I RECENTI INTERVENTI NORMATIVI RELATIVI SULLA REGOLAMENTAZIONE DEL
MERCATO DEL LAVORO IN ITALIA (AGGIORNAMENTO 2 MARZO 2015)
(a cura del Senatore Giorgio Santini [email protected] )
Indice
1.
2.
3.
4.
5.
6.
7.
Premessa (di Giorgio Santini)
Introduzione
La legge delega (Jobs Act)
Le risorse e gli interventi nella legge di stabilità 2015
I decreti delegati (iter concluso)
I decreti delegati all’attenzione del Parlamento
Infografiche riassuntive
1. Premessa
La pesante crisi economica che ha colpito il nostro Paese negli ultimi anni si puo’
contrastare e superare non solo grazie a misure emergenziali e congiunturali, ma
soprattutto grazie ad interventi di tipo strutturale che assicurino un reale rilancio
della capacità di fare impresa, di generare nuovi posti di lavoro, di redistribuire la
ricchezza sulla base dei fondamentali principi di giustizia sociale e solidarietà.
L’intervento realizzato dal Governo e Parlamento durante il primo anno di vita del
Gabinetto Renzi sono un tassello di un piu’ generale disegno di riforma del
sistema Paese, tanto ambizioso quanto necessario.
Come spesso è stato ripetuto il lavoro non puo’ essere generato grazie ad uno o
piu’ decreti legge. Partendo proprio da questa profonda consapevolezza il jobs act
è e sarà accompagnato da interventi che toccano ambiti strategici per il Paese: la
pubblica amministrazione, l’istruzione e la scuola, la giustizia, la fiscalità. Si
tratta di riforme fondamentali, alcune delle quali gia’ all’attenzione del
Parlamento. Non sono state trascurate in questi mesi di profonda crisi anche
misure a sostegno del reddito delle fasce piu’ deboli e piu’ colpite e della domanda
interna. Ne citiamo una fra tutte: gli 80 euro mensili corrisposti a circa 11 milioni
di italiani con un reddito annuo inferiore ai 25.000 euro. Una misura che ha
richiesto l’allocazione di 9.5 miliardi di euro, divenuta strutturale grazie alla legge
di stabilità 2015 e che rappresenta uno degli sforzi piu’ imponenti degli ultimi
anni per intervenire sulla domanda interna. Il Governo non ha trascurato
nemmeno gli investimenti, che insieme alla domanda interna costituiscono una
leva indispensabile per tornare a cresce e competere. Presso la Cassa Depositi e
Prestiti è stato infatti potenziato un fondo di 1.5 miliardi di euro destinato alle
aziende che vogliono uscire dalla crisi e rilanciarsi sul mercato nazionale ed
internazionale. Accanto a questo il recente decreto ILVA ha modificato
profondamente la legge Marzano sulle attività produttive, garantendo al capitale
pubblico di entrare direttamente in alcune particolari aziende di interesse
1
nazionale per rilanciarle e affinche’ non diventino preda degli investimenti
speculativi internazionali.
Il contesto in cui si inserisce la riforma del lavoro voluta dal Partito Democratico
ed in particolar modo dal premier Renzi sembra essere incoraggiante per due
motivi: da una parte i timidi segnali di ripresa dell’economia italiana, dall’altra il
nuovo impegno delle istituzioni europee che stanno gradualmente abbandonando
un’austerità troppo rigida per lasciare il posto a politiche espansive che
potrebbero dare buoni frutti anche in Italia. Un cambiamento di rotta, non
dimentichiamolo, avvenuto grazie alla Presidenza italiana dell’Unione e
all’impegno dei governi socialdemocratici europei, tra cui quello italiano. A partire
da lunedi 9 marzo la Banca Centrale Europea inaugurerà una strategia
denominata quantitative easing che garantirà, grazie ad a 60 miliardi al mese fino
al 2016, l’acquisto di titoli di stato dei Paesi europei con l’obiettivo di garantire
maggiore liquidità e maggiori risorse per il sistema bancario. Incidendo in tal
modo sul credit crunch (blocco del credito verso famiglie ed imprese) che tanti
danni ha provocato nella società italiana. Accanto a questo intervento finanziario
il piano Juncker per gli investimenti dovrebbe sbloccare centinaia di milioni a
favore di investimenti strategici per lo sviluppo economico, primo fra tutti la
banda larga e l’economia digitale.
Ma torniamo ai segnali di ripresa, timidi certamente, ma incoraggianti dopo un
lungo ciclo di recessione che ha portato molte aziende a chiudere, molti, troppi
licenziamenti e pesanti ripercussioni sui bilanci delle famiglie italiane. Il terzo
trimestre 2014 si è chiuso con un inversione di tendenza per quanto riguarda il
PIL: dopo molti trimestri infatti è stata registrata crescita zero, un risultato senza
dubbio positivo se confrontato con il segno meno sempre presente in tutte le
rilevazioni precedenti. Le previsioni ISTAT relative al primo trimestre 2015 sono
incoraggianti e si attestano sul +0.1%. La medesima fonte segnala come il
fatturato di ben 12 settori industriali su 23 sia in modesta crescita (dato
comunque significativo alla luce delle difficoltà e i crolli degli anni precedenti). Lo
spred tra i titoli di stato tedeschi e BTP si è attestato a quota 100, con benefici
effetti sull’economia reale. Anche l’occupazione, per effetto degli inventivi presenti
in legge di stabilità ed il taglio IRAP sembra dare segnali incoraggianti: nel solo
Veneto si registra un aumento di quasi 10.000 nuovi contratti a tempo
indeterminato.
Sono dunque convinto che le innovazioni introdotte nel mercato del lavoro dai
provvedimenti presentati in questo dossier daranno un ulteriore contributo alla
ripresa economica.
Qual è stata dunque la ratio del legislatore che ha
sostanzialmente dedicato l’intero anno 2014 agli interventi di modernizzazione del
mercato del lavoro? Penso si possa riassumere facilmente in due obiettivi
strategici:
1) Far ripartire le assunzioni, incidendo con agevolazioni e semplificazioni
sulla dinamica delle assunzioni, contrastando la disoccupazione in
generale, quella giovanile (che ha toccato livelli inaccettabili) e quella di
persone over 50 espulse dal mercato del lavoro e che con grandi difficoltà
riescono a reinserirsi.
2
2) Risolvere un’anomalia divenuta negli ultimi anni condizione strutturale del
mercato del lavoro in Italia
Vediamo dunque di partire dalla cosiddetta anomalia italiana. Un mercato del
lavoro efficiente, ordinato e sano prevede in condizioni di moderata crescita
economica per la forza lavoro la seguente proporzione: l’ottanta per cento dei
lavoratori dovrebbe godere di un contratto a tempo indeterminato, mentre il
ricorso a figure contrattuali diverse dovrebbe riguardare il venti per cento
rimanente della forza lavoro. Possiamo affermare che fino alla meta’ degli anni
Duemila la struttura del mercato del lavoro italiano ha sostanzialmente
seguito queste proporzioni virtuose. Negli ultimi anni, complice la pesante crisi
che ha colpito il nostro Paese la situazione si è sostanzialmente capovolta: l’85
per cento dei nuovi contratti è stata a di tipo parasubordinato o a tempo
determinato, mentre appena il 15% dei nuovi contratti è stata a tempo
indeterminato. Il lavoro non è dunque piu’ stato un veicolo per costruire, in
particolar modo per i piu’ giovani, un progetto di vita ed una prospettiva di
benessere per le famiglie italiane. E’ di fronte a questa preoccupante anomalia
che il legislatore è intervenuto in questi mesi, con l’intento di far tornare
centrale e prevalente l’istituto del contratto a tempo indeterminato. Si tratta
dunque di un complesso di interventi dall’alto valore riformista.
La strada adottata dai Governi precedenti, in particolare Monti e Letta non
aveva dato i risultati sperati: in particolare l’intervento è stato mirato
all’aumento di incentivi e benefici fiscali per le assunzioni a tempo
indeterminato. Nonostante le ingenti cifre messe a bilancio dallo Stato,i
risultati sono stati modesti. Con l’avvento del nuovo governo Renzi, è stato
dunque deciso di agire su due fattori strutturali che hanno contribuito a
determinare la “fuga” dal contratto a tempo indeterminato: 1) l’atteggiamento
di molte imprese che, a causa dell’incertezza economica, non hanno ritenuto
conveniente ed opportuno utilizzare i contratti a tempo indeterminato a favore
invece di forme altamente precarizzanti (si pensi ad esempio al diffuso
fenomeno delle false partite iva o all’abuso dei contratti a progetto) 2) l’offerta
di contratti molto diversi e variegati, anche dal punto di vista della risoluzione.
Il contratto a tempo indeterminato a tutele crescenti, come potrà essere
facilmente constato in questo dossier, non cancella le tutele in caso di
licenziamenti ingiustificati, bensi’ le ridefinisce in maniera piu’ flessibile
integrando la tutela individuale del posto di lavoro con una maggiore tutela nel
sistema del mercato del lavoro con il potenziamento degli ammortizzatori
sociali in caso di disoccupazione. Le nuove norme disegnano un meccanismo
flessibile, ma certo dal punto di vista del diritto del lavoro, costruendo di fatto
un sistema piu’ moderno ed efficiente, ispirato alle buone pratiche della
flexisicurity con attenzione maggiore ai soggetti piu’ deboli. Mi auguro che la
sintesi che abbiamo realizzato possa contribuire alla comprensione e alla
diffusione di quanto fino ad oggi è stato realizzato. Senza dimenticare che c’e’
ancora molto lavoro da fare grazie alla costruzione di decreti attuativi coerenti
con le linee guida della legge delega.
Giorgio Santini
3
2. Introduzione
Sono numerosi, diversi ed articolati gli interventi che l’attuale Esecutivo ha posto
in essere, di concerto con il Parlamento, per riformare il mercato del lavoro in
Italia e dare corpo, in tal modo, al Jobs Act, presentato dal premier Matteo Renzi
fin dal giorno del suo insediamento a Palazzo Chigi. Questo dossier ripercorre
dunque i principali interventi legislativi che sono stati adottati a partire dalla
nascita del nuovo Governo fino al 2 marzo 2015. La strategia che ha guidato il
legislatore si basa essenzialmente su tre pilastri
1) Un “cacciavite normativo” per correggere abusi e punti opachi presenti nella
legislazione nazionale al fine di modernizzare il mercato del lavoro
2) Le risorse finanziarie per agevolare ed incentivare le assunzioni e dare la
necessaria copertura ai provvedimenti
3) Le politiche attive
e una flexsicurity di stampo nordeuropeo, con
particolare riferimento ai lavoratori che, a causa dei prolungati effetti della
crisi economica, sono e saranno in difficoltà nella ricerca di una nuova
occupazione
L’attuazione del cosiddetto Jobs Act è dunque ripercorsa in questo sintetico
dossier, prendendo in considerazione prima la legeg delega, poi gli interventi sul
costo del lavoro per le imprese e le agevolazioni per le assunzioni, entrambi
previsti in legge di stabilità ed infine i decreti delegati emanati dal Governo (i
primi due hanno concluso il loro iter e sono in vigore, i due rimanenti sono
all’attenzione delle competenti commissioni parlamentari).
3. La legge delega (n. 183/2014 - Jobs Act)
La legge n.183/2014 contiene cinque deleghe legislative al Governo, che
intervengono su importanti e vasti ambiti del diritto del lavoro:
·
delega in materia di ammortizzatori sociali, finalizzata a razionalizzare le
forme di tutela esistenti, differenziando l'impiego degli strumenti di intervento in
costanza di rapporto di lavoro (Cassa Integrazione) da quelli previsti in caso di
disoccupazione involontaria (ASpI). Lo scopo è quello di assicurare un sistema di
garanzia universale per tutti i lavoratori, con tutele uniformi e legate alla storia
contributiva dei lavoratori, nonché di razionalizzare la normativa in materia
d'integrazione salariale;
·
delega in materia di servizi per il lavoro e di politiche attive, avente lo
scopo di riordinare la normativa in materia di servizi per il lavoro, per garantire la
fruizione dei servizi essenziali in materia di politiche attive del lavoro su tutto il
territorio nazionale, razionalizzando gli incentivi all'assunzione e all'autoimpiego e
istituendo una cornice giuridica nazionale che faccia da riferimento anche per le
normative regionali e provinciali. La delega prevede, in particolare, con l'obiettivo
di unificare la gestione delle politiche attive e passive, l'istituzione dell'Agenzia
nazionale per l'occupazione (con competenze gestionali in materia di servizi per
l'impiego, politiche attive e ASpI, con il contestuale riordino degli enti operanti nel
settore) e il rafforzamento dei servizi per l'impiego, valorizzando le sinergie tra
4
servizi pubblici e privati; si prevedono, inoltre, la valorizzazione delle funzioni di
monitoraggio e valutazione delle politiche attive per il lavoro e interventi di
semplificazione amministrativa in materia di lavoro e politiche attive;
·
delega in materia di semplificazione delle procedure e degli
adempimenti, per conseguire obiettivi di semplificazione e razionalizzazione delle
procedure di costituzione e gestione dei rapporti di lavoro, al fine di ridurre gli
adempimenti a carico di cittadini e imprese. In particolare, si vuole diminuire il
numero di atti amministrativi inerenti il rapporto di lavoro, attraverso specifiche
modalità (ad es. l'unificazione delle comunicazioni alle P.A. per gli stessi eventi,
l'obbligo di trasmissione di dati tra le diverse amministrazioni, l'abolizione della
tenuta di documenti cartacei e la revisione degli adempimenti in materia di
libretto formativo del cittadino);
·
delega in materia di riordino delle forme contrattuali e dell'attività
ispettiva, finalizzata a rafforzare le opportunità d'ingresso nel mondo del lavoro e
ai riordinare i contratti di lavoro vigenti per renderli maggiormente coerenti con le
attuali esigenze del contesto occupazionale e produttivo, nonché a rendere più
efficiente l'attività ispettiva. In particolare, si prevede la redazione di un testo
organico di disciplina delle varie tipologie contrattuali (con possibilità di
superamento di alcune di esse); la previsione, per le nuove assunzioni, del
contratto a tempo indeterminato a tutele crescenti in relazione all'anzianità di
servizio; l'introduzione, anche in via sperimentale, del compenso orario minimo;
la ridefinizione della disciplina vigente in materia di mansioni (con la possibilità di
"demansionamenti") e controllo a distanza dei lavoratori;
·
delega in materia di tutela e conciliazione delle esigenze di cura, di vita
e di lavoro, avente lo scopo di garantire adeguato sostegno alla genitorialità e
favorire le opportunità di conciliazione dei tempi di vita e di lavoro per la
generalità dei lavoratori. A tal fine si prevede, in particolare, l'estensione del
diritto alla prestazione di maternità alle lavoratrici madri cd. "parasubordinate";
l'introduzione di un credito d'imposta per le donne lavoratrici, anche autonome,
che abbiano figli minori o disabili non autosufficienti (al di sotto di una
determinata soglia di reddito individuale complessivo) e l'armonizzazione del
regime delle detrazioni (dall'imposta sui redditi) per il coniuge a carico; la
promozione del telelavoro; l'incentivazione di accordi collettivi volti a facilitare la
flessibilità dell'orario di lavoro e l'impiego di premi di produttività; la possibilità di
cessione dei giorni di ferie tra lavoratori per attività di cura di di figli minori; la
promozione dell'integrazione dell'offerta di servizi per le cure parentali forniti dalle
aziende e dagli enti bilaterali nel sistema pubblico-privato dei servizi alla persona.
4. I principali interventi sul lavoro contenuti nella legge di stabilità 2015
1) Esonero versamento contributi per tre anni per i nuovi assunti con
contratto a tempo indeterminato nell’anno 2015. La legge di stabilità
dispone che, ai datori di lavoro privati – escluso il settore agricolo – e con
riferimento alle nuove assunzioni con contratto di lavoro a tempo
indeterminato – esclusi i contratti di apprendistato e i contratti di lavoro
5
domestico – decorrenti dal 1° gennaio 2015 e relativi a contratti stipulati
non oltre il 31 dicembre 2015, sia riconosciuto, per un periodo massimo di
trentasei mesi, l’esonero dal versamento dei complessivi contributi
previdenziali a carico dei datori di lavoro, con esclusione dei premi e
contributi dovuti all’INAIL, nel limite massimo di un importo di esonero pari
a 8.060 euro su base annua.
2) Taglio IRAP per le imprese: viene dedotta dall’IRAP la quota parte relativa
ai contratti del personale dipendente a tempo indeterminato. La legge di
stabilità 2015 ammette in deduzione ai fini IRAP a decorrere dal periodo di
imposta successivo a quello in corso al 31 dicembre 2014, la differenza tra
il costo complessivo per il personale dipendente a tempo
indeterminato e le vigenti deduzioni spettanti a titolo analitico o
forfetario riferibili sempre al costo del lavoro. E’ inoltre estesa l’integrale
deducibilità IRAP del costo del lavoro per i produttori agricoli titolari di
reddito agrario e a favore delle società agricole per ogni lavoratore
dipendente a tempo determinato che abbia lavorato almeno 150 giornate ed
il cui contratto abbia almeno una durata triennale.
3) Risorse per la riforma del mercato del lavoro. La legge istituisce un
Fondo di 2,2 mld di euro per il 2015-2016 e di 2 mld annui a decorrere
dal 2017 finalizzato alla riforma degli ammortizzatori sociali, dei servizi per
il lavoro all'attuazione dei provvedimenti normativi volti a favorire la stipula
di contratti a tempo indeterminato a tutele crescenti (cd. Jobs Act), al fine
di consentire la relativa riduzione di oneri diretti ed indiretti.
5. I decreti attuativi del Jobs Act (definitivi)
5.1. Disposizioni in materia di contratto di lavoro a tempo indeterminato a
tutele crescenti (esame definitivo)
Contratto a tempo indeterminato tutele crescenti
Si applica ai lavoratori assunti con contratto a tempo indeterminato dopo
l’entrata in vigore del decreto, e stabilisce una nuova disciplina dei licenziamenti
individuali e collettivi (per i lavoratori assunti prima dell’entrata in vigore del
decreto restano valide le norme precedenti).
Per i licenziamenti discriminatori e nulli intimati in forma orale resta la
reintegrazione nel posto di lavoro così come previsto per tutti i lavoratori. Per i
licenziamenti disciplinari la reintegrazione resta solo nel caso in cui sia accertata
“l’insussistenza del fatto materiale contestato”. Negli altri casi in cui si accerti che
non ricorrano gli estremi del licenziamento per giusta causa o giustificato motivo,
ovvero i cosiddetti “licenziamenti ingiustificati”, viene introdotta una tutela
risarcitoria certa, in forma di indennizzo economico, commisurato all'anzianità di
servizio.
La regola applicabile ai nuovi licenziamenti è quella del risarcimento in misura
pari a due mensilità per ogni anno di anzianità di servizio, con un minimo di 4 ed
un massimo di 24 mesi.
6
Per evitare di andare in giudizio si potrà fare ricorso alla nuova conciliazione
facoltativa incentivata. In questo caso il datore di lavoro offre una somma esente
da imposizione fiscale e contributiva pari ad un mese per ogni anno di servizio,
non inferiore a due e sino ad un massimo di diciotto mensilità. Con l’accettazione
il lavoratore rinuncia alla causa.
Licenziamenti collettivi
Per i licenziamenti collettivi il decreto stabilisce che, in caso di violazione delle
procedure o dei criteri di scelta si applica sempre il regime dell’indennizzo che
vale per gli individuali (da un minimo di 4 ad un massimo di 24 mensilità).
In caso di licenziamento collettivo intimato senza l’osservanza della forma scritta
la sanzione resta quella della reintegrazione, così come previsto per i
licenziamenti individuali.
Piccole imprese
Per le piccole imprese la reintegra resta solo per i casi di licenziamenti nulli e
discriminatori e intimati in forma orale. Negli altri casi di licenziamenti
ingiustificati è prevista un’indennità crescente di una mensilità per anno di
servizio con un minimo di 2 e un massimo di 6 mensilità.
5.2 Riordino della normativa in materia di ammortizzatori sociali in caso di
occupazione involontaria e di ricollocazione dei lavoratori disoccupati
(decreto legislativo esame definitivo)
Naspi – Nuova assicurazione sociale per l’impiego
Il decreto introduce la Naspi, nuova assicurazione sociale per l’impiego. Vale per
gli eventi di disoccupazione che si verificano a decorrere dal 1° maggio 2015 e per
tutti i lavoratori dipendenti che abbiano perso l’impiego e che hanno cumulato
almeno 13 settimane di contribuzione negli ultimi 4 anni di lavoro ed almeno 18
giornate effettive di lavoro negli ultimi 12 mesi. La durata della prestazione
viene aumentata fino ad un massimo di 24 settimane, ed è pari ad un numero
di settimane corrispondente alla metà delle settimane contributive degli ultimi 4
anni di lavoro, per un massimo di 24 mesi.
Per quanto riguarda l’ammontare dell’indennità se la retribuzione non supera i
1.195 euro mensili, l’indennità mensile sarà pari al 75% di tale retribuzione. Se
supera i 1.195 euro mensili, l’indennità mensile sarà pari al 75% della
retribuzione più il 25% della differenza tra retribuzione e 1.195. L’indennità
mensile, in ogni caso, non potrà superare 1.300 euro mensili. Dopo i primi 4 mesi
di pagamento, la Naspi viene ridotta del 3% al mese. L’erogazione della Naspi è
condizionata alla partecipazione del disoccupato ad iniziative di attivazione
lavorativa o di riqualificazione professionale.
7
Dal 1/1/2017 la durata massima della Naspi è prudenzialmente fissata in 18
mesi per motivi di copertura finanziaria. Prima di tale scadenza, tuttavia,
verranno trovate risorse nelle prossime leggi di stabilità per mantenere la durata
massima a 24 mesi.
Asdi – Assegno di disoccupazione
Viene introdotto in via sperimentale, per quest’anno, l’Asdi, assegno di
disoccupazione che verrà riconosciuto a chi, scaduta la Naspi, non ha trovato
impiego e si trovi in condizioni di particolare necessità. La durata dell’assegno,
che sarà pari al 75% dell’indennità Naspi, è di 6 mesi e verrà erogato fino ad
esaurimento dei 300 milioni del fondo specificamente costituito.
Dis-Coll – Disoccupazione per i collaboratori
Per i co.co.co (iscritti alla Gestione separata INPS) che perdono il lavoro c’è la
l’indennità di disoccupazione Dis-Col (Disoccupazione per i collaboratori).
Presuppone tre mesi di contribuzione nel periodo che va dal primo gennaio
dell’anno precedente l’evento di disoccupazione alla data del predetto evento. Il
suo importo e’ rapportato al reddito e diminuisce del 3% a partire dal quarto
mese di erogazione. La durata della prestazione è pari alla metà delle mensilità
contributive versate e non può eccedere i 6 mesi. Anche questa indennità è
condizionata alla partecipazione ad iniziative di politiche attive.
Contratto di ricollocamento
Il lavoratore che ha perso il posto di lavoro, previa domanda, avra’ diritto ad
utilizzare una “dote di ricollocamento” che potrà essere utilizzata per rivolgersi
ad una struttura pubblica (Centri per l’Impiego) o ad una privata, per cercare un
nuovo lavoro. La dote sarà incassata da questi ultimi soggetti solo una volta che il
beneficiario avrà trovato effettivamente lavoro. Grazie a tale meccanismo il
lavoratore avrà un’assistenza appropriata nella ricerca della nuova occupazione,
strutturata e fortemente orientata ai risultati. Al lavoratore spetterà prendere
parte alle iniziative proposte dal CPI o dall’agenzia specializzata, siano esse di
addestramento, ricerca attiva del lavoro o riqualificazione professionale. La dote
decade nel caso di mancata partecipazione alle iniziative, di rifiuto senza
giustificato motivo di una congrua offerta di lavoro o in caso di perdita dello stato
di disoccupazione.
6. I decreti attuativi del Jobs act all’esame del Parlamento
6.1 Conciliazione dei tempi di vita e di lavoro (esame preliminare)
Si tratta di un provvedimento che interviene, prevalentemente, sul testo unico a
tutela della maternità (n° 151 del 26 marzo 2001) e reca misure volte a sostenere
le cure parentali, a tutelare la maternità delle lavoratrici.
Il decreto interviene, innanzitutto, sul congedo obbligatorio di maternità, al fine di
rendere più flessibile la possibilità di fruirne in casi particolari come quelli di
8
parto prematuro o di ricovero del neonato. Nel primo caso, infatti, i giorni di
astensione obbligatoria non goduti prima del parto sono aggiunti al periodo di
congedo di maternità post partum anche quando la somma dei due periodi superi
il limite complessivo dei 5 mesi; nel secondo caso si prevede la possibilità di
usufruire di una sospensione del congedo di maternità, a fronte di idonea
certificazione medica che attesti il buono stato di salute della madre. Entrambe le
soluzioni sono dirette a favorire il rapporto madre-figlio senza rinunciare alle
tutele della salute della madre.
Il decreto prevede un'estensione massima dell'arco temporale di fruibilità del
congedo parentale dagli attuali 8 anni di vita del bambino a 12. Quello
parzialmente retribuito (30%) viene portato dai 3 anni di età del bambino a 6
anni; quello non retribuito dai 6 anni di vita del bambino ai 12 anni. Analoga
previsione viene introdotta per i casi di adozione o di affidamento, per i quali la
possibilità di fruire del congedo parentale inizia a decorrere dall'ingresso del
minore in famiglia. In ogni caso, resta invariata la durata complessiva del
congedo.
In materia di congedi di paternità, viene estesa a tutte le categorie di lavoratori, e
quindi non solo per i lavoratori dipendenti come attualmente previsto, la
possibilità di usufruire del congedo da parte del padre nei casi in cui la madre sia
impossibilitata a fruirne per motivi naturali o contingenti.
Sono inoltre state introdotte norme volte a tutelare la genitorialità in caso di
adozioni e affidamenti prevedendo estensioni di tutele già previste per i genitori
naturali.
Oltre agli interventi di modifica del testo unico a tutela della maternità, il decreto
contiene due disposizioni innovative in materia di telelavoro e di donne vittime di
violenza di genere.
La norma sul telelavoro prevede benefici per i datori di lavoro privato che vi
facciano ricorso per venire incontro alle esigenze di cure parentali dei loro
dipendenti. In particolare, per il riconoscimento dei benefici si esclude dal
computo dei limiti numerici previsti dalle leggi e dai contratti i telelavoratori che
rientrino nella fattispecie individuata dal decreto.
La seconda norma introduce il congedo per le donne vittime di violenza di genere
ed inserite in percorsi di protezione debitamente certificati e, quindi, si prevede la
possibilità per queste lavoratrici dipendenti di imprese private di astenersi dal
lavoro, per un massimo di tre mesi, per motivi legati a tali percorsi, garantendo
l'intera retribuzione, la maturazione delle ferie e degli altri istituti connessi. Viene
anche introdotto il diritto di trasformare il rapporto di lavoro da tempo pieno a
tempo parziale a richiesta della lavoratrice.
Le collaboratrici a progetto hanno diritto alla sospensione del rapporto
contrattuale per analoghi motivi sempre per un massimo di tre mesi.
6.2 Semplificazione delle tipologie contrattuali e revisione della disciplina
delle mansioni (esame preliminare)
9
Contratti di collaborazione a progetto (Co. Co. Pro.). A partire dall’entrata in
vigore del decreto non potranno essere attivati nuovi contratti di collaborazione a
progetto (quelli già in essere potranno proseguire fino alla loro scadenza).
Comunque, a partire dal 1° gennaio 2016 ai rapporti di collaborazione personali
con contenuto ripetitivo ed etero-organizzati dal datore di lavoro saranno
applicate le norme del lavoro subordinato. Restano salve le collaborazioni
regolamentate da accordi collettivi, stipulati dalle organizzazioni sindacali
comparativamente più rappresentative sul piano nazionale, che prevedono
discipline specifiche relative al trattamento economico e normativo in ragione
delle particolari esigenze produttive ed organizzative del relativo settore e altri tipi
di collaborazioni caratterizzate da autonomia ed elaborazione intellettuale.
Vengono superati: i contratti di associazione in partecipazione con apporto
di lavoro ed il job sharing.
Vengono confermate le seguenti tipologie:
Contratto di somministrazione. Per il contratto di somministrazione a tempo
indeterminato (staff leasing) si prevede un’estensione del campo di applicazione,
eliminando le causali e fissando al contempo un limite percentuale all’utilizzo
calcolato sul totale dei dipendenti a tempo indeterminato dell’impresa che vi fa
ricorso (10%).
Contratto a chiamata. Viene confermata anche l’attuale modalità tecnologica,
sms, di tracciabilità dell’attivazione del contratto.
Lavoro accessorio (voucher). Fermo restando il limite massimo di 2.000 euro
annui erogati dal medesimo datore di lavoro, verrà elevato il tetto dell’importo per
il lavoratore fino a 7.000 euro annui, restando comunque nei limiti della no-tax
area, e verrà introdotta la tracciabilità con tecnologia sms come per il lavoro a
chiamata.
Apprendistato. Si punta a semplificare l’apprendistato di primo livello (per il
diploma e la qualifica professionale) e di terzo livello (alta formazione e ricerca)
riducendone anche i costi per le imprese che vi fanno ricorso, nell’ottica di
favorirne l’utilizzo in coerenza con le norme sull’alternanza scuola-lavoro. Per
l’apprendistato di secondo livello, cosiddetto professionalizzante, rimane valido
quanto normato dal decreto Poletti n.78/2014 (si veda in particolar modo la
pagina seguente)
Part-time. Vengono definiti i limiti e le modalità con cui, in assenza di previsioni
al proposito del contratto collettivo, il datore di lavoro può chiedere al lavoratore
lo svolgimento di lavoro supplementare e le parti possono pattuire clausole
elastiche (le clausole che consentono lo spostamento della collocazione dell’orario
di lavoro) o flessibili (le clausole che consentono la variazione in aumento
dell’orario di lavoro nel part- time verticale o misto).
Viene inoltre prevista la possibilità, per il lavoratore, di richiedere il passaggio al
part-time in caso di necessità di cura connesse a malattie gravi o in alternativa
alla fruizione del congedo parentale.
10
Mansioni. In presenza di processi di ristrutturazione o riorganizzazione aziendale
e negli altri casi individuati dai contratti collettivi l’impresa potrà modificare le
mansioni di un lavoratore fino ad un livello, senza modificare il suo trattamento
economico (salvo trattamenti accessori legati alla specifica modalità di
svolgimento del lavoro). Viene altresì prevista la possibilità di accordi individuali,
“in sede protetta”, tra datore di lavoro e lavoratore che possano prevedere la
modifica anche del livello di inquadramento e della retribuzione al fine della
conservazione dell’occupazione, dell’acquisizione di una diversa professionalità o
del miglioramento delle condizioni di vita.
Contratto a tempo determinato: La legge mantiene sostanzialmente le
caratteristiche del contratto a tempo determinato, fatto salvo qualche correttivo
minore. L’istituto infatti è gia’ stato oggetto di riforma mediante il cosidetto
decreto Poletti emanato e convertito in legge nella primavera 2014. Il decreto
Poletti contiene disposizioni in materia di contratti a tempo determinato (c.d.
lavoro a termine),
somministrazione di lavoro a tempo determinato e
contratti di apprendistato, con l'obiettivo di facilitare il ricorso a tali tipologie
contrattuali. A tal fine la disposizione modifica in più parti il decreto legislativo
n.368/2001 e il decreto legislativo n.276 del 2003, prevedendo, in primo luogo,
l'innalzamento da 1 a 3 anni, comprensivi di un massimo di 5 proroghe della
durata del rapporto a tempo determinato (anche in somministrazione) che non
necessita dell'indicazione della causale per la sua stipulazione (c.d. acausalità).
A fronte dell'eliminazione della causale, viene introdotto un "tetto" all'utilizzo
del contratto a tempo determinato, stabilendo che il numero complessivo di
rapporti di lavoro a termine costituiti da ciascun datore di lavoro non può
eccedere il limite del 20% dei lavoratori a tempo indeterminato alle sue
dipendenze. Il superamento del limite comporta una sanzione amministrativa
pari al 20% e al 50% della retribuzione per ciascun mese di durata del rapporto di
lavoro, se il numero di lavoratori assunti in violazione del limite sia,
rispettivamente, inferiore o superiore a uno Per i datori di lavoro che occupano
fino a 5 dipendenti è comunque sempre possibile stipulare un contratto a tempo
determinato.
Attraverso una disciplina transitoria si prevede che (fermi restando comunque i
diversi limiti quantitativi stabiliti dai vigenti contratti collettivi nazionali) per i
datori che alla data di entrata in vigore del decreto-legge occupino lavoratori a
termine oltre tale soglia, l'obbligo di adeguamento al tetto legale del 20% scatta a
decorrere dal 2015, sempre che la contrattazione collettiva (anche aziendale)
non fissi un limite percentuale o un termine più favorevoli.
Infine, varie disposizioni sono volte ad ampliare e rafforzare il diritto di
precedenza delle donne in congedo di maternità per le assunzioni da parte del
datore di lavoro, nei 12 mesi successivi, in relazione alle medesime mansioni
oggetto del contratto a termine. A tale riguardo si prevede che ai fini
dell'integrazione del limite minimo di 6 mesi di durata del rapporto a termine
(durata minima che la normativa vigente richiede per il riconoscimento del diritto
di precedenza) devono computarsi anche i periodi di astensione obbligatoria
per le lavoratrici in congedo di maternità. Si prevede, altresì, che il diritto di
precedenza valga non solo per le assunzioni con contratti a tempo indeterminato
11
(come già previsto dalla normativa vigente), ma anche per le assunzioni a tempo
determinato effettuate dal medesimo datore di lavoro. Infine, si stabilisce che il
datore di lavoro ha l'obbligo di richiamare espressamente il diritto di precedenza
del lavoratore nell'atto scritto con cui viene fissato il termine del contratto.
Il decreto Poletti contiene disposizioni in materia di apprendistato, con l'obiettivo
di semplificarne la disciplina.
A tal fine, si modificano in più parti il D.Lgs. 167/2011 e la L. 92/2012,
prevedendo, in primo luogo, modalità semplificate di redazione del piano
formativo individuale sulla base di moduli e formulari stabiliti dalla
contrattazione collettiva o dagli enti bilaterali.
Per quanto concerne la stabilizzazione degli apprendisti (ossia la loro
assunzione con contratto a tempo indeterminato a conclusione del periodo di
apprendistato), il decreto-legge riduce gli obblighi previsti dalla legislazione
previgente ai fini di nuove assunzioni in apprendistato (obbligo di stabilizzazione
del 30% degli apprendisti nelle aziende con più di 10 dipendenti), da un lato
circoscrivendo l'applicazione della norma alle sole imprese con più di 50
dipendenti, dall'altro riducendo al 20% la percentuale di stabilizzazione.
Inoltre, viene consentito, per le regioni e le province autonome di Trento e di
Bolzano che abbiano definito un sistema di alternanza scuola-lavoro, che i
contratti collettivi nazionali di lavoro stipulati da associazioni di datori e
prestatori di lavoro comparativamente più rappresentative sul piano nazionale,
prevedano specifiche modalità di utilizzo del contratto di apprendistato, anche a
tempo determinato, per lo svolgimento di attività stagionali.
Per quanto concerne la semplificazione dei profili formativi, si prevede che la
Regione provveda a comunicare al datore di lavoro, entro quarantacinque giorni
dalla comunicazione dell'instaurazione del rapporto, le modalità di svolgimento
dell'offerta formativa pubblica, anche con riferimento alle sedi e al calendario
delle attività previste, avvalendosi anche dei datori di lavoro e delle loro
associazioni che si siano dichiarate disponibili, ai sensi delle linee guida adottate
dalla Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province
autonome di Trento e di Bolzano in data 20 febbraio 2014
Per quanto attiene, infine, alla retribuzione dell'apprendista, fatta salva
l'autonomia della contrattazione collettiva, si prevede che, in considerazione della
componente formativa del contratto di apprendistato per la qualifica e per il
diploma professionale, si debba tener conto delle ore di formazione almeno in
misura del 35% del relativo monte ore complessivo.
Il decreto Poletti garantisce anche la parità di trattamento delle persone in
cerca di occupazione in uno degli Stati membri dell'UE indipendentemente dal
luogo di residenza, nonchè, attraverso l'eliminazione del requisito del domicilio,
ad ampliare la possibilità di usufruire delle azioni di politica attiva poste in essere
dai servizi competenti. In particolare, la norma è volta a rendere immediatamente
operativa la Garanzia per i giovani (Youth guarantee) che, per usufruire dei relativi
percorsi, stabilisce che vengano individuati i requisiti della "residenza" e della
12
"contendibilità" del soggetto, al fine di consentire che i giovani alla ricerca di
occupazione possano rivolgersi ad un servizio per l'impiego indipendentemente
dall'ambito territoriale di residenza.
Il decreto introduce disposizioni volte alla "smaterializzazione" del Documento
unico di regolarità contributiva (DURC), attraverso una semplificazione
dell'attuale sistema di adempimenti richiesti alle imprese per la sua acquisizione.
In particolare, si prevede che la verifica della regolarità contributiva nei confronti
dell'INPS, dell'INAIL (e, per le imprese operanti nel settore dell'edilizia, delle Casse
edili), avvenga, da parte di chiunque vi abbia interesse, in tempo reale e con
modalità esclusivamente telematiche, attraverso un'interrogazione negli archivi
dei citati enti che ha una validità di 120 giorni a decorrere dalla data di
acquisizione. La puntuale definizione della nuova disciplina della materia è
rimessa a un decreto interministeriale, da emanare entro 60 giorni dall'entrata in
vigore del decreto-legge.
7. Infografiche riassuntive
13
14
15
16
Scarica

Jobs Act - Giorgio Santini