NOMELAV: nessun nome lav PAG: 1 SESS: 8 USCITA: Fri Jun 22 13:48:29 2012 /server480/riviste−n/ngcc−12/ngcc7−8−12/santosuos1 ROBOT E DIRITTO: UNA PRIMA RICOGNIZIONE di Amedeo Santosuosso-Chiara Boscarato-Franco Caroleo (*) Sommario: 1. Intelligenza artificiale, robot che crescono e diritto. – 2. Un problema di definizioni: quali abilità ha un robot? – 3. Una premessa sulle fonti del diritto in Europa. – 4. Le norme europee vigenti. – 5. Segue: il cerchio interno: la direttiva Macchine n. 2006/42/CE. – 6. Segue: il cerchio maggiore: la direttiva n. 01/95/CE, la decisione n. 768/2008/CE e il reg. n. 765/2008/CE sulla sicurezza generale e la commercializzazione dei prodotti. – 7. Segue: la decisione n. 768/ 2008/CE e il reg. n. 765/2008/CE sulla commercializzazione dei prodotti. – 8. Segue: il cerchio esterno: la direttiva n. 99/44/CE sulla vendita e le garanzie dei beni di consumo. – 9. Segue: alcune conclusioni sui robot come prodotti. – 10. Conflitti e contenziosi nei quali sono coinvolti robots. – 11. Segue: Il caso del danno da inadempimento contrattuale. – 12. Segue: il caso dei danni causati da difetti di produzione nel robot. – 13. Il caso dei danni causati da azioni e reazioni del robot in un contesto di interazione con l’uomo. – 14. Segue: alcune conclusioni sui robot come agenti. – 15. Un caso conclusivo: ha il robot un diritto alla vita? 1. Intelligenza artificiale, robot che crescono e diritto. Nell’ottobre 1950 Alan Turing pubblica sulla rivista Mind l’articolo Computing Machinery and Intelligence ( 1 ), che (*) European Center For Law, Science And New Technologies, Università degli studi di Pavia (I), http://www.unipv-lawtech.eu/. ( 1 ) Turing, Computing Machinery and Intelligence, in Mind, New Series, 1950, vol. 59, n. 236, 433 ss. Sulla complessa e controversa figura di Alan Turing, scienziato straordinario, che lavora per lo spionaggio inglese nella Seconda Guerra Mondiale, che viene poi arrestato a causa della sua omosessualità e che muore poi suicida, si veda la presentazione della Stanford Encyclopedia of Philosophy: «Alan Turing (1912-1954) never described himself as a philosopher, but his 1950 paper “Computing Machinery and Intelligence” is one of the most frequently cited in modern philosophical literature. It gave a fresh approach to the traditional mind-body problem, by relating it to the mathematical concept of computability NGCC 2012 - Parte seconda rappresenta un punto di svolta decisivo negli studi sulla relazione corpo-mente e sull’intelligenza artificiale (Artificial Intelligence, AI). Parte da lì l’idea e, soprattutto, il progetto di costruire un computer capace di simulare il cervello umano nel suo insieme, fino alla prospettiva di avere un’intelligenza senza corpo. Questi progetti (e le idee a essi sottese) vanno sotto il nome di «intelligenza artificiale in senso forte» (Strong AI) e vengono sostanzialmente abbandonati nel corso degli anni Ottanta del secolo scorso per quello che, in gergo societario, si potrebbe chiamare «impossibilità sopravvenuta dell’oggetto sociale», essendo risultato evidente che il progetto era impossibile da realizzare a causa di importanti limiti concettuali ( 2 ). Si preparano così le condizioni per il passaggio a quella che è stata chiamata «intelligenza artificiale in senso debole» (Light AI o LAI), che abbandona l’idea mimetica del cervello umano, alla base della Strong AI, e adotta un approccio sostanzialmente funzionalista, che tende, semmai, a emulare solo alcune funzioni del cervello umano e porta a creare macchine che riescono a svolgerle, talora anche meglio degli umani. Ridotte le pretese complessive, il salto tecnologico è un successo pratico di notevoli dimensioni. he himself had introduced in his 1936-7 paper “On computable numbers, with an application to the Entscheidungsproblem”. His work can be regarded as the foundation of computer science and of the artificial intelligence program... [...] Alan Turing’s arrest in February 1952 for his sexual affair with a young Manchester man, and he was obliged, to escape imprisonment, to undergo the injection of oestrogen intended to negate his sexual drive. He was disqualified from continuing secret cryptological work. His general libertarian attitude was enhanced rather than suppressed by the criminal trial, and his intellectual individuality also remained as lively as ever» (in http://plato.stanford.edu/entries/turing/ visitato il 7.1.2011). ( 2 ) Floridi, Philosophy and Computing. An Introduction, Routledge, 1999, 132 ss. 1 NOMELAV: nessun nome lav PAG: 2 SESS: 8 USCITA: Fri Jun 22 13:48:29 2012 /server480/riviste−n/ngcc−12/ngcc7−8−12/santosuos1 .......... .......... Lo sviluppo pragmatico della Light AI incrocia l’antico sogno della creazione di automata di hobbesiana memoria ( 3 ) e contribuisce, insieme alla convergenza con altre tecnologie (come le neuroscienze), allo sviluppo della moderna robotica, tanto che oggi tutto lascia pensare a robot che gradualmente avranno un ruolo crescente nella vita di ognuno di noi. I robot (il cui nome deriva dal ceco robota, che significa lavoro forzato ( 4 )) stanno acquistando crescenti capacità in alcune specifiche attività umane. Un passaggio cruciale è costituito dai robot dotati di capacità di imparare sulla base della loro esperienza e, quindi, di compiere atti non prevedibili dal costruttore nel loro dettaglio. La condotta dei robot e il rapporto con gli umani sono oggetto delle Three Laws of Robotics ( 5 ) formulate da Isaac Asimov nel 1940 e, oggi, di una nuova disciplina, chiamata roboetica ( 6 ). Ma anche il diritto è evidentemente chiamato ad affrontare la molteplicità dei conflitti che queste nuove opportunità tecnologiche possono creare. In termini generali si può dire che oggi la robotica è inserita nel più ampio quadro delle ( 3 ) Parla di automata Thomas Hobbes nelle prime righe dell’Introduzione del Leviatano: Hobbes, Leviatano, 1651. ( 4 ) La parola robot (con l’accento sulla prima sillaba) è stata usata per la prima volta nel 1920 da Karel C Û apek, uno scrittore ceco, nella sua opera Rossum’s Universal Robots, su suggerimento del fratello Josef (pittore cubista e scrittore), che aveva in precedenza usato la parola automat nel suo breve racconto Opilec nel 1917 (in http://capek.misto.cz/english/ robot.html). ( 5 ) Le Tre leggi della robotica (ideate da Asimov nel 1940) sono le seguenti: 1. Un robot non può recar danno a un essere umano né può permettere che, a causa del proprio mancato intervento, un essere umano riceva danno. 2. Un robot deve obbedire agli ordini impartiti dagli esseri umani, purché tali ordini non contravvengano alla Prima Legge. 3. Un robot deve proteggere la propria esistenza, purché questa autodifesa non contrasti con la Prima o con la Seconda Legge. ( 6 ) Veruggio, The birth of Roboethics, in Leadership Medica, 2007, X, reperibile in: http://www. leadershipmedica.com/sommari/2007/numero_10/ Veruggio/Verruggio.pdf. 2 tecnologie convergenti e ne rappresenta una delle facce e delle frontiere. Nelle prossime decadi, la convergenza di nanotecnologie, biotecnologie, tecnologie dell’informazione e scienze cognitive promette, secondo alcuni, «di incrementare significativamente il nostro livello di comprensione, di trasformare le capacità sensoriali e fisiche degli umani e di migliorare le interazioni tra la mente e gli strumenti, tra individuo e gruppo». Così sentenziava, nel 2002, un autorevole rapporto (Roco Report) della statunitense National Science Foundation (NSF), spingendosi a prevedere che, in alcuni decenni, l’umanità avrebbe potuto raggiungere una vera e propria «età dell’oro» e che il ventunesimo secolo si sarebbe chiuso in una situazione di pace e prosperità universale ( 7 ). Più realisticamente si può dire che il fiorire di queste tecnologie non sembra, almeno per ora, ridurre la necessità di regolazioni giuridiche, che, anzi, secondo le ultime rilevazioni in ambito europeo ( 8 ), sono ( 7 ) Mihail-Bainbridge, Overview, in MihailBainbridge (eds), Converging Technologies for Improving Human Performance. Nanotechnology, Biotechnology, Information Technology And Cognitive Science (National Science Foundation/DOC-sponsored report), 2002, 6. Una visione ottimistica di tal genere, si trova anche in altri autori dell’inizio del millennio, quali, fra i molti, Naam, More Than Human, Broadway Books, 2005, 234; Brockman, The New Humanists: Science at the Edge, Barnes & Noble, 2003. Un rapporto analogo al Roco Report viene commissionato dall’Unione europea nel 2004: Nordmann Alfred (Rapporteur), Converging Technologies – Shaping the Future of European Societies, Report 2004, reperibile in http://ec.europa.eu/ research/conferences/2004/ntw/pdf/final_report_en. pdf. Per una più ampia discussione sulle «tecnologie convergenti» e sui molteplici sensi che esse assumono (anche in relazione al diverso contesto europeo e nordamericano) sia consentito il rinvio a Santosuosso, Diritto, scienza, nuove tecnologie, Cedam, 2011. ( 8 ) Una rilevazione operata dal Direttorato Generale per la ricerca UE, ha mostrato che tra i cittadini europei sia oggi, a differenza del passato, diffuso un certo «ottimismo tecnologico». Se si escludono coloro i quali sono già a favore delle innovazioni scientifiche e la quota di coloro che sono pregiudizialmente contrari, circa il 50% è ben disposto verso tecnologie come cellule staminali embrionali, bioloNGCC 2012 - Parte seconda NOMELAV: nessun nome lav PAG: 3 SESS: 8 USCITA: Fri Jun 22 13:48:29 2012 /server480/riviste−n/ngcc−12/ngcc7−8−12/santosuos1 Robot e diritto: una prima ricognizione sempre più richieste dall’opinione pubblica. Da un punto di vista strettamente giuridico si può rilevare che non esiste, a oggi, una definizione delle nuove tecnologie, come area specifica di conflitti per i quali il diritto è intervenuto o si sente il bisogno che intervenga. Per esempio, la Corte Europea per i Diritti dell’Uomo, pur essendosi occupata di vari casi che, secondo la stessa corte, riguardano le nuove tecnologie e pur mostrando una certa dimestichezza con alcune di esse ( 9 ), non ha definito le nuove tecnologie, né può dirsi che abbia elaborato una sua posizione coerente in materia. La Carta dei Diritti Fondamentali dell’Unione Europea, per parte sua, regola varie materie, che rientrano nel generale campo delle nuove tecnologie (come quelle di cui all’art. 3 ( 10 )) e, in più, ha un art. 8 (una novità rispetto alla Convenzione EDU), che esplicitamente è a protezione dei dati di carattere personale ( 11 ), gia sintetica, terapie geniche, xenotapianti e human enhancement, a condizione che vi siano adeguate regolazioni giuridiche: Gaskell et al. (eds.), Europeans and biotechnology in 2010. Winds of change? A report to the European Commission’s DirectorateGeneral for Research, October 2010, in particolare la Figura 20, 53, in http://ec.europa.eu/research/ science-society/document_library/pdf_06/europeansbiotechnology-in-2010_en.pdf (visitato il 30.12.2010). ( 9 ) Interessante il video su youtube http:// www.youtube.com/watch?v=SZzFaQyK-cM (visitato il 7.5.2012). Sulla giurisprudenza della Corte EDU, cfr. Murphy-Cuinn, Works in Progress: New Technologies and the European Court of Human Rights, in Human Rights Law Review, 10:4, 2010, 601-638 (617 in particolare), disponibile presso: http:// hrlr.oxfordjournals.org/content/10/4/601.abstract. ( 10 ) Art. 3, Diritto all’integrità della persona: 1. Ogni persona ha diritto alla propria integrità fisica e psichica. 2. Nell’ambito della medicina e della biologia devono essere in particolare rispettati: a) il consenso libero e informato della persona interessata, secondo le modalità definite dalla legge, b) il divieto delle pratiche eugenetiche, in particolare di quelle aventi come scopo la selezione delle persone, c) il divieto di fare del corpo umano e delle sue parti in quanto tali una fonte di lucro, d) il divieto della clonazione riproduttiva degli esseri umani. ( 11 ) Art. 8, Protezione dei dati di carattere personale: 1. Ogni persona ha diritto alla protezione dei dati di carattere personale che la riguardano. 2. Tali dati devono essere trattati secondo il principio di NGCC 2012 - Parte seconda una questione particolarmente delicata in campo ICT. Tuttavia, nemmeno la Carta contiene un criterio che consenta di stabilire cosa debba intendersi per «nuova tecnologia» o per «tecnologie convergenti». Esistono, poi, documenti internazionali che affrontano aspetti particolari, come l’interessante (anche se ormai datato) parere del Gruppo europeo EGE su Ethical Aspects of ICT Implants in the Human Body ( 12 ), ma nessuno di essi va oltre la ricognizione di problemi e aspetti particolari. In quest’articolo ( 13 ), fatte alcune premesse sulle abilità attuali di alcuni robot e sui livelli di complessità delle loro condotte, viene esaminato il quadro giuridico esistente in relazione ad alcune domande come, per esempio: chi è responsabile per la condotta del robot? Si può parlare di unicità del soggetto agente? Oppure può parlarsi di un diritto alla vita per un robot? È evidente che questi temi abbiano alcune importanti implicazioni filosofiche e sociali che riguardano lo spartiacque tra umano e nonumano. Tuttavia, in questa sede ci limitiamo, anche per ovvi motivi di spazio, al problema giuridico di quale dovrebbe essere il quadro giuridico europeo in grado a) di sfruttare la tecnologia sviluppata nell’ambito della robotica e dell’intelligenza artificiale; b) di regolare la produzione e la commercializzazione dei robot; c) di garantire la sicurezza pubblica; d) di proteggere i diritti e le libertà degli individui. In particolare sono analizzati gli assetti normativi vigenti al fine di verificare se essi consentalealtà, per finalità determinate e in base al consenso della persona interessata o a un altro fondamento legittimo previsto dalla legge. Ogni persona ha il diritto di accedere ai dati raccolti che la riguardano e di ottenerne la rettifica. 3. Il rispetto di tali regole è soggetto al controllo di un’autorità indipendente. ( 12 ) European group on ethics in science and new technologies, Ethical Aspects of ICT Implants in the Human Body, a cura di Rodotà e Capurro, 20, 16.3.2005, in: http://ec.europa.eu/ european_group_ethics/avis/index_en.htm. ( 13 ) Di qui in avanti ci avvaliamo del lavoro da noi svolto nell’ambito del Gruppo di Studio European Robotics Coordination Action, (euRobotics), un progetto UE finanziato all’interno del VII programma quadro (http://www.eurobotics-project.eu/cms/ index.php?idcat=4), allo scopo di elaborare un Green Paper sulla legislazione in tema di robotica. 3 NOMELAV: nessun nome lav PAG: 4 SESS: 8 USCITA: Fri Jun 22 13:48:29 2012 /server480/riviste−n/ngcc−12/ngcc7−8−12/santosuos1 .......... .......... no di dare una risposta alle criticità sollevate. Solo qualora non si dovesse riscontrare una soluzione adeguata, si potrà considerare la possibilità di introdurre nuove regole o di modificare quelle esistenti. In altre parole, si intende evitare un approccio eccezionalista, che è tipico di chi considera a priori le norme attuali inadeguate a disciplinare le questioni che emergono alla luce dagli sviluppi tecnologici, ritenendo, quindi, sempre necessario creare nuove regolamentazioni ad hoc. Nei paragrafi seguenti la questione viene affrontata secondo quattro punti di vista: in primo luogo, secondo le definizioni e le tipologie di prodotti (par. 2); in secondo luogo, alla luce della legislazione europea in materia di sicurezza e commercializzazione dei beni di consumo (par. 3-4); in terzo luogo, sotto il profilo della responsabilità giuridica (par. 5). Da ultimo si propone una breve esercitazione volta a prefigurare alcuni tra gli scenari futuri che si aprono all’orizzonte delle relazioni tra umani e nonumani (par. 6). 2. Un problema di definizioni: quali abilità ha un robot? Non è semplice trovare una chiara definizione della parola «robot», né nel linguaggio comune né in quello tecnico. Navigando in rete, la maggior parte dei siti usa il significato di robot come un dato di fatto. In verità, non c’è un generale consenso su cosa un robot sia e quali macchine possano essere qualificate come tale. Partendo dalla definizione più semplice, un robot può essere «an automatic machine that does the work of a human» ( 14 ). Secondo la voce robot in Wikipedia, «a robot is a mechanical or virtual intelligent agent (but the latter are usually referred to as bots) which can perform tasks on its own, or with guidance. In practice a robot is usually an electro-mechanical machine which is guided by computer and electronic programming» ( 15 ). In questa prospettiva, la robotica (cioè la disciplina che si occupa della progettazione, della costruzione e del funzionamento dei robot) è collegata alle discipline del- ( 14 ) http://news.bbc.co.uk/cbbcnews/hi/find_out/ guides/tech/robots/newsid_3914000/3914167.stm. ( 15 ) http://en.wikipedia.org/wiki/Robot. 4 l’ingegneria, dell’elettronica e della meccanica, oltre che all’informatica e all’intelligenza artificiale. L’Enciclopedia Britannica, invece, dà la seguente definizione: «any automatically operated machine that replaces human effort, though it may not resemble human beings in appearance or perform functions in a humanlike manner» ( 16 ). Il dizionario Merriam-Webster ( 17 ) fornisce addirittura tre definizioni diverse: a) a machine that looks like a human being and performs various complex acts (as walking or talking) of a human being; b) a device that automatically performs complicated often repetitive tasks; c) a mechanism guided by automatic controls». Queste definizioni sono leggermente fuorvianti. In particolare, la forma human-like non è necessaria perché un dispositivo venga qualificato «robot» né il robot automatico è quello che compie in gran parte compiti ripetitivi. A ben vedere esse risultano coerenti solo se vengono concatenate tra di loro con una proposizione di tipo «or». Definizioni più tecniche usano differenti parole e parlano di «agenti non umani» o «macchine intelligenti»: «the intelligent machine can be a robot, an artificial agent or other machine that implements some functions requiring autonomous decision making. Such a machine consists of the machine hardware, software, and an additional level of abstraction, the machine cognition» ( 18 ). Nel suo blog, Lilian Edwards, esperta di diritto e di proprietà intellettuale, ha sottolineato che i «robots are still something different from ordinary “machines” or tools or software. First, they have a degree of mobility and/or autonomy. This implies a degree of sometimes threatening out of control-ness. Second, they mostly have capacity to learn and adapt» ( 19 ). Il direttore del Laboratory for Computational ( 16 ) http://www.britannica.com. ( 17 ) http://www.merriam-webster.com/dictionary/ robot. ( 18 ) Huttunen et al., Liberating Intelligent Machines with Financial Instruments, in Nordic Journal of Commercial Law, 2010, 2, reperibile al sito internet http://ssrn.com/abstract=1633460. ( 19 ) Edwards, PanGloss, su http://blogscript.blog spot.com/2010/10/edwards-three-laws-for-roboticists.html (visitato il 30.10.2011). NGCC 2012 - Parte seconda NOMELAV: nessun nome lav PAG: 5 SESS: 8 USCITA: Fri Jun 22 13:48:29 2012 /server480/riviste−n/ngcc−12/ngcc7−8−12/santosuos1 Robot e diritto: una prima ricognizione Intelligence della University of British Columbia, Alan Mackworth, afferma persino che un robot è «a machine that can sense and act and react in the world and possibly involves some reasoning for performing these actions, and it does so autonomously» ( 20 ), soffermandosi quindi sui robot autonomi in grado di interagire in maniera complessa con l’ambiente che li circonda. In generale si può dire che alcune definizioni su riportate pongono l’accento sulla ripetizione di compiti e attività, spesso in sostituzione dell’uomo, mentre altre sull’autonomia del robot. Altre ancora si spingono fino a ricercare/riconoscere eventuali ulteriori abilità, quali quelle di ragionamento, programmazione, adattamento. In realtà, nessuna di queste definizioni è totalmente sbagliata o giusta, dal momento che esistono robot molto differenti tra di loro. In un quadro di tal genere, piuttosto che continuare a elencare definizioni (ognuna divergente sotto qualche profilo) è probabile che la cosa più saggia sia tornare all’originale definizione di Capek, «lavoro». Ai fini del presente scritto, quindi, quando parleremo di robot faremo riferimento a «una macchina che svolge autonomamente un lavoro». Infatti, già l’aggiunta di una specificazione come «un lavoro al posto dell’uomo» non è completamente esatta, in quanto sono ormai all’ordine del giorno robot che hanno abilità perfino superiori a quelle dell’uomo (ad esempio, i robot volanti chiamati «droni»). Una definizione così generale ha il vantaggio di riuscire a comprendere tutte le diverse abilità pratiche che i robot possono avere e i rispettivi ambiti di utilizzo: dalla robotica educativa (attraverso cui avviene un insegnamento a studenti) e di intrattenimento (che può andare dalla ricostruzione di paesaggi e animali, fino alla produzione di effetti speciali o ai sex-robot), ai personal robot e ai robot di compagnia (utili per la realizzazione di lavori domestici o come assistenza a bambini, malati e anziani); dai trasporti automatici di beni e persone (le note auto self-driving) alla robotica in ambito ( 20 ) http://www.cbc.ca/technology/technology-blog/ 2007/07/your_view_how_would_you_define.html (visitato il 16.3.2012). NGCC 2012 - Parte seconda medico (per operazioni chirurgiche o per la fisioterapia), ai robot come assistenti in alcune professioni (in particolare in ambito industriale); dai robot per la sicurezza e sorveglianza a quelli usati in ambito militare, e si potrebbe continuare. Quindi, è più utile capire cosa un robot sia partendo da ciò che sa fare, dalle sue caratteristiche e dai compiti che svolge, lasciando per il momento da parte ogni pretesa ontologica. Come disse il padre della robotica, Joseph Engelberger ( 21 ): «I can’t define a robot, but I know one when I see one» ( 22 ). In questo articolo, al fine di definire le caratteristiche di un robot, ci siamo basati su un documento ufficiale stilato da alcuni esperti del settore: il Glossario Tecnico della Strategic Research Agenda (SRA) for Robotics in Europe. Sulla base di tale glossario, si può dividere il panorama dei robot in tre differenti macro categorie: a) Robot tele-operati: sono composti da un set di parti mosse da motori controllati da persone fisiche tramite specifiche interfacce, quali un joy-stick o anche uno smartphone. Le azioni di questi robot sono completamente controllate dall’uomo, e di conseguenza essi possono configurarsi come semplici strumenti nelle mani dell’operatore ( 23 ). b) Robot autonomi: l’autonomia è l’abilità di svolgere un compito senza nessun intervento umano durante il processo. Questo, secondo il Glossario Tecnico SRA, comprende anche la capacità di giudicare un azionamento nell’ambiente e decidere su di esso. Il livello di auto- ( 21 ) Joseph Engelberger fu il primo a sviluppare un robot industriale, negli anni ’50. Il premio «Joseph Engelberger Awards» è il più prestigioso nel settore della robotica e mira a premiare i maggiori contributi nel progresso della robotica al servizio dell’umanità (http://www.robotics.org/events/event. cfm?id=50, visitato il 16.3.2012). ( 22 ) http://www.cbc.ca/technology/technology-blog/ 2007/07/your_view_how_would_you_define.html (visitato il 16.3.2012). ( 23 ) Traiamo questa definizione da un contributo di Bonarini-Matteucci, Technical perspective on care robots, Laboratorio di Intelligenza Artificiale e Robotica, Dipartimento di Elettronica e Informazione, Politecnico di Milano, relazione tenuta nell’ambito del progetto Eurobotics. 5 NOMELAV: nessun nome lav PAG: 6 SESS: 8 USCITA: Fri Jun 22 13:48:29 2012 /server480/riviste−n/ngcc−12/ngcc7−8−12/santosuos1 .......... .......... nomia dipende quindi dal livello di intervento umano necessario per il compimento dell’azione. Un aspetto molto importante da tenere in considerazione è la differenza tra un robot «automatico» e un robot «autonomo», intendendosi con il primo un robot con capacità di reazione a determinati sensori, mentre con il secondo la capacità supplementare di percezione dell’ambiente nel suo complesso. c) Robot cognitivi: sono robot autonomi che sfruttano processi analoghi ai processi cognitivi umani. Questo tipo di robot è capace di comportamento intelligente, e possiede abilità quali il ragionamento, la pianificazione e l’apprendimento (non necessariamente tutte e tre le abilità devono essere presenti contemporaneamente). Il robot si basa su una rappresentazione interna del mondo esterno, e riesce ad adattarsi anche a un ambiente parzialmente sconosciuto e mutevole ( 24 ). Si può subito rilevare che il confine tra robot autonomo e robot cognitivo è abbastanza sfumato, in quanto nella maggior parte dei casi un robot con un elevato grado di autonomia è anche un robot cognitivo. Comunque, le due categorie possono essere tenute distinte giacché può tecnicamente esistere un robot autonomo che non sia anche cognitivo, in quanto abbia, ad esempio, la sola capacità di percezione dell’ambiente esterno, senza quella di elaborare gli stimoli in entrata e, quindi, di adattarsi a esso. In termini generali si può dire che i robot sono oggetti, artefatti nelle mani del produttore, del programmatore, del proprietario e dell’utilizzatore. I problemi giuridici che può sollevare l’uso di un robot possono ricondursi a diverse macroaree, come ad esempio la sicurezza delle nuove tecnologie, specie per il loro utilizzo sul posto di lavoro o nel contesto di attività pericolose; la messa in circolazione del prodotto «robot» e della sorveglianza del mercato (attualmente gli standard ISO in materia di robotica sono ancora in via di definizione); la pro- ( 24 ) Il glossario, datato luglio 2009, è reperibile sul sito ufficiale del progetto EUROP (the European Robotics Technology Platform): http://www.roboticsplatform.eu/cms/index.php. 6 prietà intellettuale (a chi riconoscere il diritto di proprietà intellettuale quando un robot effettua una nuova invenzione?). A un secondo livello, però, i robot, specie se autonomi e cognitivi, possono essere visti anche come agenti, in quanto entità che agiscono e reagiscono nell’ambiente in cui sono immersi. In questo ultimo caso, il problema della responsabilità per le azioni del robot diventa cruciale. È per questa ragione, che, come anticipato sopra, abbiamo diviso l’analisi in due differenti parti: in primo luogo la legislazione europea sui requisiti tecnici al fine di proteggere i consumatori e, successivamente, la responsabilità derivante da azioni dannose dei robot. 3. Una premessa sulle fonti del diritto in Europa. Il sovrapporsi di fonti normative in Europa disegna una realtà a più livelli. Attualmente, sia nell’Unione Europea sia in ogni Stato membro, il diritto è il risultato di un processo di creazione che ha molte facce, anche alla luce della significativa varietà di organi che partecipano alla produzione normativa. In termini molto schematici si possono richiamare i seguenti livelli: – Fonti internazionali, all’interno delle quali devono ritenersi compresi i trattati e le convenzioni internazionali che coinvolgono anche Stati non europei (per es. la World Intellectual Property Organization – WIPO – e la Convenzione WIPO del 1967, la World Trade Organization – WTO). – A un diverso livello, da non intendersi in senso gerarchico, si collocano le Convenzioni e gli accordi firmati in seno al Consiglio d’Europa, che conta ad oggi 47 Paesi membri. – In ambito più propriamente comunitario, vi sono poi le fonti del diritto dell’Unione Europea ( 25 ). Si ricorda a questo proposito, la di( 25 ) Art. 288 del Trattato di Funzionamento dell’Unione Europea (formalmente art. 249 TEC): 1. Per l’assolvimento dei loro compiti e alle condizioni contemplate dal presente trattato il Parlamento europeo congiuntamente con il Consiglio, il Consiglio e la Commissione adottano regolamenti e direttive, prendono decisioni e formulano raccomandazioni o pareri. Il regolamento ha portata generale. Esso è obbligatorio in tutti i suoi elementi e direttamente NGCC 2012 - Parte seconda NOMELAV: nessun nome lav PAG: 7 SESS: 8 USCITA: Fri Jun 22 13:48:29 2012 /server480/riviste−n/ngcc−12/ngcc7−8−12/santosuos1 Robot e diritto: una prima ricognizione stinzione fondamentale tra fonti primarie (Trattati istitutivi delle Comunità e dell’Unione, all’esito della riforma avvenuta con il Trattato di Lisbona; i cosiddetti «principi generali di diritto», quali ad esempio il principio di sussidiarietà, di proporzionalità, di leale cooperazione; la Carta dei diritti fondamentali dell’Unione Europea, a cui oggi è riconosciuto lo stesso valore giuridico dei Trattati) e atti definiti di diritto comunitario derivato, in quanto adottati alla luce e secondo le modalità prescritte dai Trattati (regolamenti, direttive, decisioni, raccomandazioni e pareri) ( 26 ). Con riferimento agli atti di diritto derivato, è opportuno svolgere un’ulteriore distinzione tra atti vincolanti (regolamenti, direttive e decisioni) e atti non vincolanti (pareri e raccomandazioni) ( 27 ). In particolare, in relazione agli atti vincolanti, è bene precisare che: a) i regolamenti sono atti legislativi obbligatori per gli Stati membri in tutti i loro elementi e hanno diretta e immediata applicazione all’interno di ogni stato membro; b) le direttive vincolano gli Stati membri al raggiungimento di un determinato risultato, senza dettare le modalità di attuazione, e sono generalmente prive del carattere di applicabilità diretta; c) le decisioni sono obbligatorie in tutti i loro elementi, sono immediatamente applicabili ma sono rivolte solo a soggetti da queste designati ( 28 ). Al contrario, alle raccomandazioni e ai pareri si attribuisce un valore meramente esortativo nel senso di sollecitare i destinatari ad orientare il loro comportamento in conformità agli interessi dell’Unione ( 29 ). – Un ulteriore livello è costituito dalle nor- applicabile in ciascuno degli Stati membri. 2. La direttiva vincola lo Stato membro cui è rivolta per quanto riguarda il risultato da raggiungere, salva restando la competenza degli organi nazionali in merito alla forma e ai mezzi. 3. La decisione è obbligatoria in tutti i suoi elementi per i destinatari da essa designati. 4. Le raccomandazioni e i pareri non sono vincolanti. ( 26 ) Gaja-Adinolfi, Introduzione al diritto dell’Unione Europea, Laterza, 2010. ( 27 ) Adam-Tizzano, Lineamenti di diritto dell’Unione Europea, Giappichelli, 2010. ( 28 ) Tesauro, Diritto dell’Unione europea, Cedam, 2010. ( 29 ) Daniele, Diritto dell’Unione europea. SisteNGCC 2012 - Parte seconda me transnazionali, che si vengono a formare estrapolando principi e regole concernenti la materia delle relazioni transnazionali; le norme transnazionali sono desumibili dalle norme di altri ordinamenti, compresi quelli sovranazionali ed internazionali, e anche dalle pronunce delle diverse corti di tali ordinamenti (tipico è il caso del flusso dei concetti e degli standard legali che attraversa i confini nazionali in senso orizzontale, come accade sempre più di frequente nei settori delle transazioni commerciali o in quelli legati alle applicazioni scientifiche e tecnologiche). – Infine, occorre tenere conto anche delle legislazioni nazionali dei singoli Stati, che al loro interno includono fonti statali, fonti locali e norme nazionali, che a loro volta permettono l’ingresso nell’ordinamento interno delle normative internazionali e sovranazionali ( 30 ). Prima di poter affrontare il tema della responsabilità in riferimento alle azioni dei robot (che si suppone siano inseriti nella vita sociale attraverso la messa in commercio), diventa allora opportuno verificare proprio se l’attuale normativa comunitaria sia in grado di regolare il mercato degli stessi robot. In altre parole, occorre valutare se le fonti europee vigenti offrano una disciplina adeguata per la produzione e la commercializzazione dei robot nel rispetto delle garanzie di sicurezza pubblica e tutela dei consumatori. Si tratta di un’indagine che assume notevole rilevanza anche per il nostro ordinamento, tenuto conto che, oltre alla normativa consumeristica, il legislatore italiano non si è mai preoccupato nello specifico di regolare le questioni giuridiche che stanno emergendo nel campo della robotica. 4. Le norme europee vigenti. Lo scopo di questo lavoro è quello di verificare se nel quadro giuridico europeo vi siano norme idonee a dar conto dei conflitti che l’utilizzo dei ma istituzionale - Ordinamento - Tutela giurisdizionale - Competenze, Giuffrè, 2010. ( 30 ) Per uno sguardo sullo stato delle fonti del diritto in Europa si veda Santosuosso-Azzini, Scienza, tecnologia e gli attuali flussi giuridici transnazionali, in Trattato di biodiritto, diretto da RodotàZatti, I, Ambito e fonti del biodiritto, a cura di Rodotà e Tallacchini, Giuffrè, 2010, 731-769. 7 NOMELAV: nessun nome lav PAG: 8 SESS: 8 USCITA: Fri Jun 22 13:48:29 2012 /server480/riviste−n/ngcc−12/ngcc7−8−12/santosuos1 .......... .......... robot può creare. Se si volge lo sguardo al quadro giuridico comunitario si può individuare una struttura normativa che può essere ben espressa mediante l’immagine di tre cerchi concentrici. In tutti i casi, si tratta comunque di norme non dettate appositamente per i robot, per le quali va dunque valutata l’applicabilità ai temi di questo lavoro. Il cerchio che abbiamo definito interno è costituito dalla direttiva n. 06/42/CE, che disciplina la progettazione e la costruzione delle macchine e che interessa da vicino i robot considerati quali meri artefatti meccanici. Vi è, poi, un cerchio maggiore, nel quale si trovano le misure più generali in tema di salute, pubblica sicurezza e tutela dei consumatori: la direttiva n. 01/95/CE, la decisione n. 768/2008/CE e il reg. n. 765/2008/CE, che fissano le regole per la sicurezza dei prodotti all’interno del mercato europeo. Qui il robot è considerato, al pari di qualsiasi altro prodotto, quale possibile fonte di pericolo per la sicurezza pubblica. Infine, vi è un cerchio esterno, dove si collocano i diritti e le garanzie riconosciute ai consumatori dalla direttiva n. 99/44/CE sulla vendita dei beni di consumo. 5. Segue: il cerchio interno: la direttiva Macchine n. 2006/42/CE. La direttiva n. 06/42/CE ha il duplice scopo di armonizzare i requisiti di salute e sicurezza, che devono avere i macchinari in base ad un alto livello di protezione e, contestualmente, di favorire la libera circolazione di questi prodotti all’interno del mercato europeo. Ambito e definizioni L’art. 1 della direttiva delinea l’ambito di applicazione, vale a dire i prodotti a cui le disposizioni della direttiva fanno riferimento. Tale disposizione fornisce un elenco di sette categorie a cui vanno applicate le norme in questione (a. macchine; b. attrezzature intercambiabili; c. componenti di sicurezza; d. accessori di sollevamento; e. catene, funi e cinghie; f. dispositivi amovibili di trasmissione meccanica; g. quasimacchine). In questa sede, è opportuno soffermarci sulla prima di queste categorie, «macchine», di cui l’art. 2 fornisce alcune definizioni: «Si applicano le definizioni seguenti: a) “macchina”: – insieme equipaggiato o destinato ad essere equipaggiato di un sistema di azionamento di8 verso dalla forza umana o animale diretta, composto di parti o di componenti, di cui almeno uno mobile, collegati tra loro solidamente per un’applicazione ben determinata, – insieme di cui al primo trattino, al quale mancano solamente elementi di collegamento al sito di impiego o di allacciamento alle fonti di energia e di movimento, – insieme di cui al primo e al secondo trattino, pronto per essere installato e che può funzionare solo dopo essere stato montato su un mezzo di trasporto o installato in un edificio o in una costruzione, – insiemi di macchine, di cui al primo, al secondo e al terzo trattino, o di quasi-macchine, di cui alla lettera g) ( 31 ), che per raggiungere uno stesso risultato sono disposti e comandati in modo da avere un funzionamento solidale, – insieme di parti o di componenti, di cui almeno uno mobile, collegati tra loro solidalmente e destinati al sollevamento di pesi e la cui unica fonte di energia è la forza umana diretta». Perché un prodotto possa rientrare in questa categoria è necessario che presenti delle parti o dei componenti collegati tra loro in un insieme. Pertanto, i robot, secondo la descrizione tratteggiata in precedenza, possono facilmente essere annoverati all’interno della definizione di «macchina». Immissione sul mercato e messa in servizio L’art. 5 elenca gli obblighi previsti in capo ai produttori di macchine o i loro rappresentanti autorizzati. Prima di poter mettere sul mercato una macchina, il fabbricante o il suo mandatario devono accertarsi che il macchinario soddisfi i requisiti essenziali di sicurezza e di tutela della salute ( 32 ); inoltre, devono essere fornite ( 31 ) Art. 2, lett. g): «quasi-macchine»: insiemi che costituiscono quasi una macchina, ma che, da soli, non sono in grado di garantire un’applicazione ben determinata. Un sistema di azionamento è una quasi-macchina. Le quasi-macchine sono unicamente destinate ad essere incorporate o assemblate ad altre macchine o ad altre quasi-macchine o apparecchi per costituire una macchina disciplinata dalla presente direttiva [...]. ( 32 ) Fraser (ed.), Guida all’applicazione della direttiva «macchine» 2006/42/CE, Commissione EuNGCC 2012 - Parte seconda NOMELAV: nessun nome lav PAG: 9 SESS: 8 USCITA: Fri Jun 22 13:48:29 2012 /server480/riviste−n/ngcc−12/ngcc7−8−12/santosuos1 Robot e diritto: una prima ricognizione le informazioni necessarie (quali, ad esempio, le istruzioni) e occorre sottoporre la macchina alle procedure di valutazione della conformità ai sensi dell’art. 12 ( 33 ). Le procedure di valutazione sono obbligatorie e, per alcune categorie di macchinari, sono previste procedure alternative tra le quali il produttore può scegliere ( 34 ). Solo una volta aver eseguito le richiamate procedure di valutazione, il produttore può redigere la dichiarazione CE di conformità e apporre la marcatura «CE» ai sensi dell’art. 16 ( 35 ). ropea Imprese e Industria, 2010, su http://ec.europa.eu/enterprise/sectors/ mechanical/files/machinery /guide-appl-2006-42-ec-2nd-201006_it.pdf, visitato il 14.2.2012. ( 33 ) Article 12: 2. Where the machinery is not referred to in Annex IV, the manufacturer or his authorised representative shall apply the procedure for assessment of conformity with internal checks on the manufacture of machinery provided for in Annex VIII. 3. Where the machinery is referred to in Annex IV and manufactured in accordance with the harmonised standards referred to in Article 7(2), and provided that those standards cover all of the relevant essential health and safety requirements, the manufacturer or his authorised representative shall apply one of the following procedures: (a) the procedure for assessment of conformity with internal checks on the manufacture of machinery, provided for in Annex VIII; (b) the EC type-examination procedure provided for in Annex IX, plus the internal checks on the manufacture of machinery provided for in Annex VIII, point 3; (c) the full quality assurance procedure provided for in Annex X. 4. Where the machinery is referred to in Annex IV and has not been manufactured in accordance with the harmonised standards referred to in Article 7(2), or only partly in accordance with such standards, or if the harmonised standards do not cover all the relevant essential health and safety requirements or if no harmonised standards exist for the machinery in question, the manufacturer or his authorised representative shall apply one of the following procedures: (a) the EC type-examination procedure provided for in Annex IX, plus the internal checks on the manufacture of machinery provided for in Annex VIII, point 3; (b) the full quality assurance procedure provided for in Annex X. ( 34 ) Procedura di valutazione della conformità con controllo interno sulla fabbricazione della macchina, Allegato VIII; procedura di esame per la certificazione CE, Allegato IX; procedura di garanzia di qualità totale, Allegato X. ( 35 ) Article 16: 1. The CE conformity marking NGCC 2012 - Parte seconda Marchio CE Il reg. n. 765/2008/CE definisce la «marcatura CE» come il procedimento attraverso il quale il produttore indica che il prodotto è conforme ai requisiti stabiliti dalla legislazione comunitaria di armonizzazione. Apponendo il marchio CE, il produttore si assume la responsabilità circa la conformità del prodotto ( 36 ). Il marchio consiste nelle iniziali «CE» nella forma grafica illustrata nell’Allegato III. La marcatura CE è l’unica marcatura che attesta la conformità del prodotto ai requisiti fissati dall’Unione Europea. Titoli e riferimenti di norme armonizzate ai sensi della direttiva La Comunicazione della Commissione Europea del 20.7.2011 volta a favorire l’applicazione della direttiva n. 06/42/CE ha pubblicato i relativi titoli e riferimenti degli standard tecnici armonizzati. In particolare, la Comunicazione prevede l’applicazione dello standard EN ISO 10218-1:2008 per i robot in ambiente industriale (Requisiti per la sicurezza – Parte 1: Robot – ISO 10218-1:2006, incluso Cor 1:2007). L’esteso ambito di applicazione della direttiva Macchine definito agli artt. 1 e 2 consente di ritenere pacificamente che i robot rientrino nelle categorie di macchine (art. 1, lett. a) o quasi-macchine (art. 1, lett. g). Le disposizioni previste in materia di immissione sul mercato e messa in servizio devono dunque valere anche per il commercio dei robot. Pertanto, la fabbricazione e la successiva commercializzazione di un robot sono vincolate al rispetto delle procedure di valutazione di conformità prescritte e il produttore è tenuto a soddisfare integralmente le condizioni e i requisiti fissati dalla direttiva shall consist of the initials CÈ as shown in Annex III.2. The CE marking shall be affixed to the machinery visibly, legibly and indelibly in accordance with Annex III.3. The affixing on machinery of markings, signs and inscriptions which are likely to mislead third parties as to the meaning or form of the CE marking, or both, shall be prohibited. Any other marking may be affixed to the machinery provided that the visibility, legibility and meaning of the CE marking is not thereby impaired. ( 36 ) Fraser (ed.), Guida all’applicazione della direttiva «macchine» 2006/42/CE, cit. 9 NOMELAV: nessun nome lav PAG: 10 SESS: 8 USCITA: Fri Jun 22 13:48:29 2012 /server480/riviste−n/ngcc−12/ngcc7−8−12/santosuos1 .......... .......... (dichiarazione di conformità, marcatura CE, manuale d’istruzione, fascicolo tecnico, etc.). 6. Segue: il cerchio maggiore: la direttiva n. 01/95/CE, la decisione n. 768/2008/CE e il reg. n. 765/2008/CE sulla sicurezza generale e la commercializzazione dei prodotti. La direttiva n. 01/95/CE impone un requisito generale di sicurezza per ogni prodotto messo sul mercato e destinato al consumo, compresi i prodotti utilizzati nell’ambito di un servizio. È considerato sicuro il prodotto che, in condizioni di uso normali o ragionevolmente prevedibili, compresa la durata e, se del caso, la messa in servizio, l’installazione e le esigenze di manutenzione, non presenta alcun rischio oppure presenta unicamente rischi minimi, compatibili con l’impiego del prodotto e ritenuti accettabili nel rispetto di un livello elevato di tutela della salute e della sicurezza delle persone. Prodotto sicuro Ai sensi dell’art. 3 della direttiva, un prodotto è considerato sicuro quando, in mancanza di norme comunitarie specifiche che ne disciplinino la sicurezza, è conforme alle normative nazionali specifiche dello Stato membro nel cui territorio è commercializzato. Un prodotto è altresì sicuro quando rispetta gli standard europei fissati dalle procedure previste nella direttiva. In assenza di tali normative, la conformità di un prodotto è valutata in base ai seguenti elementi ( 37 ): a) le norme nazionali non cogenti che recepiscono norme europee; b) le norme in vigore nello Stato membro in cui il prodotto è commercializzato; c) le raccomandazioni della Commissione relative ad orientamenti sulla valutazione della sicurezza dei prodotti; d) i codici di buona condotta in materia di sicurezza dei prodotti vigenti nel settore interessato; e) gli ultimi ritrovati della tecnica; f) la sicurezza che i consumatori possono ragionevolmente attendersi. ( 37 ) Sintesi della legislazione dell’UE, Sicurezza dei prodotti: regole generali, su http://europa.eu/legislation_summaries/consumers/consumer_information/ l21253_it.htm, visitato il 14.2.2012. 10 Gli obblighi del produttore e del distributore I produttori possono mettere sul mercato solo prodotti che siano conformi al requisito generale di sicurezza. Inoltre, essi devono fornire al consumatore le informazioni che consentano di valutare i rischi inerenti ad un prodotto, durante la durata di utilizzazione normale o ragionevolmente prevedibile, allorché questi ultimi non siano immediatamente percettibili senza adeguate avvertenze, e di premunirsi contro detti rischi (art. 5, par. 1). Di conseguenza, i distributori sono responsabili qualora mettano in commercio prodotti di cui conoscevano o di cui avrebbero dovuto conoscere la non conformità ( 38 ). Nel caso in cui i produttori o i distributori scoprano che un prodotto da loro messo in commercio presenti rischi incompatibili con il requisito generale di sicurezza, hanno l’obbligo di informare immediatamente le autorità competenti degli Stati membri. Obblighi degli Stati membri Gli Stati membri sono responsabili per gli eventuali inadempimenti dei produttori e dei distributori (art. 6). Ogni Stato deve pertanto istituire autorità competenti preposte al controllo della conformità dei prodotti, attribuendo loro i necessari poteri per adottare opportuni provvedimenti ( 39 ). Inoltre, gli Stati membri sono tenuti a determinare un impianto sanzionatorio per punire le eventuali violazioni e devono assicurare un sistema di tutela che consenta ai consumatori e agli altri interessati di sporgere reclami presso le autorità competenti con riguardo alla sicurezza dei prodotti e alle attività di controllo e sorveglianza. 7. Segue: la decisione 768/2008/CE e il reg. 765/2008/CE sulla commercializzazione dei prodotti. La decisione n. 768/ 2008/CE fissa, nella forma di norme di principio, gli obblighi generali per gli operatori economici per la commercializzazione dei prodotti e disciplina una serie di procedure di valuta- ( 38 ) Sintesi della legislazione dell’UE, Sicurezza dei prodotti: regole generali, cit. ( 39 ) Sintesi della legislazione dell’UE, Sicurezza dei prodotti: regole generali, cit. NGCC 2012 - Parte seconda NOMELAV: nessun nome lav PAG: 11 SESS: 8 USCITA: Fri Jun 22 13:48:29 2012 /server480/riviste−n/ngcc−12/ngcc7−8−12/santosuos1 Robot e diritto: una prima ricognizione zione di conformità. Vengono inoltre stabilite alcune regole specifiche in tema di marcatura CE. Ma l’importanza della decisione risiede in particolare nelle definizioni in essa contenute di alcuni concetti fondamentali quali «produttore», «distributore», «importatore», «norme armonizzate», «immissione nel mercato» e «valutazione di conformità». Fornire singole definizioni così esplicite rende certamente più agevole l’interpretazione e l’applicazione delle leggi in questo campo. Gli obblighi dei produttori, degli importatori e dei distributori Perché un prodotto possa essere messo in commercio occorre che sia conforme ad alcuni requisiti essenziali. Pertanto, gli operatori economici, in funzione dei loro rispettivi ruoli nella catena di fornitura, sono responsabili della conformità dei loro prodotti, dovendo effettuare le relative procedure di valutazione. Le procedure da utilizzare vanno scelte tra i moduli stabiliti e specificati nell’Allegato II della decisione. La procedura di valutazione si conclude con la marcatura CE e può essere previsto che il produttore debba allegare una dichiarazione secondo cui la conformità di un prodotto alle prescrizioni è stata dimostrata («dichiarazione CE di conformità») ( 40 ). Il prodotto deve essere accompagnato da istruzioni e informazioni sulla sicurezza in una lingua che sia di facile comprensione per il consumatore. L’importatore e il distributore, se ritengono o hanno motivo di credere che il prodotto non sia conforme, non possono mettere il prodotto sul mercato. Inoltre, quando un prodotto presenta un rischio hanno l’obbligo di informare il produttore e le autorità di vigilanza del mercato. In ogni caso, deve essere sempre garantita la tracciabilità del prodotto messo in commercio ( 41 ). ( 40 ) Sintesi della legislazione dell’UE, Commercializzazione dei prodotti – Marcatura CE di conformità, su http://europa.eu/legislation_summaries/ consumers/consumer_safety/l10141_it.htm, visitato il 14.2.2012. ( 41 ) Sintesi della legislazione dell’UE, Commercializzazione dei prodotti – Marcatura CE di conformità, cit. NGCC 2012 - Parte seconda Accreditamento e vigilanza del mercato Il reg. n. 765/2008/CE, complementare alla decisione n. 768/2008/CE, delinea la struttura relativa all’organizzazione e alla gestione delle operazioni di accreditamento per gli organismi deputati a svolgere attività di valutazione della conformità dei prodotti da mettere in commercio, fra cui tarature, prove, certificazioni e ispezioni. Si fornisce così un quadro generale per la vigilanza del mercato dei prodotti per garantire che essi soddisfino requisiti che offrano un grado elevato di protezione di interessi pubblici, come la salute e la sicurezza in generale, la salute e la sicurezza sul luogo di lavoro, la protezione dei consumatori, la protezione dell’ambiente e la sicurezza pubblica. Gli Stati membri sono chiamati a garantire un’effettiva vigilanza del mercato affinché i prodotti suscettibili di compromettere la salute o la sicurezza degli utenti che non risultino conformi alle normative comunitarie siano immediatamente ritirati e i consumatori, la Commissione Europea e gli altri Stati membri ne siano conseguentemente informati. Ogni Stato deve inoltre istituire adeguati meccanismi di comunicazione e coordinamento tra le proprie autorità di vigilanza del mercato e attivare procedure per dare seguito ai reclami, per monitorare gli eventuali infortuni e danni alla salute provocati dai prodotti non conformi e per seguire gli sviluppi scientifici e tecnici in materia di sicurezza (art. 18). Una volta ritenuta, come è incontroverso, applicabile la direttiva n. 06/42/CE in relazione alle componenti di robotica, è chiaro che anche i robot, quali macchine o quasi-macchine, siano sottoposti alla disciplina più generale in materia di sicurezza e commercializzazione dei prodotti di cui alla direttiva n. 01/95/CE, alla decisione n. 768/2008/CE e al reg. n. 765/ 2008/CE. Del resto, si tratta, di disposizioni che intervengono per colmare le eventuali lacune presenti nelle specifiche normative di settore, qual è la direttiva Macchine. In questo senso, mentre per gli aspetti relativi agli standard di sicurezza e alle procedure di valutazione e marcatura CE la direttiva n. 06/42/CE prevede una compiuta disciplina, assumono significativa rilevanza le definizioni contenute nella decisione n. 768/2008/CE (che di certo agevolano di molto l’interpretazione della di11 NOMELAV: nessun nome lav PAG: 12 SESS: 8 USCITA: Fri Jun 22 13:48:29 2012 /server480/riviste−n/ngcc−12/ngcc7−8−12/santosuos1 .......... .......... rettiva) e le regole predisposte dal reg. n. 765/ 2008/CE per ciò che concerne gli obblighi di vigilanza (previsti dalla direttiva solo in maniera vaga nel quadro di una più generica cooperazione tra Stati membri). Si può quindi affermare che, da un punto di vista generale, la disciplina in materia di sicurezza e commercializzazione è completa in quanto garantisce anche per i robot il quadro di tutela assicurato per tutti i beni di consumo. 8. Segue: il cerchio esterno: la direttiva n. 99/44/CE sulla vendita e le garanzie dei beni di consumo. Scopo della direttiva n. 99/44/CE è l’armonizzazione delle leggi, dei regolamenti e dei provvedimenti amministrativi degli Stati membri dell’Unione Europea in merito ad alcuni aspetti relativi alla vendita dei beni di consumo e alle relative garanzie per raggiungere un livello minimo uniforme di tutela del consumatore nell’ambito del mercato comunitario ( 42 ). Il contratto di vendita I beni consegnati al consumatore devono essere conformi a quanto stabilito nel contratto di vendita. Si presume che i beni siano conformi al contratto se (art. 2): «a) sono conformi alla descrizione fatta dal venditore e possiedono le qualità del bene che il venditore ha presentato al consumatore come campione o modello; b) sono idonei ad ogni uso speciale voluto dal consumatore e che sia stato da questi portato a conoscenza del venditore al momento della conclusione del contratto e che il venditore abbia accettato; c) sono idonei all’uso al quale servono abitualmente beni dello stesso tipo; d) presentano la qualità e le prestazioni abituali di un bene dello stesso tipo, che il consumatore può ragionevolmente aspettarsi, tenuto conto della natura del bene e, se del caso, delle dichiarazioni pubbliche sulle caratteristiche specifiche dei beni fatte al riguardo dal venditore, dal produttore o dal suo rappresentante, ( 42 ) Sintesi della legislazione dell’UE, La vendita e le garanzie dei beni di consumo, su http://europa.eu/legislation_summaries/consumers/protection_of_consumers/l32022_it.htm, visitato il 14.2.2012. 12 in particolare nella pubblicità o sull’etichettatura». Il venditore risponde per qualsiasi difetto di conformità esistente al momento della consegna del bene (art. 3). In caso di difetto di conformità, il consumatore ha diritto al ripristino, senza spese della conformità del bene mediante riparazione o sostituzione, ad una riduzione adeguata del prezzo o alla risoluzione del contratto relativo a tale bene. La garanzia commerciale Ai sensi dell’art. 6 della direttiva n. 99/44/ CE, la garanzia deve vincolare giuridicamente la persona che la offre secondo le modalità stabilite nella dichiarazione di garanzia e nella relativa pubblicità. In ogni caso, la garanzia deve indicare i diritti di cui è titolare il consumatore, secondo la legge nazionale applicabile alla vendita dei beni di consumo e specificare che la garanzia lascia impregiudicati tali diritti. La direttiva n. 99/44/CE predispone una particolare disciplina nel caso in cui i beni di consumo venduti, tra i quali possono rientrare anche i robot in quanto sottoposti al regime fissato nella direttiva Macchine, presentino dei vizi. Le norme in questione parlano di difetto di conformità e assicurano al consumatore (nel nostro caso, ad esempio, un disabile che ha acquistato una sedia a rotelle intelligente oppure una famiglia che si è dotata di un robot-cameriere) una tutela finalizzata al mantenimento in vita del contratto e all’ottenimento della prestazione promessa. 9. Segue: alcune conclusioni sui robot come prodotti. Come si è potuto vedere, non sorge alcun dubbio sull’applicabilità delle normative commentate rispetto alla materia dei robot. La copertura offerta dalla direttiva Macchine consente, infatti, di considerare i robot nell’alveo dell’ampia categoria dei beni di consumo. Da qui, pertanto, la piena compatibilità del settore di produzione afferente alla robotica con le norme su cui si fonda la disciplina generale in tema di sicurezza e commercializzazione dei prodotti. Ed invero, le disposizioni relative ai sistemi di vigilanza sul mercato e accreditamento, così come la tutela garantita in ordine ai rimedi per il ripristino del bene eventualmente viziato, costruiscono un impianto giuridico volutamente esteso, che è in grado di NGCC 2012 - Parte seconda NOMELAV: nessun nome lav PAG: 13 SESS: 8 USCITA: Fri Jun 22 13:48:29 2012 /server480/riviste−n/ngcc−12/ngcc7−8−12/santosuos1 Robot e diritto: una prima ricognizione ricomprendere qualsiasi bene che venga fatto circolare all’interno del mercato comunitario. Se dunque sotto il profilo della disciplina generale del consumo la categoria dei robot riceve sufficiente protezione, non si può dire lo stesso in merito alla normativa di settore. Ci si riferisce più precisamente alla mancanza nella direttiva Macchine di un regolamento più particolareggiato per le macchine «intelligenti». La direttiva n. 06/42/CE accomuna, all’interno della stessa procedura di valutazione di conformità, categorie di macchine molto diverse tra loro. Se ciò non crea problemi quando la verifica attiene alle componenti meccaniche del macchinario, il discorso cambia in fase di analisi del funzionamento. Ritorna a tal proposito il tema dell’autonomia e delle capacità cognitive di cui si è discusso in precedenza. Ed invero, oggi appare piuttosto difficile ritenere che un robot autonomo, se non cognitivo, venga semplicemente sottoposto allo stesso sistema di verifica interna che viene richiesto per una gru o per un trattore agricolo. Le capacità di reazione e di apprendimento di un robot dovrebbero meritare una controllo qualitativamente più incisivo, tenuto conto dei rischi che possono derivare. Del resto, la questione sulle procedure di valutazione è strettamente legata al problema della revisione degli standard tecnici. Non è un caso, infatti, che gli unici standard ISO al momento stabiliti in relazione alla direttiva Macchine per il settore della robotica riguardino i robot in ambiente industriale ( 43 ). Non esistono ancora quindi requisiti di sicurezza per i robot che interagiscono con un soggetto diverso dall’ingegnere che lavora alla realizzazione del robot stesso. Solo tali requisiti permetteranno di immaginare procedure di valutazione adatte alle nuove capacità dei robot. Solo in questo modo potranno trovare una copertura legale le automobili cosiddette «self-driving» o i robotassistenti. Senza contare che, una volta definite le procedure di valutazione, sarà possibile di( 43 ) La delegazione britannica ISO TC 184 SC2 WG7 promette che per agosto 2013 verranno pubblicati gli standard ISO per i Personal Care Robots, così Harper, Current Activities in International Robotics Standardisation, in occasione di European Robotics Forum, Odense, 6.3.2012. NGCC 2012 - Parte seconda stinguere anche giuridicamente i robot dotati di capacità cognitive rispetto alle macchine tele-operate (si pensi ai tram senza guidatore o agli shuttle autonomi che si muovono all’interno degli aeroporti). La l. 6.2.1996, n. 52 (Disposizioni per l’adempimento di obblighi derivanti dall’appartenenza dell’Italia alle Comunità europee – legge comunitaria 1994) e, successivamente, il d. legis. n. 6.9.2005, n. 206 (Codice del consumo, a norma dell’articolo 7 della legge 29 luglio 2003, n. 229) hanno introdotto in Italia una disciplina posta a tutela dei diritti dei consumatori che recepisce le normative di matrice comunitaria richiamate nei paragrafi precedenti. Nel nostro ordinamento, dunque, i robot, considerati quali prodotti, trovano oggi una buona copertura legislativa a livello generale. Ma la situazione si complica nel momento in cui si tenta di individuare tra le leggi italiane una regolamentazione più specifica per le macchine intelligenti. Anche in Italia, infatti, mancano disposizioni più dettagliate in materia di procedure di valutazione e standard di sicurezza in ambito robotico. Il diritto interno sembrerebbe soffrire di una forma acuta di incomunicabilità nei confronti delle nuove scienze tecnologiche. Ci si chiede se il legislatore nazionale non intervenga per motivi di sensibilità o per timori sociali. Probabilmente, l’estrema peculiarità della materia e i suoi recenti sviluppi lasciano gli operatori del diritto abbacinati e al tempo stesso insicuri rispetto alle soluzioni giuridiche da prospettare. Eppure, il mondo della robotica non è del tutto ignoto al mercato del nostro paese. Anzi, a ben vedere, la produzione italiana in questo settore registra ormai da qualche anno indicatori sempre positivi. Nel 2009 l’Italia si è guadagnata il settimo posto nella graduatoria mondiale per numero di robot industriali installati e nel 2010 risultava addirittura terza (dopo Giappone e Germania) nell’utilizzo di robot nel comparto automobilistico ( 44 ). A tal proposito, preme rilevare che la principale produzione delle nostre imprese non è quella ( 44 ) International Federation of Robotics, World Robotics Industrial Robots 2011. Statistics, Market Analysis, Forecasts and Case Studies, 2011. 13 NOMELAV: nessun nome lav PAG: 14 SESS: 8 USCITA: Fri Jun 22 13:48:29 2012 /server480/riviste−n/ngcc−12/ngcc7−8−12/santosuos1 .......... .......... più eccentrica dei robot-ballerini o dei robotcamerieri, ma si concentra sui macchinari intelligenti impiegati all’interno delle industrie (la cosiddetta meccanica strumentale) ( 45 ). Non si può negare, allora, che l’Italia sia attualmente uno dei paesi più all’avanguardia nell’industria robotica. E questa è una ragione più che sufficiente perché in campo giuridico si rompano gli indugi e si avvii un processo legislativo che offra una disciplina adeguata a un settore in così rapida espansione. La prima sfida in campo giuridico lanciata dai robot diventa allora una sfida che comporta una collaborazione stretta tra giuristi e tecnici esperti allo scopo di ridefinire i parametri di sicurezza che possano garantire una commercializzazione dei robot posta a tutela degli utenti. 10. Conflitti e contenziosi nei quali sono coinvolti robots. Analizzata finora la normativa europea applicabile ai robot come «prodotti» (e quindi come oggetti), si può ora passare a prendere in esame alcune situazioni nelle quali essi si pongono sia come oggetti sia come agenti. Se è vero, infatti, che lo scopo della responsabilità civile è quello di identificare il soggetto tenuto alla riparazione della lesione di un diritto o interesse altrui e che, in termini generali (e un po’ in tutti gli ordinamenti ( 46 )), sussistono due forme diverse di responsabilità civile, quella contrattuale (che deriva dal mancato o inesatto adempimento di un’obbligazione) e quella extracontrattuale, o aquiliana (che emerge nel caso in cui l’agente violi una situazione giuridicamente protetta indipendentemente dall’esistenza di un contratto), ci si deve chiedere in quale modo la presenza di un robot in una situazione concreta incida nella ricostruzione dell’azione e nell’individuazione del ( 45 ) Le aree applicative predominanti sono quella della manipolazione (in particolare stampaggio di plastica e carico e scarico macchine) e quella della saldatura: International Federation of Robotics, World Robotics Industrial Robots 2011. Statistics, Market Analysis, Forecasts and Case Studies, 2011. ( 46 ) Torrente-Schlesinger, Manuale di diritto privato, 19a ed., a cura di Anelli e Granelli, Giuffrè, 2009, 817. 14 soggetto responsabile della condotta e, quindi, responsabile per il danno. Tradizionalmente, l’istituto della responsabilità civile è stato dominio dei singoli stati, e quindi regolato in gran parte dalle legislazioni nazionali. Nondimeno l’Unione Europea ha già mostrato interesse per una disciplina europea in materia, emanando in un primo momento la direttiva sulla responsabilità del produttore per danni derivati da un prodotto difettoso (direttiva n. 85/374/CEE) e istituendo, in un secondo momento, alcuni gruppi di studio per la elaborazione di un Codice Civile Europeo (CCE). L’interesse per un Codice Civile Europeo nacque alla fine del secolo scorso, dopo due risoluzioni del Parlamento Europeo nel 1989 e nel 1994 ( 47 ). Inizialmente, la proposta interessò il mondo accademico e fu istituita una «Commissione sul diritto contrattuale europeo» (Commissione Lando) ( 48 ), che pubblicò i «Principi di diritto europeo dei contratti» (PECL) in tre parti: la prima parte nel 1995, la seconda nel 1999 e l’ultima nel 2003 ( 49 ). In seguito, nel 2001, la Commissione Europea propose di estendere lo studio anche alle altre aree del diritto privato, e istituì un «Gruppo di Studio per un Codice Civile Europeo» composto da accademici e ricercatori in diritto privato provenienti da diversi stati membri. Lo scopo era di produrre un set codificato di principi di diritto europeo per il diritto delle obbligazioni e per gli aspetti principali del diritto della proprietà ( 50 ). Nel 2006 è stato pubblicato il testo definitivo dei «Principi di responsabilità extra- ( 47 ) Risoluzioni del Parlamento Europeo del 26.5.1989 (Doc A2-157/89, OJ 1989 C 158/89, 400), e del 6.5.1994 (Doc A3-329/94, OJ 1994 C 205/94, 518). ( 48 ) http://www.cisg.law.pace.edu/cisg/text/peclintro. html, (visitato il 16 marzo 2012). ( 49 ) Reperibili sul sito web: frontpage.cbs.dk/law/ commission_on_european_contract_law/, (visitato il 16 marzo 2012). Da notare che nel 1994 UNIDROIT aveva già pubblicato la prima edizione dei Principles of International Commercial Contracts, anch’essi senza forza vincolante, riediti successivamente nel 2004 e nel 2010. ( 50 ) «Produce a codified set of Principles of European Law for the law of obligations and core aspects NGCC 2012 - Parte seconda NOMELAV: nessun nome lav PAG: 15 SESS: 8 USCITA: Fri Jun 22 13:48:29 2012 /server480/riviste−n/ngcc−12/ngcc7−8−12/santosuos1 Robot e diritto: una prima ricognizione contrattuale» (PEL), all’interno del più ampio progetto per un Codice Civile Europeo (CCE). I due gruppi hanno svolto un’analisi comparativa dei sistemi giuridici degli stati membri al fine di raggiungere un sistema giuridico uniforme a livello europeo, superando le esistenti diversità attraverso la ricerca di principi comuni. Per questo motivo, i due testi si presentano come gli strumenti giuridici maggiormente utili per iniziare una discussione a livello europeo, anche in un settore così particolare come quello dei conflitti connessi all’utilizzo di robot. In termini generali, si può dire che appare improbabile che venga ufficialmente emanato un Codice Civile Europeo, in quanto non si tratta di materia compresa tra quelle di competenza della UE. È più probabile che il CCE sia adottato come legislazione (puramente) nazionale, oppure che venga utilizzato come set di norme e concetti giuridici, che spontaneamente attraverseranno i confini nazionali nel modo tipico del diritto transnazionale. 11. Segue: il caso del danno da inadempimento contrattuale. Per valutare i vari aspetti e le diverse possibili forme di responsabilità civile, si può partire da un caso ipotetico, ma non impossibile. Si ipotizzi il caso di un robot cane guida per persone non vedenti (RoDog). In primo luogo occorre soffermarsi ancora una volta a considerare il robot come un semplice prodotto, oggetto della compravendita intercorsa tra il produttore/rivenditore e l’acquirente/utilizzatore. Il venditore è quindi tenuto alle norme generali che regolano tale istituto. Escluso che si possa procedere, in questa sede, a un’analisi completa della disciplina della responsabilità contrattuale, ci si limiterà a richiamare i punti principali disciplinati dai «Principi di diritto europeo dei contratti». Il termine «inadempimento», secondo l’art. 1:301 dei PECL, indica «qualsiasi mancanza della prestazione dovuta in base al contratto, che sia fonte di responsabilità o no, compreso of the law of property» http://www.sgecc.net/pages/ en/introduction/index.introduction.htm (visitato il 16.3.2012). NGCC 2012 - Parte seconda il ritardato e l’inesatto adempimento nonché la violazione dell’obbligo di cooperare al fine di dare piena esecuzione al contratto». Per specifica previsione dello stesso articolo, ai comportamenti posti in essere «con volontà» ( 51 ) sono equiparati quelli gravemente colposi. Dopo una parte dedicata alla formazione e validità del contratto e alla disciplina generale dei contratti, il Capitolo 8 tratta dell’inadempimento. Ai sensi dell’art. 8:101 ( 52 ), in caso di inadempimento imputabile al debitore, il creditore insoddisfatto potrà ricorrere ai mezzi di tutela previsti nel Capitolo nono. Si tratta dei mezzi tradizionalmente previsti anche dal diritto italiano: richiesta di adempimento, eccezione d’inadempimento, risoluzione del contratto, riduzione del prezzo, risarcimento del danno. L’inadempimento è qualificato come «grave» (art. 8:103) se: «(a) la stretta osservanza dell’obbligazione appartiene alla natura del contratto; o (b) l’inadempimento priva sostanzialmente il creditore insoddisfatto di ciò che esso ha il diritto di ricevere in base al contratto, salvo che il debitore non ha né avrebbe ragionevolmente potuto prevedere tale risultato; o (c) l’inadempimento è dovuto a dolo e dà al creditore ragione di ritenere di non potere più fare affidamento sui successivi adempimenti». L’art. 8:108 dei PECL disciplina l’inadempimento dovuto a causa non imputabile al debitore, stabilendo che egli non risponde se prova che tale inadempimento è dovuto a un impedimento «al di là della propria sfera di controllo e del quale non ci si poteva ragionevolmente aspettare che egli tenesse conto al momento ( 51 ) Intentional, nella versione inglese dei PECL. ( 52 ) Art. 8:101: Mezzi di tutela: 1. Quando il debitore non adempie l’obbligazione sorta dal contratto e l’inadempimento è imputabile perché non trova applicazione l’art. 8:108, il creditore insoddisfatto può ricorrere ai mezzi di tutela previsti nel Capitolo nono. 2. Quando il debitore non risponde dell’inadempimento secondo quanto previsto dall’art. 8:108, il creditore insoddisfatto può ricorrere ai mezzi di tutela previsti nel Capitolo nono ma non può domandare l’adempimento né il risarcimento del danno. 3. Il creditore non può ricorrere ad alcuna delle tutele previste dal Capitolo nono nella misura in cui è stata la sua condotta a causare l’inadempimento del debitore. 15 NOMELAV: nessun nome lav PAG: 16 SESS: 8 USCITA: Fri Jun 22 13:48:29 2012 /server480/riviste−n/ngcc−12/ngcc7−8−12/santosuos1 .......... .......... della conclusione del contratto né che dovesse evitare o superare l’impedimento o le sue conseguenze». È comunque prevista la legittimità di clausole volte a limitare o escludere le tutele per l’inadempimento, salvo che ciò non sia contrario a buona fede e correttezza (art. 8:109). Nel diritto italiano, la responsabilità per inadempimento è disciplinata dall’art. 1218 del codice civile. Anche la normativa italiana tiene conto dell’impossibilità della prestazione derivante da causa non imputabile al debitore, che ne esclude la responsabilità. Inoltre, va ricordato che il robot può essere considerato come «bene di consumo», pertanto rientrante nella disciplina stabilita dalla direttiva n. 99/44/CE. Il compratore è, quindi, tutelato dalle varie disposizioni in tema di garanzia commerciale e rimedi in caso di difetto di conformità visti sopra (par. 4.3). Nel codice civile italiano la garanzia per i vizi in caso di vendita (art. 1490 cod. civ.) è una delle obbligazioni tipiche del venditore. Per «vizi» si intendono le imperfezioni o alterazioni di un bene dovute alla sua produzione o conservazione ( 53 ), che siano tali da rendere il bene inidoneo all’uso cui è destinato o ne diminuiscano in modo apprezzabile il valore. In questa dimensione «statica», guardando il robot quale mero oggetto di scambio, non ricorrono dunque problemi di sorta ad applicare la normativa tradizionale in tema di responsabilità da inadempimento contrattuale. Si può concludere sul punto affermando che la disciplina esistente nel diritto italiano di origine interna e comunitaria, e quella delineata a livello europeo, non sembrano richiedere alcuna aggiunta o modifica in relazione al fatto che oggetto della relazione giuridica intercorsa sia un robot. 12. Segue: il caso dei danni causati da difetti di produzione nel robot. Una delle questioni più interessanti della robotica vista dal diritto riguarda la responsabilità extracontrattuale derivante da un comportamento dannoso del robot, quando un soggetto subisce, a causa di un’azione compiuta da (o nella quale è coinvolto) un robot, un «danno giuridicamente ( 53 ) Torrente-Schlesinger, cit., 666. 16 rilevante» (indipendentemente dall’esistenza di un contratto o in concorso, a vario titolo, con un contratto). Pensando ai robot, ci si può trovare di fronte a due situazioni diverse. In primo luogo, si può ipotizzare che il nostro Ro-Dog, a causa di un difetto nel sistema di locomozione, sbandi e urti un tavolino nel soggiorno del suo proprietario, facendo cadere un prezioso vaso di cristallo. In questo caso, entra in gioco la ben nota direttiva n. 85/374/CEE, modificata dalla direttiva n. 99/34/CE, che si occupa della responsabilità derivante da prodotti difettosi, stabilendo il principio della responsabilità oggettiva (o responsabilità senza colpa) del produttore in caso di «danno da prodotto difettoso». Per prodotto (art. 2) si intende «ogni bene mobile, anche se fa parte di un altro bene mobile o immobile». Un prodotto è difettoso (art. 6) quando «non offre la sicurezza che ci si può legittimamente attendere tenuto conto di tutte le circostanze, tra cui la presentazione del prodotto, l’uso al quale il prodotto può essere ragionevolmente destinato e il momento della messa in circolazione del prodotto». Importante per la valutazione della pericolosità di un prodotto è lo «stato dell’arte» delle macchine robotiche presenti sul mercato al momento della messa in circolazione: un prodotto-robot non può essere considerato difettoso per il solo fatto che, successivamente, sia stato messo in circolazione un prodotto-robot più perfezionato. Se un soggetto subisce un danno derivante da un robot difettoso, responsabile è il produttore di tale robot. Con il termine produttore si intende «il fabbricante di un prodotto finito, di una materia prima o di una parte del prodotto finito» (art. 6). Se più persone sono responsabili per uno stesso danno, può esserci responsabilità solidale. Ad esempio, per esplicita previsione della direttiva, se il prodotto viene importato da uno Stato al di fuori dell’Unione Europea, alla responsabilità del produttore si aggiunge quella dell’importatore. Se il produttore non è identificato, si considera responsabile il fornitore, ovvero la persona che ha fornito il prodotto all’acquirente (ipotesi di c.d. responsabilità per fatto altrui ( 54 )). ( 54 ) Torrente-Schlesinger, cit., 866. NGCC 2012 - Parte seconda NOMELAV: nessun nome lav PAG: 17 SESS: 8 USCITA: Fri Jun 22 13:48:29 2012 /server480/riviste−n/ngcc−12/ngcc7−8−12/santosuos1 Robot e diritto: una prima ricognizione L’onere della prova ovviamente cade sul danneggiato, che deve provare il difetto del prodotto, l’esistenza di un danno e il nesso causale tra il difetto e il danno, ovvero che il difetto del prodotto sia stata l’effettiva causa del verificarsi del danno (causa giuridicamente rilevante). In questo modo l’onere probatorio del danneggiato è notevolmente alleggerito rispetto alla tradizionale ipotesi di responsabilità extracontrattuale (vedi paragrafo successivo), che necessita della prova anche di dolo e colpa del produttore. Nel caso di prodotto difettoso, invece, il produttore è responsabile per il solo fatto di aver messo in circolazione tale prodotto, indipendentemente dall’esistenza di dolo o colpa. Tale forma di responsabilità è un chiaro esempio di responsabilità oggettiva. La prova liberatoria a disposizione del produttore è tipizzata dalla direttiva, essendo possibile solo se egli prova (art. 7): «a) che non ha messo il prodotto in circolazione; b) che, tenuto conto delle circostanze, è lecito ritenere che il difetto che ha causato il danno non esistesse quando l’aveva messo in circolazione o sia sorto successivamente; c) che non ha fabbricato il prodotto per la vendita o qualsiasi altra forma di distribuzione a scopo economico, né l’ha fabbricato o distribuito nel quadro della sua attività professionale; d) che il difetto è dovuto alla conformità del prodotto a regole imperative emanate dai poteri pubblici; e) che lo stato delle conoscenze scientifiche e tecniche al momento in cui ha messo in circolazione il prodotto non permetteva di scoprire l’esistenza del difetto; f) nel caso del produttore di una parte componente, che il difetto è dovuto alla concezione del prodotto in cui è stata incorporata la parte o alle istruzione date dal produttore del prodotto». Anche i danni risarcibili sono previsti espressamente dalla direttiva (art. 9), e sono: «a) il danno causato dalla morte o da lesioni personali, b) il danno o la distruzione di una cosa diversa dal prodotto difettoso, previa detrazione di una franchigia di 500 ECU, purché la cosa sia del tipo normalmente destinato all’uso o consumo privato e sia stata utilizzata dal danneggiato principalmente per proprio uso o consumo privato». L’articolo contiene un rinvio alle disposizioni nazionali relative ai danni morali, che vengono lasciate impregiudicate. NGCC 2012 - Parte seconda Vale la pena notare che anche il CCE fornisce, all’art. 3:204 ( 55 ), una disciplina generale della responsabilità da prodotto difettoso molto simile a quella della direttiva. L’articolo, inoltre, fornisce all’ultimo comma la medesima definizione di «difetto» data dalla direttiva, usando praticamente le stesse parole. La disciplina europea della responsabilità del produttore costituisce un punto fermo in materia di responsabilità extracontrattuale per danni provocati da un robot difettoso. Derivando da una direttiva, essa richiede l’implementazione nello stato nazionale, tramite specifica legge. Nella maggior parte degli Stati Membri, le disposizioni nazionali di attuazione della direttiva sono applicate parallelamente ad altre normativa sulla responsabilità, contrattuale o extracontrattuale ( 56 ), possibilità previ- ( 55 ) Art. 3:204: 1. Il produttore di un prodotto è responsabile per le lesioni personali e il conseguente danno, e, in relazione ai consumatori, la perdita derivante da danni alla proprietà da un difetto nel prodotto. 2. La persona che ha importato il prodotto nell’area economica europea per la vendita, il noleggio, il leasing o la distribuzione nel corso della propria attività è responsabile di conseguenza. 3. Il fornitore del prodotto è di conseguenza responsabile se: a) il produttore non può essere identificato, o b) nel caso di un prodotto importato, il prodotto non indica l’identità dell’importatore, a meno che il fornitore comunichi al danneggiato, entro un termine ragionevole, l’identità del produttore o della persona che gli ha fornito tale prodotto. 4. Una persona non è responsabile, ai sensi del presente articolo, se dimostra che: a) non ha messo il prodotto in circolazione; b) è probabile che il difetto che ha causato il danno non esisteva al momento della messa in circolazione del prodotto; c) che la persona non ha fabbricato il prodotto per la vendita o la sua distribuzione a scopo di lucro, né l’ha fabbricato o distribuito nel corso della sua attività; d) il difetto è dovuto alla conformità del prodotto a regole imperative emanate dalle autorità pubbliche; e) lo stato delle conoscenze scientifiche e tecniche al momento della messa in circolazione del prodotto non ha consentito l’esistenza del difetto da scoprire, o f) nel caso di un fabbricante di un componente, il difetto è dovuto a: i) la progettazione del prodotto in cui il componente è stato installato, o ii) le istruzioni fornite dal produttore del prodotto. ( 56 ) Quarta relazione sull’applicazione della direttiva 85/374/CEE del Consiglio reperibile all’indiriz17 NOMELAV: nessun nome lav PAG: 18 SESS: 8 USCITA: Fri Jun 22 13:48:29 2012 /server480/riviste−n/ngcc−12/ngcc7−8−12/santosuos1 .......... .......... sta esplicitamente dalla direttiva. In Italia il recepimento è avvenuto prima attraverso il d.p.r. 24.5.1988, n. 224 e, successivamente, la disciplina è stata trasfusa nel d. legis. n. 206/2005 (c.d. Codice del Consumo). Quindi, per ottenere il risarcimento del prezioso vaso di cristallo andato in frantumi a causa del movimento di Ro-Dog, il danneggiato può rifarsi sul produttore. Nel corso del giudizio, però, dovrà dimostrare che lo spostamento «maldestro» è stato causato da un difetto di produzione. Lo strumento ideale pare quello di una perizia su Ro-Dog effettuata da un ingegnere competente in robotica, che terrà conto dello stato dell’arte del settore al momento della vendita del robot e del modo in cui il robot è stato utilizzato. Ad esempio, Ro-Dog non potrebbe essere considerato difettoso se venisse usato in violazione delle norme di sicurezza previste dal libretto di istruzioni (ad esempio su un tappeto con frange molto lunghe, che potrebbero falsare l’andatura del robot). 13. Il caso dei danni causati da azioni e reazioni del robot in un contesto di interazione con l’uomo. La direttiva sulla responsabilità del produttore costituisce sicuramente un punto di riferimento in materia di responsabilità connessa ai robot, ma di fatto riesce a dar conto soltanto del robot quale mero prodotto, cioè oggetto. Il problema è che, come si è accennato nella prima parte, la nuova generazione di robot è dotata di capacità cognitive e di adattamento all’ambiente esterno, una caratteristica che comporta un certo grado di imprevedibilità del comportamento del robot, la cui condotta, pur riconducibile al programma impostato dal produttore o dal programmatore, non sia stata prevista nel suo specifico contenuto vuoi per la complessità del software vuoi per l’incremento di esperienza che l’utilizzo comporta. Si può ipotizzare un caso in cui un robot dotato di capacità adattative e di apprendimento sia lasciato libero di interagire con l’uomo in un ambiente non controllato. Qualsiasi inge- zo http://eur-lex.europa.eu/LexUriServ/LexUriServ. do?uri=COM:2011:0547:FIN:IT:PDF (visitato il 16.3.2012). 18 gnere esperto di robot direbbe che attualmente una cosa del genere non è del tutto sicura, in quanto il robot potrebbe reagire in maniera imprevedibile ai nuovi input ricevuti. Nel caso in cui, a causa della reazione a tali input provenienti dall’ambiente in cui si trova, il robot provochi una lesione personale a un essere umano, la questione dell’attribuzione della responsabilità civile può non essere agevole ( 57 ). In sintesi, cosa accade se il danno non deriva da un difetto del robot, ma da un suo comportamento ( 58 )? Sarebbe ancora possibile ritenere responsabile il produttore? Se il comportamento è stato impostato come standard dal produttore, certamente sì. La situazione cambia notevolmente se, invece, si considera un robot con capacità di apprendimento, che è capace di «imparare» nuovi comportamenti e reazioni per effetto della propria esperienza e interazione con l’ambiente. Vale la pena tornare al nostro esempio, impossibile oggi ma non improbabile in un prossimo futuro. Il nostro Ro-Dog potrebbe essere dotato di avanzati sensori di rilevamento della propria posizione spaziale, attraverso un collegamento in tempo reale con un satellite (tecnologia già disponibile oggi). Per accompagnare il proprietario a fare la spesa, a Ro-Dog è stato impostato un percorso standard. Attraverso lo studio dei dati geografici raccolti grazie al flusso di dati ricevuti dal satellite, però, Ro-Dog identifica una scorciatoia e modifica il percorso. Se, a causa di questa modifica di percorso operata dal robot, dovesse derivare un danno al proprietario (supponiamo che la strada sia malmessa e il signore cada fratturandosi una gamba) chi risponderebbe? Il Comune (ex art. 2043 cod. civ. o ex art. 2051 cod. civ. quale «custode» della res strada), il produttore di Ro-Dog (che ha previsto un algoritmo di autoapprendimento), il programmatore (che ha ( 57 ) Si consenta il rinvio a Boscarato, Who is responsible for a robot’s actions?, in Technologies on the stand: Legal and ethical questions in neuroscience and robotics, a cura di Van der Berg e Klaming, Wolfpublisher, 2011, 383-402. ( 58 ) Per «comportamento» del robot si intende il modo di agire di un robot così come viene percepito da un osservatore esterno. NGCC 2012 - Parte seconda NOMELAV: nessun nome lav PAG: 19 SESS: 8 USCITA: Fri Jun 22 13:48:29 2012 /server480/riviste−n/ngcc−12/ngcc7−8−12/santosuos1 Robot e diritto: una prima ricognizione implementato il collegamento con il satellite senza un adeguato «filtro di sicurezza»)? E se invece Ro-Dog urtasse e facesse cadere un terzo (si supponga, anche in questo caso, non vedente), potrebbe rispondere del danno il proprietario? E a quale titolo? Non esistono, attualmente, regolamentazioni della responsabilità extracontrattuale ad hoc per i robot, e a maggior ragione non ne esistono di specifiche per i robot di tipo cognitivo. Bisogna quindi rifarsi alla disciplina delle categorie tradizionali di responsabilità. Se consideriamo la disciplina della responsabilità extracontrattuale fornita dal CCE, l’art. 1:101 stabilisce che una persona che soffre di un danno giuridicamente rilevante ha il diritto di ottenerne la riparazione dalla persona che ha causato tale danno intenzionalmente o negligentemente, o che sia altrimenti responsabile per il verificarsi del danno ( 59 ). ( 59 ) Gli elementi essenziali che il danneggiato deve provare sono il danno giuridicamente rilevante, l’intenzionalità (dolo) o la negligenza (colpa), e il nesso causale. Secondo l’art. 2:101 la perdita (ovvero il danno) è giuridicamente rilevante se a) una delle regole del presente capitolo così provvede, b) la perdita o il danno risulta da una violazione di un diritto altrimenti conferito dalla legge o c) la perdita o il danno risulta da una violazione di un interesse meritevole di protezione giuridica. La perdita può essere sia economica che non economica: la prima include la perdita di reddito o di profitto, gli oneri sostenuti e una riduzione del valore della proprietà; la seconda comprende la sofferenza personale e la compromissione della qualità della vita. Riguardo a una persona fisica, la perdita può essere causata da lesioni personali ma anche dalla violazione di diritti come la dignità, la libertà o la privacy. Il danno giuridicamente rilevante può essere causato intenzionalmente (art. 3:101) quando è causato alternativamente con l’intenzione di causare proprio quel danno o da un comportamento che la persona intende tenere nonostante la consapevolezza che questo equivarrà quasi certamente a produrre quel danno (o un danno di quel tipo). Altrimenti, il danno giuridicamente rilevante può essere causato negligentemente (art. 3:102), se la condotta del danneggiante non ha seguito i particolari standard di diligenza previsti da una disposizione il cui scopo è la tutela della persona ferita dai danni subiti, o non equivale comunque alla diligenza che ci si sarebbe ragionevolmente aspettata da una persona media (nel diritto italiano, NGCC 2012 - Parte seconda In linea generale, la disciplina della responsabilità extracontrattuale nel CCE è molto simile a quella del codice civile italiano, soprattutto per quanto riguarda l’individuazione degli elementi fondamentali e la previsione di una il c.d. buon padre di famiglia) nelle circostanze del caso. La colpa, quindi, non è da intendersi in senso soggettivo, ma in senso oggettivo, dal momento che utilizza come parametro il comportamento che ci si può legittimamente aspettare da una persona normalmente attenta in relazione alle circostanze specifiche del caso. Inoltre, il CCE prevede alcuni casi di responsabilità senza dolo o colpa come ad esempio, per quanto ci interessa in questa sede, la responsabilità per danni causati da dipendenti e rappresentanti e la responsabilità per i danni causati da prodotti difettosi, quest’ultima già vista in precedenza. Si tratta di casi di responsabilità oggettiva, in quanto la responsabilità viene attribuita indipendentemente da una «colpevolezza», a causa dell’intrinseca pericolosità della situazione. In questi casi, il danneggiato deve solo provare il danno e il nesso causale, senza che debba provare il dolo o la colpa del presunto responsabile contro cui agisce. Il convenuto si trova in una posizione svantaggiata in quanto dotato solo di una difficile prova liberatoria, generalmente il caso fortuito. La persona che assume o comunque dia lavoro a un’altra è responsabile per i danni giuridicamente rilevanti sofferti dal terzo se il lavoratore (art. 3:201) ha causato, nel corso del rapporto di lavoro o di impiego, il danno intenzionalmente o per negligenza, o sia comunque altrimenti responsabile del verificarsi del danno. Secondo la regola generale del nesso di causalità (art. 4:101), il danno deve essere considerato come una conseguenza del comportamento di quella persona o della fonte di pericolo di cui tale persona è responsabile. In caso di lesioni personali o morte, è presa in considerazione la predisposizione della persona infortunata per quanto riguarda il tipo o la portata del danno subito. Quando la persona danneggiata ha contributo con il suo comportamento al verificarsi del danno (concorso colposo del danneggiato), l’entità della riparazione deve essere ridotta in proporzione al suo grado di colpa (art. 5:102). Il capitolo 6 considera i rimedi del danneggiato, il quale ha diritto, innanzitutto, alla reintegrazione del danno subito con il ripristino nella posizione iniziale (ovvero la posizione in cui si sarebbe trovato se il danno non fosse mai avvenuto). La riparazione può essere in denaro (compensazione) o altrimenti effettuata nel modo più appropriato, tenendo in considerazione il tipo e la portata dei danni subiti e tutte le altre circostanze del caso. 19 NOMELAV: nessun nome lav PAG: 20 SESS: 8 USCITA: Fri Jun 22 13:48:29 2012 /server480/riviste−n/ngcc−12/ngcc7−8−12/santosuos1 .......... .......... condotta dolosa o colposa. Ma la normativa italiana risulta molto più articolata e specifica. Il CCE disciplina i casi di danni provocati da dipendenti, da prodotto difettoso, da autoveicoli, da rovina di edifici, da sostanze pericolose, prevedendo poi una norma di chiusura per «qualsiasi altro tipo di danno giuridicamente rilevante» (art. 3:207) ma, ad esempio, per i danni causati da animali (art. 3:203) manca completamente la previsione di una prova liberatoria, sia essa anche il solo caso fortuito. Inoltre, non è regolata la responsabilità del custode per i danni provocati dalle cose che ha in custodia, come invece è previsto dall’art. 2051 cod. civ. La previsione di una simile fattispecie risulta importante per il caso dei robot in quanto, se si segue l’orientamento restrittivo che li considera come meri oggetti, sarebbe l’unica norma certamente applicabile alle ipotesi di danni. Già più controversa potrebbe apparire l’applicazione dell’art. 2052 cod. civ. in tema di responsabilità del proprietario di animali, in quanto si potrebbe obiettare che un robot non ha nulla a che fare con un animale. In realtà, da una lettura sistematica degli artt. 2051 e 2052 cod. civ., la caratteristica che sembra distinguere cose e animali è la capacità di muoversi liberamente nello spazio circostante. Si noti che un’analogia tra un animale e un oggetto in movimento è già stata usata nelle Corti americane ( 60 ). Ma, addirittura, ci si potrebbe spingere ancora un passo oltre. Ci si potrebbe anche rifare al modello genitoriale, assimilando i robot cognitivi ai minori che imparano durante il proprio percorso di crescita: come questi ultimi agiscono in base all’educazione ricevuta e devono essere guidati dai loro genitori, i primi agiscono in base al comportamento inse( 60 ) Si veda, ad es., il caso Popov v. Hayashi, deciso dalla Superior court of California il 12.12.2002, #4005545: www.findlaw, in cui il Giudice McCarthy decide la controversia in merito del diritto di possesso di una palla da baseball afferrata da diversi spettatori di una partita di baseball utilizzando come precedenti alcuni casi riguardanti la cattura di animali in fuga. Walton, Similarity, precedent and argument from analogy, in AI&Law, 2010, 18, 217246. 20 gnato e devono essere educati dall’utilizzatore. Se un robot è in grado di apprendere direttamente da un essere umano, quest’ultimo diventa il suo insegnante. A tale riguardo, potrebbe essere preso in considerazione l’art. 2048 cod. civ., comma 2o, che disciplina la responsabilità di «coloro che insegnano un mestiere o un’arte» per i danni causati dai propri «allievi e apprendisti» durante il tempo in cui sono sotto la loro vigilanza. Se il danno deriva da un comportamento acquisito del robot la responsabilità cade sul suo insegnante. La fattispecie, però, avrebbe bisogno di qualche modifica per adeguarsi maggiormente alla situazione specifica dei robot con capacità di apprendimento. Infatti, il punto centrale è se l’insegnante debba o no essere responsabile per i danni causati in conseguenza di un comportamento insegnato al robot anche quando questo non si trovi sotto la propria «vigilanza». Altrimenti, si correrebbe il rischio di un gap di responsabilità nel caso in cui Ro-Dog provochi un danno in conseguenza di un comportamento appreso dal proprietario ma compiuto al di fuori della sua sfera di controllo. Se in quel momento Ro-Dog si trovasse sotto la custodia di un terzo, il danno sarebbe allora imputabile a quest’ultimo ex art. 2051 cod. civ., a meno che la condotta del robot a seguito di apprendimento non possa essere equiparata al caso fortuito. 14. Segue: alcune conclusioni sui robot come agenti. Come già notato nel par. 4.4 in relazione alla normativa europea sulla tutela del consumatore, allo stato attuale non esiste una disciplina legislativa per i robot e soprattutto non esiste una disciplina specifica sul tema della responsabilità civile. Adottando un approccio non eccezionalista, questo lavoro costituisce un tentativo di applicare le tradizionali categorie della responsabilità civile, anche in una prospettiva europea. La responsabilità del produttore, attualmente stabilita per danni provocati da difetti di produzione o da comportamenti impostati in origine come standard, deve essere contemperata anche con una tutela in via preventiva, da realizzare direttamente in sede di progettazione e sviluppo. NGCC 2012 - Parte seconda NOMELAV: nessun nome lav PAG: 21 SESS: 8 USCITA: Fri Jun 22 13:48:29 2012 /server480/riviste−n/ngcc−12/ngcc7−8−12/santosuos1 Robot e diritto: una prima ricognizione Ci riferiamo ad esempio al principio della Privacy by design ( 61 ), secondo cui la previsione di misure a protezione dei dati personali raccolti (nel nostro caso, da un robot) deve avvenire già al momento della progettazione di un prodotto o di un software. Un’altra ipotesi potrebbe essere quella di dotare i robot con capacità cognitive di un codice etico di condotta che permetta loro, attraverso un algoritmo di apprendimento allenato su una serie di esempi (example-based learning), di capire qual è il comportamento «giusto» e quale quello «sbagliato» secondo una gerarchia di valori ( 62 ). Se la ricerca in questo campo dimostrasse la reale utilità di un codice etico nell’indirizzare la condotta del robot capace di decisioni autonome, allora la sua installazione potrebbe diventare responsabilità specifica del produttore. Ma il codice di condotta potrebbe essere modulato sulla base della situazione specifica in cui il robot deve operare, e quindi essere concordato individualmente con il proprietario/utilizzatore finale (ad es. un robot che opera come ausiliario in ambito ospedaliero dovrebbe avere un codice di comportamento del tutto diverso dal robot che opera come spazzino per le strade). L’assenza di tale codice di condotta, o la sua inadeguatezza, che dipenda dall’utente finale potrebbe essere equiparata alla mancata supervisione, o al cattivo insegnamento. Di più, si potrebbe pensare di assegnare lo sviluppo dei codici di condotta a un organismo di garanzia, quale ad esempio un Comitato istituito ad hoc, sulla falsa riga dell’International Organization ( 61 ) Il principio della Privacy by design è espressamente previsto nella proposta della Commissione Europea del 25.1.2012 di un regolamento per la riforma della disciplina sulla Privacy. ( 62 ) Si veda ad es. Anderson-Anderson, Il buon robot, in Le Scienze, 2010, 508, 90-95. Gli autori hanno lavorato sul robot NAO (http://www. aldebaran-robotics.com/en/Nao.php) implementando un codice etico di condotta basato sui generali principi della bioetica nord americana (beneficenza, non maleficenza, giustizia, autonomia). L’algoritmo di apprendimento del robot elabora, dopo aver «studiato» una serie di casi inseriti dai ricercatori, un principio generale di comportamento che permette al robot di scegliere, tra tre possibili azioni, quali eseguire e in che ordine. NGCC 2012 - Parte seconda for Standardization, responsabile di definire le norme tecniche (ISO). Per questo, la soluzione qui prospettata è di modulare la responsabilità alla luce delle diverse abilità di un robot, bilanciandola tra i diversi soggetti coinvolti. Nel caso di robot con capacità di apprendimento, ad esempio, potrebbe essere utile una ripartizione della responsabilità tra il produttore, il programmatore e l’utente. In sede giurisdizionale, inoltre, dovrebbe essere appurata la causa del comportamento dannoso del robot e, di conseguenza, la persona cui è imputabile. In definitiva, ci pare ragionevole pensare che debba esservi un qualche collegamento tra la capacità adattativa e di apprendimento del robot e la responsabilità riconosciuta. Rinviando a altra sede per una dettagliata analisi, ci limitiamo qui a suggerire qualche criterio che potrebbe essere seguito: – Le abilità acquisite tramite l’educazione devono essere tenute distinte da quelle strettamente dipendenti dall’algoritmo e, quindi, attribuibili al produttore. – A una maggiore capacità di apprendimento e di adattamento del robot dovrebbe corrispondere una minore responsabilità del produttore, che non può prevedere in anticipo in quale direzione avverrà l’apprendimento di nuove abilità del robot. – Più i comportamenti del robot dipendono dalla «istruzione» ricevuta dal proprietario, maggiore sarà la responsabilità di quest’ultimo, sotto il profilo della culpa in educando, in quanto soggetto che poteva concretamente impedire l’apprendimento di un comportamento dannoso. Naturalmente l’applicazione del CCE, o di qualunque altro testo normativo in tema di responsabilità, al caso di danni provocati da un robot può certamente far sorgere alcune perplessità. Il soggetto delle disposizioni del CCE è la «persona», mentre nel codice italiano il soggetto gravato da responsabilità extracontrattuale viene individuato, dall’art. 2043 cod. civ., con il termine «colui». Possiamo assumere che «persona» o «colui» indichino in realtà «l’autore» o «l’agente», anche per la parte che, in ipotesi, non possa essere fatta risalire dal robot (come oggetto manufatto) al suo proprietario o 21 NOMELAV: nessun nome lav PAG: 22 SESS: 8 USCITA: Fri Jun 22 13:48:29 2012 /server480/riviste−n/ngcc−12/ngcc7−8−12/santosuos1 .......... .......... possessore? In questo caso, occorrerebbe un intervento legislativo volto a estendere l’applicabilità della disciplina anche a entità che non sono attualmente riconosciute come soggetti? Si è, quindi, di fronte a un interessante fenomeno: pur avendo deciso di non affrontare la questione ontologica della soggettività dei robot, essa viene naturalmente in gioco come conseguenza inevitabile di un esame delle ipotesi di responsabilità, seguendo un approccio di tipo bottom-up. Tanto da potersi dire che soggettività e livello di responsabilità attribuibile risultano, per una certa parte, strettamente intrecciati anche nel caso dei robot. Continuare a considerare il robot quale mera res appare, in definitiva, inadeguato, mentre sembra che produttore, programmatore, proprietario e utente stiano assumendo il ruolo di «controllore esterno» di un’entità che è in grado di manifestare livelli embrionali ma crescenti di autonomia. Certamente, è necessario che il giurista si attrezzi per trovare soluzioni a problemi che, a dispetto del loro aspetto futuristico, possono concretizzarsi in un’aula di tribunale in modo improvviso. 15. Un caso conclusivo: ha il robot un diritto alla vita? Si immagini il caso di un robot che svolge compiti assistenziali in un ospedale: somministra farmaci, dà primi consigli, chiama i medici e gli assistenti umani se necessario, controlla che gli impianti di supporto respiratorio e alimentazione dei pazienti siano connessi e provvede alle riparazioni e riattivazioni necessarie, e altro ancora. Un malintenzionato s’introduce nell’ospedale e sta per disconnettere un tubo respiratorio o una flebo che somministra un farmaco essenziale. Il robot rileva l’anomalia e interviene per evitare che accada o per ripararla. Il malintenzionato aggredisce il robot. Il robot reagisce attivando il sistema di allarme e, intanto, oppone resistenza all’umano aggressore. Alla fine il malintenzionato riporta lesioni personali. La domanda in termini giuridici è la seguente: vi è responsabilità per le lesioni riportate dal malintenzionato? E di chi? Per rispondere dobbiamo presupporre alcune cose, come, per esempio, che il robot sia stato progettato incorporando alcune regole etiche, come le leggi di Asimov (vedi sopra nt. 22 6). La condotta del robot del nostro esempio, che viola prima facie la prima legge, avendo arrecato danno a un umano, si presta però a diversa considerazione alla luce della altre «leggi». Infatti, il secondo inciso della prima legge impone al robot di «non permettere che, a causa del proprio mancato intervento, un essere umano riceva danno», tanto che si potrebbe dire che il robot, che fosse rimasto inerte di fronte all’aggressore (che, si badi bene, in prima battuta aggrediva un impianto medico e non il robot direttamente) e non avesse tentato di conservare quella funzionalità a garanzia del paziente, avrebbe violato proprio quella legge. In più, si è visto che la condotta del malintenzionato, in prima battuta indirizzata al tubo per la respirazione, si volge poi contro il robot, che quel tubo vuole preservare. Se, nel corso della colluttazione che segue tra uomo e robot, l’umano ha la peggio, il robot può invocare la terza legge di Asimov, secondo la quale il robot «deve proteggere la propria esistenza, purché questa autodifesa non contrasti con la Prima o con la Seconda Legge». Come si è visto la condotta del nostro robot non contrasta né con la prima, né con la seconda legge di Asimov, secondo la quale il robot «deve obbedire agli ordini impartiti dagli esseri umani, purché tali ordini non contravvengano alla Prima Legge», che abbiamo visto essere rispettata. Nell’analisi di questo caso, alla luce delle «leggi di Asimov», si ode l’eco dei ragionamenti di diritto positivo su svolti: – sembra potersi escludere la responsabilità del produttore, perché quanto accaduto non può dirsi conseguenza di un difetto di progettazione o di fabbricazione; – sembra potersi escludere anche la responsabilità dell’utilizzatore (l’ospedale), perché l’accaduto è conseguenza di una condotta sicuramente anomala dell’aggressore. L’utilizzatore ha evidentemente impostato correttamente le opzioni del robot, mentre sarebbe stato diverso se, ad esempio, il robot avesse aggredito un familiare in visita o un addetto alle pulizie. Il robot ha reagito a un malintenzionato che stava per arrecare danno a un terzo indifeso; – si può dire che il robot era nello svolgimento di un compito assistenziale, e che quindi stava adempiendo a un dovere; – in questa prospettiva la sua condotta è NGCC 2012 - Parte seconda NOMELAV: nessun nome lav PAG: 23 SESS: 8 USCITA: Fri Jun 22 13:48:29 2012 /server480/riviste−n/ngcc−12/ngcc7−8−12/santosuos1 Robot e diritto: una prima ricognizione scusata, secondo le categorie civilistiche e... anche penalistiche (art. 51 cod. pen.); – l’aggressore dovrà, dunque, subire le conseguenze delle proprie azioni senza poter invocare la responsabilità di chicchessia, robot incluso. Questa sulla responsabilità dei robot può essere vista come una semplice esercitazione per menti giuridiche, che, così facendo, possano verificare la capacità del sistema giuridico di dare conto di situazioni nuove ( 63 ). Il fatto che si arrivi ad applicare a robot norme pensate per gli umani non rende, di per sé, umani i robot, ma ci deve indurre a «lentamente accetta- ( 63 ) Era con questo spirito che il caso ipotetico era presentato in Santosuosso, cit., 277. NGCC 2012 - Parte seconda re l’idea che potremmo non essere così nettamente diversi da altre entità e agenti informazionali e intelligenti, e da artefatti ingegnerizzati» che ormai popolano il mondo ( 64 ). Se poi, tra un’esercitazione e l’altra, si sono prefigurati scenari realistici per il futuro, saranno gli uomini e le donne del domani a giovarsene. In ogni caso, nel cercare le soluzioni giuridiche aderenti a questo modo tecnologizzato della vita degli umani oggi, è sempre consigliabile avere un tocco leggero (a light touch ( 65 )) onde evitare che la regola del diritto sia semplicemente rimpiazzata da quella della tecnologia ( 66 ). ( 64 ) Floridi (ed.), Philosophy of computing and information. 5 Questions, Automatic Press / VIP, 2008, 95. ( 65 ) Murphy-Cuinn, cit. 601-638. ( 66 ) Parla di displacing the Rule of Law by the Rule of Technology Roger Brownsword (come è noto Rule of Law non può essere tradotto con Stato di diritto, ed è perciò che abbiamo preferito la traduzione riportata nel testo) nel suo interessante libro sulle difficoltà (ma anche opportunità) di porre regole di fronte alle tecnologie del XXI secolo: Brownsword, Rights, Regulation, and the Technological Revolution, Oxford University Press, 2008. 23 NOMELAV: nessun nome lav PAG: 24 SESS: 8 USCITA: Fri Jun 22 13:48:29 2012 /server480/riviste−n/ngcc−12/ngcc7−8−12/santosuos1