La voce dell’ordine di Pistoia Rivista di informazione medica n. 6 aprile 2007 Trimestrale - Anno IV - n° 6 - aprile 2007 Tariffa R.O.C.: “Poste Italiane Spa sped. abb. post. D.L. 353/2003 (conv. in L. 27/02/2004 n. 46) art.1, comma 1, DCB/PO” Ordine provinciale dei Medici Chirurghi e degli Odontoiatri della provincia di Pistoia Il giuramento di Ippocrate Prometto, Nel nome di Apollo medico E di Asclepio e di Igea e Panacea E nel nome di tutti gli dei, Chiamandoli a testimoni, Di mantener fede, Secondo le mie forze e Secondo il mio giudizio, A questo giuramento E a questo patto da me sottoscritto. Sommario Pierluigi Benedetti “DEL GIURAMENTO” 3 “Del giuramento” 4 L’editoriale 5 Alcune riflessioni sulla Evidence Based Medicine 7 Spigolature • A proposito di... “scoliosi” (un dubbio di Ippocrate) 9 L’opinione • Il caso Welby e il rapporto con i media 10 Med-news 11 «Notizie dall’Ordine» 12 Testimonianze • La qualità della vita in epilessia 13 Cultura • “Un’epidemia dimenticata”. La spagnola a Pistoia La voce dell’ordine di Pistoia Bollettino ufficiale trimestrale dell’Ordine dei Medici Chirurghi e Odontoiatri di Pistoia anno IV n. 6 – aprile 2007, dir. resp. Dott. Gianluca Taliani, Reg. Trib. Pistoia n. 8 del 9/07/04 Grafica e impaginazione: Pretesto, Pistoia Stampa: Tipografica Pistoiese In occasione della presentazione della nuova stesura del Codice Deontologico, ed approfittando del rinnovo della veste tipografica del Bollettino, c’è sembrato appropriato riportare, sulla copertina del Giornale, la frase iniziale del Giuramento d’Ippocrate. Questa scelta vuol essere un invito a riflettere sul valore etico, che la professione medica, ha avuto fin dalla sua origine, in ogni ambiente sociale. Il medico, infatti, ha dovuto, da sempre, confrontarsi dialetticamente con i suoi simili nelle fasi più delicate e difficili dell’esistenza umana (la nascita, la malattia, la morte) e si è trovato nella necessità di operare scelte sempre impegnative, molto spesso difficili, a volte, in situazioni nelle quali, non potendo ricevere aiuto dalla sua scienza, ha avuto per guida soltanto i propri principi morali. Il Giuramento d’Ippocrate ci richiama, appunto, a questi principi; cioè ci richiama al dovere che, nei limiti, delle capacità umane, il medico ha di essere vicino a chi, per malattia, ha bisogno del suo aiuto. Il messaggio, che ci trasmette, dopo tanti secoli, è ancora attuale: il medico deve comportarsi (“condurre la sua vita”), secondo il diritto umano e divino”, seguendo il principio etico fondamentale del perseguimento del bene del prossimo. L’alternativa è sempre stata catastrofica, come hanno dimostrato le esperienze tragiche di un passato, fin troppo recente. Riportando soltanto l’Incipit del Giuramento, si è voluto sottolineare il suo valore simbolico, prescindendo dal significato letterale dell’intero testo, che ognuno può leggere in qualsiasi libro di Storia della Medicina. Non abbiamo voluto nemmeno, commentare la lettera del Giuramento, proprio per non rimanere irretiti in discussioni d’ordine letterario ed interpretativo, che ci avrebbero portato lontano dal suo spirito e dal suo significato universale. Fra l’altro, quanto più la critica storica e letteraria ha cercato di andare a fondo, tanto più ci siamo ritrovati in mano un testo impoverito, dubbio, frammentato; e, a volte, per alcuni aspetti, legato allo spirito di sette e conventicole chiuse al mondo esterno. E quale testo avremmo dovuto riportare? Esistono molte versioni del Giuramento La forma, di solito riferita, è databile all’età imperiale romana, al tempo di Galeno, quindi di almeno 600 anni posteriore ad Ippocrate. Ed, infatti, il titolo riportato, letteralmente, significa “Giuramento alla maniera d’Ippocrate”, formulazione introdotta da Galeno, la quale è divenuta “il Giuramento d’Ippocrate” per antonomasia. Bisogna aggiungere, a testimonianza dell’universalità dei principi espressi nel Giuramento, che questo testo è stato usato come modello, con poche modifiche, non solo nel Mondo “Occidentale”, ma anche dalle Scuole arabe di medicina, durante il Medio Evo, naturalmente sostituendo al nome degli antichi dei (Apollo ecc.) il nome del Dio Unico; il resto è quasi la traduzione letterale del giuramento riferito da Galeno. LA VOCE DELL’ORDINE DI PISTOIA 4 È molto probabile che nessun medico della Scuola di Cos, ai tempi d’Ippocrate, lo abbia conosciuto, nella forma in cui oggi lo leggiamo, ma questo non toglie niente al suo valore. Esso è la testimonianza che, già prima dell’età dei grandi filosofi greci (V–IV sec. a.C.), esisteva una Scuola Medica, che poneva le sue basi su principi etici e razionali fondamentali, universalmente accettati. Principi razionali ed etici, che suscitavano l’ammirazione di Platone, il quale più di una volta si riferisce alla Scuola Ippocratica, riconoscendo alla scienza medica di detta scuola, la dignità della più alta speculazione filosofica. Nel Fedro (270 b e seg.), Platone, con le parole di Socrate, fa riferimento esplicito al modo di ragionare dei medici “ippocratei”. Afferma che essi ricercavano la guarigione (il bene) del malato, assicurandone “salute e vigore con farmaci e nutrimento”, attraverso l’osservazione della realtà e l’interpretazione logica dei dati dell’esperienza; e prende ad esempio questo tipo di ragionamento, per procedere verso la conoscenza della verità e per arrivare alla liberazione dell’uomo dall’ignoranza Il fine assoluto perseguito, sia dal medico che dal filosofo, è, in ultima analisi, molto simile: la liberazione dell’essere umano dalla sofferenza fisica e morale, prescindendo da ogni condizionamento determinato da fattori sociali di qualsiasi genere.. Più in generale, si può affermare che i medici ed i filosofi antichi, avevano compreso che, quando gli uomini decidevano di vivere insieme, dandosi leggi scritte per regolare i rapporti sociali, prima di questo, esisteva già, fra di loro, un accordo tacito su alcuni principi di comportamento accettati da tutti; cioè esisteva un’etica condivisa, su cui si fondava tutto il resto. In altre parole esistevano (ed esistono) leggi universali (etiche) “non scritte”, su cui si fonda il vivere civile degli uomini. Leggi etiche, alle quali fa, esplicitamente, riferimento Tucidide, quando afferma che “la trasgressione di queste leggi (non scritte) porta, a chi le infrange, una vergogna, condannata da tutti”.(Storie II libro 37). Il Giuramento si basa su queste leggi etiche universali, che, sia cronologicamente che per importanza, vengono prima di tutte le altre, poiché esse sono la base stessa della società. Era ben chiaro agli antichi filosofi che l’etica veniva prima della politica. Forse sarebbe cosa utile e benefica, se alcuni dei “maestri di pensiero” dei nostri giorni, rileggessero, ogni tanto, qualche pagina degli antichi Autori (per esempio, della “Costituzione degli Ateniesi” d’Aristotele). Con questo spirito, noi Medici moderni, dobbiamo meditare sul valore del Giuramento. Dobbiamo tenere presente l’esortazione ad usare, sempre, a “fin di bene” le conoscenze, che abbiamo, cioè ad agire in modo che, in nessuna circostanza, “il nostro ingegno corra, che virtù non lo guidi” (Dante Inf. c.XXVI v.22); ed accettare, da questo antico testo, anche una lezione d’umiltà, poiché, pur essendo la medicina moderna incommensurabilmente più avanzata dal punto di vista scientifico, rispetto a quella d’Ippocrate, lo spirito deontologico, espresso nel Giuramento, rimane insuperato; così come rimangono insuperate le idee degli antichi Filosofi, uno dei quali, forse contemporaneo d’Ippocrate, affermava che, chi non ha interesse a conoscere il passato, non ha speranza di futuro. Buona lettura ! (E se la cosa può interessare a qualcuno, ci sarà tempo di parlare degli antichi Maestri). L’EDITORIALE Egisto Bagnoni Presidente dell’Ordine di Pistoia Carissimi colleghi, questo Codice deontologico rinnovato è stato presentato alle autorità sanitarie ed all’opinione pubblica in data 16.12.2006.E frutto di un lungo lavoro di confronto e di discussione nelle varie commissioni FNOMCEO ,nel Comitato centrale e successivamente nel Consiglio nazionale che lo ha definitivamente approvato. Allegato al testo troverai le linee guida inerenti gli articoli 30,52,53,54,55,56 e 57del C.D. L’ultima edizione risale al 1998 e questo ulteriore aggiornamento si è reso necessario per un adeguamento all’evoluzione della società e della scienza medica che pongono sempre nuove problematiche di natura etico-deontologica.La federazione Nazionale ha ritenuto necessario rivedere le regole di comportamento dei professionisti affinché possano affrontare con maggiore consapevolezza la discussione in atto sui problemi come fecondazione assistita,autonomia del cittadino e direttive anticipate ,consenso informato,test predittivi e molti altri. La esigenza di dare un valore etico alla professione medica era sentita già dalla cultura dell’antica Grecia che pone con Ippocrate il bene del paziente come unico obiettivo da raggiungere come ben evidenziato nel giuramento. E necessario a mio avviso che il medico debba avere una profonda conoscenza degli articoli del codice per esercitare una professione sempre più a rischio per le possibili implicazioni giuridiche e per la crescente richiesta di informazioni da parte dei cittadini perché disorientati per la continua divulgazione di notizie incontrollate da parte dei media. Individualmente il medico ha il dovere di svolgere la professione secondo i principi fondanti della deontologia stringendo un patto con il cittadino, tenendo conto delle sue volontà ,per raggiungere un obiettivo condiviso.Tutti i professioni hanno l’obbligo del rispetto di un codice di comportamento con regole scelte collegialmente in modo autonomo ed in particolare la medicina in difesa di un bene che è anche un diritto costituzionale. www.omceopt.splinder.com Alcune riflessioni sulla Evidence Based Medicine Leandro Barontini Terapia Intensiva Presidio Ospedaliero di Pistoia L’ www.omceopt.splinder.com L’EBM, nella sua forma essenziale, considera l’”evidenza”, cioè la “prova sperimentale”, una forma di conoscenza scientifica nettamente superiore ad altre quali la fisiopatologia o l’esperienza clinica ed implicitamente considera che le osservazioni scientifiche, le “evidenze”, possano essere ottenute in modo puro, indipendente dalle teorie e dalle conoscenze di base dello sperimentatore. L’EBM non considera l’essenziale interconnessione che esiste fra osservazione e teoria di sfondo. La convinzione alla base della EBM è che i trials clinici controllati forniscano veramente la “prova” dell’efficacia o dell’inefficacia di un trattamento, e che questa “prova” sia indipendente da ogni pregiudizio e da ogni ipotesi o teoria precedente e perciò sia obiettiva. Ebbene, l’epistemologia contemporanea ci ha insegnato che ogni fatto, ogni dato sperimentale che viene raccolto è sempre dipendente da qualche teoria. Popper2, filosofo della scienza, ha sostenuto che l’osservazione pura, cioè l’osservazione priva di una componente teorica, non esiste, noi osserviamo certi fatti basandoci su teorie di sfondo e li osserviamo in un certo modo perché possediamo certi strumenti quali lo sfigmomanometro, l’elettrocardiografo, etc che a loro volta dipendono da altre conoscenze anatomiche, fisiche, biochimiche, etc. Le nostre “prove”, le nostre “evidenze” sono quindi sempre relative al nostro sapere attuale ed agli strumenti che possediamo in un certo momento storico; pertanto di ciò che crediamo “provato” oggi potremmo dubitare domani. Anche la EBM non sfugge a questa situazione generale del sapere scientifico. Con il cambiare delle teorie biomediche, un’osservazione che inizialmente rafforza un’ipotesi, potrà in un secondo tempo avvalorare un’ipotesi diversa. L’oggettività e la correttezza delle osservazioni non possono garantire la verità delle conclusioni3. L’EBM, sottovalutando il fatto che la scienza è un sapere congetturale e fallibile che non è in grado di fornire la certezza di aver raggiunto la verità, rischia di generare nel medico un eccessivo senso di sicurezza nelle conoscenze quando queste abbiano trovato un sostegno nell’evidenza empirica. La complessità dell’organismo umano e le relazioni che si stabiliscono fra questo e l’ambiente possono ostacolare qualsiasi semplificazione sperimentale. B) Quali informazioni sono valide per la EBM L’EBM classifica le “evidenze” in base al metodo usato LA VOCE DELL’ORDINE DI PISTOIA EBM (Evidence Based Medicine) (Medicina basata sulle prove di efficacia) è nata nel 1992, da una serie di studi iniziati oltre dieci anni prima presso il Dipartimento di Epidemiologia Clinica e Biostatistica dell’Università canadese Mc.Master e aventi come oggetto il miglior uso della letteratura scientifica per l’aggiornamento medico. L’EBM si è presentata al mondo medico con la pubblicazione su JAMA del lavoro di DL Sackett intitolato Evidence-based Medicine: a New Approach to Teaching the Practice of Medicine.1 È nata, quindi, come approccio didattico alla Medicina pratica anche se, successivamente, è stata descritta come una disciplina clinica nuova, con il compito di selezionare e poi segnalare ai medici clinici i più importanti ed affidabili dati sperimentali ottenuti della ricerca in campo sanitario. All’interno della EBM si è sviluppato il concetto che le “evidenze” devono avere un ruolo preminente nelle decisioni del clinico, intendendo con il termine “evidenze” le informazioni aggiornate e metodologicamente valide della letteratura medica. Non vi è dubbio che alla EBM debbano essere riconosciuti notevoli meriti in quanto: • Ha posto l'accento sull'importanza delle questioni metodologiche in Medicina. • Ha richiamato con forza l'esigenza del rigore nella valutazione dei dati. • Ha sottolineato la necessità di far riferimento a conoscenze generali che derivano dalle esperienze di molti ricercatori. • Grazie all'informatica e ad Internet, ha messo a punto una tecnica che consente di reperire e valutare in breve tempo molte informazioni consegnate alla letteratura. Una volta riconosciuti i meriti della EBM è necessario aggiungere che, finchè essa viene presentata come un nuovo approccio all’aggiornamento clinico, i vantaggi che essa apporta appaiono ragionevoli. Ma quando la EBM viene presentata come una scelta di fondo e la si propone come il principale punto di riferimento per il comportamento clinico, il giudizio sembra essere piegato da un entusiasmo eccessivo e diviene necessario esaminare questo “nuovo paradigma medico” con occhio più critico per cercare di vederne non solo i pregi, ma anche i limiti. A) Il quadro epistemologico di sfondo su cui si basa l’EBM ovvero l’Empirismo ed il concetto di Evidenza. 5 LA VOCE DELL’ORDINE DI PISTOIA 6 per raccoglierle assegnando la massima qualità agli studi clinici randomizzati controllati (Randomized Controlled Trials) e alle Metanalisi senza considerare altre fonti non statistiche di informazioni mediche quali l’esperienza professionale del medico e le caratteristiche peculiari del paziente. C) Il metodo statistico In estrema sintesi il metodo utilizzato dagli studi considerati validi dalla EBM è il test delle ipotesi con il valore P per la significatività statistica che funziona così: Consideriamo che due gruppi di pazienti scelti con il metodo casuale (randomized) siano sottoposti a terapia con due farmaci diversi A e B. Si evidenzia una differente risposta nei due gruppi e conseguentemente si considerano due ipotesi: • L’ipotesi nulla cioè le due terapie sono equivalenti e la differenza osservata è casuale • L’ipotesi alternativa cioè una delle due terapie è migliore dell’altra. Il ricercatore deve decidere in quale misura credere nell’ipotesi alternativa e sottopone quindi i dati ad un test statistico, adeguato al tipo di dati, che fornisce un livello di significatività sotto forma del valore P. Deve essere a questo punto evidenziato che il valore P non fornisce una risposta diretta, il valore P rappresenta una probabilità frequentistica e fornisce la seguente informazione: c’è una probabilità del x %, per esempio 4%, P = 0,04 di ottenere una simile differenza fra i dati se l’ipotesi nulla è vera. È stato per convezione stabilito che P ≥ 0.1 = Assenza di evidenza contro l’ipotesi nulla P fra 0,1 e 0,05 = Debole evidenza contro l’ipotesi nulla P fra 0,05 e 0,01 = Moderata evidenza contro l’ipotesi nulla P < a 0,001 = Fortissima evidenza contro l’ipotesi nulla Sostanzialmente il valore P è la stima della probabilità di commettere un errore rifiutando l’ipotesi nulla; questo valore però non ci può dire nulla sulla verità della ipotesi alternativa; quello che si può affermare è solo che possiamo rifiutare l’ipotesi nulla con un margine accettabile di errore. Per trarre delle conclusioni sull’ipotesi alternativa si deve essere totalmente sicuri che l’esperimento sia stato condotto bene, con una numerosità campionaria sufficiente e che l’unica differenza fra i gruppi sia, nel caso dell’esempio, il farmaco usato; situazione questa non facilmente ottenibile se non in condizioni sperimentali molto rigide, quasi ideali. Vale a dire che, mentre i ricercatori dovrebbero voler conoscere la probabilità che “l’ipotesi alternativa” sia vera, sulla base dei dati ottenuti in un particolare trial, in realtà il metodo statistico utilizzato si limita a calcolare la probabilità P di commettere un errore rifiutando “l’ipotesi nulla”. Secondo Goodman4 i metodi dell’inferenza statistica comunemente accettati non sono “evidence based” e starebbero diffondendo un idea distorta del modo di ragionare in medicina. D) La EBM non è evidence based Il metodo statistico e soprattutto la metodologia EBM non sono “evidence based”, cioè non soddisfano i propri principi di efficacia. Non sono cioè disponibili “prove di efficacia” considerate valide dalla EBM a sostegno del fatto che il processo di decisione clinica sia migliorato dall’utilizzo della EBM stessa. E) La Biosingolarità L’utilità dell’applicazione dell’EBM al singolo paziente è limitata poichè le circostanze a livello individuale variano e per un notevole numero di sottogruppi di pazienti noi non abbiamo evidenze. Questa situazione in realtà può essere molto rara o molto comune, perché tutto dipende da quale grado di somiglianza si è disposti a ritenere sufficiente per poter considerare i soggetti inclusi nelle ricerche sperimentali rappresentativi del caso clinico singolo che si sta affrontando. I criteri utilizzabili in proposito possono essere diversi, e naturalmente la diagnosi è quello fondamentale; tuttavia è raramente sufficiente e devono essere abbinati almeno il sesso e l’età, ma anche lo stadio clinico della malattia e le comorbidità sono molto importanti. I soggetti inclusi nelle sperimentazioni, nei “Trials” più rigorosi vengono in genere selezionati tra quelli afferenti a centri di ricerca specializzati, ciò significa che essi hanno una diagnosi certa ed accuratamente definita secondo i migliori standard disponibili, sono idealmente privi di fattori confondenti che possano influire sugli esiti della ricerca (ad esempio malattie associate), vengono seguiti in modo meticoloso e mostrano quasi sempre una elevata aderenza al trattamento. Si tratta di caratteristiche che riducono in diversa misura, ma a volte enormemente, la rappresentatività di questi pazienti rispetto a quelli seguiti normalmente dal medico. Nel complesso, quanto maggiore è il rigore che si richiede per ritenere provata l’efficacia di un trattamento in una determinata categoria di soggetti, tanto meno automatica ne risulterà la trasferibilità alla pratica clinica quotidiana. Conclusioni Prima di tutto dobbiamo ricordare come la medicina clinica sia una disciplina particolare, una disciplina prevalentemente idiografica ovvero che si occupa dell’individuale, non di leggi generali ma di eventi singolari ed il compito del clinico è quello di spiegare perché certi fenomeni morbosi si sono verificati in quel particolare malato, oggi ed in quel determinato ambiente di vita. In effetti originariamente definita come “un nuovo paradigma emergente per la pratica medica”5, l’EBM ha ricevuto, dopo alcuni anni, una definizione più cauta e realistica e lo stesso Sackett chiarisce che l’EBM è un metodo con una doppia polarità: “Praticare l’EBM significa integrare l’esperienza clinica individuale con le migliori conoscenze esterne derivanti dalla revisione sistematica delle ricerche. Senza www.omceopt.splinder.com spigolature utilizzare i migliori risultati della ricerca clinica, la pratica rischia di divenire rapidamente obsoleta, con danno per il paziente. Senza l’esperienza clinica, la pratica rischia di subire la tirannia delle evidenze, perché anche le migliori evidenze esterne possono essere inapplicabili o inappropriate per il paziente. Nessuna delle due, da sola, è sufficiente”6. Da queste considerazioni consegue che il medico, quando non tiene nel dovuto conto la propria esperienza professionale, di fatto non può sostenere di adottare l’EBM come metodo clinico. Vale la pena di ribadire che l’applicazione della EBM richiede secondo questa più cauta definizione due componenti: • La considerazione delle migliori evidenze scientifiche disponibili al momento; • L’esperienza clinica del singolo professionista cioè le abilità che acquisisce col tempo nel fare diagnosi, nel decidere la terapia e nel coinvolgere il paziente, che lo aiutano a decidere se le evidenze fornite dalla letteratura possono essere applicate a quel particolare paziente. Non dobbiamo mai dimenticare che il medico si può trovare ad agire in aree della pratica diagnostico terapeutica dove si possono ottenere chiare indicazioni in senso positivo o negativo derivanti dalla sperimentazione, dai trial clinici, ma anche in molte situazioni cliniche per le quali egli non dispone di tali indicazioni e le sue decisioni devono svilupparsi in una zona di incertezza (zona grigia). In ultima analisi il medico clinico affronta casi singoli cioè persone particolari con geni ed esperienze uniche. Come ha scritto nel 1948 Massimo Aloisi, Patologo generale: “Il clinico ha un enorme bagaglio di nozioni dietro di sé ma di fronte al malato si trova spesso come quel naturalista che solleva una pietra e vede un animale nuovo o di nuova apparenza; a questo punto si differenzierà chi è abituato a farsi prendere immediatamente dall’interesse scientifico da chi è semplicemente un approssimativo applicatore di ricette stereotipe”7. 1.Evidence-Based Medicine Working Group. Evidence-Based Medicine. A new approach to teaching the practice of medicine. JAMA 1992; 268:2420. 2.Popper KR “Problemi scopi e responsabilità della scienza” 1969 pg 121-58. 3.Federspil G., Vettor R. Ital Hearth J Suppl 2001; 2 (6): 614-623. 4.Goodman SN. Toward evidence-based medical statistics. 1: The P value fallacy. Ann Intern Med 1999; 130: 995. 5.Evidence-Based Medicine Working Group. Evidence-Based Medicine. A new approach to teaching the practice of medicine. JAMA 1992; 268:2420. 6.Sackett DL, Rosemberg WMC, Gray JAM, Haynes RB, Richardson WS. Evidence-based medicine: what it is and what it isn’t. BMJ 1996;312:71. 7.Aloisi M. La Medicina come arte e come scienza Ann. Univ. Ferrara 1948-49/ 1949-50. A proposito di... “scoliosi” (un dubbio di Ippocrate) Pierluigi Benedetti Specialista in Ortopedia e Traumatologia a quando è nato nell’uomo il desiderio di conoscere e di studiare le malattie, la deformità scoliotica, per la sua visibilità, ha suscitato curiosità e interesse. Non meraviglia, quindi, che se ne parli nel Corpus Hippocraticum; ed è interessante notare, leggendo le parti in cui si tratta della patologia non traumatica della colonna vertebrale, la perplessità dell’Autore, quando riflette sulla diversità della prognosi delle “scoliosi”. www.omceopt.splinder.com Infatti aveva notato che situazioni cliniche, apparentemente simili, in alcuni individui evolvevano in senso gravissimo e maligno, mentre, in altri casi, le deformità si limitavano a “una gobba”, più o meno vistosa, che si stabilizzava e consentiva una vita praticamente normale. Cioè non riusciva a capire come soggetti portatori, almeno in apparenza, della stessa deformità, alcuni fossero “sani”, altri “malati”. In altre parole Ippocrate non riuscì a trovare sintomi o LA VOCE DELL’ORDINE DI PISTOIA D 7 spigolature Ippocrate LA VOCE DELL’ORDINE DI PISTOIA 8 criteri, in base ai quali potesse classificare queste forme, di deformità vertebrale non traumatica, le quali, al loro esordio, avevano sintomi simili. L’unico criterio, su cui, egli azzardò un’ipotesi (e non fu poco), fu il criterio dell’età. Aveva infatti osservato che, spesso, quanto prima insorgeva la curvatura del rachide, tanto più la malattia era pericolosa. Per dare una risposta al suo dubbio dovevano passare molti secoli. Non che il problema delle deformità spontanee del rachide non abbia interessato i medici-scienziati, che vennero dopo Ippocrate, ma perché la strada dell’accertamento diagnostico era preclusa dalla assoluta impossibilità di studiare il rachide in vivo, per l’ovvia mancanza di tecniche adatte. Parlando di medicina antica e deformità del rachide, si deve ricordare, almeno per inciso, Galeno (II secolo d.C.), che, dopo Ippocrate, si interessò di questa patologia, introducendo, per primo, i termini di scoliosi e cifosi, e intuì, studiando la fisiologia umana e animale, il concetto di postura. Infatti riferisce di aver rilevato che un uomo si stanca più a stare fermo in posizione eretta, che a camminare; e lo spiegava ammettendo che esistesse un movimento invisibile dei muscoli durante la statica). Dopo Galeno per più di 1000 anni non si fecero sostanziali passi avanti e soltanto nel XVI secolo, con il risveglio dell’interesse per lo studio della natura e per le “arti” mediche, ci fu un significativo progresso nel campo del trattamento delle deformità del rachide, pur rimanendo oscuro il significato eziopatogenetico delle scoliosi. Verso la metà del ‘500 Ambroise Paré ebbe l’idea di usare una parte della corazza dei soldati del tempo (il “corpetto”, da cui il nome di corsetto), per sostenere il rachide scoliotico e impedire l’aggravamento delle curve. L’evoluzione della tecnica di costruzione delle armature conosce infatti nel XVI secolo uno sviluppo molto particolare, secondario all’introduzione delle armi da fuoco. Avendo perso la sua importanza dal punto di vista pratico, come arma di difesa, la corazza divenne un prestigioso capo di abbigliamento e di distinzione per le classi nobili, e gli “armaioli” del tempo furono veri artisti nel modellare leggere lamine metalliche come se fossero stoffe. I corsetti furono poi migliorati in tutti i modi possibili, utilizzando, oltre al metallo, materiali diversi, primo fra tutti il cuoio. Ma si dovette attendere fino alla fine del XIX secolo per cominciare a distinguere fra i vari tipi di scoliosi, quando con la scoperta dei raggi X, fu possibile studiare in vivo lo scheletro e la radiografia permise di distinguere fra: 1) le scoliosi strutturali, deformità, in cui le vertebre vanno incontro ad alterazioni anatomo-patologiche per un processo, la cui eziologia e patogenesi sono spesso sconosciute e 2) le scoliosi posturali, in cui le vertebre sono normali e la cui causa è in molti casi nota. Quindi si può dire che la scienza medica, sulla base di conoscenze fisiche (raggi X), ha potuto risolvere il dubbio d’Ippocrate e di tutti i medici, che dopo di lui si erano posti lo stesso problema. E infatti la diagnosi differenziale fra scoliosi strutturali e posturali (o atteggiamenti scoliotici) è la base di ogni trattamento razionale di questa patologia. Ma, se per ipotesi fantastica Ippocrate o Galeno potessero vedere come si tratta della scoliosi nella moderna società “dell’immagine”, rimarrebbero, a dir poco, stupiti e delusi. Oggi, infatti, non si parla di scoliosi soltanto come di una importante patologia del rachide, di cui, nell’ambito delle discipline mediche, si occupa l’ortopedia, ma la scoliosi è spesso argomento di conversazione nelle palestre, nei negozi di scarpe, nei talk show televisivi e si leggono, sui giornali, articoli, nei quali vengono confuse malattie a evoluzione potenzialmente grave o gravissima, con condizioni che, spesso, non sono patologiche. Quasi che più di un secolo di studi scientifici sulla malattia, fosse passato senza lasciar traccia. Per concludere, quello che interessa, al di là delle note storiche, che hanno offerto l’occasione per entrare in argomento, è richiamare l’attenzione sull’importanza e la delicatezza della precocità della diagnosi differenziale fra le SCOLIOSI STRUTTURALI e le scoliosi posturali (o atteggiamenti scoliotici), nei soggetti in età dell’accrescimento. È un rischio grave non distinguere le due forme. Infatti può essere molto pericoloso cercare di ottenere, per esempio, un ipotetico “riequilibrio posturale”, con un plantare od un apparecchio ortodontico, in un soggetto in crescita affetto da una scoliosi strutturale, in cui le vertebre cominciano ad andare incontro ad un processo che le porterà a gravi o gravissime alterazioni anatomo-patologiche. Infatti si procrastina la diagnosi di una malattia, che, curata precocemente, viene bloccata o almeno molto rallentata nella sua evoluzione. Di questa attenzione siamo in debito con Galeno e Ippocrate. www.omceopt.splinder.com l’opinione Il caso Welby e il rapporto con i media Ione Niccolai Specialista in Anestesia e Rianimazione S www.omceopt.splinder.com paziente indispensabile perché qualsiasi atto medico possa essere attuato e che risponde a due corollari: a) il consenso informato b) la verità secondo coscienza espressa dal medico. L’informazione e il consenso richiesto non possono e non devono essere intesi come un mero atto legale, ma la possibilità, da parte del medico, di conquistare la fiducia del malato e quindi il suo consenso; quindi non è solo uno scambio d’informazioni, ma di valore e di condivisione. Il paziente deve sapere per scegliere ed il medico deve sapere informare con rispetto estremo della sensibilità dell’altro e cercando dentro di se la capacità di non togliere la speranza. Certamente questo è uno dei campi più difficili che non può scaturire da incontri affrettati e fugaci, ma, da una ricerca da parte del medico, d’adeguati elementi positivi che scaturiscano dalla scelta delle parole e dei termini, che consentano al malato di sperare e soprattutto di lottare e non rinunciare a vivere. Secondo me, in questo sta la beneficità della fiducia del paziente, nella consapevolezza di dover agire fino alla fine di un iter di cura, solo per un bene in senso lato che è il valore della vita e forse l’ineluttabilità della morte intesa come compimento. Tutto questo è e deve essere norma per ognuno di noi sempre, non ha bisogno di ulteriori regole. Oltre a questo, non si può normare la disponibilità, l’attenzione, il soccorso, la comprensione, la delicatezza e soprattutto la responsabilità. Welby nel suo letto LA VOCE DELL’ORDINE DI PISTOIA ono rimasta molto colpita, dal caso Welby, soprattutto rattristata dal gran clamore che i media ne hanno fatto, togliendo al silenzio del privato, una situazione che certamente riguardava solo lui, la sua famiglia ed il suo medico curante. Purtroppo è molto frequente, da parte dei media, che si faccia spettacolo della sofferenza, del dolore, della morte. Gli episodi da citare sarebbero moltissimi, e tutti molto tristi. Ci sono state anche strumentalizzazioni politiche e non, enormi difficoltà e inappropiatezze di linguaggio, con grande confusione di termini. Si chiesto a gran voce, da più parti, norme e leggi che rispondessero a questo caso ed a tutti i casi analoghi che si presenteranno in futuro, anche se si sa che sarebbe estremamente difficile racchiuderli in caselle precise. Ho visto definire da un settimanale, non ricordo quale, ma secondo me molto acutamente, che leggi come quelle richieste “ ucciderebbero la discrezione e la possibilità di scegliere”. Certamente, certe decisioni, non possono essere regolate, né tanto meno legiferate, senza pesanti incursioni nel privato del paziente, nella libertà del medico, e nel suo rapporto di cura. Personalmente, non penso, che debbano essere oggetto di nuove norme, di nuove leggi dello stato alcuni aspetti deontologici riguardanti la professione medica da sempre regolata dal codice deontologico patrimonio essenziale della responsabilità del medico e del rapporto medico-paziente. È la bioetica che ormai regola e delinea ogni caratteristica che questo rapporto deve avere e che deve diventare sempre di più patrimonio dei medici e degli operatori sanitari. La vera bioetica, quella più lontana possibile dal clamore dei media, “il pensiero dell’altro di noi” fondamento essenziale d’ogni idea “di prendersi cura di” quella insomma che entra nella sfera dei rapporti interpersonali, della responsabilità che ognuno di noi ha per il suo prossimo, in rapporto con la situazione di vita e del ruolo rivestito, quella, in poche parole che è l’etica in senso lato e, nel nostro, campo la bioetica. Essa configura in modo ineludibile il rapporto medico-paziente, come rapporto transpersonale in cui l’etica è misura di un riconoscimento reciproco. Alcune caratteristiche dell’atto medico che sono già ineluttabili, si potrebbero riassumere, come rispetto della persona che coincidono con l’autodeterminazione del 9 med-news notizie flash Ginecomastia in età prepubere Banali prodotti commerciali contenenti estratti di lavanda e di altre piante profumate possono indurre ginecomastia in età prepubere. Queste sostanze presentano effetti estrogenizzanti ed anti androgenici. N Engl J Med, 2 febbraio. Farmaci anti retrovirali Il governo tailandese potrà importare costosissimi farmaci anti retrovirali senza obbligo di brevetto. Questa misura ne consentirà la distribuzione gratuita in Tailandia ed altri paesi endemici per l’AIDS. N. Engl. J. Med., 8 febbraio. Organizzazione Mondiale della Sanità Il nuovo direttore generale dell’Organizzazione Mondiale della Sanità è la dott.ssa Margaret Chan, ex ministro della sanità del governo cinese. Nel precedente mandato Chan si è misurata con la gestione di due gravi emergenze: i primi casi di influenza aviaria nel 1997 e l’epidemia di SARS del 2003. N. Engl. J. Med., 15 febbraio. LA VOCE DELL’ORDINE DI PISTOIA 10 Zanzara tigre Una zanzara tigre è il vettore di una nuova infezione virale con sintomatologia artralgica diffusa in India. Sono già mille i casi documentati di viaggiatori occidentali di ritorno dalle aree infette. N. Engl J. Med., 22 febbraio. la genetica delle metastasi Identificata la “firma genetica” dei tumori con prognosi sfavorevole La ricerca sulle metastasi ha identificato nuovi elementi che consentiranno di prevedere se un tumore sarà in grado o meno di diffondersi a distanza nell’organismo in cui è originato: si tratta di un gruppo di geni che sono espressi selettivamente nei tumori altamente metastatici, ma non in quelli non metastatici. Una vera “firma genica” dell’aggressività tumorale. È il risultato di un ampio studio statunitense condotto su portatori di tumori mammari, polmonari, prostatici e di medulloblastomi. “L’espressione di questi 186 geni nei tumori primitivi dei pazienti” afferma il dott. Liu dell’università del Michigan “consente di prevedere in modo affidabile e riproducibile quale sarà il decorso clinico della malattia nel corso degli anni”. Si tratta infatti di geni che controllano aspetti critici della capacità delle cellule tumorali di riprodursi a distanza, quali la possibilità di auto replicarsi, di differenziarsi e di interagire con i tessuti sani dell’organo in cui attecchiscono. Solo, quindi, le cellule che esprimono questi geni sarebbero capaci di in- vadere e di produrre metastasi a distanza, determinando così l’evoluzione clinica più sfavorevole della malattia. La possibilità di prevedere la storia futura del singolo portatore di tumore potrebbe aprire orizzonti nuovi per l’oncologia. Prima di tutto, la possibilità di adottare misure terapeutiche diversificate in base a una prognosi formulata già in fasi molto iniziali della malattia. Addirittura, lo sviluppo di farmaci capaci di bloccare in modo specifico soltanto quelle cellule che esprimono i geni “sbagliati”. Infine, le firme geniche potrebbero costituire uno strumento di grande utilità per identificare i meccanismi biologici che sono alla base della capacità delle cellule tumorali di produrre metastasi (N. Engl. J. Med. 2007; 356: 217). Gianna Mannori i danni provocati dall’inquinamento atmosferico L’aria urbana provoca un aumento nel rischio di malattie cardiovascolari Respirare l’aria delle nostre città può costituire un danno per la salute: questa è storia risaputa da tempo. Ben altra cosa, tuttavia, è riuscire a capire se chi vive in aree urbane presenti effettivamente un rischio maggiore di ammalarsi rispetto a chi respira aria più pulita. Questo è lo scopo dello studio prospettico svolto da Miller e coll. dell’università di Washington a Seattle, che si sono proposti di quantificare il rischio di contrarre malattie cardiovascolari in coloro che, vivendo in città, vengono esposti ai vari contaminanti ambientali dispersi nell’aria. Studiando nel tempo un ampio campione di donne in età postmenopausa distribuite su 36 aree urbane degli Stati Uniti, i ricercatori hanno potuto osservare un aumento di incidenza di malattie cardiovascolari in coloro che respirano aria più inquinata, con un aumento del rischio di mortalità pari addirittura al 76% per incremento di inquinante atmosferico. Lo studio ha inoltre consentito di chiarire che all’interno delle singole città esistono zone in cui è più probabile ammalarsi rispetto ad altre, proponendo così delle vere “mappe di rischio” da inquinamento atmosferico. L’insorgenza di malattie cardiovascolari sarebbe legata ad un tipo specifico di particelle fini presenti nell’aria che, per composizione e dimensioni, sono state identificate come uno dei prodotti di combustione liberati dagli autoveicoli e dai fumi industriali. Sebbene il meccanismo di danno non sia stato ancora del tutto chiarito, si ipotizza che questi contaminanti agiscano con un effetto lesivo diretto sulle pareti vascolari, innescando negli endoteli un processo infiammatorio e ossidativo che porta infine alla formazione di placche aterosclerotiche. La portata di questo ed altri studi sull’argomento è stata tale da indurre l’EPA, il più importante istituto per la protezione ambientale statunitense, ad abbassare il livello massimo di materiale particolato considerato accettabile per legge nell’aria urbana. È auspicabile che l’impulso a contenere le quantità di contaminanti aerei si diffonda su scala ancora maggiore (N. Engl. J. Med. 2007; 356: 447). Gianna Mannori www.omceopt.splinder.com med-news neoplasie ematologiche maligne Dai derivati di una molecola “maledetta” nascono speranze di cura per alcune neoplasie ematologiche maligne I meno giovani di noi ricordano la tristissima vicenda legata ad un farmaco (la talidomide), che fu introdotto in commercio nel 1956, come sedativo, e che, cinque anni dopo, fu ritirato per i suoi effetti teratogeni. Si calcola che circa 12.000 bambini abbiano riportato danni gravi, determinati dall’uso di questo medicinale da parte delle madri, che lo avevano assunto nei primi mesi di gravidanza. I casi si verificarono soprattutto in Australia e nella parte occidentale della Germania, mentre gli Stati Uniti furono risparmiati quasi completamente da questa “epidemia” (come fu definita in quegli anni), perché questo farmaco non era stato approvato dalla FDA (Food and Drug Administration). Le malformazioni consistevano in difetti agli arti (amelia, micromelia, focomelia ecc.) ed in alterazioni di vario genere in molti organi ed apparati. L’emozione suscitata da questi fatti fu notevole, il farmaco fu bandito, ma gli studi su di esso non furono abbandonati. La talidomide, infatti, si dimostrò efficace per la cura dell’eritema nodoso, dei pazienti colpiti dalla lebbra. Negli anni seguenti alcuni suoi derivati furono usati, con successo, nella cura dell’artrite reumatoide, del morbo di Crohn ed infine nell’infezione da HIV. Le ricerche hanno dimostrato la capacità di questi farmaci di modulare la risposta immunitaria fisiologica, in particolare di interferire con la produzione di alcune molecole, prodotte dai monociti, implicate nel controllo dello sviluppo dei tumori. Il loro studio, come immunomodulatori, come oggi sono definiti, ha portato a decisivi progressi nella terapia di alcune neoplasie ematologiche maligne. Queste notizie sono riportate nel volume 14 di Haematologica Reports (novembre 2006), in cui si riferisce dei lavori dell’XI Congresso dell’Associazione Ematologica Europea, che si è tenuto ad Amsterdam, nel giugno del 2006. Da studi clinici, che vanno avanti già da alcuni anni, sembra che le sindromi mielodisplasiche, il mieloma multiplo e la leucemia linfatica cronica, anche nelle forme resistenti a trattamenti convenzionali, siano sensibili, in un numero di casi statisticamente consistente, a questi farmaci. Fra di essi una molecola in particolare (la lenalidomide), la cui struttura è relativamente simile a quella della talidomide, è particolarmente efficace nel migliorare la qualità e la prospettiva di vita di molti pazienti, colpiti da queste gravi malattie. Un breve commento a questa notizia, potrebbe essere il seguente: “Bisogna studiare tutto! Bisogna studiare sempre!”. Pierluigi Benedetti «NOTIZIE DALL’ORDINE» www.omceopt.splinder.com T. 0521/988886 - 702243 Fax 0521/988886 e-mail: [email protected] • Iscrizione all’ONAOSI La Fondazione ONAOSI, impegnata nell’assistenza agli orfani dei sanitari italiani, auspica che tutti i medici liberi professionisti, convenzionati e dipendenti da strutture private confermino la loro adesione alla Fondazione, nonostante la Legge Finanziaria 2007 abbia individuato, quali contribuenti obbligatori dell’ONAOSI, solo i sanitari dipendenti pubblici. Info: www.onaosi.it • Convegno Regionale Enpam Sabato 5 maggio si svolgerà presso la Camera di Commercio di Livorno, Piazza del Municipio 48 un convegno a livello regionale sulla previdenza ENPAM organizzato dall’Ordine di Livorno. Parteciperanno: il Presidente, il Vice Pre- sidente e alcuni consiglieri della Fondazione, nonché funzionari ENPAM con postazioni informatiche in modo che i Colleghi possano avere informazioni in tempo reale sulla propria posizione contributiva. È possibile prenotare la consulenza dei funzionari ENPAM mediante l’invio all’Ordine di Livorno del modulo che segue scaricabile anche dal sito www.medicilivorno.it, sezione download. •U.F. Igiene e Sanità pubblica Richiesta dati per ART Per riorganizzare la tenuta informatica di ART, è necessario l’aggiornamento di tutti gli apparecchi radiologici e tutte le sorgenti radioattive presenti nei Comuni di Pistoia, Quarrata, Montale, Serravalle, Marliana, Piteglio, Sambuca, San Marcello, Cutigliano e Abetone. Ogni detentore di apparecchi radiologici deve compilare il mo- dello A; ogni detentore di sorgenti radioattive deve compilare il modello B. Il progetto ART prevede anche la gestione in proprio delle comunicazioni suddette, in questo caso gli interessati devono rivolgersi al Dipartimento di Prevenzione della Az. USL per ottenere username e password. • Tirocinio in medicina generale La Regione Toscana ha pubblicato sul burt del 7 marzo 2007 il bando di concorso Triennale di formazione specifica in medicina generale per l’anno 2007-2010. Detto bando sarà pubblicato entro il 30 marzo 2007 sulla Gazzetta Ufficiale e sarà disponibile anche presso la segreteria dell’ordine dopo quella data. Si raccomanda ai medici interessati di non inviare la domanda alla Regione Toscana, prima della pubblicazione sulla Gazzetta Ufficiale, pena l’esclusione dal concorso. LA VOCE DELL’ORDINE DI PISTOIA • XXVIII Premio Letterario La lega contro i tumori, sez. di Parma, ha indetto per il prossimo autunno la XXVIII edizione del Premio Letterario Nazionale di narrativa. Tema: situazione di carattere neoplastico. Al 1° classificato: premio di euro 1.000,00; al 2° di euro 500,00 e al 3° di euro 250,00. Gli elaborati non dovranno superare le otto facciate, spazio due e dovranno risultare inediti e mai premiati in altri concorsi, corredati dalle generalità dell’autore. La quota di partecipazione è di euro 35,00 da versare con assegno o vaglia postale intestato a: Lega contro i tumori, sez. di Parma e dà diritto a partecipare alla cena nella stessa serata. Le opere concorrenti, in numero di 10 copie, dovranno essere inviate alla Lega contro i tumori, sez. di Parma – via Gramsci, 14 – 43100 Parma entro e non oltre il 31 maggio 2007. 11 testimonianze La qualità della vita in epilessia Emanuele Bartolini Dipartimento di Neuroscienze, Sezione di Neurologia, Università di Pisa Dott. Stefano Bartolini U.O. Neurologia, USL 3 Pistoia L’ LA VOCE DELL’ORDINE DI PISTOIA 12 Organizzazione Mondiale della Sanità definisce la Qualità della Vita come “la percezione di ciascun individuo del proprio benessere in rapporto alla propria cultura, al contesto sociale in cui vive, alle sue aspettative ed alle sue preoccupazioni” e la Qualità della Vita in Relazione alla Salute (Health Related Quality Of Life: HRQOL) come “uno stato di completo benessere fisico, psichico, sociale, non la mera assenza di malattia”. L’epilessia è una patologia cronica che richiede trattamento a lungo termine; il vissuto dell’individuo può essere coinvolto nella sua globalità. Frequenza e gravità delle crisi condizionano il benessere fisico, ma può essere coinvolta anche la vita sociale, in ambito scolastico, familiare, lavorativo. Le funzioni psicologiche possono essere inficiate, sia dal punto di vista cognitivo, per quel che riguarda attenzione memoria e concentrazione, sia dal punto di vista del contenuto emozionale, per quanto concerne stima di sé, ansia, depressione. Ciò che rende però la valutazione della Qualità di Vita in epilessia del tutto peculiare è la presenza dello stigma, che tipicamente caratterizza questa patologia. Lo stigma può essere “sentito” o “vissuto”. Nel primo caso prevale la componente di percezione soggettiva del pregiudizio sociale (la vergogna e la paura di essere “malato”), nel secondo l’esperienza diretta delle limitazioni pubbliche nella vita del soggetto (episodi effettivi di discriminazione). Le crisi comiziali d’altronde mal si adattano alle comuni aspettativi sociali che impongono la piena capacità di self control nel comportamento quotidiano. Alla persona con epilessia è troppo spesso impedito di partecipare a molte attività; ciò condiziona il benessere emotivo e lo sviluppo di relazioni sociali adeguate. La prognosi sociale può essere meno buona di quella clinica. La perdita del controllo che avviene durante una crisi, la sua imprevedibilità, il senso di impotenza evocano paure che possono sfociare in stereotipi negativi. In particolare ciò è vero in base al comune pregiudizio per cui le crisi epilettiche sono identificate con la convulsione tonico clonica, oppure alla credenza che l’epilessia sia contagiosa, e ancora che la malattia si associ a particolari tratti di personalità . Nel 1954 Lennox sosteneva che “l’Epilessia è l’unica malattia in cui la sofferenza dipende più dall’atteggiamento della società che dalla malattia stessa”. I pazienti si confrontano con la propria malattia in modo differente, in relazione alle diverse età della vita e all’esperienza personale. Per esempio un adolescente le cui crisi non sono controllate è più sensibile alla possibile perdita di indipendenza, all’impossibilità di guidare un auto, all’eventuale isolamento sociale. Un paziente in età lavorativa dovrà confrontarsi con la necessità di gestire le proprie crisi nell’ ambiente di lavoro o con la difficoltà nello stipulare assicurazioni sulla vita o sulla salute. A partire dalla diagnosi l’atteggiamento può essere diverso; mentre alcuni pazienti possono essere impauriti, o scettici, o reagire con rabbia altri possono trarre sollievo da un inquadramento diagnostico che ponga fine a un periodo di incertezze sulla propria condizione. Durante il decorso della malattia stessa alcuni pazienti si responsabilizzano e hanno molta cura di sè, altri possono sentirsi privi di aiuto, intimoriti, ansiosi, depressi. L’intervento terapeutico non può essere limitato alla riduzione del numero delle crisi; un soddisfacente controllo delle stesse non può prescindere da un precoce inquadramento e da un’adeguata gestione dell’aspetto comportamentale. La misura della Qualità della Vita in epilessia è ardua. Si possono utilizzare diverse scale; alcune di questi sono aspecifiche e multidimensionali (Short Form-36), altre sono specifiche per epilessia (Impact of Epilepsy Scale, Liverpool HRQOL Battery), altre ancora utilizzano un core generico come Short Form-36 sul quale sono aggiunti items specifici (QOLIE-31, QOLIE-89). In letteratura è descritto come la Qualità di Vita in epilessia dipenda fortemente da frequenza delle crisi, dal tipo di crisi, dalla presenza di comorbidità psichiatriche (soprattutto di depressione), dal numero e dagli effetti avversi dei farmaci antiepilettici, dall’impatto oggettivo e soggettivo sulla vita quotidiana dell’individuo. In questo senso la persona con epilessia si trova a dover gestire una lunga serie di problematiche. Ad esempio, l’esordio della malattia in età prescolare può pregiudicare il raggiungimento di un adeguato livello di istruzione. Per quanto riguarda la donna il quadro presenta alcune peculiarità; particolare rilevanza assume la gestione della terapia farmacologia. Farmaci induttori degli enzimi microsomiali epatici, quali carbamazepina, fenitoina o fenobarbital, possono pregiudicare l’efficacia di una terapia contraccettiva ormonale. Talora la gravidanza può modificare la frequenza delle crisi e richiedere quindi modificazioni terapeutiche; alcuni farmaci, come il valproato, hanno potenziale teratogeno e dovrebbero essere evitati. Lo stesso valproato può essere associato alla sindrome dell’ovaio policistico, per cui deve essere usato con cautela nella donna giovane. Circa la metà delle donne con epilessia presenta alterazioni del ciclo mestruale, anche indipendentemente dalla terapia. Altro aspetto di notevole importanza per la persona con epilessia è il lavoro. Sebbene nella gran parte dei casi la malattia non comprometta la capacità lavorativa spesso il paziente va incontro a notevoli limitazioni, come il precoce pensionamento o la disoccupazione. Particolarmente importante per la Qualità di Vita è la possibilità di guidare. Spesso si trovano a confliggere due posizioni: se da una parte il conseguimento della patente è un fattore essenziale di inserimento socio professionale, d’altra parte i rischi connessi alla comparsa di crisi durante la guida sono seri. In Italia i pazienti possono ottenere il rilascio della patente per sole categorie A e B dopo che sono trascorsi almeno due anni senza manifestazioni critiche, indipendentemente dall’assunzione di una terapia anti epilettica. La validità della patente non può essere superiore a due anni. Il controllo delle crisi è allora determinante il benessere del paziente; coloro le cui crisi sono completamente controllate dai farmaci non presentano una grossa diminuzione della HRQOL, mentre la farmacoresistenza è associata a gravi conseguenze psicosociali. Esiste una proporzionalità inversa fra Qualità della Vita e frequenza e gravità delle crisi. Si tratta quindi di una questione particolarmente complessa. L’istruzione è il primo passo per accettare la malattia e le sue implicazioni. Il disagio del paziente nasce in gran parte da informazioni imprecise e fuorvianti. In questo senso è rivolto l’impegno dell’Organizzazione Mondiale della Sanità e dell’International Bureau of Epilepsy che, fin dal 1997, si impegnano nella campagna “Epilessia Fuori dall’Ombra”, nel contesto di un attenzione globale all’ individuo, al fine di migliorare diagnosi, trattamento, accettabilità e Qualità di Vita della persona con epilessia. www.omceopt.splinder.com cultura “Un’epidemia dimenticata” La spagnola a Pistoia Cesare Santoro N www.omceopt.splinder.com Non posso però avere il ricordo diretto dell’epidemia, passata “al riparo” nei mesi di gestazione, ma solo quello perdurato in tutti i successivi anni della mia infanzia e giovinezza, sempre vivo e incancellabile nei racconti familiari e della gente. Dal 1915 al 1919, perciò, e nel libro di Gian Carlo figura, tanto per farsi un’idea di quel che fu, una tabella riassuntiva dei morti per spagnola nell’Ospedale Militare di Pistoia estratta dal nostro ricercatore, dagli elenchi dei due volumi redatti dai due Cappellani Militari in quel periodo in servizio. Ricerca improba, per ritrovare dati riferibili all’ambiente cittadino, per altro scarsi o addirittura inesistenti o affioranti tra le vecchie carte delle parrocchie – gli atti di morte – della Curia e della Misericordia – per le prestazioni assistenziali e non solo – dall’Archivio di Stato e da quelli del Comune, dell’Azienda Sanitaria locale n. 3, della Forteguerriana. Ricerca puntuale, puntigliosa quasi, instancabilmente appassionata dei due autori, lavoro di indagine accurata dei nostri due veri topi di biblioteca che traspare qua e là nelle pagine dello scritto compilate con stile accattivante e che si fanno leggere prima con curiosità, poi con interesse, infine con soddisfazione. Come le prime pagine, per noi medici, sulla breve storia della malattia dalle quali apprendiamo che la prima descrizione e denominazione fu fatta da un italiano – si parla del 1300 – e, come al solito, solo nel 1600 “propagandata” ad opera degli inglesi! e mi è piaciuto il richiamo classico della frase ciceroniana che, se vorrete conoscerlo, andate a procurarvi il libretto. Da un cultore di Storia della Medicina quale Gian Carlo non potevamo aspettarci altro. Ma io ho avuto qualcosa in più: una brevissima, concisa dedica ma con tanto, tanto “amore”. Grazie, Nic. LA VOCE DELL’ORDINE DI PISTOIA on sono un “recensore”, tanto meno un “censore” e men che mai un “critico”; tuttavia non mi è stato possibile non soddisfare la richiesta del nostro Presidente di presentare in questo bollettino un libretto, per più aspetti pregevole, del carissimo amico Gian Carlo Niccolai, per gli amici “veri”, il Nic. Sarebbe bastato alla bisogna riprodurre la premessa di Roberto Barontini, altro non meno caro collega e Presidente dell’Istituto Storico della Resistenza che ha voluto pubblicare il lavoro che Giancarlo ha scritto con la collaborazione di Paolo Nesti “naturalista e cultore di storia locale”. La prima domanda che mi son posto quando ho avuto in mano il libretto è stata, ovviamente: l’Istituto della Resistenza, e perché? La spiegazione l’ho trovata subito in quel che scrive Barontini manifestando l’interesse a mantenere memoria delle vicende “della nostra terra e delle nostre genti soprattutto quando vi è stato dolore, sofferenza e morte”. E dove dolore, sofferenza e morte se non nelle epidemie e nelle guerre? E qui epidemia e guerra furono contemporanee. Il libretto del Nic soddisfa in pieno questo interesse, rievocando, nel titolo e sottotitolo, un terribile evento di più di ottant’anni fa, dal 1915 al 1919 e che solo “poche persone (ovviamente anziane) sono in grado di testimoniare”, al giorno d’oggi. Io gli ottanta li ho abbondantemente passati e mi considero, se così si può dire, “figlio della spagnola”, non perché tale fosse mia Madre ma perché, nei primi mesi del mio concepimento, contrasse, e fortunatamente superò la tremenda malattia, come tutti quelli di famiglia, famiglia “allargata” come a quei tempi usava in Sicilia, e non solo, comprendente, oltre al marito – mio Padre – e il primo figlio, le sorelle nubili accorse a condividere disagi, malattia e assistenza. 13 INFORMAZIONE PUBBLICITARIA Egr. Collega, questo Laboratorio si è da sempre impegnato, oltre che sulla riduzione dei tempi delle risposte fornite, anche sul versante della qualità delle prestazioni erogate, per garantire al curante dati affidabili su cui basare una terapia medica efficace. Grazie anche alla vostra collaborazione, desideriamo ampliare la gamma degli esami forniti consentendovi di formulare diagnosi più precise e ancora più rapide nell’ambito delle malattie infettive comunitarie, adottando nuovi test e nuove tecnologie che si sono dimostrate affidabili e precise, superando in velocità le metodiche tradizionali ormai obsolete. In particolare vorremmo inserire i seguenti esami, tutti eseguibili e refertabili nel corso della stessa giornata: 1. Ricerca diretta dell’antigene pneumococcico nelle urine per la conferma di una broncopolmonite acuta o per il riacutizzarsi di una broncopneumopatia cronica, specie nell’anziano. 2. Ricerca diretta dell’antigene della Legionella pneumophila nelle urine per la diagnosi di una polmonite da Legionella la cui terapia mirata deve iniziare precocemente per salvare la vita del soggetto. 3. Ricerca diretta del virus dell’Influenza A e B (compreso il virus dell’influenza aviaria) su materiali respiratori per una rapida conferma o esclusione di questa diffusa infezione respiratoria, particolarmente aggressiva nei pazienti anziani non vaccinati. 4. Ricerca diretta del virus Respiratorio Sinciziale causa molto frequente (~ 75% dei casi) di gravi bronchioliti nei bambini fino a 2 anni di vita o di polmoniti. 5. Ricerca diretta della Streptococcus pyogenes da tampone, con conferma colturale dopo 24 ore. 6. Ricerca diretta dell’antigene specifico di Plasmodium falciparum nel sangue in caso di sospetta malaria contratta dopo soggiorno in aree endemiche. All’esame diretto segue comunque l’esecuzione di uno striscio sottile e spesso la conferma o l’evidenza di un’altra specie di Plasmodium. 7. Ricerca diretta dell’antigene di Helicobacter pylori nelle feci per la conferma del batterio nell’apparato digerente (stomaco e/o duodeno) del paziente e per conferma dell’efficacia della terapia antibiotica. Desideriamo implementare e migliorare la ricerca e la conferma dei ceppi batterici portatori di importanti fattori di resistenza agli antibiotici (Staphylococcus aureus meticillino resistente, batteri Gram negativi resistenti alle ß-lattamasi) che si stanno sempre più diffondendo nella popolazione comunitaria e che richiedono specifici farmaci per la cura dell’infezione. Proponiamo infine il controllo e la verifica microbiologica dei campioni biologici dei soggetti che intendono sottoporsi all’inseminazione artificiale omologa. Tutta questa parte innovativa, insieme con altre indagini microbiologiche di uso più routinario, quali ad esempio la diagnostica delle infezioni superficiali da miceti (dermatofiti e Candida), sarà resa possibile grazie alla collaborazione e supervisione del Dr Roberto Rossetti, già responsabile dell’U.O. di Microbiologia dell’Ospedale di Pistoia. Renderemo inoltre disponibile un test di tipizzazione del cariotipo umano per l’identificazione di sindromi legate ad aberrazioni cromosomiche numeriche e in grado di provocare gravi malattie e difetti dell’accrescimento. Il test sarà eseguito una volta la settimana da uno specialista in Genetica Medica, e la risposta sarà disponibile entro 10 giorni dall’esecuzione ambulatoriale del prelievo del materiale biologico. Un ulteriore impegno che ci sentiamo di prendere, sarà la pubblicazione a cadenza periodica, cartacea o via e-mail, di report epidemiologici dei batteri più frequentemente isolati dai vari campioni biologici e le loro sensibilità ai farmaci di più largo impiego in medicina comunitaria, per permettervi di conoscere la tipologia dei batteri coinvolti nelle più comuni infezioni sulla popolazione residente ed evidenziarne le eventuali variazioni dei profili di resistenza agli antibiotici. Inoltre, tramite la casella di posta elettronica, sarà possibile a tutti voi avere un rapporto diretto e immediato col laboratorio, oppure proporre nuovi test, fare commenti sui report, dare suggerimenti per migliorare il nostro lavoro o anche criticarlo se ritenete ci siano motivi per farlo, chiedendoci di migliorare il servizio fornito nelle parti che, a vostro giudizio, non funzionano come dovrebbero. È del tutto evidente lo sforzo organizzativo ed economico che questo laboratorio si accinge a fare, e su cui impegna gran parte del suo futuro, seppure in un momento di grave difficoltà della sanità a causa delle limitate risorse disponibili. Ma è una carta che desideriamo giocare, sperando nel vostro consenso e appoggio a questa iniziativa, anche nell’interesse della popolazione servita che si può giovare di nuovi, rapidi ed efficienti mezzi di diagnostica per una migliore gestione della salute. Vi saremmo grati anche di un solo cenno di assenso o di commento a questa iniziativa tramite la casella di posta elettronica o di un SMS, al numero telefonico del laboratorio 0573.31899, indicando cortesemente il vostro nome. Tutto ciò ci è necessario per programmare con anticipo la nostra futura attività. Ringraziandovi ancora per la vostra generosa collaborazione si porgono distinti saluti. Il Responsabile Dott.ssa Nesi Giuliana Laboratorio Fleming Biodata Services E-mail: [email protected] IN ACCORDO CON L’ORDINE DEI MEDICI DELLA PROVINCIA DI PISTOIA OFFRE A TUTTI GLI ISCRITTI ALL’ORDINE E AI LORO FAMILIARI CONVIVENTI, LA POSSIBILITÀ DI STIPULARE POLIZZE R.C.AUTO CON LE SEGUENTI AGEVOLAZIONI: SCONTO DEL 25% SU TUTTE LE AUTO IN CLASSI COMPRESE TRA LA 1a E LA 5a SCONTO DEL 20% SU TUTTE LE AUTO IN CLASSI COMPRESE TRA LA 6a E LA 11a SCONTO DEL 15% SU TUTTE LE AUTO IN CLASSI COMPRESE TRA LA 12a E LA 14a SCONTO DEL 15% SU MOTOCICLI E CICLOMOTORI SCONTO DEL 30% SU INCENDIO E FURTO – ATTI VANDALICI EVENTI NATURALI – GARANZIE AGGIUNTIVE SCONTO DEL 20% KASCO E MINIKASCO SCONTO DEL 30% PER TUTTE LE GARANZIE NON AUTO ABBINATE ALLA POLIZZA R.C.AUTO PER INFORMAZIONI E PREVENTIVI POTETE CONTATTARE LE AGENZIE DI: PISTOIA Via dello Stadio, 6/a tel. 0573 976138-9 MONTECATINI Via Provinciale Lucchese, 59 tel. 0572 911701 MONSUMMANO TERME P.zza Giusti, 28 tel. 0572 53515 PESCIA P.zza XX Settembre, 7 tel. 0572 2476214 AGLIANA Via C. 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