I RECENTI INTERVENTI NORMATIVI RELATIVI SULLA REGOLAMENTAZIONE DEL MERCATO DEL LAVORO IN ITALIA (AGGIORNAMENTO 2 MARZO 2015) (a cura del Senatore Giorgio Santini [email protected] ) Indice 1. 2. 3. 4. 5. 6. 7. Premessa (di Giorgio Santini) Introduzione La legge delega (Jobs Act) Le risorse e gli interventi nella legge di stabilità 2015 I decreti delegati (iter concluso) I decreti delegati all’attenzione del Parlamento Infografiche riassuntive 1. Premessa La pesante crisi economica che ha colpito il nostro Paese negli ultimi anni si puo’ contrastare e superare non solo grazie a misure emergenziali e congiunturali, ma soprattutto grazie ad interventi di tipo strutturale che assicurino un reale rilancio della capacità di fare impresa, di generare nuovi posti di lavoro, di redistribuire la ricchezza sulla base dei fondamentali principi di giustizia sociale e solidarietà. L’intervento realizzato dal Governo e Parlamento durante il primo anno di vita del Gabinetto Renzi sono un tassello di un piu’ generale disegno di riforma del sistema Paese, tanto ambizioso quanto necessario. Come spesso è stato ripetuto il lavoro non puo’ essere generato grazie ad uno o piu’ decreti legge. Partendo proprio da questa profonda consapevolezza il jobs act è e sarà accompagnato da interventi che toccano ambiti strategici per il Paese: la pubblica amministrazione, l’istruzione e la scuola, la giustizia, la fiscalità. Si tratta di riforme fondamentali, alcune delle quali gia’ all’attenzione del Parlamento. Non sono state trascurate in questi mesi di profonda crisi anche misure a sostegno del reddito delle fasce piu’ deboli e piu’ colpite e della domanda interna. Ne citiamo una fra tutte: gli 80 euro mensili corrisposti a circa 11 milioni di italiani con un reddito annuo inferiore ai 25.000 euro. Una misura che ha richiesto l’allocazione di 9.5 miliardi di euro, divenuta strutturale grazie alla legge di stabilità 2015 e che rappresenta uno degli sforzi piu’ imponenti degli ultimi anni per intervenire sulla domanda interna. Il Governo non ha trascurato nemmeno gli investimenti, che insieme alla domanda interna costituiscono una leva indispensabile per tornare a cresce e competere. Presso la Cassa Depositi e Prestiti è stato infatti potenziato un fondo di 1.5 miliardi di euro destinato alle aziende che vogliono uscire dalla crisi e rilanciarsi sul mercato nazionale ed internazionale. Accanto a questo il recente decreto ILVA ha modificato profondamente la legge Marzano sulle attività produttive, garantendo al capitale pubblico di entrare direttamente in alcune particolari aziende di interesse 1 nazionale per rilanciarle e affinche’ non diventino preda degli investimenti speculativi internazionali. Il contesto in cui si inserisce la riforma del lavoro voluta dal Partito Democratico ed in particolar modo dal premier Renzi sembra essere incoraggiante per due motivi: da una parte i timidi segnali di ripresa dell’economia italiana, dall’altra il nuovo impegno delle istituzioni europee che stanno gradualmente abbandonando un’austerità troppo rigida per lasciare il posto a politiche espansive che potrebbero dare buoni frutti anche in Italia. Un cambiamento di rotta, non dimentichiamolo, avvenuto grazie alla Presidenza italiana dell’Unione e all’impegno dei governi socialdemocratici europei, tra cui quello italiano. A partire da lunedi 9 marzo la Banca Centrale Europea inaugurerà una strategia denominata quantitative easing che garantirà, grazie ad a 60 miliardi al mese fino al 2016, l’acquisto di titoli di stato dei Paesi europei con l’obiettivo di garantire maggiore liquidità e maggiori risorse per il sistema bancario. Incidendo in tal modo sul credit crunch (blocco del credito verso famiglie ed imprese) che tanti danni ha provocato nella società italiana. Accanto a questo intervento finanziario il piano Juncker per gli investimenti dovrebbe sbloccare centinaia di milioni a favore di investimenti strategici per lo sviluppo economico, primo fra tutti la banda larga e l’economia digitale. Ma torniamo ai segnali di ripresa, timidi certamente, ma incoraggianti dopo un lungo ciclo di recessione che ha portato molte aziende a chiudere, molti, troppi licenziamenti e pesanti ripercussioni sui bilanci delle famiglie italiane. Il terzo trimestre 2014 si è chiuso con un inversione di tendenza per quanto riguarda il PIL: dopo molti trimestri infatti è stata registrata crescita zero, un risultato senza dubbio positivo se confrontato con il segno meno sempre presente in tutte le rilevazioni precedenti. Le previsioni ISTAT relative al primo trimestre 2015 sono incoraggianti e si attestano sul +0.1%. La medesima fonte segnala come il fatturato di ben 12 settori industriali su 23 sia in modesta crescita (dato comunque significativo alla luce delle difficoltà e i crolli degli anni precedenti). Lo spred tra i titoli di stato tedeschi e BTP si è attestato a quota 100, con benefici effetti sull’economia reale. Anche l’occupazione, per effetto degli inventivi presenti in legge di stabilità ed il taglio IRAP sembra dare segnali incoraggianti: nel solo Veneto si registra un aumento di quasi 10.000 nuovi contratti a tempo indeterminato. Sono dunque convinto che le innovazioni introdotte nel mercato del lavoro dai provvedimenti presentati in questo dossier daranno un ulteriore contributo alla ripresa economica. Qual è stata dunque la ratio del legislatore che ha sostanzialmente dedicato l’intero anno 2014 agli interventi di modernizzazione del mercato del lavoro? Penso si possa riassumere facilmente in due obiettivi strategici: 1) Far ripartire le assunzioni, incidendo con agevolazioni e semplificazioni sulla dinamica delle assunzioni, contrastando la disoccupazione in generale, quella giovanile (che ha toccato livelli inaccettabili) e quella di persone over 50 espulse dal mercato del lavoro e che con grandi difficoltà riescono a reinserirsi. 2 2) Risolvere un’anomalia divenuta negli ultimi anni condizione strutturale del mercato del lavoro in Italia Vediamo dunque di partire dalla cosiddetta anomalia italiana. Un mercato del lavoro efficiente, ordinato e sano prevede in condizioni di moderata crescita economica per la forza lavoro la seguente proporzione: l’ottanta per cento dei lavoratori dovrebbe godere di un contratto a tempo indeterminato, mentre il ricorso a figure contrattuali diverse dovrebbe riguardare il venti per cento rimanente della forza lavoro. Possiamo affermare che fino alla meta’ degli anni Duemila la struttura del mercato del lavoro italiano ha sostanzialmente seguito queste proporzioni virtuose. Negli ultimi anni, complice la pesante crisi che ha colpito il nostro Paese la situazione si è sostanzialmente capovolta: l’85 per cento dei nuovi contratti è stata a di tipo parasubordinato o a tempo determinato, mentre appena il 15% dei nuovi contratti è stata a tempo indeterminato. Il lavoro non è dunque piu’ stato un veicolo per costruire, in particolar modo per i piu’ giovani, un progetto di vita ed una prospettiva di benessere per le famiglie italiane. E’ di fronte a questa preoccupante anomalia che il legislatore è intervenuto in questi mesi, con l’intento di far tornare centrale e prevalente l’istituto del contratto a tempo indeterminato. Si tratta dunque di un complesso di interventi dall’alto valore riformista. La strada adottata dai Governi precedenti, in particolare Monti e Letta non aveva dato i risultati sperati: in particolare l’intervento è stato mirato all’aumento di incentivi e benefici fiscali per le assunzioni a tempo indeterminato. Nonostante le ingenti cifre messe a bilancio dallo Stato,i risultati sono stati modesti. Con l’avvento del nuovo governo Renzi, è stato dunque deciso di agire su due fattori strutturali che hanno contribuito a determinare la “fuga” dal contratto a tempo indeterminato: 1) l’atteggiamento di molte imprese che, a causa dell’incertezza economica, non hanno ritenuto conveniente ed opportuno utilizzare i contratti a tempo indeterminato a favore invece di forme altamente precarizzanti (si pensi ad esempio al diffuso fenomeno delle false partite iva o all’abuso dei contratti a progetto) 2) l’offerta di contratti molto diversi e variegati, anche dal punto di vista della risoluzione. Il contratto a tempo indeterminato a tutele crescenti, come potrà essere facilmente constato in questo dossier, non cancella le tutele in caso di licenziamenti ingiustificati, bensi’ le ridefinisce in maniera piu’ flessibile integrando la tutela individuale del posto di lavoro con una maggiore tutela nel sistema del mercato del lavoro con il potenziamento degli ammortizzatori sociali in caso di disoccupazione. Le nuove norme disegnano un meccanismo flessibile, ma certo dal punto di vista del diritto del lavoro, costruendo di fatto un sistema piu’ moderno ed efficiente, ispirato alle buone pratiche della flexisicurity con attenzione maggiore ai soggetti piu’ deboli. Mi auguro che la sintesi che abbiamo realizzato possa contribuire alla comprensione e alla diffusione di quanto fino ad oggi è stato realizzato. Senza dimenticare che c’e’ ancora molto lavoro da fare grazie alla costruzione di decreti attuativi coerenti con le linee guida della legge delega. Giorgio Santini 3 2. Introduzione Sono numerosi, diversi ed articolati gli interventi che l’attuale Esecutivo ha posto in essere, di concerto con il Parlamento, per riformare il mercato del lavoro in Italia e dare corpo, in tal modo, al Jobs Act, presentato dal premier Matteo Renzi fin dal giorno del suo insediamento a Palazzo Chigi. Questo dossier ripercorre dunque i principali interventi legislativi che sono stati adottati a partire dalla nascita del nuovo Governo fino al 2 marzo 2015. La strategia che ha guidato il legislatore si basa essenzialmente su tre pilastri 1) Un “cacciavite normativo” per correggere abusi e punti opachi presenti nella legislazione nazionale al fine di modernizzare il mercato del lavoro 2) Le risorse finanziarie per agevolare ed incentivare le assunzioni e dare la necessaria copertura ai provvedimenti 3) Le politiche attive e una flexsicurity di stampo nordeuropeo, con particolare riferimento ai lavoratori che, a causa dei prolungati effetti della crisi economica, sono e saranno in difficoltà nella ricerca di una nuova occupazione L’attuazione del cosiddetto Jobs Act è dunque ripercorsa in questo sintetico dossier, prendendo in considerazione prima la legeg delega, poi gli interventi sul costo del lavoro per le imprese e le agevolazioni per le assunzioni, entrambi previsti in legge di stabilità ed infine i decreti delegati emanati dal Governo (i primi due hanno concluso il loro iter e sono in vigore, i due rimanenti sono all’attenzione delle competenti commissioni parlamentari). 3. La legge delega (n. 183/2014 - Jobs Act) La legge n.183/2014 contiene cinque deleghe legislative al Governo, che intervengono su importanti e vasti ambiti del diritto del lavoro: · delega in materia di ammortizzatori sociali, finalizzata a razionalizzare le forme di tutela esistenti, differenziando l'impiego degli strumenti di intervento in costanza di rapporto di lavoro (Cassa Integrazione) da quelli previsti in caso di disoccupazione involontaria (ASpI). Lo scopo è quello di assicurare un sistema di garanzia universale per tutti i lavoratori, con tutele uniformi e legate alla storia contributiva dei lavoratori, nonché di razionalizzare la normativa in materia d'integrazione salariale; · delega in materia di servizi per il lavoro e di politiche attive, avente lo scopo di riordinare la normativa in materia di servizi per il lavoro, per garantire la fruizione dei servizi essenziali in materia di politiche attive del lavoro su tutto il territorio nazionale, razionalizzando gli incentivi all'assunzione e all'autoimpiego e istituendo una cornice giuridica nazionale che faccia da riferimento anche per le normative regionali e provinciali. La delega prevede, in particolare, con l'obiettivo di unificare la gestione delle politiche attive e passive, l'istituzione dell'Agenzia nazionale per l'occupazione (con competenze gestionali in materia di servizi per l'impiego, politiche attive e ASpI, con il contestuale riordino degli enti operanti nel settore) e il rafforzamento dei servizi per l'impiego, valorizzando le sinergie tra 4 servizi pubblici e privati; si prevedono, inoltre, la valorizzazione delle funzioni di monitoraggio e valutazione delle politiche attive per il lavoro e interventi di semplificazione amministrativa in materia di lavoro e politiche attive; · delega in materia di semplificazione delle procedure e degli adempimenti, per conseguire obiettivi di semplificazione e razionalizzazione delle procedure di costituzione e gestione dei rapporti di lavoro, al fine di ridurre gli adempimenti a carico di cittadini e imprese. In particolare, si vuole diminuire il numero di atti amministrativi inerenti il rapporto di lavoro, attraverso specifiche modalità (ad es. l'unificazione delle comunicazioni alle P.A. per gli stessi eventi, l'obbligo di trasmissione di dati tra le diverse amministrazioni, l'abolizione della tenuta di documenti cartacei e la revisione degli adempimenti in materia di libretto formativo del cittadino); · delega in materia di riordino delle forme contrattuali e dell'attività ispettiva, finalizzata a rafforzare le opportunità d'ingresso nel mondo del lavoro e ai riordinare i contratti di lavoro vigenti per renderli maggiormente coerenti con le attuali esigenze del contesto occupazionale e produttivo, nonché a rendere più efficiente l'attività ispettiva. In particolare, si prevede la redazione di un testo organico di disciplina delle varie tipologie contrattuali (con possibilità di superamento di alcune di esse); la previsione, per le nuove assunzioni, del contratto a tempo indeterminato a tutele crescenti in relazione all'anzianità di servizio; l'introduzione, anche in via sperimentale, del compenso orario minimo; la ridefinizione della disciplina vigente in materia di mansioni (con la possibilità di "demansionamenti") e controllo a distanza dei lavoratori; · delega in materia di tutela e conciliazione delle esigenze di cura, di vita e di lavoro, avente lo scopo di garantire adeguato sostegno alla genitorialità e favorire le opportunità di conciliazione dei tempi di vita e di lavoro per la generalità dei lavoratori. A tal fine si prevede, in particolare, l'estensione del diritto alla prestazione di maternità alle lavoratrici madri cd. "parasubordinate"; l'introduzione di un credito d'imposta per le donne lavoratrici, anche autonome, che abbiano figli minori o disabili non autosufficienti (al di sotto di una determinata soglia di reddito individuale complessivo) e l'armonizzazione del regime delle detrazioni (dall'imposta sui redditi) per il coniuge a carico; la promozione del telelavoro; l'incentivazione di accordi collettivi volti a facilitare la flessibilità dell'orario di lavoro e l'impiego di premi di produttività; la possibilità di cessione dei giorni di ferie tra lavoratori per attività di cura di di figli minori; la promozione dell'integrazione dell'offerta di servizi per le cure parentali forniti dalle aziende e dagli enti bilaterali nel sistema pubblico-privato dei servizi alla persona. 4. I principali interventi sul lavoro contenuti nella legge di stabilità 2015 1) Esonero versamento contributi per tre anni per i nuovi assunti con contratto a tempo indeterminato nell’anno 2015. La legge di stabilità dispone che, ai datori di lavoro privati – escluso il settore agricolo – e con riferimento alle nuove assunzioni con contratto di lavoro a tempo indeterminato – esclusi i contratti di apprendistato e i contratti di lavoro 5 domestico – decorrenti dal 1° gennaio 2015 e relativi a contratti stipulati non oltre il 31 dicembre 2015, sia riconosciuto, per un periodo massimo di trentasei mesi, l’esonero dal versamento dei complessivi contributi previdenziali a carico dei datori di lavoro, con esclusione dei premi e contributi dovuti all’INAIL, nel limite massimo di un importo di esonero pari a 8.060 euro su base annua. 2) Taglio IRAP per le imprese: viene dedotta dall’IRAP la quota parte relativa ai contratti del personale dipendente a tempo indeterminato. La legge di stabilità 2015 ammette in deduzione ai fini IRAP a decorrere dal periodo di imposta successivo a quello in corso al 31 dicembre 2014, la differenza tra il costo complessivo per il personale dipendente a tempo indeterminato e le vigenti deduzioni spettanti a titolo analitico o forfetario riferibili sempre al costo del lavoro. E’ inoltre estesa l’integrale deducibilità IRAP del costo del lavoro per i produttori agricoli titolari di reddito agrario e a favore delle società agricole per ogni lavoratore dipendente a tempo determinato che abbia lavorato almeno 150 giornate ed il cui contratto abbia almeno una durata triennale. 3) Risorse per la riforma del mercato del lavoro. La legge istituisce un Fondo di 2,2 mld di euro per il 2015-2016 e di 2 mld annui a decorrere dal 2017 finalizzato alla riforma degli ammortizzatori sociali, dei servizi per il lavoro all'attuazione dei provvedimenti normativi volti a favorire la stipula di contratti a tempo indeterminato a tutele crescenti (cd. Jobs Act), al fine di consentire la relativa riduzione di oneri diretti ed indiretti. 5. I decreti attuativi del Jobs Act (definitivi) 5.1. Disposizioni in materia di contratto di lavoro a tempo indeterminato a tutele crescenti (esame definitivo) Contratto a tempo indeterminato tutele crescenti Si applica ai lavoratori assunti con contratto a tempo indeterminato dopo l’entrata in vigore del decreto, e stabilisce una nuova disciplina dei licenziamenti individuali e collettivi (per i lavoratori assunti prima dell’entrata in vigore del decreto restano valide le norme precedenti). Per i licenziamenti discriminatori e nulli intimati in forma orale resta la reintegrazione nel posto di lavoro così come previsto per tutti i lavoratori. Per i licenziamenti disciplinari la reintegrazione resta solo nel caso in cui sia accertata “l’insussistenza del fatto materiale contestato”. Negli altri casi in cui si accerti che non ricorrano gli estremi del licenziamento per giusta causa o giustificato motivo, ovvero i cosiddetti “licenziamenti ingiustificati”, viene introdotta una tutela risarcitoria certa, in forma di indennizzo economico, commisurato all'anzianità di servizio. La regola applicabile ai nuovi licenziamenti è quella del risarcimento in misura pari a due mensilità per ogni anno di anzianità di servizio, con un minimo di 4 ed un massimo di 24 mesi. 6 Per evitare di andare in giudizio si potrà fare ricorso alla nuova conciliazione facoltativa incentivata. In questo caso il datore di lavoro offre una somma esente da imposizione fiscale e contributiva pari ad un mese per ogni anno di servizio, non inferiore a due e sino ad un massimo di diciotto mensilità. Con l’accettazione il lavoratore rinuncia alla causa. Licenziamenti collettivi Per i licenziamenti collettivi il decreto stabilisce che, in caso di violazione delle procedure o dei criteri di scelta si applica sempre il regime dell’indennizzo che vale per gli individuali (da un minimo di 4 ad un massimo di 24 mensilità). In caso di licenziamento collettivo intimato senza l’osservanza della forma scritta la sanzione resta quella della reintegrazione, così come previsto per i licenziamenti individuali. Piccole imprese Per le piccole imprese la reintegra resta solo per i casi di licenziamenti nulli e discriminatori e intimati in forma orale. Negli altri casi di licenziamenti ingiustificati è prevista un’indennità crescente di una mensilità per anno di servizio con un minimo di 2 e un massimo di 6 mensilità. 5.2 Riordino della normativa in materia di ammortizzatori sociali in caso di occupazione involontaria e di ricollocazione dei lavoratori disoccupati (decreto legislativo esame definitivo) Naspi – Nuova assicurazione sociale per l’impiego Il decreto introduce la Naspi, nuova assicurazione sociale per l’impiego. Vale per gli eventi di disoccupazione che si verificano a decorrere dal 1° maggio 2015 e per tutti i lavoratori dipendenti che abbiano perso l’impiego e che hanno cumulato almeno 13 settimane di contribuzione negli ultimi 4 anni di lavoro ed almeno 18 giornate effettive di lavoro negli ultimi 12 mesi. La durata della prestazione viene aumentata fino ad un massimo di 24 settimane, ed è pari ad un numero di settimane corrispondente alla metà delle settimane contributive degli ultimi 4 anni di lavoro, per un massimo di 24 mesi. Per quanto riguarda l’ammontare dell’indennità se la retribuzione non supera i 1.195 euro mensili, l’indennità mensile sarà pari al 75% di tale retribuzione. Se supera i 1.195 euro mensili, l’indennità mensile sarà pari al 75% della retribuzione più il 25% della differenza tra retribuzione e 1.195. L’indennità mensile, in ogni caso, non potrà superare 1.300 euro mensili. Dopo i primi 4 mesi di pagamento, la Naspi viene ridotta del 3% al mese. L’erogazione della Naspi è condizionata alla partecipazione del disoccupato ad iniziative di attivazione lavorativa o di riqualificazione professionale. 7 Dal 1/1/2017 la durata massima della Naspi è prudenzialmente fissata in 18 mesi per motivi di copertura finanziaria. Prima di tale scadenza, tuttavia, verranno trovate risorse nelle prossime leggi di stabilità per mantenere la durata massima a 24 mesi. Asdi – Assegno di disoccupazione Viene introdotto in via sperimentale, per quest’anno, l’Asdi, assegno di disoccupazione che verrà riconosciuto a chi, scaduta la Naspi, non ha trovato impiego e si trovi in condizioni di particolare necessità. La durata dell’assegno, che sarà pari al 75% dell’indennità Naspi, è di 6 mesi e verrà erogato fino ad esaurimento dei 300 milioni del fondo specificamente costituito. Dis-Coll – Disoccupazione per i collaboratori Per i co.co.co (iscritti alla Gestione separata INPS) che perdono il lavoro c’è la l’indennità di disoccupazione Dis-Col (Disoccupazione per i collaboratori). Presuppone tre mesi di contribuzione nel periodo che va dal primo gennaio dell’anno precedente l’evento di disoccupazione alla data del predetto evento. Il suo importo e’ rapportato al reddito e diminuisce del 3% a partire dal quarto mese di erogazione. La durata della prestazione è pari alla metà delle mensilità contributive versate e non può eccedere i 6 mesi. Anche questa indennità è condizionata alla partecipazione ad iniziative di politiche attive. Contratto di ricollocamento Il lavoratore che ha perso il posto di lavoro, previa domanda, avra’ diritto ad utilizzare una “dote di ricollocamento” che potrà essere utilizzata per rivolgersi ad una struttura pubblica (Centri per l’Impiego) o ad una privata, per cercare un nuovo lavoro. La dote sarà incassata da questi ultimi soggetti solo una volta che il beneficiario avrà trovato effettivamente lavoro. Grazie a tale meccanismo il lavoratore avrà un’assistenza appropriata nella ricerca della nuova occupazione, strutturata e fortemente orientata ai risultati. Al lavoratore spetterà prendere parte alle iniziative proposte dal CPI o dall’agenzia specializzata, siano esse di addestramento, ricerca attiva del lavoro o riqualificazione professionale. La dote decade nel caso di mancata partecipazione alle iniziative, di rifiuto senza giustificato motivo di una congrua offerta di lavoro o in caso di perdita dello stato di disoccupazione. 6. I decreti attuativi del Jobs act all’esame del Parlamento 6.1 Conciliazione dei tempi di vita e di lavoro (esame preliminare) Si tratta di un provvedimento che interviene, prevalentemente, sul testo unico a tutela della maternità (n° 151 del 26 marzo 2001) e reca misure volte a sostenere le cure parentali, a tutelare la maternità delle lavoratrici. Il decreto interviene, innanzitutto, sul congedo obbligatorio di maternità, al fine di rendere più flessibile la possibilità di fruirne in casi particolari come quelli di 8 parto prematuro o di ricovero del neonato. Nel primo caso, infatti, i giorni di astensione obbligatoria non goduti prima del parto sono aggiunti al periodo di congedo di maternità post partum anche quando la somma dei due periodi superi il limite complessivo dei 5 mesi; nel secondo caso si prevede la possibilità di usufruire di una sospensione del congedo di maternità, a fronte di idonea certificazione medica che attesti il buono stato di salute della madre. Entrambe le soluzioni sono dirette a favorire il rapporto madre-figlio senza rinunciare alle tutele della salute della madre. Il decreto prevede un'estensione massima dell'arco temporale di fruibilità del congedo parentale dagli attuali 8 anni di vita del bambino a 12. Quello parzialmente retribuito (30%) viene portato dai 3 anni di età del bambino a 6 anni; quello non retribuito dai 6 anni di vita del bambino ai 12 anni. Analoga previsione viene introdotta per i casi di adozione o di affidamento, per i quali la possibilità di fruire del congedo parentale inizia a decorrere dall'ingresso del minore in famiglia. In ogni caso, resta invariata la durata complessiva del congedo. In materia di congedi di paternità, viene estesa a tutte le categorie di lavoratori, e quindi non solo per i lavoratori dipendenti come attualmente previsto, la possibilità di usufruire del congedo da parte del padre nei casi in cui la madre sia impossibilitata a fruirne per motivi naturali o contingenti. Sono inoltre state introdotte norme volte a tutelare la genitorialità in caso di adozioni e affidamenti prevedendo estensioni di tutele già previste per i genitori naturali. Oltre agli interventi di modifica del testo unico a tutela della maternità, il decreto contiene due disposizioni innovative in materia di telelavoro e di donne vittime di violenza di genere. La norma sul telelavoro prevede benefici per i datori di lavoro privato che vi facciano ricorso per venire incontro alle esigenze di cure parentali dei loro dipendenti. In particolare, per il riconoscimento dei benefici si esclude dal computo dei limiti numerici previsti dalle leggi e dai contratti i telelavoratori che rientrino nella fattispecie individuata dal decreto. La seconda norma introduce il congedo per le donne vittime di violenza di genere ed inserite in percorsi di protezione debitamente certificati e, quindi, si prevede la possibilità per queste lavoratrici dipendenti di imprese private di astenersi dal lavoro, per un massimo di tre mesi, per motivi legati a tali percorsi, garantendo l'intera retribuzione, la maturazione delle ferie e degli altri istituti connessi. Viene anche introdotto il diritto di trasformare il rapporto di lavoro da tempo pieno a tempo parziale a richiesta della lavoratrice. Le collaboratrici a progetto hanno diritto alla sospensione del rapporto contrattuale per analoghi motivi sempre per un massimo di tre mesi. 6.2 Semplificazione delle tipologie contrattuali e revisione della disciplina delle mansioni (esame preliminare) 9 Contratti di collaborazione a progetto (Co. Co. Pro.). A partire dall’entrata in vigore del decreto non potranno essere attivati nuovi contratti di collaborazione a progetto (quelli già in essere potranno proseguire fino alla loro scadenza). Comunque, a partire dal 1° gennaio 2016 ai rapporti di collaborazione personali con contenuto ripetitivo ed etero-organizzati dal datore di lavoro saranno applicate le norme del lavoro subordinato. Restano salve le collaborazioni regolamentate da accordi collettivi, stipulati dalle organizzazioni sindacali comparativamente più rappresentative sul piano nazionale, che prevedono discipline specifiche relative al trattamento economico e normativo in ragione delle particolari esigenze produttive ed organizzative del relativo settore e altri tipi di collaborazioni caratterizzate da autonomia ed elaborazione intellettuale. Vengono superati: i contratti di associazione in partecipazione con apporto di lavoro ed il job sharing. Vengono confermate le seguenti tipologie: Contratto di somministrazione. Per il contratto di somministrazione a tempo indeterminato (staff leasing) si prevede un’estensione del campo di applicazione, eliminando le causali e fissando al contempo un limite percentuale all’utilizzo calcolato sul totale dei dipendenti a tempo indeterminato dell’impresa che vi fa ricorso (10%). Contratto a chiamata. Viene confermata anche l’attuale modalità tecnologica, sms, di tracciabilità dell’attivazione del contratto. Lavoro accessorio (voucher). Fermo restando il limite massimo di 2.000 euro annui erogati dal medesimo datore di lavoro, verrà elevato il tetto dell’importo per il lavoratore fino a 7.000 euro annui, restando comunque nei limiti della no-tax area, e verrà introdotta la tracciabilità con tecnologia sms come per il lavoro a chiamata. Apprendistato. Si punta a semplificare l’apprendistato di primo livello (per il diploma e la qualifica professionale) e di terzo livello (alta formazione e ricerca) riducendone anche i costi per le imprese che vi fanno ricorso, nell’ottica di favorirne l’utilizzo in coerenza con le norme sull’alternanza scuola-lavoro. Per l’apprendistato di secondo livello, cosiddetto professionalizzante, rimane valido quanto normato dal decreto Poletti n.78/2014 (si veda in particolar modo la pagina seguente) Part-time. Vengono definiti i limiti e le modalità con cui, in assenza di previsioni al proposito del contratto collettivo, il datore di lavoro può chiedere al lavoratore lo svolgimento di lavoro supplementare e le parti possono pattuire clausole elastiche (le clausole che consentono lo spostamento della collocazione dell’orario di lavoro) o flessibili (le clausole che consentono la variazione in aumento dell’orario di lavoro nel part- time verticale o misto). Viene inoltre prevista la possibilità, per il lavoratore, di richiedere il passaggio al part-time in caso di necessità di cura connesse a malattie gravi o in alternativa alla fruizione del congedo parentale. 10 Mansioni. In presenza di processi di ristrutturazione o riorganizzazione aziendale e negli altri casi individuati dai contratti collettivi l’impresa potrà modificare le mansioni di un lavoratore fino ad un livello, senza modificare il suo trattamento economico (salvo trattamenti accessori legati alla specifica modalità di svolgimento del lavoro). Viene altresì prevista la possibilità di accordi individuali, “in sede protetta”, tra datore di lavoro e lavoratore che possano prevedere la modifica anche del livello di inquadramento e della retribuzione al fine della conservazione dell’occupazione, dell’acquisizione di una diversa professionalità o del miglioramento delle condizioni di vita. Contratto a tempo determinato: La legge mantiene sostanzialmente le caratteristiche del contratto a tempo determinato, fatto salvo qualche correttivo minore. L’istituto infatti è gia’ stato oggetto di riforma mediante il cosidetto decreto Poletti emanato e convertito in legge nella primavera 2014. Il decreto Poletti contiene disposizioni in materia di contratti a tempo determinato (c.d. lavoro a termine), somministrazione di lavoro a tempo determinato e contratti di apprendistato, con l'obiettivo di facilitare il ricorso a tali tipologie contrattuali. A tal fine la disposizione modifica in più parti il decreto legislativo n.368/2001 e il decreto legislativo n.276 del 2003, prevedendo, in primo luogo, l'innalzamento da 1 a 3 anni, comprensivi di un massimo di 5 proroghe della durata del rapporto a tempo determinato (anche in somministrazione) che non necessita dell'indicazione della causale per la sua stipulazione (c.d. acausalità). A fronte dell'eliminazione della causale, viene introdotto un "tetto" all'utilizzo del contratto a tempo determinato, stabilendo che il numero complessivo di rapporti di lavoro a termine costituiti da ciascun datore di lavoro non può eccedere il limite del 20% dei lavoratori a tempo indeterminato alle sue dipendenze. Il superamento del limite comporta una sanzione amministrativa pari al 20% e al 50% della retribuzione per ciascun mese di durata del rapporto di lavoro, se il numero di lavoratori assunti in violazione del limite sia, rispettivamente, inferiore o superiore a uno Per i datori di lavoro che occupano fino a 5 dipendenti è comunque sempre possibile stipulare un contratto a tempo determinato. Attraverso una disciplina transitoria si prevede che (fermi restando comunque i diversi limiti quantitativi stabiliti dai vigenti contratti collettivi nazionali) per i datori che alla data di entrata in vigore del decreto-legge occupino lavoratori a termine oltre tale soglia, l'obbligo di adeguamento al tetto legale del 20% scatta a decorrere dal 2015, sempre che la contrattazione collettiva (anche aziendale) non fissi un limite percentuale o un termine più favorevoli. Infine, varie disposizioni sono volte ad ampliare e rafforzare il diritto di precedenza delle donne in congedo di maternità per le assunzioni da parte del datore di lavoro, nei 12 mesi successivi, in relazione alle medesime mansioni oggetto del contratto a termine. A tale riguardo si prevede che ai fini dell'integrazione del limite minimo di 6 mesi di durata del rapporto a termine (durata minima che la normativa vigente richiede per il riconoscimento del diritto di precedenza) devono computarsi anche i periodi di astensione obbligatoria per le lavoratrici in congedo di maternità. Si prevede, altresì, che il diritto di precedenza valga non solo per le assunzioni con contratti a tempo indeterminato 11 (come già previsto dalla normativa vigente), ma anche per le assunzioni a tempo determinato effettuate dal medesimo datore di lavoro. Infine, si stabilisce che il datore di lavoro ha l'obbligo di richiamare espressamente il diritto di precedenza del lavoratore nell'atto scritto con cui viene fissato il termine del contratto. Il decreto Poletti contiene disposizioni in materia di apprendistato, con l'obiettivo di semplificarne la disciplina. A tal fine, si modificano in più parti il D.Lgs. 167/2011 e la L. 92/2012, prevedendo, in primo luogo, modalità semplificate di redazione del piano formativo individuale sulla base di moduli e formulari stabiliti dalla contrattazione collettiva o dagli enti bilaterali. Per quanto concerne la stabilizzazione degli apprendisti (ossia la loro assunzione con contratto a tempo indeterminato a conclusione del periodo di apprendistato), il decreto-legge riduce gli obblighi previsti dalla legislazione previgente ai fini di nuove assunzioni in apprendistato (obbligo di stabilizzazione del 30% degli apprendisti nelle aziende con più di 10 dipendenti), da un lato circoscrivendo l'applicazione della norma alle sole imprese con più di 50 dipendenti, dall'altro riducendo al 20% la percentuale di stabilizzazione. Inoltre, viene consentito, per le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano che abbiano definito un sistema di alternanza scuola-lavoro, che i contratti collettivi nazionali di lavoro stipulati da associazioni di datori e prestatori di lavoro comparativamente più rappresentative sul piano nazionale, prevedano specifiche modalità di utilizzo del contratto di apprendistato, anche a tempo determinato, per lo svolgimento di attività stagionali. Per quanto concerne la semplificazione dei profili formativi, si prevede che la Regione provveda a comunicare al datore di lavoro, entro quarantacinque giorni dalla comunicazione dell'instaurazione del rapporto, le modalità di svolgimento dell'offerta formativa pubblica, anche con riferimento alle sedi e al calendario delle attività previste, avvalendosi anche dei datori di lavoro e delle loro associazioni che si siano dichiarate disponibili, ai sensi delle linee guida adottate dalla Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano in data 20 febbraio 2014 Per quanto attiene, infine, alla retribuzione dell'apprendista, fatta salva l'autonomia della contrattazione collettiva, si prevede che, in considerazione della componente formativa del contratto di apprendistato per la qualifica e per il diploma professionale, si debba tener conto delle ore di formazione almeno in misura del 35% del relativo monte ore complessivo. Il decreto Poletti garantisce anche la parità di trattamento delle persone in cerca di occupazione in uno degli Stati membri dell'UE indipendentemente dal luogo di residenza, nonchè, attraverso l'eliminazione del requisito del domicilio, ad ampliare la possibilità di usufruire delle azioni di politica attiva poste in essere dai servizi competenti. In particolare, la norma è volta a rendere immediatamente operativa la Garanzia per i giovani (Youth guarantee) che, per usufruire dei relativi percorsi, stabilisce che vengano individuati i requisiti della "residenza" e della 12 "contendibilità" del soggetto, al fine di consentire che i giovani alla ricerca di occupazione possano rivolgersi ad un servizio per l'impiego indipendentemente dall'ambito territoriale di residenza. Il decreto introduce disposizioni volte alla "smaterializzazione" del Documento unico di regolarità contributiva (DURC), attraverso una semplificazione dell'attuale sistema di adempimenti richiesti alle imprese per la sua acquisizione. In particolare, si prevede che la verifica della regolarità contributiva nei confronti dell'INPS, dell'INAIL (e, per le imprese operanti nel settore dell'edilizia, delle Casse edili), avvenga, da parte di chiunque vi abbia interesse, in tempo reale e con modalità esclusivamente telematiche, attraverso un'interrogazione negli archivi dei citati enti che ha una validità di 120 giorni a decorrere dalla data di acquisizione. La puntuale definizione della nuova disciplina della materia è rimessa a un decreto interministeriale, da emanare entro 60 giorni dall'entrata in vigore del decreto-legge. 7. Infografiche riassuntive 13 14 15 16