Poste Italiane Spa - Spedizione in abbonamento postale - D. L. 353/2003 (conv. in L. 27/02/2004 n. 46) art. 1, comma 1, DCB ROMA – Prezzo copia 0,20 € ( Anno II nuova edizione - numero 13 - novembre 2012 ) IDEE & FATTI Produttività, c’è l’accordo Economia Scompare il ceto medio: un salto indietro per tutto il Paese Bpm Rispettare i patti per rilanciare l’azienda. Pesante l’eredità del passato Amref Un concerto per l’acqua L’inziativa di DirCredito PERSONE Il Calendario DirCredito 2013 i ragazzi dell’Istituto d’arte “disegnano” il lavoro DAVID PETRAEUS: SPY STORY/1 Capo della Cia si dimette, dice lui, perché è stato infedele, ha tradito la moglie. Non ci crede nessuno che David Petraeus, che fu il capo militare in Afghanistan se ne vada per questo motivo. E infatti non è così. Si apre una delle storie più inquietanti nella vita degli Stati Uniti. Una storia dove sesso e spionaggio si intrecciano in un guazzabuglio che sfiora anche Obama. Sapeva niente? Era al corrente delle dimissioni del capo della Cia? Sapeva niente che l’ Fbi stava indagando sull’amante di Petraeus e sua biografa, nella cui abitazione sono stati rinvenuti documenti compromettenti? PAULA BROADWELL: SPY STORY/2 E’ la biografa di Petraeus, una intraprendente 37enne che conosce il generale, vive con lui un’esperienza militare e nel frattempo ne diventa l’amante. Lo segue. Quando non sono vicini si scambiano mail che ora vengono ritenute molto compromettenti con le quali, di fatto, si rivelano gli spostamenti del generale. Ed ecco comparire un’altra donna amica del generale, amante poi, che riceve lettere minacciose. Fa indagare un suo amico dell’Fbi e si scopre che l’autrice delle lettere era Paula Broadwell, inviperita e gelosa. ISTITUTO STATALE D'ARTE E LICEO ARTISTICO "ENZO ROSSI" L'Istituto Statale d'Arte e Liceo Artistico "Enzo Rossi" (ex "Roma 2"), presente sul territorio da più di quarantanni, continua quell'attività che lo ha sempre visto attento alle esigenze di formazione necessarie alla produzione, valorizzazione e tutela del patrimonio artistico e culturale della città. I corsi dell'Istituto, finalizzati alla formazione di particolari professionalità, sono caratterizzati dall'interazione tra preparazione storico-umanistica e conoscenze tecniche ed artistiche ben qualificate, con costante sostegno della ricerca, della progettazione e delle esperienze grafiche e pratiche che si portano avanti nelle attività di laboratorio. La scuola è caratterizzata da più sezioni artistiche: Arti figurative Pittura, Arti Figurative Scultura, Architettura e Ambiente, Design per l'Arredamento, Design per la Moda e Grafica. www.liceoartisticoenzorossi.it DIRIGENTE SCOLASTICO Mariagrazia Dardanelli 2 incontri Novembre 2012 JILL KELLEY: SPY STORY/3 E’ uno dei cardini dell’inchiesta dell’Fbi che mette sotto accusa Petraeus. Jill, una battagliera soldatessa, risiede a Tampa, Florida, città dove ha sede il Central Command che coordina tutte le operazioni Medio Oriente. Lì si incontrano Petraeus e il suo successore in Afghanistan, il generale John Allen, in predicato per andare a dirigere la Nato in Europa, il quale è accompagnato dalla Kelley. Si viene a sapere che ci sono molte feste, festini, ai piani alti militari. E si viene a sapere man mano che si intrecciano inchieste di Cia e Fbi che c’è un incredibile numero di mail che Allen e Kelley, amante dell’uno e dell’altro, si scambiano, non proprio di natura militare. Anzi. L’EDITORIALE Un accordo tutto da verificare di MAURIZIO ARENA* E’ * Forse di ALESSANDRO CARDULLI n passo avanti. Dagli interrogativi si passa al forse e già qualcosa. Si cambierà la legge elettorale, il famoso “porcellum” secondo cui i cittadini non hanno il piacere di decidere chi inviare in Parlamento? Forse, meglio di boh. Può essere che sia lo stesso autore di detta legge a cambiarla in corsa? Forse. Ma allora perché ha dato vita al “porcellum”? Glielo avevano chiesto? Forse. Attendiamo con fiducia e speranza che, come si dice, è l’ultima a morire. C’è un gran lavorio nelle stanze di Bruxelles e di Francoforte, Unione europea, Banca centrale, riunioni a non finire per fare qualcosa che consenta di affrontare la crisi. Sarà messa in atto una politica bancaria comune in modo che gli istituti di credito diano una mano a superare la crisi. Stante l’ultimo vertice la risposta è che se ne parlerà nel prossimo vertice, forse, per non sbilanciarsi troppo. Quando andremo a pagare la rata dell’Imu saremo colpiti da un infarto? Forse. Portiamoci dietro un defibrillatore, siamo avvertiti. Vivendo alla giornata, ci sembra che le nostre giornate non siano troppo belle. Anzi. Una pioggia, seppur molto forte, provoca devastazione, frane, lutti, vittime. Si chiamano i cittadini alla solidarietà e si mette qualche tassa. Bene, anzi male. E’ possibile che tasse che riguardavano terremoti, alluvioni, avvenuti trenta o quaranta anni fa siano eliminate? Forse, se ci autorizza l’Europa. E quando andremo ai seggi per le elezioni politiche il nostro voto conterà qualcosa? Forse. U incontri Novembre 2012 3 L’OSSERVATORIO di pochi giorni fa l’accordo tra le parti sociali, esclusa la Cgil, sulla produttività. Il testo varato è frutto di una trattativa iniziata a settembre e fortemente voluta dal Presidente del Consiglio, Mario Monti, che considera l’accordo come tappa obbligata per migliorare il livello della produttività del lavoro in Italia, innalzare la competitività e l’attrattività degli investimenti. L’intesa raggiunta, almeno a parole, da un lato attribuisce alla contrattazione nazionale il compito, quanto mai necessario, visti i tempi di crisi che stiamo attraversando, di garantire il potere di acquisto dei salari assicurando che la dinamica degli effetti economici risulti coerente con le dinamiche economiche del mercato del lavoro, del raffronto competitivo internazionale e degli andamenti specifici del settore; dall’altro delega alla contrattazione di secondo livello, apparentemente rafforzandola, una quota degli aumenti economici mirati specificatamente all’aumento della produttività di settore. Tutto ciò garantisce le condizioni per confermare le risorse per la detassazione del salario di produttività. Fin qui tutto condivisibile, tuttavia, come spesso accade nel nostro Paese, alle parole, alle dichiarazioni di principio, non corrispondono fatti concreti. E la tendenza generale, incoraggiata dalla classe imprenditoriale, banchieri compresi, è quella di risanare i bilanci aziendali semplicemente tagliando costi ed erodendo le garanzie previste dalla contrattazione, senza mai riconoscere che l’unica strada possibile è quella di sostenere gli investimenti e dare centralità al fattore lavoro e alla professionalità. Dare forza ai salari con una temporanea iniezione di denaro pubblico che ne garantisca la detassazione non significa necessariamente risolvere il problema, un conto è sostenere un’economia, ormai ridotta all’osso, un altro è rilanciarla, puntando su una crescita reale e su interventi strutturali. Il nostro auspicio è quindi quello che l’accordo sulla produttività, che contiene aspetti potenzialmente positivi, ma anche molti punti tutti ancora da verificare sul campo, non rimanga uno dei tanti documenti sottoscritti che sanciscono, solo sulla carta, dei buoni propositi che poi vengono regolarmente disattesi da chi ne dovrebbe garantire la corretta applicazione, vale a dire il Governo e le aziende che, da troppo tempo, chiedono ai lavoratori, sempre gli stessi, sacrifici senza avere la capacità di fornire in cambio prospettive. *Segretario Generale SOMMARIO SINDACATO Esodati, la soluzione arriva ...ma a spese dei pensionati PAGINE 6 E 7 SINDACATO Monte dei Paschi, anatomia della crisi di un istituto storico PAGINE 8 E 9 SINDACATO Il punto sulle vertenze in corso: Unicredit, Hypo Alpe Adria e Ubi PAGINE 14 E 15 POLITICA Dalla Sicilia un messaggio che i partiti devono ascoltare PAGINE 16 E 17 BANCHE Libretti al portatore e obbligo di astensione Ecco le nuove regole PAGINA 21 ( Anno II nuova edizione – numero 13 – NOVEMBRE 2012 Editore: DirCredito Direttore responsabile: Alessandro Cardulli Vice Direttore: Cristina Attuati Comitato di Direzione: Maurizio Arena, Tullio Cotini, Alessandro Cardulli, Cristina Attuati Commissione Comunicazione: Cristina Attuati, Fabio Angioletti, Dante Columbro, Renzo Francabandera, Giulio Pomar, Dante Sbarbati 4 incontri Novembre 2012 ) IDEE & FATTI Hanno collaborato: Maria Grazia Bianchi, Silvio Brocchieri, Tiziano Coco, Teresa Coratella, Antonio Fiore, Veronica Grandetti, Claudio Minolfi, Pietro Santoro, Claudio Stroppa Grafica: Tiziana Gugliandolo Stampa: spedalgraf stampa srl – via Casilina 1670 – 00133 Roma Redazione: via Nazionale 243 – 00184 Roma Reg. Trib. Roma n 441/2005 – Iscritto al Roc n. 13755 chiuso in tipografia: il 26 novembre 2012 ECONOMIA di CRISTINA ATTUATI* na buona parte delle famiglie della classe media italiana è ormai vicina al tracollo. Che la situazione si stia progressivamente aggravando risulta evidente se si passeggia tra le corsie dei supermercati delle nostre città, un tempo forniti di ogni ben di Dio, con interi settori dedicati al cibo da “gourmet”, oggi, disordinati, spesso caratterizzati da esposizioni temporanee di cibi in offerta che si esauriscono in un battibaleno per poi essere sostituite da nuove offerte, quasi sempre di genere diverso. Sempre più piccolo è il numero delle persone che vanno a fare la spesa con una lista precisa di prodotti da acquistare, la maggior parte, infatti, preferisce guardarsi intorno alla ricerca del prezzo più conveniente. Tutto ciò, in un Paese come il nostro, che ha sempre fatto del cibo di qualità non solo un vanto, ma anche un vero e proprio traino economico per le esportazioni, è sintomo di un profondo malessere sociale che non accenna ad arrestarsi e che, anzi, spinge molte famiglie, un tempo completamente autosufficienti, a far ricorso al Banco alimentare. A questo mondo di sfiducia, disagio e rinuncia si contrappone, invece, un universo di pochi che gode di benefici scandalosi e che sperpera il proprio denaro, non tanto per creare valore per se stesso e per gli altri, quanto per esaudire desideri da nababbi, togliersi “voglie” che nemmeno dei sovrani medioevali avrebbero avuto la fantasia di immaginare, appagare un egocentrismo che misura l’uomo e il suo valore non in base a quello che costruisce, ma in base alla ricchezza che possiede. Fino a poco tempo fa ci si prendeva gioco dei principi o degli emiri orientali che erano soliti circondarsi del lusso più sfrenato forse per giustificare un potere ed un prestigio U che non si erano guadagnati democraticamente, oggi, chi può, ne segue l’esempio costruendo il proprio successo sulle difficoltà altrui. Il benessere collettivo è stato spazzato via dall’opulenza individuale, il lavoro è stato travolto dal profitto, l’imprenditoria ha lasciato il posto alla finanza. Tuttavia questo modo di vivere ha il fiato corto, perché non produce progresso. La storia economica recente ci ha insegnato che i paesi che oggi vantano Pil a due cifre, Cina, India, Brasile, un tempo definiti come paesi emergenti, sono riusciti a crescere solo attraverso una progressiva redistribuzione della ricchezza, creando quel ceto medio, mai esistito nelle loro storie nazionali, ed oggi in progressivo sviluppo. Un segmento sociale, quello della middle class, tipicamente europeo e più specificatamente anglosassone che, fin dai tempi della Rivoluzione Industriale si è posto come ponte evolutivo tra la classe operaia e quella imprenditoriale, gettando le basi dello sviluppo e del progresso delle moderne democrazie occidentali. E’ proprio questo il segmento socio-produttivo su cui la crisi economica si è abbattuta con maggiore violenza, distruggendone il potere d’acquisto e, quindi, la capacità di reazione. Scompaginare una struttura sociale, frutto di lotte e di conquiste, spesso durate secoli, nonché di trasformazioni in senso evolutivo del nostro sistema Paese, significa inesorabilmente tornare indietro, rinunciare all’eccellenza e allo sviluppo, perché i paesi dove la ricchezza è concentrata nelle mani di un numero ristretto di individui non solo sono caratterizzati da sistemi politici improntati al totalitarismo, ma tendono ad importare tecnologie, idee e progresso proprio là dove la democrazia e l’equità hanno radici profonde, là dove il valore di un uomo si misura dalle poche cose che crea, non dai molti beni che accumula. *Responsabile Comunicazione ) Il tracollo della classe media: un salto indietro. Nel buio L’analisi La crisi economica in Italia ha ristretto le basi della piramide sociale accentuando le divisioni sociali. Una vera e propria involuzione per tutto il Paese * incontri Novembre 2012 5 SINDACATO Esodati, la soluzione arriva... ma a spese dei pensionati di DANTE COLUMBRO* ei giorni scorsi, in piena emergenza maltempo, con i fiumi che straripavano, sommergendo alcuni centri toscani, nel corso di un dibattito televisivo di una trasmissione serale, uno dei partecipanti definisce, volutamente? Per un lapsus? “esodati” i malcapitati che si erano ritrovati case e negozi sommersi dalle acque dei fiumi straripati; il presentatore lo corregge, precisando: “Lei, forse, voleva definire esondati, con la enne, le vittime delle esondazioni dei fiumi, perché gli esodati, senza la enne, sono tutt’altra categoria”. Dall’avvento del governo Monti si parla di esodati e questo termine è entrato talmente bene nella frequenza verbale che si arriva a confonderlo con uno pressoché simile pur appartenendo ad un’altra, differente, categoria; tuttavia, riflettendoci bene, le due parole, esodati ed esondati, hanno parecchio in comune, perché entrambe si riferiscono a persone che si trovano in mezzo ad una strada: chi in senso ancora puramente metaforico, gli esodati per “colpa” della Fornero e chi in senso vero e proprio, gli esondati per colpa dei fiumi tracimati. Entrambe queste figure meritano la solidarietà comune, perché entrambe sono comunque vittime di una cattiva gestione governativa, in quanto, se ci fosse stata in passato maggior cura verso l’ambiente, probabilmente non ci sarebbero oggi dissesti idrogeologici così frequenti da provocare paurose esondazioni. Analogamente, se fosse stata fatta una precisa e soprattutto preventiva “conta” degli esodati/esodanti con le relative coperture finanziarie fin dal primo decreto ) N La telenovela Se i fondi previsti non saranno sufficienti a garantire tutti, si procederà con il blocco dell’indicizzazione per le pensioni sopra i 3.000 euro (lordi) 6 incontri Novembre 2012 Monti, oggi il problema “esodazioni” non esisterebbe, come pure questo brutto termine linguistico. Il mese scorso, nel commentare quella che era apparsa un’importante dichiarazione del presidente Inps Mastrapasqua ripresa e riportata ai quattro venti dal ministro Fornero, “ogni sede Inps sta rifacendo i conti e il 21 novembre ci saranno finalmente i dati definitivi” con il significato implicito che il problema poteva essere considerato risolto, per prudenza fondata avevamo preferito lasciare ancora in essere il punto interrogativo su questa soluzione. Oggi che il fatidico 21 novembre è passato nulla è successo, non ci sono stati proclami di dati né di conferme sulla definizione del problema. Al contrario, nelle scorse settimane, nel susseguirsi continuo, costante, incessante, di voci, pareri, proposte e controproposte, da parte dei nostri onorevoli “sapientoni previdenziali”, la Ragioneria generale dello Stato, un importante dipartimento del ministero dell’Economia e delle Finanze, che non è un organo politico, ma detiene la vigilanza sulla spesa pubblica ed opera su due sole voci del bilancio dello Stato, entrate e uscite, aveva fatto sapere che, per le ulteriori aggiunte al numero iniziale degli esodati, andava ricercata, trovata e stanziata la relativa fonte finanziaria, senza la quale non se ne sarebbe fatto nulla. La risposta da fonte governativa, ovviamente, non si è fatta attendere: la copertura dovrebbe avvenire, in prima battuta utilizzando i residui relativi ai fondi già stanziati, 9 miliardi e, nel caso non fossero sufficienti, a partire dal 2014, scatterebbe il blocco delle indicizzazioni di tutte le pensioni sei volte superiori al minimo > SINDACATO > (intorno a 3mila euro, ovviamente lordi). Ricapitolando nel dettaglio: un nuovo emendamento della legge di stabilità ha fissato la possibilità, diciamo la quasi certezza, di accompagnare finanziariamente gli ulteriori esodati bloccando l’indicizzazione delle pensioni ricomprese in una larghissima fascia; la conclusione è, quindi, sempre la stessa: si toglie ai pensionati o meglio, nella fattispecie, si blocca il meccanismo perequativo per l’adeguamento delle pensioni all’inflazione. Per tappare, se vogliamo anche giustamente per certi versi, un buco creato dall’inettitudine, si penalizza una massa pensionistica e, sanando un’ingiustizia, se ne crea un’altra. Se proprio si doveva arraffare a piene mani nel solito calderone Inps perché, ad esempio, non si è agito drasticamente sul settore assistenziale, sulle pensioni d’invalidità restringendone i criteri di concessione e di controlli, visto che ormai quotidianamente vediamo filmati di finti ciechi che vanno in bicicletta e che, per decenni, hanno percepito indennità truffaldine per centinaia di migliaia di euro? Neppure stavolta, almeno in questa delicata situazione, si è ipotizzato di ricorrere a tagli sui costi della politica, del tutto inadeguati quelli che sono stati effettuati. Oppure, perché non ritoccare le erogazioni ai cosiddetti baby pensionati, sforbiciare i multicompensi di manager statali vissuti e beatamente ricompensati all’ombra delle lobby di turno con contratti miliardari in lire o milionari in euro? Cosa si aspetta a rivedere le mastodontiche concessioni, di autonomia e di finanza, generosamente regalate alle regioni e alle province “autonome” delle quali non tutte fanno un giusto e pertinente uso? Di domande di questo tenore ce ne sarebbero ancora tantissime, ma non andiamo oltre. Elsa Fornero, nelle sue tante esternazioni, non ha ancora trovato il tempo di dare risposte convincenti e, soprattutto, di tradurre in fatti concreti impegni sempre generici. In attesa della prossima puntata sugli esodati, preferiamo chiudere qui con una calzante massima di don Lorenzo Milani: “La peggiore ingiustizia è trattare in maniera uguale situazioni differenti”. *Commissione Comunicazione * incontri Novembre 2012 7 SINDACATO Mps, anatomia della crisi di un’istituzione storica di VERONICA GRANDETTI ono tramontati i tempi in cui l’azienda in cui si lavorava era un rifugio sicuro, sinonimo di garanzia per se stessi e per la propria famiglia. Fino a pochi anni fa era impensabile che i lavoratori alla soglia della pensione potessero perdere il proprio impiego, ritrovandosi improvvisamente catapultati in una situazione di esclusione sociale, senza più garanzie, nessuno contemplava la remota possibilità di reintegrazione. Le distanze tra i vertici delle aziende e i dipendenti si acutizzano, provocando un conflitto scandito da continue lotte. Vecchi e giovani combattono la stessa battaglia. Tutelare il lavoro, cercando una via di fuga dalla selva oscura della precarietà, dell’insicurezza perenne dall’angoscia per la mancanza di progettualità che vieta l’accesso al futuro. Si susseguono veloci, a scacchiera le manifestazioni, gli scioperi e le astensioni dal lavoro. Non è nuova notizia che anche l’i- S L’Eldorado cinese è in Europa. Pechino si trasforma: da terra di conquista a conquistatore. E per la prima volta, nel 2011, gli investimenti cinesi in Europa hanno superato quelli delle imprese europee in Cina collocandosi a 11 miliardi di euro contro 7 miliardi. I NUMERI INVESTIMENTI Nell’ultimo anno i prestiti erogati dalle banche alle imprese sono diminuiti del 4,1% (pari a 41,8 miliardi di euro), ma per le istituzioni finanziarie e le Amministrazioni pubbliche, i prestiti erogati dagli istituti di credito sono cresciuti rispettiva- PRESTITI 8 incontri Novembre 2012 mente del 20,5% (pari a 40,2 miliardi di euro) e del 4,7% (+ 12,2 miliardi di euro) Sono questi i principali risultati di una ricerca della Cgia di Mestre. Secondo la Coldiretti la crisi inciderà e non poco sul natale degli italiani, che tra regali, cibo e divertimenti spenderanno il 3,7% in meno a famiglia rispetto all’anno scorso, per un budget pari a 551 euro. A provocare la riduzione della spesa sono la crisi e il contenimento delle tredicesime. La voce di spesa che ne viene più influenzata è quella relativa ai regali (che subisce un taglio CONSUMI stituto di credito più antico d’Italia si trovi ad affrontare questa situazione. Le organizzazioni sindacali di Banca Monte dei Paschi di Siena non placano la loro battaglia, continuando giorno dopo giorno, senza mai stancarsi di capire e correggere il piano industriale del gruppo Mps, che sottolineano: “Non può tradursi in un indiscriminato taglio del costo del lavoro”. Ancora nessuna garanzia in merito alla stabilizzazione dei rapporti “precari” in essere, meno che mai, alcuna garanzia del mantenimento di tutte le previsioni contrattuali aziendali con finalità solidaristica tra dipendenti, esodati ed ex dipendenti. In tempi di spending review, anche BMps stava percorrendo la strada della riduzione del costo del personale, a partire dalla riduzione delle retribuzione del Top Management. Una domanda sorge spontanea: a che punto siamo? Ne abbiamo parlato con Luca Bianchi, primo sindacalista DirCredito di Banca Monte dei Paschi. Si è parlato più e più volte dei > dell’8,6%), mentre i divertimenti andranno incontro a una riduzione più moderata (0,3%). In lieve crescita, in termini percentuali, sarà la spesa legata al cibo: +2,1%. Gli ordinativi dell’industria a settembre tornano ad essere negativi, con un ribasso su base mensile del 4%. Lo rileva l’Istat, aggiungendo che su base annua il calo, il tredicesimo consecutivo, raggiunge quota 12,8% (dato grezzo). Se a livello congiunturale pesa la negativa performance del mercato estero, in termini tendenziali è il mercato nazionale a fare peggio. INDUSTRIA > licenziamenti del top management e dei dirigenti. Quali sono le novità? Per quanto riguarda i licenziamenti dei dirigenti, la notizia di questi ultimi giorni è che l’ad Fabrizio Viola ha dichiarato che i 100 dirigenti che volevano fare uscire, in prima istanza distribuiti nel tempo, subiranno un’accelerazione. Saranno 70 entro l’anno. A questo proposito tutte le organizzazioni sindacali hanno presentato l’ennesima rimostranza sui criteri all’azienda, ma anche sui modi. Ricordo che avevano garantito che i primi che avrebbero dovuto allontanare sono coloro che avevano maturato la pensione. Insieme, ovviamente, alla dirigenza più costosa. Vi è pervenuta una lista di nomi con relativa retribuzione? Assolutamente no, nonostante più e più volte l’abbiamo chiesta. L’azienda non ha un disegno industriale chiaro. Se la responsabile delle risorse umane, Ilaria Dalla Riva, ci chiarisse i criteri di allontanamento dei dirigenti, partendo dalle categorie più alte, gli altri 400 dirigenti potrebbero lavorare più tranquilli. Sottolineo che allo stato attuale ci risulta che i licenziamenti pendano sulle categorie dirigenziali con le più basse remunerazioni. Molto diverso il trattamento del top managemant. Licenziati quelli appartenenti alla vecchia dirigenza, per essere sostituita da altri, decisamente più vicini alla nuova gestione della banca. Il risultato è che ci troviamo con la bassa dirigenza che versa in difficili condizioni. Hanno licenziato dirigenti, con stipendi molto bassi, a cui mancano più di dieci anni alla pensione. C’è arrivata voce che alcuni di questi hanno chiesto di rimanere, retrocedendo, come inquadramento a quadro direttivo, pur di non perdere il proprio lavoro, ma, a fronte della richiesta l’azienda ha negato questa possibilità. Non si capisce se sia una negazione assoluta o se ci sia una logica che valuta caso per caso. Cosa rimprovera all’azienda? Il difetto principale non è l’atteggiamento industriale rigido, pesantissimo dal punto di vista di costi per il personale, per intenderci stile Marchionne, ma i proclami e l’assoluta mancanza di chiarezza. I colleghi decidono di andare via, cercando lavoro in altri istituti di credito, perché c’è una situazione di verità offuscata, che ha creato assoluta incertezza tra tutti i lavoratori. È vero che alcuni colleghi del Consorzio operativo hanno fondato un’associazione? Certo. Un’associazione completa anche dal punto di vista legale. I lavoratori, periodicamente, affittano un locale, pagato di tasca propria, e si riuniscono per esternare le loro posizioni, creare nuove idee, nuove possibilità e nuove soluzioni. Io stesso sono stato invitato a prendere parte ad una delle assemblee. Qualche giorno fa, accompagnato da un componente della mia segreteria, presenti anche il segretario Fisac e un segretario Rsu dell’Ugl, abbiamo partecipato all’incontro. I colleghi con toni pacati hanno manifestato la loro “disperazione”. Queste le testuali parole utilizzate. Vera e propria disperazione. Che impressione ha avuto? Hanno lasciato intravedere una mirabile opera di coesione, alla ricerca di contatti e di sinergie con i colleghi degli altri poli di consorzio. In particolare il rapporto stretto che hanno con Mantova. La riunione si è svolta in maniera civile. Molti dei membri fondatori sono persone non coinvolte nel processo di esternalizzazione. Sintomo che si sta creando una coscienza e una consapevolezza della situazione a dir poco profonda. L’associazione, pur condividendo le logiche del sindacato, procede autonomamente. Gli obiettivi sono gli stessi. Procediamo, però, seguendo rotte diverse. Le logiche sia di unitarietà, che di metodologia e di compito, sono inevitabilmente differenti, ma procedono verso una stessa direzione. I loro metodi, sicuramente più fantasiosi, rispetto alla nostra tradizionale metodologia, aiutano e supportano il nostro lavoro. Danno una loro risposta alla situazione. La mia impressione è quella di persone che vogliono dare un contributo, in maniera autonoma. Senza avere le mani legate da una struttura. Se le regole della democrazia sindacale prevedono una serie di categorie di rappresentanza, per loro è un impegno civile. Insieme contribuiremo a creare una maggiore complessità nel clima. Se questo era l’obiettivo principe del presidente Profumo, posso affermare con convinzione che c’è riuscito in pieno. Ricordo però che aveva proclamato rotte ben diverse. * ) SINDACATO Il punto Intervista con Luca Bianchi: “Toni pacati, ma nelle assemblee sento sempre più la parola disperazione” incontri Novembre 2012 9 L’INTERVISTA In Bpm i lavoratori pagani le (ir)responsabilità altrui di FABIO ANGIOLETTI* a Banca Popolare di Milano (Bpm) è una banca cooperativa tra le principali banche popolari italiane; fondata nel lontano 1865, oggi è la capofila di un Gruppo con numeri di tutto rispetto: più di 47mila soci, quasi 8.800 dipendenti, oltre 800 sportelli, un risultato di gestione superiore ai 430 milioni di euro. In un contesto in cui il modello dominante privilegia la ricerca di performances sempre migliori a scapito della “sostenibilità” dei risultati aziendali, si legge nello statuto che Bpm “ha per oggetto di procurare il credito ai propri Soci mediante la cooperazione e la raccolta del risparmio (..) esclusa rigorosamente ogni operazione di mera speculazione”. Le più recenti cronache giornalistiche ci hanno però offerto di Bpm uno spaccato ben diverso, così incline al clientelismo ed al tornaconto personale da indurre vigilanza bancaria e magistratura ordinaria ad indagare sull’incepparsi di un complesso sistema di pesi e contrappesi interni, che una ristretta oligarchia calibrava in funzione dei propri interessi e delle proprie logiche consociative. Un modus operandi ben lontano da quei principi, statutari e vagamente utopici, che si proporrebbero di conciliare giornalmente impresa e solidarietà, attenzione alle persone ed etica creditizia, mutualità e localismo, e sui quali sarebbe auspicabile che ritornasse a focalizzarsi l’attuale governance dopo il vorticoso avvicendarsi di presidenti che, da Ponzellini a Bonomi, si è verificato sotto il pressante impulso delle indagini giudiziarie. Con la presentazione del Piano Industriale 2012-2015, nel cui frontespizio campeggia significativamente lo slogan “La forza del cambiamento”, l’istituto di piazza Meda ) L L’intervista Parla Cristiana Giustizieri, Responsabile dell’organo di coordinamento DirCredito nella Bpm: “Rispettare i patti per rilanciare l’azienda” 10 incontri Novembre 2012 tratteggia un contesto di crescita limitata e di notevole incertezza, un comparto bancario sotto pressione ed un rapporto costi/ricavi migliorabile; in un momento così impegnativo e delicato il confronto con le organizzazioni sindacali rappresenta la più alta opportunità in cui dibattere, apertamente e senza pregiudizi, tanto di efficacia e contenimento dei costi quanto di rappresentatività, professionalità, meritocrazia; senza dimenticare gli investimenti, in assenza dei quali non si attua alcuna crescita che possa preludere a futuri sviluppi. Da qui la necessità di un sistema di relazioni sindacali proficuo, basato su correttezza e trasparenza reciproche che, nell’ambito di un confronto aperto, sia rispettoso delle regole e dei ruoli ed improntato alla ricerca di ogni possibile convergenza. Per meglio comprendere le mille sfaccettature di una realtà così importante e complessa e sentire la voce di chi la vive quotidianamente, abbiamo incontrato Cristiana Giustizieri, Responsabile dell’organo di coordinamento DirCredito in Bpm. Una piccola cooperativa di credito che, attraverso quasi 150 anni di storia, cresce e si afferma sino a diventare “la banca dei Milanesi”: cosa significa ed in cosa si caratterizza l’appartenenza ad una delle principali banche popolari italiane? Non so se si possa parlare di senso di appartenenza come lo si intende per una qualsiasi altra banca; per la cooperativa Banca Popolare di Milano si manifesta in tanti modi e su tanti piani diversi, che spaziano da quelli soggettivi e personali a quelli collettivi, sanciti da una contrattazione aziendale che ancora oggi è all’avanguardia e non rappresenta, come invece direbbero i vari Bonomi, Montani e Rossi (presidente, amministratore delegato e capo del personale dell’istituto ndr), soltanto un maggior costo del persona- > > le rispetto alla media del sistema; appartenenza declinata come un azionariato dei dipendenti diffuso come in nessun’altra Popolare ed in una radicata consapevolezza che il bene dell’Impresa può tramutarsi concretamente nel bene dei singoli dipendenti. A partire dagli anni Novanta la “foresta pietrificata” del sistema bancario italiano si è sempre più trasformata in una “pista da corsa” attraverso una metamorfosi che, per trovare compimento, ha sacrificato sull’altare del liberismo e della globalizzazione i valori di quella tradizione plurisecolare che ne connotava l’essenza e la dimensione umana: come ha vissuto Bpm questo trapasso? È indubbio che anche la Banca Popolare di Milano ha subito, e assecondato, quel processo che ha trasformato le banche da intermediatore economico ad intermediatore finanziario, modificando i bancari in “agenti di vendita”; i lavoratori e le loro Rappresentanze sindacali aziendali in Bpm hanno resistito ad un simile stravolgimento fino a quando hanno potuto e, comunque, sono riusciti a garantire che il rapporto tra la banca ed il territorio fosse prevalentemente incentrato sulla vocazione originaria dell’istituto. Allo stesso modo anche nel periodo Ponzellini (ma bisognerebbe citare anche i Direttori generali Dalu e Chiesa), in cui il la concessione del credito è stata fortemente orientata verso i grandi gruppi, la Rappresentanza dei dipendenti soci si è fatta carico di ottenere il ripristino dell’adeguata attenzione alle piccole e medie imprese, alle famiglie ed ai piccoli risparmiatori. Avrai notato che nella prima parte della mia risposta ho parlato di Rappresentanze sindacali, mentre nella seconda di Rappresentanza dei dipendenti soci. Questa distinzione è fondamentale, perché oggi si vogliono addossare le responsabilità di un certo gruppo dirigente dell’associazione Amici della Bpm a tutto il sindacato, facendo finta di non sapere che diverse organizzazioni sindacali non hanno mai ricoperto incarichi nell’associazione. DirCredito, fin dalla fase costituente dell’associazione Amici, ne ha rappresentato l’anima critica, differenziandosi pubblicamente in momenti cruciali come l’analisi dell’ipotesi di lavoro con Bper e conseguente allontanamento del direttore generale Fabrizio Viola prima e del presidente Mazzotta poi, rei soltanto di aver cercato un’intesa con Bper nell’interesse della crescita della Banca Popolare di Milano e di aver tentato di porre un freno a quelli che erano ormai singoli appetiti divenuti troppo voraci. Proprio questa mancanza di distinzione tra ruolo e responsabilità del sindacato e della Rappresentan- ) L’INTERVISTA Il punto Finanziamenti facili, patti occulti, clientelismo: le ipoteche del passato pesano sul piano industriale 2012-15 > incontri Novembre 2012 11 L’INTERVISTA > za dei dipendenti soci, che anche i giornali colpevolmente perpetuano, gioca a favore dell’attuale governance per diminuire le proprie responsabilità accomunando tutti negli errori e nelle nefandezze, sminuendo il positivo ruolo che il sindacato, quello vero, ha avuto per lo sviluppo dell’impresa Bpm. In un momento storico in cui le commistioni tra finanza, potere ed economia sembrano aver definitivamente sancito il tramonto di un modo di pensare e di agire secondo il quale le banche dovrebbero portare un contributo positivo alla società, Bpm guadagna le prime pagine dei giornali: posto che non sempre si è quello che si appare, qual è l’altra faccia della medaglia? Intanto dobbiamo partire con il dire che la Bpm ed il Gruppo Bpm sono imprese sane, che oggi scontano difficoltà di bilancio non ascrivibili ad una scarsa capacità di “stare sul mercato” né ad uno sproporzionato costo o eccesso di personale; al contrario i dipendenti vengono oggi chiamati a pagare un conto che altri hanno costituito e lasciato insoluto. L’immagine fornita dalla stampa di un gruppo ristretto di “Amici” che governavano tutto e tutti è una semplificazione che fa torto innanzitutto alla professionalità di quanti, interni od esterni alla Bpm, hanno bene operato: non è un caso che anche dalle intercettazioni telefoniche emergano funzionari che si opponevano con tutta la loro professionalità ad un certo uso facile e strumentale degli affidamenti, impedendo che il credito facile si trasformasse automaticamente in perdita. Fermi restando i citati eccessi di pochi che ne hanno sancito il logico scioglimento, le responsabilità della Associazione Amici della Bpm sono da ascrivere alle scelte strategiche e non alla gestione del quotidiano: non ne avremo mai la certezza, ma se l’Associazione avesse perseguito fino in fondo le proprie scelte sull’accordo con Bper, forse oggi non saremmo a questo punto. Scrisse Papa Giovanni Paolo II nell’enciclica “Centesimus annus”: “È necessario un effettivo cambiamento di mentalità che ci induca a adottare nuovi stili di vita, nei quali la ricerca 12 incontri Novembre 2012 del vero, del bello e del buono e la comunione con gli altri uomini per una crescita comune siano gli elementi che determinano le scelte dei consumi, dei risparmi e degli investimenti”: è questa la “Forza del cambiamento” a cui si ispira il Piano Strategico 2012-2015? Tendenzialmente diffido di chi dice di ispirarsi così in alto: credo che la forza del cambiamento stia nel reciproco rispetto e nella distinzione dei ruoli, nel superamento di schematismi quali la richiamata “milanesità” della Bpm, ma soprattutto nel riconoscimento che è stata la parte normativa della contrattazione aziendale a consentire alla Banca Popolare di Milano ed alle aziende del Gruppo la giusta elasticità per affrontare le trasformazioni e le esigenze di mercato, dandole un vantaggio considerevole nella gestione delle risorse umane. In passato in Bpm la contrattazione era permanente; per taluni blasfemia, per altri l’opportunità di poter modellare senza stravolgimenti le norme contrattuali, ricercando sempre quelle reciproche convenienze che dovrebbero essere alla base di qualsiasi accordo tra le parti. Oggi la nuova governance dice che gli interessi devono essere solo quelli dell’impresa, sancendo di fatto la fine della cooperativa nell’incapacità di capire che vivere questa realtà è ben altra cosa dallo studiarla o magari soltanto dal sentirne parlare. Nel mondo del lavoro si incrociano le aspettative dei datori di lavoro e dei lavoratori; tra poco più di un mese è il 25 dicembre: quale regalo vorresti che Babbo Natale portasse alla Bpm? Regali non ne vogliamo da nessuno, e poi diciamo la verità: il presidente Bonomi, l’amministratore delegato Montani ed il direttore generale Rossi proprio non li vedo nelle vesti di Babbo Natale! Quello che mi sento di chiedere è piuttosto un rapido riavvio delle trattative dopo le assemblee che stanno confermando il credito alle delegazioni sindacali; e se proprio devo fare un auspicio, sia quello di poter chiudere il negoziato per Santa Lucia. * Commissione Comunicazione * SINDACATO di GIULIO POMAR* ltre volte ci siamo intrattenuti su questa rivista circa l’acuirsi in Italia dei sempre più evidenti fenomeni di riduzione della compagine dirigenziale (sia pubblica che privata). Una riduzione stimata all’inizio dell’estate scorsa dall’Istat in un complessivo 20% nell’ultimo triennio, tendenza da cui non è immune neppure il sistema del credito nel quale di recente si va accentuando. Molte aziende infatti, facendo leva sulla crisi dei mercati e sulla necessità di ridurre significativamente i propri costi, hanno preso particolarmente di mira questa categoria (in particolare la sua base meno retribuita ma più numerosa) che, pertanto, sta vivendo un disagio sempre più palpabile ed una situazione di incertezza che rischia di comprometterne la valenza in azienda. Su questo argomento siamo in grado, oggi, di segnalare il recente ed autorevolissimo intervento della Commissione europea che ha deferito l’Italia alla Corte di Giustizia per non avere tradotto in adeguate e coerenti norme interne – proprio con specifico riguardo ai dirigenti – la direttiva europea che impone l’obbligo per i datori di lavoro, che intendano ricorrere a licenziamenti collettivi, di consultare preventivamente i rappresentanti dei lavoratori al fine di giungere ad un accordo (direttiva 98/59 recepita tramite legge 223/91). In tali consultazioni, recita la nota della Commissione, “devono essere esaminate le possibilità atte ad evitare i licenziamenti collettivi o ridurre al minimo il numero degli stessi, nonché le eventuali misure volte ad attenuare le conseguenze dei licenziamenti at- A traverso interventi sociali di accompagnamento volti a facilitare la riqualificazione e riconversione dei lavoratori licenziati”. Insomma, mentre in Italia il comportamento delle imprese, soprattutto verso questa categoria di lavoratori pur sempre subordinati, diventa ogni giorno più aggressiva, finalmente si alza una voce (dall’Europa!) che sottolinea come la loro esclusione dalle procedure ordinarie previste per gli altri lavoratori non sia soltanto discriminatoria ed ingiustificata, ma abbia anche la potenzialità di riflettersi indirettamente e negativamente (come da sempre sosteniamo) anche su tutti gli altri dipendenti. I dirigenti – viene specificato a chiare lettere – devono essere trattati non solo in modo omogeneo in tutti gli Stati dell’Unione, ma come tutti gli altri lavoratori coerentemente con i diritti fondamentali ad essi riconosciuti. Nonostante queste contestazioni siano semplici e chiare, i dirigenti continuano ad essere discriminati, in Italia, persino dai Tribunali che spesso li escludono – compresi quelli con elevato grado di competenza ma che non hanno un potere definito nella gestione dei mezzi di produzione aziendali – persino dal semplice conteggio del totale dei licenziamenti che si intendono operare. Che dire, poi, delle scarne garanzie procedurali che li riguardano anche con riferimento all’informazione ed alla consultazione di chi li rappresenta sul posto di lavoro. I dirigenti si dovrebbero convincere, lo ribadiamo ancora, che solo un’adesione significativa alla nostra sigla – che ne ha la piena legittimazione – potrà loro offrire la competenza specifica del nostro sindacato nel sostenere le giuste rivendicazioni della categoria. * Commissione Comunicazione ) Dirigenti, dall’Europa una bacchettata all’Italia Deferiti La Commissione europea si rivolge alla Corte di giustizia: “L’Italia adotti norme coerenti sulle procedure di licenziamento” * incontri Novembre 2012 13 SINDACATO Unicredit, esternalizzazioni con troppi punti interrogativi di CLAUDIO STROPPA* roseguono le azioni di sciopero dei lavoratori del Consorzio di servizi del Gruppo Unicredit, in risposta alle decisioni assunte dal top management di piazza Cordusio, in merito all’esternalizzazione di circa 2.200 lavoratori a livello europeo (di cui oltre 800 in Italia). Il progetto di outsourcing, denominato “Newton”, secondo i vertici aziendali, dovrà produrre in 10 anni circa un miliardo di euro di risparmi, permettendo di cogliere al contempo le opportunità di business offerte dal mercato “extra captive”. Un mercato che si vorrebbe “aggredire” tramite il conferimento di pregiati rami d’azienda, come Ict e backoffice, a neo costituite società di servizi, partecipate a maggioranza da più o meno note società multinazionali del settore tecnologico. P Hypo Alpe Adria: ritirata austriaca opo l’annuncio di 118 esuberi dello scorso 10 settembre, in assenza di accordi con le organizzazioni sindacali, Hypo Alpe Adria Bank ha avviato la procedura di licenziamenti collettivi ex Legge 223/1991. A seguito del rifiuto di attivare le forme di solidarietà occupazionale previste dal Ccnl del Credito, durante l’ultimo incontro del 15 novembre i sindacati, in totale assenza di informazioni sulle future strategie della banca, hanno ricevuto un secco rifiuto anche su una possibilità di concordare forme di esodi volontari incentivati. Le dichiarazioni della controllante austriaca, nazionalizzata nel 2009 a seguito della crisi sistemica e delle scelte strategiche sbagliate messe in campo dalla precedente dirigenza, che ha affermato di voler rinviare al 2016 il piano di dismissioni delle controllate estere, fanno presupporre l’assenza di soggetti potenzialmente interessati all’acquisizione della banca italiana. Per contro, gli unici interventi per mantenere in equilibrio i bilanci sono stati individuati nel taglio dei costi del personale tramite il licenziamento indiscriminato dei lavoratori. La conquista del ricco nord italiano da parte della finanza viennese è giunta alla resa dei conti? Siamo di fronte ad una nuova ritirata austriaca a discapito dei lavoratori italiani? Questo è un comportamento inaccettabile: dopo che la controllante ha intascato per anni cospicui utili, ora che i margini vengono meno per motivi non imputabili al personale impiegato, la proprietà è intenzionata a scaricare sul tessuto sociale italiano gli errori di una dirigenza incompetente e privilegiata. PIETRO SANTORO D * 14 incontri Novembre 2012 Le organizzazioni sindacali e i lavoratori del gruppo Unicredit sono estremamente preoccupati perché, in questi ultimi quattro anni, la crisi economica ha tagliato, a livello mondiale, il valore di mercato dei maggiori player del settore dei servizi, costretti a ridimensionare pesantemente il loro personale per fronteggiare la drastica riduzione della specifica domanda. Tale segmento di mercato, in Italia, registra una situazione ancor più difficile, con aziende storiche costrette a ricorrere sistematicamente alla cassa integrazione o in molti casi a chiudere per fallimento: oltre 1.400 dossier, che interessano circa 146.000 lavoratori giacciono sul tavolo del ministero del Lavoro aggravando i livelli della disoccupazione soprattutto giovanile (un giovane su tre non riesce a trovare un lavoro e, tra quelli che lo trovano, otto su dieci hanno un contratto da precario). Non si capisce quindi quale dovrebbe essere questo mercato “non captive” in grado di garantire ai circa 800 lavoratorii italiani, da esternalizzare, la stabilità del posto di lavoro e il mantenimento del proprio livello salariale e professionale. Le organizzazioni sindacali di Ubis contestano, inoltre, ai vertici di Unicredit l’ingiustificato numero di consulenti all’interno del gruppo, in particolare in Ubis, costati nel bilancio 2011 oltre 400 milioni di euro. Il tutto con una spesa media per consulente di circa 132.000 euro contro il costo medio di un lavoratore del settore della finanza di circa 74.000 euro. Si potrebbero realizzare risparmi prossimi al miliardo di euro in soli 5 anni se si riducesse drasticamente l’onerosità delle consulenza invece di sacrificare le numerose professionalità presenti nel Consorzio. *Coordinatore nazionale DirCredito in Ubis * SINDACATO l pesante clima che da anni si respira nel settore del credito continua a produrre raffiche di espulsioni, morbide o coatte, di bancari, a qualunque livello di professionalità essi appartengano. Le banche, caparbiamente intenzionate a far quadrare i loro conti riducendo i livelli occupazionali, non valutano con la dovuta oculatezza la dispersione del patrimonio di competenze di cui i loro dipendenti sono portatori grazie alla partecipazione a corsi formativi e all’esperienza maturata in anni di attività operativa. In passato, invece, il settore creditizio era più attento all’effettiva formazione professionale delle risorse umane, destinando a tale scopo cospicue risorse pur di salvaguardare la qualità del prodotto e, soprattutto, del servizio erogato. Si riteneva che questa fosse la strada per non perdere punti in capacità competitiva e in penetrazione commerciale, rischiando di cedere quote della propria clientela alla sempre più aggressiva concorrenza. Rientrano nella logica dei risparmi gestionali le correnti voci, sempre più insistenti, che in Ubi I danno in uscita 70 dirigenti del gruppo con l’attivazione di prepensionamenti o con riassunzioni in inquadramenti inferiori o, in ipotesi estrema, con il ricorso a licenziamenti. Certamente la governance dei grandi gruppi bancari, nati dall’accorpamento funzionale o societario tra storiche realtà del nostro panorama creditizio, non può che pesare sui bilanci aziendali con inevitabili costi. Il problema sta nell’esuberanza delle voci contabili, determinata dalla pletorica esistenza o sopravvivenza di popolosi e numerosi consigli di amministrazione, comitati esecutivi o quant’altro, attraverso i quali si preservano equilibri tra i vari centri di potere che, nel convergere nella nuova superbanca, hanno innanzitutto voluto tutelare reciproche prerogative e aree di influenza. Se tanti lavoratori devono essere sacrificati per il futuro della banca, sarebbe bene iniziare a tagliare i costi apicali di struttura anziché continuare a provocare nuova disoccupazione con aggravio delle già difficili problematiche sociali. A.F. ) Ubi, i dirigenti se ne vanno, gli sprechi restano. Tutti Voci Si parla di 70 dirigenti in uscita, fra prepensionamenti, riassunzioni in inquadramenti inferiori, fino ai licenziamenti * incontri Novembre 2012 15 POLITICA La lezione della Sicilia: cosa serve per cambiare di ANTONIO FIORE l dilagare della cosiddetta “antipolitica” si è materializzato alle recenti elezioni regionali siciliane: il 70% del corpo elettorale dell’isola si è astenuto o si è espresso con voto di protesta. Si è interrotta, quindi, la sequenza di alte percentuali di votanti, sempre registrate nelle precedenti tornate elettorali della nostra era repubblicana. Quali le possibili cause della disaffezione al voto e della protesta alla “politica”? E’ d’obbligo il collegamento al difficile momento che sta vivendo il Paese, stretto, da un lato, dai problemi dell’elevato debito pubblico, della lunga fase economica recessiva e dell’insopportabile pressione fiscale; dall’altro, dai deplorevoli comportamenti dei nostri politici, che determinano, nell’immediato, grande risonanza mediatica ma restano per lo più impuniti grazie a immunità, prescrizioni e ipergarantismi processuali. Il fisco è divenuto opprimente in risposta alla continua espansione delle esigenze finanziarie del bilancio statale; i tagli alla spesa pubblica, quando apportati, sono stati lineari invece che selettivi, perché ne è stata evitata la razionalizzazione, con cui avremmo potuto restringere l’area dei costi improduttivi e dei privilegi esistenti. Più di recente, l’anticipo del pareggio di bilancio al 2013, preteso dall’Europa, ha costretto i nostri governi a ulteriori manovre correttive per oltre 100 miliardi di euro, con un aumento della fiscalità di tre punti nel momento in cui eravamo già nel gelo della crisi economica, che ha colpito l’Italia prima di allargarsi al resto del Continente. Gli interventi governativi hanno continuato a colpire pesantemente i percettori di reddito medio/basso, tra cui la grande maggioranza dei lavoratori subordinati e dei pensionati, con conseguente fles- ) I L’analisi Oltre il 70 per cento degli elettori dell’isola si è astenuto oppure ha scelto un voto di protesta. Fisco, tagli e questione morale sono i punti da cui ripartire 16 incontri Novembre 2012 sione dei consumi di massa, tornati ai livelli degli anni ‘90. Da qui l’ulteriore avvitamento della nostra economia che è passata dalla stagnazione all’attuale recessione, ben più incisiva di quella prevista. Si è ridotto il reddito medio spendibile, accompagnato da: un preoccupante aumento della mortalità imprenditoriale, licenziamenti a catena e aumento della disoccupazione, blocco degli investimenti pubblici e privati nonché compromissione della nostra capacità di risparmio. Questo è il risultato del rigore, impostoci dall’Europa e preteso dai mercati finanziari, divenuti riottosi verso i titoli del debito pubblico italiano fino a provocare un eccessivo e ingiustificato distacco (spread) tra i tassi pagati dai nostri Btp decennali e quelli dei Bund tedeschi. Ne ha risentito il nostro sistema di welfare: sono stati compressi i servizi sanitari e sociali; è stata varata una riforma pensionistica particolarmente severa; è stato bloccato il turnover dei dipendenti pubblici, ritardandone la progressione retributiva, il tutto senza troppo badare alle dinamiche che si sarebbero attivate nella società e nella nostra economia, da tempo afflitta da bassi tassi di sviluppo e, più di recente, dall’avversa congiuntura internazionale. Ciò detto, dovremmo chiederci: se l’entità della spesa pubblica italiana è tale da provocare un perenne deficit del bilancio annuale pur in presenza di un elevato prelievo fiscale, non dovremmo aspettarci un livello qualitativo medio dei nostri servizi all’altezza di quello dei Paesi più avanzati? Se questo non è, che fine fanno i quattrini dei contribuenti? Se la spesa è elevata e la pressione fiscale pure, significa che la macchina dell’area pubblica assorbe troppe risorse e, se in passato ce lo potevamo permettere, ora che abbiamo rinunciato alla vecchia “lira” e ci confrontiamo con sistemi politici, amministrativi, sociali e economici più > POLITICA > virtuosi del nostro, dobbiamo procedere con assoluta urgenza alle riforme strutturali, se vogliamo essere protagonisti e non gregari nell’Eurozona. La classe politica, per contrastare la marea montante della protesta, deve rinnovarsi negli uomini e nelle idee, abbandonando logiche di governo della cosa pubblica non trasparenti, familistiche, clientelari e a rischio di interesse privato; deve presentarsi agli elettori con articolate proposte di riforme che invertano la tendenza attuale e ci pilotino verso la ripresa economica. I programmi dei partiti devono concentrarsi seriamente su: spending review (dalla quale possono attendersi risparmi di almeno 80 miliardi); lotta all’evasione fiscale e alla dilagante corruzione (la prima, stimabile in almeno 100 miliardi di euro di mancato gettito e la seconda Serve un profondo processo di rinnovamento dei partiti per riconquistare la fiducia dei cittadini in altri 60 miliardi annui, secondo la Corte dei conti). Se i partiti politici impegneranno le loro migliori energie in tal senso, se alla fine naturale della prossima legislatura saranno stati capaci di recuperare anche solo la metà delle risorse finanziarie di cui si è detto, otterranno di nuovo la fiducia degli elettori perché potranno procedere a un vero contenimento del cuneo fiscale, ridisegnando la curva dell’Irpef, attualmente troppo sbilanciata in favore dei redditi più alti. Veniamo, infine, all’annoso problema del nostro debito (pari a oltre il 120% del Pil) che ci costerà nel 2012 più di 80 miliardi di interessi passivi, previsti in crescita negli anni successivi. Su quest’ultimo argomento tanto si dice ma troppo poco si fa. Eppure abbiamo un patrimonio pubblico (statale, regionale e locale), tra cespiti immobiliari e partecipazioni societarie, stimato in almeno 400 miliardi oltre a 70/80 miliardi di riserve auree. Non è finita qui, perché tutti ci riconoscono altri assi nella manica: disseminati dappertutto, in mille musei e siti vari, abbiamo beni culturali, artistici, archeologici e architettonici per un valore, da tutti ammesso, di circa il 70% del totale mondiale; inoltre possiamo vantare un patrimonio privato da primato (valutabile nel complesso 9.000 miliardi tra immobili e non). Se l’Europa non può o non vuole aiutarci erogandoci quanto necessario per rientrare nel parametro del trattato di Maastricht (debito pubblico non superiore al 60% del Pil nazionale), applichiamoci a varare un “Prestito per l’Italia”, a lunga scadenza. Potremmo spuntare dagli investitori italiani ed esteri tassi di interesse abbastanza bassi perché il relativo rischio sarebbe molto ben garantito da questi nostri asset; una frazione di esso (per esempio il 30%) potrebbe esser destinato a finanziare infrastrutture anche tecnologiche e la ricerca, con cui dare ossigeno all’economia, migliorando la nostra competitività; il resto andrebbe a rimborso dei titoli di Stato in scadenza fino a ridimensionare il livello del nostro debito al 90/100% del Pil. In conclusione, se abbiamo perso troppo tempo in cose inutili e dannose, che alimentano il diffondersi dell’antipolitica, rimbocchiamoci le maniche e ricostruiamo questa nostra Italia che reclama, per le tante eccellenze di cui è prodiga, un ruolo trainante tra i paesi d’Europa. * incontri Novembre 2012 17 L’ANALISI Molise, un quadro economico con troppe contraddizioni ) di MARIA GRAZIA BIANCHI* Viaggio in Italia Cala l’occupazione, in particolare nel settore delle costruzioni, meno prestiti dalle banche alle famiglie. Il turismo va in controtendenza: più 20 per cento di presenze 18 incontri Novembre 2012 l quadro dell’economia regionale del Molise presenta aspetti contraddittori, comunque nel complesso si presenta negativo. Partiamo dal mercato del lavoro che ha registrato una flessione nell’occupazione pari a –1,0% ed il tasso di occupazione si è attestato al 50,6%. La dinamica negativa ha riguardato maggiormente il lavoro maschile (–1,9%) e quello dipendente (–2,1%) ed è stata particolarmente intensa nel settore delle costruzioni (–7,6%). Per quanto riguarda l’andamento del mercato bancario si registra un indebolimento con i prestiti alle famiglie consumatrici scesi al 3,4%, (nel 2010 era al 5,3%). Il credito alle imprese ha ristagnato rispetto all’anno precedente (0,4%), continuando a risentire di condizioni di offerta sempre più selettive. I prestiti al terziario sono invece aumentati (1,4%) e l’incremento si è concentrato nel commercio, nei trasporti e nel settore dell’energia anche per la realizzazione di impianti fotovoltaici. Nel 2011 il flusso di nuove sofferenze delle banche e delle finanziarie è stato pari a 65 milioni di euro, con l’incidenza sul totale dei prestiti salita al 5,9%. In Molise sono presenti 26 aziende bancarie, con 144 sportelli attivi. Il numero medio di dipendenti per sportello è pari a 6, che è il più basso a livello nazionale. In controtendenza rispetto ad altri settori, l’attività turistica regionale. Dopo la flessione del biennio precedente, ha registrato una robusta ripresa con le presenze aumentate del 26,0% grazie all’incremento del turismo interno e all’ampliamento della ricettività turistica (+7,1%), concentrata nelle strutture extra alberghiere (+10,3%), in particolare alloggi agrituristici e “bed and breakfast”. La ripresa è stata più intensa I nella provincia di Campobasso (30,1%) per l’andamento positivo dei soggiorni estivi sulla costa. Per quanto riguarda il mercato immobiliare si registrano due dati solo in apparenza contradditori. Si è registrata una crescita del 5,4% nel numero delle compravendite, dopo il significativo calo del 2010 (10,5%). E’ proseguita invece la contrazione dei prezzi reali delle abitazioni (–1,9%) in atto dal 2004, mentre i prezzi nominali sono cresciuti dello 0,8%; esaminando alcuni dati delle atività produttive e delle vendite si segnala l’aumento della produzione di cereali che fa registrare un +16,6%, (+ 12,0 % nel 2011) mentre le coltivazioni industriali hanno registrato una contrazione del 25,8%; il raccolto del comparto olivicolo è diminuito del 10,5%; in aumento in Molise le vendite di prodotti in gomma e materie plastiche sono aumentate del 2,1% e quelle di alimentari del 9.5%, mentre l’export si è ridimensionato a causa della netta contrazione delle esportazioni di prodotti tessili e dell’abbigliamento (–31,8%) e di sostanze e prodotti chimici (–6,8 %); La Regione Molise ha posto in essere alcune “Misure anticrisi urgenti per fronteggiare le difficoltà economico-finanziarie delle aziende agricole”, che si pongono anche l’obiettivo di migliorare la competitività del comparto agricolo ed agroalimentare regionale rispetto ai corrispondenti sistemi dei nostri principali competitor. Inoltre, tramite la Finmolise, si è provveduto a facilitare l’accesso al credito alle imprese, oltre a concedere agevolazioni a favore dei “giovani che innovano”. Centrali per la ripresa economica risultano i Confidi molisani, che garantiscono circa 40 milioni di euro di finanziamenti erogati, con percentuali di insolvenza tra i più bassi d’Italia (solo 1%). *Rsa DirCredito IntesaSanPaolo * Segreteria nazionale Entra Tiziano Coco POSTE La Cisl si conferma il primo sindacato delle Poste Italiane. Nelle elezioni delle Rsu che si sono svolte nei giorni scorsi in tutti gli uffici postali, la Cisl Poste ha raggiunto il 47% dei voti, seguita dalla Cgil con il 20%, laUil con il 12%, Failp e Confsal appaiati al 7% e l’Ugl con il 5,5%. COMMERCIO ordialità, simpatia, generosità e disponibilità. E poi tantissima professionalità, passione e competenza per gli argomenti che tratta e discute, spesso con forza ed ardore. Sono senza dubbio queste le caratteristiche principali della personalità di Tiziano Coco che da pochi giorni è entrato a far parte della Segreteria nazionale di DirCredito. Impegno, serietà e passione che Coco ha mostrato già al momento del suo ingresso nel sindacato, avvenuto circa 10 anni fa. Tiziano è dunque soprattutto un dirigente-trascinatore; tra le sue tante caratteristiche personali, infatti, quella del “talent scout” forse lui non se l’aspetta proprio. Le relazioni umane che ha sviluppato sul territorio gli hanno consentito di costruire intorno a sé una squadra di sindacalisti alle prime armi, ma non per questo meno motivati. Tiziano Coco è nato a Velletri (Roma), vive a Latina, compie cinquantadue anni proprio in questi giorni e C approda alla Segreteria nazionale dopo aver svolto un eccellente lavoro in Bnl soprattutto da quando questa è entrata nel mondo del colosso Bnp Paribas, cioè dal 2006. Prima come Rsa a Genova, poi come responsabile del Gruppo Roma, Coco ha saputo creare le condizioni per un coinvolgimento concreto e dinamico di tutta la struttura aziendale. E’ entrato a far parte dell’organo di coordinamento Bnl nel 2010. Forte l’intesa con Gianfranco Mastino, Responsabile del Coordinamento aziendale e di gruppo che di lui dice: “Tiziano è un dirigente sindacale di spessore ed insieme ci aspettiamo di rafforzare la presenza di uomini e donne Bnl nella struttura nazionale”. In bocca al lupo dunque a Tiziano. E un augurio sincero anche a Guido Antolini, Segretario nazionale uscente, che continuerà ad occuparsi a tempo pieno per conto della la Segreteria nazionale di “Partecipazione dei lavoratori”, tema che il DirCredito ha sempre ritenuto centrale. C.A. * Filcams Cgil, Fisascat Cisl e Uiltucs esprimono alla Confesercenti sostegno ed adesione per la raccolta firme sulla legge di iniziativa popolare per “Libera la Domenica. I sindacati di categoria disponibili ad iniziative comuni”. Dunque, si estende il consenso all’iniziativa promossa da Confesercenti con Federstrade su ‘Libera la Domenica’ e che prevede la raccolta di firme per una legge di iniziativa popolare che corregga gli eccessi della liberalizzazione sulle aperture domenicali e restituisca alle Regioni la potestà di decidere. SOSTENIBILITÀ Il segretario della Fiom Cgil Maurizio Landini pensa che la crisi renda indispensabile “aprire la discussione su come si produce, quanto si produce e che sostenibilità ambientale ha. Siamo di fronte ad un’evidente crisi del modello di sviluppo di questi anni, con la chiusura di fabbriche e il rischio di licenziamenti. E’ chiaro che riprodurre quel che c’è nei sistemi occidentali e in tutto il mondo vuol dire distruggere il pianeta a causa di problemi ecologici, e di comportamenti e consumi errati che portano all’ingiustizia sociale”. GLI ALTRI TESSILE Via libera alla piattaforma unitaria per il rinnovo del contratto del settore tessile abbigliamento e calzature in scadenza il prossimo marzo 2013. Ad approvarla l’assemblea di Femca-Cisl, FilctemCgil e Uilta-Uil. Tra le richieste quella di aumento medio salariale di 132 euro nel triennio 2013-2016 e dell’erogazione di 250 euro a carico di quelle aziende che non effettuano la contrattazione aziendale. SINDACATO Il mito del modello tedesco, conoscere per capire di SILVIO BROCCHIERI n un’Italia afflitta dalla crisi, alle prese con una riforma del lavoro incentrata sulla deregulation piuttosto che sulla soluzione del problema occupazionale, lo stereotipo del “modello tedesco” è la nuova moda del dibattito politico sindacale. Alla fine del conflitto mondiale l’Europa è in sofferenza ed in particolare la Germania; un Paese distrutto ed una situazione economico/finanziaria devastanti. Ricostruire senza conflitti sociali è la priorità; nasce così un nuovo schema di relazioni industriali, l’embrione del “modello tedesco”. E mentre in Italia l’orientamento è quello della conflittualità tra “padrone” e lavoratori, in Germania prende piede una forma di democrazia aziendale fondata sul consenso partecipativo e collaborativo che porta, già nel ‘51, alla nascita della “Mitbestimmung” (co-determinazione), definitivamente ordinata dal governo Schimdt nel 1976. La cogestione – meccanismo di concertazione con il quale i lavoratori partecipano ai processi decisionali delle aziende – è la forma di governance più diffusa nelle grandi e medie imprese tedesche; non è obbligatoria, ma se richiesta dai lavoratori, in presenza dei requisiti di legge, non può essere negata dal datore di lavoro. Per legge, nelle ditte con più di cinque addetti, questi partecipano alle decisioni delle società con i Consigli di fabbrica (Betriebsrat) – composti interamente da dipendenti eletti dai lavoratori – che la legislazione, cosa importante, identifica quali strutture solo di fabbrica, tant’è che i membri sono tenuti al silenzio anche in presenza di notizie e scelte che implichino danni per i lavoratori stessi. Il sindacato non può presentare candidature proprie, ma solo sostenere singoli individui che pertanto non as- ) I Le caretteristiche Consigli di fabbrica e di sorveglianza, il ruolo dei sindacati, norme rigide sugli scioperi. Ma è possibile applicarlo al nostro sistema economico? 20 incontri Novembre 2012 sumono alcun obbligo. Altro organo di partecipazione sono i Consigli di sorveglianza, (Aufsichtsrat) composti per metà dai rappresentanti della proprietà (tra i quali il presidente, il cui voto vale doppio) e per metà da quelli dei lavoratori – di nomina direttamente sindacale solo in parte minoritaria – che, in tal modo, possono a loro volta influire sulle decisioni dei Consigli di amministrazione (Vorstand). L’entrata dei sindacati in azienda non è quindi così pacifica perché il diritto di rappresentanza si basa sul consenso tra le due parti. Anche il diritto di sciopero è soggetto ad una regolamentazione rigida: non sono consentiti scioperi con finalità politiche, la proclamazione di uno sciopero generale di categoria deve coinvolgere almeno il 51% degli addetti del settore interessato ed essere convalidato da una maggioranza del 75% dei votanti. L’errore da non commettere è credere che le esperienze estere possano essere trapiantate “tout court” nel nostro contesto, un sistema industriale molto frazionato, costituito per lo più da piccole imprese (spesso a carattere artigianale), con pochi dipendenti. Né si può pensare di importare solo parzialmente un modello, come quello tedesco, rigidamente regolamentato e culturalmente radicato. Da non trascurare poi che spesso, in Italia, si confonde ancora la cogestione con la partecipazione dei piccoli azionisti che, diversamente, assumono il rischio d’impresa in prima persona. Allora, siamo pronti a mettere in gioco lo Statuto dei lavoratori, la rappresentanza sindacale di base, per la “partecipazione”? Sarebbe forse più interessante mirare a un’evoluzione culturale ispirata a una reale unità sindacale e a forme di relazioni industriali più collaborative alla “tedesca”, diverse dalla concertazione... con un adeguato supporto legislativo. * BANCHE di DANTE SBARBATI* l 17 ottobre 2012 sono entrate in vigore alcune importanti modifiche del decreto legislativo 21.11.2007 n. 231 che hanno introdotto l’aumento delle sanzioni previste per le violazioni dei limiti di saldo dei libretti di deposito al portatore (1.000 euro) e del loro trasferimento, senza le dovute comunicazioni, da un minimo del 30% al 40% del saldo del libretto e la fissazione del nuovo limite operativo per i “cambiavalute”, che potranno vendere ed acquistare valuta estera utilizzando come mezzo di pagamento contanti o assegni fino ad euro 2.500 (ex 1.000). Sono stati inoltre forniti chiarimenti in materia di assegni bancari e postali emessi senza la clausola di non trasferibilità, stabilendo che il trasferimento e la presentazione all’incasso di titoli bancari e postali emessi all’ordine del traente da parte di soggetto diverso, costituiscono violazione. A ciò va aggiunta l’introduzione di una nuova formulazione dell’obbligo di astensione. Prima, le banche ed i professionisti qualora non fossero in grado di rispettare, all’atto dell’accensione del rapporto, gli obblighi di adeguata verifica della clientela erano tenuti ad astenersi; ora tale obbligo è stato esteso anche al rapporto in essere, qualora ci sia l’impossibilità di raccogliere compiutamente le informazioni ritenute obbligatorie per l’aggiornamento del profilo di rischio del cliente. La normativa è destinata ad incidere pesantemente sull’operatività degli intermediari finanziari, in particolar modo delle banche. Il principio sancito nel provvedimento è quello per cui l’assenza delle informazioni, necessarie all’intermediario per attribuire il corretto profilo di rischio, comporta l’impossibilità di mantenere in essere il rapporto I contrattuale e ne determina l’automatica risoluzione. Questa rigida interpretazione dell’operatività (sospesa il 19 ottobre e tutt’ora in attesa di chiarimenti tecnici da parte di Bankitalia) presenta aspetti di non facile applicazione, perché la banca sarebbe tenuta – in assenza di adeguate informazioni atte a precisare il profilo di rischio del cliente – a chiudere il rapporto in essere e a girarne le attività ad altro intermediario con bonifico motivato. Se i dati occorrenti a eseguire la rimessa non le sono noti, come sperare di ottenerli da un cliente che ha rifiutato di darle le informazioni generali che le avrebbero consentito di mantenere in vita il rapporto? Anche se ciò fosse possibile, la banca sarebbe comunque obbligata a precisare a quella destinataria di essere stata indotta al trasferimento della somma per l’impossibilità di profilare correttamente il cliente, motivazione che indurrebbe, di fatto, il ricevente a segnalare nei modi d’uso tale operazione come sospetta. L’art. 23 comma 1 del Dlgs impone alla banca oltre alla restituzione al cliente del denaro, anche l’obbligatoria contestuale liquidazione delle disponibilità in essere diverse dal denaro (fondi, titoli), esponendola, così, a responsabilità risarcitorie per l’eventuale vendita in perdita, pur se limitata, del capitale investito. In attesa di istruzioni da Bankitalia, l’Abi ha ottenuto una sospensione dell’efficacia del provvedimento per le riferite problematiche operative. E’ opportuno che le banche pubblicizzino al massimo la nuova norma, perché la clientela sia informata delle spiacevoli conseguenze legate alle segnalazioni dei rapporti all’Uif in caso di riscontrate carenze informative non sanate per tempo, sollecitandola a dare piena collaborazione. * Commissione Comunicazione ) Libretti al portatore e obbligo di astensione: nuove regole Il decreto Entrate in vigore a ottobre, le norme restano ancora controverse. L’Abi ha richiesto chiarimenti tecnici a Bankitalia * incontri Novembre 2012 21 RUBRICHE Il filo d’Arianna Suggerimenti utili per districarsi nel labirinto della vita quotidiana a cura di CLAUDIO MINOLFI n Europa e nel nostro Paese esistono, da anni, tutele del consumatore nei confronti del venditore o del fornitore, che gli riconoscono il diritto ad essere garantito affinché i beni e servizi acquistati siano idonei al loro uso abituale, siano conformi all’utilizzo descritto per la specifica tipologia, abbiano le qualità e corrispondano alle prestazioni ragionevolmente attese dal Consumatore. Detta garanzia ha una validità di due anni dall’acquisto, con data certificata dallo scontrino fiscale o da altra prova certa. Le contestazioni e le relative richieste di soluzione vanno effettuate nei 60 giorni dalla scoperta delle difformità (mediante raccomandata con ricevuta di ritorno, salvo formale riconoscimento del venditore) sempre che l’acquirente non le conoscesse già o non potesse rilevarle con la normale diligenza. Per la definizione dell’avviata procedura di contestazione, si potrà chiedere la sostituzione o la riparazione del bene a spese del venditore, sempre che non sia troppo oneroso o difficile, nel qual caso sarà possibile chiedere una congrua riduzione del prezzo o la risoluzione del contratto con restituzione di quanto pagato. Analoga garanzia, in assenza di difetti al momento dell’acquisto, opera pure per l’installazione del prodotto se fatta dallo stesso venditore o se è l’acquirente a provvedervi ma non sorretto da corrette e comprensibili istruzioni. Anche l’acquisto di prodotto usato o rigenerato gode della stessa garanzia, tenendo però conto delle caratteristiche presentate e dello stato d’uso, ma il venditore potrà ridurne il periodo di validità (non così per il “nuovo”) purché esplicitamente e a ) I Commercio La tutela del consumatore in caso di acquisto di prodotti difettosi o di servizi non conformi alle aspettative 22 incontri Novembre 2012 non meno di un anno. Anche per gli acquisti effettuati al di fuori di un negozio o, come oggi molto più spesso accade, via internet, esiste una normativa, soprattutto europea, che pone una serie di regole, di non poco conto, a tutela del Consumatore, pur se dal venditore quasi mai evidenziate. Oltre, infatti, a tutte le già esaminate garanzie di conformità (del venditore) e di funzionamento (del produttore), la Legge dispone altresì il diritto, per chi si accinge a concludere un cosiddetto contratto a distanza, a ricevere preventivamente ogni notizia sul venditore, sulle caratteristiche del bene/servizio acquistato, sul prezzo globale e sulle modalità di pagamento, sui tempi di consegna del bene o di fornitura del servizio, ma soprattutto sancisce il diritto di recesso dal contratto, imponendo le necessarie indicazioni per il suo esercizio. Tali indispensabili informazioni dovranno, a conclusione del contratto, essere confermate in forma scritta all’acquirente che dovrà pure ricevere le previste garanzie con le indicazioni per notificare le possibili contestazioni o il suo recesso nei termini prestabiliti. Il diritto di recesso per i contratti a distanza (acquisti on line compresi), può essere esercitato in Italia, sempre con raccomandata A.R., nei 10 giorni (7 negli altri Paesi Europei) dalla consegna del bene che, nel medesimo termine, andrà restituito al venditore, a spese dell’acquirente se così previsto dall’accordo. Il termine per il recesso, invece, qualora non siano state fornite tutte le necessarie notizie ed informazioni, passa a tre mesi, mentre in ogni caso entro i trenta giorni successivi alla percezione dell’avvenuto recesso il venditore dovrà, a sua volta, provvedere alla restituzione del prezzo ricevuto. * RUBRICHE Osservatorio giustizia a cura di CLAUDIO MINOLFI Suprema Corte di Cassazione Sezione Lavoro Sentenza n° 7511 del 15 Maggio 2012. ILLEGITTIMITA’ DEL LICENZIAMENTO DISCIPLINARE PER ASSENZA INGIUSTIFICATA PROTRATTA PER OLTRE TRE GIORNI, LADDOVE NELLA LETTERA DI CONTESTAZIONE I GIORNI DEDOTTI ERANO SOLO DUE. PRINCIPIO DELL’IMMODIFICABILITA’ DELLA CONTESTAZIONE DISCIPLINARE. Nei primi due gradi di giudizio, ad una società è stato revocato il licenziamento inflitto ad un proprio dipendente per assenza ingiustificata protrattasi oltre tre giorni, essendosi il lavoratore assentato dal suo posto di lavoro dal 21 Febbraio al 1° Marzo 2001. Il datore di lavoro aveva, quindi, proposto ricorso alla Corte di Cassazione che nuovamente respingeva le doglianze aziendali sulla scorta di varie argomentazioni. Innanzitutto, la ricorrente eccepiva l’erronea applicazione della Legge n° 300 del 1970 (Statuto dei Lavoratori) per carenza del requisito dimensionale dell’azienda, asserendo di occupare da sempre meno di quindici dipendenti. A tal proposito la Suprema Corte, come affermato in precedenza, ha ribadito che l’onere di provare l’esistenza del requisito dimensionale, ai fini della tutela da applicare, grava unicamente sul datore di lavoro che, nel caso in specie, non aveva prodotto le relative prove documentali sin dal primo grado del giudizio. La Corte, quindi, soffermava la propria attenzione sull’applicazione del principio della immodificabilità delle motivazioni poste dal datore di lavoro a supporto della massima decisione disciplinare per cui, anche se il dipendente si era effettivamente assentato dal 21 febbraio al 1 marzo 2001, essendogli stata, per lettera, contestata un’assenza ingiustificata di soli due giorni, non poteva esser presa in considerazione una diversa motivazione successivamente dedotta a carico del lavoratore. Era, pertanto, giudicata inammissibile la censura della decisione dei Giudici d’Appello che, correttamente, ebbero a ritenere illegittimo il licenziamento valutando l’assenza di soli due giorni. *** Suprema Corte di Cassazione Sezione Lavoro Sentenza n° 7863 del 18 Maggio 2012. ILLEGITTIMO IL LICENZIAMENTO DISCIPLINARE PER ASSENZA INGIUSTIFICATA, COMMINATO AL LAVORATORE CHE AVEVA FORMULATO LA PROPRIA RICHIESTA DI FERIE A MEZZO POSTA ELETTRONICA. La Suprema Corte ha respinto il ricorso proposto contro una sentenza dei Giudici d’Appello di Roma che avevano sancito l’illegittimità, dichiarandone l’annullamento, del licenziamento motivato da assenza ingiustificata del dipendente che aveva utilizzato la mail per chiedere un periodo di ferie. La sentenza in esame ha, infatti, considerato consistenti le risultanze probatorie acquisite in Giudizio circa l’esistenza della comunicazione trasmessa per via telematica, la sua effettiva ricezione da parte del presidente della società datrice di lavoro e del capo del personale, la consolidata prassi aziendale, da tempo consentita, circa l’utilizzo della posta elettronica per tali scopi, a superamento di una circolare dispositiva esistente sullo stesso tema. Tutti motivi ritenuti idonei dalla Suprema Corte a determinare il convincimento del lavoratore di aver ottenuto tacita autorizzazione da parte del datore di lavoro. * ) Il punto sulla giurisprudenza sul lavoro: uno sguardo alle sentenze della Cassazione Basta la mail Licenziato perché aveva comunicato la sua assenza solo tramite posta elettronica: il provedimento è illegittimo incontri Novembre 2012 23 SOLIDARIETA’ DirCredito e Amref: diamo spettacolo per l’Africa ) a cura di TERESA CORATELLA e TIZIANO COCO L’iniziativa Il 19 dicembre concerto all’Ara Pacis per costruire una cisterna per l’acqua nel villaggio di Kathuma, in Kenia. Un progetto di DirCredito, con il patrocinio di Zetema 24 incontri Novembre 2012 irCredito per l’anno 2012 ha deciso di realizzare, in collaborazione con AMREF, un progetto, fortemente voluto dal Segretario generale Maurizio Arena, che da subito ha creduto nel programma di solidarietà in favore degli abitanti di KATHUMA, piccolo villaggio situato in Kenia. Un impegno finalizzato a sostenere un progetto importante, per produrre benefici duraturi a sostegno dell’infanzia. Un contributo concreto ad Amref, per la realizzazione di una cisterna d’acqua, per aiutare a sconfiggere le malattie, perché acqua pulita vuol dire vita, acqua vicina vuol dire progresso. Per i bambini significa poter andare a scuola e non trascorrere la giornata trasportando pesanti taniche d’acqua, per le donne, avere la possibilità di dedicare maggior tempo ai figli, alla cura dell’orto e della casa, tutti potranno bere, lavarsi, cucinare e sviluppare attività che producono reddito. In Africa 4 decessi su 5 sono le- D gati alle carenze idriche. La cisterna sarà realizzata per la scuola KATHUMA nel Distretto Kitui, Divisione Matinyani, circa 130 chilometri da Malindi. L’avanzamento dei lavori di costruzione delle cisterna verrà periodicamente monitorato e, attraverso Amref DirCredito intende stabilire dei contatti con gli abitanti per poterli seguire in tale percorso. L’evento verrà presentato nel corso di una conferenza stampa congiunta DirCredito Amref alla presenza di alcuni rappresentanti delle istituzioni che si terrà a Roma il 19 dicembre, presso il Museo dell’Ara Pacis, a cui seguirà un concerto dei NEW MODERNISM: Tony Esposito, Mark e Indrek Paul Kostabi, con performance artistica di Nora Lux. Si ringraziano l’onorevole Nicola Galloro Consigliere della Provincia di Roma e il dottor Albino Ruberti, Amministratore Delegato di Zetema con il suo staff, per la disponibilità dimostrata a sostegno dell’iniziativa. * SOLIDARIETA’ Musica e performance artistiche: I protagonisti della serata I NEW MODERNISM di Mark Kostabi e Tony Esposito, con Paul Kostabi alla chitarra. (Antonio Nicola Bruno al basso) Mark Kostabi artista e compositore affermato nel panorama internazionale, le sue musiche sono riproposte da orchestre e solisti di primo piano in America, Europa e Giappone ottenendo grandissimo successo. Esponente del movimento artistico dell’East Village, artista prolifico, alcune delle sue opere sono esposte nei musei più importanti del mondo. Tony Esposito Tony Esposito, musicista, cantautore e percussionista italiano. L’originalità del suo approccio si può ritrovare nell’invenzione di strumenti unici come il tamborder, suono onomatopeico di uno dei suoi più famosi brani: “Kalimba de Luna”. In Italia insieme ad altri artisti musicisti partenopei è stato uno dei punti di riferimento della musica “Made in Napoli”, le sue collaborazioni hanno superato i confini nazionali. Così oltre a Lucio Dalla, Francesco de Gregori, Gino Paoli, Edoardo ed Eugenio Bennato lui può raccontare, come pochi altri italiani si possono permettere di fare, di aver suonato al fianco di Don Cherry, Gilberto Gil, Eumir Deodato, Paul Bukmaster e tanti altri. Paul Kostabi ) Mark Kostabi Il programma La manifestazione sarà aperta dalla poesia di Dadié, interpretata da Nora Lux. Poi le note di un gruppo d’eccezione Pittore, musicista e produttore discografico statunitense. Soprannominato “ENA”, è figlio di rifugiati di guerra estoni, scappati negli Stati Uniti in seguito all’occupazione sovietica del loro Paese. È fratello dell’artista Mark Kostabi. Ha fondato, insieme ad altri, i seguenti gruppi musicali: Youth Gone Mad (1981), White Zombie (1984) e Psychotica. Ha suonato e inciso con Dee Dee Ramone Too Tough to Die Live, ed ha inoltre inciso anche con i False Alarm e gli Hammerbrain. Sempre Insieme a Dee Dee Ramone ha prodotto una serie di dipinti esposti nelle gallerie e musei di tutto il mondo. IL SILENZIO DELL’AFRICA Nora Lux In apertura del concerto la poesia di Dadiè recitata prima in africano e poi in italiano dall’artista performance e fotografa Nora Lux. “La poesia è per Dadiè soprattutto impegno verso sè stesso, verso gli altri; è in rapporto diretto con le situazioni sociali, con Dio, con la lingua. Il suo contributo al Dibattito sulle condizioni di una poesia nazionale presso i popoli neri, metteva l’accento sul rischio che si corre nel voler rendere il poeta schiavo di una tecnica, di privarlo della sua qualità di creatore. Questa insistenza sulla necessità di creare, che ritorna così spesso negli scritti di Dadié, lo induce a rifiutare la forma concepita come formalismo, quella che imprigiona il canto e paralizza il poeta, per augurarsi che ognuno si esprima nella forma che dà al suo canto più peso e più magia. Dadié ricorda, poi, che lo stile poetico non può essere separato dalla testimonianza sull’attualità: se cambia l’attualità deve cambiare anche la testimonianza.” * incontri Novembre 2012 25 SOLIDARIETA’ Stand up for African mothers La campagna di Amref i tutti gli obiettivi di sviluppo del millennio, quello sulla riduzione della mortalità materna fa registrare il ritardo più vergognoso”: parole di Graça Machel Mandela, ambasciatrice mondiale della Campagna internazionale Stand Up for African Mothers lanciata da Amref, la principale Ong sanitaria africana, presente con i suoi uffici anche in Europa, Stati Uniti e Canada. La gravidanza e il parto sono i maggiori rischi per la vita delle adolescenti e delle donne in Africa: ogni anno ne muoiono quasi 200.000 per mancanza di cure di base e di un’adeguata assistenza durante la gravidanza e il parto, lasciando più di 1 milione di orfani. Per salvare la maggiorparte di queste madri, basterebbe un’ostetrica: formare 15.000 ostetriche entro il 2015 è l’obiettivo di Amref, per contribuire a ridurre la mortalità materna in Africa del 25%. Una volta formata, ogni ostetrica può assistere 500 donne ogni anno e far nascere in condizioni di sicurezza migliaia di bambini. Per portare la voce delle madri africane presso i governi e le organizzazioni internazionali, alla Campagna è abbinata una petizione on line, che sostiene la candidatura al Nobel per la Pace 2015 di Esther Madudu, un’ostetrica che vive e opera in Uganda. Esther è il simbolo del duro impegno quotidiano delle ostetriche in Africa, costrette a lavorare in condizioni spesso estremamente difficili. “Il Centro Sanitario dove lavoro è situato in un’area rurale – racconta Esther – Siamo solo in 2 per e non abbiamo elettricità . Questo rende il nostro lavoro molto difficile, soprattutto nel reparto maternità. Spesso usiamo la luce proveniente dai nostri telefoni cellulari per assistere le madri. A volte le donne portano delle candele ma certo non è facile far nascere un bambino a lume di candela! Assistiamo alla nascita di 45/50 bambini ogni mese. Oltre a questo, i nostri compiti comprendono tutti i servizi prenatali, ) “D La testimonianza Esther Madudu, candidato al Nobel per la pace: “Lavoriamo in condizioni estreme, manca tutto a partire dall’elettricità” 26 incontri Novembre 2012 la consulenza alle madri sieropositive, la prevenzione della trasmissione dell’Hiv l’educazione alimentare, l’assistenza e le cure neonatali”. Nessun sistema sanitario può funzionare senza un numero sufficiente di medici, infermieri, ostetriche di comunità motivati e preparati. L’Organizzazione mondiale della sanità (Oms) ha stimato che nel mondo mancano all’appello circa 4,3 milioni di medici, infermieri e operatori sanitari. La situazione è particolarmente critica nell’Africa subsahariana che sostiene il peso del 24% delle malattie globali, ma ha solo il 3% del personale sanitario mondiale, pagato con meno dell’1% del budget globale per la salute. Per rendere la proporzione della crisi, possiamo dire che ci sono molti più medici in Italia (215.000) che in tutti i paesi africani messi insieme (174.500). Da 55 anni Amref lavora per creare sviluppo e generare cambiamenti duraturi nelle condizioni di salute e di vita delle comunità più remote, ponendo al centro le donne e i bambini. Sostenere le donne significa sostenere il cuore delle comunità africane, anche quelle più isolate. Significa scommettere sullo sviluppo dell’Africa, sviluppando programmi per la salute materno-infantile che comprendono la formazione di personale sanitario, l’accesso ai servizi medici di base, la creazione di centri medici specializzati nei servizi ostetrici e nell’attenzione alla salute neonatale, la pianificazione familiare e la sensibilizzazione dei giovani e delle giovani africane – e delle comunità di cui fanno parte – sulla fertilità e la salute riproduttiva, l’accesso a fonti d’acqua pulita e a servizi igienici sicuri. In un anno, fonti d’acqua pulita, come la Cisterna da 50.000 litri in costruzione grazie al contributo di Dircredito, rendono possible l’accesso ai servizi di base a 2.234 gestanti e 9.345 bambini di età inferiore ai 5 anni. Inoltre, promuovere la cultura dell’Igiene riduce di 2/3 le morti legate ad acqua contaminata, lavarsi le mani con il sapone riduce la trasmissione d’infezioni del 40% . * PERFORMANCE DI NORA LUX CONCERTO DI MARK KOSTABI TONY ESPOSITO PAUL KOSTABI PROGETTO DI SOLIDARIETÀ PROMOSSO DA DIRCREDITO PER AMREF A FAVORE DELLA REALIZZAZIONE DI UNA CISTERNA D'ACQUA PER LA SCUOLA KATHUMA - KENIA MERCOLEDÌ 19 DICEMBRE 2012 ORE 16.00 AUDITORIUM MUSEO DELL’ARA PACIS Via di Ripetta 190 - 00186 Roma PROMOSSO DA CON IL PATROCINIO DI SPONSOR TECNICO CON LA COLLABORAZIONE DI CON IL CONTRIBUTO TECNICO DI SERVIZI DI VIGILANZA SERVIZI MUSEALI