e r far li rinvigorire ancora. (5.8/10) Antonello Comunale maggiormente scenografiche e sinistre. Quello dei Silvester Anfang è u n do o m f o l k r u p e s t r e , c a m p a g n o lo, paesano. La musica di questo c o l l et t i v o è c o m e i l c i n e m a d i s e r i e B, pur avendo dei meriti, può piacere veramente solo agli appassionati del genere. (6.8/10) Antonello Comunale Silvester Anfang – Kosmies Slachtafval (Aurora Borealis, 4 giugno 2007) Silvester Anfang – Echte Vlaamse Geiten (Eclipse, giugno 2007) Genere: avant folk Arrivano dal B e l g i o , s o n o u n c o l l e t tivo aperto ch e s t a d i e t r o a d u n ’ e t i chetta chiam a t a “ F u n e r a l F o l k ” e si autodefin i s c o n o “ P o s t - s a t a n i c krautfolk ” e “ P a g a n B e l g o p s y c h ” . Di ironia ne h a n n o t a n t a , c o m e s i capisce già d a l l a c o p e r t i n a d e l l o r o primo disco, d o v e i n u n p a e s a g gio rupestre i n o s t r i a p e t t o n u d o stanno intorn o a d u n a g n e l l o , c i a scuno con in t e s t a u n c a p p u c c i o d a Ku Klux Klan. I S i l v e s t e r A n f a n g s i ripresentano o r a c o n u n u n o d u e di sicuro impa t t o p e r g l i e s t i m a t o r i del free folk d r o n i c o e k r a u t , i n u n momento di f i s i o l o g i c a s t a n c h e z z a del genere s e s i p e n s a a d e s e m pio all’ultimo i n a s c o l t a b i l e l a v o r o dei Sunburne d. I l p r i m o d i s c o p e r Aurora Boreal i s , i n t i t o l a t o K o s m i e s Slachtafval ( c h e s t a p e r k o s m i c slaughterhous e s w e e p i n g s / d e b r i s ) consta di due l u n g h i s s i m i b r a n i c h e impastano tut t i i t r e n d n e r d a t t u a l mente più re d d i t i z i : f r e e , d o o m , drone, kraut, r i t u a l , d a r k , w e i r d , i m pro ecc.ecc.. I p a r a g o n i v a n n o f a t t i direttamente c o n l a t r a d i z i o n e k r a u t e con certe de r i v e f i n n i c h e , Av a r u s su tutti, in altr e p a r o l e , l u n g h i s s i m e jam session d a s t r a f a t t i c o n o r g i a stiche e iper d r o g a t e c o d e d a s a b b a pagano. Allo s t e s s o l i v e l l o i l d i s c o su Eclipse. Qu i c i s o n o q u a t t r o b r a ni, registrati i n p r e s a o v v i a m e n t e diretta, che c o p r o n o t u t t o l ’ a r c o delle proposte d i g e n e r e , d a l l a j a m improvvisata, d i n o c c o l a t a , d i s s o nante e dest a b i l i z z a n t e a l l e c o d e S i x Tw i l i g h t s – S i x Tw i l i g h t s (Own Records / Wide, 29 giugno 2007) Genere: ambient dream-pop S i x Tw i l i g h t s , o v v e r o u n i n t i m o p r o getto di Aaron Gerber, già alla guid a d i A We a t h e r , b a n d d i P o r t l a n d . S i x Tw i l i g h t s , o v v e r o u n a m a l i n c o nica fusione video-musicale privata. Ad accompagnare le dieci tracce dell’album, infatti, anche un DVD atto a unire alla musica nostalgiche immagini suggestive. Questa creatura prende così forma tra bisbigli, parole sussurrate, profili accennati, strade piovose, cartelli stradali, malinconici riverberi elettronici, chitarre accarezzate, ronzii e pupille sgranate. Dieci frammenti fatti di sonno, di sogni, carezze e lacrime, ma soprattutto fatti di neve. Niente più di questo s o ff i c e s i l e n z i o s o e l e m e n t o p u ò rappresentare meglio queste dieci rilassanti serenate. È la neve che sussurra silenzio, che evoca sicura tranquillità quando tutto invece sembra perso irreversibilmente. Immaginate i Sigur Rós ancor più eterei ed evanescenti che gelati dall’altitudine si trasformano in soffici fiocchi di neve e cadono leggeri accompagnati dalle dolci private s p e r i m e n t a z i o n i s o n o r e d i F e n n esz. Aggiungeteci anche i Múm, gli Hood e un pizzico di folk bucolico a l l a Wi l l O l d h a m ( To n i g h t I ’ m L e t t i n g Yo u D r i v e ) e a v r e t e u n q u a d r o approssimativo di ciò che le vostre orecchie e i vostri occhi si appresteranno ad assaggiare. La forma canzone è lontana anni luce da questi dieci episodi. Non c’è logica alcuna se non quella nostalgica e impalpabile dei sentimenti. Sentimenti che ispirano voci femminili e maschili a sussurrare dolcemente sopra tappeti elettronicamente nostalgici, sui quali si adagia quella bianca quiete compo- s t a d a l l e m a l i n c o n i c h e n ote scatu r i t e d a c h i t a r r e a c u s t i c h e e piano f o r t i . C a n z o n i c h e p r e n d ono forma d a l n u l l a e c i c a r e z z a n o inavver t i t a m e n t e , p r o p r i o c o m e la neve, p e r l ’ a p p u n t o . P e r u n a rilassante e c o m m o v e n t e s e t t i m a n a bianca in piena estate. (6.7/10) Andrea Provinciali Smashing Pumpkins – Zeitgeist ( R e p r i s e / W a r n e r, 1 0 l u g l i o 2007) Genere: pomp (hard) rock Z e i t g e i s t è u n a p a r o l a c he in tede s c o v u o l d i r e “ l o s p i r i t o d el tempo”. E d u n o c o m e C o r g a n n on poteva s c e g l i e r e u n t i t o l o m i g l i ore per il s u o g r a n d e r i t o r n o . S i s s i gnori. Gli S m a s h i n g P u m p k i n s d i nuovo sul l u o g o d e l d e l i t t o d o p o s e tte lunghi a n n i d i s i l e n z i o , i n t e r v a l l ati da liste d i p r o s c r i z i o n e ( l ’ o t t i m o Machina 2/ T h e F r i e n d s A n d E n e m i es Of Mod e r n M u s i c ) , c o n v e r s i o n i religiose (M a r y S t a r O f T h e S e a , i l sottoval u t a t o d i s c o d e g l i Z w a n ) e fallimen t a r i e s o r d i s o l i s t i ( l ’ a n c o r a più sot t o v a l u t a t o T h e F u t u r e E mbrace). M a q u a l e s a r e b b e l o s pirito del t e m p o p e r C o r g a n e i suoi pard ( l ’ i m m e n s o C h a m b e r l i n a l l a batteria e i d u e n u o v i m a n i c h i n i al basso e a l l a c h i t a r r a ) ? To r n a r e m usicalmen t e i n d i e t r o d i t r e n t ’ a n n i e d evocare c o n u n ’ o s s e s s i v a m a c u m ba l’orrido m a c h o - m e t a l d e i T h i n L i zzy? Per c h é q u e s t o è Ta r a n t u l a , n on a caso i l p r i m o s i n g o l o e s t r a t t o d all’album: u n a c a n z o n e c h e f a p i a zza pulita d i c i ò c h e v e r a m e n t e e r a no i Pum p k i n s – m a g i a , s f i d a , e m o zione – in f a v o r e d i t u t t o c i ò n o n e r ano i Pum p k i n s – m e s t i e r e , b a n a l i t à, urgenza d i p a g a r e l e b o l l e t t e a f i ne mese. D ’ a l t r o n d e , l a n o t i z i a c h e dell’orbi - sentireascoltare 75 ta corganiana non a v r e b b e r o f a t t o parte né James né D ’ A r c y f a c e v a pensare ad una riesu m a z i o n e d i u n marchio – un brand , d i r e m m o o g g i – che va forzatamen t e a v a n t i a p r e scindere dai nomi, d a l l a s t o r i a , d a ciò che i Pumpkins s t e s s i e r a n o . Una pura operazion e d i m a r k e t i n g che svela la voglia d e l r e d i Z u c c a landia di (ri)conquist a r e u n p o s t o a l sole tra le più grand i c e l e b r i t à r o c k di sempre. E allora c h e i m p o r t a s e per l’ennesima volta i l n o s t r o B i l l y si fa accompagnare d a u n a b a s s i s t a bellissima. E allora c h e i m p o r t a s e per l’ennesima volta i l n o s t r o B i l l y si fa accompagnare d a u n c h i t a r r i sta ininfluente e sile n z i o s o . C o r g a n sceglie i nuovi com p a g n i e l i m a schera come i suo i v e c c h i a m i c i , sperando che la ge n t e n o n s i a c corga del trucco e p e n s i d i e s s e r e torna ta a quel magic o ’ 9 5 , q u a n d o i l mondo era un vampi r o , l ’ a d o l e s c e n za bruciava nei nost r i c u o r i e p e r s i no Mtv si era finalme n t e i n c h i n a t a a i nostri eroi. Ma qui n o n c ’ è n u l l a d i tutto questo. C’è sol o u n a b a n d c h e alza il ritmo delle su e c o m p o s i z i o n i ma senza la potenza e l ’ i s p i r a z i o n e che animavano i pe z z i d i S i a m e se Dream (Doomsda y C l o c k è u n a specie di riedizione i n e c o n o m i c a d i Quiet ). Una band ch e n o n t r o v a d i meglio da fare che i m i t a r e i Q u e e n con Pomp And Circu m s t a n c e s ( a s soli di Brian May inc l u s i ) . U n a b a n d che ama suonare c a n z o n i d a s t a dio (Starz) dimentic a n d o s i c h e u n tempo componeva b r a n i p e r p a r l a r e al singolo, prima a n c o r a c h e a l l a massa. Nel mezzo, l a c l a s s i c a o r gia psichedelica tar g a t a P u m p k i n s di United States – u n ’ e s s e n z i a l e boccata di ossigen o e d i l a t a z i o n i strumentali – e le rem i n i s c e n z e s i n tetiche della piacevo l e F o r G o d A n d 76 sentireascoltare Country (“Who needs this anymore, come on make it sold, when they build that cross of death, you won’t b u i l d a t a l l , i t ’s t i m e t o w a k e u p ” ) . Zeitgeist delude, quindi. Perché ci mostra un Corgan che sceglie l a v i a p i ù fa c i l e – a l z a r e i l v o l u m e degli amplificatori – per tornare a far sentire la sua creatura prediletta. E perché è un lavoro pensato per scatenare struggenti amarcord tra gli ex adolescenti degli anni Novanta, invece di ridisegnare i confini della musica moderna. Dispiace scrivere queste righe. Sul serio. Oltre ad essere suoi grandi fan, ci ricordavamo di Corgan per le sue mosse azzardate e allo stesso tempo geniali. Come quando mandava in stampa un memorabile doppio album in un periodo che lo vedeva ancora all’ombra di Cobain e di Ve d d e r. C o m e q u a n d o p u b b l i c a v a un disco electro-acustico che mand a v a i n s o ff i t t a u n a f o r m u l a s o n o r a d a d i e c i mi l i o n i d i c o p i e v e n d u t e . Come quando incideva un onesto e riuscito cd solista di shoegaze e synth-pop, mentre il mondo continuava a chiedergli un’altra Bullet Wi t h B u t t e rf l y Wi n g s . L a s e n s a z io n e è c h e i l N o s t r o s i sia alla fine arreso, venendo a patti c o n l a p r o pr i a c o s c i e n z a a r t i s t i c a e con i propri principi. È tornato ad essere, insomma, un topo in gabbia. Ma non sembra esserci rabbia in lui. Solo rassegnazione. (4.5/10) Manfredi Lamartina P a o l o S o r g e & t h e J a z z Wa i t e r s - Slow Food (Improvvisatore Involontario / Wide, 23 maggio 2007) Genere: jazz Un quartetto un po’ così, atipico a prescindere, con quella chitarra elettrificata e il trombone a ricamare sul tappeto ritmico di batteria e contrabbasso. E bizzarro il giusto, giocoso con propaggini meditabonde quando non insidiose, parente del Mirko Guerrini che mischia devozione e dissacrazione, nostalgia e avanscoperta. Paolo Sorge, il chitarrista e mentore dell’operazione, è un classe ‘68 con il palmares già nutrito di collaborazioni eminenti (da Paolo Fresu a Maurizio Giammarco passando per Gianluigi Tr o v e s i) e u n d i s c o i n t r i o ( Tr i nkl e Tr i o, A u a n d 2 0 0 3 ) d e d i c a t o alla d e c o s t r u z i o n e e r i c o s t r u z i o n e del v e r b o m o n k i a n o . M o n k c h e a l eg g i a i n f i l i g r a n a n e l l e s e t t e t r a cce d i q u e s t o S l o w F o o d ( s e n t i t e v i la s g h e m b a p e n s o s i t à d i L i n e r a ) per f a r s i e v i d e n t e n e g l i s b u ff i s g h e mbi e spasmodici di Paranatole. A n c h e s e , a d i r e i l v e r o , l a t e n s i one a r g u t a d i p e z z i c o m e l ’ i n i z i a l e C l es s i d r a , l ’ a s s o r t a s c i o l t e z z a “ l a t i n tin g e ” d i S c a p p a o i l f a s c i n o o m b r oso d i B l u e r i m a n d a n o a l l e a t m o s f ere B l u e N o t e d e i s e s s a n t a , a q u e l fa s c i n o s o s p e r i m e n t a r e t r a i l s e r i oso e l ’ a c c a t t i v a n t e c h e s u o n a a n c ora o g g i c o m e u n i n v i t o a s i n t o n i z z a re i p e n s i e r i v e r s o f r e q u e n z e p i ù s o t tili. L a c h i t a r r a v a g a m e n t e S c o f i e l d di S o r g e e d i l t r o m b o n e a r g u t o e un p o ’ s a l t i m b a n c o d i To n y C a t t ano g i o c a n o a b l a n d i r s i e d i n s e g u i r s i nel t e a t r i n o d r a m m a t u r g i c o d e l l a q u i eta i r r e q u i e t e z z a , v a g o l a n o t r a v a mpe i m p r o c o n l a l i n e a d e l t r a g u a rdo s e m p r e a l c e n t r o d e l l ’ o b i e t t i v o ed i l m o o d s a l d a m e n t e a l g u i n z a g lio. A l l a f i n e i l c e r c h i o s i c h i u d e con s a p i e n z a : l a p a l p i t a n t e r i l e t t u r a del P r e l u d e O p . 4 8 n . 2 d i S c r i a b i n può l i b e r a r e t u t t o i l s u a d e n t e a b b an d o n o d i r o m a n t i c i s m i m a i d a v v ero p a s s a t i . U n p i a t t o d a a s s a p o r arsi m o l t e v o l t e . S e n z a f r e t t a . (7 . 1 /1 0 ) Stefano Solventi Spoon – Ga Ga Ga Ga Ga (MergeAnti / Self, 6 luglio 2007) Genere: indie rock, pop S h i n s , M o d e s t M o u s e , O f M on t r e a l … s e m b r a c h e i v e t e r a n i del l ’ i n d i e a s t e l l e e s t r i s c e – q u e l l i che e s o r d i v a n o u n a d e c i n a d ’ a n n i f a in c o n t e s t i d i n i c c h i a , p e r c a p i r c i - si s i a n o t u t t i d a t i a p p u n t a m e n t o q ue - st’anno per il t a n t o a t t e s o “ b o t t o ” , soundtrack di S t r a n g e r T h a n F i c - i quattro trovino paradossalmente nel disco “sbagliato” un cavallo di Tr o i a p e r l ’ E u r o p a . E , c r e d e t e m i , n o n s a r e b b e a ff a t t o u n p e c c a t o , c h é g l i Sp o o n s o n o u n a b o m b a a d o r o logeria pronta a scoppiarti in faccia quando meno te l’aspetti. (7.0/10) tion, apparizi o n i n e i m a g g i o r i t a l k Antonio Puglia in U.S. e all’e s t e r o . C o m e l a m e t t i a mo allora con g l i S p o o n ? 1 7 0 . 0 0 0 pezzi venduti d e l p r e c e d e n t e G i mme Fiction, c a n z o n i s u T h e O . C . e Veronica Mar s , r u o l o d a s t a r n e l l a show naziona l i , f a n v i p c o m e S t e phen King… c e n ’ è a b b a s t a n z a p e r fare della ba n d d i A u s t i n u n c a s o para-mainstre a m ( à l a B r i g h t E y e s , ecco). Il prob l e m a è c h e l a c o s a non riesce ad a n d a r e o l t r e L i b e r t y Island; a parte g l i e n t u s i a s t i s e g u a ci della scena i n t o r n o a l l a M e r g e e qualche adde t t o a i l a v o r i , a l d i q u à dell’Atlantico B r i t t D a n i e l e i s u o i non hanno a n c o r a g u a d a g n a t o l o status di sem i - i n t o c c a b i l i d i c u i g o dono all’intern o d e i c o n f i n i p a t r i i . Chissà se Ga G a G a G a G a, s e s t o album in 12 a n n i ( t u t t i s p e s i i n u n a corsa in avan t i , u n e x c u r s u s d e g n o delle migliori f a v o l e i n d i e ) , r i u s c i r à nell’ardua im p r e s a d i c o n q u i s t a r e definitivamen t e i l v e c c h i o c o n t i n e n te. Il dubbio è l e g i t t i m o , p e r c h é s e messo accant o a l l ’ a u r e o p r e d e c e s sore, non ha l a s t e s s a t e n s i o n e , profondità e a u t o r i t à , n é v a n t a u n totale inno ja n g l e - p o p c o m e S i s t e r Jack . Ha però u n a t r a c c i a i p n o t i c a come The G h o s t O f Yo u L i n g e r s (spettrali acco r d i d i p i a n o i n “ s t a c cato” à la Joh n C a l e , p i ù t r e l i n e e vocali sovrapp o s t e ) ; h a D o n ’ t M a k e Me A Target , c h e p r o v a a r i p r e n d e re da dove l e t e n s i o n i T h e B e a s t The Dragon A d o r e e M y M a t h e m a tical Mind ave v a n o l a s c i a t o ; h a d u e gemme pop-s o u l B e a t l e - s p e c t o r i a ne del calibro d i Yo u G o t Y r C h e r r y Bomb e Fine r F e e l i n g s , c h e c i r i cordano quan t o a D a n i e l e a l l a s u a ugola lennoni a n a p i a c c i a n o l e a r i e sixties; ha un a c h i u s u r a e p i c o - c i nematica com e B l a c k L i k e M e , c o n il suo dovero s o s f o g g i o d i s t o ff a . Il resto va b e n e p e r u n d i s c h e t t o essenziale e r u ff i a n o q u a n t o b a sta (il funk à l a C a k e d i E d d i e ’s Ragga , l’apot e o s i f i a t i s t i c a d i T h e Underdog , le c o n s u e t u d i n i P i x i e s opportunamen t e ritmate di Don’t You Evah ), g i u s t o a l l ’ a l t e z z a d e g l i standard indi e p o p r o c k d ’ o g g i d ì , ma - parrebb e q u a s i - s e n z a s f o r z i eccessivi. Po t r e b b e p e r ò a c c a d e r e che, con i tem p i s t r a n i c h e c o r r o n o , S t a r s – D o Yo u Tr u s t Yo u r Friends? (Arts & Crafts / Audioglobe, 22 maggio 2007) Genere: indie-pop Lo dico subito. Non mi piacciono i remix, non ne capisco l’utilità e in questo caso addirittura si ripercorre u n d i s c o i n p a r t i c o l a r e ( S e t Yo u rself On Fire del 2005) con tutto un corollario di versioni alternative… Esistono comunque le eccezioni. Sì perché questo disco sembra un disco a sé per tre quarti. Un buon disco indie-pop senza fronzoli, con qualche momento inebriante, altri p a s se g g e r i e p o c o i n t r i g a n t i e a l t r i ancora freschi, pieni di idee, frizzanti.C’è pure tutta l’intellighenzia del Canada indie che conta, e questo è pure un buon segnale. E allora via con una One More Night rifatta dai sottovalutati Apostle Of Hustle (il progetto pseudo solista del chitarrista principale dei Broken Social Scene Andrew Whiteman) con la salsedine pop fra le dita che maneggiano il basso e il synth, un’ariosa e leggermente shoegaze He Lied About Death proposta da quel gioiellino indie rock che sono i Metric, una catartica e soleggiata Soft Revolution che nelle mani degli Stills diventa una splendida cavalcata rock desertica e una Ageless Beauty che nelle corde dei Most Serene Republic si trasforma in una perla di svagato a c c en n o b l u e g r a s s m a n t e n e n d o i l c a n t a t o o r i g i n a l e … L’ a p i c e d e l d i sco è però toccato già nell’incipit dei Final Fantasy, che fanno div e n t a r e Yo u r E x - L o v e r I s D e a d u n bijou malinconico e pianistico come l o p e n s e r e b b e u n Ya n n Ti e r s e n o un Max Richter. Il resto vive fra il medio ed il passabile ma non si conta neanche un capitombolo imbarazzante, il che è ovviamente un miracolo in operazioni del genere. Rimane una compilazione gustosa, che sa di album nuovo poiché non c ’ e n t r a a s s o l u t a m e n t e nulla con l ’ a l b u m c h e l ’ h a i s p i r a t o . E allora b e n v e n g a n o . C ’ è d a f i d arsi degli a m i c i e v i d e n t e m e n t e … ( 6 .7/10 ) Alessandro Grassi S t e r e o To t a l - P a r i s B e r l i n (Disko B / Audioglobe, giugno 2007) Genere: kitch mittel age punk pop Q u e l c h e f a n n o s o n o p i ù bravi di n o i a d i r l o . P a r i s - B e r l i n è un ritor n o a l l o - f i t r a r o c k ’ n ’ r o l l e chanson e r i s p e t t o a i d u e d i s c h i c he l’hanno p r e c e d u t o è d i r e t t o , w a ve e poco s i n t e t i c o - d i s c o . L o r o s o n o nudi in c o p e r t i n a e n o i s i t r e m a a metterlo n e l l e t t o r e , p e r c h é d o p o la sbron z a s t e r e o t o t a l e d e l l a c o m pila Party A n t i c o n f o r m i s t e u s c i t a q uest’anno è d i ff i c i l e p e n s a r e a u n nuovo di s c o p i e n o d ’ i r r e s i s t i b i l i mittel-hit, s o p r a t t u t t o q u a n d o i l d u o minaccia d i t o r n a r e a l l e o r i g i n i c o n registra z i o n i a q u a t t r o p i s t e a p p ena spor c a t e d a c h e a p s y n t h s b a razzini. E l e o p e r a z i o n i b r i n g i t b a ck , si sa, s o n o c o s ì , u n g r u p p o a r riva a un p u n t o d o v e p r o s e g u i r e p e r la strada d e l l a s o f i s t i c a z i o n e ( D o The Bam b i) è c o n t r o p r o d u c e n t e e allontana d a l f o r m a t p r e d i l e t t o . C o s ì il ritorno a l l e o r i g i n i p o r t a a p e r i c olosi con f r o n t i c o n l e o r i g i n i s t e s s e. Di fatti è a n d a t a p r o p r i o m a l u c c i o , la nuova t r a c k l i s t è a u t o - r e v i v a l i s ta e priva d i c l a s s i c i i s t a n t p o p . I b e gli scambi l i n g u i s t i c i t r a G ö r i n g e C a ctus sono p r a t i c a m e n t e s c o m p a r s i per rincor r e r e i l m i t o d e l l e v e l o c i p illole elet t r o - p o p - p u n k e q u a l c h e ballatina s e m i s e r i a d e l l e l o r o . E c ’ è poco da f a r e : L o l i t a F a n t o m e , u n a canzon c i n a c h e s o l i t a m e n t e l a C actus non sentireascoltare 77 sbaglia mai è da sb a d i g l i o a m i t r a glietta, l’altrettanto t i p i c o a n t h e m femminista Patty He a r s t à l a C l a s h fa nostalgia e non co m u n i c a l a s c a n zonatezza da rosse t t o s b a v a t o c h e dovrebbe dare. Il re s t o è u n b o o merang: il punk pop ( + c h e a p e l c t r o spazialoide) Kusse A u s D e r H o l l e Der Musik è autom a t i c o m a n o n come il pop che gen i a l m e n t e c a v a l carono quattro anni f a , M e h r L i c h t sbaglia il mid-tempo r o c k b a l l e r i n o e la pista si svuota, l a g a g c a r t o o n Sigue Sigue Sputnik ( c o m e d i r e l a versione Barbie pun k d e l l ’ o m o n i m a band degli Ottanta) è c o n c i s a c o m e dovrebbe sì, ma que l “ p l a s t i c ” d e l l’omonimo brano rip e t u t o d i t r o p p o fa capire tante cose. I n u t i l e r i g i r a r e il coltello nella piaga , g l i S t e r e o To tal sono un duo d’e m u l i c h e s u o n a à la Stereo Total. C’è il salvabile tra le p i e g h e e p e n siamo al funk regga e d i Ta Vo i x A u Telephone (un incr o c i o t r a d r e a dlock e discomusi c ) , o p p u r e a l rockabilly Ich Bin D e r S t r i c h e r j u n ge con Going stralu n a t o e b e v u t o come lo vorremmo s e n t i r e s e m p r e . Ma non è proprio il c a s o d i e s s e re indulgenti. Loro d i c o n o “ T h i s i s Punk, this is Rock ’ n ’ R o l l , t h i s i s modern Music! ”, m a q u i s i t r a t t a d’essere feticisti e s e u n p o ’ i l o r o fan lo sono, noi pre f e r i v a m o i l g e nio al latex. ( 4.5/10 ) Edoardo Bridda Strategy – Future Rock (Kranky / Wide, giugno 2007) Genere: elettronica Paul Dickow è un p e z z o d i s t o r i a Kranky. Già in Font a n e l l e e N u dge, ora si nasconde d i e t r o l a s i g l a Strategy e manda a v a n t i l a C o m munity Library label . U n o d a l p a l a - 78 sentireascoltare to fino, che ha sempre fatto della giustapposizione di elementi eterogenei la matrice primaria delle sue i d e e . O r a co n q u e s t o t e r z o d i s c o s i supera, andando a miscelare nel calderone elettronico anche frammenti sparsi di passate composizioni, ottenendo come risultato un super crossover elettro dance, che sporca ora di dub, ora di house, o r a d i d i s c o a n n i ’ 7 0 . C e r t i e ff e t t i s i mantengono miracolosamente sul crinale tra la maniera e il kitch sott o v u o t o s p in t o . S o n o c o s e c o m e l a voce trattata e certe tastierine che scimmiottano la black music dei bei tempi andati, che fanno sorridere e si ficcano maliziose tra un orecchio e l’altro, scendendo giù a soll e c i t a r e i l b a c i n o . S t r a t e g y, s e n z a mai sfociare nella dance da balera, mette in piede una simil febbre del sabato sera con le malizie dolci di Can’t Roll Back e Phantom Powered. Si intuisce una voglia di tornare alle origini, anche con le altre strizzatine d’occhio: cocktail music ( S t o p s S p i n n i n g ) , k r a u t ( Wi n d s w e p t (Interlude), Sunfall (Interlude)), dub (Running On Empty). La sintesi migliore di tutto questo la raggiunge con Red Screen che riadatta una precedente Blue Screen dei Nudge. Il rock del futuro di Strategy non è ironicamente moderno, bensì modernariato ironico, ciò non toglie che si lasci ascoltare sia pure con un po’ di indulgenza. (6.3/10) Antonello Comunale Tiny Vipers - Hands Across The Vo i d ( S u b P o p / A u d i o g l o b e , 2 3 luglio 2007) Genere: folk songwriter Immaginate una Joanna Newsom minimale. O, se avete l’immaginazione che galoppa, il frutto di una n o t t e d i s es s o l i v i d o t r a N i n a N a s t a s i a e J a s o n M o l i n a. O p p u r e , se siete di quelli che amano farla piovere dall’alto, una Nico versante folk con lo charme parecchio sdrucito. Qualcosa di tutto ciò abita il repertorio (originale) di Jesy Fort i n o , i n a r t e Ti n y Vi p e r s . L a q u a l e , armata di chitarra e un’anima da sbucciare, usava proporlo fino a p o c o f a s u m o d e s t i p a l c h i n e i c a ff è e nei bookshop di Seattle. Finché la sempre attenta Sub Pop non ha d e c i s o d i s c r i t t u r a l a , c o s ì d a r i tro v a r c i o g g i a f a r e i c o n t i c o n u n ’ a ltra c a n t a n t e c r u d a , o m b r o s a , e v o c ati v a . D i t e c h e n o n s e n e s e n t i v a il b i s o g n o ? P u ò e s s e r e . M a g a r i p erò c o n c e d e t e u n o r e c c h i o a l l a f e r vida t e n e r e z z a v a l z e r s p a l m a t a t r a de s e r t o m o j a v e e p r a t e r i e b r e t o n i di O n T h i s S i d e , a l l ’ a n g o s c i a i n g oia t a d a c a l i g i n i s i n t e t i c h e d i F o r est O n F i r e , a l c a r i l l o n i n d o l e n z i t o di A r o n , a l d o n d o l i o s p e r s o e i e r a tico di Campfire Resemblance. C h i t a r r e p e r l o p i ù a c u s t i c h e , dal l a f r a n c h e z z a l e g n o s a , a l p i ù una E - b o w a c a r e z z a r e i m i n i m i p a lpi t i d i S h i p w r e c k . L a p a r c a m a pre g n a n t e d i s c r e z i o n e d e i s y n t h . Una v o c e c h e c a n t a e c o n t r o c a n t a p ea n a a g r i , t r a v u l n e r a b i l e a b b a n d ono e c a r n o s o m a l a n i m o . L a s c r i t t ura s c h e l e t r i c a e t o r m e n t a t a , c a p a c e di a l l e s t i r e c o n S w a s t i k a u n a s o r t a di m i n i - s u i t e , p r i m a p r o c e s s i o n e b igia p o i f o l k a r g u t o , c o s ì c o m e l a c on c l u s i v a T h e D o w n w a r d g i u s t a p p one f o l k a n g o l o s o , a c i d a m e d i t a z i one e m a l a n i m o r a p p r e s o i n u n a l e nta, s u a d e n t e s p i r a l e . O k , f o r s e n o n ce n ’ e r a b i s o g n o . P e r ò n i e n t e m ale. ( 6 . 7 /1 0 ) Stefano Solventi The Loungs – We Are The Champ – (Akoustik Anarkhy / Goodfellas, giugno 2007) Genere: (meta)pop C h i h a g i à a p p r e z z a t o i l p o p r e trom a s s i m a l i s t a d e i r e c e n t i B e e s e The A l i e n s a n d r à i n b r o d o d i g i u g g iole p e r q u e s t o d e b u t t o d e i L o u n g s , sei r a g a z z o n i c h e f a n n o c a p o l i n o da S t . H e l e n s , n o r d e s t d e l l ’ I n g h i l t e rra, e s i p r e s e n t a n o c o m e u n o d e i n omi d i p u n t a d e l l a n e o n a t a l a b e l m an c u n i a n a A k o u s t i k A n a r k h y. C o n at - titudine amab i l m e n t e f o l k l o r i s t i c a , il combo sfog g i a u n ’ e n c i c l o p e d i c a padronanza d i a r r a n g i a m e n t i e l i n guaggi dai ‘’6 0 ( i n p r e v a l e n z a ) a d oggi, mettend o i n s i e m e f a n t a s i a e d eclettismo - c i r c a a l l a G o m e z - i n un flusso inin t e r r o t t o d i s t i l i e g e neri. Quel che è p i ù b e l l o , l o f a c o n la sana (leggi : a l c o l i c a ) g o l i a r d i a d i certi anglosas s o n i . We Are The C h a m p è u n a s b r o n z a collettiva a b a s e d i p o p , f o l k , p s i chedelia, wav e e s c i n t i l l e i m p a z z i t e di elettronica ( v i n t a g e e n o n ) , d o v e il surf californ i a n o d e i B e a c h B o y s può essere in t o n a t o i n u n a c c e n taccio nordico ( G o o g l y M o o g l y ) , u n madrigale ba r r e t t i a n o d i v e n t a u n a festa di fiati s k a ( A l l Yo u r L o v e ) , ruvidi accordi p u n k s f o c i a n o i n u n folk rock den s o d i a r m o n i e R . E . M . ( Electric Lig h t s ) , s c o s s e e l e t t r i che XTC ( Cl a n c y ’s S t o m p , S e e n My Baby Da n c i n g ) s i a ff i a n c a n o a ubriachezz e s i m i l - P o g u e s (D i g That Do ) e sc a t e n a t i b o o g i e H o u s e martins ( Arma g e d d o n O u t t a H e r e ) , anomalie ind i e t r o n i c h e ( i l f i n a l e di In Winter C o a t s ) c o n v i v o n o c o n umori celtici ( T h r o u g h o u t I t A l l ) . U n altro dischetto d i ( m e t a ) p o p , p e r a l tro molto dive r t e n t e ; a t r a t t i g e n i a le, diremmo, n e l l a s u a b a l o r d a g g i ne orchestrata . ( 7 . 0 / 1 0 ) Antonio Puglia The North Sea - Exquisite Idols ( Ty p e / W i d e , 2 6 m a r z o 2 0 0 7 ) Genere: freak folk Che tipo, que s t o B r a d R o s e d a Tu l sa. Uno che v i v e l a f r e g o l a s t r a n ge-folk in og n i m o d o : t i r a a v a n t i un’etichetta l i m i n a r e e m u l t i s f a c cettata come l a D i g i t a l I n d u s t r i e s , dirige la webz i n e F o x y D i g i t a l i s , s i palesa musica l m e n t e s o t t o m e n t i t e e svariate spoglie. Ultimo moniker conosciuto, appunto, questo The North Sea, che debutta all’insegna di freakerie tanto nostalgiche quanto avant, danze elettroacustiche ad alzare la polvere di strade appalachiane, a scomodare umori gotici, blues avariati, ugge esotic h e e t r e m i t i i n d i ff e r i t a d a C t h u l h u . B r a d, a i u t a t o d a u n m a n i p o l o d i amici provenienti dalla sua “orbita”, ci elargisce con Exquisite Idols un p a c ch e t t o d i a s t r u s e v i b r a z i o n i - t u chiamale, se vuoi, “eerie” - che non disdegnano di bazzicare dalle parti d e l c u o r e , c o m e u n A l e x a n d e r Tu cker tolto un bel po’ di oltranzismo. Chitarre che ciondolano cosmiche e brumose, tastiere lunari, tamburelli stentorei, sitar lagnosi, percussioni sfarfallanti, flauti ectoplasmatici, clavicembali misterici, sax f e l p a t i , v o c e s p a m p a n a t a . L’ i n i z i a l e Eternal Birds è come introdursi in un giardinetto eniano dimenticato, poi attacca l’incantevole sdilinquimento di Guiwenneth of the Green G r a s s, q u i n d i We C o n q u e r e d t h e G o l de n A g e g a l l e g g i a s e n z a t e m p o né meta né appigli sulle tracce di c i v i l tà c a l p e s t a t e , e i l r e s t o c h e v e lo dico a fare. Adoro questo genere d i c os e . C e r t o , s o n o f o g g e t a l m e n t e out of season da sgualcirti l’anima. S o p ra t t u t t o , a h i m è , m a n c a i l g u i z z o che possa far drizzare le antenne al di fuori della cerchia dei bendispos t i . S i e t e a v v i s a t i . (6 . 3 /1 0 ) Stefano Solventi f o n d e r e a l l ’ a l b u m u n a m aturità sti l i s t i c a r a r a m e n t e r i n t r a c c iabile agli e s o r d i : e c c o p e r c h é q u e sto album s e m b r a t u t t o t r a n n e c h e il loro de butto assoluto. S i c u r a m e n t e t u t t o c i ò v a a discapi t o d i q u e l l ’ u r g e n z a s o n o ra che in v e c e è p r o p r i a d e l l e p r o ve prime. E ff e t t i v a m e n t e nelle o t to tracce c h e c o m p o n g o n o q u e s t o l entissimo c o n d e n s a t o p o s t - r o c k n o n sono re g i s t r a t e n é a p e r t u r e p r o f o ndamente m e l o d i c h e n é e s p l o s i o n i di suono in c r e s c e n d o . M a l o d e v o l e e degna di n o t a è l a l o r o r i c e r c a s o n o ra, la loro c u r a p e r o g n i s i n g o l a n o ta. Niente è f u o r i p o s t o : i n s e r t i p ercussivi, s i n t e t i z z a t o r i , p a r t i t u r e s infoniche, o r g a n i , c h i t a r r e a c u s t i c h e, tastiere r i e s c o n o p e r f e t t a m e n t e a convivere s e n z a m a i s o v r a c c a r i c a r e troppo il s u o n o . I l g i u s t o d o s a r e g l i elementi r i s u l t a d i u n a p e r f e z i o n e quasi ma niacale. L e i n f l u e n z e p i ù e v i d e n t i sono quel - The World On Higher Downs – Land Patterns (Plop / Wide, 6 luglio 2007) Genere: post-rock T h e Wo r l d O n H i g h e r D o w n s è u n a m b iz i o s o q u a r t e t t o s t a t u n i t e n s e che muove i suoi primi ma sicuri p a s si s u t e r r i t o r i t r a d i z i o n a l m e n t e post-rock. Ambizioso perché Land Patterns, nonostante rappresenti il loro esordio discografico, è il prodotto finale di una longeva e s o l i da c o l l a b o r a z i o n e t r a i q u a t t r o componenti della band. Quest’ultimi, provenienti da città diverse del Wisconsin, sono tutti eccelsi polistrumentisti in grado di coniugare perfettamente strumentazioni acustiche a suoni digitali. È proprio la maestria tecnica dei Nostri a in- l e d i b a n d d a l c a l i b r o d i Stars Of T h e L i d e L a b r a d f o r d, con l’ag g i u n t a d i u n s o t t o f o n d o elettronico a l l a F e n n e s z. M o l t o l o n t ane invece s o n o q u e l l e s h o e g a z e c h e i Nostri r i p o r t a n o s u l l a l o r o p a g i na di My s p a c e ; f o r s e s o l t a n t o i n qualche e p i s o d i o ( S u n C o u r t ) a lcune at m o s f e r e r i e s c o n o a e v o c are quelle s o m m e s s e e n o s t a l g i c h e t ipiche de g l i S l o w d i v e. U n i c a n o t a d o l e n t e è r appresen t a t a d a l f a t t o c h e l a l o r o proposta m u s i c a l e r i m a n e s e m p r e sospesa staticamente sulla s t e s sa quieta d i m e n s i o n e ; d i ff i c i l m e n t e vengono t o c c a t i a l t i e b a s s i , p i e n i e vuoti. L’ a l b u m r i s u l t a c o s ì f i n t r oppo omo g e n e o e r i p e t i t i v o : g l i e pisodi che l o c o m p o n g o n o f i n i s c o n o per asso - sentireascoltare 79 migliarsi tutti tra loro . E c c o c h e f o r se una certa ingen u a s p o n t a n e i t à propria dei debutti, i n q u e s t o c a s o , non avrebbe fatto al t r o c h e g i o v a r e al risultato finale, a n d a n d o c o s ì a coronare perfettame n t e q u e l l a a l tissima ed encomia b i l e p r e c i s i o n e stilistica dei The Wo r l d O n H i g h e r Downs. ( 6.3/10 ) Andrea Provinciali gruppo vero e proprio che si forma in modo non estemporaneo e impiega chitarre acustiche ed elettriche al posto degli strumenti tradizionali. Inaudito, quindi. Per loro come per noi. Da qui del Mediterraneo c’è da restar ulteriormente sorpresi, anzi stupefatti, da cosa si ascolta in questo loro terzo lavoro, rispo- sta a un già sensazionale Amassakoul vecchio ormai due anni e mezzo. Un John Lee Hooker ancor più scarno che si concede a ipnosi da psichedelia californiana (Ikyadarh Dim naviga tra le stelle, impalpabile e notturna), corroborato da reiterazioni minimaliste che si prendono il lusso di sconfinare nel kraut rock (l’incredibile Assouf) e flettono i nervi con un Ti n a r i w e n – A m a n I m a n : Wa t e r I s Life (Independiente / Ponderosa, febbraio 2007) Genere: desert blues Vi e n e q u a s i d a m e t t e r l a i n s e c o n do piano la musica, parlando dei Ti n a r i w e n , p o i c h é l a l o r o v i c e n d a umana possiede una tale profonda e drammatica pregnanza da sop r a ff a r l a . P o i c i s i r i p e n s a e s i r i conosce quanto le due cose siano inestricabilmente congiunte, come una non sarebbe ammissibile senza l’altra e viceversa. Sono rivoluzionari con la chitarra in mano, c o s t o r o . S u l s e r i o , p e r ò , a d i ff e r e n za di chi va in giro a sostenerlo e vive - come me e voi che leggete, c’è poco da fare - in un opulento mondo occidentale sempre più arroccato su se stesso e i propri privilegi. Sono i famosi “uomini blu”, tribù nomade del deserto che in tanti hanno provato vanamente a domare (Arabi, Francesi, il governo del Mali) o sfruttato per i propri fini (Algeria e Libia). Spaventano chiunque perché non hanno casa, ma una cultura - orale e parecchio robusta - eccome. Ed è al suo nocciolo che l’ensemble guidato da Ibrahim Ag Alhabib costituisce meravigliosa eccezione, primo 80 sentireascoltare To r i A m o s - A m e r i c a n D o l l Posse (Epic, 1 maggio 2007) Genere: rock/pop U n a To r i A m o s t e a t r a l e e t o r r e n zia l e , a l a m b i c c a t a e s c h i z o i d e ( c i n que i p e r s o n a g g i i n c a r n a t i , o g n u n o ri - sentore funk. Assente la batteria, c o n d u c i b i l e a d u n a d i v i n i t à gre - ci si fa caso solo dopo parecchi c a ) , r a z z o l a n e i m o d u l i e s p r e s sivi ascolti, sostituita egregiamente da d e l p a s s a t o t e n t a n d o d i c o n i u g arli percussioni e battimani che fanno a l p r e s e n t e , g i o c a n d o a m e t t ersi uno con litanie vocali febbrili pros- i n g i o c o c o n l a s i c u m e r a d i c h i ha sime a Nusrat Fateh Ali Kan (Cler a p p e n a v e r i f i c a t o l a s a l d e z z a del Achel), avviluppate tra loro in stile s a l d o ( a r t i s t i c o e c o n t a b i l e ) . Ve nti - r a i ( I m i d i w a n Wi n a k a l i n , M a n o D a - t r è l e t r a c c e i n p r o g r a m m a , b o nus yak) o scosse da riverberi di corde c o m p r e s i , p e r c u i c ’ è m o d o d i s e ntir ( To u m a s t ) . Musica meditativa anche, scarna come solo chi dimora tra sassi e s a b b i a , b r u c i a t o d a l s o l e e g r a ff i a to dal vento e dalla vita, può permettersi di maneggiare (Soixante Tr o i s o n d e g g i a d o l e n t e s u N i l o e Mississippi; la chiusura Izarharh Te n e r e l e v i t a s i n o a l l ’ i n d i c i b i l e ) ; s i radica in uno ieri così inesauribile da vibrare autorevole, graziato da una produzione - curata dal loro fan Justin Adams, chitarrista della band di Robert Plant che molto ha fatto per propagandarne il nome - miracolosamente attuale senza snaturare l’estrema peculiarità del suono. Che sa farsi gioioso e sorrid e n t e i n M a t a d j e m Yi n m i x a n o p p u r e s f e r z a r e c o n Ta m a n t Ti l a y , a l p u n t o r i s u o n a r e n e i p a d i g l i o n i m a s c he r a t e s t o m p e v a m p e b o o g i e , i n vo c a z i o n i s o u l e c i o n d o l a m e n t i f olk, b i g n a m i r e m m i a n i e d e r r e b ì a s pri g n i , b a r a c c o n i p o s t - g l a m e b a r l umi pop-wave. Ta n t i e v a r i q u i n d i i c o l p i i n c an n a , p r o b a b i l e c h e a q u a l c u n o rie s c a l ’ i m p r e s a d ’ i p n o t i z z a r e q u a l che p l a y l i s t r a d i o f o n i c a . I n f o n d o , v isto q u e l c h e g i r a i n t o r n o , s a r e b b e au s p i c a b i l e . L’ i n c a l z a n t e B o u n c i n g Off C l o u d s , a d e s e m p i o , i l p e z z o che E l i s a h a s e m p r e s o g n a t o d i s c rei v e r e . O l a t e n e r e z z a s t r o p i c c i a t a di A l m o s t R o s e y , d a l l e e l e t t r i c h e in f i o r e s c e n z e A O R . O p p u r e - p e r ché n o ? - l ’ i m p u d e n z a a p p i c c i c o s e t t a di Digital Ghost. che le tragedie di chi gli infonde M a s e q u e l c h e c e r c a t e è i l r api- forza paiono svanire, esorcizzate m e n t o f e r i t o , s t r u g g e n t e e i p e r bo - per una manciata di minuti. Dona l i c o d e i b e i t e m p i , l a s c i a t e p e r de - dipendenza Aman Iman e, cosa di r e . A l m a s s i m o p o t r e t e d i s t i l l are questi tempi assai rara, ha dalla u n a s t r u g g e n t e G i r l D i s a p p e a ring sua una magia che non sai se defi- a ff o g a t a i n e m u l s i o n e d ’ a r c h i , o le nire antica o moderna. E’ l’unione vampe angosciose di Code Red, o fra le due, che entra sottopelle per l a r o c a i n v o c a z i o n e d i Yo G e o r ge . non abbandonare più. (8.0/10) P e r f a r q u e s t o p e r ò d o v r e t e s o r bir - Giancarlo Turra v i i m p r o b a b i l i c a r i c a t u r e P J H a r vey ( Body And So u l ) , m a z u r c h e t t e b a l caniche più ci a r l i e r e c h e a l t r o ( Ve l vet Revolutio n ) , s c u l e t t a m e n t i d a scolaretta al p r o v i n o d i s a r a n n o f a mosi ( Teenag e H u s t l i n g ) e r a m a n z i ne da zia un p o ’ t a r d o n a ( d i J o a n n a Newsom com e i n D e v i l s A n d G o d s , di Frida Hyvo n e n c o m e i n M r B a d Man ...). Insomma, qu e s t o A m e r i c a n D o l l Posse s’impe g n a e s ’ i n g e g n a , m a non ce la fa a r e n d e r e d e g n a m e n t e giustizia ai ci r c a v e n t i a n n i d i c a r riera della ca n t a u t r i c e d i N e w t o n . Ogni bizzarria è b e n p a t i n a t a . P o chi i brividi. D i q u e s t i u l t i m i , n e s s u no che scenda d a v v e r o i n p r o f o n d i tà. (5.3 /10 ) Stefano Solventi Tr e m b l i n g B l u e S t a r s – T h e Last Holy Writer (Elefant / Goodfellas, giugno 2007) Genere: indie pop Trembling Bl u e S t a r s è l’ultimo progetto di B o b b y Wr a t t e n ( d a g l i storici Field M i c e s u S a r a h R e cords ai North P i c t u r e L i b r a r y ) c h e prosegue - or m a i a l s e s t o a l b u m - i l suo percorso s i n d a m e t à ‘ 9 0 n e l segno di un in d i e - p o p s o ff i c e e d a l retrogusto m a l i n c o n i c o . L a r i c e t ta è ormai no t a e n o n s i d i s c o s t a granché negl i a n n i , c r i s t a l l i z z a n d o la produzione d e l g r u p p o i n u n s u o no “classico”, c h e v i a g g i a t r a g u i t a r pop, drum m a c h i n e , p r o g r a m m a zioni elettron i c h e e s u a d e n t i v o c i riverberate. Il disco si sno d a t r a b a g l i o r i p s y c h (l’oscura By F a l s e L i g h t s ) , s o l a r i t à twee pop (la s t r u g g e n t e m e l o d i a d i Idlewild canta t a d a l l ’ a n g e l i c a B e t h Arzy), bagliori di Cure di mezzo più elettropop New Order (This Once Wa s A n I s l a n d , T h e C o l d e s t S k y ) , gli eighties pop di Sacred Music, l’attidudine gothic nella opprimente Schnee Gletscher Glas (salmodiata da Daniela Neuhauser dei Malory), il tutto con una grazia che ha fatto s c u ol a n e l p o p i n g l e s e d e g l i u l t i m i anni. Un altro tassello che si aggiunge alla storia di un gruppo da riscoprire. (6.8/10) Te r e s a G r e c o Ufomammut & Lent0 – Supernaturals Record One (SupernaturalCat / Audioglobe, maggio 2007) Genere: doom-spacey Supernaturals Record One, ovvero la definitiva fusione tra il panzerkorps attack dei (fu) Kyuss e l’algida, distante ma insieme ferocissima musica da apocalisse dei p r i m i G o d f l e s h. N e l p r i m o v o l u m e di una serie che si preannuncia interessantissima, l’incontro/scontro intestino al roster della SupernaturalCat produce una jam session completamente improvvisata per certi versi simile alla più famosa I n T h e F i s h t a n k. P r o t a g o n i s t i i g i à noti Ufomammut (da recuperare l’ottimo Lucifer Songs sempre su SupernaturalCat) e i prossimi esordienti Lent0 che se ne escono con u n di s c o l a c u i c h i a v e d i l e t t u r a è tutta nei nomi delle formazioni: un suono compattissimo, pachidermico e dilatato eppure ricco di sfumature e dettagli. Merito è indubbiamente della potenz a d i f u o c o m e s s a i n c a m p o : 4 c h it a r r e, 1 b a s s o , 1 d r u m - s e t e 1 s y n t h disegnano estenuanti jam di doom rituale e groovey dall’immenso peso specifico, che sono sempre lì lì per esplodere nella catarsi finale. Ma a segnare lo scarto dalle miriadi d i p r o d u z i o n i d i g e n e r e è l ’ a ff l a t o a m b ie n t - s p a c e y c h e p e r v a d e l e s e i tracce. I passaggi strumentali, anche i più pesanti, vengono sfibrati in una sorta di musica cosmic-tranc e pe r u m a n o i d i , c h e i n n a l z a v e r so l’infinito musiche visceralmente t e r r en e c o m e i l d o o m , l o s t o n e r e lo sludge. Di questo approccio è ottimo esempio Maestoso, il cui monolite kyussiano si stempera in fo- l a t e s y n t h - a m b i e n t a l i v i c i ne a certe c o s e d i J e s u . C ’ è v i t a ( f orse) nello s p a z i o p r o f o n d o . ( 7 . 0 /1 0 ) Stefano Pifferi U o c h i To k i & T h e E t e r e a p O s t bOng band - La Chiave del 20 ( Wa l l a c e / A u d i o g l o b e , g i u g n o 2007) Genere: imaginary soundtrack U n a n o t t e i n d i s c o t e c a - la più ta m a r r a p o s s i b i l e - c r e d o sia quanto d i p i ù l o n t a n o u n l e t t o r e di SA au s p i c h i p e r u n s a b a t o s e r a qualsiasi. S e p e r ò a d i n t r o d u r r e l a serata è u n o d e i g r u p p i p i ù c h i a c c hierati de g l i u l t i m i a n n i ( n o n c h é u no dei più i n t e l l i g e n t i e c a u s t i c i ) , b e h, un pen s i e r i n o c e l o p o t r e m m o a nche fare. Almeno da casa. L a C h i a v e d e l 2 0 è u n a sorta di c o n c e p t c h e v e d e i d u e c antastorie m e t r o p o l i t a n i a v v e n t u r a rsi passo d o p o p a s s o i n u n a s e r a t a dance in c o l l a b o r a z i o n e c o n g l i E t erea Post B o n g B a n d , a l t r o m i s t e r i oso grup p o d i s b a l l a t i n a t i e c r e s ciuti al di f u o r i d i o g n i m i n i m o t r e n d musicale. L’ a l b u m è e q u a m e n t e d i v iso tra gli a s s a l t i p i ù o m e n o r i m a t i ma sem p r e c o r r o s i v i d e l d u o ( R i c o ci mette l e b a s i , N a p o l a v o c e e la faccia) e l a m i s c e l a d i h a r d - t e c hno-cros sover-e-chi-più-ne.ha-più-ne-metta d e l g r u p p o b e r g a m a s c o . Ne esce u n r a c c o n t o a u d i o d a l l a parte del d r o p - o u t e s c l u s o d a l l a f a bbrica del d i v e r t i m e n t o d i s c o . G l i assalti in r i m a f o r z a t a d i N a p o n o n si disco s t a n o d a q u e l l i p a s s a t i , f igli di una ( n o n ) m u s i c a d i u n a u r g e nza comu n i c a t i v a t a n t o c r u d a q u a nto inten s a m e n t e s o t t o l i n e a t a d a l le basi di R i c o . G e n t e c o n i n t a s c a “ poche co p e c h e , s e n z a c a p i g l i a t u r e ingellate o g i a c c h e f i r m a t e ” , m a c on un sen - sentireascoltare 81 so di chiaro distacc o d a l l o “ s t y l i n g popolare dello styli n g d ’ a l t a c l a s se”. Un lucido e lu d i c o a t t a c c o a l sistema che evidenz i a l ’ i n t e l l i g e n z a corrosiva dei due. D i s c o r s o a p a r t e per gli Eterea, che fo r n i s c o n o o t t i m i intermezzi strument a l i t r a l e e s t e r nazioni del duo a b a s e d i s p u n t i funky e accentuate a c c e l e r a z i o n i dancey, ma vanno r i v a l u t a t i i n u n contesto in solitario. ( 6 . 8 / 1 0 ) Stefano Pifferi nello stesso modo dall’ispirazione nel songwriting, per quanto le intenzioni siano lodevolissime. Per cui la discontinuità non ci permette questa volta di porlo allo stesso livello del precedente. (6.0/10) Te r e s a G r e c o Yo u n g M a r b l e G i a n t s – C o l o s s a l Yo u t h ( R o u g h Tr a d e f e b b r a i o 1980 / Ristampa Domino / Self, 6 luglio 2007) Genere: post-punk geni a iosa per Blow, Parker&Lily no ristampa ora una riedizione di C o l o s s a l Yo u t h d a v v e r o p r e z i o s a – che segue la ristampa Pias del 2003. La versione del 2003 già conteneva 25 tracce anziché le 15 originali della stampa Rough Tr a d e – e a n c o r a p r i m a c i r c o l a v a un’altra versione con 21 tracce. In questo ultimo caso l’album era fatt o s e g u i r e d a l Te s t c a r d E P ; n e l l a versione Pias, oltre a questo, comparivano i brani del (meraviglioso) singolo Final Day e un estratto – a firma YMG – della compilation Is T h e Wa r O v e r . Ma ora, per la Domino, i cd sono ben tre. Il primo contiene Colossal Yo u t h , d a s o l o . I l s e c o n d o a c c o r p a al malloppo Pias l’unica altra uscita a lunga durata di YMG, la compilation Salad Days; come trovarsi una meteora in giardino. Il terzo raccoglie qualche Peel Session. Insomma, si diceva di dischi da consumare. Colossal Yo u t h , ascoltato finalmente da solo, torna a essere quel disco da sentire e da risentire. Né i suoi fratelli minori deludono le aspettative. Ma quella gioventù fragilissima riman e u n c o l o s s o d i ff i c i l e d a s u p e r a r e (8.0/10). e altri). Se c’è qualcosa che non Gaspare Caliri Colossal Yo u t h si materializzò con un candore delicatissimo nel 1980, all’interno del catalogo Roug h Tr a d e , c o m e p r i m o e u n i c o a l b u m d e g l i Yo u n g M a r b l e G i a n t s , trio gallese fatto dei due fratelli Moxham (Stuart alla chitarra, come principale compositore, e Phil al basso) e la ragazza del secondo dei due; una ragazza capace di una voce celestiale e distaccata insieme (Constantly Changing), in piena tradizione new wave. Una fanciulla – di nome Alison Statton – che, a dire di Stuart, Xavier Rudd – White Moth (Anti / Self, 8 giugno 2007) Genere: world, rock, reggae Anche il quarto album del polistrumentista australiano lo vede impegnato - a mo’ di one man band - con parecchi strumenti (tra cui chitarre, basso, didgeridoo e percussioni), alla ricerca, come viene puntualizzato in sede di press, dell’essenza dei suoi live. Mescolando folk, reggae, rock e world, White Moth, che vede la presenza di cantanti aborigeni, è un concept che paga quindi omaggio agli abitanti originari del continente australiano, ed intende sensibilizzare a un maggiore rispetto per le culture da preservare. Un personale viaggio dell’autore che fa anche il punto della situazione sulla sua musica. Ecco a l l o r a i l s o u l e i l r e g g a e ( Tw i s t , Come Let Go), le ballad (Better People, Choices), le consuete ascendenze benharperiane (Anni Koozoo), i rock blues (Footprint), gli echi younghiani in Whirlpool, la world gabrieliana di Message Stick, tra didgeridoo, percussioni e voci. Disco curatissimo dal punto di vista tecnico, non è sostenuto 82 sentireascoltare cantava come se stesse aspettando l’autobus. Nulla c’era della foga del punk, ma tanto dell’epoca. Purezza cristallina, minimi termin i , C o l o s s a l Yo u t h h a q u a l c o s a d i H a l f M u t e d e i Tu x e d o m o o n ; due dischi perfettamente calati nel loro tempo – il basso ne è esempio – ma da consumare in ogni tempo. Certo, rispetto a Half Mute questo album non ha neanche alla lontana un’oscurità così definitiva (al posto del violino ci sono una drum machine da quattro soldi, tastierine Farfisa, Wullitzer Jukebox e risulta chiaro, qui, è come abbiano fatto a trovare un equilibrio così. Si intende il perfetto equilibrio tra post-punk – la tecnica chitarristica di Stuart è figlia del chitarrismo strozzato, più che ritmico, di provenienza Gang Of Four (Include Me Out) –, “messthetics” (l’estetica della confusione, dell’approssimazione, più prossima ai primi Scritti Politti), acquarelli dolcissimi e sfumati e placida melodia. Ma veniamo al punto. La Domi- turn it on Z e l i e n o p l e – H i s / H e r s ( Ty p e / W i d e , 2 9 g i u g n o 2 0 0 7 ) Genere: psichedelia Con questo q u i n t o d i s c o i t r e Z e l i e n o p l e a r r i v a n o f i n a l m e n t e i n s u p e r f i c i e e per loro ste s s a a m m i s s i o n e s i l a s c i a n o a l l e s p a l l e l a p r a t i c a d e l c d r. Il sound dei t r e è u n c r o s s o v e r d i s t i l i p s i c h e d e l i c i a b b a s t a n z a o r i g i n a l e nelle intenzio n i , u n p o ’ m e n o n e g l i e s i t i , m a i t r e , c o m e i l v i n o , m i g l i o r a n o invecchiando e a l q u i n t o d i s c o s u o n a n o d e c i s a m e n t e p i ù p e r s o n a l i d e g l i esordi. La gra m m a t i c a d i b a s e è s e m p r e q u e l l a d e i Ta l k Ta l k: l a n g u o r e ed estasi per l e l u n g h e d i s t a n z e . U n ’ i n f i n i t e s a d n e s s s e n z a s c a m p o c h e abbassa il rit m o d i p o l s i e p a l p e b r e . I n H i s / H e r s s i v i v e i n u n p e r p e t u o stato di narco l e s s i a i m m a n e n t e , t r a s c h e l e t r i c i b l u e s d e l l ’ a n i m a , r o m a n z e psych da fron t i e r a a m e r i c a n a e l o s g u a r d o c h e s i a l l u n g a n e l l a c a l i g i n e oltre l’orizzon t e . L u n g h i b r a n i i m p r o v v i s a t i c o m e F a m i l y B e a s t e M o s s M a n si incaricano s o p r a t t u t t o d i m e t t e r s u u n a s c e n o g r a f i a e d i l a s c i a r e c h e i suoni gallegg i n o i n q u e s t o e t e r e a m n i o t i c o s e n z a t e m p o . S e m b r a d i a s c o l t a r e u n a t t o s e c o n d o d e l l a s oundtrack di Dead Man f i r m a t a d a N e i l Yo u n g, c o n i br a n i c h e s i t r a s c i n a n o i n l u n g h e s c i e d i c o m e t a , v e d i l a c a n t autorale e folkish Parts A r e L o s t e l a i p e r d i s t o r t a F o r c e d M a r c h c h e d i v e n t a n o i n c u b i f r e e f o l k a l l u n g a n d o s i p e r n o v e minuti e passa l’una. Vi r a n d o s e m p r e d i p i ù s u l l ’ i m p r o v v i s a z i o n e g l i Z e l i e n o p l e s i s t a n n o p r o g r e s s i v a m e n t e l a s c iando alle spalle i parag o n i p i ù i n g o m b r a n t i ( Ta l k Ta l k e P i n k F l o y d ) p e r t r o v a r e l a p r o p r i a s t r a d a . I n q u e s t o s e n s o His/Hers è già un bel p a s s o i n a v a n t i r i s p e t t o a S t o n e A c a d e m y . A q u e s t o p u n t o v e d i a m o c o m e s i e v o l v e r a n no ancora. Due sono le c o s e : o d i v e n t a n o a n c o r a p i ù i m p r o v v i s a t i e d i c o n s e g u e n z a e l i t a r i , o p p u r e r i u s c i r a n n o a t r ovare una sintesi invidia b i l e d i p s i c h e d e l i a i n f o r m a l e e c a n t a u t o r a t o a v a n t g a r d e . I n p r a t i c a u n a v i a d i m e z z o t r a A Saucerful Of Secrets e D a r k S i d e O f T h e M o o n, o v v e r o i l s o g n o s e g r e t o d i q u a l u n q u e b a n d p s i c h e d e l i c a c r e s c iuta con il culto dei Floy d . ( 7 . 2 / 1 0 ) Antonello Comunale sentireascoltare 83 Backyard permettersi di cambiare le sorti del va alle profondità nascoste della te- d i g e n e r e c o m e s i u s a v a a i t e mpi, c o n c h i t a r r e l u r i d e e c a r t a v e t r ate, una voce che vomitava veleno e t e c n i c a r i d o t t a a p o c h i , v e l o c i s simi accordi. N e l l o s t e s s o a n n o r e g i s t r a r o n o al t r e d u e c a n z o n i , M y L i f e e D on’t D r a f t M e, f i n i t e p o i n e l s a m p l e r pro m o s s o d a l l a r i v i s t a T h r a s h e r S k ate R o c k Vo l . 3 , m e n t r e q u a l c h e m ese d o p o , n e l 1 9 8 6 , s i e c l i s s a r o n o d opo l a p u b b l i c a z i o n e d e l l ’ E P I s n ’ t Life A D r e a m . D e l l a p a r t i t a e r a a n che N o a h L a n d i s , a l l ’ e p o c a c h i t a r r i sta e c a n t a n t e d e i C . O . P. e d a l 1 996 i n s e n o a i N e u r o s i s n e l l e v e s t i di t a s t i e r i s t a . Tu t t a l a p r o d u z i o n e del C r i s t o I n P r o c e s s i o n e i n 1 9 t r a cce. A m e n . (6 . 0 / 1 0 ) chno di classe. Less is more. Lunga Gianni Avella g r o o v e c o n u n r i ff e q u a l c h e s y n th, la deep house ultraclassica di Osvaldo (un ritorno al jack sound puro e nerissimo), una comparsata d i M a r i a n ne F a i t h f u l l c h e s e m b r a una Björk in vena post-wave (stupendo il ricordo dei tempi colorati a p a s t e l l o d el l a 4 A D ) , i l r i ff o n e r o c k di M.I.A. (che fa il verso alla Bertè italo-punk ‘80!), e poi altre mescol a n z e p r e - D FA c h e c o n s a c r a n o i l minimal a gesto estetico del danceA A . V V. – B l a c k m u s i c , 1 0 Ye a r s Of Tiefschwarz (Souvenir / Audioglobe, 31 maggio 2007) Genere: electro remix compilation Gli anni passano ve l o c e m e n t e , a n che per i musicisti. E s o n g i à d i e c i da quando i due fra t e l l i n i d i S t u t tgart hanno pubblic a t o i l l o r o p r i mo singolo 24 Seve n . I s u o n i s o n o mutati profondament e d a q u e l 1 9 9 7 pieno di derive ‘90, p i e n o d i i n c o n gruenze che sfociava n o i n u n a p e r - floor del decennio. Una compilation che mescola veramente tutto quello che abbiamo sentito e che ancora sentiremo. Un viaggio che parte dal pop e che arri- v i t a a i f r a t el l i n i k r a u t i . (7 . 3 / 1 0 ) ( P S : Il secondo disco contiene versioni originali e remix di anthem ormai notissimi. La ciliegina che completa degnamente il decennale). Marco Braggion dita di orientamento, n e l l a r i f l e s s i o ne post-acid jazz o n e l l ’ i n t i m i s m o Il doppio e succoso d i s c o c o m p i l a - Christ On Parade – Sounds Of Nature (Pusmort, 1985 - Neurot Recordings / Goodfellas, 24 aprile 2007) Genere: punk to per la ricorrenza s i d i v i d e i n d u e Una ristampa che interesserà i se- metà complementar i : u n a c o m p i - guaci dei Neurosis (non a caso è lation mixata con g u s t o s o p r a ff i n o la Neurot ad occuparsene) e gli afi- e una raccolta di re m i x d i a m i c i e cionados dell’hard-core old school conoscenti vari. C o m e g i à n e l l e di mid eighties. I Christ On Parade compilation già declinante del tr i p h o p . P o c h i s i son salvati dalla sch i u m a d e l t e m po: tra questi Ali e B a s t i S c h w a r z . questa erano un gruppo di stanza califor- (Misch Masch e il c l a s s i c o F a b r i c) preced e n t i niana (San Francisco) nato sulla c’eravamo abituati a l l ’ a l t a c l a s s e s p i n t a d i co m b i q u a l i C r a s s e D i - dell’accostamento. Q u i n o n s i a m o s c h a r g e . Av a l l a t i d a l l a b i b b i a M a - da meno. La selecta m i x a t a d a i d u e ximun Rock And Roll nonché da va a battere nei terri t o r i a l o r o f a m i - magazine extrasettoriali – ma lega- liari e a noi - mania c i d e l l a t e c h n o t i a l l a s c e n a h c – c o m e T h r a s h e r, - necessari: l’inno se n s u a l i s s i m o d i esordirono nel 1985 con un disco, Tuff Little Unit che s e m b r a v e n u t o Sounds Of Nature, licenziato per fuori proprio da queg l i a n n i i n c u i g l i la Pusmort del famoso grafico Pu- Everything But The G i r l p o t e v a n o shead (Misfits, Metallica); un lavoro 84 sentireascoltare a Current 93 – The Inmost Light (Durtro Jnana / Goodfellas, 1 giugno 2007) Genere: folk apocalittico I l m e r c a t o d e l l e r i s t a m p e s i a r ric c h i s c e d i u n a n u o v a i m p e r d i bile p e r l a . N e l l a g e n e r a l e r i s c o p erta d e l l a d i s c o g r a f i a d e i C u r r e n t 93 v i e n e f i n a l m e n t e d i s t r i b u i t a l a t r ilo g i a d i T h e I n m o s t L i g h t i n v e r s i one f i l o l o g i c a m e n t e c o r r e t t a , r i m a ste r i z z a t a , i n 3 c d o 2 l p , c o n l i b r etto d i 2 4 p a g i n e . U n r e s t a u r o i n p i ena certo risultare in qualcosa di più leggero, qui ci sono alcuni dei mig l i o r i b r a n i f i r m a t i d a Ti b e t . C l a s s i c i c o m e C a l l i n g F o r Va n i s h e d F a c e I e I I, T h e B l o o d b e l l s C h i m e e T h e Frolic. Nel primo EP si ascoltano i 19 minuti dell’ipnotica Where The Long Shadows Fall (Beforetheinmostlight), mentre nel secondo c’è la spettrale The Starres Are Marching Sadly Home (Theinmostlight Thirdandfinal). Un classico da avere, sentire e ascoltare. Fino alla regola e un m u s t a s s o l u t o . S e d e i Current 93 sia s t a t o p i ù i m p o r t a n t e il primo perio d o , q u e l l o p i ù e s p l i c i tamente dem o n i a c o , o i l s e c o n d o , quello folk, è q u e s t i o n e c h e n o n s i può facilment e l i q u i d a r e e r i c o r d a le discussioni a n a l o g h e c h e v e n g o no fatte per t u t t e l e b a n d c o n u n percorso med i o - l u n g o e c h e h a n n o lodevolmente c a m b i a t o l e p r o p r i e carte in tavola . S o n o m i g l i o r i i P i n k Floyd pre Um m a g u m m a o q u e l l i d i The Wall? Gl i S w a n s p r e C h i l d r e n Of God o qu e l l i d e l c o n i g l i o ? D i scorsi che m a i c o m e n e l c a s o d e i Current 93 la s c i a n o i l t e m p o c h e trovano. Natu r e U n v e i l e d a d i s t a n za di anni ri s p l e n d e a n c o r a d e l l a sua opaca lu c e s i n i s t r a e r i a s c o l tando ora le c a n z o n i d i q u e s t a t r i l o gia passano r a p i d a m e n t e i n m e n t e tutti gli epigo n i , c h e d a S i r. D a v i d Tibet hanno c o p i a t o p r a t i c a m e n t e tutto. The Inm o s t L i g h t è c o m p o s t o da due EP e d a u n d i s c o v e r o e p r o prio, il celebre A l l T h e P r e t t y L i t t l e Horses che in t u t t e l e a n t o l o g i e d e l folk apocalitti c o f a d i s o l i t o c o p p i a con Thunder P e r f e c t M i n d . B a s t i semplicement e d i r e , c h e l a q u a l i t à della scrittura d i Ti b e t è q u i p r o babilmente al s u o m a s s i m o e c h e tra gli ospiti c i s o n o J o h n B a l a n c e , Steven Saplet o n e N i c k C a v e . Q u e st’ultimo cant a l a t i t l e t r a c k e n e l l a conclusiva Pa t r i p a s s i a n , s u u n t a p peto riverbera t o d i c a n t i g r e g o r i a n i del 16° secolo , r e c i t a u n t e s t o t r a t t o dai Pensieri d i P a s c a l ( T h e r i v e r s of Babylon flo w, a n d f a l l , a n d c a r r y away… ), in cu i s i r i e c h e g g i a l a d o t trina eretica d e l P a t r i p a s s i a n i s m o in base alla q u a l e D i o e G e s ù s o n o identici aspet t i d i u n u n i c o D i o e d è quindi Dio ste s s o a d a v e r s o ff e r t o per noi sulla c r o c e . A p a r t e i l c o n nubio Tibet-C a v e , c h e n o n p o t e v a F r o m A C o u n t r y P h o n e, I Had A N e w Yo r k G i r l f r i e n d, Wa rm Nights d i F o r s t e r e Wa t e r s h e d , Fireboy, H o r s e b r e a k e r S t a r , I n Your Bright R a y d i M c L e n n a n - , i d ue hanno a ff i n a t o e d e s p l o r a t o i n l ungo e in l a r g o l a l o r o v e n a , c r e s c e ndo espo n e n z i a l m e n t e c o m e a u t o r i aldilà dei t r a g u a r d i p o p s e g n a t i i n sieme nei l o r o g l o r i o s i ’ 8 0 t a r g a t i P ostcard. I n t e r m i s s i o n e v i d e n z i a p r oprio que s t o p e r c o r s o d i c r e s c i t a , unendo i p u n t i f r a i G o - B e t w e e n s giovani e f i n e . (9 . 0 / 1 0 ) Antonello Comunale Robert Forster & Grant McLennan – Intermission – The Best Of The Solo Recordings 1990-1997 (Beggars / Self, 22 giugno 2007) Genere: songwriting, pop rock Col trascorrere degli eventi, le cose p o s so n o a s s u m e r e n u o v i e d i v e r s i s i g n if i c a t i . E a l l o r a l a s c o m p a r s a di Grant McLennan, avvenuta d’improvviso poco più di un anno fa, conferisce a un’operazione gustosa ed interessante come questa un lavori del duo australiano, ormai q u e l l i a d u l t i e m a r c a n d o al contem p o d i ff e r e n z e – e p a r e n t e l e – fra gli s t i l i e l e p e r s o n a l i t à d i ciascuno. Ta n t o i n q u i e t o R o b e r t , diviso fra r o c k s a n g u i g n i e c o u n t r y medita b o n d i e d e s i s t e n z i a l i , q u anto sola r e G r a n t , i m m e r s o i n u n pop-folk di c l a s s e p u n t e l l a t o d a l i r i c he argute e f i c c a n t i ; F a l l i n g S t a r , 1 21 , Cryin’ L o v e d e l p r i m o e H a v e n ’ t I Been A F o o l , E a s y C o m e E a s y Go e One P l u s O n e d e l s e c o n d o s o no soltan t o a l c u n e d e l l e g e m m e n a scoste qui r i p o r t a t e a l l a l u c e , c h e o g gi più che m a i m e r i t a n o t u t t a l ’ e s posizione d e l c a s o . P e r c o l l o c a r e f inalmente i d u e a l p o s t o c h e l o r o c ompete a c c a n t o a i v a r i N i c k C a v e , Neil Finn e R o b y n H i t c h c o c k t r a i migliori s o n g w r i t e r s d e l l a l o r o g e nerazione, p e r c a p i r c i - , e p e r s u p erare ogni r i m p i a n t o p o s s i b i l e ( 7 . 5 / 10 ). Nota a m a r g i n e p e r i l p a c k a g i n g allestito d a l l a B e g g a r s , p r i m a c l a sse asso luta. padrone, negli anni della maturità, Antonio Puglia i n e v it a b i l e , a g r o d o l c e s a p o r e c o m memorativo. Intermission era un progetto in cantiere già da tempo, sin da quando i due Go-Betweens a v e va n o riallacciato il sodalizio artistico nel 2000 con l’acclamato F r i e n d s O f R a c h e l Wo r t h, g i u n t o dopo un’intera decade trascorsa a perseguire progetti in solitaria; come spiegano le note di copertina, uno degli ultimi impegni professionali di McLennan è stata proprio la scelta della tracklist e del titolo di questa doppia antologia. Sapere anche che nei ’90 i fan comp i l a va n o i n s i e m e l e l o r o t r a c c e s o liste fantasticando una reunion tra Robert & Grant, già la dice lunga sulla qualità del materiale qui raccolto. Se queste 26 canzoni venissero opportunamente miscelate, probabilmente il risultato non si discosterebbe troppo dai recenti di un songwriting maturo ed eccezionalmente centrato (vedi l’ultimo Oceans Apart, di appena due anni fa). Questo perché, negli otto album pubblicati fra il 1990 e il 1997 - D a n g e r I n T h e P a s t, C a l l i n g Nick Drake – Family Tr e e ( Ts u n a m i L G - F o n t a n a / I s l a n d , 9 luglio 2007) È bello credere che il ragazzo che sentireascoltare 85 Moon, dove c’è ancora la possibilità di ridere tra una take e l’altra, di eseguire un trio di Mozart per piano, viola e clarinetto con la sor e l l a G a b r i e l l e e l a m a d r e M o l l y, d i intonare insieme alla prima il gos p e l s e n t i t o d i A l l M y Tr i a l s , d i l a sciare il registratore alla seconda per immortalare due sue composizioni (le classiche Poor Mum e Do Yo u R e m e m b e r ? ) , c o l s e n n o d i p o i così tragicamente vicine alla sensibilità crepuscolare e tormentata nel ‘67 registrava questi demo a Ta n w o r t h I n A r d e n , n e l c o n f o r t o del focolare domestico, fosse un ragazzo felice. Che si trattasse prevalentemente di standard blues - tristi per definizione -, o di autografi segmenti autunnali – malinconici per loro natura –, non importa molto. Nick Drake allora non aveva neanche vent’anni, eppure già masticava quel linguaggio fatto di sogni e nebbie, di timide speranze e solitudini, che nel giro di 24 mesi avrebbe impresso per la prima volta su Five Leaves Left. La carriera - se così può definirsi la sua - era tutta da venire: erano gli anni spensierati del college, col ricordo splendido e ancora vivido di un avventuroso soggiorno in Provenza; i tempi erano comunque maturi per fermare su nastro alcuni provini e tentativi, fra informali session in famiglia e alcune sedute a Cambridge con l’amico Robert K i r b y, i l f u t u r o a r r a n g i a t o r e d i Wa y To B l u e e t a n t i a l t r i p i c c o l i c a p o l a vori di Bryter Layter. del figlio. Con il suo carico di sogni e fantasticherie, questa raccolta è solo un antipasto in attesa delle grandi celebrazioni previste per la fine dell’anno, con la ripubblicazione dello s t o r i c o c o f a n e t t o F r u i t Tr e e e D V D d e l d o c u m e n t a r i o A S k i n To o F e w . Di sicuro, non è mai l’occasione sbagliata per tornare a parlare del più grande dei trovatori britannici del XX secolo, anche se i filologi drakeiani conosceranno un buon 90% di questo materiale, pubblicato in passato sotto forma di bootleg - S e c o n d G r a c e e Ta n w o r t h I n A r den, 67 68 i più noti - e, come per le altre raccolte postume (eccetto Time Of No Reply), i possessori d e i t r e a l b u m u ff i c i a l i p o t r a n n o i n linea di massima ritenersi già soddisfatti. Nondimeno, le piccole ma intense scintille di luce (e di vita) emanate da questi vecchi nastri magnetici rendono la conoscenza d i F a m i l y Tr e e s e n o n i n d i s p e n sabile, quantomeno consigliata ad ogni appassionato. (7.0/10) Antonio Puglia Possiamo sentire Nick intento ad a ff i n a r e l e p r o p r i e a b i l i t à c h i t a r ristiche nel traditional Winter Is Gone, studiare le blue notes in B l a c k M o u n t a i n , I f Yo u L e a v e M e , Cocaine Blues e Been Smokin’ M i c h a e l G a r r i c k Tr i o - M o o n s c a p e ( A r g o , 1 9 6 4 / r i s t a m p a Tr u n k / G o o d f e l l a s , 11 g i u g n o 2 0 0 7 ) Genere: jazz To L o n g , c i m e n t a r s i n e l c o n f r o n t o Michael c o n i m a e s t r i D y l a n ( To m o r r o w I s ‘33, è solo uno dei tantissimi jaz- A Long Time) e Bert Jansch, spe- zisti che – ahimè - ancora non co- rimentare la scrittura in Blossom, noscevo. Inglese, studiò letteratu- They’re Leaving Me Behind, Birds r a a l l a L o nd o n U n i v e r s i t y, c o r d o n e Flew By e Come Into The Garden, ombelicale mai del tutto reciso. Si bozzetti inediti dalla calligrafia già specializzò infatti nella composizio- riconoscibilissima, come dimostra ne di musica (jazz) come sottofondo l’accostamento con le più celebri per reading poetici, o - se preferite D a y I s D o n e e Wa y To B l u e . - con la poesia come sfondo men- Il tutto in un contesto ancora lonta- tale (emotivo, sentimentale). Cosa d i p i ù p o e t ic o d e l l a f a c c i o n a m i s t e - no dalla solitudine cosmica di Pink 86 sentireascoltare Garrick, pianista classe r i o s a d e l l a l u n a , q u i n d i ? M o o n s ca p e , q u a r t o a l b u m i n c a r r i e r a , e r a in o r i g i n e u n d i e c i p o l l i c i s t a m p a t o in 9 9 m i s e r e c o p i e . O g g i v e d e p e r la p r i m a v o l t a l a l u c e d e l l a s e r g r azie a i b u o n i u ff i c i d e l l a Tr u n k . F i n a l m e n t e , o s e r e i c h i o s a r e , per ché trattasi di ventidue minuti e m e z z o d i p r e z i o s a c a l i g i n e j a z z . Il t r i o ( b a s s o - p i a n o - b a t t e r i a ) s f o ggia u n h a r d b o p o c c a s i o n a l m e n t e di s a r t i c o l a t o f r e e ( v e d i l a s m a n i a ve t r o s a e g l i s q u a r c i a l l i b i t i d i F ace I n T h e C r o w d , o p p u r e l ’ a r c h i t e t t ura e s p r e s s i o n i s t a d i Ta k e O f f) m a an c h e i n t u r g i d i t o s w i n g - l a t e s a di s i n v o l t u r a d i M u s i c F o r S h a t t e r ing S u p e r m a r k e t s - q u a n d o n o n e mi n e n t e m e n t e l u n a r e , c o m e è i l c aso, o f c o u r s e , d e l l a t i t l e t r a c k e del l ’ e l e g a n z a s t r a s c i c a t a d i S k e t c hes O f I s r a e l. L a q u a l i t à d e i b r a n i f a i l p a i o con l a f e r v i d a i m m e d i a t e z z a d e l l e e se c u z i o n i , d a c u i e s a l a u n ’ e n e r gia s t r a n a d a B i l l E v a n s l i c a n t r o p o, o s e v o l e t e u n a v i g o r i a t o r m e n t ata d a O r n e t t e C o l e m a n b o h é m i e n ne. L a p a s t a s o n o r a n o n p r o p r i a m e nte h i - f i a r r i c c h i s c e q u e l l a s e n s a z i one d i t e s o r o r e c u p e r a t o , d i s t r e g o n eria c a r b o n a r a . S e n z ’ a l t r o u n a s c olto r a c c o m a n d a b i l e a t u t t i i r o m a n tici c e r v e l l o t i c i b r a m o s i d i c i e l i s t e l l ati. E s i s t o n o a n c o r a , v e r o ? ( 7 . 2 /1 0 ) Stefano Solventi Sebadoh – The Freed Man (autoprodotto, 1988 Homestead, 1989 - Domino / Self, 15 giugno 2007) Genere: lo-fi C i s o n o d u e m o d i d i v e d e r e i l de b u t t o d e i S e b a d o h : o c o m e u n o dei m a n i f e s t i s u p r e m i d e l l ’ i n n o c e n z a in musica, o come un enorme mucchio di immondizia. Che oggi diventa ancora più enorme, nel momento in cui ai trentadue brani dell’LP originale si sommano le outtakes e inedite dell’accorta ristampa della Domino, fino a raggiungere la titanica lunghezza di 52 tracce. Prendiamo per buona la prima opzione, se non altro per rispetto. Giova specificare, a beneficio dell’incauto ascoltatore, che per la maggior parte si tratta di bozzetti di melodie, bizz a r r i g i o c h i d i r e c & p l a y, t i m i d i a c cenni di canzoni, campionamenti primordiali, bisticci punk, scampoli f o l k . Tu t t o r e g i s t r a t o i n u n a s t a n za da letto su uno scassatissimo registratore portatile. Intimismo pre (post) puberale alla Daniel Johnston? Semmai ludus sfrenato, attitudine più che mai free e creatività al potere, senza filtri o compromessi di sorta. Come quando si gioca da bambini. Se-ba-doh. Tr e s i l l a b e c h e n o n v o g l i o n o d i r e proprio nulla, alla stregua di certe parole inventate da piccoli. Nel 1988 Lou Barlow piccolo non lo era più da tempo, anzi stava per diventare Grande - con la maiuscola - in seno ai Dinosaur Jr. La storia insegna che quel cattivone di J. Mascis volle tenersi il giocattolo tutto per sé, e così all’occhialuto bassista non rimase che trovarsi un nuovo compagno in Eric Gaffney, un tizio tanto strano da accollarsi gli esperimenti da mangianastri che Lou aveva cominciato a escogitare col moniker Sentridoh (oltre che in Poledo, il più freak dei brani del Dinosauro). Pur lontano dall’essere un vagito puramente artistico dei neonati Sebadoh - per quello bisognerà aspettare III -, The Freed Man apriva un mondo di possibilità virtualmente illimitate per una generazione intera, ancor più degli antecedenti illustri di Jandek, il citato Johnston e Beat Happening: il centro del mondo è la propria cameretta, per fare musica non serve nient’altro che una cassettina e tanta, tanta fantasia. Le congiunture storiche sono favorevoli - fasti dei Dinosaur a parte, la Homestead proliferava, e la Drag C i t y d i P a v e m e n t e R o y a l Tr u x s t a va giusto nascendo; e così piace pensare che Beck stia ancora ringraziando, mentre è risaputo che uno come Cobain avrebbe venduto l’anima al diavolo per godere dello stesso lusso. Si sarà capito, aldilà del valore storico l’ascolto odierno - così come quello di allora, supponiamo – non dirà granché; è un reminder comunque necessario, specie oggi che Lou, Eric e Jason Loewenstein sono tornati insieme per assaporare i dolci frutti della gloria postuma. (6.5/10) tavia, lui non arriverà mai a certe Boy dietro le spalle cui reagisce con maturità testuale e qualche ammodernamento d’abiti sonori. Reporter di cronaca nera armato di c h i t a r r a e t a s t i , Wa r r e n è i n c o p e r tina mentre si appresta a salire su un aereo con yuppies che chissà cosa nascondono, infiltrato tra loro in cerca di uno scoop. Bilanciato tra il lato giornalistico del nostro e quello intimista, il disco si rivela r a ff i n a t o e b e n s c r i t t o , c o m e c e r t i ficano la potente title track, il “blue collar” trascinante The Overdraft, l a r a b b r i v i d e n t e C h a r l i e ’s M e d i c i ne; più meditative una The Hula Hula Boys però cosparsa d’ironia, la solitaria Jesus Mentioned, l a p i a n i s t i c a i n n o d i a d i N e v e r To o Late For Love. Nell’esatto mezzo L e t N o t h i n g C o m e B e t w e e n Yo u , sorta di Hungry Heart più sottile e cosa più vicina a un possibile hit, che logicamente non fu. L’ a l b u m a r r i v e r à s o l o a l a m b i r e i To p 1 0 0 d i B i l l b o a r d , e d e c c o i l perché di una tarda riedizione digitale (che tra le altre cose aggiunge una malata resa del classico Wild Thing e la springsteeniana The Risk), spalancando all’uomo un lustro di patimenti redenti col validissimo Sentimental Hygiene. Che ironia, infine, che sia stato strappato al mondo da un tumore causato da esposizione all’asbesto e non, come ci si aspettava un po’ tutti, dagli stravizi. (7.3/10) vette di notorietà per la peculiarità G i a n c a r l o Tu r r a Antonio Puglia Wa r r e n Z e v o n – T h e E n v o y ( A s y l u m 1 9 8 2 - R h i n o / W a r n e r, maggio 2007) Genere: rock Ve r a e p r o p r i a m o s c a b i a n c a d e l “rock d’autore” d’oltreoceano, Zevon: pianista e arrangiatore per gli Everly Brothers a inizio carriera, ha fatto fruttare questa sua abilità con brani che uscivano dal seminato di un genere fin troppo ligio alla regola. I testi, per non smentirsi, andavano dietro alla musica, storie di criminali e complotti internazionali, politica estera e lupi mannari a Londra, lontanissime sia dal pacifismo populista di Jackson Browne che dalla mitologia della fuga del “Boss” giovane. Entrambi collaborarono col Nostro, in un ennesimo attestato di grandezza: tut- stilistica e la poca costanza, tipica di un personaggio propenso a inseguire l’ispirazione del momento e soccombere alle dipendenze, rischiando e rimettendoci. The Envoy lo coglie all’inizio degli Ottanta, un capolavoro come Excitable sentireascoltare 87 Echran Dal vivo Echran – Vicolo Bolognetti, Bologna (8 giugno 2 0 0 7 ) Storia di un conce r t o t o t a l m e n t e fuori luogo. O di un n o n - c o n c e r t o . Si potrebbe definire c o s ì l a p e r f o r mance degli Echran a l Vi c o l o B o lognetti di Bologna d e l l ’ 8 g i u g n o scorso. L’atmosfera i r r e a l e c h e h a accompagnato la pr i m a e s i b i z i o n e in territorio bologn e s e d i D a v i d e Dal Col e Fabio Volp i , d o p o l ’ u s c i t a del bellissimo esord i o d i s c o g r a f i c o , è risultata un elem e n t o d e t e r m i nante ai fini della r i c e z i o n e d i u n genere musicale già d i p e r s é m o l to ostico. Il chiacch i e r i c c i o d a b a r della maggior parte d e i p r e s e n t i , capitati lì per caso ( i l c o n c e r t o e r a gratu ito) e tutt’altro c h e i n t e r e s s a t i al concerto (ma fors e q u a l c u n o n o n si era nemmeno res o c o n t o c h e d i si trattava di un liv e ) , h a f a t t o d a sfondo costante alle t r a m e e l e t t r o niche del duo milan e s e ( i n r e a l t à un trio, con Fabio Vo l p i a r e c i t a r e i testi in francese), ch e n o n o s t a n t e i l fastidioso brusìo (diff i c i l e t r o v a r e l a concentrazione adat t a p e r c h i r i c e r ca, come loro, sottig l i e z z e m u s i c a l i non da poco), si è e s i b i t o c o m e s e si tro vasse in un tea t r o v u o t o , s e n za fare una piega. 88 sentireascoltare “Si facciano pure i fatti loro, ma che almeno non chiacchierino”. Devono aver pensato questo i musicisti quando, nel finale di concerto hanno inserito un’improvvisazione tiratissima, al limite del noise estremo. U n o s c h i a ff o s o n a n t e e f a s t i d i o s o , a chi beveva tranquillamente la sua birra seduto a tavolino, incurante di loro. Una trovata divertente, un macigno piombato improvvisamente sulla testa dell’astante nonp u b b l i c o , ol t r e a d u n o d e i m i g l i o r i momenti della serata, proseguita a suon di revival dark-wave anni ‘80. Era quello che tutti aspettavano, ma qualcuno era arrivato troppo presto, incappando in quel fastidioso rumore di fondo, che ha osteggiato a più riprese la loro conversazione. Ora, che ballino pure... Daniele Follero Isis + Oxbow – Estragon, Bologna (7 giugno 2007) Non è passato molto tempo da quando Celestial (così come la sua continuazione, il bellissimo EP SGNL>05) ha imposto gli Isis come qualcosa di assolutamente nuovo n e l p a n o r am a d e l m e t a l e s t r e m o . Tr a m e i n t r i c a t e , t e m p i d i l a t a t i , c o - s t r u z i o n i c o m p l e s s e , t e m p i i rre g o l a r i : t u t t o c i ò c h e q u a l c h e a nno p r i m a a v e v a c a r a t t e r i z z a t o l a n uo v a a t t i t u d i n e d e l p o s t r o c k , v e n iva q u i t r a s f e r i t o a i s u o n i b r u t a l i d ello s t o n e r. Q u a l c u n o l o a v e v a d e f i nito a v a n t - m e t a l e , a l d i l à d e l l a p oca u t i l i t à d e l l e e t i c h e t t e , c i a v e v a az zeccato. E p p u r e , o g g i , a d i s t a n z a d i a p p ena s e t t e a n n i d a q u e l f a t i d i c o a l b um, g l i I s i s s o n o r i u s c i t i a p e r d e r e per l a s t r a d a t u t t a l a l o r o c a r i c a pro p u l s i v a e p r o p o s i t i v a , o l t r e a l l a l oro o r i g i n a l i t à , p e r t r a s f o r m a r s i i n una s o r t a d i a p p e n d i c e d i g r u p p i c o me S l i n t e a l t e r e g o d e i P e l i c a n, q u an d o n o n s e m b r a n o l a v e r s i o n e b a na l i z z a t a d e i G o d s p e e d Yo u ! B l ack E m p e r o r . R e s t a n o i t e m p i d i l ata t i , m a è i l s o u n d m e t a l a d e s s ere s c o m p a r s o q u a s i d e l t u t t o , r e l e ga t o a p o c h i b r e v i e p i s o d i “ d i m a nie r a ” . L a s o s t a n z a d e l c o n c e r t o d ella b a n d d i L o s A n g e l e s a l l ’ E s t r a g o n di B o l o g n a , s t a t u t t a i n q u e s t e s c elte e s t e t i c h e o r m a i a s s o l u t a m e n t e pre v a l e n t i . L a s c a l e t t a è t u t t a i m per n i a t a s u g l i u l t i m i d u e l a v o r i i n stu d i o d e l q u i n t e t t o , P a n o p t i c o n e il r e c e n t e I n T h e A b s e n c e O f Tr uth, a l b u m c h e p r e d i l i g o n o l e a t m o s f ere tenui e conce d o n o a m p i o s p a z i o a melodie linea r i d a l l a l e g g e r a v e n a darkeggiante. I l r i s u l t a t o è d i u n a prolissità sen z a c o n f i n i , c o n u n o schema, sem p r e l o s t e s s o , c h e vede nell’aum e n t o d ’ i n t e n s i t à l ’ u n i co vero elem e n t o v a r i a b i l e d i u n a composizione . U n p o ’ p o c o . S i c u r a mente meno d i q u a n t o a v e v a n o p r o posto gli Ox b o w u n ’ o r e t t a p r i m a , per quanto an c h e l o r o , s o r p r e n d e n t i in studio per f a n t a s i a e s p e r i m e n t a zione, abbian o o p t a t o p e r s o l u z i o n i semplici rispe t t o a l l o r o s t i l e o r i g i nale, che a tr a t t i p o t r e b b e r i c o r d a re perfino i P e r e U b u . E p e n s a r e che in parte d e l t o u r e u r o p e o ( n o n in Italia), le d u e b a n d e r a n o a ff i a n cate dai Bori s , c h e , s e n o n a l t r o , avrebbero agg i u n t o u n p i z z i c o d ’ i n teresse a com p e n s a r e l a n o i a d e l l a serata. Daniele Follero Mike Patton / M o n d o C a n e – Te a t r o Comunale di M o d e n a ( 2 5 m a g g i o 2007) Da personagg i v e r s a t i l i e f a n t a s i o s i come Mike Pa t t o n , l o s i è g i à d e t t o in altre occas i o n i , c ’ è d a a s p e t t a r si di tutto. Co m p r e s a l a n o r m a l i t à , che, a secon d a d e l c o n t e s t o , p u ò rivelarsi spia z z a n t e c o m e l a p i ù grande delle t r o v a t e i m p r e v i s t e . Mondo Cane, i l n u o v o p r o g e t t o d e l poliedrico can t a n t e a m e r i c a n o , c h e consolida la s u a c o l l a b o r a z i o n e , ormai decenn a l e , c o n A n g e l i c a e i l feeling artistic o e p r o f e s s i o n a l e c o n il direttore Al d o S i s i l l o ( e , d i c o n seguenza, co n i l Te a t r o C o m u n a l e di Modena, di c u i S i s i l l o è d i r e t t o r e artistico), è b a s a t o s u l l a r i v i s i t a - zione di canzoni italiane degli anni s a c h e l a s i t u a z i o n e c r e a va rispet - ‘50 e ‘60. Dopo aver detto la sua t o a l l e a s p e t t a t i v e . C e r t o, Patton sul metal estremo con i Fantomas, h a u n a b e l l a v o c e , p l a s tica, mol - scomponendone e ricomponendone l e g g i a n t e , t r a s f o r m i s t a e uno stile i pezzi in un geniale collage di di- p e r f e t t a m e n t e r i c o n o s c i b i le, che in storsioni, il quasi-nostrano Michele a l c u n i c a s i ( O r e d ’ a m o r e di Buongu - (molti fan italiani sono soliti chia- s t o , U r l o n e g r o , d e i P r i m i tives, Che marlo così per i suoi forti legami n o t t e d i B u s c a g l i o n e) è riuscito con il Belpaese) si prende una pau- c o n g r a n d e e s p r e s s i v i t à a giocare sa dal rumorismo gettandosi pro- c o n l e m e l o d i e p l a s m a n dole come v o c at o r i a m e n t e n e l m o n d o m u s i c a - s o l o D e m e t r i o S t r a t o s e ra capace le dei nostri genitori (per qualche d i f a r e . I l p a r a g o n e t r a i due non giovanissimo già nonni), attraverso r e g g e a n c o r a , m a è e v i d ente quan - quelle canzoni che, da piccoli, non t o i l f a n t a s m a d e l f u c a n t ante degli ci saremmo mai sognati di apprez- A r e a , a l e g g i n e l l e i n v e n z i oni vocali z a r e : M i n a, F r e d B u o n g u s t o, i P r i- di Mike Patton. m i t i v e s , A d r i a n o C e l e n t a n o, F r e d C ’ è t r o p p o p o c o , p e r ò , d i quello che B u s c a g l i o n e. Edoardo c i s i a m o a b i t u a t i a d a p p r ezzare di Vi a ne l l o ( q u e l l o d i A b b r o n z a t i s s i - l u i . M a n c a n o i f o r t i c o n t r a sti, i cam - ma, per intenderci). b i r e p e n t i n i , l e v i r a t e i mprobabili Un’altra Persino operazione chirurgica? e p e r f i n o l ’ i r o n i a , p u n t i fermi del Un s u o i m m a g i n a r i o m u s i c a l e. Mondo tranello per attirare ultracinquan- C a n e è u n o m a g g i o a t r atti diver - tenni per poi sconvolgerli con un t e n t e , a t r a t t i ( p s e u d o ) sentito, di s o u n d t e r r i f i c a n t e ? Tu t t o c i s i s a - c l a s s i c i d e l l a c a n z o n e i t aliana del rebbe potuti aspettare da Patton, b o o m . P u n t o . S t a v o l t a i l Maestro tranne quello che si è visto a Mo- S i s i l l o , a l l e p r e s e c o n u n materia - dena, Lugo e Salsomaggiore, nella l e s e m p l i c e , l a c a n z o n e t t a (a parte tre giorni durante la quale l’Italia a l c u n i b r a n i f i n i s s i m i d i Morricone ha potuto apprezzare (o disprezza- e R o t a ) e a u t o r e d i a r r a ngiamenti re) il suo nuovo travestimento. La c h e n o n s i d i s c o s t a n o , c o me detto, pacatezza, la sobrietà, la fedeltà d a g l i o r i g i n a l i , s i c o n f e r ma comun - con la quale sono stati interpreta- q u e d i r e t t o r e e a r r a n g i a tore dutti - ti i brani in scaletta, arrangiati per l e , a d a t t i s s i m o a g l i a t t e ggiamenti orchestra e piccolo coro, è stata c a m a l e o n t i c i d i P a t t o n . Non si ca - una sorpresa per tutti. Ascoltare p i s c e i n v e c e c o s a c i f a c cia lì Roy Arrangiamenti irriconoscibili? l’ex Faith No More cantare, vestito con il suo ormai classico gessato e la cravatta nera, Il cielo In una stanza, Senza fine, Storia d’amore e altre colonne portanti della storia del pop nostrano, acquisiva senso p r o p r i o a t t r a v e r s o l ’ e ff e t t o - s o r p r e - P a c i , a p a r t e p r e n d e r s i g l i applausi d e l l a s u a c l a q u e . Q u a l c he assolo d i t r o m b a , u n p o ’ d i t e a trino e un n o m e c h e a t t i r a p u b b l i c o giovane. S a r à p e r q u e s t o c h e l ’ h anno con vocato? D a n i e le Follero Mike Patton sentireascoltare 89 Primavera Sound Primavera Forum, vince e se a questo s’aggiunge il c o n t e m p o r a n e a . Ta n t a r o b a d a f a r Barcellona (30 maggio / 2 giugno Sound mito barcellonese, la location futu- sembrare un po’ più piccolo - o se 2007) rista, il mare e un’immagine coor- non altro più denso - quello spa- “Ma sei stato al Primavera”? Una dinata studiata in ogni dettaglio, zio enorme, nel quale studiare le frase oramai d’obbligo, che trot- allora… beh, il Primavera è un traiettorie musicali diventa più che tola per la rete come un diktat e appuntamento fisso per gli addetti mai doloroso e muoversi e ritrovar- si trasforma in parole, filmati e (per noi lo è almeno da tre anni), si tra i volumi e la massa più com- foto sparse in migliaia di siti, al- e un barometro delle sottoculture plicato. Di pari passo spuntano an- cuni persino aggiornati live dalla europee, una fotografia dei suoni che gli inconvenienti: scelte strane location. Sono i segnali potenti di dei Duemila (e di quei Duemila che come piazzare i Modest Mouse e i un festival, un happening che può si poggiano sui ’70/’80, stra-attua- B a t t l e s n e l l o s t a g e “ i n d i e ” d e l l ’ AT P contare su un popolo-fiume-in-pie- li anch’essi). Un meeting point per (salvo un cambiamento lastminute na di sessantaduemila persone. Un gente sparsa nei territori nazionali per i secondi) e gli Architecture In botto che si somma a un incremen- e un osservatorio sui movimenti e Helsinki to – circa del 30% - rispetto allo le estetiche del popolo indie, che RockDelux, nonché i Fall nel main scorso anno, una svolta per l’in- quest’anno per dire conta anche su s t a g e . Tu t t o c i ò s i s o m m a a – n o v i - tero evento, che può a ben diritto una buona fetta di colorati e lat- tà per loro – vari problemi tecnici, considerarsi di massa e meritar- tiginosi scandinavi oltre ai soliti come quelli incontrati dagli stessi si la palma di act festivaliero più britannici, tedeschi, francesi e una Architecture e The Good, The Bad hype del continente. Chiaro, non buona fetta di italiani. & The Queen (volume basso per è soltanto una questione di cifre: A tanto calore il PS risponde con t u t t o l o s h o w, s o v r a s t a t o d a i b a s s i quel mix tra vecchie glorie post- cento gruppi e un palco in più da discoteca), gli Smashing Pum- punk, autentici miti rock tout court (quello che solitamente era adibi- pkins (salta l’audio in mezza can- e una marea di gruppi e microact to a discoteca post-evento), per z o n e ) , i B u i l t To S p i l l ( s o u n d c h e c k da tutte le regioni del mondo, stra- un totale di sei location fisse in infinito e microfoni che partono, un 90 sentireascoltare – in quello dell’anfiteatro Festival 2007 concerto praticamente rovinato) e tannici wave-pop, Modest Mouse), saggi importanti per Parenthetical i Battles (corde che saltano e mac- e una sempiterna abbondante vena Girls e Battles: gli act più freschi chine che non rispondono). psichedelica (ancora Melvins, Fall, del momento, vuoi per presenza se- W i l c o , C o m e t s O n F i r e , B u i l t To sul palco, vuoi per proposta mu- gnali non ha senso congetturare; Spill, Isis…). Ingredienti di questi sicale (la prosopopea irresistibile ma che l’edizione 2007 pare una anni, che circolano sotto messaggi dei primi, il matematismo freejazz gara di sms quello sì. Lo dobbiamo potenti quali quelli lanciati dai Mel- per macchine e strumenti dei se- dire all’inizio perché erano tutti a vins, che assieme agli immancabi- condi); buona tenuta anche per mandar messaggini, un milione di l i S o n i c Yo u t h ( D a y d r e a m N a t i o n ) , g e n t e a ff e r m a t a c o m e B l o n d e R e - messaggini interpersonali e musi- Slint (Spiderland), Comets (Blue dhead (scienza della malinconia) e c a l i . F r a s i e r i ff c h e s ’ i n c o n t r a n o Cathedral) e Dirty Three (Ocean naturalmente Modest Mouse, che e si troncano, un vagabondare un Songs) propongono per intero un fanno faville con una scaletta kil- po’ frenetico e un po’ annacquato album “storico”. King Buzzo e soci ler e un Johnny Marr pienamente (dalla solita birra Estrella) e tan- sono i più impressionanti: con loro partecipe. I Low sono al solito ma- ta fame in corpo. Fame di chitarre Houdini è la sintesi di un sound g i c i , e l o s t a g e d e l l ’ AT P p r e m i a i l e fame di download, per retine e passato dalla selva pre-grunge al- classico live del trio con calore e timpani in un evento che trasver- l’arte concettuale, senza peccare trasporto. Come diciamo da sem- salmente registra una componen- dei difetti che solitamente si at- pre, non c’erano dubbi sulla san- te tribale sempre più sentita ad tribuiscono a queste operazioni. Il guigna carica garage dei Black ampio spettro (percussioni per i finale alla Boredoms poi è la cosa Lips, potenti Melvins, muniti di doppia più potente e anti-show che il festi- punk’n’blues’n’roll a rotta di collo. batteria, e persino per i Parenthe- val abbia registrato: oltre quindici Messaggini e frasi troncate invece tical Girls), una cavalleria di funk minuti di tribalismo su una cover per i Dirty Three, castigati in uno bianco sempre solida e oro per i di Country Joe And The Fish e im- stage dispersivo e poco incentivati ballerini (Architecture, tutti i bri- p r e c a z i o n i a n t i - Vi e t n a m . A l t r i m e s - dal pubblico, come per gli Slint la Su dove porteranno questi tra blasfemie Beatles e sentireascoltare 91 c u i r e - r e u n i o n è u n a ff a r e o r a m a i moglie-tastierista, il tutto mentre moltiplicazione della voce e gran senza molto senso se non quello sbraita sicuro e strafottente, al slego di corde collettivo (violoncel- di godere di un impianto imbattibi- solito e anche di più. Eppure quel lo, piano, batteria, tromba) viene le (e chi ha voglia di noto, ha go- finale impro psych tiratissimo - se- replicato per ogni sacrosanto bra- duto); come non si può dire bene condo solo a quello dei Melvins - no della scaletta tanto da trasfor- di Beirut, anche qui non tanto per conclude una performance nel com- mare l’epica tragica di certi Balcani questioni di performance quanto plesso da annoverare negli annali in una pappa per intellettuali deca- per un discorso di palco (e volumi). del Primavera. Sicuramente non a denti. Poco male, la chiudiamo con Noiosi tout court invece Pelican e questi livelli ma prevedibilmente d e i d o v e r s i e l o g i : l ’ o ff e r t a c o m - Isis, praticamente conscio e sub- onnipresenti e bravi i Sonici: que- plessiva del Primavera tampona le conscio del metal passato al post- sta è la prima di Daydream Nation piccole e grandi delusioni di ognu- rock di Louisville, un po’ scialbo 2007 e, nonostante qualche marcia no (le proverbiali quando si hanno lo psych rock dei Black Mountain debba ancora ingranare, il mito in- aspettative). E ancora una volta le (cugini meno dotati dei Brian Jo- die rock definitivo è bello è servito, scelte complessive (la partnership nestown Massacre) e senile il fair- con tanto di irresistibile Thurston c o n l ’ AT P, l ’ a t t e n z i o n e p e r g e n t e play new age con residui fai da te Moore che inforca occhialini da che non abbiamo citato ma di cui dei Durutti Column in trio. c o l l e g i a l e p r i m a d i i n t o n a r e To t a l sarebbe stato bello parlare come M a p a r l i a m o d e i b i g . Tu t t i b r a v i , Tr a s h ; i l p u b b l i c o a p p r e z z a , s p i n g e A l e x a n d e r Tu c k e r, F u j i y a & M i y a g i , decisamente: i Wilco primi della e scalpita per l’esibizione probabil- G r i z z l y B e a r, M u s , J a y R e a t a r d e classe, con folla oceanica adu- mente più frequentata del festival. Hell) confermano la lungimiranza nata per il loro folk intimista che C’è comunque un modo per ripa- degli organizzatori. A quando la ogni tanto prende pieghe opposte; rarsi dall’immane fiumana di gen- reunion del Pop Group? Questi mi- i White Stripes, eccezionalmente te, ed è il rifugiarsi all’Auditori, racoli solo loro possono oramai... in tiro, che tengono tutti inchio- teatro avveniristico dove gli sms Edoardo Bridda (contributi di dati fino a tarda notte con il loro non arrivano; per via del campo, A n t o n i o P u g l i a e Te r e s a G r e c o ) blues acido e più hard che mai, tra si sa, ma anche per isolamenti le mille chitarre di Jack e il sor- spazio-temporali. Ecco che David Han Bennink + Fabrizio Pugliesi riso dell’imperturbabile Meg; Patti Thomas Broughton appare chiuso + Ab Smith santona che rifà Stones e in una bolla autistica fra ancestrali + David Kweksilber + Michael Cobain, con finalone Gloria / Rock cantilene folk e freakerie avant (gi- M o o r e + E n r i c o S a r t o r i - Te a t r o And Roll Nigger, e sì, persino quel nocchiate alla chitarra, oggetti me- San prete di Billy Corgan che, suonati tallici fatti tintinnare, corse forsen- maggio 2007) quattro (brutti) pezzi dal prossimo nate tra il pubblico); Billy Bragg Caratteristica Zeitgeist fa rivivere l’adolescenza intrattiene magistralmente in uno c o n s o l i d a t a d a t e m p o , è q u e l l a di a buona parte degli astanti con uno one-man show di un’ora, in cui im- m e t t e r e f a c c i a a f a c c i a m u s i cisti show che è tutto un siamese dream persona la sua migliore incarna- “ s t o r i c i ” e n u o v i t a l e n t i . L’ i m p r ov - e un pochino una mellon collie. I zione, il combat folkster “Johnny v i s a z i o n e i n d u o , f o r m u l a p r e d i let - Buzzcocks? C’erano anche loro Clash”, laddove Jonathan Rich- t a d a s e m p r e d a l f e s t i v a l , m ette sì, e ubriachi fradici hanno fatto un man viene accolto come una su- a n u d o g l i a r t i s t i , c o s t r e t t i a d un casino tale che per una volta il pal- perstar per il solo riproporre il suo c o n f r o n t o s e r r a t o g l i u n i c o n g l i al - co “electro” di fronte al Rockdelux repertorio ispanico. E’ senz’altro t r i n e l l a p i ù i n t i m a d e l l e f o r m a z i oni ha taciuto i suoi bassi. Così non u n o s h o w o s s e r v a r e S h a n n o n Wr i - m u s i c a l i , q u e l l a i n c u i n o n s i può è stato per l’esibizione di Albarn e ght contorcersi fra piano e chitar- i n n e s s u n m o d o m e n t i r e , t a n t o si è Simonon: i suoni vittoriani di The ra, totalmente posseduta dalla sua esposti. Good, The Bad & The Queen sono musa, in un dialogo serrato con se Q u e s t ’ a n n o è t o c c a t o a l b a t t e r ista stati praticamente sommersi dal stessa mentre ripropone a mo’ di olandese r a v e a n t i s t a n t e , n o n o s t a n t e l ’ a ff i a - talkin’ blues waitsiano buona parte p a n n i d e l m o s t r o s a c r o d e l l a XVII tamento del combo e l’ottimo umo- dell’ultimo album, la musica tesa e d i z i o n e d i A n g e l i c a , i m p e g n a t o sia re di Damon. Promosso a star di tra cabaret ed emotività lacerante; c o m e c o m p o n e n t e d e l l ’ I C P O r c he- primo rango l’immarcescibile Mark così come vedere good old Robyn s t r a ( i n s i e m e a g e n t e c o m e Tr i s tan E. Smith chiamato sul main stage, Hitchcock salire sulla sua Adven- H o n s i n g e r e M i c h a e l M o o r e) , sia con lui una line-up nuova di zecca ture Rocket Ship alla volta del i n d u o . I n q u e s t a s e c o n d a o c c a sio - pronta a subire capricci e scappel- pianeta mai dimenticato dei Soft n e a d a ff i a n c a r l o e r a lotti. Smith fa cantare il bassista al B o y s , a c c o m p a g n a t o d a i f e d e l i Ve - g l i s i , p i a n i s t a c a t a n e s e d a i p a s sati posto suo per fumarsi la sigaretta nus 3 (3/5 di Minus 5 e R.E.M.). o l a n d e s i , c o n i l q u a l e B e n n i n k a ve - pre-concerto, aggiusta il volume al Bocciatura invece per Matt Elliott: va già collaborato in passato. chitarrista, ruba il microfono alla una fissa per i crescendi noise con Che i due si conoscano già da un 92 sentireascoltare Baars + Olivia Leonardo, Han Bignardi Bologna di Angelica, Bennink (10 o r mai vestire i F a b r i z i o Pu - Han Bennik po’, musicalmente parlando, lo si h a r e s o d i ff i c i l e i l c o n g e d o d e i d u e paganti – nella loro unica e attesis- sente subito. Puglisi dimostra di musicisti. sima data italiana potrebbe benis- conoscere letteralmente A completare una serata che avreb- simo rientrare sotto la voce “colle- vulcanico del batterista (presenta- be anche potuto concludersi così, ra divina” / “fato funesto”. O, meno tosi sul palco con una batteria for- in maniera del tutto soddisfacente, omericamente, mata da fasci di rami, oltre che da un quintetto di fiati, anche stavol- Ma andiamo con ordine, come si tamburi) e gli lascia molto spazio, ta italo-olandese: Michael Moore dice in questi casi. Anzi, no, par- inizialmente accompagnandolo al (clarinetto e sax alto), Ab Baars tiamo da quella frase pronunciata piano con tocco leggero e incon- (clarinetto e sax tenore), David dal buon Pete quando, dopo sole fondibilmente jazzato. Bennink è Kweksilber dell’Asko Ensemble cinque cartucce sparate, la furia molto più che un musicista. Impre- (clarinetto e sax alto), Enrico Sar- d e g l i e l e m e n t i s i s c a t e n a s u Ve r o - vedibile, cerca di piegare alla fun- tori (clarinetto, clarinetto contralto na sotto forma di un violento nu- zione percussiva qualsiasi ogget- e sax alto), Olivia Bignardi (clari- bifragio, che costringe presto gli to si ritrovi tra le mani, che siano netto e sax alto). I colori caldi dei sventurati astanti a cercare rifugio pupazzi o sgabelli, per la sorpresa clarinetti e dei sax si fondono in tra le arcate dell’antico circo roma- di un pubblico che si vede conti- un timbro che, a seconda delle no. “This is the first time it rains on nuamente sbattere davanti cumuli combinazioni che si succedono, si me. It is supposed to rain on you!”, di rami manco fosse in una fore- trasforma: duetti incrociati, dialo- u r l a u n To w n s h e n d q u a s i d i v e r t i t o s t a . L’ i m p r o v v i s a z i o n e c r e s c e d i ghi imitativi, sfociano in esplosioni quando le gocce, complice il ven- intensità a mano a mano che i due collettive che danno vita a momen- to galeotto, colpiscono anche lui e prendono confidenza con la mate- ti tesissimi creati su una trama di tutta la strumentazione sul palco. ria musicale e sperimentano i tim- fortissime dissonanze. Le caratte- Come bri, supportati dal sintetizzatore ristiche degli strumenti impiegati, be succedermi, perché – per dir- suonato da Puglisi, unico elemen- tutti dai registri molto ampi, per- la come il Marchese del Grillo- “io to elettronico tra gli strumenti usa- mette variazioni espressive e un ventaglio di possibilità vastissime, so’ io (la rockstar) e voi nun siete ti. Spesso la produzione di suoni aleatoria diventa il principio fon- che i musicisti, disposti in cerchio dante dell’esecuzione, tra rumori e (in modo da potersi guardare e l’estro musichette dei giocattoli e tamburi e piatti fatti rotolare a terra. L’ i r o n i a l a f a d a p a d r o n a . I d u e g i o cano con alcune bamboline come fossero dei bimbi e sembrano sinceramente divertirsi, senza in nes- studiare) campo sfruttano, personalità mettendo in diversissime, dall’irruenza invadente di Moore alla sobrietà classicheggiante di K w e k s i l b e r, c h e n o n s i s c o m p o n e neanche nei momenti più intensi. dire: “sfiga questo pazzesca”. non dovreb- un cazzo” (o meglio, siete i poveracci che avete pagato un minimo di 54€ per vedermi suonare). Che poi, a quanto pare, lo stesso Pete spingerà da subito per far fronte all’inconveniente e riprendere lo s h o w, m a è b e l l o p e n s a r e c h e i l r a gazzaccio dentro di lui si sia fatto sentire ancora una volta. In ogni sun modo perdere la concentrazio- Daniele Follero ne, e con loro il pubblico. Non certo T h e W h o – Ve r o n a , A r e n a ( 11 un’ora, con l’angoscia incomben- un pubblico delle grandi occasioni, giugno 2007) te che tutto sia già finito. Ridere se si pensa alla sala stracolma du- Incidenti, rante il concerto di Braxton dello quello che è successo ai redivivi d i ff e r e n z a . scorso anno, ma comunque nume- To w n s h e n d & D a l t r e y – e a i c i r c a E dire che l’avvio era stato al car- roso e soprattutto entusiasta, che 12000 diopalmo: li chiamano. avventori Quando profumatamente caso, concerto interrotto per più di o piangere, in questi casi, non fa I Can’t Explain, The sentireascoltare 93 Seeker, Substitute, Fragments da The Real Me. E’ però Pete che su ne sono conseguite) e lunghe Endless Wire (concessa, e live Magic Bus, The Kids Are Alright e sonnolente ballad, che diventano ha anche un suo senso), Who Are Pinball Wizard recupera vistosa- spirituali jam dark-blues. Compre- Yo u , c o n i l v e c c h i o R o g e r p e r n u l l a mente il punteggio; d’altronde gli se alcune rivisitazioni del gruppo domo a far roteare il cavo del mi- Who non sono stati quasi sempre madre, tra le quali una sulfurea crofono come solo sa lui, e l’eterno una cosa sua? Pur roco e fioco, cavalcata di Black Soul Choir. Chi Pete a infliggere i classici colpi “a sarà comunque Daltrey a chiudere scrive non fa mistero di preferire mulinello” alla Stratocaster d’or- la partita, dando il definitivo colpo lo slancio 16 Horsepower (e la sua dinanza. sec- di grazia alla sua ugola nell’urlo roots music selvaggia) alle cupe e chi solo a vederlo, altrochè, e al finale di Won’t Get Fooled Again. rarefatte Pubblico per la maggior parte ri- ne, che viste qui alla lunga (dopo conquistato (con tanto di commo- un’ora e mezza di concerto) ri- vente abbraccio finale tra i due), e schiano un po’ di uniformarsi, per risultato portato a casa. arrangiamento ed esecuzione. Chi ha vinto, allora? Il mito immor- Ma Edwards fa sempre comunque tale del rock che sconfigge il de- l a d i ff e r e n z a c o n i l s u o s h o w n e l l o stino avverso o le ciniche regole s h o w, d a o s c u r o p r e d i c a t o r e d e l - dello showbiz che impongono che l’apocalisse ai cui sermoni non si il malloppo sia comunque incassa- può sfuggire, malgrado tutto. Lo to? Nel dubbio, se mai voleste ve- diresti un singolare incrocio tra dere gli Who dal vivo - è pur sem- Gordon Gano e Nick Cave, con pre un signor show -, consigliamo parti assortite di Gun Club. Musi- vivamente una venue al chiuso. ca devozionale dal forte contenuto Sia mai la natura si ribelli un’altra spirituale che non accetta alcun volta. compromesso. Prendere o lascia- Roba da restarci diavolo tutti gli scrupoli di questo mondo su reunion come questa e i soliti discorsi sui dinosauri “bolliti” e bla bla bla. Con una band così, poi, - i rimpiazzi di lusso Pino Palladino e Zak “Starr” più il fratellino d i To w n s h e n d , S i m o n , a l l a c h i t a r r a e il veterano John “Bunny” Bundrick alle tastiere -, ci si dimentica di tutto. Senonché, arriva la natura a cercare di ristabilire il suo ordine (o caos, che poi è uguale quando si parla di elementi, no?). Perché – non è certo finita qui, che credevate – quando i due tornano sul Antonio Puglia palco, accade l’ineluttabile: Behind Blue Eyes non arriva neanche a sbocciare che la voce di Daltrey si incrina impietosamente su “but my dreeeams they aren’t as empt y … ” . L’ u m i d i t à d e l l a s e r a t a v e n e ta ha fatto il suo sporco, diabolico lavoro. Stizzito, il frontman si sfila l’acustica e corre nei camerini. A questo punto, stati d’animo contrastanti s’impossessano di un pubblico ormai attonito, generando una certa schizofrenia – che non è quadrofenia, ma è pur sempre un buon inizio. “In pensione, subito, e per sempre”, pensa il cinico bastardo. “Non posso vedere Roger wovehandia- re. E a giudicare dall’accoglienza riservatagli in quest’occasione, il Wo v e n Hand – Tr a n s i l v a n i a , Milano (15 giugno 2007) A ff l u e n z a n o n n u m e r o s a m a a t t e n t a e c u r i o s a a l Tr a n s i l v a n i a p e r D a v i d E u g e n e E d w a r d s e i s u o i Wo v e n Hand. Un manipolo di fedelissimi - come abbiamo constatato - che pende dalle labbra del carismatico leader nerovestito, che da subito comincia ad attirare l’attenzione su di sé. Scioltisi i 16 Horsepower di cui il Nostro era il frontman, tocca ora alle sue “mani giunte” proseguire il suo discorso in chiave dark folk/country blues, con la febbrile Daltrey così. Mi fa quasi tenerez- urgenza espressiva peculiare mar- za. Potessi salirei sul palco e lo chio di fabbrica. abbraccerei”, pensa il fan dal cuo- E il live non poteva che essere re spezzato. “E’ la fine”, pensano così come da copione, con un re- un po’ tutti. E invece no: dopo un pertorio che abbraccia l’intera pro- altro balletto di scuse e indeci- duzione della band, con Edwards sioni, quando ormai ogni speran- che si alterna tra chitarra e mando- za sembrava del tutto svanita e la lino, cantato in loop e sussurri, tra pioggia continuava a battere ine- autismi solistici al limite dell’inco- s o r a b i l e , s i d i ff o n d o n o l e n o t e d i municabilità, siparietti teatral-re- L e t ’s S e e A c t i o n ( u n a c h i c c a , t r a ligiosi con tanto di ringraziamenti l ’ a l t r o ) . R o g e r è l ì , s o ff e r e n t e e al signore, a mo’ di benedizione praticamente afono, ma fa il me- (è nota infatti la sua discendenza glio che può, cimentandosi perfino da un nonno predicatore, con tutto i n B a b a O ’ R i l e y, M y G e n e r a t i o n e l’immaginario e le ossessioni che 94 sentireascoltare riflessioni e pubblico milanese è stato ampiamente conquistato. Te r e s a G r e c o SAOPHONE COLOSSUS #8 di Fabrizio Zampighi Sonny Rollins – Saxophone Colossus (Prestige, 1956) A sentire il diretto interessato, il disco migliore di Sonny Rollins sarebbe The Solo Album, opera incisa nel 1985 in occasione di un’ esibizione nel giardino del u n p o ’ s u l l a b o c c a d i t u t t i . Tr a l a fine degli anni ‘40 e la prima metà dei ‘50 Sonny ha collaborato con musicisti del calibro di Max Roach, C l i ff o r d B r o w n , T h e l o n i o u s M o n k , J.J.Johnson, Miles Davis, dimostrandosi ottimo autore e, nono- Museo d’Arte Contemporanea di N e w Yo r k . U n ’ e s p e r i e n z a d i a s c o l to che raccoglie quasi un’ora di sax e nient’altro, meravigliosa ed estenuante, irripetibile e significativa del rapporto che lega uno dei più grandi musicisti della storia del jazz al suo strumento. Non entriamo nel merito, dal momento che la vastissima discografia del Nostro potrebbe dare adito a qualsiasi riflessione a riguardo. Ta n t ’ è c h e i n q u e s t a s e d e , n o i stessi scegliamo di occuparci di u n t i t o l o u g u a l m e n t e a ff a s c i n a n t e ma decisamente più classico: quel Saxophone Colossus, che assiem e a Te n o r M a d n e s s e a Wa y O u t We s t r a p p r e s e n t a u n p o ’ l o z e n i t h qualitativo del primo periodo musicale di Rollins. Il disco esce nel 1956, in un momento in cui il nome dell’artista è stante la giovane età, ben più di un semplice session man. Guadagnandosi invece il rispetto dei colleghi, che oltre a riservargli continui attestati di stima, arrivano a paragonarlo a Charlie Parker per lo stile fantasioso, i fraseggi repentini e l’energia che sprigionan o i r i ff d e l s u o s a x . R o l l i n s n o n s i accontenta e continua ad evolversi, mescolando scambi vibranti ad elementi ritmici esotici – il calypso, p r o v e n i e n t e d a l l e i s o l e Ve r g i n i d e l le Piccole Antille, come del resto la madre del musicista - , stacchi improvvisi a nette decelerazioni, accentuate variazioni di colore a r a ff i n a t e t e s s i t u r e . C a r a t t e r i c h e in Saxophone Colossus vengono a patti con la disarmante semplicità formale e la purezza cristallina delle melodie. Tu t t o h a i n i z i o c o n S t . T h o m a s , l e cui derive etniche – alla batteria c’è Max Roach - prendono il sopravvento sull’insieme costringendo il sax del padrone di casa su un tema allegro ricco di ripetizioni e concessioni libertine. Una sorta di stretching in vista delle atmosfer e h a r d b o i l e d d i Yo u D o n ’ t K n o w What Love Is, i cui vagabondaggi notturni ospitano il basso di Doug Wa t k i n s , s o l l e t i c a n o i l p i a n o e l e g a n t e d i To m m y F l a n a g a n , c o n c e d o n o a i r i ff d i R o l l i n s l o s p a z i o necessario per disegnare armonie debitrici più al blues che a quell’hard bop di cui il musicista è peraltro deciso estimatore. Passione – quella per l’hard bop - che invece nel successivo Strode Rode emerge prepotente, in un’ alternanza di scambi scapicollanti di sax e picchiare invasato di batteria che danza su un tema a scatti ma tutto sommato pacato. Le energie in eccesso vengono poi stemperate nei due brani conclusivi, Moritat e Blue Seven, il primo standard - a f i r m a We i l / B r e c h t m a r e s o c e lebre da Louis Armstrong - da cui emerge un certo equilibrio formale tra improvvisazione e fondamenta armoniche, il secondo slow tempo made in Sonny Rollins dedicato alle microvariazioni e alle chiose. sentireascoltare 95 una rubrica jazz a cura di Stefano Solventi e Fabrizio Zampighi Musicista virtuoso e carattere inquieto capace di mettersi perennemente in discussione, Sonny Rollins ha attraversato la storia del jazz a suo modo, contribuendo a costruirne le fondamenta, intervallando momenti di stasi a periodi di forte impegno, studiandone gli accenti storici e le vicissitudini. Per poi scoprire che ciò che sembra soltanto musica è invece qualcosa che paradossalmente, poco ha a che vedere con la tecnica e molto con il coraggio. (Gi)Ant Steps Sonny Rollins WE ARE DEMO a cura di Stefano Solventi e Fabrizio Zampighi WE ARE DEMO Side A Seguo l’evoluzione dei riminesi Volticontrolume da qualche tempo. Le loro produzioni sono sempre state interessanti esperimenti di desert rock psichedelico e dilatato, che spesso però si perdevano in lunghi episodi con voce satura d’effetti, annacquata nelle pur gradevoli atmosfere col rischio di creare inizialmente molta aspettativa e finire purtroppo in noia. Con questo nuovo lavoro compiono un gran bel passo in avanti ed anche un leggero cambio di rotta. Finalmente canzoni. Ben strutturate. Voce più o meno intelligibile. Molto più rock e meno psichedelia ambientale. Si parte come degli Yo La Tengo in cantina, la voce strascicata (forse troppo) cala Godano nei sixties più psichedelici. Le melodie rilasciano un gusto che sa di certo garage-beat italiano che è un vero piacere. La chitarra suona marcia e graffiante memore del miglior indie-rock stelle e striscie denotando grande perizia e gusto nell’uso degli effetti. La registrazione forse non rende completamente giustizia alle intenzioni ma considerato che è solo un demo resta comunque un lavoro notevole. Con qualche accorgimento in più a voce e testi, direi proprio che ci siamo. Complimenti. (6.8/10) Diamine! Ma cos’è? Un concentrato di candida pubertà eterna ed incompresa adolescenza? I riminesi UCS 96 sentireascoltare sono giovanissimi, suonano canzoni pulite pulite di una purezza cristallina, pop come ci hanno insegnato gli Smiths o come continuano ad insegnarci i nostrani Perturbazione o anche Carmen Consoli. Ma la voce! E’ la voce che ti prende al cuore. Imbarazza quasi tanto è flebile, intima, netta e isolata. I testi sono l’amore come non si riesce più a raccontare dopo. E’ puro emo a due passi dalla pornografia! La musica è ben scritta e suonata, lieve anche se sostenuta nelle ritmiche e talvolta graffiante. Ma senza quella voce, non me ne si voglia, probabilmente non sarei rimasto tanto attratto da questo lavoro che invece temo finirà spesso nella mia borsa quest’estate. Viene voglia di lasciarsi crescere un ciuffo, aprire la camicia e ballare lascivi, magari un po’ effeminati, insomma Morrissey. Magari non sono così indie come vorrebbero e l’intellighenzia snob continuerà a snobbarli (cattivi!), ma ce ne fossero di giovani band capaci di scrivere canzoni come queste. (7.2/10) Non so molto di questa band, Il Garage Ermetico. Leggo che sono in due e provengono un po’ da Bergamo un po’ da Genova, il loro demo Alcuni pensieri di Moby Dick la balena mi ha invece letteralmente folgorato. Un concatenarsi fluido di cantautorato sotto tono e piccola elettronica fatta di dettagli e reminescenze, il Robert Wyatt più liquido coverizzato dai Boards Of Canada più astratti prodotti da Fennesz per Snowdonia. Svarioni sottomarini e colpi di sole, musica senza gravità e troppi riferimenti. Vascello in mare aperto perso alla ricerca della grande balena bianca. La voce grave, impastata. lenta si fa portatrice degli ultimi confusi pensieri di una ciurma ormai da troppo tempo alla deriva. Lo sguardo balbetta cercando all’orizzonte, il corpo ciondola assecondando il mare e le sue sinusoidi elettriche. Notti di #18 bonaccia tutte uguali, il buio avvolge, culla. Sul ponte qualcuno pizzica una chitarra, qualcun altro suona un armonica, malinconica. Dalla cabina si sentono confusi messaggi radio rivolti a chissachì. Un grido bestiale squarcia il silenzio, è qualcuno che non ce la fa più. Ma il mare sa aspettare apparentemente immobile, in realtà brulicante di esseri scintillanti e submovimenti. Da qualche parte laggiù riposa sospesa lei, la grande balena bianca. (7.2/10) Davide Brace Side B Liuk Productions è uno che ci tiene all’anonimato. Gli preme d’informarci che ha 34 anni, vive ad Oristano ed è informatico proprio come la sua musica, composta con un software da due soldi - parole sue - comprato in edicola. Fatto è che il reticolo teatral-electro-prog che ci propone appare giocoso e inquietante. Come un mash-up di tentazioni/ossessioni compresse nella cameretta e ricreate col Commodore 64. La title track fa venire in mente il Giusto Pio de L’era del cinghiale bianco convertito alla tastierina, Irregular Beat irradia sconcertante ciber-esotismo in levare, The Burning Theatre sfalsa linee melodiche tra timbri pseudovocali per una quasi-umanità prossi- ma non per questo meno strabiliante. Chiariamo: l’ascolto di Strange Dreams è meno pregnante dei risvolti qui ipotizzati. Ma è comunque gradevole. (6.5/10) Il progetto Noxia, localizzabile in quel di Salò, è un sestetto “espanso” ad una decina di elementi (perlomeno), tra synth e chitarre, percussioni e fisarmoniche, voci (in inglese, in marocchino, in greco, in italiano) e cori, elettroniche e ottoni. In questo Doron Soundtracks fanno etnoworld onirica, futurista e frondosa, suadente finché non spiana riffarama rocciosi, gabrielliana finché non s’avvia midtempo Deep Forest. C’è insomma una nostalgia al lavoro, col mirino puntato sugli ottanta a cavallo tra progressive e pop, anni che reagivano all’esplosione del villaggio globale fantasticando globalizzazioni artificiose, singulti atavici in provetta, ologrammi sonici contro l’ignoto che viene a prenderti (la title track, No Good Byes). Fortuna che tutto si stempera in una voglia di morbidezza urban-soul, quella certa disinvoltura applicata al patchwork sonico che rese intriganti i Bran Van 3000 (Dreamers). Peccato che talvolta si ecceda con le potabili recrudescenze pop-soul: è alto il rischio di sperperare cose buone e giuste come My Freedom – con quella tromba placida a squarciare il velo downtempo – in direzione (argh!) Celine Dion. E che dire poi di quella orribile voce maschile! Visto che competenza e talento non mancano, vale la pena di imporsi una disciplina, di selezionare. (6.3/10) Un trio anzi un quintetto (le note sul cd e quelle sulla cartellina stampa non collimano) dedito all’incontro tra musica orientale e occidentale, con tutto ciò che questo significa e forse di più. Ecco i Cetana, che poi sarebbero la manifestazione sonora del progetto Advaita, un vero e proprio percorso di ricerca interiore scaturito dall’incontro tra Luigi e Sasidu, il primo cantante e il secondo percussionista originario dello Sri Lanka. Nel loro Demo cd si susseguono melmose ballate psych blues condite da synth siderali, canto rapito e sussurri mefistofelici, percussioni & pulsazioni, tutto un tentativo di ricostruire un terreno comune di visioni/ percezioni come accade ogni tanto da una quarantina d’anni a questa parte, almeno in ambito pop-rock. Ma i sixties sono lontani e così – accolta le capacità contemporanee di decostruire e ricostruire – accadono misteriose suggestioni esotiche in teatrini allucinati e stranianti, roba tipo gli Incredible String Band messi a macerare assieme al Kantner più visionario nell’I-Pod dei Bardo Pond. Non possiamo esimerci dal sottolineare una certa prolissità e monotonia, però se siete ben disposti verso le frequenze lente e le vibrazioni dense, potreste – chissà – accedere all’evocativa complessità dei segni. In bocca al lupo. (6.7/10) Stefano Solventi B o n u s Tr a c k Ok, so già che storcerete il naso quando vi dirò che i Save Energy si occupano di metal cantato in italiano. Sembra di sentirvi: i soliti capelloni esaltati il cui unico interesse è quello di trovare una scusa per “slegare” la chitarra, pestare a più non posso sulla batteria, inerpicarsi in acuti alla Bruce Dickinson. E inve- ce. E invece la band sarda, pur non lesinando in ruvidezza, dimostra nel loro Col vento in faccia di saperci fare anche con la melodia, inanellando una serie di episodi – tra tutti Hungry - che tra maree di power chords “stoppati” e assoli d’ordinanza richiama i primi Timoria, omaggia la “Vergine d’acciaio” e trova il modo di farci sculettare come ai bei tempi andati senza scadere in pacchianerie di sorta (voto: 6.6/10; web: www. myspace.com/saveenergy). Discorso diverso per Swelto, che nonostante i capelli lunghi fino alle spalle e lo sguardo truce in copertina, si occupa di hip hop. Di quello battagliero e disilluso, metropolitano e claustofobico, sputato su beat essenziali e contorni r ‘n’b – Tutto da capo -, aperto a contaminazioni e contributi esterni. Buono il risultato finale ed ottime le potenzialità, per un disco che al di là di qualche naturale ingenuità dovuta alla giovane età dell’artista marchigiano – classe 1985 -, non lascia l’amaro in bocca (voto: 6.3/10; web: www.swelto.it ). La palma di miglior bonus del mese va invece ai Cremisi, impegnati a riprodurre un’interessantissima fusione tra accenni postrock, musica d’autore, deviazioni scanzonate. Batang parla di Paolo Conte su un tessuto strumentale piuttosto personale, Jazz cita Vinicio Capossela tra un basso balbettante e distensioni “dopo rock”, Len-tamen-te ci ricorda con pochi passaggi chi erano i Mogwai, Semplice scova in fondo alle tasche un grammo di blues e lo veste di trame decisamente allentate. Eleganza e gusto estetico fanno il resto (voto: 7.0/10; web: www.cremisi.com). Fabrizio Zampighi sentireascoltare 97 WE ARE DEMO ma all’Hancock di Rock It, Euphoric Impression è una filastrocca senza parole per macchine dismesse solo nella realtà. Perché - ecco è il punto - questo modernariato sonico lo portiamo dentro, è la sinopia di ogni mirabilia auditiva attuale, la sua movenza prima, metà fisica (metafisica) e metà androide. Del resto, viene il sospetto che quel Liuk della ragione sociale possa rimandare alla pronuncia italica dello Skywalker di Star Wars, archetipo di effettistica da pochi mega anzi semi-analogica, Classic Neurosis CAVALIERI NELLA TEMPESTA di Paolo Grava I Neurosis rimangono un enigma per i pasdaran dell’etichetta e della classificazione, mentre un suono assolutamente unico li rende riconoscibili al primo, doloroso, ascolto. La loro storia, iniziata a metà anni ‘80, si dipana nel periodo di maggior creatività nel campo della musica estrema, negli anni in cui in varie parti del mondo sperimentatori audaci e pazzi scatenati manipolano incoscientemente generi considerati in antitesi e altamente pericolosi. In Inghilterra Napalm Death e Carcass avviano la rivoluzione grindcore, in Scandinavia gruppi come Bathory e i loro seguaci si abbandonano al culto blasfemo denominato black metal, in Oriente grazie a gruppi come Zeni Geva e Boredoms il rumore viene coniugato secondo g l i i n c o m p r e n s i b i l i m a a ff a s c i n a n ti ideogrammi japanoise; da una sponda all’altra dell’Atlantico nuove band gettano le basi dell’industrial contaminato, dalla Florida D e a t h e M o r b i d A n g e l d i ff o n d o n o l’epidemia death metal, al CBGB’S i concerti noise e NYHC portano la violenza (non solo sonora) a livelli di guardia, Chicago è terrorizzata dagli eccessi maniacali di Steve 98 sentireascoltare Albini e John Brannon, gruppi come Earth, Melvins, Eyehategod traducono in maniera degenere il verbo sabbathiano. C’è da perderci la testa, sembra che ovunque e in ogni campo musicale si inneschi una folle rincorsa alla ricerca del limite ultimo, senza paura, senza pregiudizi, senza pietà. I Neurosis partono dalla California, patria dei Black Flag e degli Slayer, alla ricerca del Sacro Graal dell’estremismo rock. Dopo un paio di album in sordina, si fa per dire, esplodono con Souls At Zero, dove sfondano le barriere residue tra i generi e rompono tabù inviolabili. La fusione eretica tra hardcore e metal, materia e antimateria rock, trova una delle rappresentazioni più credibili e più resistenti al logorio del tempo. Nel calderone vengono negli anni aggiunti samples di stampo industrial, viaggi lisergici, mantra tribali, oscuri ricami folk e blues, stratificazioni post rock, incubi dark ambient. Il tutto viene espresso dal vivo con l’ausilio di un impianto video che amplifica l’impatto sul pubblico. Through Silver In Blood li consacra a livello planetario senza scalfirne la credibilità underground, i Neurosis rie- scono a partecipare all’Ozzfest in compagnia di Pantera e Machine Head e scatenare un headbanging oceanico e poi gettarsi in progetti sperimentali come in Adaptations & S u r v i v a l , d i s c o d e i Tr i b e s O f Neurot, estensione avant del gruppo, basato sui suoni prodotti dagli insetti. Negli anni intraprendono interessanti progetti personali e fondano una propria label per mantenere il controllo sulle opere e a d i ff o n d e r e b a n d a ff i n i , m e n t r e i dischi del gruppo base rasentano sempre più la perfezione. La diminuizione progressiva dello scarto e l ’ e ff e t t o s o r p r e s a t r a u n a l b u m e l’altro non intaccano la rispetto guadagnato negli anni, che ne fa uno dei gruppi più influenti degli ultimi decenni, forti di un’attitudine sperimentale e di una coerenza che pochi altri possono vantare in simili ambiti. Nati a Oakland in piena era reaganiana come power-trio hardcore, Scott Kelly alla chitarra, Dave Edwardson al basso e Jason Roeder alla batteria si stabilizzano presto con l’ingresso di Steve Vo n Ti l l , c h e a ff i a n c a K e l l y a l l a chitarra e contribuisce alla brutalità del cantato. Il primo disco, Pain Of Mind (Alchemy; 6.5/10), esce ledetto il venditore. Il crescendo strumentale successivo, solenne e mesmerico, gli intrecci di tastiere e percussioni e pure il cantato, r a b b i o s o e s o ff e r e n t e , n o n l a s c i a no spazio a dubbi: siamo di fronte ai Neurosis vittime di una mutazione cronenberghiana che li ha resi aberranti e al tempo stesso sofisticati e imprevedibili. La successiva Souls At Zero è catterizzata da una cadenza doom che si scioglie in spirali esoteriche, A Chronology For Survival, di poco sotto i dieci minuti, è un’odissea di una drammaticità insostenibile che si inabissa per esplodere, alterna vocalizzi ultrafiltrati e inumani a cori marziali (“Rise! Run! Feed! Ripen! Wound! Wither! Fall! Rise Again!”), sfocia in surreali giardini folk e precipita nei baratri senza f i n e d e l l ’ A d e s a b b a t h i a n o . L’ u t i l i z zo di fiati e archi, l’innesto di samples, la trasformazione dei brani in suite rompe tabù inviolabili per la comunità hardcore. Di fatto diventa inutile parlare ancora di hardcore, siamo di fronte a un incrocio eretico tra Amon Düül, Chrome, Saint Vi t u s , K i l l i n g J o k e e D i s c h a r g e . Il cambiamento in atto ha toccato ogni aspetto della band, a partire dalla formazione, con l’ingresso di Simon McIlroy alle tastiere e campionatore e di Adam Kendall che si occupa della parte visuale delle esibizioni. I testi perdono ogni traccia di concretezza e di riferimenti politico-sociali, dal realismo punk si passa a un simbolismo drammatico che accentua il senso di angoscia durante l’ascolto. È come se lo sguardo rivolto verso la società venisse deviato verso l’alto (o verso il basso) in direzione di divinità oscure o catastrofi incombenti. In realtà è rivolto verso l’interno verso la psiche dell’individuo. Angoscia, dolore, disperazione, trovano in Souls At Zero una delle più convincenti trasposizioni in musica mai realizzate. La mutazione in atto non si arresta e con Enemy O f T h e S u n ( A l t e r n a t i v e Te n t a c l e s , 1993; 8.5/10) la band di Oakland sforna il suo album più infernale. I l l a r g o u s o d i c a m p i o n i e d i e ff e t ti sposta ancora più il baricentro verso l’industrial music, il suono aumenta di potenza, Lost si apre con una meravigliosa citazione di The Sheltering Sky di Paul Bowles (via Bertolucci) che lascia poi spazio a cori spospesi spazzati via dall’arrivo di una pioggia di meteoriti ultra-metal-core. In Cold Ascending/Lexicon ampie dosi di noise pervadono l’aria, quasi dei detriti cosmici in sospensione, quello che esce dalle casse è un magma indecifrabile a base di suoni sintetici, feedbak e drumming schizofrenic o . L’ a l t e r n a n z a q u i e t e - t e m p e s t a del disco precedente, che seguiva quasi un ciclo naturale/stagionale con tanto di avvisaglie e riflussi, viene alterata in turbini (apparentemente) caotici in cui galleggiano brandelli acustici, carcasse industrial e iceberg doom. Enemy Of The Sun è un viaggio a ritroso verso il brodo primordiale della musica estrema, verso il primitivismo rock, che si conclude con Cleanse, una cerimonia percussiva in lenta trance-formazione verso una radiazione di fondo sonica. Segue un nuovo cambio di label a favore dell’emergente Relapse e un period o d i p a u s a d e d i c a t o a t o u r, c o l l a borazioni e progetti paralleli, una pratica che nel tempo porterà alla f o r m a z i o n e d i Tr i b e s O f N e u r o t , più che un side-project un alter ego sperimentale della band, un ensemble aperto ad altri artisti che negli anni interagirà spesso con il gruppo californiano. Through Silver In Blood (Relapse, 1996; 8.5/10) si apre in maniera percussiva, quasi a evidenziare un continuum con il Nemico del Sole. Con i dodici minuti del brano omonimo i Nostri sfoderano le armi migliori, dimostrando quanto ormai quello che suonano sia un genere musicale a parte, non catalogabile se n o n c o m e N e u r o s i s - s o u n d . L’ a g ghiacciante Locust Star con i cambi di ritmo e di umore, l’intersezione v o c a l e t r a K e l l y e Vo n Ti l l , r a p p r e senta uno dei brani di maggior effetto del repertorio neurotico, definendone il paradigma. Strength Of Fates, un’insolita ballad cupa, e Aeon, con tanto di tastiere gotiche in apertura, richiamano chiaramente atmosfere decadenti. Al caos si sostituisce un certo ordi- sentireascoltare 99 Classic nel 1988 ma il riferimento potrebbe essere il 1984 orwelliano, i brani esplosivi passano in rassegna le varie forme di controllo e manipolazione dell’individuo e non risparmiano strali contro il conformismo (United Sheep), la guerra (Stalemate) e la religione cristiana (Life O n Yo u r K n e e s ) . I l s u o n o è v i o l e n tissimo, l’influenza di Black Flag e dell’hardcore europeo è evidente e, pur essendoci dei tentativi di superarne i classici stilemi con l ’ i n c i p i t d i R e a s o n s To H i d e e c o n la strumentale Geneticide, niente lascia presagire gli sviluppi futuri. Il passo successivo avviene con T h e Wo r d A s L a w ( L o o k o u t , 1 9 8 9 ; 7.0/10), uscito per la Lookout di Larry Livermore, specializzata in gruppi più melodici come Green Day e Operation Ivy. I Neurosis non si fanno certo influenzare dai compagni di stanza e innescano il primo cambiamento: la lunghezza dei brani raddoppia, il suono, pur rifacendosi all’hardcore, presenta inaspettate anomalie. Emblematic h e i n q u e s t o s e n s o B l i s t e r s e To What End? che superano i sei minuti, durante i quali alle classiche invettive ad alta velocità si susseguono rallentamenti melvinsiani, aperture acustiche spettrali e ripartenze tribali, assoli hard-rock e code rumoriste. Un lavoro considerato a posteriori di transizione, un’ecografia dell’embrione del futuro Neurosissound in cui la mostruosità dello stesso non è ancora del tutto riconoscibile. Le otto tracce sono pervase da un mood malsano e opprimente per riporta alle stagioni post-punk e non è un caso che nel 7” Empty (Allied, 1990) appaia la cover di Day Of The Lords dei Joy Division. Passati all’Alternat i v e Te n t a c l e s d i J e l l o B i a f r a , p o r tabandiera del rock americano non allineato, i Nostri salutano il nuovo decennio con uno degli album più sconvolgenti dell’epoca, Souls At Z e r o ( A l t e r n a t i v e Te n t a c l e s , 1 9 9 2 ; 8.0/10). Più di un ascoltatore di fronte all’inizio a base di echi di campane e campioni vocali in sov r a p p o s i z i o n e d i To C r a w l U n d e r O n e ’s S k i n , d e v e a v e r p e n s a t o a un caso di omonimia e aver ma- Classic ne, la ferocia rimane immutata ma i Neurosis hanno cambiato pelle l’urgenza espressiva sembra esse- più volte, senza voltarsi indietro, re incanalata maggiormente che in dimostrando passato. Ormai la formazione cre- generi sciuta intorno ai membri originari n e r n e s o p r a ff a t t i m a r i u s c e n d o a d si è trasformata in un ensemble dal assimilarli alla perfezione. Il desi- numero variabile e di conseguen- derio di mantenere il controllo sui za i concerti assumono sempre propri lavori, dimostrato dai nume- più l’aspetto di performance multi- rosi cambi di label, e la necessità mediali in cui l’aspetto visuale si d i d i ff o n d e r e s e n z a l i m i t a z i o n i l e interfaccia alla perfezione con la opere dei vari progetti e dei gruppi potenza esecutiva. a ff i n i , p o r t a a l l a f o n d a z i o n e d e l - D i ff i c i l e r i m a n e r e i n s e n s i b i l i a l l e la Neurot Recording, che inaugu- proiezioni, dalla reiterazione os- ra il catalogo con l’EP Sovereign sessiva del suicidio in diretta di (Relapse / Neurot, 2000, 6.5/10), Budd Dwyer all’uso psichedelico e che contiene quattro brani esclusi subliminale di immagini e simboli. d a Ti m e s O f G r a c e , t r a c u i s p i c c a Leggendario a questo proposito il l’imponente An Offering. tour europeo in compagnia degli A Sun That Never Sets (Relapse Unsane, durante il quale le esibi- / Neurot, 2001, 7.0/10) che esce zioni terminano con una session anche nella versione DVD curata indemoniata con le due band sul dalla new entry Josh Graham, è palco a riprendere Cleanse, un ri- un’opera maestosa in cui conflui- tuale sciamanico a base di tamburi, scono le esperienze soliste, in par- didgeridoo, tape-loop e feedback. ticole si sente l’influenza dei dischi Through Silver In Blood è il di- d a r k f o l k d i Vo n T i l l i n b r a n i c o m e sco che sfonda definitivamente tra The Tide e Stones From The Sky, le schiere di metalheads in cerca dove veniamo trasportati in sce- di nuovi stimoli, la partecipazione nari agresti e surreali prima della all’Ozzfest del 1997 e i successivi consueta catastrofe e la decompo- articoli specializza- sizione sonica finale. Per Falling te in musica pesante ne decreta Unknown si potrebbe parlare di il successo. Intanto i semi gettati blues del dopo-bomba da suonare iniziano a germogliare generando seduti su una distesa di macerie, band che iniziano a ispirarsi, in From Where Its Roots Run è un maniera più o meno originale, ai mantra per ciclopi a base di drum- cavalieri sonora. ming ipnotico e rumori arcaici, con A questo punto i Nostri potrebbero la voce intona una nenia inquietan- amministrare la posizione raggiun- te, quasi un’evocazione malefica. ta, continuando a sfornare dischi Forse il primo disco in cui prende fotocopia, abbandonando forma il sentore che l’evoluzione l’attitudine sperimentale e virando si stia per arrestare. Nonostante decisamente verso gli accoglien- l’ottima qualità dei brani, sempre t i l i d i m e t a l . I n v e c e c o n Ti m e s O f più articolati, la migliore produzio- 7.5/10), ne e le ormai consolidate capacità prodotto da uno dei guru della mu- tecniche, si ha l’impressione che sica rumorosa, Steve Albini, inizia la vena ispirativa stia per esaurir- una nuova trasformazione, le sfu- si. Nel frattempo escono due di- mature progressive virano decisa- schi live su Neurot (Live In Lyon mente verso il post-rock (End Of e Live in Stockholm) e Neurosis The Harvest) e l’ambient isolazio- & Jarboe (Neurot, 2003, 6.0/10), nista (Exist), mentre nei momenti frutto della collaborazione con la più muscolari le chitarre, forse per ex-Swans, un’opera che potrebbe la complicità del produttore, pren- scuotere nuovamente le acque e dono il sopravvento (Times of Gra- innescare un nuovo tsunami crea- c e ) . B r a n i c o m e Aw a y , u n o d e i b r a - tivo, ma si rivela un mezzo passo ni più psichedelici mai registrato, falso che non va al di là dell’espe- rendende irriconoscibile il gruppo rimento inferiore alla produzione a chi non ne abbia seguito l’intera originale dei partecipanti. The Eye carriera. In poco più di dieci anni Of Every Storm (Neurot, 2004, Grace sulle riviste dell’apocalisse magari (Relapse, 1999, 100 sentireascoltare di saper ingombranti fagocitare senza rima- 7.0/10), uscito l’anno successivo, continua la ricerca sull’asse folk apocalittico/post-rock con le consuete deflagrazioni improvvise. L e f t To Wa n d e r s e m b r a p o r t a r c i veramente al centro di un uragano, in un posto in cui l’aria è immobile e regna una pace bucolica e surreale, The Eye Of Every Storm potrebbe essere la degenerazione di un kraut trip andato a male. No R i v e r To Ta k e M e H o m e s i p e r d e in un miraggio di chitarre desertiche, la sommessa Shelter aumenta il senso di insicurezza e di angoscia. Per quanto siano stati i maggiori profeti di uno dei suoni più radicali di sempre, definito per comodità heavy mental o avant-metal, ormai i Neurosis non sono i soli depositari del verbo e gruppi come gli Isis ne insidiano la posizione dominante, mentre altri utilizzano formule totalmente nuove dimostrando quanto ci sia ancora da dire in fatto di musica estrema nel nuovo millennio. C o n G i v e n To T h e R i s i n g ( N e u r o t , 2007, 6.5/10) la sensazione è che la parabola sia giunta al suo culmine, se non che sia già in fase dis c e n d e n t e . R i ff d i p i o m b o , r i n c o r s e chitarristiche vertiginose, urla strazianti, clangori noise, intermezzi acustici forgiati con cura e incastonati alla perfezione nella struttura del disco. Mancano però le novità che in passato hanno sbalordito l’ascoltatore ormai sicuro di conoscere la materia trattata e sconvolto il neofita, quelle intuzioni geniali e tremende che hanno fatto loro perdere l’equilibrio o la ragione. La band californiana, il cui nucleo originario suona insieme da più di un ventennio, continua comunque a sfornare dischi decisamente più interessanti rispetto a buona parte dei cloni che li circondano. Il progressivo diradarsi delle esibizioni ne ha fortificato la fama leggendaria, ponendola in testa alla lista dei desideri di molti appassionati, posizione giustificata in pieno da uno degli act più scioccanti sulla faccia d e l p i a n e t a . L’ u n i c a c e r i m o n i a p o s sibile prima dell’apocalisse. Paolo Grava Classic sentireascoltare 101 Classic Pasquale Panella VERSO L’INDETERMINAZIONE, SENZA VERSO di Filippo Bordignon “(…) il silenzio a che serve se un verso ottiene più silenzio?” (Pasquale Panella) Alcuni fatti: all’indomani dalla pubblicazione di Una giornata uggiosa fu chiaro ai più che la collaborazione Battisti-Mogol si fosse esaurita. C’era stato sì il successo del singolo Con il nastro rosa ma per tutto l’album ti abbracciava una nebbiolina umidiccia, aizzata da testi che, se da una parte premevano il pollice su tematiche comuni alla gente comune, dall’altra porgevano il fianco a quanti accusavano il paroliere milanese di impantanare Battisti nella formula buona per tutti e per nessuno della canzone leggera all’italiana. Da tempo il compositore aveva decretato lo stop di ogni attività promozionale (ultima tournée nel ’76, ultima apparizione in playback per la TV svizzera nell’80); a conferma di una decisione tanto drastica va riportato lo spiazzante annuncio del ’76: “Non parlerò mai più, perché un artista deve comunicare con il pubblico solo per mezzo del suo lavoro”. Un risolutivo giro di vite avvenne con la pubblicazione di E già (Numero Uno, 1982); infatuatosi dal synth-pop di Ultravox (periodo Midge Ure) o più semplicemente della new wave d’oltremanica Battisti concepì un prodotto di transizione ma coraggioso, coi testi forzatamente intellettuali della moglie Grazia Letizia Veronese (sotto pseudonimo di Velezia). Significativi i ringraziamenti a questo e quello riguardo la scoperta della poesia americana del Novecento, le religioni indiane, l’architettura postmoderna ecc.. Poi venne Pasquale Panella. Poeta e scrittore romano, fresco dall’avventura riuscita a metà nell’album di Pappalardo Oh! Era ora (suonato quasi interamente da Lucio) al nostro fu chiesto di scrivere i versi per la successiva uscita discografica 102 sentireascoltare del compositore poiano. Il risultato spiazzò critica e fan: Don Giovanni (Numero Uno, 1986) sottolineava ai duri d’orecchio un cambiamento drastico sotto ogni profilo. L’album uscì in solo vinile e musicassetta (si dovette aspettare il ’94 per la versione cd) con un elegante acquerello astratto tracciato dallo stesso Battisti, il quale realizzerà le immagini per tutti i dischi successivi, via via più minimali e desolanti. Le cose che pensano apre a un pop della malinconia cocente, ‘jazzato’ in un completo dai toni blu notte, oppure siderali. Vale in parte per Panella la considerazione rivolta ai testi di Syd Barrett dal critico Paolo Bertrando: “Pare che stia per arrivare da qualche parte (…) ma in qualche modo non ci arriva mai. Si crea una costante tensione, uno spiazzamento in cui l’ascoltatore è insieme affascinato e deluso, preda dell’inquietudine”. Va da sé che Panella è scrittore per davvero, autore tra l’altro del romanzo La corazzata e della raccolta Oggetto d’amore, entrambi per minimum fax. Una rara padronanza del linguaggio gli permette di piegare significati vecchi e nuovi alle bizze di uno spirito sbarazzino, sensuale e disinteressato a tracciare con la precisione dei più. Egli insinua, più che descrivere. Il discorso meriterebbe uno spazio a parte ma basti ascoltare l’intelligente abbandono alle immagini culinarie di Fatti un pianto per intendere una fetta della grandezza sprigionata dalla coppia artistica (poi si gioca al cataclisma dei sentimenti, esagerando sul finale con Battisti che insinua l’imperativo “Dai piangete!”). La titletrack è struggente reinvenzione dell’amore, Madre pennuta, maliziosa, porge il fianco a ogni deragliamento del subconscio, Il diluvio combina perfezione stilistica a parole in bilico tra il dramma e la beffa. Da questa manciata di brani gli Audio 2 costruiranno inizio e fine della propria carriera, sorta di Bigna- mi per ragazzi del muretto. In ogni testo di ogni album Battisti-Panella sono contenuti una miriade di versi illuminati dalla sintesi perfetta di tecniche letterarie (magari collages, patchwork, pastiche, manipolazioni, paradossi, aforismi fittizi…) e timbro inimitabile: mettersi a elencarli o commentarli sarebbe gioco meraviglioso ma estenuante; ci si atterrà a pescare nel mucchio. Line up (come dai tempi di Una donna per amico) è e sarà fino all’ultimo album esclusivamente straniera. Il successivo L’apparenza (Numero Uno, 1988) sancisce un nuovo modus imposto dal paroliere che, per rendere il processo più interessante, consegnerà i testi fatti e finiti attorno ai quali Battisti dovrà arrangiarsi a costruire le musiche, forzando il cantato a metriche spesso squisitamente libere. Per capire quali funzionino e quali no il musicista adotta la tecnica: se non si capiscono vanno bene. L’operazione verrà iterata per gli album successivi prima sotto dettatura telefonica, poi via fax, infine come e-mail. Questa condizione acuirà lo straniamento dell’ascoltatore, ora commosso da emozioni quasi identificabili (“Quindi facendo finta / che non sai parlare / ti metti un dito in bocca, l’anulare”) ora intontito da rime semplicemente destabilizzanti (“Ah! come sono vivace come uno che tace”). L’apparenza è raccolta di emozioni oscure per formazione pop; niente assoli, niente ritornelli a ingombrare la pista. Incapace di descrivere l’opera decido di sottoporla all’ascolto di amici e conoscenti; alcuni impressioni: “Non afferro il senso”, “Ascolto istupidita”, “Cantarci sopra mi fa sentire intelligente”, “Non è Battisti”, “Ogni giorno ci scopro dell’altro”. La Sposa occidentale (CBS, 1990) tenta d’investigare un funky bianchissimo secondo synth-pop e scampoli d’italianità. Tu non ti pungi più ridipinge il crepuscolo. Di che parla? Droga? Alienazione? Non lo puoi dire se non Classic a te stesso. Potrebbe essere sera, Campati in aria e la titletrack si distinguono per un’effervescenza che la voce di Battisti non contribuisce a evidenziare, ma una cosa è certa: ci si aspetta qualsiasi parola della nostra lingua, che l’amore tanto cantato nei successi da classifica pare messo in disparte. I ritorni invece lo ripiglia appiattendolo contro muraglie metafisiche d’inspiegabile perfezione, risultando alla fine uno dei pezzi preferiti dell’intero catalogo, anche dai fan della prima ora; Panella, rifiutandosi saviamente di darle un nome, scopre una nuova forma di commozione: “Abbiamo un solo limite: l’amore che ci divide / come la ragione, perché con la ragione si sopravvive a tutto / si distrugge il distrutto, ricostruendo a intarsi la copia fedele dell’innamorarsi”. Cosa succederà alla ragazza (Columbia, 1992) ripiomba in quella sconsolatezza rintracciabile più nell’atmosfera che nelle liriche, aggiungendo sul piatto tentazioni dance quasi techno (come nel delirio dadaista della titletrack). La metro eccetera recupera vincenti soluzioni melodiche ma Ecco i negozi e Però il rinoceronte ribadiscono un’incalcolabile distanza tra gli autori e il pubblico. Qualcuno parlerà di operazione fine a se stessa. Altri si spingeranno a teorizzare (come s’era fatto coi Beatles) significati a mo’ di scatole cinesi: le iniziali di Cosa succederà alla ragazza (C.S.A.R.) sono anche quelle con le quali si indicavano gli zar russi, dunque un Battisti “monarchico” rivelerebbe una volta per tutte la sua inclinazione per la destra estrema. Venne scomodato perfino Wittgeinstein parafrasando “Questo album lo comprenderà solo colui che abbia già pensato pensieri ivi espressi”. Un critico musicale ipotizzò la Religione come puro fraintendimento linguistico contro la logica (e tornia- mo a Wittgeinstein), forte del gioco espresso in Così gli dei sarebbero: “Mancandole la ‘esse’, lei diceva ‘Nettuno nettuno’ / così gli dei sarebbero un intimo difetto di pronuncia”. Esercizi fino allo slabbramento, per chi non si accontenta del prodotto comprato al negozio di dischi. La replica negata risponderà più di una rettifica. Panella, stanco dell’operazione (da una delle rare interviste: “Perfino Luzzatto Fegiz cominciava a parlarne bene”) chiude con Hegel (Numero Uno, 1994), suonato dal solo produttore Andy Duncan e il polistrumentista Lyndon Connah. Il gelo è palpabile, la voce un guscio svuotato, persa in recitati senza vita o in deboli falsetti. Le parole, al solito, restano un miracolo per le orecchie (non tutte); purtroppo è evidente uno scollamento con le strutture ritmiche, invero banalotte e testardamente sintetiche. Si rispolverino almeno le morbide La bellezza riunita ed Estetica (“Se lo spirito s’eccita, per caso esilarando / oppure ardendo, bruciando bruciando”). Finisce lì (non con la burla dell’album postumo L’asola o meglio La ‘sola’, né con le due deboli pre-produzioni inedite Il bell’addio e Il gabbianone), quell’ardua avventura, col triste epilogo della morte di Battisti a 55 anni nel ‘98. Nel 2006 Sony/ BMG semplifica la vicenda raccogliendo gli album sopra detti nel triplo Battisti-Panella - Il Cofanetto. L’inclinazione verso il mistero non si fa attendere: dimenticate le copertine originali (sostituite da dripping d’inchiostro) e tutti i crediti dei musicisti. In sostituzione commenti in rime criptiche di Panella, l’ultimo guizzo per chiudere una storia leggendaria dal primo vagito. Tante le collaborazioni dello scrittore: Anna Oxa (contestatissima con Processo a me stessa a Sanremo 2006), Branduardi, Cammariere, Zucchero, Cocciante. Nessuna di queste parentesi è però paragonabile alla sinergia sprigionata da quei cinque album che, se ancora ve ne fosse il dubbio, crearono il presupposto per un nuovo inizio della canzone italiana. Pasquale, partiamo dall’epitaffio (di un altro, certo). Qui giacciono le note. Composizione è un termine condiviso dall’estetica musicale e da quella mortuaria. “Composizione della salma” mi pare un’espressione giustamente conservativa, da conservatorio. L’artista (come “di seguito” è “detto” nei contratti ogni povero illuso) è un’urna cineraria. Quando vuoi con forza, cosa vuoi? Il meglio è l’abbandono e la spensieratezza. La tristezza è volerli con forza o con la forza. La tristezza è l’ultima risorsa. Conoscersi delimita? Conoscersi raddoppia. La stucchevole espressione “io è un altro” è la semplice risposta all’altrettanto stucchevole esortazione “conosci te stesso”. Il pensiero alla fine è una aggrovigliata cornice tra due stucchi. Una maggioranza presuppone una maggioranza in errore? La maggioranza è una figura retorica dell’essere umano come discorso (da discorrere: correre qua e là). Il punto è se il “qua” è più vasto del “là”. Poi: se sei qua o là. La maggioranza è romanzesca, la minoranza è poetica ma raramente. Più spesso è presunzione lirica, quindi maggioranza. L’Italia è veramente quella dell’Albertone nazionale e del ‘Volemose bbene’? Altro che “volemose bbene”… Sordi sentireascoltare 103 Classic come Totò e Peppino, il loro cinema, sono gli originali di cui Apocalypse Now e Blade Runner sono il plagio spettacolare. Sono entrati nelle tenebre del cuore e hanno visto cose. Provare imbarazzo per la proprie opere giovanili è un buon segno? Il ragazzino che ero mi intimorisce, è l’autore che ammiro di più. Chi si evolve si complica? No. L’inizio è una splendida complicazione. Chi si evolve, purtroppo comunica, mette le mani sulle ostie, ne ha licenza, diventa eucaristico: l’ecumenica resa. Che ci fai in arte col buon senso? Il buon senso è una buona digestione. E col buon gusto? Il buon gusto è una buona espulsione. Questo per un’arte che sia un’ottima equilibratrice dell’intestino. C’è anche spazio per avanguardie purgative. Fede e ateismo… o si tratta di saltare da un dio all’altro? Non ci risparmieremmo nulla, né fede né ateismo. Infatti non ci risparmiamo né l’una né l’altro. Senza nemmeno troppi sforzi, soprattutto intellettuali, che non servono a nulla. La cosa avviene così, naturalmente (perché fede e ateismo attengono alla natura, ai sensi): succede che io senta parlare di fede da chi ne è intriso e i miei sensi reagiscono male, hanno la nausea (non solo il gusto e l’olfatto, ma anche il tatto, la vista e l’udito). Sarei ateo (infatti, quanto è possibile esserlo, lo sono) ma se sento parlare convintamente di ateismo ho un disgusto non per l’ateismo ma per l’ateo. Insomma, fede e ateismo sono due insopportabili presunzioni, ributtanti se provate (e poi dimostrate con i ridicoli mezzi dell’uomo). L’ossessione di tutti è la prova, la messa alla prova. Ma l’ateismo gode (sì, gode) di un vantaggio: si può essere atei da soli. La fede, anche eremita, vaneggia d’altro, dell’altro oltre sé. Pur nell’indigenza stilita, anzi di più. Per esempio la fame fomenta miracoli, visioni… la fame e l’astinenza incoraggiano familiarità con ciò che non c’è… si potrebbe anche dire che l’ateismo è vaneggiamento di sé oltre l’altro. Alla fine non sarebbero che due perplessità. La credulità in fondo (sul fondo) è una: credere di fondare solide impalcature sull’una o sull’altra perplessità. Credere cos’è se non credere di credere? Si balla, è un doppio passo: credere di credere, un principio di tango. Credere o non credere è un passo solo, primo e ultimo… aggiunto agli altri due fa tre, un tentativo, un’opportunità, un valzer, giri di speranze… prendi Dio, è un grande sforzo per l’uomo… secondo me nessuno ci crede… ma molti credono di crederci… Proverbi: ci intravedi un retrogusto osceno? Più che i proverbi i luoghi comuni hanno a che vedere con l’osceno quando tu, fuor di luogo, li frequenti. Retrogusto come tuo (mio) retrogodimento (più che retropensiero) bieco. Ne so qualcosa con canzoni e affini. La melodia, la linea del canto è un luogo comune, o lo crea, lo predispone, lo apparecchia… se si conoscesse l’indicibile, velato da tutto ciò che pare detto… se si conoscesse… io entro fuor di luogo in quel tinello (è la parola… la musica leggera italiana arreda tinelli) e alzo un paravento di parole… dietro il quale eccetera… un gioco per tutti? Leggere la critica con la patta aperta o col capezzolo che ancora fa il duro. Ah, la critica allora com’è piena di scurrili doppi sensi, veramente, il migliore Scarpetta… leggetela così, datele soddisfazione. Una commedia degli equivoci di livello alto, mica soltanto porte sbagliate che sbattono, ma proprio lavori di tutti i tipi, di bocca, di mano, d’anima e corpo. Il senso è doppio, uno è pensiero, in due fa corpo, la critica completa l’opera… il loro accoppiamento, tra opera e critica, è una farsa assai divertente… Da dove ha inizio il tuo mondo? Da qui, da questo sguardo su questo farsesco orrore… 104 sentireascoltare Te ne frega di risultare incredibile? Si vede che lo sono. Essere credibili vuol dire, spesso, essere patetici. Se sono incredibile mi risparmio d’essere querulo, implorante… questi artisti… questi artisti penosi che chiedono pietà ovvero ti illustrano in tre prudenti parole la loro opera: come ruttano correttamente. Ironia della sorte: in pochi si sarebbero aspettati un tormentone da te, eppure “Trottolino amoroso e dudu…” da Vattene Amore per Minghi / Mietta… Per me fu vera e propria sperimentazione. Altrove andavo a braccio, qui cercai. Quel verso lo volli e l’ottenni, me lo estorsi godendo, sia da estorsore che da defraudato, mi colsi sul fatto, ebbi coraggio… fu un verso urgente… come quando, abbracciato, abbracci, vuoi dire e non sai che cosa, vuoi suono, sei senso e vuoi suono, vuoi sboccare più che dire… mi commuovo al pensiero… e la commozione se lo divora, il pensiero… per voce maschile è “trottolina”… mi viene da piangere, piango col ventre… Il motto di non so chi tuonava ‘Because we must’. Cos’è che assolutamente devi? Una cosa che spesso devo o dovrei: lasciar perdere. (“La Repubblica” del ’98) Tu a Boncompagni che rimpiangeva il Battisti con Mogol: “(…)Con te ci vediamo fuori, perché io sono un teppista e vado fiero della tua imbecillità”. Eppure l’opera Battisti-Panella, a distanza di quasi 10 anni, non è ancora riuscita a convincere i grandi numeri. Sta lì la sua forza? C’è qualcosa di grande in quei cinque dischi, ce la misi di mio, quindi Dylan sostiene l’impossibilità di far poesia nel formato della canzone popolare poiché la metrica del verso deve pur sempre adattarsi a esigenze estranee a quelle della letteratura vera e propria. C’è del falso? Le metriche predisposte dalla partitura di una canzone, dalla linea melodica, sono metriche ingenue. Ma non è questo il punto. Il punto è che sono metriche ingenue utilizzate con furbizia. Non con furbizia malevola, quell’astuzia nell’ombra, quell’ingegno rischioso se ti pescano. No, non quello… con furbizia benevola, sì, sicuramente… la scappatoia da fermi, illuminati bene, rivolti a un pubblico, come merluzzi con in bocca il limone del canto. La vera letteratura è quella che stiamo facendo adesso, perché non abbiamo clienti in pescheria. Qual è la differenza meno evidente tra lo scrivere un romanzo e una poesia? Mi è scappato detto prima. Non so se lo è ma dovrebbe. Sì, la maggioranza, la minoranza… io, per esempio… devo confessarmi, ho bisogno di un prete... ecco a che serve la religione cattolica, a dire frasi così, perfino sentitamente. Da ragazzino il solo pensiero di scrivere un romanzo mi faceva svenire, era la mia vita e il suo venir meno, e lo è ancora… perché non lo faccio? L’ho anche fatto, quasi evitando di farlo… perché non lo faccio? Perché per scrivere un romanzo devi sentire d’essere al mondo, e a me non pare d’essere al mondo, devi sentire intorno a te una maggioranza della quale fai parte, e io non la sento. Poi sono veramente quello che sembro, uno sprovveduto sia strategicamente che tatticamente… e se tu (non so a chi mi rivolgo)… e se tu in buona fede vuoi prenderti cura di me, allora dillo, fallo anche contro la mia volontà… allontana da me questi versi ingannevoli, questa illusione di minoranza… in musica per molti. Non sono nello stato d’animo che mi permette di sottilizzare su quale sia la differenza meno evidente. Che il romanzo sia accettazione e la poesia rinuncia? Può essere, dovrebbe, ma do i numeri, parlo in astratto. Perché concretamente né accetto né rinuncio, mi chiudo tutt’e due le vie. Qualcosa in Hegel non funziona come ne L’apparenza o La Sposa Occidentale… I primi quattro dischi si ponevano, o disponevano, a favore di loro stessi, l’ultimo si dispose, o pose, a sfavor di sé. Fu giusto. E se non funziona sono contento, vuol dire che riuscii (non posso che parlare per me) a sabotarlo. Quelli che, santino di Carmelo Bene alla mano, riversano inchiostro a fiumi per illuminare il popolo in merito alla differenza tra “atto” e “azione”. Quante volte può stupire un esercizio di prestidigitazione prima di sparire del tutto? I celebri dualismi, come dire i celebri francesismi (tu che parli e tu stesso che ti ascolti)… le parole danno alla testa come il bene e il male (altre due parole… e, tra due parole messe in differenza, una è in atto e l’altra in azione), assillano, si congiungono o si distanziano a seconda, convengono o non convengono, da una parte la conversione, dall’altra la bestemmia… disessere o disfare, il cavillo, la logologia, il logoteismo, la creazione di un principio verbale, il preDio… per dire che in principio poi… poi eccetera eccetera… l’uomo come fisima del mondo… Dare speranza quando dovresti essere: la speranza. La parola più infida del mondo. Quelli che, spaventati dall’arbitrarietà concessa da Rimbaud al lettore nella rappresentazione delle Voyelles, si scervellano a capire perché la A sia nera, la E bianca ecc.. Una maniera per fermarli? Più bella e più vasta, estesa come una carta geografica, concreta, pittorica, fu la poesia dalla quale anche quella nacque e che, prima di quella, lessi. Faceva così: A, Ancora; B, Bandiera; C, Casa; D, Dado; E, Elica; F, Farfalla… vocali e consonanti… e via così, per sempre. Perché le due poesie si somigliano? Perché manca il come. È il come che arresta il lettore per furto di similitudine… come fosse una mela che somiglia a una guancia, e quello che tu figuri ha sfigurato un viso. Perché fermarli? Lasciamo che corrano dietro Rim- baud che intanto urla: “Non mi ruberete nulla”. E ha ragione, con quella poesia cade (cadrebbe) la citazione, la sottrazione di verso. I cinque album con Battisti rappresentano un’esperienza sintetizzabile in una frase soltanto? La dolcezza è inascoltabile… la dolcezza che io rivolsi a me… e fu per quella dolcezza che i cinque dischi sono forse gli unici che nessuno potrà mai ascoltare come merce. Cosa non è possibile sintetizzare in una frase? Le frasi esistono per questo: non tanto per sintetizzare ma per far sembrare sintetizzabile il mondo. Comunque, se proprio devo inventarmi una risposta (è un gran bel gioco stare al gioco), voglio dire la cosa che più mi pare sia temuta da chi si esprime per frasi, quindi da tutti, duttile come il caramello o il miele che cola in filamenti da medusa, e chi tocca quei filamenti muore. La dolcezza. Non è possibile sintetizzarla, uno: perché non è un prodotto di sintesi, due: perché facilmente diventa un’altra cosa. Leggendo Panella quasi si finisce per aspettarsi il ‘tutto’ a discapito del ‘qualcosa’. Una cosa banalina mi piacerebbe particolarmente: la scena di morte più intensa nella storia del cinema? Più che nella storia del cinema, nella mia storia: la morte di Giovanna d’Arco, arsa viva nel film di Fleming. Ero bambino e m’innamorai. L’attrice era Ingrid Bergman ma io vidi la ragazza. Sentiva le voci, io sentii che sentiva la mia. Non capii nulla del suo vaneggiamento di tutt’altro in sé, il suo delirio mistico. Fraintesi il rogo col godimento. O non fraintesi. Qual è l’aspetto più straordinario dell’essere un artista? L’illusione, come sempre, l’ho detto prima senza dirlo. Oggi si ascolta il suono della merce, la merce si legge, la merce si guarda. Artistico è il supporto. Il “di seguito detto artista”, com’è scritto nei contratti (il postumo), o “per brevità detto artista” (il caduco), è un complice della merce. L’illusione è che (io) sia un guastatore, un infiltrato o, stupidamente, un eroe. sentireascoltare 105 Classic so che c’è, e resta intatta… c’è questo, un’insinuazione: la possibilità di ignorarli quei dischi, di disinteressarsene, di farne a meno. Non ne hanno approfittato tutti perché l’interprete era magnifico. Classic Cl a ssic album Sonic Youth - Daydream Nation Diciannove anni dopo, la potenza iconica della candela di Gerhard Ric h t e r – l ’ a u t o r e d i K e r z e , i l q u a d r o d i c o p e r t i n a - n o n s i è a ff a t t o a ff i e volita. Quando l’immagine compare dietro ai quattro musicisti sul finale d e g l i a t t u a l i c o n c e r t i - e v e n t o ( S o n i c Yo u t h p e r f o r m i n g D a y d r e a m N a t i o n , visto in anteprima al Primavera Sound di Barcellona), è tutto un fiorire di s i g n i f i c a t i e c c e z i o n a l m e n t e f o r t i , p r o r o m p e n t i . E d i c e r t o l ’ e ff e t t o s i r i p e t e r à s u g l i s c a ff a l i d e i n e g o z i , a d e s s o c h e l a m a g n u m o p u s d e l l a G i o v e n t ù Sonica giova del trattamento deluxe già riservato a Dirty e Goo, corredata di una versione live del disco (esecuzioni d’annata, tratte dal tour p r o m o z i o n a l e ) , p i ù u n i n t e r e s s a n t e d e m o d i E r i c ’s Tr i p e q u a t t r o s f i z i o s e c o v e r t r a t t e d a c o e v i t r i b u t i e c o l l a b o r a z i o n i ( N e i l Yo u n g , B e a t l e s , C p t . Beefheart, Mudhoney). E nient’altro, perché è stato già detto tutto nei monumentali 70 minuti delle quattro facciate viniliche. Nel 1988, Moore, Gordon, Ranaldo e Shelley sono ormai pienamente consci del loro ruolo all’interno della cosiddetta scena “underground”, e dello status di semi-divinità che ne deriva. C’è voluto qualche anno - e lavori cruciali come Bad Moon Rising, Evol, Sister - prima di maturare pienamente una coscienza in tal senso e, con i ’90 sempre più vicini e l’aria di camb i a m e n t o c h e s o ff i a f o r t e d a t u t t e l e p r o v i n c e d e l l ’ i m p e r o i n d i e , è i l m o m e n t o d i d i r e q u a l c o s a d i i m p o r t a n t e . D i fare un disco che sia uno statement, sotto molteplici punti di vista. Anzitutto quello musicale, nel consolidare una formula di per sé eversiva su basi fortemente rock, in un ideale continuum con la tradizione (chiaramente quella punk, garage, hard rock, hardcore, con Stooges, VU e perfino Z Z To p - c u i è d e d i c a t a E l i m i n a t o r J r. - a b e n e d i r e d a l l ’ a l t o ) . I l s u o n o è m o n o l i t i c o , c o n l e c h i t a r r e d i T h u r s t o n e Lee a rincorrersi ed intrecciarsi in rocciose sinfonie metropolitane, in un profluvio di frasi ricorrenti, call and r e s p o n s e d i r i ff , d i s t o r s i o n i , w a h , v i o l e n t e c o d e n o i s e a d e ff e t t o ( r e p l i c a t e s p e t t a c o l a r m e n t e d a l v i v o ) . C e n ’ è per un’intera enciclopedia della sei corde, nonché per un ipotetico manuale della perfetta canzone indie rock. C o s ’ a l t r o è Te e n a g e R i o t , i n c u i t u t t o – p r o p r i o t u t t o – è a l s u o p o s t o ( r i ff + m e l o d i a + d i s t o r s i o n e ) ? C a n d l e , To t a l Tr a s h , E r i c ’s Tr i p n o n s o n o c e r t o d a m e n o , e s e l e c o n c e s s i o n i a l “ p o p ” p o t r e b b e r o s e m b r a r e e c c e s s i v e , a c o n trobilanciare c’è sempre l’aggressiva sensualità di Kim, regina incontrastata di Cross The Breeze, The Sprawl, K i s s a b i l i t y , i m o m e n t i p i ù i n t e n s i a c c a n t o a l l a Tr i l o g y f i n a l e . N e l c o m p l e s s o , u n t r i o n f o d i s i n t e s i e s p r e s s i v a , u n t r a g u a r d o a r t i s t i c o f o n d a m e n t a l e . E i n o l t r e , u n b e l l o s c h i a ff o a g l i ’ 8 0 , a R o n a l d R e a g a n e a i “ s u o i ” U S A , a c u i i S o n i c Yo u t h r i s p o n d o n o : r o c k a n d r o l l f o r p r e s i d e n t , i m m a g i n a n d o c h e a l l a C a s a B i a n c a c i s i a J . M a s c i s ( e c c o , l a v e r a Te e n a g e R i o t ) . D a y d r e a m N a t i o n è , d e f a c t o , l ’ a t t o d i f o n d a z i o n e d i u n ’ a l t r a A m e r i c a , d i u n a c o s c i e n z a musicale – politica? certo – realmente diversa. C o s a s i a r i m a s t o o g g i d i q u e l l a n a z i o n e a l t e r n a t i v a , è d i ff i c i l e d i r l o ; s i a c o m e s i a , n e l s u o s i g n i f i c a t o p r o f o n d o , D a y d r e a m N a t i o n è u n ’ o p e r a c o n t e m p o r a n e a i n m o d o a s s o l u t o . 2 0 0 7 , t h e y e a r p u n k b r o k e ( a g a i n ) . L’ a n n o della rifondazione indie rock, proprio da parte di coloro che di quella stagione furono gli attori principali. Basti i n q u e s t o s e n s o l a s e q u e n z a i n i z i a l e d e l c l i p d i B e e n T h e r e A l l T h e T i m e d e i D i n o s a u r J r. , c o n l o s c a m b i o d i battute fra Thurston e la band di ragazzini (che include sua figlia Coco): “Conoscete la canzone dei Dinosaur Jr?’; ‘Quale?’, ‘Quella nuova!’. Ok, il messaggio è retorico quanto volete, ma è reale e sentito. E, a pensarci, è bellissimo. (10/10) Antonio Puglia 106 sentireascoltare Skin Yard - An Epitaph For Yesterday... Furono fra gli ultimi, nel mazzo dei pionieri del grunge-sound storico di Seattle, ad essere apprezzati. Gli Skin Yard erano essenzialmente il veicolo espressivo del signor Jack Endino. Prima che produttore di grido per tutta la prima metà degli anni 90 targati Sub Pop, egli fu chitarrista. La band prese forma, mantenuta come definitiva fino all’esordio su long playing, nel lontano 1985. Il bassista Daniel House e il batterista Matt Cameron erano della partita. Una volta aggiunta la voce di Ben McMillan il quartetto era pronto al rito delle esibizioni live (il debutto avvenne nel giugno 1985). Passo successivo fu la partecipazione ad una delle raccolte storiche della scena grunge dei primordi: Deep Six (su C/Z). In buona compagnia di Melvins, Malfunkshun, Soundgarden e Green River, anche i Nostri non sfigurarono affatto. Diedero, anzi, un primo saggio di quella pratica d’heavy metal lugubre, trascinato e pesantissimo che da lì in poi diverrà loro marchio di fabbrica. E se all’inizio qualcosa i nostri dovettero anche alle sonorità “hard’n’heavy” dei cuginetti Soundgarden, ben presto le cose cambiarono e Jack e il combo trovarono una cifra stilistica tutta loro. Una massa di suoni indistricabile in un gomitolo psichedelico dal peso specifico davve ro notevole, intricate partiture strumentali (e concettuali) ed uno spleen che sembrava pari pari quello introdotto nelle “cose indie” di metà decennio dagli Swans di Michael Gira. Ed infatti, non a caso, il debutto ufficiale su 33 giri suona proprio così. Affidato ad un disco omonimo, il tatto metal del gruppo di Endino riesce a dare il meglio di se stesso in elucubrazioni psycho intorcinate e monolitiche. Il platter in questione fu edito una allora ancora agli esordi C/Z. Il merito della creazione di una della etichette minori ma più attive nelle vicende indie, a cavallo fra fine ‘80 e 1993-94 (gli anni d’oro dell’etichetta), va tutto a Daniel House. E non fosse altro per il fatto che sul suo catalogo trovò posto, nel 1993, l’esordio su disco dei sublimi Built To Spill (Ultimate Alternative Wavers), qualche preghiera di ringraziamento la dovrebbe sprecare ogni indiehead sopra i 30 anni. Ma torniamo a Skin Yard, opera prima del combo dibattuto. Lo strumentale Scratch esemplifica forse il metodo usato da Jack ed i suoi: stirare armonicamente una partitura sino a tenderne allo spasmo i nervi metal. E per non lasciarla troppo libera di espandersi in moti involontari di psichedelia pesante, costringerla in un reticolato strumentale davvero intricato. Fra le altre picche sonore puntate sul costato molle dell’ignaro ascoltatore figurano i brani composti dai comprimari di Jack: The Blind Leading The Blind di House e Reptile di Cameron. Da qualche parte, in un inferno musicale più che boschiano, proprio grazie a questi due improvvidi incroci-canzone, la sconfitta esistenziale in note propugnata dagli Swans ed il lento ribollir di lavici riff chitarristici dei Black Sabbath hanno dato vita ad una creatura mostruosa, forse acefala, ma totalmente votata all’annientamento armonico metal. Molto più convenzionale un pezzo quale Epitaph For Yesterday, dove è la patina hard a prendere il sopravvento, poco spazio lasciando alle tensioni anni chilenti dei restanti brani in scaletta. A svettare su tutto la voce e le chitarre, sempre libere di dar sfogo alle loro libidini drammatizzanti e traumatizzanti.Tempo due mesi dall’uscita nei negozi di dischi del vinile e Cameron abdica per raggiungere dei Soundgarden ancora non baciati da successo interplanetario. Furono parte del progetto Skin Yard, in questa fase del gruppo, anche Steve Weid (alla batteria, poi con Tad) e Greg Gilmore (sarà un Motherlovebone anni dopo). Per breve tempo anche Jason Finn partecipò al progetto Skin Yard, salvo poi lasciare per unirsi ai Love Battery. Così la novità saliente di Hollowed Ground, atto secondo d’un dramma discografico infinito durato almeno fino al 1994, è che dietro le pelli siede Scott McCullum. Edito dalla Toxic Shock nel 1988, questo è un lavoro che tende a ripetere i tratti musicali salienti del primo senza altro aggiungere alla ricetta originale. Anzi, sciupandola un poco. Da questo punto in poi la storia di Endino, sia da solista che con i suoi Skin Yard, si fa fitta di uscite discografica ma parca di soddisfazioni audiofile. Fist-Sized Chunks (1990), Angel Of Attack (medesimo anno), Endino’s Earthworm (1992), 1000 Smiling Knuckles (1991), Inside The Eye (1993) non aggiungono nulla a quanto detto nell’esordio e parlano di un gruppo, nel complesso, a corto di idee e sempre pronto a ripetere all’infinito la propria filastrocca heavy ad uso ed abuso dei fan più incalliti e masochisti. Nota a parte per Ben McMillan e i suoi Gruntruck. Non dei geni, questo no, ma forse i veri continuatori del impresa iniziata dai primi Skin Yard. Almeno in un loro albo, Push del 1992. Altro non c’è da sottolineare sull’avventura degli Skin Yard, pesce di media stazza nel vasto mare grunge delle origini, se non l’avvertenza di scansarsi molti dei loro lavori cosiddetti “maturi” e cercare invece di recuperare il 33 giri d’esordio. Massimo Padalino sentireascoltare 107 Classic Lost Gru n ge Heroes l a s e ra d e l l a p r i m a Control TOUCHING FROM A DISTANCE d i Te r e s a G r e c o La presentazi o n e a C a n n e s n e l m a g g i o s c o r s o e l ’ a n t e p r i m a n e l l a r a s s e g n a C a n n e s e D i n t o r n i d i Milano offron o l ’ o c c a s i o n e p e r r i p e r c o r r e r e l a s t o r i a d i e t r o a C o n t r o l , i l f i l m d i A n t o n C o r b i j n s u l l a drammatica p a r a b o l a m u s i c a l e - e s i s t e n z i a l e d i I a n C u r t i s e d e i J o y D i v i s i o n . Confusion in her eyes that says it all She’s lost control… She’s lost control again. And said I’ve lost control again, And a voice that told her when and where to act, She said I’ve lost control again. 108 sentireascoltare Control, lo av v o l g o n o n e l b i a n c o e n e r o l i v i d o , e s o n o a t u t t i g l i e ff e t t i i c o - p r o t a g o n i s t i d e l l a p e l l i c o l a s u Ian Cur tis e i Joy Div i s i o n d i c u i t a n t o s i è p a r l a t o n e g l i u l t i m i a n n i . U n a g e o g r a f i a i n t i m a d i c o m p e n e t r a z i o n e t ra uomo e ambiente, un p a e s a g g i o d e s o l a t o p e r f e t t a m e n t e f u n z i o n a l e a l l o s v o l g e r s i d e l l e v i c e n d e p e r s o n a l i e d i gruppo. Il film, presen t a t o i n a n t e p r i m a a l l ’ u l t i m o F e s t i v a l d i C a n n e s l o s c o r s o m a g g i o 2 0 0 7 ( e v i s t o a M i l a n o in giugno nella rassegn a C a n n e s e D i n t o r n i ) , n o n è p r o p r i a m e n t e l ’ e n n e s i m o b i o p i c m i t i z z a t o s u l l a r o c k s t a r d e f unta e as sunta alla can o n i z z a z i o n e d a i m e d i a , a l l a S t o n e c o n T h e D o o r s , p e r i n t e n d e r c i . S c e n e g g i a t o d a l l ’ a u t obiografia Touching Fro m A D i s t a n c e, c h e l a v e d o v a d e l c a n t a n t e , D e b o r a h , a v e v a s c r i t t o n e l 1 9 9 5 , e c o p r o d otto dalla stessa insiem e a l g u r u d e l l a F a c t o r y To n y W i l s o n , v e d e i l d e b u t t o a l l a r e g i a d i u n ’ a l t r a i c o n a d i v i s i o n i ana, quel l’ Anton Corb i j n f a n d e i p r i m o r d i c h e a v e v a i m m o r t a l a t o i l g r u p p o s i n d a l l e p r i m e f o t o , i n c l u s a l a f a m osa imma gine di spalle n e l l a Tu b e S t a t i o n m e n t r e C u r t i s g u a r d a d i s f u g g i t a v e r s o l ’ o b i e t t i v o . “ I J o y D i v i s i o n f u r o no una tra le ragioni prin c i p a l i p e r c u i d e c i s i d i v e n i r v i a d a l m i o p a e s e e t r a s f e r i r m i a L o n d r a . I l N e w M u s i c a l E x press era una Bibbia e l e i n t e r v i s t e d i P a u l M o r l e y a l l a b a n d h a n n o c o s t i t u i t o u n a g r a n d e f o n t e d i i s p i r a z i o n e p e r chi, come me, aveva po c o p i ù d i v e n t ’ a n n i » . C o r b i j n s i t r a s f e r i s c e c o s ì d a l l ’ O l a n d a a L o n d r a a l l a f i n e d e g l i a n n i ’70, dove frequenta la s c e n a p o s t - p u n k , c o m i n c i a n d o u n a c a r r i e r a a l l ’ N M E c o m e f o t o g r a f o m u s i c a l e , p e r p o i i n t r aprendere qualche anno d o p o a n c h e l a s t r a d a d e l l a r e g i a d i v i d e o c l i p ( s u o i l v i d e o d e l l ’ 8 8 d e l l a r e - r e l e a s e d i A t mosphere nonché di num e r o s i a l t r i c o n N i r v a n a , U 2 , D e p e c h e M o d e … ) . I l p r o g e t t o p e r i l f i l m r i s a l e a u n a d e c i n a di anni fa, fortemente vo l u t o a n c h e d a D e b o r a h d o p o l a s c r i t t u r a d e l l i b r o ( p u b b l i c a t o i n I t a l i a d a G i u n t i c o n i l t itolo Così vicino, così lo n t a n o ) , c h e c o m e è n o t o , s c a n d a g l i a n e l l e v i c e n d e p e r s o n a l i d e l l o r o r a p p o r t o , o ff r e n d one allora per la prima v o l t a u n i n s i g h t d i p r i m i s s i m o m a n o , s e n z a r i s p a r m i a r s i i n r e t i c e n z e . E c h e i n u n c e r t o s e nso deluse parecchi fan d e l g r u p p o p r o p r i o p e r q u e s t o . N o n u n l i b r o s u l l a m u s i c a e s u l m i t o , q u i n d i . E d i c o n s e g u e nza non è un film pretta m e n t e m u s i c a l e C o n t r o l , c h e è s t a t o i n t e g r a t o c o n n u m e r o s e t e s t i m o n i a n z e ; n o n c ’ è u n solo punto di vista, da in v e c e c h i s i a s p e t t a v a l a v i c e n d a r a c c o n t a t a d a l l a s o l a D e b o r a h . “ N o n è u n f i l m s u i J o y D i vision, ma su Ian Curtis ” , a n c o r a i l r e g i s t a . Il paragone so r g e i m m e d i a t a m e n t e s p o n t a n e o c o n l ’ a l t r a p e l l i c o l a c h e s i n o r a a v e v a r a c c o n t a t o , s i a p u r e in modo laterale, la vic e n d a C u r t i s , v a l e a d i r e 2 4 H o u r P a r t y P e o p l e ( U K , 2 0 0 2 ) d i M i c h a e l W i n t e r b o t t o m ( d i c ui abbiamo trattato tempo f a a p r o p o s i t o d e l l a s c e n a m a d c h e s t e r i a n a ) s u l l ’ a s c e s a e c a d u t a d e l l a F a c t o r y R e c o r d s di Wilson e di Madchest e r : q u i t u t t o e r a f r e n e t i c o e r a c c o n t a t o v o r t i c o s a m e n t e , t r a b i o e l e g g e n d e m e t r o p o l i t a n e , con stile documentarist i c o , h u m o u r e l e g g e r e z z a , p e r q u a n t o l a p a r t e r e l a t i v a a i J o y D i v i s i o n f o s s e g i u s t a m e n t e la meno gaia e acquist a s s e l a d r a m m a t i c i t à c h e l e c o m p e t e v a . C o n S e a n H a r r i s b e n i n m e n t e ( c h e i n P a r t y P e ople inter pretava effica c e m e n t e u n o I a n c a r a t t e r i z z a t o a l l a p s i c o t i c i t à i l g i u s t o ) n o n e r a f a c i l e r i u s c i r e a d i m m aginare un altro protagon i s t a . I l f i l m p a r t e c o s ì d a i p r i m i a n n i 7 0 c o n C u r t i s p o c o p i ù c h e a d o l e s c e n t e , m o s t r a t o nelle sue passioni, l’am o r e v i s c e r a l e p e r l a p o e s i a e l a m u s i c a - B o w i e , R o x y M u s i c , Ve l v e t U n d e r g r o u n d - , p e r introdurlo rapidamente n e l l ’ a m b i e n t e m u s i c a l e d e l t e m p o , f i n o a l l ’ i n c o n t r o c o n l a f u t u r a m o g l i e ; p r o s e g u e e s i svolge dal ’76 in poi con l a c o n o s c e n z a , d i I a n , B e r n a r d S u m n e r e P e t e r H o o k . S e g u o n o d i c o n t o r n o l e v i c e n d e l egate alla formazione de l g r u p p o , d a i Wa r s a w a i J D , l ’ i n c o n t r o c o n i l m a n a g e r R o b G r e t t o n , i l c o n t r a t t o c o n W i l s on, Martin Hannett, i rap p o r t i c o n l ’ i n d u s t r i a d i s c o g r a f i c a e l a s c e n a m u s i c a l e , i t o u r, i l p r i m o d i s c o U n k n o w n Pleasures (1979), la not o r i e t à s e m p r e p i ù i n c r e s c i t a e l o s t a t u s a c q u i s i t o d i c u l t a c t, f i n o a l t r a g i c o e p i l o g o . Quel che rend e i m m e d i a t a m e n t e d i v e r s o C o n t r o l è c o m u n q u e l o s g u a r d o d a l d i d e n t r o , p i u t t o s t o c h e i l racconto romanzato, l’a g i o g r a f i a . N o n c ’ è c o m p i a c i m e n t o , s i n a r r a n o e s i p r e s e n t a n o i f a t t i , p e r q u a n t o p o s s i b ile, senza giudicare né c e r c a r e s o l u z i o n i o r i s p o s t e . I l f i l m è r a c c o n t a t o d a d i v e r s e a n g o l a z i o n i , q u e l l a d i I a n , d i Deborah, del gruppo (in m a n i e r a m i n o r e i n q u e s t o c a s o ) . C u r t i s è v i s t o n e l l a q u o t i d i a n i t à d i u n s e m p l i c e v e n t e n n e , sposato si troppo giov a n e c o n f a m i g l i a a c a r i c o , c h e c e r c a d i f a r f r o n t e , m a n m a n o c h e s i s v o l g e i l f i l m , a l l ’ i n a d eguatezza che sente cre s c e r e q u a n d o l e c o s e s e m b r a n o c o m i n c i a r e a s f u g g i r g l i d i m a n o : l a c r e s c e n t e n o t o r i e t à e il non riuscire più o r m a i a c o n t r o l l a r l a e g e s t i r l a , l a c r i s i m a t r i m o n i a l e e i l s e n s o d i c o l p a p e r u n a r e l a z i o n e (che non riusciva a con c l u d e r e ) c o n l a g i o r n a l i s t a b e l g a A n n i k H o n o r é , f a n d e l g r u p p o i n c o n t r a t a d u r a n t e i l t o u r europeo a inizi ’80; l’e p i l e s s i a i n s o r t a t a r d i v a m e n t e , n e g l i u l t i m i a n n i ( c h e r e n d e v a s e m p r e p i ù p r o b l e m a t i c h e l e esibizio ni live), e il n o n p o t e r / v o l e r r e a g i r e r i f i u t a n d o n e a l l a f i n e l e c u r e , u n a v o l t a p r e s a c o s c i e n z a d e l l a s ua gravità. Tutta una ser i e d i c i r c o s t a n z e c o n c a t e n a n t i c h e p o r t e r a n n o I a n , p r o g r e s s i v a m e n t e m a p i u t t o s t o r a p idamente, alla ineluttabi l i t à d e l s u i c i d i o i l 1 8 m a g g i o 1 9 8 0 ( a d u e m e s i d a l s u o v e n t i q u a t t r e s i m o c o m p l e a n n o ) , alla vigilia significativa - m a n c a v a n o a p p e n a d u e g i o r n i ! - d e l l a p a r t e n z a p e r u n t o u r n e g l i S t a t i U n i t i . L a p e r d i t a p r ogressiva di controllo su l l a m a l a t t i a e s u g l i e v e n t i q u o t i d i a n i q u i n d i . S h e ’s l o s t c o n t r o l . S h e ’s l o s t c o n t r o l a g a i n . L a dispera zione e l’ango s c i a , l a g e l i d a c o n s a p e v o l e z z a e l e e m o z i o n i t r a t t e n u t e d i m u s i c a e l i r i c h e d e i J o y D i v i s ion che si fanno man ma n o s e m p r e p i ù o s c u r i . L’ i m p o s s i b i l i t à d i c o n t i n u a r e a v i v e r e a c c e t t a n d o l a s c o n f i t t a , e v i d enza che è già programm a t i c a m e n t e p r e s e n t e n e i t e s t i d e l s e c o n d o a l b u m , i l p o s t u m o C l o s e r ( 1 9 8 0 ) . G o t t a f i n d my destiny, before it gets t o o l a t e ( 2 4 H o u r s ) . E s i a r r i v a a l l ’ e p i l o g o : l a s t o r i a s i s a r e b b e d e f i n i t i v a m e n t e c o n c l u s a nel luglio 1980, a più o m e n o q u a t t r o a n n i d a l s u o i n iz i o , c o n S u m n e r, H o o k e M o r r i s e s i b i r s i p e r l a p r i m a v o l t a c ome Nuo vo Ordine , me n t r e u s c i v a i l p o s t u m o C l o s e r t r a o s s e s s i o n i b a l l a r d i a n e e c l a u s t r o f o b i e p a r a n o i c h e . M a questa è sentireascoltare 109 l a s e ra d e l l a p r i m a Gli spogli sob b o r g h i d e l l a p e r i f e r i a d e l l a M a n c h e s t e r ( M a c c l e s f i e l d , p e r l a p r e c i s i o n e ) d i m e t à s e v e n t i es abitano l a s e ra d e l l a p r i m a u n ’ a l t r a s t or i a c h e g i u s t a m e n t e n o n c i v i e n e m o s t r a t a i n q u e s t a s e d e . I l b i a n c o e n e r o d e l f i l m ( “ l ’ h o u s a t o p e r r a p p r e s e n t a r e l e a t m o s f e r e dei J o y D i v i s i o n e l o s p i r i t o d e l l ’ e p o c a ” , a n c o r a i l r e g i s t a ) è s t a t a u n a s c elta p i u t t o s t o o v v i a i n q u e s t o c a s o , q u e l l o s t e s s o b / n d i s g r e g a t o e s f i b r a t o che h a s e m p r e c a r a t t e r i z z a t o l e f o t o d i A n t o n C o r b i j n , r e n d e n d o n e l a m e de s i m a a t m o s f e r a : i n c e r t e z z a , i n c o m p i u t e z z a . E l e g a n z a . I m p a l p a b i l i t à che s i t r a s m e t t e a n c h e i n t e r i o r m e n t e . E s p r e s s i o n e d i s e n s i b i l i t à e s o p r a t t utto p e r c e z i o n e e m o t i v a : “ M i c o n s i d e r o u n f o t o g r a f o d e c i s a m e n t e t r a d i z i o n ale, credo che la forza delle mie foto stia principalmente nello stato d’animo e n e l l e s e n s a z i o n i c h e r i e s c o a c a t t u r a r e n e l l e p e r s o n e c h e i n c o n t r o ” . C on c i s o , s e n z a r i d o n d a n z e è a l l o r a l o s t i l e d e l f i l m , f i g u r a t i v a m e n t e s o b rio, c o n p r e v a l e n z a d i p r i m i e p r i m i s s i m i p i a n i a p u n t e g g i a r e d r a m m a t i c a m e nte l a s t o r i a . A p a r t e S a m a n t h a M o r t o n ( D e b o r a h ) g l i a t t o r i / m u s i c i s t i i n g l esi s o n o s e m i sc o n o s c i u t i , p r o t a g o n i s t a c o m p r e s o . Q u e l S a m R i l e y n e l l a r eal t à c a n t a n t e d e l l a b a n d 1 0 0 0 0 T h i n g s , c h e h a a d e r i t o c o s ì s i g n i f i c a t i va m e n t e e m i m e t i c a m e n t e a l p e r s o n a g g i o ( u n a c u r i o s i t à : i n t e r p r e t a v a M ark E . S m i t h i n 2 4 H o u r P a r t y P e o p l e ! ) , f i n o a c a n t a r e e s u o n a r e c o n g l i altri a t t o r i , p e r c u i i b r a n i s o n o e s e g u i t i d a l o r o - c o s a n o n v o l u t a a l l ’ i n i z i o del f i l m , m a p oi f o r t e m e n t e a p p r o v a t a v i s t a l ’ a l c h i m i a v e n u t a s i a c r e a r e . E si vedono infatti live o i n s t u d i o p a r e c c h i e v o l t e , m e n t r e n a r r a t i v a m e n t e s o n o l e l i r i c h e g e l i d e , p i ù c h e i d i a l o g h i , in fuori campo, a segui r e i l f i l o d e l r a c c o n t o . M u s i c a s t r u m e n t a l e o r i g i n a l e c o m p o s t a d a i N e w O r d e r p e r l ’ o c c a s i one è presente nella pell i c o l a i n s o t t o f o n d o i n u n p a i o d i s e q u e n z e , n e l l ’ i p n o s i a c u i S u m n e r s o t t o p o n e I a n e n e l l a s ce na immediatamente p r i m a d e l s u i c i d i o , q u a n d o v e d e i n t e l e v i s i o n e i l f i l m d i We r n e r H e r z o g , L a b a l l a t a d i S t r os zec; per il resto abb o n d a n o o v v i a m e n t e g l i i n s e r t i d e l l ’ e p o c a , d a l c l a s s i c o B o w i e a i R o x y M u s i c a i S e x P i s t o l s per citare solo alcuni no m i . Va d e t t o a n c h e c h e n o n c i s i f a m a n c a r e l e a u t o c i t a z i o n i : i l r e g i s t a s e m b r a c o m p i a c ersi nella classica rappr e s e n t a z i o n e d e l l ’ i c o n o g r a f i a r o c k , s i v e d a a d e s e m p i o a i n i z i o f i l m i l C u r t i s a d o l e s c e n t e a torso nudo che riech e g g i a n e l l ’ i m m a g i n a r i o u n I g g y P o p g i o v a n e ( c o n i n s o t t o f o n d o l a J e a n G e n i e d i B o w i e ) . Sobrietà quindi, e la p r o s p e t t i v a d i r e n d e r e i l g r up p o e I a n n e l l o s v o l g e r s i d e l l a l o r o v i t a q u o t i d i a n a , n e l l a v oro (Curtis prima di com i n c i a r e c o n l a m u s i c a a t e m p o p i e n o e r a i m p i e g a t o i n u n u ff i c i o d i d i s o c c u p a z i o n e e i n q u esto ambito ci viene spes s o m o s t r a t o ) , n e l l a r o u t i n e , i m m a g i n i c h e p o t r e b b e r o a p p a r t e n e r e a d u n o q u a l s i a s i d e i f ilm sui sobborghi inglesi d i K e n L o a c h , s e n o n f o s s e c h e i n q u e s t o c a s o l o s t i l e è u n a l t r o ; s c e l t e e s t e t i c h e e p r o g r am matiche che potrebb e r o a v v i c i n a r e A n t o n C o r b i j n a l l a s e n s i b i l i t à d e l F r e e C i n e m a i n g l e s e p i u t t o s t o ; n e i s u o i clip (ricol mi di riferiment i e s p r e s s i o n i s t i e s u r r e a l i s t i , t r a l ’ a l t r o ) s i n d a l l ’ i n i z i o i l N o s t r o h a r i v e r s a t o l e s u e c o m p e t en ze fo tografiche, dall a l u c e a l l e i n q u a d r a t u r e , p e r u n e q u i l i b r i o f o r m a l e i n e c c e p i b i l e , c h e è d i v e n t a t o u n m a r c hio di fabbrica, sia pure e v o l v e n d o s i n e g l i a n n i , e d è p r e s e n t e a n c h e i n C o n t r o l , c o n l e s u e i n q u a d r a t u r e s t u d i a t e nei minimi particolari, s p e s s o f i s s e e p r o l u n g a t e o l t r e i l d o v u t o . A n c h e l a r a b b i a n e l f i l m v i e n e t r a t t e n u t a , s o s p esa, alla maniera del sou n d e d e l l e l y r i c s c u r t i s i a n e , i m p l o d e n d o d i v o l t a i n v o l t a , p r o p r i o m e n t r e s i p e n s a c h e d e f l agri liberando la tensione ; l ’ u n i c a c h e s e m b r a e s s e r n e e s e n t e è D e b o r a h , i c u i s c l e r i e l e s c e n a t e a l m a r i t o d i v e n t ano sempre più frequent i e f a n n o d a s t a c c o e c o n t r a p p u n t o a l l e v i c e n d e m u s i c a l i e a l p u n t o d i v i s t a d i I a n . Quello che si può ob i e t t a r e a l f i l m è s e m m a i , n o n o s t a n t e l a c o r r e t t e z z a f i l o l o g i c a f i n o a l l a m a n i a c a l i t à e l ’ i m p i a nto estetico ineccepibile , è u n a c e r t a p r e d o m i n a n z a , i n s e d e d i s c e n e g g i a t u r a , d e l p u n t o d i v i s t a d i D e b o r a h ( e a n che di Wi lson: “ Abbiamo m e s s o a s s i e m e i l t e a m g i u s t o p e r t r a s p o r r e n e l f i l m l o s p i r i t o d i I a n ” i p s e d i x i t “ d i s i n t e r e s sa tamente” il guru dell a F a c t o r y ) . I q u a l i n e e s c o n o s i n t r o p p o b e n e c o m u n q u e , a d i s c a p i t o d i c e r t i t r a t t a m e n t i r i ser vati al gruppo. In più d i u n ’ o c c a s i o n e i J o y D i v i s i on a l i a s i N e w O r d e r a t t u a l i ( c h e - i r o n i a d e l l a s o r t e - i n q u esto inizio estate hanno a n n u n c i a t o u n o s c i o g l i m e n t o , c h e p a r e d e f i n i t i v o ) n o n n e e s c o n o b e n i s s i m o , f i n e n d o p e r f are in più di un’occasion e l a f i g u r a d e g l i i n g e n u i . C o s a d a c u i n o n è e s e n t e l o s t e s s o W i l s o n , q u a n d o è r a c c o n t ata la scena del contratt o c o n i J D f i r m a t o c o n i l s u o s a n g u e e r e l a t i v o s v e n i m e n t o … m o m e n t i a p p e n a d i l e g g e r e zza rispetto al pathos d e l f i l m , c o m e a v v i e n e a n c h e n e l l a c a r a t t e r i z z a z i o n e c o m i c a d e l l o r o m a n a g e r R o b G r e t t on, sorta di gangsta rap c h e s e m b r a a p p e n a u s c i t o d a u n f i l m d i g e n e r e . E r i p r e n d e n d o i l d i s c o r s o s u i N e w O r d e r, la collaborazione tra re g i s t a e g r u p p o d ’ a l t r a p a r t e n o n è s e m p r e a n d a t a a g o n f i e v e l e d u r a n t e i l c o r s o d e l l a p r e pa razione e lavorazion e d e l l a p e l l i c o l a , s i v e d a n o a d e s e m p i o a l c u n e d i c h i a r a z i o n i s u C o n t r o l r i l a s c i a t e a l l a fine dell’anno scorso pro p r i o d a P e t e r H o o k a l l a s t a m p a , i n o c c a s i o n e d e l l e p r i m e v o c i d i u n l o r o s c i o g l i m e n t o ( “ I´m pissed about the mo v i e r i g h t n o w b e c a u s e A n t o n C o r b i j n s e e m s t o b e g e t t i n g t o o m u c h c o n t r o l , p r e c i s e l y. I w ould have prefer that he s h o w e d m o r e r e s p e c t f o r u s . T h a t ´ s w h a t h e s h o u l d d o . I d o n ´ t k n o w, I t ´ s o k . A n t o n i s t o o p as sionate about the m o v i e b u t I t h i n k h e s h o u l d h a ve a w i d e r v i e w. A t t h e b e g i n n i n g h e w o u l d s a y ‘ c o m e e v e r y one to help’ but now he c l o s e d t h e d o o r s a n d s e n t e v e r y o n e t o p i s s o ff ” ) . U n o s f o g o e s t e m p o r a n e o p r o b a b i l m e nte. Il che in altre parole , m o s t r a v a i l l o r o m a l c o n t e n t o ( c o n t u t t a l ’ i r r u e n z a c h e è n o t a d e l b a s s i s t a ) n o n o s t a n t e il rapporto fosse anda t o a v a n t i e a v e s s e r o i n e ff e t t i r e a l i z z a t o l a c o l o n n a s o n o r a . E s u c c e s s i v a m e n t e i l g r u ppo 11 0 s e n t i r e a s c o l t a r e l a s e ra d e l l a p r i m a ha anche part e c i p a t o a l l a p r i m a d e l film a Cannes q u e s t ’ a n n o . Un altro appu n t o a l f i l m p o t r e b b e essere di ord i n e a s s o l u t o , c i o è p e r intendersi me g l i o : c i s e m b r a c h e sia incontrov e r t i b i l e c h e b e n p o che cose riesc a n o a d e q u i p a r a r e l a drammatica te n s i o n e d e l l a m u s i c a dei Joy Divis i o n e d e l l e l i r i c h e d i Curtis. In altr e p a r o l e l e i m m a g i n i , con tutta la lo r o f o r z a , n e l b e n e e nel male, di c u i s ’ è d e t t o f i n o r a , non sempre p o s s i e d o n o l a f o r z a sufficiente pe r s u p p o r t a r e l a m u s i ca e il suo pa t h o s . M u s i c a c h e v i v e di per sé e s i a u t o a l i m e n t a , n e l l e liriche consap e v o l i d e l l a t r a g e d i a , nella dramma t i c i t à e m a r z i a l i t à d e l sound che si c o m p e n e t r a p e r f e t t a mente con qu e s t e e m o z i o n i s o s p e se e come bl o c c a t e . C h e e b b e r o e continuano ad a v e r e u n a e s p r e s s i vità sconcerta n t e . C h e a t t r a v e r s a i l tempo, rimane n d o c o n f o r z a , c o m e tutti i master p i e c e . E c o n t i n u a n d o a costituire un ’ i n f l u e n z a i m p o r t a n t e nel corso dei d e c e n n i . C i s a r e b b e voluto forse u n g e n i o v i s i o n a r i o e malato al par i d i c o t a n t a e s p r e s s i vità. Ma tant’ è , i l r i s e r v a t o e s c h ivo antidivo A n t o n C o r b i j n h a c o munque otten u t o i l m e r i t o d i n o n aver svenduto a l c u n c h é c i s e m b r a , mantenendosi n e l b u o n g u s t o d i un omaggio c e r t a m e n t e , d a g r a n d e fan qual era ( è ) , a n c h e s e h a s c o n tentato qualcu n o , c o m e s i è n o t a t o dai pareri co n t r a s t a n t i . U n o n e s t o trattamento p e r u n a m a t e r i a s c o t tante, che in a l t r e m a n i a v r e m m o tremato ad im m a g i n a r n e i l r i s u l t a t o . Ma sembra n o n e s s e r e f i n i t a q u i , si parlerebbe g i à d i u n a l t r o f i l m i n cantiere, que s t a v o l t a d a l v e r s a n t e hollywodiano. C h e n o n s i a m o p e r niente impazie n t i d i v e d e r e , a r r i v a t i a questo pun t o . L a v i c e n d a s e m brerebbe ess e r s i c o n c l u s a q u i p e r quanto ci rigu a r d a . Dopo le antep r i m e p r i m a v e r i l i , C o ntrol uscirà in E u r o p a n e l l e s a l e p e r inizi autunno . A l m o m e n t o n o n s i conosce anco r a l a d a t a i t a l i a n a . s e n t i r e a s c o l t a r e 111 l a s e ra d e l l a p r i m a CULT MOVIE L’ i s o l a ( d i K i m K i - d u k - C o r e a d e l S u d , 2 0 0 0 ) Ci sono film che non sono propriamente film. Ci sono film che sono case: spazi da abitare, per anni, in cui vivere, attaccare alle pareti i propri ricordi, uscire, tornare e ritrovare lì dentro emozioni indimenticabili, allo stato incandescente – uno per tutti: C’era una volta in America. Ci sono film che sono scuole: recinti che hanno custodito a lungo l’irruenza della nostra giovane età, palestre in cui, senza alcuno sforzo, abbiamo appreso la forza esplosiva dei sentimenti e modi di sentire, di pensare, di guardare – e qui ci sta bene sia Jules e Jim, sia Amores Perros. Ci sono film che sono labirinti: posti dove le traiettorie s’intrecciano, le direzioni si diramano, i passi falsi si moltiplicano, le indicazioni si contraddicono, le assi del pavimento sono sempre più sconnesse – se avete pensato a Strade perdute, allora ci siete. Ci sono film che sono chiese: territori in cui qualcosa di sacro e rovente si è depositato senza più evaporare, luoghi dove si entra in punta di piedi, con gli occhi bassi, e le labbra a salmodiare parole di speranza e furore – con il cappello in mano, siete dentro a Terra e libertà. Ci sono film che sono luna-park: veloci come le montagne russe, grotteschi come la casa degli specchi, inquietanti come il tunnel dell’orrore, cigolanti come le ruote panoramiche, scatenati come i lanciatori di coltelli e svitati come i clown – proprio lui, sì: Pulp Fiction. E poi ci sono altri film, che sono polveriere: spazi in cui entri inavvertitamente, senza che nessuno ti dica del pericolo, di quello che lì potrebbe capitarti – in un modo o nell’altro, sono luoghi in cui tutto esplode, di continuo, posti in cui l’immaginario comune salta in aria, in mille pezzi, e ne esce trasformato, rivisitato, appuntito. Pensate al terremoto sprigionatosi dalla lucida potenza di Full Metal Jacket, alla faglia che si è aperta dalla furia senza pari di Natural Born Killer. Pensate alla shock, alla ferita che film del genere hanno scucito nel nostro modo di vedere e di pensare. Come se la nostra architettura mentale, sotto lo sforzo della visione, venisse polverizzata. Come se sulle macerie e le rovine procurate dall’esplosione della visione, qualcosa cominciasse a prendere forma, di nuovo: idee, forze, modi di indagare il reale, tecniche per agitare la vita. Uno tra i più celebri film-polveriera che io ricordi è L’isola, di Kim Ki-duk. Passò come una meteora alla Mostra del Cinema di Venezia nel 2000. E salì gli scalini dell’attenzione dopo che il gossip festivaliero ci consegnò la notizia di una spettatrice svenuta durante la visione. Ma per anni, sebbene del film si fosse parlato a lungo, e un’aura maledetta ormai circondasse il suo nome, l’unico modo per vederlo furono le videocassette che la gente si passava dopo averlo registrato da Fuori Orario, la trasmissione fuori-sincrono di Enrico Ghezzi. La cosa interessante era che tutti, prima di affidarti la videocassetta, provavano a raccontare il film. E nella descrizione, su bocche diverse, ricorrevano sempre le stesse sequenze - come se una ferita, non ancora cicatrizzata, richiedesse il potere lenitivo della parola per tentare la sutura di qualcosa di profondo che si era aperto senza più richiudersi. In quelle parole, c’erano: tagli, lividi, delicate devastazioni e pesci. I pesci sono gli animali totemici del film. Ne L’isola, i pesci, fatti a pezzi o riconsegnati all’acqua, sono il genere umano. L’isola, in realtà, ne contiene molte. C’è un lago, nel film, ed in mezzo tante piccole casette colorate che punteggiano l’acqua. Il lago funziona come un motel. Gli uomini arrivano, affittano una casetta e si ritirano lì per giorni. Se sei un cliente, ci pensa Hee-jin, la custode, a traghettarti in mezzo all’acqua. Come se il tempo fosse rigorosamente ciclico, la gente arriva, prende una casetta, pesca, si nasconde, gioca a carte, scopa con le ragazze che frequentano il lago, e poi fila via, sotto lo sguardo muto e scuro di Hee-jin. La cosa potrebbe continuare così per altri millenni. Solo che lì ci arriva Hyun-shik. La connessione tra Hee-jin e Hyun-shik è immediata. L’equivalente sonoro della sequenza è il click di un lucchetto che si serra: un ingranaggio che si assesta e si completa. Oppure, visivamente, come il film sottolinea più volte, quello di un pesce che abbocca all’amo: anche se è impresa disperata capire chi pesca e chi viene pescato, o in quale profondità l’amo si sia conficcato. Gli uomini sono isole, dice Kim Ki-duk. E l’amore è quel sentimento estremo, tagliente su tutti i lati, appuntito, che aggancia e lega due solitudini. La particolarità del film è che i due protagonisti non si rivolgono mai la parola. La loro bocca è cucita, le parole non 11 2 s e n t i r e a s c o l t a r e Giuseppe Zucco s e n t i r e a s c o l t a r e 113 l a s e ra d e l l a p r i m a filtrano alcun sentimento. Se avete presente un film come Prima dell’alba, di Richard Linklater, L’isola è il suo esatto opposto. Ad un’alluvione hollywoodiana di parole e racconti in prima persona, Kim Ki-duk sostituisce gesti ed azioni. Resta, tuttavia, il fatto che i due protagonisti comunicano. Ma come, con quali modalità? Con il corpo, sul corpo, attraverso il corpo. La loro carne è la parete da incidere e graffiare per lasciare traccia e testimonianza di un dialogo. La ferita e i lividi sono le frasi perfette che racchiudono il sentimento ed il suo strazio. Gli ami, che di volta in volta i due amanti usano, nel film, sono tutt’altro che metaforici. Le scene madri del film – che gli spettatori ricordano e raccontano – sono quelle in cui gli ami taglienti agganciano la carne in mezzo alla gola (ed è la volta di Hyun-shik) o nelle profondità del sesso (ed è la volta di Hee-jin). Il rapporto è talmente estremo, fuori dai confini, tirato al limite delle conseguenze, che le parole non hanno alcuna possibilità di giocare un ruolo. Non possono essere usate come intermediarie di un sentimento. Perché le parole agganciano, saldano, allacciano - ma anche schermiscono, mentono, proteggono. Mentre qui, essendo tutto così assoluto ed estremo, non c’è spazio per menzogne e le protezioni. Il corpo ferito, il corpo lacerato, dice sempre la verità. È pura evidenza capire che la carne che sanguina non può mentire, ed il dolore della ferita non trova altre ragioni che nel medesimo dolore. Nella sofferenza di un corpo straziato c’è la certezza, la garanzia, che tutto è terribilmente sincero, ferocemente autentico, sadicamente reale. La parola tracciata sulla carne, non detta, ma esposta, conquista un oggettività che trascende tutto il resto. La scrittura del corpo articola un discorso che la parola può solo vagamente avvicinare o simulare. Nell’estremismo di Kim Ki-duk, nel suo cinema-polveriera che esplode e traumatizza gli spettatori, allora, intuiamo qualcosa che riguarda la comunicazione tra gli esseri umani. La comunicazione, forse, parte sempre da un’incrinatura, da una ferita. Se la persona che mi trovo di fronte è perfetta, dorata, tirata a lucido, con un’immagine che non fa una crepa, io, che perfetto non sono, non riuscirò mai a mettermi in contatto con questa. L’Altro/a mi sembrerà sempre superiore, al di là del mio livello (purtroppo, questo è il cardine della Società dello Spettacolo in cui viviamo). Ma se io percepisco una mancanza, un’incrinatura nell’immagine dell’Altro/a – magari una mancanza e un’incrinatura vicinissima a quelle che possiedo – la comunicazione può accendersi. La comunicazione, in fondo, è condividere le ferite, riparare le incrinature, colmare le mancanze, cucire le rotture, medicare gli squarci, toccarsi lì dove è possibile soccombere. Diceva, a proposito, Bataille: “Un uomo, una donna, attratti l’uno verso l’altra, si uniscono nella lussuria. La comunicazione che li confonde insieme dipende dalla nudità delle loro ferite. Il loro amore rivela che essi non vedono, l’uno nell’altro, il loro essere, ma la loro ferita, e il bisogno di perdersi. Non v’è desiderio più grande di quello del ferito per un’altra ferita.” Arvo Pärt PERCORRENDO LA STORIA A RITROSO di Daniele Follero i c o s i d d e t t i c o n t e m p o ra n e i a cura di Daniele Follero “Potrei paragonare la mia musica alla luce bianca, che contiene tutti i colori. Solo un prisma può dividere tutti i colori e farli apparire; questo prisma potrebbe essere lo spirito dell’ascoltatore” (Arvo Pärt) Arvo Pärt nasce a Paide, cittadina un po’ isolata all’interno del territorio estone e, nonostante la sua personalità artistica libera, poco conciliante alle ottusità dei regimi, vi rimase per buona parte della sua vita, scegliendo la via più difficile per un compositore d’avanguardia, di affermarsi. Il suo nome, come è stato per molti compositori estoni suoi contemporanei, è legato in maniera indelebile a quello di Heino Eller (1887-1970), suo primo maestro al conservatorio di Tallin. Quello di Eller fu un insegnamento all’insegna della libertà espressiva: “Non ti spingeva in nessuna direzione. Ti sosteneva anche quando quello che scrivevi non era esattamente vicino al suo credo” ebbe a dire Pärt riguardo all’uomo al quale è stata maggiormente legata la sua prima formazione. Nonostante la difficoltà di reperire materiale dall’estero e i pochi contatti permessi tra Europa dell’Ovest e Unione Sovietica, il giovane Arvo, quasi trentenne, riesce a venire a contatto con gli esperimenti della scuola di Darmstadt e quindi con il serialismo post-weberniano. In particolare, lega una forte amicizia con Luigi Nono, conosciuto a Tallin al principio degli anni 60. Con l’audacia di chi non si fa intimidire dalle minacce politiche di regimi sordi alle trasformazioni dell’arte, Pärt sarà il primo compositore estone a sperimentare e diffondere le tecniche seriali nel suo paese. Non senza destare scandalo negli ambien- 11 4 s e n t i r e a s c o l t a r e ti istituzionali: il plenipotenziario capo dell’Unione dei Compositori Sovietici,Tikhon Khrennikov, lo tacciò, davanti al Congresso, di “criticismo”, un’accusa che, nei regimi dell’Est, per un compositore, equivaleva a quella di nemico del popolo. Raggirata la minaccia di censura, Pärt non riuscirà a sfuggire, però, alla sua crisi di creativà, che alla fine degli anni ‘60 lo colpì inesorabilmente interrompendo per quasi un decennio la sua attività compositiva. Un decennio, come si è detto, caratterizzato dall’interiorizzazione dei linguaggi delle avanguardie, dal serialismo al puntillismo e da una serie di lavori sperimentali, tra i quali Perpetuum Mobile, Diagrams, la Sinfonia n.1 e Musica Sillabica, opere tutte dedicate a Nono e contraddistinte da una intensità tale da dare l’impressione di sfiorare più volte il collasso sonoro. In questi anni già si intravvedono, anche se in maniera ancora molto flebile, alcuni elementi che contraddistingueranno il suo stile maturo, quello stile tintinnabuli per il quale diventerà famoso in tutto il mondo: l’interesse per le forme classiche e barocche, la devozione assoluta per Bach e la ricerca di un linguaggio estremamente semplice attraverso il quale poter esprimere un’arte senza fronzoli, essenziale e primitiva, si possono già cogliere in alcune delle più importanti composizioni di questo primo periodo, dal Collage Uber B-A-C-H, che gioca con le tonalità partendo dalle lettere che formano il nome del compositore tedesco, a Pro & Contra (per violoncello e orchestra), che accosta stile weberniano a cadenze barocche, fino ad arrivare al Credo (1968), culmine del suo primo periodo compositivo e di una crisi che lui stesso attribuirà al timore reverenziale verso le grandi figure del passato e in particolare a quella, per lui irraggiungibile, di Johann Sebastian Bach. Alla ricerca di una semplicità primitiva: lo stile tintinnabuli Il periodo di stasi nella composizione, coincide con una fase riflessiva e di studio, quasi dieci anni durante i quali Pärt si immerge nello studio del canto gregoriano, continuando a percorrere la storia della musica occidentale a ritroso, nella ricerca costante di un’espressività sempre più semplice e allo stesso tempo viva. È il periodo di incubazione di quello stile che l’autore stesso definirà di lì a poco tintinnabuli: “Lavoro con pochissimi elementi-una voce, due voci. Costruisco con i materiali più primitivi-con l’accordo perfetto, con una specifica tonalità. Tre note di un accordo sono come campane ed è perciò che chiamo questo tintinnambuli (nome di derivazione onomatopeica ricavato dal tintinnìo delle campane)”. Con questo stile, Pärt dimostra come sia possibile comporre utilizzando materiali primitivi come le scale e le triadi, combinandole tra loro nella più semplice delle costruzioni: due voci che si dividono l’accompagnamento (a volte ridotto a bordone, altre volte accordale) e la melodia, spesso costruita, sia per durate che per altezze, a partire dalla struttura sillabica di un testo. La ricerca di questa estrema essenzialità dei materiali è stata, troppo spesso, associata ad un minimalismo del quale, in realtà, si trovano poche tracce nella musica del compositore estone. La sua idea di ridurre ai minimi termini il materiale compositivo ha più relazioni con le prime forme di canto liturgico che con gli esperimenti minimal-ripetiti- Verso la musica sacra del XX secolo Il culmine dello stile tintinnabuli e, insieme, la conferma che gli interessi di Pärt si stavano sempre più orientando verso la musica sacra, è la Johannes Passion. Composta tra il ’77 e l’82 (anno in cui il compositore si era già trasferito a Berlino), quest’opera, tratta dal Vangelo Secondo Giovanni, e con precedenti illustri (ricompare di nuovo, inesorabile, il nome di Bach) apre un ciclo di composizioni che lo avvicinerà sempre più alla musica liturgica e che coinciderà, per lui che era luterano, con la sua adesione alla chiesa Cristiana Ortodossa, cominciando a comporre su testi in lingua slavonica, utilizzata solo in ambito liturgico. In musica, questa religiosità si manifesta attraverso atmosfere calme, ipnotiche, sempre in bilico tra suono e silenzio, ricche di citazioni, reminiscenze e di un linguaggio tonale che reinterpreta la modalità della musica antica raggiungendo effetti straordinari. Una i c o s i d d e t t i c o n t e m p o ra n e i visti che Reich, Glass, Riley e una manciata di altri musicisti americani che, dall’altra parte del mondo, cominciarono a mettere in pratica a partire dalla fine degli anni ‘60. Il 1977 è considerato l’anno della rinascita per Arvo Pärt, che ritorna all’attività di compositore dopo otto anni di silenzio (se si eccettua la Sinfonia n. 3, del 1971, preludio al nuovo stile) con tre composizioni emblematiche del nuovo corso e rimaste, nel tempo, l’esempio più felice del suo nuovo modo di comporre: Tabula Rasa, Fratres e Cantus In Memoriam Benjamin Britten. La fama di questi brani è senz’altro legata all’etichetta ECM che, grazie soprattutto all’interessamento di Manfred Eicher, affascinato da quella musica ascetica, fatta di pochi elementi eppure affascinante e coinvolgente, a partire dal 1984 cominciò a pubblicare le opere dell’estone. La prima uscita, Tabula Rasa (Ecm New Series, 1984), rimasta memorabile, raccoglie proprio queste prime tre opere della nuova fase compositiva di Pärt, eseguite da grandi interpreti come Keith Jarrett, il violinista Gidon Kremer, Alfred Schnittke al piano preparato e il direttore Dennis Russell Davies. musica incantatrice, il canto gregoriano del XX secolo, che si esprime in alcune tra le più belle pagine di musica sacra (un genere per la verità poco praticato durante il secolo scorso) del’900: il Te Deum (1985, ma rivisto nell’86), lo Stabat Mater, dello stesso anno, il Miserere del 1989, fino ad arrivare al monumentale Kanon Pokajanen, per coro a cappella, che segue e reinterpreta la tradizione corale russa. Al di là del suo significato religioso, la musica di Pärt, probabilmente grazie al suo carattere sognante e ipnotico, a volte quasi ambient, ha affascinato anche il mondo del cinema senza che il compositore si dedicasse espressamente alla Settima Arte. Cantus In Memoriam Benjamin Britten è stato utilizzato sia da Leos Carax in Les Amants Du Pont-Neuf, sia da Michael Moore, che nel recente Farenheit 9/11 lo ha inserito a commento musicale dell’attentato alle Torri Gemelle, mentre Spiegel Im Spiegel è stato impiegato da Mike Nichols (Wit, 2001), Gus Van Sant (che nel suo Gerry inserì anche Fur Alina) e nel documentario sul mountain climbing Touching The Void, a sottolineare l’adattabilità della musica di Pärt a fare da sfondo a situazioni tanto diverse. Per fortuna il compositore estone è uno dei pochissimi musicisti “cosiddetti” contemporanei a fare ancora parte di questo mondo, testimonianza viva, musicalmente parlando, del passaggio di millennio e fortunatamente ancora attivo sia dal punto di vista compositivo (tra le sue ultime opere, For Lennart, scritta in memoria del presidente dell’Estonia Lennart Meri ed eseguita in occasione del suo funerale, il 2 aprile 2006), sia da quello sociale e politico (ha dedicato tutte le esecuzioni di sue composizioni del biennio 2006-2007 alla memoria della giornalista Anna Politkovskaja, assassinata, nemmeno tanto misteriosamente, in Russia e divenuto nuovo simbolo della libertà di espressione, sempre più minata e osteggiata dalle istituzioni politiche). Un musicista così, fin quando c’è, proviamo a godercelo. s e n t i r e a s c o l t a r e 115 www.GOODFELLAS.it distribuzione / vendita per corrispondenza via For tebraccio 20/A - 00176 Roma (Pigneto) Tel. 06 21700139 - Fax: 06 2148346 - Mail: [email protected] http://goodfellaspromo.blogspot.com/ Tomahawk “Anonymous” - CD Ipecac Tornano i Tomahawk di Mike Patton e Duane Denison con il terzo atteso album: 13 tracce che con grande rispetto e passione esplorano e re-interpretano la musica ancestrale, aggressiva ed oscura creata dalle popolazioni indigene del Nord America. Il titolo celebra i numerosi musicisti senza nome che contribuirono al patrimonio musicale di queste meravigliose popolazioni, spesso oscurato nelle convenzionali performance per turisti delle riserve. Dopo un lunghissimo lavoro di ricerca storica e filologica Duane Denison, insieme a John Stainer dei Battles, ha registrato tutte le parti musicali, mentre Patton ha successivamente lavorato su voci e samples. port-royal “Afraid To Dance” - CD Resonant Secondo lavoro della band genovese intitolato “Afraid To Dance”.Dopo il successo di “Flares” pubblicato nel 2005 i tre musicisti genovesi ci regalano nuove emozioni con 10 tracce che spaziano tra post-rock strumentale, momenti cinematografici, atmosfere epiche in stile Godspeed You Black Emperor!, inserti di elettronica ed arrangiamenti classici. PAN SONIC “Katodivaihe/Cathodephrase” CD Blast First Petite Nuovo album per il duo finnico, veri e propri eroi della musica elettronica contemporanea che con un pugno di album pubblicati da prestigiose etichette come Mute e Blast First (ma non solo) sono riusciti a creare uno stile personalissimo fatto di suoni puri al limite della sopportazione umana, che entrano in contatto diretto con la fisicità e colpiscono l’organismo là dove nessuno è mai arrivato. “Katodivaihe/ Cathodephrase” è un disco in qualche modo “tributo” alla visione di Mika e Ilpo per musiche come il dub, il funk e persino l’hard rock, inciso insieme ad un ospite, la giovane violoncellista Hildur Gudnadottir. Per fan di 4AD, Autechre, Karlheinz Stockhausen e Sun Ra. Asobi Seksu “Citrus” - CD One Little Indian Celestiale esordio su One Little Indian per questa band di stanza a NYC, capitanata dalla conturbante cantante giapponese Yuki Chikudate che canta sia in inglese che nella sua lingua di origine passando da languidi falsetti a sensuali lamenti. Un dream-pop di fine sensibilità che conferma tutte le buone parole spese al tempo del loro debutto del 2004 dalla stampa americana. Yesterday new quintet“Yesterday’s Universe” - CD Stones Throw L’universo sonoro di Madlib in 15 nuove tracce tra originali e cover che mostrano il lato jazz di quest’imprevedibile artista in tutte le sue molteplici incarnazioni. Brani interamente eseguiti dal quintetto “virtuale”, costituito dagli alter-ego di Madlib, e tutto il futuro dello Yesterday New Quintet nei vari moniker creati dall mente funambolica di Otis Jackson Jr.(Madlib). Partecipa al disco Mamao storico batterista/ percussionista degli Azymuth. PSYCHIC TV/PTV3 “Hell Is Invisible... Heaven Is Her/e” - CD Sweet Nothing Nuovo bellissimo album per il grande provocatore Genesis P-Orridge e i suoi rinati Psychic TV prodotto da by Edward O’Dowd, Baba Larraji e dallo stesso P-Orridge. Numerosi gli ospiti tra cui troviamo il chitarrista degli Yeah Yeah Yeahs Nick Zinner, Gibby Haynes dei Butthole Surfers e il ritorno in veste di guest di Douglas Rushkoff, primo tastierista dei PTV3. Pelican “City Of Echoes” - CD Hydrahead Finalmente disponibile l’atteso nuovo album di questa straordinaria metal band americana, che alla terza uscita appare definitivamente pronta per essere designata la migliore erede di Isis e Neurosis grazie al suo suono potente ed epico, un perfetto mix di post-rock strumentale e doommetal. Uno stile unico, una personalità imponente che tra riffs e reverberi apre le orecchie a scenari trance-apocalittici. Dopo Isis, Jesu e Neurosis l’uscita che rende indimenticabile questa annata per i molti fans del genere! VA “LABRADOR 100” – BOX 4CD Labrador Meraviglioso cofanetto celebrativo della centesima uscita di una delle più raffinate e amate etichette europee. Il box contiene libretto e 4 CD che allineano 100 brani, ciascuno tratto da una delle 100 uscite fin qui rilasciate della label di Stoccolma. Impedibile per i fan e straordinaria occasione di scoprire una realtà che ha fatto del pop perfetto il suo inconfondibile marchio di fabbrica. Dopplereffext“Calabi Yau Space” CD/2LP Rephlex Nuovo album per Gerald Donald, produttore americano artefice della definizione dell’electro post-Drexciya attraverso i suoi successivi, numerosi progetti: Der Zyklus, Arpanet, Japanese Telecom, Heinrich Mullerm, ma soprattutto Dopplereffekt. Proprio con questo alias ci regala un disco di incantevole bellezza che trae dall’esperienza Drexciya il suono electro del futuro contaminandolo con atmosfere più ambient e sperimentali. THE CLIENTELE “God Save The Clientele” CD Track & Field Dopo aver riscosso ottimi successi di critica e vendita con i loro precedenti album (“Suburban Light” – 2000 - e “The Violet Hour” 2003) tornano dopo una lunga attesa gli inglesi The Clientele con il loro suono che mischia il pop-psych anni ’60 con magiche melodie e arrangiamenti d’archi ed elettronica shoegaze. Il nuovo album è stato registrato a Nashville, Tennessee dal produttore Mark Nevers (Candi Statton, Lambchop, Bonnie Prince Billy). For fans of: The Velvet Underground, Galaxie 500, Birds, Yo La Tengo, Monkees. THE POLYPHONIC SPREE “the fragile army” CD+DVD/LP Gut Esce per la Gut il nuovo album dei Polyphonic Spree: The “Fragile Army” è il loro terzo full-lenght e sarà disponibile sia in versione CD+DVD che in vinile con card per permettere il download digitale dell’intero disco. Un nuovo viaggio pieno di colori per la sognante comitiva hippie capitanata da Tom Delaughter, che questa volta arricchisce il materiale musicale con un documentario sulla realizzazione dell’album e il video di “The Fragile Army”, contenuti nel DVD. MAMMATUS “The Coast Explodes” CD - Holy Mountain Secondo album per i pionieri della New Wave della heavypsichedelia americana inciso per la benemerita Holy Mountain, fantastica etichetta che ci ha regalato perle del calibro di OM, Lesbian, Aufgehoben e Residual Echos. Il rock dei Mammatus è pesante, psichedelico e progressivo allo stesso tempo, erede della tradizione sonora di bands come Hawkwind, Black Sabbath e Pink Floyd, ma moderno al pari di Comets on Fire, Sleep e Acid Mother Temple. OF MONTREAL NUOVO EP DI INEDITI E RISTAMPA DI DUE ALBUM CAPOLAVORO, DA LUNGO TEMPO FUORI CATALOGO of Montreal “Satanic Panic in the Attic” – CD Polyvinyl “Satanic Panic in The Attic” è stato, almeno fino all’uscita dell’ultimo “Hissin Fauna” il più acclamato album degli of Montreal, un capolavoro di armonie vocali, percussioni elettro-acustiche e giochi in perfetto equilibrio tra organo, chitarra e strumenti acustici. Un disco essenziale per tutti i fan degli of Montreal, lungamente fuori catalogo in tutto il mondo. of Montreal “The Sunlandic Twins” – CD Polyvinyl “The Sunlandic Twins” è il disco che ha aperto la via dell’esplorazione elettronica con synth e drum machine per gli of Montreal, il vero predecessore del recente successo mondiale “Hissin Fauna”, un pop meravigliosamente costruito, canzoni “avant-disco” che ora sono tremendamente attuali. Un altro grande album degli of Montreal ristampato dopo essere stato introvabile a lungo. of Montreal “Icons, Abstract Thee” CD/EP Polyvinyl Nuovo EP per la band di Athens che rende disponibili 5 inedite canzoni provenienti dalla sessione di “Hissing Fauna…” ma non pubblicate sull’ultimo album. I NOSTRI NEGOZI: ROMA Radiation Records - Circ.ne Casilina 44 (Pigneto) • MILANO Riot Store - Via G.G. Mora 14 (C.so di Porta Ticinese) FIRENZE Music Center - Via Martelli 33/R