pretesti
Occasioni di letteratura digitale
L'acquedotto di Cervia
di Gene Gnocchi
L'incantesimo di Dickens
di Edoardo Rialti
Il miracolo della parola
di Marek Halter
Febbraio 2012 • Numero 2
1
Messico e nuvole
di Gianni Biondillo
pretesti | Febbraio 2012
I TUOI LIBRI SEMPRE CON TE
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www.biblet.it
Editoriale
Sono trascorsi duecento anni dalla nascita di Charles Dickens e Alessandro Mari propone un
romanzo digitale a puntate. Roberto Saviano riscuote uno straordinario successo con un rac­
conto ebook. Sono passati più di cinquecento anni dall’invenzione della stampa e nel 2015 si
celebreranno i quarant’anni dal primo Olivetti da tavolo con floppy disk incorporato.
Nel valutare la contrazione del tempo di impatto di una nuova tecnologia sicuramente biso­
gnerà tenere presente che, affinché il romanzo si affermasse, sarebbero dovuti passare almeno
tre secoli dall’invenzione della stampa a caratteri mobili, mentre nel mondo contemporaneo
invece bastano poco meno di quarant’anni dall’invenzione di un elaboratore da tavolo alla
formazione di una nuova letteratura. Che già mostra in nuce quanto potrà essere radioso il
suo futuro. Si attende infatti un’esplosione del mercato degli ebook. Ma ci si dimentica che il
successo economico è dato dalla risposta adeguata a un bisogno reale. Come potranno affer­
marsi nuovi canali di intrattenimento se non si adegueranno i messaggi da trasmettere?
Gene Gnocchi si misura allora con la scrittura digitale e dal mondo dello spettacolo e del
teatro traghetta una simpatia amara e un dolore inaspettato. Il suo racconto è forte come un
pugno nello stomaco e la storia appare veloce e intensa nella mente di chi la legge tra una
fermata e l’altra del metrò. Gianni Biondillo ci fa sognare il Messico e con Edoardo Rialti viag­
geremo nei sogni di Dickens. Con Il cabalista di Praga scopriremo invece il destino del figlio di
un tipografo, l’autore Marek Halter: sarà bestseller?
Roberto Dessì e Daniela De Pasquale per Il mondo dell’ebook fanno luce sui nuovi mezzi e le
fortune tecnologiche della letteratura tra social reading e feuilleton. In Buona la prima France­
sco Baucia ricorda un capolavoro della letteratura fantastica curato da Carlo Fruttero (recen­
temente scomparso) e Sergio Solmi per Einaudi mentre con Lorenzo Coveri dell’Accademia
della Crusca entreremo nei testi delle canzoni del Festival di Sanremo 2012. Sulla punta della
lingua celebra così chi già da tempo è stato costretto a confrontarsi con il cambio delle tec­
nologie per la diffusione dei propri contenuti. In Anima del mondo e in Alta cucina sentiremo
Berlino e mangeremo New York.
“Entertainment” dicono gli inglesi, e “intrattenimento” possiamo tradurre in italiano: ecco
quello che da sempre cercano gli uomini, in ogni forma. Risiede qui la forza della letteratura,
nella risposta a questa domanda di “compagnia” che da sempre abita la solitudine dell’uma­
nità. Per questo sogniamo, per questo viviamo, per questo amiamo.
Buoni PreTesti a tutti.
Roberto Murgia
3
pretesti | Febbraio 2012
Indice
Testi
Il mondo
dell’ebook
Rubriche
05-07
Racconto
L'acquedotto di Cervia
di Gene Gnocchi
24-27
Quattro passi nel fenomeno
del social reading
di Roberto Dessì
8-13
Saggio
L'incantesimo di Dickens
di Edoardo Rialti
28-31
Feuilleton 2.0:
il nuovo formato del libro è
l'ebook in progress
di Daniela De Pasquale
32-34
Buona la prima
Le meraviglie del possibile
(1959)
di Francesco Baucia
14-18
Anticipazione
Il miracolo della parola
di Marek Halter
19-23
Racconto
Messico e Nuvole
di Gianni Biondillo
35-37
Sulla punta della lingua
L'italiano canterino
di Lorenzo Coveri
38-40
Anima del mondo
La città invisibile
di Luca Bisin
41-44
Alta cucina
A Roman Punch in New
York
di Francesco Baucia
45
Recensioni
46
Appuntamenti
47
Tweets / Bookbugs
4
pretesti | Febbraio 2012
Racconto
L'ACQUEDOTTO
DI CERVIA
di Gene Gnocchi
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pretesti | Febbraio 2012
U
na settimana fa ho tentato il sui­
Sono stato sull'acquedotto di Cervia per
cidio. Erano le 19,30 e sono salito
quasi otto ore. Siccome non ho minacciato
in cima all'acquedotto di Cervia
di buttarmi per avere del lavoro o per delle
a circa ventisette metri d'altez­
pene amorose, ma per una normalissima cri­
za, anzi a ventiquattro, perché proprio sot­
si esistenziale che mi ha portato a conclude­
to c'è il perlinato della pizzeria "L'origano",
re che non volevo più niente dalla vita, una
un perlinato abusivo, non ancora sanato.
ventina, forse diciotto persone sono salite, e
Era una giornata fredda e umida, se ben ri­
per cercare di convincermi a non buttarmi
cordo era il giorno che avevano trovato An­
sul perlinato della pizzeria "L'origano" mi
tonio Di Pietro schiacciato dal suo trattore
hanno dovuto parlare di quanto sia bello
a Montenero di Bisaccia, forse aveva cer­
vivere e di quante cose belle potesse anco­
cato di dissodare un ca­
ra riservarmi l'esistenza.
lanco troppo scosceso, e
Io avevo spiegato fin da
se ne sono accorti perché
subito che mi buttavo di
non aveva ancora ‒ era­
sotto perché non mi in­
no quasi le 18 ‒ rilascia­
teressava più niente del
to nessuna dichiarazione
mondo, non vedevo nes­
contro il malaffare. L'a­
suna luce, solo buio più
vevano trovato proprio
altro buio e ancora buio, e
sotto il trattore, in ma­
i giorni mi passavano via
niche di camicia, sotto il
lentissimi e non aspetta­
peso, come succede sem­
Io mi sono ricordato vo niente. Ma tutti questi
pre ai morti da trattore.
in quel momento che non se ne sono dati per
Ricordo anche che nes­
inteso e ognuno a turno
quando ero felice
suno aveva pensato all'o­
mangiavo dei biscotti, si è sentito in dovere di
micidio, neanche l'Italia
dirmi che la vita doveva
oppure
andavo
al
Gran
dei Valori tranne Dona­
essere vissuta tutta fino
Sasso
con
un
mio
di che, testuali parole,
all'ultimo giorno, e an­
"aspettava le risultanze amico che ha le chiavi che se io gli rispondevo
del telescopio del
del rapporto della poli­
che per me l'ultimo gior­
Gran Sasso
zia anche se a un primo
no era quello, loro hanno
esame gli interrogativi
insistito tutti così tanto
erano parecchi".
che sono rimasto ad ascoltarli.
Comunque sia io ero lì per tentare il suicidio
È arrivato anche uno con un cappotto scu­
dall'acquedotto di Cervia; in quel momen­
ro, uno magrino senza occhiali che per con­
to, in quel preciso momento non sapevo
vincermi a non farla finita mi ha detto che
neanche che Di Pietro era rimasto schiac­
se mi fossi buttato avrei perso i benefici del
ciato sotto il suo trattore perdendo la vita.
ridursi della spinta inflattiva e i vantaggi
L'ho saputo dopo, quando è finito tutto.
che sarebbero venuti dalla manovra bis e
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pretesti | Febbraio 2012
dalle liberalizzazioni, oltre al fatto che con
gli sgravi fiscali e gli incentivi alle aziende
sarebbero ripartiti i consumi, anche non te­
nendo aperti i negozi tutta la notte.
Io mi sono ricordato in quel momento che
quando ero felice mangiavo dei biscotti,
oppure andavo al Gran Sasso con un mio
amico che ha le chiavi del telescopio del
Gran Sasso. Arrivavamo lì, finito l'orario
di lavoro, entravamo in questo salone dove
c'era l'enorme aggeggio e mettevamo fuo­
ri fuoco le lenti del telescopio per fare un
scherzo, così che la mattina dopo arrivava­
no gli astrofisici, puntavano il telescopio,
che so, su Marte o su Plutone o su Saturno
e li vedevano tutti sfuocati; così dovevano
chiamare il tecnico, che era un nostro amico
‒ uno che lavorava all'Euronics di Chieti e
che montava anche le lavatrici e le lavasto­
viglie, e non era sempre disponibile ‒ e lui
ci dava la percentuale. Così il telescopio del
Gran Sasso stava fuori fuoco anche due o
tre giorni e si era tutti, dico tutti in Italia,
ignari delle cose che succedevano su Pluto­
ne o Saturno o Marte, sapendo poi che là ne
succedevano di tutti i colori. Ecco, quando
la gente saliva sull'acquedotto di Cervia e
mi parlava, io ascoltavo un po' poi mi veni­
vano in mente questi momenti che non tor­
neranno più. Così, ridisceso anche l'ultimo
che era venuto su per convincermi, si è for­
mato in cima all'acquedotto un bel silenzio
rotondo, pieno, lo stesso silenzio di poche
notti piene di grilli che cantano tutti insie­
me e dopo un po' smettono per rifiatare, e
in quel momento si sente solo il respiro as­
sente dei grilli. Era venuto dunque un silen­
zio ottuso, senza speranza, pieno di silenzi
singoli confluenti in quell'unico grande, un
bel silenzio buono per decidere.
Così mi sono lanciato e posso dire che dopo
non c'è niente, neanche il rimpianto di non
esserci più. Non c'è paradiso, non c'è l'in­
ferno, non c'è il purgatorio, e questo ve lo
voglio dire: tutte le volte che ricevete posta
dall'aldilà, diffidate. •
Gene Gnocchi
Eugenio Ghiozzi, in arte Gene Gnocchi, è autore di Una lieve
imprecisione (Garzanti 1991), Stati di famiglia (Einaudi 1993), Il signor
Leprotti è sensibile (Einaudi 1995), La casa di chi (Il Melangolo 1996,
insieme a Mauro Bellei), Sistemazione provvisoria del buio (Einaudi
2001), Sai che la Ventura dal vivo è quasi il doppio? (Einaudi 2002) e
Il mondo senza un filo di grasso (Bompiani 2004). Il suo ultimo libro
L'invenzione del balcone (Bompiani 2011) è disponibile in ebook da
Biblet.
Disponibile su www.biblet.it
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pretesti | Febbraio 2012
Saggio
L'INCANTESIMO
DI DICKENS
Prodigi e portenti dell'esistenza quotidiana
nei capolavori del maestro inglese
di Edoardo Rialti
8
pretesti | Febbraio 2012
I
n mezzo a quel gran mare spu­
meggiante d'allegria che è Il circolo
Pickwick, con le sue farse e le sue av­
venture picaresche, dove, come nel
Don Chisciotte, la ridicola goffaggine dei
protagonisti si carica pagina dopo pagina
d'un aureola di gioiosa santità, d'un tratto il
lettore si trova esposto alla gelida corrente
di un racconto del tutto diverso, e rabbrivi­
disce: si racconta la storia di una famiglio­
la imprigionata per debiti. La madre ed il
bambino muoiono di stenti, e l'uomo rima­
ne solo. Ed ecco che il narratore fa un pas­
so avanti, come incapace a trattenersi dal
ribadire qualcosa di decisivo: “Non sa, chi
definisce freddamente la morte dei poveri
come una benefica liberazione dal dolore
per chi se ne va, e una provvidenziale dimi­
nuzione delle spese per chi gli sopravvive,
non sa, dicevo, quale sia l'angoscia di que­
sti lutti. Uno sguardo affettuoso e premuro­
so scambiato in silenzio quando tutti hanno
distolto freddamente il loro, la sicurezza di
aver conservato la simpatia e l'affetto di un
essere umano quando tutti ci hanno volta­
to le spalle, sono un'àncora, un sostegno,
un conforto nella più profonda afflizione, e
nessuna ricchezza può comprarli, nessuna
potenza può renderli obbligatori”.
Tanta parte della forza artistica di Dickens
costituisce proprio una vasta cassa di riso­
nanza a quel “non sa”: la sua forza nell'ad­
ditare ancora e ancora la glaciale indiffe­
renza di chi (come lo Scrooge che vedrebbe
di buon grado la morte dei senza tetto, se
questo può abbassare l'eccesso di popola­
zione) riposa nello stato attuale delle cose,
ben disposto a conservarlo se ciò comporta
il proprio benessere e la propria sicurezza,
ma anche dell'altrettanto gelida astrazione
9
dei cosiddetti riformatori sociali, così inna­
morati delle proprie buone intenzioni e dal
proprio amore per l'umanità intera per la­
sciarsi davvero commuovere e coinvolgere
dalle vite di coloro che incontrano. Se Man­
zoni ci ha regalato Donna Prassede e il suo
stolido moralismo, i romanzi di Dickens
pullulano di figure simili, la cui apparente
benevolenza si è fatta indistinguibile dalla
crudeltà. Basti pensare al grottesco ritratto
in Casa desolata della Signora Pardiggle, che
si pavoneggia nel presentare alle amiche i
figli che ha coinvolto a forza nelle sue atti­
vità benefiche: “Egbert, il maggiore (dodici
anni), è il ragazzino che spedì tutto quello
che aveva in tasca, ossia cinque scellini e tre
pence, agli Indiani Tockahoopo. Oswald, il
secondogenito (dieci anni e mezzo) è il bam­
pretesti | Febbraio 2012
più a fondo. Lo sa bene lo Smike di Nichobino che ha donato due scellini e nove pence
las Nickelby, lo zoppo che tutti ritengono un
al monumento dei Grandi Frammenti Na­
idiota buono solo per le staffilate del sadico
zionali. Francis, il terzo (nove), uno scelli­
Squeers; lo afferma chiaramente il galeotto
no, sei pence e mezzo; Felix, il quarto (sette)
Magwitch, sorpreso dal Pip di Grandi speotto pence alle Vedove Decrepite; Alfred, il
ranze ad aggirarsi braccato nelle fetide pa­
più giovane (cinque anni) si è iscritto di sua
ludi. Non occorre molto, alle persone come
volontà nelle Alleanze Infantili della Gioia,
lui, per raccontare la propria storia: “In pri­
e ha giurato di non far mai uso di tabacco in
gione e fuori, in prigione e fuori, in prigio­
vita sua”. Il laconico commento della voce
ne e fuori. Ecco fatto... Per quel che ricordo,
narrante è che “non avevamo mai visto
non ci fu mai anima viva che guardasse il
bambini così scontenti”. La signora trasci­
giovane Abel Magwitch, con quel poco che
na le ospiti in una delle sue ronde nei quar­
aveva dentro di lui e su
tieri poveri, entrando in
di lui, se non con pau­
una casa dove il marito
"Fermati, tu che leggi, ra o per cacciarlo via o
ha da poco battuto la
e medita per un
per arrestarlo”. Ma l'ar­
moglie e che all'ingresso
momento sulla lunga te di Dickens ci ram­
della pia donna le vomi­
menta che tale ferita è
ta addosso bestemmie
catena di bronzo e
e volgarità: “Se ho letto
d'oro, di spine o di fiori, possibile in qualsiasi
contesto e condizione;
il libretto che mi ave­
che mai ti avrebbe
si può essere somma­
te lasciato? No, non ho
soggiogato
se
in
un
mente ricchi e potenti,
letto il libretto che mi
solo memorabile
invidiati e temuti, ep­
avete lasciato”, sbotta
giorno non si fosse
pure soffrire la stessa
esasperato, ma la donna
formato e chiuso il
fondamentale mancan­
non demorde: “prese un
za, come testimonia la
buon libro, come fosse
primo anello"
Signorina Havisham di
la mazza di una guar­
Grandi speranze che ha trasformato i propri
dia, e dichiarò in arresto tutta la famiglia.
beni favolosi in un museo delle cere, rag­
Intendo naturalmente in arresto religioso;
gelato al giorno, all'ora e al momento pre­
ma in realtà così fece, come se fosse un ine­
ciso in cui il suo promesso sposo l'aveva
sorabile poliziotto morale pronto a traspor­
abbandonata per profitto. Ed è ciò che, con
tarla tutta in guardina”. Non si potrebbe
un sorprendente colpo di scena, Dickens fa
immaginare una distanza più abissale di
vivere al lettore nelle ultime ore di vita per­
questo totale scarto di immedesimazione.
fino del perfido Fagin: l'ebreo criminale che
Certo, ciò che manca ai miserabili è anche
strisciava come una vipera e aveva rapito
un alleviarsi delle indigenze (quel “Ne vor­
e acconsentito alla morte di Oliver, al mo­
rei ancora, signore” di Oliver Twist) ma
mento del processo finale ci viene presen­
dentro e oltre tale bisogno, prima e aldilà di
tato inerme dinanzi a una foresta di occhi
qualsiasi riforma, è proprio la mancanza di
ostili, e sull'ombra dell'untuoso malvivente
quello “sguardo premuroso” ciò che strazia
10
pretesti | Febbraio 2012
schiudere una possibilità del tutto diversa,
si sovrappone quella di un altro Ebreo pro­
un “salto” che non è appunto determina­
cessato nella riprovazione generale, mille e
to dalla “quantità” dei vantaggi elargibili,
ottocento anni prima.
ma dalla “qualità” della disposizione di chi
Ma quello sguardo, di cui Dickens esprime
decide di coinvolgere la sua vita con quella
la mancanza in una così vasta gamma di
dell'altro. In Casa desolata la Signora Pardig­
sfumature e conseguenze, è anche l'unica
gle, col suo sermoneggiare, non si sofferma
forza, l'unico “incantesimo” capace di ri­
davvero a guardare chi le sta intorno, ma
baltare qualsiasi situazione, qualsiasi per­
l'amica che ha trascinato con sé si accosta in
corso, gettando una luce diversa su ciò che
silenzio alla donna
pareva determina­
battuta e si accorge
to senza speranza.
che costei stringe
Jill Kriegel la defi­
al seno un bambi­
nì “la paradossa­
no morto: “la com­
le combinazione
passione, la pura
in Dickens di una
bontà con la quale
critica insistente
si curvò piangendo
dell'ordine sociale
per poi mettere la
ed una persistente
sua mano su quella
fede nell'indivi­
della madre” han­
duo”. Dickens era
no un solo effetto,
convinto che “così
per cui “la donna
accade a tutti gli
Dickens coi suoi romanzi e
dapprima la fissò
esseri umani. Cer­
personaggi ci ha ricordato la
stupita, e poi scop­
cate col pensiero di
divina
dignità
per
cui
“tutti
gli
piò in lacrime”.
eliminare un dato
uomini sono tragici, e tutti gli
Non si è potuto
giorno
speciale
uomini sono comici”
fare niente, eppure
della vostra vita e
tutto è cambiato, e
pensate a come di­
persino il marito violento e bestemmiatore
verso potrebbe esser stato il suo corso! Fer­
“si era alzato, continuando a fumare la pipa
mati, tu che leggi, e medita per un momen­
con aria di sfida, ma in silenzio”. Un simile
to sulla lunga catena di bronzo e d'oro, di
sguardo si fa largo in qualsiasi situazione,
spine o di fiori, che mai ti avrebbe soggio­
ed è possibile non solo a eroi limpidi e ca­
gato se in un solo memorabile giorno non si
vallereschi come il giovane Nicklebly che
fosse formato e chiuso il primo anello”. E le
ritorce su Squeers la frusta con cui questi
sue opere traboccano non solo di momenti
flagellava Smike o la dignitosa e silenziosa
in cui, in silenzio o con clamore, si forgiano
bontà del fabbro Joe che in Grandi speranze è
le ferree catene dell'odio e della solitudi­
pronto a scomparire pur di non far sfigura­
ne, ma anche di come basti un solo istan­
re l'amico Pip nella sua nuova vita da gran
te nel quale si faccia strada uno sguardo di
signore, ma traluce anche nelle eccentriche
vera, reale compassione e commozione, per
11
pretesti | Febbraio 2012
bizzarrie della zia Betsy in David Copperfield
e nella compassione con cui la prostituta
Nell cerca di aiutare Oliver Twist, ma an­
che nell'affetto che il tenebroso Steerforth
ha sempre conservato per David Copper­
field, fin da quando lo proteggeva a scuola,
e persino nel contorto affetto con cui Fagin
ha accolto lo stesso Oliver, insegnandogli a
rubare perché è l'unica arma con cui crede
si possa sopravvivere in un mondo di belve
feroci. È lo sguardo che Pip rivolge al for­
zato Magwitch mentre lo trascinano via in
catene, senza sapere che quell'occhiata ne
cambierà per sempre l'esistenza, ed è sem­
pre così che il ragazzo alla fine guarderà
anche alla infernale Signorina Havisham,
cogliendone tutta la segreta miseria: “al ve­
derla così con i capelli bianchi e il volto di­
strutto in ginocchio ai miei piedi, fui scosso
da un brivido che mi penetrò fino alle ossa.
Le scongiurai di alzarsi e le tesi le mani”.
Tutto può restare quantitativamente im­
mutato, eppure si è aperta la breccia di un
mondo nuovo, e lo storpio Smike, alla do­
manda se abbia una casa da qualche parte,
può ribattere a Nicholas Nickelby che “La
mia casa sei tu.” È così che una pietra di sel­
ce, sgradevole e gelido come una pioggia
invernale, come lo strozzino Scrooge, che
scopre di aver già addosso le invisibili ca­
tene dell'inferno, può vederle spezzarsi per
la pietà che il suo cuore rivolge in silenzio
al figlio malato del suo dipendente, prima
ancora di poter fare alcunché per miglio­
rarne la sorte. Per il critico Anthony Esolen
in Dickens sono proprio i bambini a essere
spesso “gli araldi” di questo mondo diver­
so, sebbene sia “facile per il cinico spazzar
via la resa dickensiana dei bambini come
sentimentalismo. Ma i cinici hanno poco
12
Il circolo Pickwick
da insegnarci sulla profondità di qualsia­
si cosa, figuriamoci dei bambini”. La loro
unica forza sta nella possibilità di risveglia­
re in chi li incontra il riconoscimento della
propria medesima indigenza, esistenziale e
non sociale. Ma questa commozione in Di­
ckens è ben lontana dall'essere solo tragi­
ca, e ancor più distante dall'essere seriosa.
Come ha notato quello che resta il suo cri­
tico migliore, G.K. Chesterton, Dickens coi
suoi romanzi e personaggi ci ha ricordato
la divina dignità per cui “tutti gli uomini
sono tragici, e tutti gli uomini sono comici”.
La stessa commossa attenzione, che può
dare speranza alla circostanza più doloro­
sa, è all'origine della inesauribile simpatia
pretesti | Febbraio 2012
con cui Dickens si rivolge a qualsiasi tipo
umano, come dinanzi a un evento unico e
irripetibile nella sua immensità; ecco, per
Chesterton, “la lezione conclusiva e più
profonda di Dickens: è nella nostra vita di
tutti i giorni che dobbiamo guardare in cer­
ca di portenti e di prodigi”, giacché questo
è in effetti “il vero vangelo di Dickens, le
inesauribili opportunità offerte dalla liber­
tà e dalla varietà dell'uomo. A paragone con
una vita simile, tutta la cosa pubblica, tutta
la fama, tutta la sapienza è per sua natura
un affare rattrappito, freddo e piccolo”.
Ecco perché, secondo Mario Praz, egli risul­
ta secondo solo a Shakespeare nel tratteg­
giare una galleria di personaggi così vasti
e indimenticabili (Micawber e la sua ine­
sauribile riserva di allegria, Picwick e Sam
Weller, la zia Betsy o l'attorucolo Crumm­
les...), che il lettore lascia a libro concluso
con l'affetto e la nostalgia che si riserva ad
un amico, o a un parente conosciuto da
sempre, e caro persino nei suoi difetti e nei
suoi tic; C.S. Lewis ha definito Dickens il
cantore di quello che i Greci chiamavano
storghé, l'affetto, parola che nell'originale
antico è tutt'altro che sdolcinata, e possie­
de anzi una strana forza: solo l'affetto può
sorridere senza sarcasmo, godendo, per
così dire, dell'altro, proprio perché capace
di vedere dentro di lui, cogliendo qualcosa
del “cuore del suo mistero”, come notava
l'Amleto di Shakespeare. Per Chesterton
“c'è il grand'uomo che fa sentire tutti picco­
li. Ma l'uomo davvero grande è colui che fa
sentire grande ciascuno” e Dickens è stato
grande proprio in tal senso: lo sguardo ago­
gnato dal prigioniero in Pickwick è anzitutto
lo sguardo dell'autore stesso, che attraverso
i suoi personaggi raggiunge e contagia i let­
tori, palesando ancora una volta la dignità
dell'esistenza quotidiana, donandoci occhi
rinnovati a cogliere la grandezza di chi ci
sta attorno, e perfino di noi stessi. •
Edoardo Rialti
Edoardo Rialti insegna Letteratura presso l'Istituto teologico
di Assisi. È collaboratore del quotidiano "Il Foglio". Studioso
e traduttore di letteratura inglese, ha curato opere di C.S.
Lewis, M.D. O' Brien, T. Howard, G.K. Chesterton per Rizzoli,
Marietti, San Paolo. Ha pubblicato per Cantagalli L'uomo che
ride, biografia letteraria di G.K. Chesterton che raccoglie il
ciclo di articoli "Chestertoniana" comparsi settimanalmente
su "Il Foglio". Ha curato nel 2011 il volume Una gioia antica
e nuova. Scritti su Charles Dickens e la letteratura di G.K.
Chesterton (Marietti).
13
pretesti | Febbraio 2012
Anticipazione
IL MIRACOLO
DELLA PAROLA
Praga 1600. Il racconto di un segreto
millenario tra storia e leggenda
di Marek Halter
Pubblichiamo, in esclusiva per i lettori di PreTe­
sti, un brano tratto dalle prime pagine del romanzo di Marek Halter Il cabalista di Praga (Newton
Compton) in libreria e in ebook in questi giorni.
M
i chiamo David Gans. Sono
nato a Lippstadt, in Vestfalia,
nell’anno 1541 del calenda­
rio cristiano, ovvero l’an­
no
5301 dalla creazione del mondo per opera
dell’Onni­potente, sempre sia lodato. Sono
morto a Praga, settan­tadue anni più tardi.
Nel vecchio cimitero ebraico una lapide por­
14
ta il mio nome. Sopra i sei bracci dello scudo
di Davide è incisa un’oca.
Due piccoli segni, scavati nella roccia, che
parlano della mia vita. In tempi remoti,
quello scudo, quella stella a sei bracci, era
l’emblema degli ebrei di Praga prima an­
cora di divenire quello di un popolo intero.
Oggi nessuno sa che io fui il primo a incider­
la accanto al mio nome. Un oblio che ha una
ragion d’essere. I sei bracci così perfetti – il
triangolo sulla cima che si rispecchia in uno
uguale alla base – avevano per me ancor
più valore del ricordo di Salomone. In quei
pretesti | Febbraio 2012
tratti rivelavo la passione e il pia­cere della
mia vita, la purezza infinita della geometria,
capace di tracciare, nel cuore della scienza
astronomica, il cammino del Padreterno.
E l’oca, allo stesso modo,
apparteneva solo a me. Non
era certo l’uccello più grazio­
so o coraggioso del Creato,
bisogna ammetterlo.
Ciò nonostante, portiamo
lo stesso nome: gans [Gans
significa "oca" sia in tede­
sco che in yiddish]. A lun­
go questo fatto mi è basta­
to per convincermi che ero
de­stinato a spiccare il volo
nel mondo, senza sperare
tutta­
via di regnarvi come
un’aquila.
Disponibile su
In effetti, le aquile le ho fre­
www.biblet.it
quentate da vicino. Si chia­
mavano Galileo Galilei, Giordano Bruno,
Giovanni Keplero, Tycho Brahe, Isaac Lu­
ria, e la più immensa, il re dei saggi e prodi­
gio della mia generazione: il rabbino Judah
Loew ben Bezalel, Gran Rabbino di Poznań
e di Praga, colui che noi tutti chiamiamo
MaHaRaL.
La grandezza del loro spirito fu per me, loro
discepolo appassionato, una costante lezio­
ne di umiltà e al tempo stesso una manife­
stazione straordinaria della realizzazio­
ne
dell’opera dell’Onnipotente. Perché nessuna
bellezza di spirito si compie senza accostarsi
alla volontà del Pa­dreterno.
Devo ammetterlo: a volte, il volo di quei maestri era così elevato, di un’intelligenza così
ardente, da rendermi cieco. Mi sono fatto
prendere dall’illusione di potermi elevare
15
alla loro altezza. Il tempo mi ha richiamato
alle mie proporzioni. Ho appreso la misura
di ciò che devo loro e dell’apertura delle mie
ali. Sono diventato, per così dire, un veicola­
tore dei loro pensieri. Un
corriere della loro gran­
dezza, alla quale tutta la
mia vita fu ed è ancora
dedicata.
Forse per questo la brava
gente di Praga ha fatto in­
cidere sulla lapide del mio
trapasso, sotto i due sim­
boli della mia vita, queste
parole altisonanti: "qui
giace héasid morenu david
gans, baal zemach david
[Il giusto pio rabbino Da­
vid Gans, autore dello Zemach David]".
La frase suona bene. An­
cora oggi riesce a solleticare la mia vanità.
Quella della modestia è una dura scuola.
Non basta una vita per apprenderla e non
passa giorno senza che io mi ci dedichi...
Ah! Sento che la tua pazienza e la tua intelli­
genza, let­tore, iniziano a vacillare. Ti chiedi
se colui che parla in queste pagine sia vivo
o morto. Questo Gans che dice di essere pol­
vere tra la polvere, oca nel vasto cortile del
Padreterno, e che fa discorsi come un vivo
mentre da quattrocento lunghi anni il suo
corpo è tornato a essere argilla tra l’argilla!
Eppure, è così. Il mio corpo non esiste più e
la mia parola è viva.
L’Onnipotente ci ha concesso il mondo come
lo ve­diamo. Noi crediamo di riconoscervi
l’unica verità. Ci ha donato la materia. Noi
conferiamo a essa il potere di un inizio e di
pretesti | Febbraio 2012
una fine. Ciechi e presuntuosi, ecco cosa sia­
mo. Ed è perché non si sono accontentati di
quest’il­lusione che i nostri maestri, il MaHa­
RaL, Tycho Brahe, il grande Keplero e pochi
altri, hanno raggiunto quel fir­mamento del­
la Conoscenza che si nega ai comuni esseri
umani.
Per quel che riguarda me, David Gans, in ve­
rità Dio solo sa quando sparirò, poiché abito
la Sua dimora, e la Sua dimora è quella del
Verbo. Sin dal primo respiro dell’uomo, va
così: la parola è la scintilla vitale dell’es­sere.
ne. E mai, mai sin dal primo giorno, ha ta­
ciuto. Ecco: niente si crea al di fuori del Ver­
bo, tutto soccom­be in sua presenza. Coloro
che lo ignorano sono deboli; grandi coloro
che sanno inchinarsi di fronte a tale po­tere.
Esseri umani, semplici esseri umani, noi cre­
diamo che solo la carne generi la carne. Ce­
cità, ignoranza! Il re­spiro, i battiti di un cuo­
re colmo di sangue sono anch’es­si il frutto
delle parole che il Padreterno ha messo nelle
nostre bocche. Oh lettori, lo sento, molti di
voi mostrano già il sorriso dell’incredulità!
Permettetemi, prima di lanciarmi nella no­
stra grande storia comune, di narrarvi un
piccolo epi­sodio, e, prima di entrare nel pie­
Sin dal primo respiro
dell’uomo, va così:
la parola è la scintilla
vitale dell’es­sere
Certo, donne, uomini, bambini o anziani,
noi siamo parole di carne, movimenti di car­
ne, vite ed emozioni di carne. E il tempo che
le attraversa sfugge e, passando, le logora.
Riduce la più sublime delle materie, la pelle
di seta e l’incarnato di rosa, a un granello di
polvere che il respiro di un bambino basta a
disperdere.
Ma il Verbo sì che è immortale. Non viene
sopraffat­to dalla furia, non si lascia ridurre
in frantumi da alcun maglio. Nessun rogo,
neanche tra quelli più insensati di quei seco­
li pieni di violenze, l’ha consumato. È giunto
con lo spirito dell’uomo, non con la sua car­
16
no della festa, accenna­re insieme a voi amici
un passo di danza. Il Talmud (Sanhedrin 65b)
racconta che rabbi Chanina e rabbi Oshaya
conducevano una vita ritirata e di studio.
Durante le veglie dello shabbat, perdevano
ogni cognizione della realtà studiando fino
alla nausea i rotoli del Sefer Yetsirah, il Libro
della Creazione. Ben presto, le ve­glie dello
shabbat non bastarono più alla loro passio­
ne. Dedicarono a essa i giorni comuni. Poi
le notti comuni. Leggevano, imparavano,
meditavano senza tregua. Can­cellando dal­
la propria coscienza il peso delle loro carni e
ossa, consideravano solo l’esilità della pro­
pria istruzio­ne. Se dormivano o dedicavano
un anche minimo tem­po allo svago, doveva­
no moltiplicare gli sforzi in seguito. Non si
pretesti | Febbraio 2012
le. Il grande sapere della Cabala li avrebbe
rendevano conto che l’esilità del loro corpo
saziati. Si presero il tempo di un banchetto.
era ben più grave di quella del loro sapere.
Questa storia l’ho letta tanto tempo fa. Mi fa­
La fame iniziò a sfinirli. La pelle del viso e
ceva sorri­dere come ne sorridete voi, lettori.
del collo era ridotta a una pergamena più
Ci credevo solo in parte.
ruvida delle pagine del Sefer Yetsirah. Le loro
Pensavo che fosse una cosa impossibile nel
rughe divennero profonde come un sentiero
nostro mondo, più
trac­ciato nel deserto.
simile a ciò che i re­
Ancora uno shabbat,
tori greci chiama­
e la vita li avreb­
be
vano parabola: pa­
abbandonati. Ma né
role con la forza di
l’uno, né l’altro ave­
un’im­magine. Paro­
va la forza di andare
le che all’apparen­
in cerca di cibo. Rab­
za racchiudono solo
bi Chanina dichiarò:
l’om­
bra del proprio
«L’Onnipotente ha
potere.
detto: “Ho messo le
Ignoravo che la vo­
Mie parole nella tua
Il MaHaRaL era giunto al
lontà dell’Eterno mi
bocca”. Le parole
prodigio
dei
prodigi.
avrebbe presto reso
che esco­
no da lab­
Aveva
eretto
la
scala
che
testimone di un pro­
bra pure generano la
unisce la Terra al Cielo.
digio ancor più stu­
Vita. Ho fame, devo
Che sgomen­to,
pefacente, una prova
am­metterlo. Cosa ri­
del potere talmente
schiamo a creare un
che terrore!
forte del Verbo che
vitello con le nostre
ancor oggi il suo mistero m’incute timore.
parole, che sono il Verbo dell’Eterno, se non
Un miracolo che ha dato una direzione e un
scoprire quanta purezza vi sia nelle nostre
senso a tutta la mia esistenza e che l’ha resa
labbra?». Rabbi Oshaya rispose: «La nostra
quello che è oggi: l’eternità della parola, che
stupidità e la nostra punizione stanno pro­
è anche la nostra memoria e la nostra vita
prio nel fatto di non averci pensato prima!».
futura.
Tutti e due, con una sola voce, pronunciaro­
Un essere fatto di parole, ecco cos’è oramai
no le parole necessarie. Ed ecco: un vitello di
David Gans.
tre anni, dal pelo folto e lo sguardo stupito,
Alcuni uomini possono sentirsi orgogliosi
si erse di fronte a loro.
della pro­
pria scoperta, della propria crea­
Rabbi Oshaya e rabbi Chanina, anche se era
zione. La mia unica fie­rezza è la vastità della
ciò che speravano, restarono di stucco. Mal­
mia memoria. Io sono il testimone. Il messag­
grado la loro grande debolezza, si alzarono e
gero e il mezzo del ricordo. Porto su di me la
si avvicinarono al vitello, che sta­va tranquil­
grandezza degli altri e a volte faccio in modo
lo. Gli toccarono il collo, i fianchi, la groppa.
che non sprofondi nella vostra indifferenza...
Tutto era reale e squisitamente commestibi­
17
pretesti | Febbraio 2012
Ogni giorno mi sembra abbastanza duro da
essere l’ultimo, ma poi si leva l’alba succes­
siva e le mie palpebre si schiudono, indican­
domi che la mia missione non è anco­ra com­
piuta.
!
Ecco la parola e il fuoco della mia esistenza!
Ecco il mistero che ha fatto di me il gilgul, la
metamor­fosi, questo ebreo errante senz’al­
tra dimora che la paro­la, che va e viene in
mezzo a voi, invisibile in mezzo alla folla e
tuttavia presente nella vostra memoria di se­
coli, qualunque siano le vostre credenze, le
vostre paure e le vostre conoscenze.
Ecco cosa è successo quel giorno di gennaio
del 1600 nel cortile della yeshiva del mio maestro il MaHaRaL, luce d’Israele, sia benedet­
to il suo nome. Quel giorno, sì, la potenza di
Dio si è mostrata nel potere dell’uomo.
Il MaHaRaL era giunto al prodigio dei pro­
digi. Aveva eretto la scala che unisce la Terra
al Cielo. Che sgomen­to, che terrore!
Quale inaudito sapere!
golem
E, in seguito, le schiere vollero seguirlo uni­
camente per accaparrarsi la sua conoscenza.
Le schiere dell’innocenza e dell’orgoglio. Le
legioni del Male, soprattutto.
Invano, invano si sono consacrati al miste­
ro del Go­lem. Mai con successo. Nessuno,
dopo il rabbi Loew, il mio Maestro, ha sa­
puto risalire la scala di Giacobbe, quella che
unisce la Terra al Cielo.
Nessuno è stato in grado di penetrare così a
fondo nel­le parole, nelle lettere e nella sag­
gezza della Cabala.
Gli sforzi non sono mancati. Mentre stermi­
nava gli ebrei, Hitler, in eterno sia maledet­
to il suo nome, ci pro­vò. Che amara ironia!
Per lo meno, temendo un simile prodigio,
le truppe na­ziste non osarono distruggere
l’imponente statua del cre­atore del Golem
che veglia sul ghetto di Praga.
E poco tempo dopo nemmeno i russi si ar­
rischiarono a farlo. Ma ora basta. Ne sapete
abbastanza perché possa rac­contarvi la vera
storia del Golem, io, David Gans, che fui te­
stimone di questa stupefacente avventura.•
© 2012 Newton Compton editori s.r.l.
Traduzione dal francese di Federica Romano.
Marek Halter
Marek Halter è nato a Varsavia nel 1936. La madre era una poetessa
yiddish e il padre un tipografo. Nel 1940 fugge dal ghetto di Varsavia
e trova rifugio in Ucraina, dove una pattuglia di soldati sovietici lo
arresta e lo trasferisce a Mosca. Il suo romanzo Abraham, pubblicato in
Francia nel 1983, ottiene il premio Livre Inter e resta per otto settima­
ne nella lista dei bestseller stilata dal "New York Times". Nel 1994 rea­
lizza il film I giusti, che apre nel 1995 il Festival del Cinema di Berlino.
Il cabalista di Praga è disponibile in eBook da Biblet.
Disponibile su www.biblet.it
18
pretesti | Febbraio 2012
Racconto
Messico
e nuvole
di Gianni Biondillo
19
A
tutto ciò. È semplicemente una questione
Città del Messico vivono gli an­
di buon senso: chi di noi prenderebbe un
geli. È quello che penso quando
taxi abusivo a Milano? Chi salirebbe su un
guardo Ana Maria, che è venuta
mezzo pubblico con un fascio di cartamo­
a prendermi all'aeroporto. Ana
neta che gli spunta dalla tasca della cami­
Maria è una scrittrice messicana, l'ho cono­
cia? Chi si aggirerebbe di notte nei vicoli
sciuta a Gijon, durante la Semana Negra, ed è
bui della città?
subito nata fra noi quella curiosa solidarie­
Sono un animale metropolitano, le città non
tà fra scrittori errabondi. Lei ora mi fa salire
mi spaventano, basta entrare in risonanza
su un taxi e mi racconta della sua città, che
col battito del cuore urbano e il resto viene
ama appassionatamente, dello stesso amo­
da solo. In fondo viaggiare è anche questo:
re che ritrovo nelle parole che spendo per la
fare a pezzi i luoghi comuni che ci portiamo
mia città, così tanto bistrattata dall'immagi­
dentro, smantellare i pregiudizi. Dunque
nario collettivo, Milano.
nei pochi giorni che ho vissuto a Città del
Non che Città del Messico sia da meno.
Messico (perché sì, io vivo le città, non le
A chiunque dicessi qual era la meta del
visito e basta) ho cercato di fare tutto quello
mio viaggio vedevo gli occhi sbarrarsi: non
che mi era stato sconsigliato. Grazie anche
prendere i taxi per strada, mi dicevano,
ad Ana Maria, che,
non bere nulla col
depositati i bagagli
ghiaccio, vai in giro
Sono un animale
in albergo, mi porta
con una mascheri­
metropolitano, le città
subito verso lo Zo­
na, non prendere
non mi spaventano, basta
calo, l'enorme piaz­
la
metropolitana,
za prospiciente la
non mangiare nulla
entrare in risonanza col
Cattedrale cittadina.
dalle bancarelle im­
battito del cuore urbano
Enorme anch'essa.
provvisate per stra­
e il resto viene da solo
Tutto è enorme a Cit­
da, muoviti circo­
tà del Messico. Tutto
spetto, attento alle
ha una dimensio­
rapine. La cosa più
ne quasi favolistica:
inverosimile che mi
Avenida des Insur­
è stata detta sembra
gentes, per capirci,
persino divertente
la strada che taglia
tanto è assurda: Cit­
da sottinsù la città, è
tà del Messico è così
lunga 42 chilometri.
inquinata che gli uc­
È come partire da
celli di passo cado­
Milano e arrivare a
no a terra tramortiti!
Como e restare sem­
Racconto alla spic­
pre nella stessa città. Neppure sanno quan­
ciolata queste cose a Ana Maria che sorride,
ti abitanti faccia, Città del Messico. C'è chi
anche se vedo un velo di amarezza nei suoi
dice venti milioni, chi trenta. Metà della
occhi. Ovviamente io non credo a nulla di
20
pretesti | Febbraio 2012
popolazione italiana concentrata in un uni­
co agglomerato urbano. Sono le persone, il
numero sterminato di persone, ovunque,
che mi colpisce di più: per strada, nei bar, in
metropolitana, nei parchi. Sembrano scatu­
rire dalla terra, piovere dal cielo. Sono dap­
pertutto. Nel frattempo saltiamo sopra un
pesero, uno dei trabiccoli che portano verso
il centro (“non prendere i mezzi pubblici!”).
Sono sul Paseo de la Reforma, attraversia­
mo la Zona Rosa ‒ un quartiere inizio No­
vecento, dal gusto europeo ‒ fermandoci
ogni tanto al richiamo di chi vuole salire.
Non ci sono fermate stabilite, il mezzo non
ha neppure un numero di riconoscimento.
Si sale e si scende quando si vuole, o quan­
do si può. Io butto gli occhi fuori dal fine­
strino e mi faccio puro sguardo. I palazzi
crescono di altezza, diventano grattacieli.
La città pulsa di vita, sembra un misto fra
Berlino e Napoli. Ma è una semplificazione
del mio cervello. Sto cercando, con i modelli
urbani che conosco, quelli europei, un sen­
so a questa città, ma comprendo che Città
del Messico è qualcos'altro. È un po' come
il figlio di due genitori, che per quanto ci
si ossessioni a ritrovare il sorriso del padre
21
europeo o il taglio d'occhi della madre in­
dia, lui, di suo, il bambino cresciuto, la città
enorme, è qualcos'altro di autonomo e indi­
pendente.
Ci fermiamo all'Alameda Central – lo stori­
co parco del centro città, quello dipinto dal
meraviglioso murales di Diego Rivera – a
comprare un po' di chicharones da una ban­
carella abusiva (“non comprare nulla per
strada!”), li mangio goloso, come un bimbo
ad una fiera. Poi, più avanti è la volta di un
tacos alla carne. Ana Maria ci aggiunge un
po' di guacamole, una salsa piccante all'avo­
cado. In prossimità della cattedrale è la vol­
ta del dolce: polpa di platano glassata. Bene,
se la maledizione di Montezuma non mi
colpisce ora, penso, non mi colpirà mai più.
La voce del povero Montezuma, invece, la
sento soffrire nelle pietre degli scavi archeo­
logici a due passi dalla cattedrale. L'ultimo
regnante atzeco accolse con tutti gli onori
Cortés, mostrando la sua città con orgoglio,
pochi anni dopo non ne rimase più nulla.
O quasi. Ché la storia non si può cancella­
re mai per davvero. Soprattutto quando ha
saputo dare luce a civiltà così complesse. È
quello che penso andando con Jorge, il mio
nuovo angelo custode, il giorno appresso,
verso Teotihuacàn. Mi mostra una foto, Jor­
ge: è gualcita, in bianco e nero, mostra una
valle con dei curiosi montarozzi erbosi, al­
cuni bassi, altri più prominenti, alle loro
spalle le vette dei vulcani innevati. Ecco
com'era Teotihuacàn un secolo fa. Nessuno
sapeva che là sotto, ricoperta dalla polve­
re della storia, dormivano la Piràmide de
la Luna, la Piràmide del Sol, la Calle de los
Muertos. Ci arriviamo in macchina e ad
ogni rilievo vagamente conico penso che
là sotto potrebbe assopirsi chissà quale al­
pretesti | Febbraio 2012
tro gioiello millenario. Ma prima beviamo
un tequila (“un”, non “una”. Il tequila è
maschile in Messico) da Jesus. Niente sale
nell'incavo fra pollice e indice, mi dicono,
è roba da gringos. Poi Jesus mi mostra tut­
ta la procedura: dopo aver riempito alcuni
bicchierini, taglia in spicchi alcuni frutti di
lime, e li spolvera di sale. Infine addenta lo
spicchio salato e risparmiandone la buccia,
a bocca piena, ingolla il tequila, d'un fiato.
Io, di mio, avevo già assaggiato il liquore
e mi sembrava abbastanza forte, ma non
oso contraddirlo. Ripeto l'intera operazio­
ne, da buon scolaretto che vuole la lode dal
suo maestro. Strappo la polpa dell'agrume
salato e la faccio seguire dal bicchierino di
tequila, che in bocca cambia radicalmente
sapore. Il mio palato assiste a una reazio­
ne chimica misteriosa, mi sento come una
22
ampolla di un alchimista che mescola gli
ingredienti alla ricerca di una pozione ma­
gica. Al terzo tequila Jorge mi rammenta le
ragioni del mio viaggio. Lascio dispiaciuto
Jesus per inerpicarmi verso la cima della Pi­
ràmide del Sol. E finalmente in cima, men­
tre attendo che il battito del cuore rallenti
dopo la fatica della salita, sotto un sole cal­
do e asciutto, una brezza lieve che raffresca
le membra, lì, mentre osservo la valle come
sul precipizio di un burrone, nella mia per­
fetta solitudine, mi rendo conto di essere
davvero felice.
Nei giorni a seguire girerò spesso da solo la
città, e spesso incontrerò persone che por­
tano con sé una storia, un mondo da rac­
contare: come Rafael, artigiano dell'argen­
to, che sotto i miei occhi ha inciso il volto
di un guerriero atzeco con una precisione
pretesti | Febbraio 2012
Ovunque fossi, ciò che vedevo,
ciò che non vedo più da anni in Italia, era il popolo.
Da noi, ormai, c'è solo “la gente”
degna dei monili che ho ammirato al me­
raviglioso museo Antropologico, come la
piccola india che mi ha venduto i due ponchos che ho acquistato per le mie bambine
in uno degli infiniti mercati abusivi della
città, come Clara della Libreria Morgana,
che vende solo libri in italiano (che cosa cu­
riosa ritrovarsi dall'altra parte dell'oceano),
come Leonardo, che nel parco di Chapulte­
pec – enorme e bellissimo – mi ha racconta­
to del suo amore per l'Italia, cercando però
poi di vendermi un trattamento per lucida­
re le scarpe (e inutile è stato mostrargli le
scarpe da ginnastica ai piedi. “Possibile che
un uomo non abbia delle scarpe di cuoio a
casa?” sembrava pensare...). Ho girato per
le undici linee metropolitane (“non prende­
re la metro!”), mangiando quello che capi­
tava (“non entrare in locali sconosciuti”) e
soprattutto ho camminato continuamente,
per chilometri e chilometri – San Angel,
Coyacàn, Tacubaya, Polanco – come un
folle, quasi cercassi di misurarla tutta, con­
scio che era come cercare di contenere in
un bicchiere l'oceano. Ci vorrebbe un'intera
esistenza per raccontarla tutta questa città.
Ché ovunque fossi c'erano persone, facce,
corpi, vita che brulicava.
Ovunque fossi, ciò che vedevo, ciò che non
vedo più da anni in Italia, era il popolo. Da
noi, ormai, c'è solo “la gente”, qui, il popolo
gremisce ancora le piazze, riempie i parchi,
scambia, lavora, corre, sosta, ride, canta,
soffre; si distende nelle strade della città,
se ne impossessa, la ammanta come fosse
un unico drappo multicolore cucito con pa­
zienza dalle sapienti mani artigiane delle
donne di questo paese.
Questo penso mentre sotto di me scorre la
città che si perde a vista d'occhio. Ho visto
il popolo, penso, mentre l'aereo mi riporta
verso casa. Anche se mi sembra, con una
punta di tristezza, che in realtà la stia la­
sciando, casa mia. •
Gianni Biondillo
Gianni Biondillo è nato a Milano, dove vive, nel 1966.
Architetto, ha pubblicato saggi su Figini e Pollini, Giovanni
Michelucci, Pier Paolo Pasolini, Carlo Levi, Elio Vittorini.
Fa parte della redazione di Nazione Indiana. Ha scritto
numerosi romanzi tra cui, più recente, I materiali del killer,
una nuova indagine della serie che ha per protagonista
l'ispettore Ferraro e che è stato vincitore del premio Giorgio
Scerbanenco 2011 come miglior romanzo noir italiano del
Courmayeur Noir in Festival.
23
pretesti | Febbraio 2012
Il mondo
dell’ebook
QUATTRO PASSI
NEL FENOMENO
DEL SOCIAL READING
I libri, da sempre fulcro di conversazioni e scambi d’idee,
amplificano il loro raggio d’azione grazie ai social network.
Da Twitter a Pottermore, ecco i circoli letterari nell’era del web 2.0.
di Roberto Dessì
24
pretesti | Febbraio 2012
C
icona letteraria. Twitter è l’emblema dell’a­
osa c’è di più sociale di un libro?
nima social-letteraria della Rete. Il servi­
Quante amicizie, amori, discus­
zio di microblogging, ormai celebre anche
sioni e idee sono nate attorno
nel nostro Paese, offre a tante penne più o
a una storia ben scritta? Quan­
meno celebri un rifugio e un podio da cui
ti volumi abbiamo visto passare di mano,
arringare i propri follower, a patto di rima­
sottolineati o annotati qua e là su margini
nere entro il limite dei 140 caratteri. Tra i
fino ad allora immacolati? E ora i terribili
più social Paulo Coelho, che dispensa be­
eBook vorrebbero portarci via questa ma­
nedizioni virtuali e pillole dei suoi celebri
gia, ingabbiandola in fredde sequenze bi­
aforismi, Patricia Cornwell, che cinguetta
narie? Non sia mai. Il libro si evolve, ma la
per sé e per il proprio alter ego letterario
sua anima è immortale. Parafrasando Sha­
Kay Scarpetta, e William Gibson, papà del
kespeare, cambia la materia di cui sono fat­
cyberpunk e non a caso appassionato di in­
ti, ma non i sogni che contengono, divenuti
liquidi e condivisibili in
tempo reale grazie
ai social network,
Twitter offre a tante
declinati nel sopenne più o meno
cial reading. Tredici
celebri un rifugio e un
semplici lettere che
al loro interno na­
podio da cui arringare i
scondono un inte­
propri follower, a patto di
ro universo, gravi­
rimanere entro il limite di
tante attorno ai libri
140 caratteri
e alla Rete, popola­
to di avatar virtuali
dietro i quali si ce­
lano lettori, scrittori,
case editrici e addetti
ai lavori, che trovano
in Rete un fertile terreno di di­
scussione. Nell’era Avanti Web 2.0,
per entrare in contatto con un autore
o si assisteva alla presentazione del suo
novazioni tecnologi­
ultimo romanzo ‒ cercando di agganciar­
che. Rimanendo nei pa­
lo nella pausa aperitivo ‒ o gli si scriveva
tri confini, ecco tra i tan­
un’email, attendendo speranzosi una ri­
ti Alessandro Baricco
sposta. Oggi è sufficiente fare un giro tra i
(che posta solo in spagno­
social network, ed ecco spuntare come fun­
lo) , Michela Murgia (che
ghi scampoli della quotidianità di chi, fino
a volte lo fa anche in sardo),
a poco tempo prima, era un’irraggiungibile
25
pretesti | Febbraio 2012
Roberto Saviano e Beppe Severgnini, at­
tivissimi twittatori. La cosa fantastica dei
social network è che sanno essere democra­
tici, dando a tutti le stesse chance di suc­
cesso. Chi è celebre offline non ha difficoltà
a farsi degli amici online, ma anche quando
si è semisconosciuti, con un po’ di tattica e
pazienza si può mettere in vetrina e vender
bene il proprio brand. John Locke e Amanda Hocking, entrambi nel club dei “milio­
nari” dell’eBook, hanno costruito le loro for­
tune usando i social network come ufficio
stampa e marketing. Tralasciando gli aspetti
voyeuristici del Web, il social reading è tale
quando crea un rapporto paritario e oriz­
zontale tra lettori. Condivisione è la parola
chiave, che si tratti di una generica recensio­
ne sul libro appena letto, o si vada nel detta­
glio annotando e integrando note a margine
sull’eBook. Senza tirare in ballo l’osannato
duo Facebook-Twitter, l’universo sociale dei
libri ‒ digitali e non ‒ comincia da Anobii,
capostipite dei book social network. Qui si può
dar sfogo alle proprie frustrate aspirazioni
di critici letterari, rendendo partecipi gli altri
iscritti del proprio entusiasmo per la lettura
appena conclusa, o spulciare le opinioni dei
propri contatti e trovare così ispirazione per
il prossimo titolo da acquistare. Parlando di
scaffali non si può non citare GoodReads,
che emula – in salsa sociale – il meccanismo
di suggerimento dei libri usato da Amazon.
Qui però basta votare venti libri per far sì
che il sistema intuisca i più adatti al nostro
gusto, e ce li segnali. Se poi oltre ad un libro
volete cercare anche una dolce metà con cui
leggerlo accoccolati sotto le coperte, potete
rivolgervi a Alikewise. A metà tra il social
network e l’agenzia matrimoniale, il sito
offre un singolare modo per conoscere l’a­
nima gemella: l’affinità di preferenze lette­
rarie. Si aggiungono sul profilo i titoli letti,
qualche informazione personale, una bella
foto e… si attende che il sistema selezioni
per noi dei potenziali partner con i quali, se
non altro, non si litigherà sui libri da acqui­
stare.
Per la categoria degli impazienti, che non
sanno resistere alla foga del commento e
leggono l’eBook annotandolo immediata­
mente con le proprie impressioni, ecco un
social network che parla italiano, con spic­
cato accento sabaudo: su Bookliners ogni
appunto si trasforma in una discussione,
ogni sottolineatura in un momento di con­
fronto, aggregando gli utenti non più sul
libro ma sulla singola frase, rendendo la
narrazione teoricamente infinita. Gli spa­
gnoli di 24 Symbols strizzano invece l’oc­
chio ai bulimici della lettura, e offrono una
piattaforma dalla quale leggere e commen­
tare a sazietà. Un’integrazione tra recensio­
Condivisione è la parola chiave, che si tratti di
una generica recensione sul libro appena letto,
o si vada nel dettaglio annotando e integrando
note a margine sugli eBook
26
pretesti | Febbraio 2012
ne e commento in tempo reale è quella di
BookGlutton, che ambisce a raccoglie­
re l’eredità dei circoli letterari al grido di
“books are conversation”, slogan di cluetrai­
niana memoria: annotazioni e commenti
avvengono all’interno di cerchie di contatti
talvolta aperte a tutti, in altre più selettive.
Rasenta la genialità (o la follia?) uno degli
ultimi arrivati: Small Demons. Così come
del maiale non si butta via nulla, anche il
libro può essere “tagliato” e catalogato per
gruppi musicali, celebrità, prodotti e brand
citati nella narrazione, collegati e incrociati
con altre letture per creare e tracciare sor­
prendenti percorsi tematici.
Fin qui i social network sui libri. Che dire in­
vece dei libri che diventano social network?
Esiste un solo caso, ma merita una catego­
rizzazione a sé: Pottermore è il rifugio vir­
tuale di migliaia di aspiranti maghette e ma­
ghetti fan di Harry Potter e offre, oltre alla
possibilità di leggere in esclusiva gli eBook
della fortunata creatura di J.K. Rowling,
un’immersiva esperienza di role play tra i
corridoi della Scuola di Hogwarts.
Non temano, comunque, i nostalgici del
profumo di carta, né gli apocalittici che pre­
dicano un futuro privo di relazioni sociali
vis à vis. Il passo da virtuale e reale è breve,
tanto quanto quello da libro a eBook. •
J.K. Rowling
27
pretesti | Febbraio 2012
Il mondo
dell’ebook
Feuilleton 2.0:
il nuovo formato del libro
è l'eBook in progress
Un viaggio letterario nel tempo, dai romanzi a puntate
dell’Ottocento alle nuove forme narrative seriali in
formato digitale, in compagnia di Charles Dickens
di Daniela De Pasquale
N
ew York 1841. La nave in arri­
vo da Londra fu assalita da una
folla che chiedeva: “Ma Nell è
ancora viva?”. Il più impazien­
te andò incontro alla nave con
una barchetta di fortuna. Poco
importava se Nell Trent era una
bambina di carta e inchiostro. I
lettori americani non poteva­
no aspettare un’ora di più per
conoscere la sua sorte, nell’ul­
timo episodio de La bottega
dell’antiquario, storia pubblica­
ta a puntate sul giornale Master
Humphrey's Clock dall’auto­
re-editore Charles Dickens. E
racconta ancora la critica lette­
raria Paola Colaiacomo che Di­
ckens ricevette molte lettere dai suoi lettori
perché non facesse morire Nell e altrettan­
te proteste dopo la lettura della sua triste
sorte. Emerge in questo racconto la forza
dirompente del feuilleton, forma letteraria
28
in voga nella Francia e nell’Inghilterra di
fine Ottocento, nata da pure logiche com­
merciali ma rivelatasi un potente diffusore
di cultura popolare e letteratura di massa.
Nel 1836 émilie de Girardin
fondò La Presse, quotidiano low
cost che ambiva a fidelizzare un
ampio pubblico. Ripensando a
due casi di successo, il feuille­
ton di Louis-François Bertin di
fine Settecento ‒ un insieme di
rubriche di critica teatrale al­
legato al Jounal des débats ‒ e la
pubblicazione su un giornale
di Honoré de Balzac di alcuni
capitoli del suo libro per creare
interesse e attesa, de Girardin
decise di dedicare lo spazio che
altri giornali riservavano alla critica lettera­
ria alla pubblicazione di romanzi a punta­
te. Nacque così il feuilleton (foglio, pagina
di libro), conosciuto anche come romanzo
d’appendice (perché pubblicato in ultima o
pretesti | Febbraio 2012
penultima pagina), da non considerare solo
come letteratura di serie B, dal momento
che ha dato vita a grandi classici. Tre su
tutti: I tre moschettieri (Alexandre Dumas), I
misteri di Parigi (Eugène Sue) e Le avventure
di Pinocchio (Carlo Collodi).
L’idea fu rivoluzionaria e con effetti a lungo
termine: nella seconda metà del XIX secolo
la cultura era un lusso e non esistevano al­
tri mezzi di informazione se non i giornali.
La borghesia leggeva le storie a puntate per
svagarsi, le fasce più povere e meno istruite
avevano finalmente accesso facile ed eco­
nomico alla lettura. In Italia, per lo storico
Michele Giocondi fino alla Grande Guerra
un bestseller era un libro che in cinque anni
vendeva 10.000 copie, col fascismo si salì a
20.000. I romanzi d’appendice potevano su­
perare quota 100.000, forte segnale dell’al­
fabetizzazione del Paese.
Certamente l’iniezione di serialità crea di­
pendenza dalle storie, ma quali sono gli in­
gredienti magici del siero che trasformava
tutti in lettori e che oggi vorremmo tanto ri­
scoprire, visti i 723mila lettori italiani persi
nel 2011, secondo l’ISTAT? Per Aldo Gras­
so sono quattro: l’oleografia, la presenza di
stereotipi riconoscibili che permettono al
lettore di identificarsi col personaggio per
trarne gratificazione; la contrapposizione
eroe positivo/eroe negativo e bene/male,
in cui i valori borghesi sono perfettamente
codificati e difesi con il riscatto finale e il
trionfo dei primi sui secondi. Infine l’agni­
zione, il colpo di scena: una rivelazione im­
provvisa che determina una svolta decisiva
nella vicenda.
Caratteristiche superbamente e lucidamen­
te mixate nella serialità televisiva america­
na, tanto che per lo stesso Grasso oggi l’e­
29
ducazione sentimentale degli adolescenti
non si forma più con la grande narrativa
ottocentesca ma con i teen-drama. A suppor­
to di questa tesi, alcuni critici hanno defi­
nito l’autore della serie The Sopranos Da­
vid Chase come il Charles Dickens di oggi.
Per Jonathan Franzen, le serie tv “stanno
rimpiazzando il bisogno che veniva soddi­
sfatto da un certo tipo di realismo del XIX
secolo. Quando leggi Dickens ottieni gli
stessi effetti narrativi”. In realtà, prima di
soap-opera e fiction con mafiosi, dottori e
Oggi, grazie alla tecnologia,
gli stilemi della narrazione
seriale tipici del feuilleton
dell’Ottocento si
ripresentano in nuove forme
letterarie sul web e altre
piattaforme, coinvolgendo
anche gli eBook
casalinghe, a ereditare le strategie narra­
tive del feuilleton sono stati i fotoroman­
zi e i fumetti, i radiodrammi e il cinema.
E il pensiero torna ancora a Dickens e alla
sua incredibile modernità, perché, sostiene
John Bowen ‒ tra i suoi massimi studiosi
‒ “è facile da adattare per la tv, il cinema
e il teatro e usa tutte le strategie moderne
di pubblicità per far conoscere i suoi libri.
È multimediale”. E non aveva Facebook.
Oggi, grazie alla tecnologia, i meccanismi
della serialità si ripresentano in nuove for­
me letterarie: sul web e sui blog si molti­
plicano i romanzi a puntate e alcune azien­
de stanno realizzando storie a episodi per
pretesti | Febbraio 2012
nuove piattaforme, sull’onda del successo
dei keitai shosetsu, i romanzi giapponesi per
cellulare scaricabili da iTunes una puntata
al giorno. E, naturalmente, arriviamo agli
eBook. Il processo di convergenza fonde
la pausa narrativa con cui sul più bello si
conclude l’episodio, lasciando il lettore con
l’impaziente curiosità di scoprire cosa suc­
cederà nel successivo. Tra un’uscita e l’al­
tra, c’è il tempo di dialogare con i lettori su
Banduna, l’eBook a puntate di Alessandro Mari nella collana
Zoom di Feltrinelli, non è una storia già scritta e distribuita
un capitolo per volta, ma un eBook in progress,
che si evolve con l’interazione dei lettori
più media, compaiono nuovi device e le
storie non sono più un semplice travaso
da un formato all’altro, ma fluidi narrativi
che si adattano ai nuovi contenitori. D’altra
parte il leit motiv di queste settimane, dopo
“If Book Then”, incontro internazionale de­
dicato al futuro del libro, è proprio la neces­
sità di innovare per costruire nuovi modelli
di ricavi e nuove logiche di funzionamento
per l'editoria. Lo sa bene Alessandro Mari,
che ha abbracciato il nuovo progetto di Fel­
trinelli aggiungendo un significativo tassel­
lo al concetto di social writer. Banduna è sta­
to il primo titolo della collana Zoom inte­
ramente digitale: un eBook a puntate setti­
manali da € 0,99 con prima uscita gratuita.
Lo sforzo creativo autoriale è alto, il rac­
conto ha un ritmo sincopato e ogni capi­
tolo deve raggiungere un cliffhanger, quel­
30
un sito creato ad hoc, per ricevere feedback
immediati da inserire “nella centrifuga
dell’immaginazione” e, come un attore di
teatro che sente l’umore della sala, decidere
l’evoluzione della narrazione. Banduna non
è dunque una storia già scritta e distribuita
un capitolo per volta, ma un eBook in pro­
gress. Ci sono poi altri esempi di offerta di
contenuti digitali a rate. L’azienda BookRiff
offre un servizio di DJ letterario: smembra
gli eBook in capitoli vendibili singolarmen­
te, e permette di creare nuovi eBook-com­
pilation assemblando testi di diversi autori.
DripRead è un’applicazione che suddivide
eBook e altri file in piccole parti, inviando­
ne una ogni giorno tramite email. Nell’at­
tesa che altre aziende italiane si lancino in
progetti di questo tipo, sul territorio nazio­
nale arriva Chichili Agency, editore tedesco
pretesti | Febbraio 2012
che vanta il maggior numero di vendita di
eBook in Germania e già nelle classifiche di
Amazon.it con l’horror seriale Chills. La sua
mission è stare al passo con un lettore mo­
derno hi-tech e sempre in movimento: chi
legge in metropolitana probabilmente è un
lettore forte che non vuole rinunciare alla
lettura durante i suoi spostamenti. L’offerta
è quindi un libro digitale di massimo trenta
pagine, da leggere in quindici minuti e dal
prezzo contenuto. Anche Banduna ha un li­
mite di battute tra le 23 e le 26mila a punta­
ta, l'equivalente di circa mezz'ora di lettura.
L’idea di presentare contenuti, non necessa­
riamente seriali, per tempo di lettura non è
nuova, basti pensare allo store EmmaBooks
o al sito giornalistico Longreads, focaliz­
zato su forme di long journalism godibili
proprio su tablet e eReader. Aggiungendo
il fattore prezzo al tempo di lettura, il pen­
siero vola ai Kindle Single che Amazon ha
lanciato oltre un anno fa: racconti low cost
di 10-30mila caratteri, lunghezza “perfet­
ta per buttar giù una singola idea geniale,
ben sviluppata argomentata e illustrata”.
La stessa collana Zoom di Feltrinelli contie­
ne singoli racconti delle sue firme di punta,
estratti da raccolte già pubblicate o inediti
digitali.
La tecnologia riduce le barriere d’accesso
alla pubblicazione dei contenuti tanto che,
per David Houle, oggi si pubblicano più
libri in una settimana che in tutto il 1950.
La serialità può essere allora considerata
un valido terreno di esplorazione per una
nuova concezione di letteratura prêt-à-por­
ter al costo di un caffè: per l’editore 2.0 è un
nuovo modello di business; per lo scrittore
2.0 è una nuova sfida creativa; per il letto­
re 2.0 è un nuovo prodotto economico che
si inserisce nel flusso veloce delle sue gior­
nate, e lo aiuta ad acquisire familiarità con
nuovi dispositivi e nuovi modi di concepire
l’oggetto-libro.•
La serialità può essere
considerata un valido
terreno di esplorazione per
una nuova concezione di
letteratura prêt-à-porter al
costo di un caffè
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pretesti | Febbraio 2012
Buona la prima
Storie di libri
ed edizioni
"LE MERAVIGLIE
DEL POSSIBILE"
(1959)
A CURA DI SERGIO SOLMI E CARLO FRUTTERO
di Francesco Baucia
“N
essuno è al sicuro, nessuno si salva, la nostra civiltà è fragilissima e può crollare in
ogni momento”: chi negli ultimi mesi, leggendo le notizie economiche e politi­
che, non ha sussurrato tra sé frasi di questo genere? Chi, pensando al sistema
della finanza globale che sembra strangolare i destini di nazioni e individui,
non lo ha immaginato come una sorta di mostro fantascientifico? La frase che abbiamo ci­
tato qui in apertura è di Carlo Fruttero, che la scrisse con negli occhi le immagini dell'atten­
tato alle Twin Towers. Nel testo da cui è estrapolata, lo scrittore torinese meditava sulla ca­
pacità della science-fiction di essere “profetica” nel senso più alto, ossia di mettere la mente
32
pretesti | Febbraio 2012
dell'uomo in assonanza con il proprio tem­
po per coglierne quelle linee direttrici che
conducono al domani. Una missione, inol­
tre, quasi filosofica, se come diceva Hegel
la filosofia è "apprendere il proprio tempo
con il pensiero". Su questa scia, si potrebbe
tentare una definizione della fantascienza
dicendo che essa è "apprendere il proprio
tempo con la fantasia". I mondi possibili e
i futuri immaginari che questo genere ele­
va a proprio orizzonte sono infatti solo un
modo trasfigurato per
parlare di noi, della no­
stra vita attuale e di ciò
che le può accadere da
un momento all'altro.
Tra i molti meriti lettera­
ri ed editoriali che van­
no ascritti a Carlo Frut­
tero, morto di recente a
85 anni nella sua casa
di Castiglione della Pe­
scaia, c'è senza dubbio
quello di aver promosso
instancabilmente la dif­
fusione della science-fiction in Italia. Lo ha fatto
in due modi: dirigendo
dal 1961 al 1986 (per un
lungo periodo anche in
coppia con Franco Lu­
centini) la mitica colla­
na mondadoriana Ura­
nia e prima ancora curando a quattro mani
con Sergio Solmi l'antologia di fantascienza
Le meraviglie del possibile, apparsa per Ei­
naudi nel 1959. L'intento che soggiaceva a
questa operazione editoriale era quello di
porre sotto l'egida severa e autorevole dello
Struzzo un genere di narrativa che veniva
33
considerato perlopiù come di puro intratte­
nimento, in un periodo in cui l'engagement
della letteratura era visto come una priorità
assoluta. A questa nobilitazione del genere
contribuiva in modo decisivo la dotta intro­
duzione al volume firmata da Solmi, in cui
tra l'altro si indicavano i lontani ascendenti
della fantascienza addirittura in Platone e
Luciano di Samosata. Ma ai lettori sarebbe
bastato addentrarsi nelle pagine dei rac­
conti collezionati nel libro per convincersi,
anche senza articolate
arringhe, dell'assolu­
ta nobiltà di quei te­
sti. Perché sfogliando
le pagine si sarebbero
imbattuti nel distillato
dell'arte dei maestri del
genere, partendo dal
precursore H.G. Wells
per arrivare agli "assi"
Ray Bradbury, Philip
K. Dick, Isaac Asimov
e Robert Heinlein.
L'idea programmatica
del libro, indica Solmi
nell'introduzione, è di
mostrare attraverso la
narrativa come dopo
le numerose crisi filo­
sofiche e religiose del­
la modernità alla sola
scienza è ancora possi­
bile nel presente "riaprire le porte del Me­
raviglioso, che l'uomo aveva chiuse da un
pezzo". Leggendo i racconti dell'antologia,
però, ci si accorge che forse la vista di quel
Meraviglioso nuovamente dischiuso è in­
sostenibile, presaga com'è di scenari foschi
i quali non fanno che ripetere in ingegnose
pretesti | Febbraio 2012
variazioni le oscurità della storia passata.
Una vena rigogliosa di pessimismo serpeg­
gia nelle pagine di molti racconti, insinuan­
do più di un sospetto sulle "magnifiche
sorti e progressive" che la scienza sembra
spalancare all'umanità. Così, i naufraghi
sul piovoso pianeta Venere del racconto
Pioggia senza fine di Bradbury ci appaio­
no come soldati sull'orlo della follia nella
giungla vietnamita; la riscoperta capacità
dell'umanità futura di contare
senza calcolatrici viene piegata
a fini bellici in Nove volte sette di
Asimov; l'utilizzo di robot uma­
noidi con obiettivi spionistici
scardina l'affidamento nell'ami­
cizia e negli affetti in Impostore
di Philip K. Dick; e la volontà di
serafici monaci tibetani di calco­
lare tutti i possibili nomi di Dio
attraverso un supercomputer
nasconde il desiderio di causare
la fine del mondo, nel racconto
I nove miliardi di nomi di Dio di Arthur C.
Clarke. Ma il capolavoro assoluto della rac­
colta è forse il racconto più breve, il fulmi­
nante Sentinella di Fredric Brown, lungo
una pagina scarsa. Vi leggiamo i pensieri di
un soldato di trincea in una guerra inter­
galattica, lontano cinquantamila anni luce
dalla sua patria e piegato alle dinamiche di
un conflitto che non comprende. Si trova a
compiere quello che è richiesto a ogni buon
soldato, ossia uccidere una di quelle schi­
fose creature nemiche contro cui combatte.
Ma l'identità della sua vittima non è così
34
scontata come il lettore sarebbe portato a
pensare fin dalle prime righe, e non la rive­
liamo qui per consentire a chi vorrà cimen­
tarsi con Le meraviglie del possibile di godersi
in pieno la sorpresa. Basti indicare però che,
in consonanza con i suoi "colleghi", l'autore
suggerisce che la Storia, e anche la fantaStoria, obbedisce alla solita eterna logica di
prevaricazione e violenza, da qualunque
prospettiva la si guardi.
In un intervento di qualche
mese fa su "TuttoLibri" della
Stampa, Tullio Avoledo (l'autore
italiano che si è cimentato con
più successo nel genere fanta­
scientifico) ha scritto che legge­
re testi di science-fiction può ali­
mentare la fiducia nel futuro. Di
primo acchito sembrerebbe dif­
ficile affermarlo visto l'orizzon­
te oscuro che tracciano numero­
si racconti dell'antologia di Sol­
mi e Fruttero. Ma guardando
le cose da un altro versante, ci accorgiamo
che in fondo ha perfettamente ragione. Se i
maestri-veggenti della fantascienza hanno
molte volte espresso vaticini così cupi è per
farci comprendere che il futuro è davvero
nelle nostre mani, che la fantasia è tutt'u­
no con la libertà, e che possiamo inventare
sul serio un avvenire differente da quello
che gli istinti del genere umano sembrano
invariabilmente suggerire. Ci ribadiscono
che il "mondo migliore" è alla nostra porta­
ta, al pari dei molti altri possibili. E poi c'è
chi dice che la fantascienza non è engagée…
pretesti | Febbraio 2012
Sulla punta
della lingua
Come parliamo,
come scriviamo
Rubrica a cura
dell’Accademia della Crusca
L'ITALIANO
CANTERINO
di Lorenzo Coveri
C
he italiano è quello della canzo­
ne? Che rapporti (di dare e di
avere) vi sono tra la lingua usata
nei testi delle canzoni e quella
di tutti i giorni? È possibile tracciare una
storia linguistica della canzone italiana?
Sono interrogativi che si può porre tanto
l’appassionato di musica leggera, magari
in procinto di seguire, come ogni anno, di
questa stagione, il Festival di Sanremo (nato
nel 1951 e oggi diventato più un evento te­
levisivo che una gara di canzoni), quanto
il linguista, che ormai da qualche decennio
ha sdoganato il fenomeno, se non altro per
il suo rilievo sociale, culturale, economico
nel paese del Bel canto.
Prima di tutto occorre sgomberare il terreno
da un equivoco: il testo della canzone non
ha, salvo rarissimi casi, una propria auto­
nomia; esiste solo in quanto è destinato ad
essere messo in musica, è al servizio della
struttura musicale (la cosiddetta mascherina), e non viceversa. E ciò dovrebbe essere
sufficiente a smentire chi voglia considera­
re la canzone come poesia (la quale esauri­
sce in sé tutti i sensi, mentre il testo canzo­
35
nettistico ha bisogno di quell’“aggiunta di
senso” che sono le note), i cantautori come i
“nuovi poeti” da antologizzare (ma è credi­
bile che essi contribuiscano ad instillare un
certo gusto della poesia nelle giovani gene­
razioni). Se è vero che le parole delle can­
zoni sono “parole per musica”, è dunque
conseguente che la lingua italiana (adatta
alla melodia, meno adatta dell’inglese e del
francese al ritmo) venga piegata alle esigen­
ze musicali. Altrimenti, come si spieghereb­
bero, in fine di verso, tanti monosillabi (te,
me, io), tante parole tronche, magari in verbi
al futuro (vivrò, lavorerò, piangerò, in Io vivrò
di Battisti e Mogol, ma anche in Francesco
De Gregori, La donna cannone), tante zeppe
(e sai, e poi), tante inversioni sintattiche (“e
all’improvviso venivo / dal vento rapito”,
Nel blu, dipinto di blu di Modugno e Migliac­
ci)? Questo vale certamente per la canzone
cosiddetta ancien régime del primo secolo
unitario, con le sue radici nel melodramma
e nella grande tradizione napoletana, fino
alla svolta interpretativa rappresentata, nel
1958, dal teatrale “volo” di Domenico Mo­
dugno a Sanremo.
Le cose cambiano a partire dagli anni Ses­
santa (e poi, più marcatamente, Settanta),
con la nascita del fenomeno (tipicamente
italiano, ma con modelli Oltralpe e Oltreo­
ceano) dei cantautori, che per la prima vol­
ta riuniscono in sé le figure, prima distinte,
pretesti | Febbraio 2012
36
dell’autore del testo (il paroliere, l’artigia­
no delle parole), del musicista, dell’inter­
prete. Anche il linguaggio, prima desueto
e retorico (“Signorinella pallida / dolce di­
rimpettaia del quinto piano”, Signorinella,
di Bovio e Valente, 1931) si abbassa decisa­
mente di tono, diventa dimesso, più vicino
all’italiano quotidiano (“Mi sono innamo­
rato di te / perché / non avevo niente da
neri, di forme e di modelli (e di tipo di pub­
blico) è la chiave della situazione attuale.
Basta leggere (ma non senza, per le ragioni
che si sono dette, ascoltarli in musica) i testi
di Sanremo 2012 per averne conferma. Qui,
accanto a moduli tipici della vecchia canzo­
netta (“Io non voglio amare / solo libertà /
sono chiusa a chiave / e ci resterò / so di
farmi male / male non mi fa”, Respirare,
fare”, Mi sono innamorato di te, di Tenco), se
non altro confrontandosi con l’evoluzione
del linguaggio poetico e anche con una più
ampia diffusione dell’italiano, cui proprio
la canzone avrà, almeno in parte, contribu­
ito. Dagli anni Ottanta in avanti la canzone
italiana conosce una grande varietà di ge­
neri (accanto alla canzone d’autore, il rock,
il pop, il rap), tra i quali ha particolare rilie­
vo il recupero del dialetto (in funzione liri­
ca, come nel grande esempio di Fabrizio De
André; in funzione polemica e ideologica,
come nelle posse). Tale compresenza di ge­
interpretata da Gigi D’Alessio e Loredana
Berté; “baci come spine, sulla bocca mia”,
Sei tu, dei Matia Bazar; “Se un giorno tu /
tornassi da me / dicendo che”, Per sempre,
Nina Zilli; ma sparsi qua e là un po’ in tutti
i testi), troviamo esempi ed echi dell’espe­
rienza cantautorale (“Un pallone rubato /
è dovuto passare / dalla noia di un prato
all’inglese / a un asfalto che fu Garibaldi a
donare, / dalle scarpe di Messi / alle scarpe
ignoranti, / a una rabbia calciata di punta
che lo / fa volare più in alto dei santi”, Un
pallone, di Samuele Bersani; “Seguo l’imma­
pretesti | Febbraio 2012
ginazione / la strada dei passi passati da
qui / sento una dolce evasione negli occhi /
che mi hanno guardato così”, Al posto del
mondo, Chiara Civello).
Si nota una ricerca espressiva più sofisti­
cata, meno consueta, tendente a liberarsi
dalle pastoie della canzone “all’italiana” (si
pensi anche alle decisive innovazioni me­
triche e sintattiche introdotte dalla “cantan­
tessa” Carmen Consoli), come è evidente
nella presenza di versi più lunghi e sintatti­
camente più complessi (“No questo no, non
è l’inferno ma non / comprendo com’è pos­
sibile pensare che / sia più facile morire”,
Non è l’inferno, Emma; “Avere l’impressio­
ne di restare sempre al punto di partenza”,
Sono solo parole, Noemi), nella sostituzione
di assonanze alle rime baciate (“appena io
mi rendo conto / di avere perso la metà del
tempo, / e quello che mi resta è di trovare
un senso”, E tu lo chiami Dio, Eugenio Fi­
nardi), nelle figure retoriche (similitudine:
“Come sassi in un torrente / come fanno i
nostri sogni”, La tua bellezza, di Francesco
Renga), nell’uso di un lessico più quotidia­
no (“c’è un camionista da accontentare”,
Nanì, di Pierdavide Carone e Lucio Dalla;
“per chi ci vuol fregare”, Ci vediamo a casa,
di Dolcenera). Paradossalmente, è la pre­
senza meno “sanremese” di tutte, quella
del gruppo rock dei Marlene Kuntz, a te­
ner conto giudiziosamente del contesto (il
tipo di pubblico, il supporto di una gran­
de orchestra) e a presentare la loro Canzone
per un figlio (di ispirazione letteraria, come
spesso succede nel repertorio della band)
meno trasgressiva di quanto ci si sarebbe
atteso (altrove il congiuntivo disperda rima­
va provocatoriamente con merda), affidan­
do alla musica e soprattutto all’interpreta­
37
zione la forza di un testo che rivela dime­
stichezza con la scrittura poetica, con litoti
(“La felicità non è impossibile”), similitu­
dini (“come un’ebbrezza effimera che può
imbrogliare”), personificazioni (“la felicità
che sorride”), e via dicendo. Parole per mu­
sica, appunto. E persino a Sanremo, a lungo
considerato il tempio inespugnabile della
conservazione, si può affacciare alla scena
un nuovo italiano. •
pretesti | Febbraio 2012
Anima del
mondo
Paesaggi della letteratura
La città
invisibile
Berlino: immagini in dissolvenza
di Luca Bisin
N
on c’è più il battipalo a vapore
ad Alexanderplatz, sbuffante
e strillante mentre al ritmo ca­
denzato dei suoi colpi trafig­
ge un suolo scavato, rimestato, squarciato,
lacerato, nel frastuono dei cantieri per la
metropolitana e nello stridere incessante
dei tram. Non c’è più l’umanità variopinta
che si aggira per le strade nei dintorni, chi
sgobba, chi osserva, chi si affanna, chi sta
fermo, chi beve, chi ha freddo, chi esce da
un negozio, chi s'infila in una bettola, chi at­
traversa la piazza, chi si accalca su un mar­
ciapiede, ma allo sferzare indifferente del
vento i loro volti sono tutti uguali e “cosa
succede in loro? chi potrebbe dirlo?”, a scri­
verlo ne verrebbe un libro enorme ma poi
38
nessuno lo leggerebbe. Se non bastassero
già i nomi mutati di certe vie o di certe inse­
gne, ci penserebbe la torre della televisione,
col suo profilo così sfacciatamente sovieti­
co, tanto insolente da riuscire alla fine quasi
bello, a raccontarci quanta storia è trascorsa
all’Alex da quel 1929 in cui Alfred Döblin,
in Berlin Alexanderplatz, ne sanciva la po­
tenza simbolica di una città lanciata senza
freni alla costruzione della propria identi­
tà di metropoli. I turisti ordinatamente in
fila, mentre attendono di salire a gettare da
212 metri uno sguardo alla Berlino degli ar­
chitetti, delle sperimentazioni, delle nuove
tendenze, dei giovani con pochi soldi, della
musica elettronica, dell'estro che reinventa
gli spazi, non hanno certo più molto del­
pretesti | Febbraio 2012
lo smarrimento che, nel romanzo, provava
È forse vero allora, come ha osservato Wim
Franz Biberkopf appena uscito dal carcere
Wenders, che a parlare oggi di Berlino sono
di Tegel, mentre col tram 41 s'inoltrava nel­
soprattutto i suoi spazi vuoti, come gli scor­
le viscere della città babelica e implacabile,
ci in cui la città dei simboli storici e delle
e "dentro di lui qualcosa gridava con terro­
arditezze architettoniche offre al nostro
re: attenti, attenti, si comincia!".
sguardo un varco d'incertezza, il pretesto
Eppure, non è che Berlino ci parli oggi con
di uno smarrimento che non avevamo pre­
meno irruenza. In un certo senso, anzi, la
visto e che ci lascia più interdetti di quanto
città è divenuta quasi il prodotto viven­
possa mai fare la vista, improvvisa ma non
te di quel montaggio frenetico che Döblin
davvero inattesa, di una Trabant. Del resto,
esercitava nelle pagine del suo romanzo,
proprio Döblin affermava che "Berlino è
sgretolandone la forper la maggior parte
ma narrativa in un
invisibile", a ricor­
arruffio di segni,
darci come quel ba­
È forse vero, come ha
voci, balenii, scheg­
lenare di segni, quel
osservato Wim Wenders,
ge, mentre da dietro
tramestare beffardo
che
a
parlare
oggi
di
Berlino
il più piccolo detta­
della storia sia an­
glio (l'insegna di un
cora niente o quasi:
sono soprattutto i suoi
negozio, lo scorcio di
Berlino trapela altro­
spazi
vuoti
un caffè, il titolo di
ve, in un certo nostro
giornale…) poteva
sguardo più sottile e
far capolino lo sguardo di un futuro troppo
involontario, e nel remoto turbamento che
irrefrenabile e incerto per non riuscire mi­
ci procura.
naccioso. A chi passeggi oggi per Berlino,
Vista da una finestra all'angolo della Tau­
quasi ogni batter d'occhio è come un gioco
benstrasse, come in un racconto di E.T.A.
audace di stacchi, dissolvenze, incroci lun­
Hoffman, la Berlino del 1822 poteva già
go una narrazione di cui la storia stessa si
produrre "una piccola vertigine che assomi­
è incaricata di mescolare i tempi e gli spazi:
gliava al delirio non sgradevole di un sogno
le linee inflessibili del vecchio aeroporto di
a venire", solo nell'ondeggiare della folla in
Tempelhof, nella cui severità ancora s'indo­
una piazza durante un giorno di mercato. E
vina l'allucinata monumentalità della capi­
la Berlino guglielmina dei romanzi di Theo­
tale Germania vagheggiata da Hitler, accol­
dor Fontane, appena sbozzata negli interni
gono senza imbarazzo l'atmosfera svagata
ordinati della case borghesi, nelle passeg­
e un po' fricchettona di un parco; e sulle
giate lungo la Sprea, nei balconi affacciati
facciate solenni degli edifici lungo la Karlsul Tiergarten, sapeva però già pungolare
Marx-Allee, réclame architettonica del so­
crucci inconfessati e smascherare inquie­
cialismo reale nella Berlino divisa, si apro­
tudini a lungo represse: una passeggiata
no come nulla fosse le vetrine chiassose dei
per l'Unter den Linden poteva rivelare alla
supermercati e dei fast-food. Ma tutto que­
giovane Effi ciò che la signora von Briest
sto ci arriva nella figura già rasserenata di
ignorava, compiaciuta della bontà d'animo
una storia che conosciamo, di una città che
della propria figlia che viveva senza prete­
è proprio quella che ci hanno raccontato e
se, "fra fantasticherie e sogni": il fatto che,
che siamo venuti a vedere.
nondimeno, in certe questioni Effi aveva
39
pretesti | Febbraio 2012
delle pretese; e durante l'afflitta monoto­
l'estasi di un uomo che torna a casa dopo
nia del matrimonio con il barone Instetten,
l'incontro con la sua promessa sposa, incer­
è la prospettiva di un trasferimento a Ber­
to sulle sue gambe per la troppa felicità e il
lino ad estorcerle l'involontaria ammissio­
troppo bere, sembra quasi risplendere nel­
ne di un'infelicità che il costume borghese
le strade e negli edifici trasfigurati alla luce
voleva invece inconfessabile: "Dio, ti rin­
del crepuscolo, fino alla disillusione di un
grazio!", sussurra Effi in tono di preghiera,
finale agghiacciante.
abbracciata alle ginocchia del marito. Berli­
È certo solo a Berlino che il giovane Walter
no, in fondo, ha sem­
Benjamin, passeg­
pre avuto la natura
giando per il Tier­
È certo solo a Berlino che il garten, poteva impa­
sfuggente e un po'
scorbutica di una cit­
giovane Walter Benjamin, rare a "smarrirsi in
tà che non accoglie,
una città come ci si
passeggiando
per
il
non sorride, non lan­
smarrisce in una fo­
cia seduzioni appari­ Tiergarten, poteva imparare resta"; o che Joseph
scenti, ma ci tocca in
Roth poteva ricono­
a "smarrirsi in una città
un modo più miste­
scere nella vista in­
come
ci
si
smarrisce
in
una
rioso e importuno,
nocua di uno snodo
foresta"
quasi intimo e per
ferroviario l'imma­
questo inquietante.
gine più evocativa e
Come in certi romanzi berlinesi di Nabokov,
pregnante di una vita intera, "il cuore di un
dove la città può sorprendere con non più
mondo". E a Berlino, ancora oggi, potreb­
che una strada in una notte di pioggia, con
be succedere che un dettaglio inoffensivo,
"l'opaco luccichio dell'asfalto" sul quale le
uno scorcio apparentemente scialbo o per­
cose e le persone si rifrangono in un calei­
fino brutto ci tocchi tanto nel profondo da
doscopio di riflessi e di colori "sparendo
risvegliare in noi quello sgomento che pro­
tra le ombre e riemergendo nella luce obli­
vava Franz Biberkopf di fronte a un futuro
qua riflessa dalle vetrine" (Re, donna, fante).
ancora vago, quella smania di "pretendere
O come nel fulminante racconto Dettagli
dalla vita qualcosa di più che il pane quoti­
di un tramonto, sempre di Nabokov, dove
diano". •
40
pretesti | Febbraio 2012
Alta cucina
Leggere di gusto
Edith Wharton
A ROMAN PUNCH
IN NEW YORK
Il cocktail dei papi nell'Età dell'innocenza di Edith Wharton
di Francesco Baucia
41
pretesti | Febbraio 2012
“C
newyorchese di fine Ottocento. All'inizio del
iò che stava o non stava 'bene' giolibro lo vediamo in un palco dell'Academy
cava un ruolo nella New York di
of Music di New York, dove si sta rappre­
Newland Archer altrettanto imsentando il Faust di Gounod. Più che al me­
portante di quello degli inscrutabili
lodramma, Newland è attento a quanto suc­
totemici terrori che avevano governato i destini
cede in un palco dirimpetto al suo in cui si
dei suoi progenitori migliaia di anni fa.” L'età
trova la giovane promessa sposa May Wel­
dell'innocenza, romanzo di Edith Wharton
land insieme al parentado. Nella balconata
vincitore nel 1921 del premio Pulitzer, è uno
fa il suo ingresso una figura femminile inat­
struggente racconto d'amore e, come molte
tesa, una più matura cugina della ragazza, la
storie d'amore, è anche una storia spietata.
contessa Ellen Olenska. La donna sta divor­
Perlomeno nella misura in cui rappresenta
ziando da un nobiluomo europeo, e questo
lo scontro di un sentimento con un sistema
episodio ha suscitato molte chiacchiere nel
di rigide regole che ne ostacola la completa
milieu da cui provengo­
maturazione. Dalla vicen­
no sia Newland che May.
da archetipica di Romeo
I
modi
di
imbandire
Archer è un individuo
e Giulietta a quella nar­
le tavole, i piatti che
il cui animo è conteso
rata nell'Età dell'innocenza
da empiti di ribellione
il passo è breve, perché
vi si consumano
anche qui ci troviamo di
abitualmente, l'abilità e da prepotenti rigurgi­
ti di conformismo. Inu­
fronte al consumarsi di
dei
servitori
sono
un
tile dire che l'incontro
una passione all'ombra di
insieme di segni che con l'affascinante Ellen,
convenzioni sociali tanto
radicate e articolate quan­ rivela le caratteristiche di cui finirà per inna­
morarsi perdutamente,
to assurde. E buona parte
profonde di chi dà
metterà a repentaglio le
del libro è dedicata ap­
i
ricevimenti,
oltre
sue già piuttosto labili
punto al ritratto accurato
l'immagine che essi
certezze riguardo al pro­
dell'insieme di dettami in
vogliono offrire di sé prio futuro. E il rischio
cui sono impigliati, come
cui va incontro dando
in una ragnatela, i perso­
seguito a quella passione è proprio lo spau­
naggi principali della vicenda. Non è un
racchio più temibile per un animo timoroso
caso infatti che Martin Scorsese, un cineasta
come il suo: la messa al bando dall'abbrac­
che ha dedicato parte significativa del pro­
cio confortante ma crudele di quella società
prio lavoro al racconto delle ferree regole
che non tollera sbandamenti dai propri mo­
delle comunità criminali (Mean streets, Quei
delli di riferimento.
bravi ragazzi, The departed, solo per citarne
Il largo della prosa di Edith Wharton segue
alcuni), sia stato attratto da questo romanzo
così lo svilupparsi di questo conflitto nell'a­
tanto da trarne nel 1993 una straordinaria
nimo del protagonista fino a quando, mol­
versione cinematografica.
ti anni dopo il primo incontro, Newland e
Protagonista della vicenda è Newland Ar­
Ellen si ritroveranno, finalmente liberi dai
cher, giovane esponente dell'alta borghesia
42
pretesti | Febbraio 2012
rispettivi legami sociali e matrimoniali, e
lontani dall'ambiente di provenienza. Le
decisioni dettate nel passato dagli scrupo­
li avranno ancora un peso sulle loro scelte?
A conclusione della vicenda, nelle ultimis­
sime pagine del libro l'autrice saprà rega­
larci un esito sconsolato e commovente per
questa avventura d'amore "impossibile".
Ma ciò che avvince i lettori, forse più che
la suspense per
l'eventuale co­
ronamento del­
la passione, è
l'affresco detta­
gliato che Edith
Wharton resti­
tuisce di una so­
cietà allo stesso
tempo opulen­
ta e severa, una
versione raffina­
ta della comunità dei padri fondatori d'A­
merica, potentemente ritratta da Nathaniel
Hawthorne nella Lettera scarlatta. E un af­
fresco così accurato non poteva mancare di
soffermarsi sul palcoscenico in cui le regole
di comportamento trovano spesso la loro
rappresentazione più sontuosa, ossia le riu­
nioni conviviali. Nell'Età dell'innocenza sono
raccontati infatti numerosi pranzi, feste e
rinfreschi: i modi di imbandire le tavole, i
piatti che vi si consumano abitualmente, l'a­
bilità dei servitori sono un insieme di segni
che rivela le caratteristiche profonde di chi
dà i ricevimenti, oltre l'immagine che essi
vogliono offrire di sé. Ad esempio, quando
Sillerton Jackson, un noto pettegolo dell'alta
società, viene invitato a pranzo dalla signo­
ra Archer, madre del protagonista, sa che è
solo perché questa desidera qualche notizia
43
indiscreta di prima mano. La non perfetta
cura della cucina in casa Archer denota d'al­
tronde un fatto noto e irrevocabile, quasi
una legge, che Jackson così compendia nel
suo pensiero: "New York, a memoria d’uo­
mo, era sempre stata divisa nei due grandi
gruppi fondamentali dei Mingott-Manson e
tutto il loro clan, ai quali importava il cibo, i
vestiti e il denaro, e degli Archer-Newlandvan der Luyden,
tribù dedita ai
viaggi, all’orticol­
tura e ai migliori
romanzi e che di­
sdegnava le for­
me di piacere più
grossolane." Così
chi è ospite degli
Archer può aspet­
tarsi ad accoglier­
lo conversazioni
"sui panorami alpini e sul Fauno di marmo",
mentre chi va dai Mingott-Manson può go­
dere pasti in cui sono serviti "anatra moret­
ta, zuppa di tartaruga e vini d'annata".
Non è un caso dunque che proprio in uno dei
ricercati pranzi organizzati dai Lovell Min­
gott (ramo del clan Manson-Mingott di cui fa
parte la fidanzata di Newland) faccia capoli­
no una pietanza dalla storia curiosa. Si tratta
del Roman punch, una sorta di cocktail-dessert
che, invece di essere servito a fine pasto,
si consumava tra le due portate principali,
come si usa a volte fare con i sorbetti. Le sue
origini affondano nientemeno che nelle cu­
cine vaticane del Settecento, dove la bevan­
da era nata per rinfrescare il palato dei papi
nei mesi estivi. Pare che la ricetta sia rimasta
segreta fintanto che, con la campagna d'Ita­
lia di Napoleone, il figlio di un cuoco di Pio
pretesti | Febbraio 2012
VI decise di unirsi al seguito di Bonaparte,
diventando prima servitore di Giuseppina
di Beauharnais, poi di altri aristocratici eu­
ropei e diffondendo con i suoi viaggi la deli­
ziosa bevanda. Chi voglia infrangere l'antica
segretezza dei ricettari papali può preparar­
si un bicchiere di Roman punch tenendo pre­
senti questi ingredienti e proporzioni: 1/5
di succo d'arancia, 2/5 di limonata, 1/5 di
champagne, 1/5 di rum, la crema ricavata
da un albume montato a neve con una spol­
verata di zucchero a velo e qualche goccia
di succo di limone.Si serve mescolando deli­
catamente gli ingredienti base del punch in
un bicchiere capiente con cubetti di ghiaccio.
Poi si guarnisce la bevanda con uno strato
della crema di albume, limone e zucchero.
È consigliato inserire uno stirrer nel cocktail
in modo che si possa mescolare il punch con
la crema soffice prima di berlo.•
Il Roman punch, è una sorta di cocktail-dessert che, invece
di essere servito a fine pasto, si consumava tra le due portate
principali, come si usa a volte fare con i sorbetti
ROMAN PUNCH
Ingredienti:
1/5 di succo d'arancia
2/5 di limonata
1/5 di champagne
1/5 di rum
1 albume montato a neve
1 cucchiaino di zucchero a velo
succo di limone
44
pretesti | Febbraio 2012
La nostra coscienza digitale
Recensioni
SUPER SANTOS
di Roberto Saviano
delle regole, hanno i loro arbitri che interven­
Roberto Saviano sbarca sul web e sbanca. Fel­
gono quando qualcuno le infrange, ma sono
trinelli Zoom lancia un’iniziativa a 99 centesi­
regole di boss, di sottomissione e spavento.
mi di euro che subito porta l’autore di Gomor“Per i ragazzi essere pali significava poter vi­
ra a confermarsi scrittore leader anche per il
vere giocando a pallone. Per il clan giocare a
digitale. Eppure il testo è un racconto breve,
pallone significava poter vivere mentre i ra­
55mila caratteri, che riconduce buona parte
gazzi facevano i pali”, così sintetizza Saviano
degli italiani a un’infanzia mai dimenticata e
le due prospettive differenti con le quali veni­
vissuta come nostalgia. Il Super Santos contro
vano viste le regole del gioco (del calcio o della
il Super Tele, qualità a basso prezzo contro il
camorra). E proprio nel momento
solo basso prezzo. Il rac­
in cui il gioco diventa occasione di
conto è in realtà una ripub­
formazione per lo stato di diritto,
blicazione di un inedito
quello sulla carta, la cultura crimi­
uscito con il Corriere della
nale innesta i propri rami. Che bel­
Sera il 2 giugno del 2011,
lo allora poter leggere Super Santos
festa della Repubblica del
sul pc o sul tablet o sul telefonino,
centocinquantesimo anni­
se possiamo in un istante cancel­
versario dell’Unità d’Italia.
lare questa memoria dell’infanzia
L’infanzia degli italiani e
perduta che si annida in ciascuno
l’infanzia dell’Italia, quin­
di noi. Per questo forse vogliamo
di, sulla carta. Ma la carta
leggere Super Santos in ebook: per
è stata scavalcata dal web
poterlo cancellare subito dopo. È il
e allora da questo successo
rischio più grande della nostra in­
in nuova forma dovremo
Disponibile su
fanzia digitale, quello di rimuove­
ripartire, anche per chie­
www.biblet.it
re il male compiuto, ma in fondo
derci se non sia finita la no­
anche il futuro della nostra coscienza colletti­
stra infanzia di carta e ora vogliamo tutti ri­
va di giocatori di pallone. “Guagliò, o Super
cordare, ma senza lasciare davanti a noi resti
Santos s’è bucato. Guagliò accattamm’ n’ato
di questa memoria. Quante angherie abbiamo
Super Santos”. La carta non muore mai (“car­
fatto e quante subito da ragazzini per una par­
ta canta”, si dice) i palloni invece si bucano, i
tita vietata a un compagno, per un vetro rot­
files si perdono o si cancellano, ma quell’ora
to, per non arrivare tardi a casa? Dario, Rino,
di curiosità che ci ha fatto ricordare chi siamo
Giovanni e Giuseppe sono le tentazioni che
ci ha senz’altro lavati dalle impurità e riani­
tutti abbiamo vissuto da piccoli, quando c’e­
mati di uno spirito nuovo: non ci si ricorda del
ra da capire cosa fosse il bene e cosa il male
male compiuto senza la nostalgia per l’inno­
e un pallone diventava occasione per un’az­
cenza perduta. Sta a noi scegliere ogni giorno
zuffata o per imparare delle regole. I quattro
se essere pali o capocannonieri.
ragazzi di Super Santos imparano anche loro
45
pretesti | Febbraio 2012
BUK. FESTIVAL DELLA
PICCOLA E MEDIA EDITORIA
Appuntamenti
e gli altri eventi del mese
BUK. FESTIVAL DELLA PICCOLA
E MEDIA EDITORIA
Programmato in origine per il 4 e il 5 febbraio, a
causa del maltempo che ha colpito buona parte
d'Italia la quinta edizione del Festival di Modena
è stata ufficialmente posticipata al 3 e 4 marzo. La
manifestazione, che si terrà presso il Foro Boario
(via Bono da Nonantola 2), rimane uno dei fiori
all'occhiello nell'agenda dei lettori più attenti alle
proposte editoriali "di nicchia". Molto intenso il
programma della kermesse: tra i numerosi even­
ti proposti (presentazioni, reading e conferenze)
segnaliamo gli incontri con il giornalista Stefano
Feltri del "Fatto Quotidiano" che parlerà del suo
libro Il giorno in cui l'euro morì (Aliberti Editore) e
con l'ex maresciallo dei Ris Luciano Garofano e la
reporter Andrea Vogt, autori del volume Uomini
che uccidono le donne (Rizzoli), che dialogheran­
no con Rossella Diaz sui casi più scottanti della
cronaca italiana recente. All'interno della cornice
del festival saranno inoltre annunciati i nomi dei
vincitori del premio letterario "Due Vittorie" e del
premio di giornalismo scolastico "Prima pagina".
3 e 4 marzo
LIBRI COME.
FESTA DEL LIBRO E DELLA LETTURA
L'Auditorium Parco della Musica di Roma ospita
la terza edizione di "Libri come", un evento che
si propone già dal suo titolo di portare i lettori
dietro alle quinte dell'officina del libro, sia sul
versante degli autori che su quello degli editori.
Saranno presenti infatti scrittori big della lettera­
tura nazionale (Gianrico Carofiglio, Enzo Bian­
chi) e internazionale (John Banville, Carlos Ruíz
Zafón, Tzvetan Todorov), e non mancheranno
spazi per workshop e laboratori sulla scrittura e
le professioni dell'editoria. Molto si parlerà del
destino del libro, coinvolgendo gli scenari digi­
tali che già ne costituiscono un solido presente.
Dall'8 all'11 marzo
46
INCONTRI LETTERARI
DI CASA MELANDRI
Nella sala D'Attorre di Casa Melandri a Raven­
na (via Ponte Marino 2), sede del Centro relazioni
culturali, è in svolgimento la trentottesima edizio­
ne di una fortunata serie di incontri con scrittori,
poeti e artisti. A oggi l'iniziativa, nata nel 1975,
si pregia di aver presentato nel corso degli anni
più di 1250 opere letterarie. Tra gli appuntamen­
ti di febbraio segnaliamo, venerdì 17, l'intervento
di Francesco Fioretti, autore del recente bestseller
targato Newton Compton Il libro segreto di Dante;
la settimana successiva sarà invece ospite della
rassegna il critico Flavio Caroli (personaggio noto
anche al pubblico televisivo per la rubrica sulle
vite degli artisti nella trasmissione Che tempo che
fa di Fabio Fazio) che presenterà il suo volume
sulla storia dell'arte edito nel 2011 da Mondadori
Electa. Fino al 24 febbraio
TUTTI MATTI PER I GATTI
"Dio ha creato il gatto perché l'uomo provasse il
piacere di accarezzare la tigre" ha scritto Charles
Baudelaire, e il poeta francese non è l'unico lette­
rato ad aver tratto ampia ispirazione dalla Musa
felina. Da otto anni presso la Libreria Mursia di
Milano (Via Galvani 24) si tiene la rassegna "Tutti
matti per i gatti", dedicata tanto agli amanti dei
libri quanto agli appassionati dei più seducen­
ti amici dell'uomo. Il tema di questa edizione è
la curiosa predilezione di molti dei potenti della
Storia per i felini. Chi non ricorda, ad esempio, la
celebre foto di sir Winston Churchill che si inchina
per accarezzare il suo inseparabile gatto Jock? Lo
spunto per discutere di questo argomento è for­
nito dal libro di Marina Alberghini Gatti di potere.
I gatti consiglieri dei grandi della terra (Ugo Mursia
Editore), che l'autrice presenterà all'interno della
manifestazione venerdì 17 febbraio, insieme con
lo storico Luca Gallesi. Contestualmente alla ras­
segna si potrà visitare, sempre nei locali della li­
breria Mursia, la mostra "Gatti famosi" con opere
del pittore Franco Bruna. Fino al 17 febbraio
pretesti | Febbraio 2012
Tweets
@la_stampa
signicrescere sul digitale non
re la
fica in alcun modo intacca
.
rta
qualità del giornale di ca
@Finzioni
milione
Eccola la domanda da un
escono
to
di euro: ma dopo quan
ci sa
i libri in ebook? Nessuno
rispondere?
@pandemia
Una spruzzatina sul
i
tuo ebook reader e risolv
lla
l’assenza del profumo de
s
ok
carta > Smell of Bo
@criboavida
sto leggendo editoria digital
e sul
kindle. Navigo, condivido e
non
provo nostalgia per il profum
o
della carta:)
@Pianeta_e
Boo
k
Jonathan #F
ranzen sugli
–o
meglio contr
o – gli #eBo
ok:
“danneggia
no la società
”
@LACASEBooks
to decolla sulle
Ebook, il merca
fa nascere
ali del Tablet e
nuovi editori
Bookbugs
47
pretesti | Febbraio 2012
I TUOI LIBRI SEMPRE CON TE
E UN’INTERA LIBRERIA A DISPOSIZIONE
APERTA 24 ORE SU 24!
www.biblet.it
pretesti
Occasioni di letteratura digitale
PreTesti • Occasioni di letteratura digitale
Gennaio 2012 • Numero 2 • Anno II
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In copertina: Gene Gnocchi
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