Anno IX - Semestre I n. 1 - Marzo 1992 N. 29 Periodico - Organo Ufficiale dell’Associazione Mater Boni Consilii - Loc. Carbignano, 36 - Telef.: 0161/849335 - 10020 VERRUA SAVOIA (TO) - C/CP 24681108 - Dir. Resp.: don Francesco Ricossa - Spedizione abb. post. Gr. IV (70) - Aut. Trib. di Ivrea n. 116 del 24-2-84 - Stampa: TECA - Torino 2 Sommario Editoriale “Il Papa del Concilio” “Veni sequere me” Il dibattito sull'episcopato La situazione attuale della Chiesa e la Tesi di Cassiciacum L'Omicidio Rituale Recensione La Via Regale Vita dell'Istituto Alcune assurdità… tra le tante Editoriale “I credenti uniti nella costruzione della pace”. È questo il titolo del “Messaggio del Papa per la giornata mondiale della pace 1992” ( S UPPLEMENTO ALL 'O SSERVATORE ROMANO, n. 285, 11/12/1991). È questo lo “slogan” che ha inaugurato il nuovo anno, commentato e diffuso in tutte le parrocchie del mondo per “ravvivare lo spirito di Assisi” (ivi, n. 3). Ma di quali credenti si tratta? E di quale pace? E di quale unione? I cr e d e n ti ai quali Giovanni Paolo II fa appello sono “quanti professano la fede in Dio” (n. 1), appartenenti a tutte le religioni che si trovarono assieme cinque anni fa ad Assisi (cfr. n. 3). Ad essi bisogna aggiungere “gli uomini di buona volontà” (n. 6) distinti dai credenti; anch'essi, gli atei, son chiamati a costruire la pace. Chi sono questi “credenti” di tutte le religioni? Quelli che venivano chiamati infedeli. Il credente è colui che crede. Credere è atto di chi ha la fede. Credente - infedele: due termini contradditori. La bacchetta magica del Vaticano II ha trasformato gli infedeli (idolatri, musulmani, ebrei...) in fedeli. L'esistenza di Dio è una verità di ragione, mentre la Fede in Dio è una virtù sovrannaturale che ci fa credere a t u t t o “ quanto Dio ha rivelato e la Santa Chiesa ci propone a credere”. Idolatri, musulmani, ebrei ecc., i n q u a n t o t a l i , non hanno la Fede, non sono credenti. Quale pace? Non “La pace di Cristo nel regno di Cristo”… Essa non può essere realizzata da chi ignora, o peggio ancora, rifiuta Cristo. Secondo il messaggio si tratta di una pace che deriva dalla legge naturale: “con- pag. 2 pag. 3 pag. 8 pag. 15 pag. 19 pag. 35 pag 51 pag. 52 pag. 53 pag. 54 siste in un atteggiamento di disponibilità verso l'altro, nella collaborazione e compartecipazione basate sul reciproco rispetto” (n. 2). Non Dio (anche gli atei costruirebbero questa pace), ma il reciproco rispetto tra gli uomini fonda la pace predicata da Giovanni Paolo II. Questi valori sarebbero riproposti dalle varie religioni (n. 2). Infatti dice Nostro Signore Gesù Cristo: “Non pensate che io sia venuto a portarvi la pace sulla terra; non sono venuto a portar la pace ma la spada ” (Matt. X, 34). “ Credete che io sia venuto a portare la pace sulla terra? No, vi dico, ma la discordia; perché d'ora innanzi se vi sono cinque persone in una casa, esse saranno divise tre contro due e due contro tre” (Lc. XII, 52). Quale unione? Scrive l'Apostolo: “Non unitevi a un giogo sconveniente cogli infedeli; poiché che cosa ha a che fare la giustizia coll'iniquità? E che comunanza c'è tra la luce e le tenebre? Che accordo tra Cristo e Belial? Che rapporto tra il fedele e l'infedele?...” (II Cor. VI, 14-15). Nostro Signore Gesù Cristo e san Paolo non sembrano accettare “l'unione dei credenti nella costruzione della pace”… Ciò è molto grave. Infatti, il messaggio prosegue: “Sarebbe aberrante se le religioni o gruppi di loro seguaci, nell'interpretazione e pratica delle rispettive fedi, si lasciassero andare a forme di fondamentalismo e fanatismo, giustificando con motivazioni religiose le lotte o i conflitti con gli altri” (n. 7). È aberrante la Religione di Colui che porta la discordia (cfr. Lc. XII, 52)? Fu fanatica e fondamentalista la Chiesa Cattolica che si difese anche con le Crociate, le guerre di religione, l'inquisizione? Ma già era “aberrante” il Dio di Israele: “ Gridatelo questo tra le nazioni, bandite una santa guerra, ridestate i prodi, 3 s'avanzino, salgano tutti gli uomini di guerra! Ribattete i vostri vomeri in spade e le vostre zappe in lance…” (Gioele IV, 9). Da venticinque anni, ogni anno, il primo giorno dell'anno i fedeli cattolici sentono predicare nella loro parrocchia la pace, come il mondo la dà. Dopo 25 anni “la tolleranza”, la “libertà religiosa” e i “lumi” di volterriana memoria hanno sconfitto il “fanatismo” anche presso i cattolici. Credenti e non credenti camminano insieme (cfr. n. 3) verso la pace. Uno solo il nemico: è l'aberrante fanatico, la pericolosa nota stonata nel coro armonioso del genere umano, che si ostina a non seguire la “strada obbligata” dei “contatti inter-religiosi”, e del “dialogo ecumenico” (n. 6). E molti lettori di “Sodalitium” non possono non riconoscere in noi dei pericolosi discepoli di quell'esclusivista che disse: “Chi non è con me è contro di me, e chi non raccoglie con me disperde” (Matt. XII, 30; Mc. IX, 40; Lc. XI, 23). Ottava puntata: Patriarca di Venezia (1953-1958), il pensiero religioso. degli uomini che si dice fedele al Vangelo e non viceversa, come invece sarebbe naturale, n.d.a.]. Vengo dall'umiltà e fui educato a una povertà contenta e benedetta, che ha poche esigenze e che protegge il fiorire delle virtù più nobili ed alte, e prepara alle elevate ascensioni della vita” (3). Dopo questa “umile” presentazione Angelo Giuseppe Roncalli espose ai veneziani quello che diventerà uno dei suoi “slogans” preferiti, il succo della sua esperienza passata, il principio informatore degli atti futuri: “La Provvidenza - disse - mi trasse dal mio villaggio natìo e mi fece percorrere le vie del mondo in oriente e occidente, ac costandomi a gente di r eligione e ideologie diverse, in contatto coi problemi sociali, acuti e minacciosi, e conservandomi la calma e l'equilibrio dell'indagine, dell'apprezzamento: sempre preoccupato, salva la fermezza ai princìpi del credo cattolico e della morale, più di ciò che unisce che di quello che separa e suscita contrasti” (3). A buon intenditor poche parole: il nuovo Patriarca sarà un ecumenista, nel senso che ci ha spiegato il Barone Marsaudon (4). “IL PAPA DEL CONCILIO” di don Francesco Ricossa “Il Card. Roncalli partì da Parigi il 23 febbraio [1953] diretto a Roma, dove al senatore Einaudi, Presidente della Repubblica, prestò il giuramento di rispettare la Costituzione che il governo italiano pretende da tutti i prelati che prendono possesso di una diocesi nazionale” ( 1). Il 26 febbraio poi, ebbe “un prolungato colloquio con Mons. Montini, al quale” affidò “una nota per il Papa impossibilitato a riceverlo a motivo delle non buone condizioni di salute” (2). Proprio a causa di questa malattia di Pio XII, Roncalli non ricevette il galero in quell'occasione, ma nell'ottobre dello stesso anno, prendendo altresì il titolo cardinalizio di Santa Prisca sull'Aventino. Passò poi da Bergamo, Sotto il Monte e Praglia, prima di fare l'entrata solenne nella diocesi veneziana il 15 marzo. Un discorso programmatico L'Omelia che tenne quel giorno il Patriarca nella Basilica di San Marco non fu un discorso di circostanza. Tema: l'uomo, il sacerdote, il pastore. Presentò “umilmente” se stesso: “colla grazia di una buona salute fisica, con un po' di buon senso da farmi vedere presto e chiaro nelle cose; con u n a d i s p o sizione all'amor e degli uomini che mi tiene fedele alla legge del Vangelo, rispettoso del diritto mio ed altrui, e mi impedisce di far del male a chicchessia: mi incoraggia a far del bene a tutti [si noti: è a causa dell'amore Ciò che unisce e non ciò che divide Già nel 1937, ricordiamolo, Mons. Roncalli avrebbe usato questa espressione col rappresentante del governo turco, Numan Rifat Menengioglu: “Io sono ottimista. Io cerco in ogni cosa di sviluppare più ciò che unisce, che ciò che divide” (5). Si tratta quindi, per Mons. Roncalli, di una frase emblematica, di un principio ispiratore. Come altre analoghe ( 6) l'espressione roncalliana fece fortuna, divenne proverbiale. Paolo VI, nella sua prima enciclica 4 Il Card. Roncalli, Patriarca di Venezia Ecclesiam suam , consacrata al dialogo, scrisse: “volentieri facciamo nostro il princi pio : mettiamo in evidenza anzitutto ciò che ci è comune, prima di notare ciò che ci divide” ( 7). Addirittura, questo “principio” roncallo-montiniano, si ritrova nella regola del Seminario S. Pio X di Ecône, scritta da Mons. Lefebvre! (8). D'altra parte perché preoccuparsi? Non si tratta di un'innocente regola di buona convivenza, di cortesia, affabilità e carità? Non è questa l'opinione della Chiesa. Apriamo gli Acta Apostolicæ Sedis , (42 [1950] 142-147) e leggiamo l'istruzione del Sant'Uffizio sul movimento ecumenico ( 9) del 20-22 dicembre 1949: “Essi [i Vescovi] veglieranno egualmente a che, sotto il falso pr etesto secondo cui bisogna considerar e di più ciò che ci unisce che ciò che ci separa , non si alimenti un pericoloso indifferentismo”. Il contesto è lo stesso: le relazioni ecumeniche. Le parole sono le stesse: ciò che unisce più ciò che divide. Il giudizio è opposto: la sentenza roncalliana, che per Paolo VI p r i n c i p i o ”, per il Sant'Uffizio è un è un “p “ffalso pr etesto ”. Ed il Cardinal Roncalli, si dice “sempre preoccupato” di sostenere un principio che il Sant'Uffizio, poco più di tre anni prima, aveva condannato come “falso pretesto” per favorire l'indifferenza religiosa! Il motivo intrinseco della condanna del principio roncalliano è presto spiegato. Esso è applicato “a gente di religioni e ideologie diverse”. Religioni diverse: infedeli, eretici, scismatici. Ideologie diverse: quindi atei o agnostici, massoni, comunisti ecc. Con essi bisognerebbe considerare più ciò che unisce che ciò che separa? Che cosa ci separa? La Fede diversa. Cosa ci unisce? Motivi puramente naturali. È aberrante considerare di più dei valori puramente naturali rispetto a quelli sovrannaturali. Se portato alle sue estreme conseguenze, il principio roncalliano si rivela evidentemente erroneo. Qualcosa in comune unisce, difatti, tutte le creature; anche col diavolo, ad esempio, abbiamo qualcosa in comune che ci unisce (essere creature di Dio), e qualcosa che ci separa e suscita contrasti (essere lui nemico di Dio). Quale dei due fattori deve essere preso di più in considerazione?! A buon diritto, pertanto, il Sant'Uffizio qualifica di “falso pretesto” il principio sostenuto da Roncalli. Si obietterà che egli precisa: “salva la fermezza ai princìpi del credo cattolico e della morale”. Ma questa clausola, non più ricordata in seguito, non cancella la gravità dell'affermazione. Ciò che divide infatti sono proprio i princìpi del credo cattolico e della morale. Se si mantiene la “fermezza dei princìpi del Credo cattolico” risulta più importante ciò che separa che ciò che unisce ed il principio roncalliano cade nel nulla. Se invece il principio roncalliano è valido, “la fermezza dei princìpi del credo e della morale cattolica” non è salva, perché va in second'ordine… Questa clausola ebbe quindi lo stesso ruolo di quella che il Vaticano II usò nel promulgare la libertà religiosa, dichiarando cioè di non cambiare la dottrina tradizionale proprio quando di fatto la rivoluzionava. In entrambi i casi si trattò di indorare la pillola per farla meglio inghiottire. Infine c'è da notare che la “fermezza dei princìpi del Credo cattolico” ed il principio “guardare più a ciò che unisce che a ciò che divide” applicato ai non cattolici, sono incompatibili… tranne che nel sistema massonico. Di esso, come scrive il Gran Maestro Di Bernardo, è caposaldo la tolleranza. Essa « è un atteggiamento che, pur respingendo in 5 linea di principio un modo di pensare ritenuto erroneo [ecco la “fermezza dei princìpi del credo cattolico”, in Roncalli, n.d.a.] lo lascia sussistere per un motivo di rispetto verso la libertà degli altri [ecco il “guardare più a ciò che unisce”, n.d.a.] » (10). Il massone “non è indifferente nei confronti di altri modi di pensare; la massoneria non è tutto e il contrario di tutto” però è “per sua natura, non esclusivista o pluralista” ( 10). In questo senso, il discorso del Card. Roncalli può essere definito “massonico” checché ne sia della presunta iniziazione del medesimo nelle logge (11). I “peccati” della Chiesa Aperto verso “gli altri” (altre religioni, altre ideologie) il Patriarca lo fu in religione ed in politica. In religione, con l'ecumenismo; in politica con “l'apertura a sinistra”. Poiché l'oggetto del prossimo articolo sarà l'azione politica del Cardinale, dedichiamoci al presente a quella ecumenica. Non è una novità: ecumenista lo era dai lontani anni venti. Venezia “porta verso l'oriente”, è il pretesto per numerose dichiarazioni ecumeniche di Roncalli; in realtà, la storia della Serenissima non è molto ecumenica, dalle crociate alla vittoria di Lepanto… Ma non sono questi i temi che lo appassionano; ben altro è il suo programma. « Roncalli si augura che “questo splendido movimento verso l'unità cristiana” abbia il posto che gli compete nell'insegnamento, nella predicazione e nella catechesi cattolica. A questo scopo riprende un'idea ispiratagli nel 1926 da dom Lambert Beauduin ( 11). Beauduin proponeva la creazione di un movimento ecumenico organizzato nella Chiesa, secondo il modello di Propaganda Fide, la congregazione missionaria. Ciò implica un modo di lavorare a due livelli: un movimento a largo raggio nelle chiese locali per sensibilizzare i cattolici ai problemi; e un ufficio romano dentro la Curia per coordinare e mantenere all'ordine del giorno delle preoccupazioni romane la causa ecumenica. In embrione è l'idea del segretariato per l'unità dei cristiani » (13). Le sue idee furono esposte in numerose conferenze. In occasione della settimana di preghiere per l'unione dei cristiani (18, 20, 23 gennaio) parlò sul tema: “La Chiesa cattolica e i cristiani separati dell'Oriente” (14). Durante queste conferenze nella sala di san Basso di Venezia, « come sempre, pose in risalto “più ciò che unisce che ciò che divide”. E le sue larghe vedute misero a disagio gli ascoltatori. Ma egli insistette: “La strada dell'unione delle varie Chiese è la carità, così poco osservata da una parte e dall'altra” ». «Continuò insistendo sulla necessità dello studio del vero pensiero cristiano nel quale si sarebbero trovati tanti punti di contatto. L'ultima sera concluse con la citazione di Giuseppe che esultante gridò ai fratelli che lo avevano tradito: “Sono Giuseppe, il fratello vostro!” - e aggiunse - Il mio cuore è così grande da unire con il desiderio in un solo abbraccio tutti gli uomini del mondo. È stato detto che a quelle parole la gente in sala rimase stupita in silenzio » (15). La gente infatti non aveva ancora subito 30 anni di rivoluzione conciliare. Tre anni dopo, il 18 settembre 1957, “Roncalli viene invitato a tenere una conferenza per la settima settimana di studi sull'Oriente Cristiano, che si svolge a Palermo, in Sicilia” (16). Nella diocesi del Card. Ruffini, fedele alla Tradizione, non poté esporsi come a Venezia. Tuttavia non riuscì a non dire qualche La responsa bilità della cosa di malsonante: “L rottura è tutta dei nostri fratelli separati? È in parte loro , m a i n g r an p a r t e n o s t r a ” ( 13). Nostra, cioè della Chiesa Cattolica e del suo Papa di allora S. Leone IX. Ora, fu condannata da Pio IX la tesi secondo la quale furono gli arbitrî dei Papi a provocare lo scisma (Lett. Ap. Ad Apostolice, 22- 8-1851; Sillabo 8-12-1864 prop. 38, Ds 2938). Fu Roncalli, pertanto, ad inaugurare l'usanza inaudita di chiedere perdono per i presunti errori della Chiesa (quella del passato, evidentemente), che con il Vaticano II ed il post-concilio, diverrà regola quotidiana. A quale nemico della Chiesa non è stato ancora chiesto perdono? Ad ascoltarli, si direbbe che l'intera storia della Chiesa non sia stata che un seguito di errori e di ingiustizie, incompatibili con la sua santità ed indefettibilità. Naturalmente, gli errori sono tutti della Chiesa del passato, per cui Roncalli e successori recitano il "mea culpa" battendo sul petto degli altri. Pertanto, gettata la colpa del passato soprattutto sulla Chiesa (“in gran parte”) e non sugli scismatici, Roncalli potè indicare “nel riconoscimento moderno degli studi patristici” (14) la via della riconciliazione futura. 6 Il lettore sa già di che riconoscimento si tratta: quello della scuola di De Lubac che si servì della patristica come di un pretesto per “saltare il deserto della scolastica” ( 17), seguendo il mito del ritorno alle fonti, proprio a tutti gli eretici. De Maria satis “L'amore” sconfinato e un po' melenso del nostro Patriarca per i “fratelli separati” e per “tutti gli uomini del mondo”, si intiepidisce alquanto quando si tratta della Madonna. Perbacco, si potrebbe compromettere la causa ecumenica, se si loda troppo la Madre di Dio! Abbiamo già visto le sue perplessità per la proclamazione del dogma dell'Assunzione (1950) avvenuta durante il suo soggiorno a Parigi (19). Ora Roncalli è recidivo. Scrive il modernista Hebblethwaite: « Come buona parte dei mariologi sotto il pontificato di Pio XII, non è tuttavia del parere che non potrebbero esservi eccessi nelle buone azioni e che “de Maria numquam satis” (non si può onorare «troppo» Maria). Per lei si cercano nuovi titoli, anche stravaganti. Roncalli rifiuta gentilmente di firmare una petizione per l'istituzione di una nuova festa, quella della Regalitas Mariae, la regalità di Maria: “Spettabile segretariato del pio movimento internazionale "Pro regalitate Mariae" [...]. Prego vivamente di voler scusare il mio silenzio che significa fino a oggi notevole irresoluzione del mio spirito, nel timore di un grave pregiudizio circa l'efficacia apostolica impiegata a ricondurre l'unità della S. Chiesa cattolica nel mondo. Gesù morente ha detto a Giovanni: Ecco tua madre. Questo basta alla fede e alla liturgia [...]. Il resto può essere, e lo è in gran parte, edificante, e, per parecchie anime devote e pie, commovente: ma per molte, moltissime altre, pure inclinate per la Chiesa cattolica, irritante e - come si dice ora controproducente [...]. Intanto mi accontento di dire: Salve Regina mater misericordiae ” (ALBERIGO, p. 489, lettera datata 22.4.1954, ripresa in 'Gran Sacerdote', pp. 178-179). Aggiunge tuttavia prudentemente che se “L'autorità suprema della S. Chiesa” dovesse deliberare in merito, egli sarebbe tra i primi a volerla celebrare. L'aggiunta è piena di “giudizio” dal momento che sei mesi dopo appare l'enciclica Ad Coeli Reginam, che istituisce la festa della regalità di Maria, fissata al 30 maggio. Ci si ricordi però dell'obiezione di principio di Roncalli. Ed è piuttosto eccezionale vedere un prelato italiano esprimere qualche riserva, giustificandola con motivazione ecumenica, su una festa mariana nuova. La mariologia roncalliana ha dei limiti e il terreno è preparato per la sana e sobria mariologia del Concilio » (20). De Maria satis: di Maria se ne è detto fin troppo..., ecco la “sana e sobria mariologia del Concilio”. Sarei rimasto un buon musulmano Se tale era l'ecumenismo di Roncalli nella vita pubblica, quale doveva essere nella vita privata? In pubblico fu “abile a mettere vino buono nelle bottiglie vecchie” (13), ma in privato, magari col cameriere, dovette essere ancora più esplicito. Infatti… Guido Gusso fu il cameriere personale del Patriarca di Venezia. Quando questi si recò a Roma per il Conclave, era accompagnato solo dal segretario (Mons. Capovilla) e dal Gusso (21). Intervistato da Renzo Allegri, Guido Gusso dichiarò: « Io fui educato secondo una rigida tradizione cattolica. Allora si insegnava che era peccato parlare con un protestante o con un ebreo. Anche se oggi una cosa del genere fa sorridere, allora era importante, severa. Non bisognava avere niente in comune con "questi infedeli". Quando mi accorsi che il cardinale invitava alla sua tavola protestanti, ebrei, musulmani, senza alcuna distinzione, mi meravigliai. Egli se ne accorse e sorridendo mi spiegò che tutti gli uomini erano figli di Dio, indipendentemente dalla religione che professavano. Era importante solo essere onesti e fedeli alla propria coscienza e quindi alla propria fede. C'erano anche altre persone, a Venezia, che si scandalizzavano e criticavano l'operato del cardinale. Lui soffriva ma non cambiò mai il suo comportamento. Un giorno, come per spiegare la sua condotta, mi disse: “Se fossi nato musulmano credo che sarei rimasto sempre un buon musulmano, fedele alla mia religione” » (22). Se Guido Gusso non mente Angelo Giuseppe Roncalli professava apertamente l'eresia dell'indifferntismo religioso e, cosa non secondaria, faceva perdere la Fede alle anime semplici. I cristiani anonimi La visione ecumenica del Patriarca non si limitava, pertanto agli “ortodossi” o ai protes- 7 loro, di fatto, i “cristiani anonimi” cui si rivolgeva Roncalli, il quale parlò, non scordiamolo, al consiglio comunale di Venezia, composto da politici di tutti i partiti. Introduciamo così, con questa considerazione, l'argomento del prossimo numero: l'azione politica in favore “dell'apertura a sinistra” svolta a Venezia da Mons. Roncalli, in sintonia con Mons. Montini, che di questa apertura fu, prima in Vaticano e poi a Milano, il principale fautore ecclesiastico. Note Il Patriarca Roncalli s'intrattiene con un atleta della regata storica tanti: un musulmano era gradito a Dio come un cristiano. Ma c'è di più. Sappiamo che il gesuita Karl Rahner teorizzò un “cristianesimo anonimo”, di persone cioè che non sono chiamate cristiane, che non credono in Cristo, ma che sarebbero egualmente “cristiane”. Sentiamo cosa disse Mons. Roncalli nel municipio di Venezia, in occasione del suo primo incontro col consiglio comunale: “Sono contento di ritrovarmi tra gente attiva perché solo chi lavora per una buona causa è un autentico cristiano. Il solo modo di essere cristiani è di essere buoni. Ecco perché sono contento di essere qui, anche se tra di v oi ci sono alcuni che non si dicono cristiani, ma che possono essere riconosciuti come tali in ragione delle loro buone azioni” (23). È cristiano, quindi, chi fa buone azioni (anche se non crede). Non è cristiano chi non è buono (anche se battezzato e credente). Il cristianesimo, nel pensiero roncalliano, è ridotto così a pura etica naturale; le opere buone naturali sono confuse con quelle sovrannaturali; la Fede diventa superflua. Commenta, gongolante, Hebblethwaite: « Dunque Roncalli non ha proprio nulla da imparare riguardo a questi “cristiani senza il nome”, come li chiamerà più tardi Karl Rahner: ogni buona azione dipende dalla grazia di Cristo, anche se Egli non viene esplicitamente riconosciuto come tale. In pratica, questo implica il rispetto nei confronti di tutti quanti sono impegnati nell'azione politica » (23). Le ultime parole di Hebblethwaite si riferiscono ai politici dello schieramento laico e, ancor più, di quello marxista. Sono (1) A LDEN H ATCH , Giovanni XXIII , 2a ed. it. Mursia Milano, p. 143. (2) H EBBLETHWAITE Giovanni XXIII il Papa del Concilio. Ed. it Rusconi 1989, p. 333. (3) HEBBLETHWAITE op. cit., p. 336-337, che cita da Scritti e Discorsi del Card. Angelo G. Roncalli, Edizioni Paoline, Roma 1959- 1963, pp. 207-210. (4) Y VES M ARSAUDON, L'Œcumenisme vu par un Franc-Maçon de Tradition, ed. Vitiano Paris 1965, cfr. ‘Sodalitium’ n. 27 p. 21-22. (5) PAOLO TANZELLA s.c.j. Papa Giovanni , Ed. Dehoniane Andria 1973, p. 132. (6) Ad esempio: “Sono il vostro fratello Giuseppe”, “Aggiornamento”, “gli uomini di buona volontà” (per designare gli atei), “la Chiesa non è un museo”, “i segni dei tempi” ecc. (7) 6 agosto 1964, in ‘Tutte le encicliche dei Sommi Pontefici’, ed. Dall'Oglio, p. 1718. (8) “Ils considéreront toujours plus ce qui les unit que ce qui les sépare”. Reglement des Seminaires Saint Pie X. Directoire, n. 10, p. 4. (9) Si noti che l'Istruzione del S. Uffizio “De motione œcumenica” (del 1949) è considerata “un primo incoraggiamento, riservato e prudente, in favore della ricerca dell'unità dei cristiani (…), malgrado le sue riserve, questo testo era sembrato positivo a Padre Congar” (JEAN CHÉLINI, L'Eglise sous Pie XII, Fayard 1989, vol. II p. 106). La cosa stupì tanto più che un documento del Sant'Uffizio dell'anno precedente era ben più severo sulla questione. “L'addolcimento”, intervenuto nel giro di un solo anno, è attribuito all'influenza del Padre Agostino Bea s.j., entrato nel frattempo nel Sant'Uffizio (cfr. STJEPAN SCHMID, Agostino Bea, il cardinale dell'unità, Città Nuova 1987, p. 252). Naturalmente, l'istruzione del S. Uffizio rientra nel magistero di Pio XII ed è pertanto conforme alla sana dottrina. Ne fa prova la condanna del “falso pretesto” roncalliano! (10) Cfr. La filosofia della massoneria, DON CURZIO NITOGLIA, in ‘Sodalitium’ n. 24 pp. 3-8. (11) E massoni senza saperlo sono oggi quasi tutti, trovando evidenti i princìpi di tolleranza e pluralismo un tempo appannaggio delle logge. (12) Sul Beauduin vedi: ‘Sodalitium’ n.25 p.23-27; e n. 28 p.20. (13) HEBBLETHWAITE, op. cit., p. 374. (14) HEBBLETHWAITE, op. cit., p. 373. (15) TANZELLA, op. cit., p. 213; HATCH, op. cit., p. 163. (16) HEBBLETHWAITE, op. cit., p.372. (17) Affermazione di Peter Hentici, dell'Università 8 Gregoriana, cit. da CLAUDIO ALTAROCCA in “Un teologo innamorato. Balthasar e la mistica Adrienne”, in ‘La Stampa’, 20/10/1991, p. 18. (18) Sull'avversione che provano gli eretici contro la teologia e filosofia scolastica cfr. Pio IX, Sillabo , 8/12/1864, prop. 13. S. Pio X, Enc. 'Pascendi', 8/9/1907. Pio XII, Enc. 'Humani Generis', 12/8/1950, DS 3894. (19) ‘Sodalitium’, n. 27, pp. 21-22. (20) HEBBLETHWAITE, op. cit., p. 352. (21) HEBBLETHWAITE, op. cit., pp. 340 e 385. (22) A LLEGRI , Il Papa che ha cambiato il mondo , Reverdito editore 1988, p. 120. Non sempre, ma se c'è pericolo per la Fede,“è peccato parlare con un protestante o un ebreo”. Per rendersene conto basta leggere san Giovanni Apostolo: “Se alcuno viene a voi e non reca questa dottrina non lo ricevete in casa e non lo salutate. Chi infatti lo saluta, partecipa alle opere malvage di lui” (II Giov. 10, e 11). (23) HEBBLETHWAITE, op. cit. p. 345. (24) Di De Gasperi abbiamo già parlato su ‘Sodalitium’ n. 27, p. 20. “ VENI SEQUERE ME” (Matt. XIX, 21) La chiamata di Gesù, o vocazione di don Ugolino Giugni La vocazione nel Vangelo Gli Apostoli: « Camminando Gesù lungo il mare della Galilea, vide due fratelli, Simone chiamato poi Pietro, e Andrea suo fratello, che gettavano in mare le reti, perché Venite dietro a erano pescatori. Disse loro: “V me ed io vi f a r ò d i ventare pescatori di uo m i n i ”. Ed essi lasciate le reti, immediatamente lo seguirono. Andando oltre vide altri due fratelli, Giacomo, figlio di Zebedeo e Giovanni suo fratello, in una barca col loro padre Zebedeo, mentre raccomodavano le reti, e li chiamò. Anch'essi lasciate le reti e il padre, subito lo seguirono » (Matt. IV, 18-22). Come già S. Pietro e S. Andrea, S. Giacomo e S. Giovanni, anche S. Matteo risponde a Gesù con la stessa prontezza: « Partitosi di là Gesù vide un uomo chiamato Matteo, seduto al banco Se guimi”. Quegli si della gabella, e gli disse “S alzò e lo seguì » (Matt. IX, 9). Altro bel passaggio evangelico è quello del giovane ricco; lasciamo parlare S. Marco: « Mentre egli usciva sulla strada venne un tale che, inginocchiatoglisi davanti, gli domandò: “Maestro buono, che cosa devo fare per acquistare la vita eterna?”. Gesù gli osservò: “Perché mi chiami buono? Nessuno è buono tranne Dio solo. Conosci i comandamenti: ‘Non fornicare, non uccidere, non rubare, non attestare il falso, non frodare nessuno, onora tuo padre e tua madre’ .” Quegli rispose: “Maestro, tutto ciò ho osservato fin dalla mia giovinezza” G e s ù g u a r d a n d o l o c o n t e n e r e z z a l ' a m ò e gli disse: “Ti manca una cosa sola: và, vendi quanto hai e dallo ai poveri, e avrai un tesoro, nel cielo; poi vieni e se g u i m i” Ma colui, contristato da queste parole, se ne andò dolente, perché aveva grandi ricchezze » (Mc. X, 17-22). Questi passaggi del Vangelo ci mostrano che vi sono delle persone che sono chiamate da Gesù ad una vita più perfetta, a seguirlo più da vicino, rispetto agli altri cristiani. Questo appello di Gesù ad un'anima affinché ella si consacri tutta a Lui viene comunemente chiamato “vocazione”. Il problema essenziale “Unum est necessarium” (Lc. X, 42), una sola cosa è necessaria, dice Nostro Signore Gesù Cristo: salvare la nostra anima. Questo Gesù ed il giovane ricco 9 è il problema essenziale, per ogni uomo, per ogni cristiano. Il cristiano battezzato dovrà tenere sempre presente questo suo destino eterno: “L'uomo è creato per lodare, riverire e servire Dio nostro Signore e mediante questo salvare la sua anima” (1). Ed a questo suo destino eterno dovrà ordinare tutte le sue azioni. Si stabilisce così che il fine ultimo dell'uomo è quello di salvare la sua anima. Il fine, secondo la sana filosofia, è il primo in intenzione ma l'ultimo in esecuzione: sarà cioè la prima cosa alla quale io penserò prima di agire (primo in intenzione), ma che si realizzerà per ultima, alla fine della mia azione (ultima in esecuzione). Il fine è chiamato anche la causa delle cause in quanto è ciò che comanda tutta la serie delle operazioni. Se Pietro, per esempio, vuole diventare ingegnere: questo fine (intenzione) lo condurrà a certi studi, ad entrare in una determinata scuola, a superare certi esami. Quando egli sarà laureato ingegnere, il suo fine sarà conseguito e la serie delle attività potrà dirsi terminata (2). Allo stesso modo, una volta che l'uomo ha capito che il suo fine è salvare la sua anima, a questo fine egli subordinerà tutte le sue azioni (mezzi al fine), e sceglierà il mezzo che lo condurrà nel miglior modo ad esso. La vocazione quindi si colloca come un mezzo per conseguire il fine. Il mezzo è la vita consacrata, attraverso la quale alcuni uomini (o donne), coloro che il Signore chiama (vocati), devono realizzare la loro salvezza eterna. Essi inoltre seguendo la vocazione diventeranno strumenti nelle mani di Dio per salvare altre anime. Che cos'è la vocazione “La vocazione in senso stretto è la chiamata di Dio e della Chiesa allo stato sacerdotale o religioso, detto stato migliore o più perfetto in rapporto allo stato matrimoniale” (3). Ogni cristiano è chiamato alla virtù e alla perfezione (“siate santi come il Padre vostro è santo ”, I Petr. I, 16), ma non è detto che tutti debbano realizzare questo ideale allo stesso modo. Nella natura stessa constatiamo delle aspirazioni, inclinazioni, attitudini diverse; uno è portato allo studio, un altro all'attività, ad uno piace la matematica, all'altro la letteratura. Queste propensioni diverse possono essere chiamate vocazioni (in senso lato). San Paolo nella sua prima epistola ai Corinti al capitolo XII fa l'analogia di un corpo organizzato in cui vi sono tanti organi, ciascuno dei quali ha una funzione determinata. Tutte queste membra assieme concorrono al bene del tutto (corpo); Dio nella sua sapienza provvede al bene della società, del genere umano, dando ad ogni membro di questa società una vocazione diversa. Per la vocazione ecclesiastica o religiosa non bastano più, come per qualunque professione umana, le attrattive o propensioni di natura; essa implica degli uffici altissimi da compiere in relazione con Dio, con Gesù Cristo, con la Chiesa ed il popolo cristiano. È necessario quindi che l'individuo sia chiamato da Dio direttamente a compiere questi ufficii, perché “Senza di me non potete fare niente” (Giov. XV, 5) dice Gesù, e colui che non entra dalla porta è ladro... (cfr. Giov. X, 1). Gli stati di vita Vi sono nella Chiesa fondata da Gesù Cristo diversi stati di vita: “Nella casa del Padre mio ci sono molte mansioni” (Giov. XIV, 2). Esiste di diritto divino nella Chiesa la distinzione tra laici e chierici. Gesù Cristo dalla turba dei discepoli scelse il collegio dei dodici (Mc. III, 13-15; Lc. VI, 12), ai quali diede il titolo di Apostoli, e con tale titolo affidò loro alcune grandi prerogative e pubblici ministeri per il bene della Chiesa. Predicare, convertire le genti, amministrare i sacramenti, insegnare e reggere il popolo cristiano, sono i principali compiti che Gesù ha affidato agli Apostoli. Dal momento che questi ministeri debbono essere esercitati fino alla fine dei secoli, come risulta chiaro dal testo evangelico (Matt. XXVIII, 20), se ne deduce che il collegio apostolico sussisterà pienamente fino alla fine dei secoli, cioè questi pubblici ministeri saranno trasmessi ad altri uomini che succederanno ai dodici. Ci sarà così una serie ininterrotta di sacri ministri investiti di tali poteri per diritto divino fino alla fine del mondo. « La Chiesa pertanto comprende due ordini di membri del Corpo Mistico: i membri che sono investiti di diritto divino dei pubblici ministeri, e costoro sono i chierici e formano la Sacra Gerarchia, e quelli che non ne sono investiti, questi ultimi sono chiamati laici. Il laico quindi è quel membro del Corpo Mistico che non appartiene alla Gerarchia Sacra. Il chierico invece è colui che appartiene 10 alla Gerarchia della Chiesa, che si occupa del servizio dell'Altare, colui che è “parte del Signore, ed il Signore costituisce la sua eredità”. Il chierico forma nella Chiesa una categoria a parte distinta per diritto divino dai laici, ed in conseguenza ha degli speciali diritti e doveri, più alti di quelli degli altri fedeli » (4). A questa distinzione tra laici e chierici si deve aggiungere quella dei religiosi. “Sono chiamati religiosi, i cristiani, o meglio i fedeli di ambo i sessi, che sono consacrati a Dio in un ordine religioso approvato dalla Chiesa con i tre voti evangelici” (5). Più precisamente, secondo il Diritto canonico (Can. 487), per religioso si intende colui che liberamente assume oltre ai precetti comuni a tutti i fedeli una forma di vita stabile con l'obbligo di osservare i consigli evangelici, mediante i voti di povertà, castità ed obbedienza. È religioso, ad esempio, il frate cappuccino o la monaca domenicana o la suora di una qualche congregazione. Questa distinzione si sovrappone alla precedente tra laici e chierici, in quanto il religioso può essere laico: se non ha ricevuto gli ordini sacri (es. il fratello converso), o chierico se ha ricevuto gli ordini sacri (ad es. un sacerdote cappuccino). Le suore sono religiose laiche, in quanto le donne non possono essere soggetto del sacramento dell'ordine né di giurisdizione. Lo stato religioso è chiamato “stato di perfezione” per la pratica dei voti di povertà, obbedienza, e castità che mettono l'individuo in uno stato di vita perfetta; “non tutti comprendono... ma quelli solo ai quali è stato concesso… chi può comprendere, comprenda” (Matt. XIX, 11-12). La scelta dello stato di vita Dopo aver visto che ci sono diversi stati di vita, si pone il problema per ogni uomo di sapere qual'è quello stato di vita che più gli conviene per raggiungere il suo fine (salvare l'anima). “Si tratta di una scelta importantissima, che è lasciata alla libera elezione dell'individuo; essa non deve essere fatta cervelloticamente ma nessuno può esimersi dal dovere grave di pensarvi coscienziosamente e di consigliarsi con persone sperimentate. Almeno una volta nella vita quello della vocazione è un problema che un giovane (o una giovane) veramente cristiano deve porsi. Si deve tenere conto che un errore nella scelta dello stato può rendere l'uomo infelice per tutta la vita, togliendogli la gioia della vita o del lavoro, perché chi ha sbagliato strada, sentendosi ogni giorno sulle spalle il peso di opere ripugnanti e di doveri che non ama, perde la contentezza interiore, l'intima felicità di vivere” (3). Data l'importanza della questione, e le conseguenze gravi in caso di errore è necessario non falsare la prospettiva dell'elezione di uno stato di vita. Non bisogna scambiare il fine con il mezzo e fare del mezzo un fine. Dobbiamo dunque ricordarci il fine della vita. Dio ci ha creati per amore, affinché noi possiamo gioire di Lui per tutta l'eternità. Noi siamo sulla terra per meritarci questa gioia inneffabile ed eterna che Dio ci ha preparato. La nostra salvezza è nelle nostre mani, dobbiamo solo scegliere il mezzo che ci condurrà nel modo migliore ad essa. Lo scopo della nostra vita non è quello di sposarci, o di diventare Vescovo, o di vincere il giro d'Italia, ma è quello di andare in Paradiso. “Qualsiasi cosa io eleggerò, deve essere perché mi aiuti al fine per cui sono stato creato, non subordinando né tirando il fine al mezzo ma il mezzo al fine. Accade infatti che molti scelgono prima di accasarsi che è mezzo, e poi servire Dio nostro Signore nello stato coniugale mentre servire Dio è il fine… in tal modo questi non vanno incontro a Dio, ma vogliono che Dio venga incontro alle loro affezioni disordinate; e per conseguenza fanno del fine un mezzo e del mez zo il fine, cosicché quello che dovevano considerare per primo, lo considerano per ultimo”. Così dice S. Ignazio nei suoi “Esercizi spirituali ” al n° 169, dando questa regola capitale per l'elezione di uno stato di vita. La posta in gioco è tale, infatti, che il rischio di sbagliarsi è notevole e se l'intenzione non è retta ed il cuore non è nell'indifferenza si finirà per camuffare la nostra volontà sotto quella di Dio. Ancora una volta per non sbagliarsi in questa “scelta” sarà bene ribaltare la prospettiva: vedere le cose dalla parte di Dio... Che cosa Lui desidera che noi facciamo (“Signore cosa volete che io faccia?”, Act. IX, 6). Qual'è il piano di Dio su di noi? In quale ordine, ed in quale stato di vita il Signore vuole che io salvi la mia anima, ed ha previsto di darmi tutte quelle grazie con le quali mi salverò? Questa “prospettiva divina” è anche la più reale, poiché si pone dalla parte dell'eternità che è la vera vita alla quale noi tendi- 11 amo (fine ultimo). Inoltre trattandosi di vocazione divina è Dio che sceglie noi, e non noi, che scegliamo Lui; “Non vos me elegistis, sed Ego elegi vos” (Giov. XV, 16) (Non voi avete scelto me, ma Io ho scelto voi) dice chiaramente Nostro Signore Gesù Cristo nel Vangelo. E S. Paolo commenta: “Nemo sumit sibi honorem, sed qui vocatur a Deo tamquam Aaron” (Hebr. V, 4) (E non v'è alcuno che assuma da sé la dignità, ma vi è chiamato da Dio come è il caso di Aronne). La dignità sacerdotale infatti è così sublime che nessuno può stimarsene degno, anche se avesse la purezza di un Angelo e l'amore di un Serafino. È necessario esservi chiamati da Dio perché accedere al sacerdozio senza l'appello divino sarebbe una temerità sacrilega. Seguendo le regole che ci ha dato S. Ignazio e considerando le cose dal punto di vista divino, e se avremo l'intenzione retta di voler fare la volontà di Dio, allora saremo sicuri di non sbagliarci nella scelta dello stato di vita. Dio che è fedele non lo permetterà, e se ci saremo sbagliati, senza nostra colpa, in qualche cosa, Egli ce lo mostrerà nella sua infinita saggezza poiche “abbiamo sperato in Lui e non saremo confusi in eterno” (Te Deum). La dignità del Sacerdozio Dopo aver trattato la questione della vocazione da un punto di vista generale, d'ora in avanti tratterò più specificamente della vocazione al sacerdozio. Citerò qui di seguito le affermazioni di alcuni santi circa la dignità del Sacerdozio cattolico. Il Sacerdozio cattolico è divino, è Nostro Signore Gesù Cristo che l'ha istituito il giovedì santo, dopo aver consacrato l'Eucarestia, con le parole “fate questo per ricordo di me” (I Cor. XI, 25), ha dato lo stesso potere di consacrare il suo Corpo ed il suo Sangue agli Apostoli, creandoli così Sacerdoti. La sera del giorno di Pasqua, poi, Gesù appare agli Apostoli riuniti nel cenacolo e da loro (già Sacerdoti) il potere di assolvere i peccati con queste parole: “ Ricevete lo Spirito Santo. A chi rimetterete i peccati saranno rimessi ed a chi li riterrete saranno ritenuti” (Giov. XX, 22-23). “Grande Mysterium et magna dignitas” dice del Sacerdozio l'autore dell'Imitazione di Cristo, perché in esso vengono comunicati i poteri stessi di Dio. Infatti si dice che il sac- erdote è ‘alter Christus’ in quanto egli è la personificazione vivente in terra del Signore e ne fa le veci, come dice lo stesso san Paolo: “Noi facciamo dunque le veci di ambasciatori di Cristo, come se Dio stesso vi esortasse per mezzo nostro” (II Cor. V, 20). “La tua bocca o Sacerdote è la bocca di Cristo” dice S. Ambrogio. Per S. Dionigi l'Aeropagita “il Sacerdote ha una dignità non umana, non angelica ma divina”; secondo S. Giovanni Crisostomo “ai Sacerdoti è data una potestà che Dio Ottimo non volle dare né agli Angeli né agli Arcangeli” (5). Il prete “è costituito tra Dio e l'uomo, minore di Dio ma maggiore dell'uomo” afferma Innocenzo III. S. Giovanni Crisostomo commentando le parole del Signore “Chi ascolta voi ascolta me, chi disprezza voi disprezza me” (Luc. X, 16) dice: “Chi onora il Sacerdote onora Cristo, e chi ingiuria il Sacerdote ingiuria Cristo” (6). S. Alfonso dei Liguori fa risaltare la grandezza del Sacerdozio in base agli uffici che sono affidati al ministro di Dio: “Tutta la terra non può dare a Dio tanto onore, né può impetrare di grazie quante un sol Sacerdote che celebra una Messa”. “Per fare un Sacerdote è stata necessaria la morte di Gesù Cristo altrimenti dove si sarebbe trovata la vittima, che ora offeriscono i sacerdoti della nuova legge?” - “Quando il Sacerdote consacra si è obbligato il Verbo Incarnato ad obbedire ed a venire nelle sue mani sotto le specie sacramentali” (questa frase mostra la potestà che il prete ha sul Corpo Reale di Gesù Cristo). “Inoltre - continua S. Alfonso - la potestà del Sacerdote oltrepassa quella di Maria SS. poiché ella, la divina Madre, può pregare per un'anima, e pregando ottenere tutto quello che vuole, ma non può assolverla da qualunque minima colpa”. « Se scendesse il Redentore in una chiesa e si ponesse in un confessionale ad amministrare il sacramento della penitenza, ed in un altro sedesse un Sacerdote, Gesù direbbe “Ego te Absolvo” e il Sacerdote nello stesso modo direbbe “Ego te Absolvo”, e dall'uno e dall'altro i penitenti resterebbero egualmente assolti » (7). Queste belle citazioni ci fanno penetrare un po' nella sublime dignità e grandezza del Sacerdozio cattolico, senza però farcene capire tutta la profondità, impenetrabile all'occhio umano. Solo nell'eternità capiremo pienamente il dono immenso che Gesù ci ha fatto lasciandoci il suo Sacerdozio, e solo in 12 cielo potremo ringraziarLo adeguatamente. Come diceva S. Giuseppe Cafasso: “Ci vuole nientemeno che un'eternità per ringraziare Iddio di averci fatti Sacerdoti”. I segni della vocazione sacerdotale Se il Sacerdozio cattolico è così grande, sia nella sua origine, che nelle sue funzioni poiché è la potenza di Dio in azione, e con i suoi frutti santifica le anime; chi allora oserebbe pretendere per sé questo sublime officio, e stimarsene degno? “Nemo sumit sibi honorem, sed qui vocatur a Deo tamquam Aaron” (Hebr. V, 4). Tuttavia c'è bisogno di sacerdoti, e di sacerdoti scelti tra gli uomini. La Chiesa ha ricevuto la missione di scegliere e formare coloro che sono chiamati al Sacerdozio di Gesù Cristo. Al Sacerdozio si è quindi chiamati da Gesù Cristo, capo invisibile della Chiesa. Sarebbe temerario volersi imporre a Dio, arrogarci una carica alla quale non siamo stati chiamati. Gesù diceva agli Apostoli: “Non vos me elegistis” (Giov. XV, 16). Entrare negli ordini sacri senza vocazione divina è anche un esporsi alla dannazione eterna. Non dimentichiamo come furono castigati i partigiani di Core, sprofondati nelle viscere della terra per aver voluto sostituirsi al Sacerdozio di Aronne e Mosé (cfr. Num. XXVI, 10). Inoltre la vocazione è il mezzo ordinario di cui Dio si serve per darci le grazie con le quali potremo compiere il nostro dovere, secondo la volontà di Dio. Colui che accede al Sacerdozio senza vocazione divina, come potrà ricevere queste grazie? Costui non potrà adempiere i suoi doveri, sostenersi nelle prove, nei pericoli che la vita consacrata comporta. Egli non potrà consolarsi nelle pene, nei sacrifici dicendo: ‘È la volontà di Dio!’ Egli non potrà essere fedele dispensatore dei misteri di Dio, non essendo stato chiamato, non è “entrato per la porta, ma da altrove come un ladro”; infatti il Verbo incarnato ha detto: “Chi non entra per la porta cioè per la vocazione divina - nell'ovile del gregge, ma vi sale per un'altra parte, è un ladro e brigante” (Giov. X, 1). È rubare attribuirsi una carica che non ci è destinata dall'alto, dice S. Cirillo d'Alessandria. Al contrario colui che ha garanzia di essere stato chiamato, può, e deve, abbracciare il Sacerdozio con santa umiltà e coraggiosa confidenza e gioia, e seguire Gesù Nostro Signore. “Colui che vuol venire dietro a me, rinneghi se stesso, prenda la sua croce e mi segua” (Matt. XVI, 24). È necessario distinguere tra vocazione attiva o canonica, od elezione che è l'invito che il Signore rivolge per mezzo dei legittimi superiori, e la vocazione passiva o vocabilità che è l'inclinazione, il desiderio, il proposito la capacità ed in seguito l'idoneità ad essere chiamato dai legittimi superiori. La prima vocazione suppone la seconda; la seconda non dà giuridicamente diritto alla prima. Il Papa Pio XII afferma che la vocazione interiore è una ispirazione o impulso dello Spirito Santo, una voce segreta di Dio che produce nell'anima la convinzione intima che uno è chiamato da Dio. A questa vocazione interiore (che corrisponde alla passiva), deve equivalere la vocazione esteriore, cioè la chiamata del Vescovo e della Chiesa (vocazione attiva o canonica) senza la quale l'appello interiore non può essere né autentico né operante. La vocazione nel significato totale della parola è quindi interiore ed esteriore (vocans intus et extra). Iddio chiama in maniera straordinaria od ordinaria. La prima chiamata si distingue dalla seconda per l'evidenza anche pubblica dei segni con cui si manifesta e per i suoi caratteri straordinari e talora miracolosi; ad esempio la vocazione di S. Paolo, sbalzato da cavallo ed accecato sulla via di Damasco (cfr. Act. IX), è straordinaria. Quindi Gesù Cristo si riserva il diritto di scegliere i suoi sacerdoti, tramite la sua grazia interiore (vocazione interiore) come già fece coi suoi Apostoli (cfr. Matt. III, 13; IV, 9; Giov. XII, 16). La Chiesa, tramite il Vescovo, poi conferma questa vocazione divina chiamando il candidato all'ordinazione (vocazione esterna). Tale è la dottrina comune sulla vocazione. Ma come si può sapere se Dio ci chiama veramente allo stato ecclesiastico? Quali sono dunque i segni che permettono ad un giovane di sapere con certezza che Gesù Nostro Signore l'ha chiamato e vuole fare di lui un “pescatore di uomini” (Matt. IV, 19)? A meno che egli abbia ricevuto una vocazione straordinaria, come S. Paolo (nel qual caso è meglio che si consigli sempre con qualcuno che possa giudicare che non vi sia errore o illusione…), dovrà riconoscere in sé i segni della vocazione ordinaria, e nella preghiera chiedere al Signore di fargli conoscere la sua volontà; 13 Sant'Ignazio di Loyola, maestro in materia di elezione dello stato di vita “Tu Domine… ostende, quem elegeris” (Act. I, 24) (Signore mostra colui che hai eletto). È dottrina comune che gli elementi oggettivi per cui un individuo può dirsi chiamato al sacerdozio siano sostanziamente riducibili a due: 1) l'idoneità, sia negativa: assenza da impedimento; sia positiva: possesso delle qualità o doti requisite per esercitare gli offici dello stato clericale. Questa attitudine comprende: la scienza necessaria cioè le capacità intellettuali per fare certi studi al fine di acquisire la dottrina indispensabile per compiere le funzioni del sacro ministero. (Un giovane che abbia fatto le scuole superiori o che sia iscritto all'università ha normalmente le capacità per studiare la filosofia e la teologia). Si richiede poi una salute sufficiente. 2) La retta intenzione; poiché nel Sacerdozio si trattano cose santissime. Aver la retta intenzione significa conoscere (rettitudine) e volere (intenzione) il Sacerdozio, aspirandovi unicamente per dare gloria a Dio, mediante la salvezza delle anime, e con il sacrificio di se stessi. “ Zelus domus tuæ comedit me” (Ps. CXVIII, 139) è lo zelo della casa di Dio che anima ogni azione del ministro del Signore. Egli deve avere un fine soprannaturale e preferire le occupazioni che danno più gloria a Dio. Egli deve essere operoso al servizio delle anime, alla salvezza delle quali consacra tutto il suo apostolato. Il Sacerdote deve sacrificare sé stesso, poiché le anime si salvano col sacrificio come ha mostrato Gesù morendo in Croce, e deve rinunciare alla vita comoda; egli è infatti l'uomo del sacrificio. A questi due elementi essenziali molti autori ne aggiungono un terzo che è l'abitudine ad una vita cristiana. È cioè necessario che colui che sarà elevato alla dignità sacerdotale, per la santità delle funzioni che dovrà esercitare, per favorire la fede e la fiducia dei fedeli, si rivesta di virtù. Il candidato al Sacerdozio, come del resto ogni cristiano, deve mostrarsi “santo immacolato e irreprensibile di fronte (a Dio)” (Col. I, 22). Il profeta David, nel salmo XXIII si chiede: “ Chi salirà mai il monte del Signore? Chi si fermerà nel luogo suo santo?” E nello stesso luogo si risponde: “L'innocente di mani e puro di cuore, che non abbandona a vanità l'anima sua, …E riceverà la benedizione del Signore, e grazia da Dio suo salvatore ” (Ibid. 3-5). Egli deve aver acquistato la pratica dell'esercizio delle virtù cristiane, della purezza, della carità, della mortificazione, della pietà e facilità a pregare. Tutte queste virtù predispongono a ricevere il sacramento dell'ordine e aiutano a compiere le funzioni che esso conferisce. Ma oserei dire che il seminario, in cui si entra per prepararsi al Sacerdozio, è fatto proprio per acquisire e sperimentare queste virtù. Quindi con l'aiuto della grazia di Dio, anche chi non avesse queste virtù all'entrata in seminario, potrà acquistarle negli anni di preparazione; “Ogni cosa io posso in colui che mi dà forza” (Filpp. IV, 13) dice S. Paolo. S. Pier Giuliano Eymard aggiunge, come segno di vocazione, all'abitudine ad una vita cristiana e alla purità d'intenzione, l'attrattiva interiore. Si tratta, dice il santo, di una « specie di intima simpatia per tutto ciò che riguarda il sacro ministero ed il servizio delle anime. Tale è il modo di agire di Dio. Egli ne ispira il gusto, e ciò attira spesso (non sempre… n.d.r.) sin dall'infanzia. Dio ci tratta così con una condiscendenza che rasenta il rispetto, come dice la Scrittura “cum magna reverentia dispone nos” (Sap. II, 18). (…) Egli ci conduce verso la vocazione che ci ha destinata: “attingens a fine usque ad finem, fortiter disponens omnia” (8). Questa attrattiva religiosa ha tre qualità: a) come tutte le ispirazioni divine è dolce e tranquilla. Anima la pietà, diventa impulso 14 Nostro Signore Gesù Cristo sceglie i dodici Apostoli dei sacrifici, getta le fondamenta delle virtù che la vocazione esige, stimola il bisogno di procurare la gloria di Dio. b) È forte. Resiste alle incertezze, ai dubbi, alle inquietudini ed ai timori. Fa fronte alle sollecitazioni della carne e del mondo. Smaschera le illusioni dell'angelo delle tenebre. Diviene la dominatrice e dirò di più diviene la trionfatrice di tutto. c) È costante. Non si tratta di un fuoco di gioventù, di un trasporto capriccioso che nasce, cresce e muore lo stesso giorno » (9). Questa attrattiva interiore è quella forza, quel sostegno interiore che permette al vocato di superare tutte le difficoltà, le tentazioni e le prove che si pareranno per sbarrargli la strada verso la meta. Ed egli superandole tutte, sarà provato come l'oro nel crogiuolo (cfr. Sap. III, 6), e diventerà un vaso di elezione. Poiché nessuno è giudice nella sua causa, sarà bene che colui che si ritiene chiamato da Dio al Sacerdozio si consigli con persone esperte, cioè con un sacerdote che possa giudicare della verità della vocazione, e che lo guidi, lo illumini, lo riconforti nel cammino verso l'altare. La ricompensa “Centuplum accipietis” riceverete il centuplo nella vita eterna dice Gesù a S. Pietro, che lo interrogava « “Ecco noi abbiamo lasciato tutto e ti abbiamo seguito”. Gesù rispose: “In verità vi dico, nessuno ha abbandonato casa, o fratelli, o sorelle, o padre, o madre, o figli, o campi, per amor mio e per il Vangelo, che non ne riceva il centuplo, adesso, in questo tempo, in case, fratelli, sorelle, madri, figli e campi, in- sieme con le persecuzioni, e nel tempo avvenire la vita eterna. Molti primi saranno ultimi; e molti ultimi, primi” » (Mc. X, 28 - 31). Spesso e giustamente il momento della morte è il più temuto da parte degli uomini, poiché è il momento cruciale in cui si tirano le somme della vita e ci si presenta al giudizio di Nostro Signore Gesù Cristo. Ma il buon Sacerdote che abbia lavorato tutta la vita per la gloria di Dio ed il bene delle anime nulla dovrà temere, perché allora " il Signore ti riempirà di luce e ti libererà dalla morte eterna" dice il profeta Isaia (LVIII, 10). Sant'Agostino diceva: “Hai salvato un'anima, hai predestinato la tua”. L'Apostolo S. Giacomo affermava che “deve sapere che chi ritrae un peccatore dall'errore della sua vita, salverà l'anima di lui (cioè la sua, di colui che converte n.d.r.) dalla morte e coprirà una moltitudine di peccati” (Giac. V, 20). Per S. Alfonso un sacerdote che con le sue fatiche ha salvato anime può ben sperare che quelle stesse anime da lui salvate vengano nel giorno della sua morte e dicano a Gesù Cristo: “Che cosa volete, Signore, mandare all'inferno colui che ci ha liberato dall'inferno?”. Poiché il Sacerdote non si salva da solo, se si salva porta con sé molte anime che saranno la sua corona in Paradiso. Quindi a doppio titolo sarà ricompensato il Sacerdote; per aver “lasciato tutto e aver seguito Gesù” riceverà il centuplo già in questa vita, e soprattutto nella vita eterna, riceverà la beatitudine; ed anche per aver salvato molte anime, in morte udirà da Dio quelle consolanti parole: “Servo buono e fedele... entra nella gioia del tuo Signore... egli sarà incoronato alle porte del Paradiso” (10). Se Dio ci chiama quindi non c'è strada più certa per assicurare la nostra salute eterna che seguire la chiamata del Signore. Non facciamo come il giovane ricco che benché avesse osservato fin dall'infanzia i Comandamenti, e per questo fu amato da Gesù (“Gesù guardandolo con tenerezza l'amò”), non fu capace di lasciare tutto e seguire Nostro Signore: “ Ma contristato se ne andò, perché aveva molte ricchezze” (Mc. X, 22). Lasciamo tutto per Gesù, Egli ricompensandoci ci dirà: “Intra in gaudium Domini tui”. Conclusione Per prendere una decisione così importante per la salvezza eterna, e così carica di 15 conseguenze per la vita, è necessario mettere la propria anima di fronte a Dio, poiché “il Signore non è nel tumulto” (III Re XIX, 11), e la voce di Dio è come un soffio d'aria leggera, e si sente appena, non già dall'orecchio del corpo ma dall'orecchio del cuore, senza strepito e in una dolce quiete (ibid. 12). All'anima che deve scegliere lo stato di vita Dio dice: “La condurrò nella solitudine e parlerò al suo cuore ” (Os. II, 16). È bene perciò che questa anima faccia nel silenzio gli esercizi spirituali per farvi, in tranquillità e sotto lo sguardo di Dio, l'elezione secondo l'ottimo metodo di S. Ignazio, e si consigli con un buon sacerdote. Una volta che la volontà di Dio si è manifestata, alla persona che è chiamata non resta che seguire Gesù, “...prenda la sua croce e mi segua...”, senza timore, con generosità e confidenza in Dio, senza più guardare indietro perché dice il Signore: “Colui che mette mano all'aratro, e guarda indietro, non è atto al Regno di Dio” (Lc. IX, 62). Il vocato per prepararsi al Sacerdozio, deve entrare in Seminario per compiere gli studi e completare la sua formazione spirituale. A tutti coloro che vogliono seguire Gesù, nella fedeltà alla Chiesa, ricordo che in seno all'Istituto Mater Boni Consilii, a Verrua Savoia, è stato aperto ormai da cinque anni (ne abbiamo festeggiato il quinto anniversario lo scorso 14 gennaio) il Seminario S. Pietro martire per le vocazioni sacerdotali. In esso i seminaristi si preparano al Sacerdozio nello studio della filosofia e teologia scolastica, sulla Somma di S. Tommaso d'Aquino, e sui suoi commentatori moderni come i Padri: Hugon, Garrigou-Lagrange, Zubizarreta, Salaverri ecc., nella più completa fedeltà all'insegnamento di Santa Romana Chiesa. Un'attenzione particolare è posta poi sulla situazione attuale della Chiesa, e sul problema dell'autorità, con lo studio delle opere, e della “Tesi di Cassiciacum”, elaborata da Mons. Guérard des Lauriers. La giornata del seminarista è scandita dal regolamento che alterna le ore di corso a quelle di studio, e soprattutto alla preghiera e alle opere di pietà che costituiscono la parte più importante della formazione dei giovani leviti. È soprattutto nella preghiera, e nella liturgia della Chiesa che si temprano gli animi dei futuri ministri di Dio, poiché essa è veramente “l'anima di ogni apostolato ”. Si può dire in tutta verità con lo scrittore sacro: “Quam dilecta tabernacula tua Domine virtutum ” (Ps. LXXXIII, 1), e “ Domine dilexi decorem domus tuae ” (Ps. XXV, 8) ( O Signore, io amai la maestà della tua casa). A tutti coloro che il Signore si è scelto, Egli fa intendere, nell'intimo del loro cuore la Sua voce: “Veni sequere me...” essi gli devono rispondere: “ Ecce venio ” (Ebr. X, 9); “ Signore cosa volete che io faccia...” (Act. IX, 6). Note (1) SANT'IGNAZIO DI LOYOLA, Esercizi spirituali, n. 23. (2) R. J OLIVET, Trattato di filosofia , Morcelliana Brescia, 1960, vol. IV, p. 163. (3) R OBERTI -PALAZZINI , Dizionario di teologia morale , ed. Studium, Roma 1957 (2° edizione), voce "vocazione". (4) ROBERTI-PALAZZINI op. cit. voci "chierico" " laici". (5) ROBERTI-PALAZZINI op. cit, voce “Religioso - religiosa”. (6) S. GIOVANNI CRISOSTOMO, De Sacerdotio, III C. 1. Hom. 17 in Matth. (7) Tutte queste citazioni di S. ALFONSO MARIA DEI L IGUORI si possono trovare raccolte in: Sacerdote ascoltami, Edizioni. Paoline, 1957, cap. I pp. 11-22. (8) Antifona “O Sapientia” del 17 dicembre: “Toccando da un'estremità all'altra, disponendo ogni cosa con forza e dolcezza”. (9) S. P IETRO G IULIANO E YMARD, Il Sacerdote , Edizioni Eucaristiche, Torino 1963, pagg. 14-16. (10) Breviario Romano, antifone dell'Ufficio dei Confessori Vescovi e non Vescovi. IL DIBATTITO SULL'EPISCOPATO di don Francesco Ricossa Sono ormai tre i principali temi dottrinali che dividono i “tradizionalisti” cattolici; ai due, ormai classici, dell'Autorità del Papa e della validità della “Nuova Messa”, si è aggiunto quello sulla trasmissione dell'Episcopato senza il mandato del Papa. Questione non solo teorica ma anche eminentemente pratica, da quando sono stati consacrati dei Vescovi tra le fila “tradizionaliste”, nel 1981 da Mons. Thuc, nel 1988 da Mons. Lefebvre e Mons. De Castro Mayer. La nostra posizione è già stata esposta su ‘Sodalitium’ a svariate riprese. Ricordiamo l'intervista a Mons. Guérard des Lauriers (n. 13, pp. 24-26), ed il suo studio esplicitamente dedicato alla questione, 16 riproposto dal nostro periodico (n. 16, pp. 16-28) preceduto da una nostra introduzione (pp. 10-16). Il teologo domenicano provava da un lato la liceità e l'opportunità di consacrazioni episcopali senza mandato romano nella situazione attuale della Chiesa, ma poneva altresì le condizioni di questa liceità: (1°) essere conferite a cagione della vacanza formale della Sede Apostolica, e (2°) con l'unico scopo di perpetuare la Missione della Chiesa (specialmente il Sacrificio della Messa e la vita sacramentale), e non di creare una gerarchia dotata di giurisdizione sui fedeli. Mancando la prima delle due condizioni alle consacrazioni conferite da Mons. Lefebvre e Mons. De Castro Mayer nel 1988, abbiamo dovuto pubblicamente condannarle ( ‘Sodalitium’ n. 17, pp. 5-7). E quando in seguito Mons. Lefebvre ha attribuito ai Vescovi così consacrati non solo il potere d'ordine ma anche l'autorità sui fedeli, abbiamo dovuto mettere in guardia da questa tendenza che vìola anche la seconda condizione (Cfr. “L'Autorità del Vescovo: viene tramite il Papa o i fedeli? ”, in ‘Sodalitium’ n. 27, pp. 4-6). Come si vede abbiamo già dato notevole spazio ad un tema certamente importante ma di non facile comprensione per il semplice fedele. Ma il dibattito non accenna a diminuire, articoli ed iniziative si succedono, e ci costringono a ripetere, e se possibile, chiarire, il nostro pensiero. Abbiamo brevemente ricordato la posizione di Mons. Guérard des Lauriers sull'Episcopato. Ma vi sono, tra le altre, tre posizioni le quali, pur diversissime nelle conclusioni, hanno un punto o una tendenza comune. Esse ignorano o criticano la distinzione reale che esiste tra Missione e Sessione, Ordine e giurisdizione nell'Episcopato, e negano di fatto la possibilità di un Episcopato lecitamente conferito quanto al potere d'Ordine, ma privo del potere di giurisdizione. Le conclusioni dedotte da questa comune tendenza sono diverse: per gli uni le consacrazioni episcopali non canoniche sono illecite “usurpazioni di funzioni gerarchiche” (Abbé Belmont, R. P. de Blignières); per altri, non solo sono lecite, ma i Vescovi così consacrati hanno anche il potere di giurisdizione che ricevono direttamente da Dio (“conclavisti”), o dal popolo (Mons. Lefebvre, Mons. Tissier de Mallerais). Sono giustificate queste affermazioni? Al lettore spaesato è bene ricordare, a questo punto, cosa sia l'Episcopato, riguardo all'Ordine e alla giurisdizione. Seguiremo le tracce di due testimoni autorevoli ed al di fuori della contesa: Mons. Pietro Parente, che fu Cardinale ed assessore del S. Uffizio, e Mons. Antonio Piolanti, già rettore della Pontificia Università Lateranense. I due scrissero assieme, in tempi non sospetti (1943) un “ Dizionario di Teologia dommatica per i laici” (ed. Studium, Roma); anche i semplici fedeli che ci leggeranno non avranno quindi difficoltà a capire. “La gerarchia” spiegano i due teologi, “è il complesso delle persone che partecipano della potestà ecclesiastica. La potestà ecclesiastica si divide in potestà di ordine e di giurisdizione. Quella di ordine è immediatamente diretta a santificare le anime attraverso l'offerta del Sacrificio della Messa e dell'amministrazione dei sacramenti. La potestà di giurisdizione invece è immediatamente diretta a reggere i fedeli in ordine al conseguimento della vita eterna… Essendo duplice la potestà sacra, duplice è anche la gerarchia cosicché nella Chiesa abbiamo la gerarchia di ordine, che è costituita da quel complesso di persone che sono insignite del potere di ordine nei suoi diversi gradi, e la gerarchia di giurisdizione, che è data dalle persone che sono munite del potere d'insegnare e di governare. In tutte e due le gerarchie ci sono dei gradi, i fondamentali, che ripetono la loro origine dal diritto divino (episcopato, presbiterato, diaconato, nella gerarchia d'ordine; papato ed episcopato nella gerarchia di giurisdizione), e dei gradi secondari che sono stati istituiti dalla Chiesa” (op. cit., pp. 94-95, voce: gerarchia). Come si vede l'episcopato si ritrova nelle due gerarchie ed è esso che fa che queste due gerarchie siano in realtà una sola ed unica gerarchia avente due “ratio” come ricordano il Diritto Canonico (can. 108 § 3) e Mons. Guérard (Sodalitium n. 16 p. 18). Parente e Piolanti proseguono e precisano: “Le due gerarchie sono realmente distinte , sebbene strette da mutua relazione” (ibidem). Ciò che è normalmente unito (in mutua relazione) ma realmente distinto può, in casi non normali, essere eccezionalmente separato! È quello che, per l'Episcopato conferito nella Chiesa in stato di privazione dell'Autorità, afferma Mons. Guérard des Lauriers. 17 Vesco vi ”, come ci ricordano Difatti i “V Parente e Piolanti, « attra ve r s o l a c o n sacrazione, che è la più suggestiva delle cerimonie della liturgia cattolica, sono elevati all'apice del Sacerdozio cristiano venendo impresso nella loro anima il carattere episcopale, in virtù del quale sono insigniti della somma potestà di ordine, che implica il potere di cresimar e e di ordinar e (cfr. Conc. Trid. sess. 23, can. 6-7, DB 966-967). I l p o t e r e d i g i u r i s dizione invece, che comprende la duplice facoltà di insegnare e di governare, viene loro t r a s m e s so c o n l a “ m i s s i o c a n o n i c a ” , c h e è u n a t t o g i u r i d i c o c h e d i r e t t a m e n t e o i n d i r etta mente promana dal Papa, il quale è il capo dei Vescovi come Pietro era il capo degli Apostoli » (op. cit., voce Vescovi, p. 238). È quanto dice Mons. Guérard des Lauriers, contrariamente al P. de Blignières, nel suo studio sull'Episcopato (‘Sodalitium’ n. 16, pp. 13 e p. 27 nota 10). LA SACRA GERARCHIA DI DIRITTO DIVINO comporta tenuto conto Della giurisdizione Papato Dell'ordine “missio” “sessio” Episcopato Presbiterato Diaconato Vediamo ora le conseguenze di quanto ci ricordano i teologi romani. Innanzitutto, ci sembra allontanato il rischio che preoccupa l'abbé Belmont (‘Note sur l'Episcopat, 1986, presso l'autore: 35, rue du Peyronnet F 33800 Bordeaux), di “usurpare una funzione gerarchica” propria al potere di giurisdizione. Come abbiamo visto, anche nell'Episcopato, i due poteri sono realmente distinti. Nella Chiesa in ordine sono uniti nella persona di un vescovo nominato da Roma e poi consacrato. Nella Chiesa in stato di privazione (e l'abbé Belmont, che aderisce alla Tesi di Cassiciacum, ritiene anch'egli che l'Autorità Pontificia non esiste attualmente nella Chiesa) può non essere così. Un Vescovo eletto ma non ancora consacrato gode già di tutti i poteri, episcopali quanto alla giurisdizione, ma non quanto all'ordine. Un Vescovo consacrato, ma che non ha “missio canonica”, gode dei poteri episcopali di ordine, ma non di giurisdizione. Se è stato consacrato contro la volontà del Papa esercita illecitamente le sue funzioni episcopali (è scismatico). Ma se è stato consacrato n o n contro la volontà del Papa ma in assenza del Papa non si vede come egli possa essere tenuto per scismatico, o l'esercizio del suo potere d'ordine essere esercitato illecitamente. Esistono esempi di quest'ultimo caso, al di fuori di alcuni Vescovi consacrati da Mons. Thuc? Non è escluso. Si scoprono solo adesso i numerosissimi Vescovi consacrati clandestinamente nei paesi dell'Est anche sotto Pio XII. Lo sono stati tutti con l'autorizzazione della Santa Sede? La Santa Sede era al corrente? Dava loro una giurisdizione, almeno “in partibus”? La risposta è probabilmente negativa nella maggior parte dei casi. I Vescovi di quei paesi, trovatisi isolati dalla Santa Sede, a causa della persecuzione comunista, hanno pensato bene di assicurare il permanere della vita sacramentale mediante tali consacrazioni clandestine di Vescovi che non ricevevano, per quanto crediamo, alcun titolo di giurisdizione episcopale. Col rischio, a quanto pare verificatosi, di una “inflazione”. Se, pertanto, ci pare fondato anche nel nostro caso il timore, espresso dal Belmont, di una “inflazione episcopale” incontrollata (Bollettino Notre-Dame de la Sainte-Esperance, sett. 1991, suppl. n. 6, p. 3), non è altrettanto fondato almeno per quanti si attengono alle condizioni poste da Mons. Guérard des Lauriers, il timore di illecite usurpazioni. Una conseguenza ancora più importante si deduce contro il “conclavismo”. Dopo le “elezioni” papali avvenute al Palmar (Spagna) e negli Stati Uniti (fu eletto “papa” da dei laici un ex-seminarista di Ecône che ci ha recentemente… “scomunicato”!) il “conclavismo” sembra rialzare la testa. Dei sacerdoti messicani, difatti, alla morte di Mons. Carmona (avvenuta il 1 nov. 1991), hanno eletto un “vicario capitolare” della “Chiesa Cattedrale” della Divina Provvidenza di Acapulco. Hanno cioè organizzato una diocesi in piena regola, quando Mons. 18 Carmona, consacrato da Mons. Thuc nel 1981, non aveva ricevuto alcuna autorità giurisdizionale dal Papa (per l'ovvio motivo che la Sede era formalmente vacante). Si dice che queste manovre tendano ad un nuovo (e vano) tentativo di eleggere un “papa”. Mons. Guérard des Lauriers ricordava che vi sono due ostacoli alla convocazione di un “conclave” o concilio generale imperfetto nello stato attuale delle cose: il primo è che la Sede è ancora materialmente occupata da Mons. Wojtyla (Giov. Paolo II); il secondo è che non ci sono Vescovi con giurisdizione disposti a far parte di detto “conclave”. Infatti i Vescovi che han ricevuto il loro episcopato dalle consacrazioni del 1981 (ed a fortiori del 1988) non hanno nessuna giurisdizione abituale. I due ostacoli sono poi strettamente legati: « La persona fisica o morale che ha, nella Chiesa, qualità per dichiarare la vacanza to tale della Sede Apostolica è identica a quella che, nella Chiesa, ha qualità per provvedere alla provvigione della stessa Sede Apostolica. Chi dichiara attualmente: “Mons. Wojtyla non è per nulla Papa [neanche Materialiter]” deve convocare il conclave [!], o mostrare le credenziali che lo costituiscono direttamente ed immediatamente legato di Nostro Signore Gesù Cristo [!!] » (Mons. Guérard des Lauriers, in ‘Sodalitium’, n. 13, p. 20). Chi ha autorità per dichiarare la Sede totalmente vacante ha a u t o r i t à per darle un vero occupante. Il “sedevacantismo completo” tende logicamente a diventare “conclavismo”. Ed il “conclavismo” deve logicamente dimostrare che i Vescovi non ricevono la giurisdizione da Dio tramite il Papa (direttamente o indirettamente), ma da Dio solo . Essi argomentano che una cosa è il Primato di giurisdizione del Papa, altra l'origine dell'Autorità del Vescovo. Ed hanno ragione (benché in realtà vi sia un rapporto di principio a conclusione tra le due cose). Al concilio di Trento ed al Vaticano (I) i teologi, tutti concordi nell'affermare il Primato del Papa, discutevano ancora sull'origine della giurisdizione del Vescovo. Viene da Dio solo, senza la necessaria mediazione del Papa? (Victoria e Vasquez). Oppure viene da Dio mediante il Papa, che gliela conferisce direttamente o indirettamente, esplicitamente o implicitamente? (S. Tommaso, S. Bonaventura, S. Roberto Bellarmino, Suarez). I conclavisti sono per la prima tesi, Mons. Guérard (1) (‘Sodalitium’, n. 13 p. 27; n. 16 I legittimi Pastori della Chiesa pp. 19-20, 22-24) e, l'abbiamo visto, Mons. Piolanti e Mons. Parente, sono per la seconda. Già sarebbe stato temerario (come minimo) volere eleggere un Papa (!) in base ad un'opinione sostenuta da pochi teologi. Ma è assolutamente impossibile farlo dopo due chiarissimi pronunciamenti di Pio XII, coi quali il Papa insegna esplicitamente che la giurisdizione deriva da Dio ai Vescovi solo tramite il Papa: “Episcopi ad propriam cuiusque Diœcesim quod spectat… non plene sui iuris sunt, sed sub debita Romani Pontificis auctoritate positi, quamvis ordinaria iurisdictione potestate fruantur, imme diate sibi a b eodem Pontifice summo imper t i t a ” (Enciclica ‘Mystici Corporis’, 1943). “Iurisdictionis potestas episcopi ex divino provenit iure a t n o n n i s i p e r Pe t r i s u c c e s sorem” (Ep. Ad Sinarum Gentem, 1955). Pio XII, confermando le parole di sant'Innocenzo I secondo il quale Pietro è “la fonte dell'Episcopato” (Ep. XXIX ad Conc. Carthaginen.; ep. XXV ad Conc. Milevitan., cfr Dom Guéranger, Institution Liturgiques 1855, tomo IV p. 470), insegna autenticamente la tesi che noi sosteniamo e che i “conclavisti” cercano pertanto invano 19 di infirmare. (A meno che essi non pensino di saperne di più di Pio XII… alla megalomania non ci sono limiti). Se le parole di Pio XII tolgono ogni probabilità al “conclavismo”, cosa si deve dire allora della nuova tesi della “Fraternità San Pio X”? Abbiamo già dimostrato quanto essa somigli all'eresia giansenista condannata da Pio VI (DS. 2603) (Cfr. ‘Sodalitium’ n. 27, pp. 4-6). Se l'autorità dei Vescovi viene, seppur eccezionalmente, dai fedeli, siamo… alle “comunità di base tradizionaliste”! Su questo fronte, c'è da segnalare solo la perseveranza (diabolica?) nell'errore. Non solo la Fraternità non ha corretto l'errore denunciato, ma lo ha ribadito. In Italia sul bollettino 'La Tradizione cattolica' (n. 3 sett. 1991, p.11-12). In Francia addirittura in una allocuzione, poi messa per scritto, di Mons. Tissier de Mallerais: « È una giurisdizione [quella del clero e dei Vescovi tradizionalisti] che dipende essenzialmente dai fedeli e non dal sacerdote. (…) È nella misura in cui voi richiedete al sacerdote il suo ministero, o ancora nella misura in cui non rifiutate al sacerdote il ministero che vi propone, che si può dire che “date” al sacerdote la giurisdizione necessaria » (ciclostilato di 9 pag. su 2 colonne, citato dall'abbé Belmont. NotreDame de la Sainte-Esperance, suppl. n. 64 sett. 1991, p. 4). Giustamente il Belmont definisce questa tesi “sovversiva” e contraria “alla costituzione divina della Chiesa e alla sua apostolicità”. La giurisdizione abituale, lo abbiamo ricordato, non viene data dai fedeli, dal basso, o supplita da una “Chiesa” distinta dalla Chiesa gerarchica, ma solo da Dio mediante il Papa, che della giurisdizione ha la pienezza. Deus, quod perdere vult, dementat. Nota (1) Un certo dottor Homero Johas, sulla rivista argentina ‘Roma’ (n. 119, p. 4) [passata dal lefebvrismo al sedevacantismo, e dalla condanna all'approvazione delle Consacrazioni di Mons. Thuc], scrive: «Mons. Guérard des Lauriers (…) pretende che il papa eretico resti papa materialiter come se materia e forma non fossero “principia quo ens est”, ma due realtà che esistono separatamente (quod sunt). Di più eguaglia i Vescovi al Papa nella giurisdizione invece di considerare quest'ultimo come fonte a quo della giurisdizione di questi (D.S. 2592). Falsa così l'ontologia ed il dogma ». È vero il contrario! Mons. Guérard, lo abbiamo visto, sostiene che il Vescovo riceve ogni autorità dal Papa: “Il Vescovo non ha giurisdizione che dal Vescovo di Roma, per partecipazione a quella del Vescovo di Roma” (‘Sodalitium’ n. 16, p. 20). “Nessun Vescovo può aver giurisdizione se non sotto la movenza dell'autentico Vicario di Gesù Cristo” ( ‘Sodalitium’ n. 13, p. 27). Quindi o Omero non ha letto Guérard, e scrive per sentito dire, oppure Omero calunnia sapendo di mentire [ci sono motivi per ritenere valida la prima ipotesi]. Per Mons. Guérard il Papa è uguale al Vescovo solo nel potere d'ordine (è Vescovo anche lui), e questo nessuno lo può negare! Quanto all'ontologia, la materia prima non esiste senza la forma sostanziale. Ma la materia seconda (materia prima + forma sostanziale) può esistere benissimo senza una forma accidentale. Ad esempio: Omero Johas (materia seconda), composto di materia prima (corpo) e forma sostanziale (anima), potrebbe esistere senza quella scienza teologica e filosofica (forma accidentale)… della quale vuole insegnare l'A.B.C. ad un membro dell'Accademia Pontificia di san Tommaso (Mons. Guérard). A tanto arrivano le passioni umane… a meno che si tratti di licenze poetiche di un Omero brasiliano. LA SITUAZIONE ATTUALE DELLA CHIESA E LA TESI DI CASSICIACUM Il 30 novembre 1991 don Francesco Ricossa ha tenuto a Torino una conferenza intitolata: “La situazione attuale della Chiesa e la Tesi di Cassiciacum”. Riteniamo utile di pubblicarne il testo, seppur rivisto, per quei lettori che non erano presenti. È stato mantenuto lo stile parlato, con le inevitabili semplificazioni ed inesattezze che gli sono proprie, e delle quali ci scusiamo. Sodalitium Cari amici, lo scopo di questa conferenza è spiegare quanto ho scritto nell'ultimo Editoriale del Bollettino (Cf. n.27) a proposito della collaborazione o non collaborazione che ci può essere tra noi e altri gruppi che la pensano più o meno come noi. Che tipo di collaborazione ci può essere, fino a che punto, fondata su quali motivi, e invece dove questa collaborazione non può aver luogo e per quali motivi. Evidentemente questo è il punto pratico che presuppone quello dottrinale. Per cui direi che, come al solito, bisogna cominciare quasi da Adamo ed Eva, ossia dal fine ultimo della nostra vita, dal motivo per cui siamo su questa terra. È un punto al quale non si può sfuggire: siamo tutti su questa terra, che ci piaccia o meno e senza averlo scelto (prima di nascere nessuno può, 20 ovviamente, scegliere nulla) con un piano già predisposto per ciascuno di noi. Secondo questo piano dovevamo nascere per essere elevati allo stato di grazia, mediante questo stato di grazia fare delle azioni sovrannaturalmente buone e mediante queste azioni conseguire la vita eterna. Siamo sulla terra per salvare le nostre anime, mediante la Fede e le buone opere: questo è il destino di ciascuno di noi. È il destino di chi ci crede come di chi non ci crede, è il destino di chi lo sa come di chi lo ignora o meglio, più che il destino bisognerebbe dire lo scopo, poiché voi sapete che questo fine ultimo lo si può raggiungere ma lo si può anche perdere. Ora, questo problema della salvezza eterna della nostra anima è collegato strettamente, per volontà di Dio, alla nostra appartenenza, fedeltà ed obbedienza alla Chiesa. L'uomo non può salvarsi al di fuori di Gesù Cristo: “ Io sono la Via, Verità, la Vita ”. Solo chi crede in Lui può giungere al Padre: “Nessuno può andare al Padre se non tramite me”. Quindi non si può essere salvi senza essere in qualche modo collegati a Gesù Cristo. Ma Gesù Cristo non ha voluto, pur potendolo fare, restare visibilmente in mezzo a noi; alla fine della sua carriera terrena, quaranta giorni dopo la sua Risurrezione, diede ai suoi Apostoli questa missione: “ Andate, battezzate, predicate tutto quello che vi ho insegnato. Chi crederà sarà salvo, chi non crederà sarà condannato. Ecco che io sono con voi fino alla fine dei tempi ”. E il Signore ha fondato una sua Chiesa: la Chiesa che aveva promesso di costruire quando aveva detto: “Tu sei Pietro e su questa pietra costruirò la mia Chiesa”, la Chiesa che ha fondato effettivamente morendo sulla Croce, alla quale ha dato un capo che è S. Pietro: “ Pasci i miei agnelli, pasci le mie pecorelle” la Chiesa che infine ha promulgato al momento della Pentecoste. Da quel momento ogni uomo che è su questa terra ha l'obbligo morale di appartenere a questa Chiesa. Nessuno può essere salvo se non fa parte del corpo della Chiesa col Battesimo e con l'unione e sottomissione ai Pastori legittimi o perlomeno col Battesimo di desiderio per far parte dell'anima della Chiesa. Questa è una verità di Fede, che ci si creda o no; vi consiglio di crederci altrimenti non vi salvate. In due parole noi non possiamo operare la nostra santificazione, non possiamo avere una vita spirituale al di fuori della Chiesa. È inconcepibile. È concepibile per i Protestanti, i quali appunto sono fuori dalla retta via. Per un cattolico è inconcepibile una vita cristiana svincolata dalla Chiesa: il motto “Cristo sì, Chiesa no” è assolutamente inammissibile. Ma ecco il problema dei tempi presenti. Finora tutto ciò era banale ed evidente. È ovvio: bisogna far parte della Chiesa. Andiamo nella nostra parrocchia, abbiamo un Parroco, seguiamo quel che ci dice, giacché lui dice quel che gli dice il Vescovo, il quale dice quel che gli dice il Papa, il quale dice quel che gli dice Cristo. Quindi non c'è nessun rischio. Ma se noi siamo qui oggi è perché facciamo parte di quei cattolici che hanno constatato un contrasto fra quanto era normalmente insegnato e praticato fino a trent'anni fa e quello che invece è continuamente insegnato e praticato oggi. In fondo, qual'è la nostra posizione? Siamo delle persone facenti parte della Chiesa mediante il Battesimo che pongono una domanda e dicono: “La nostra Fede è questa, quella che abbiamo ricevuto dalla Chiesa; ora noi non riusciamo a conciliare l'insegnamento attuale con la Fede che abbiamo ricevuto dalla Chiesa e chiediamo una risposta autentica, autorevole, a questo problema”. Questo è il problema che solleviamo, e ne abbiamo tutto il diritto. Quindi chi sono i cosiddetti tradizionalisti? Delle persone che considerano, a ragione, che molto di quello che viene insegnato oggi e molto di quello che viene praticato oggi, è in contrasto con l'insegnamento e la pratica bimillenaria della Chiesa... Ecco però che, immediatamente, vi sono state tra i cosiddetti tradizionalisti delle divisioni sulle conseguenze di questa constatazione. Quello che constatiamo è che le deviazioni in questione non sono solamente abusi di qualche matto, di qualche esagitato. Esagitati ce ne sono sempre stati, e non si può pretendere che centinaia e migliaia di preti siano tutti perfetti nella dottrina. Il guaio è che il problema da noi constatato si situa ai più alti livelli: non si tratta tanto del parroco di S. Pietro e Paolo a due passi da qui, ma di un Concilio Ecumenico, dell'Episcopato, della persona stessa del Papa. È questa la difficoltà per noi tradizionalisti: spiegare come sia potuta avvenire una cosa simile. Voi sapete che le reazioni sono state molte. Che ci sia un malessere attualmente è 21 innegabile e quanti hanno voluto il Concilio e l'applicazione delle sue riforme lo hanno ammesso. Lo ha ammesso Paolo VI: “Il fumo di Satana si è infiltrato nella Chiesa”, “Si assiste all'autodemolizione della Chiesa” (per inciso, questo è un termine assurdo, perché la Chiesa non può demolire se stessa. Ma il significato è questo: si sta sfasciando tutto, e la colpa è nostra). Lo ha ammesso Ratzinger il quale ha scritto tutto un libro per dire che l'ottimismo degli anni sessanta, gli anni del Concilio, si è rivelato infondato e che stiamo andando verso una scristianizzazione generale... Pertanto è stato ammesso da tutte le cosiddette autorità ed è ormai inequivocabile ed indubbio che vi sia un grave problema. Se qualcuno crede ancora alla salvezza eterna, alla gravità del peccato mortale, ai precetti della Chiesa, si sgomenta. Stiamo assistendo, nei nostri paesi che da quasi duemila anni sono cristiani, al fatto che vi sia una pratica alla domenica più o meno del venti per cento, il che vuol dire che l'ottanta per cento dei battezzati è certamente in disgrazia di Dio. Ciò non vuol dire che il rimanente venti per cento sia in grazia di Dio: sarebbe fin troppo bello. Un parroco, di montagna o di città, di sinistra oppure di destra, se ha la Fede, non può non mettersi le mani nei capelli e dirsi: “Che ne è delle anime?”. È una situazione catastrofica, a dir poco. Di fronte a questa situazione i “tradizionalisti” trovano il motivo principale, benché non unico, di questa catastrofe nella mutazione di dottrina e di morale che è avvenuta circa trent'anni fa. Ma, come vi ho detto, diversa è poi l'attitudine che viene presa. Voi sapete che vengono date spiegazioni molto diverse. Quanti non condividono la critica radicale che ho appena esposto, dicono che il Concilio è innocente, totalmente ortodosso, e che è stato solamente applicato con esagerazione. Per loro, l'unica cosa da fare, è appoggiare, nella Chiesa, quelle forze che stanno restaurando la tradizione. Sarebbe bello se fosse così, sarebbe una consolazione immensa se fosse così, saremmo i primi a chiedere di iscriverci tra coloro che difendono le forze sane per lottare con esse contro questo marasma. E, aggiungo, dovremmo anche essere i primi ad essere sostenuti da queste forze sane che dovrebbero dire: “Venite, abbiamo bisogno di voi!”. Purtroppo ciò non è possibile non solo perché non ci vuole nessuno, dimostrando così che quelle forze non sono poi sane come sembrerebbe, ma anche perché il problema non è questo. Non è vero infatti che il Concilio e il magistero susseguente al Concilio sono conformi all'insegnamento tradizionale della Chiesa. Nel N. 15 di Sodalitium mi permisi di esporre i motivi dottrinali che sostengono il nostro punto di vista. Tra l'altro, davo delle citazioni precise della dottrina ufficialmente insegnata oggigiorno e mettevo a fianco la dottrina della Chiesa. Si constata una contraddizione insolubile. Mi basti citare il solo punto della libertà religiosa che, come sapete, è insegnata dal Vaticano II. Un bellissimo libro dell'Abbé Lucien non presenta una ma milioni di prove, da tutti i punti di vista, escludendo ogni interpretazione diversa, per dimostrare che vi è veramente una contraddizione tra l'insegnamento della Chiesa fino a Pio XII incluso ed il periodo susseguente. Non possiamo accettare l'uno e l'altro. In quel numero del Bollettino non citavo poi delle affermazioni di Giovanni Paolo II che sono state pronunciate in seguito. Una la trovate citata in un articolo di don Nitoglia; Giovanni Paolo II dice: “Dio è immanente al mondo e lo vivifica dal di dentro”. Chiunque abbia fatto un minimo di studi di filosofia sa che ci sono due concezioni di Dio: Dio trascendente e Dio immanente. Trascendere vuol dire essere al di fuori, al di sopra del mondo e distinto dal mondo; immanente è ciò che resta dentro e solo dentro: Dio che si confonde col mondo. La prima concezione è quella di un Dio personale, creatore del cielo e della terra; l'altra è il panteismo: il mondo è Dio e Dio è il mondo. Se siamo arrivati al punto di dare per Dio una definizione panteista, vi renderete conto che non stiamo discutendo dei dettagli della nostra Fede, sempre che nella Fede ci possano essere dei dettagli, ma stiamo discutendo sull'essenziale: il panteismo altro non è che l'ateismo camuffato. Quando infatti recentissimamente, ancora Giovanni Paolo II ha detto che “l'uomo ha una dignità immensa”, sapeva quel che diceva? Questo termine “immenso” è molto preciso e indica una proprietà esclusiva di Dio. Nel catechismo di S. Pio X è detto: “Dov'è Dio? Dio è in cielo, in terra, e in ogni luogo. Egli è l'immenso”. L'unico che è immenso per definizione è Dio. Se uno dice: l'uomo è onnipotente, dice: l'uomo è Dio. Se dice: l'uomo è immenso, dice: l'uomo è Dio. A qualcuno tutto ciò potrà sfuggire, ma se ci si riflette un po' sù..., 22 sembra che non ci sia un'altra spiegazione possibile. Quindi ci troviamo di fronte ad un dato di fatto e l'affermazione, piacevole e rassicurante, che dice: “Il marasma c'è, ma viene da alcune persone anche elevate, dai Vescovi che disobbediscono al Papa, per cui bisogna appoggiarsi al Papa e al magistero della Chiesa contro questi errori”, sarebbe tanto bella se fosse vera. Questa era la situazione della Chiesa sotto Pio XII quando in molti paesi l'episcopato era contro Roma e i buoni cattolici dovevano difenderla difendendo il magistero della Chiesa. Questa era la situazione ai tempi di Pio XII, negli anni cinquanta; siamo negli anni novanta e la situazione non è più questa, purtroppo è tragicamente peggiorata. Ci sono altre soluzioni possibili: la peggiore, quella che mi scoraggia di più, è quella del disinteresse totale. Vi sono persone le quali di fronte a questa situazione, se ne disinteressano; o perché si disinteresssano della Fede, non gliene importa nulla della religione, o perché ormai hanno una religiosità puramente privata e personale. E io direi che il vero dramma di oggi è che ciascuno ha il suo altare e ciascuno ha il suo Dio, fabbricato a propria immagine e somiglianza ed adattato ai proprii bisogni. Questo è realmente il miglior effetto del modernismo, perché filosoficamente il modernismo dice: “Noi non sappiamo se Dio esiste realmente, sappiamo che l'uomo ha bisogno di Dio; quindi Dio esiste nel subcosciente dell'uomo e l'uomo, secondo i suoi bisogni, si fa un Dio”. Così spiegano la diversità delle religioni che ci sono nel mondo; è il soggettivismo totale. Questa dottrina spaventosa che, come vedete, è ancora una volta un ateismo camuffato, è diventata ormai la pratica di tutti. Infatti ciascuno prende quello che gli va dall'insegnamento della Chiesa e scarta quello che non gli va. Interrogate un fedele qualunque che esce dalla parrocchia la domenica mattina e vi dirà: “Io sono d'accordo su questo, non sono d'accordo su quello” a proposito dell'insegnamento ufficiale della Chiesa. Quindi sono loro stessi a confermare quello che vi dico: ognuno, dalla Fede, prende e lascia secondo il proprio bisogno, secondo la propria idea. Questa non è più la Fede, è una “fede” personale. Purtroppo molti di noi, pur avendo una sensibilità tradizionale, non sono esenti da ques- ta mentalità. Ci piace una certa religiosità, cerchiamo qualcosa che si confaccia ai nostri bisogni o desideri dell'animo e dello spirito, ma non vogliamo di più. Porsi altri problemi è solamente farsi venire il mal di testa. Ma la Fede non consiste nell'inventarsi una dottrina più o meno conforme a quel che ha detto Dio; la Fede consiste nell'abbracciare tutto quel che Dio ci ha rivelato e che la Chiesa ci propone a credere. Quindi, non possiamo essere indifferenti al problema della Chiesa e dell'autorità al giorno d'oggi. Nessun fedele può dirsi: “Beh, a me, che si debba obbedire al Papa o no, non me ne importa niente. Non mi è simpatico e quindi vado a Messa lì” oppure: “Mi è simpatico e vado alla Messa là”. Non è questo il problema. Il problema è che la Fede vuole che ognuno di noi, per essere salvo, obbedisca e sia sottomesso al Papa. È assolutamente necessario: chi non obbedisce e non è sottomesso al Papa è scismatico. Lo scismatico, per definizione, è colui che rifiuta di essere sottomesso, in comunione col Papa, e coi Pastori che sono in comunione con lui. Quindi, non è facoltativo, ma assolutamente indispensabile risolvere il nodo del problema; appena parliamo con una persona e le esponiamo le nostre posizioni, la prima obiezione infatti, e l'unica obiezione di valore che ci viene posta è: “Ma, e il Papa? E l'obbedienza al Papa?”. Quindi, questo problema non può essere lasciato da parte, ma deve essere affrontato e risolto perché dobbiamo essere nella verità, dobbiamo mantenerci nella Fede, dobbiamo salvare la nostra anima, dobbiamo avere la coscienza in pace, e per avere la coscienza in pace dobbiamo chiederci: “Ma quello che facciamo è giusto o no, è gradito a Dio o no, è conforme all'insegnamento della Chiesa o no?”. Perché se la risposta è no, bisogna agire in un altro modo; se è sì, non bisogna più tentennare, dubitare, appoggiare condizionatamente, ma invece darsi anima e corpo a difendere la Chiesa in una situazione oggettivamente tragica. Di fronte alla constatazione di questo marasma per coloro che pensano che sia causato da una deformazione dell'insegnamento al più alto livello, vi sono come vi ho detto tre spiegazioni possibili. Tralascio quella dell'abbé de Nantes, che sarebbe la quarta, e non ha comunque grande seguito. In fondo le tre grandi posizioni sono queste: quella della Fraternità, il sedevacantismo 23 La “comunione” in mano… voluta da Paolo VI e Giovanni Paolo II completo, e la Tesi di Cassiciacum. Quella adottata dalla maggioranza dei tradizionalisti e principalmente dalla Fraternità S. Pio X consiste nel dire: “Giovanni Paolo II, Paolo VI prima di lui, sono sempre rimasti i legittimi Papi, Pontefici Romani, Vicari di Gesù Cristo su questa terra, successori di Pietro, dotati del carisma dell'infallibilità e quindi del potere di giurisdizione o autorità universale su tutti e singoli i fedeli in tutte le parti del mondo. Ciononostante essi insegnano delle eresie, hanno rotto con la Chiesa di sempre, sono loro gli scismatici e non noi e bisogna disobbedirgli sempre. Oppure: li accettiamo quando dicono ciò che è conforme alla tradizione, li rifiutiamo quando dicono qualcosa d'altro”. All'estremo opposto di questa soluzione c'è quella che viene chiamata il “sedevacantismo completo”, cioè senza sfumature. Questa posizione dice: “Paolo VI e Giovanni Paolo II, avendo insegnato pubblicamente e continuamente delle eresie in materia di Fede e di morale, hanno per il fatto stesso perso il Pontificato, non sono più Papi e quasi certamente non lo sono mai stati, sono solamente degli impostori e degli antipapi; ogni cattolico deve quindi disobbedirgli, anzi, non è più il caso di disobbedire, visto che non sono Papi. La stessa cosa si deve dire per tutti coloro che accettano il loro insegnamento o per tutti coloro che li riconoscono come Papi; anche queste persone sono eretiche e fuori della Chiesa”. Bisogna notare che molti sedevacantisti completi sviluppano logicamente questo discorso con una posizione che è chiamata “conclavismo”. “Se la Sede è totalmente vacante” di- cono “visto che la Chiesa deve avere un Papa, si deve procedere all'elezione di un Papa”. Questo è il “conclavismo” che non è seguito da tutti i sedevacantisti completi ma solo da una parte di essi, abbastanza logicamente d'altra parte. Vi è infine una terza posizione che possiamo chiamare mediana, cioè in mezzo a queste due, ed è la cosiddetta Tesi di Cassiciacum. Essa si chiama così perché è stata esposta per la prima volta su una rivista che si chiamava “Cahiers de Cassiciacum” (Cassiciacum essendo il nome latino di un paese della Brianza, Cassago, dove sant'Agostino si ritirò per studiare i problemi importanti della Chiesa del suo tempo). Padre Guérard des Lauriers, volendo imitare, se vogliamo, questo Santo, ha voluto prendersi un momento di riflessione, ritirarsi anche lui nel suo Cassiciacum e scrivere questa Tesi per esporre qual'è la situazione attuale della Chiesa, perché siamo in una situazione di questo genere, quali soluzioni possono essere date e soprattutto come il cattolico debba e possa comportarsi in questo frangente. Che cosa afferma la Tesi di Cassiciacum? Essa mantiene ciò che c'è di vero nelle due posizioni che vi ho esposto prima (entrambe hanno qualche cosa di vero) rifiutando quanto vi si trova di falso e dando quindi l'unica risposta equilibrata e totalmente conforme all'insegnamento della Chiesa che si possa dare oggi, escludendo sia le incongruenze della prima posizione, sia i pericoli e le affermazioni azzardate della seconda. Dobbiamo stare molto attenti a non lasciarci trascinare né nell'una né nell'altra posizione estrema mantenendoci ben saldi in questa via mediana, non perché è mediana (non è una mezza misura, le mezze misure non ci piacciono) ma perché è la via mediana della verità tra due errori opposti che sfruttano due parti di verità deformandole in maniera abnorme. Cosa c'è di vero nella prima soluzione, quella che è, in fondo, di Mons. Lefebvre? C'è di vero che non spetta ad una singola persona privata, ad un Carneade qualunque, ad un fedele, un prete qualunque, membri della Chiesa discente, che impara, e non della Gerarchia, della Chiesa docente, che insegna, non spetta a queste persone, lo ripeto, il potere e l'autorità di definire e dichiarare che tale persona giuridicamente non è Papa. Questo non spetta a delle persone private. Capite bene: una cosa è un Vescovo con autorità nella Chiesa, 24 una cosa è una persona privata che autorità non ne ha. Per cui quello che posso dire non è che un'affermazione fondata anche sulla Fede ma che non può avere valore giuridico. Cosa c'è di vero, invece, nella posizione dei sedevacantisti? Che una persona che insegna quotidianamente delle eresie non fa il bene comune della Chiesa e non può essere l'autorità nella Chiesa. È impossibile, per di più, che una persona che dovrebbe essere assistita dallo Spirito Santo in certe dichiarazioni che dovrebbero essere quindi garantite dall'infallibilità, insegni invece qualcosa di contrario alla Rivelazione. È impossibile quindi che queste persone siano realmente Papi. È impossibile anche che la Fede ci comandi di disobbedire ad una persona e che nello stesso tempo la stessa Fede ci comandi di obbedire a questa medesima persona. Non si può creare la teologia della disobbedienza, come dicono i sostenitori della prima posizione. Non si può dire: “Siamo sottomessi al Papa ma gli disobbediamo” come ha scritto recentemente il Superiore della Fraternità negli Stati Uniti. Se sono sottomesso obbedisco, se non obbedisco non sono sottomesso. Quindi il sedevacantismo ha perfettamente ragione quando mostra queste contraddizioni e dice: “Queste autorità non sono Papi”. Allora voi mi dite: “Ma sono Papi o non sono Papi?”. E la risposta che bisogna dare è: “distinguo”. Bisogna distinguere tra due aspetti del Papato, un aspetto formale e un aspetto materiale: ecco la Tesi di Cassiciacum. Non potrò in poco tempo spiegarvela tutta nei minimi dettagli tanto più che si tratta di cose piuttosto difficili: quando si parla di teologia si parla di cose difficili perché alte. Si parla di Dio, della Chiesa fatta da Dio; non stiamo parlando di cavoli di fagioli o di banane che si vendono al mercato e di cui possono parlare tutti o quasi (io ad esempio mi farei imbrogliare nel fare la spesa: ognuno è esperto nel proprio campo). Però se parliamo di cose difficili non parliamo di cose che ci lasciano indifferenti. Ogni cristiano deve e quindi può conservare la Fede. Se abbiamo l'obbligo di conservare la Fede, abbiamo anche la possibilità di farlo: non c'è dovere senza la possibilità di compierlo. Ora, per conservare la Fede, dobbiamo poter capire ciò che ci insegna la Chiesa e saperlo distinguere dal suo contrario. Per tornare all'aspetto materiale e formale del Papato, non si tratta di un'inven- zione di Padre Guérard. Se anche lo fosse, non ci sarebbe niente di male: da sempre nella Chiesa sono state forgiate delle parole nuove per significare un concetto vecchio. Quando il Concilio di Nicea definì che Gesù è veramente Figlio di Dio, forgiò la parola “consustanziale”; nel Medioevo, contro un'eresia che negava la presenza di Gesù nell'ostia, i teologi e poi la Chiesa forgiarono un'altra parola nuova: “Transustanziazione”. Persino la parola “Trinità" non c'è nel Vangelo. Furono i primissimi teologi della Chiesa che crearono questo nome “Trinità” per esprimere una realtà eterna quanto Dio. Allora non ci sarebbe da stupirsi se un teologo del ventesimo secolo, di fronte ad una situazione certamente nuova, perché quello che stiamo vivendo oggi non è accaduto mai nella Chiesa, forgiasse una nuova terminologia capace di spiegare un nuovo fenomeno. Contro i “sedevacantisti completi”, che pretesero rifiutare la Tesi di Padre Guérard perché secondo loro non c'era nei manuali scritti prima del Concilio, Padre Guérard diceva: “Essi sono come un cacciatore che va nella giungla. Se nel suo manuale c'è scritto ad esempio che la tigre sbuca da destra ed invece, nella realtà, la tigre sbuca da sinistra, lui non spara a sinistra. Il suo manuale gli dice che la tigre spunta da destra, lui spara dalla parte sbagliata e la tigre se lo mangia”. Non è detto che i manuali abbiano previsto la situazione attuale esattamente com'è. Da sempre i teologi si sono posti questo problema: poiché il Papa è infallibile ma non è impeccabile può anche commettere un peccato contro la Fede? Alcuni hanno detto di no, ma la grande maggioranza ha detto di sì: un Papa può diventare eretico. Può un eretico essere Capo della Chiesa? Può essere maestro di Fede colui che non ha la Fede? Può far parte della Chiesa come Capo colui che non è nella Chiesa nemmeno come membro? La risposta è negativa e pertanto i teologi si chiedevano: se il Papa insegnasse un'eresia, cosa capiterebbe? I Vescovi del mondo intero, pensavano, reagirebbero contro di lui, lo deporrebbero o piuttosto lo dichiarerebbero deposto constatando che non è più Papa, ne eleggerebbero un altro ed è bell'e fatto. Quello che i teologi non prevedevano è che nessuno si sarebbe mosso, come purtroppo è capitato. Siccome nessuno si è mosso, la situazione di oggi è diversa da quella prevista dai manuali e anche la soluzione deve essere diversa. Il “sedevacantismo completo” sarebbe stato vero se i Vescovi 25 avessero fatto il loro dovere. La crisi sarebbe finita: ci sarebbe un vero Papa eletto dai Vescovi che han mantenuto la Fede, in lotta, eventualmente, con un falso Papa sostenuto dai Vescovi che hanno perso la Fede. Questa non è la nostra situazione. Quanti dicono che Giovanni Paolo II è un antipapa, mi devono presentare il Papa di cui egli sarebbe “l'anti”. Invece io non conosco che Giovanni Paolo II. Il “sedevacantismo completo”, anche solo in questo termine di “antipapa”, è insostenibile e cade nel ridicolo. Ciononostante, pur essendo la Tesi di Cassiciacum un'applicazione senza dubbio geniale e per molti versi inedita della dottrina della Chiesa sul Papato alla situazione attuale, non è vero che la distinzione in un Papa di un aspetto materiale e di un aspetto formale sia una pura invenzione di Padre Guérard. Voi sapete che un grande esperto sul Papato, al quale ha dedicato un libro intero, è il teologo gesuita e Dottore della Chiesa san Roberto Bellarmino. Egli scrive: “I Cardinali quando creano cioè eleggono il Pontefice, esercitano la loro autorità non sul Pontefice, perché non lo è ancora, ma sulla materia”. Un uomo eletto Papa, che cos'è? È un Papa materialiter. L'elezione dispone cioè questa persona a ricevere in seguito da Dio, se non pone ostacoli, la forma del Pontificato. Vedete che un teologo, un Santo, un Dottore della Chiesa che non è Padre Guérard (è vissuto quattrocento anni prima) parla di una materia e di una forma del Pontificato, la materia essendo il fatto di essere stato eletto, la forma essendo l'autorità, il potere di comandare, che Dio dà al Papa quando l'eletto accetta realmente l'elezione. Un altro teologo del secolo precedente, il card. Tommaso De Vio, detto Cardinal Gaetano, scelto a suo tempo dal Papa per contrastare le dottrine di Lutero, scrisse: “L'ufficio pontificale, cioè il fatto di esser Papa, e Pietro (per Pietro si intende la persona del Papa) sono nel rapporto di forma a materia”. La persona del Papa è il lato materiale; l'incarico, l'autorità, quello formale. Un altro teologo, Giovanni di San Tommaso, nel suo “Trattato sull'autorità del Papa" dice la stessa cosa. Vedete che i teologi classici della Controriforma espongono la stessa dottrina di Mons. Guérard. Ma in fondo, scusate, non è quello che voi credete già da un pezzo in tantissime altre questioni? La distinzione tra un lato materiale e un lato formale in tutte le cose, non è l'insegnamento più scontato della filosofia cattolica? Già Aristotele, con la dottrina dell'ilemorfismo (ilé vuol dire materia, morfé vuol dire forma) insegnò che ogni cosa materiale è composta di materia e forma ed anche nelle cose immateriali c'è un aspetto materiale (l'essenza) ed un aspetto formale (l'esistenza). Dio solo è forma pura senza alcun aspetto materiale. Questa dottrina è applicata analogicamente ad un'infinità di cose. Ad esempio, quando abbiamo fatto il catechismo da bambini, ci hanno spiegato che nei Sacramenti c'è una materia ed una forma. Qual'è la materia del Sacramento dell'Eucarestia? Il pane ed il vino. Qual'è la forma del Sacramento dell'Eucarestia? Le parole della Consacrazione. Se c'è solo la materia, pane e vino, c'è Gesù? No. Se ci sono solo le parole della Consacrazione, ma non il pane ed il vino, c'è Gesù? No. Un elemento non è l'altro ed entrambi sono necessari. Quando si parla del peccato la Chiesa insegna che c'è un peccato materiale ed un peccato formale. Il peccato materiale è quando faccio un peccato senza sapere che è peccato: c'è la materia del peccato, l'atto peccaminoso, ma non c'è la forma o l'essenziale del peccato, la volontà di fare il male. Se mangio carne di venerdì senza mia colpa perché penso che sia giovedì, ho commesso un peccato materiale. La materia del peccato c'è, perché non si può mangiare carne di venerdì, ma la forma del peccato non c'è, perché non volevo offendere Dio, non rendendomi conto di fare un peccato. Vedete quindi che ci può essere una materia, il peccato materiale, priva della forma. I teologi parlano pure di “fede informe”, una Fede senza forma: c'è la materia della Fede, non c'è la forma. È il caso di chi ha la Fede senza avere la carità, che è la forma della Fede. Infatti, posso avere la Fede e vivere in peccato mortale. Se ad esempio ho avuto un pensiero cattivo contro la purezza, ho perso lo stato di grazia, la carità, ma non per questo ho perso la Fede. Che Fede ho? Una Fede informe. Potremmo continuare così... Facciamo l'esempio di due persone che vanno in chiesa, il parroco li benedice e si sposano. Il sacerdote gli chiede: “Vuoi tu sposare Tizio?” “Lo voglio”, “Vuoi tu sposare Caia?” “Lo voglio” “Io vi dichiaro marito e moglie”. I due partono per il viaggio di nozze; nel registro della chiesa è stato scritto che Tizio e Caia sono marito e moglie. Mettete che come in un "feuilleton", il loro 26 matrimonio sia assolutamente invalido a causa di un impedimento dirimente che rende nullo il matrimonio. Loro credono di essere marito e moglie; la Chiesa crede che siano marito e moglie, i figli che magari nascono credono che i loro genitori siano marito e moglie, e invece non lo sono. È quello che si chiama un matrimonio putativo; potremmo chiamarlo un matrimonio materialiter. Non è formalmente un matrimonio, non sono formalmente sposati. Davanti a Dio non sono formalmente sposati, ma davanti alla Chiesa cioè nei registri, risultano sposati. Ecco un altro caso, uno dei mille che possono accadere. Noi stessi siamo composti di materia e forma. La Chiesa lo ha definito: nell'uomo la forma è l'anima, la materia è il corpo. Quando un uomo muore, è perché la forma si separa dalla materia. Quando Padre Guérard parla di materia e forma nel Papato, qualcuno potrà dirsi: “Eh, son frottole, invenzioni di teologi... qua andiamo sul difficile...” Ma no, è banalissimo, son questioni che possono capitare tutti i giorni in tutte le cose; pure voi siete materia e forma e quando morirete si separerà la “Tu sei Pietro e sopra questa pietra edificherò la mia Chiesa, e le porte dell'inferno non prevarranno contro di essa… Tutto ciò che tu legherai sulla terra sarà legato nei cieli”. (Matt. XVI, 18-19). materia dalla forma. Come vedete non è una cosa così strana. Una materia senza forma? Può accadere. È successo per Paolo VI, è successo per Giovanni Paolo II (tralascio la questione di Giovanni XXIII. Ci stiamo arrivando poco a poco su Sodalitium e... tra dieci anni avrò finito). Siamo assolutamente certi che Paolo VI non aveva e Giovanni Paolo II non ha l'autorità pontificia, ed in questo siamo d'accordo con i “sedevacantisti completi”. Capitelo bene, siamo d'accordo in questo, cioè sull'essenziale, mentre siamo in disaccordo con la posizione della Fraternità e di tanti altri sull'essenziale: ecco la differenza nella collaborazione che ho presentato nel mio editoriale. Pur essendo in disaccordo con entrambe le tesi diverse dalla nostra, con l'una il disaccordo è su un punto essenziale, mentre con l'altra lo è su un punto meno importante, benché importante lo possa divenire nelle sue conseguenze imponendo pertanto un'altra distinzione. Che Giovanni Paolo II non abbia l'autorità è certo, e lo possiamo provare in più modi. Proviamo innanzi tutto che non ha l'autorità, e spieghiamo in seguito com'è che non ce l'ha. Facciamo un solo esempio. Durante il Concilio Vaticano II è stata approvata da Paolo VI la dichiarazione sulla libertà religiosa, secondo la quale la libertà religiosa sarebbe un diritto naturale insegnato da Cristo agli Apostoli. La libertà religiosa, cioè il diritto in foro esterno, in pubblico, di diffondere e propagandare qualunque Fede anche falsa, è stata presentata dal Concilio come rivelata ed è stata definita in maniera tale che avrebbe dovuto essere protetta dall'infallibilità. Infatti un Concilio è magistero straordinario solenne. Paolo VI ha dichiarato che il Vaticano II era solo magistero ordinario universale, cioè l'insegnamento del Papa in comunione con tutti i Vescovi. Se anche così fosse il Concilio Vaticano I ha definito che il magistero ordinario universale è infallibile (cosa che la Fraternità nega per sostenere la sua posizione). Quindi tutti noi dovremmo accettare la libertà religiosa come rivelata da Dio e dovremmo dire, ad esempio, che il testimone di Geova ha il diritto di ingannare le persone semplici e deboli facendo loro perdere la Fede in Gesù Cristo; e lo Stato e la Chiesa hanno il dovere di proteggere e garantire questo diritto. Anche il comunista, 27 l'ateo, il massone, avrebbero il diritto di propagandare e diffondere il comunismo, l'ateismo e la massoneria senza che lo Stato e la Chiesa abbiano la possibilità di intervenire, anzi con lo stretto dovere, in nome di Dio, di rispettare, non solo nel privato della loro coscienza, ma persino in pubblico, l'attività di queste persone. Ora ciò è condannato dalla Chiesa come un errore contrario all'insegnamento della Scrittura e dei Padri. Noi siamo già costretti, dall'insegnamento di tutti i Papi, a dire che la libertà religiosa è un errore. Lo provano i documenti: "Quas primas", "Quanta cura", "Il Sillabo", ecc... Ma, mi direte, le Encicliche sono difficili da leggere, i documenti sono difficili da interpretare, il libro dell'Abbé Lucien è scritto in francese e non lo capisco... per chi non avesse ancora capito io do allora una prova molto semplice: la pratica della Chiesa. Se quello che il Vaticano II ha detto fosse vero, la Chiesa, dagli Apostoli fino a Pio XII, avrebbe continuamente e costantemente, ovunque si è installata, violato questo preteso diritto rivelato da Dio. Gli Apostoli, lo si legge negli Atti, fecero bruciare in pubblica piazza tutti i libri di magia. L'Inquisizione non rispettava certo la libertà di coscienza e di culto. Il Concordato firmato da Pio XII con la Spagna di Franco sopprimeva in quel paese ogni libertà di religione e culto pubblico al di fuori di quello cattolico. Allora, per essere fedeli al Vaticano II, dovremmo dire che per la bellezza di duemila anni la Chiesa ha rinnegato l'insegnamento di Gesù Cristo in un suo punto fondamentale. La Chiesa non sarebbe più la Chiesa, avrebbe tradito l'insegnamento di Cristo, sarebbe scomparsa. I protestanti avrebbero ragione di dire che fin dal principio i Papi hanno rinnegato l'insegnamento di Cristo, sono stati degli anticristi e via di questo passo. Ora questo non è possibile: “Le porte dell'inferno non prevarranno su di essa ”. Quindi, o voi mi provate che Pio IX non era Papa ma un impostore, che Pio XI non era Papa ma un impostore, che Pio XII non era Papa ma un impostore e via di seguito con gli altri Papi, oppure bisogna dire che Paolo VI e Giovanni Paolo II non sono Papi. Non c'è niente da fare, qui si tratta di salvare l'onore o degli uni o degli altri; tutti non li possiamo salvare. Vi sono poi molte altre prove. Voi dite, ad esempio, o meglio constatate, che la nuova messa si allontana dalla teologia insegnata dal Concilio di Trento. Rassicuratevi, siete in compagnia nientemeno che del Card. Ottaviani che era il capo del Sant'Uffizio, cioè la suprema Congregazione della Chiesa che aveva come scopo quello di difendere la Fede ed estirpare gli errori. Egli che quindi, potremmo dire, era l'esperto in materia, ha detto e ha scritto: la nuova messa si allontana dall'insegnamento della Chiesa definito nel Concilio di Trento. Il Card. Bacci ha detto la stessa cosa. Ora se è vero, come è vero, che la nuova messa si allontana dall'insegnamento del Concilio di Trento, allora chi l'ha promulgata non era più Papa. Perché? Perché il Concilio di Trento e soprattutto papa Pio VI hanno affermato che quello che la Chiesa ha fatto, la disciplina della Chiesa, è infallibile. Infallibile non nel senso che non può mutare mai: oggi dico il Gloria, domani non dico più il Gloria. Infallibile nel senso che non si può dire che quello che la Chiesa ha fatto prima fosse dannoso alle anime. Altrimenti, torniamo al solito punto: per cinquecento anni, per seicento, per mille anni la Chiesa avrebbe dato ai suoi figli una parodia di Messa, una cosa sbagliata. Oppure tutto ciò la Chiesa lo starebbe facendo adesso, e non è possibile... Bisognerebbe dire che dal 1969 la Chiesa, con la nuova messa, sta dando del veleno ai suoi figli. Non è questo lo scopo per il quale Cristo ha fondato la sua Chiesa. Perché diciamo che la Messa di S. Pio V è così bella, solo perché ci commuove? No, perché l'ha fatta la Chiesa. Avreste scelto per forza l'"Introibo ad altare Dei"? Magari no, avreste messo un altro Salmo. Come mai il Rosario vi piace tanto? Perché ve lo ha dato la Chiesa. Magari io, invece del Rosario, avrei composto un'altra preghiera. Siamo sicuri che queste cose non possono fare del male alle anime ma fanno loro del bene, perché ce le ha date la Chiesa. E la nuova messa non ce l'ha data la Chiesa. Se ce l'avesse data la Chiesa, se l'avesse promulgata il Papa, allora essa sarebbe buona. E se tu dici di no, che non è buona, non è la Chiesa che te la dà. “ Chi è quel padre tra voi, che al figlio, il quale domanda del pane, gli dia una pietra?... Se dunque voi, pur essendo cattivi sapete dare buoni doni ai vostri figlioli, quanto più il Padre celeste”. E per la Chiesa, che è nostra madre, è la stessa cosa. Criticate la “comunione” in mano, criticate le donne che distribuiscono la “comunione”; ma tutto questo viene dalla Chiesa oppure no? Se lo condannate non può venire dalla Chiesa, 28 perché la Chiesa fa solo cose buone, non dà cose cattive ai suoi figli. Quindi noi siamo sicuri, con una certezza che ci dà la Fede, che Giovanni Paolo II e Paolo VI prima di lui, non erano formalmente Papi, cioè non avevano l'autorità. “Come mai non avevano l'autorità?”, si chiede Padre Guérard. Ci possono essere varie spiegazioni, tutte possibili. Papa Paolo IV suppone il caso di una persona eretica che, nonostante questo, venga eletta dai Cardinali. Paolo IV dice: anche se tutti quanti, Cardinali, Vescovi, lo riconoscono come Papa, quella persona non è Papa. Vedete che Paolo IV fa un caso simile al nostro: al telegiornale non dicono certamente: “Il Papa materialiter è sbarcato in Brasile”. No, dicono: “Il Santo Padre è sbarcato in Brasile“. Tutti lo considerano Papa, dal panettiere alla portinaia, dal giornalista al Cardinale, ma ciò non vuole ancora dire che lo sia per forza, giacché Paolo IV presenta un caso in cui non lo sarebbe: un eretico formale prima di essere eletto Papa, anche se eletto dai Cardinali e riconosciuto da tutti, non può essere Papa. La Chiesa lo ha detto, quindi è vero. La storia della Papessa Giovanna è una calunnia ridicola più che mostruosa, contro il Papato e contro la Chiesa; ma se, per assurdo, una donna fosse eletta Papa, anche se accettasse e venisse riconosciuta dal mondo intero, non sarebbe Papa, perché per essere Papi bisogna essere preti e Vescovi e la Fede ci insegna che una donna non può essere né l'uno né l'altro. Pio XII, poi, si chiede se un laico, eletto Papa, può essere un vero Papa. Risponde di sì, a condizione che accetti di essere ordinato prete e vescovo, perché il Papa è il Vescovo di Roma. Ma se accetta, nel momento stesso in cui accetta, ha già i poteri papali, pur essendo ancora un laico in giacca e cravatta. Ora, mettiamo che un laico sia eletto Papa, magari uno di voi, e, per facilitare le cose, mettiamo che diventiate vedovi (chiedo scusa alle consorti). Se voi dite: “Accetto di diventare Vescovo e Papa”, da quel momento siete il vero Papa. Ma supponiamo che invece, pur accettando esteriormente, in cuor vostro rifiutiate: “Io prete? Ma siamo matti! Adesso voglio passare un mese in Vaticano a giocare a fare il Papa, ma in realtà non voglio diventare prete. Tra un mese do le dimissioni e me ne vado”. Costui non è mai stato Papa, perché la sua volontà interna rifiuta una con- dizione essenziale per diventarlo. Ma poiché esteriormente ha accettato, tutti lo ritengono Papa. Ecco un altro caso di una persona eletta che però non è Papa. Questa persona sarebbe Papa formalmente? Risposta: no! Perché rifiuta una condizione essenziale per essere Papa ricordata da Pio XII. Ma questa persona, che nasconde questo suo rifiuto, è materialmente Papa? Sì, perché, eletto da un Conclave e riconosciuto come Papa da tutti, occupa la sede pontificia. Nessuno può prendere il suo posto finché non dà le dimissioni o non è riconosciuta come invalida la sua elezione. Ecco un caso, possibile, anche se puramente teorico, di qualcuno che è Papa materialiter non formaliter. Allora Padre Guérard si chiede: se una persona eletta Papa diventa formalmente eretica, cioè professa un'eresia sapendo di professare un'eresia, di rifiutare l'insegnamento della Chiesa, è ancora Papa? I teologi dicono tutti di no. Ma come sapere che lui professa un'eresia coscientemente? Se lo ammette, è molto facile. Altrimenti, la Chiesa docente, i Vescovi, devono ammonirlo, e se conferma il suo errore, ne abbiamo la certezza. È quindi possibile che Giovanni Paolo II si renda perfettamente conto di essere eretico; in questo caso, davanti a Dio, non è più Papa in nessun senso, ma davanti alla Chiesa, materialmente, lo è ancora. Perché? Perché, se possiamo provare che dice delle eresie, non siamo ancora riusciti a provare che lo faccia coscientemente. Come sapere se è in buona o cattiva Fede quando nessun Vescovo lo ha ammonito e lui non ha ammesso nulla? Ecco perché Padre Guérard scarta la soluzione del “Papa eretico”. È possibilissimo che Wojtyla sia non solo eretico, cioè dica delle eresie, ma che si renda pure conto di dire delle eresie. In questo caso, davanti a Dio, non è Papa né materialiter, né formaliter; ma la tesi dei “sedevacantisti completi” non è ancora provata. Perché? Perché è necessario poterlo provare in pubblico, davanti alla Chiesa; come quei due sposi di cui vi ho parlato prima se, ad esempio, sono fratello e sorella: davanti a Dio non sono sposi, ma per il giudizio della Chiesa, se non c'è l'annullamento del matrimonio, lo sono ancora e pur essendo persone libere, non possono ancora sposarsi con altre persone. Perché? Risulta che sono sposati. “Mi dispiace, lei mi deve portare il certificato di persona libera... Qua risulta che lei è sposato...” “Eh, ma io in realtà non sono sposato” “Già, ma lei me lo deve provare”. 29 Il nostro è un caso simile, per cui, Padre Guérard, per spiegare come mai Giovanni Paolo II non è Papa, pur non scartando come risposta l'ipotesi dell'eresia prima o dopo l'elezione, percorre un'altra strada. L'ipotesi del “Papa eretico” è solo una probabilità, ma non una certezza. Padre Guérard, invece, fa un'altra ipotesi che può essere provata con certezza: Giovanni Paolo II non è (formalmente) Papa perché non vuole oggettivamente, non realizza, il bene comune della Chiesa. Questa è una constatazione che è sotto gli occhi di tutti. Se uno commette degli errori, ma in maniera costante, abituale, fa quelle mosse e quelle scelte che servono a realizzare lo scopo di una società, assicura il bene comune di questa società. Se invece agisce sistematicamente contro il fine della società, non assicura il bene comune. Nel caso dello Stato ad esempio, se le mie azioni convergono sistematicamente non a realizzare il bene dei cittadini ma il mio bene personale o quello di una setta, non realizzerei più il bene comune e non sarei più l'autorità. Se, ad esempio, un Capo di Stato dichiarasse: “D'ora in avanti rinunceremo a reprimere il furto e l'omicidio. Lasceremo piena libertà di furto e di omicidio” (ci siamo quasi...) un Capo di Stato di questo genere non assicurerebbe il minimo del minimo del bene comune. Questo governante, secondo tutta la filosofia naturale e cattolica, non sarebbe più governante di un bel niente, perché avrebbe lui stesso rinunciato a governare. Quando constatiamo, che per anni, continuamente, gli atti dei “governanti” della Chiesa convergono nel fare il male delle anime, nel rovinare la Chiesa, nel non procurare il bene della Chiesa, abbiamo dimostrato che essi non sono l'autorità. Questo, checché ne sia della loro buona Fede mediante la quale, magari, si salveranno l'anima. L'esempio che vi ho fatto di uno Stato che rinuncia a reprimere il furto e l'omicidio può sembrarvi assurdo (anche se oggi ci siamo quasi) ma è purtroppo la realtà nella vita della Chiesa di oggi. Con la soppressione del Sant'Uffizio, le “autorità” hanno di fatto soppresso la “polizia” della Chiesa; qualunque teologo, può affermare pubblicamente qualunque eresia, senza avere una sanzione. Cosa vuol dire? Libertà, almeno di fatto, ai ladri ed agli omicidi spirituali, di uccidere le anime. Ratzinger ha dichiarato che Padre Boff non solo sostiene la “teologia della liberazione” ma crede persino che il dogma e Dio stesso possano cambiare. Che punizione ha dato a Boff? Di non scrivere più per un anno; e dopo pochi mesi la punizione viene sospesa. Questo vuol dire che è finita ogni repressione dell'errore, che non si procura più il minimo del minimo del bene comune, che si è rinunciato a governare. Quando diciamo che Giovanni Paolo II non ha l'autorità, non diciamo qualche cosa di spaventoso. Perché? Perché nei fatti lo ammettono anche loro: quando mai governano? Paolo VI ha fatto un'Enciclica, “Humanae vitae”, nella quale condanna la pillola. Gli Episcopati del mondo intero, tranne rare eccezioni, gli hanno dato contro, hanno detto che è una questione di coscienza, che deve essere giudicata da ogni singola persona, e lui cosa ha fatto? Gli ha forse detto: “Ma come? Voi siete contro l'insegnamento del Papa!” No, non gli ha detto nulla. Lui stesso, per primo, ha rinunciato a governare. Recentemente il Vescovo di Berlino, creato “Cardinale” da Giovanni Paolo II nel Concistoro del giugno scorso, ha dichiarato che, secondo lui, ci saranno non solo i preti sposati, ma persino le donne prete, il che è una eresia. Ed ha aggiunto: “Non è la mia opinione personale, è l'opinione di tutta la Curia romana”. È stato smentito? È stato deposto, sanzionato, incarcerato, sospeso a divinis, scomunicato, bruciato o quel che vi pare? Assolutamente no! Chi tace acconsente o, come minimo, rinuncia a governare: quindi non sono io che dico, che Giovanni Paolo II non ha più l'autorità, ma è lui che, o è d'accordo con chi dice queste cose, ed allora è un eretico tale e quale, oppure non è d'accordo ma, non governando più, ha rinunciato, abdicato di fatto ad ogni suo potere. Alcuni obiettano che la Tesi di Cassiciacum non è un dogma. Bisogna ben capire cosa si intende con queste parole. Che la Tesi non sia un dogma è evidente; anzi, vi dico di più: non sarà mai un dogma. Un giudizio su un fatto storico infatti, non è e non potrà mai essere un dogma. Nella Chiesa è dogma ciò che è rivelato da Dio. La Rivelazione si è chiusa con la morte dell'ultimo Apostolo e non mi consta che gli Apostoli ci abbiano detto se Pio XII o Paolo VI sarebbero stati Papi. Ecco perché la Tesi non solo non è un dogma ma, vi ripeto, non lo sarà mai. Vi sono però un mucchio di verità che non sono dogmi: che io sia un uomo non è un dogma, non lo sarà mai, ma è verissimo, chi lo nega è un asino. Che voi siate qui presenti, non 30 è un dogma, ma è vero. Ci sono poi delle verità che pur non essendo un dogma, sono definite infallibilmente dalla Chiesa. Ciò vale anche per i fatti storici: che i ministri anglicani non siano preti, che Giansenio abbia veramente scritto nel suo libro quel che gli attribuisce la Chiesa ecc. Quindi dei fatti storici possono essere definiti infallibilmente dalla Chiesa in modo tale che chi li negasse andrebbe contro l'infallibilità e quindi contro un dogma, senza però che queste definizioni infallibili della Chiesa siano esse stesse un dogma. Dire: “Non è un dogma” e quindi concluderne: “Se non è un dogma è un'opinione libera” è una sciocchezza grande come le persone che dicono queste cose. Perché? Una cosa può non essere dogma senza poter essere oggetto di dubbio o di discussione. La tesi di Cassiciacum non è un dogma, ma per negare la Tesi di Cassiciacum io devo ineluttabilmente negare dei dogmi. Per questo la Tesi è l'unica soluzione possibile oggi per essere pienamente conformi all'insegnamento della Chiesa, ed è per questo che ci teniamo tanto. Per negare la Tesi di Cassiciacum e sostenere che Giovanni Paolo II è Papa, devo negare dei dogmi. Devo negare l'infallibilità del magistero ordinario universale della Chiesa, per sostenere che, quando Paolo VI approvò la libertà religiosa poteva errare; quindi nego un dogma definito dal Vaticano I. Devo negare anche il potere di giurisdizione del Papa su tutti e singoli i fedeli, perché gli disobbedisco dal mattino alla sera. Devo negare che la Chiesa sia infallibile nell'imporre al mondo intero una disciplina, una liturgia o un codice di leggi, poiché affermo che la nuova messa e il nuovo codice di diritto canonico sono cattivi, ma vengono lo stesso dal Papa e dalla Chiesa. In fondo, nego la santità della Chiesa, nego che il Papa abbia diritto di comandare non solo in materia di Fede e di morale ma anche di disciplina: ed anche questo è definito dal Concilio Vaticano I. Il Papa ha il potere supremo anche in materia di disciplina, in materia di liturgia o di diritto canonico: ha il diritto di dirmi se devo fare la Comunione in un modo oppure in un altro. Negargli questo diritto, riconoscendolo ancora come Papa, vuol dire restringere i poteri del Papa. Per sostenere la posizione della Fraternità e negare la Tesi di Cassiciacum, si è costretti ad affermare un bel po' di errori. Tuttavia, visto che concediamo a Giovanni Paolo II la possibilità della buona fede, concediamola anche a loro. Dall'altro lato il “sedevacantismo completo” può condurre facilmente chi lo sostiene ad affermare altre eresie, pur avendo ragione sull'essenziale e pur essendo questa tesi probabilmente vera davanti a Dio, il quale sa se Giovanni Paolo II è formalmente eretico. Per il “sedevacantismo completo”, infatti, Giovanni Paolo II e i Vescovi che lo riconoscono sono scismatici, eretici, fuori dalla Chiesa. È facile concluderne che la Chiesa gerarchica non esiste più, il che è assolutamente impossibile, poiché Gesù ha promesso che sarà con la sua Chiesa fino alla fine dei tempi. Sempre seguendo troppo rigidamente il “sedevacantismo completo”, bisognerebbe arrivare ad un'altra conseguenza erronea, sostenuta in effetti dai “conclavisti”. Per loro i Vescovi tradizionalisti consacrati senza il permesso del Papa, avrebbero la giurisdizione. Cosa pensare di una teoria di questo genere, che ultimamente è stata sostenuta anche da Mons. Lefebvre e da Mons. Tissier? Due opposti si incontrano nel medesimo errore. Cerco di spiegarmi. Nella Chiesa ci sono due poteri, il potere d'ordine (dire la Messa, dare i Sacramenti...) ed il potere di giurisdizione (comandare con autorità). Gli uni e gli altri (alcuni sedevacantisti e, in questi ultimi tempi, la Fraternità), danno a questi Vescovi non solo il potere d'ordine ma anche quello di giurisdizione. Ora, il potere d'ordine viene conferito mediante il rito dell'ordinazione sacerdotale o della consacrazione episcopale. Anche se non ho nessuna autorità nella Chiesa, se qualcuno mi ordina prete o Vescovo, ho il potere d'ordine: dico validamente la Messa, ordino validamente dei sacerdoti, ecc. Tutti i Vescovi che si dicono ortodossi (in realtà sono eterodossi) come i finti arcivescovi di Mosca o di Costantinopoli, non hanno nessuna autorità, nessuna giurisdizione, sono eretici e scismatici, ma hanno il potere d'ordine. Perché? Perché qualcuno li ha consacrati validamente Vescovi ed hanno il potere di consacrare altri Vescovi, di ordinare altri sacerdoti, di amministrare validamente la Cresima ecc. Quindi, da dove si riceve il potere d'ordine? Dal rito dell'ordinazione per il sacerdote o della consacrazione per il Vescovo. Ma c'è anche il potere di giurisdizione, il potere cioè di comandare su di un insieme di persone o su di un territorio (poco conta). Questo potere di giurisdizione da chi viene? Un'autorità 31 qualunque in definitiva, non può venire che da chi ha la suprema autorità. Ogni autorità civile, ad esempio, deriva la sua autorità dal Capo di Stato. Nella Chiesa questo principio è ancora più importante. Pio XII ha esplicitamente dichiarato nell'Enciclica Mystici Corporis , che tratta della Chiesa, che il potere di giurisdizione viene solamente ed esclusivamente tramite il Papa. I Vescovi “tradizionalisti” consacrati legittimamente a causa della situazione straordinaria in cui ci troviamo, possono e debbono celebrare lecitamente la Messa, ordinare sacerdoti, amministrare la Cresima, ma non hanno nessuna autorità tranne l'autorità morale che compete ovviamente ad una persona rispettabile come un Vescovo. Per il resto: nessuna autorità sui fedeli, su di un territorio, e ancora meno il potere di eleggere un Papa. Per i “conclavisti” invece, dei Vescovi che non hanno ricevuto l'autorità dal Papa (essi stessi dicono che non c'è attualmente un Papa) avrebbero egualmente l'autorità. Ma se non viene dal Papa da chi viene? Mons. Lefebvre dice: dal popolo. Il Concilio di Pistoia, giansenista, eretico, disse la stessa cosa: i Vescovi ricevono l'autorità dalla Chiesa intendendo per “Chiesa” il popolo e non il Papa; furono condannati come eretici. L'autorità non viene dal basso ma dall'alto. Occupare una sede, presuppone l'essere nominati dalla prima sede: se la prima sede non mi nomina, io non governo un bel niente. Che nel passato i Vescovi siano stati scelti in mille modi non importa; il Papa confermava esplicitamente l'elezione o autorizzava, tacendo, che si facesse così; ma l'autorità veniva sempre e comunque dal Papa anche se era il popolo che si riuniva e sceglieva Tizio come Vescovo. Il Papa diceva: “Confermo e do il potere” oppure taceva e in quel modo dava il potere. Qualcuno allora obietta: “Ma al Concilio di Costanza i Vescovi elessero un Papa, e non solo i Vescovi che erano con il vero Papa, ma anche gli altri che erano con degli antipapi. Quindi un Vescovo che non ha autorità può eleggere il Papa”. Questo discorso che sembra far breccia e giustificare il “conclavismo”, non sta in piedi. In effetti, è vero che al Concilio di Costanza alcuni Vescovi uniti ai Cardinali elessero il Papa. Perché? Essendoci stati tre Papi di cui uno vero e due falsi, ma non essendo tutti d'accordo su qual'era quello vero e quali erano quelli fal- si, per l'unità della Chiesa e per farla finita con lo scisma, il vero Papa diede le dimissioni e autorizzò i Cardinali veri a fare un Conclave in cui si riunissero assieme ai Vescovi e ai Cardinali illegittimi. Ma se io do ad un altro un diritto che non ha, da quel momento quest'ultimo ce l'ha, ma perché glielo ho dato io, non perché ce l'avesse prima. Se il vero Papa, i Cardinali ed i Vescovi legittimi si fossero opposti all'entrata in Conclave di persone che non ne avevano il diritto, costoro in Conclave non ci sarebbero mai entrati. Ragione per la quale portare questo esempio o altri simili per giustificare il “conclavismo” è assolutamente infondato e trascina tra l'altro il “tradizionalismo” a delle conseguenze tragiche e, più che tragiche, ridicole. Qualche tempo fa quattro o cinque persone tutte laiche, superando ogni buon senso, hanno preteso eleggere un Papa, anche lui laico. Ma rendetevi conto dei rischi enormi ai quali si può giungere seguendo certe dottrine esagerate e prive di buon senso, e soprattutto infondate. Questo errore dei “conclavisti”, secondo il quale dei Vescovi privi di autorità potrebbero eleggere un Papa (fermo restando che, in assenza di Cardinali, dei Vescovi con autorità potrebbero farlo) ne presuppone un altro. Secondo loro, e secondo tutti i “sedevacantisti completi” una persona privata avrebbe l'autorità di dichiarare, anche di fronte alla Chiesa, che tale persona non è Papa. Anche questo non è possibile. Se Francesco Ricossa dichiara che Giovanni Paolo II non è Papa, afferma qualche cosa di assolutamente certo e provato, ma questa dichiarazione non ha nessun valore giuridico nella Chiesa perché io sono una persona qualunque. È per questo che Giovanni Paolo II resta materialmente “papa”. Vi sembreranno complicazioni ma sono complicazioni necessarie. Alcuni dicono: “La Tesi di Cassiciacum è complicata, cosa andiamo a spiegare alla gente?” Attenzione! Tante tesi della Chiesa sono complicate, ma se cerchiamo di semplificarle cadiamo nell'eresia. Il mistero della Trinità, un Dio in tre Persone, è complicato. Ma se io spiego: “Sì, c'è un solo Dio che poi prende tre nomi diversi” tutto diventa molto più semplice, ma è un'eresia. La Transustanziazione è qualcosa di complicato: la Chiesa insegna che le sostanze del pane e del vino s- 32 compaiono e diventano il Corpo e il Sangue di Cristo, mentre gli accidenti, colore, peso, sapore del pane e del vino, restano. È veramente complicato. La gente capirebbe più facilmente se gli dicessi: “Guarda: è solamente un simbolo, sia la sostanza che gli accidenti restano tali e quali” oppure: “Guarda: anche se gli occhi ti ingannano lì non c'è neanche il sapore del pane; tu credi, credi, credi, che non ci sono neanche più le apparenze del pane e del vino”. Invece no: c'è il sapore del pane, il colore del pane, la figura del pane, gli accidenti del pane, ma c'è la sostanza del Corpo di Cristo. È difficile, lo so; però è vero. Non sempre una cosa più difficile da capire è, per il fatto stesso falsa. Capite quindi che anche il “sedevacantismo completo” deve essere rifiutato, non tanto come possibilità, poiché davanti a Dio è non solo una possibilità ma una grande probabilità, ma è da rifiutarsi come un'affermazione di persone private che pretendono di imporsi giuridicamente nella Chiesa e che porta a conseguenze errate: dare a persone private un potere che spetta solo ai Vescovi o ai Cardinali e poi, ineluttabilmente, il compito di procedere all'elezione di un Papa. Non siamo, per principio, contrari a un Conclave, a condizione che sia fatto da quelli che ne hanno il potere e non da quelli che non hanno il potere di farlo. “Ma così voi bloccate tutto, c'è l'impossibilità di una soluzione”. Non è colpa nostra, è colpa semmai di quei Vescovi che dovevano fare il proprio dovere e non lo hanno fatto. E la soluzione da dove verrà? Essa verrà da Dio: ispirerà qualcuno, ma qualcuno che ha il potere di farlo. Il “conclavismo” spiega Mons. Guérard, pretende di salvare la Chiesa con dei mezzi impossibili; è un po' come, nel modernismo scatenato, la “messa senza prete”. Poiché non c'è il sacerdote e bisogna pur dire la messa, allora un laico “celebra” la messa. Peccato che non sia una messa. Perché? Perché non ha il potere di farlo. Allo stesso modo un laico, un semplice sacerdote e persino un Vescovo privo di giurisdizione non possono né dichiarare “in facie Ecclesiae” che tale persona non è più materialmente “papa”, né tantomeno eleggere un nuovo Papa. Riprendiamo l'esempio del matrimonio. Un matrimonio può essere realmente nullo, formalmente nullo, invalido davanti a Dio ma essere ancora giuridicamente valido per la Chiesa, materialmente valido, prima di una sentenza di annullamento da parte di un Tribunale ecclesiastico. Ci troviamo in una situazione simile. La nostra posizione preserva due verità fondamentali nella Chiesa. Primo: l'obbedienza al Papa. Se apparentemente disobbediamo, non disobbediamo in realtà, in quanto le persone alle quali non obbediamo non sono l'autorità, non hanno nessuna autorità. Secondo: la Chiesa non finirà mai e per Chiesa intendiamo la Chiesa gerarchica. Almeno potenzialmente, materialmente, avremo sempre l'Episcopato ed il Papato. Ed è quello che sosteniamo con il “materialiter”. Se lo negate, dovreste anche dire: la Chiesa non c'è più e Gesù Cristo si è sbagliato. Non è possibile. L'uno e l'altro punto sono importanti ed indispensabili. Arriviamo adesso alla conclusione, affrontando il problema della collaborazione pratica. Abbiamo detto nell'Editoriale che non ci può essere alcuna collaborazione con chi sostiene che Giovanni Paolo II ha l'autorità, poiché costoro affermano un'enormità, cioè che bisogna disobbedire al Papa. All'autorità si può dire: “Scusi, non ho capito”. Ma non si può disobbedire sempre, costantemente e totalmente, in materia di disciplina, di morale e di Fede. A dei Vescovi orientali che disobbedivano continuamente alla Santa Sede pur dicendosi in comunione con il Papa, Pio IX rispose giustamente: “Non serve a niente dirsi in comunione con il Papa, se poi gli disobbedite tutti i giorni. Anzi, è peggio ancora, perché voi ammettete che dovreste stare sotto di Noi e vi rifiutate di farlo”. I preti ed i Vescovi costituzionali che accettarono la Rivoluzione Francese, più disobbedivano al Papa e più cantavano preghiere in suo onore ed esponevano i suoi ritratti. Poiché la coscienza gli rimordeva ed i fedeli si spaventavano, pensavano di risolvere tutto con un grande ritratto del Papa e qualche “Oremus” in suo onore. Ma Roma gli rispose: voi siete scismatici. Non basta dire che si è sotto sotto il Papa, bisogna essere sotto il Papa. L'unico modo di resistere lecitamente, come i “Tradizionalisti” ormai fanno dal 1965, è di provare che i novatori non hanno nessuna autorità. Pertanto nessuna collaborazione è possibile con chi esprime errori così gravi e commette un sacrilegio nel cuore del Sacrificio della Messa affermando che la Chiesa è “una” con Giovanni Paolo II e sottomessa a Giovanni Paolo II quando ciò non è e non può essere vero. 33 Mons. Guérard des Lauriers Vi sono poi i “sedevacantisti completi”; come vi ho detto tra essi bisogna fare delle distinzioni. Alcuni, pur affermando che Giovanni Paolo II non è Papa in nessun senso, neanche materialiter, perché la tesi gli sfugge per durezza di comprendonio o perché non gli è mai stata spiegata o perché non gli è stata spiegata bene, non tirano dalla loro dottrina le conseguenze che possono esservi dedotte: che la Chiesa è finita oppure che i nostri Vescovi hanno giurisdizione, oppure che il popolo ha l'autorità per dichiarare che uno non è Papa. Se uno non sostiene questi errori ma si limita a dire: “Sentite; Giovanni Paolo II dice delle eresie tutti i giorni, ha detto che Dio e il mondo sono la stessa cosa, ha quasi detto che Lutero è un santo... come fa ad essere il successore di Pietro? Come faccio ad essergli sottomesso? No, no, io non lo riconosco...” Se costui si ferma lì, non ne tira le conseguenze che vi ho detto, se, d'altro canto, questa persona è perfettamente cattolica, vuol difendere la Chiesa e la verità, non vedo nessun problema ad assistere alla sua Messa anche se non è d'accordo con noi, anche se non ha la posizione della Tesi di Cassiciacum. Pazienza! Si può assistere alla sua Messa, ricevere da lui i Sacramenti ed amministrarglieli, considerarsi in comunione con lui. Ma vi spiegavo che è più difficile, con un sacerdote di questo genere, fare un'opera che includa una collaborazione più stretta. Come faccio, ad esempio, a fare un Seminario assieme a lui se io nelle lezioni insegno la Tesi e lui tutto il contrario; se io dico: “Non è provato che Giovanni Paolo II sia formalmente eretico” e lui dice: “Certo che è provato”. I seminaristi non capirebbero più niente. Nella Chiesa è sempre stato ammesso che ci siano opinioni diverse in materia libera, ma di fatto ciascuno le insegna per conto proprio. I Domenicani hanno una dottrina speciale sulla Grazia, i Gesuiti un'altra che è molto diversa. Tutte e due sono ammesse dalla Chiesa. Entrambi accusano le rispettive dottrine di portare ad errori enormi, ma la Chiesa non ha condannato né l'una né l'altra e ciascuno insegna la propria. Però non si può metterle tutte e due assieme; a casa dei Gesuiti si insegna una tale dottrina e a casa dei Domenicani un'altra, ma ciascuno resta a casa sua altrimenti non si capirebbe più nulla. Questo vale anche per noi. Non possiamo avere una collaborazione strettissima, ma possiamo restare amici con rapporti, scambi di aiuti, comunione fraterna, scambio di Sacramenti.... Altri sedevacantisti invece spingono la loro posizione agli estremi che vi ho denunciato precedentemente: per gli uni la Chiesa è scomparsa, per gli altri si deve eleggere un Papa (senza poterlo realmente fare). Non possiamo collaborare con essi, e se si rendono conto di quel che dicono bisogna avere degli scrupoli anche ad assistere alla loro Messa o a dargli i sacramenti, perché un'eresia è un'eresia da qualunque parte venga detta, e uno scisma è uno scisma da chiunque venga fatto. È questo che vi volevo spiegare. Ma qualcuno può aver detto: “Ma dove sono questi sedevacantisti? Come potremmo assistere alla loro Messa se qui a Torino non c'è?” Certo, io non parlavo di Torino ma del mondo intero, e nel mondo di “sedevacantisti completi” ce n'è ancor più di quelli che sostengono la Tesi di Padre Guérard. Ecco il problema che si può porre: «Vado a Parigi e non c'è la Messa di un sacerdote che è d'accordo con la Tesi di Cassiciacum. Posso andare alla Messa di un sacerdote che non è “una cum”, non è in comunione con Wojtyla, non dice che bisogna disobbedire al Papa, è cattolico, e dice la Messa di S. Pio V?». Risposta: “Sì che ci puoi andare”. «Devo sostenere la sua opera?» “No, è meglio che non la sostieni troppo perché quello che dice non è del tutto esatto”. Ma se poi quel sacerdote dicesse che secondo lui la Chiesa è finita e cose del genere, non si potrebbe più frequentare la sua Messa perché ha spinto il suo 34 scoramento fino al punto di sostenere cose inaccettabili. Questa è la nostra posizione e naturalmente si presume che se voi ci aiutate con la vostra simpatia, con la vostra preghiera, col partecipare ai Sacramenti, è perché siete intimamente convinti della gravità della situazione, siete convinti che voi, oggi, dovete preservare la vostra Fede. La Fede cattolica, non una Fede qualunque, la Fede dei nostri nonni, che oggi però ci pone in condizione di dover scegliere. Il Breve Esame Critico della nuova messa presentato a Paolo VI dai cardinali Ottaviani e Bacci sosteneva che il nuovo Messale poneva ad ogni cattolico un grave problema di coscienza costringendolo ad una scelta. Ebbene, questa scelta non concerne solo la nuova messa ma anche la situazione dell'autorità. Vi scongiuro di non restare indifferenti, di non dire: “Ma a me cosa importa se il Papa è d'accordo o no? Io vengo qui perché mi piace...”. No. Non potete essere indifferenti. Se noi vi dicessimo: “Sì, sì, pur che veniate qui poco conta...” contribuiremmo ad un male immenso, quello di far diventare la religione una questione personale del tutto distaccata dall'autorità, dalla gerarchia, dalla sottomissione al Papa. Se è vero che la crisi attuale consiste in una diffusione della mentalità protestante tra i fedeli, bisogna ricordarsi che il protestantesimo è anche e soprattutto demolizione dell'autorità del Papa e pertanto i “tradizionalisti” devono, se vogliono essere cattolici come desiderano, essere i più grandi sostenitori dell'autorità del Papa. Non possiamo dire: “Non me ne importa niente che il Papa mi impedisca di venire qui, non m'importa niente delle scomuniche...”. Sì, che mi im- porta. Le scomuniche sono cose importanti perché se uno è scomunicato esce dalla Chiesa e chi è fuori dalla Chiesa non può salvarsi. È vero che per i modernisti tutti si salvano per cui, se volessimo dare un argomento ad hominem, dovremmo dire: poiché dite che tutti si salvano, che tutte le Chiese sono un mezzo di salvezza, allora io vado dai “tradizionalisti”, perché mi salvo anche con loro. Ragionando da modernista, voi non fate niente di male; ma ragionando da cattolico vi potete porre il dubbio: “Sono o non sono nella verità?”. Questo dubbio lo dovete risolvere. Però, vi scongiuro: risolvetelo e una volta risolto non dubitate più, ma sosteneteci, non per quel che siamo, per il più o meno alto grado di santità, ma per quello che diciamo. Ci aiuterete così, con il vostro sostegno, ad avere anche un maggior grado di santità. È difficile per voi oggi, tenere duro quando vi vedete, vi contate, e siete pochi. È difficile per noi tenere duro quando vi vediamo, vi contiamo e siete pochi. La difficoltà resta per voi e per noi; psicologicamente è difficile. La Fede ci sostiene ma l'aiuto vicendevole ci conforta per non cadere. Le divisioni invece, ci aiutano a cadere: non sia mai. Quindi uniamoci, ma uniamoci nella verità. Le persone sono interscambiabili, oggi chi mi comanda è Tizio, domani muore e sarà Caio... purché dica la verità. Non dovete essere discepoli di una persona, tranne che di Gesù Cristo; dovete essere i fedeli di un'idea. Quest'idea è quello che insegna la Chiesa cattolica, apostolica, romana, l'unica nella quale siamo stati battezzati, nella quale abbiamo vissuto, viviamo e vogliamo vivere. L'unica nella quale, speriamo, moriremo, in grazia di Dio. Questo è quello che vi auguro. Davanti al Creatore tutti gli uomini hanno lo stesso valore “D ed una dignità immensa” (Giovanni Paolo II agli Indios, 16 ottobre 1991; Osservatore Romano 18 /10/1991, p. 1). “Il Magistero della Chiesa enuncia vari attributi divini, specialmente nel IV Concilio Lateranense e nel Vaticano I (Dio uno, vero, eterno, immenso, immutabile, onnipotente, perfettissimo ecc.) (…) Dio è immenso perché Atto Infinito” (PARENTE-PIOLANTI-GAROFALO, Dizionario di Teologia dogmatica, ed. Studium, Roma 1957, pp. 39-40). 35 La questione ebraica L'OMICIDIO RITUALE di don Curzio Nitoglia Nel lontano 1893 la prestigiosa rivista dei gesuiti "La Civiltà Cattolica", pubblicò una serie di articoli sulla morale giudaica a cura del padre Oreglia. Nel primo di essi questi affermava: "Noi NON SCRIVIAMO NELL'INTENTO DI ACCENDERE... L'ANTISEMITISMO, ma di dare piuttosto agli italiani l'allarme, perché si mettano sulle difese contro chi ne osteggia la fede, ne corrompe il costume e ne succhia il sangue, al fine di ammiserirli, dominarli e renderli schiavi". (' La morale giudaica ', in "La Civiltà Cattolica" , serie XV, vol.V, fasc. 1022, 10 gennaio 1893, p. 147). Già Dante Alighieri aveva cantato: "...uomini siate, e non pecore matte, sì che 'l giudeo di voi tra voi non rida!". ( Divina Commedia, Paradiso, V,vv. 80-81). Anche per me che scrivo su questo scottante argomento (dell'omicidio rituale) il fine non è certo quello di fomentare l'antisemitismo (condannato dalla Chiesa e quindi anche da me) ma solo quello di fare un po' di luce su un tema tanto misterioso. "Proclamata la libertà dei culti, e concessa anche ai giudei la cittadinanza, questi seppero avvantaggiarsene per tal forma, che di nostri eguali, divennero ben tosto padroni. Infatti chi oggi dirige la politica è LA BORSA, e questa è in mano ai giudei; chi governa è LA MASSONERIA, e anche questa è diretta dai giudei; chi volge e rivolge a suo senno l'opinione pubblica, è LA STAMPA, e questa è altresì in gran parte ispirata e sussidiata dai giudei" (P. OREGLIA, op. cit., p. 146). “Ecco ci dirà taluno, la ragione dell'antipatia che a tutti ispirano i giudei... Si, questa è una delle cagioni - continua ‘ la Civiltà Cattolica’ - ma non è l'unica né la principale. Avvene un'altra più occulta, più misteriosa, e che in sé comprende tutte le altre... LA CAGIONE cui alludiamo È UN ODIO CONTRO IL CRISTIANESIMO, IMPOSTO AI GIUDEI PER LEGGE, odio che giunge fino a giustificare a nostro danno ogni sorta di delitti” (Op. cit., p. 147). LA MORALE GIUDAICA È LA CAUSA PRINCIPALE DELL'ODIO DEI GIUDEI CONTRO I NON-GIUDEI “La prima e principale cagione dell'avversione dei giudei contro i non giudei, e massime contro i cristiani, si ha da rintracciare, cosa incredibile a dire, nella loro stessa morale e religione; la quale NON È PIÙ LA MOSAICA, MA SI' LA TALMUDICA O RABBINICA, foggiata a capriccio dagli scribi e farisei bugiardi interpreti della legge”. (Op. cit., pp. 148-149). Vediamo allora che cosa dice il "Talmud" sui cristiani: “IL CRISTIANO è omicida, immondo, sterco, dato alla bestialità, il suo solo incontro contàmina anzi NON È PROPRIAMENTE UOMO MA BESTIA”. (TALMUD, Trattato Baba Metsigna, fol. 114, Ediz. d'AMSTERDAM 1645, e Trattato Barakouth fol. 88 - Maimonides Trattato dell'Omicidio, cap. 2, art. 2 - Cf. PRAINATIS: 'Christianus in Talmude Judeorum', Parte 1°, cap. 2, pp. 54-61, Petropoli). “Posto questo bel concetto che i giudei hanno di noi..., sarà da stupire che essi facciano un dovere di cospirare perpetuamente contro di noi? Se ci reputano bestie in sembianza umana, e bestie da Dio destinate a servirli è naturale che ci trattino, ove lo possano, da bestie” (p. OREGLIA, op. cit. p. 150). Il precetto dell'amore del prossimo (comandato dalla legge naturale e da quella mosaica) non è - secondo il 'Talmud' - un precetto universale, ma è ristretto ai soli giudei e ai loro amici. «Senonché Maimonide ...trova modo di salvare capra e cavoli, dicendo “essere LECITO FAR DEL BENE ANCHE AI CRISTIANI, però QUANDO NE PUÒ VENIR VANTAGGIO AD ISRAELE, o quando questo può giovare alla sua tranquillità e a meglio celare l'inimicizia verso i cristiani” (Maimonide: Hilkhtoh Akum X,6)» (" La Civil tà Cattolica ", op. cit. p. 159). Anche recentemente in Israele il rabbino Josef Ovadia si poneva la questione “se un ebreo può permettersi di infrangere il sabato per salvare la vita ad un 'gentile', ad un non ebreo. In merito non ha avuto dubbi: in una conferenza ha sostenuto che un ebreo può contravvenire al sabato se può salvare la vita di un non ebreo. Anzi deve farlo, ANCHE SE LA LEGGE EBRAICA PRESCRIVE ...CHE IL SABATO PUÒ VENIR VIOLATO SOLO PER SOCCORRERE UN AL- Il Beato“Niño de la Guardia” martirizzato dai giudei nel 1490 TRO EBREO. Ovadia infatti sostiene che il mancato intervento di un ebreo nel salvare un non ebreo il sabato, potrebbe ritorcersi contro la comunità ebraica, rinvigorendo le critiche contro il suo stile di vita. Pertanto, secondo Ovadia, IL SALVARE UN NON EBREO, anche di sabato, INDIRETTAMENTE PUÒ ESSERE CONSIDERATO UN ATTO LECITO come quello compiuto da chi salva un correligionario in quel giorno santo” ("LA STAMPA", 17 novembre 1991). Il Sanhedrin afferma che “UN GIUDEO deve reputarsi QUASI EGUALE A DIO! Tutto il mondo è suo, tutto deve a lui servire, specialmente LE BESTIE CHE HAN FORMA DI UOMINI, CIOÈ I CRISTIANI” (Sanhedrin 586, citato da PRAINATIS, op. cit., part. 2, pp. 76-77). “Ora mirate le conseguenze che scaturiscono da questi bei principii, riprende "La Civiltà Cattolica ", tutti i nostri beni appartengono ai giudei poiché essi solo sono uomini, e perciò hanno diritto di possedere, mentre noi non siamo persone ma cose. Quindi il 'Talmud'... dichiara lecita ai giudei L'USURA verso i cristiani, (Abhodah Zarah 54a - Baba Metsigna c.V, par.6 p. 14, presso PRAINATIS, op. cit., parte 2° pp. 96l00), la frode (Babha Kama 113b), il furto (Babha Bathra 54b) e la rapina (TALMUD, Trattato Baba Metsigna, fol. 111)” (Op. cit., p. 151). Ed ancora: “Considerate I CRISTIANI, dice il 'Talmud' come BESTIE E ANIMALI FEROCI E TRATTATELI PER TALI. Non fate né bene né male ai gentili, ma mettete tutto il vostro ingegno e il vostro zelo in distruggere i cristiani” (TALMUD , tom. 3, lib.2, cap. 4, art. 5, p. 279). Maimonide, uno dei loro massimi dottori, insegna loro che “OGNI GIUDEO, IL QUALE NON UCCIDE UN NON GIUDEO, VIOLA UN PRECETTO NEGATIVO” (SEPHER MITZVOT, fol. 85, c. 2,3). ("La Civiltà Cattolica", art. cit., pp. 156-157). “IL GIUDEO CHE UCCIDE UN CRISTIANO OFFRE A DIO UN SACRIFICIO ACCETTO” (Sepher Or Israel 177b). "La Civiltà Cattolica" conclude cosi: “Dunque delle due l'una: o essi (i giudei, ndr) mandino al diavolo il loro 'Talmud' con tutti i suoi commenti, che sono un insulto al buon senso ed un oltraggio alla stessa legge naturale, ovvero si rassegnino ad essere in uggia ed in abbominio a tutte le altre nazioni, massime cristiane” (p. 160). A tale riguardo vedasi anche H. DESPORTES (Le mystère du sang chez les jufs de tous les temps, Albert Savine ed., Paris 1890, pp. 251365), e A. MONNIOT (Le crime rituel chez les juifs, Tequi ed., Paris 1914, pp. 73-136), ed anche L. FERRARO. (El ultimo protocolo, Arca de la Alianza Cultural, Madrid 1986, pp. 37-76). LA MORALE GIUDAICA E IL MISTERO DEL SANGUE “Vi è un rito religioso del giudeo disperso, d'un carattere eccezionale, che esce, con un rilievo terribile, dalla categoria dei riti ordinari, e che ha acquistato nella storia una celebrità sinistra; vogliamo parlare dell'OMICIDIO RITUALE o del SACRIFICIO UMANO. …In ricordo di Cristo crocifisso, per dare al crimine del Calvario, fino alla fine dei tempi, con un memoriale orribile, una sorta di prolungamento indefinito, il giudeo ha santificato, ogni volta che lo ha potuto, ogni anniversario del Deicidio, mediante l'immolazione di un cristiano. ... TRATTARE DELLA QUESTIONE GIUDAICA E TACERE SUL- 37 L'OMICIDIO RITUALE, SIGNIFICHEREBBE OMETTERE CIÒ CHE VI È DI PIÙ IMPORTANTE NEL PROBLEMA. ...In nessun posto la luce della storia è più necessaria, poiché in nessun posto la menzogna ha fatto di più, per creare la notte” ( P. CONSTANT, "Les Juifs devant l'Eglise et l'histoire", Paris 1891, Arthur Savaete editeur, pp. 227-228). Cerchiamo allora di far luce dove si è voluto far notte. “Da quattro capi noi dedurremo le nostre prove, dalle deposizioni giuridiche fatte innanzi ai tribunali da giudei convinti e confessi di omicidi e infanticidi, commessi a scopo di religione; dalle rivelazioni di Rabbini convertiti alla nostra fede; da documenti storici e finalmente dalla testimonianza tradizionale” ("La morale giudaica e il mistero del sangue" in " La Civiltà Cattolica ", serie XV, vol.V, fasc. 102; 12 gennaio 1893, p. 269). EBREI CONFESSI IN TRIBUNALE DI OMICIDIO RITUALE "La Civiltà Cattolica" tra i molti processi fatti agli ebrei per assassinio rituale in Francia, Italia, Spagna, Inghilterra, Germania, Baviera, Ungheria, Lituania e Polonia, senza parlare poi dei paesi orientali, ricorda soprattutto quelli di Trento (sec. XV) e quello di Damasco (sec.XIX). “Orbene - afferma la prestigiosa rivista dei gesuiti - se raffrontisi i due processi, nel primo dei quali sono otto e nel secondo sedici i rei convinti e confessi, oltre al buon numero di testimoni tutti giudei, vedrassi con maraviglia come, malgrado la distanza di quattro secoli che li divide, le confessioni e le testimonianze disposte in essi quanto al rito e all'uso del sangue cristiano si corrispondano a capello... 1°) Dai due processi comparati insieme risulta con evidenza che L'ASSASSINIO DI UN CRISTIANO non solamente è riputato lecito, ma È COMANDATO ai giudei DALLA LEGGE TALMUDICA-RABBINICA... 2°) LO SCOPO DEL DETTO ASSASSINIO non è solamente far onta a Cristo e danno al cristianesimo, ...ma SOPRATTUTTO ADEMPIERE UN DOVERE RELIGIOSO, qual è celebrare degnamente le due feste del Purim e della Pasqua, facendo uso in esse di sangue cristiano… 3°) Nelle feste del Purim, per avviso dei rabbini, ...si può far uso del sangue di qualsivoglia cristiano, ma per le feste di Pasqua vuol essere il sangue di un fanciullo cristiano che non abbia oltrepassato i sette anni di età. ... 4°) Le azzimelle, giudaicamente ammanierate con quel saporetto di sangue cristiano, regalansi nelle feste del Purim ai non giudei, massime a quei cristiani che fossero (così per modo di dire) conoscenti ed amici; ma nelle feste pasquali mangiansi per ben sette giorni dai soli giudei. 5°) Questo è IL SEGRETO DEL SOLO PADRE DI FAMIGLIA, cui spetta introdurre nella pasta degli azzimi, all'insaputa della moglie e dei figlioli, un po’ di sangue cristiano fresco o coagulato e ridotto in polvere. 6°) Egli deve altresì nella cena pasquale versare qualche goccia di sangue nel vino che mesce alla famiglia e benedirne anche la mensa!... 7°) Il sangue è migliore e il sacrificio del fanciullo è più accetto a Dio..., quando si fa nei giorni prossimi alla Pasqua. 8°) PERCHÉ IL SANGUE DI UN BAMBINO cristiano sia acconcio al rito e PROFICUO ALLA SALUTE DELL'ANIMA GIUDAICA CONVIENE CHE IL BIMBO MUOIA TRA I TORMENTI… 11°) L'USO RITUALE E IL MISTERO DEL SANGUE sol si trova scritto NEI CODICI orientali, mentre negli OCCIDENTALI VENNE SOPPRESSO per tema dei governi cristiani e SOSTITUITO DALLA PRATICA E TRADIZIONE ORALE” (pp. 270-272). Queste sono le conclusioni tratte`dalle confessioni dei rabbini e degli altri ebrei esaminati nei due processi di Trento e di Damasco. Chi volesse accertarsene può leggere per esteso il resoconto dei processi di Trento e di Damasco pubblicati dalla 'Civiltà Cattolica' , serie II, vol.VIII-IX-X, nella Cronaca sotto la rubrica Roma (1881-1882). Per il processo di Damasco si veda anche: ACHILLE LAURENT, 'Relation historique des affaires de Syrie, depuis 1840 jusqu'en 1842'. Ormai quasi introvabile. Ed anche: ACEL DAMA , 'Processo celebre contro gli ebrei di Damasco' , Premiato stab. Tipografico G. Dessì, Cagliari-Sassari, 1896. LE RIVELAZIONI DEI RABBINI CON VERTITI AL CATTOLICESIMO Si trova conferma delle conclusioni tratte dalle confessioni rese durante i processi anche nelle rivelazioni fatte dai rabbini conver- 38 titi alla nostra fede. 'La Civiltà Cattolica' cita soprattutto l'autorità di tre rabbini convertitisi: Paolo Medici, Giovanni da Feltre e Teofilo monaco moldavo. «Paolo Medici nella sua opera intitolata 'Riti e costumi degli ebrei' (a pagina 323, 6ª ediz. di Torino Tip. Borri 1874) confermò le frequenti uccisioni di fanciulli cristiani; Giovanni da Feltre dichiarò solennemente innanzi al podestà di Milano l'uso che i giudei facevano del sangue cristiano (cf. 'La Civiltà Cattolica' Serie II, vol. VIII, p. 230 e segg.); e Teofilo ne spiega il mistero nelle sue rivelazioni scritte in lingua moldava e rese di pubblica ragione nel 1803, poscia ridotte in greco e pubblicate nel 1834 a Napoli di Romania da Giovanni de Giorgio, e finalmente tradotte in italiano dal Prof. N.F.S. e pubblicate a Prato nel 1883 sotto il seguente titolo: 'Il sangue cristiano nei riti ebraici della moderna sinagoga'. ... L'ex rabbino moldavo, ...confessa il rito sanguinario e l'uso che egli stesso, prima della sua conversione, aveva fatto del sangue cristiano... “Cotesto segreto del sangue, egli dice, non è conosciuto da tutti gli ebrei, ma dai soli Kakam (dottori)o rabbini, e dagli scribi e farisei, che perciò si chiamano conservatori del mistero del sangue” ...questi SOLO A VOCE LO COMUNICANO AI PADRI DI FAMIGLIA i quali lo tramandano a quel figliuolo che conoscono più capace del segreto, atterrendolo con orrende minacce dallo svelarlo altrui. E qui conta come a lui stesso lo rivelasse il padre suo: “Quando io pervenni all'età di 13 anni, mio padre presomi da parte, da solo a solo, dopo avermi istruito e sempre più inculcato l'odio contro i cristiani, come cosa da Dio comandata, fino ad ammazzarli e raccoglierne il sangue... Figlio mio, mi disse, ...ti ho fatto il più intimo mio confidente ed un altro me stesso; e messami una corona in capo, mi die' la spiegazione del mistero e soggiunse esser quello cosa sacrosanta, rivelata da Dio, e comandata agli ebrei; e che quindi io ero stato messo a parte del segreto più importante della religione ebraica”. Seguono poscia gli scongiuri e le minacce di maledizione a lui fatte, ove avesse violato il segreto, non che il precetto di non comunicarlo neppure alla madre, né alla sorella, né ai fratelli né alla sua futura moglie, ma soltanto a quello dei suoi figliuoli che gli paresse più zelante, il più savio per custodire il segreto… Gli ebrei, dice Teofilo, sono più contenti quando possono ammazzare i bambini per- ché sono innocenti e vergini, e quindi perfetta figura di Gesù Cristo; li ammazzano a Pasqua, acciocché possano meglio rappresentare la passione di Gesù Cristo» ( 'La Civiltà Cattolica’, art. cit., pp. 273-276). I MOTIVI DI CREDIBILITÀ DI TEOFI LO MOLDAVO “Sarebbe del tutto irragionevole non prestar fede alle rivelazioni dell'ex rabbino moldavo, in primo luogo perché chi le ha scritte è un testimone che conosce a menadito quanto ci rivela, infatti Teofilo fu lui stesso rabbino ed imparò fin da tredici anni tali misteri. Secondo, depone contro se stesso, avendo confessato di aver lui stesso fatto uso frequente di sangue cristiano. In terzo luogo non ignorava che con tali rivelazioni si esponeva al rischio di venir ucciso e tuttavia volle farle lo stesso per debito di coscienza e per carità verso i cristiani. In quarto luogo perché le sue rivelazioni concordano quanto alla sostanza colle confessioni fatte ai giudici dai giudei nei succitati processi”. ('La Civiltà Cattolica', art. cit., p. 278). LA STORIA "Non ci troviamo d'innanzi ad uno od un altro scrittore, bensì davanti a tutto un popolo di storici, di annalisti e di scrittori di tempo, di luogo e di nazione differenti; cotalché sarebbe cosa assurda il supporre che tutti si sieno insieme indettati a falsare i fatti a danno dei giudei. ...Tali sono tra gli altri i Bollandisti, il Baronio, il Rhorbacker..." (ibidem, p. 280). ELENCO CRONOLOGICO DEGLI AS SASSINII PIU' CONOSCIUTI COMMES SI DAI GIUDEI «Anno 1071. A Blois (Monumenta historica Germaniæ: Scriptorum, vol VI, pag. 500): Un bambino crocefisso poi buttato nel fiume. Il Conte Teobaldo fa bruciare gli ebrei colpevoli. 1114. A Norwich in Inghilterra (Bollandisti, vol 3° di marzo, 588: e Monumenta ibid.) Guglielmo, fanciullo di dodici anni, è attirato in una casa ebrea, e colà crocifisso in mezzo a mille oltraggi il dì di Pasqua, e perché meglio rappresentasse Gesù C. sulla Croce, vennegli ferito il fianco. 1160. A Glocester (Monumenta ibid.) gli ebrei crocifiggono un bambino. 39 1179. A Parigi (Bollandisti ibid: p. 591): il fanciullo Riccardo viene immolato nel Castello di Pontoise il Giovedì Santo: ed è onorato come Santo a Parigi. 1181. A Parigi (Pagi all'anno 1881, n. 15 e Bolland. 25 marzo, p. 589). San Rodberto, fanciullo, viene ucciso dagli ebrei verso le feste di Pasqua. 1182. I giudei a Pontoise crocifiggono un giovanetto dodicenne, per cui vengono espulsi dalla Francia. - A Saragozza (Blanca Hispania illustrata, Tomo 3°, p. 657) accade lo stesso a Domenico del Val. 1236. Presso ad Hagenau (Richeri Acta Senonensia Monum. XXV, p. 324 ed altrove) tre fanciulli di sette anni sono immolati dagli ebrei in odio di Gesù Cristo. 1244. A Londra (Baronio n. 42 sopra quell' anno) un fanciullo cristiano viene martirizzato dagli ebrei; e si venera nella Chiesa di S. Paolo. 1250. In Aragona (Giovanni da Lent, De Pseudo Messiis, p. 33) un fanciullo di sette anni viene crocefisso circa il tempo della Pasqua ebrea. 1255. A Lincoln (Bolland. vol. 6° di luglio, p. 494). Ugo fanciullo rubato dagli ebrei viene nutrito fino al giorno del sacrifizio. Molti ebrei convengono da varie parti dell'Inghilterra, e lo crocifiggono, rinnovando in lui tutte le scene della Passione di N. S. come ci narrano Mathieu Paris e Capgrave. Weever ci fa sapere ancora che i giudei delle principali città d'Inghilterra rapivano fanciulli maschi per circonciderli, poscia in onta a Cristo coronavanli di spine, flagellavanli e crocifìggevanli (Laurent, Les affaires de Syrie, tom. 2. p. 326. Ediz. di Parigi 1846.). 1257. A Londra (Cluverio Epitome hist. p. 541) un fanciullo cristiano immolato da' giudei. 1260. A Wessemburg (Annal. Colmar, Monum. XVII, 191) un fanciullo ucciso dagli ebrei. 1261. A Pfortzeim Bade (Bolland. vol. 2° di aprile 838): una bambina settenne strozzata: poi dissanguata ed annegata. 1283. A Magonza (Baronio n. 61: Acta Colmar. Monument. XVII, 210) un bambino venduto dalla sua balia agli ebrei e da questi ucciso. 1285. A Monaco (Radeurs Bavaria sancta Tomo 2°, p. 331: Monum. XVII, 415) un fanciullo viene dissanguato. Il suo sangue serve di rimedio agli ebrei. Il popolo brucia la casa dove gli ebrei si erano rifugiati. 1286. A Oberwesel sul Reno (Bolland. 2°. vol. di aprile 697: Monum. XVII, 77: Baronio 1287 n. 18) Wernher quattordicenne martirizzato per tre giorni con ripetute incisioni. 1287. A Berna (Bolland. 2° vol., vol. di aprile) Rodolfo giovanetto ucciso nella Pasqua dagli ebrei. 1292. A Colmar (Ann. Colm. II, 30) un fanciullo ucciso come sopra. 1293. A Crems (Monum. XI, 658) un fanciullo immolato dagli ebrei, due degli uccisori sono puniti: gli altri si salvano a forza d'oro. 1294. A Berna (Ann. Colm. II, 32) un altro fanciullo svenato dai giudei. 1302. A Remken: lo stesso (Ann. Colm. II, 39). 1303. A Weissensee di Turingia (Baronio 64) Corrado scolaro, figliuolo di un soldato, dissanguato con incisioni alle vene. 1345. A Monaco (Radero 351) il Beato Enrico crudelmente ucciso. 1401. A Diessenhofen di Wurtemberg (storia del B.Alberto di Simone Habiki presso i Bolland. vol. 2° di aprile) un fanciullo di quattro anni comprato per tre fiorini e dissanguato dagli ebrei. Qui notisi che nel processo fattosi per cotesto assassinio, l'ebreo accusato confessò "che ogni sette anni tutti gli ebrei hanno bisogno di sangue cristiano. Un altro rivelò che il cristiano assassinato doveva essere minore di tredici anni. Un terzo disse che si servivano di quel sangue nella Pasqua; che ne facevano seccare una parte per ridurla in polvere; e che se ne servivano pei loro riti religiosi: (Question Juive, pagg. 59,60) "È cosa notevole che le stesse confessioni e rivelazioni siano state fatte dagli ebrei a distanza di molti secoli ed in paesi lontanissimi: a Trento, in Moldavia, in Svizzera nei secoli XIV e XVIII; secondo che già si vide più sopra. 1407. Quivi pure un altro fanciullo ucciso; donde una sommossa popolare e lo scacciamento degli ebrei (ibid). 1410. In Turingia (Baronio 31) sono cacciati gli ebrei per delitti contro fanciulli cristiani. 1429. A Rovensbourg (Baronio 31: Bolland. 3° vol. di aprile 978) Luigi Von Bruck, giovanetto cristiano, viene sacrificato dai giudei mentre li serviva a tavola tra la Pasqua e la Pentecoste: il suo corpo viene trovato ed onorato dai cristiani. 1454. In Castiglia (Simone Habiki cit.) un fanciullo è fatto a pezzi ed il suo cuore cotto 40 per cibo. Per questo ed altri simili delitti gli ebrei vengono poi cacciati dalla Spagna nel 1459. 1457. A Torino (ibid.) un giudeo è colto nell'istante medesimo, in cui sta per iscannare un fanciullo. 1462. Presso Inspruk (Bolland. 3° vol. di luglio 462) il Beato fanciullo Andrea nato a Rinn, viene immolato il 9 luglio dagli ebrei che ne raccolgono il sangue. 1475. A Trento il celebre martirio del B. Simoncino, di cui esistono i processi originali; dai quali apparisce che gli ebrei di Trento, rei dell'assassinio rituale del B. Simoncino, ne rivelarono molte altre dozzine da loro e dai loro correligionarii commessi allo stesso scopo rituale nel Tirolo, nella Lombardia, nel Veneto ed altrove in Italia, Germania, Polonia, ecc. ecc. 1480. A Treviso (Baronio p. 569) si commette un delitto simile al precedente di Trento. 1480. Assassinio del B. Sebastiano da Porto Buffole nel Bergamasco. 1480. A Motta di Venezia (Bolland. vol. 2° di aprile) un fanciullo viene immolato il Venerdì Santo. 1486. A Ratisbona (Radero 3°, 174) sei fanciulli vittime degli ebrei. 1490. A Guardia presso Toledo (Bolland. 1° aprile 3) un fanciullo crocefisso. 1494. A Tyrman in Ungheria (Bolland. 2 aprile 838) un fanciullo rubato e dissanguato. 1503. A Waltkirch in Alsazia (Bolland. vol.2° d'aprile 830): un fanciullo di quattro anni, venduto da suo padre agli ebrei per dieci fiorini, col patto che gli fosse restituito vivo dopo averne cavato sangue. Gli ebrei lo uccisero dissanguandolo. 1505. A Budweys (Efele Scriptores, l. 138) fatto simile. 1520. A Tyrnau ed a Biring (Bolland. vol. 2° aprile 839) due fanciulli dissanguati. Perciò furono allora cacciati gli ebrei dall'Ungheria. 1540. A Suppenfeld in Baviera (Radero 2, 231; 3, 179) Michele di quattro anni torturato per tre giorni. 1547. A Rave in Polonia (Simone Habiki cit.) il figlio di un sarto sacrificato da due ebrei. 1569. A Witow in Polonia (ibid.) Giovanni di due anni venduto per due marchi all'ebreo Giacomo di Leizyka, è da lui crudelmente ucciso. Altri fatti simili accaduti a Bielko ed altrove. 1574. A Punia in Lituania (ibid.) Elisabetta di sette anni assassinata dall'ebreo Gioachino Smerlowiez il martedì prima della domenica delle Palme: il suo sangue vien raccolto in un vaso. 1590. A Szydlow (ibid.) un fanciullo scomparso: trovossone il cadavere dissanguato con incisioni e punture. 1595. A Gostin (ibid.) un fanciullo venduto agli ebrei per essere dissanguato. 1597. Presso Sryalow (ibid.) un fanciullo ucciso. Col suo sangue gli ebrei aspergono la nuova Sinagoga per consacrarla. 1650. A Caaden (Tenzel, gennaio 1694) un fanciullo di cinque anni e mezzo chiamato Mattia Tillich vi è assassinato l'11 marzo. Questo storico annovera altri fatti simili accaduti a Steyermarck, Karnten, Crain, ecc. 1655. A Tunguch in Germania (Tentzel, giugno 1693) un fanciullo assassinato. 1669. A Metz (Processo: Parigi 1670: Feller, giornale 1788, 2° 428) un fanciullo di tre anni rubato dal giudeo Raffaele Levi, è crudelmente assassinato. Il suo cadavere fu trovato orribilmente mutilato. Il reo venne arso vivo per sentenza del Parlamento di Metz il 16 giugno 1670. 1778. Di parecchi fanciulli uccisi dagli ebrei nel decimottavo secolo fa menzione il 'Journal historique et litteraire' del 15 gennaio 1778 a pag. 88 e del 15 ottobre del medesimo anno a pag.258. 1803. Possiamo a buona ragione porre qui in primo luogo questa data 1803; poiché in quest'anno uscì la prima volta alla luce il libretto di Teofito o Neofito. Esso vale storicamente più di molte altre autorità per dimostrare che gli ebrei sempre usarono, usano e debbono usare (se pure sono ebrei osservanti) il sangue cristiano nei loro riti. 1810. Negli atti del Processo di Damasco (Laurent; Affaires de Syrie) esiste una lettera di John Barcker ex-Console inglese in Aleppo dove si parla di una povera cristiana scomparsa da Aleppo. Tutti accusavano un ebreo, Raffaele d'Ancona, di averla scannata per raccoglierne il sangue. 1827. A Varsavia (Chiarini. Teoria del Giudaismo, vol. I, pag. 355) scompare un bambino cristiano nell'occasione della Pasqua ebrea. 1831. A Pietroburgo (Amblagen der Suden: Leipsig 1864) un fanciullo assassinato dagli ebrei per iscopo rituale. Così sentenziarono quattro giudici. 1839. A Damasco (Processo di Damasco 41 presso il Laurent, p. 301) si scopre alla dogana una bottiglia di sangue portata da un ebreo: il quale offre dieci mila piastre perché si sopisca la cosa. 1840. A Damasco il celebre processo sopra l'assassinio del Padre Tommaso da Calangiano Cappuccino e del suo servo cristiano uccisi dagli ebrei per scopo rituale. Gli ebrei furono convinti e condannati: benché poi graziati per danari. Quegli ebrei assassini erano quasi tutti italiani e livornesi. Il processo originale è negli Archivii di Parigi, e venne poi stampato dal Laurent nel 2° vol. des Affaires de Syrie. 1843. A Rodi, Corfù ed altrove (L'Egitto sotto Mehemed Ali di Hamont: Parigi 1843) assassinio ebreo di bambini cristiani. 1881. Ad Alessandria d'Egitto l'assassinio del giovane greco Fornarachi, di cui si occuparono tutti i giornali del 1881-1882. Il cadavere fu trovato dissanguato, tutto punzecchiato, e simile a statua di cera. 1882. A Tisza Eszlar in Ungheria una giovinetta di 14 anni è scannata nella Sinagoga dal sacrificatore ebreo. Più recentemente ancora nel 1891 fu trovato presso l'ebreo Buschoff in Xanten della Prussia Renana il cadavere del fanciullo cattolico Giovanni Hegmann senza una goccia di sangue. Il Buschoff venne processato, ma poi assolto, tant'è a dì nostri la potenza dell'oro ebraico! Abbiam letto gli atti di quel processo, tradotti dalla Verona fedele, e sfidiamo chiunque li leggerà a non vedervi per entro il fine prestabilito di salvare ad ogni patto il reo. È un processo che si può definire: Monumento eterno o d'insipienza giuridica o di corruzione giudaica!» ( 'La Civiltà Cattolica', .23 genna. 1893, pp. 281-286). OBIEZIONI ALLA TESI DELL'OMICI DIO RITUALE Ci sono vari libri assai recenti che cercano di ridicolizzare e confutare l'accusa di omicidio rituale, liquidandola come leggenda o pura superstizione, come, ad esempio, J. MAIER - P. SCHAFER: ‘Piccola Enciclopedia dell'Ebraismo’, Marietti, Casale Monferrato 1985, alle voci: sangue, omicidio rituale, profanazione delle ostie. Anche nel ‘Dizionario comparato delle religioni monoteiste: Ebraismo Cristianesimo, Islam’, Piemme, Casale Monferrato 1991, alla voce 'sangue' si legge: "Benché LA FAVOLA dell'assassinio rituale sia stata spesso confutata dalla Chiesa, essa è servita più volte come pretesto per pogrom e persecuzioni" (p. 529). A noi risulta invece l'esatto contrario, come dalla decretale 'Etsi Judaeos' di Innocenzo III, con i suoi richiami a "pratiche nefande, contra fidem catholicam detestabilia et inaudita". Oltre al libro di PAUL J OHNSON : ‘ Storia degli Ebrei’ , Longanesi, Milano 1987 (pp. 233-36), ve n'è uno in particolare che tratta con una certa serietà ed in dettaglio il problema del sacrificio rituale riguardo al martirio di San Simonino di Trento, e che pone obiezioni all'apparenza più serie, non avendo la pretesa, come gli altri, di liquidare in due righe l'accusa, ridicolizzandola come se fosse una favola. Intendo parlare di A.ESPOSITO-D. QUAGLIONI ‘I processi contro gli ebrei di Trento’, Cedam, Padova 1990. Sul quale mi dovrò soffermare a lungo e al quale dovrò rispondere. La profanazione dell'Ostia da parte degli Ebrei "Occasione del processo - vi si trova scritto - fu la scomparsa, alla vigilia della Pasqua del 1475... del fanciullo Simone, poi ritrovato cadavere, con numerosi segni di ferite, nel fossato che, partendo dalla pubblica via... attraversava lo scantinato della casa del maggior esponente della comunità ebraica, ov'era anche la sinagoga. A denunciare al podestà il ritrovamento del cadavere furono proprio gli ebrei che nonostante ciò ed in base alla pubblica voce che li voleva colpevoli del ratto e dell'assassinio furono rinchiusi in carcere. L'inquisitio fu avviata in un CLIMA FORTEMENTE VIZIATO DALLE DICERIE POPOLARI. L'omicidio rituale imputato agli ebrei trentini non era affatto qualcosa di eccezionale, ma rientrava nella prassi normale di una setta dedita a riti stregoneschi e satanici. 42 Procedendo… soprattutto in forza delle confessioni degli inquisiti, TUTTE ESTORTE CON LA TORTURA ( 1)... il giudice decise la condanna degli ebrei di Trento. ...Un mese dopo, il 23 luglio, allarmato da quanto accadeva a Trento, a causa di numerose proteste circa il rispetto della legalità... lo stesso papa Sisto IV nominò un commissario con l'incarico di riferire sui fatti e sul processo medesimo. ...Il legato pontificio, Battista de' Giudici, ... giunto a Trento ... si trovò di fronte sia al FANATISMO POPOLARE... sia all'ostilità del Vescovo e delle autorità civili ...Convintosi dell'innocenza degli ebrei e della colpevolezza di un facinoroso, troppo frettolosamente discolpato, ...il commissario abbandonò Trento e fissò la sede del proprio tribunale a Rovereto, 'oppidum' della diocesi tridentina appartenente però al più sicuro territorio della Repubblica Veneta. ...Prima ancora di esporre le sue rimostranze sulla condotta del commissario, (il Vescovo di Trento, ndr) ... aveva confidato al fidato Zovenzoni ... di ritener che la cattiva salute del commissario, fosse un mero pretesto e che quegli si fosse stabilito in Rovereto a bella posta, essendo colà un podestà aperto fautore degli ebrei. Questi (il commissario Battista de' Giudici, ndr) dal canto suo, cita a comparire davanti al proprio tribunale il podestà di Trento, mentre questi, con lo stesso Hinderbach (il vescovo di Trento) rispose dichiarando nulli i monitoria del commissario e ACCUSANDOLO DI CORRUZIONE E DI CONDOTTA CONTRARIA ALLE ISTRUZIONI DEL PONTEFICE… Ogni successiva azione di Trento è.... rivolta a ritorcere contro il commissario le accuse che questi, intanto, veniva formulando contro l'operato dei giudici tridentini... facendolo comparire come FACILE PREDA DEL DENARO DEGLI EBREI. Il commissario infatti ... aveva inol trato a Trento l'istanza dell'ebreo Jacob de Ripa, che è... detto... 'providum et discretum virum'. ...Il podestà di Trento era chiamato a rispondere presso un tribunale... in Rovereto, e con lui il Vescovo (di Trento, ndr) ed il Capitolo. Il 12 di ottobre il segretario del Vescovo di Trento... protesta solennemente in Rovereto, ...essere 'nullius valoris' l'istanza prodotta da Jacob de Ripa, poiché il commissario ha taciuto essere l'istante un ebreo, e gli 'scelleratissimi et perfidi judei semper fuerunt atque sunt persecutores et insidiatores fidei et religionis Christianae' ...Di fronte alla palese dis- cordanza tra le sentenze trentine e le risultanze dell'inchiesta del suo commissario, IL PONTEFICE (Sisto IV, ndr) DOVETTE NOMINARE UNA COMMISSIONE DI CARDINALI, incaricata di esaminare la questione... Il Vescovo (di Trento, ndr) promosse a Roma un vero movimento di curia a proprio favore, entro il quale si distinse in modo particola l'umanista Platina. IL COMMISSARIO apostolico CADDE ovviamente (non si riesce a capire perché, ndr) IN DISGRAZIA: allontanato... da Roma, prima a Benevento e poi in Linguadoca... La commissione sistina aveva concluso i suoi lavori (nel 1478, ndr)... affermando la correttezza formale del procedimento che si sarebbe svolto 'rite et recte'. Come si sa un secolo più tardi la Santa Sede autorizzò il culto locale di Simone (San Simonino), culto che ufficialmente fu abrogato dopo il Concilio Vaticano II nel 1965" (tornerò su questo punto alla fine dell'articolo, ndr). (E SPOSITO QUAGLIONI, op. cit., pp. 12-32). Per quanto riguarda le decisioni della commissione cardinalizia si può aggiungere: "Il giudice rotale accoglieva in pieno le accuse della parte tridentina, principale delle quali l'essersi il commissario sostituito indebitamente al giudice naturale, istruendo un nuovo processo, laddove i suoi compiti avrebbero dovuto esaurirsi nell'osservare e nel riferire, con particolare riguardo all'accertamento del martirio e dei miracoli. ... Battista de' Giudici era ritenuto colpevole di aver ecceduto nel mandato non osservandone le disposizioni basilari e..., di aver agito scopertamente a favore degli ebrei... L'operato del commissario era in tal modo ... dichiarato 'nullius momenti… et multipliciter irritum' mentre il podestà di Trento era liberato dall'accusa di aver agito in violazione della legalità... La Bolla pontificia fu emanata il 20 giugno 1478… in essa... si affermava che i processi tridentini si erano svolti 'rite et recte', ossia nel rispetto della legalità" (D. QUAGLIONI, Introduzione a: BATTISTA DE' GIUDICI, 'Apologia judeorum invectiva contra Platinam', RR inedita, Roma 1987, pp. 34-35). RISPOSTE Secondo il libro in questione sostenere la tesi dell'omicidio rituale "NON È DA UOMINI SANI DI MENTE" (op. cit. p. 49). Le obiezioni contenute in questo libro vorrebbero dimostrare "il ridicolo e l'assurdo della 43 leggenda dell'omicidio rituale" (ib. p. 50). Ma, anche solo ad esaminare con occhio distaccato tali obiezioni, viene spontaneo rilevare come il Papa, che pur in un primo momento si era mostrato assai scettico sul modo di condurre il processo da parte del Vescovo di Trento, tanto da inviargli un suo delegato, il commissario de' Giudici o.p. per esaminarne l'operato, abbia poi nominato una commissione cardinalizia per vedere da che parte stesse la verità, e come tale commissione cardinalizia abbia allontanato il legato romano ed abbia dato ragione al Vescovo di Trento. Ma vediamo ora di dare delle risposte più dettagliate alle varie obiezioni mosse alla tesi dell'omicidio rituale. Un'obiezione soggiacente al libro in questione è che LA PASSIONE RELIGIOSA, il fanatismo cattolico medievale è IL FLAGELLO DELLA STORIA: essa infatti o acceca o corrompe lo storico che la scrive. La risposta è facile: le testimonianze di tutti gli storici del mondo non costituiscono più - se si accetta il principio di tale obiezione - un titolo valido e bisogna allora dubitare di tutto ciò che gli storici scrivono. Ma allora la certezza storica non sussiste più, non vi è più un solo fatto in tutta la storia umana che possa scappare al naufragio. Infatti "se la passione religiosa rovina la storia, anche le altre passioni la rovinano... Ora non esiste uomo al mondo... che non sia colto da una o l'altra di queste tre grandi passioni, vale a dire: la passione politica, quella di scuola e quella religiosa... Ma politica, scuola, religione è tutto il campo della storia... Siete ben sicuri, per esempio, che la battaglia di Farsalo è stata vinta da Giulio Cesare o anche che è realmente esistita una battaglia di Farsalo? ... Chi può dirci che degli uomini passionali non si siano fabbricata una battaglia di Farsalo secondo la propria convenienza... La morte di Giulio Cesare, ci diranno i nostri scettici, è una pura invenzione di Antonio e di Ottavio. Vi erano tali e tanti vantaggi per loro a raccontarcela in tale modo! Cesare invece è caduto colto da apoplessia ai piedi della statua di Pompeo... La passione in realtà può ingannare un individuo... ma la passione non può ingannare tutti gli uomini, né fare che tutti gli uomini si ingannino su un fatto di ordine pubblico; poiché in un campo così vasto la passione degli uni incontra sempre la passione contradditoria degli altri… È ciò che permette che vi sia una verità storica in questo mondo" (P. CONSTANT, Les Juifs devant l'Eglise et l'histoire, Savahete editeur, Paris 1898, pp. 230-232). L'omicidio rituale si presenta inoltre sotto la copertura e la garanzia di poteri politici di ogni paese: Filippo Augusto e San Luigi IX in Francia, S. Enrico e Massimiliano in Germania, S. Ferdinando in Spagna, Enrico III in Inghilterra, Gregorio XIII e Sisto IV a Roma. È lecito allora mettere in dubbio la credibilità di tali uomini? Ecco una seconda obiezione che si trova nel libro di ESPOSITOQUAGLIONI, di cui stiamo trattando. Rispondo dunque che innanzi tutto vi sono tre Santi tra questi uomini; ora noi cattolici siamo tenuti a credere alla probità di coloro che la Chiesa infallibilmente mette sugli altari come modello di virtù da imitare per andare in cielo. Se costoro avessero mentito non sarebbero dei Santi ma dei calunniatori, quindi dei peccatori e dei modelli di vizio, e strada che conduce all'inferno (absit!). Se però il nostro lettore non avesse la fede, tale argomento non varrebbe e, perciò, scendo al livello di ragione naturale. Il problema dell'esistenza dell'omicidio rituale si fonda sull'AUTORITÀ (io credo che Giulio Cesare o Napoleone sono esistiti anche se non li ho mai visti perché vi è un'autorità che me lo dice, e se tale autorità ha la scienza e l'onestà, posso credere all'esistenza di questi personaggi in virtù di un'evidenza estrinseca che è l'autorità di chi me lo insegna). Ora vi sono autorità giuridiche e autorità scientifiche. Ma prima e più in alto di esse vi è per noi cattolici un'autorità divinamente assistita che è l'Autorità della Chiesa di Roma e del Papa (per chi non avesse la fede darò in seguito argomenti di ordine di ragione naturale). L'AUTORITA' DELLA CHIESA Nessun cattolico può dubitare che ogni volta che interviene la Chiesa egli deve aderire alle sue sentenze senza esitare. Ora nel caso dell'omicidio rituale ci si porrà facilmente la seguente obiezione: è lo stupido oscurantismo del Medioevo che ha creato tali favole; i lumi dell'epoca moderna hanno definitivamente liquidato tali leggende dell'ignoranza e del fanatismo medievale. Ma noi rispondiamo che la Chiesa si è già espressa su questo problema (si veda, ad esempio la commissione cardinalizia eretta da 44 Sisto IV); inoltre essa ha beatificato le vittime degli omicidi rituali degli ebrei, proponendoli così al culto dei cattolici assieme agli atti del loro martirio. "A nessuno, anche profano in studi teologici, può sfuggire la somma prudenza che traspira da ogni norma dei processi di beatificazione. La Chiesa procede veramente, come si suol dire, con i piedi di piombo" (PARENTE, PIOLANTI, GAROFALO, Dizionario di Teologia dommatica, ed. Studium, Roma 1957, 4° ed., p. 49). Vi è un Ufficio ed un culto pubblico di san Simone di Trento, martirizzato dagli ebrei. La Chiesa in questo caso è andata più in là che in tutti gli altri casi di beatificazioni ordinarie; per San Simonino ha fatto ciò che fa soltanto per i canonizzati (pur essendo Simonino solo un beato): lo ha infatti posto nel Martirologio Romano, al 24 marzo: "Nono Kalendas Aprilis Tridenti passio SANCTI SIMONI pueri, A JUDEIS SÆVISSIME TRUCIDATI, qui multis postea miraculis coruscavit". Benedetto XIV ha fatto un riassunto della storia del martirio del Beato di Trento (chiamato comunemente Santo, anche se non è stato ancora canonizzato ma soltanto beatificato) nella Bolla 'Beatus Andrea' del 22 febbraio 1755, nella quale leggiamo: “l'anno 1483, … SIMONE di Trento, FU MESSO CRUDELMENTE A MORTE DAI GIUDEI, IN ODIO ALLA FEDE; di questo crimine atroce ... i giudei misero in opera tutte le macchinazioni possibili, per sfuggire al castigo meritato... Sisto IV non poté rifiutare di intervenire per far sospendere il culto pubblico, che si era già iniziato a dare al B. Simone. (Questa sospensione momentanea del culto pubblico non inficia la tesi dell'omicidio rituale; infatti questo culto pubblico era nato spontaneamente presso i fedeli di Trento. La procedura regolare non era ancora iniziata e la S. Sede non era ancora intervenuta ufficialmente. Intervenne poi sotto Sisto V ed è soltanto a partire da allora che la beatificazione di Simonino conta come giudizio ufficiale della S. Sede e da allora tutto è restato fuori discussione, fino al Concilio Vaticano II come vedremo oltre ndr). FINO A CHE SI MISE BENE IN PIENA LUCE CHE ERA STATO UCCISO DAI GIUDEI, IN ODIO ALLA FEDE CRISTIANA... Quando in seguito l'evidenza su questo fatto e le prove che la stabilivano furono prodotte, e fu ben dimostrata e la morte e il motivo per il quale fu inflitta, e fu constatato anche che gli assassini Papa Sisto IV erano giudei, come risulta dal processo che si conserva attualmente negli archivi segreti a Castel Sant'Angelo. ...Il papa Sisto V deliberò nell'anno 1588 un breve di concessione per la celebrazione della Messa e la recita di un ufficio proprio in onore del B. Simone, nella città e in tutta la diocesi di Trento... Tra ciò che Noi (Benedetto XIV, ndr) abbiamo concesso per il culto del Beato Andrea (martirizzato anche lui dai giudei, ndr) e ciò che i nostri predecessori hanno decretato per il culto del Beato Simone, vi è tuttavia questa differenza , che IL NOME DEL BEATO SIMONE E' STATO ISCRITTO, DIETRO ORDINE DEL PAPA GREGORIO XIII, NEL MARTIROLOGIO ROMANO...”. Vi è stato dunque un giudizio della Chiesa riguardo all'omicidio rituale di Simonino, che si chiama BEATIFICAZIONE. "Questo giudizio è di ordine inferiore alla Canonizzazione in cui l'infallibilità del Papa interviene e rende tale atto irreformabile. Non è questo il caso della Beatificazione. Ma essa resta, al di sotto della canonizzazione, il decreto più forte e importante che possa dare la Chiesa... Da che Roma si è riservata le cause di beatificazione, tali decreti restano IMMUTABILI DE FACTO, come la canonizzazione lo è di diritto... È... per rendere impossibile ogni disprezzo sul pensiero della Chiesa che Gregorio XIII ha proceduto, riguardo al martirio di Trento, ad un atto talmente eccezionale che appare solo in questo caso nella storia della Chiesa. ...Gregorio XIII iscrisse il fanciullo di Trento al Martirologio e non sotto la Voce di 'Beato' ma sotto quella di 'Santo' (“passio SANCTI Simonis pueri”)... Da qui a concludere all'equivalenza con un decreto di canonizzazione sarebbe eccessivo... Dal momento in cui i Papi indicano che si può procedere alla can- 45 onizzazione, la canonizzazione implicita non segue necessariamente... Ma resta fermo che, al di sotto del decreto infallibile (di canonizzazione) la testimonianza dei decreti di beatificazione è... la più importante che possa rispondere, in questo mondo, della verità storica di un fatto; e che l'atto che esprime tale testimonianza è l'atto della suprema autorità spirituale della Chiesa. Quindi negare la realtà del fatto affermato (Simonino ucciso dagli ebrei in odio alla fede, ndr) non sarà un'eresia, ma un'affermazione TEMERARIA" (P. CONSTANT, op. cit., pp. 241-246). Infine, per concludere, un'ultima obiezione, mossa, niente meno, dal commissario pontificio Battista de' Giudici o.p. (che mostra o la sua ignoranza colpevole, essendo un Vescovo domenicano, o la sua malafede, come apparirà chiaro dalla nostra risposta). Per il de' Giudici il martirio doveva essere un atto cosciente o volontario da parte della vittima; "in particolare egli negava che i bambini potessero essere martiri e santi, in quanto, per definizione, essi non possono fare nessun atto di volontà, quindi non hanno alcun merito proprio anche se sono uccisi" (A. ESPOSITO- D. QUAGLIONI, op. cit., p.75). Anche il lettore che non è sacerdote e domenicano sa benissimo che la Chiesa ha canonizzato i Santi Martiri Innocenti, fatti uccidere da Erode in tenera età. San Bernardo scrive: "Saranno stati martiri agli occhi tuoi, mio Dio, anche coloro nei quali né l'uomo né l'Angelo hanno potuto scoprire un merito ma che il singolare favore dalla tua grazia ha voluto arricchire. ...'Pace agli uomini, anche a quelli che non hanno ancora l'uso della propria volontà': ecco il mistero della mia misericordia (dice il Signore)". Noi, battezzati con l'acqua, dobbiamo rendere gloria a questi neonati battezzati nel proprio sangue. "I fanciulli che vennero uccisi in odio alla fede (SS. Innocenti) SI DICONO VERI MARTIRI, perché in questo caso l'accettazione della volontà fu supplita da una grazia particolare" (ROBERTI-PALAZZINI, 'Dizionario di Teologia morale', ed. Studium, Roma 1968, 3° ed., voce 'martirio', p. 962, vol.II). L'AUTORITA' DELLA S. SCRITTURA E DELL'ARCHEOLOGIA: I SACRIFICI U MANI NELL'ANTICO TESTAMENTO "La religione legittima in Israele condanna qualsiasi sacrificio umano (Lev. 18, 21; 20, 2-5; Deut. 12, 31; 18, 9ss; e spesso nei profeti); sono un'empietà dei Cananei e sono proibiti con severità. ESSI FURONO PRATICATI (cf. I Reg. 16, 34; II Reg. 16, 3; 21, 6) NELLA RELIGIONE POPOLARE contaminata appunto per influsso cananaico. ...Severe sono le condanne ripetute frequentemente dai profeti (Mi. 6, 7, Ier. 7, 31; 19, 5; 32, 35; Ez. 16, 20 ss.). Queste documentano L'INFILTRARSI DI RITI ABOMINEVOLI FRA GLI ADORATORI DI JAHWEH, e quanto essi fossero estranei al vero spirito della religione ebraica" (F. SPADAFORA, 'Dizionario biblico' ed. Studium, Roma 1963, 3° ed., voce ' sacrificio', p. 536). Ora non essendo più la religione attuale degli ebrei la Mosaica, ma la rabbinico-talmudica, contaminata quindi dalla càbala spuria egiziano-babilonese (come dimostrerò nell'articolo sulla càbala), non ci si stupisce che proprio gli stessi sacrifici umani "che erano praticati nella religione popolare" (F. SPADAFORA, op. cit. ) si siano infiltrati di nuovo tra i figli carnali di coloro che adoravano Jahweh, di cui non conservano più lo spirito che vivifica, mentre tengono la lettera che uccide. Queste verità vengono confermate, come scrive mons. Spadafora, dai profeti ispirati; SONO pertanto DIVINAMENTE RIVELATE. Sentiamo Geremia: "I FIGLI DI GIUDA HANNO INNALZATO ALTARI A TOPET, AFFINE DI CONSUMARVI NEL FUOCO I LORO FIGLI E LE LORO FIGLIE" (7, 31). Moloch "è la divinità cananea Milk... alla quale erano offerti sacrifici umani, come dimostrano le recenti scoperte archeologiche... Il Vecchio Testamento alla divinità Moloch sempre congiunge e riferisce i SACRIFICI UMANI IN PARTICOLARE DI BIMBI (Lev. 18, 21; 20, 2-5; I Reg. 11, 7, Ier. 32, 35, ecc). ESSI VENIVANO SGOZZATI (Bz. 16, 21) E QUINDI POSTI A BRUCIARE SU UNA GRIGLIA" (F. S PADAFORA , op. cit. voce 'moloch', p. 419). La scienza archelogica conferma dunque anche oggi ciò che Dio ha rivelato e ciò che i nostri occhi stenterebbero a credere, se non vi fossero tante e tali prove che possono essere definite schiaccianti senza paura di esagerare. AUTORITÀ GIUDAICHE: IL TALMUD «Già nella parte più antica del Talmud, detta Mischna, vi è espressa l'opinione che "andare attraverso il fuoco" (4 Re 16, 3, 17, 17) non accennasse ad un sacrificio umano, ma 46 soltanto ad una cerimonia simbolica di purificazione... Solo nel Talmmd posteriore si trova la descrizione di UN SIMULACRO DEL DIO MOLOCH CHE VENIVA FATTO ARROVENTARE E NELLE CUI BRACCIA SAREBBERO STATI GETTATI DEI BAMBINI VIVI. Cf. presso Kortleitner, 'De polytheismo'. 216 sgg., il materiale raccolto a questo riguardo» (I. S CHUSTER - G.B. H OLZAMMER , 'Manuale di storia biblica, il vecchio Testamento', SEI, Torino 1951, p. 794). "Moloch... (è) il nome di un idolo a cui gli Ebrei del tempo dei re sacrificavano vittime umane nella Valle di Hinnon (Geenna) presso Gerusalemme (II - IV Re, XXIII, 10; Ger. XXXII, 35). ... È CERTO che NEI PERIODI DI SINCRETISMO religioso, GLI EBREI USARONO NEL CULTO DI MOLOCH VITTIME UMANE… OFFRENDO BRUCIANDOLI IN OLOCAUSTO I PROPRI FIGLI" (G. RICCIOTTI, 'Enciclopedia italiana Treccani', Roma 1951, vol XXIII, voce 'Moloch p. 587). LE AUTORITÀ GIURIDICHE Dopo aver parlato dell'autorità divina della Chiesa e della S. Scrittura scendiamo ora all'ordine naturale, che è il dominio di tutti, credenti o meno. In tale ordine vi sono delle autorità giuridiche e scientifiche. Vediamo le prime. I re che a causa dell'omicidio rituale hanno cacciato dai loro regni gli ebrei, hanno proceduto giuridicamente, altrimenti avrebbero agito da tiranni che non si curano dei loro soggetti, ed avrebbero veramente angariato ingiustamente gli ebrei. Se si obietta che mancano oggi i resoconti dei processi intentati loro riguardo all'espulsione, rispondo che non è possibile farli ritornare all'esistenza dal fuoco che li ha distrutti, o dai terremoti che hanno devastato nel corso della storia molti archivi in cui si trovavano. (Nel caso di S. Simone di Trento, invece, il resoconto è ancora esistente negli archivi segreti vaticani). Va detto inoltre che non vi sarebbero quasi mai criminali condannati giuridicamente se tali fossero solo coloro di cui gli archivi pubblici mantengono il resoconto degli interrogatorii. Dove si trovano ora, per esempio, i resoconti degli interrogatorii di Verre, il pretore siciliano difeso da Cicerone? È vero che possediamo le arringhe del suo avvocato, ma queste non sono i resoconti formali di un processo, allora Verre sarebbe il più inno- cente e il più perseguitato di tutti gli uomini perché oggi non possediamo gli atti del suo processo? NO! Per questo si può dire che gli ebrei sono stati condannati giuridicamente (come e più di Verre, nel caso di Trento ad esempio), innanzi tutto perché la storia ce lo testimonia, in quanto i re cristiani - di cui ho citato i nomi - furono tra i più giusti che la storia abbia conosciuto e furono canonizzati dalla Chiesa. Se questi fossero stati ingiusti procedendo non giuridicamenmente contro gli ebrei, la Chiesa offrirebbe all'imitazione dei fedeli modelli che non porterebbero in cielo ma all'inferno, perché ingiusti e falsi; ma noi cattolici sappiamo che la Chiesa nel canonizzare è infallibile, cioè che è infallibilmente vero che l'imitazione degli esempi di tali Santi porta sicuramente in paradiso! Inoltre gli atti del processo di Trento erano conservati ancora sotto il pontificato di Benedetto XIV negli archivi di Castel Sant'Angelo e prima che le truppe piemontesi entrassero a Roma, furono trasferiti nella biblioteca vaticana ('La Civiltà Cattolica' li ha pubblicati per esteso negli anni 1881 e 1882), per ordine di Pio IX e, col permesso di Leone XIII, possono essere esaminati dagli studiosi. LE AUTORITÀ SCIENTIFICHE La storia è una scienza, cioè una 'cognitio certa', che offre la certezza dell'esistenza del fatto storico, certezza estrinseca o di credibilità, fondata sulla credibilità intrinseca del testimone. Si ha quindi una certezza morale dell'esistenza del fatto storico (qui dell'omicidio rituale). In Storia le autorità sono gli uomini di scienza storica, di probità storica e di discernimento storico. E per quanto riguarda l'omicidio rituale tali autorità sono i Papi e i Bollandisti. I PAPI E LA LORO SCIENZA STORICA Ritengo che non sia necessario insegnare a nessuno (salvo ai testimoni di Geova e forse a certi "tradizionalisti") che i Papi sono sempre stati stimati tra gli uomini più sapienti della loro epoca; qui presento, a fedeli e non, l'autorità della loro SCIENZA UMANA e non parlo dell'assistenza dello Spirito Santo che li rende infallibili. Ora ciò che i Papi conoscono meglio, dopo la teologia e il diritto canonico, è la storia dell'umanità, che coincide in gran parte con quella sacra e con quella della Chiesa. 47 La loro probità storica Normalmente (salvo qualche rara eccezione, che conferma la regola) la figura del Papa si presenta nella storia con un riflesso di onestà che dovrebbe contraddistinguere ogni ministro di Dio. Il loro discernimento storico Parlo di discernimento, infatti la prudenza dei Papi è proverbiale; immaginiamoci allora con quale maturità e ponderazione i romani Pontefici dovettero trattare una materia così delicata come quella che stiamo esaminando. I BOLLANDISTI E LA LORO SCIENZA STORICA Dopo i Papi, i Bollandisti sono i più esperti conoscitori di tale materia storica. Il loro nome deriva da Jean Bolland, che "...s'era guadagnato pur reputazione di brillante professore e le sue conoscenze dell'antichità giustificavano la scelta dei superiori" (Enciclopedia Italiana Treccani, vol. VII, voce Bollandisti). La loro probità storica Il carattere di Bolland è al di sopra di ogni attacco, il primo che lo criticò fu Voltaire, il meno serio di tutti gli uomini, il cui motto era “calunnia, calunnia qualche cosa resterà”. Il loro discernimento storico Se ci fosse un rimprovero da muovere ai Bollandisti, sarebbe piuttosto di aver difeso ad oltranza i diritti della storia. Senza aver nulla in comune con la scuola scettica, i Bollandisti hanno spinto - nell'esame delle testimonianze - la severità al massimo, se peccato c'è stato (riguardo soprattutto ai neoBollandisti) c'è stato per eccesso di severità e di critica storica e non per difetto o credulità; in breve i Bollandisti non raccontano favole ma sono storici seri. Ora tale estrema severità, non ha impedito loro di scrivere più volte sull'omicidio rituale. (Per quanto riguarda il martirio di Simonino cf. B OLLANDISTI , vol. X degli ' Atti dei Santi', Tomo 3°, 24 marzo). IL RACCONTO DEL MARTIRIO «Nelle loro confessioni... tutti i nove principali imputati fornirono una versione più o meno concorde degli scopi e del rituale dell'omicidio 'in vilipendium christianae fidei': condotto il bambino ancora vivo nella camera che precede la sinagoga..., Samuele avrebbe legato un fazzoletto intorno al collo del piccolo, che il vecchio Mosè, seduto in uno scanno, teneva sulle ginocchia, perché non si udissero i lamenti. Quindi Mosè con una tenaglia di ferro avrebbe inciso la mascella destra di Simone, seguito da Samuele e Tobia, che intanto, alternandosi con Mohar, avrebbero raccolto il sangue in una scodella. Tutti i presenti avrebbero poi punto il bambino in tutto il corpo con aghi a pomello, recitando maledizioni all'indirizzo dei cristiani. Sempre con la stessa tenaglia sarebbe stata poi incisa la tibia destra, mentre con un coltello il vecchio Mosè avrebbe praticato al bambino una sorta di circoncisione. Simone è stato dunque tenuto, 'iam quasi semi mortuum', eretto sullo scanno con le braccia tese ' in forma crucifixi ', mentre tutti gli intervenuti avrebbero ripreso a pungerlo con gli aghi per tutto il corpo, ripetendo le maledizioni all'indirizzo dei cristiani. Il bimbo sarebbe morto proprio in questi frangenti, dopo essere stato tormentato per circa mezz'ora. Tutti gli inquisiti risultano anche bene informati sulle finalità pratiche del rito omicida... Samuele risponde che nel lontanissimo passato, prima che la fede cristiana divenisse tanto potente, i più saggi tra gli ebrei della regione di Babilonia, stabilirono che il sangue di un bambino cristiano 'ita interfectus ' sarebbe stato di gran giovamento alla salute delle anime dei giudei, ma alla condizione che...'interficentur ea forma qua fuit interfectus Jesus' » (A. E SPOSITO - D. Q UAGLIONI , ' Processi contro gli ebrei di Trento', Cedam, Padova 1990, pp. 71-72). Per avere maggiori dettagli si può consultare lo stesso volume da pagina 109 a 454, che riporta gli atti del processo. Oppure 'La Civiltà Cattolica' [Serie XI, vol.VIII, fasc. 752, (8 ott. 1881) - fasc. 753 (29 ott. 1881) - fasc. 754 (12 nov. 1881) fasc. 755 (26 nov. 1881) - fasc. 756 (10 dic. 1881); Vol. IX, fasc. 757 (31 dic. 1881) - fasc. 758 (14 genn. 1882) -fasc. 759 (28 genn. 188") - fasc. 760 (11 febbr. 1882) - fasc. 761 (25 febbr. 1882); Vol. X, fasc. 761 (8 apr. 1882) - fasc. 763 (24 mar. 1882) - fasc. 766 (13 mag. 1882) - fasc. 767 (27 mag. 1882) - fasc. 768 (10 giu. 1882)]. I FRANCESCANI OSSERVANTI E “LA CAMPAGNA DI ODIO ANTIEBRAICO” «A Trento... non c'era bisogno delle prediche di Bernardino da Feltre per dar vita al sospetto di omicidio rituale, come vuole 48 una tradizione, oggi peraltro discussa. Abbia o meno Bernardino profetizzata la triste vicenda della Pasqua del 1475 (l'uccisione di S. Simonino ndr)... certo è che il CASO TRENTINO DEVE ESSERE MESSO IN RELAZIONE CON LA CAMPAGNA DI ODIO ANTIEBRAICO PROMOSSA SUL SECONDO QUATTROCENTO SOPRATTUTTO DAI FRANCESCANI OSSERVANTI, contestualmente alla polemica contro il prestito usuraio ed in favore dei Monti di Pietà. La lotta contro le usure diviene anzi tutt'uno con la polemica contro gli ebrei, e il Monte di Pietà l'espediente per sovvenire i poveri... e così “evitare la rabiosa voragine de le usure et rabiosa perfidia et dura cervice de' Iudii, usurpatori delle substantie et SUCCATORI DEL SANGUE de li cristiani”. È quanto si legge, ad esempio, nel proemio degli statuti del Monte Pio di Rieti, dettati dallo stesso Bernardino da Feltre nel 1489, dove il riferimento all'uso del SANGUE CRISTIANO e quindi all'omicidio rituale non è soltanto un'allusione retorica, ma l'affermazione di una pratica abituale associata all'esercizio dell'usura. Il nesso tra usura e omicidio rituale era del resto già presente... nella 'Storia di Simone' di Giovanni Mattia Tiberino, uno dei medici che avevano eseguito la perizia sul cadavere del bambino. Anche Brescia, città di provenienza del Tiberino... aveva visto il violento intervento dei predicatori francescani, che negli anni 1440 prima, con la presenza di Bernardino da Siena, e quindi, negli anni 1460, di Giacomo della Marca e Michele Carcano; predicazione che, dopo i fatti di Trento, porterà all'espulsione degli ebrei dalla città...» (A. ESPOSITO D. QUAGLIONI, op. cit., pp. 61 - 63). Ma vediamo un po' chi fossero questi terribili predicatori francescani fomentatori di una “campagna di odio antiebraico” ed operatori di “interventi violenti”. Il primo è il BEATO BERNARDINO DA FELTRE Nato a Feltre nel 1439, fu battezzato col nome di Martino ed assunse quello di Bernardino in onore di S. Bernardino da Siena, di cui rinnovò la prodigiosa attività di predicatore e di Santo, entrando il 14 maggio 1456 a Padova, tra i Frati Minori Osservanti della provincia veneta. «Fanciullo di ingegno precoce, avido di letture, fece rapidi progressi negli studi umanistici, tanto che a 11 anni leggeva e parlava il latino con facilità... Studente di diritto a Padova, era ammirato da tutti per la serietà della condotta e l'intelligenza... Quando predicò nella città il francescano S. Giacomo della Marca, discepolo di S.Bernardino da Siena, la sua parola finì per convincerlo e Bernardino prese l'abito dei frati minori... Dal 1469 (anno in cui fu nominato predicatore ndr) fino alla morte non cessò di predicare e percorse tutta l'Italia centro-settentrionale... Molte volte a piedi scalzi, trovandosi spesso in frangenti difficili per le avverse condizioni atmosferiche...l'espulsione da parte dei principi, l'ODIO DEGLI USURAI E DEGLI EBREI... Le sue prediche attiravano uditori senza numero e se lo contendevano le città più illustri... Promotore dei Monti di Pietà... nonostante la forte opposizione della maggior parte dei suoi confratelli, sostenne, da esperto giurista, che era lecito esigere il pagamento di un modesto interesse sul mutuo, necessario al funzionamento della organizzazione bancaria. Contro l'usura fu inflessibile. Una grave lotta sostenne a Trento quando nel 1476 ACCUSÒ GLI EBREI DI STROZZINAGGIO e al fondo della sua drammatica cacciata da Firenze... ci fu il risentimento della Signoria contro quel frate... che aveva denunziato le angherie fatte alla povera gente da prestatori senza coscienza... Bernardino incontrò sereno la morte a Pavia il 28 settembre 1494... Venerato subito dal popolo, il suo culto fu confermato nel 1654 per l'Ordine francescano e le diocesi di Feltre e di Pavia. I Minori ne celebrano la festa il 28 settembre» (G. S ABBATELLI ' Biblioteca Sanctorum' , Città Nuova ed., Roma 1962, vol.II, pp. 1289 - 1293). «L'implacabile lotta iniziata a Trento nel 1476 contro gli usurai, specialmente ebrei, ... gli valse lo sdegno di alcuni di questi, e perfino ATTENTATI ALLA VITA...» (F. CASOLINI , ' Enciclopedia Cattolica', Città del Vaticano 1949, vol. II, p. 1406). Cerchiamo di vedere in dettaglio la profezia che il Beato fece, del martirio di S. Simonino. «Nell'anno 1475, Bernardino predicò la Quaresima a Trento; fu allora che cominciò a predicare contro i giudei, dei quali non cessò fino alla morte di denunciare le perfidie ed i crimini... Rimproverò agli abitanti di Trento di essere troppo familiari con loro... SI ATTIRÒ COSÌ LA MALEVOLENZA DI ALCUNI CRISTIANI, CHE PRETENDEVANO CHE BERNARDINO AVESSE TORTO AD ATTACCARE 49 DELLE PERSONE CHE, SALVO LA FEDE, ERANO PERBENE. “Voi non sapete” rispose l'uomo di Dio, “quale crimine stanno preparando contro di voi questi pretesi uomini perbene. Ma Pasqua non passerà senza che i giudei vi diano un segno della loro bontà”. Venne così il martirio della Settimana Santa, e mentre che i cristiani si preparavano a celebrare i misteri della Passione del Salvatore, i giudei complottavano di immolare un fanciullo cristiano e di bere il suo sangue durante le loro infami cerimonie degli azzimi... un certo Tommaso rubò un bambino di 2 anni e 5 mesi, chiamato Simone, ... E durante la notte questa vittima innocente fu immolata dal furore dei giudei...» (MGR. PAUL GUERIN, 'Le palmier séraphique ', Bar-le-Duc edit., s. l. 1873, IX vol., pp. 515 - 16). A Crema Bernardino predicava così : «Non BISOGNA NUOCERE LORO in nulla, né in quanto alle loro persone, né nei loro beni. La GIUSTIZIA E LA CARITÀ CRISTIANE DEVONO ESERCITARSI ANCHE RIGUARDO DEI GIUDEI, poiché hanno la nostra stessa natura... MA non è men vero che LE LEGGI CANONICHE PROIBISCONO ESPLICITAMENTE DI FREQUENTARLI TROPPO ASSIDUAMENTE e familiarmente; di SCEGLIERLI COME MEDICI... (ricordo San Simonino di Trento come S. Bernardino raccontasse sovente che un medico ebreo ad Avignone si vantava sul suo letto di morte di aver ucciso, invece di guarirli, più di duemila malati cristiani...). Di assistere alle loro feste... Gli usurai ebrei passano ogni misura; strozzano i poveri e s'ingrassano della loro sostanza» (Mgr. PAUL GUERIN, op. cit., P. 518, 522-524). Ora come può un Beato che ha operato tanti miracoli e che ha condotto una vita sì santa essere fomentatore di ”ODIO antiebraico”? Ho riportato le sue stesse parole in cui afferma che bisogna usare anche verso i giudei la CARITÀ cristiana e che non è lecito far loro del male; però il Beato raccomanda la prudenza nel trattare con i giudei in quanto essi sono i persecutori di Cristo e dei cristiani: “Sinagogæ judeorum fontes persecutionum”, diceva già Tertulliano. Perciò né odio, come dicono gli autori del libro sui 'Processi di Trento'; né tantomeno filogiudaismo o falsa carità o meglio ancora sentimentalismo filantropico nei confronti del popolo deicida. “Siate semplici come colombe, e prudenti come serpenti” ci ha detto Nostro Signore Gesù Cristo, la Sapienza Incarnata. Per quanto riguarda gli altri “fomentatori di ODIO antiebraico”, ebbene essi sono SAN GIACOMO DELLA MARCA e SAN BERNARDINO DA SIENA; non occorre qui che scriva delle loro gesta; basta il pronunciamento infallibile ed irreformabile della Chiesa che li ha canonizzati. Ora è impossibile che un canonizzato sia un fomentatore di odio, che è uno dei peccati più gravi che ripugnano e contraddicono alla Santità vera! SAN SIMONINO NON È PIÙ BEATO, IL VATICANO II È ARRIVATO! 'SHALOM', mensile ebraico d'informazione, al n.° 5 del maggio 1991 pag. 35, alla rubrica “PREGIUDIZIO”, intitola: Questo Beato è da cancellar e”. Si riferisce “Q proprio a S. Simonino e dice: «Si trattava dell'omicidio rituale e precisamente di quello che sarebbe stato perpetrato nel 1475 da ebrei di Trento su un bambino che nel 1589 venne beatificato da Papa Sisto V con il nome di Simonino. Il culto del Beato... è continuato fino a non molti anni fa. È merito di Gemma Volli (ebrea, ndr) se l'arcivescovo di Trento, Alessandro M. Gottardi, nel novembre 1963 ordinò di bruciare tutte le copie di un libretto antiebraico che veniva venduto in chiesa... e nel 1964 fece chiudere 50 la cappella dedicata al B. Simonino... In seguito l'arcivescovo proibì la decennale processione ed infine il 4 maggio 1965 la Sacra Congregazione dei Riti aboliva il culto del Beato Simonino». «La decisione - commenta la BIBLIOTECA SANCTORUM - è stata accolta con soddisfazione anche dal mondo israelita, che vede così cadere una secolare INGIUSTA accusa a suo carico e un argomento che aveva tanto peso nell'accreditare la LEGGENDA dell'omicidio rituale» (IGINIO ROGGER , 'Biblioteca Sanctorum' , ed. Città Nuova, Roma 1968, p. 1187). SOLUZIONE “ ROMA DELENDA EST”, “QUESTO BEATO È DA CANCELLARE”. Nell'articolo sul Deicidio si è visto come Jules Isaac, ai tempi del Concilio, abbia chiesto o meglio, comandato ed ottenuto, la modifica delle preghiere liturgiche riguardanti gli ebrei... L'affermazione che i giudei non sono affatto responsabili della morte di Cristo.... (come) l'origine dello schema conciliare (Nostra Aetate) fosse dovuto ad una domanda di Jules Isaac al Vaticano» (Il Deicidio, in “Sodalitium”, n.° 28 [1991] pp. 9 - 10). Ora invece vediamo come un'altra ebrea Gemma Volli abbia ordinato ed ottenuto la Il Beato Bernardino da Feltre cancellazione di un processo di beatificazione, durante il Concilio Vaticano II. Ma se solo «la canonizzazione è un atto definitivo, solenne col quale il Papa colla pienezza dei suoi poteri e coll'infallibilità di cui è investito, dichiara che il Beato è in Paradiso ed impone ai cristiani di venerarlo come Santo» mentre «La beatificazione è (soltanto) un atto preparatorio, con cui si permette il culto pubblico... di qualche servo di Dio sotto il titolo di Beato... Le sentenze di beatificazione non sono definitive, infallibili, irrevocabili... È PERÒ SEMPRE TEMERARIO SOSTENERE IN UN DATO CASO CHE LA CHIESA ABBIA REALMENTE, IN UN TAL GIUDIZIO, ERRATO» (ROBERTIPALAZZINI, 'Dizionario di Teologia morale', ed. Studium, Roma 1968, I vol., p. 188). Ora mi sembra lecito di poter concludere che la nuova religione del Vaticano II ha affermato TEMERARIAMENTE che la Chiesa di Roma ha errato realmente nel giudizio di beatificazione di S. Simonino di Trento. Ebbene questa cancellazione è un'altra tappa nella via del cedimento, dell'abbandono e della capitolazione da parte cristiana e un'avanzamento del processo di infiltrazione e di penetrazione fino al vertice della Chiesa della càbala giudaica. Ma Nostro Signore ci ha promesso “PORTAE INFERI NON PRAEVALEBUNT ADVERSUS EAM”; umanamente parlando assistiamo allo scacco e alla sconfitta (come il Venerdì Santo contempliamo la morte e l'umiliazione dell'umanità di Nostro Signore Gesù Cristo), ma coll'occhio della fede crediamo nella vittoria gloriosa (come la Domenica di Pasqua contempliamo la Risurrezione di Nostro Signore Gesù Cristo): “Regnavit a ligno Deus” “Surrexit vere, Alleluja!” Nota (1) Per quanto riguarda la liceità della TORTURA, leggasi: P. PALAZZINI, 'Enciclopedia Cattolica', Città del Vaticano 1954, vol. XII, col. 342 - 343. «La liceità o meno della tortura si può presentare sotto due aspetti: quello dell'applicazione della tortura come pena; l'altro come mezzo di indagine. Non si può dubitare della liceità della tortura; come pena afflittiva supposta la liceità della pena di morte.... La questione della liceità dell'applicazione della tortura come mezzo di indagine giudiziaria, su individui già indiziati più o meno gravemente, allo scopo di 51 carpirne la confessione giudiziaria, ha avuto soluzioni diverse. Per alcuni, ... il bene comune può esigere che l'imputato venga sottoposto anche a mezzi costrittivi, quali la tortura... Lo svantaggio di non riuscire a scoprire l'autore di un determinato delitto provocherebbe a volte danni ben maggiori alla società di quanti non ne possano venire dalla violazione della libertà nell'esigere e volere la manifestazione di un determinato individuo (J. D E LUGO, 'De iustitia et iure', disp. XXXVII, ed. Fournialis, VII, Parigi, 1869, p. 724). Tuttavia è fuor di dubbio, che anche in tal corrente di pensiero, per essere lecita la tortura deve essere contenuta entro limiti ben definiti... (cf. S. A LFONSO M. DE ' L IGUORI , 'Th. mor.', IV, cap. 3 a 3, n° 202, II)». Vi è stato inoltre il pronunciamento del Magistero pontificio che rendeva lecito l'uso della tortura (cf. Innocenzo IV, Bolla ' Ad extirpanda', 15.5.1252 - Clemente IV, Bolla ' Ne Inquisitionis' , 13.1.1266 - Clemente V, Decretali del Concilio di Vienne - Urbano IV, Bolla 'Ut negotium', 1262). Ed infine la pratica della Chiesa, che per secoli e secoli si è valsa della tortura come mezzo di indagine giudiziaria. RECENSIONE IL PROBLEMA DELLE PREGHIERE DELLA NUOVA MESSA Segnaliamo ai lettori che capiscono l’inglese (in attesa di traduzioni in italiano e francese) l’ottimo libretto di Padre Anthony Cekada, un sacerdote amico che vive negli Stati Uniti. “The problems with the prayers of the Modern Mass” diventerà uno studio indispensabile per completare la critica al Novus Ordo Missae. Può essere richiesto all’editore (Tan Books and Publishers Inc., P.O. Box 424, Rockford, Illinois 61105 USA) o presso la rivista Sacerdotium (IInstauratio Catholica 1409 West 14 Mile Road, Suite 300 Madison Heights , Michigan 48071 - 1055, USA). Il prezzo è di 3 $ (più spese postali). Per invogliarvi alla lettura, vi anticipiamo la presentazione del libro fatta dall'editore… « Quando, nel 1969, fu introdotta la nuova messa, molti Cattolici erano convinti che le orazioni o del proprio della Messa (collette, segrete e postcommunio) fossero le stesse della liturgia tradizionale della Chiesa che, in alcuni casi, nel rito latino, risalivano al 150 dopo Cristo. Fu solo nel 1986, quando la Sacra Congregazione dei Riti cominciò “poco a poco a pubblicare le nuove preghiere insieme alle antecedenti” (pag.6), che i ricercatori furono in grado di confrontare le preghiere della nuova messa con quelle dell’antica liturgia cattolica. “I problemi delle preghiere della messa moderna” è il primo studio che si occupa di tale confronto. Il risultato è al tempo stesso impressionante e inconfutabile. In questo agile, dotto e ben documentato libro, Padre Cekada dimostra come quasi tutti i concetti tipicamente cattolici siano stati eliminati dalle preghiere del Novus Ordo Missae e sostituiti da espressioni assai blande, che non offendono alcuno. Sono sparite parole quali “sacrificio”, “riparazione”, “inferno”, “la gravità del peccato”, “le insidie del male”, “il fardello del male”, “avversità”, “nemici”, “i mali”, “tribolazioni”, “afflizioni”, “infermità dell’anima”, “durezza di cuore”, “concupiscenza del cuore o degli occhi”, “indegnità”, “tentazione”, “cattivi pensieri”, “gravi offese”, “perdita del cielo”, “morte eterna”, “punizione eterna”, “frutti proibiti”, “colpa”, “eterno riposo”, “vera fede”, “meriti”, “intercessione”, “comunione dei santi”, “fuoco dell’inferno”, ecc. Nessuno può contestare le scoperte dell’autore che non solo le documenta con circa cinquecento citazioni dai testi del vecchio e nuovo Messale, ma in molti casi, pubblica, una a lato dell’altra, le nuove e le vecchie preghiere e le offre all’esame del lettore. “I problemi delle preghiere della nuova messa” presenta i fatti in modo non emozionale ma scientifico e rivela con un’evidenza che sconcerta quanto il contenuto delle preghiere del proprio del Novus Ordo Missae sia stato sistematicamente decattolicizzato ». 52 LA VIA REGALE di Mons. Guérard des Lauriers Prima stazione GESÙ VIENE CONDANNATO A MOR TE Beati coloro che hanno fame e sete di giustizia. (1) Nessuno può essere condannato senza giudizio, ma ora sei Tu, o Signore, che sei giudicato per essere condannato! Il Creatore compare davanti alla propria creatura. Il Verbo di Verità viene a dimostrare in questo giudizio che ogni uomo è menzognero. (2) Colui al quale è rimesso ogni giudizio ( 3) riceve umilmente ciò di cui ha il possesso assoluto. Come è evidente la falsità in questo processo al Dio di Verità, affinchè siano così riscattati tutti gli errori, tutte le ingiustizie, tutte le menzogne. Signore, dammi la Tua luce, affinchè mi sia chiaro che tutto è falso nel giudizio contro di Te e come Tu, Tu solo, vi sei Vero. Ti hanno arrestato, ti trascinano via; eppure sei Tu a far dono della Tua vita. Nessuno me la toglie, ma Io da me stesso la do. (4) Ti accusano di non essere che un uomo; così facendo dimostrano di sapere che sei Dio. Cercano testimoni contro di Te che sei il Testimone, (5) sul quale si basa ogni testimonianza. I testimoni non sono d'accordo su nulla eccetto che su quest’errore: che è necessario condannare Te, il Veritiero ( 6). Cercano giustificazioni per condannare Te che sei la Verità, (7) mentre la Verità è al di sopra di ogni giustificazione. Pilato Ti chiede che cos’è la verità (8), ma egli ignora l’umile e docile attesa che sola merita la verità. Pilato si libera dalle esigenze della verità mediante una commedia: rimane nel mondo della menzogna, estraneo al regno della verità, che non è di questo mondo (9): Pilato ed Erode si mettono d’accordo (10) ma su un errore, al fine di difendersi, mediante la comunanza di questo errore, dai rimproveri della verità. Si condanna a morte Te che sei La Resurrezione e la Vita (11); Ti si condanna perchè è bene che sia uno solo a morire per il popolo: (12) e sei Tu, che sei la Vita, (13) Tu ad essere condannato, Tu che sei venuto perchè tutti abbiano la vita in abbondanza (14). I Tuoi amici, i Tuoi apostoli, coloro che dovrebbero essere i Tuoi testimoni, dal momento che sono stati con Te da principio (15), tacciono: il loro silenzio è un «no» contro di Te, poiché solo la loro parola sarebbe stata un vero «sì» per Te: chi non è con Me è contro di Me (l6). O Signore, sei giudicato e condannato dagli uomini, e non vi è un particolare del Tuo processo e della Tua condanna che non sia marcato dalla contraddizione di cui sei il segno sulla terra (l7). Ma è proprio in questo giudizio degli uomini che trionfa il giudizio di Dio; è attraverso questo giudizio in cui ogni verità è falsata, tradita, rovesciata, che sono invitati a rallegrarsi tutti coloro che hanno fame e sete di giustizia ( 18): perchè la forza radiosa del giudizio di Dio trionfa nella miserabile debolezza del giudizio dell’uomo; dal momento che la Luce rimane luce anche nelle tenebre che non la ricevono. Io convincerò il mondo riguardo al giudizio, poichè il principe di questo mondo già è stato giudicato (l9). Sì, Signore, Verbo di Verità ( 20), Satana, il padre della menzogna (21) è stato giudicato dal Tuo giudizio. Egli è sempre presente al Tuo processo, in tutti gli inganni che è abituato ad assumere per stare tra gli uomini: anche Satana è giudicato in tutto quello che è. Rallegratevi, o voi tutti che avete fame e sete di giustizia (22), di quella giustizia che non è se non il puro irradiarsi della Verità, rallegratevi perchè il Verbo di Verità, (23) che è il solo a non essere menzogna, trionfa, nel suo giudizio, su ogni menzogna. Pilato ed Erode, che sono d’accordo (24), ed i testimoni che non lo sono, i gelosi ed i cupidi, i capi ed i loro seguaci, gli amici ed i nemici, i timidi, i codardi... tutti, nel profondo del loro cuore, danno una testimonianza che è una menzogna, tutti sono con Satana loro padre, tutti sono qui davanti a Te, Signore, con la loro menzogna, davanti a Te che solo sei la Verità ( 25). E tutti sono condannati, tutti sono convinti riguardo al giudizio (26): e la convinzione che Tu fai sorgere in essi è che, essendo malvage le loro opere (27), essi si giudicano, tentando di giudicare Te. Così, o Signore, Tu giudichi i Tuoi giudici attraverso il loro stesso giudizio e, attraverso questo giudizio che è loro e che è menzognero, essi ricevono la loro condanna. Tu mi inviti a rallegrarmi, o Signore: beatitudine della giustizia, che trionfa nella condanna del giudizio! Questa fu la Tua consolazione, O Signore, allorchè ti trovasti, Tu solo, giusto, di fronte all’infinita menzogna. Signore, fammi entrare nel tuo stato, rendimi felice nella Tua Beatitudine, giusto nella Tua Giustizia, vero nella Tua verità. 53 Cancella dal mio cuore e dal mio spirito ogni giudizio che non sia l’accettazione infinitamente docile della Tua Luce. Ciò che Tu ripudi, con il Tuo giudizio e la Tua condanna, non è questo o quel giudizio, bensì ogni giudizio che non si risolva totalmente in Te, che si allontani sia pur minimamente da Te. Non giudicate! ( 28) Come comprendo bene questa parola contemplandoTi davanti ai Tuoi giudici, davanti a tutti coloro che Ti giudicano... davanti a me, perchè sono proprio io che Ti giudico allorchè non accolgo verginalmente il Tuo giudizio che è l’unico vero. E ogni mio peccato è un giudizio contro di Te, ognuno di questi giudizi da me formulati e basati o soltanto sulla mia luce, oppure non esclusivamente sulla Tua, ognuno di questi giudizi è stato un peccato. O Signore, eccomi qui, confuso, davanti a Te. O menzogna infinita che è in me, o Verità infinita che è in Te! Signore, infondi nell’intimo del mio cuore, uno spirito retto (20), uno spirito che sospende ogni giudizio, poichè ogni giudizio è rimesso a Te (30). Signore, accordami la gioia di sentire tutta l’intima menzogna che porto in me, assorbita, dissolta, distrutta nella Tua Verità: gioia della Tua Verità e della Tua Giustizia; gioia per l’irradiarsi della Tua Verità e della Tua Giustizia, gioia di essere saziato, nel più profondo di me stesso, da Te di cui ho fame e sete, da Te che sei Giustizia e Verità. (l) Mt 5, 6. (2) Ps 5, 1. (3) Gv 5, 22, 27. (4) Gv 10, 18. (5) Ap 1, 5. (6) Ap 19, 11 (7) Mr 12, 14. (8) Gv 18, 38. (9) Gv 18, 36. (10) Lc 23, 12. (1l) Gv 11, 25. (12) Gv 11, 50. (13) Gv 5, 26. (14) Gv 10,10. (15) Gv 15, 27. (16) Mt 12, 30. (17) Lc 2, 34 (18) Mt 5, 6. (19) Gv 16, 11. (20) II Cor 6, 7. (21) Gv 8, 44. (22) Mt 5, 6. (23) II Cor 6, 7 (24) Lc 23, 12. (25) Gv 14, 6. (26) Gv 16,11. (27) Gv 3, 19; 7, 7. (28) Mt 7, 1. (29) Ps 50, 12. (30) Gv 5, 22. Vita dell'Istituto Grazie alla generosità di alcuni fedeli, più di quattro milioni di offerte in denaro, sono servite ad aiutare alcune famiglie bisognose, anche questo Natale. Un solo giorno di vendita pubblica (al mercato della Crocetta di Torino), insieme alle molte elemosine raccolte durante l'Avvento, hanno permesso tale risultato e rincuorato persone sole e famiglie numerose. A Roma, il 7 dicembre 1991, è stato ricordato Franco Antico con una Messa in suffragio celebrata da don Nitoglia, che ha visto riuniti intorno all'altare la madre di Franco Antico, i suoi amici e collaboratori di un tempo. Chi conosce la storia delle prime coraggiose battaglie per la difesa della S. Messa non ignora il ruolo svolto da Franco Antico il quale fu anche tra i primi in Italia a far conoscere il Sedevacantismo. Tra arrivi e partenze siamo in dieci a Verrua; ultima venuta, Catherine Chleq, da Annecy. La casa è sottosopra per i lavori di ristrutturazione, il che non ha impedito ai se- minaristi di studiare… e di essere promossi agli esami di metà anno. Auguriamo a tutti una fruttuosa Quaresima ed una Santa Pasqua, a coronamento dei suggestivi riti della Settimana Santa. L'Istituto ed i poveri Il nostro Istituto viene abitualmente in aiuto di persone che si trovano in difficoltà economiche. Le entrate derivate dalla vendita di beneficenza, da alcune sovvenzioni di enti, dalle offerte dei fedeli, ci hanno permesso di svolgere alcune opere di carità. Nel 1991 l'Istituto ha ricevuto, come somma da destinare ai poveri, £ 9.134.500, ed ha distribuito, senza contare i doni in natura (vestiario, generi alimentari, ecc.), £ 10.064.500. Ricordiamo che le vostre offerte ci daranno, in avvenire, l'opportunità tra l'altro di sovvenire un maggior numero di poveri, di famiglie numerose e di distribuire borse di studio. 54 ALCUNE ASSURDITÀ… TRA LE TANTE! Lo Spirito Santo discese su Gesù (Vangelo) o fu ricevuto da Gesù (Giovanni Paolo II)? “Gesù di Nazareth porta a compimento il disegno di Dio. Dopo aver rice vuto lo Spirito Santo nel Battesimo (Spiritu Sancto accepto in ba ptismate), egli manifesta la sua vocazione messianica…”. Giovanni Paolo II “Enc. Redemptoris Missio”, del 7/12/1990. Scrive san Tommaso nella Somma Teologica: « Come dice sant'Agostino: È d e l t u t t o a s s u r d o a f fermare c h e C r i s t o a b b i a r i c e v u t o l o S p i r i t o S a n t o “È (Christum acce pisset Spiritum Sanctum), all'età di trent'anni: ma Egli, come venne al Battesimo senza peccato, così si presentò non privo di Spirito Santo” » (III q. 39, art. 6 ad I). Lo Spirito Santo “discese ” su Gesù al Battesimo (Luca. III, 22). Ma Gesù non poteva ricevere lo Spirito Santo, del quale aveva la pienezza come Uomo e col quale è consustanziale come Dio. Solo gli eretici Adozianisti immaginarono quanto ha scritto Giovanni Paolo II per dire che Gesù, semplice uomo, fu adottato da Dio come Figlio il giorno del Battesimo… Gli “Ortodossi” (scismatici ed eretici) sono pastori del gregge di Cristo? «Il Santo Padre Giovanni Paolo II ha scritto ai Vescovi del continente europeo “circa i rapporti fra cattolici e ortodossi nella nuova situazione dell’Europa centrale e Orientale” (31 maggio 1991). Il Papa ha ricordato nella sua Lettera che, con le Chiese Ortodosse, “vanno coltivate relazioni come tra Chiese sorelle”. Da ciò egli trae conseguenze pratiche per una coerente azione ecumenica: Per le rispettiv e gerarchie oc corre riconoscersi e rispettarsi come pastori della parte del gregge di Cristo ad essi affidata; (...). Secondo l’espressione del Papa tale atteggiamento fa parte del “nuovo metodo” e della “diversa impostazione” con cui si persegue ora lo scopo dell’unità fra cattolici e ortodossi» (OSSERVATORE ROMANO 23/1/1992, p. 5). Dio può comandare di amarLo? « “Il Signore Dio nostro è l’unico Signore. Amerai, dunque, il Signore Dio tuo con tutto il tuo cuore, con tutta la tua mente, con tutta la tua forza”. È questo un comandamento, anzi, il primo comandamento. Ma è lecito chiedersi: Si può comandare l’amore? Se teniamo conto della psicologia umana, l’amore non si comanda, ma esso sorge spontaneo, come risposta quando ci si sente amati, o quando il cuore si imbatte in un essere “unico”» (Giovanni Paolo II, Omelia del 3/11/1991 a Montemigliore. Osservatore Romano 5-6/11/1991). L’amore è un atto di una volontà libera. Ma, se Dio non può comandare la Carità, non può neppure punire chi non la osserva. A meno che, come sembra dire Giovanni Paolo II, tutti Lo amino spontaneamente, visto che Egli è un essere “unico”. Insomma, si direbbe che per Giovanni Paolo II il Primo Comandamento sia illecito (“l’amore non si comanda”) ed inutile (“esso sorge spontaneo”). O abbiamo capito male? 55 ESERCIZI SPIRITUALI DI S. IGNAZIO Per gli uomini: dal lunedi 24 agosto, ore 12, al sabato 29 agosto, ore 12. A Verrua Savoia. dal lunedi 10 agosto, ore 12, al sabato 15 agosto, ore 12. A Raveau in Francia (In lingua francese). Per le donne: dal lunedi 17 agosto, ore 12, al sabato 22 agosto, ore 12. A Verrua Savoia. dal lunedi 3 agosto, ore 12, al sabato 8 agosto, ore 12. A Raveau in Francia (In lingua francese). COLONIA ESTIVA PER I BAMBINI Per bambini di età compresa tra gli 8 ed i 13 anni, nel castel lo di Raveau in Francia. Dal martedi 14 luglio al martedi 28 luglio. Telefonare o scrivere per informazioni e prenotazioni: 0161/849335 In copertina: san Pietro e san Paolo, colonne della Chiesa Romana. 56