CONSIGLIO REGIONALE DELLA LIGURIA
ESTRATTO del Processo verbale dell’adunanza del
Seduta
pubblica
Presidente
I ordinaria
Intervenuti Consiglieri N.
35
Francesco Bruzzone
Consiglieri Segretari
Prot. N.
Sessione
10 febbraio 2004
Massimiliano Iacobucci e Vincenzo Nesci
- o.d.g. n. 441
Deliberazione n. 6
OGGETTO: PROGRAMMA TRIENNALE DEI SERVIZI PER L’IMPIEGO, DELLE
POLITICHE FORMATIVE E DEL LAVORO 2003 – 2005.
IL CONSIGLIO REGIONALE
Vista la legge regionale 5 novembre 1993 n. 52 (disposizioni per la
realizzazione di politiche attive del lavoro) e successive modificazioni ed integrazioni,
ed in particolare l’articolo 4 così come modificato ed integrato dalla legge regionale 4
settembre 1997 n. 37 (modificazioni alla legge regionale 5 novembre 1993 n. 52
"Disposizioni per la realizzazione di politiche attive del lavoro") e dalla legge regionale
20 agosto 1998 n. 27 (disciplina dei servizi per l'impiego e della loro integrazione con le
politiche formative e del lavoro);
Vista la l.r. 27/1998, di disciplina dei servizi per l’impiego e della loro
integrazione con le politiche formative e del lavoro;
Richiamate le proprie deliberazione n. 17 del 23 marzo 1999, con la
quale veniva approvato il Programma Triennale delle Politiche Attive del Lavoro
1999/2001 e n. 28 del 18 giugno 2002, con la quale veniva approvata la proroga del
“programma triennale” sopra richiamato, al 31 dicembre 2002;
Rilevato che, nel complesso, il quadro normativo di riferimento è
totalmente diverso da quello nel quale si collocava il precedente Programma Triennale,
è stato elevato l’obbligo di istruzione, introdotto l’obbligo formativo fino a 18 anni od al
conseguimento di una qualifica, istituiti i nuovi corsi di istruzione e formazione tecnica
superiore, riordinati i cicli dell’istruzione in un sistema integrato che riconosce pari
dignità al canale formativo ed a quello dell’istruzione, riorganizzato l’ordinamento degli
studi universitari, introdotto il sistema dell’accreditamento, introdotti i crediti formativi,
approvata la legge delega sul mercato del lavoro (c.d. legge Biagi), solo per citare le
innovazioni di maggior rilievo;
Posto che in questo quadro la Regione non può che assumere un
approccio programmatorio flessibile, per cui il presente Programma Triennale dei
Servizi per l’Impiego, delle politiche formative e del lavoro per gli anni 2003-2005
definisce le priorità politiche ma ne prevede l’adattamento per tener conto degli sviluppi
delle normative in fieri;
Rilevato che, oltre all’aspetto già citato di documento di
programmazione integrato e flessibile, il programma di cui all’allegato, parte integrante
della presente deliberazione, contiene elementi di sostanziale innovatività rispetto al
precedente programma triennale ed in particolare individua quattro obiettivi prioritari
che sono alla base della nuova programmazione:
⇒ aumentare il contenuto di occupazione della crescita economica, facendo coincidere
l’azione preventiva con la creazione di nuove imprese e la loro crescita
dimensionale;
⇒ accrescere le opportunità occupazionali dei gruppi sottorappresentati nel mercato del
lavoro, integrando azioni sia sul lato della domanda sia dell’offerta e migliorando il
finanziamento del sistema;
⇒ innalzare la capacità di risposta del sistema regionale attraverso una diffusa azione
di formazione degli operatori ed azioni sperimentali capaci di trasferire modelli e
tecnologie innovative a tutto il sistema;
⇒ innalzare il livello qualitativo degli interventi, sia a seguito del costante
aggiornamento degli operatori sia determinando standards e procedure di
accreditamento;
Rilevato che la strategia adottata dalla Regione, le linee guida alla
base del sistema regionale delle politiche formative e del lavoro si possono pertanto
delineare nelle seguenti direttrici, parole chiave della nuova programmazione:
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una più definita acquisizione in capo alla Regione di un ruolo di governo e di
gestione del sistema;
la centralità dell’utente intesa sia come capacità della Regione di dare risposta ai
bisogni formativi ed occupazionali di tutti i cittadini, sia come punto centrale di
riferimento per la riorganizzazione dei servizi;
l’integrazione fra i sistemi formativi e d’istruzione e dei servizi per l’impiego, la cui
separazione è fonte di disagio per gli utenti oltre che di sprechi di risorse;
un innalzamento della qualità dei servizi (dalla quantità alla qualità);
l’attenzione al sociale, inteso come miglioramento delle condizioni di vita e di
lavoro delle fasce deboli (anziani, disabili, donne, nuove povertà….) ed
agevolazioni all’economia sociale.
Atteso che la Commissione regionale di concertazione di cui
all’articolo 6 della l.r. 27/1998, si è riunita in data 10 marzo 2003;
Preso atto del parere favorevole espresso dal Comitato della
programmazione nella seduta del 14 marzo 2003;
Atteso inoltre che il Comitato istituzionale regionale di cui all’articolo
8 della l.r. 27/1998 si è riunito in data 19 marzo 2003;
Ritenuto pertanto per le motivazioni sopra espresse di approvare il
“Programma Triennale dei servizi per l’impiego, delle politiche formative e del lavoro
2003/2005” di cui all'allegato parte integrante e necessaria della presente deliberazione;
Viste le proposte di deliberazione della Giunta regionale n. 12 del 25
marzo 2003 e n. 30 del 1° agosto 2003, nel testo rielaborato dalla III Commissione
consiliare, competente per materia, ai sensi degli articoli 28 dello Statuto e 23, primo
comma del Regolamento interno, nella seduta del 24 novembre 2003;
Ritenuto di accogliere gli emendamenti approvati in sede di discussione
in aula;
DELIBERA
di approvare il Programma Triennale dei servizi per l'impiego, delle politiche formative
e del lavoro 2003/2005 di cui all'allegato parte integrante e necessaria della presente
deliberazione.
TCB
-OMISSISNessun altro Consigliere chiedendo la parola il Presidente pone
in votazione il provvedimento di cui trattasi.
Procedutosi a regolare votazione, palese nominale, ai sensi
dell'articolo 96, secondo comma del Regolamento interno, fatta con l'ausilio
del sistema elettronico e l'assistenza dei due Segretari, si ha il seguente
risultato (come da elenco agli atti):
- presenti .................. n. 35
- votanti ................... n. 33
- voti favorevoli ....... n. 22
- voti contrari ……... n. 11
- astenuti ................... n. 2
Il Presidente proclama l'esito della votazione e dichiara pertanto
approvato il provvedimento.
Iacobucci)
IL PRESIDENTE
(Francesco Bruzzone)
I CONSIGLIERI SEGRETARI
(Massimiliano
(Vincenzo Nesci)
MM/TCB
Regione Liguria
Dipartimento Lavoro, Formazione e Servizi alla Persona
PROGRAMMA TRIENNALE DEI SERVIZI PER L'IMPIEGO,
DELLE POLITICHE FORMATIVE E DEL LAVORO
PER GLI ANNI 2003-2005
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•
Premessa
INDICE
1. Premessa ................................................................................................................................9
1.1. Il governo del cambiamento....................................................................................................... 9
2. Il quadro di riferimento .......................................................................................................12
2.1. Il quadro istituzionale .............................................................................................................. 12
2.2. Il contesto socio economico ...................................................................................................... 14
2.2.1. Il contesto internazionale e nazionale.................................................................................................. 16
2.2.2. Il contesto ligure .................................................................................................................................. 17
2.3. Le priorità regionali ................................................................................................................. 20
2.4. Guardare all’Europa................................................................................................................ 23
3. Le linee di indirizzo per la programmazione 2003/2005 ....................................................27
3.1. I contenuti.................................................................................................................................. 27
3.2. La realizzazione del Programma Triennale 1999 – 2001 e l’evoluzione del sistema .......... 28
3.2.1. Indicatori di realizzazione ................................................................................................................... 30
3.2.1.1. Indicatori finanziari per tipologia di azione.................................................................................. 31
3.2.1.2. Indicatori fisici di realizzazione per tipologia di azione ............................................................... 36
3.3. Le prospettive............................................................................................................................ 48
3.4. La strategia regionale............................................................................................................... 49
3.4.1. La nascita delle strategie interregionali ............................................................................................... 51
3.4.2. La centralità dell’utente ....................................................................................................................... 53
3.5. Le priorità di intervento e le azioni conseguenti.................................................................... 58
3.5.1. Dalla lotta alla disoccupazione all’incremento dell’occupazione........................................................ 59
3.5.2. Dalla quantità alla qualità .................................................................................................................... 67
3.5.3. Dall’accreditamento alla qualità ed allo snellimento delle procedure ................................................. 72
3.5.4. Migliorare l’occupabilità ..................................................................................................................... 81
3.5.4.1. Dall’occupazione all’occupabilità ................................................................................................ 81
3.5.4.2. Dal curativo al preventivo ............................................................................................................ 91
3.5.4.3. L’Integrazione e la rete dei servizi ............................................................................................... 97
3.5.5. Sviluppare l’imprenditorialità ed incoraggiare la capacità di adattamento.......................................... 99
3.5.5.1. Il Piano di Azione Regionale per l’Occupazione........................................................................ 100
3.5.5.2. La nuova occupazione ed i nuovi lavori ..................................................................................... 101
3.5.5.3. Dalla sicurezza sul lavoro all’emersione del lavoro non regolare .............................................. 108
3.5.6. Rafforzare le politiche per la famiglia, la coesione sociale e le pari opportunità .............................. 113
3.5.6.1. Verso una politica per la famiglia e la coesione sociale ............................................................. 113
3.5.6.2. Dall’economico al sociale, e ritorno ........................................................................................... 117
3.5.7. Obiettivi trasversali ........................................................................................................................... 124
3.5.7.1. Investimenti materiali e immateriali ........................................................................................... 124
3.5.7.2. Dall’informazione alla comunicazione ed alla conoscenza ........................................................ 127
3.5.7.3. Un sistema informativo di lettura, monitoraggio e valutazione.................................................. 129
3.5.7.4. Verso l’integrazione delle agenzie formative ............................................................................. 132
4. Le ricadute sul sistema ......................................................................................................136
4.1. Il sistema regionale della Formazione ….............................................................................. 136
4.2. … e quello dei Servizi per l’Impiego ..................................................................................... 137
4.3. Il nuovo ruolo degli Enti componenti la rete........................................................................ 140
4.3.1. Il ruolo della Regione ........................................................................................................................ 143
4.3.2. Il ruolo delle Province ....................................................................................................................... 144
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Premessa
4.3.3. Il ruolo delle Parti Sociali.................................................................................................................. 146
4.3.4. Il ruolo degli Enti locali..................................................................................................................... 147
4.3.5. Il ruolo delle Camere di Commercio ................................................................................................. 147
4.3.6. Il nuovo ruolo degli Enti di formazione............................................................................................. 148
4.3.7. Il ruolo dell’Università ...................................................................................................................... 149
4.3.8. Il sistema scolastico ........................................................................................................................... 150
4.3.9. Le imprese ......................................................................................................................................... 151
4.4. Gli sviluppi della promozione occupazionale ....................................................................... 152
5. Le modalità di attuazione ..................................................................................................154
5.1. Il circuito finanziario.............................................................................................................. 154
5.2. Il sistema di sorveglianza, monitoraggio, valutazione e controllo ...................................... 155
5.2.1. Sorveglianza e Monitoraggio............................................................................................................. 155
5.2.2. Valutazione e controllo...................................................................................................................... 156
5.3. Politiche del Lavoro ed E-government ................................................................................. 162
5.4. Attribuzione delle competenze alle strutture regionali ....................................................... 164
6. Le risorse finanziarie.........................................................................................................165
6.1. Le risorse attivabili................................................................................................................. 165
6.1.1. Le iniziative ed azioni di interesse regionale..................................................................................... 167
6.1.2. La capitalizzazione delle esperienze ed il trasferimento delle buone prassi ...................................... 168
7. Parametri di spesa .............................................................................................................172
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Programma Triennale dei Servizi per l’Impiego, delle Politiche
Formative e del Lavoro
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Premessa
1. Premessa
Obiettivo del programma triennale della Regione Liguria è non solo quello di
strutturare, uniformare, indirizzare le linee guida degli interventi di formazione e di
politica del lavoro per gli anni 2003-2005, ma altresì quello di impostare l’assetto del
sistema che dovrà accompagnare la Regione Liguria verso il 2007.
A tale data, a seguito dell’ulteriore allargamento dell’Unione Europea a Paesi
che hanno rilevanti necessità di adeguamento ed ammodernamento del loro sistema
economico e produttivo, è possibile una modifica delle procedure e dei criteri di
ripartizione dei contributi comunitari, ed anche un minor apporto a bilancio regionale
di risorse derivate dall’Unione Europea.
Pur non essendovi alcuna posizione ufficiale ed attendibile in relazione al fatto
che dopo il 2006 si possa verificare una riduzione delle risorse comunitarie anche per
l’Ob. 3, pare opportuno assumere come obiettivo il dispiegarsi definitivamente di un
servizio regionale di formazione e per il lavoro che sia autonomo, cioè in grado di
funzionare efficacemente anche con minori risorse finanziarie.
Ciò induce ad attivare politiche di rafforzamento strutturale e qualitativo del
sistema erogatore dei servizi, che dovrà sempre più orientarsi verso soggetti pubblici
e privati in grado di reperire dal mercato, in modo progressivamente crescente, le
risorse per le attività.
1.1.
Il governo del cambiamento
La finalità del Programma Triennale consiste essenzialmente nel creare le
condizioni per l’adeguamento e l’innovazione del sistema regionale di formazione e
servizi per l’occupazione.
A differenza del passato, in cui l’attenzione era incentrata sul definire obiettivo e
linee guida, la Regione ritiene importante anche esaminare le modalità per
raggiungere l’obiettivo di miglioramento dell’intero sistema e non di singoli servizi o
tipologie di interventi, assumendo il fatto che non vi è cambiamento, per piccolo che
sia, che non susciti resistenze ed ostruzionismi.
Le ragioni di questi atteggiamenti e/o comportamenti sono essenzialmente di
tre tipi:
- l’insufficiente comprensione delle ragioni che hanno portato al cambiamento
- il timore, degli operatori interessati, di non essere adeguati
- la difesa di un proprio interesse che si percepisce come minacciato
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Formative e del Lavoro
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Premessa
In ogni caso le resistenze non vanno né ignorate né sottovalutate; i guasti che
possono produrre spesso si espandono “contagiando” anche strutture e persone che
inizialmente avevano un atteggiamento positivo.
Rispetto alle resistenze generate dalla non comprensione, la soluzione si trova
in un’accurata azione di informazione, intervento cui la Regione attribuisce estrema
importanza.
Occorre, fra l’altro, considerare il fatto che talora la non comprensione è alla
base della difesa di interessi quali il ruolo, il posto di lavoro o la “quota di mercato”
che, proprio per la carenza di adeguate informazioni, i vari soggetti immaginano che
saranno toccati dal cambiamento.
Per superare l’insufficiente comprensione, accanto all’informazione la Regione
ritiene essenziale rafforzare il dialogo con tutte le parti coinvolte nella realizzazione
delle politiche formative e del lavoro utilizzando, oltre ai tradizionali canali, anche gli
strumenti propri dell’E-governement.
La difesa dei propri interessi è più che legittima, per cui sarebbe negativo – e
controproduttivo – che la Regione assuma posizioni di riprovazione o di
emarginazione verso chi li esprime.
E’ indiscutibile che le rappresentazioni che una persona (ma anche una
struttura) si fa del suo avvenire abbiano un forte impatto sulla loro capacità di agire e
sui loro comportamenti. Il processo d’anticipazione, che è un atto mentale di
proiezione di sé nel futuro, gioca un ruolo importantissimo tanto nel senso positivo
quanto in quello negativo.
E’ fondamentale, quindi, instaurare un dialogo aperto, che consenta di evitare
ogni timore di intenti, da parte della Regione, non dichiarati o repressivi
La Regione Liguria, con questo Programma Triennale, disegna uno scenario alla
cui realizzazione chiama i soggetti presenti sul territorio e forniti delle adeguate
competenze necessarie per raggiungere gli obiettivi, in una logica di
corresponsabilizzazione reciproca.
Ciò significa che se da un lato la Regione definisce delle “regole” dall’altro è
impegnata ad accompagnare i vari soggetti ad essere in grado di agire in maniera
conforme; è in questo senso, ad esempio, che da un lato si stabiliscono degli
standard di competenze professionali per l’esercizio dei vari servizi e dall’altro si
prevede la formazione degli operatori.
Il cambiamento tocca il sistema di relazioni nella rete dei soggetti chiamati a
collaborare ma anche all’interno delle strutture, in un momento delicato, per le
profonde trasformazioni nei vari contesti economico, sociale e normativo, in cui ogni
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Premessa
fraintendimento può avere effetti molto profondi e rischia di compromettere
funzionalità ed equilibri.
Occorre, perciò, prevedere momenti periodici di confronto con i responsabili dei
vari soggetti costituenti la rete dei servizi per la valutazione delle difficoltà operative
inerenti alla realizzazione del disegno di adeguamento ed innovazione e che i
responsabili delle strutture divengano, nel proprio ambito lavorativo, facilitatori del
cambiamento.
La Regione Liguria, quindi, da un lato si assume la responsabilità
programmatoria e decisionale che istituzionalmente le compete, e dall’altro si pone in
una logica di supporto ai soggetti coinvolti nella realizzazione delle politiche formative
e dell’impiego.
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Il quadro di riferimento
2. Il quadro di riferimento
2.1. Il quadro istituzionale
L’assetto del sistema delle politiche del lavoro, della formazione,
dell’orientamento e dell’istruzione è soggetto ad una forte evoluzione da diverso
tempo.
Per quel che concerne il livello europeo e le ricadute a livello nazionale e
regionale va citata la riforma dei Fondi Strutturali avvenuta con i Regolamenti del
1999 e il riaccorpamento nei tre grandi Obiettivi (1, 2, 3) dei sei precedenti e
l’ulteriore accorpamento dei Programmi di Iniziative Comunitarie (PIC). In questa
logica, sono stati anche definiti i nuovi strumenti settennali di programmazione 20002006 a livello nazionale e regionale (Quadro Comunitario di Sostegno – Q.C.S. -,
Programma Operativo Regionale - P.O.R. -, Complemento di Programmazione - C.P.-)
ed è stata rafforzata sia la connessione con la programmazione nazionale delle
politiche del lavoro (Piano di Azione Nazionale – N.A.P. Occupazione e, nel solo 1999,
Masterplan dei Servizi per l’impiego) e dell’istruzione, sia l’attività di valutazione ex
ante, in itinere ed ex post.
Sempre sul versante europeo, va segnalato il fatto che la Commissione,
recependo le istanze dei vari Stati sulla necessità di una nuova e diversa
regolamentazione degli aiuti di Stato per l’occupazione, ha recentemente approvato
un regolamento, valido sino al 2006, in base al quale gli Stati membri potranno
concedere aiuti alla creazione di nuovi posti di lavoro senza richiedere l’autorizzazione
preventiva della Commissione1.
Il regolamento consentirà agli Stati membri di sostenere, fino al 50% dei costi
salariali e dei contributi sociali obbligatori di un anno, per i disoccupati di lunga
durata e per gli altri lavoratori svantaggiati, e fino al 60% per i disabili.
A livello regionale è stato approvato il Programma Operativo Regionale ed il
Complemento di Programmazione dell’Obiettivo 3, che già di per sé hanno avuto una
valenza modificativa e integrativa del Programma Triennale 1999-2001, con
riferimento sia alle azioni finanziabili sia agli obiettivi da perseguire nel campo
dell’orientamento, della formazione, delle politiche del lavoro e dei servizi per
l’impiego.
L’evoluzione normativa nazionale che ha indotto la Regione Liguria a prorogare
sino al 31/12/2002 il “Programma Triennale dei servizi per l’impiego, delle politiche
formative e del lavoro per gli anni 1999 – 2001” pur non essendosi ancora conclusa
ha già profondamente modificato il contesto normativo.
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Regolamento comunitario n° 2204/2002 del 12/12/2002 sugli aiuti di Stato a favore dell’occupazione
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Il quadro di riferimento
In primo luogo va ricordata la riforma del Titolo V della Costituzione, con la
Legge Costituzionale n° 3/01, che attribuisce alle Regioni e Province Autonome
competenza esclusiva in tema d’istruzione e formazione professionale, e che è ancora
in divenire con la proposta in discussione al Parlamento, nel quadro della devolution,
di inserimento, dopo il quarto comma, dell’attribuzione alle Regioni di potestà
legislativa anche relativamente all’organizzazione e gestione degli istituti scolastici.
Va sottolineato che, con la riforma costituzionale, alle Regioni è riconosciuta
una potestà legislativa concorrente con quella dello Stato, oltrechè in materia di
sicurezza sul lavoro, anche nei rapporti con l’Unione Europea
Si sta, quindi, per completare il percorso verso il decentramento amministrativo
e legislativo avviato con la legge 59/97 (legge Bassanini) nella direzione di un
federalismo regionale.
“E’ stata poi approvata la legge delega n.30/2003 sul lavoro (cosiddetta “Legge
Biagi”) con la quale il Parlamento ha autorizzato il Governo ad emanare alcuni decreti
legislativi finalizzati a riformare in tempi rapidi il mercato del lavoro. Un primo
decreto legislativo è stato approvato dalla Conferenza Unificata il 3 luglio 2003 con il
parere favorevole delle Regioni ed ha introdotto, sulla traccia del Patto per l’Italia
stipulato fra il Governo e le Parti Sociali, ulteriori prospettive di cambiamento nel
contesto di riferimento, a partire dalla introduzione di nuove forme contrattuali
caratterizzate da una maggiore flessibilità, dal riordino delle regole per il
collocamento attraverso la diffusione dei servizi privati e privati-sociali, dalla
creazione di una Borsa nazionale continua del lavoro e dalla completa ridefinizione
della disciplina dell’apprendistato.
La Regione Liguria ha inoltre emanato gli indirizzi operativi per il riordino delle
procedure del collocamento, per una più puntuale articolazione dei servizi per
l’impiego e per favorire l’incontro tra domanda ed offerta di lavoro, in attuazione del
DPR n.442/2000 e del decreti legislativi n.181/2000 e n.297/2003 provvedendo a
dare attuazione anche ad una nuova definizione dello stato di disoccupazione.”
Nel complesso, il quadro normativo di riferimento è totalmente diverso da
quello nel quale si collocava il precedente Programma Triennale; è stato elevato
l’obbligo di istruzione, introdotto l’obbligo formativo fino a 18 anni od al
conseguimento di una qualifica, istituiti i nuovi corsi di istruzione e formazione tecnica
superiore, riordinati i cicli dell’istruzione in un sistema integrato che riconosce pari
dignità al canale formativo ed a quello dell’istruzione, modificato il quadro dei
contratti di lavoro con l’introduzione del job sharing e del lavoro intermittente,
modificato il sistema del collocamento, riorganizzato l’ordinamento degli studi
universitari, introdotto il sistema dell’accreditamento, introdotti i crediti formativi, solo
per citare le innovazioni di maggior rilievo.
In questo quadro, la Regione non può che assumere un approccio
programmatorio flessibile ed il presente Programma Triennale dei Servizi per
l’Impiego, delle politiche formative e del lavoro per gli anni 2003 – 2005 definisce le
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Programma Triennale dei Servizi per l’Impiego, delle Politiche
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Il quadro di riferimento
priorità politiche ma ne prevede l’adattamento per tener conto degli sviluppi delle
normative in fieri.
Andrà, inoltre, adeguata la normativa regionale, a partire dalla legge 41/95,
inerente agli interventi in materia di promozione occupazionale al fine di renderla
coerente con il mutato contesto normativo nazionale ed europeo oltre che alle nuove
priorità determinate dal mutato quadro economico e sociale.
2.2.
Il contesto socio economico
Nell’ultimo triennio, pur in presenza di un basso tasso di sviluppo (1,8% nel 2001), le
politiche del lavoro ed in particolare le azioni per la flessibilizzazione del mercato del
lavoro, congiuntamente con altre politiche di tipo fiscale, hanno prodotto un aumento
dei nuovi posti di lavoro che ha consentito la riduzione del tasso nazionale di
disoccupazione dal 10,6% del 2000 al 9,0% del 2002.
Alla crescita del numero di occupati ha contribuito l’incremento
dell’immigrazione, specie extracomunitaria, che nel Nord Est ha coperto quasi la
metà dei nuovi posti di lavoro. Anche in Liguria l’apporto dei lavoratori
extracomunitari alla crescita occupazionale ed economica è stato rilevante.
La crescita dell’occupazione è stata sostenuta soprattutto nel terziario e
caratterizzata da una forte espansione dell’occupazione delle donne, che spiega circa
i due terzi dell’aumento totale dei posti di lavoro2
Nonostante questi dati positivi, il tasso di occupazione italiano è ancora basso
(44,4% a livello nazionale e 42,7 in Liguria nel 2002), ben lontano sia dall’obiettivo
del 70% fissato per il 2010 dal Consiglio Europeo di Lisbona svoltosi nel 2000, sia da
quello del 58,5% nel 2005 previsto dal Governo italiano
La disoccupazione di lunga durata a livello nazionale è discesa nel 2001 sino al
5,9% mentre in Liguria si registra una crescita dal 6,3% del luglio 2001 al 8,6% nel
luglio 2002.
Già nella valutazione ex ante del P.O.R erano stati messi in rilievo gli elementi
evolutivi della struttura occupazionale ed economica-produttiva ligure di maggior
rilievo. Il quadro che ne derivava mostrava, da un lato, la conferma in chiave
dinamica di fenomeni strutturali ormai ben noti, quali il decremento demografico e
l’invecchiamento della popolazione, la persistenza di una quota significativa di
disoccupati di lunga durata, l’innalzamento del livello medio di scolarizzazione della
forza lavoro ligure; dall’altro lato, andamenti congiunturali in controtendenza con i
dati di stock, quali l’incremento dei tassi generali e specifici di occupazione (per età e
per sesso), la diminuzione della disoccupazione (inclusa quella femminile e giovanile),
la positiva dinamica delle imprese liguri.
2
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NAP per l’Occupazione 2002
Programma Triennale dei Servizi per l’Impiego, delle Politiche
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Il quadro di riferimento
L’analisi condotta su questi dati aveva portato alla formulazione di previsioni
piuttosto ottimistiche per il medio termine, in tema di evoluzione della disoccupazione
e dell’occupazione; all’interno di tali previsioni, i provvedimenti contenuti nel P.O.R. e
successivamente precisati dal C.P., nonché quelli di pertinenza dell’Obiettivo 2,
avrebbero avuto un carattere decisamente pro-ciclico, accelerando i trend positivi in
atto, cui il solo P.O.R. ligure avrebbe contribuito con un apporto netto di quasi
17.000 nuovi occupati nel settennio a fronte di un dato (1998) di 71.000 disoccupati.
Nella citata Valutazione ex ante si prevedeva inoltre una discesa del tasso medio di
disoccupazione al 7,3% nel 2006.
I dati recenti evidenziano che nel corso del 2003 sono migliorati alcuni indicatori
chiave del mercato del lavoro ligure, ed in particolare del tasso di disoccupazione
(come evidenziato in fig. 1), presumibilmente ad effetto delle norme emanate in
favore della flessibilità del mercato, che hanno permesso di aumentare il contenuto
occupazionale degli incrementi di produzione registrati negli ultimi anni. Il tasso di
disoccupazione era, infatti, sceso già al di sotto del limite indicato per il 2006 (a
scenario neutrale, ossia senza gli interventi del FSE).
Giova ricordare che il tasso di disoccupazione si ottiene dal rapporto tra il
numero di persone in cerca di occupazione ed il numero delle forze-lavoro, mentre il
tasso di occupazione si ottiene dal rapporto tra il numero degli occupati e la
popolazione con più di 14 anni.
Nel corso del 2002 la diminuzione della disoccupazione in Liguria ha subito un
rallentamento, in controtendenza con il dato nazionale, probabilmente effetto di una
maggiore “sensibilità” del mondo economico alla congiuntura internazionale.
L’inversione risulta dai recenti dati, forniti dall’ISTAT, secondo i quali nel 2002 il tasso
di disoccupazione si è mantenuto sostanzialmente stabile (-0,1%) ed il numero degli
occupati si è mantenuto interno alle 610.000 unità.
Fonte : Istat, Rilevazioni Trimestrali delle Forze Lavoro; Elaborazione Regione Liguria
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Programma Triennale dei Servizi per l’Impiego, delle Politiche
Formative e del Lavoro
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Il quadro di riferimento
Tasso
Tasso di Disoccupazione
13
12
11
10
9
8
7
6
5
1997
Regione
Italia
1998
1999
2000
2001
2002
2003
Anno
Tasso di Occupazione
45
Tasso
44
43
Regione
42
Italia
41
40
39
1997
1998
1999
2000
2001
2002
2003
Anno
2.2.1. Il contesto internazionale e nazionale
Nel villaggio globale quale è l’economia odierna, prima ancora di aver
attenzione ai trends locali pare opportuno esaminare i fenomeni del contesto
internazionale capaci di determinare effetti sul tessuto produttivo ligure.
Il panorama mondiale non solo è stato segnato dai tragici avvenimenti del’11
settembre 2001 con l’attentato alle Twin Towers di New York con i venti di guerra
che hanno portato prima al conflitto dell’Afganistan dell’Iraq, ma anche l’instabilità di
alcune economie (ad esempio l’Argentina) hanno influenzato negativamente le
prospettive di sviluppo delle Nazioni economicamente più forti, USA in primis.
Pur con tempi diversi, determinati dalla diversa economica – produttiva, in
conseguenza di questi eventi vi è stato il vistoso rallentamento dello sviluppo del
tasso di crescita nei Paesi industrializzati cui si è accompagnato anche una generale
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Programma Triennale dei Servizi per l’Impiego, delle Politiche
Formative e del Lavoro
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Il quadro di riferimento
riduzione della propensione al consumo, obbligando i vari governi – compreso quello
italiano – a rivedere al ribasso le previsioni di crescita del PIL.
Gli effetti di questi fenomeni non si sono sentiti solo in quei comparti più
direttamente legati al commercio internazionale (trasporti, servizi finanziari, prodotti
industriali ecc.) ma si sono espansi a praticamente tutti i settori coinvolgendo l’intero
sistema socio economico
E’ significativa, ad esempio, la profonda crisi che sta attraversando in Francia il
polo tecnologico internazionale di Sofia Antipolis, fino ad ieri modello di riferimento di
ogni discorso sullo sviluppo creato dalla Società dell’informazione, ove le imprese
tecnologiche stanno riducendo gli organici ed abbandonando piani di investimento
formulati in previsione di un periodo di ripresa dell’economia.
Segnali negativi arrivano anche dal settore dell’auto, ormai in crisi profonda non
solo in Italia, che coinvolge tutto l’indotto, così come dal commercio, dal turismo, dai
servizi alle imprese, da comparti innovativi come le telecomunicazioni ecc. I grandi
gruppi che sino ad ieri costituivano il volano delle economie internazionali e nazionali
oggi sono in affanno in tutto il mondo: i casi della Swissair in Svizzera e della Sabena
in Belgio, della Vivendi in Francia, dell’Evron in USA, della Hyundai in Corea non
possono essere considerati come isolati casi aziendali.
La new economy, sulla quale erano basate molte previsioni di forte sviluppo
dell’economia internazionale con annessa creazione di centinaia di migliaia di posti di
lavoro, ad oggi non ha generato benefici in misura rilevante.
In tutto il mondo i consumi sono vicini ai tassi di stagnazione e le ricette
economiche finanziarie, a partire dalla riduzione del costo del lavoro, producono
effetti di breve durata.
Vi è una generale caduta di fiducia nel futuro, di cui la Borsa è l’espressione più
evidente, che fa presagire un lungo periodo se non di recessione, certamente di
instabilità.
2.2.2. Il contesto ligure
Le vicende internazionali hanno pesato sulla crescita dell’economia ligure
sommandosi a condizioni locali: la produzione industriale si è mantenuta su livelli
stazionari, i trasporti marittimi hanno registrato un calo (ad eccezione del comparto
dei container), nel settore agricolo il numero di imprese si è ulteriormente ridotto ed
il 2002 è stato un anno particolarmente negativo specie per le avverse condizioni
climatiche che hanno colpito l’ortofrutticolo ed il florivivaistico, , il turismo ha
registrato (con differenze da zona a zona) una flessione sia di arrivi sia di presenze, il
commercio al dettaglio ha manifestato preoccupanti sintomi di sofferenza.
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Programma Triennale dei Servizi per l’Impiego, delle Politiche
Formative e del Lavoro
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Il quadro di riferimento
In controtendenza il settore delle costruzioni ha registrato trend positivi sia in
relazione agli stanziamenti per il G8 sia per i benefici fiscali concessi agli interventi di
ristrutturazione, gli scambi con l’estero sono aumentati in misura superiore alla media
nazionale3, il settore delle crociere ha ripreso fiato dopo il temporaneo crollo seguito
all’11 settembre.
Più ancora dei trend di settore, che fra l’altro hanno al loro interno differenze
talora non indifferenti fra provincia e provincia, appare opportuno porre l’attenzione
sui processi di trasformazione/evoluzione del tessuto produttivo ed economico.
In primo luogo appare necessario sottolineare l’esiguità del numero di grandi
imprese operanti sul territorio ligure, numero che si è drasticamente ridotto negli
anni passati a seguito della crisi dl sistema delle partecipazioni statali e che, anche
per ragioni geomorfologiche e di rispetto ambientale, è ormai impensabile ipotizzare
in crescita nei prossimi anni.
Non solo alcune fra le grandi imprese liguri, come Marconi ed Ansaldo, hanno
evidenziato rilevanti problemi occupazionali, anche le unità operative liguri di gruppi
nazionali quali l’Enel e le Poste hanno subito forti ridimensionamenti occupazionali; la
Regione interverrà con gli strumenti in suo possesso per favorire le possibilità di
crescita delle grandi imprese, e l’attrattività per nuovi insediamenti. con politiche
specifiche, ivi compresa la formazione per le figure professionali loro necessarie,
ritenendo essenziale la presenza sul proprio territorio di grandi imprese sia per gli
aspetti occupazionali che per l’indotto che esse generano.
Rispetto alla piccola e medio piccola impresa che costituisce il nucleo di
riferimento delle politiche regionali va rilevato che questo tipo di imprese ha, però,
connaturata una serie di debolezze (quali la ridotta capacità d’investimento o di
ricorso al credito, la ridotta capacità di marketing su mercati nazionali ed
internazionali, la difficoltà ad adeguarsi tecnologicamente ecc.) che ne determina una
fragilità rispetto ad un mercato turbolento.
Significative, e meritevoli, in questo senso sono le iniziative promosse dalle
Associazioni di Categoria per forme di aggregazione che vanno dai Centri Integrati di
Via ai tradizionali Consorzi.
Rimangono ancora sottovalutati alcuni potenziali punti di forza dell’economia
ligure, quali quello dei prodotti tipici alimentari, del mare globalmente inteso cioè
ricomprendente tutte le attività ad esso collegate, del turismo di qualità, delle
tecnologie avanzate.
Rispetto a queste potenzialità la Regione, coordinando le
politiche settoriali che le competono, potrà esercitare un ruolo propulsore per la
3
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Fonte : Banca d’Italia
Programma Triennale dei Servizi per l’Impiego, delle Politiche
Formative e del Lavoro
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Il quadro di riferimento
realizzazione di organismi che, ricomprendendo i diversi soggetti portatori di
esperienze diverse, realizzino quel plus valore in oggi trascurato.
Per esemplificare, gli operatori di prodotti alimentari tipici (quali la farinata o la
focaccia) non solo lamentano le difficoltà a reperire addetti qualificati ma denunciano
anche il fatto che la commercializzazione avviene solo in ambito locale. Le esigue
dimensioni della stragrande maggioranza di queste imprese è alla base di questi due
limiti : le piccole imprese non hanno la materiale possibilità di formare giovani al loro
interno nè di fare marketing su altri mercati.
Analogamente, in Liguria, vi è una cultura del mare che non teme rivali neppure
in campo internazionale, solo che è frammentata nei vari comparti (portualità,
trasporti marittimi, nautica da diporto, gestione delle coste ecc.). Il riunire i vari
soggetti (imprese, Università, Rina, ecc.) nell’ambito di un unico organismo
significherebbe realizzare un polo d’attrazione di valore internazionale con benefiche
ricadute sul sistema ligure sia economici che occupazionali.
La Regione, avendo riferimento la legge regionale 13/8/02 n°33 che individua i
sistemi produttivi locali e – al loro interno – i distretti industriali, favorirà, per quanto
di sua competenza, la realizzazione di Poli settoriali nei vari comparti produttivi ed
economici, ritenendo che questi possano costituire momenti di rafforzamento delle
imprese liguri sui mercati sia nazionali che internazionali
Anche per la cultura, ed il turismo ad essa strettamente collegato, va
evidenziata la insufficiente attrattività che determina una lenta ma costante perdita di
posizionamento sul mercato nazionale ed internazionale; per questa ragione
occasioni come quella fornita da Genova capitale europea della cultura nel 2004 non
possono essere trascurate ai fini del rilancio di questi importanti comparti, né limitate
al solo ambito genovese.
La propensione all’imprenditorialità sembra essersi fortemente sviluppata, per lo
meno stando all’elevato numero di richieste di contributi, ai sensi dell’Obiettivo 2,
presentate in questi ultimi mesi.
Sul versante più attinente a questo documento, quello formativo ed
occupazionale, la Liguria si presenta con un’immagine doppia : da un lato è fra le
regioni italiane che vantano un alto tasso di elevata scolarizzazione dei giovani,
dall’altro il numero dei lavoratori di età superiore ai 35 anni provvisti di solo titolo
dell’obbligo si avvicina al 50% degli addetti.
Effetto negativo dell’alto tasso di scolarità dei giovani è la carenza di
manodopera, denunciata dal mondo delle imprese, per compiti per cui è richiesto il
solo “saper fare” e con poche o nulle prospettive di carriera, cui solo parzialmente da
risposta il mondo degli extracomunitari.
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Programma Triennale dei Servizi per l’Impiego, delle Politiche
Formative e del Lavoro
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Il quadro di riferimento
Peraltro, a fronte dell’alto tasso di diplomati e laureati vi è ancora in Liguria un
elevato tasso di dispersione scolastica, cioè di abbandono degli studi, tanto nella fase
di passaggio fra la scuola dell’obbligo e la formazione/istruzione superiore, quanto
nella fascia che è relativa all’Università.
Stanno scomparendo antichi mestieri per i quali la richiesta di mercato è,
invece, ritornata in crescita anche se contenuta.
L’invecchiamento crescente della popolazione, unitamente all’elevato numero di
pre-pensionamenti degli ultimi anni, riducono la pressione occupazionale.
2.3.
Le priorità regionali
Queste analisi inducono la Regione Liguria a seguire, nel campo occupazionale,
quattro priorità che declinano in Liguria le linee ispiratrici già individuate a livello
comunitario per la stesura dei piani nazionali per l’occupazione.
a) Far evolvere gli interventi dalla quantità alla qualità. Gli interventi in
materia debbono progressivamente perdere il carattere di “lotta all’emergenza
disoccupazione” e sempre più connotarsi per la qualità dell’occupazione che
producono. Un corollario di questo principio sarà costituito dalla crescente
attenzione da dedicare all’educazione permanente e alla formazione continua, in
ragione non solo della maggiore rapidità e pervasività dei mutamenti dei contesti
lavorativi, ma anche della diversa consistenza demografica degli aggregati dei
disoccupati e degli occupati (basti pensare che nel 1998 i disoccupati erano in un
rapporto di 12 ogni 100 occupati; nel 2002 sono scesi a 6). Quindi mantenere la
stessa intensità degli interventi a loro favore significa raddoppiarne la copertura.
b) Concentrare gli interventi sulle fasce in maggiore difficoltà. Il
miglioramento, sino a pochi mesi fa, del contesto economico e sociale non ha
prodotto una diminuzione generalizzata delle aree del bisogno. Queste possono
anzi risultare ulteriormente radicalizzate dalla crescente distanza con le fasce più
forti: è del resto noto che i periodi di rapido mutamento tendono ad accentuare le
differenze piuttosto che a ridurle; le nuove disuguaglianze tendono a sovrapporsi
alle vecchie, piuttosto che a colmarle.
Le fasce in difficoltà sono peraltro accomunate solo dalla differenza rispetto alle
componenti “normali” del mercato del lavoro; ciò significa che ognuna di queste
fasce richiede politiche specifiche, composte attraverso intelligenti integrazioni di
azioni diverse di sostegno sociale, culturale, economico e all’accesso al lavoro.
Per quanto attiene le differenze di genere, le prime analisi statistiche approfondite
che provengono dai nuovi Centri per l’Impiego evidenziano alcune tendenze
estremamente significative per quanto attiene il disagio occupazionale femminile:
a fronte di percentuali di avviamenti al lavoro suddivisi tra il 45% delle donne ed
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Programma Triennale dei Servizi per l’Impiego, delle Politiche
Formative e del Lavoro
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Il quadro di riferimento
il 55% degli uomini si osservano percentuali pari al 38% per le donne ed al 62%
per gli uomini se si considerano soltanto coloro che hanno assolto l’obbligo
scolastico, ad evidenziare quindi che alle donne che entrano nel mercato del
lavoro è richiesta una qualificazione superiore rispetto agli uomini.
Se a ciò si aggiunge che la differenza percentuale tra occupati maschi e femmine
cresce da valori approssimativi di -10% nella fascia di età tra 20 e 34 anni al 25% nella fascia tra 45 e 49 anni ed addirittura al -40% in quella tra 55 e 59
anni, risulta evidente la necessità di intervenire per far aumentare
significativamente l’occupabilità e conseguentemente il tasso di occupazione
femminile incidendo in modo particolare sulle fasce di età superiori.
c) Aumentare gli sforzi sulla crescita dell’occupazione, anche in
considerazione del fatto che la Liguria vive il doppio handicap di essere la regione
a minor tasso di attività di un Paese a sua volta al di sotto dei valori medi europei.
Le ultime rilevazioni ufficiali dell’Istat dimostrano, come illustrato in Fig.2, che il
tasso di occupazione in Liguria nell’ultimo quadriennio è salito dal 39,9% al 42,7%
seguendo l’aumento generalizzato che si è riscontrato anche nel resto dell’Italia,
ma con una maggiore velocità di crescita: la distanza percentuale rispetto alla
media italiana si è, infatti, significativamente ridotta, passando da 39,9% contro
41,8% (-1,9%) nel 1988 a 42,7% contro 43,8% (-1,1%) nel 2002. Se si tiene poi
conto che, nello stesso periodo in Liguria, la popolazione in età lavorativa ha
subito una diminuzione di quasi il 5%, appare chiaro che la propensione ad
entrare nel mercato del lavoro della Regione, si sta avvicinando alla media
nazionale.
All’interno di questo obiettivo si tratterà sia di creare ex novo nuove opportunità
di lavoro, anche grazie alle sinergie da attivare con il DOCUP Obiettivo 2 e con le
misure a favore della crescita dell’economia sociale, sia di favorire l’emersione di
attività in tutto o in parte sommerse.
d) Facilitare l’interazione fra i bisogni del mercato del lavoro e
l’identificazione del percorso individuale che l’utente deve compiere nell’arco
della sua vita lavorativa, a partire del percorso scolastico, proseguendo verso un
progetto universitario, attraversando una fase di formazione professionale e
giungendo all’integrazione nel mondo del lavoro.
In questo quadro complessivo che definisce le grande linee dell’orientamento, la
Regione Liguria si propone di promuovere un approccio pluridimensionale della
educazione e dell’apprendimento, dalla scuola alla formazione professionale dalla
formazione alla scuola realizzando un sistema che integri i servizi per l’impiego alle
politiche della formazione professionale, creando un sistema che sia garante al
contempo della qualità e dell’efficienza ai vari livelli: l’orientamento scolastico o di
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Programma Triennale dei Servizi per l’Impiego, delle Politiche
Formative e del Lavoro
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Il quadro di riferimento
primo ciclo, l’orientamento universitario (di secondo ciclo) e infine l’orientamento
professionale (di terzo ciclo).
Questo sistema di servizi integrati per l’orientamento sviluppa l’interazione tra tutti
gli attori o gli erogatori di detti servizi, siano essi pubblici o privati, individuando
una unità di obiettivi ed offrendo un complesso di azioni tra loro complementari,
ma ben specifiche sui tre livelli fondamentali del percorso di vita dell’individuo.
Si vuole così offrire un panello di servizi in rete, strutturati sulla definizione di
standard di qualità, sulla complementarietà delle azioni e sulla gestione dei vari
momenti e tempi del percorso individuale attraverso le tre tappe fondamentali
dell’orientamento scolastico, universitario e professionale. Particolare cura dovrà
essere posta sulla selezione degli strumenti più adeguati ai fabbisogni dell’utente e
sulla verifica della rispondenza delle varie azioni compiute in funzioni di risultati
misurabili ed osservabili che contribuiranno ad uno sviluppo regionale dei livelli di
professionalizzazione e d’inserimento nel mercato del lavoro.
Queste azioni mirate di orientamento integrato favoriranno inoltre un miglior
incontro fra la domanda e l’offerta di lavoro contribuendo, nel contempo, allo
sviluppo della nuova funzione in materia di politiche attive del lavoro,
recentemente assegnata alle Regione dal processo di decentramento
amministrativo in atto.
Per agire in modo efficace lungo queste quattro direttrici, sarà inoltre
importante sviluppare o rafforzare misure di sistema capaci di rendere incisiva
l’azione non solo della Regione, ma dell’insieme dei soggetti che operano sul
versante dell’orientamento, della formazione, dell’istruzione, delle politiche del lavoro
e dei servizi per l’impiego.
La sfida che è infatti posta alla Regione è quella di dispiegare una reale capacità
di governo, utilizzando in maniera nuova gli strumenti che aveva già a disposizione
anche nel passato, anche se non sempre in maniera sorganica.
Formazione, Servizi per l’impiego, Pari opportunità, Dialogo sociale, Politiche
attive del lavoro, Servizi per le imprese, Semplificazione normativa, Comunicazione,
Sistemi informativi, Osservazione del Mercato del Lavoro, Orientamento sono funzioni
che fanno riferimento ad azioni ed interventi anche rilevanti realizzati nel passato, ma
non sono sempre state sfruttate appieno le possibilità di interazione sinergica.
Se la qualità non è un valore assoluto, ma è strettamente collegata alla sua
percezione, che significato nuovo occorre attribuire ai piani di comunicazione? Se
l’attenzione dei servizi per l’impiego si sposta dal lavoratore all’impresa, come devono
cambiare le politiche di orientamento e che senso è necessario dare ai servizi per le
imprese, alla semplificazione normativa, ad un sistema informativo funzionale ed
efficace?
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Programma Triennale dei Servizi per l’Impiego, delle Politiche
Formative e del Lavoro
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Il quadro di riferimento
Il nuovo contesto istituzionale impone alle Amministrazioni di coordinare ed
integrare le varie iniziative così da comporre un disegno coerente ed armonico,
proprio come in un mosaico in cui ogni tassello concorre all’effetto complessivo e
mette in risalto, con la propria diversità, i valori e le funzioni degli altri tasselli.
Basti pensare, da un lato, alla crescente attenzione che desta, anche in ambito
europeo, una concezione della pubblica amministrazione non limitata alla funzione di
erogare servizi e incentivi all’occupazione, ma estesa anche a quella di favorire le
condizioni per l’ampliamento delle occasioni di lavoro grazie alla strutturazione
dell’offerta, all’organizzazione (e in taluni casi solvibilizzazione della domanda), al
rafforzamento delle strutture e delle opportunità di intermediazione. Questa funzione
può tra l’altro essere rafforzata dalla diffusione dei piani di sviluppo locale. Dall’altro
lato, un ruolo sempre più importante sarà rivestito dagli accordi che dovranno essere
raggiunti tra tutti gli attori coinvolti per pervenire ad un sistema integrato scuolaUniversità-formazione professionale e dalle relazioni che questo saprà
sviluppare con il territorio e il sistema delle imprese.
Tutto ciò richiede l’attivazione o il potenziamento di una serie di tavoli negoziali
e di confronto che sappiano confluire in un “tavolo di sistema” capace di governare
davvero i processi di trasformazione in atto. Senza indulgere in alcuna concezione
panpartecipativa, occorre, infatti, prendere atto della necessità di operare in modo
integrato e coordinato per poter mettere a frutto le sinergie tra i diversi soggetti che
operano nel campo delle politiche del lavoro, della formazione e dell’orientamento
anche ai fini dell’obiettivo prioritario della crescita della coesione sociale, obiettivo
peraltro sempre al centro delle raccomandazioni dell’Unione Europea.
2.4.
Guardare all’Europa
Il 14 febbraio 2002 il Consiglio e la Commissione Europea hanno
congiuntamente adottato il programma di lavoro sul follow up circa gli obiettivi dei
sistemi di istruzione e formazione in Europa ponendo cinque traguardi da
raggiungere entro il 2010:
-
-
•
raggiungere la più alta qualità nell’istruzione e formazione
rendere i sistemi di istruzione e formazione in Europa sufficientemente
compatibili tra loro da consentire ai cittadini di passare da uno Stato all’altro e
trarre vantaggio dalla loro diversità
poter far convalidare ovunque nella U.E. qualifiche, conoscenze e capacità ai
fini della carriera e dell’ulteriore apprendimento
dare agli europei, di tutte le età, accesso all’istruzione e formazione
permanente
fare dell’Europa la meta preferita di studenti, studiosi e ricercatori provenienti
da altre regioni del mondo.
Programma Triennale dei Servizi per l’Impiego, delle Politiche
Formative e del Lavoro
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Il quadro di riferimento
Rispetto a questi cinque traguardi, il Consiglio e la Commissione Europea hanno
individuato tre obiettivi strategici e 13 obiettivi relativi al programma di lavoro così
sintetizzabili:
Obiettivo strategico
Obiettivo del programma di lavoro
1 Migliorare la qualità e l’efficacia 1.1
dei sistemi
1.2
Migliorare l’istruzione e la formazione per
insegnanti e formatori
Sviluppare le competenze per la società
della conoscenza
Garantire l’accesso alle TIC per tutti
Attrarre più studenti agli studi scientifici
e tecnici
Sfruttare al meglio le risorse
Ambiente aperto per l’apprendimento
1.3
1.4
2 Agevolare l’accesso di tutti ai
sistemi di istruzione e
formazione
1.5
2.1
2.2
2.3
3 Aprire i sistemi di istruzione e
formazione al resto del mondo
3.1
3.2
3.3
3.4
3.5
Rendere l’apprendimento più attraente
Sostenere la cittadinanza attiva, le pari
opportunità e la coesione sociale
Rafforzare i legami con il mondo del
lavoro e della ricerca, con la Società in
generale
Sviluppare lo spirito imprenditoriale
Migliorare l’apprendimento delle lingue
straniere
Aumentare la mobilità e gli scambi
Rafforzare la cooperazione europea
Va, inoltre, ricordato che con una recentissima Comunicazione4 la Commissione
Europea ha proposto cinque criteri di riferimento europei per i sistemi di istruzione e
formazione al 2010:
- ridurre almeno della metà, rispetto al 2002, il tasso di giovani che lasciano
prematuramente la scuola
- ridurre almeno della metà lo squilibrio tra uomini e donne tra i laureati in
matematica, materie scientifiche e tecnologiche
- raggiungere l’80% di persone dai 25 ai 59 anni, cittadini della U.E, con una
formazione superiore
- fare in modo che il tasso di partecipazione all’istruzione ed alla formazione
lungo tutta la vita interessi, nella U.E., almeno il 15% della popolazione adulta
in età lavorativa e che nessun Paese abbia un tasso inferiore al 10%
- ridurre della metà la percentuale di giovani di 15 anni che hanno difficoltà
nella lettura, in matematica o nelle materie scientifiche.
4
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Comunicazione della Commissione Europea del 20/11/2002
Programma Triennale dei Servizi per l’Impiego, delle Politiche
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Il quadro di riferimento
E’ in questo contesto ed a sostegno di questa strategia che s’inserisce il nuovo
Programma Triennale dei servizi per l’impiego, delle politiche formative e del lavoro
della Regione Liguria
Ed è in questo spirito europeo che la Regione Liguria intende avviare una prima
sperimentazione che, previa verifica con le Istituzioni e le Parti Sociali interessate,
potrebbe riguardare l’applicazione del Curriculum vitae europeo ai lavoratori
frontalieri, al fine di favorirne la occupabilità nei Paesi limitrofi, recependo la
raccomandazione dell’11 marzo 2002 con la quale la Commissione Europea,
nell’intento di favorire la trasparenza delle qualifiche e delle competenze e di favorire
la mobilità di studenti e di lavoratori, ha invitato gli Stati membri a promuovere e
diffondere un modello comune europeo di Curriculum Vitae.
Atteso l’invito della Commissione, che entro il 2004 effettuerà una valutazione
del modello comune e dell’attuazione del sistema, la Regione Liguria, sulla base degli
esiti della sperimentazione effettuata, aprirà un confronto con i soggetti competenti
in tema di orientamento per la verifica della possibilità di sperimentare detto modello
su tutto il territorio ligure nell’arco del 2004 mediante l’introduzione in tutti gli
interventi formativi di un modulo informativo sulla compilazione del C. V. europeo,
previa preparazione dei docenti delle sedi formative.
Peraltro, anche in tema di formazione e politiche del lavoro, il rapporto della
Regione con l’Unione Europea non si limita ad un “recepimento” delle
raccomandazioni e degli obiettivi comunitari. Con gli uffici dell’Unione, e con gli altri
Stati membri, il dialogo è da tempo positivamente avviato ed è intenzione della
Regione intensificarlo anche in forza delle nuove competenze che le vengono
attribuite dalla riforma dell’art. 117 della Costituzione, secondo la proposta
attualmente all’esame del Parlamento,
Il Fondo Sociale Europeo, infatti, non è stato e non è solo un’importantissima
fonte di finanziamento per la realizzazione delle politiche regionali, è anche un
laboratorio di idee e di sperimentazioni, di contenuti e di metodologie, di interscambi
multiculturali, estremamente importante per un continuo miglioramento delle
politiche e del sistema regionale.
In questa ottica, la Regione dedicherà maggior attenzione alle varie sperimentazioni
che si stanno effettuando in campo europeo, dall’e.learning ai programmi di scambio
di operatori, al fine di acquisire sempre maggiore capacità di dialogo con l’Unione
Europea. A tal fine si costituirà in seno all’Assessorato regionale una task force che,
in collaborazione con gli altri uffici regionali competenti in tema di Comunità, sviluppi
progetti di partecipazione a bandi e programmi dell’Unione Europea nei campi della
formazione e dell’occupazione.
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Programma Triennale dei Servizi per l’Impiego, delle Politiche
Formative e del Lavoro
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Il quadro di riferimento
Sempre per restare agli indirizzi europei, va raccolto e diffuso l’invito della
Commissione a dare trasparenza nella informazione del contributo comunitario
L’importanza del Fondo Sociale Europeo rispetto all’attuazione delle politiche
della formazione e dell’impiego è noto a tutti i soggetti coinvolti nelle diverse azioni.
Occorre, tuttavia, rilevare che nella realizzazione degli interventi viene sovente
trascurata una corretta informazione e trasparenza rispetto alla presenza del
cofinanziamento comunitario.
La Regione Liguria, in qualità di Autorità di gestione incaricata dell’esecuzione
degli interventi, è responsabile ai sensi delle disposizioni comunitarie 5 in materia di
corretta informazione sugli interventi dei Fondi strutturali.ed in questo ruolo richiama
i soggetti pubblici e privati, che beneficino di contributi del Fondo Sociale Europeo
nell’ambito di un intervento programmato dalla Regione Liguria, all’obbligo di
applicare le disposizioni del citato regolamento in ogni iniziativa di informazione e
pubblicità, obbligo già più volte richiamato in sede di normativa regionale sulle
modalità attuative del FSE ed in sede di Piano regionale di comunicazione.
Infine, va evidenziata che la Regione Liguria deve dotarsi di nuove capacità
programmatorie e gestionali, in vista della possibilità di una riduzione del contributo
comunitario dopo il 2006, per mantenere un livello di prestazioni conforme a quello
europeo; ciò richiederà una tempestiva preparazione del personale per far fronte ai
nuovi ruoli che la Regione dovrà assumere, nonché la rivisitazione e redifinizione sia
della sua mission che della sua strutturazione.
5
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Regolamento n° 1159/2000
Programma Triennale dei Servizi per l’Impiego, delle Politiche
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Le linee di indirizzo per la programmazione 2003/2005
3. Le linee di indirizzo per la programmazione 2003/2005
3.1.
I contenuti
I contenuti del nuovo Programma Triennale sono caratterizzati sia dalla
continuità con la programmazione regionale dell’Obiettivo 3, sia dall’introduzione di
ulteriori elementi di innovazione, che riguardano gli obiettivi di fondo e quelli
trasversali da conseguire nel triennio.
I diversi documenti pluriennali di programmazione regionale (il Documento di
Programmazione Economico-Finanziaria 2003-2005 – DPEF -, il Programma Operativo
Regionale Obiettivo 3 2000-2006 - P.O.R.-, il Documento Unico di Programmazione
Obiettivo 2 2000 -2006 – DOCUP-) approvati nell’ultimo biennio traducono
l’impostazione politica della Regione in azioni, obiettivi e risultati previsti a livello di
pianificazione interna ad opera dei servizi e contengono proposte operative per il
programma di lavoro della Regione.
Le condizioni e la natura del programma triennale per “lo sviluppo e
rafforzamento del capitale umano” sono quindi necessariamente cambiate, il
programma rappresenta ormai uno strumento politico integrato nel nuovo ciclo che si
è andato a delineare.
La Regione con il DPEF e con i programmi attuativi dei fondi strutturali ha
stabilito le sue priorità, il presente programma è quindi imperniato sulle principali
azioni con le quali s’intendono affrontare ed attuare tali priorità, per porre le basi per
l’attuazione nel triennio dei primi necessari cambiamenti interni e nel contesto socioeconomico di riferimento.
La strategia del nuovo Programma triennale costituisce, pertanto, il quadro per
una definizione preliminare delle linee e per la programmazione operativa da parte
della Giunta regionale, il quando e il come è determinato dalla evoluzione del quadro
normativo regolamentare nazionale regionale ed europeo.
In tale ottica pertanto, tenuto conto dei risultati ottenuti nell’ultimo biennio e
del contesto socio-economico in evoluzione, il Programma Triennale:
•
definisce le priorità politiche, ma ne prevede l’adattamento per tener conto di
importanti nuovi sviluppi (normative di contesto).
•
evidenzia le principali azioni di medio termine, ma non fornisce un quadro
completo dell’attività della Regione, gran parte della quale è tuttora condizionata
da lavori in divenire essenzialmente legati ad una evoluzione normativa nazionale
e regionale.
•
Programma Triennale dei Servizi per l’Impiego, delle Politiche
Formative e del Lavoro
pagina 27 •
•
•
Le linee di indirizzo per la programmazione 2003/2005
In questa fase di quadro normativo, nazionale e regionale, in evoluzione, la
Regione dovrà fissare linee-guida generali, che diano maggiori garanzie circa la
qualità degli interventi, favorendo gli interventi che mirano a migliorare le condizioni
del mercato del lavoro, ed eserciti un più elevato ruolo tecnico, favorendo le relazioni
a rete tra le Istituzioni che partecipano alla politica.
Per realizzare ciò si dovranno altresì delineare gli strumenti e metodi per
conseguire i seguenti obiettivi:
•
semplificare le procedure,
•
ridurre la segmentazione dei fondi e quindi degli interventi,
•
disegnare e dare effettiva attuazione a metodi e piani più efficaci di partenariato
con le autorità locali e con le parti sociali, coinvolgendo in maniera particolare gli
Enti Locali.
3.2.
La realizzazione del Programma Triennale 1999 – 2001 e
l’evoluzione del sistema
Nel precedente triennio si è avviato un periodo di cambiamento complessivo del
sistema delle politiche formative e del lavoro, sia per fattori esterni alle competenze
programmatorie proprie della Regione (quale la riforma dei fondi strutturali e della
normativa nazionale) sia per l’avvio di un processo regionale di diversificazione degli
interventi nei sistemi di formazione e di raccordo tra politiche/interventi formativi ed
altri strumenti di politiche del lavoro.
Molte misure di policy promosse dalla legislazione nazionale di promozione
dell’occupazione (nuovo apprendistato, lavori socialmente utili, ecc.) sono state
qualificate ed integrate a livello regionale in un processo di concertazione con le
parti.
Sono stati sperimentati nuovi strumenti di politica attiva del lavoro con
particolare riguardo ai soggetti “deboli” nell’accesso al mercato del lavoro (donne,
categorie svantaggiate, disoccupati di lunga durata, giovani a rischio di
disoccupazione) – quali counselling, bilancio di competenze, work experience,
formazione individualizzata, azioni di accompagnamento.
Percorsi di qualificazione e di specializzazione sono stati progettati e gestiti
congiuntamente dai due sistemi formativi, nello sviluppo di una linea di raccordo tra
formazione professionale e istruzione.
La formazione continua a finanziamento pubblico (comunitario e nazionale) ha
permesso di sensibilizzare ed attivare un segmento di imprese (piccole e medie) che
•
Programma Triennale dei Servizi per l’Impiego, delle Politiche
Formative e del Lavoro
pagina 28 •
•
•
Le linee di indirizzo per la programmazione 2003/2005
ancora nel recente passato risultava assente nell’esprimere bisogni, nel progettare
interventi e nel gestire attività formative per i propri dipendenti.
A fronte degli impatti positivi registrati, sono emerse alcune criticità chiave,
quali alcuni effetti, non voluti e non previsti, sul sistema formativo – basta citare la
“caduta” di due Enti storici – che hanno comunque rimarcato l’esigenza di porre il
tema/processo qualità del sistema come priorità da perseguire per un’evoluzione
degli organismi di formazione verso un modello organizzativo e gestionale che
consenta di dare vita a procedure chiare, certe, orientate agli obiettivi di
soddisfazione dei clienti.
Il processo, avviato alla fine dell’anno 2000 e che vedrà il completamento con il
nuovo programma, si articola in tre macro linee di intervento che agiranno
• sul sistema attuale per un primo processo di riordino del sistema formativo;
• in
accompagnamento al sistema per affiancarlo in un processo di
rinnovamento verso un sistema di qualità;
• in un totale processo di rinnovamento verso la qualità.
Per avviare tale processo che si presenta di particolare rilevanza e di notevole
impatto sul territorio ligure e per realizzare il quale si ritiene sia essenziale e
prioritaria una condivisione del sistema istituzionale e sociale, a dicembre 2000 è
stata siglata e ratificata dalla Giunta regionale una prima intesa-quadro tra la
Regione, le Province e le OO.SS. volta a determinare modalità e criteri per la
predisposizione e valutazione dei piani di riordino degli enti del sistema formativo
ligure al fine di pervenire alla predisposizione di un piano regionale di intervento.
Tale documento rappresenta il primo strumento per la definizione di un’intesa quadro
complessiva sul riordino, ristrutturazione ed adeguamento del sistema formativo
ligure.
Per tracciare un quadro di riferimento teso a perseguire il fine sopra delineato
(riordino, ristrutturazione e adeguamento del sistema formativo ligure) è stata
avviata un’analisi ricognitoria sul sistema (invito approvato dalla G.R. con
deliberazione n. 465 del 20/4/2001) con l’obiettivo di addivenire alla:
•
ristrutturazione degli enti di formazione comportanti investimenti per la
riorganizzazione, il rinnovo o l’aggiornamento tecnologico
•
gestione degli esuberi di personale favorendo l’avvio ed utilizzo di strumenti di
accompagnamento e di sostegno alla fuoriuscita dal sistema formativo quali:
•
Programma Triennale dei Servizi per l’Impiego, delle Politiche
Formative e del Lavoro
pagina 29 •
•
•
Le linee di indirizzo per la programmazione 2003/2005
•
misure di accompagnamento, ad un riposizionamento sul mercato, del
personale, utilizzando strumenti di politica attiva del lavoro;
•
sostegno alla nascita di nuovi enti e/o agenzie formative, emanazione del
personale di enti oggetto di processi irreversibili di crisi, dotati di assetti
organizzativi snelli e di competenze adeguate;
•
interventi finalizzati a forme di accompagnamento per incentivare la
fuoriuscita dagli enti del personale non riconvertibile.
In tale contesto la Giunta Regionale ha approvato (marzo 2001) il Piano della
qualità del sistema formativo ligure che contiene quattro obiettivi principali:
•
attuare un sistema di accreditamento periodico per macro settori dei soggetti
erogatori di formazione professionale, attraverso la predisposizione di un modello
operativo basato su una griglia di standards predeterminati e costantemente
aggiornati in relazione alle evoluzioni dei bisogni e del quadro generale.
•
dotarsi di uno strumento di valutazione e controllo della qualità esterno alla
Regione, costituito secondo criteri che ne consentano un funzionamento snello ed
operativo, che operi nei tre momenti principali della valutazione del processo
formativo (ex ante, in itinere, ex post).
•
definire standard di competenze professionali dei formatori.
•
definire un sistema di certificazione dei percorsi formativi basato sul principio dei
crediti.
3.2.1. Indicatori di realizzazione
L’illustrazione dei dati relativi alla realizzazione del precedente Programma
Triennale è caratterizzata dal fatto che esso si è sviluppato nell’ambito di due
differenti Regolamenti del Fondo Sociale Europeo; sino al 31/12/99 i riferimenti sono
stati i Regolamenti n° 2081/93 – 2082/93 – 2084/93 per il periodo 1994-1999,
articolato su 4 Obiettivi (2, 3, 4 e 5B), Assi, Programmi Quadro e Programmi
Indirizzo, mentre, a partire dal gennaio 2000, la realizzazione ha avuto a riferimento i
Regolamenti n°1260/99 e 1784/99 che prevedono un solo Obiettivo (il 3) suddiviso in
misure.
Ai fini della valutazione della realizzazione, sembrano rilevanti due indicatori :
-
•
quello finanziario
Programma Triennale dei Servizi per l’Impiego, delle Politiche
Formative e del Lavoro
pagina 30 •
•
•
Le linee di indirizzo per la programmazione 2003/2005
-
quello inerente le azioni programmate e realizzate
Per la succitata diversità di impostazione metodologica fra Assi e Misure, i dati
inerenti la realizzazione (1999-2001), ed esistenti in Regione al 31/12/2002, sono
stati accorpati per tipologie di azioni. (gli interventi regionali sono pluriennali e la loro
realizzazione è attualmente ancora in corso).
3.2.1.1. Indicatori finanziari per tipologia di azione
Risorse per aiuti ed azioni di accompagnamento
Provincia
Risorse
Risorse
impegnate
%
impegnato
Genova
3.848.612,61
3.915.857,39
101,75%
Imperia
981.204,94
949.143,29
96,73%
La Spezia
975.439,23
886.743,75
90,91%
Savona
607.675,19
575.204,99
94,66%
Reg. Liguria
2.264.684,66
1.870.850,07
82,61%
Risorse per apprendistato, contratti Formazione lavoro, cigs, liste mobilità
Provincia
•
Risorse
Risorse
impegnate
%
impegnato
Genova
7.226.445,80
5.950.900,91
82,35%
Imperia
1.161.749,02
1.065.899,23
91,75%
La Spezia
1.464.223,70
936.126,73
63,93%
Savona
2.048.881,82
1.508.905,28
73,65%
Programma Triennale dei Servizi per l’Impiego, delle Politiche
Formative e del Lavoro
pagina 31 •
•
Le linee di indirizzo per la programmazione 2003/2005
•
Risorse per formazione diplomati
Provincia
Risorse
Risorse
impegnate
%
impegnato
Genova
3.845.911,93
3.511.838,11
91,31%
Imperia
1.865.952,59
1.865.952,59
100,00%
La Spezia
4.807.409,06
4.555.368,33
94,76%
Savona
3.040.128,05
2.869.162,30
94,38%
Risorse per formazione rivolte alle donne
Provincia
Risorse
Risorse
impegnate
%
impegnato
Genova
1.027.754,04
785.673,56
76,45%
Imperia
344.589,85
294.918,57
85,59%
La Spezia
512.955,95
473.846,50
92,38%
Savona
705.437,72
668.258,03
94,73%
Risorse per formazione per drop out
Provincia
•
Risorse
Risorse
impegnate
%
impegnato
Genova
358.616,10
362.667,70
101,13%
Imperia
89.806,02
89.806,02
100,00%
La Spezia
87.797,72
87.797,72
100,00%
Savona
0
0
0
Programma Triennale dei Servizi per l’Impiego, delle Politiche
Formative e del Lavoro
pagina 32 •
•
Le linee di indirizzo per la programmazione 2003/2005
•
Risorse per formazione ex lege
Provincia
Risorse
Risorse
impegnate
%
impegnato
Genova
1.408.205,63
1.216.784,14
86,41%
Imperia
26.072,29
26.072,29
100,00%
La Spezia
350.818,77
335.153,69
95,53%
Savona
276.297,97
231.976,16
83,96%
Risorse per formazione per fasce deboli
Provincia
Risorse
Risorse
impegnate
%
impegnato
Genova
4.122.982,32
3.626.779,04
87,96%
Imperia
477.030,00
407.236,90
85,37%
La Spezia
554.992,26
351.111,86
63,26%
Savona
658.268,77
597.559,05
90,78%
Risorse per formazione continua e permanente
Provincia
•
Risorse
Risorse
Impegnate
%
impegnato
Genova
36.564.424,45
26.064.118,51
71,28%
Imperia
3.547.899,40
3.090.779,03
87,12%
La Spezia
6.786.691,95
4.572.638,66
67,38%
Savona
7.846.277,40
6.055.060,46
77,17%
Programma Triennale dei Servizi per l’Impiego, delle Politiche
Formative e del Lavoro
pagina 33 •
•
•
Le linee di indirizzo per la programmazione 2003/2005
Risorse per formazione professionalizzante IV e V anno Istituti professionali,
tecnici e nautici
Provincia
Genova
Risorse
Risorse
impegnate
%
impegnato
335.170,00
288.666,84
86,13%
112.794,19
64.941,16
57,57%
Imperia
La Spezia
Savona
Risorse per job creation
Provincia
Risorse
Risorse
impegnate
%
impegnato
Genova
2.682.082,52
1.991.971,78
74,27%
Imperia
491.618,61
382.220,64
77,75%
La Spezia
488.515,77
325.956,69
66,72%
Savona
730.660,18
587.166,92
80,36%
Risorse per formazione post laurea
Provincia
•
Risorse
Risorse
impegnate
%
impegnato
Genova
983.097,41
924.949,52
94,09%
Imperia
338.843,14
235.952,52
69,63%
La Spezia
781.778,34
721.078,59
92,24%
Savona
668.928,19
592.182,98
88,53%
Reg. Liguria
900.091,41
900.091,41
100,00%
Programma Triennale dei Servizi per l’Impiego, delle Politiche
Formative e del Lavoro
pagina 34 •
•
Le linee di indirizzo per la programmazione 2003/2005
•
Risorse per progetti integrati
Provincia
Risorse
Risorse
Impegnate
%
impegnato
Genova
20.800.219,05
18.824.669,40
90,50%
Imperia
1.448.852,18
1.223.026,36
84,41%
La Spezia
1.972.857,04
1.894.348,08
96,02%
Savona
1.417.185,10
1.400.227,91
98,80%
Reg. Liguria
10.032.118,62
7.757.611,68
77,33%
Risorse per azioni di sistema
Provincia
•
Risorse
Risorse
Impegnate
%
impegnato
Genova
2.241.260,03
2.184.431,58
97,46%
Imperia
150.275,92
148.230,90
98,64%
La Spezia
646.358,05
643.979,77
99,63%
Savona
1.864.811,43
1.824.849,53
97,86%
Reg. Liguria
10.280.070,64
9.679.738,18
94,16%
Programma Triennale dei Servizi per l’Impiego, delle Politiche
Formative e del Lavoro
pagina 35 •
•
•
Le linee di indirizzo per la programmazione 2003/2005
Risorse per work experiences
Provincia
Risorse
Risorse
impegnate
%
impegnato
Genova
1.325.049,12
1.044.877,22
78,86%
Imperia
180.122,83
128.616,59
71,40%
La Spezia
--
--
--
Savona
383.851,59
371.916,83
96,89%
3.2.1.2. Indicatori fisici di realizzazione per tipologia di azione
Aiuti ed accompagnamenti
Azioni
Azioni
Azioni
Programmate Avviate Concluse
% concl
su prog.
% concl
su avv.
Genova
381
374
328
86,09%
87,70%
Imperia
135
135
118
87,41%
87,41%
La Spezia
110
102
91
82,73%
89,22%
Savona
71
68
64
90,14%
94,12%
Reg. Liguria
72
71
11
Apprendistato, contratti formazione lavoro, cigs, liste mobilità
Azioni
Azioni
Azioni
Programmate Avviate Concluse
% concl
su prog.
% concl
su avv.
Genova
224
185
185
82,59%
100,00%
Imperia
62
52
52
83,87%
100,00%
La Spezia
28
21
21
75,00%
100,00%
Savona
67
47
47
70,15%
100,00%
•
Programma Triennale dei Servizi per l’Impiego, delle Politiche
Formative e del Lavoro
pagina 36 •
•
Le linee di indirizzo per la programmazione 2003/2005
•
Diplomati
Azioni
Azioni
Azioni
Programmate Avviate Concluse
% concl
su prog.
% concl
su avv.
Genova
381
374
328
86,09%
87,70%
Imperia
135
135
118
87,41%
87,41%
La Spezia
110
102
91
82,73%
89,22%
Savona
71
68
64
90,14%
94,12%
Donne
Azioni
Azioni
Azioni
Programmate Avviate Concluse
% concl
su prog.
% concl
su avv.
Genova
68
62
58
85,29%
93,55%
Imperia
7
6
6
85,71%
100,00%
La Spezia
22
22
20
90,91%
90,91%
Savona
11
10
10
90,91%
100,00%
Drop outs
Azioni
Azioni
Azioni
Programmate Avviate Concluse
% concl
su prog.
% concl
su avv.
Genova
76
71
63
82,89%
88,73%
Imperia
34
34
22
64,71%
64,71%
La Spezia
5
5
5
100,00%
100,00%
Savona
--
--
--
•
Programma Triennale dei Servizi per l’Impiego, delle Politiche
Formative e del Lavoro
pagina 37 •
•
Le linee di indirizzo per la programmazione 2003/2005
•
Interventi formativi ex lege
Azioni
Azioni
Azioni
Programmate Avviate Concluse
% concl
su prog.
% concl
su avv.
Genova
88
72
66
75,00%
91,67%
Imperia
4
4
4
100,00%
100,00%
La Spezia
30
29
22
73,33%
75,86%
Savona
31
28
17
54,84%
60,71%
Interventi per fasce deboli
Azioni
Azioni
Azioni
Programmate Avviate Concluse
% concl
su prog.
% concl
su avv.
Genova
85
77
74
87,06%
96,10%
Imperia
21
18
15
71,43%
83,33%
La Spezia
27
18
18
66,67%
100,00%
Savona
16
15
15
93,75%
100,00%
Formazione continua e permanente
Azioni
Azioni
Azioni
Programmate Avviate Concluse
% concl
su prog.
% concl
su avv.
Genova
4028
2867
2696
66,93%
94,04%
Imperia
401
284
238
59,35%
83,80%
La Spezia
511
329
309
60,47%
93,92%
Savona
1001
759
745
74,43%
98,16%
•
Programma Triennale dei Servizi per l’Impiego, delle Politiche
Formative e del Lavoro
pagina 38 •
•
•
Le linee di indirizzo per la programmazione 2003/2005
Formazione professionalizzante V e V anno Istituti professionali, tecnici e nautici
Azioni
Azioni
Azioni
Programmate Avviate Concluse
Genova
215
202
202
Imperia
0
0
0
La Spezia
8
5
5
Savona
0
0
0
% concl
su prog.
% concl
su avv.
93,95%
100,00%
62,50%
100,00%
Job creation
Azioni
Azioni
Azioni
Programmate Avviate Concluse
% concl
su prog.
% concl
su avv.
Genova
86
50
44
51,16%
88,00%
Imperia
10
8
7
70,00%
87,50%
La Spezia
12
8
6
50,00%
75,00%
Savona
30
28
27
90,00%
96,43%
Formazione per laureati
Azioni
Azioni
Azioni
Programmate Avviate Concluse
% concl
su prog.
% concl
su avv.
Genova
14
12
12
85,71%
100,00%
Imperia
8
7
6
75,00%
85,71%
La Spezia
16
14
12
75,00%
85,71%
Savona
15
12
12
80,00%
100,00%
•
Programma Triennale dei Servizi per l’Impiego, delle Politiche
Formative e del Lavoro
pagina 39 •
•
Le linee di indirizzo per la programmazione 2003/2005
•
Obbligo scolastico e formativo
Azioni
Azioni
Azioni
Programmate Avviate Concluse
% concl
su prog.
% concl
su avv.
Genova
439
421
404
92,03%
95,96%
Imperia
80
72
60
75,00%
83,33%
La Spezia
82
56
50
60,98%
89,29%
Savona
96
76
65
67,71%
85,53%
Formazione di orientamento
Azioni
Azioni
Azioni
Programmate Avviate Concluse
% concl
su prog.
% concl
su avv.
Genova
20
20
13
65,00%
65,00%
Imperia
4
4
4
100,00%
100,00%
La Spezia
33
30
26
78,79%
86,67%
Savona
13
13
13
100,00%
100,00%
Progetti integrati
Azioni
Azioni
Azioni
Programmate Avviate Concluse
% concl
su avv.
Genova
586
535
390
66,55%
72,90%
Imperia
29
26
20
68,97%
76,92%
La Spezia
56
50
42
75,00%
84,00%
Savona
56
51
48
85,71%
94,12%
67
67
Reg. Liguria
•
% concl
su prog.
Programma Triennale dei Servizi per l’Impiego, delle Politiche
Formative e del Lavoro
pagina 40 •
•
•
Le linee di indirizzo per la programmazione 2003/2005
Work experiences
Azioni
Azioni
Azioni
Programmate Avviate Concluse
% concl
su prog.
% concl
su avv.
Genova
14
14
11
78,57%
78,57%
Imperia
5
5
5
100,00%
100,00%
La Spezia
0
0
0
Savona
13
13
9
69,23%
69,23%
Inoltre, nell’ottica del miglioramento del sistema, sono stati realizzate le
seguenti sperimentazioni a regia regionale :
ANNO 1999 - Finanziamenti P.O.M. Ministero del Lavoro: Parco Progetti ed
Azioni innovative
•
Progetto “Formazione integrata nell’apprendistato”: inerente la sperimentazione
formativa rivolta agli apprendisti dell’artigianato
•
Progetto “La formazione per l’apprendistato per le imprese
sperimentazione formativa rivolta agli apprendisti dell’artigianato
•
“Progetto interregionale per lo sviluppo dei sistemi portuali” condotto in raccordo
con la Regione Emilia Romagna – la Regione Toscana – la Regione Friuli Venezia
Giulia, e mirato allo sviluppo della formazione manageriale in ambito portuale
•
Progetto “Oltre la Siepe” rivolto ai ristretti e finalizzato alla messa a sistema di
una modalità integrata di formazione e di inserimento lavorativo
•
Progetto “Crea impresa”, condotto in raccordo con la Regione Friuli Venezia Giulia
nell’ambito del Programma Operativo “Parco Progetti : una rete per lo sviluppo
locale” approvato dalla Commissione Europea nel 97, mirato allo sviluppo di una
nuova modalità formativa per la nascita di nuove imprese e la messa a sistema
del modello sperimentato
artigiane”:
Finanziamenti Comunitari
•
Piano sperimentale “Euro 2000”: Piano formativo per il settore del commercio,
programmato e verificato in raccordo con le Parti Sociali, articolato in un primo
momento di rilevazione ed analisi dei bisogni delle imprese ed un secondo
momento, gestito a livello provinciale, di realizzazione di azioni di formazione
breve che ha interessato oltre 1000 imprese
•
Programma Triennale dei Servizi per l’Impiego, delle Politiche
Formative e del Lavoro
pagina 41 •
•
Le linee di indirizzo per la programmazione 2003/2005
•
•
Progetto sperimentale “Master in gestione di impresa per le cooperative sociali”,
iniziativa di formazione continua rivolta ai quadri delle cooperative per il
miglioramento delle capacità di programmazione-gestione
•
Progetto sperimentale “Formazione continua nella portualità ligure”, mirato allo
sviluppo della formazione in ambito portuale, con particolare attenzione al
problema della sicurezza e dell’ambiente
•
“Programma generale di intervento rivolto al personale sanitario della Liguria”,
formazione continua mirata all’apprendimento linguistico, per la parte specifica
del linguaggio del settore sanitario, e della comunicazione interculturale
ANNO 2000 - Finanziamenti Statali (Legge 413/97) e Comunitari
•
“Programma multiregionale per la formazione e l’occupazione nell’industria
cantieristica e navalmeccanica”; è un Piano formativo cofinanziato da Legge
statale per il settore della cantieristica e da fondi regionali, finalizzato allo sviluppo
di competenze operative del settore
•
“Piano straordinario per la qualificazione della manodopera per la cantieristica
navale spezzina”: si tratta di Piano formativo cofinanziato da Legge statale per il
settore della cantieristica e da fondi regionali, finalizzato allo sviluppo di
competenze operative del settore
ANNO 2001 - Finanziamenti comunitari
•
Piano regionale sperimentale “Informatica per la terza età”: iniziativa
sperimentale per l’inclusione sociale, finalizzata al reinserimento di persone di età
superiore ai 60 anni, mediante l’utilizzo dell’informatica
•
Progetto interregionale “College marittimo ligure toscano”, iniziativa di
specializzazione rivolta ai diplomati degli Istituti nautici, condotta in raccordo con
la Regione Toscana, e finalizzata a promuovere le professioni marino-marittime
Si ritiene opportuno mettere in evidenza gli elementi di trasferibilità, in termini
di metodologia o di contenuti, di alcune sperimentazioni sopra indicate
I progetti sperimentali per l’apprendistato hanno portato alla realizzazione di n°
12 CD Rom, suscettibili di essere messi a sistema, che riguardano i principali profili
professionali dell’artigianato in Liguria e sono il risultato di una metodologia
innovativa basata sull’autoformazione e la formazione a distanza.
L’idea a base del progetto “Informatica per la terza età” è che un buon livello di
competenza nell’utilizzo delle nuove tecnologie può allontanare il rischio di
isolamento sociale ed aprire un ventaglio di possibili applicazioni, dal reinserimento
nella vita attiva, all’utilizzo di teleservizi, alla risocializzazione.
•
Programma Triennale dei Servizi per l’Impiego, delle Politiche
Formative e del Lavoro
pagina 42 •
•
•
Le linee di indirizzo per la programmazione 2003/2005
Il progetto “Informatica per la terza età” ha interessato 590 persone, e la sua
rispondenza a bisogni presenti sul territorio è dimostrata dalle oltre tremila domande
presentate nel 2002, evidenziando l’opportunità di considerare fasce di utenti prima
non esaminate adeguatamente in sede di rilevazione dei bisogni.
Rispetto agli esiti occupazionali, la loro rilevazione si è fermata al 1999. A
partire dal 1998, infatti, il sistema formativo è stato ampiamente articolato ed
allargato ad interventi di integrazione per occupati, il che ha portato ad un
cambiamento del sistema nazionale di rilevazione del placement attualmente ancora
in fase di sperimentazione.
Ultimata la sperimentazione, la Regione Liguria provvederà ad una rapida
applicazione di metodologia ed indicatori al sistema regionale ligure, attesa la
importanza, ai fini sia programmatori che di monitoraggio e valutazione complessiva
delle azioni realizzate, che la Regione assegna ad una rilevazione puntuale e svolta in
tempi ravvicinati.
Per quanto riguarda la realizzazione del Programma Triennale 1999-2001 per la
parte inerente i servizi per l’impiego ne è stata disciplinata la costituzione con la
legge regionale n.27/1998 che ha stabilito la loro integrazione con le politiche
formative e del lavoro.
La programmazione regionale di tali servizi, come definita nell’ambito del
programma triennale 1999 – 2001 dei servizi per l’impiego, delle politiche formative e
del lavoro, ha riguardato le linee guida del sistema e le aree strategiche di
intervento: orientamento, osservatorio sul mercato del lavoro, sistema informativo
regionale integrato per l’occupazione, sistema di comunicazione.
Si riporta di seguito il quadro complessivo degli stanziamenti previsti nel triennio
1999-2001 suddivisi per tipologia d’intervento e fonte di finanziamento.
•
Programma Triennale dei Servizi per l’Impiego, delle Politiche
Formative e del Lavoro
pagina 43 •
•
•
Le linee di indirizzo per la programmazione 2003/2005
Fonte
Regione
Stato
Unione Europea
Tipologia
Realizzazione, manutenzione e aggiornamento del sistema
informativo regionale integrato per l'occupazione e per il
collegamento e la manutenzione delle banche dati
Sviluppo della cooperazione
Funzionamento dell'Osservatorio sul Mercato Lavoro
Orientamento professionale
Promozione della legge regionale 14/8/1995 n. 41
Interventi della legge regionale 14/8/1995 n. 41
Stanziamento
246.910,17
433.823,80
192.638,42
429.175,68
619.748,28
4.906.340,54
Piano di innovazione dei sistemi formativi (legge 12/11/1988, n.
492)
Fondo nazionale per il diritto al lavoro dei disabili (legge
12/3/1999, n. 68)
Fondo Nazionale per l’Occupazione
Reimpiego del personale con qualifica dirigenziale e sostegno alla
piccola impresa
Finanziamento dell'Agenzia Liguria Lavoro per il proprio
funzionamento
Funzioni conferite in materia di mercato del lavoro ai sensi del
decreto legislativo 23/12/1997 n. 469
1.531.036,48
Spese finanziate dall'Unione Europea/F.S.E. per la realizzazione
della Misura A1 dell’Obiettivo 3
9.094.867,00
3.001.158,54
2.433.085,34
31.819,94
2.675.246,74
799.028,42
Nella definizione delle modalità attuative del programma sono state indicate le
modalità di integrazione del sistema regionale dei servizi per l’impiego con le politiche
formative e del lavoro e le modalità di integrazione delle competenze delle Province,
degli altri enti locali e delle altre istituzioni attive nel mercato del lavoro.
Sono stati anche delineati - in modo descrittivo - gli standard di erogazione dei
servizi relativi alle diverse tipologie di utenza, gli standard dei centri per l’impiego, i
criteri per l’individuazione dei servizi specialistici, gli obiettivi per la riqualificazione del
personale i criteri per la programmazione delle attività dell’Agenzia Liguria Lavoro, i
criteri ed i parametri per l’assegnazione dei fondi alle Province e per la ripartizione tra
le diverse tipologie di iniziative.
Inoltre la Regione ha provveduto alla individuazione dei criteri per la
distribuzione territoriale dei centri per l’impiego, che da 10 sono passati a 13 a
seguito della recente apertura di nuove sedi nell’area genovese, e alla individuazione
del marchio e del sistema di identificazione dei servizi per l’impiego.
Il processo di attuazione del sistema dei servizi per l’impiego nel triennio 1999 2001 si è potuto avvalere delle risorse progettuali, operative e finanziarie del Piano di
innovazione del sistema di orientamento finanziato nell’ambito della legge 492/88,
che è stato adeguatamente riformulato per corrispondere alle nuove esigenze.
•
Programma Triennale dei Servizi per l’Impiego, delle Politiche
Formative e del Lavoro
pagina 44 •
•
•
Le linee di indirizzo per la programmazione 2003/2005
In particolare è stato possibile intraprendere una importante azione di
formazione e aggiornamento del personale che ha impegnato tutti gli operatori
trasferiti dallo Stato alle Province con l’impiego di risorse finanziarie del Fondo Sociale
Europeo della precedente programmazione per l’anno 2000 e della nuova
programmazione per l’anno 2001.
Il Piano, che si è concluso alla fine del 2001, ha consentito l’attuazione di
interventi di assistenza tecnica alla rete dei servizi, di costruzione del sistema
informativo, di formazione aggiornamento e riqualificazione degli operatori e di
ricerca e sperimentazione di metodologie.
L’attuazione dei servizi per l’impiego si è altresì avvalsa delle risorse del Fondo
Sociale Europeo 2000 - 2006 Obiettivo 3 - Misura A1.
La Regione attraverso specifiche disposizioni attuative ha messo a bando per i
primi due anni del P.O.R. risorse ingenti destinate alla costruzione della rete delle
strutture dei centri per l’impiego (immobili, arredi, impianti tecnologici) delle
Amministrazioni Provinciali, nonché per la attuazione delle prime attività innovative.
Le risorse del P.O.R. - Misura A1 - sono state altresì destinate ad interventi
regionali soprattutto rivolti a costituire un sistema di informazione-comunicazione in
materia di lavoro - denominato “iolavoro” (pubblicazioni a stampa settimanali e
mensili, portale, telegiornale sul lavoro, trasmissione televisiva di testi, inserti
settimanali sulla stampa quotidiana) la cui gestione è stata affidata all’ente
strumentale regionale Agenzia Liguria Lavoro.
In questa fase sono stati rilevati alcuni aspetti problematici, difficoltà o lacune
del sistema che così si riassumono;
•
stato di degrado delle sedi di servizio dei Centri per l’Impiego ereditato dallo
Stato;
•
non completa utilizzazione di tutte le potenzialità rappresentate dall’ente
strumentale regionale;
•
mancato avvio a regime del sistema informativo del lavoro previsto dall’art. 10 del
decreto legislativo 469/97. Lacuna che permane nonostante la sottoscrizione di
una specifica convenzione tra Ministero del Lavoro e Regione Liguria e che
investe non solo la Regione Liguria ma l’intero insieme dei servizi per l’impiego a
livello nazionale.
•
mancanza di un supporto informatico comune con il sistema scolastico per la
completa realizzazione del dettato della legge 181/2000 sull’obbligo formativo
•
Programma Triennale dei Servizi per l’Impiego, delle Politiche
Formative e del Lavoro
pagina 45 •
•
•
Le linee di indirizzo per la programmazione 2003/2005
E’ stata, inoltre, data disciplina e finalizzazione alla Agenzia Liguria Lavoro, Ente
strumentale istituito con la legge regionale n° 27/98, puntualizzandone la mission ed
arrivando ad organizzare la sua attività con budget specifici e mirati che assicurano la
trasparenza gestionale.
Rispetto infine alla promozione occupazionale, va ricordato che nell’applicazione
della legge regionale n. 41/1995 ha influito il tipo di comunicazione curata dalla
singola Provincia ed, inoltre, si sono evidenziate rigidità e difficoltà di adattamento
alle mutate esigenze regionali, difficoltà che hanno indotto la Regione a predisporre
un disegno di legge, recentemente approvato dalla Giunta regionale, sulla
promozione occupazionale.
A titolo indicativo, rispetto agli interventi in base alla legge regionale n° 41/95,
pur con differenti gradazioni nei diversi ambiti provinciali, le domande presentate
dagli utenti si è maggiormente distribuita sulle seguenti tipologie d’intervento.
Apprendisti
1999
2000
2001
Totale
Genova
212
159
113
484
Imperia
27
21
42
90
La Spezia
183
222
113
518
Savona
59
30
7
96
Totale
481
432
275
1188
Auto
Imprenditor
ialità
1999
2000
2001
Totale
Genova
164
256
248
668
Imperia
67
46
30
143
La Spezia
77
115
50
242
Savona
47
59
25
131
Totale
352
476
353
1184
•
Programma Triennale dei Servizi per l’Impiego, delle Politiche
Formative e del Lavoro
pagina 46 •
•
•
Le linee di indirizzo per la programmazione 2003/2005
Contratti
Formaz –
Lavoro
1999
2000
2001
Totale
Genova
63
53
45
484
Imperia
11
2
18
90
La Spezia
89
31
13
518
Savona
46
11
3
60
Totale
209
97
79
385
Esperienze
su luoghi di
lavoro
1999
2000
2001
Totale
Genova
377
479
484
1.340
Imperia
190
142
296
628
La Spezia
37
76
65
178
Savona
43
34
11
88
Totale
647
731
856
2.234
Progetti
Integrati
1999
2000
2001
Totale
Genova
56
36
18
110
Imperia
9
8
1
18
La Spezia
0
8
11
19
Savona
5
6
4
15
Totale
70
58
34
162
Le risorse finanziarie disponibili per gli interventi disciplinati dalla Legge
regionale 41/95 si sono ridotte da 3,5 miliardi di lire del 1999 a 3 miliardi per
ciascuna delle annualità 2000 e 2001 e sono state complessivamente utilizzate
secondo quanto indicato nella seguente tabella:
•
Programma Triennale dei Servizi per l’Impiego, delle Politiche
Formative e del Lavoro
pagina 47 •
•
•
Le linee di indirizzo per la programmazione 2003/2005
Risorse
Risorse
impegnate
%
impegnato
Genova
2.968.523,85
2.799.536,72
94,31%
Imperia
554.290,73
560.119,95
101,05%
La Spezia
743.802,96
701.623,43
94,33%
Savona
639.722,99
751.018,70
117,40%
Totale
4.906.340,54
4.812.298,80
98,08%
3.3.
Le prospettive
Pur tenendo presente che la programmazione 2003 - 2005 si colloca in un
quadro ancora in forte evoluzione, sia a livello regionale sia nazionale, l’analisi del
contesto socio-economico e normativo già fornisce alcuni elementi cruciali di
riflessione per la programmazione in atto.
In sostanza emerge ancora chiaramente:
• da un lato la presenza di condizioni e contraddizioni strutturali che incidono
sullo sviluppo dell’occupazione, rispetto alle quali le politiche per l’impiego e
della formazione possono svolgere un ruolo importante
• dall’altro le ancora limitate presenze di dispositivi di intervento immediato
sull’offerta, in grado di garantire alle persone in cerca di lavoro una gamma di
servizi che ne rafforzino e ne potenzino le capacità di scelta e le possibilità di
inserimento nel mercato del lavoro.
Le scelte del programma prendono spunto proprio da tali esigenze e si
esprimono in quattro obiettivi prioritari:
¾ aumentare il contenuto di occupazione della crescita economica, facendo
coincidere l’azione preventiva con la creazione di nuove imprese e la loro
crescita dimensionale;
¾ accrescere le opportunità occupazionali dei gruppi sottorappresentati nel
mercato del lavoro, integrando azioni sia sul lato della domanda sia dell’offerta
e migliorando il finanziamento del sistema.
¾ innalzare la capacità di risposta del sistema regionale attraverso una
diffusa azione di formazione degli operatori ed azioni sperimentali capaci di
trasferire modelli e metodologie innovative a tutto il sistema
•
Programma Triennale dei Servizi per l’Impiego, delle Politiche
Formative e del Lavoro
pagina 48 •
•
•
Le linee di indirizzo per la programmazione 2003/2005
¾ innalzare il livello qualitativo degli interventi, sia a seguito del costante
aggiornamento degli operatori sia determinando standards e procedure di
accreditamento
Dare riscontro a tali obiettivi richiede un’unione di idee e di azioni, una
rappresentazione uniforme all’utente degli obiettivi che si vogliono perseguire, e
quindi una strategia chiara e forte .
3.4.
La strategia regionale
La strategia adottata dalla Regione, le linee guida alla base del sistema
regionale delle politiche formative e del lavoro si possono pertanto delineare in
cinque direttrici, di cui due trasversali nel senso che sono presenti in ogni tipologia
d’intervento e tre “verticali” che potremmo definire le parole chiave della nuova
programmazione:
•
Lo sviluppo del ruolo di governo che implica, alla luce del nuovo quadro
istituzionale derivante dalla riforma del titolo V della Costituzione, la formulazione
di strategie interregionali al fine di mantenere la Liguria su standards europei
realizzando sinergie e interazioni, con l’Unione Europea e con altre Regioni, capaci
di aggiungere plus valore agli interventi regionali e di meglio rispondere alle
aspettative del territorio ligure
Il ruolo di governo, inoltre, si fonda sul miglioramento della capacità di gestione
del sistema Ciò richiederà, sulla base dell’esperienza maturata in questi anni, una
chiara definizione del ruolo e delle responsabilità degli attori del programma e dei
compiti/competenze spettanti ad ogni soggetto del sistema regionale con il fine di
assicurare unità di indirizzo sul territorio; una implementazione delle funzioni di
controllo e vigilanza in capo alla Regione anche mediante la costituzione e
l’utilizzo di strutture strumentali;
•
la centralità dell’utente intesa sia come capacità da parte della Regione di dare
risposta ai bisogni formativi ed occupazionali di tutti i cittadini, sia come punto
centrale di riferimento per la riorganizzazione dei servizi.
Tale principio richiede modificazioni anche profonde nelle logiche e nelle tecniche
di programmazione, progettazione, gestione e valutazione dei servizi.
La centralità dell’utente implica anche che l’azione delle strutture sia valutata dal
punto di vista dell’utente, o quantomeno anche da questo e non solo in base a
criteri interni, necessariamente autoreferenziali. Implica soprattutto che la rete dei
servizi sia progettata in funzione delle esigenze dell’utente, non già che questi
debba costruire percorsi, spesso difficili e tortuosi, per adattare alla rigidità delle
strutture i propri bisogni. Con il rischio, purtroppo reale, che i bisogni individuali
•
Programma Triennale dei Servizi per l’Impiego, delle Politiche
Formative e del Lavoro
pagina 49 •
•
•
Le linee di indirizzo per la programmazione 2003/2005
siano letti dai loro stessi portatori in chiave distorta, per renderli compatibili con le
strutture esistenti.
Queste due linee direttrici sono, come sopra detto, trasversali a tutti gli interventi.
•
L’integrazione tra il sistema dell’istruzione, il sistema della formazione
professionale e il mondo del lavoro la cui separazione potrebbe essere motivo di
disagio per gli utenti e causa di sprechi di risorse.
La Legge 28 marzo 2003, n. 53 (c.d. Legge Moratti) , abrogando la Legge 9/99 e con
essa l’obbligo scolastico, stabilisce il principio secondo cui è assicurato a tutti “il
diritto – dovere all’istruzione e alla formazione professionale per almeno dodici anni
o, comunque, sino al raggiungimento di una qualifica entro il diciottesimo anno di
età”.
La Regione Liguria, titolare della competenza in materia di istruzione e formazione
professionale, in attuazione della Legge 53/2003 e in attesa dei decreti attuativi della
stessa, si impegna a “ridisegnare” il mondo della formazione professionale,
predisponendo un nuovo sistema integrato di istruzione e formazione professionale,
sperimentale e di durata triennale, al termine del quale gli allievi conseguiranno una
qualifica professionale riconosciuta a livello nazionale e corrispondente almeno al
secondo livello europeo (decisione del Consiglio 85/368/CEE).
Tali percorsi di qualificazione professionale, anche nell’ottica di una efficace e mirata
azione di prevenzione, contrasto e recupero degli insuccessi, della dispersione
scolastica e degli abbandoni, sarà caratterizzata da curricula formativi e da modelli
organizzativi volti a consolidare e ad innalzare il livello delle competenze di base, a
sostenere i processi di scelta dello studente in ingresso, in itinere e in uscita dal
percorso formativo e la sua conoscenza del mondo del lavoro.
La Regione, nel confronto con le Istituzioni, gli Enti Locali e le Parti Sociali, adotterà
atti e strumenti per rendere operativo questo nuovo sistema di istruzione e
formazione professionale al fine di dare continuità e circolarità alle fasi di
apprendimento dello studente e di permettere passaggi e rientri tra il sistema
dell’istruzione e quello della formazione professionale (e viceversa) così come
previsto nella normativa di riforma..
•
un innalzamento della qualità dei servizi (dalla quantità alla qualità).
L’attenzione alla qualità non richiederà solo una migliore centratura sull’utente dei
servizi offerti, ma anche continui feedback da parte dell’utenza sulla adeguatezza
degli interventi, l’avvio quindi di un monitoraggio costante in grado di confrontare
•
Programma Triennale dei Servizi per l’Impiego, delle Politiche
Formative e del Lavoro
pagina 50 •
•
•
Le linee di indirizzo per la programmazione 2003/2005
le attività svolte alle esigenze che le hanno motivate, la costruzione di un sistema
di valutazione dei risultati ed i suoi riscontri con i bisogni iniziali.
L’innalzamento della qualità significa, inoltre, integrare l’attenzione agli aspetti
formali con analoga se non superiore attenzione alle modalità ed ai contenuti dei
servizi.
A fianco quindi dell’avvio di un sistema di certificazione di processo e di
accreditamento delle strutture, alla rivisitazione delle procedure, occorre
intervenire sulle risorse umane e strutturali per adeguarle costantemente in un
processo di miglioramento continuo
Qualità significa anche una forte finalizzazione degli interventi all’inserimento sul
mercato del lavoro (dalla lotta alla disoccupazione all’incremento
dell’occupazione) e la definizione di un ampio processo per un apprendimento
lungo l’intero arco della vita (lifelonglearning) al fine di aumentare la occupabilità
delle persone
•
l’attenzione al sociale, inteso come miglioramento delle condizioni di vita e di
lavoro delle fasce deboli (anziani, disabili, donne, nuove povertà …) ed
agevolazione all’economia sociale vista come fucina di nuova imprenditorialità ed
occasione per intervenire in ambiti non coperti dallo Stato e dal mercato.
E’, quindi, opportuno predisporre strumenti e servizi specifici per il sostegno delle
fasce deboli così come per lo sviluppo dell’imprenditoria sociale anche nella logica
di favorire il consolidamento e la strutturazione tecnica, economica ed operativa
delle imprese sociali, anche attraverso appositi strumenti agenziali .
3.4.1. La nascita delle strategie interregionali
Occorre prendere atto che tra le sfide poste alla regionalizzazione delle politiche
del lavoro, della formazione e dell’orientamento, oltre che dalla riforma nazionale in
atto dei servizi per l’impiego, va raccolta anche quella che impone un nuovo rapporto
tra le Regioni e lo sviluppo dal basso di azioni comuni.
Il passaggio ad un ruolo di maggiore protagonismo del livello regionale e ad
uno di semplice coordinamento del livello nazionale richiede, infatti, che si attribuisca
adeguata importanza ed attenzione al coordinamento tra le diverse regioni per la
definizione di strategie comuni in una molteplicità di campi.
A fronte di un centralismo che faticava a dare risposte adeguate, in termini di
tempi e di azioni, al mutare dei bisogni indotti dai cambiamenti socio-economici, il
regionalismo mentre da un lato assicura maggior rispondenza ai bisogni locali,
•
Programma Triennale dei Servizi per l’Impiego, delle Politiche
Formative e del Lavoro
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•
•
Le linee di indirizzo per la programmazione 2003/2005
dall’altro potrebbe comportare il rischio di sistemi fra loro non comunicanti con
duplicazioni di sperimentazioni e possibili disagi per i cittadini.
Basti qui citare il sistema di accertamento e certificazione delle competenze, la
disseminazione delle buone prassi, le metodologie per lo sviluppo locale, aree di
intervento che dovranno coniugare l’esaltazione delle peculiarità regionali alla libera
circolazione dei lavoratori sul territorio nazionale (oltre che europeo), al diritto di
accesso alle informazioni, alla libera concorrenza ecc.
In questo senso i progetti multiregionali richiedono la messa in comune tra più
Regioni di risorse progettuali ed operative di un certo impegno e la definizione di
strategie progettuali e di percorsi operativi che nascano dall’incontro di esperienze
nate in situazioni diverse ma legate da una finalità ed obiettivi comuni.
Si intendono, quindi, per progetti interregionali quei progetti collocati in reti
regionali o subregionali a valenza regionale e/o territoriale che perseguono obiettivi
formativi, occupazionali e di sviluppo economico sociale
Avendo attenzione al fatto che la Liguria ha storiche interconnessioni con altre
Regioni, a partire dai flussi produttivi derivanti dal sistema dei porti per giungere
all’alto tasso di lavoratori e studenti pendolari, l’interregionalità diviene un asse
strategico nel processo di adeguamento ed ammodernamento del sistema.
Nella formulazione di strategie interregionali, si evidenzia che la Regione Liguria
si può collocare in una posizione di continuità, di patrimonializzazione e di ulteriore
sviluppo di iniziative parzialmente realizzate nel precedente triennio sui temi
dell’orientamento e dei trasporti/portualità.
Più in particolare sull’orientamento, si precisa che si intende avviare una
iniziativa che costituirà una nuova importante esperienza di collaborazione attraverso
le tecnologie informatiche e telematiche in cui la Regione Liguria, in virtù della
propria consistente esperienza in materia di sistemi informativi e divulgativi per
l’orientamento ed il lavoro e del ruolo di coordinamento già assunto in materia, può
essere riconosciuta come Regione capo-fila.
Il progetto, in fase di predisposizione, mira a costruire un sistema di scambio e
di arricchimento reciproco tra le amministrazioni, gli operatori, le strutture ed i
destinatari dei servizi e realizza inoltre una banca-dati interregionale dei corsi di
formazione professionale rivolta a diffondere, ai potenziali beneficiari, tutte le
informazioni necessarie di aiuto alla decisione e alla presentazione della candidatura.
Per quanto concerne un progetto interregionale sui porti, la Regione Liguria
intende proseguire e sviluppare la cultura della prevenzione e della sicurezza nel
lavoro portuale nonché i temi della gestione dell'ambiente negli ambiti portuali e
quello della intermodalità e della logistica nella pianificazione interregionale, con
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Le linee di indirizzo per la programmazione 2003/2005
particolare attenzione alla portualità turistica che costituisce per la Liguria e tante
regioni italiane un’occasione importante di sviluppo economico/produttivo.
Premessa importante sarà pertanto sia la capitalizzazione e la messa a sistema
delle esperienze già maturate, con il fine di realizzare una vera e propria “Università
delle professioni del mare”, sia di perseguire nuovi importanti obiettivi quali la
nautica da diporto e lo sviluppo di competenze elevate in grado di accedere alle
informazioni comunitarie in materia trasportistica, di individuare le risorse finanziarie
che l'Unione Europea rende disponibili sui vari temi legati ai trasporti e alla portualità,
e di divulgarle a favore degli operatori del sistema porti.
Infine in funzione del traguardo “Genova capitale europea della cultura nel
2004”, che vede la Regione Liguria attiva non soltanto nella promozione di eventi ma
anche impegnata a definire e sperimentare nuovi assetti del “sistema cultura” con
interventi strutturali e durevoli, la Regione Liguria sta valutando l’opportunità della
realizzazione di un Piano Interregionale Cultura - Turismo che miri particolarmente
all’adeguamento delle competenze operanti nel settore delle attività culturali e della
valorizzazione e promozione culturale e turistica.
Il Piano interregionale potrebbe essere collegato ad un progetto di dimensione
europea (promosso nell’ambito del programma Interreg III c), che preveda scambi
tra le diverse esperienze di Città già sedi europee della Cultura.
Questi tre progetti costituiscono la base di partenza per l’elaborazione di una
strategia che si arricchirà anche in stretta connessione con l’evoluzione sia del
contesto normativo istituzionale sia del quadro economico – sociale, e che coprirà
l’arco temporale di questo Programma.
3.4.2. La centralità dell’utente
Si tratta di un principio che ispira sia la riforma dei Fondi Strutturali che i
documenti di programmazione ligure. Questo principio rappresenta, inoltre, un forte
elemento di continuità tra il nuovo ciclo di programmazione triennale delle politiche
formative, dell’orientamento e dei servizi all’impiego e la programmazione regionale
dei fondi comunitari per il periodo 2000-2006.
La centralità dell’utente riveste un’importanza prioritaria nelle politiche regionali
e costituisce la principale cerniera tra gli orientamenti politici generali
dell’Amministrazione e le ricadute di tali orientamenti sulle strutture e sui servizi che
tali orientamenti sono destinati a tradurre in interventi e azioni concrete.
Nel successivo paragrafo si considerano quindi esplicitamente le principali
ricadute sul sistema delle linee guida contenute in questo documento, mentre nel
seguito ci si limita ad evidenziare la logica complessiva che dovrà presiedere al
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recepimento del principio della centralità dell’utente nei diversi atti programmatori e
d’indirizzo della Regione.
Procedendo secondo una logica ispirata a detta centralità, una prima risposta
deve essere costituita dall’importanza strategica assegnata al piano di
comunicazione.
Una seconda risposta è costituita dall’integrazione tra le diverse misure, da
attuarsi a livello sia progettuale che applicativo. Infatti, non basta trovare il giusto
mix d’interventi per ogni specifico utente: si tratta di un obiettivo importante e al
quale rivolgere la massima attenzione. Ma questo obiettivo è sostanzialmente
irraggiungibile se non ci si preoccupa, a livello progettuale, di prevedere già percorsi
preferenziali d’integrazione tra misure in relazione a specifici target di utenza.
Questo vale sia per gli utenti multiproblematici, che assommano cioè bisogni
diversi, rispetto ai quali una soluzione parziale è di solito inefficace, sia per utenti
portatori di singoli specifici problemi, che necessitano tuttavia di una soluzione
“personalizzata”; in entrambi i casi non si tratta solo di rispettare integralmente le
esigenze dell’utenza, anche se questa sarebbe già da sola una ragione sufficiente. Si
tratta altresì di ottimizzare il rendimento dei singoli interventi, accrescendone
l’efficacia anche dal punto di vista dell’operatore pubblico e non solo da quello del
singolo utente.
Un valido esempio del primo caso (utente multiproblematico) è costituito dalla
necessità di unire interventi formativi ad azioni di accompagnamento di carattere
assistenziale per il reinserimento lavorativo di donne con pesanti carichi familiari; un
esempio del secondo (utente che richiede una personalizzazione del servizio) è
costituito dagli interventi di job creation, che debbono curare la personalizzazione
non solo e non tanto della parte formativa (standardizzabile a livello di fasce d’utenza
specifiche), ma soprattutto la parte di costruzione del business plan e di
accompagnamento allo start-up e che non possono prescindere da un forte e
sistematico collegamento con il mondo imprenditoriale.
Una terza risposta, che viene meglio articolata nel successivo paragrafo, è
costituita dalla necessità di ripensare alla luce della centralità dell’utente la
riorganizzazione delle strutture e i processi di erogazione dei servizi. Non siamo,
fortunatamente, all’anno zero su questo punto, perché il processo di riorganizzazione
dei servizi per l’impiego e di ristrutturazione delle sedi di offerta formativa sono già in
vario grado e misura orientati in questo senso. Non c’è dubbio, tuttavia, che questo
processo vada sollecitato e guidato con vigore, accompagnandolo con le eventuali
opportune incentivazioni. Quel che preme in questa sede rilevare è che la centralità
dell’utente, al pari della prospettiva del miglioramento continuo, richiede a tutti gli
operatori di dotarsi di una forma mentis diversa dal passato e di ripensare anche gli
aspetti più ovvi del loro lavoro alla luce di questo principio.
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L’attuazione della centralità dell’utente si concretizza nelle seguenti direttrici :
A. Il riordino del sistema, che va dall’effettiva integrazione delle funzioni
(orientamento, formazione, accompagnamento all’inserimento al lavoro ecc.)
al superare le barriere territoriali nella fruizione dei servizi all’utente, dal
miglioramento delle rilevazioni dei reali bisogni presenti sul territorio
all’ampliamento dei servizi, da un più efficace sistema di informazione (piano
di comunicazione) ai cittadini ed alle imprese sulle opportunità esistenti o
programmate per giungere alla semplificazione delle procedure, offrendo in tal
modo un sistema flessibile, di facile accesso, trasparente nelle sue procedure,
affidabile rispetto ai suoi interventi.
B. La diversificazione e l’incremento qualitativo dei servizi personalizzati,
dall’orientamento permanente ai voucher per servizi anche sotto forma di
consulenza individuale, dall’incoraggiare interventi per la creazione di servizi
accessibili e di qualità per la custodia dei figli e l’assistenza delle persone a
carico non autosufficienti al fine di favorire l’occupazione femminile, alla
predisposizione di percorsi preferenziali d’integrazione tra misure in relazione a
specifici target di utenza, aumentando così la capacità del sistema di
rispondere adeguatamente alla pluralità di situazioni e dei reali bisogni
dell’utente finale
C. L’adozione pratica del concetto di cliente interno, in forza del quale i clienti
delle politiche formative e del lavoro non sono solo gli individui (occupati e
disoccupati) e le imprese, ma anche le strutture formative e per l’impiego, le
Amministrazioni pubbliche, gli operatori dei servizi. Ne consegue la necessità
di prestare maggior attenzione alle componenti (Clienti interni) del sistema,
rilevando i loro bisogni, avendo attenzione al loro grado di soddisfazione e
rendendoli effettivamente corresponsabili del raggiungimento degli obiettivi
condivisi. In tale ottica gli interventi a loro favore, dall’ammodernamento delle
strutture sino alla formazione degli operatori, non vengono più visti come
potenziamento di strumenti, bensì come risposta adeguata ai vari bisogni in
un sistema integrato e multi client.
D. La flessibilizzazione dei percorsi formativi al fine di personalizzarli e renderli
rispondenti sia alle reali esigenze dell’utente sia al suo livello iniziale di
conoscenze e competenze.
Nel campo di servizi quali sono quelli delle politiche della formazione e del
lavoro, la centralità dell’utente comporta anche una corresponsabilità del cliente
rispetto al raggiungimento dell’auspicato grado di soddisfazione, in quanto nessuna
azione può essere totalmente efficace senza un’effettiva collaborazionecoinvolgimento dell’utente/cliente.
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In effetti, mettere a disposizione sofisticati strumenti di ricerca attiva del lavoro
per un’utenza/cliente non coinvolto, istruito tecnicamente e responsabilizzato in
modo costante e serio in merito al proprio percorso professionale, si rivela
un’operazione costosa e di scarsa efficacia.
Analogamente, per fare un esempio riferito al “cliente interno”, l’attivazione di
corsi di aggiornamento per operatori quando la loro struttura di appartenenza poi li
impiega in funzioni differenti ed improprie rispetto a quelle per le quali
l’aggiornamento è stato progettato e realizzato costituisce uno spreco di risorse ed
un fattore di demotivazione di questi operatori rispetto ad altre iniziative di sviluppo
professionale
Il principio della responsabilizzazione porta anche ad una importante
conseguenza rispetto alle modalità ed ai criteri per una più attenta valutazione in
itinere ed ex post dei processi avviati e dei risultati raggiunti
Rispetto alla soddisfazione dell’utente finale, cioè del beneficiario dei servizi,
senza nulla togliere all’importanza di continui feed back da parte sulla adeguatezza
degli interventi, sarà necessario implementare dette informazioni con quelle
provenienti dai clienti interni, realizzando una metodologia integrata e completa di
valutazione incrociata propria di un sistema a rete, ove ciascuna fonte convalida
l’altra o ne evidenzia lacune e parzialità.
Al fine di dare concretezza al principio sopra esposto, si propongono le due seguenti
azioni chiave.
AZIONE CHIAVE: LA FLESSIBILIZZAZIONE DEI PERCORSI FORMATIVI
Il concetto di centralità dell’utente trova come immediata conseguenza l’esigenza di
flessibilizzare i percorsi formativi, evitando che una persona debba impiegare parte del suo tempo per
acquisire competenze già ben possedute.
Questo concetto, che è alla base dei crediti formativi, del riconoscimento degli acquis (intesi
come competenze/abilità acquisite per esperienze o fuori dai canali formativi ufficiali) e del bilancio
delle competenze, comporta una vera e propria rivoluzione della organizzazione degli interventi
formativi, sino ad oggi basati su percorsi predeterminati ed obbligatori sia in termini di tematiche che
di ore di frequenza.
In termini concreti questo significa che l’utente potrà “entrare” anche dopo un certo numero di
ore o essere “esonerato” dal frequentare certi momenti formativi.
La prima conseguenza pratica, ai fini dell’applicazione del principio, è quello della ridefinizione
della disciplina relativa alle “assenze” senza la quale da un lato si riconosce il diritto allo “esonero” e
dall’altro si vincola il rilascio della qualifica ad una percentuale ben definita di ore di presenza.
La Regione provvederà a ridefinire la materia nel più generale contesto della riforma della
disciplina dell’organizzazione delle attività corsuali.
La flessibilizzazione dei percorsi formativi non si esaurisce soltanto con l’applicazione del
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Le linee di indirizzo per la programmazione 2003/2005
riconoscimento delle competenze.
Una reale flessibilizzazione comporta :
- l’intervenire sui tempi della formazione, che non necessariamente debbono essere un
unicum
- il creare le condizioni organizzative affinché l’utente possa comporre il proprio
percorso formativo, scegliendo unità formative e componendole in relazione al proprio
progetto d’inserimento o di progressione lavorativa.
E’ ormai cosa accettata da tutti che le qualifiche ed i profili professionali raramente
corrispondono in toto a quelle che sono le competenze richieste in uno specifico posto di lavoro, e
che nella maggioranza delle situazioni si rende necessario una implementazione.
Questo approccio richiede da un lato che l’utente, aiutato se del caso dagli operatori dei servizi
di orientamento, formuli un progetto di formazione finalizzato a specifiche occasioni di lavoro, cioè
contestualizzato, e dall’altro che la struttura formativa sia organizzata in modo da rispondere
adeguatamente a questo progetto.
Per il sistema formativo ligure significa operare una vera e propria trasformazione della
organizzazione dell’offerta formativa, passando dai “corsi” alle “unità capitabilizzabili”, prevedere la
possibilità di gruppi di utenti diversi anche numericamente nei singoli moduli abbandonando la logica
del gruppo che è sempre lo stesso durante tutto il corso, ipotizzando momenti di interruzione ecc.
Oltre che sul versante dell’organizzazione della struttura e delle metodologie didattiche, questo
approccio comporta una radicale modifica di tutto l’impianto delle regole sulla attuazione e la
rendicontazione delle attività formative trovando la compatibilità fra la flessibilità necessaria per
rispondere alle esigenze dell’utente e la certezza sulla corretta attuazione degli interventi realizzati
con risorse finanziarie pubbliche.
Conseguentemente la Regione, nel confronto con i soggetti attuatori delle politiche formative,
provvederà entro l’avvio del prossimo anno formativo alla riforma della disciplina dell’organizzazione
delle attività corsuali.
AZIONE CHIAVE: INTRODUZIONE DEL LIBRETTO FORMATIVO INFORMATIZZATO PER IL RICONOSCIMENTO
DELLE COMPETENZE
Tra le sfide poste al sistema pubblico di servizi formativi e d’inserimento lavorativo c’è quella,
ripresa anche recentemente dal D.M. 174, concernente la certificazione integrata delle competenze
(siano esse acquisite nell’ambito della formazione, del lavoro o dell’autoapprendimento) e della loro
conversione in crediti formativi.
Si tratta di adempimenti dai quali dipende non solo la libera circolazione dei lavoratori nell’area
comunitaria, ma anche la possibilità di avviare davvero un percorso di educazione e formazione lungo
l’intero arco della vita.
I processi e gli strumenti di certificazione contribuiscono infatti ad assegnare valore alle scelte
formative dei soggetti e ad avviarli lungo percorsi d’apprendimento con la consapevolezza della loro
spendibilità professionale.
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Tali adempimenti permetteranno, inoltre, il definitivo superamento di una concezione delle
modalità di apprendimento secondo la quale ciò che si apprende viene utilizzato nel lavoro, ma non
viceversa; trasferire l’enfasi dalla forma (i percorsi formativi ufficiali) al bagaglio personale del
soggetto (esperienze, formazione in canali riconosciuti legalmente, autoformazione) comporta il
riconoscimento e la certificazione delle competenze cui si deve accompagnare la loro traduzione in
crediti formativi.
Il lavoro viene riconosciuto a tutti gli effetti fonte di apprendimento di pari
dignità, al pari dell’istruzione scolastica.
Accanto a tale azione di sistema, andrà sperimentato anche un libretto formativo
informatizzato, capace di tradurre la centralità dell’utente anche nelle modalità di certificazione dei
suoi percorsi formativi e professionali: non come sommatoria delle tracce lasciate in diverse banche
dati, ma come sintesi a costante disposizione del soggetto e da questo sempre aggiornabile ed
utilizzabile con valore di documento ufficiale.
Nella realizzazione del libretto formativo informatizzato, per quanto attiene il riconoscimento
delle competenze, appare opportuno avere come riferimenti la scheda professionale prevista dai
decreti legislativi n.181/2000 e n.297/2002, il progetto del MIUR sulla Competence Card, nonché il
Curriculum Vitae Europeo già precedentemente citato.
Peraltro, considerata la delicatezza della materia anche in considerazione della legge sulla
privacy, appare necessario approfondire preliminarmente i vari aspetti relativi ad una corretta
individuazione dell’organismo gestore di questo nuovo servizio, ed ai dati che, in rispetto della legge,
sono inseribili.
3.5.
Le priorità di intervento e le azioni conseguenti
Nel contesto della strategia già illustrata. e nell’ottica sopra individuata di
interagire in un percorso in parte già delineato ed in parte in fase di evoluzione (per
cui interverranno strumenti annuali della Giunta regionale), la Regione definisce le
priorità e gli obiettivi da perseguire nel medio periodo.
All’interno delle priorità vengono individuate anche alcune azioni chiave, che
vengono illustrate in carattere corsivo e di dimensione minore per facilitare la lettura.
Esse traducono in termini operativi la funzione assegnata al nuovo Triennale, di
punto di snodo tra le più ampie strategie regionali in tema di sviluppo economico e
occupazionale e le specifiche attività già descritte e finanziate dal P.O.R. o da altri
provvedimenti nazionali e regionali. Tali azioni chiave, oltre che costituire un campo
d’impegno prioritario della Regione, intendono esemplificare anche le modalità
d’integrazione attorno all’utente delle diverse misure e azioni in cui si articolano gli
interventi regionali.
Le azioni chiave potranno essere realizzate sia aggregando le risorse già messe
a disposizione dal P.O.R. per i diversi interventi, sia dedicando a questo fine risorse
nazionali e regionali specifiche. Il loro elenco non è esaustivo e potranno essere
aggiornate, integrate e specificate con ulteriori provvedimenti di carattere attuativo.
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3.5.1. Dalla lotta alla disoccupazione all’incremento dell’occupazione
Uno degli obiettivi della politica del Governo rispetto al mercato del lavoro in
Italia è costituito dall’innalzamento del tasso di occupazione della popolazione
italiana. Già si è detto che tale obiettivo riveste un rilievo particolare nel caso ligure,
per due ordini di ragioni, entrambe di carattere strutturale.
La prima è di tipo demografico; è noto lo sbilanciamento della popolazione
verso le classi di età più avanzate e la conseguente minore consistenza, rispetto ad
altre aree del Paese, della fascia in età lavorativa: alla fine del 1999 in Liguria il
64,9% di residenti era incluso nella fascia 15-64 anni, contro il 68,5% del Nord
Ovest. In aggiunta, gli anziani con oltre 64 anni d’età erano pari al 24,7% del totale,
contro il 19,06% del Nord Ovest e i giovani al di sotto dei 15 anni al 10,44% contro il
12,44%. Dunque, anche se per ogni fascia d’età si registrasse lo stesso tasso di
occupazione, in Liguria si avrebbe comunque una quota di occupati minore rispetto
alle altre aree del Paese; la minor consistenza dei giovani e, soprattutto, la maggior
consistenza degli anziani, tende inoltre ad accentuare nel tempo questo squilibrio.
La seconda è di tipo occupazionale. L’accentuato dualismo e le forti rigidità del
mercato del lavoro ligure registrate fino agli anni ottanta hanno infatti privilegiato le
fasce centrali (maschi adulti compresi fra i trenta e i cinquant’anni) e penalizzato
altre componenti; in particolare, i giovani e le donne. Per altre fasce, quali i
cinquantenni, hanno invece operato in modo negativo gli ammortizzatori sociali, che
ne hanno favorito un’uscita precoce dal mercato del lavoro o, perlomeno, da quello
ufficiale. L’intreccio perverso di politiche sociali e politiche passive del lavoro, nonché
la particolare struttura del terziario (in particolare di quello rivolto alla persona)
hanno inoltre favorito un’espansione del sommerso ancora tutta da analizzare e
comunque tale da deprimere ulteriormente i tassi di occupazione e di attività
regionali.
Fattori demografici ed occupazionali possono nel loro intreccio favorire
ulteriormente dinamiche negative nel mercato del lavoro: ad esempio, donne escluse
dall’offerta di lavoro per esigenze di assistenza ad anziani in famiglia; diffusione di
domanda di servizi alla persona a basso livello professionale e ad alta incidenza di
lavoro sommerso (stime nazionali propongono quote dell’80% di lavoro sommerso
all’interno dei servizi domestici - cfr. Libro Bianco ), ecc..
La diffusione di strumenti di flessibilizzazione del mercato e di servizi capaci di
far incontrare realmente la domanda e l’offerta sono certamente cruciali per
accrescere l’occupazione, al pari delle misure destinate a rafforzare e ampliare
l’imprenditorialità, di cui si dirà oltre.
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Ma al di là di un uso intelligente degli strumenti di politica attiva ormai
consolidati, occorre definire specifici target di popolazione rispetto ai quali sviluppare
politiche mirate di ampliamento delle opportunità di lavoro o di emersione.
Ci si riferisce in larga misura a target già bene identificati nelle
“Raccomandazioni” dell’Unione Europea all’Italia: le donne, in particolare quelle che
intendono riprendere l’attività lavorativa dopo interruzioni dovute a ragioni familiari; i
cinquantenni con difficoltà di reinserimento lavorativo; gli occupati irregolari e nel
sommerso, che in Liguria è molto frequente nei servizi alle famiglie; i giovani cui
difficoltà di orientamento o deficit di professionalità impediscono uno stabile
inserimento lavorativo; i disoccupati di lunga durata, i pensionati o prepensionati in
grado di fornire un importante contributo lavorativo o imprenditoriale.
Va da sé che gli interventi a supporto di queste o altre fasce di offerta andranno
coordinati con altri, rivolti allo sviluppo dell’imprenditorialità privata e sociale.
Si tratta del resto di un’applicazione al caso ligure di alcuni principi bene
evidenziati dai provvedimenti governativi sul mercato del lavoro in Italia: considerare
gli interventi a favore della fuoriuscita dal sommerso e a sostegno dello sviluppo
occupazionale come strategie interconnesse e non alternative, intervenire sulla
“difficoltosa transizione scuola-lavoro dei giovani”, favorire la prosecuzione
dell’attività degli individui al di sopra dei 50 anni d’età.
Azioni chiave: In ragione di quanto sopra, si propongono due azioni chiave, ritenute
determinanti per innalzare il tasso di occupazione delle fasce per le quali esso è al di
sotto della media nazionale in termini più consistenti.
AZIONE CHIAVE: INNALZARE IL TASSO DI OCCUPAZIONE DEGLI ULTRACINQUANTENNI
Una delle fasce occupazionali maggiormente a rischio, in oggi, è rappresentata dai lavoratori
“over 50”, in particolare quelli con grado di professionalizzazione medio – basso.
Occorre, infatti, ricordare che il tasso totale di occupazione nella classe d’età 55 – 64 anni nel
2001 era in Italia del 28%, ben distante dai target europei, e che l’obiettivo espresso nel NAP 2002 è
di elevarlo al 40% nel 2005.
Il fatto che il problema non sia solo italiano, e ligure, è dimostrato dall’inserimento di questa
tipologia di persone nella definizione comunitaria di “lavoratore svantaggiato” al fine della concessione
di aiuti all’assunzione6
Fra le raccomandazioni fatte dall’Unione agli Stati membri a seguito del Consiglio Europeo di
Stoccolma vi è quella di elaborare politiche di invecchiamento attivo volte ad aumentare la capacità
dei lavoratori più anziani di restare il più a lungo possibile parte della forza lavoro.
Questa priorità ricomprende sia i soggetti privi di occupazione sia quelli il cui stato
occupazionale è “a rischio”, sia per difficoltà aziendali sia per loro obsolescenza professionale rispetto
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Regolamento comunitario n° 2204/2002 del 12/12/2002 sugli aiuti di Stato a favore dell’occupazione
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alle innovazioni tecnologiche, come nel caso di impiegati e quadri amministrativi e gestionali che – in
caso di perdita dell’attuale posto di lavoro – hanno una “occupabilità” presso altre imprese
quantomeno problematica.
Per la componente femminile la situazione si presenta particolarmente
difficile.
Va, infatti, considerato che il reinserimento appare particolarmente difficoltoso per gli ex
lavoratori ricompresi in questa fascia d’età stante che per un’Azienda il costo, a parità di competenze
possedute, risulta superiore a quello di un giovane neo assunto.
Una recente ricerca condotta in Francia sui quadri over 50 ha evidenziato che il tempo loro
occorrente per trovare occupazione è oltre il doppio di quello necessario per un giovane e che le
offerte di lavoro riguardano solo per il 2,5% persone di quella fascia d’età.
Appare evidente che occorre intervenire per favorire l’incontro fra domanda ed offerta
approfondendo, anche, la possibilità di attivare incentivi economici a valere sulla Misura A3 Obiettivo 3
FSE, anche alla luce del nuovo Regolamento comunitario sugli aiuti di Stato a favore dell’occupazione
che consente un aiuto per le assunzioni in misura non superiore al 20% su un periodo di due anni
successivi all’assunzione7.
Ad esempio, in Francia viene applicato un aiuto all’assunzione di persona di più di 55 anni che
vede un finanziamento pari al 40% del salario del primo anno e decresce sino al 20% nel terzo anno.
Oltre che alla leva degli incentivi economici, verrà fatto ricorso agli interventi più direttamente
rivolti ad adeguare le competenze delle persone alle nuove richieste del mondo del lavoro :
orientamento, bilancio delle competenze, formazione, counselling, empowerment.
Nella progettazione di tali interventi occorrerà considerare che il target cui ci si riferisce è
caratterizzato da un’autostima professionale intaccata dalla combinazione della perdita di lavoro e
dell’età, ed è quindi necessaria una “presa in carico” ed un accompagnamento di tipo individuale.
Gli interventi, inoltre, dovranno essere integrati ed in un percorso condiviso dal soggetto che è
chiamato ad avere un ruolo attivo, anche a seguito delle disposizioni previste dalla legge di riforma del
collocamento ordinario.
Per i soggetti occupati, le cause di questa problematicità sono riscontrabili nella necessità,
dell’impresa, di investire in formazione per aggiornare le loro competenze professionali a fronte di una
“utilità” limitata nel tempo
Le linee d’intervento possono essere individuate in :
¾
¾
¾
¾
¾
intervenire a sostegno dell’impresa affinché possa utilizzare il lavoratore in un altro ruolo,
quale quello di tutor aziendale a sostegno dell’inserimento di giovani
sostenere l’impresa nel valutare il portafoglio di competenze del lavoratore in modo da poterlo
destinare ad altra mansione, eventualmente previo un percorso di aggiornamento
favorire l’utilizzo dei congedi formativi in modo che il lavoratore possa adeguare le proprie
competenze professionali
favorire l’utilizzo, da parte del lavoratore, del bilancio di competenze
dare attuazione al riconoscimento degli acquis inerenti sia le attività lavorative sia azioni di
formazione (compresa l’autoformazione) svolte nel proprio percorso professionale
Gli strumenti per attuare queste linee sono :
‰
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l’attivazione di corsi per svolgere la funzione di tutors aziendali
Regolamento comunitario n° 2204/2002 sugli aiuti di Stato a favore dell’occupazione – art. 5
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‰
l’attivazione a favore delle imprese di un servizio, presso i Centri per l’impiego o con essi
convenzionato da parte di strutture aventi i requisiti che saranno definiti dalla Regione, di
valutazione del portafoglio delle competenze
‰
lo sviluppo del Piano “Informatica per la terza età” prevedendo una differenziazione dei livelli
di formazione ed indirizzo dei corsi
‰
l’individuazione di possibili incentivi, la cui forma sarà decisa dalla Giunta Regionale con
apposito provvedimento, per la fruizione di un bilancio di competenze presso una struttura
convenzionata con la Regione; in termini operativi ogni lavoratore, avente più di 50 anni ed
un’anzianità di lavoro di almeno cinque anni, o avente più di 55 anni e privo di lavoro, potrà
usufruire di tale servizio una volta ogni quattro anni.
‰
azioni formative per operatori di Centri per l’impiego finalizzate a fornire le competenze
specifiche per favorire l’incontro fra domanda ed offerta relativamente ad “over 50” ed in
particolare ai quadri. Tale intervento potrà svilupparsi, nell’ambito di un progetto regionale,
anche tramite collaborazioni con analoghe realtà francesi in modo da dare adeguate risposte
alla specificità occupazionale del ponente ligure.
‰
l’ampliamento, come già visto, del concetto di orientamento a interventi a favore di persone
già occupate ricomprese nella fascia 55 – 64 anni, finalizzati sia al miglioramento della loro
posizione professionale sia a favorire una transizione morbida dal lavoro alla pensione
‰
collegato al punto precedente, è l’eventualità di prevedere la concessione di incentivi alle
imprese che avviano programmi di pensionamento “morbido” attraverso forme di part time,
collaborazione post pensione, impiego per una certa parte di tempo di lavoro come “tutors” di
neo assunti, purchè dette forme siano compatibili con la legislazione pensionistica ecc.
AZIONE CHIAVE: INNALZARE I TASSI DI OCCUPAZIONE DEI GIOVANI AL DI SOTTO DEI 29 ANNI E LE
OPPORTUNITÀ DI REINSERIMENTO LAVORATIVO PER I DISOCCUPATI ADULTI
Il basso tasso di occupazione dei giovani liguri non è dovuto solo alla diffusa scolarizzazione,
che peraltro non sempre corrisponde alle aspirazioni e potenzialità dei giovani e funge quindi
parzialmente da “parcheggio”, ma anche alla carenza di occasioni di contatto dei giovani con il mondo
del lavoro e di concrete esperienze professionalizzanti.
Non si deve inoltre ignorare l’esistenza di fasce particolarmente a rischio, in quanto
caratterizzate, a volte congiuntamente, da bassa scolarità, situazioni di disagio o di deprivazione
sociale, difficoltà d’apprendimento, disoccupazione di lunga durata e espulsione dal sistema produttivo
a seguito di crisi aziendali.
Si tratta dunque, da un lato, di attivare misure integrate con le politiche sociali e con il diretto
coinvolgimento del sistema produttivo (in particolare delle PMI), al fine di aumentare
significativamente l’occupabilità di tali fasce; dall’altro lato, di favorire, per i giovani a media ed alta
scolarità, una maggiore facilità di acquisire esperienze di lavoro sia all’interno del percorso scolastico
(tirocini professionalizzanti), sia a margine dello stesso (stage estivi), sia all’interno di percorsi di
orientamento che prevedano un temporaneo inserimento lavorativo come propedeutico alla definitiva
scelta circa la prosecuzione o meno degli studi e l’indirizzo da seguire.
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Le linee di indirizzo per la programmazione 2003/2005
Anche in questo caso potranno essere sostenute in modo più accentuato le azioni svolte in zone
Obiettivo 2 e in integrazione con le politiche sociali e di lotta alla povertà, nonché quelle integrate con
il sistema scolastico e con l’Università. In aggiunta ai tradizionali interventi formativi per giovani
diplomati e laureati, sarà importante attivare percorsi di avvio al lavoro che permettano alle persone
ed alle aziende che li assumono momenti di “prova e confronto”, privilegiando quindi interventi
formativi brevi e generali seguiti da periodi medio lunghi di work experiences in azienda, attuate con il
supporto e la supervisione di tutor esterni.
Per la concretizzazione di quanto sopra esposto, si prevede :
Tirocini formativi e di orientamento
Introdotti con la legge 196/97, i tirocini di formazione ed orientamento sono diventati un
prezioso strumento di politica del lavoro al punto che nel Patto per lo Sviluppo del 1998, si prevedeva
che “ Governo e Parti Sociali concordano sulla necessità di estendere i tirocini formativi in tutti i
percorsi di istruzione e formazione come strumento indispensabile di raccordo fra formazione e lavoro”
Il tirocinio ha la duplice valenza di “realizzare momenti di alternanza tra studio e lavoro
nell’ambito dei processi formativi e di agevolare le scelte professionali mediante la conoscenza diretta
del mondo del lavoro”8
Il tirocinio, grazie alla sua durata che a seconda dei casi può variare da 4 a 12 mesi (e fino a 24
mesi per i portatori di handicap) ed al fatto che non costituisce rapporto di lavoro sembra rispondere
alle esigenze delle imprese.
La Regione deve, peraltro, assicurare la compatibilità fra i bisogni delle imprese e le necessità
dei tirocinanti.
Le imprese richiedono in via principale flessibilità, procedure amministrative semplici, assenza di
costi aggiuntivi.
I tirocinanti richiedono un valore formativo intrinseco all’esperienza, una
durata che sia commisurata all’obiettivo formativo ed orientativo, possibilità di
trovare - in futuro lavoro presso quella Azienda.
Il progetto formativo deve, quindi, assumere reali connotati di crescita professionale ed una
“spendibilità” effettiva rispetto al mercato del lavoro.
I.F.T.S.
Con l’istituzione degli IFTS (Istruzione e Formazione Tecnica Superiore)9 si è voluto raggiungere
un doppio obiettivo; da un lato formare figure di tecnici e professional in grado di operare in settori di
produzione e di servizi caratterizzati da elevata complessità tecnologica ed organizzativa, dall’altro lato
contribuire alla messa a sistema delle competenze dei diversi soggetti che intervengono nel campo
dell’istruzione e della formazione realizzando la logica dell’integrazione.
Nel sistema italiano dell’istruzione e della formazione l’IFTS si posiziona nel segmento post
secondaria, dando risposta ad una esigenza sinora inevasa e che è stata alla base dell’incremento di
iscrizioni all’Università cui ha fatto seguito l’abbandono degli studi da parte di una elevata percentuale
8
9
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D.M. 142/98 art.1
Legge 17/5/99 n° 144 art. 69
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Le linee di indirizzo per la programmazione 2003/2005
di studenti il cui progetto di inserimento lavorativo era rapportato a figure professionali che non
richiedevano l’intero ciclo universitario.
Anche l’IFTS è oggetto di una normativa in continua evoluzione, e recentemente è stato siglato
un Protocollo tra le Regioni ed il Ministero dell’Istruzione ed Università che stabilisce le competenze
che un tecnico superiore deve possedere nonchè le modalità di valutazione dei risultati; prevede
inoltre l’istituzione di un organismo che valuterà l’efficacia degli standard e degli obiettivi formativi.
L’IFTS si basa su una partnership tra Università, istituti scolastici,formazione professionale ed
imprese, cui possono partecipare anche gli Enti locali, che non si limita alla sola fase progettuale, ma
che accompagna l’intero intervento tramite un Comitato tecnico scientifico di progetto composto da
rappresentanti di tutti i soggetti partners ed attuatori
L’I.F.T.S. è, dunque, sia uno strumento di lotta alla dispersione scolastica sia un momento di
integrazione reale fra i vari soggetti formativi
E’ consequenziale che per la Regione Liguria l’IFTS, che concorre con proprie risorse,
costituisca un importante momento sia per accelerare l’ingresso dei giovani nel mondo del lavoro, sia
per riqualificare chi già possiede esperienze lavorative, sia per consolidare il dialogo e la collaborazione
fra sedi educative e formative ed il mondo del lavoro.
Proprio per l’importanza che la Regione attribuisce all’IFTS, si pone l’esigenza di assicurarne
l’alto livello qualitativo mediante :
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la concretizzazione del principio di accesso anche per coloro che non sono in
possesso del Diploma di Scuola Secondaria Superiore, tramite il
riconoscimento degli acquis
l’obbligo dell’accreditamento per tutte le strutture formative ed educative partecipanti alla
partnership
la spendibilità in ambito universitario dei crediti formativi maturati nell’IFTS, da raggiungere
mediante protocollo fra Regione ed Università
l’effettiva rispondenza dei corsi IFTS a bisogni del mondo del lavoro, da dimostrare da parte
dei proponenti mediante convenzioni già stipulate con le imprese per la realizzazione (una
volta approvato il progetto) degli stage per almeno il 30% del monte ore dell’intervento e in
posizione coerente con le finalità formative
Work experiences
Le work experiences, ossia le esperienze sui luoghi di lavoro, si basano su una misura
innovativa di politica del lavoro prevista nel P.O.R. Obiettivo 3 per il 2000 – 2006 e consistono
principalmente in periodi di alternanza tra attività di studio e di lavoro da realizzarsi al di fuori dei
consueti corsi di formazione.
Questa azione, che a differenza dei tirocini formativi fa riferimento ad un progetto della persona
e non a fabbisogni aziendali, non implica un rapporto di lavoro se non alla fine dell’intervento ed è
finalizzata all’aumento delle competenze di giovani ed adulti disoccupati attraverso una esperienza
guidata di lavoro presso imprese che si dichiarano disponibili ad evidenziare il loro fabbisogno di
professionalità ed a organizzare percorsi professionalizzanti.
10
Memorandum sull’istruzione e la formazione permanente, 2000
Relazione della Commissione “gli obiettivi futuri e concreti dei sistemi d’istruzione” 2001
12
Decreto del Ministero del Lavoro ndel 31/5/01
13
Programma di lavoro della Commissione sul follow up circa gli obiettivi dei sistemi di istruzione e formazione
in Europa
11
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Le linee di indirizzo per la programmazione 2003/2005
Particolarità delle work experiences è il combinato di attività formative, di
esperienze lavorative e di contributi economici sia ai disoccupati (nel periodo di
esperienza lavorativa) sia alle imprese per l’assunzione a tempo indeterminato.
La sperimentazione è stata avviata a fine 2002 con il progetto regionale “1000
disoccupati al lavoro” i cui esiti positivi saranno utilizzati per una successiva messa a
sistema
Anche in questo caso, le Parti Sociali ed in particolare le Organizzazioni dei
datori di lavoro, hanno contribuito in misura importante rispetto alla sensibilizzazione
delle imprese.
Acquisizione di competenze di base
L’evoluzione tecnologica da un lato ed il progressivo completarsi della Società europea, che
consente la concretizzazione del principio della libera circolazione dei lavoratori, hanno portato la
Commissione Europea10 a definire le nuove competenze di base come le competenze indispensabili
alla partecipazione attiva nella società e nell’economia dell’informazione e della conoscenza, pur
sottolineando come “dato il ritmo sempre più accentuato dei mutamenti a livello sociale ed
economico… occorre continuamente ridefinire il concetto di competenze di base e adattarlo
regolarmente ai mutamenti”11
L’acquisizione delle competenze di base diviene momento fondamentale per assicurare
l’occupabilità e, conseguentemente, innalzare i tassi di occupazione dei giovani al di sotto dei 29 anni
e le opportunità di reinserimento lavorativo dei disoccupati adulti.
In questa ottica la Regione Liguria esaminerà le misure più opportune per tradurre in pratica il
diritto del cittadino alla formazione essenziale, ivi compresa la possibilità di concedere dei
voucher formativi da “spendere” presso le strutture accreditate.
Accanto alla alfabetizzazione digitale ed alla conoscenza della lingua straniera, la Commissione
ha rilevato l’importanza delle competenze sociali, quali la fiducia in sé, l’autodeterminazione, la
capacità di assumere rischi che portano le persone ad acquisire sempre maggior autonomia e spirito
imprenditoriale.
Giova ricordare che per competenza s’intende “un insieme strutturato di conoscenze e di abilità,
di norma riferibili a specifiche figure professionali, acquisibili attraverso percorsi di formazione
professionale e/o esperienze lavorative, e/o autoformazione”12
La Regione Liguria, che già aveva espresso consenso rispetto all’impostazione comunitaria,
intende darle concreta applicazione introducendole nelle attività sia di formazione che di orientamento.
Competenze trasversali
Il costante adeguamento delle attività lavorative determina il fatto che le capacità professionali
risultino, da sole, insufficienti.
La complessità dell’organizzazione del lavoro, la diversificazione delle mansioni che i lavoratori
sono chiamati a svolgere all’interno delle loro mansioni, il diffondersi dell’esigenza del lavoro in gruppo
e/o su progetti comportano che i lavoratori debbano possedere competenze non solo tecniche ma
anche relazionali quali il sapersi integrare nel lavoro di squadra, la capacità di adattamento, la capacità
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di trovare adeguate soluzioni alle varie problematiche.
Pare inopportuno prevedere specifici moduli formativi (salvo che in attività ove il possesso di
queste competenze siano di particolare rilevanza per l’esercizio del mestiere) ma si ritiene di doverne
favorire l’acquisizione mediante applicazione di metodologie didattiche attive e l’adozione di
comportamenti, da parte dei formatori e degli orientatori, che ne favoriscano l’acquisizione.
Alfabetizzazione informatica
La trasformazione tecnologica della Società attuale è caratterizzata dal diffondersi
dell’informatica in ogni attività, sia lavorativa che extralavorativa, basti pensare alla diffusione di
Internet per le connessioni interpersonali fra i giovani o alla sempre crescente importanza che le
banche dati rivestono nel lavoro quotidiano.
La mancanza di conoscenza quantomeno delle nozioni di base dell’informatica sta diventando la
“nuova ignoranza”, fattore di emarginazione o di ulteriore ostacolo rispetto al mondo del lavoro.
Coerentemente con l’obiettivo della occupabilità, la Regione Liguria, in applicazione di quanto
previsto in sede di P.O.R. Obiettivo 3 per il 2000 – 2006, ha già inserito nelle attività formative un
modulo di alfabetizzazione informatica.
Apprendimento delle lingue straniere
“La conoscenza delle lingue fa parte delle competenze di base richieste dall’Europa; in linea di
massima, tutti dovrebbero essere in grado di parlare due lingue straniere”13
Questa linea è stata recepita nel NAP 2002 e nelle linee nazionali di riforma del sistema
educativo e formativo nelle quali si prevede l’insegnamento, oltre che dell’italiano, di due lingue
comunitarie : dai sei anni la prima e dagli undici la seconda.
Tale conoscenza, che permette di comunicare con gli altri cittadini europei, assume ancor più
importanza per l’occupazione in vari comparti economici e produttivi quali il commercio internazionale,
il turismo, l’informatica, oltre ad essere fondamentale per la mobilità sia degli studenti che dei
lavoratori.
In assonanza con la risoluzione del Consiglio Europeo del febbraio 2002 ed anticipando la
riforma del sistema educativo, la Regione Liguria prenderà iniziative per incoraggiare le sedi formative
ad impiegare metodologie efficaci di apprendimento delle lingue straniere al fine di introdurre in ogni
percorso formativo un modulo di lingue straniere atto a raggiungere quantomeno un livello conoscitivo
elementare.
In ogni corso per inoccupati di durata superiore alle 600 ore e che non sia specificatamente
rivolto ad una figura professionale per la quale la conoscenza delle lingue costituisca una competenza
essenziale, sarà obbligatorio lo svolgimento di un modulo di base la cui durata potrà variare fra le 24 e
le 40 ore a seconda del livello conoscitivo di base degli utenti.
Al fine del contenimento dei costi si cercherà di valorizzare al meglio l’utilizzo di pacchetti
multimediali, disponibili sul mercato, favorendone l’utilizzo anche al di fuori dei normali interventi
corsali.
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Le linee di indirizzo per la programmazione 2003/2005
3.5.2. Dalla quantità alla qualità
Non vi è dubbio sul fatto che l’attenuazione dell’emergenza occupazione debba
permettere anche un deciso spostamento di attenzione dalla quantità alla qualità
dell’occupazione.
In periodi di emergenza sono state, infatti, adottate politiche capaci magari di
fornire un sollievo immediato a situazioni talvolta anche esplosive, ma suscettibili nel
medio periodo di creare aree più o meno ampie di occupazione “assistita” (in modo
non sempre palese), incapace poi di uscire da questa situazione.
Quando il diritto al lavoro, costituzionalmente sancito, è stato letto come diritto
ad un’occupazione purché sia, sono stati magari attenuati i conflitti sociali, ma anche
create sacche d’inefficienza e depresse o scoraggiate potenzialità e creatività
individuali.
Per la verità questo meccanismo ha operato anche dal lato dell’offerta di lavoro:
non sono rari i casi in cui un percorso formativo, uno stage, un tirocinio, un lavoro
temporaneo, sono stati accettati non perché realmente rispondenti alle aspirazioni
individuali o ad un percorso professionalizzante consapevolmente scelto, ma per
avere “comunque” un’occasione di lavoro o di formazione.
Si tratta di un problema forse più diffuso di quanto si possa percepire
direttamente, che ha comportato sia un utilizzo non ottimale di risorse (finanziarie e
professionali), sia esperienze non positive da parte di molti soggetti, soprattutto
giovani.
Un orientamento più precoce e diffuso, che sappia rendere i diversi soggetti
protagonisti delle loro scelte lavorative e formative, è certamente essenziale per
avviare a soluzione il problema.
Si ritiene tuttavia che, oltre a formare un’offerta di lavoro più consapevole, si
debbano realizzare anche interventi formativi e di avvio all’impiego maggiormente
tarati sulle reali capacità, competenze ed aspirazioni delle persone, in particolare dei
giovani.
Si tratta in fondo di uno dei molti modi in cui si deve coniugare il principio della
centralità dell’utente, che sta alla base di questo Programma Triennale e che ispira il
P.O.R. Obiettivo 3 ligure per il periodo 2000 - 2006.
L’attenzione alla qualità non richiede solo una migliore centratura sull’utente dei
servizi offerti, ma anche continui feedback da parte dell’utenza sull’adeguatezza degli
interventi. Un monitoraggio continuo che non si può limitare a superficiali indagini di
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Le linee di indirizzo per la programmazione 2003/2005
customer satisfaction condotte a colpi di sondaggio, ma che deve essere in grado di
confrontare in modo credibile le attività svolte alle esigenze che le hanno motivate.
La qualità viene spesso fatta coincidere con le certificazioni di qualità, ma
questa è una visione limitata.
Un sistema coerente composto di vari agenti che collaborano allo sviluppo del
territorio in materia di politiche per l’occupabilità, necessita la messa in atto di un
insieme di procedure e pratiche che permettono il monitoraggio nonché il controllo
dell’efficienza/efficacia delle azioni rivolte a servire l’obiettivo di centralità dell’utenza.
In questa ottica e al fine di soddisfare il riassorbimento progressivo delle
diverse problematiche attinente all’attuale situazione socioeconomica locale, si rileva
una serie di punti determinanti per la realizzazione di un processo completo, coerente
e duraturo:
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Soddisfare le “ esigenze “ dei vari agenti coinvolti nel processo nonché quelle
relative al cliente/ utente finale.
Sviluppare maggiore fiducia e coinvolgimento nella partecipazione attività
all’insieme dei processi connessi alle attività da realizzare
Potenziare al fine di ridurre in termini di tempi, gli interventi di audit e
controllo al fine di ottimizzare i tempi necessari per la realizzazione degli
interventi vari.
Diminuire i costi inerenti ad un sistema di azioni di insufficiente qualità.
Mobilitare le risorse umane e tecnologiche che consentono il raggiungimento
degli obiettivi precisati
Predisporre in ogni struttura competente e operante nel sistema realizzato, un
archivio storico necessario alla gestione delle procedure o iniziative non
conforme al risultato scontato.
Favorire il rigore e la responsabilizzazione degli attori partecipanti al sistema
con seminari informativi e di sensibilizzazione o sotto tutt’altra forma di
incentivazioni.
Formalizzare ogni procedura o azione necessarie al raggiungimento degli
obiettivi definiti
Favorire la trasparenza delle procedure, delle azioni compiute nonché degli
obiettivi aspettati con piani di comunicazioni rivolti ad agenti e utenti coinvolti
nella realizzazione del sistema di efficienza dei servizi per una maggiore e più
efficace gestione delle problematiche territoriali legate all’occupazione.
Assicurare la perennizzazione e la padronanza della qualità del sistema creato.
Creare un osservatorio di prevenzione delle eventuali derive del sistema al fine
di monitorare e agire in breve tempo su di esse.
Garantire l’osservazione nonché l’ascolto delle variazioni dei bisogni, espliciti o
impliciti, emergenti e che richiedono aggiustamenti eventuali di certe
componenti ( procedure o azioni) del sistema al fine di rispondere in modo
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adeguato alle necessità dell’utenza e di conseguenza all’insieme del mercato
del lavoro.
Benché dunque la diffusione di sistemi di certificazione di qualità e di
accreditamento, di cui si dirà, sia certamente vitale per favorire il continuo
miglioramento della qualità degli interventi, va altrettanto chiaramente sottolineato
che nessuna certificazione di processo potrà mai sostituire la valutazione del risultato
e il suo riscontro con i bisogni iniziali.
L’attività di monitoraggio e valutazione, che è l’altra faccia della
programmazione, rappresenta la vera funzione tecnica esercitata dalla struttura
dell’Assessorato regionale ed è la base per un sistema di qualità ove per qualità non
si intenda solo il rispetto delle norme e procedure ma anche la rispondenza ai bisogni
di quell’utente che è al centro di questo Programma Triennale.
La sfida della qualità non si deve tuttavia limitare alla qualità degli interventi
realizzati dalla Regione. Deve sollecitare all’adozione di misure atte a promuovere la
qualità del lavoro, intesa, in accordo con le indicazioni della Commissione Europea
come possibilità di miglioramento continuo, per il lavoratore, sia all’interno di ogni
lavoro (prospettive di carriera, di crescita professionale, ecc.), sia all’interno del
mercato del lavoro, nel passaggio da un lavoro all’altro e nella costruzione di percorsi
professionalizzanti individuali.
Ferma restando la necessità di declinare il tema della qualità del lavoro in ogni sua
accezione e di prevedere quindi un orientamento in questo senso dell’insieme delle
politiche del lavoro regionali, si può in questa sede individuare un’azione chiave di
carattere prioritario:
AZIONE CHIAVE: PROMUOVERE LA FORMAZIONE CONTINUA
La formazione continua, che è quella promossa dalle imprese a favore dei loro addetti,
costituisce uno strumento indispensabile di continuo adeguamento delle professionalità dei lavoratori
alle esigenze delle imprese e del mercato.
La necessità di passare da una tutela del “posto” ad una tutela del lavoro, comporta la necessità
di stimolare non solo le imprese, ma anche i lavoratori, ad un costante monitoraggio dell’adeguatezza
della loro preparazione alle esigenze di un’economia in costante trasformazione e all’adozione di
conseguenti pratiche formative.
Per un territorio quale quello ligure il cui tessuto produttivo è costituito nella stragrande
maggioranza da piccole imprese, il tema della formazione continua è cruciale.
Come già esposto nel POR Obiettivo 3, la Regione – nella precedente programmazione - ha
dedicato risorse importanti per sviluppare e consolidare questo tipo di attività, talora con interventi
sperimentali ed innovativi, sostenuta da un forte ruolo delle Parti Sociali.
Le risorse finanziarie per la formazione continua sono rilevanti : oltre agli stanziamenti previsti
in leggi nazionali e quelli regionali, occorre ricordare che l’art. 118 della legge 388/2000 ha istituito i
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Fondi paritetici interprofessionali nazionali per la formazione continua, costituiti attraverso accordi
interconfederali, per far fronte alla velocità della nascita di innovazioni che generano obsolescenza
professionale.
La legge prevede Fondi per la formazione continua, alimentati dal contributo del 0,30% di cui
all’art. 25 della legge 845/78, nei settori dell’industria, del terziario, dell’agricoltura, dell’artigianato; si
è così aperto un canale di attività parallelo a quello ex Obiettivo 4 ed oggi Obiettivo 3 Misura D 1
Una volta che sarà avviato questo nuovo sistema, sarà necessario individuare forme di raccordo
tra Fondi interprofessionali gestiti dalle parti sociali e ruolo di programmazione della Regione, al fine di
evitare sovrapposizioni che generano sperpero di risorse.
In sede di POR Obiettivo 3 per il 2000 – 2006 la Regione Liguria ha voluto sottolineare
l’importanza che attribuisce alle PMI destinando ad esse “almeno il 60% del finanziamento pubblico
relativo alle attività formative che verranno attivate nella misura D1”.
Tuttavia, nonostante gli sforzi (anche finanziari) che la Regione Liguria ha fatto per favorire lo
sviluppo della formazione continua, la percentuale di imprese, piccole e medie, che utilizza queste
attività è ancora basso, pur avendo segnato un miglioramento rispetto al triennio precedente
Occorre, quindi, comprendere quali sono le difficoltà e gli ostacoli per lo sviluppo della
formazione continua nelle PMI, al fine di intervenire per ridurli se non eliminarli.
Una prima area di problematicità riguarda aspetti pratici.
Nelle piccole e medie imprese la rilevazione dei bisogni di adeguamento delle risorse umane
incontra molte difficoltà.
La prima difficoltà è, nella maggioranza dei casi, l’inesistenza (o l’approssimazione) di strategie
di sviluppo a medio-lungo termine, in quanto le Aziende sono per lo più focalizzate sul superamento di
problematiche presenti od attinenti l’immediato futuro, il che comporta che i bisogni formativi di cui
l’Impresa ha consapevolezza sono principalmente quelli di “ieri” o di “oggi”.In altre parole, pur senza
generalizzare, spesso la rilevazione dei fabbisogni formativi evidenzia ciò che si sarebbe dovuto fare e
non ciò di cui ci sarà bisogno.
La seconda difficoltà risiede, soprattutto nelle piccole imprese, nell’esigenza di specializzazione
ed al tempo stesso di polivalenza.
L’impiego degli addetti è fortemente condizionato (quando non determinato) dalle fluttuazioni
nelle esigenze produttive; i carichi di lavoro ed anche i contenuti di lavoro si modificano a seconda del
volume di ordini, dei tempi di consegna, ecc.
Ciò implica che la “professionalità” richiesta varia
rapidamente, così come rapidamente varia l’interesse e la disponibilità dell’Azienda verso la
formazione.
Inoltre, per le dimensioni dell’organico, le piccole imprese non possono attuare interventi
formativi specifici per il loro personale, sia per ragioni di costo sia per l’esigenza di mantenimento dei
livelli produttivi.
Sono, perciò, costrette (ed il discorso vale anche per parte delle medie imprese) a ricorrere ad
interventi pluriaziendali o interaziendali che, necessariamente, non possono rispondere alle specificità
dei bisogni della singola impresa.
La formazione, pertanto, è destinata a soddisfare solo parzialmente i bisogni rilevati.
La terza difficoltà è strettamente legata ai tempi burocratici, per la presentazione delle domande
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e per le istruttorie, che spesso sono troppo lunghi e non corrispondono ai tempi entro i quali le
imprese devono soddisfare i loro bisogni essenziali. La Regione, nel previsto intervento di
semplificazione delle procedure, dovrà dare un’adeguata risposta a questo problema.
Un altro ostacolo che merita approfondimento è quello generato dalla diffidenza delle imprese
verso la formazione professionale.
L’universo delle piccole aziende è caratterizzato dalla identificazione dell’imprenditore con la
impresa, nel senso che – nella maggioranza dei casi – è lui che possiede il know how su cui è
storicamente basato il core-business, vi è corrispondenza fra il suo “stile manageriale” ed i
comportamenti dell’impresa ecc.
In gran parte dei casi ed indipendentemente dal settore di attività, l’imprenditore è una persona
che “si è formata lavorando” e che unisce ruoli direttivi a ruoli di operatività diretta.
Questa premessa è necessaria per comprendere questa “diffidenza” che ha rilevanti effetti sulla
formazione.
Anche se, in sede di rilevazione dei bisogni, l’imprenditore esplicita necessità di formazione dei
propri addetti, in molti casi la formazione richiesta è finalizzata a risultati “limitati” nel senso che la
persona da formare non deve conseguire capacità che possano mettere in discussione la sua
leadership nella sua azienda o che raggiunga un know how superiore al suo.
Per superare questo ostacolo, la Regione Liguria può – avvalendosi anche del contributo degli
Enti bilaterali – avviare un processo di crescita dei piccoli imprenditori anche sul tema della formazione
continua intesa come un momento di un intervento più ampio a sostegno dei piccoli imprenditori che
va dall’aiutarli a “leggere il futuro” (comprendere l’evoluzione del mercato, capire i propri punti di forza
e di debolezza), all’accompagnarli nel processo di adeguamento - cambiamento con un mix di
formazione e consulenza (che permette la “personalizzazione” del trasferimento di know how) ed
infine assisterli nella fase di applicazione delle competenze - capacità acquisite tramite l’intervento
formativo.
Inoltre, nelle piccole imprese, data l’esiguità degli organici legata da un lato alla sopravvivenza
nel mercato e dall’altro all’esigenza del contenimento dei costi, ogni dipendente ha un ruolo
fondamentale ed è essenziale per il funzionamento dell’Azienda.
Formare adeguatamente (cioè specializzare o dare nuove competenze) un lavoratore comporta,
in molti casi e particolarmente in alcune aree lavorative, l’effettivo rischio che il dipendente possa
facilmente trovare lavoro altrove (ad esempio in una impresa concorrente ) a condizioni salariali
migliori, con un conseguente peggioramento per l’impresa che ha attivato l’intervento di formazione
continua.
Diviene imprescindibile il nesso fra motivazione del lavoratore e formazione, nella direzione di
rafforzare il senso di appartenenza all’azienda nel lavoratore in formazione.
Occorre, dunque, che l’azione formativa sia connotata da una logica di fidelizzazione che può
essere ottenuta con una progettazione che coinvolga sia l’imprenditore che il beneficiario
dell’intervento anche nella realizzazione e nel trasferimento in impresa delle competenze oggetto
dell’intervento formativo.
Da questa esigenza di fidelizzazione ne consegue l’inutilità di progetti formativi standardizzati
rispetto ai quali ricercare l’adesione delle imprese, e la necessità di avviare nuove modalità progettuali.
Un’attenzione specifica andrà accordata alla costruzione della società della informazione e della
conoscenza, ed al fatto che a questa sia orientata la formazione degli occupati. L’azione si colloca
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pertanto in stretta connessione con i pilastri dell’adattabilità e imprenditorialità e con le priorità
trasversali della società della conoscenza e dello sviluppo locale.
3.5.3. Dall’accreditamento alla qualità ed allo snellimento delle
procedure
Il sistema delle politiche del lavoro e di sostegno all’imprenditorialità vede
operare al proprio interno una pluralità di soggetti, pubblici, privati, misti, individuali
e collettivi, le cui logiche d’azione, i cui interessi, valori, norme di riferimento, sono
solo in parte convergenti, o coincidenti.
Si tratta inoltre di un sistema che si va rendendo sempre più complesso, in
ragione delle nuove norme nazionali, come ad esempio la legge delega sul lavoro ed
il D.lgs 297/02, e comunitarie che hanno, da un lato, aumentato sia gli attori che le
loro modalità d’integrazione, e, dall’altro lato, moltiplicato anche le sedi di
programmazione negoziata.
Occorre dunque saper valorizzare la ricchezza che questa complessità comporta
senza mortificarla in controlli burocratici e riduttivi, ma neppure senza lasciare privo
di tutela l’utente, segnatamente quello più debole o meno informato, e privo di
riscontri l’Ente finanziatore, sia esso la Regione, lo Stato, l’Unione Europea.
Il sistema di accreditamento degli Enti di formazione e la definizione di
standard di competenze professionali degli operatori del sistema, che sarà realizzato
nel corso del periodo di vigenza di questo Programma Triennale, costituiscono i
cardini sui quali conciliare queste due esigenze
Il percorso di massima è quello indicato nella titolazione stessa.
Favorire la creazione di un sistema di qualità significa infatti passare da una
concezione burocratica o dirigista di accreditamento ad una di sollecitazione continua
al miglioramento delle strutture e dei servizi, con un conseguente snellimento delle
procedure.
Si tratta di un percorso ampiamente condiviso, del quale tuttavia si tratta di
definire correttamente le tappe e i ruoli degli attori. Ad esempio, non si può passare
dall’accreditamento alla qualità se il primo viene visto come modo per controllare gli
accessi al mercato, per tutelare le strutture dell’offerta, per garantire la
sopravvivenza degli operatori; non si possono snellire le procedure se questo si
traduce in minor tutela dell’utente o del soggetto finanziatore.
Ripensare le regole vuol dire allora ridistribuire le responsabilità tra gli attori e
creare dei sistemi autoregolantesi, nei quali gli interessi dei diversi attori in gioco
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Le linee di indirizzo per la programmazione 2003/2005
convergono verso l’obiettivo della qualità senza richiedere continue regolazioni
dall’esterno del sistema.
Questa linea d’azione, che sarà presto sviluppata attraverso gli appositi
provvedimenti in corso di adozione, si tradurrà in modelli di accreditamento di tipo
dinamico ed evolutivo, tali da sollecitare costanti aggiornamenti degli operatori e
miglioramenti delle strutture, sotto la duplice spinta, da un lato, di percorsi credibili e
praticabili di formazione continua degli operatori e, dall’altro, di monitoraggio
continuo della qualità dei processi e dei prodotti, anche attraverso nuove modalità di
coinvolgimento degli utenti intermedi e finali (gli allievi e il sistema produttivo) e dei
partner-concorrenti (la scuola secondaria, l’Università, le imprese).
Nel sistema di qualità regionale si dovrà fare tesoro di quanto di buono può
derivare da tutte le esperienze maturate nel campo, incluse le applicazioni delle ISO
al comparto educativo e formativo.
Di contro, la centratura del sistema di accreditamento previsto dalle norme
nazionali sulla formazione e sulle attività ad essa connesse non deve far dimenticare
la necessità di assicurare la qualità all’intero sistema di operatori e di agenzie che
intervengono nel campo delle politiche attive del lavoro.
La Regione dovrà pertanto porsi l’ulteriore obiettivo di sollecitare tutte le
agenzie e figure professionali che operano in questi campi a migliorare
costantemente la qualità della loro preparazione e di loro interventi, predisponendo
un sistema adeguato di strumenti, percorsi e meccanismi di premialità.
Dovrà inoltre adoperarsi affinché la diffusione della cultura della valutazione
coinvolga decisori, operatori, beneficiari e destinatari in un processo virtuoso di
concorso al miglioramento delle pratiche di cui sono a vario titolo protagonisti.
Il sistema di accreditamento dovrà assumere un valore di riferimento e di
spendibilità sociale più ampia della parte – comunque fondamentale – di tipo
cogente, dando vita ad un “marchio di qualità regionale”, a base volontaria, che
favorisca garanzia e sviluppo di qualità anche nelle relazioni di mercato di tipo
privatistico.
Ciò in coerenza con le linee di tendenza delle politiche e delle pratiche della
qualità in Italia ed in Europa e partendo dal presupposto che, se pur non sia presente
un modello unico che costituisce la “soluzione” al problema dell’accreditamento/
certificazione, vi sono alcuni riferimenti forti - nella scelta di un modello - di cui è
necessario tenere conto per accrescere la qualità del sistema e creare punte di
eccellenza (quali i requisiti previsti nelle certificazioni VISION 2000, l’adozione di
processi di certificazione valutativa del bilancio con società accreditate , la dimostrata
spendibilità sul mercato del lavoro delle azioni svolte).
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Le linee di indirizzo per la programmazione 2003/2005
Si introduce inoltre una sostanziale novità in questo Programma Triennale
perseguendo l’obiettivo di realizzare una integrazione reale fra i servizi della
formazione e quelli dell’impiego, a partire dall’estensione anche a questi ultimi delle
metodologie, degli strumenti e delle esperienze maturate in questi anni nel campo
delle attività formative e sfruttando appieno i vantaggi di una sinergia virtuosa. Si
propone, quindi di avviare procedure sperimentali per l’accreditamento dei servizi per
l’impiego, sia per il livello di base, che per quello specialistico.
Anche nella Regione Liguria il sistema pubblico d’incontro tra la domanda e
l’offerta di lavoro trova ancora difficoltà nel suo percorso di modernizzazione. I centri
per l’impiego hanno visto notevolmente aumentare la loro capacità di rispondere alle
richieste di servizi, sia da parte di coloro che cercano un’occupazione, sia da parte
delle aziende, ma sono ancora molto lontani dai livelli di intervento delle realtà
europee più avanzate. In questo campo, i privati autorizzati non hanno un ruolo
effettivo, mentre nuove opportunità stanno per essere assegnate alle agenzie di
lavoro interinale, anche per contrastare il possibile dilagare di intermediari privi di
una vera e propria organizzazione imprenditoriale.
La Regione si pone, pertanto, l’obiettivo di dare, insieme agli altri soggetti
istituzionali, apertura e trasparenza al mercato del lavoro mettendo in campo tutti gli
strumenti che le sono propri: indirizzo e coordinamento, semplificazione normativa,
supporto alla gestione, valutazione e valorizzazione, sperimentazioni.
A tal fine s’individua la necessità di innalzare le capacità di attrazione dei servizi
nei confronti delle aziende, creando le condizioni per un vero e proprio rapporto
fiduciario, sulla base del quale sviluppare poi le azioni di matching tra domanda ed
offerta di lavoro. Sarà inoltre perseguito l’obiettivo di rassicurare ogni persona, sia
essa in cerca di una prima occupazione o di un nuovo lavoro, operando perché non
venga abbandonata a se stessa: i nuovi servizi per l’impiego dovranno essere in
grado di fornire un sostegno più solido di quello attualmente offerto dalle reti amicali
o familiari, garantendo uguali e migliori opportunità per tutti i cittadini.
La Regione si affiancherà, nell’ambito delle proprie funzioni, alle azioni del
Governo miranti a ricondurre l’intervento dei privati nel mercato del lavoro ad un
impianto autorizzativo unitario, graduato secondo il tipo di attività svolte. Verrà
inoltre riconosciuto al nuovo sistema del collocamento pubblico il ruolo centrale di
motore per lo sviluppo di un mercato del lavoro moderno ed accessibile a tutti in
condizioni di pari opportunità, portando a compimento le disposizioni innovative
contenute nel Decreto Legislativo n.297/2000, che riconosce alle Regioni piene
competenze nella materia del collocamento.
L’esperienza che ha permesso negli ultimi anni ai servizi per il lavoro della
Liguria di raggiungere risultati riconosciuti anche a livello nazionale, costituisce un
patrimonio comune del sistema regionale, che potrà essere la base di partenza sulla
quale sviluppare le azioni per il raggiungimento di questi obiettivi.
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Le linee di indirizzo per la programmazione 2003/2005
La semplificazione e l’informatizzazione delle procedure di collocamento,
insieme all’apertura regolamentata ai privati, permetteranno di sviluppare ed
accrescere la qualità delle azioni di prevenzione della disoccupazione e di dare una
maggiore efficacia ai servizi, introducendo nel contempo forme di cooperazione e di
competizione tra le strutture pubbliche, private e convenzionate. E’ opinione della
Regione che questi nuovi elementi di competizione consentiranno di migliorare
complessivamente l’efficienza dei servizi pubblici per l’impiego, mentre la
cooperazione potrà innescare meccanismi virtuosi a tutto vantaggio delle imprese e
dei soggetti in cerca di occupazione e contribuire alla creazione di quella rete
condivisa di servizi, di cui si è già parlato in altre parti del presente programma.
E’ da ultimo naturale aspettarsi che il processo fin qui delineato di rinnovamento
delle procedure del collocamento consentirà di contrastare con decisiva efficacia le
attività non regolari in materia contribuendo anche a favorire l’emersione del lavoro
sommerso.
All’interno di questa linea strategica sono contenute tre azioni chiave di sistema,
la cui attuazione sarà posta direttamente in capo alla Regione.
AZIONE CHIAVE: LA CRESCITA PROFESSIONALE DEGLI OPERATORI
Sulla base della considerazione che l’accreditamento delle strutture necessita un maggior grado
di certezza circa le figure professionali ed i loro requisiti caratterizzanti, nel contesto del Decreto
Ministeriale 166/01 relativo all’accreditamento, il Ministero del Lavoro ha definito il “Quadro delle
competenze necessarie per la realizzazione delle funzioni professionali” in base al quale si prevedeva
di definire, entro il 31/12/01, gli standard minimi di competenze relative alle varie funzioni, ivi
compresa quella di docenza.
Strettamente connesso è il tema dell’aggiornamento costante degli operatori.
Da tempo l’Unione Europea ha posto al centro dell’attenzione il miglioramento dell’istruzione
iniziale e della formazione professionale dei docenti/formatori14 giungendo ad affermare che “il
miglioramento della qualità e dell’efficacia dei sistemi di istruzione e formazione è legato al
miglioramento dell’istruzione e della formazione per insegnanti e formatori”15 .
Analogamente, anche per i servizi di orientamento erogati dai Centri per l’impiego, il livello di
qualità e di efficacia è strettamente dipendente dal livello di preparazione degli operatori.
L’accesso alla conoscenza ha una importanza capitale in una società della conoscenza16 per le
persone che sono il motore operativo/pratico della creazione di condizioni per sostenere il processo di
adeguamento professionale rispetto alle trasformazioni della società economica e civile.
La Regione Liguria, negli ultimi anni, ha effettuato uno sforzo considerevole per operare in
questa direzione tenendo conto di quanto si stava elaborando, a livello nazionale, in merito agli
standard di competenze del formatore/insegnante per quanto attiene il campo formativo, nonché della
definizione degli standard dei servizi per gli operatori dei Centri per l’impiego.
14
Relazione al Consiglio dell’Unione Europea del 14/2/01
Consiglio Europeo di Barcellona 2002
16
Programma di lavoro della Commissione europea sul follow up circa gli obiettivi dei sistemi di istruzione e
formazione
15
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Come sottolineato in varie parti di questo documento, il costante adeguamento professionale
degli operatori riveste, per la Regione Liguria, una centralità nell’ottica della realizzazione delle sue
politiche del lavoro e della formazione.
Occorre tener conto del progressivo cambio di profilo professionale che interessa quasi tutte le
figure professionali operanti nei servizi : i formatori (sempre più facilitatori dell’apprendimento oltre
che erogatori di conoscenze), i direttori (sempre più accompagnatori/gestori del cambiamento
costante), gli orientatori, i tutors, i coadiutori ecc.
Analogamente sono cambiati, o stanno cambiando, gli “strumenti didattici” (non a caso il
Consiglio di Lisbona ha fissato l’obiettivo di far sì che tutti gli insegnanti e formatori siano in grado di
utilizzare Internet e le risorse multimediali) così come quelli gestionali.
Stanno cambiando le metodologie, con il lento ma progressivo affermarsi della FAD e i primi
esperimenti di E-learning.
Evolvono rapidamente i contenuti delle azioni di formazione.
“L’accesso alla conoscenza ha
un’importanza capitale in una società della conoscenza. Gli insegnanti ed i formatori sono pertanto
attori chiave in tutte le strategie volte a stimolare lo sviluppo della società e dell’economia”17
Anche sul fronte dell’utenza si sono prodotti dei cambiamenti, a partire dalla tipologia degli
utenti per giungere ai bisogni di cui gli utenti sono portatori.
Il cambiamento, in sintesi, non riguarda solo aspetti operativi ma anche i concetti stessi insiti
nella formazione, in un processo inarrestabile e continuo.
Per tale motivo la Regione intende avviare un processo di formazione continua per tutti gli
operatori coinvolti, siano essi impegnati in un rapporto diretto con gli utenti (docenti ed orientatori) o
in attività definibili di back office (direzione, segreteria ecc.).
Per la realizzazione di questo processo si opererà secondo due linee direttrici :
¾
attività di aggiornamento tramite seminari ricorrenti e corsi brevi, secondo un piano che sarà
elaborato nella concertazione con le strutture di appartenenza
¾
attività di aggiornamento on line, attivando sul portale della Regione una area dedicata che
consenta il costante aggiornamento rispetto alle normative ed agli indirizzi regionali
Solo in previsione di passaggio di funzione, documentate dall’Ente di appartenenza, sarà
possibile l’ammissione a corsi di aggiornamento finalizzati ad altri ruoli o figure professionali.
L’aggiornamento e l’adeguamento professionale degli operatori dei vari servizi è, quindi, un
tema chiave che la Regione Liguria intende continuare a sviluppare in sintonia con la strategia
dell’Unione Europea e che deve caratterizzare tutto la durata di questo Programma.
AZIONE CHIAVE: SVILUPPO DI PROCEDURE REGIONALI VOLTE AL MIGLIORAMENTO CONTINUO DEL SISTEMA
FORMATIVO
17
Programma di lavoro della Commissione Europea sul follow up circa gli obiettivi dei sistemi di istruzione e
formazione in Europa
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La fase di profonda trasformazione del sistema formativo ligure e delle norme che lo regolano,
nonché la necessità di assicurare la crescita qualitativa di tutte le strutture che operano nell’ambito
delle politiche del lavoro, dell’orientamento, della formazione, sollecita a considerare l’accreditamento
ormai normativamente previsto (anche nelle sue scadenze temporali) come un punto di partenza, e
non di arrivo, per favorire una costante attenzione alla qualità del sistema formativo (e dei servizi di
orientamento e d’inserimento lavorativo).
Per questa ragione si conta di poter sviluppare azioni di sistema che permettano, anche
utilizzando opportuni incentivi, il miglioramento continuo delle strutture, utilizzando in modo integrato
sanzioni negative da un lato e dall’altro lato l’assistenza tecnica da parte di strutture qualificate
L’accreditamento
L’accreditamento delle strutture di formazione ed orientamento, già richiamato in sede di POR
Obiettivo 3 per gli anni 2000 – 2006, costituisce un momento fondamentale nel processo di
adeguamento del sistema.
Il sistema di accreditamento non è basato sulla conformità alla norma, anzi è questo che lo
differenzia dalla certificazione, bensì sulla adeguatezza rispetto alla tipologia dell’intervento, agli
obiettivi da raggiungere, agli utenti, al contesto sul quale si vuole intervenire.
L’esito di un intervento è spesso frutto della capacità di adeguare metodologie e comportamenti
anche organizzativi, ipotizzati per situazioni tipo o teoriche, ai bisogni ed alle esigenze reali degli
specifici individui che fruiscono del servizio; è, quindi, essenziale la comprensione del contesto in cui si
opera, la capacità di innovare e superare approcci e conoscenze (in materia di ingegneria della
formazione o dell’orientamento) rendendoli più flessibili ed aderenti alle necessità esistenti, testare
nuovi strumenti, adeguare – se necessario – le norme in vigore.
Nelle more della preparazione di questo Programma Triennale, la Regione Liguria ha approntato
un “Modello di accreditamento degli organismi di formazione ed orientamento” con natura
sperimentale, che ha come punto di riferimento il Decreto Ministeriale 166/2001 anche se a seguito
della riforma del Titolo V della Costituzione non ha più natura cogente per le Regioni, e vuol
traguardare quel termine ultimo per la piena attivazione dei sistemi regionali di accreditamento,
concordato in relazione all’utilizzo del Fondo Sociale Europeo, stabilito al 30/6/2003.
La natura sperimentale deriva da due considerazioni :
a) la necessità di verificare gli aspetti pratici derivanti dall’applicazione di questo modello e di
renderlo il più omogeneo possibile alle soluzioni adottate nelle altre Regioni, in modo da poter
rendere effettiva la spendibilità dei crediti formativi;
Più in particolare, si ritiene di dover già prevedere un ampliamento del Modello in
sperimentazione per giungere a due livelli di accreditamento :
- quello inerente la struttura, inteso come capacità di proporre ed essere erogatore di interventi
di formazione-orientamento finanziati con risorse pubbliche
- quello relativo all’evento, inteso come sussistenza in capo alla struttura delle competenze
professionali necessarie alla realizzazione dell’intervento tenuto conto delle caratteristiche dell’utenza
b) la necessità di rendere operativo un sistema di accreditamento che, come già detto, sia
estensibile a tutti i servizi per l’impiego, sia per il livello di base che per quello specialistico.
Sia la formazione che l’orientamento necessitano nuovi strumenti, che vanno dal bilancio delle
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competenze all’accompagnamento professionale, dal mentoring al counselling, che non possono
essere improvvisati o lasciati al libero adattamento, od alla libera interpretazione, da parte
dell’erogatore di detti servizi.
Si dovrà, perciò, addivenire alla definizione di standard minimi di qualità dei nuovi servizi, nello
spirito dell’art. 17 della Legge 196/97 che prevede che gli Enti che operano in convenzione con
Regioni e Province debbono possedere “requisiti predeterminati”.
Al tempo stesso, come già precedentemente enunciato, occorre assicurare servizi altamente
qualificati, nel senso di una adeguata corrispondenza alle esigenze degli utenti.
Considerate le dimensioni della maggior parte dei soggetti che operano nel campo degli
interventi di politica della formazione e dell’impiego, ed al fine di ottenere alti livelli qualitativi, pare
opportuno prevedere, nella fase a regime, l’accreditamento della struttura limitatamente ad un
massimo di tre tipologie di servizi (ad es. formazione per adulti, orientamento a giovani inoccupati,
counselling), di tre tipologie di utenti (ad es, adulti disoccupati, donne in reinserimento lavorativo,
portatori di handicap) nonché in riferimento sino ad un massimo di tre settori economico – produttivi
(ad es. artigianato industriale, turismo, portualità).
La rete dei servizi formativi sarà così costituita da strutture a vocazione definita, ma al tempo
stesso sufficientemente ampia da non creare rigidità, inserite in una griglia che, in applicazione dei
principi della sussidiarietà e della complementarietà, darà :
¾ trasparenza perché si avranno, in questo modo, una rete di strutture sufficientemente
specializzate la cui offerta è chiaramente individuata ed il cui livello qualitativo sarà facilmente
verificabile.
¾ flessibilità perché ciascuna struttura – per restare nella rete - dovrà necessariamente
adeguare le proprie strategie e la propria offerta ai cambiamenti delle necessità dell’utenza
scelta come target.
Snellimento delle procedure
L’attuazione degli interventi previsti in questo Programma Triennale prevede una cospicua mole
di comunicazioni ed adempimenti che hanno tre effetti :
- allungare i tempi di istruttoria e di verifica amministrativa contabile
- costituire un costo per i richiedenti/proponenti
- gravare gli Uffici competenti
Spesso le informazioni ed i dati richiesti ai richiedenti od ai proponenti sono già stati presentati
all’Amministrazione Pubblica nell’ambito di un altro intervento.
Spesso le informazioni sono già presenti nelle banche dati dei soggetti Istituzionali cui è stata
delegata la realizzazione degli interventi
Il problema dello snellimento delle procedure assume, quindi, una valenza di miglioramento
dell’efficienza del sistema.
In questa ottica, la Regione provvederà ad una revisione delle disposizioni applicative inerenti i
diversi tipi di intervento, utilizzando al meglio le potenzialità fornite dall’Information e Comunication
Tecnology, sempre con l’attenzione rivolta all’esigenza della veridicità e della sicurezza del valore
legale delle informazioni raccolte in tal modo.
In particolare verrà previsto un ampio ricorso all’invio di comunicazioni via telematica, , facendo
ricorso – per quanto possibile – alla firma digitale di cui la Regione ha avviato una prima
sperimentazione.
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Inoltre si metteranno le varie banche dati gestionali/amministrative in grado di dialogare fra
loro, in modo da evitare la duplicazione della richiesta di documentazione, e di essere aggiornabili on
line.
AZIONE CHIAVE: MIGLIORAMENTO DEI SERVIZI PER L’IMPIEGO PUBBLICI E PRIVATI
Con l’avviarsi a compimento del passaggio di competenze dallo Stato alle Regioni ed alle
Autonomie Locali, con il consolidamento e la definizione a tutto tondo delle funzioni regionali in
materia di lavoro cominciano a crearsi aspettative tra i cittadini perché si manifestino segnali reali di
cambiamento, di una maggiore attenzione ai problemi da chi viene percepito come più vicino e,
proprio per questo, maggiormente in grado di venire incontro alle esigenze formative e di lavoro di
ciascuno.
In tale contesto ed in questo delicato momento di passaggio, la Regione deve dimostrare reale
capacità di governo, anticipando il cambiamento ed individuando linee ed indirizzi sostanziali perché il
processo d’innovazione dei Servizi per l’Impiego e la loro progressiva integrazione con le politiche
formative sia il più incisivo e generalizzato possibile.
Come azione prioritaria viene così individuata la definizione degli Standard dei Servizi che pone
le basi per individuare l’insieme delle prestazioni che dovranno essere rese ovunque sul territorio
regionale, condividendone gli obiettivi comuni attraverso un processo le cui tappe significative sono
rappresentate appunto dalla definizione degli standard, dal supporto al loro raggiungimento, dall’avvio
delle procedure per la certificazione della qualità, dalla stesura di una carta dei servizi e da un sistema
unico di comunicazione (attività queste due ultime per le quali sono previste nel prosieguo azioni
specifiche).
Elemento importante per favorire lo sviluppo della qualità è l’apertura dei servizi ai privati
proponendo quindi un sistema di “concorrenzialità” che , se basato sulle dovute garanzie, può divenire
motore di sviluppo e crescita dei servizi stessi.
Anche nel caso dei servizi per l’impiego che entrano a far parte del sistema regionale si propone
una procedura di accreditamento che sarà definita facendo esplicito riferimento al modello agenziale.
Fermo restando che saranno escluse da tale procedura di accreditamento le attività e le funzioni
attribuite in via esclusiva ai Centri per l’Impiego dalla vigente normativa, l’ingresso dei privati nel
sistema dei servizi per l’impiego permetterà di costruire un sistema operativo rapido ed efficace
snellendo quanto più possibile prassi e procedure burocratiche.
Va realizzato in ambito regionale un sistema informativo collegato con quello nazionale grazie al
quale i cittadini, i lavoratori, i disoccupati, le persone in cerca di un lavoro e le imprese avranno la
facoltà di inserire nella rete telematica nuove candidature o nuove richieste di personale direttamente
e senza rivolgersi ad alcun intermediario, da qualunque luogo od attraverso gli accessi appositamente
realizzati dai soggetti pubblici o privati, allo scopo autorizzati od accreditati.
In osservanza della normativa regionale, con la legge regionale 27/88, la Regione ha istituito i
Centri per l’impiego, strutture “ove si esplica nei confronti dell’utente l’erogazione delle attività
integrate funzionalmente e operativamente che costituiscono il sistema dei servizi per l’impiego, delle
politiche formative e del lavoro” 18 articolate in :
¾
¾
18
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servizi in materia di collocamento
servizi di orientamento, informazione, promozione, consulenza anche per lo sviluppo di nuovi
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¾
¾
¾
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lavori e l’autoimpiego
servizi per la promozione dell’inserimento lavorativo e di agevolazioni ed incentivi alla assunzione
con particolare riferimento alla fasce deboli
servizi rivolti alla promozione, consulenza e supporto tecnico relativi alle attività di formazione
professionale
servizi rivolti all’analisi della domanda e dell’offerta di lavoro a livello provinciale
In base al 4° comma dell’articolo 16 della legge 56/87, presso i Centri per l’impiego si possono
svolgere interventi e servizi rivolti all’inserimento lavorativo gestiti da Enti locali, sulla base di
convenzioni stipulate con le Province.
Ai Servizi competenti per l’impiego, inoltre, è affidato il compito di accertare e verificare la
condizione di disoccupato in cerca di lavoro relativa a quelle persone prive di occupazione che siano
attivamente alla ricerca secondo quanto previsti dagli indirizzi operativi regionali in merito di cui alla
deliberazione n.811/2003.
La Regione Liguria ha fortemente investito risorse per l’adeguamento strutturale e delle
competenze dei Centri per l’impiego, rendendoli operativi ad un livello soddisfacente ma l’evoluzione
del contesto normativo e di quello economico e sociale, che ha prodotto nuove fasce di criticità,
richiede un ulteriore miglioramento dei Centri per l’impiego.
In questa direzione va data più ampia copertura territoriale nell’erogazione dei servizi a favore
delle persone affette da disabilità. In base al disposto normativo in forza del quale sono le Province,
avendo a riferimento le indicazioni del Programma Triennale, che individuano i Centri per l’impiego
presso i quali vengono svolti particolari attività e servizi specialistici, si ritiene opportuno che le
Province verifichino l’effettiva attuale copertura dei bisogni in modo da potere, ove necessario,
provvedere all’adeguamento dell’offerta.
Un ulteriore sforzo dovrà essere fatto verso le problematiche dei lavoratori (ed ex lavoratori)
ultracinquantenni. In considerazione della particolarità di questa fascia di utenza giova ricordare che le
Province, oltre a potersi avvalere dell’ausilio della Agenzia Liguria Lavoro secondo quanto previsto
dalla relativa convenzione di cui alla legge regionale n.27/1998, possono stipulare
convenzioni con gi Enti locali, con le organizzazioni professionali, sindacali e imprenditoriali, con gli
Enti bilaterali e con altri soggetti aventi comprovati requisiti di competenza ed esperienza.
Va realizzata un’interfaccia fra la Banca dati avviamento apprendisti ed i servizi informatici dei
Centri per l’impiego, in modo che questi possano verificare le comunicazioni previste dalla legge
28/11/96 n° 608 e dal Decreto Ministeriale 7/10/99 n° 359, all’interno della più ampia messa in rete di
tutte le banche dati amministrative ed in primis delle banche dati sull’incontro fra domanda ed offerta
di lavoro.
Vanno rafforzati i legami fra i Centri ed il territorio, ed affinate le capacità di lettura dei
mutamenti in atto al fine di meglio rispondere ai nuovi emergenti bisogni.
Va continuata, come già esposto in altra parte di questo documento, l’impegno per la crescita
professionale degli operatori, prevedendo anche nuovi ruoli (quale il tutor a supporto dell’inserimento
lavorativo del disabile) in relazione ai fabbisogni che verranno rilevati sul territorio.
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3.5.4. Migliorare l’occupabilità
L’obiettivo del miglioramento dell’occupabilità può essere perseguito con
molteplici azioni: incidere sull’evoluzione della disoccupazione giovanile e della
disoccupazione di lunga durata, elaborare strategie preventive imperniate
sull’individuazione precoce delle esigenze individuali, adeguare i sistemi formativi per
promuovere attivamente l’occupabilità delle persone disoccupate, utilizzare al meglio
l’esperienza dei lavoratori più anziani, anche promuovendone il miglioramento della
qualità del lavoro, sviluppare competenze per il nuovo mercato del lavoro nel
contesto dell’apprendimento lungo tutto l’arco della vita, facilitare ed incoraggiare
infine la mobilità dei lavoratori per sfruttare appieno il potenziale offerto dall’apertura
e dall’accessibilità dei mercati europei.
3.5.4.1. Dall’occupazione all’occupabilità
Alla luce delle considerazioni sin qui svolte si comprende come il passaggio
dall’occupazione all’occupabilità sia una conseguenza quasi obbligata del passaggio
dalla quantità alla qualità e dell’applicazione del principio della centralità dell’utente,
già ampiamente sottolineato nel P.O.R.
Non si tratta di garantire alla maggior quantità di persone possibile un lavoro,
ma di mettere ciascuno in grado di ottenere il miglior lavoro cui può aspirare oggi e,
in aggiunta, di poter migliorare continuamente la propria posizione sul mercato del
lavoro. Una politica del lavoro veramente attiva deve infatti essere fondata sulla
logica dell’empowerment, cioè dell’ attivazione delle potenzialità e delle risorse delle
persone. Questo obiettivo di fondo può essere perseguito solo con un mix intelligente
di diversi interventi. Limitando l’esame ai più importanti, vanno citati quelli di seguito
riportati.
•
Innanzi tutto, realizzare un sistema di servizi all’impiego che garantisca
l’occupabilità, un obiettivo perseguito da tempo dalla Regione Liguria.
L’occupabilità non può infatti essere proposta o richiesta alle persone se non
viene prima resa possibile dalle strutture che operano all’interno del sistema dei
servizi all’impiego. In assenza di un efficiente sistema di questo tipo è inevitabile,
che si perpetuino le disuguaglianze tra occupati e disoccupati, tra persone in
possesso di risorse spendibili ai fini dell’inserimento lavorativo e persone deprivate
sotto questo profilo decisivo.
•
Occorre poi assicurare un servizio di orientamento precoce, continuo,
formativo, positivo, a bassa soglia di accesso. Precoce perché prima le persone
imparano ad interrogarsi sul proprio futuro, prima imparano ad acquisire e
padroneggiare le informazioni necessarie per essere protagonisti della propria
esistenza; continuo perché continua è l’evoluzione dei mix di competenze,
abilità, saperi posseduti dalle persone e dei mix richiesti dal mercato ed è ben
difficile che tale evoluzione sia sempre coerente; formativo perché solo in una
•
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Le linee di indirizzo per la programmazione 2003/2005
prospettiva di crescita individuale l’orientamento rafforza le capacità delle persone
di scegliere e non si limita ad ampliare la gamma delle scelte che queste si
trovano dinanzi; positivo in quanto capace di contrastare gli svantaggi di natura
familiare, sociale, psicofisica, che in varia misura caratterizzano molte persone; a
bassa soglia di accesso perché i più bisognosi di orientamento sono di solito i
più difficilmente raggiungibili dai servizi preposti. Naturalmente un sistema di
orientamento di questo tipo dovrà poggiare su di un sistema informativo
adeguato e alimentabile dagli stessi dati di gestione, come si dirà oltre.
•
Dare continuità ai processi formativi degli operatori destinati alla mediazione al
lavoro, garantendo riconoscimento e sistematicità alle molteplici esperienze
acquisite sul campo ed arricchendole di nuove operatività sia per portare a
compimento il percorso formativo iniziato durante la precedente programmazione
che per riconoscere ed avvalorare percorsi formativi individuali e di gruppo attuati
nell’ambito di Enti ed Associazioni del Privato Sociale. Tale percorso dovrà essere
finalizzato a realizzare le migliori condizioni per accogliere, accompagnare,
orientare e ri-motivare i soggetti che si affidano ai servizi, con una particolare e
rinnovata attenzione a coloro che versano in condizioni di maggiore debolezza sul
mercato del lavoro.
•
Definire un repertorio completo ed esaustivo delle figure e dei loro contenuti
professionali, in particolare di quelli particolarmente richiesti dal mercato del
lavoro, così da costituire quella base di conoscenza indispensabile, così come
avviene per molti altri paesi europei, per consentire allo studente, a chi è in cerca
di un lavoro o al cittadino che intenda migliorare la propria posizione lavorativa, di
venire con esattezza a conoscenza del senso e del significato di ogni professione
anziché basarsi sulla propria, evidentemente limitata, esperienza personale. Tale
repertorio dovrà quindi armonizzarsi con la revisione attualmente in corso delle
denominazioni delle qualifiche professionali rilasciate al termine dei corsi, così da
garantire alle aziende ed ai lavoratori declaratorie chiare sulle competenze e sulle
capacità professionali acquisite ed essere periodicamente aggiornato.
•
I servizi all’impiego debbono anche imparare a leggere le opportunità di lavoro
derivanti dalle caratteristiche possedute dall’offerta proponendo modalità e
percorsi tali da renderle adeguate e compatibili con quelle ascrivibili allo sviluppo
della domanda, orientando in questo senso gli interventi diretti o indiretti di
sostegno all’economia e sviluppo delle attività economiche. Portare i soggetti a
maturare (con l’orientamento) e a coltivare (con questi interventi) un proprio
progetto occupazionale significa trovare, per gli interventi formativi e
d’inserimento lavorativo al servizio di strategie individuali, un giusto equilibrio con
la domanda di lavoro esistente o prevedibile nel breve periodo. Si possono cioè
cercare e proporre punti d’incontro tra domanda e offerta di lavoro rispettosi delle
aspettative delle persone e contemporaneamente adeguati alle esigenze di figure
professionali espresse dal sistema produttivo. Si può considerare la sostenibilità
delle iniziative economiche finanziate non solo dal punto di vista ambientale o
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Le linee di indirizzo per la programmazione 2003/2005
economico, ma anche da quello occupazionale (di coerenza con l’offerta esistente
e con le potenzialità da questa possedute). Nella convinzione che valorizzare le
potenzialità individuali non sia solo un servizio reso ai singoli, ma anche alla
collettività, di cui sarebbe incrementata la qualità complessiva delle risorse umane
e delle attività da queste svolte: accrescere l’occupabilità significa infatti
accrescere sia la qualità che la quantità dell’occupazione, trovando e proponendo
un giusto “peso ed equilibrio” per entrambe.
•
Costruire sistemi di monitoraggio e valutazione multidimensionali, che
non limitino il giudizio sulla bontà delle iniziative realizzate sulla quantità
dell’occupazione creata ma anche sulla sua qualità, sulla sua corrispondenza alle
capacità e aspirazioni delle persone e alle vocazioni dei territori, alla soddisfazione
nel lavoro, all’utilità sociale delle attività intraprese, alla competitività del sistema
produttivo, alla qualità complessiva dell’ambiente, ecc. Si tratta anche, detto per
inciso, di un modo per assegnare un nuovo protagonismo ai destinatari degli
interventi ed alle aziende che operano sul territorio, nella prospettiva della qualità
detta sopra.
AZIONE CHIAVE: VERSO LA COSTRUZIONE DI UN SERVIZIO DI ORIENTAMENTO LUNGO L’INTERO ARCO DELLA
VITA
Il passaggio dall’occupazione all’occupabilità è connaturato ad una maggiore mobilità e
flessibilità professionale dei lavoratori.
Queste caratteristiche evolutive del mercato socio-economico attuale non debbono penalizzare i
lavoratori né sul piano professionale né sul piano umano. Per evitare queste possibili conseguenze, è
necessario che i sistemi pubblici e privati dei servizi per l’impiego sappiano assorbire i costi inerenti a
questa maggiore flessibilità e mobilità per prevenire ed eliminare il più possibile le conseguenze
negative ed i disagi per le persone e per ottimizzare le opportunità, in termini di sviluppo personale e
professionale, che queste nuove dinamiche di lavoro offrono.
Per conseguire questo obiettivo, è opportuno sviluppare, lungo tutto l’arco della vita, non solo
l’apprendimento ma anche i servizi di orientamento, assicurati da servizi adeguati accessibilità e per
competenza.
Si tratta quindi, una volta assicurata la risposta alla consistente domanda di “primo
orientamento” per soggetti in difficoltà o nei primi passi della vita lavorativa, di definire la costruzione
di un servizio permanente, accessibile ad ogni tipologia di utenti, lungo tutto l’arco della vita
professionale, capace di indirizzarla in ogni momento chiave delle sue scelte o incertezze professionali,
e di produrre, in una logica di prevenzione ed anticipazione, verifiche ricorrenti dell’occupabilità
concreta della persona, con interventi qualificati come il counselling orientativo e di formazione, il
bilancio delle competenze.
Inoltre, di fronte all’osservazione costante di disparità nell’inserzione professionale e di
precarietà di possibilità lavorative di certe categorie socio-professionali, appare necessario realizzare
una rete di azioni chiave che legano tutti gli attori /erogatori di orientamento e formazione
professionale, che si centreranno in misure attive o “azioni perno”, al fine di favorire una maggiore
occupabilità ed inserzione professionale mediante una concertata negoziazione tra le diverse parti
sociali coinvolte nel sistema ( istituzionali e decisionali, imprenditoriali o appartenente al sistema socioeconomico regionale, normativo ed operativo).
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Le linee di indirizzo per la programmazione 2003/2005
La Commissione Europea, durante il consiglio tenuto a Lisbona e Feira del 23 e 24 Marzo 2000
ha fissato per tutti i paesi dell’Unione “ un nuovo obiettivo strategico per il prossimo decennio a
venire: divenire l’economia della conoscenza la più competitiva e la più dinamica del mondo”.
Questo ambizioso obiettivo coinvolge ogni livello decisionale ed operativo nazionale e richiede
alla Regione di promulgare misure strategiche e coerenti a sopporto di misure pratiche per rendere i
sistemi dell’educazione e della formazione professionale disponibili all’utenza , per tutto l’arco della
vita.
In questa ottica, la Commissione Europea ha evidenziato la necessità di superare le distinzione
fra orientamento scolastico, professionale e personale per giungere ad un servizio accessibile ad ogni
tipo di utenza, incentrato sulla domanda e non sull’offerta e permanentemente disponibile.
Occorre definire l’insieme delle azioni fondamentali che caratterizzano un coerente sistema
integrato di orientamento, seguendo le seguenti linee direttrici :
¾
¾
¾
¾
favorire l’accesso all’impiego nonché a tutte le forme esistenti di formazione riconosciute sul
territorio;
creare una reale cultura dell’apprendimento;
lavorare in partenariato costante tra le diverse parti sociali;
sviluppare la motivazione e la consapevolezza degli utenti per il proprio percorso professionale e la
propria identità sociale.
Il sistema integrato di servizi per l’orientamento necessita, inoltre, un dialogo continuo tra le
varie strutture di formazione ed orientamento, tra gli organismi che offrono educazione e formazione,
e gli attori del mercato del lavoro, nonché le istituzioni competenti.
Quanto più incerto appare lo scenario del lavoro, tanto più l’orientamento ha un ruolo cruciale,
specie per combattere il tasso molto elevato di dispersione scolastica, che vede negativamente l’Italia
ai primi posti rispetto agli altri Paesi europei e con il tasso più basso di numero di laureati rispetto agli
iscritti, nonché l’altrettanto elevato fenomeno del cambio di indirizzo universitario dopo un anno di
studio.
Queste esigenze sono reali e devono essere gestite, ma il campo dell’orientamento è oggi molto
più vasto e non si può più limitare al solo versante scolastico ma interessa sia l’ingresso nel mondo del
lavoro quanto la permanenza nello stesso.
Riveste forma multiple, con modalità di attuazioni diverse e spesso complementari (come
interviste individuali, esami psicologici, bilancio delle competenze, counselling, approccio educativo…)
e si caratterizza dalla sua complessità per la valenza socio-ecomonica che rappresenta.
Per questo motivo, le pratiche di orientamento vanno costruite in una logica di rete Regionale,
conseguentemente nazionale (ed europea secondo le linee guide della Commissione Europea)
coinvolgendo attivamente erogatori e promotori dei servizi esistenti sul territorio, che devono avere
una conoscenza approfondita dei sistemi di educazione, di formazione professionale ed economici al
fine di:
¾
¾
¾
¾
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migliorare l’efficacia/efficienza e di conseguenza la qualità dei sistemi educativi e di formazione
regionali.
facilitare l’accesso a questi servizi/sistemi a tutti gli utenti con una particolare attenzione all’utenza
minacciata di esclusione a corto medio termine, rispondente in modo adeguato ai loro bisogni.
aprire questi sistemi al mondo esterno superando i confini regionali spesso troppo “stretti” rispetto
alle dinamiche occupazionali
fornire informazioni complete ed aggiornate in tempo reale, consigli, indirizzi utili su tutto il panel
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¾
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¾
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Le linee di indirizzo per la programmazione 2003/2005
delle possibilità educative, formative e professionali esistenti nonché sui funzionamenti del
mercato del lavoro.
ottimizzare la messa in opera degli strumenti di analisi dei fabbisogni regionali e delle risorse in
loco disponibili in materia di orientamento.
analizzare le incidenze delle disposizioni e azioni regionali in materia di orientamento
rilevare gli eventuali malfunzionamenti e elaborare degli indicatori di qualità.
E’ fondamentale ricordare che le pratiche di orientamento si appoggiano sull’esperienza e la
conoscenza del territorio di appartenenza ma anche sul contesto socio-economico in atto, sui “ sapere
fare”degli erogatori e sulle procedure utilizzate legate alla pratica quotidiana delle azioni di
orientamento.
E’ fondamentale, inoltre, considerare l’orientamento come il servizio che le istituzioni e le
strutture sviluppano al fine di creare nelle persone la consapevolezza e la capacità di interagire in
permanenza, adeguatamente e con soddisfazione personale, con il mondo del lavoro in continua
evoluzione. In questo senso l’obiettivo è quello di mettere le persone in grado di disporre degli
strumenti personali e della strumentazione informativa necessaria affinché, nelle diverse situazioni di
evoluzione personale e lavorativa, sappiano sempre comprendere quale sia la migliore scelta
personale e cogliere al massimo livello possibile le opportunità che offre il contesto. Il servizio di
orientamento intende quindi produrre nelle persone la capacità di auto-orientamento permanente che,
per potersi realizzare, richiede anche la disponibilità reale di servizi informativi e di comunicazione
adeguati e sviluppati – soprattutto riguardo alle effettive opportunità di istruzione, formazione e lavoro
- tramite le moderne tecnologie della società dell’informazione.
Andando oltre i concetti teorici, o i sistemi di valore che riflettono le pratiche di realizzazione del
servizio, l’orientamento è un azione essenziale nella costruzione volontaria e consapevole dell’identità
sociale e professionale delle persone centrata su azioni individuali che interagiscono con il contesto
economico lavorativo locale.
I principi cardine che supportano un efficace sistema di orientamento per la persona sono:
¾
¾
¾
¾
¾
la continuità: attraverso un processo che accompagna l’individuo anche dopo un’ inserimento
lavorativo.
l’universalità: le azioni di orientamento non possono essere limitate solo al lavoro dipendente o al
sistema educativo ma devono contemplare tutte le modalità occupazionali, nonché tutti i settori.
la centralità dell’utenza: la rete di servizi offerti deve essere costruita sulle esigenze ed aspettative
della persona e sulle reali possibilità esistenti.
il protagonismo dell’individuo: gli interventi devono essere effettuati in una logica di servizi a
sistema affinché il progetto professionale dell’utenza possa trovare corrispondenza nel contesto
socio-economico.
la completezza : l’utenza avrà a disposizione l’insieme delle informazioni utili e disponibili presso
ogni struttura che la accompagnerà nel suo processo decisionale.
Il servizio ligure di orientamento assegnato alla gestione delle Province in base alla L.R. 52/93 è
profondamente modificato a seguito della realizzazione del Piano d’innovazione del sistema di
orientamento conclusosi alla fine del 2001, si articola in :
sistema informativo in rete;
sistema di comunicazione multimediale (pubblicazioni a stampa, portale internet, televideo, call
centre, ecc..);
¾ orientamento al lavoro per persone in cerca di lavoro, realizzato presso i Centri per l’Impiego;
¾ orientamento al mestiere, realizzato presso le strutture formative;
¾ esperienze di lavoro, realizzate presso la imprese.
¾
¾
Nel marzo 2002, la Regione Liguria, dando seguito al Protocollo Interistituzionale per la
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Le linee di indirizzo per la programmazione 2003/2005
realizzazione del Piano Regionale Integrato di orientamento promosso oltre che dalla Regione dalle
quattro Amministrazioni Provinciali, dall’Università degli Studi di Genova, e dall’Ufficio Scolastico
Regionale, ha predisposto un progetto per la realizzazione di azioni di orientamento sperimentali e di
sistemi cui hanno aderito Enti ed associazioni nell’ottica della graduale costruzione di un sistema
integrato.
Il modello di orientamento si articola in tre direttrici:
¾
¾
¾
Informazione Orientativa, ossia canali di comunicazione multimedia ( Portali del lavoro, radio
televisione, ecc…)
Consulenza orientativa, ossia azioni di counselling individuale rivolto a soggetti che hanno
espresso la necessità e la volontà di essere supportati nell’elaborazione del proprio Bilancio di
Orientamento e nella scelta di percorsi formativi o scolastici.
Formazione Orientativa, ossia azioni guidate da esperti di orientamento rivolte a gruppi di
destinatari omogenei per aspettative e bisogni di orientamento
Le azioni
™
™
™
sperimentali prevedono
azioni rivolte a studenti e genitori della scuola media inferiore
azioni rivolte a studenti del 1° anno di scuola media superiore
azioni di orientamento rivolte a studenti del 4° e 5° anno di scuola media superiore
Le azioni di sistema, a sostegno e per il miglioramento costante del servizio, sono :
¾
studi e ricerche finalizzati a creare Osservatori Permanenti sulla dispersione scolastica e formativa
(in raccordo con l’analoga iniziativa del Ministero del Lavoro) e sui fabbisogni occupazionali delle
quattro Province
¾
progetti di comunicazione finalizzati a diffondere la conoscenza delle attività e delle buone prassi,
attraverso il Portale regionale del Lavoro, la rivista “Iolavoro Forum”, pubblicazioni e guide speciali
¾
monitoraggio per condividere e definire gli standard.
Nonostante il sensibile miglioramento del servizio realizzato nell’ultimo biennio, le azioni svolte
appaiono nel complesso ancora prevalentemente indirizzate ai giovani inoccupati.
Partendo dalla condizione fondamentale che i servizi di orientamento hanno per obiettivo quello
di aiutare ed accompagnare le persone nel campo dell’istruzione, della formazione, e nel processo di
definizione di percorsi professionali coerenti, è indispensabile che le istituzioni, le strutture e gli
operatori nei diversi ambiti e competenze sviluppino una azione di collaborazione ed integrazione
sistematica e coerente.
Avendo attenzione al cambiamento disordinato del contesto socio-economico attuale, le
pratiche ed i servizi di orientamento devono adeguarsi ed evolvere contemporaneamente alle esigenze
economiche e sociali.
La logica sottostante ad un sistema integrato ed strutturato in rete di orientamento si definisce
secondo le seguenti azioni:
¾
¾
¾
¾
•
l’identificare ed il repertoriare le pratiche di orientamento esistenti regionalmente in funzione
dell’individuazione delle fasce d’utenza non sufficientemente considerate sino ad oggi
la focalizzazione dei bisogni specifici e socio/professionali dell’utenza per micro aree ( es. giovani
con o senza diplomi, donne in reinserimento professionale, lavoratori a rischio,soggetti disabili..)
l’identificazione delle strutture che svolgono attività di orientamento ( servizio pubblico, istituzioni
pubbliche e parapubbliche, soggetti privati, gruppi professionali, associazioni…)
la raccolta di tutte le pratiche di orientamento utilizzate a partire da una osservazione diretta
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¾
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(sportelli, manifestazioni, testimonianze, strumenti, metodologie, risultati…)
la formazione degli erogatori dei servizi di orientamento e di formazione professionale definendo il
profilo professionale dell’orientatore in raccordo con il dibattito attuale su uno o due profili di cui
uno munito di certificazione pubblica di studio finalizzato.
il coinvolgimento di tutti i partners implicati nel processo di diffusione delle buone pratiche usate
la promulgazione dell’informazione sulle varie possibilità dei servizi di orientamento, del
funzionamento del sistema integrato e della sua struttura in rete, creando anche momenti virtuali
e non di scambio di esperienze con i vari altri sistemi regionali limitrofi o più lontani
Questo sistema di orientamento integra, inoltre, un processo di previsione strategica delle
competenze in impresa che consiste nell’individuazione di profili professionali e di competenze coerenti
con le esigenze attuali e future dell’organizzazione e con una gestione maggiormente flessibile dei
bisogni di professionalità.
In questa chiave di lettura, l’orientamento è, come diceva Kant, ”la messa in opera di un fine”,
ossia la strutturazione e la razionalizzazione di un’insieme di azioni perno che permettono all’individuo
di raggiungere un obiettivo professionale, a valenza sociale mediante iniziative individuali che
interagiscono sul sistema economico/ lavorativo globale.
AZIONE CHIAVE: IL BILANCIO DI COMPETENZE
Ai fini dell’orientamento, uno strumento importante è costituito dal bilancio delle competenze,
che permette di rinforzare la fiducia della persona in sé stessa e di motivarla a diventare protagonista
del processo di inserimento ed integrazione nel contesto socio – economico.
Via via che l’importanza del bilancio di competenze si va affermando, si assiste ad un proliferare
di soggetti che non solo si dichiarano “competenti” ad erogare questo tipo di intervento ma lo offrono
in ogni campo, dall’orientamento alla formazione permanente, dalle ristrutturazioni d’impresa ai
percorsi individuali di crescita personale.
La Regione non ha strumenti per impedire gli aspetti negativi di questo fenomeno nel
cosiddetto “mercato libero”, può però evitarne gli effetti nell’ambito dei servizi erogati con risorse
pubbliche esercitando, in tal campo, il ruolo di governo del sistema con il definire una deontologia e
dettare regole e standard minimi per la concessione del riconoscimento formale alle azioni svolte
secondo le prescrizioni regionali
Richiamando la legge francese, la più avanzata in materia e che viene presa a riferimento per
quella “validità e spendibilità europea” che vuol caratterizzare gli interventi attuati dalla Regione
Liguria (anche a sostegno dei lavoratori transfrontalieri), il bilancio di competenze deve comprendere
le 3 fasi seguenti
a) una fase preliminare che ha per oggetto :
¾ di confermare l’impegno del beneficiario nella realizzazione del bilancio
¾ di definire ed analizzare la natura dei suoi bisogni
¾ di informare circa le condizioni di svolgimento del bilancio di competenze , dei metodi e
tecniche che saranno messi in opera
b) una fase d’investigazione che permetta al beneficiario :
¾ d’analizzare le motivazioni e gli interessi professionali e personali
¾ di identificare le competenze ed attitudini professionali e personali
¾ di determinare le possibilità di evoluzione professionale
c) una fase conclusiva che, tramite un colloquio personale seguito dalla consegna di un
documento di sintesi, permetta al beneficiario :
¾ di prendere conoscenza dei risultati, in dettaglio, della fase investigativa
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¾
¾
di individuare i fattori suscettibili di favorire o di ostacolare la realizzazione di un progetto
professionale o di formazione
di prevedere le principali tappe della messa in opera di questo progetto
Nella convinzione dell’utilità di questo strumento, se realizzato in modo corretto, la Regione
Liguria si pone due esigenze :
a) favorirne la “spendibilità” nei percorsi personali di crescita di professionalità, così come di
maggiore valorizzazione delle risorse umane da parte delle aziende
A tal fine la Regione si attiverà con le parti sociali, segnatamente con le Organizzazioni Datoriali
e con quelle Sindacali di categoria affinché siano affrontati e trovino positiva soluzione – se del caso
con specifici accordi - i vari problemi operativi (congedi per la realizzazione, costi ecc.)
b) dare certezze all’utenza e trasparenza al nuovo servizio;
Ciò significa da un lato definire i livelli minimi di qualità del servizio e le condizioni essenziali
perché questi livelli siano assicurati.
In tal senso la Regione, con appositi provvedimenti, dovrà stabilire gli standard minimi ed i
criteri per addivenire ad un futuro accreditamento di questo servizio (in analogia con quanto già fatto
per le strutture di formazione) fermo restando che, sulla base delle principali esperienze estere, pare
opportuno già in questa sede prevedere precise condizioni alle quali vincolare il riconoscimento del
servizio.
In primis le imprese non possono essere realizzatrici di bilanci per il proprio personale, così
come non possono essere titolari di questo servizio i Centri di formazione e le Agenzie che eroghino
azioni che possono discendere come necessità dal bilancio di competenze
Inoltre, gli organismi erogatori sono tenuti ad utilizzare, per realizzare il bilancio di competenze,
metodi e tecniche affidabili, messi in opera da personale specificatamente qualificato.
Per quanto attiene la formazione permanente e continua, in considerazione dell’evoluzione della
normativa per questo ambito, potrebbe essere demandato agli organismi bilaterali la verifica della
sussistenza dei requisiti fissati dalla Regione rispetto alla erogazione dei bilanci di competenze.
In ogni caso, pare necessario che gli organismi riconosciuti dalla Regione quali erogatori di
bilancio di competenze, e che svolgano per altri una o più attività, siano tenuti :
ƒ a disporre, in seno all’organizzazione, di una struttura identificata e destinata
esclusivamente alla realizzazione di bilanci di competenze e di azioni di valutazione od
orientamento in materia professionale
ƒ ad adottare contabilità distinte.
Considerato il fatto che il bilancio delle competenze comporta un costo e che l’utenza potenziale
è quantitativamente molto elevata, il problema va affrontato anche alla luce del già citato trend di
diminuzione delle risorse pubbliche ed in modo che il “diritto” qui affermato non resti teorico.
In tale ottica la Regione Liguria, con proprio provvedimento, disciplinerà le modalità d’esercizio
di tale diritto sulla base di una sperimentazione di applicazione che vede un intervento finanziario
regionale decrescente dopo la fase di “lancio” del servizio, e che ha come punti di riferimento il diritto
prioritario alla fruizione di un bilancio di competenze da parte dei lavoratori aventi più di 55 anni e con
un’anzianità di lavoro superiore a 5 anni presso la Azienda in cui sono attualmente occupati, o che
siano privi di un posto di lavoro,
Analogamente, priorità sarà data ai lavoratori di Aziende in crisi od interessate da processi di
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Le linee di indirizzo per la programmazione 2003/2005
ristrutturazione che prevedano esuberi di personale.
AZIONE CHJIAVE: VERSO LA COSTRUZIONE DI UN SISTEMA INTEGRATO DI EDUCAZIONE PERMANENTE
La costruzione di un sistema integrato di formazione permanente in grado di consentire ai
soggetti beneficiari di colmare il deficit culturale e professionale indotto dall’innovazione e dal
cambiamento organizzativo e produttivo, è l’altro obiettivo da realizzare nel medio / lungo termine.
La formazione permanente, o lungo tutto l’arco della vita, che si attiva su interesse ed iniziativa
personale del lavoratore, costituisce uno strumento indispensabile per il costante adeguamento delle
professionalità dei lavoratori alle esigenze delle imprese e del mercato.
Ormai ogni lavoro è a rischio di obsolescenza professionale in tempi sempre più ridotti e ciò
nonostante la percentuale di lavoratori che fruiscono di interventi di formazione permanente rimanga
a livelli insufficienti.
Occorre, inoltre, considerare i fabbisogni di Educazione permanente degli Adulti, già evidenziati
dalla Conferenza Internazionale di Amburgo del luglio 1997 che ha riconosciuto il diritto dell’adulto
all’alfabetizzazione, cioè al conseguimento delle conoscenze di base e delle abilità necessarie nella
società moderna.
Il sistema integrato di Educazione degli Adulti si muove in una prospettiva di educazione e
formazione permanente e per questo ha lo scopo di portare a sinergia l’insieme delle opportunità
educative e formative che possono dare adeguate risposta ai bisogni ed interessi dei cittadini liguri di
ogni età e condizione sociale.
¾
¾
¾
Questo sistema integrato dovrà consentire di raggiungere tre obiettivi
Favorire l’acquisizione di specifiche competenze connesse al lavoro o alla vita sociale
favorire l’acquisizione di conoscenze che diventano importanti per la vita della persona a seguito di
cambiamenti tecnologici o sociali, come nel caso del progetto “informatica per la terza età”
favorire il rientro nel sistema di istruzione o formazione professionale
Per il sistema integrato di educazione permanente appare opportuno operare su due versanti :
Sui servizi offerti che vanno migliorati ed ampliati, tenendo conto che il panorama sarà
radicalmente modificato a seguito dell’avvio dei Fondi interprofessionali
In primo luogo si deve migliorare l’informazione, in modo da renderla diffusa e di facile
acquisizione tramite il Piano di Comunicazione Integrata.
Inoltre la informazione deve essere tempestiva e completa : la persona interessata ha diritto di
sapere quando inizierà l’azione d’orientamento o di formazione, quanto tempo richiede, quali sono i
requisiti d’accesso, e tutte le altre informazioni necessarie per valutarne l’interesse.
E’ da migliorare come già detto, il servizio d’orientamento per gli occupati.
E’ ancora troppo basso il numero di persone che richiedono interventi formativi per il loro
adeguamento professionale dopo aver usufruito di un’azione di orientamento.
Come già affermato, l’orientamento va esteso sia in relazione alle diverse posizioni
occupazionali sia in rapporto alle varie fasce d’età degli utenti.
L’orientamento a favore degli occupati va potenziato tramite i bilanci delle competenze,
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effettuati da strutture accreditate e da personale in possesso di idonea professionalità certificata, con
strumenti e metodologie validati e riconosciuti
Vanno realizzate azioni di accompagnamento post formazione, intendendo per
accompagnamento l’insieme degli interventi e degli strumenti per applicare al proprio specifico
contesto lavorativo le conoscenze apprese nell’ambito dell’intervento formativo.
L’accompagnamento può concretizzarsi in un voucher che il lavoratore potrà spendere presso la
struttura accreditata, da cui ha avuto la formazione, per un numero prestabilito di ore. Il numero di
ore di accompagnamento potrà giungere sino ad un massimo di 12 per interventi formativi di durata
ricompresa fra 60 e 150 ore, e di 20 per azioni formative più lunghe.
Va attivato il sistema di riconoscimento degli acquis che consente da un lato l’abbreviazione dei
tempi di formazione e dall’altro l’elevazione del livello di formazione.
Va rivista la progettazione degli interventi corsuali, non più costruiti facendo riferimento a profili
professionali bensì applicando la metodologia delle Unità capitalizzabili corrispondenti a specifiche
competenze.
Va incentivata l’applicazione dei congedi formativi, nell’ambito di un costruttivo e positivo
dialogo con le Parti sociali.
Sulla struttura operando per ridurre, se non eliminare, gli ostacoli e le barriere che – ancor oggi
– rendono difficile la fruizione degli interventi di formazione continua
Si tratta principalmente delle seguenti criticità :
¾
la non rispondenza degli orari di formazione rispetto alle esigenze personali di vita e di lavoro;
¾
la generalità delle conoscenze/competenze oggetto dell’intervento formativo rispetto ai bisogni
pratici di applicabilità sul lavoro
¾
l’eccessiva durata delle azioni formative rispetto al tempo dedicato al soddisfacimento del bisogno
specifico del partecipante
Queste criticità possono e debbono essere superate da un lato facendo ricorso in misura più
ampia alle tecnologie per la formazione a distanza e per l’autoapprendimento assistito, dall’altro
operando interventi di flessibilizzazione della organizzazione delle strutture formative.
Un ulteriore difficoltà è quella della trasformazione dei bisogni espressi dall’utente in un
percorso formativo comprensibile e condiviso dalla persona che effettua l’investimento (tempo
sottratto ad altri interessi ed impegno) nella formazione; comprensione e condivisione che sono alla
base della didattica interattiva.
Infine, le rilevazioni effettuate per la valutazione del grado di effettiva risposta ai bisogni
formativi espressi dagli utenti che hanno usufruito di azioni di formazione permanente evidenziano
come sia ancora molto diffuso l’utilizzo di metodologie pedagogiche anziché andragogiche.
Entrambe queste criticità mettono in luce l’esigenza di preparare adeguatamente il personale a
relazionarsi con un’utenza portatrice di una storia professionale che vogliono riconosciuta e
convalidata.
Ne consegue la necessità di procedere all’accreditamento delle strutture orientative e formative
per tale fascia di utenti, oltre che dei specifici progetti, sulla base di criteri e parametri, come più
dettagliamene esposto al punto dedicato all’accreditamento
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Le linee di indirizzo per la programmazione 2003/2005
La costruzione del nuovo “sistema integrato di formazione permanente”, avvertita come urgente
ed importante avverrà attraverso due fasi che si svilupperanno in maniera simultanea, realizzando
contemporaneamente: una attività di osservazione e di mappatura dell’offerta formativa esistente e
l’attivazione di iniziative sperimentali finalizzate alla integrazione fra i soggetti formali ed informali che
operano nel campo della formazione permanente.
Fra le iniziative avviate saranno privilegiati gli interventi che contengono modalità di intervento
centrate sull’adeguamento delle competenze trasversali (competenze informatiche e competenze
linguistiche) anche attraverso modalità formative e-learning, basate cioè sull’uso delle tecnologie
informatiche a distanza.
Il nuovo “sistema integrato di formazione permanente” avrà quindi quale finalità principale la
rimozione degli ostacoli che impediscono la partecipazione alla vita attiva e alle opportunità offerte dal
mondo del lavoro di tutti i soggetti interessati da processi di cambiamento. Particolare attenzione sarà
rivolta alle persone che possono subire, più di altre, effetti di marginalizzazione per l’introduzione di
nuove tecnologie.
3.5.4.2. Dal curativo al preventivo
Questa linea d’azione è fortemente voluta dall’Unione Europea, che ha più volte
sottolineato come le politiche attive del lavoro debbano essere sempre più in grado di
saper anticipare ed evitare le difficoltà d’inserimento o reinserimento lavorativo delle
persone, evitando così l’insorgere di problemi che, una volta manifestatisi, sono assai
più lunghi e costosi da risolvere.
Il riorientamento in senso preventivo dei servizi pubblici per l’impiego
costituisce una linea d’azione perfettamente coerente con (e conseguente da) quelle
fin qui descritte; in particolare, con il passaggio dalla quantità alla qualità e
dall’occupazione all’occupabilità. Nel caso specifico ligure naturalmente non si deve
dimenticare l’esistenza di uno “zoccolo duro” particolarmente significativo (almeno
rispetto alle altre regioni del Centro Nord), costituito da disoccupati di lunga durata e
da altre fasce particolarmente deboli, che ha portato, in sede di negoziato nazionale
sul P.O.R. Obiettivo 3, all’assegnazione di risorse più consistenti alla Misura A3
(dedicate al c.d. curativo), all’interno dell’Asse A.
I vincoli derivanti dalla struttura del mercato del lavoro ligure vanno quindi
tenuti in debito conto, anche se un potenziamento delle azioni in favore della
flessibilità e dell’autoimprenditorialità potranno indirettamente favorire una maggiore
fluidità ed una riduzione dell’incidenza della disoccupazione di lunga durata, che
dovrà costituire uno degli oggetti d’interesse prioritario delle azioni di monitoraggio.
All’interno dei vincoli sopra detti, tutte le energie progettuali della Regione e del
sistema di soggetti istituzionali e privati coinvolti nelle politiche per l’impiego
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dovranno essere rivolte al potenziamento dell’approccio preventivo, agendo in
particolare sulle seguenti leve:
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l’orientamento precoce e continuo, di cui si è detto, che dovrà essere curato sia
nelle sue modalità di promozione e gestione, sia nelle sedi in cui verrà effettuato.
Non si sfugge tuttora all’impressione che i servizi di maggior pregio erogati dalle
strutture operanti nel campo dell’impiego siano tuttora rivolti ad un’utenza
“privilegiata” dal fatto di possedere le chiavi d’accesso ai servizi stessi (prossimità
fisica, informazioni, reti relazionali). Difficilmente si potrà spostare l’attenzione
sulle iniziative preventive, se la prima tra queste, l’orientamento, non sarà
davvero accessibile a tutti e in particolare alle fasce che ne hanno maggiore
necessità (e si trovano spesso al di fuori delle sedi e delle reti che a tali servizi
connettono: ad esempio i giovani non inseriti in circuiti formativi o
professionalizzanti o in strutture associative);
•
l’avvio a pieno regime del sistema dei Servizi per l’impiego, delle relative banche
dati contenenti le caratteristiche professionali dei lavoratori e l’erogazione
conseguente di servizi di qualità e ad alto tasso di copertura sul territorio, avuto
particolare riguardo alle fasce marginali dell’utenza;
•
l’offerta a tutti i disoccupati di nuove opportunità di formazione, di
riqualificazione, di esperienza professionale, d’impiego o di qualunque altra
misura idonea a favorire l’inserimento professionale entro un lasso di tempo
prestabilito dalla perdita dell’occupazione;
•
la sperimentazione dei cosiddetti “voucher”, titoli validi per l’utilizzo di servizi,
anche in forma di consulenza individuale, nell’ambito di un progetto organico
volto alla valorizzazione delle risorse umane, allo sviluppo e al consolidamento
imprenditoriale;
•
lo sviluppo di un’attività di rete, rivolta in particolare alla rilevazione tempestiva
dei casi a rischio e alla costruzione di strategie integrate d’intervento. Molte
analisi sulla dinamica del mercato del lavoro dimostrano la carenza di modalità
operative che garantiscano quella “presa in carico” che caratterizza invece in larga
misura gli interventi nel sociale. Di contro, la complessità sia del funzionamento
del mercato che degli stessi provvedimenti di promozione del lavoro, rende
difficile a molti, e soprattutto alle fasce più deboli (quelle cioè a rischio di
emarginazione o di disoccupazione di lunga durata), trovare dei percorsi
praticabili al loro interno. Andranno individuate figure in grado di assicurare
funzioni temporanee (e di successivo follow up) di tutoring e di mentoring. Oltre a
queste figure occorrerà peraltro costruire, consolidare ed implementare la rete dei
servizi allargandone la partecipazione ad Enti Organizzazioni ed Associazioni che
già operano nel campo dell’orientamento, pur non essendo parte della rete dei
servizi di orientamento, e successivamente stabilire sistematiche relazioni e
collaborazioni con la rete già operante del sociale; è infatti abbastanza evidente
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Le linee di indirizzo per la programmazione 2003/2005
che i problemi occupazionali si accompagnano spesso a problemi d’inserimento
sociale di più ampia portata e che risolvere gli uni ignorando gli altri è spesso
impossibile;
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non si deve tuttavia dimenticare che i singoli individui che vanno “catturati” da
una rete di servizi rivolti alla prevenzione delle difficoltà occupazionali
appartengono spesso a “categorie” sociali le cui caratteristiche di massima ed i cui
bisogni sono conoscibili a grandi linee anche prima che il singolo caso di disagio si
manifesti. Accanto al potenziamento della rete d’interventi rivolti ai “singoli”
occorre quindi rafforzare la capacità di analisi e di progettazione delle strutture
per costruire degli interventi rivolti alla prevenzione del disagio presso target ben
definiti: ad esempio, gli studenti del biennio delle superiori per evitarne la
dispersione, i giovani in ritardo nell’assolvimento dell’obbligo scolastico, quelli
usciti dal sistema dell’istruzione e della formazione prima del compimento del
diciottesimo anno d’età in completamento dell’obbligo formativo, le donne
inoccupate con minori in età prescolare a carico, gli immigrati iscritti al
collocamento, ecc.
Le azioni chiave inserite in questa linea strategica concernono fasce non
specificamente considerate nelle altre linee e composte da soggetti più di altri esposti
al rischio di cadere in condizioni di modesta o nulla occupabilità.
AZIONE CHIAVE: IL DIRITTO – DOVERE ALL’ISTRUZIONE E ALLA FORMAZIONE
Nell’ambito delle politiche di prevenzione della disoccupazione, particolare rilievo assume il
diritto dovere all’istruzione e alla formazione finalizzato ad elevare il livello minimo di
qualificazione dei giovani allineandolo a quello degli altri Paesi dell’Unione, e che trova fondamento
nell’art. 68 della Legge 144/99 e nell’accordo tra Governo, Regioni, Province, Comuni e Comunità
Montane del 2 marzo 2000 nella recente Legge 53/2003 che ha specificato sia il ruolo dei servizi
per l’impiego (chiamati a svolgere funzioni di informazione, orientamento e monitoraggio dei percorsi)
sia le modalità di assolvimento nei percorsi della formazione professionale.
Il diritto dovere all’istruzione e alla formazione, costituisce un obiettivo primario e
strategico per la Regione Liguria che svolgerà un ruolo forte di governo, nel confronto con i Soggetti
Istituzionali e le Parti Sociali, in modo da assicurare la messa a sistema omogenea, previa definizione
delle modalità e delle metodologie, con l’obiettivo finale di coprire tutte le esigenze del territorio.
Il diritto dovere all’istruzione e alla formazione ha come obiettivo l’offrire una reale
alternanza formativa per i giovani che non intendono proseguire nel sistema dei licei e può essere
assolto in uno dei due canali costituiti dal sistema di istruzione e formazione professionale e
dall’apprendistato costituiti dal sistema scolastico, dal sistema regionale di formazione professionale
e dall’apprendistato, il che comporta una serie di problemi la cui risoluzione appare più che urgente.
In primo luogo vi è la certezza sulla disponibilità di risorse per rispondere al diritto – dovere
sancito dall’art. 2, lett. C. della Legge 53/2003, certezza che ad oggi non c’è stante la non definizione
delle risorse nazionali ad esso collegate e da assegnare alla Regione.
Occorre, inoltre, una efficace opera di informazione che raggiunga tanto i giovani quanto le loro
famiglie. Le esperienze fatte nei primi mesi del 2002 hanno dato confortanti risultati in termini di
prescrizioni, risultati che vanno, peraltro, migliorati con una più incisiva e capillare azione da parte di
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Le linee di indirizzo per la programmazione 2003/2005
tutti i soggetti coinvolti a partire dai Centri per l’impiego in collegamento con l’anagrafe individuale la
cui disciplina da parte della Regione, in una concertazione con le Istituzioni e le parti sociali, è in fase
di definizione.
Ne consegue che l’informazione, per essere efficace, deve essere fornita in tempo utile per
poter effettuare la scelta, cioè sincronizzata con i tempi del sistema scolastico, e fornita attraverso
tutti quei canali che possono permettere di comunicare con i potenziali utenti.
Va, quindi, potenziata l’attività di orientamento nelle istituzioni scolastiche, migliorato il
collegamento con i Servizi Sociali, sfruttata la potenzialità della Società dell’informazione completando
– fra l’altro – le anagrafi dei giovani in età “d’obbligo formativo”, resa più mirata ogni iniziativa
specifica quali i vari Saloni annuali realizzati nelle diverse province.
L’informazione deve essere completa, il che significa anche collegare i tempi dei percorsi di
formazione professionale alle scadenze delle istituzioni scolastiche. In questa direzione la Regione si
farà parte attiva per addivenire ad una concertazione unitaria circa i tempi per la informazione
inerente l’offerta di istruzione e formazione professionale di tutti i canali dell’istruzione e della
formazione nonché per un avvio delle attività in ciascuna Provincia che consenta le necessaria
adeguata continuità didattica.
Il secondo versante su cui operare è quello di migliorare la qualità dell’offerta di formazione
professionale rivolta a soggetti spesso demotivati rispetto alla continuazione degli studi a seguito di
precedenti esperienze negative.
Per fare ciò, il primo passo si è concretizzato nella previsione dell’accreditamento delle strutture
che effettueranno percorsi di qualificazione professionale cui si devono accompagnare azioni
finalizzate a migliorare sia le capacità progettuali sia le competenze metodologiche degli operatori.
Uno dei principi caratteristica dei percorsi di qualificazione professionale è quella della possibilità
di accedere ad un successivo ciclo di specializzazione dopo il periodo di tre anni necessario al
conseguimento di una qualifica professionale è quello della possibilità di accedere ad un successivo
ciclo di specializzazione dopo il periodo di due anni necessario al conseguimento di una qualifica
professionale; la risposta a questa esigenza si ritrova nella effettiva applicazione delle Unità formative
capitalizzabili accompagnata dal riconoscimento dei crediti formativi
In questa direzione è fondamentale il ruolo che sarà rivestito dagli accordi che dovranno essere
raggiunti tra tutti gli attori coinvolti per pervenire ad un sistema integrato scuola – formazione
professionale, che la Regione realizzerà in tempi stretti.
Infatti, nella disciplina della parte relativa al sistema scolastico statale, avvenuta nel 2000, sono
regolamentate le modalità di passaggio tra i sistemi, di certificazione, e sono stati introdotti moduli di
120 ore aggiuntivi e finalizzati al consolidamento ed al recupero delle competenze di base
(linguistiche, matematiche, informatiche) per potenziare la componente formativa nell’ottica del
sistema integrato.
Parlare di sistema integrato significa anche raggiungere una condivisione della metodologia e
del linguaggio utilizzato nei diversi segmenti che compongono il sistema educativo e formativo.
Nell’ambito della diffusione delle “buone prassi” la Regione, d’intesa con le istituzioni
scolastiche, favorirà la conoscenza reciproca delle esperienze più significative realizzate in ciascun
canale formativo.
Particolare rilievo assume il Protocollo d’intesa tra la Regione Liguria, il Ministero dell’Istruzione
ed il Ministero del Lavoro, realizzato nel settembre 2002, che prevede una sperimentazione finalizzata
alla individuazione di soluzioni innovative relative al sistema di istruzione e formazione professionale
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Le linee di indirizzo per la programmazione 2003/2005
prevedendo, tra l’altro, la possibilità di passaggi e rientri tra i due percorsi.
Successivamente la Regione Liguria ha sottoscritto l’Accordo Quadro del 19 giugno 2003 con
Regioni, MIUR, MLPS, Province, Comuni, Comunità montane e Province Autonome di Trento e
Bolzano, per la realizzazione, in via sperimentale, e in attesa dei decreti attuativi della Legge 53/2003,
di un’offerta formativa di istruzione e formazione professionale.
In attuazione di tale Protocollo la Regione ha già dato avvio ad una sperimentazione triennale di
percorsi di qualificazione professionale che, di fatto, rappresenterà l’alternativa al sistema dei licei già
a partire dall’A.S. 2003/2004.
La Regione Liguria, in raccordo con le indicazioni ministeriali, vuole creare le condizioni per realizzare
percorsi di formazione professionale che costituiscano la base per la lotta al fenomeno della
dispersione scolastica e dell’abbandono.
Cruciale è quindi, in tal senso, il ruolo delle azioni di orientamento delle Istituzioni scolastiche e dei
servizi per l’impiego a favore del sistema dell’istruzione e della formazione professionale.
In questo senso vanno potenziate le capacità di lettura dell’evoluzione del mercato del lavoro da
parte di tutti i soggetti coinvolti, sia ottimizzando la rete informatica dei Centri dell’impiego sia con
specifiche iniziative di aggiornamento periodico degli operatori.
Azione chiave: L’apprendistato
L’apprendistato, la cui istituzione risale al 1955,19 ha ripreso slancio con la riforma varata
dall’art. 16 della legge 196/97 che lo ha reso uno dei tre possibili percorsi per l’adempimento
dell’obbligo formativo ed al tempo stesso un valido strumento per favorire l’ingresso dei giovani nel
mondo del lavoro tramite l’alternanza tra esperienza in azienda e attività formativa.
Il Ministero del Lavoro, di concerto con le Regioni, ha provveduto ad una articolata disciplina del
nuovo canale, definendo contenuti e modalità attuative20 recepite dalla Regione Liguria nei suoi Piani
annuali delle attività esterne in apprendistato.
.
Per fornire un’adeguata risposta all’obbligo di frequenza alla formazione esterna all’azienda, la
Regione ha avviato un rilevante intervento di adeguamento del sistema, che ha portato :
alla realizzazione della banca dati avviamento apprendisti e tutore aziendale, come previsto dal
Decreto ministeriale del 7/10/99, relativo all’obbligo della comunicazione dati avviamento apprendisti e
tutore aziendale
alla iniziativa sperimentale regionale nel comparto dell’artigianato, realizzata in raccordo con
l’Ente bilaterale dell’Artigianato e conclusasi nel 2002
all’avvio del progetto sperimentale “Apprendisti in obbligo formativo”
all’avvio del progetto sperimentale “diplomati nel settore turistico”
L’attività sinora svolta ha permesso di verificare che l’apprendistato, così come è stato
riformulato, risponde alle aspettative sia delle Aziende che dei giovani ma che restano dei punti di
criticità che richiedono un ulteriore affinamento.
Per lo sviluppo dell’apprendistato è di fondamentale importanza il ruolo di promozione svolto
dagli Enti bilaterali, cui è stata affidata anche la funzione di monitoraggio.
Va, inoltre, presa in considerazione la difficoltà di molti apprendisti a frequentare iniziative
realizzate presso sedi distanti dal loro luogo di residenza e di lavoro in quanto la conformazione del
territorio ligure e la concentrazione delle sedi formative nella fascia costiera è fattore di disagio per
molti giovani dell’entroterra.
19
20
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Legge 19/1/1955 n° 24
Decreti 8/4/98, 20/5/99 n° 179, 7/10/99 n° 359, 28/2/00, 16/5/2001
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Vanno, perciò, previste azioni di formazione a distanza e sviluppate azioni di teleformazione via
Internet.
Sul fronte delle imprese va adeguatamente considerata la necessità di flessibilizzare l’offerta in
modo da rendere il periodo di formazione compatibile con le esigenze aziendali. A tal fine verrà
affinata la predisposizione dei cataloghi formativi comprendendovi una calendarizzazione flessibile, in
base a preventivi accordi con le Parti sociali.
A livello di gestione del sistema, occorre realizzare un’interfaccia tra la Banca dati avviamento
apprendisti ed i sistemi informativi dei Centri per l’impiego, rendendo in tal modo possibile la verifica
delle comunicazioni, così come già indicato nel Piano regionale 2002 delle attività esterne in
apprendistato.
L’obiettivo quantitativo della Regione per il triennio 2003 – 2005 è di una crescita costante e
graduale degli interventi sino al raggiungimento, a fine periodo, della copertura totale dei fabbisogni.
Va inoltre tenuto conto che lo schema di decreto legislativo, attuativo della legge n. 30/03, che
attualmente è in corso di approvazione, raccordandosi con la legge 53/03 che prevede la formazione
in alternanza, amplia e completa il concetto di apprendistato che assume tre differenti connotazioni.
L’apprendistato per l’espletamento del diritto/dovere di istruzione e formazione, cui possono
accedere giovani che abbiano compiuto i 15 anni, rispetto al quale il contratto di apprendistato ha una
durata non superiore a 3 anni, durata rapportata al conseguimento della qualifica professionale
prevista nel contratto stesso.
L’apprendistato professionalizzante, per soggetti di età compresa fra i 18 e i 29 anni, per il
conseguimento di una qualificazione attraverso un formazione sul lavoro e l’acquisizione di
competenze di base trasversali e tecnico professionali.
L’apprendistato per l’acquisizione di un diploma e per un percorso di alta formazione, per i/le
giovani al fine di conseguire specifici titoli di studio di livello secondario e per il conseguimento di titoli
di studio universitari.
La disciplina dei nuovi contratti di apprendistato e la regolamentazione degli aspetti formativi è
effettuata dal M.L.P.S. d’intesa con le Regioni.
Si tratta, quindi, di considerare l’apprendistato quale forma contrattuale privilegiata in tutti i
settori per l’inserimento dei giovani nel mondo del lavoro ripensando e valorizzando le potenzialità
offerte dalla nuova normativa.
Per la Regione Liguria e le Associazioni dei datori e dei prestatori di lavoro, si apre pertanto un
periodo di analisi e progettazione che darà positiva risposta alle attese dei giovani e delle loro famiglie.
AZIONE CHJIAVE: INTERVENIRE A FAVORE DI DONNE DISOCCUPATE IN CONDIZIONI DI DIFFICOLTÀ
Si tratta di una fascia di destinatari che rientra anche nella prima linea strategica.
Essa viene trattata in questa sede perché appare particolarmente rilevante fornire già dai primi
mesi di disoccupazione delle donne in condizioni di difficoltà per ragioni socio-anagrafiche (basso titolo
di studio – presenza di carichi familiari significativi) un supporto integrato di servizi di orientamento,
formazione, inserimento lavorativo, da un lato, e di adeguate misure di accompagnamento, dall’altro.
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Ciò richiede lo sviluppo di particolari sensibilità e professionalità nei servizi all’impiego, per
evitare che si verifichi la rapida transizione alle non forze di lavoro di questa fascia di donne. Saranno
quindi necessari sia interventi integrati quali quelli già previsti nel P.O.R. Obiettivo 3, sia adeguate
misure di sistema per quel che concerne la qualificazione degli operatori dei Servizi per l’impiego.
Per ragioni di uniformità e completezza, le linee specifiche d’intervento sono illustrate nel
capitolo dedicato alle pari opportunità
AZIONE CHIAVE: INTERVENIRE A FAVORE DI ADULTI DISOCCUPATI IN CONDIZIONI DI DIFFICOLTÀ
Al di là dell’appartenenza di genere, che nel caso delle donne vede sommarsi problemi
d’inserimento lavorativo con altri di carattere familiare, va considerato che in Liguria si diffondono i
casi di soggetti in età adulta che entrano nello stato di disoccupazione con posizioni professionali
scarsamente spendibili sul mercato del lavoro.
Per evitare che questi soggetti entrino nella condizione del disoccupato di lunga durata è
necessario sviluppare una prevenzione più consistente di quanto non richiedano altre fasce d’utenza.
Sulla base anche degli approfondimenti conoscitivi che i Servizi per l’impiego svolgeranno,
anche ai sensi del D.M. 181, si tratterà di definire (a partire da colloqui precoci di accoglienzaorientamento) le caratteristiche socio-anagrafiche e professionali maggiormente a rischio di
disoccupazione di lunga durata e le opportune modalità d’intervento.
Particolare attenzione andrà prestata all’azione chiave nelle aree Obiettivo 2 e alle connessioni
con le specifiche misure del Por nel caso in cui i soggetti interessati rientrino nelle “fasce deboli “ del
mercato.
3.5.4.3. L’Integrazione e la rete dei servizi
L’integrazione tra formazione professionale e scuola e tra formazione
professionale e politiche del lavoro é stata il denominatore comune della maggior
parte dei processi di innovazione attuali o progettati negli ultimi anni, sia a livello
centrale che locale, realizzati anche attraverso accordi, protocolli o patti formativi.
Per citare gli interventi di maggior valenza dal punto di vista metodologico,
occorre ricordare l’obbligo scolastico, l’I.F.T.S. e l’apprendistato, che hanno
consentito la creazione di un linguaggio comune tra i diversi canali formativi e fra
questi e il mondo delle imprese, oltre che costituire i principali momenti innovativi
della strategia contro la dispersione scolastica e della politica di innalzamento della
occupabilità dei giovani
Nondimeno l’integrazione è, per quanto attiene i servizi di base per
l’occupazione, un obiettivo ancora da raggiungere e devono in questo campo essere
individuati precisamente gli ambiti, gli strumenti ed i percorsi.
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Le linee di indirizzo per la programmazione 2003/2005
Certamente il luogo dell’integrazione è quello dei servizi per l’impiego, ma non è
allo stato attuale indispensabile che le strutture preposte per la loro attuazione,
assumano a regime il carattere di strutture polifunzionali ed onnicomprensive delle
diverse componenti orientative.
Da questo punto di vista appaiono idonee le soluzioni di rete, che facendo
perno sui servizi per l’impiego, consentano di esercitare con maggiore tempestività
ed efficacia i compiti di accoglienza, di primo orientamento, di indirizzo verso servizi
specialistici, di incontro tra domanda ed offerta di lavoro ed al tempo stesso
permettano di:
• utilizzare tutte le risorse presenti sul territorio, sia pubbliche che private, così
come suggerisce la Commissione Europea;
• inserire in modo interattivo in questa rete i vari centri pubblici e privati, se ne
ricorrono le condizioni;
• acquisire prestazioni specialistiche per la soluzione di problemi specifici.
Tali compiti richiedono non solo attività di front office, ma anche di back office,
utili per poter adottare una modalità di lavoro per progetti e per consentire
elaborazioni indispensabili per la programmazione e la qualificazione della formazione
professionale così come delle misure di politica attiva del lavoro.
La configurazione di questa rete di servizi deve d’altro canto raccordarsi a livello
nazionale con le recenti indicazioni normative a proposito della centralità
dell’istituzione-scuola in tema di orientamento scolastico e di obbligo formativo,
anche al fine di evitare il rischio di una separazione troppo netta tra queste funzioni e
quelle dell’orientamento professionale.
Va in ultimo segnalato che le nuove azioni orientative ed i progetti innovativi, in
questi ultimi anni significativamente sviluppatesi, occupano un certo rilievo
nell’attuale quadro di costruzione di politiche attive secondo una filosofia riformatrice,
che vuole ridare unità e competitività al sistema educativo-formativo, collegandolo
con gli strumenti di politica del lavoro, con i nuovi servizi per l’impiego e con le
iniziative di sviluppo locale.
AZIONE CHIAVE: IL SISTEMA INFORMATIVO A SUPPORTO DELLA RETE
Il sistema informativo deve consentire alla rete di svilupparsi armonicamente seguendo alcune
linee guida fondamentali che ne garantiscano una crescita modulare nel rispetto degli opportuni vincoli
di autonomia ed economicità.
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Le linee di indirizzo per la programmazione 2003/2005
Esso deve prendere le mosse da un'informatizzazione attuale caratterizzata da lacune e
frammentazioni. In particolare il sistema dovrà essere adeguato alle esigenze d’informazione e
comunicazione rivolte non solo al pubblico ed alle imprese, ma anche agli operatori ed agli attori del
mercato del lavoro nel rispetto degli standard informativi indicati negli atti programmatori regionali.
Il sistema si configurerà a regime come una rete privata geografica regionale che si appoggerà
alle infrastrutture già operanti ed a quelle di Liguria in rete.
E’ necessario che l'architettura sia interamente fondata su una tecnologia di tipo Intranet e che
allochi risorse elaborative distribuite a livello regionale, provinciale e sub-provinciale. Il sistema dovrà
essere collegato con la rete telematica Internet e con gli altri strumenti informativi in grado di
raggiungere direttamente i cittadini, mentre l'interconnessione verso i soggetti pubblici e privati
operanti sul mercato del lavoro dovrà operare con tecnologia Extranet.
Un’attenzione specifica deve essere posta sugli strumenti per la crescita diffusa della
conoscenza, in particolare quella degli operatori, attraverso la messa a disposizione di materiale
informativo, di buone prassi e di luoghi virtuali di discussione e di scambio d’informazioni.
Può essere importante attivare in questo campo opportuni progetti interregionali, come quelli
citati nel capitolo relativo all’orientamento, con l’eventuale istituzione di un comitato di esperti in grado
di validare e quindi garantire l’informazione immessa nella rete
3.5.5. Sviluppare l’imprenditorialità ed incoraggiare la capacità di
adattamento
Al fine dello sviluppo dell’imprenditorialità, della creazione di posti di lavoro e
dell’incoraggiamento della capacità di adattamento delle imprese e dei lavoratori, si è
chiamati ad incoraggiare la nascita di nuove imprese ed, in particolare, le piccole
imprese per creare nuovi posti di lavoro e per sviluppare le opportunità di formazione
dei giovani, a sostenere i settori innovativi in grado di fornire un contributo
essenziale alla sviluppo della mobilità dei lavoratori ed alla creazione di percorsi
professionali di qualità, a coinvolgere le parti sociali per individuare il potenziale
occupazionale a livello locale.
“Le opportunità create dall’economia basata sulla conoscenza e la prospettiva di
un miglioramento del livello di occupazione e della qualità dei posti di lavoro
richiedono che, per soddisfare le esigenze dei lavoratori e dei datori di lavoro, tutti i
soggetti coinvolti, aziende comprese, operino un adeguamento dell’organizzazione
del lavoro e contribuiscano a realizzare strategie di apprendimento lungo tutto l’arco
della vita”.21
21
Decisione del Consiglio del 18 febbraio 2002 relativa a orientamenti per le politiche degli Stati membri a
favore dell’occupazione per il 2002 (2002/177/CE)
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3.5.5.1. Il Piano di Azione Regionale per l’Occupazione
Dal 1998 ad oggi gli obiettivi della strategia europea sull’occupazione, seppure
articolata sui due livelli - comunitario e nazionale -, hanno dato sempre più rilievo e
consistenza alla dimensione territoriale sia regionale che locale.
L’invito pressante della Commissione agli Stati membri è rivolto a tener conto
delle singole realtà territoriali, a rafforzare il ruolo dei servizi pubblici locali per
l’occupazione, ad incoraggiare le autorità regionali ad elaborare strategie
occupazionali per sfruttare appieno le opportunità di creazione di posti di lavoro a
livello territoriale.
Gli stessi programmi nazionali, in precedenza uniformi, tendono sempre più ad
essere progettati in modo flessibile ed attenti all’integrazione con i programmi
regionali.
Agli indirizzi programmatici in materia di occupazione contenuti nel presente
programma, sarà data attuazione attraverso la elaborazione di un documento, N.A.P.
regionale o, meglio in un R.A.P. (Piano d’azione regionale per l’occupazione) nella
definizione comunitaria, che trasformi le linee guida individuate dall’Unione Europea
in strategie locali integrate per l’occupazione e che costituisca uno strumento reale di
politica del lavoro regionale, per la realizzazione del quale ci si poteva avvalere nel
passato anche dei tradizionali strumenti economici-finanziari di origine centralistica,
quali il Fondo nazionale per l’Occupazione.
ISTITUZIONE DEL FONDO REGIONALE PER L’OCCUPAZIONE
Le risorse del Fondo Nazionale per l’Occupazione, assegnate dal Ministero del lavoro alla
Regione dal 2000 al 2003, sono destinate prioritariamente alla realizzazione di interventi in favore
della stabilizzazione occupazionale dei lavoratori socialmente utili.
Il margine di utilizzo di tali i finanziamenti per altre tipologie di lavoratori è quindi limitato ed è
pertanto necessario destinarli alla realizzazione di iniziative non ricomprese e non finanziabili dal
P.O.R. dell’Obiettivo 3, in particolare per progetti sperimentali di transizione e ricollocazione al lavoro
in situazioni di crisi o finalizzati al sostegno dei livelli occupazionali.
Particolarmente significativa appare, quindi, l’opportunità di istituire un fondo regionale per
l’occupazione che possa essere gestito attraverso gli interventi previsti dalla nuova legge regionale per
la promozione occupazionale che sostituirà le precedenti norme regionali e che avrà come elementi
caratterizzanti la definizione di un quadro legislativo unico, la semplificazione amministrativa ed una
maggiore capacità di rispondere alle esigenze del territorio anche al fine di integrare gli incentivi
all’occupazione con le azioni comunitarie.
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Le linee di indirizzo per la programmazione 2003/2005
3.5.5.2. La nuova occupazione ed i nuovi lavori
Molti studiosi del mercato del lavoro hanno da tempo evidenziato che le
tradizionali divisioni che in passato lo hanno caratterizzato stanno perdendo vigore e
intensità. Tra lavoro e non lavoro, tra lavoro a tempo pieno e a tempo parziale, tra
lavoro dipendente ed autonomo, tra lavoro regolare e irregolare, esiste ormai una
continuità di posizioni, che spesso si traduce anche in percorsi individuali nel corso
della propria vita lavorativa. É in questo modo che si passa, ad esempio, da un lavoro
temporaneo a uno a tempo indeterminato, da un’attività precaria ad una stabile e
riconosciuta tale sia dal suo titolare che dalla società (lavoro dipendente, lavoro
professionale).
Questo fenomeno è in atto in parte a prescindere dal quadro normativo di
riferimento, perché corrisponde ad una necessità non solo dell’economia, ma anche
dell’autonomia degli individui. In parte come risposta adattiva sia della domanda che
dell’offerta alle norme vigenti, intese sia sotto il profilo regolativo (ciò che è
consentito o vietato fare) che distributivo e redistributivo (gli oneri e i vantaggi
derivanti dalle diverse norme).
Un aspetto interessante si rileva nella rinnovata predisposizione dell’avvio di
attività imprenditoriali, pare quindi opportuno predisporre interventi finalizzati allo
sviluppo ed alla crescita delle capacità imprenditoriali, da attuare con il
coinvolgimento del sistema delle imprese.
Il sistema delle politiche attive del lavoro regionali e dei servizi all’impiego deve
porsi l’obiettivo generale di non penalizzare la ricchezza delle forme in cui può
manifestarsi l’attività lavorativa, favorendo e incentivando tuttavia alcuni movimenti e
percorsi all’interno delle varie polarità che ne delimitano i confini. I movimenti più
importanti da incentivare sono:
•
il passaggio da varie posizioni lavorative irregolari o improprie a
posizioni regolari. In primo luogo il cosiddetto lavoro sommerso, ma altresì
tutti i passaggi da forme di lavoro improprio a forme proprie (es., da lavoro
occasionale a lavoro autonomo, da ambulantato abusivo ad ambulantato
regolare, ecc.). L’emersione del sommerso richiede sia una più profonda
conoscenza dei meccanismi che lo generano, sia una più precisa individuazione
dei soggetti che ne sono maggiormente interessati e dei percorsi di emersione
proponibili. Una volta ottenuta questa conoscenza, dovranno essere attivate
strategie combinate di politiche sociali e del lavoro rivolte a favorire in ogni modo
l’emersione, che costituisce giustamente una priorità anche a livello nazionale, in
modo da massimizzare il contributo recato da questo “lavoro nascosto” cercando
il più possibile di rimuovere le cause che l’avevano reso tale
•
l’evoluzione verso il lavoro autonomo ed imprenditoriale. Si tratta di un
obiettivo di fondo che deve essere realizzato attraverso una più generale
•
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Le linee di indirizzo per la programmazione 2003/2005
impostazione dei servizi per l’impiego e delle attività di orientamento e formazione
a favore di una concezione imprenditiva dei propri percorsi professionali, anche se
questi sono destinati a svilupparsi in tutto o in parte in forma dipendente
piuttosto che autonoma. Sotto questo profilo, si può ritenere che
l’imprenditorialità costituisca anche un sotto-prodotto degli interventi rivolti
all’occupabilità. Fino a che infatti si trasmetterà nell’orientamento al lavoro una
concezione oppositiva del lavoro dipendente e di quello autonomo, non si potrà
sviluppare davvero né l’imprenditorialità né l’occupabilità. Per perseguire
efficacemente questo obiettivo occorre peraltro intervenire sui diversi percorsi che
conducono dal lavoro dipendente a quello autonomo, o da quello autonomo a
quello imprenditoriale, differenziando gli interventi in relazione ai diversi target ed
accompagnando gli interventi di formazione e orientamento con quelli di sostegno
(economico e consulenziale) all’avvio della nuova attività. Si prevede l’attivazione
di specifici “Progetti Integrati” costruiti appositamente nella logica di proporre
forme di “scuola per neo imprenditori” ed articolati in stretta collaborazione e con
la partecipazione anche economica di aziende. Forme originali di mentoring già
sperimentate nel supporto all’imprenditoria femminile potranno essere estese ad
una più vasta utenza. Attenzione particolare dovrà essere rivolta all’evoluzione
imprenditoriale delle attività sommerse e alla regolarizzazione di immigrati
attraverso l’avvio di attività autonome
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i percorsi di carriera assistiti entro le varie forme di lavoro flessibile (autonomo o
dipendente). Già si è detto che la crescente flessibilizzazione degli accessi al
mercato del lavoro non deve tradursi in una penalizzazione per giovani, donne e
altre fasce che più di altre si avvalgono di questi canali di accesso. Il grado di
flessibilità (rispetto all’archetipo del lavoro dipendente a tempo indeterminato e
pieno) non deve diventare anche la misura del grado difforme di tutela indiretta:
in altre parole, le opportunità di remunerazione, di formazione, di sviluppo
professionale, di carriera, di passaggio ad altre occupazioni, di reinserimento
scolastico, ecc. dovrebbero semmai essere superiori per questa categoria di
lavoratori rispetto ai “regolari”, proprio per compensare, con maggiori garanzie
sul piano dell’occupabilità, quelle minori tutele che si hanno sul piano
dell’occupazione. Si tratta di un’impostazione che prende sempre più piede nel
dibattito nazionale, che è compito dell’autonomia regionale sviluppare con
coraggiosa sperimentalità. I modi di realizzare questo obiettivo sono tutti da
inventare e possono comprendere sia facilitazioni nell’accesso a percorsi formativi,
sia servizi di tutorato (anche a distanza) specificamente dedicati dai nuovi Servizi
per l’impiego, sia contributi economici per sostenere i costi addizionali (di mobilità
geografica, di parziale inoccupazione) derivanti non dai diversi contratti adottati,
ma dai percorsi intrapresi attraverso tali contratti
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l’incentivazione di nuove tipologie contrattuali, esclusivamente laddove c’è
consensualità, che rispondano a modalità più flessibili nell’organizzazione dei
processi produttivi in favore dei soggetti svantaggiati, delle donne, dei lavoratori
prossimi alla pensione e dei giovani in ingresso, tutto ciò in assoluto rispetto delle
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Le linee di indirizzo per la programmazione 2003/2005
tutele fondamentali a predisio della dignità e della sicurezza dei lavoratori, quali,
ad esempio, la previsione di incentivi al lavoro part-time dei pensionati, purché
dette forme siano compatibili con la legislazione pensionistica, ed alla
flessibilizzazione consensuale del lavoro degli over 50. Si tratta anche in questo
caso di una linea guida degli interventi nazionali , che nel caso ligure corrisponde
peraltro ad un’esigenza fortemente percepita. La struttura demograficooccupazionale della regione favorisce infatti la precoce espulsione di soggetti in
età matura, attraverso prepensionamenti e pensioni d’anzianità, mentre per altro
verso rende assai difficile il reinserimento lavorativo di soggetti al di sopra dei 50
anni.
Nel primo caso si tratta di persone che trasferiscono sul reddito le garanzie
precedentemente godute nel lavoro e che si trovano spesso in condizioni di
approfittare di “finestre” particolarmente vantaggiose, a seguito delle quali magari
rimarranno nel mercato del lavoro a titolo più o meno sommerso; nel secondo
caso, di persone che non hanno maturato sufficienti contributi previdenziali e che
sono tuttora in età e condizioni psicofisiche lavorative, ma condannate alla
disoccupazione e talvolta anche alla miseria (nuove povertà).
Entrambi i casi sono accomunati dal fatto che concorrono a deprimere il tasso di
occupazione complessivo e sono esempio e causa di distorsioni del mercato di un
certo rilievo. Per entrambe le categorie si tratta di adottare incentivi al lavoro part
time o ad altre forme di attività che permettano un pieno recupero di questi
soggetti dal punto di vista lavorativo, sociale, contributivo, fiscale, abbassando nel
contempo la pressione sui servizi socio-assistenziali
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lo sviluppo del telelavoro che rappresenta una realtà importante nel contesto
occupazionale europeo; oltre 4.500.000 persone, secondo gli ultimi dati
disponibili, hanno scelto questa modalità che oltre al consentire compatibilità fra
ritmi di vita e di lavoro ha anche positivi risvolti sociali, cioè minor traffico ed
inquinamento, minor richiesta di uffici con conseguente maggiore disponibilità di
abitazioni ecc.
Nonostante l’accordo sottoscritto a livello europeo dalle organizzazioni
imprenditoriali e sindacali, il telelavoro, nella realtà italiano, è ancora poco
praticato e sono pochi i contratti collettivi nazionali di lavoro (quali il settore delle
telecomunicazioni ed il commercio) che hanno recepito questa modalità.
La Regione Liguria riconosce l’importanza che il telelavoro riveste nell’economia
attuale ed, in particolare ai fini dell’integrazione e della crescita della coesione
sociale. E’ pertanto necessario sostenerne la diffusione operando su tre linee:
• sensibilizzazione e stimolo delle Parti Sociali per il raggiungimento di accordi
territoriali in materia
• la concessione di incentivi economici per sviluppare il telelavoro quale forma di
facilitazione di svolgimento di attività lavorativa con particolare riguardo a
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Programma Triennale dei Servizi per l’Impiego, delle Politiche
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Le linee di indirizzo per la programmazione 2003/2005
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determinate fasce di lavoratori svantaggiati, principalmente a favore delle
donne, dei disabili, e degli over 50
realizzazione di interventi formativi specifici, nell’ambito delle azioni di
formazione permanente e continua, sugli aspetti pratici ed applicativi del
telelavoro.
Le proposte formulate al punto precedente richiedono di considerare in modo
congiunto gli incentivi (monetari, fiscali, retributivi), gli interventi di regolazione del
mercato (consentiti in parte dall’autonomia piena della Regione), le politiche sociali e
quelle fiscali, al fine di massimizzare in modo intelligente gli effetti delle politiche del
lavoro. L’esempio migliore di questa necessità è costituito dal lavoro sommerso, che
spesso è tale, come già si è detto, per l’intreccio perverso di politiche sociali, fiscali e
contributive: un intreccio che non è possibile sciogliere agendo soltanto su di una
leva pur importante, come quella delle politiche del lavoro.
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Un altro campo sul quale la Regione intende intervenire è quello della
stabilizzazione del lavoro precario, coniugando la necessità di flessibilità
espressa dal mondo delle imprese con l’esigenza delle persone di prospettive di
sicurezza, che si traducono nel garantire a tutti un equo accesso ad una
occupazione regolare e stabile.
Il lavoro precario, in particolare quello temporaneo ma anche quello
“intermittente” introdotto dalla recente Legge di delega sul mercato del lavoro,
deve essere considerato un momento transitorio nel percorso fra lo stato di
inoccupato e quello di occupato.
Il lavoro precario, salvo che corrisponda a scelte di vita del singolo
soggetto, non corrisponde ad una scelta della persona ma è da questa accettato
per poter restare nel mercato del lavoro; ne consegue un “vissuto” negativo he
deve essere considerato.
In questa ottica, gli interventi della Regione Liguria si muovono su tre assi:
- il riconoscimento delle competenze acquisite nel lavoro precario, al fine
di aumentare l’occupabilità presso altre imprese o in altri settori (riconoscimento
degli acquis);
- la flessibilizzazione dei percorsi formativi, in modo che i lavoratori
precari possano aumentare la loro professionalità (e, conseguentemente,
occupabilità) nei periodi per loro più opportuni
- incentivi economici per le imprese che trasformano il contratto di lavoro
da precario a stabile.
- L’attivazione di servizi, presso le strutture per l’impiego, capaci di
prendere in carico il lavoratore precario ed accompagnarlo nel percorso
intercorrente fra un lavoro ed un altro.
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Le linee di indirizzo per la programmazione 2003/2005
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Occorre operare anche nel campo di quella zona grigia di frontiera intermedia fra
lavoro subordinato e lavoro autonomo nel quale si collocano i lavoratori atipici cui
si fa riferimento parlando di collaborazioni coordinate e continuative, collaboratori
occasionali, lavoratori interinali, professionisti privi di Ordine o di Albo ecc. ed il
cui numero è in costante aumento.
In coerenza con la linea governativa, espressa nella legge delega per
l’occupazione ed il mercato del lavoro, che cancella le “collaborazioni coordinate e
continuative” in quanto strumento elusivo e frodatorio della legislazione posta a
tutela del lavoro subordinato, la Regione, per quanto di sua competenza, favorirà
l’utilizzo di altre tipologie contrattuali previste, quali il “lavoro a progetto”, fermo
restando l’impegno più generale ad agevolarne la trasformazione in contratti a
tempo indeterminato.
AZIONE CHIAVE: TRANSIZIONE MORBIDA DAL LAVORO ALLA PENSIONE
In coerenza con quanto detto sopra, è opportuno prevedere interventi integrati di politiche del
lavoro e sociali nei confronti degli occupati nella fascia 50-64 anni, finalizzati a permettere un
passaggio progressivo e non traumatico alla pensione. I traumi da evitare possono avere sia carattere
reddituale (i pensionati si avviano a diventare una quota consistente dei nuovi poveri, soprattutto se
donne o in posizioni a basso reddito o con modesti versamenti contributivi), sia carattere sociale
(perdita d’identità derivante dalla perdita del lavoro).
L’azione chiave prevede dunque azioni di orientamento, incentivi alle imprese che avviano
programmi di pensionamento “morbido” (ad es., attraverso forme di part-time pre-pensione o di
collaborazione post pensione), sostegni al terzo settore (che può assicurare impieghi non standard a
tali soggetti), programmi di formazione e di eventuale inserimento lavorativo.
Come già detto nel capitolo dedicato ai lavoratori ultracinquantenni, nell’ambito della revisione
della normativa regionale per la promozione occupazionale, potrà essere prevista la concessione di
contributi alle imprese per un percorso di transizione morbido che si concretizzi nell’impiego, per parte
del tempo di lavoro, come “tutor” di nuovi assunti o per collaborazioni post pensione.
AZIONE CHIAVE: FORMAZIONE PER NUOVI IMPRENDITORI E SOSTEGNO ALLA IMPRENDITORIALITÀ
Seguendo le indicazioni relative alla rinnovata richiesta di formazione superiore per nuove
attività imprenditoriali, si ritiene utile prevedere l’attuazione di specifici progetti integrati che
sviluppando le azioni di orientamento, formazione breve, assistenza allo start-up coinvolgano
nell’attuazione le imprese. In questa azione chiave è previsto il coinvolgimento diretto, anche
economico delle imprese che operano nel sistema economico ligure.
Come già rilevato in occasione della formulazione del P.O.R, Obiettivo 3 per gli anni 2000 –
2006, la Liguria si caratterizza per una scarsa propensione all’imprenditorialità; nonostante un certo
dinamismo registrato negli ultimi anni, il numero delle piccole e medie imprese continua a risultare
inferiore alla media nazionale ed il tasso di mortalità nei primi tre anni di vita dell’azienda risulta
particolarmente elevato.
Alla luce di ciò ed in considerazione delle incerte prospettive relative allo sviluppo economico,
appare opportuno che fra le priorità della Regione Liguria siano ricompresi i due obiettivi dello
sviluppo dell’imprenditorialità e del sostegno alla sua espansione
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Programma Triennale dei Servizi per l’Impiego, delle Politiche
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Le linee di indirizzo per la programmazione 2003/2005
Si tratta di intervenire essenzialmente nelle seguenti direzioni :
¾
A.1 creare condizioni favorevoli all’insediamento di nuove imprese, principalmente in
connessione con gli strumenti previsti nelle azioni programmate a titolo dell’Obiettivo 2, in
particolare tramite il riconoscimento del costo dei posti di lavoro creati per un periodo di 2
anni e nel limite del 50%
¾
A.2 ridurre costi ed oneri al momento della creazione d’impresa, utilizzando al meglio la
semplificazione operata con l’istituzione degli sportelli unici per le attività produttive che vanno
potenziati
¾
A.3 promuovere, come raccomandato dall’Unione Europea22, l’insegnamento di discipline utili
per l’imprenditoria ed il lavoro autonomo, sviluppando una interazione tra scuola Università e
formazione professionale
¾
A.4 adottare specifici provvedimenti a favore dell’avvio di imprenditoria femminile, come
esposto al punto 3.4.6.1
¾
A.5 favorire la realizzazione di progetti integrati di creazione d’impresa anche attraverso il
potenziamento degli attuali servizi di sostegno allo sviluppo delle imprese ed un maggiore
coinvolgimento delle Associazioni di categoria e delle Camere di Commercio, dare sostegno
alla creazione di consorzi di imprese (settoriali ed intersettoriali) utilizzando pienamente le
risorse della misura D.3 del P.O.R. Obiettivo 3
¾
A.6 intervenire a sostegno della promozione e dello sviluppo dell’impresa sociale
¾
A.7 realizzare accordi con le Associazioni di categoria per sperimentare forme di work
experiences per consentire ai giovani di verificare la loro intenzione di creare proprie imprese.
¾
A.8 intervenire a sostegno del ricambio generazionale
In considerazione dell’età media degli attuali imprenditori, assume particolare importanza
sostenere e favorire il ricambio generazionale specie nelle imprese familiari ed in quelle di piccole
dimensioni che costituiscono la stragrande maggioranza delle imprese liguri.
A tal fine va data maggiore attenzione alla previsione di interventi formativi rivolti a giovani figli
di imprenditori, ed in particolar modo alle giovani donne, coinvolgendo nella attività di promozione le
Associazioni di categoria.
¾ A.9 occorre, inoltre, operare a sostegno all’adeguamento professionale degli imprenditori
I piccoli imprenditori sono quelli che, in oggi, maggiormente risentono dell’incertezza del
mercato in quanto le loro imprese, a differenza di quelle medio – grandi, sono per lo più prive di
risorse (anche finanziarie) e di strumenti per analisi revisionali a medio termine e per programmare gli
adeguamenti necessari.
Inoltre i piccoli imprenditori, ed in particolare le imprenditrici, sono quelli che maggiormente
hanno difficoltà a destinare tempo per la propria formazione.
Appare, perciò, fondamentale prevedere un forte impegno a sostegno all’adeguamento
professionale degli imprenditori, in un contesto di fattiva collaborazione con le Associazioni di
categoria, specie rispetto all’evoluzione normativa e alle nuove forme di organizzazione del lavoro.
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Memorandum della Commissione per l’Istruzione e la Formazione permanente, 2000
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Le linee di indirizzo per la programmazione 2003/2005
Sulla base dell’esperienza fatta con il progetto sperimentale Euro2000, che ha avuto esito
positivo pur con differenze anche marcate nei differenti ambiti territoriali, si ritiene che azioni di
formazione corta ma mirata, unitamente allo sviluppo di analisi specifiche sui fabbisogni formativi –
informativi, costituiscano la risposta adeguata a questi bisogni.
Pertanto, nelle analisi provinciali, appare opportuna una particolare attenzione ai bisogni di
formazione per i titolari di piccole imprese.
AZIONE CHIAVE: IL LAVORO AUTONOMO
Il lavoro autonomo costituisce un segmento del mercato del lavoro in continua crescita e va
considerato sia per quanto riguarda l’autoimpiego sia per il lavoro dipendente che genera.
Sotto il primo aspetto, quello dell’autoimpiego, vanno ricordate le misure nazionali a sostegno, e
precisamente il D. Leg. 185/00 ed il D. M. 295/01 che prevedono incentivi .economici.
La Regione Liguria ritiene di dover intervenire a sostegno tramite iniziative corsali post laurea,
di breve durata cioè sino ad un massimo di 200 ore, a favore del lavoro autonomo con particolare
riferimento ai temi della qualità, della sicurezza.
Analogamente importante è il sostegno al mantenimento dello stato di lavoratore autonomo
soprattutto alla luce del fabbisogno di continuo aggiornamento (di ordine fiscale, previdenziale ecc.) di
cui hanno necessità questi lavoratori; significativo di ciò – ad esempio – è il regolamento sulla
formazione continua del dottore commercialista adottato dal Consiglio Nazionale dei Dottori
commercialisti nel febbraio 2002 che, all’art. 2, definisce la formazione professionale quale “obbligo
deontologico”.
Conseguentemente, nella predisposizione della pianificazione provinciale vanno considerate le
necessità di adeguati interventi di formazione continua a sostegno dei lavoratori autonomi.
Il lavoro dipendente generato dal lavoro autonomo sfugge in gran parte alle analisi che
vengono svolte sul mercato del lavoro, pur essendo numericamente importante.
Le rilevazioni di cui si dispone evidenziano fabbisogni di figure professionali appositamente
formate principalmente per studi medici, studi legali, studi di commercialisti.
Bisogni
marginali
sono, inoltre, stati rilevati presso consulenti operanti nel campo della qualità ma occorre tener conto
che vi sono, in Liguria, molti spazi di crescita per questo tipo di attività.
Generalmente le figure professionali sono riconducibili a quelle già considerate nella
pianificazione corsuale (segretarie, addetti contabilità ecc.), tuttavia le mansioni effettivamente svolte
implicano competenze relazionali molto più accentuate in quanto il rapporto con il Cliente è molto più
diretto e frequente, come nel caso di segretarie di studi medici o contabili presso studi di
commercialisti.
Appare opportuno, quindi, prevedere la possibilità di moduli integrativi per competenze
particolari e legate a specifici inquadramenti professionali, da attivare a seguito di effettivi bisogni
verificati con le Associazioni rappresentative del lavoro autonomo e dei lavoratori.
La Regione, al fine di facilitare la realizzazione di percorsi personalizzati di sviluppo del lavoro
autonomo, inseriti all’interno di un progetto organico volto alla valorizzazione delle risorse umane, allo
sviluppo e al consolidamento imprenditoriale, promuove la sperimentazione di titoli di acquisto di
servizi denominati “voucher”. Il voucher è destinato a facilitare la fruizione dei seguenti servizi, anche
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Le linee di indirizzo per la programmazione 2003/2005
in forma di consulenza individuale:
• orientamento;
• bilancio di competenze;
• formazione specializzata;
• azioni di accompagnamento alla creazione di impresa anche mediante azioni di consulenza con
particolare riguardo alla fase di avvio dell’impresa.
3.5.5.3. Dalla sicurezza sul lavoro all’emersione del lavoro non
regolare
La Regione intende intervenire attivamente nella materia della sicurezza sul
lavoro – intesa come tutela e salvaguardia dell’integrità del prestatore d’opera in tutti
i suoi aspetti e settori lavorativi - per dare nuovo impulso all’attività attuale e per
garantire, attraverso un coordinamento effettivo di tutti i soggetti interessati e con il
coinvolgimento delle Parti Sociali, un miglioramento dell’attuale situazione
complessiva.
Il contesto normativo di riferimento é in forte evoluzione e probabilmente
condurrà in breve tempo ad una riforma complessiva del settore, mediante
conferimento di competenze in materia di sicurezza alle Amministrazioni regionali.
Come previsto dalla recente riforma all’articolo 117 della Costituzione, viene infatti
attribuita alle Regioni potestà legislativa concorrente sulla materia e,
conseguentemente, autonomia nella scelta e nell’organizzazione degli strumenti da
utilizzare e delle priorità da raggiungere.
Le iniziative che la Regione ritiene opportuno attivare soddisfano, in primo
luogo, la necessità di dare uniformità sia all’azione di vigilanza svolta dai soggetti a
ciò adibiti, sia alle modalità applicative della numerosa normativa specifica di settore.
Tali iniziative si attuano mediante il raccordo tra gli stessi soggetti per coordinare le
procedure di accertamento (finalizzate tra l’altro anche all’emersione del lavoro non
regolare) e tramite la definizione di standard qualitativi ai fini dell’attuazione dei
precetti in materia di sicurezza nonché della promozione di attività formative nel
settore.
In particolare la Regione:
• individua gli obiettivi e le priorità di intervento, coordina le iniziative volte a
rendere effettivo il raggiungimento di un adeguato livello di sicurezza per i
lavoratori e programma altresì le iniziative che favoriscono l’aggiornamento,
l’informazione e la formazione.
• attua il coordinamento con gli Enti ed Istituti competenti in materia attraverso il
Comitato regionale di coordinamento previsto dall’art.27 del decreto legislativo
n.626/1994 anche attraverso apposite convenzioni stipulate con le competenti
Amministrazioni statali.
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Le linee di indirizzo per la programmazione 2003/2005
Il tema della sicurezza sul lavoro è peraltro strettamente connesso a quello
dell’emersione del lavoro non regolare, per il quale le iniziative
devono
necessariamente dispiegarsi su più fronti e più livelli in considerazione dell’estrema
sfaccettatura del fenomeno.
Innanzi tutto è indispensabile creare un Sistema Informativo di rete che possa
proficuamente realizzare sul territorio una forte connessione tra i bisogni delle
imprese e l’organizzazione di un servizio reticolare di orientamento, di formazione ed
informazione facendo leva sulle potenzialità degli enti e delle strutture già esistenti.
Dovrà in particolare essere posta attenzione a sviluppare la capacità di ascolto
sul territorio delle imprese con una stretta integrazione alla rete formativa e
produttiva locale.
In secondo luogo dovranno essere intraprese azioni concrete al fine di:
• garantire
indirettamente il sostegno dei processi di emersione e
regolarizzazione delle imprese attraverso percorsi facilitati di accesso al
credito (finanziamenti nazionali e comunitari);
• fornire servizi di valutazione ex ante ed in itinere rispetto alle capacità delle
imprese di sopravvivere nella forma regolare;
• promuovere
l’animazione territoriale e la diffusione
imprenditoriale di tipo collaborativo e poi competitivo;
della
cultura
• sviluppare servizi integrati, quali la creazione e la promozione di marchi
facilmente riconoscibili sui mercati, nonché servizi di sostegno alle imprese
per la commercializzazione e per la cultura d’impresa.
AZIONE CHIAVE: INTERVENTI A FAVORE DELLA SICUREZZA SUI LUOGHI DI LAVORO
Negli ultimi anni sono stati approvati importanti e innovativi strumenti legislativi per quanto
concerne la tutela del lavoro e il diritto alla sicurezza sui luoghi di lavoro, primo tra tutti, in attuazione
delle direttive comunitarie, il D.Lgs. 626/1994, cui è seguito Carta 2000, documento con il quale il
Governo ha espresso propri principi programmatici per una più efficace azione nel settore.
Nell’Accordo assunto il 21.12.2000 in sede di Conferenza Stato-Regioni è emersa la necessità di
un più incisivo intervento da parte della Regione, sia per quanto concerne la programmazione delle
iniziative di intervento, sia per l’attuazione di un effettivo coordinamento tra i soggetti istituzionali
operanti nel settore, sia per agevolare i soggetti pubblici e privati negli adempimenti derivanti dalla
normativa in materia nonché per promuovere e attuare attività di informazione, assistenza e
formazione in materia di sicurezza negli ambienti di lavoro.
Con il passare del tempo questa attenzione tende naturalmente a ridursi nonostante che in
Italia il numero degli infortuni in ambito lavorativo sia ancora estremamente elevato
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Le linee di indirizzo per la programmazione 2003/2005
La Regione Liguria assegna grande importanza a questo tema, considerandolo imprescindibile
per la cultura del lavoro dipendente, autonomo o imprenditoriale che esso sia.
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Nel concreto il compito della Regione dovrà essere quello di:
svolgere funzione di raccordo e coordinamento tra i vari soggetti, istituzionali e non, coinvolti nel
settore, anche mediante promozione di accordi di programma;
attuare centri di documentazione e di raccolta di tutti i dati disponibili sulla materia, anche
avvalendosi delle banche dati già esistenti;
esercitare attività di informazione e comunicazione capillare, anche mediante realizzazione di sedi
o sportelli, nonché di assistenza e consulenza, per rendere effettiva la prevenzione.
Promuovere corsi di formazione professionale per i soggetti interessati e per le figure professionali
- tecniche previste dalla normativa, anche mediante definizione di standard formativi adeguati,
favorendo altresì l’attuazione di progetti di formazione scolastica concernenti la disciplina in tema
di sicurezza sul lavoro. Allo scopo di ottimizzare i risultati informativi e conoscitivi di questo
modulo, la Regione potrà scegliere uno o più prodotti multimediali già realizzati da alcuni soggetti
nell’ambito di attività finanziate con risorse pubbliche per farne ampia diffusione fra gli utenti delle
azioni formative.
Inoltre, potranno essere previsti contributi alle piccole imprese che migliorano i loro standard
di sicurezza con interventi ulteriori e aggiuntivi rispetto a quelli richiesti dalle normative vigenti, sulla
base di intese con le parti sociali.
AZIONE CHIAVE: INTERVENTI A FAVORE DELL’EMERSIONE DEL LAVORO SOMMERSO
L’Italia è uno dei Paesi dell’Unione Europea con il più elevato tasso di lavoro nero23; l’insieme
dell’economia sommersa incide sul prodotto lordo in una misura stimata pari al 28% a fronte del 14%
– 16% della media OCSE.
Il lavoro irregolare segna un trend di crescita continua, ed è stimato dall’Istat al 15,1% delle
unità di lavoro totali, interessando tutti i comparti produttivi e larghe fasce di servizi alle persone.
Significativa, rispetto alla diffusione del lavoro irregolare, è l’indicazione fornita dall’Inps nel dicembre
2002 che riferisce che su 130.000 imprese assoggettate a verifiche è stata rilevata la presenza di oltre
100.000 lavoratori irregolari.
Per combattere questo fenomeno i cui effetti negativi assumono molteplici aspetti sia di tipo
economico (come la distorsione della regolare concorrenzialità fra imprese a danno di quelle regolari)
sia di tipo sociale (come la precarietà e lo sfruttamento del lavoro, specie di persone extracomunitarie)
è stata approvata la legge n° 383/02 per agevolare e favorire le imprese irregolari a rientrare nella
legalità.
Inoltre, le azioni di lotta contro il sommerso rientrano fra le priorità individuate dal Governo ed
inserite nel NAP per il 2002.
L’aumento dell’occupazione dei liguri non si risolve certo con l’artificio statistico di far passare le
persone dalla condizione del sommerso a quella del lavoro regolare, senza che questo passaggio
coincida con miglioramenti qualitativi del lavoro stesso e dei servizi resi grazie a questo contributo
lavorativo.
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Piano Nazionale d’Azione per l’Occupazione 2002
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Le linee di indirizzo per la programmazione 2003/2005
In questa logica i provvedimenti a favore dell’emersione attivati e previsti debbono essere
accompagnati da interventi specifici di politica del lavoro capaci di migliorare significativamente la
qualità del lavoro e rendere così attraenti anche per tal via i percorsi dell’emersione.
Andranno messi in campo per conseguire l’azione chiave sia interventi di sistema (comprensivi
di studi specifici e di attività promozionali e di comunicazione pubblica), sia interventi integrati di
orientamento, formazione, inserimento lavorativo o sostegno all’attività autonoma e imprenditoriale.
Rilevanti sono le connessioni con gli interventi a titolo dell’Obiettivo 2 e la necessità di
privilegiare tali aree.
Da sottolineare poi le sinergie con la priorità trasversale delle pari opportunità (sono spesso le
donne ad essere titolari di attività lavorative irregolari) e la rilevanza dell’azione chiave nei confronti
degli immigrati (che le ricerche mostrano essere spesso coinvolti nel lavoro nero).
Da approfondire le connessioni con lo sviluppo dell’economia sociale, che opera spesso nei
campi in cui è anche diffuso il lavoro irregolare e può giocare un ruolo di rilievo nella sua progressiva
regolarizzazione.
Obiettivo primario della Regione è favorire il passaggio da varie posizioni lavorative irregolari
(lavoro sommerso, ambulantato irregolare) o improprie (lavoro occasionale, collaborazione coordinata)
a posizioni regolari.
Nel concreto, i provvedimenti della Regione Liguria riguarderanno :
™ l’informativa sulla legge 383 attraverso attività promozionali e di comunicazione;
™ interventi integrati di orientamento, formazione ed inserimento lavorativo; in particolare sarà
reso disponibile un servizio di bilancio delle competenze e di riconoscimento degli acquis,
atteso che il lavoratore irregolare usualmente non è in grado di certificare l’esperienza
lavorativa svolta;
™ interventi di orientamento e, a fronte di un progetto di sviluppo professionale elaborato in tale
direzione assieme ai Centri per l’impiego, formazione e sostegno all’avvio all’attività autonoma
o imprenditoriale, in stretto raccordo con le azioni previste a titolo Obiettivo 2;
™ studi specifici, sia territoriali che settoriali, per avere una migliore comprensione sia delle
particolarità del lavoro sommerso (tasso di presenza femminile, percentuale di immigrati
specie extracomunitari, fasce d’età ecc.) sia delle connessioni con l’economia sociale;
™ incentivi, anche di natura economica, a favore di imprese che regolarizzino la loro posizione
A livello istituzionale la Regione attuerà un forte raccordo con le Autorità centrali al fine di
operare un positivo coordinamento, specie sul fronte della comunicazione e della sensibilizzazione
delle imprese, e periodici confronti con le Parti Sociali per affinare i provvedimenti rivolti a favorire
l’emersione.
Inoltre, in applicazione del 2° comma dell’art. 2 della Legge Regionale 49/01, la Regione
assicura il coordinamento di tutti gli Enti ed Istituti operanti nell’ambito della vigilanza al fine di
assicurare il raccordo con il controllo sul lavoro sommerso ed irregolare.
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Le linee di indirizzo per la programmazione 2003/2005
AZIONE CHIAVE: INIZIATIVE PER L’INCLUSIONE DEGLI EXTRACOMUNITARI REGOLARI
I lavoratori extracomunitari, così come i soggetti extracomunitari in possesso di regolare
permesso ed in cerca di occupazione, costituiscono una realtà importante del tessuto economico e
sociale ligure, come già esposto nel capitolo relativo al contesto occupazionale.
Va, tuttavia, rilevato che questi soggetti costituiscono il primo bacino del lavoro irregolare e
dell’abusivismo; occorre, quindi, prevedere interventi atti a combattere questi fenomeni ed a offrire,
alle persone in regola con la normativa, la possibilità di un regolare inserimento nel mondo del lavoro.
Nei loro confronti va attuata una politica di accoglienza ed integrazione che consenta a queste
persone di superare i principali ostacoli che incontrano nell’inserimento del mondo del lavoro : la
lingua, la inesistente o insufficiente conoscenza della normativa sui rapporti di lavoro ed una adeguata
professionalità.
Rispetto al primo versante, nella logica della flessibilizzazione dei percorsi formativi, si possono
prevedere moduli di alfabetizzazione linguistica preliminari ad azioni finalizzate all’apprendimento
professionale in coerenza con le linee indicate nel Nap Inclusione del 2001.
Questi moduli
potranno avere una durata ricompresa fra le 24 e le 40 ore.
La scarsa conoscenza della normativa sui rapporti di lavoro è, spesso, alla base di situazioni
irregolari o precarie; per questa ragione, quale momento specifico per soggetti immigrati ed
extracomunitari e sempre nella logica dei percorsi personalizzati, si prevede la realizzazione di un
modulo integrativo di durata ricompresa fra le 24 e le 40 ore sulla normativa italiana in tema di
rapporti di lavoro.
Quanto all’aspetto della professionalizzazione, va ricordato che a livello ministeriale si prevede
l’individuazione e la registrazione delle competenze tecniche e linguistiche degli aspiranti lavoratori
extracomunitari24 tramite accordi con alcuni Paesi quali l’Albania e la Tunisia, mentre a livello regionale
si può operare tramite il riconoscimento degli acquis per una corretta individuazione delle competenze
già possedute ai fini della definizione dei percorsi di formazione.
I soggetti extracomunitari, in regola con la normativa, potranno accedere alle azioni formative
previste nei Piani provinciali e sarà possibile istituire corsi specificatamente loro rivolti, purché in
presenza di idonee garanzie di effettiva finalizzazione all’inserimento lavorativo, e collegati ad un
progetto di inclusione sociale
I lavoratori extracomunitari possono accedere alle iniziative sia di formazione continua che di
formazione permanente.
Va, inoltre, realizzata una diffusione della multiculturalità, che potrà formare oggetto di specifica
iniziativa regionale, sia nei luoghi di lavoro rispetto ai quali è essenziale una partecipazione propositiva
ed attiva delle Parti sociali, sia fra gli operatori dei servizi, non solo per combattere ogni forma di
xenofobia e razzismo ma anche per salvaguardare la diverse identità culturali.
24
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Decreto Interministeriale 4/9/00
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Le linee di indirizzo per la programmazione 2003/2005
3.5.6. Rafforzare le politiche per la famiglia, la coesione sociale e le
pari opportunità
Per realizzare lo sviluppo del rafforzamento delle politiche per la coesione
sociale e le pari opportunità tra le donne e gli uomini, si dovrà realizzare un insieme
coerente di politiche che diano impulso all’integrazione sociale, che innalzino il tasso
di occupazione femminile, che perseguano l’obiettivo delle pari opportunità tra i
sessi, offrendo un’ampia capacità di scelta nel settore dell’istruzione e della
formazione e verificandone costantemente i progressi.
3.5.6.1. Verso una politica per la famiglia e la coesione sociale
É necessario innanzitutto perseguire l’obiettivo delle pari opportunità tra donne
ed uomini incrementando il tasso di occupazione femminile favorendo l’inserimento
lavorativo, l’avanzamento professionale e le misure tese a conciliare la vita lavorativa
con quella domestica.
a:
A tale scopo dovranno essere attivate azioni di politica attiva del lavoro idonee
•
incoraggiare interventi in favore delle famiglie per la creazione di servizi accessibili
e di qualità per la custodia dei figli e l’assistenza delle persone a carico non
autosufficienti, anche attraverso il ricorso ai congedi parentali;
•
ridurre gli ostacoli che impediscono alle donne di creare un’azienda o di
intraprendere un’attività autonoma;
•
introdurre formule flessibili di organizzazione del lavoro sia per gli uomini che per
le donne, quali ad esempio il part-time o il lavoro ripartito o a coppia previsto
dalla nuova legge delega sul mercato del lavoro o gli interventi previsti nella legge
n° 53/00;
•
sostenere l’accesso delle donne all’istruzione, alla formazione permanente e lungo
tutto l’arco della vita, in particolare nel campo della tecnologia dell’informazione;
•
prestare particolare attenzione alle donne ed agli uomini che intendono reinserirsi
nel mercato del lavoro dopo un periodo di assenza e che pertanto possono
ritrovarsi ad avere competenze superate o ad incontrare difficoltà di accesso alla
formazione.
AZIONE CHIAVE: INNALZARE IL TASSO DI OCCUPAZIONE DELLE DONNE
La presente azione chiave ha quindi la funzione di legare insieme, attraverso un unico filo
conduttore, le azioni precedentemente illustrate dando organicità e sistematicità agli interventi sulla
•
Programma Triennale dei Servizi per l’Impiego, delle Politiche
Formative e del Lavoro
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Le linee di indirizzo per la programmazione 2003/2005
base di specifici approfondimenti conoscitivi relativi a questa particolare fascia di popolazione e con lo
scopo di realizzare misure integrate anche con le politiche sociali.
Dovranno essere quindi previsti interventi coordinati di orientamento, formazione, aiuti
all’assunzione o alla creazione di lavoro autonomo e consulenziale, anche sviluppando patti ed intese a
livello locale tra le Istituzioni e le Parti Sociali.
D’altro canto occorrerà ulteriormente favorire, per le donne a media ed alta scolarità,
analogamente a quanto proposto per i giovani in situazione di difficoltà, una maggiore facilità di
acquisire esperienze di lavoro e di emersione dal lavoro non regolare, sia all’interno del percorso
scolastico, sia a margine dello stesso, sia all’interno di percorsi di orientamento che prevedano un
temporaneo inserimento lavorativo come propedeutico alla definitiva scelta circa la prosecuzione o
meno degli studi e l’indirizzo da seguire.
Il tema delle pari opportunità è oggetto a livello governativo di una serie di provvedimenti che
vogliono incidere in profondità sui principali ostacoli; occorre ricordare in proposito il disegno di legge
sugli asili nido che mira a dotare le famiglie monoparentali di servizi per bambini in età compresa fra 3
mesi e tre anni, la proposta di legge costituzionale di modifica dell’art. 51 della Costituzione per
incoraggiare l’accesso delle donne alle funzioni pubbliche, il disegno di legge delega presentato al
Parlamento in materia di mercato del lavoro per facilitare l’inserimento lavorativo delle donne e per
assicurare la conciliazione tra vita familiare e lavoro.
In questo quadro tuttora in definizione, che richiede uno stretto coordinamento fra livello
centrale e livello di governo regionale, il tema delle pari opportunità per uomini e donne viene
affrontato dalla Regione Liguria secondo due approcci :
•
da un lato assumendo questo tema quale elemento presente in ogni tipo di azione
programmata, cioè quale tematica orizzontale
•
dall’altro prevedendo specifiche iniziative atte ad avere un forte impatto su questa
problematica.
II disegno programmatorio della Regione Liguria si intreccia con le iniziative nazionali (Legge
53/00 azioni positive per la flessibilità, art. 70 legge finanziaria 2000 per la creazione di asili nido) e si
articola nelle seguenti azioni :
A) ridurre gli ostacoli che impediscono alle donne di creare un’azienda o di intraprendere
un’attività autonoma
Il principale ostacolo, sulla base delle analisi compiute, riguarda l’accesso al credito; per il
superamento di questo ostacolo la Regione Liguria opererà su due direttrici :
1. per l’ottenimento di capitale idoneo ad avviare l’attività, la Regione assumerà le iniziative
necessarie a sensibilizzare il sistema bancario sulla necessità della concessione di fidi agevolati a
donne che abbiano partecipato ad azioni formative finalizzate alla creazione d’impresa o all’avvio
di attività autonoma;
2. per la riduzione di oneri connessi con l’impegno per esercitare l’attività, si potranno concedere
rimborsi delle spese sostenute per l’accesso ai servizi di cura per minori ed anziani conviventi,
nonché attivare e predisporre infrastrutture e servizi volti a favorire la conciliazione tra vita
familiare e vita lavorativa, utilizzando le risorse della Misura E1 dell’Obiettivo 3, realizzando anche
misure integrate con i servizi sociali
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Formative e del Lavoro
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Le linee di indirizzo per la programmazione 2003/2005
B) rimuovere la difficoltà di conciliare gli impegni familiari con i tempi di lavoro che, per la
gestione di un’impresa o l’esercizio di un’attività autonoma, risultano particolarmente
onerosi.
In questa direzione, la Regione Liguria prevede :
1. la sperimentazione di nuove figure in grado di sostituire temporaneamente le imprenditrici o le
lavoratrici autonome in caso di impellenti necessità di allontanamento provvisorio dal lavoro; sulla
base dell’esito della sperimentazione il ricorso a figure sostitutive potrà essere allargato anche agli
uomini
2. promozione e sostegno a forme associative fra donne che consentano la riduzione del monte ore
di effettivo impegno (networking) anche attraverso le cosiddette “banche lavoro”
3. per il lavoro autonomo, e compatibilmente con le sue caratteristiche, incentivi e sostegno allo
sviluppo del telelavoro
4. promozione presso le Parti sociali al fine della creazione di una rete di servizi a supporto delle
imprese femminili appena avviate o in fase di decollo, eventualmente nell’ambito di una
sperimentazione che potrebbe assumere connotati interregionali con il coinvolgimento delle
Regioni finitime
C) superare la insufficiente conoscenza delle effettive opportunità di mercato rispetto
all’avvio di attività imprenditoriali o autonome, che è all’origine di molte esperienze negative.
Per il suo superamento la Regione Liguria attuerà :
1. ricerche ed analisi settoriali e territoriali volte ad individuare opportunità di nuove imprese o di
lavoro autonomo, avendo particolare attenzione alle nicchie generate dalla Società
dell’informazione e della conoscenza, della e.economy nonchè dell’economia sociale
2. iniziative volte ad informare e pubblicizzare le opportunità individuate con le ricerche e le analisi di
cui al punto precedente
3. formazione di operatori specializzati, presso i servizi di orientamento ed i centri di formazione, sul
tema dello sviluppo dell’imprenditoria femminile
4. sensibilizzazione delle organizzazioni imprenditoriali e delle Associazioni professionali affinché
attivino “sportelli di orientamento” specifici per la tematica femminile
D) favorire l’inserimento nel mondo del lavoro
Rispetto all’obiettivo di aumentare il tasso di occupazione femminile, le direttrici individuate
dalla Regione Liguria sono :
1
favorire la partecipazione femminile alla prosecuzione degli studi, attraverso percorsi di
orientamento e counselling finalizzate a promuovere condizioni di pari opportunità nelle filiere
scolastiche e formative ad indirizzo tecnico scientifico nonché sostenere percorsi formativi di alto
livello attraverso borse di studio o rimborsi spese e forme di tutorship
2
accrescere le possibilità migliorando gli strumenti ed i servizi per la ricerca di lavoro e per la scelta
del canale formativo, anche attraverso un orientamento precoce
3
aumentare l’occupabilità femminile attraverso percorsi che partendo da un accurato orientamento,
formazione finalizzata, work experiences, tutoring ed accompagnamento post formazione
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Formative e del Lavoro
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Le linee di indirizzo per la programmazione 2003/2005
consentano l’acquisizione di un livello adeguato di competenze e capacità professionali rispetto ai
segmenti occupazionali in cui tutt’oggi sono sottorappresentate
4
attivare forme di incentivazione, per le imprese, per lo sviluppo del telelavoro destinato a donne in
collegamento con i contributi previsti dall’art. 9 della legge 53/00 ed erogati dal Ministero del
Lavoro
5
attivazione di osservatori sulle iniziative volte a favorire l’inserimento femminile e azioni di
diffusione delle buone prassi
6
monitorare con particolare attenzione i progetti che verranno presentati nelle Iniziative
comunitarie, Equal ed Interreg in primis, finalizzati all’occupazione femminile al fine di diffondere
le buone prassi; di particolare interesse appaiono le azioni positive interne a programmi di work –
family – life per sfruttare meglio il diversity management che si stanno sperimentando nell’ambito
dell’Iniziative Equal.
7
Realizzare la formazione specifica di figure professionali, operanti presso i Centri per l’impiego,
capaci di “presa in carico” delle giovani che desiderino inserirsi nel mondo del lavoro
8
Finanziare tirocini anche all’estero
E) Evitare la perdita dello stato occupazionale
La perdita dell’occupazione è da ascriversi principalmente a due fattori :
-
l’incompatibilità fra orari di lavoro e impegni familiari
l’obsolescenza professionale
Rispetto al problema della compatibilità fra impegni lavorativi e familiari, la Regione Liguria si attiverà
per :
1. rimborsi delle spese sostenute per l’accesso ai servizi di cura per minori ed anziani conviventi
nonché attivazione e predisposizione di infrastrutture e servizi volti a favorire la conciliazione tra
vita familiare e vita lavorativa, utilizzando le risorse della Misura E1 dell’Obiettivo 3, realizzando
anche misure integrate con i servizi sociali
2. incentivi alle imprese per trasformazioni di contratti da tempo determinato a tempo indeterminato
e da contratti da tempo pieno a tempo parziale e viceversa
3. azioni a favore delle imprese per l’adozione di modelli organizzativi che riducano le difficoltà a
conciliare tempi di vita e tempi di lavoro
Rispetto al problema dell’obsolescenza professionale, le iniziative della Regione
Liguria saranno volte a:
1. favorire l’adeguamento della professionalità attraverso una verifica dei propri punti di forza e di
debolezza utilizzando i bilanci delle competenze
2. implementazione del mentoring come forma di accompagnamento a percorsi di crescita
professionale
3. promuovere presso le imprese delle opportunità di formazione continua, nella considerazione che
occorre sostenere le pari opportunità di carriera anche come misura preventiva rispetto
all’obsolescenza professionale ed alla conseguente situazione di possibile rischio occupazionale
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Programma Triennale dei Servizi per l’Impiego, delle Politiche
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Le linee di indirizzo per la programmazione 2003/2005
4. sensibilizzare le imprese al fine della promozione dei congedi formativi previsti dall’art. 5 della
legge 53/00
5. sviluppare interventi formativi a distanza, fruibili anche al di fuori degli orari di lavoro, in
particolare sulle competenze informatiche
F) Migliorare la propria posizione lavorativa
Gli interventi della Regione Liguria si realizzeranno essenzialmente su tre direttrici :
1. diminuire le forme di precarizzazione, favorendo l’emersione dal lavoro irregolare e lo sviluppo di
tipologie lavorative ad orario modulato per le quali le imprese possono richiedere al Ministero del
Lavoro gli incentivi offerti dall’art. 9 della Legge 53/00
2. contrastare ogni forma di discriminazione nella vita lavorativa, attivando
iniziative atte a far conoscere il mobbing in tutti i suoi aspetti, agevolando il
ricorso alla formazione permanente, favorendo la formazione in alternanza ed
in particolare i “percorsi europei di formazione” all’interno dell’iniziativa
Europass – Formazione.
3. all’interno degli stanziamenti previsti per la formazione permanente riservare una quota del 20% a
favore di azioni rivolte a lavoratrici per la loro crescita professionale.
Oltre a quanto sopra indicato, la Regione Liguria favorirà un ruolo più incisivo delle Commissioni
per le pari opportunità e della Consigliera di parità, specie in relazione al processo di predisposizione
dei Piani annuali provinciali, all’impatto effettivo delle azioni programmate rispetto al tema delle pari
opportunità e alla mediazione fra le direttive delle varie istituzioni e le esigenze applicative sul
territorio.
3.5.6.2. Dall’economico al sociale, e ritorno
Le politiche del lavoro regionali debbono dedicare uno spazio crescente a due
aspetti, autonomi ma correlati in alcune modalità operative e nelle logiche di fondo
che legittimano l’attenzione che essi meritano: l’inserimento lavorativo delle fasce
deboli e le potenzialità dell’economia sociale.
Due temi distinti, che meritano di essere considerati insieme per due importanti
ragioni. In primo luogo, perché è sempre più evidente che di fronte all’affermarsi di
logiche di mercato ispirate al darwinismo sociale, in cui “l’economia mangia la
società” su cui invece si regge e che ne giustifica l’azione, la preoccupazione per la
dimensione sociale degli interventi e del loro impatto non costituisce un’opzione
secondaria, ma una stringente necessità.
Non dovremmo mai dimenticare, tra l’altro, che la finalità più generale del
Fondo Sociale è la coesione sociale europea, non maggiori profitti per le imprese o
maggiori redditi per gli occupati.
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Le linee di indirizzo per la programmazione 2003/2005
Dunque il tema dell’inserimento delle fasce deboli e quello dello sviluppo di
forme di lavoro e d’impresa non ispirate alla sola logica del reddito e del profitto
rientra a pieno titolo tra le preoccupazioni prioritarie del Programma Triennale.
La seconda ragione è costituita dal fatto che oggi è sempre più difficile ma
anche improprio parlare di fasce deboli: a seconda delle situazioni, le caratteristiche
dei singoli possono costituire fonte di forza o di debolezza, senza che questo possa
essere acquisito una volta per tutte.
Si moltiplicano semmai le situazioni in cui, per cause sociali, fisiche, psichiche,
etniche, linguistiche, culturali, alcune persone hanno maggiori difficoltà d’inserimento
lavorativo di altre: meglio, richiedono contesti e percorsi d’inserimento specifici, a
seguito dei quali possono fornire un contributo anche importante, che permette di
ampliare non solo il tasso di occupazione, ma anche (a volte soprattutto) quello di
coesione sociale.
Questo si traduce a sua volta, grazie anche all’azione della cosiddetta
“economia sociale”, in un aumento dei bisogni sociali soddisfatti, in una diminuzione
della domanda (impropria) di assistenza, non di rado in un aumento del livello di
civiltà di una regione.
In breve, interventi sulle fasce cosiddette deboli e sostegno all’economia sociale
sono interesse diretto dell’economia e della società e come tali vanno programmati:
in coordinamento con i servizi socio-assistenziali, ma in una prospettiva d’inserimento
occupazionale e di produzione di reddito e di servizi.
Da questa concezione generale discendono due linee guida, da tradurre in
provvedimenti operativi in sede di attuazione del Programma:
•
le cosiddette fasce deboli sono accomunate solo da un grado più o meno ampio di
distanza da una situazione “standard” che è tra l’altro sempre più difficile
individuare in positivo (attualmente la sola fascia forte è costituita dagli occupati
maschi di 40-50 anni ad elevato titolo di studio e in posizioni lavorative superiori).
Per il resto presentano ciascuna caratteristiche specifiche, che debbono essere
adeguatamente valorizzate (ad esempio smettendo di considerarle debolezze da
“colmare”), all’interno, sia chiaro, di una visione realistica del mercato del lavoro e
con le migliori sinergie delle politiche sociali più opportune
•
l’economia sociale va agevolata soprattutto in relazione alle altre priorità indicate
in precedenza, dunque in termini di fucina di nuova imprenditorialità e di
occasione per intervenire su ambiti non coperti dallo Stato e dal mercato. Pare
opportuno predisporre strumenti e servizi specifici per il sostegno e lo sviluppo
dell’imprenditoria sociale anche nella logica di favorire il consolidamento e la
strutturazione tecnica, economica ed operativa delle imprese sociali, anche
attraverso appositi strumenti agenziali.
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Le linee di indirizzo per la programmazione 2003/2005
L’identificazione delle fasce deboli si è evoluta nel tempo anche in relazione alle
trasformazioni sociali ed occupazionali; le strette connessioni con gli aiuti economici
rientranti nel cosiddetto “regime de minimis”, ne rendono particolarmente delicato il
tema.
Inizialmente secondo le indicazioni della Commissione regionale per l’impiego
del 9/9/93, le fasce deboli ricomprendevano soggetti individuati come :
¾
¾
¾
¾
¾
portatori di handicap
soggetti a rischio
ex tossicodipendenti
invalidi civili e del lavoro
carcerati
sulla base della considerazione che tratto comune alle persone ricomprese in queste
tipologie è l’accentuata difficoltà ad entrare nel mondo del lavoro ed a rimanervi ed a
favore dei soggetti rientranti in queste tipologie si sono previste esclusivamente
azioni di formazione.
La legge regionale 41/95, all’art. 10, ha ampliato la definizione e, nell’ambito
della promozione occupazionale, ha introdotto interventi economici per le situazioni
maggiormente deboli rispetto ad una reale occupabilità
In base alla legge 68/99 è stato introdotto il concetto di collocamento
obbligatorio mirato, basato su “strumenti tecnici e di supporto che permettono di
valutare adeguatamente le persone con disabilità nelle loro capacità lavorative e di
inserirle nel posto adatto”25.
Recentemente la Commissione Europea, nel “regolamento relativo alla
applicazione degli articoli 87 e 8 del Trattato CE agli aiuti di Stato a favore
dell’occupazione”,26 individua :
i lavoratori svantaggiati, intesi come tutte le persone appartenenti ad una
categoria che abbia difficoltà ad entrare, senza assistenza, nel mercato del lavoro, e
più precisamente
- qualunque giovane che abbia meno di 25 anni, o che non abbia completato la
formazione a tempo pieno da non più di 2 anni e che non abbia ancora
ottenuto il primo impiego regolarmente retribuito
- qualsiasi lavoratore migrante che si sposti, o si sia spostato, nella Comunità
europea o divenga residente nella Comunità per assumervi un lavoro
- qualsiasi persona che desideri intraprendere o riprendere un’attività lavorativa
e che non abbia lavorato né seguito corsi di formazione, per almeno due anni;
25
26
•
Art. 2 legge 12/3/99 n° 68
Regolamento 2204/2002 del 12/12/02
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Le linee di indirizzo per la programmazione 2003/2005
-
qualunque persona che abbia lasciato il lavoro per oggettive difficoltà di
conciliare vita lavorativa e vita familiare
qualsiasi persona adulta che viva sola con uno o più figli a carico
qualsiasi persona priva di un titolo di studio di livello secondario superiore o
equivalente, priva di un posto di lavoro o in procinto di perderlo
qualsiasi persona di più di 50 anni priva di un posto di lavoro o in procinto di
perderlo
qualsiasi disoccupato di lungo periodo, ossia senza lavoro per 12 dei 16 mesi
precedenti, o per 6 degli 8 mesi precedenti per giovani di meno di 25 anni
qualsiasi persona riconosciuta, al momento o i passato, come affetta da
tossicodipendenza
qualsiasi persona che non abbia ancora ottenuto il primo impiego retribuito
regolarmente dopo aver scontato una pena detentiva
i lavoratori disabili intesi come
-
qualsiasi persona riconosciuta come disabile ai sensi della legislazione
nazionale
qualsiasi persona riconosciuta come affetta da un grave handicap fisico,
mentale o psichico, secondo la legislazione vigente.
Va, inoltre, segnalato che il recente Regolamento Comunitario, per i lavoratori
disabili, prevede aiuti all’assunzione sino al 60% dei costi salariali su un periodo di un
anno successivo all’assunzione.27
Ne consegue che, per effetto della lettura incrociata della normativa nazionale e
del Regolamento comunitario, si dovrebbero intendere per “disabili” :
- le persone in età lavorativa, affette da minorazioni fisiche, psichiche o
sensoriali ed i portatori di handicap intellettivo con riduzione della
capacità lavorativa superiore al 45%
- le persone invalide del lavoro, con invalidità superiore al 33%
- le persone non vedenti (colpite da cecità o con residuo visivo non superiore ad
un decimo ad entrambi gli occhi) o sordomute (dalla nascita o prima
dell’apprendimento della lingua parlata)
- le persone invalide di guerra e invalide per servizio
Si pone, dunque, un problema di compatibilità fra la individuazione contenuta in
documenti programmatori regionali (in primis il P.O.R. Obiettivo 3 per il periodo 2000
– 2006) ed il nuovo regolamento comunitario; la Regione provvederà ad armonizzare
questa nuova classificazione con i vari provvedimenti regionali in materia.
Il tema della disabilità ha visto, negli anni 90, un fiorire di iniziative e
sperimentazioni in un contesto culturale sensibile alla problematica.
27
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Regolamento 2204/2002 del 12/12/02 art.5
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Le linee di indirizzo per la programmazione 2003/2005
Anche sul versante europeo, questa “sensibilità” si è tradotta in Iniziative
Comunitarie specifiche (Horizon) ed attualmente in una volet dell’Iniziativa Equal, in
Programmi tematici, nell’attenzione trasversale al tema della disabilità nel senso di
una sua considerazione nelle politiche occupazionali e sociali.
Nel corso degli ultimi anni si è registrato un indebolimento dell’attenzione, cui la
Regione Liguria vuol porre rimedio dando nuovo impulso anche con una nuova legge
regionale per la promozione dell’inserimento al lavoro dei disabili, in discussione
presso le competenti Commissioni, in attuazione della legge nazionale 68/99.
Il collocamento obbligatorio, secondo le indicazioni della legge 68/99, si
concretizza, essenzialmente, in un intervento di mediazione che può essere
supportato dai vari servizi previsti nelle politiche dell’impiego e della formazione,
quali percorsi formativi integrati, contributi economici, azioni positive ecc., affidato
alle Province e realizzato tramite i Centri per l’impiego o avvalendosi, mediante
convenzione, di servizi di mediazione al lavoro gestiti dagli Enti locali, dalle A.S.L. o
da Enti riconosciuti ed accreditati ai sensi della normativa vigente
Si rileva, a tal proposito, che seppure gli interventi finalizzati all’inserimento
lavorativo delle persone disabili, ai sensi della Legge n.68/1999 siano operativamente
svolti dai Centri per l’impiego, parte dell’attività è svolta, in modo proficuo, anche da
altri soggetti quali le ASL, i Comuni, il privato sociale (terzo settore, associazionismo
ecc.).
A sostegno di questo percorso di mediazione la Regione prevede la possibilità di
attivare percorsi formativi personalizzati, interventi di counselling e di
accompagnamento, come descritto in altre parti di questo Programma Triennale.
Nei casi di maggior problematicità, inoltre, sarà possibile prevedere un tutor
dedicato al supporto dell’inserimento lavorativo che segua la persona per i primi sei
mesi.
In applicazione dell’art. 14 della legge 68/99, ed al fine di assicurare la
necessaria trasparenza nella gestione del Fondo regionale per l’occupazione delle
persone disabili e la sua sinergia con le politiche formative e del lavoro, la
Commissione regionale di concertazione, di cui all’art. 6 della Legge regionale 27/98,
verrà integrata da soggetti rappresentativi del mondo della disabilità.
Nella definizione organica delle modalità per la concessione dei benefici di cui
all’art. 13 della legge 68/99, la Regione Liguria darà particolare importanza ai
rimborsi forfetari parziali inerenti la trasformazione dei posti di lavoro e per
l’apprestamento di tecnologie di telelavoro, in assonanza con le indicazioni del NAP
Inclusione del 2001.
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Le linee di indirizzo per la programmazione 2003/2005
Per il collocamento obbligatorio, la Regione provvederà con proprio
provvedimento alla ripartizione alle Province del Fondo regionale in base alle reali
esigenze accertate, ed in particolare tenendo conto:
- del numero dei soggetti iscritti, in ciascuna Provincia, al collocamento disabili;
- dei soggetti disabili avviati al lavoro presso ciascun ambito provinciale;
- del numero di strutture e di operatori specificamente destinati al servizio di
collocamento disabili;
- dei fabbisogni di aggiornamento degli operatori dei sevizi di mediazione
finalizzati al collocamento delle persone disabili, su segnalazione da parte delle
Province;
- di eventuali criticità locali.
La Regione Liguria inoltre individuerà con proprio provvedimento i criteri di
valutazione degli elementi che concorrono alla formazione delle graduatorie delle
persone disabili che aspirano ad una occupazione tenuto conto dei seguenti
elementi:
- anzianità d’iscrizione negli appositi elenchi;
- situazione economica e patrimoniale del lavoratore;
- carico famigliare;
- grado d’invalidità;
- difficoltà di locomozione sul territorio.
Al fine di dare maggiore e migliore risposta alle esigenze delle persone affette
da disabilità, la Regione Liguria attiverà interventi affinché l’inserimento al lavoro non
sia limitato al solo collocamento obbligatorio, favorendo la diffusione dei percorsi
individuali e dei percorsi integrati, basati su un modulo d’osservazione ed un progetto
formativo finalizzato all’inserimento lavorativo secondo le modalità previste dalla
legge 68/99.
A tal fine, anche in considerazione del fatto che la Commissione Europea ha
dichiarato il 2003 anno delle persone disabili, la Regione – avvalendosi della
collaborazione delle Parti Sociali - attuerà una serie di iniziative di sensibilizzazione
delle imprese sul tema dell’inserimento delle persone disabili a partire da un
momento pubblico di analisi delle esperienze ad oggi realizzate, di approfondimento
delle problematiche che non hanno ancora trovato risposta, di disegno di nuovi e più
efficaci percorsi.
Con questa iniziativa la Regione da un lato vuole ulteriormente sensibilizzare le
Istituzioni così come le Parti Sociali sulla tematica dell’inserimento sociale e lavorativo
delle persone disabili, dall’altro vuole darvi nuovo impulso anche sul piano
metodologico e di strumentazione tecnica
Inoltre, è volontà della Regione il dare una risposta a persone affette da
disabilità non rientranti nel campo (e nei limiti) della legge 68/99, in particolare a
•
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persone colpite in età adulta da perdite di capacità lavorative per cause non previste
dalla suddetta norma (quali i traumatizzati cranici a seguito di incidente stradale).
A tal fine, avvalendosi anche di strutture esterne, sarà compiuta un’accurata
indagine conoscitiva sulle situazioni di “marginalità” della disabilità e sulle buone
prassi realizzate in proposito, indagine che sarà successivamente diffusa fra le
Istituzioni e gli attori economici e sociali.
Al fine di superare l’eccessiva frammentarietà delle competenze in materia e di
supportare maggiormente gli interventi potrebbe essere, pertanto, utile realizzare un
collegamento funzionale tra gli attori coinvolti attraverso la costituzione di un
coordinamento del collocamento mirato, tenendo anche presente che il Piano
Triennale dei Servizi Sociali per gli anni 2002-200428 al punto 3.7, richiama
espressamente l’integrazione di percorsi operativi tra servizi sociali, sanità e politiche
attive del lavoro, dell’istruzione e della formazione.
AZIONE CHIAVE: QUALIFICARE IL PERSONALE PUBBLICO DEI SERVIZI SOCIALI
L’azione chiave muove dalla necessità di riprogettare i servizi sociali in termini manageriali e di
“mercato” controllato (quasi mercato) per mettere in moto e in sinergia tutta l’offerta pubblica e
privata della rete di protezione sociale.
Al personale dei servizi va data una formazione per promuovere capacità progettuali e di regia
del sistema, nonché elementi per gestire strumenti di mercato quali affidamento di gare, partnership
pubblico-private, ecc..
Sono in corso di avvio già i primi interventi per lo sviluppo delle capacità manageriali.
La realizzazione di questa azione sarà in stretto riferimento con il Programma Triennale
regionale dei Servizi Sociali, e verrà attuata in collaborazione con i competenti servizi.
AZIONE CHIAVE: QUALIFICARE IL TERZO SETTORE
L’azione chiave muove dal riconoscimento del fondamentale apporto che l’economia sociale può
portare allo sviluppo economico e occupazionale della Regione.
Essa viene, infatti, intesa come fonte di reddito e di lavoro, ma anche come ambito di
produzione di beni e servizi che spesso vanno ad incontrare una domanda insoddisfatta sia per ragioni
reddituali (bassa disponibilità di reddito, a fronte di alta intensità di bisogno), sia per ragioni di
carenza o distorsione informativa (opacità dei mercati dei servizi alla persona, sanitarizzazione dei
bisogni sociali).
In altre parole, talvolta non si sa a chi rivolgersi, talaltra si declina in chiave sanitaria un bisogno
sociale, in altri casi ancora la delicatezza della situazione familiare impedisce il ricorso al mercato, in
altri poi non esiste una relazione fiduciaria adeguata tra domanda e offerta.
Oltre alle azioni di sistema sopra indicate, la qualificazione del terzo settore richiede azioni volte alla
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Approvato dal Consiglio Regionale con Deliberazione n.65 del 4 dicembre 2001
Programma Triennale dei Servizi per l’Impiego, delle Politiche
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Le linee di indirizzo per la programmazione 2003/2005
formazione degli operatori, al miglioramento delle strutture, all’integrazione dei servizi d’inserimento
lavorativo e socio-assistenziali (nei numerosi casi in cui sono le fasce deboli a trovare, almeno in parte,
occupazione nell’economia sociale).
AZIONE CHIAVE: FAVORIRE LO SVILUPPO ED IL CONSOLIDAMENTO DELLE IMPRESE SOCIALI
L’azione chiave parte dall’esigenza di attivare un servizio di sostegno allo sviluppo delle
imprese sociali e dell’Associazionismo, favorendone il consolidamento complessivo nella logica di
promuovere il consolidamento delle posizioni lavorative dei soci e degli operatori delle imprese sociali
. Le attività prevedono l’organizzazione e la gestione di un servizio che partendo dall’analisi dei
bisogni delle imprese sociali si occupi di promuovere azioni di informazione , diffusione e promozione
delle opportunità esistenti per il consolidamento delle imprese sociali.
Lo sviluppo del terzo settore richiede un complesso di interventi, tra i quali le azioni di
sistema, riassumibili in quelle rivolte alla solvibilizzazione e alla strutturazione della domanda, alla
qualificazione dell’offerta, alla trasparenza dei mercati, alla certificazione dei servizi o
all’accreditamento delle strutture.
3.5.7. Obiettivi trasversali
Si tratta qui di preparare la transizione verso un’economia basata sulla
conoscenza, approfittando dei vantaggi offerti dalle tecnologie dell’informazione e
della comunicazione, modernizzando il modello sociale europeo investendo nelle
persone e combattendo l’emarginazione. In particolare si è chiamati a migliorare
costantemente le opportunità occupazionali, ad accrescere i tassi di occupazione,
promuovendo la coesione, il progresso sociale, l’incremento della competitività e
della produttività, agevolando il funzionamento del mercato del lavoro ed
accrescendo la qualità del lavoro, ad elaborare strategie globali in tema di
apprendimento lungo tutto l’arco della vita, a collaborare su tutti i fronti con le parti
sociali e ad individuare infine indicatori statistici comuni.
3.5.7.1. Investimenti materiali e immateriali
La logica di fondo che ispira l’azione dell’U.E. tramite il Fondo Sociale e la sua
stessa esistenza è che gli investimenti immateriali hanno un peso almeno pari a quelli
materiali. Nel passato questa logica si è talvolta sviluppata tuttavia in forma troppo
autonoma rispetto a quella che ha presieduto alla definizione delle politiche di
sostegno agli investimenti produttivi e al sistema economico. Nel frattempo sono
anche cambiati i riferimenti teorici ed operativi che hanno presieduto alla
programmazione delle politiche del lavoro e di aiuto allo sviluppo economico.
In particolare, da una concezione quasi ancillare della formazione rispetto alle
esigenze del sistema produttivo si è passati ad una più realistica acquisizione della
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Programma Triennale dei Servizi per l’Impiego, delle Politiche
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Le linee di indirizzo per la programmazione 2003/2005
loro reciproca interdipendenza, particolarmente evidente nei sempre più diffusi casi
di programmazione negoziata a livello territoriale decentrato.
L’ampliamento delle politiche attive del lavoro ad un’ampia gamma di interventi
diversi ed ulteriori rispetto alla formazione ha inoltre favorito una concezione
integrata dell’utenza del sistema: l’orientamento, ad esempio, viene inteso come
servizio rivolto sia alla domanda che all’offerta di lavoro, i servizi volti a favorire
l’incontro tra le due non sono più leggibili solo a vantaggio di una componente, e così
via.
Riconoscere l’interdipendenza e la necessità d’integrazione fra i due ambiti
d’intervento non è tuttavia sufficiente per assicurare che ciò accada nella realtà. É
vero che il P.O.R. Obiettivo 3 ligure ha esplicitamente considerato al suo interno le
sinergie con il Doc.U.P. Obiettivo 2 e viceversa, ma questo vale solo per la
programmazione ex ante. Inoltre, al di là del rilievo assunto dai finanziamenti FSE e
FESR, le politiche regionali in questo campo non si limitano a quelle esplicitamente
indicate nei due Documenti programmatori.
Quindi è necessario predisporre sedi e modalità di costante raffronto fra
l’evoluzione delle politiche a sostegno dell’economia e del lavoro, che partano dal
coordinamento tra gli interventi a titolo dell’Obiettivo 2 e del 3, ma sappiano nel
tempo allargarsi all’intera gamma degli interventi sui due ambiti (economia e lavoro)
e a quelli più strettamente connessi (istruzione, infrastrutture, politiche sociali).
Ambito privilegiato per sviluppare questo tipo di sinergie e collegamenti e per
sperimentare i possibili percorsi di sviluppo sono gli Enti Locali che essendo
destinatari di parte dei fondi previsti da Obiettivo 2 possono parallelamente attivare
piani e percorsi finalizzati a favorire lo sviluppo locale, costruendo progetti integrati
atti a valorizzare il capitale umano, l’occupazione, le attività economiche, la
diversificazione e la qualità dei servizi locali. Tali risultati sono ottenibili rinforzando il
sistema attraverso interventi di aggiornamento e formazione rivolti al personale degli
Enti Locali sulle tematiche della progettazione e gestione di interventi finanziati
nell’ambito delle politiche del lavoro e dello sviluppo del territorio.
Non si tratta ovviamente di proporre forme improprie e anacronistiche di
egemonia di un ambito di policy sull’altro, ma di prender atto anche dal punto di vista
del governo del sistema e dei relativi flussi informativi dell’interdipendenza fra le
diverse politiche e della necessità di massimizzarne gli effetti sinergici.
AZIONE CHIAVE: LA RICERCA E LA FORMAZIONE SUPERIORE COME STIMOLO ALLA CRESCITA ECONOMICA
Ci si propone in questo caso di perseguire l’integrazione, in particolare nell’ambito dei Piani di
Sviluppo locale, tra gli interventi di sostegno all’economia e quelli volti a favorire la qualificazione
dell’offerta di lavoro nei suoi segmenti più elevati.
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Le linee di indirizzo per la programmazione 2003/2005
Al di là delle connessioni prioritarie con gli interventi nelle aree Obiettivo 2, si tratta di
perseguire una più generale connessione tra azioni volte a favorire la ricerca avanzata, l’alta
formazione, la diffusione dell’alta tecnologia e dell’innovazione nelle imprese.
Un costante confronto tra i diversi soggetti coinvolti (Università, imprese, centri di ricerca)
dovrà permettere d’integrare in modo adeguato i diversi interventi, in gran parte finanziabili a valere
sul Fondo Sociale e di accentuarne le sinergie con quelli finanziabili a valere su altri fondi nazionali ed
europei.
Un’importante azione di sistema da prevedere a questo riguardo concerne le misure da
adottare per facilitare l’accesso dei ricercatori liguri (accademici e di estrazione aziendale) ai più
importanti e prestigiosi programmi europei di sostegno alla ricerca e alle nuove tecnologie.
AZIONE CHIAVE: LO SVILUPPO LOCALE ED I PROGETTI INTEGRATI
Ci si propone di favorire il consolidamento, lo sviluppo e la “messa a sistema” dello strumento
dei Piani di Sviluppo locale e dei Progetti Integrati a questi collegati, proponendo e ricercando
l’evoluzione di questo strumento operativo nella logica di renderlo partecipato da tutte le forze e le
energie presenti sul territorio e stabilendo un sistematico collegamento con le rappresentanze delle
attività economiche locali.
Negli ultimi anni si è assistito al sorgere di nuove metodologie di sviluppo locale caratterizzate
dalla collaborazione fra soggetti locali o partnership contratti d’area, Contratti di Programma, Patti
Territoriali, Patti Territoriali Tematici, Piani di Sviluppo Locali solo per ricordare i casi più diffusi
Le esperienze più interessanti per la Liguria sono identificabili nei Piani di Sviluppo Locale e nei
Patti Territoriali.
I Piani di sviluppo locale, realizzati sulla base del Docup Ob, 2 e del P.O.R. Ob. 3, sono
attualmente 22 sono “forme di programmazione integrata a livello sia di soggetti coinvolti, sia di
azioni, sia di strumenti”29
I Patti territoriali, la cui base normativa risale al 199530, partono dal presupposto di
responsabilizzare i soggetti locali e di unirli nell’individuazione e nella realizzazione di obiettivi di
sviluppo locale a livello sub regionale o sub provinciale che sia ecosostenibile.
I Patti territoriali, perciò, rappresentano un livello particolare di programmazione concertata che
concretizza quell’approccio bottom up che ormai è da tutti considerato essenziale per la riuscita di
interventi di promozione dello sviluppo e che consente un’effettiva integrazione degli interventi
formativi con altri tipi di interventi più strutturali.
Questi due concetti, bottom up ed integrazione degli interventi, sono alla base dell’impostazione
comunitaria.
La loro realizzazione non ha limiti territoriali, fermo restando che il CIPE attiva risorse
economiche solo per quelli ubicati nelle aree depresse, nonché in quelle previste dall’art. 92 del
Trattato di Roma.
29
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Programma Triennale delle politiche attive del lavoro 95-97 della Regione Liguria
Legge 341/95 modificata dalla L. 662/96, L. 144/99 e Decreto del Tesoro del 31/7/00
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Le linee di indirizzo per la programmazione 2003/2005
La Regione ricomprende il patto territoriale tra le azioni che realizzano i programmi regionali di
sviluppo ed occupazione, e guarda con particolare interesse alle esperienze in corso.
Impegno della Regione Liguria è quello di monitorare con particolare attenzione queste
esperienze al fine di stimolare altre realtà a seguirne l’esempio trasferendo ad esse metodologie e
strumenti rivelatisi positivi,
Operativamente si tratterà di studiare e sperimentare le possibili sinergie operative tra
Obiettivo 2 e Obiettivo 3, attivandone tutte le potenzialità e tutte le diverse misure, ma anche i
collegamenti operativi con altri Programmi comunitari quali Equal ed in particolare Interreg 3 sia per i
programmi che attualmente interessano la Liguria (Medoc, Spazio Alpino, e Alcotra) che nella logica di
proporre interventi di sistema nell’ambito del programma Interreg 3c.
I progetti integrati sono quelle iniziative di orientamento, formazione e sostegno all’occupazione
che – pur costituendo un unicum progettuale di un disegno organico – richiedono una realizzazione in
tempi successivi e riguardano specifiche aree territoriali, particolari settori di attività e specifici
soggetti.
I progetti integrati si sono rivelati uno strumento particolarmente efficace là ove, a livello
provinciale, i servizi hanno un elevato livello qualitativo rispondendo in particolar modo ai bisogni delle
fasce deboli, ad ulteriore dimostrazione di quanto sotteso alle linee strategiche della Regione, cioè che
la qualità dei servizi è l’elemento chiave per rispondere in maniera efficace ai bisogni degli utenti.
La pratica dei progetti integrati va, quindi, rafforzata ed ampliata.
3.5.7.2. Dall’informazione alla comunicazione ed alla conoscenza
Procedendo secondo una logica ispirata alla centralità dell’utente, una prima
risposta deve essere costituita dall’importanza strategica che verrà assegnata al
piano di informazione e comunicazione delle politiche del lavoro regionali, che deve
essere realmente costruito “a misura di utente” e deve sollecitare le modalità di
feedback più opportune per evitare che si tratti di una mera informazione a una via,
di tipo top down; si tratta in altre parole di assicurare, per quanto possibile, un
feedback immediato al piano di comunicazione, che possa configurarlo come un
momento di attivazione di relazioni bilaterali tra la pubblica amministrazione e il
cittadino, piuttosto che come una delle varie fasi con cui i contenuti decisi dall’alto
vengono “calati” in modo più o meno accattivante su utenti privati per principio del
diritto di replica.
All’ovvia unidirezionalità dell’iniziale informazione dovranno quindi seguire,
anche utilizzando le moderne tecnologie informatiche, sistemi in grado di rispondere
con una forte capacità di ascolto che permettano quindi di giungere ad un’effettiva
interazione il più possibile bidirezionale. Nel contempo, non andranno trascurati
particolarmente gli aspetti “non verbali” della comunicazione, che tanto peso
assumono, come risulta in modo univoco dalle ricerche in materia, nel campo della
comunicazione pubblica e istituzionale. Andranno altresì fortemente correlati a
contenuti e tempi del piano di comunicazione gli interventi rivolti ad accentuare i
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Programma Triennale dei Servizi per l’Impiego, delle Politiche
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Le linee di indirizzo per la programmazione 2003/2005
canali e le occasioni di rapporto interattivo dei cittadini e delle imprese con i servizi
pubblici per l’impiego.
Il passaggio successivo si realizzerà facendo in modo che la comunicazione, pur
così arricchita, si trasformi in reale occasione per la crescita della conoscenza: a tale
scopo particolarmente utile sarà l’impiego delle tecnologie telematiche e multimediali
applicate alle tradizionali metodologie didattiche, sia pure opportunamente rivisitate
per massimizzarne l’efficienza e l’efficacia.
Non va in ultimo dimenticata la necessità di rivedere il sistema di pubblicità
dell’offerta formativa al fine di garantire tempi certi di informazione che consentano a
tutti i potenziali beneficiari di concorrere secondo i propri interessi.
AZIONE CHIAVE: LA CARTA DEI SERVIZI PER L’IMPIEGO
La realizzazione di un sistema di servizi per l’impiego standardizzato, permetterà, come sopra
indicato, la definizione della Carta dei Servizi che rappresenta l’insieme delle prestazioni, dei tempi e
delle modalità di erogazione, che sono garantite come diritto degli utenti.
E’ di fondamentale importanza che il processo che porta alla definizione della Carta sia
concertato e sostanzialmente condiviso tra Regione e Province ed Enti Locali ed accompagnato da
ogni misura idonea a favorire l’allineamento delle strutture meno favorite agli standard proposti.
Tra tali misure figurano naturalmente l’individuazione e la messa a disposizione di idonee
risorse finanziarie affiancate da opportune procedure per il controllo della qualità, anche di tipo
preventivo.
Aspetto saliente della Carta dei Servizi che le consente di diventare uno strumento reale di
democrazia, è la centralità che essa deve rivestire all’interno di un Piano di Comunicazione integrato.
Solo la diffusione e la conoscenza della Carta può permettere ai cittadini di prendere coscienza
dei propri diritti ed ai Servizi di avere consapevolezza delle responsabilità e delle risorse loro attribuite.
E’ infine essenziale che la Carta sia affiancata da una banca dati che contenga una mappa
costantemente aggiornata dei servizi erogati sul territorio e che sia in grado di segnalare con
tempestività i cambiamenti intervenuti.
La Carta stessa, infine, non potrà mai essere un risultato finito ed acquisito, ma un prodotto in
costante evoluzione a significare che i Servizi dovranno continuamente migliorare e crescere in un
contesto sistemico ed in una logica di trasparenza, di democrazia e di attenzione al cittadino.
AZIONE CHIAVE: IL PIANO DI COMUNICAZIONE INTEGRATA
Parallelamente alla definizione della Carta dei Servizi per l’Impiego, è strategicamente rilevante
procedere all’elaborazione di un Piano di Comunicazione integrato sulle politiche formative e del
lavoro, non proponendo una singola iniziativa una tantum, ma cercando viceversa di creare le
condizioni affinché la comunicazione sui Servizi per l’Impiego acquisti carattere di sistematicità ed,
aspetto sostanziale, utilizzi strumenti diversi e fra loro coordinati per non lasciare scoperte fasce di
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Le linee di indirizzo per la programmazione 2003/2005
utenza od argomenti particolari.
Come già detto, la comunicazione deve essere non solo completa, cioè in grado di fornire ai
diversi tipi di utenti tutte le informazioni utili per rispondere al loro bisogno conoscitivo, ma anche
tempestiva, cioè fornita in tempi idonei rispetto ai suddetti bisogni.
L’integrazione si rende altresì esplicita attraverso l’individuazione di una linea comunicativa
coordinata, chiara, semplice e di immediata riconoscibilità.
Ogni servizio facente parte del sistema regionale dovrà quindi essere facilmente ricondotto,
anche se associato agli identificativi dell’Istituzione responsabile, ad un’immagine coordinata, dotata di
un forte impatto comunicativo.
Ulteriore caratteristica fondamentale che contraddistingue ed innova profondamente la presente
iniziativa rispetto ad analoghe di stampo commerciale è la sua origine istituzionale: come accade per
interventi simili di ampio respiro, il messaggio comunicazionale, pur essendo del tutto simile nel
linguaggio a quello di tipo economico, se ne differenzia fortemente per la centralità e l’attenzione che
esso attribuisce all’utente.
Tale centralità e tale attenzione dovranno essere rese immediatamente percepibili nella linea di
comunicazione scelta.
3.5.7.3. Un sistema informativo di lettura, monitoraggio e
valutazione
Quanto detto fin qui presuppone ovviamente l’esistenza di sistemi d’indicatori
capaci di assicurare in modo tempestivo le conoscenze necessarie per programmare,
progettare e valutare gli interventi più adeguati alla realizzazione delle linee guida del
Programma Triennale.
Da almeno un decennio il dibattito internazionale sulla programmazione ha
sgomberato il terreno da uno degli equivoci più diffusi nei decenni precedenti: dal
fatto cioè che una programmazione inefficiente o inefficace sia ascrivibile ad una
cattiva o insufficiente o cattiva conoscenza (a priori) della realtà su cui intervenire.
É infatti ormai acquisito che non solo una conoscenza tempestiva e completa è
impossibile da acquisire, ma anche che la conoscenza viene alimentata e costruita
dall’azione. Quindi, al di là dell’ovvia necessità di una base conoscitiva iniziale sulla
quale fondare la prima programmazione degli interventi, è poi la costante
alimentazione informativa delle sedi decisionali che permette di adeguare
costantemente l’azione alle sue finalità, attraverso il monitoraggio continuo dei
risultati via via ottenuti.
La costruzione di un sistema regionale integrato di programmazione-valutazione
è cioè una necessità immediata, oltre che uno dei principi ispiratori della riforma dei
fondi strutturali.
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Le linee di indirizzo per la programmazione 2003/2005
Questa impostazione vale in particolare nei casi in cui non solo si interviene in
ambiti di elevato livello di complessità, ma si ha a che fare con una realtà in rapida
evoluzione.
Un solo esempio riferito al punto precedente: se in pochi anni in Liguria la
composizione dei disoccupati di lunga durata vede diminuire il peso dei giovani con
diplomi non spendibili sul mercato del lavoro ed aumentare il peso delle donne e dei
maschi espulsi dal processo produttivo in età medio elevata, il conseguente ridisegno
delle politiche è possibile grazie ad un sistema di monitoraggio adeguato, che segnali
tempestivamente il mutamento sopra descritto e la sua portata quantitativa, mentre
non era realistico attendersi una previsione accurata di questo fenomeno cinque anni
prima.
L’attività di monitoraggio esercitata dalla Regione ha diverse valenze :
¾ permette la verifica degli interventi quale base per la programmazione, e la
eventuale riprogrammazione, sulla base di risultati e riscontri oggettivi
¾ consente il controllo sull’ottimale utilizzo dei finanziamenti fatto da parte dei
soggetti cui è stata delegata la gestione degli interventi
¾ risponde ad esigenze poste dall’Unione europea e dal Ministero del Lavoro
¾ consente l’accertamento della rispondenza del livello qualitativo dei servizi
erogati rispetto ai bisogni del territorio
In questa ottica, il miglioramento dell’attività di monitoraggio assume valenza
strategica per il raggiungimento degli obiettivi di questo Programma Triennale.
Va, pertanto, rivisitata l’impostazione sinora seguita, riportando ad unità le
diverse azioni di monitoraggio, rendendo la articolazione temporale più rispondente
alle necessità programmatorie, realizzando un sistema governato dalla Regione con il
contributo dei vari attori della rete.
É inoltre assodato che le informazioni debbono essere non solo tempestive,
adeguate per qualità, livello di disaggregazione, disponibilità, ma debbono anche
essere correttamente innestate nelle sedi e nei processi decisionali e gestionali.
Questa considerazione induce a sottolineare che oggi i sistemi informativi debbono
essere non solo fruibili, ma pensati e costruiti all’interno delle sedi in cui le
informazioni debbono essere utilizzate e che la struttura stessa che deve assumere le
informazioni è sempre meno indipendente dalle modalità del loro impiego. Anche
perché sono le stesse sedi decisionali a produrre informazioni attraverso gli effetti
delle decisioni assunte ed è proprio attorno a questi effetti (o meglio, alle
informazioni che li riguardano) che si sviluppa il dibattito e si costruisce un quadro di
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riferimento comune. Questa esperienza si è tra l’altro di recente dimostrata rilevante
nei piani di sviluppo locale.
La conseguenza di quanto detto è che sono centrali i sistemi informativi in via di
costruzione o consolidamento, ma la stessa centralità va assegnata alle modalità di
connessione e di reciproco scambio tra sistemi informativi e sistemi decisionali e
gestionali delle politiche. Governare le politiche del lavoro senza informazioni
adeguate è impossibile, ma disporre di informazioni senza connetterle alle sedi di
governo è inutile.
A questo proposito occorre ricordare l’importanza strategica di dare un rapido
avvio al sistema informativo del lavoro (SIL), previsto dall’articolo 10 del decreto
legislativo n.469/1997 il cui collegamento con il Sistema Informativo Regionale
Integrato per l’Occupazione (SIRIO) è indicato all’articolo 18 della legge regionale
n.27/1998 anche al fine di dare attuazione agli indirizzi operativi regionali di cui alla
deliberazione n.811/2003.
AZIONE CHIAVE: IL SISTEMA INFORMATIVO A SUPPORTO DELLA CONOSCENZA
La realizzazione di un sistema informativo nella materia, in continuità con quanto previsto con il
precedente piano triennale, é condizione indispensabile per fornire gli adeguati strumenti a sostegno
di efficaci servizi all'impiego e della loro integrazione con le politiche formative e del lavoro, così come
organizzati nella citata legge regionale n.27/1998.
É inoltre evidente che tale sistema informativo assolve ad una serie di funzioni riconducibili a
due livelli.
A livello istituzionale dovranno essere da un lato forniti i necessari elementi conoscitivi, di analisi
e valutazione, in ordine ai compiti - di diverso livello e competenza (Regione, Provincia, Comune,
Commissione regionali e provinciali, ecc.) - relativi alla programmazione, all'amministrazione e alla
gestione operativa degli interventi pubblici in materia di politiche attive del lavoro, anche attraverso
l'indicazione delle caratteristiche di massima dei sistemi integrati per l'informatizzazione
amministrativa. Dall’altro lato sarà necessario mettere a disposizione degli stessi soggetti
programmatori e gestori le conoscenze e le metodologie di valutazione necessarie a verificare
l'efficacia e l’efficienza degli interventi svolti.
A livello dei soggetti interessati, individuabili come utenti finali e come utenti intermedi
(operatori, strutture, agenzie, istituzioni, associazioni, aziende, ecc.), il sistema informativo dovrà
avere le finalità di:
•
informare sugli elementi di scenario del mercato del lavoro e sugli interventi pubblici in materia di
politiche attive del lavoro ai vari livelli e nelle diverse fasi;
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fornire agli utenti finali tutti gli elementi per poter accedere, secondo i propri diritti, alle
opportunità offerte in materia di occupazione;
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Le linee di indirizzo per la programmazione 2003/2005
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esplicitare a tutti i soggetti interessati le decisioni degli organismi competenti alle politiche del
lavoro ed i relativi processi decisionali;
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consentire ai soggetti interessati di esprimere valutazioni in merito all'efficacia degli interventi in
materia di politiche attive del lavoro.
3.5.7.4. Verso l’integrazione delle agenzie formative
Una pluralità di spinte convergono verso l’integrazione crescente delle Agenzie
formative operanti sul territorio regionale.
Basti pensare alle modifiche al Titolo V della Costituzione, all’ormai consolidata
esperienza della Formazione Superiore Integrata, alle relazioni tra obbligo scolastico
e obbligo formativo, alle nuove norme sull’apprendistato, per non parlare delle ben
più antiche sperimentazioni di integrazione fra diplomi tecnici e qualifiche
professionali.
Si potrebbe tuttavia affermare che questa fase è stata caratterizzata soprattutto
dalla convergenza di più agenzie formative attorno a percorsi unici o integrati; molto
meno dalla “libera circolazione” degli utenti all’interno del sistema di istruzioneformazione. In aggiunta, sono rimaste per ora immodificate le tradizionali “valvole”
che regolano i flussi da formazione a lavoro, in quanto il riconoscimento delle
competenze è sempre unidirezionale (dalla formazione al lavoro e non viceversa).
Accanto dunque alla sfida costituita da una sempre maggiore collaborazione,
convergenza, sovrapposizione tra soggetti diversi, tutti deputati ad erogare servizi
formativi integrati all’utente, si va delineando una sfida di molto maggiore impegno e
originalità per il sistema italiano, costituita dalla certificazione delle competenze e
dalla loro traduzione in crediti formativi di cui al D.M. 174/01.
Il Decreto prevede infatti che oggetto della certificazione siano le competenze,
definite come “un insieme strutturato di conoscenze e di abilità, di norma riferibili a
specifiche figure professionali, acquisibili attraverso percorsi di formazione
professionale, e/o esperienze lavorative, e/o autoformazione, valutabili anche come
crediti formativi”. In queste poche parole sta la sostanza della sfida.
Da un lato, infatti, la Regione si trova chiamata a tradurre i percorsi di
apprendimento seguiti dai soggetti (con il problema della collocazione dei titoli di
studio scolastici e universitari, non esplicitamente citati dal Decreto) in competenze,
assumendosi la responsabilità della certificazione nei confronti dei soggetti stessi (e
quindi, più in generale, del sistema occupazionale locale, ma anche, in via indiretta,
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Le linee di indirizzo per la programmazione 2003/2005
dello stesso sistema formativo, visto che delimita i confini della spendibilità dei suoi
prodotti).
Dall’altro lato, tuttavia, la Regione deve attivare un processo di riconoscimento
in termini di crediti formativi delle competenze professionali che non può in alcun
modo essere operato in assenza di un forte coordinamento con le altre agenzie
formative (scuola e Università) e con lo stesso mondo delle imprese e delle
professioni.
Si tratta certamente di un’occasione storica perché viene finalmente spostato il
baricentro del sistema di riconoscimento delle professionalità dalla certificazione del
titolo di studio a quella della competenza; dalla categorizzazione operata
autonomamente dai diversi sistemi (scuola, formazione, Università) ad una prodotta
dalla Regione (avendo in mente il mercato del lavoro e delle professioni, quindi la
spendibilità della competenza piuttosto che le sue modalità e le sue sedi di
costruzione). Con l’ulteriore innovazione secondo la quale, in linea teorica almeno,
contano gli effettivi apprendimenti tradottisi in competenze, piuttosto che le
certificazioni degli apprendimenti tradottesi in titoli di studio (in concreto, un titolo di
studio potrebbe non comportare di per sé l’acquisizione di una competenza
certificabile, mentre un percorso scolastico interrotto da cui è derivato un
apprendimento certificabile potrebbe tradursi in una competenza).
Gli strumenti individuati per realizzare l’integrazione delle Agenzie formative,
inteso come possibilità di passaggio da parte dell’utente da un canale formativo ad
un altro, sono il riconoscimento degli acquis e dei crediti formativi.
AZIONE CHIAVE: IL RICONOSCIMENTO DEGLI ACQUIS
Come già precedentemente detto in questo documento le competenze acquisite con
l’esperienza lavorativa spesso costituiscono per l’individuo un patrimonio ricchissimo rispetto alla sua
professionalità ed alla sua occupabilità.
Non a caso la Commissione Europea31 considera, accanto all’apprendimento formale che porta a
diplomi e qualifiche riconosciute, l’apprendimento non formale (l’esperienza) che è dispensato sul
luogo del lavoro o nel quadro di attività di organizzazioni e gruppi della società civile, e
l’apprendimento informale che deriva dal vivere quotidiano.
Questo patrimonio, però, è il più delle volte inutilizzabile sul mercato del lavoro, e resta una
cosa strettamente personale in quanto non riconosciuto né formalizzato.
Stante la sua importanza rispetto all‘occupabilità ed in consonanza con le linee dell’Unione
Europea, la Regione Liguria intende intervenire per superare questo ostacolo attuando il
“Riconoscimento degli Acquis”, che è anche il modo per rendere concreto il concetto di centralità
dell’individuo e, quindi, dell’utente.
In applicazione del Decreto del Ministero del Lavoro del 31/5/01, per Acquis Professionale si
31
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Memorandum sull’istruzione e la formazione permanente in data 30/10/2000
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Le linee di indirizzo per la programmazione 2003/2005
intendono le competenze intese come un insieme strutturato di abilità di norma riferibili a specifiche
figure professionali.
La validazione degli acquis ha una triplice finalità :
ƒ
consentire la proseguibilità degli studi, in particolar modo nell’Università considerato anche
l’elevato tasso di abbandono nel corso degli studi universitari da parte di persone che trovano
occupazione e per le quali diviene difficile contemperare l’impegno lavorativo con la frequenza
dei corsi universitari
ƒ
consentire di accelerare il conseguimento di un titolo di studio in quanto le esperienze sono
considerate equivalenti ad una parte delle conoscenze ed attitudini richieste per l’ottenimento
di un diploma d’insegnamento superiore
ƒ
consentire di valorizzare, ai fini della carriera lavorativa così come della ricerca di una nuova
occupazione, conoscenze e competenze acquisite in situazioni diverse ed al di fuori dei canali
formativi
Rispetto al primo versante, la strada da perseguire è quella di un accordo con l’Università,
nell’ambito dell’accordo sui crediti formativi, che consenta all’individuo di avere l’esonero da certi
esami in base ad una valutazione del percorso, riconducendo l’insieme di attitudini e competenze
professionali acquisite in moduli formativi equivalenti dati per acquisiti da parte di un’apposita
commissione d’esame la cui composizione e modalità di lavoro sarà disciplinata nel suddetto accordo.
Sul secondo versante, il cui obiettivo concreto è il conseguimento di un diploma evitando alla
persona di dover dedicare tempo a tematiche già ampiamente ed approfonditamente conosciute, il
percorso operativo appare quello della presentazione di un dossier che sarà esaminato da apposite
commissioni, istituite periodicamente.
La Regione, con specifico provvedimento, definirà le modalità attuative.
Sul terzo versante, si tratta di introdurre degli strumenti che – riconosciuti dal mondo del lavoro
– favoriscano il lavoratore nel suo percorso professionale o nella sua ricerca di un’altra situazione
occupazionale
Prendendo esempio da esperienze estere, in particolare quella francese, si può prevedere un
sistema che consenta all’individuo di richiedere il riconoscimento di tutte le sue esperienze sociali,
individuali o professionali che siano collegabili ad una attività professionale o formativa, ai fini del
riconoscimento della sua professionalità.
Stante le implicazioni relative al rapporto di lavoro ed ai percorsi di carriera la Regione Liguria si
farà promotrice per addivenire ad un accordo con le Parti Sociali per disciplinare l’argomento, sulla
base del principio che ogni lavoratore ha diritto a vedere riconosciute, secondo specifiche regole ed ai
fini professionali, le competenze e le attitudine conseguite in esperienze sociali, individuali o lavorative
non formalizzate.
In linea indicativa e per il primo periodo di sperimentazione, si ritiene che questo diritto potrà
essere esercitato da individui aventi almeno cinque anni di esperienza lavorativa.
AZIONE CHIAVE: I CREDITI FORMATIVI
Per crediti formativi si intende il valore, attribuibile a competenze acquisite dall’individuo, che
•
Programma Triennale dei Servizi per l’Impiego, delle Politiche
Formative e del Lavoro
pagina 134 •
•
•
Le linee di indirizzo per la programmazione 2003/2005
può essere riconosciuto ai fini dell’inserimento in percorsi di formazione professionale o di istruzione,
determinandone la personalizzazione o la riduzione della durata.32
Al riconoscimento dei crediti formativi, sempre in base alla legge, provvede la struttura presso
la quale s’intende proseguire la formazione.
Ne consegue che la spendibilità del credito formativo è limitata all’ambito formativo, a
differenza degli acquis che possono avere implicazioni anche nel rapporto di lavoro, e che essa
dipende essenzialmente da accordi fra i vari canali formativi, che, nel caso della formazione
professionale, si concretizza in accordi con l’Università e con il sistema scolastico che la nuova
attribuzione di competenze alla regione dovrebbe facilitare.
Va, tuttavia, esaminata con la dovuta
attenzione l’esigenza di una spendibilità anche al di fuori del sistema ligure.
In attesa della disciplina nazionale sugli standard di competenze, la Regione Liguria, in base
all’ultimo comma dell’art. 6 del citato decreto, si farà parte attiva per addivenire ai necessari accordi
con l’Università e con la sovrintendenza scolastica, anche se quest’ultimo punto potrà essere superato
dall’attribuzione alla Regione delle competenze a seguito della riforma costituzionale dell’art.
117nell’ambito del processo di devolution.
Da questa rivoluzione, ancora da definire nelle sue modalità operative, discende comunque la
necessità di instaurare con le diverse Agenzie formative e con il mondo del lavoro relazioni ben più
pregnanti di quelle fin qui conosciute e di sviluppare un’intensa opera di compatibilizzazione tra saperi,
competenze, titoli di studio, crediti formativi, che finirà per modificare profondamente l’assetto
dell’intero sistema.
AZIONE CHIAVE: INTEGRAZIONE DELLE PROCEDURE DI PROGETTAZIONE E DI GESTIONE AMMINISTRATIVA
DELLE ATTIVITÀ
Attuare una reale integrazione operativa tra i diversi sistemi di formazione e di istruzione,
richiede l’individuazione e la sperimentazione di procedure integrate comuni ai vari sistemi.
L’esigenza ormai sempre più presente di addivenire ad un linguaggio amministrativo e
progettuale il più possibile condiviso ed applicabile alle diverse realtà, facilitando la creazione e
l’erogazione di prodotti non solo realizzati secondo la logica dell’integrazione, ma anche progettati e
gestiti attraverso l’uso di procedure condivise, identificate nella salvaguardia delle diverse prassi ed
impostazioni metodologiche, deve rappresentare la sfida del prossimo triennio.
L’elaborazione di un vademecum per la realizzazione di attività progettate e realizzate con la
partecipazione di diversi soggetti, comporta un’utile razionalizzazione e semplificazione delle procedure
sperimentali fino ad ora realizzate.
32
•
Art. 6 del Decreto Ministeriale 174/01
Programma Triennale dei Servizi per l’Impiego, delle Politiche
Formative e del Lavoro
pagina 135 •
•
•
Le ricadute sul sistema
4. Le ricadute sul sistema
I principi enunciati nel paragrafo precedente debbono trovare applicazione
anche attraverso una riorganizzazione del sistema, che in parte è già in atto, ad
effetto delle precedenti azioni di riqualificazione promosse dal sistema pubblico, sia
grazie all’autonoma evoluzione subita dal sistema sotto la spinta, sempre più
consistente, del mutato contesto di riferimento in cui esso opera.
In questa sede si illustrano le linee guida che debbono orientare l’evoluzione del
sistema; alla conclusione del paragrafo verranno invece elencati i principali
provvedimenti attraverso i quali tali ricadute potranno essere concretamente attuate.
4.1.
Il sistema regionale della Formazione …
L’assetto che si va configurando nel campo degli interventi in materia di
orientamento, formazione, servizi all’impiego è sicuramente contrassegnato da una
cifra autonomistica in forte crescita. Fino ad oggi del trasferimento di competenze a
Regioni ed Autonomie locali è stata forse, comprensibilmente, vissuta più la
dimensione problematica che quella propositiva.
Come riorganizzare e gestire i nuovi servizi è stato il primo quesito cui fornire
un’urgente risposta. Con l’avvio a superamento della fase di emergenza e con il
progressivo consolidamento di un sistema a forte impronta regionale e locale,
occorre tuttavia porsi obiettivi di miglioramento e di crescita.
Occorre in primo luogo chiedersi come valorizzare le risorse locali, impegnate
sia nella gestione dei servizi per l’impiego, sia nella costruzione di piani di sviluppo
locale.
Nei documenti programmatici comunitari il ruolo della dimensione locale è già
ampiamente riconosciuto ed affermato, ma non ancora incanalato in modalità di
espressione capaci di renderlo adeguatamente produttivo. Una prima sfida del
Triennale a questo riguardo è dunque costituita da una diversa strutturazione dei
processi di programmazione, progettazione e valutazione degli interventi a livello
locale, a partire dalla centralità dell’utente e dalla lettura dei bisogni locali, che più
facilmente dovrebbe essere assicurata a questa scala.
Dobbiamo chiederci poi come dare nuovo valore al sistema formativo, alla luce
degli importanti mutamenti che si stanno verificando sui piani normativi e
istituzionali, nonché sul terreno della domanda di servizi da parte dei cittadini e delle
imprese. In una sintesi certo incompleta, si può osservare che, nel breve periodo, la
componente di attività formativa in senso stretto cofinanziata dal Fondo Sociale va
diminuendo,
a
vantaggio
di
numerose
altre
attività
(orientamento,
•
Programma Triennale dei Servizi per l’Impiego, delle Politiche
Formative e del Lavoro
pagina 136 •
•
•
Le ricadute sul sistema
accompagnamento all’impiego, ecc.) non più di esclusiva o prevalente pertinenza
delle strutture formative.
A ciò si aggiunge l’avvio a regime del nuovo sistema della formazione continua,
che assegna un nuovo protagonismo agli Enti bilaterali e vede una corrispondente
riduzione dei fondi erogati secondo i canali tradizionali (del resto, già la cessazione
dell’Obiettivo 4 forniva un segnale importante in questa direzione), nonché
l’affermarsi dei piani di sviluppo locale, che configurano in modo parzialmente nuovo
il rapporto tra Enti e territorio di riferimento ponendo sostanzialmente l’accento
sull’importanza del contesto locale e sulle particolarità che esso è in grado di
esprimere, particolarità che sono leggibili solo in una dimensione tipicamente locale,
di ambito e di territorio normalmente di valenza decisamente sub-provinciale.
Si pensi poi alle nuove sovrapposizione tra agenzie formative create dalle norme
nazionali (Formazione Tecnica superiore, apprendistato, obbligo formativo, nuovo
sistema di istruzione universitaria), all’avvio operativo del sistema di accreditamento,
per non parlare, in una prospettiva più lontana, della rivoluzione nei finanziamenti
europei che si verificherà, a seguito anche dell’ingresso di nuovi Paesi nell’Unione, nel
Fondo Sociale Europeo.
Si tratta di una fase di rapida e decisa transizione che dovrà essere
attentamente gestita per dare modo al sistema di operare quel deciso salto di qualità
che in parte si è già attrezzato a compiere e per evitare rischi di uscita anche
traumatica dal mercato che non solo danneggerebbero gli operatori, ma
comporterebbero anche una perdita di risorse di offerta che vanno invece, nelle
dovute forme e con il necessario concorso degli interessati, adeguatamente
valorizzate.
Tra le risposte a questa sfida possiamo indicare il ruolo degli Enti di formazione
come cerniera, da un lato, verso gli altri erogatori di servizi formativi, soprattutto la
scuola e l’Università e, dall’altro, con i servizi territoriali all’impiego e le imprese ed
alla rivalutazione del ruolo strategico degli Enti locali come ambito di promozione,
organizzazione e sviluppo di quelle iniziative specialistiche e “di nicchia” che
garantiscono la salvaguardia delle tipicità del territorio e lo sviluppo di nuove
iniziative imprenditoriali.
4.2.
… e quello dei Servizi per l’Impiego
Dobbiamo anche chiederci come la nuova strutturazione dei Centri per
l’impiego, e dei servizi che andranno a fornire, potrà configurare il passaggio ad un
regime caratterizzato da esclusività di compiti poco produttivi ad uno di ridondanza
operosa.
•
Programma Triennale dei Servizi per l’Impiego, delle Politiche
Formative e del Lavoro
pagina 137 •
•
•
Le ricadute sul sistema
É ben evidente, infatti, come si stia ridisegnando il panorama dei servizi
all’impiego gestiti da strutture pubbliche e private, come si stiano intersecando in
modo anche originale sul territorio funzioni diverse in capo a soggetti diversi. In
breve, da un sistema caratterizzato da sfere di azione relativamente esclusive per
ogni attore, stiamo passando ad un sistema di duplice ridondanza: gli stessi attori
possono realizzare una pluralità d’interventi, lo stesso intervento può essere
realizzato da una pluralità di attori; il che certamente è garanzia di pluralità e di
salvaguardia delle diversità di impostazione metodologica così come apre lo spazio
alla reale applicazione pratica del concetto di sussidiarietà.
Ovviamente questo pone in risalto l’importanza delle azioni e delle esigenze di
governo del sistema e di conseguenza l’Ente di governo per eccellenza, la Regione,
deve prenderne atto per tempo.
Alla luce di questo scenario si individuano due linee strategiche tra loro
strettamente connesse: la definizione degli standard e l’introduzione di procedure di
accreditamento dei servizi che, collegandosi, a quelle già previste dalla normativa
vigente33 o di prossima emanazione definiscano i requisiti per l’accesso ai
finanziamenti regionali in materia.
Si propone così di stabilire gli standard di erogazione delle diverse tipologie di
prestazioni agli utenti in modo da poter definire il diritto degli utenti - cittadini e
imprese - alla qualità dei servizi ed ai tempi di attesa.
Al fine di pervenire alla garanzia di tali diritti - che dovranno essere comunicati
alla comunità ligure attraverso la già citata Carta dei servizi - occorre che, nell’ambito
del Programma triennale 2003 - 2005, si provveda alle seguenti azioni:
•
rilevazione ed analisi delle diverse situazioni dei Centri per l’Impiego provinciali
tramite l’acquisizione di tutte le necessarie informazioni nel dettaglio delle sedi
(strutture, impianti, attrezzature, arredi) del personale addetto (quantità,
qualifica, esperienza, formazione), del sistema operativo (sistema di
comunicazione, organizzazione del lavoro, orari, relazioni tra strutture, ecc.) e
delle risorse impiegate (finanziamenti comunitari, regionali e provinciali);
•
definizione degli standard operativi e delle procedure di accreditamento ed avvio
del sistema dei Servizi per l’Impiego privati;
•
definizione della qualità delle prestazioni secondo le diverse tipologie,
individuando anche il contenuto professionale e la quantità di tempo necessario;
•
stima degli utenti potenziali delle diverse prestazioni in rapporto alla situazione
dei diversi bacini di utenza dei Centri per l’Impiego e dei Servizi privati;
33
•
Decreti legislativi n.469/1997, n.181/2000, n.297/2002
Programma Triennale dei Servizi per l’Impiego, delle Politiche
Formative e del Lavoro
pagina 138 •
•
Le ricadute sul sistema
•
•
valutazione delle risorse finanziarie disponibili nell’ambito dei fondi comunitari di
cui all’Obiettivo 3, nonché di quelle attivabili da parte della Regione e delle
Province;
•
individuazione dei livelli di prestazioni e dei tempi di attesa conseguibili attraverso
le risorse disponibili.
Come precedentemente osservato, per quanto riguarda l’apertura dei servizi ai
privati, è opportuno fare riferimento alle procedure di accreditamento previste ai fini
dell’erogazione dei fondi pubblici negli interventi di formazione professionale,
avviando un sistema che sviluppandosi secondo le normative sotto indicate divenga
poi rapidamente elemento discriminante per l’operatività di tutti i servizi per l’impiego
siano essi pubblici che privati.
Nel caso specifico la necessità di adottare procedure concorsuali in sede di
valutazione per l’affidamento delle attività, come richiesto per l’utilizzo delle risorse
europee, sposta l’attenzione dal soggetto proponente all’attività progettuale
proposta. Conseguentemente si potrebbe registrare l’incapacità di alcuni soggetti a
realizzare le attività in maniera conforme al progetto ed emerge quindi la necessità di
un controllo preventivo sull’affidabilità delle strutture.
Contestualmente si registra la tendenza in atto ad estendere l’utilizzo di modelli
mutuati dalla realtà aziendale e, quindi anche le procedure per la certificazione della
qualità, ai soggetti che si candidano a gestire attività d’interesse pubblico.
Ma la certificazione della qualità non può essere da sola garanzia dell’efficacia
dell’intervento e, pertanto, anche nel caso dei servizi per l’impiego di natura privata
che desiderino entrare a far parte del sistema regionale si propongono cinque
indicatori fondamentali:
•
le capacità logistiche e strutturali;
•
la situazione economica;
•
la disponibilità di competenze professionali impegnate in attività di direzione,
amministrazione, coordinamento, analisi, progettazione e valutazione dei
fabbisogni, orientamento;
•
i livelli di efficacia ed efficienza raggiunti nelle attività precedentemente realizzate;
•
le interrelazioni maturate con il sistema sociale e produttivo presente sul
territorio.
•
Programma Triennale dei Servizi per l’Impiego, delle Politiche
Formative e del Lavoro
pagina 139 •
•
•
Le ricadute sul sistema
Infatti, sebbene la certificazione secondo la normativa UNI EN ISO 9001 e
VISION 2000 possa efficientemente attestare la conformità delle procedure di
controllo nell’ambito del sistema di qualità e costituire un utilissimo elemento per il
miglioramento dei servizi, solo un processo di accreditamento effettuato dall’ente
pubblico in forma diretta può garantire la qualità effettiva delle prestazioni rese,
mediante l’indicazione di specifici requisiti e la loro verifica diretta.
Bisogna infine sottolineare un ulteriore elemento di criticità che giustifica
l’introduzione di un sistema di accreditamento: l’interazione di diversi livelli
amministrativi (Stato, Regioni, Province, Comuni ed Enti privati) deve concorrere ad
assicurare uniformità dei livelli qualitativi dei servizi , siano essi pubblici o privati, nel
rispetto e nella considerazione delle rappresentanze degli interessi delle parti in
causa (utenti diretti, aziende, organizzazioni sindacali, organismi che operano nella
società civile) e del loro comporsi e trasformarsi nel tempo.
4.3.
Il nuovo ruolo degli Enti componenti la rete
Un ridisegno dei ruoli riguarda non solo le agenzie formative e gli operatori,
pubblici e privati, del mercato del lavoro; esso coinvolge anche Regione, Province,
Comuni e le relazioni tra Enti di formazione e servizi all’impiego. E’ convinzione della
Regione Liguria che la programmazione coordinata sul territorio, i piani di sviluppo
locale, debbano essere vissuti come strumenti di valorizzazione delle risorse e
progettualità locali e di integrazione, partecipazione e coordinamento.
Anche in questo caso processi già in atto debbono essere agevolati e sostenuti
trovando riscontro nell’ambito della programmazione regionale, e creando
contemporaneamente un sistema di monitoraggio sistematico e di governo tecnico
realizzato su base Regionale.
Il riferimento per ogni processo di programmazione è dato dall’art. 4 della legge
regionale 52/93 in base al quale la Regione elabora un documento programmatorio
(Piano Triennale delle politiche attive del lavoro) ed annualmente emana delle
direttive per la attuazione delle azioni ivi previste, indicando le risorse finanziarie
disponibili e definendo criteri e parametri di assegnazione alle Province cui sono
assegnate le funzioni di pianificazione e gestione sia della formazione professionale
sia in tema di promozione occupazionale.
I principi su cui si basa il processo programmatorio sono due :
-
-
•
la concertazione e il dialogo sociale costituiscono gli strumenti prioritari
per l’impostazione degli orientamenti strategici di carattere generale, che
devono tendere ad assicurare:
l’equilibrio tra una visione generale dei problemi e la conoscenza dei bisogni
locali,
il coinvolgimento delle diverse potenzialità,
Programma Triennale dei Servizi per l’Impiego, delle Politiche
Formative e del Lavoro
pagina 140 •
•
•
Le ricadute sul sistema
- la ripartizione delle competenze tra i vari soggetti.
Tali strumenti devono operare nel pieno rispetto delle competenze istituzionali e
giuridiche di ogni parte.
E’ intendimento della Regione valorizzare il ruolo della Commissione regionale di
concertazione che deve essere la sede effettiva dove vengono portate le
problematiche inerenti le politiche attive del lavoro, al fine di individuare sinergie
che consentano la elaborazione di strategie coordinate sul territorio.
Analogamente avrà sviluppo e miglior finalizzazione il “Comitato di consultazione
e concertazione con le Parti Sociali in materia di coordinamento delle politiche
dell’istruzione, della formazione e del lavoro” che dovrà assumere il ruolo di
“tavolo permanente” dei soggetti coinvolti sui temi dell’integrazione (Regione,
Province, Università, Scuola e Sistema formativo) al fine di individuare forme
concrete di sinergia e collaborazione tra i sistemi.
-
Il principio di sussidarietà, inteso sia in senso verticale che orizzontale
come di seguito specificato.
-
La sussidiarietà verticale comporta che le funzioni amministrative
vengono svolte dal livello di governo locale più idoneo a garantire un
adeguato servizio al cittadino, secondo il criterio di omogeneità e
adeguatezza delle funzioni organizzative rispetto alle funzioni medesime;
tale principio va comunque letto alla luce della necessità di evitare la
frammentazione istituzionale, attraverso il ruolo di programmazione e di
pianificazione in capo alla Regione;
-
la sussidiarietà orizzontale, interpretando i profondi mutamenti
intervenuti nei rapporti tra istituzioni e società civile che impongono il
riconoscimento, quali principi essenziali, della centralità della persona e del
perseguimento del bene comune, favorisce per le funzioni che non siano
riservate in forza di legge, l’individuazione della tipologia dei soggetti anche
privati che meglio rispondano al conseguimento di un obiettivo nei rispetto
dei suddetti principi.
In tal modo la programmazione assume anche connotati di sviluppo della
cultura del lavoro, permettendo di valorizzare le diversità portandole a sintesi
unitaria.
Tale scelta, che ha dato positivi risultati, è stata ripresa nel Programma
Operativo Obiettivo 3 per il periodo 2000-2006, e viene riconfermata.
L’approccio programmatorio recepito nell’art. 4 della legge regionale 52/93
risente fortemente delle diverse caratteristiche del contesto socio economico.
•
Programma Triennale dei Servizi per l’Impiego, delle Politiche
Formative e del Lavoro
pagina 141 •
•
•
Le ricadute sul sistema
Facendo riferimento ad una situazione ove il tasso di innovazione era ancora
limitato e non così rapido, il punto di partenza era individuato nell’analisi della
situazione economica produttiva ed occupazionale.
Bisogna tener presente che, ai fini di una efficace programmazione, è ormai
acquisito che non solo una conoscenza tempestiva e completa dei bisogni presenti
sul territorio è impossibile da acquisire, ma anche che la conoscenza viene alimentata
e costruita dall’azione.
In oggi, infatti, non esiste più continuità fra passato e futuro, le certezze sulle
quali si poteva programmare sono sparite (o si sono grandemente ridimensionate),
gran parte delle decisioni strategiche dalle quali dipendono lo sviluppo occupazionale
vengono assunte al di fuori dei confini liguri e, come il caso della Marconi insegna,
non hanno attinenze con la realtà regionale.
In oggi programmare significa prioritariamente disegnare degli scenari del
futuro desiderato, ed attivare gli strumenti che, partendo dalla ipotesi più verosimile,
rendano il più possibile raggiungibili gli obiettivi che ci si è posti.
Pur rispettando il disposto della legge, questo Programma triennale è stato
elaborato guardando ad un quadro futuro diverso da quello attuale, più che come
continuità e sviluppo di quanto finora è avvenuto ed è stato fatto.
L’ipotesi di partenza è quello di un contesto economico a basso tasso di
sviluppo, perché la recente inversione di tendenza che si è manifestata nell’economia
mondiale e su scala regionale non sembra potersi esaurire in breve tempo
Ne consegue che non pare possibile immaginare che un’economia locale
fortemente dipendente dall’interscambio con altre realtà, quale è quella ligure, possa
riprendersi da sola e senza un incisivo stimolo da parte delle istituzioni pubbliche ed
una corresponsabilizzazione delle Parti sociali.
Vanno sostenuti i settori forti, capaci di creare nuove opportunità di lavoro, ma
anche quelli deboli che – se lasciati a sé stessi – possono determinare situazioni di
crisi.
Per tale motivo, oggi più che mai, è necessario superare la logica di una
programmazione rigida, omnicomprensiva, vincolante, formulata sulla base di studi
per adottare un approccio pragmatico, di riprogrammazione continua nella logica di
quell’aggiornamento continuo già previsto dello stesso art. 4 della legge regionale
52/93, radicata nel territorio, partecipata dalle Parti sociali e dagli Enti territoriali.
In questa ottica diviene fondamentale l’acquisizione puntuale e costante di
informazioni che consentano di riorientare, se necessario, quanto originariamente
previsto ed assume valenza strategica la valutazione in itinere che non può limitarsi
•
Programma Triennale dei Servizi per l’Impiego, delle Politiche
Formative e del Lavoro
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•
•
Le ricadute sul sistema
ad un riscontro meramente quantitativo delle azioni realizzate rispetto a quanto era
stato previsto, bensì deve individuare le cause degli scostamenti e le fonti di mal
funzionamento fornendo linee guida ed indicazioni che permettano di assumere le
decisioni conseguenti.
In questo senso anche i Piani annuali provinciali modificano la loro valenza, da
atti di applicazione delle indicazioni programmatorie a momenti di riprogrammazione,
in una concertazione e collaborazione costruttiva fra Province e Regione
4.3.1. Il ruolo della Regione
Alla Regione compete principalmente il ruolo di cerniera fra Unione Europea e
Stato da un lato ed attori del sistema dall’altro, ed in oggi anche alla luce del mutato
contesto normativo è chiamata a svolgere con sempre maggior incisività un ruolo
forte di governo del sistema rispetto a cinque obiettivi fondamentali, :
⇒ assicurare servizi atti a offrire occupabilità ai cittadini e condizioni di sviluppo alle
imprese
Per il raggiungimento di questo obiettivo le funzioni svolte dalla Regione sono :
l’analisi socio-economica del territorio con la rilevazione di bisogni e criticità da
considerare nell’ambito della programmazione, secondo le modalità della
programmazione concertata
‰ la programmazione strategica e linee d’indirizzo
‰ l’accreditamento delle strutture e dei servizi, al fine di assicurare la necessaria
affidabilità
‰ la disciplina dei crediti formativi e del riconoscimento degli acquis
‰ la definizione del sistema di valutazione e controllo
‰ la definizione degli standard dei servizi
‰
⇒ realizzare un sistema organico ed integrato che valorizzi tutte le risorse presenti
sul territorio ligure
A tal fine alla Regione compete :
‰ la definizione di protocolli od accordi quadro con i vari soggetti istituzionali
‰ la formulazione di un Piano di riordino dei vari soggetti della rete
‰ la realizzazione di un sistema informativo organico e strutturato
‰ la diffusione, fra i vari soggetti della rete, della cultura del cambiamento
⇒ perseguire un costante miglioramento dei servizi formativi ed occupazionali
Sarà cura della Regione :
‰ la diffusione di buone prassi
‰ la formazione degli operatori nell’ambito del riordino del sistema
•
Programma Triennale dei Servizi per l’Impiego, delle Politiche
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•
Le ricadute sul sistema
‰
‰
‰
la
di
la
la
sperimentazione di azioni innovative di interesse interprovinciale suscettibili
essere trasferite a sistema
valutazione dei progetti presentati nell’ambito delle Iniziative comunitarie
realizzazione di progetti interregionali
⇒ garantire un corretto e completo utilizzo di tutte le risorse finanziarie disponibili
La Regione provvederà a :
‰ la ripartizione delle risorse disponibili sulla base delle esigenze accertate
‰ la determinazione degli incentivi per l’occupazione
‰ la determinazione dei parametri di costo per le differenti attività ricomprese
nei servizi
‰ il monitoraggio delle attività e la valutazione d’efficacia e d’efficienza rispetto
agli interventi attuati
‰ il controllo della gestione finanziaria delle risorse assegnate
⇒ l’omogeneità dei servizi offerti sul territorio ligure pur nel rispetto delle differenti
esigenze presenti nelle varie aree
Per il raggiungimento di quest’ultimo obiettivo la Giunta regionale curerà :
‰ la
definizione delle procedure attuative anche in funzione della
flessibilizzazione dei percorsi formativi
‰ la standardizzazione dei percorsi formativi e la definizione dei profili
professionali di figure definite in normativa reigonale e nazionale
‰ l’accreditamento delle strutture e dei servizi
Nell’attuazione degli interventi di sua competenza la Regione si avvarrà
dell’assistenza tecnica dell’Agenzia Liguria Lavoro, suo Ente strumentale, i cui compiti
saranno ridefiniti a seguito del definitivo trasferimento di competenze alle Regioni
conseguente al completamento del nuovo quadro istituzionale.
4.3.2. Il ruolo delle Province
La Regione riconosce l’importanza che hanno le Province, nella rete dei soggetti
attuatori, per la realizzazione di un’efficace politica attiva del lavoro e della
formazione nella linea dell’avvicinare il più possibile i servizi al territorio ed ai bisogni
dei cittadini, ma non può che sottolineare il ruolo di pungolo e stimolo al continuo
miglioramento del sistema che le compete.
In una regione quale la Liguria ove la maggioranza degli Enti locali è di piccole
dimensioni, le Province costituiscono la sede più opportuna per la rilevazione dei
bisogni del territorio e la pianificazione degli interventi.
In questo contesto, è necessario perseguire un rafforzamento del confronto
collaborativo fra Regione e Province, che superi le difficoltà di dialogo che talora si
sono avute, dall’altro assicuri una maggiore omogeneità sull’intero territorio ligure.
•
Programma Triennale dei Servizi per l’Impiego, delle Politiche
Formative e del Lavoro
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•
Le ricadute sul sistema
Appare, infatti, necessario addivenire ad una più ampia omogeneità fra le
Province soprattutto nei confronti degli utenti.
Ci si riferisce, in particolare, ai
processi programmatori che in alcune realtà sono unificati in un solo documento
mentre in altre vedono più momenti distinti; una differenza poco comprensibile da
parte degli utenti.
Analogamente, in sede di rendicontazione, le modalità di applicazione dei criteri
definiti dalla Regione sono stati, talvolta, profondamente differenti a seconda
dell’Amministrazione provinciale competente.
La Regione, pertanto, attiverà dei tavoli di confronto in modo da addivenire a
soluzioni che, pur salvaguardando le particolari esigenze locali, assicuri una
soddisfacente unitarietà di comportamenti e di modalità di attuazione dei servizi
delegati alle Province.
Un secondo aspetto di particolare rilevanza è quello finanziario che va
esaminato sotto due versanti, distinti ma collegati : la capacità di spesa e la
partecipazione finanziaria.
Le Province hanno evidenziato, anche nell’arco dell’ultimo triennio, differenti
capacità di spesa, il che ha comportato il mancato utilizzo di tutte le risorse
finanziarie messe a loro disposizione.
Come precedentemente specificato, questo Programma Triennale assume come
riferimento anche la situazione di riduzione delle risorse che potrà verificarsi nel
2006, ed in tale ottica appare opportuno introdurre anche nel sistema regionale il
criterio già esistente nel Fondo Sociale Europeo e cioè l’assegnazione di fondi in base
alle reali capacità di spesa34 in modo da evitare che delle risorse rimangano
inutilizzate.
Inoltre, le Province debbono assumere un ruolo più attivo e diretto
nell’attuazione delle politiche della formazione e del lavoro, non potendo limitarsi alle
sole risorse messe a disposizione dalla Regione Liguria; lo sviluppo economico
produttivo e quello occupazionale non sono di esclusivo interesse della Regione ed
appare, conseguentemente, logica una responsabilizzazione anche finanziaria.
Per tale motivo va prevista, nell’ambito della revisione delle normative regionali,
la possibilità di prevedere da parte della Provincia una quota di partecipazione, con
risorse proprie, aggiuntiva a quanto assegnato dalla Regione per gli interventi di
politica del lavoro e formazione.
Va, infine, segnalata il persistere dell’anomalia che vede la Provincia
responsabile della pianificazione (Piani provinciali) e della valutazione tanto
34
•
Art. 31 comma 2° del Regolamento 1260/99
Programma Triennale dei Servizi per l’Impiego, delle Politiche
Formative e del Lavoro
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Le ricadute sul sistema
dell’efficacia degli interventi quanto della loro rendicontazione, mantenendo nel
contempo responsabilità di gestione diretta di attività.
A questo proposito la Regione aprirà un tavolo di confronto con le Province per
addivenire ad una soluzione che superi questa situazione di autoreferenzialità, che è
in contrasto con l’impostazione generale dei servizi pubblici e delle direttive
comunitarie
In questa direzione va considerata l’opportunità della dismissione, da parte
delle Province, delle strutture formative la cui gestione potrebbe essere assunta da
Consorzi, di natura mista.
4.3.3. Il ruolo delle Parti Sociali
La Regione riconosce l’importanza che le Parti Sociali hanno nella realizzazione
di una organica e coerente politica di sviluppo economico ed occupazionale, ancor
più in oggi a seguito dell’avvio dei Fondi interprofessionali per la formazione
continua.
Le Parti Sociali, infatti, costituiscono al tempo stesso un indispensabile
terminale per la rilevazione dei bisogni, specie in una fase di profondo cambiamento
sociale ed economico, e per la verifica della efficacia degli interventi realizzati, in
particolare nella definizione dei momenti programmatori decentrati quali i Piani di
Sviluppo Locali.
Il dialogo ed il confronto con le Parti Sociali costituiscono i cardini della
metodologia assunta a base dello sviluppo delle politiche formative e dell’impiego; in
tale ottica la Regione presterà particolare attenzione rispetto alla realizzazione di un
canale comunicativo verso e da le Parti Sociali che porti alla valorizzazione del loro
apporto rispetto sia alle scelte strategiche che alle modalità attuative dei diversi
interventi.
Al fine del monitoraggio delle linee strategiche di questo Programma Triennale,
funzionale all’eventuale riprogrammazione in conseguenza di possibili cambiamenti
significativi del contesto socio – economico ligure, verranno attuati tavoli di sistema
con le Parti Sociali.
Nella logica della rete che caratterizza questo Piano Triennale, le Parti Sociali
hanno anche un ruolo fondamentale nella sensibilizzazione delle diverse categorie di
utenti, quali le imprese ed i lavoratori, presupposto essenziale per il raggiungimento
degli obiettivi fissati.
Va, inoltre, considerato e valorizzato il ruolo degli Organismi bilaterali,
emanazioni dei lavoratori e degli imprenditori quale strumento per promuovere il
continuo sviluppo delle risorse umane. La bilateralità, infatti, come riconosciuto
anche dalla già citata legge delega sul lavoro, che rappresenta una delle
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Programma Triennale dei Servizi per l’Impiego, delle Politiche
Formative e del Lavoro
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Le ricadute sul sistema
caratteristiche più interessanti del sistema italiano, contribuisce a modernizzare,
stabilizzandolo, il sistema di relazioni industriali.
4.3.4. Il ruolo degli Enti locali
Come già detto, nella logica della programmazione bottom up, in questi ultimi
anni si sono sviluppate nuove forme di programmazione concertate, quali i Contratti
d’Area, i Patti Territoriali ed i Piani di Sviluppo Locale,
In particolare, in questi momenti di programmazione negoziata il ruolo dell’Ente
locale è essenziale per la realizzazione ed il buon funzionamento del partenariato ed
il suo coordinamento o integrazione con altre iniziative locali.
Gli Enti locali rivestono un ruolo decisivo anche per le politiche a sostegno
dell’occupazione di particolari fasce di utenti, quali quelli dell’area del disagio,
contribuendo a realizzare la sinergia e la necessaria integrazione fra interventi di tipo
sociale e quelli più propriamente rivolti all’occupazione.
In questa ottica, la Regione assegna grande importanza agli Enti locali ed
attiverà interventi volti ad aumentarne le capacità sia progettuali che di indirizzo in
particolare per azioni ricondotte a “mercati di nicchia” che possono costituire la base
per formulare piani formativi territoriali o settoriali.
4.3.5. Il ruolo delle Camere di Commercio
Il sistema delle Camere di Commercio costituisce un’importante realtà nel
quadro istituzionale italiano, rappresentando non solo un osservatorio privilegiato
rispetto ai trend di sviluppo delle imprese ma anche un rilevante giacimento di know
how per la creazione di nuove imprese e di nuova occupazione, nonché preziosa
fonte di informazione ed interazione tra domanda ed offerta economica.
Tuttavia rispetto al sistema regionale delle politiche della formazione e del
lavoro , l’apporto delle Camere di Commercio liguri è alquanto frammentario ed
inferiore alle loro potenzialità.
Esempio di ciò è il ruolo di capillare informazione verso le imprese svolto in
merito alle misure dell’Obiettivo 2, che consente di comprendere il valore che le
Camere di Commercio potrebbero apportare per le diverse iniziative inerenti il
sostegno all’imprenditoria e le politiche dell’occupazione.
Nella logica della rete che valorizza tutte le risorse presenti sul territorio, la
Regione Liguria aprirà un confronto con l’UnionCamere al fine di addivenire ad una
effettiva integrazione del sistema camerale sia nelle procedure di programmazione
che in quelle di gestione delle politiche di sviluppo occupazionale e della formazione,
esigenza particolarmente sentita anche in relazione alla necessità di realizzare
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Programma Triennale dei Servizi per l’Impiego, delle Politiche
Formative e del Lavoro
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Le ricadute sul sistema
un’effettiva integrazione fra quanto previsto nel DOCUP Obiettivo 2 e gli interventi
previsti in questo Programma Triennale.
4.3.6. Il nuovo ruolo degli Enti di formazione
Gli Enti di formazione, che operano in regime di convenzione con Regione e
Province, costituiscono un elemento centrale per le politiche formative e dell’impiego.
In quest’ultimo triennio, si sono verificati
profondamente mutato il quadro di riferimento :
due fenomeni che
hanno
1) la chiusura di alcun Enti “storici” a causa di difficoltà finanziarie con
conseguente crisi occupazionale per 170 lavoratori; altri Enti hanno, invece,
beneficiato dei finanziamenti per piani di ristrutturazione previsti dall’Accordo tra
Ministero del Lavoro e Regioni del 18/2/2000 recepito nell’Accordo Quadro
Regione – Province – Organizzazioni Sindacali del 13/12/2000
Al proposito, l’assenza del fine di lucro prevista per l’accreditamento, in base
alla legge n° 845 del 1978 e dalla Legge regionale n° 52 del 1993, costituisce un
punto di particolare problematicità, come le recenti vicende hanno evidenziato, in
quanto ogni eventuale perdita – sommandosi a quelle antecedenti – accresce la
precarietà della sopravvivenza degli Enti di formazione.
Paradossalmente, quindi, gli Enti che svolgono un consistente numero di attività
sono in condizioni di maggior criticità rispetto a quelli più piccoli.
Per ridurre questa criticità la Regione Liguria, in base all’attuale normativa, può
solo accelerare i tempi di erogazione delle risorse finanziarie, in particolar modo del
“saldo” a rendicontazione approvata, snellendo le procedure.
In sede di revisione della normativa regionale sulla formazione professionale,
resa possibile dalla riforma dell’art. 117 della Costituzione, la Regione potrà dare
adeguata risposta a questa problematicità
2) la nascita di nuove strutture formative, in gran parte derivate dagli Enti
che hanno cessato la loro attività, che ha portato a 93 il numero degli Enti iscritti
nell’Albo regionale ed il cui numero potrà variare, anche in misura considerevole
ed in aumento, a seguito del processo di accreditamento di cui già si è detto.
In oggi, quindi, il quadro ligure presenta da un lato un numero di soggetti che
pare eccessivo rispetto alla morfologia del territorio ed ai bisogni formativi esistenti,
dall’altro dalle esigue dimensioni della maggior parte di queste strutture con
conseguente ampio ricorso a collaborazioni occasionali a fronte della necessità di
assicurare servizi di livello qualitativo elevato
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Programma Triennale dei Servizi per l’Impiego, delle Politiche
Formative e del Lavoro
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Le ricadute sul sistema
In tale stato di cose pare opportuno procedere ad un piano di riordino al fine di
mettere a sistema una rete di agenzie formative accreditate atte a garantire una
ampia gamma di prestazioni, non solo formative, di alto livello e rispondente ai
bisogni di tutto il territorio ligure.
Occorre, infatti, che gli Enti siano in grado di assicurare una nuova capacità
di lettura e comprensione delle esigenze sia delle persone in cerca di occupazione
che delle imprese e, più in generale, delle specifiche aree territoriali di riferimento in
funzione delle variazioni socio economiche locali, una più mirata elaborazione
progettuale, una rivisitazione di metodologie alla luce delle differenti caratteristiche
degli utenti, una capacità di dialogo con i servizi per l’impiego; esigenze che ben
difficilmente possono essere soddisfatte da micro strutture, prive di risorse
professionali adeguate, se non in un insieme organizzativo di non facile
rappresentazione e realizzazione quale è la rete dei servizi.
Già in passato35 la Regione si era posta questa esigenza ed aveva elaborato un
modello di “Centro Agenzia” emanazione di Società consortili tra i vari soggetti del
sistema, modello che non ha trovato applicazione per la sottovalutazione di aspetti
pratici e della naturale difesa da parte degli Enti della loro identità culturale.
Il Piano di riordino sarà, quindi frutto di un confronto ed elaborazione sia con gli
Enti che con i vari soggetti della rete, e sarà caratterizzato dal concetto di
collaborazione ed integrazione coerentemente con l’impostazione di “rete dei servizi”
assunta alla base di questo Programma e si fonderà da un lato sul sistema di
accreditamento e dall’altro su facilitazioni e sostegno a processi di aggregazione.
4.3.7. Il ruolo dell’Università
Il ruolo dell’Università rispetto alla rete di servizi e soggetti che realizzano le
politiche regionali in materia di formazione e lavoro può essere distinto in tre diverse
situazioni:
1. come canale formativo
La storica separazione fra Università e canali formativo e scolastico si è andata
via via riducendo con la realizzazione di azioni congiunte, nella linea dell’integrazione
dei canali formativi e della rete di soggetti che cooperano al raggiungimento di
obiettivi comuni.
Fra queste azioni, meritano di essere ricordate anche per la loro valenza
metodologica, il protocollo siglato con la Regione e le conseguenti iniziative
sull’orientamento di cui il Salone Formula è il momento più visibile, i progetti I.F.T.S.
35
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Piano di rinnovamento del sistema formativo
Programma Triennale dei Servizi per l’Impiego, delle Politiche
Formative e del Lavoro
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Le ricadute sul sistema
Rispetto ai corsi universitari, stante la loro funzione di fornire al sistema
economico e sociale ligure figure professionali ad alta qualificazione, competenti la
Regione intende contribuire al processo di attuazione della riforma degli studi
universitari, definendo congiuntamente percorsi innovativi ad alto livello di
professionalizzazione
Nella logica della centralità dell’utente, la Regione auspica, inoltre, che
l’Università abbia maggior attenzione ai bisogni degli studenti lavoratori, rispetto ai
quali vi è l’esigenza di forme di erogazione differenti
2. Come fornitore di servizi di supporto metodologico e di analisi sia
alla Regione sia a vari soggetti del sistema regionale
E’ un ruolo connaturato ed intrinseco alla “mission” dell’Università, e come tale
va valorizzato. Ad oggi il rapporto dell’Università, intesa come un unicum, con il
sistema formativo regionale ha ancora carattere discontinuo, essendo più frequente
un rapporto su specifici progetti a livello di singola Facoltà.
E’ auspicabile il raggiungimento di un Accordo quadro con l’Università (intesa
nel suo complesso) per collaborazioni ricorrenti di Facoltà e Dipartimenti anche per
far fronte alle possibili necessità di adeguamento contenutistico dei vari servizi, a
partire dalle attività corsuali.
3. Come sbocco, per il proseguimento degli studi, degli utenti del
sistema di formazione professionale
L’obiettivo primario che la Regione intende perseguire al fine di rendere
effettiva la proseguibilità degli studi, anche in applicazione del Protocollo del
novembre 2002 con MIUR e Ministero del Lavoro, consiste nel rendere concreto il
“continuum” dell’offerta formativa, tramite il riconoscimento ai fini universitari dei
crediti formativi acquisiti nell’ambito degli interventi di formazione professionale.
Va, quindi, intensificato il dialogo con l’Università ai fini del raggiungimento del
comune obiettivo di meglio qualificare i lavoratori ed i futuri lavoratori liguri.
4.3.8. Il sistema scolastico
Parlare di sistema integrato significa anche prevedere un nuovo e più
significativo ruolo del sistema scolastico.
La distinzione fra “sapere” e “saper fare”, che era alla base della separazione
fra “canale dell’istruzione e canale della formazione”, è ormai generalmente ritenuta
non più rispondente alla nuova normativa (che vede contrapposti due canali, il
sistema dei licei e i sistema dell’istruzione e della formazione professionale) e alle
caratteristiche e alle necessità dell’attuale mondo del lavoro.
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Programma Triennale dei Servizi per l’Impiego, delle Politiche
Formative e del Lavoro
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Le ricadute sul sistema
La riforma del sistema dell’istruzione, attuata con la recente Legge 53/2003,
evidenzia i benefici di una interazione tra sistema dell’istruzione e sistema della
formazione professionale, che sia in grado di valorizzare esperienze e metodologie
appartenenti ai due diversi canali, facendoli interagire tra loro.
La Regione Liguria, intende favorire questo processo di confronto, dialogo e
ricerca di nuove e più efficaci metodologie di intervento non solo a livello istituzionale
ma anche sollecitando e creando occasioni di collaborazioni fra Istituti scolastici ed
Agenzie formative.
In particolare, attraverso il trasferimento di buone prassi e la formazione
congiunta di docenti e formatori, la Regione intende sostenere il rinnovamento di
tutto il sistema dell’istruzione e della formazione professionale.
Come già detto in altre parti di questo Programma, la Regione si attiverà per
addivenire al mutuo riconoscimento dei crediti formativi e per dare concretezza alla
possibilità di “passaggio” tra i due sistemi, quello dei licei e quello dell’istruzione e
formazione professionale, condizione essenziale per rendere effettivo il diritto –
dovere all’istruzione e alla formazione di tutti i cittadini.
4.3.9. Le imprese
Le imprese costituiscono una parte essenziale della rete dei soggetti che
contribuiscono alla realizzazione delle politiche formative e dell’impiego della Regione
Liguria.
Da un lato le imprese sono la sorgente ed al tempo stesso il target degli
interventi di formazione, siano essi di inserimento lavorativo o di formazione
continua; va, quindi, sviluppato e migliorato il sistema di comunicazione in modo da
raggiungere non solo le grandi e medie aziende ma anche quell’universo di piccole
imprese che costituisce la stragrande maggioranza del tessuto economico e
produttivo ligure.
Dall’altro lato le imprese, specialmente tecnologicamente avanzate, sono veri e
propri “giacimenti” di know how che può risultare particolarmente prezioso per il
sistema formativo inteso nel suo complesso.
Le esperienze realizzate con gli stages, i tirocini formativi, le work experiences
evidenziano questa valenza di “luogo di formazione” che va ulteriormente valorizzato.
Infine va considerato che le imprese sono fornitrici di servizi anche nei settori
della formazione e dell’impiego, e che possono contribuire al miglioramento
dell’efficacia delle politiche regionali, in quell’ottica di ridondanza indicata al Cap. 4.2,
generando un effetto di stimolo concorrenziale che spinge le strutture pubbliche a
perseguire un costante miglioramento.
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Programma Triennale dei Servizi per l’Impiego, delle Politiche
Formative e del Lavoro
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Le ricadute sul sistema
Nell’ambito della revisione della normativa regionale ed in sintonia con
l’evoluzione della legislazione nazionale, saranno specificati gli interventi che, nel
campo dei servizi per l’impiego, potranno essere svolti da imprese private, fermo
restando che le imprese dovranno rispondere ai precisi requisiti richiesti per
l’accreditamento dei servizi.
4.4.
Gli sviluppi della promozione occupazionale
Per quanto riguarda il campo della promozione occupazionale, l’avvio di un
processo di rinnovamento parte dalla modifica in atto della legge regionale n.41/95
che, pur con i limiti dell’attuale impianto legislativo, ha tuttavia costituito uno
strumento innovativo per la politica regionale in materia di occupazione.
In considerazione delle nuove competenze attribuite alle regioni in materia di
lavoro è emersa evidente, infatti, l’esigenza di adottare un nuovo strumento
legislativo che diventi “legge-quadro” sull’occupazione, di supporto anche per
l’attuazione degli interventi comunitari, con un impianto capace quindi di collegare
tra loro i diversi interventi e potenzialità, e non come sommatoria di norme
autonome e fra loro non interagenti.
Tutto ciò facendo necessariamente riferimento all’esperienza trascorsa, tenendo
conto altresì dell’impatto e dell’efficacia della legge regionale n.41/95 sulle dinamiche
occupazionali e sui percorsi di professionalizzazione, ma anche delle difficoltà
applicative riscontrate e di rigidità certamente non desiderate né volute al momento
della sua promulgazione.
L’obiettivo è stato quello di definire una nuova legge mirata ad armonizzare ed
integrare gli incentivi all’occupazione, notificata presso la Commissione Europea per
quelle tipologie di intervento non rientranti nell’esclusione prevista dal più volte citato
nuovo Regolamento comunitario sugli aiuti di Stato per l’occupazione36, che individui
i beneficiari anche alla luce delle nuove esigenze determinate dall’evoluzione socio –
economica, e tutte le azioni regionali finanziabili in materia di promozione
occupazionale, rinviando le modalità attuative e gestionali dei singoli interventi a
successivi provvedimenti.
Tale soluzione ha consentito, tra l’altro, di meglio rispondere alle esigenze che
annualmente possono presentarsi dovute, sia alle disponibilità di bilancio, sia agli
obiettivi ed alle priorità che la Regione intende perseguire per meglio rispondere ai
cambiamenti del contesto socio-economico tenendo anche conto delle eventuali
modifiche del quadro di riferimento nazionale e comunitario.
36
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Regolamento n° 2204/2002
Programma Triennale dei Servizi per l’Impiego, delle Politiche
Formative e del Lavoro
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•
Le ricadute sul sistema
Una struttura legislativa quindi con funzione di “piano”, per favorire l’aderenza
alle dinamiche reali, collegata con le altre attività programmatorie, al fine di definire
un unico strumento di programmazione per quanto riguarda gli interventi di politica
attiva del lavoro.
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Programma Triennale dei Servizi per l’Impiego, delle Politiche
Formative e del Lavoro
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Le modalità di attuazione
5. Le modalità di attuazione
5.1.
Il circuito finanziario
Le strategie delineate nei paragrafi precedenti, l’esigenza di fornire soluzioni
concrete alle problematiche maggiormente emergenti, l’esigenza altresì di assicurare
una unità di indirizzo nelle scelte strategiche di sviluppo del territorio, richiedono di
intervenire sul procedimento e metodo di assegnazione delle risorse alle Province,
agli Enti Locali ed ai diversi soggetti attuatori.
I criteri fissati nel precedente periodo di programmazione, già in allora valutati
come ormai superati, devono essere rivisitati ed adeguati alle innovazioni intervenute
nel sistema, devono rispondere al rinnovato sistema di valutazione di qualità degli
interventi di cui la Regione e le Province dovranno dotarsi.
Saranno pertanto definiti criteri per la ripartizione delle risorse, che, pur
partendo dall’ormai consolidato sistema di indicatori (risorse utilizzate nel precedente
periodo di programmazione, utenza potenziale, risultati conseguiti), avviino un
processo di collegamento con gli obiettivi di medio termine fissati a livello centrale,
pur in un dovuto e necessario confronto con le Province e le Parti Sociali, tale da
tradursi in specifiche destinazioni finanziarie, che possano prevedere l’attuazione di
progetti specifici, piani di intervento a regia regionale così come l’attuazione di
specifici progetti sperimentali individuati in ambiti geografici e/o di attività produttive
specifici.
Il nuovo modello di ripartizione delle risorse finanziarie alle Province, basato
anche sul già citato criterio della effettiva capacità di spesa, dovrà perseguire
l’obiettivo di definire un procedimento più equo di ripartizione delle risorse sul
territorio regionale, tenendo conto delle diverse condizioni strutturali che
caratterizzano i mercati locali e provinciali del lavoro.
Il criterio di equità sopra enunciato dovrà coniugarsi e definirsi in relazione alla
strategia del programma e quindi agli obiettivi generali, alle priorità nello stesso
individuate.
Sarà pertanto introdotta una ripartizione finanziaria per Provincia basata su
indici di ripartizione calcolati tramite i dati derivanti da più indicatori di contesto
selezionati applicando il criterio dell’analisi di contesto (presente anche nei documenti
di programmazione già approvati dalla Regione) e dalla coerenza interna, ovvero il
legame tra i vari livelli di priorità degli obiettivi della programmazione ed i suoi
contenuti operativi.
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Programma Triennale dei Servizi per l’Impiego, delle Politiche
Formative e del Lavoro
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Le modalità di attuazione
Tale procedura richiederà l’avvio di un sistema di valutazione degli interventi e
del loro contributo alla strategia regionale che si svilupperà principalmente sui
seguenti effetti:
•
effetti rispetto ai soggetti che beneficiano degli interventi (indicatori di risultato)
•
effetti strutturali o impatti sulla performance dei sistemi (indicatori di risultato ed
impatto)
•
effetti sullo sviluppo economico e sociale (indicatori di impatto).
L’analisi degli effetti e risultati prodotti nei singoli territori (e quindi la migliore
performance di risultato) attiverà la c.d. premialità e, quindi, risorse aggiuntive nella
successiva assegnazione.
Così come da un’analisi che dimostri l’inefficienza realizzativa del territorio
deriverà una riconsiderazione nell’assegnazione delle risorse.
5.2.
Il sistema di sorveglianza, monitoraggio, valutazione e controllo
5.2.1. Sorveglianza e Monitoraggio
L’attività di monitoraggio garantisce mediante un sistema condiviso di raccolta
dati - finanziari, fisici, procedurali e statistici sull’attuazione degli interventi – lo
strumento per la sorveglianza dell’attività (coerentemente peraltro con i principi
enunciati nel Regolamento generale n. 1260/1999 e segnatamente agli articoli 34,
37, 38 e 39 nonché al regolamento comunitario n. 438/2001).
L’attività di monitoraggio si colloca trasversalmente al sistema investendo
ciascuna fase del processo realizzativo delle politiche del lavoro e si avvale di un
sistema informativo che dovrà consentire tra l’altro:
•
l’elaborazione degli indicatori per la sorveglianza, essenziali per dare conto sullo
stato di avanzamento in termini di realizzazioni fisiche, di risultato e ove possibile
di impatto anche ai fini della valutazione (Regolamento CE n. 1260/99, Capo III);
•
il trattamento condiviso dei dati mediante l’utilizzo dei già predisposti sistemi
informatici tra l’Amministrazione regionale e gli organismi intermedi;
•
lo scambio dei dati di realizzazione con i soggetti attuatori (beneficiari finali)
tramite predisposte procedure informatizzate, anche on-line su canali sicuri e
protetti.
•
Programma Triennale dei Servizi per l’Impiego, delle Politiche
Formative e del Lavoro
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•
•
Le modalità di attuazione
La costruzione di una base dati aggiornata, affidabile e flessibile ha una
funzione fondamentale ai fini della conoscenza, perché deve essere in grado di
gestire le informazioni elementari derivanti dallo svolgimento delle attività
consentendo la predisposizione di indicatori ed indirizzi utili per una corretta e
responsabile riprogrammazione, ovvero l’ottimizzazione degli investimenti e il pieno
utilizzo delle risorse disponibili.
A tal fine è intendimento dell’Amministrazione regionale mettere a regime,
attraverso una adeguata ed opportuna sperimentazione che coinvolga anche gli
organismi intermedi, il sistema produttivo ligure ed i beneficiari finali, procedure online destinate alla programmazione, gestione e diffusione dell’attività di formazione
professionale e delle politiche del lavoro.
Tali procedure on-line svilupperanno quindi l’attività sperimentale in corso e si
completeranno in vigenza del presente programma.
5.2.2. Valutazione e controllo
La Regione, responsabile della correttezza dell’utilizzo delle risorse finanziarie
(comunitarie, nazionali e regionali) esercita la vigilanza sulla concreta e corretta
applicazione di regole e direttive che reggono e disciplinano il “buon uso” dei
finanziamenti, disponendo anche controlli specifici o per sondaggio su singole attività
o sui sistemi di gestione e controllo (a livello provinciale). I sistemi di gestionecontrollo a livello regionale e provinciale devono soddisfare le seguenti esigenze:
•
assicurare una corretta esecuzione degli interventi, secondo criteri di sana
gestione finanziaria;
•
prevedere meccanismi di individuazione di carenze e rischi nell’esecuzione delle
azioni finanziate e interventi per la loro eliminazione;
•
prevedere una pista di controllo adeguata, cioè tale da consentire la verifica della
corrispondenza fra i dati riepilogativi di spesa certificati e le singole registrazioni di
spesa e connessa documentazione a livello dei beneficiari finali. Gli organismi che
partecipano alla gestione e attuazione sono tenuti ad utilizzare un sistema
contabile distinto o appropriata codificazione contabile per tutti gli interventi
attivati.
Il mutamento della formazione professionale da un sistema tradizionale ad uno
sempre più coerente con la pluralità di domande differenziate che si manifestano nel
mondo del lavoro e delle professioni come nella realtà sociale, nonché il processo di
aziendalizzazione dell’attività formativa convenzionata con l’ente pubblico, al fine di
•
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•
•
Le modalità di attuazione
assicurare l’utilizzo delle risorse per gli enti pubblici e privati erogatori del servizio,
richiedono “nuovi sistemi di rendicontazione” della spesa basati:
a) sul bilancio di esercizio, composto dai documenti prescritti dalle vigenti
disposizioni civilistiche in materia che costituisce il documento base
attraverso il quale si definisce il rapporto fra i soggetti privati gestori di
attività formative e dell’Ente finanziatore.
b) sulla tenuta di una contabilità analitica la quale consiste in una sistematica
rilevazione di valori economici (costi, ricavi e margini) per centro di costo
che assumono a seconda dei casi la veste di corso di formazione e/o di
qualunque altra possibile azione formativa
Il bilancio di esercizio e la contabilità analitica costituiscono, quindi, gli
strumenti su cui l’Ente finanziatore potrà basare l'attività di controllo delle spese.
Tale processo, già avviato con le disposizioni attuative sull’utilizzo del FSE,
dovrà trovare completamento e ricchezza nell’attuazione del presente Programma
con l’adeguamento delle procedure di rendicontazione finale e di certificazione
intermedia della spesa ad esigenze di semplificazione e velocizzazione amministrativa
e contabile.
Ciò sarà perseguibile definendo procedure ed obblighi a carico degli operatori e
nel contempo garantendo il valore probatorio e certificatorio degli atti di controllo.
Per ottenere un buon sistema di controllo (di gestione) e di valutazione (delle
politiche) è indispensabile “raccogliere, elaborare ed interpretare informazioni utili a
migliorare le decisioni relative all’utilizzo delle risorse pubbliche”, in sintesi:
•
raccogliere informazioni per far rispettare le regole, quindi ispezionare,
esaminare, verificare;
•
raccogliere informazioni per tenere sotto controllo l’organizzazione, inserendo ad
es. attività che permettono di rilevare, anche in itinere, i costi delle attività svolte
(contabilità analitica), di verificare i progressi compiuti dalle “singole” azioni, di
seguire gli aspetti finanziari della gestione;
•
raccogliere informazioni per rendere conto dei risultati ottenuti, verificare quindi
che “le cose promesse siano state fatte, fatte in tempo e fatte bene”;
•
raccogliere informazioni per capire se e come gli interventi funzionano, ad es.
utilizzando valutazioni di percorso tematiche;
•
raccogliere informazioni per orientare le scelte tra alternative di policy;
•
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•
•
Le modalità di attuazione
è quindi indispensabile dotarsi di un buon sistema informativo, di un buon
sistema di monitoraggio, di apposite strumentazioni di rilevamento e valutazione, è
pertanto necessario implementare e mettere a sistema gli attuali livelli informativi,
definire (come sopra detto) obblighi e procedure che devono essere attivate ai vari
livelli (Regione, Province, soggetti attuatori), dotarsi di strumenti di valutazione e
controllo della qualità anche ricorrendo a strutture esterne per supporti organizzativi
e gestionali.
A fianco di un sistema di controllo, che come detto dovrà essere implementato
e messo a regime, dovrà svilupparsi un sistema di verifiche di qualità (già
sperimentato nel passato su alcuni interventi a regia regionale) delle azioni che
consenta di:
•
mettere a punto criteri e indicatori di qualità;
•
mettere a punto strumenti di rilevazione e procedure di trattamento dei dati e
delle informazioni;
•
organizzare modalità di raccolta, trattamento, elaborazione e analisi dei risultati
(avvalendosi anche di strutture esterne);
•
identificare le modalità di restituzione delle informazioni più efficaci per i diversi
tipi di destinatari (decisori e responsabili politici, referenti regionali e provinciali,
attuatori);
•
realizzare integrazione con altre forme di valutazione (ex ante ed ex post);
con l’obiettivo di:
⇒ stimare il grado di rispondenza delle azioni proposte rispetto alle esigenze del
mercato del lavoro;
⇒ valutare la qualità delle procedure di erogazione da parte dei vari soggetti che
operano nel settore;
⇒ predisporre, se del caso, le opportune retroazioni per riorientare i processi;
⇒ rilevare il gradimento delle iniziative da parte degli utenti diretti ed indiretti.
In particolare, in merito alla valutazione va evidenziato che nella logica della
programmazione continua, il ruolo della valutazione è essenziale e ben diverso da
quello richiesto del tradizionale approccio della programmazione una tantum.
•
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•
Le modalità di attuazione
In primo luogo la valutazione ex ante assume le caratteristiche di una
valutazione di raggiungibilità dei risultati prefissati, quindi s’incentra maggiormente
sulla idoneità e congruenza delle strategie e degli strumenti rispetto alle mete, e di
impatto sulle criticità rilevate.
Il pragmatismo anglosassone ha portato alla obbligatorietà di una verifica
preventiva di applicabilità di ogni legge prima della sua entrata in vigore, cioè della
effettiva capacità di generare gli effetti attesi.
Senza giungere ad una simile
procedura, va comunque adottato il concetto di analisi a priori dell’effettivo impatto
sulle strutture (regionali, provinciali oltrechè dei soggetti realizzatori) e della loro
capacità di realizzazione; vanno, inoltre, individuate le misure a sostegno, quali
l’informazione, necessarie perché gli strumenti possano essere efficaci.
Per rendere concreta questa affermazione, si può fare il seguente esempio :
indubbiamente la formazione è uno strumento essenziale per l’adeguamento
professionale dei lavoratori alle esigenze del mercato del lavoro, ma il prevedere sic
et sempliciter attività formative, così come si è fatto in passato, porterà a risultati
poco rilevanti perché non considerano tutti gli ostacoli che impediscono la
partecipazione alle attività corsuali (necessità di percorsi individualizzati e di
contemperare tempo di lavoro con tempo per la formazione, orari troppo rigidi, corsi
troppo lunghi ecc.)
Più volte si è detto che occorre flessibilizzare le attività formative per adulti, ma
questo principio – di per sé giusto – si è scontrato con le difficoltà da parte
dell’Amministrazione di contemperare la flessibilità delle attività con il necessario
rigore del controllo amministrativo e finanziario.
Soltanto individuando nuove procedure di controllo, facilmente applicabili da
parte degli uffici competenti, può realizzarsi quella flessibilità che è alla base di una
reale efficacia di interventi formativi per occupati.
Si tratta, quindi, di creare una cultura programmatoria in cui la valutazione sia
elemento intrinseco e non separato.
Ne consegue che la valutazione ex ante è una valutazione partecipata nel senso
che ogni attore che sarà chiamato a concorrere, per la parte di sua competenza, al
raggiungimento del risultato deve concorrere a individuare e formulare le condizioni e
le soluzioni di efficacia.
Vi è, quindi, una corresponsabilità nella formulazione della strategia.che
permette, anche, di assegnare un diverso ruolo alla valutazione in itinere ed a quella
ex post.
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Programma Triennale dei Servizi per l’Impiego, delle Politiche
Formative e del Lavoro
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Le modalità di attuazione
La valutazione in itinere ha avuto tradizionalmente lo scopo di ri-orientare i
parametri chiave della programmazione (destinazione delle risorse, criteri e standard
di riferimento ecc.) in modo da massimizzare la capacità realizzativa.
Questo approccio aveva una sua fondatezza in riferimento ad una visione
programmatoria che assumeva a riferimento un contesto suscettibile di poche e non
significative trasformazioni.
La valutazione in itinere era, per così dire, un momento di autoreferenzialità in
cui il sistema valutava la sua capacità realizzativa senza porsi il problema del
perdurare della validità dell’impostazione data.
Nel contesto attuale, nel quale non sembrano individuabili costanti cui far
riferimento, il punto principale rispetto al quale attuare la valutazione in itinere è la
rispondenza delle misure in atto rispetto alle trasformazioni del contesto, e – in
seconda battuta – la capacità del sistema di usare efficacemente le risorse attivate.
La valutazione in itinere assume, in questa logica, un ruolo propositivo verso
l’adeguamento ed il miglioramento più che di controllo, ed è necessario prevedere
interventi atti a fornire adeguate specifiche competenze valutatorie ai vari soggetti
coinvolti.
E’, quindi, opportuno che sia svolta un’analisi da parte di un soggetto terzo in
modo da garantire l’oggettività ma, come per la valutazione ex ante, tutti i soggetti
coinvolti sono chiamati ad esprimersi sulle difficoltà incontrate, sulle necessità di
miglioramenti, su nuovi approcci che possono essere più rispondenti ai bisogni,
vecchi e nuovi, del territorio in quella logica di corresponsabilità necessaria perché il
sistema possa svolgere la sua missione.
Concretamente appare, perciò, necessario che la valutazione in itinere venga
effettuata prima della formulazione dei Piani provinciali, in modo da fornire linee
d’indirizzo idonee all’assunzione delle decisioni sia a livello provinciale che a livello
regionale.
La funzione di controllo ha, invece, per oggetto il rispetto della conformità alla
normativa ed è collegato ad un potere di applicazione di sanzioni, mentre la
valutazione – con cui spesso viene confuso – riguarda essenzialmente la congruità,
l’idoneità e la capacità rispetto al raggiungimento dell’obiettivo,
Il controllo si realizza sia nella fase iniziale – progettuale, sia in corso d’opera,
sia al termine dell’intervento.
Il nesso fra attività di controllo e potere sanzionatorio necessita di una reale
consequenzialità fra momenti istruttori, attività ispettive in itinere e di controllo finale
con decisioni relative a sanzioni capaci di incidere significativamente su fenomeni di
irregolarità.
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Programma Triennale dei Servizi per l’Impiego, delle Politiche
Formative e del Lavoro
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Le modalità di attuazione
Rispetto al momento iniziale, cioè di controllo di un progetto, l’adozione del
sistema di accreditamento porta, e ancor più porterà dopo la prima fase
sperimentale, ad una rilevante riduzione dell’impegno richiesto, a livello regionale
come a quello provinciale, per la verifica dei requisiti di legge per l’affidamento dei
servizi che concretizzano le politiche formative e dell’impiego, assicurando il rispetto
della normativa inerente la sussistenza dei requisiti oggettivi richiesti.
Un secondo versante del controllo riguarda il livello qualitativo (standard) degli
interventi.
La tematica è complessa sia perché il confine con la valutazione è in questo
caso molto indeterminato sia in quanto il concetto di qualità è suscettibile di
interpretazioni diverse se applicato a servizi immateriali quali l’orientamento, la
formazione, il counselling ecc.
Nei servizi immateriali, infatti, la qualità è strettamente connessa con le
competenze e le attitudini delle specifiche persone che erogano il servizio, la cui
esatta identificazione risulta spesso impossibile nel caso che il tempo, intercorrente
fra la presentazione del progetto e la sua realizzazione, sia molto lungo. Occorre,
dunque, un approccio pragmatico che da un lato dia certezze al sistema ed agli
utenti e, dall’altro lato, consenta la necessaria flessibilità organizzativa.
Gli elementi che possono essere assunti a base del controllo in sede istruttoria e
della successiva decisione (ove la sanzione consiste nella non ammissibilità) possono
essere individuati nella rispondenza delle professionalità che si prevede d’impiegare e
nella congruità di strumenti ed attrezzature.
Rispetto agli interventi in corso o in fase di controllo finale, indubbiamente non
si può far ricorso a fattori soggettivi quali il grado di soddisfacimento degli utenti
(che, semmai, costituiscono un indicatore nella valutazione degli interventi) ed
occorre individuare elementi oggettivi ed insindacabili.
Gli elementi a base di questi momenti di controllo sono, al momento,
individuabili nella corretta applicazione della normativa inerente i vari fattori (fisici,
immateriali, finanziari) che concorrono alla realizzazione degli interventi.
Per esemplificare, costituirà oggetto di controllo il rispetto della legge 626,
dell’applicazione da parte del soggetto attuatore delle disposizioni inerenti le pari
opportunità, delle normative sull’informazione, della legge sulla privacy, delle
disposizioni regionali e provinciali inerenti lo specifico servizio oggetto del controllo,
ecc.
Il terzo versante riguarda la corretta gestione economica – finanziaria.
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Programma Triennale dei Servizi per l’Impiego, delle Politiche
Formative e del Lavoro
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Le modalità di attuazione
Al fine di assicurare correttezza, trasparenza ed al tempo stesso certezza nella
gestione delle risorse finanziarie, per ciascun intervento attuato con risorse pubbliche
il soggetto attuatore dovrà tenere specifica contabilità per ogni attività che usufruisca
di finanziamenti pubblici. Per tale contabilità la Regione valuterà l’opportunità di
richiedere una certificazione a cura di una Società di revisione/certificazione, fermo
restando che dovrà trovare riscontro esplicito nel bilancio della struttura erogatrice
del servizio, bilancio che dovrà essere certificato.
La Regione Liguria provvederà ad una ridefinizione della disciplina della
rendicontazione anche al fine della semplificazione delle procedure e
dell’accelerazione dei tempi di pagamento dei contributi.
5.3.
Politiche del Lavoro ed E-government
Il sistema informativo delle politiche del lavoro deve diventare un vero e proprio
sistema di E-government realizzando interventi e servizi a favore di tutti i soggetti
coinvolti in processi formativi (istruzione scolastica e superiore, formazione
professionale, continua o permanente) e favorendo l’incontro tra la domanda e
l’offerta di lavoro ed il dialogo sistematico con il sistema delle imprese liguri. In
particolare dovrà essere portata a pieno sviluppo la rete dei Servizi per l’impiego,
quella dei soggetti che operano nella formazione professionale e dell’istruzione con
l’ottica di aumentare la coesione sociale e la competitività del territorio regionale e
delle sue risorse umane.
In attuazione di quanto previsto dallo spirito del decreto legislativo n.297/2002,
la Regione Liguria intende dare un contributo decisivo alla realizzazione del Sistema
Informativo del Lavoro, adeguandosi agli standard nazionali, ma anche stringendo
accordi con altre regioni e migliorando la capacità di ascolto delle esigenze delle
diverse realtà territoriali. A tal fine saranno emanati atti d’indirizzo e di
coordinamento, per la definizione di standard di comunicazione e di
informatizzazione, in una logica di interoperabilità con i sistemi pubblici e privati.
Un altro aspetto rilevante nell’ambito dell’E-goverment è dato dalla possibilità di
gestire mediante l’Information Tecnology gran parte delle informazioni/comunicazioni
che costituiscono una mole non indifferente degli adempimenti burocratici ed
aministrativi necessari all’avvio delle azioni che realizzano la politica regionale della
formazione e dell’impiego.
Adottare la firma elettronica e la trasmissione via telematica delle comunicazioni
obbligatorie significa, ad esempio, ridurre i tempi di istruttoria delle varie pratiche,
velocizzare il monitoraggio, liberare risorse utilizzabili per aumentare la qualità degli
interventi.
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Programma Triennale dei Servizi per l’Impiego, delle Politiche
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Le modalità di attuazione
Grande rilevanza riveste la possibilità di interconnettere le scuole e le diverse
strutture formative nell’ambito del progetto Liguria in rete diffondendo così sul
territorio nuove risorse tecnologiche.
Tra i progetti specifici da attivare si citano tra i più rilevanti quelli che attengono
la realizzazione del Portale del lavoro denominato IoLavoro, nell’ambito del portale
web unificato e delle strategie per lo sviluppo della Information & Communication
Technology regionale. In particolare si prevede l’integrazione nel portale regionale
degli strumenti di assistenza tecnica agli operatori (centri documentali, informative e
banche dati on line), dei servizi condivisi per la formazione a distanza e per la
formazione continua e permanente, delle azioni per il supporto e lo sviluppo delle
esperienze di lavoro a distanza attraverso specifici moduli tematici che permettano di
raggiungere e fidelizzare l’utenza diffusa su tutto il territorio in maniera omogenea.
In questo contesto va inquadrato anche l’E-Learning.
L’e-Learning si sta diffondendo come la soluzione per realizzare e gestire in
maniera completa ed integrata sistemi di formazione continua, di knoledge
management, di sviluppo delle risorse umane consentendo un’offerta formativa
personalizzata sia sulle esigenze delle Aziende che su quelle delle persone.
Con l’e-Learning detto di seconda generazione la formazione viene resa
accessibile a popolazioni sempre più ampie, esente da vincoli temporali o territoriali,
collegata a progetti di sviluppo personale (per gli individui) o piani di gestione e
valorizzazione delle risorse umane (per le Imprese).
Le potenzialità dell’e-Learning sono state prese in considerazione dalla
Commissione Europea, a seguito delle conclusioni del Consiglio Europeo di Lisbona
del marzo 2000, che ha adottato un’iniziativa su “l’utilizzo delle nuove tecnologie
multimediali e di Internet per migliorare la qualità dell’apprendimento agevolando
l’accesso a risorse e servizi nonché gli scambi e la collaborazione a distanza”.
L’Iniziativa “e-Learning”, oggetto anche di una raccomandazione comunitaria,
si pone obiettivi ambiziosi quali il dotare tutte le scuole di un accesso a Internet, fare
in modo che entro la fine del 2003 tutti i giovani abbiano acquisito una cultura
digitale al termine degli studi, offrire entro la fine del 2003 la possibilità per ogni
lavoratore di acquisire una cultura digitale tramite l’apprendimento permanente.
La Regione Liguria non partecipa direttamente all’Iniziativa ma, condividendone
gli obiettivi e le motivazioni, effettuerà una specifica analisi di applicabilità al sistema
regionale dei metodi inerenti l’apprendimento elettronico, attualmente oggetto di
elaborazione a livello comunitario, nonché del sistema FADOL realizzato dal Ministero
del Lavoro e volto a riqualificare gli operatori del sistema di formazione professionale
e dell’apprendistato
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Programma Triennale dei Servizi per l’Impiego, delle Politiche
Formative e del Lavoro
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Le modalità di attuazione
A seguito dell’analisi, si darà l’avvio – all’interno degli interventi per
l’adeguamento dei servizi di istruzione e formazione cofinanziati dal FSE - di
sperimentazioni, a partire dall’elaborazione di standard adeguati alla formazione sino
alle azioni per l’adeguamento di insegnanti e formatori, che consentano la adozione a
sistema nel corso del prossimo Programma Triennale.
Anche sul versante più propriamente gestionale ed amministrativo vanno meglio
colte le potenzialità dell’E-government. Per esemplificare, basta ricordare le
agevolazioni che ne deriverebbero sia alle imprese che al sistema regionale dall’invio
via WEB delle comunicazioni amministrative obbligatorie (ad es. quelle
dell’apprendistato) e dalla firma digitale.
In questa ottica la Regione, nell’ambito della già citata revisione della normativa
attuativa degli interventi, approfondirà l’individuazione dei campi di applicazione
dell’E-government nel settore delle politiche per l’impiego e della formazione.
5.4.
Attribuzione delle competenze alle strutture regionali
Il presente programma triennale, documento di programmazione integrata di
strumenti, strutture e funzioni, proprio per la sua natura e struttura richiede di
delineare percorsi e metodi comuni tra le singole competenze delle diverse strutture
regionali coinvolte nella sua attuazione.
Si può comunque individuare un’attribuzione di competenze per quanto attiene
le priorità d’interventi e le strategie regionali definite in particolare capitolo 3,
paragrafi 3.4 e 3.5, al capitolo 4, paragrafi 4.1, 4.2 e 4.4 ed al capitolo 5, delle
seguenti strutture in seno al Dipartimento Lavoro, Formazione e Servizi alla Persona:
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Servizio Politiche Attive del Lavoro
•
Servizio Sistemi per l’Impiego
•
Servizio Politiche per l’educazione, l’istruzione e l’integrazione dei sistemi formativi
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Programma Triennale dei Servizi per l’Impiego, delle Politiche
Formative e del Lavoro
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Le risorse finanziarie
6. Le risorse finanziarie
6.1.
Le risorse attivabili
PIANO INDICATIVO DI FINANZIAMENTO
Le risorse che la Regione Liguria può attivare nel triennio 2003 – 2005 sono
quantificabili indicativamente come sotto specificato:
Fondi comunitari per la formazione e le politiche per l’impiego
POR Ob. 3
€
155.168.00037
Iniziative comunitarie - Equal
€
7.700.000
Fondi nazionali per la formazione:
ex L. 236/93 formazione continua
€ 2.700.000 38
ex L. 144/99 obbligo formativo
€ 6.972.000
ex L. 53/00 congedo formativo
€ 899.000
ex L. 144/99 apprendistato
€ 6.200.000
ex D.I. 436/00 IFTS
€ 7.500.000
Fondi regionali per la formazione
€ 19.200.000
Fondi nazionali per le politiche per l’impiego:
Fondi per le funzioni conferite sul mercato del lavoro
€ 3.404.500
Fondi per il diritto al lavoro dei disabili (L. 68/99)
€ 3.400.150
Fondi per misure di politica attiva per l’impiego
€ 2.500.000
37
Importo la cui articolazione annuale e per asse è contenuta nei Documenti di programmazione comunitaria
P.O.R. Obiettivo 3 FSE 2000/2006 - Dec. C(2000)2072 del 21 settembre 2000 – e Complemento di
Programmazione – Deliberazione della Giunta Regionale n.1261 del 22 novembre 2000.
38
Importo presunto per la sola annualità 2003
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Programma Triennale dei Servizi per l’Impiego, delle Politiche
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Le risorse finanziarie
Finanziamento all’Agenzia Liguria Lavoro
Fondi per il reimpiego del personale dirigente
€ 4.012.870
€ 47.741
Fondi regionali per le politiche per l’impiego:
Fondi per la promozione occupazione (L.R. 41/95)
€ 2.324.050
Fondi per la cooperazione
€ 465.000
Fondi per il sistema informativo
€ 232.500
Fondi per l’Osservatorio Mercato del Lavoro
€ 555.000
Fondi per l’Orientamento professionale
€ 216.000
Le quote esposte sono suscettibili di modifiche per le seguenti variabili:
Risorse comunitarie
◊
◊
riprogrammazione finanziaria di medio periodo
quantificazione residui annuali
Risorse regionali
◊
approvazione bilanci regionali
Risorse nazionali
◊
definizione da parte delle competenti amministrazioni centrali delle quote
assegnate.
Le risorse troveranno riscontro nel bilancio di previsione della Regione Liguria. Il
piano finanziario sarà eventualmente adeguato dalla Giunta Regionale con propri
provvedimenti, a seguito dell’entrata in vigore della legge regionale di approvazione
del Bilancio, così come previsto dall’articolo 18, comma 2 ter della legge regionale
n.18/1994.
L’incertezza sulle risorse effettivamente disponibili per vari interventi, quali
l’apprendistato o la formazione continua, non si è ancora sciolta in quanto lo Stato
non ha ancora provveduto alla ripartizione fra le Regioni dei relativi fondi.
Inoltre, come già evidenziato nel capitolo dedicato all’evoluzione del contesto
normativo, non sono state ancora definite completamente le competenze che
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Programma Triennale dei Servizi per l’Impiego, delle Politiche
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Le risorse finanziarie
verranno attribuite alla Regione nell’ambito del processo di devolution, con la
conseguenza che, ad oggi, non è possibile fare una quantificazione delle risorse che
necessiteranno nel prossimo triennio.
Avendo attenzione al 2006, ed in considerazione che la fase di avvio deve
ritenersi ormai conclusa, sembra superato il criterio sinora seguito per la ripartizione
delle “spese per delega” rispetto alle quali occorrerà far riferimento alle situazioni
attuali ed ai bisogni effettivi.
Sempre avendo attenzione al 2006, quando, come già detto, potrebbe anche
esservi una riduzione considerevole dell’apporto del FSE, ed alla già affermata
esigenza di impostare il sistema in modo da assicurarne la funzionalità e l’efficacia
dopo la suddetta data, ne consegue l’opportunità di operare in due direzioni :
-
la riduzione, ove possibile, dei costi unitari per singola tipologia di intervento;
-
il reperimento di altre fonti di finanziamento.
6.1.1. Le iniziative ed azioni di interesse regionale
Gli obiettivi del Programma, che trovano articolazione nelle specifiche definite
nei capitoli precedenti, danno corpo ed attuazione alle più importanti innovazioni del
contesto normativo nazionale nel campo della formazione e lavoro.
Rappresentano pertanto anche delle priorità per le quali è necessaria e deve
essere garantita una applicazione generalizzata sull’intero territorio nazionale, al fine
di intervenire con efficacia sul sistema delle politiche attive del lavoro.
All’interno di questo quadro comune, la programmazione Regionale ha definito
priorità di intervento specifiche dettate dai punti di forza e di debolezza del contesto
e dal grado di innovazione già raggiunto dal sistema regionale.
Ne derivano pertanto gli ambiti prioritari sui quale si ritiene di intervenire e gli
ambiti di competenza regionale o azioni a regia regionale che comprendono le azioni
che, per la natura propria dei destinatari o per il settore trattato, superano il limite
della singola realtà ed in quanto tali necessitano di un coordinamento regionale, da
realizzarsi di norma attraverso accordi quadro, protocolli di intesa o convenzioni
quadro, nei quali saranno definiti gli indirizzi per l’attuazione e la sperimentazione.
Le azioni a regia regionale si richiamano ai principi ispiratori del Programma,
ovvero:
• centralità dell’utente, come riferimento per costruire un modello di certificazione
delle competenze nei vari percorsi scolastici, formativi, del lavoro
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Programma Triennale dei Servizi per l’Impiego, delle Politiche
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Le risorse finanziarie
• integrazione tra le funzioni, le strutture ed i sistemi
• qualità, intesa soprattutto come finalizzazione ed efficacia degli interventi
Nell’ambito delle azioni a regia regionale verranno realizzati in particolare:
• piani/progetti a valenza transnazionale, nazionale, interregionale, regionale e
interdipartimentale, anche in continuità con le precedenti azioni già attivate.
Alla linea di intervento “interregionale” è riservato almeno il 3% del costo totale
eleggibile del POR.
• piani di sistema finalizzati a migliorare l’offerta integrata delle politiche del lavoro,
della formazione e dell’istruzione;
• azioni positive per l’inclusione sociale e per le pari opportunità al fine di
modellizzare e diffondere prassi innovative;
• progetti pilota finalizzati a diffondere approcci e modalità innovative nel sistema;
• progetti pilota finalizzati a diffondere la pratica della programmazione negoziata
e/o partecipata;
• progetti pilota finalizzati a diffondere lo sviluppo della Società dell’Informazione;
• progetti rivolti al sostegno e sviluppo di imprese sociali (piccoli sussidi per capitale
sociale)
• progetti pilota rivolti a risolvere situazioni settoriali critiche
• progetti pilota mirati allo sviluppo delle PMI e delle aggregazioni territoriali a
valenza economica-produttiva
In termini finanziari è riservato a tali azioni mediamente il 30% delle risorse
complessivamente destinate all’attività di formazione professionale e di sostegno
all’occupazione nonché le risorse specificatamente destinate dalla programmazione
comunitaria e nazionale alle c.d. azioni di sistema e/o di accompagnamento alla
innovazione e rinnovamento del sistema delle politiche attive del lavoro
(accreditamento, formazione formatori, standard dei servizi ecc.)
6.1.2. La capitalizzazione delle esperienze ed il trasferimento delle
buone prassi
Gli interventi che concretizzano le politiche formative e del lavoro sono il
risultato di un’equilibrata unione di risorse finanziarie, di risorse immateriali
(competenze) e di risorse fisiche (sedi ed attrezzature)
Sedi adeguate ed attrezzature all’avanguardia, da sole, non producono alcun
risultato.
Analogamente, ingenti flussi finanziari se non supportati da adeguate
competenze degli operatori addetti ai servizi porterebbero a risultati di scarsa
efficacia, così come nel caso inverso di una alta professionalità degli operatori ma
una inadeguata disponibilità finanziaria.
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Le risorse finanziarie
Questo equilibrio rischia di essere messo in discussione dalla prevista riduzione
delle disponibilità finanziarie di origine comunitaria, dopo il 2006, a seguito
dell’allargamento dell’Unione recentemente deciso.
Appare importante, perciò, agire preventivamente - avendo i tempi necessari
per poter avviare un processo che porti ad un nuovo equilibrio – in modo che il
sistema si presenti a quella data in grado di evitare momenti di crisi.
Il Programma Triennale 2003 – 2005 si pone, perciò, due obiettivi :
¾ rinforzare le competenze degli operatori, in continuità con i precedenti atti
programmatori , come già esposto in altra parte di questo documento
¾ avviare un processo di capitalizzazione del “sapere” prodotto che è alla base
dei vari servizi di formazione ed orientamento, incidendo – anche se in via
indiretta – sul fabbisogno finanziario
Il principio da cui partire è quello che, in oggi, gli interventi formativi (ed in
parte anche quelli di orientamento) una volta realizzati vengono, generalmente, non
più utilizzati.
Ne consegue che corsi analoghi o similari vengono progettati ex novo (magari
perché realizzati precedentemente da un’altra struttura), i materiali prodotti – quali
dispense o case works – non sono più utilizzati, con costi non irrilevanti a carico delle
risorse pubbliche.
L’ipotesi di costruire una “banca dati o Repertorio di progetti” gestita dalla
Regione o dalle Province e messa in rete, era già stata ventilata in passato ma poi
abbandonata, poiché da più parti si aveva l’idea che ciò portasse ad una
“cristallizzazione” dei corsi in contrasto con l’esigenza di un continuo miglioramento
degli stessi.
L’osservazione ha un fondamento se riferita a corsi ad alta innovatività o a
“corsi” intesi come un unicum (cioè non composti di moduli), mentre non trova
ragione per il numero non esiguo di interventi formativi che è ormai ripetitivo o con
modifiche di scarso rilievo rispetto ad iniziative analoghe, come nel caso di azioni per
qualifiche medio – basse.
Diverso è se si considerano i “moduli” che compongono i vari interventi
formativi: informatica di base, sicurezza sul lavoro, moduli base di lingue, sono solo
esempi di “saperi” di base che non necessitano una riprogettazione od elaborazioni
caso per caso.
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Le risorse finanziarie
Analogamente, nel corso degli interventi ad oggi realizzati, sono stati prodotti –
con risorse pubbliche – molti prodotti multimediali il cui utilizzo è rimasto limitato
all’evento per il quale sono stati concepiti; il caso più diffuso è quello di prodotti per
l’apprendimento delle lingue o di alfabetizzazione informatica
Partendo da queste basi, è possibile prevedere una riduzione di spesa a parità
di efficacia capitalizzando quanto realizzato nei vari interventi e “restituendolo” al
sistema utilizzando le reti informatiche e le loro potenzialità.
In concreto, il primo passo di questo processo, consisterà nella sperimentazione
della creazione di una banca dati moduli formativi, a livello di ciascuna Provincia,
nella quale sarà inserito il modulo che – per ciascuna tipologia di
conoscenza/competenza da acquisire – sarà ritenuto il migliore e per il quale sarà
richiesto al realizzatore di mettere a disposizione ogni prodotto pedagogico
realizzato.
Per fare ciò, occorrerà modificare la scheda progettuale attualmente utilizzata.
Gli effetti economici/finanziari di questa operazione potranno aversi solo dopo il
primo momento di sperimentazione e validazione dell’utilizzabilità da parte dei
soggetti che operano in regime di convenzione.
Un secondo passo nella direzione della “capitalizzazione dei saperi” è la
realizzazione, presso una idonea struttura che sarà identificata dalla Regione, di una
“banca dati dei prodotti multimediali”. Detta struttura non solo dovrà assicurarne la
messa a disposizione degli operatori del sistema, ma dovrà anche verificarne la
coerenza e la possibilità di utilizzo secondo la metodologia della formazione a
distanza e/o dell’e-learning.
Nella preparazione di un sistema dotato di minori risorse finanziarie rispetto ad
oggi, va infatti approfondita l’analisi di forme di erogazione del servizio che
comportino minori investimenti fissi e minori spese di mantenimento o gestione.
Troppo centrale è, ancora oggi, la logica che vede i servizi erogati presso
strutture fisiche (centri di formazione o centri per l’impiego) anche quando le attuali
tecnologie ne consentirebbero la fruizione a distanza, fra l’altro con minori disagi per
l’utenza.
Si ribadisce la importanza e la centralità del rapporto personale che è alla base
degli interventi di formazione ed orientamento ma si intende affermare che anche
questi servizi vanno riconsiderati alla luce delle modifiche introdotte dalla “società
dell’informazione”.
Un terzo aspetto sul quale operare è quello del trasferimento delle buone
prassi.
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Le risorse finanziarie
Sul territorio ligure vi sono state e vi sono molteplici attività sperimentali.
Per il recente passato si possono ricordare significative esperienze realizzate
nell’ambito delle Iniziative comunitarie Adapt, Now, Horizon, Integra, Interreg, Urban
o in progetti regionali quali quelli sulla portualità o l’artigianato, per non ricordare
anche il Piano di rinnovamento del sistema formativo ligure. Attualmente
vi
sono
interessanti progetti nelle Iniziative comunitarie Equal ed Interreg, così come
nell’ambito dell’Obiettivo 3.
Se, negli anni scorsi, quanto realizzato nelle Iniziative Comunitarie costituiva un
segmento parallelo a quanto realizzato dalla Regione, in quanto ogni rapporto con i
realizzatori era gestito direttamente dal Ministero del Lavoro quale fonte di
finanziamento, in oggi tutte le competenze sono state riunite in capo alla Regione in
applicazione, anche, della Legge Costituzionale n° 3/01.
Si apre, oltre alla possibilità di una migliore programmazione degli interventi,
una reale opportunità di trasferimento a sistema delle realizzazioni più efficaci e
incisive con conseguente riduzione di costo. Tale opportunità va colta ed utilizzata.
A tal fine la Regione Liguria, utilizzando anche i canali di monitoraggio
istituzionalmente previsti, darà la massima attenzione alla rilevazione ed al
monitoraggio di queste esperienze ed ad un’efficace opera d’informazione e
divulgazione avvalendosi, se necessario, dei suoi Enti strumentali.
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Programma Triennale dei Servizi per l’Impiego, delle Politiche
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Parametri di spesa
7. Parametri di spesa
Le indicazioni relative ai parametri di spesa potranno essere modificate con
provvedimento di Giunta anche in relazione alle possibili variazioni delle risorse, come
esposto nel capitolo 6.1
- Formazione degli operatori
Destinatari : operatori dei Servizi per l’Impiego e delle Strutture formative
Durata media dell’intervento pro capite : 40 ore, parametro orario : € 29,96
- Obbligo formativo
Destinatari : giovani in età di obbligo formativo
Durata media dell’intervento : 1000 ore, parametro orario : € 7,25
- Formazione nell’ambito dell’apprendistato e C.F.L.
Destinatari : inoccupati e disoccupati non di lunga durata
Durata media dell’intervento pro capite : 120 ore; parametro orario : € 10,09
- Formazione IFTS
Destinatari : disoccupati in possesso di diploma di scuola media superiore - occupati
Durata dell’intervento pro capite : 1200 ore, parametro orario : € 8,58
1400 ore, parametro orario : € 9,21
2400 ore, parametro orario : € 6,44
- Work experiences
Destinatari : inoccupati
Durata media dell’intervento preparatorio da parte del tutor : 18 ore, parametro
orario : € 51,65
Contributi a favore degli inoccupati : € 309,87 al mese
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Programma Triennale dei Servizi per l’Impiego, delle Politiche
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Parametri di spesa
- Formazione per acquisizione competenze di base
Destinatari: disoccupati ed occupati
Alfabetizzazione informatica : 40 ore, parametro orario :€ 10,07
Lingua straniera : da 24 a 40 ore, parametro orario :€ 10,07
- Orientamento
Destinatari : disoccupati ed occupati
- Accoglienza ed informazione, costo stimato € 15,49 per utente
- Colloqui di orientamento, durata ore 5, parametro orario € 51,65
- Orientamento scolastico, formativo e professionale : durata 20 ore, parametro
orario € 10,33
- Sostegno all’inserimento nell’ultimo anno dell’obbligo scolastico : durata 20 ore,
parametro orario € 10,33
- Bilancio delle competenze
Destinatari : disoccupati ed occupati di età ricompresa fra i 15 ed i 64 anni ; priorità
a persone over 50 anni, lavoratori di aziende in crisi o in ristrutturazione, donne che
intendono rientrare nel m.d.l.
Durata media dell’intervento pro capite : 24 ore; parametro orario : € 51,65
- Formazione post diploma
Destinatari : giovani ed adulti in possesso di diploma
Durata media percorsi di professionalizzazione: 600 ore, parametro orario : € 10,09
percorsi di specializzazione : 240 ore, parametro orario : € 10,09
- Formazione post laurea
Destinatari : giovani ed adulti in possesso di laurea
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Formative e del Lavoro
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Parametri di spesa
Durata dell’intervento :
- sino ad un massimo di 300 ore, parametro orario € 12,91 per azioni di
specializzazione
- sino ad un massimo di 600 ore, parametro orario € 12,91 per azioni di
qualificazione
- Formazione continua
Destinatari : imprese con priorità alle PMI (60%)
Durata media dell’intervento : 40 ore
Parametro orario : € 21,65; cofinanziamento da parte dell’impresa secondo quanto
previsto dai regolamenti CE n°68 e n° 69 del 2001
- Azioni a favore degli ultracinquantenni
Destinatari : occupati ed disoccupati di età superiore a 50 anni
- Bilancio delle competenze : durata 24 ore, parametro orario € 51,65
- Valutazione portafoglio delle competenze : durata 16 ore, parametro orario € 51,65
- Incentivi alle imprese per il distacco per bilancio delle competenze : € 247,92
- Orientamento ; durata 16 ore, parametro orario 51,65
- Incentivi alle imprese per part time : € 206,58 mese per un massimo di sei mesi
- Counselling : durata media 24 ore, parametro orario € 51,65
- Consulenza per outplacement : durata media 12 ore, parametro orario € 51,65
- Sostegno per acquisto attrezzature per il telelavoro € 2.582,28
-Educazione permanente
Destinatari : occupati ed inoccupati
Durata media dell’orientamento : 5 ore, parametro orario € 51.65
Durata media dell’intervento formativo pro capite : 100 ore, parametro orario : €
10,09
Durata media dell’accompagnamento : 12 ore per formazioni ricomprese fra 60 e 150
ore, 20 ore per azioni formative più lunghe; parametro orario € 51.65
- Sviluppo dell’imprenditorialità
Destinatari : giovani ed adulti in possesso di un’idea imprenditoriale
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Parametri di spesa
- Attività di orientamento : 60 ore, parametro orario € 12,91
- Consulenza per definizione del piano professionale : 4 ore, parametro orario €
51,65
- Formazione : sino ad un massimo di 100 ore, parametro orario € 12,91
- Elaborazione business plan : sino ad un massimo di 48 ore, parametro orario €
61,97
- Sostegno al lavoro autonomo
Destinatari : giovani ed adulti in possesso di un’idea di lavoro autonomo
- Attività di orientamento : 60 ore, parametro orario € 12,91
- Consulenza per definizione del piano professionale : 4 ore, parametro orario €
51,65
- Formazione : sino ad un massimo di 100 ore, parametro orario € 12,91
- Elaborazione business plan : sino ad un massimo di 48 ore, parametro orario €
61,97
- Interventi per l’emersione del lavoro sommerso
Destinatari : occupati in posizione lavorativa irregolare
Interventi integrati di orientamento e formazione sino ad un massimo di 100 ore,
parametro orario € 12,91
- Iniziative per l’inclusione di persone extracomunitarie
Destinatari : occupati ed inoccupati extracomunitari in possesso di regolare permesso
- Alfabetizzazione linguistica : sino ad un massimo di 40 ore, parametro orario €
10,09
- Modulo sulla normativa del lavoro : sino ad un massimo di 40 ore, parametro orario
€ 10,09
- Promozione della partecipazione femminile al mercato del lavoro
Destinatarie : donne inoccupate / disoccupate ed occupate
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Parametri di spesa
- Percorsi integrati di tipo A per imprenditoria e lavoro autonomo sino ad un massimo
di 170 ore, comprensive di 40 di orientamento e 10 di accompagnamento, parametro
orario € 12,91
- Percorsi integrati di tipo B per inserimento lavorativo, sino ad un massimo di 170
ore, comprensive di 40 di orientamento e 10 di accompagnamento, parametro orario
€ 10,09
- figure di sostituzione ed incentivi di supporto al networking € 12.219,37
- sostegno per acquisto attrezzature per il telelavoro € 2.582,28
- bilancio delle competenze per rientro nel mercato del lavoro, sino ad un massimo di
24 ore, parametro orario € 51,65
- Gruppi svantaggiati
Destinatari : portatori di handicap, lavoratori svantaggiati così come specificato
nell’apposito capitolo
- Percorsi individuali : durata sino a 410 ore, comprensive di 80 ore del modulo
d’osservazione, parametro € 36,15
- Percorsi integrati : 80 ore di modulo d’osservazione e fino a 12 mesi di formazione
e stage; parametro orario € 36,15
- Inserimento lavorativo con borsa di lavoro da 3 a 6 mesi, parametro € 5.164,57
- Tutor dedicato, per casi particolari, per un periodo massimo di sei mesi e sino a 120
ore, parametro orario € 12,91
- Sostegno per acquisto attrezzature per il telelavoro € 2.582,28
- Qualificazione personale dei servizi sociali pubblici
Destinatari : operatori dei servizi sociali pubblici
Durata media della formazione : 60 ore, parametro orario € 29,95
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Delibera del Consiglio regionale n. 6 del 10-2-04