Progetto “ LOGOS”
Pozzo di Giacobbe
Didattica per l’insegnamento della lingua italiana ad analfabeti in
madrelingua
Fiorenza Petrucci
Lingua come sistema composito e complesso veicolo di interazione
Riprendiamo da:
 Framework- Quadro comune europeo di riferimento per le lingue:
apprendimento insegnamento valutazione
 L’adulto in situazione di debolezza negoziale ma anche portatore di
ricchezza
Lettura e discussione:
La classe multilingue……..
Diadori
 Curricolo e sillabo
 Unità didattica o Unità di apprendimento ?....Unità modulari
 Come si struttura una lezione (Le abilità di ricezione, di produzione, di
interazione) …….
- Separare le azioni/intervento in classe sulla base dell’obiettivo da perseguire in
quel momento
-I momenti al’interno di una lezione( contenuti tematici/culturali, contenuti
grammaticali, puntualizzazione, schematizzazione,rielaborazione )
-Metodologia e strumenti
 L’insegnamento/apprendimento dell’analfabeta in linguamadre
(metodo globale o analitico?)
(Problematiche di organizzazione spazio-temporale):
-dx,sn,…ritmo,sequenza,prolungamento del fonema vocalico… fonemi simili che
generano confusione trasformazione fonema/grafema
-come non infantilizzare: lavorare su contenuti da “adulti” nel rispetto della
gradualità delle acquisizioni………
 Contenuti morfo-sintattici da acquisire alla fine di un percorso A1
Allegati
1
Il FRAMEWORK Quadro comune europeo di riferimento per l’apprendimento
e l’insegnamento delle lingue e relativa valutazione ha adottato un approccio
orientato all’azione, nel senso che considera le persone che usano ed apprendono
una lingua innanzitutto come “attori sociali”, vale a dire come membri di una
società che hanno dei compiti ( di tipo non solo linguistico) da portare a termine
in circostanze date, in un ambiente specifico e all’interno di un determinato
campo d’azione. Se gli atti linguistici si realizzano all’interno di attività
linguistiche, queste d’altra parte si inseriscono in un più ampio contesto sociale,
che è l’unico in grado di conferir loro pieno significato. Si parla di “compiti” in
quanto le azioni sono compiute da uno o più individui che usano strategicamente
le proprie competenze per raggiungere un determinato risultato. L’approccio
orientato all’azione prende dunque in considerazione anche le risorse cognitive e
affettive, la volontà e tutta la gamma delle capacità possedute e utilizzate da un
individuo in quanto attore sociale. A partire da queste considerazioni, ogni forma
di uso e di apprendimento linguistico può essere descritta nel modo seguente
L’uso della lingua, incluso il suo apprendimento, comprende le azioni compiute da
persone che, in quanto individui e attori sociali, sviluppano una gamma di
competenze sia generali sia, nello specifico, linguistico-comunicative. Gli
individui utilizzano le proprie competenze in contesti e condizioni differenti e con
vincoli diversi per realizzare delle attività linguistiche. Queste implicano i
processi linguistici di produrre e/ o ricevere testi su determinati temi in domini
specifici, con l’attivazione delle strategie che sembrano essere più adatte a
portare a buon fine i compiti previsti. Il controllo che gli interlocutori esercitano su
queste azioni li porta a rafforzare e a modificare le proprie competenze.
Il Framework è’ articolato in 6 Sezioni di livello:
A1 e A2
Basso
( Livello BASE)
B1 e B2
Indipendente
( Livello AUTONOMO)
C1 e C2
Competente
( Livello di PADRONANZA)
Inoltre, il Framework evidenzia:
 I contesti situazionali di uso della lingua (privato, pubblico, occupazionale
ed educativo) a loro volta descritti attraverso: luoghi, istituzioni,
avvenimenti, azioni, testi.
 Abilità/Attività linguistiche : ricezione-interazione—produzione che sono
presentate con descrittori generali e con descrittori di competenza
specifici.
La Competenza linguistico-comunicativa che è articolata in tre sottocompetenze :
a) competenza linguistica, b) competenza pragmatica, c) competenza
sociolinguistica
2
L’adulto in situazione di debolezza negoziale ma anche portatore di
ricchezza
Partendo dall’analisi di Gardner (Gardner ‘Formae mentis. Saggio sulla pluralità
dell’intelligenza’ ed. Feltrinelli 1987) secondo cui l’intelligenza di ogni individuo si
presenta multidimensionale (piuttosto che monofunzionale) si può affermare che
l’apprendimento è potenzialmente plurale. Le strutture che organizzano l’unità
della mente sono: linguistica, logico – matematica, musicale, plastico –
manipolativa, motoria, relazionale, auto – referenziale
L’adulto non scolarizzato o scarsamente scolarizzato, ha una scarsa propensione,
a passare da una intelligenza all’altra, da una forma all’altra, da una attività
all’altra, proprio perché il primo ambiente educativo non è stato olistico in ordine
alle varie strutture della mente. Se il soggetto adulto è vissuto in situazione di
disagio sociale o è stato emarginato presenta significativi ritardi e lacune
nell’apprendimento, con elementi che inficiano il pensiero logico – formale anche
a causa delle osservabili limitazioni delle capacità relazionali, quindi con l’adulto
è ancora più problematico che con i bambini proporre modelli di operatività
mentale di tipo prettamente scolastico.
È importante offrire agli adulti possibilità di promozione cognitiva diverse da
quelle che abitualmente vengono offerte ed escludere l’uso di sollecitazioni
didattiche che obbediscono a logiche di “recupero” quasi sempre infruttuose
perché non è possibile ritornare indietro nel tempo, né è possibile compensare
gravi ritardi del passato.
Si deve piuttosto far leva sulle potenzialità, spesso misconosciute dal
soggetto stesso, per attivare processi di apprendimento e di autostima
necessari non solo a recuperare lacune ma anche a far emergere capacità
che portino il soggetto ad una gratificazione immediata di fronte a sé e
agli altri, essendo negli adulti preponderante il peso dei giudizi che gli
altri manifestano.
Pertanto nei corsi per adulti è necessario dare spazio a momenti che sviluppino
forme di intelligenza non esclusivamente di tipo linguistico o logico-matematico,
ma anche musicale, artistico, creativo – espressivo, relazionale, sociale, motorio,
metacognitivo; cioè a tutte quelle strutture mentali trascurate o non
sufficientemente incentivate..
Riteniamo che l’aspetto metacognitivo assuma nell’adulto un valore
imprescindibile, in quanto fornisce strumenti di conoscenza e di acquisizione di
consapevolezza delle proprie capacità, delle proprie abilità e competenze, del
proprio livello cognitivo e culturale indispensabili perché egli diventi realmente
l’elemento centrale, “il focus” del processo di apprendimento.
Questo favorisce la costruzione di percorsi di crescita ed un ampliamento delle
esperienze.
Ciò è ancora più valido nel caso degli immigrati i quali passano dalla condizione
di alfabetizzato portatore della cultura di origine a quella di analfabeta rispetto
alla nuova cultura.
In genere il soggetto tende a dare risposte e a risolvere problemi partendo da
punti di vista, mentalità, comportamenti propri della propria cultura, creandosi
3
così una situazione di minor difficoltà e di maggior sicurezza, ma che tende a
mantenerlo su comportamenti rigidi e ripetitivi.
La scuola deve aiutare a decodificare la nuova realtà per arrivare a risposte più
articolate, funzionali e più ricche di significati, partendo dai "saperi" del
soggetto che non sono solo quelli cognitivi, ma anche emotivi, fantastici
per mettere, poi in moto anche nuovi saperi.
A questo proposito, si ritiene strumento relazionale e didattico privilegiato la
“ narratività”che offre elementi di conoscenza e che favorisce lo strutturarsi di un
clima interculturale positivo in cui i valori condivisi diventano strumento principe
per l’educazione alla cittadinanza e al diritto di cittadinanza attiva.
(Con i soggetti in regime di restrizione, le problematiche connesse al rientro in formazione
dell’adulto sono amplificate e aggravate da una condizione di emarginazione e di sofferenza
personale).
4
LETTURA E DISCUSSIONE SU:
La classe multilingue Diadori
Finalità e mete generali dell’insegnamento ai lavoratori immigrati .
L’insegnamento a immigrati adulti deve tener conto in primo luogo di una diversa
rilevanza delle tre mete educative primarie (socializzazione, autorealizzazione,
culturalizzazione) (cfr. Freddi 1999; Diadori 2000)
L’autorealizzazione ( o autopromozione) è la meta educativa fondamentale che
riguarda la realizzazione di se stessi: per un immigrato questa realizzazione può
essere associata in certi casi all’urgenza di potenziare le proprie capacità
comunicative per trovare più facilmente lavoro, per farsi capire meglio, per
indossare anche linguisticamente “ l’abito “ più prestigioso della cultura
dominante.
La socializzazione è strettamente collegata alla meta educativa precedente,
soprattutto per quei soggetti culturalmente predisposti all’integrazione: si pensi ai
senegalesi o ai marocchini, che si dedicano ai piccoli commerci e hanno bisogno
di sviluppare le competenze orali e strategiche per portare a buon fine i loro affari.
Altri gruppi etnici, invece, sentono meno questa esigenza, come i lavoratori cinesi,
chiusi nelle loro comunità e dediti di solito al lavoro nelle cucine dei ristoranti o
nelle piccole imprese dei connazionali, che puntano soprattutto sull’istruzione dei
figli, visti come tramite fra loro e la comunità locale.
La culturalizzazione, infine, rappresenta la meta più ambiziosa che dovrebbe
garantire un’evoluzione del sé nella scoperta degli aspetti culturali più vari e
profondi della comunità ospitante ( la cosiddetta “acculturazione”), pur nel
rispetto e nel mantenimento della propria cultura di origine…………………(*)
* Se il desiderio di “acculturazione” è scarso o addirittura assente, l’apprendente sviluppa una
distanza psicologica e sociale anche dalla L2, con conseguenti difficoltà di apprendimento. Se la
L2 corrisponde alla lingua della cultura dominante, è possibile che l’apprendente fossilizzi la
propria interlingua in stadi molto bassi (come avviene in molti immigranti che bloccano il loro
processo di evoluzione dell’interlingua a un livello “soglia” funzionale a una comunicazione
elementare
5
Rielaborazione da: “Percorsi di pre-alfabetizzazione per adulti stranieri. Comune di Bologna
realizzato da:
Arduini……..
direzione scientifica: Fernanda Minuz
Intervento rivolto a persone che affrontano contemporaneamente l'apprendimento
della lettura e scrittura in alfabeto latino e l'apprendimento della lingua italiana.
…………Intendiamo infatti "alfabetizzazione" nel senso preciso del termine di
insegnare/apprendere a leggere e scrivere: sappiamo che talvolta, con scarsa
precisione e pericolose conseguenze per le scelte didattiche, sotto l'etichetta "corsi
di alfabetizzazione in italiano" vanno i corsi di insegnamento della lingua italiana
di livello principiante per immigrati.
"Analfabetismo" per noi è la condizione di chi non è in grado di riconoscere e
produrre i segni grafici della scrittura o di chi possiede questa abilità in modo
tanto basso da non sapersene servire nelle più immediate situazioni della vita
quotidiana. Parlando di stranieri questa definizione copre condizioni assai diverse
che abbiamo distinto in base a due variabili: la padronanza della scrittura, la
conoscenza della lingua italiana.
Trattasi di persone che hanno diversi gradi di alfabetizzazione e una competenza
in lingua italiana che va da "nessuna competenza" a "sufficiente"
Finalità
Lo scopo è duplice.
1. Insegnamento della lingua italiana: condurre l'apprendente a comunicare in
lingua italiana nelle più comuni situazioni della vita quotidiana; non solo in vista
di un semplice scambio di informazioni, ma anche con attenzione agli usi
relazionali del linguaggio
2 pre-alfabetizzazione:
 condurre alla lettura di parole, frasi e brevissimi testi, per lo più di una
sola parola o frase, di rilevanza e frequenza nella vita quotidiana
(indirizzi; insegne; orari, brevi avvisi amministrativi, listini di merci, moduli
amministrativi ecc.);
 addestrare alla scrittura di parole, frasi e brevissimi testi (indirizzi, saluti,
avvisi e note), alla compilazione dei più frequenti moduli amministrativi e a
simili usi strumentali della scrittura.
……………….
Il percorso si ferma alle soglie della lettura di testi più lunghi della frase e
strutturati in paragrafi. In questo senso definiamo il nostro un percorso di prealfabetizzazione.
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Scelte didattiche
Dobbiamo impostare il nostro lavoro sul presupposto che l’esigenza di rispondere
al bisogno d lingua dell’adulto immigrato, che si trova immerso in un contesto
linguistico-culturale totalmente nuovo, possa essere soddisfatta( attenendosi ai
risultati conseguiti in questi anni nella didattica delle lingue straniere e ormai
acquisiti anche nella didattica dell’italiano) dobbiamo fare riferimento ad un
approccio comunicativo e interculturale.
Il materiale deve essere strutturato in unità organizzate tematicamente e in
considerazione delle più urgenti necessità linguistiche dello studente
principiante. In ogni unità si deve cercare di sviluppare più percorsi tematici, in
modo da rispondere alle esigenze e curiosità di corsisti assi differenziati per
genere, età, condizione professionale, provenienza, interessi personali……….
Rielaborazione :”Italiano per stranieri nelle reti” di Fernanda Minuz.
L'insegnamento dell'italiano come lingua seconda ad adulti analfabeti presenta
una particolare complessità, soprattutto ai livelli iniziali: si tratta di un
insegnamento che riunisce competenze differenziate, quelle dell'alfabetizzazione,
solitamente rivolte a persone che parlano la lingua in cui vengono alfabetizzati,
quelle della didattica delle lingue straniere, che si è sviluppata per apprendenti
scolarizzati.
L’insegnamento della lettura/scrittura prende l’avvio dalla consapevolezza che
l’apprendente deve acquisire la lingua scritta come sistema semiotico produttore
di significati e strumento di comunicazione. Ne consegue che la pratica di
lettura/scrittura da proporre si lega ai testi scritti, prodotti o recepiti, nella
quotidiana vita dell’apprendente.
L’osservazione linguistica in parole o semplici frasi tratte dalla comunicazione
scritta quotidiana deve essere accompagnata dall’esercitazione della mappatura
grafema/fonema e della capacità di codifica e decodifica dal suono al segno
grafico e viceversa.
La progressione deve tener conto di criteri linguistici, quali la salienza e
frequenza delle lettere, delle sillabe e delle parole.
Al termine del corso gli apprendenti devono saper riconoscere i principali segni
iconici, leggere e scrivere singole parole e brevi frasi, leggere o riconoscere
globalmente insegne, brevi avvisi o messaggi, etichette e simili, riconoscere i
fonemi della lingua italiana. ……………………………..
7
Una didattica dell’italiano standardizzata e unica è sempre inadeguata. Ma lo è a
maggior ragione di fronte ad una così ampia eterogeneità di competenze e
conoscenze da acquisire, di atteggiamenti e di motivazioni.
L'insegnante di italiano come lingua seconda nell'educazione degli adulti ha il
costante bisogno di rivedere i propri strumenti didattici per adeguarli ai percorsi
formativi che va concordando con i propri discendenti.
I materiali elaborati devono rispondere a questa richiesta di una didattica
flessibile e modulare.
Devono essere materiali indirizzati a specifici gruppi di discenti di diversa
scolarità e competenza linguistica: adulti e adulte nella formazione professionale,
in cerca di lavoro, analfabeti o altri ancora.
Devono essere orientati verso specifici obiettivi didattici:
 affrontare temi legati all’esperienza di immigrazione, come la ricerca della
casa o il colloquio di lavoro; sensibilizzare alla comprensione e/o all'uso di
linguaggi specialistici, ad esempio il linguaggio burocratico amministrativo
o quello tecnico dell'informatica;
 sostenere lo sviluppo mirato delle abilità linguistiche e della competenza
alfabetica;
 favorire la consapevolezza metalinguistica osservando ed esercitando
alcuni aspetti lessicali, morfosintattici o pragmatici..
Le ricerche teoriche e applicative nei campi dell’educazione degli adulti e della
didattica delle lingue fanno da sfondo.
I materiali devono essere indirizzati a sviluppare le capacità di comunicazione di
uomini e donne che attraverso la lingua agiscono socialmente e perseguono
propri obiettivi di integrazione e di crescita personale o professionali ed affettivi.
Devono mirare cioè a sviluppare la competenza comunicativa nel suo insieme:
linguistica, pragmatica, sociolinguistica e culturale.
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Da : ACCOGLIENZA INTEGRAZIONE RETI TERRITORIALI
Corpus, sillabo, curricolo
Unità di apprendimento, unità didattiche, unità modulari
I modelli operativi per la produzione di materiali sono di due tipi:
 da un lato abbiamo la programmazione delle mete, degli obiettivi, dei
contenuti, cioè il curricolo
 dall'altro abbiamo bisogno di modelli per operare quotidianamente, per
programmare la nostra attività concretamente, in aula o in un laboratorio
di italiano L2.
Corpus, sillabo, curricolo
Definire il corpus di un corso significa stilare l'elenco del materiale da insegnare in
quel corso. Il Common European Framework, ad esempio, è un corpus per la
descrizione dei livelli soglia. Un termine usato talvolta al luogo di corpus è
sillabo.
Il curricolo, nell'accezione che utilizziamo qui, è anche un corpus (lessicale,
morfosintattico, pragmatico, ecc.), ma include altre dimensioni.
Corpus è una nozione quantitativa e statica (quindi difficilmente applicabile
all'Italiano L2) mentre curricolo ha anche una dimensione qualitativa, dinamica.
Programma è un termine tipico della tradizione scolastica italiana e rimanda ai
documenti ufficiali in cui si descrivono le mete e gli obiettivi, indicandoli per
grandi linee senza tuttavia procedere ad una elencazione dettagliata.
Unità di apprendimento, unità didattiche, unità modulari
Nella tradizione glottodidattica dagli anni Sessanta si utilizza il termine "unità
didattica", per indicare una procedura di organizzazione dell'azione didattica.
In realtà un'unità didattica, così come la conosciamo, è composta da una serie di
unità "matetiche", cioè di unità, di momenti autonomi, di fasi di apprendimento
(unità di apprendimento UA).
L'unità didattica, che si estende organicamente su più ore di lezione e si basa su
una programmazione curricolare ben precisa, è costituita, in pratica, di una serie
di unità d'apprendimento.
9
PUNTI DI FORZA E DI DEBOLEZZA DEI MODELLI OPERATIVI
La lezione non ha senso, proprio perchè annulla il ruolo dello studente straniero,
che invece è impegnato più di ogni altro suo collega italiano nella costruzione
individualizzata di una competenza complessa come quella in una lingua
seconda.
L'unità didattica è per sua natura lunga, dura varie ore, si articola in varie fasi, si
fonda su una programmazione molto precisa e sostanzialmente anche molto
rigida. Per questa sua dimensione e rigidità non è adatta al lavoro "di rimessa"
dell'insegnante di italiano L2, che lavora su un curricolo implicito e deve sempre
"rincorrere" i percorsi acquisitivi del singolo studente.
Rimane a disposizione quindi, il modello dell'Unità d'apprendimento.
UA in glottodidattica
Questa nozione, nuova nel panorama glottodidattico, è in realtà il nucleo centrale
della classica "unità didattica" e nasce sulle basi della psicologia della Gestalt che
descrive la percezione in termini di globalità, analisi e sintesi.
La fase della "globalità " consiste nel primo approccio ad una conversazione
autentica tra compagni, ad una favola, dal racconto di un'esperienza vissuta fuori
della scuola, ad uno spezzone televisivo, ad una canzone, ad una conversazione
con il docente, ad una pagina di un libro di testo e così via: si tratta di quel testo
orale, scritto o audiovisivo su cui poi si interviene in maniera analitica.
Il passaggio dalla percezione globale a quella analitica avviene durante le varie
fasi di transizione dalla comprensione superficiale a quella profonda e deve essere
guidata da opportune attività ; partendo dal testo si muove all'analisi vera e
propria, alla focalizzazione su aspetti specifici, e poi alla fase di sintesi/riflessione
per:
gli atti comunicativi che si vogliono far acquisire: li si fa individuare nel
testo, poi li si drammatizza, li si fissa e li si riutilizza, guidando gli allievi
nella riflessione sull'aspetto funzionale che hanno acquisito
 gli aspetti grammaticali, cioè fonologici, morfosintattici, lessicali, testuali
 i temi culturali impliciti o espliciti nel testo, soprattutto laddove divergono
da quelli della cultura di provenienza e quindi vanno fatti osservare e
comprendere
 i linguaggi non verbali, soprattutto se il testo di partenza è un video

Questa "molecola dell'apprendimento" costituita dalla serie globalità-analisisintesi è il nucleo dell'attività di acquisizione della lingua. Attraverso la sequenza
globalità-analisi-sintesi, l'apprendimento temporaneo evolve in acquisizione
permanente.
10
Unità modulari in glottodidattica
Un modulo è una sezione del corpus dei contenuti di un curricolo e deve
essere autosufficiente, concluso in se stesso. Alla fine del modulo lo studente
deve essere in grado di operare autonomamente nel contesto affrontato dal
modulo stesso. I moduli presentano ambiti comunicativi che richiedono scambi
linguistici di varia natura, come ad esempio "la prima sopravvivenza", "il tempo
libero", "vivere la città"...
Il modulo deve essere valutabile nel suo complesso in modo da poter essere
accreditato nel libretto scolastico dello studente. La didattica modulare richiede
quindi un'architettura complessa, in cui ogni "modulo" deve essere raccordabile
con altri moduli.
La modularità ha ragion d'essere solo se c'è un portfolio personale, che
accompagna lo studente e certifica le sue competenze mano a mano che
acquisisce la piena padronanza dell'italiano.
Curricolo e sillabo di italiano L2
Fabio Caon e Barbara D’Annunzio
Negli ultimi anni la glottodidattica ha sviluppato maggiormente la riflessione su
approcci e metodi rispetto a quella sui contenuti e sulla loro possibile selezione.
Tuttavia, i docenti che si trovano a operare in classi multiculturali e si
confrontano con il compito di insegnare italiano come L2,palesano la necessità di
ragionare sui contenuti linguistici che si possono inserire in un curricolo
destinato ad alunni non italofoni.
Due precisazioni terminologiche anzitutto rispetto ai termini “curricolo” e
“sillabo”.
Con il termine curricolo, in accordo con Balboni,
(http://venus.unive.it/italslab/nozion/noziof.htm),
intendiamo “un modello operativo che definisce un profilo formativo e quindi
indica le mete, gli obiettivi e i contenuti che costituiscono l'oggetto di un corso [o
di un programma adattato,rifacendoci alle parole del DPR 394].
In prima approssimazione si può dire che un curricolo fonde le nozioni di
programma e di syllabus; in realtà oggi i curricoli tendono a includere anche
sezioni che offrono:
- parametri per variare il curricolo a seconda delle caratteristiche della situazione
didattica, della natura degli allievi, del quartiere in cui si opera, delle dotazioni
glottotecnologiche disponibili, ecc.;
- una guida metodologica relativa alle tecniche didattiche che si consiglia di
utilizzare (o che vengono considerate incongrue con le premesse del curricolo) per
raggiungere gli obiettivi;
- una serie di parametri per la verifica e la valutazione del raggiungimento degli
obiettivi”.
11
Il curricolo dunque, supporta il docente nel complesso compito di selezione e
graduazione dei contenuti linguistici.
Con il termine sillabo indichiamo “quella parte dell’attività curricolare che si
riferisce alla specificazione e alla graduazione dei contenuti d’insegnamento.
Esistono diversi tipi di sillabo:
sillabo strutturale, basato esclusivamente su unità linguistiche (orientato alla
teoria dell’interlingua)
sillabo nozionale-funzionale, basato su nozioni e atti linguistici
sillabo task-based, basato su compiti (ad esempio: utilizzare una mappa,
consultare l’orario scolastico)
sillabi integrati o ibridi (basati ad esempio su strutture grammaticali e funzioni
oppure su compiti e funzioni)” (adattato da Ciliberti, 1994).
Il curricolo di Italiano L2
Nella situazione dell’insegnamento dell’italiano L2 a migranti in contesto
plurilingue, il modello tradizionale del curricolo glottodidattico applicato alle
lingue straniere è, secondo Balboni di fatto inapplicabile poiché:
- in ogni classe sono presenti allievi di provenienza linguistica e culturale diversa;
- gli allievi hanno livelli di competenza diversificati;
- le motivazioni di cui sono consapevoli sono molto diversificate;
- le situazioni di insegnamento sono diversificate;
- spesso ci sono più insegnanti impegnati nell’azione di facilitazione e sostegno
dell’apprendimento.
Pertanto, considerata la situazione di estrema variabilità delle singole situazioni,
tra proposta di un curricolo tradizionale (che rischia di uniformare situazioni
troppo eterogenee) e scelta del “non curricolo” (che di fatto può ignorare delle
indicazioni scientifiche sulla L2 utili alla programmazione), si può trovare una
soluzione programmando un curricolo che potremmo definire integrato perché,
appunto, deve saper integrare più bisogni, diversi punti di partenza ed
avere differenti punti d’arrivo.
Il curricolo d’italiano L2 dovrà prendere in considerazione:
l’analisi dei bisogni degli alunni
la definizione degli obiettivi generali del curricolo linguistico
la selezione dei contenuti che saranno oggetto di insegnamento
le indicazioni utili a graduare nel tempo i contenuti individuati
indicazioni per operare scelte precise sul piano della gestione della classe.
Il sillabo di italiano L2
Quale strada intraprendere per realizzare un sillabo in cui si concilino esigenze
della scuola ed efficacia dell’apprendimento linguistico (che, ricordiamolo, in
situazione di L2 non è legato solo alla scuola)?
Molti studiosi sostengono che si debba evitare una programmazione preliminare e
che l’idea stessa di sillabo anticipatorio e programmato interferisca con il
processo di sviluppo linguistico degli apprendenti.
Una scelta ammissibile, a nostro avviso, può esser quella di adottare un sillabo
misto (per task,nozioni strutture grammaticali e funzioni) che non proceda per
strutture definitive ma che tenga conto delle teorie sull’acquisizione linguistica e
delle ipotesi di “apprendibilità ed insegnabilità”
12
In sintesi, quindi un sillabo che:
a. rispetti le sequenze di apprendimento senza alterare l’ordine naturale (sulle
sequenze d’apprendimento cfr. Pallotti, 1998, Lo Duca, 2003, Caon, 2008 - cds);
b. operi una distinzione tra input per la comprensione (che può contenere anche
forme non direttamente acquisibili dagli studenti) e input per la produzione
(adeguato al livello degli studenti);
c. fornisca input più ricchi corrispondenti al potenziale di acquisizione dello
studente il concetto di Zona di Sviluppo Prossimale di Vygotskij, in Caon, 2008)
d. preveda una ripresa ciclica delle stesse strutture poiché ognuna di esse può
avere ruoli diversi a livelli diversi della scala di processabilità (Pallotti, 1998: 302);
e. eviti la focalizzazione degli studenti su forme non apprendibili secondo le teorie
della linguistica acquisizionale per quanto concerne la L2.
Scelte le unità del sillabo, il docente dovrà dunque stabilire un loro ordine di
presentazione:
ad esempio, prima il verbo essere e dopo la forma negativa; prima la funzione del
ringraziare e dopo quella dello scusarsi, ecc. (Pallotti, 1998: 294).
Come stendere costruire un sillabo per l’italiano L2
Sarà necessario partire innanzitutto dall’individuazione delle funzioni
comunicative: secondo Balboni (1994:41) l’integrazione dei modelli
funzionali di Jakobson e di Halliday porterebbe all’individuazione di 6
funzioni-scopo che si vengono perseguiti quando si usa una lingua in
un determinato contesto.
La tabella sinottica che segue sintetizza le 6 funzioni-scopo da prendere in
considerazione per la costruzione del sillabo:
FUNZIONI-SCOPO REALIZZAZIONE:
PERSONALE Si realizza quando lo studente utilizza la lingua
per esprimere tratti della propria esperienza, della propria personalità, delle
proprie sensazioni.
INTERPERSONALE Si realizza quando si utilizza la lingua per stabilire relazioni
REGOLATIVO STRUMENTALE Si realizza quando si usa la lingua per regolare
i comportamenti altrui o per ottenere un comportamento altrui che soddisfi i
bisogni del parlante
REFERENZIALE Si realizza quando la lingua viene utilizzata per
descrivere referenti animati o inanimati o per spiegare (ad esempio azioni).
POETICO IMMAGINATIVA Si realizza quando la lingua viene utilizzata per
produrre effetti metaforici, ritmici, musicali
METALINGUISTICA Si realizza quando si utilizza la lingua per descrivere la
lingua, quando si utilizza la lingua per acquisire informazioni sulla lingua (come
sidice? Che cos’è questo?)
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Se si vanno ad esaminare le sequenze dell’interlingua1 analizzate da Pallotti
(1998) si scopre, ad esempio, che negli allievi compaiono molto presto le funzioni
pragmatiche (quindi la funzione interpersonale e quella regolativo strumentale) e
più tardi altre funzioni come, ad esempio, quella personale. Nei corsi di lingua
invece spesso si prevede come prima attività la presentazione personale che
rimanda appunto alla funzione personale (presentarsi, parlare di sè).
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14
Come si struttura una lezione:
 Separare le azioni/intervento in classe sula base dell’obiettivo da perseguire
in quel momento
 I momenti al’interno di una lezione( contenuti tematici/culturali, contenuti
grammaticali, puntualizzazione, schematizzazione,rielaborazione )
 Metodologia e strumenti
L’insegnamento/apprendimento dell’analfabeta in linguamadre
 Meccanismi neuro-psicologici che sottendono l’apprendimento:
motivazione, attenzione, memoria
 Problematiche di organizzazione spazio-temporale:
dx,sn,…ritmo,sequenza,prolungamento del fonema vocalico… fonemi simili che
generano confusione
Fonema/grafema
 Come non infantilizzare: lavorare su contenuti da “adulti” nel rispetto della
gradualità delle acquisizioni
 Metodo globale o analitico?
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Puntualizzazioni su:
Grad(u)azione
Si tratta di uno dei princìpi base della grammatica pedagogica [>], della
glottodidattica umanistico-affettiva [>] e della Second Language Acquisition
Theory [>].
Mentre nei secoli in cui dominava un'accezione descrittiva e/o normativa della
grammatica i materiali da apprendere venivano presentati all'allievo secondo una
successione spesso basata su tradizioni empiriche e sulle "parti del discorso",
oggi si presentano anzitutto le forme che, per la loro frequenza o per la loro
capacità di generare comunicazione, risultano più produttive; decisa la
successione delle principali "regole" (intese come meccanismi di funzionamento
della lingua, non come norme da applicare passivamente), si individuano in
ciascuna di esse dei nuclei forti da presentare per primi, per poi integrarli in
seguito con l'analisi delle peculiarità, delle eccezioni, ecc., secondo un percorso a
spirale.
A questa grad(u)azione linguistica e pragmatica si affianca una grad(u)azione
legata alla motivazione (una regola che consente di realizzare atti comunicativi
psicologicamente rilevante per l'allievo viene anticipata, anche se la sua utilità
globale è minore di altre regole) e alla dimensione psicodidattica (ad esempio,
nell'insegnamento precoce vengono anticipate regole che consentono una
glottodidattica ludica [>] o una Total physical response [>]).
Infine, la grad(u)azione è essenziale nella prospettiva della Seconda Language
Acquisition Theory [>] di Krashen
…………….durante il processo glottodidattico, si ritiene opportuno definire il
termine “ tecnica” nell’ambito glottodidattico. Riportando la definizione di
Balboni, le tecniche sono “delle procedure operative, delle attività, dei modi di fare
esercizio e di usare la lingua”. Grazie alle tecniche le istruzioni degli approcci o
dei singoli metodi diventano atti didattici, svolti in classe o al di fuori
dell’ambiente scolastico
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ALLEGATO
Percorso formativo per studenti stranieri
Fiorenza Petrucci
Percorso per studenti stranieri di I° livello di apprendimento dell’Italiano L2
volto ad acquisire una competenza linguistico comunicativa pari al livello A1
previsto dal quadro comune europeo di riferimento per le lingue (Framework)
Comprende e usa espressioni di uso quotidiano e frasi indispensabili per soddisfare
bisogni di tipo concreto. Sa presentare se stesso/ a e gli altri ed è in grado di fare
domande e rispondere su informazioni personali ( dove abita, le cose che possiede
ecc…) interagisce in modo semplice purché l’altra persona parli lentamente e sia
disposta a collaborare,
Nell’ottica di una visione della lingua che non sia solo strumento di
comunicazione, ma strumento di inclusione sociale e di autopromozione è
necessario strutturare un impianto modulare flessibile e funzionale alle necessità
formative del singolo apprendente in cui siano attivate tutte le componenti della
competenza comunicativa. Le strutture linguistiche, il lessico, gli aspetti socio
pragmatici devono essere presentati e riferibili a contesti ed ambiti di
comunicazione vicini all’apprendente.
Il Modulo individua una porzione di percorso di per sé
autosufficiente,centrato su ambiti comunicativi specifici e prevede la
definizione e la certificabilità delle competenze in uscita(Balboni 2002)
In questa prospettiva ogni modulo va a costituire una parte significativa
omogenea e unitaria di un percorso formativo più ampio, una parte del tutto ma
in grado di assolvere a specifiche funzioni.
Il vantaggio didattico/operativo dell’impianto modulare è che permette di
elaborare un piano di interventi strategicamente delineato e nello stesso tempo
flessibile nel senso che può venire modificato nella sequenzialità ipotizzata così
come nei contenuti e nella durata.
I contenuti linguistico comunicativi proposti dal modulo, attiveranno unità di
apprendimento contestualizzate in cui lo studente potrà essere consapevole della
competenza acquisita.
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Modulo 1:
Mi presento
Modulo 2:
La famiglia e i rapporti parentali
Modulo 3:
Gli uffici di utilità: anagrafe, questura, ufficio stranieri, posta
Modulo 4:
La salute: il sistema sanitario
Modulo 5:
Mi oriento nel quartiere e nella città
Modulo 6:
In giro per acquisti
Modulo 7:
Al bar, al ristorante
Modulo 8:
I servizi pubblici: il treno, l’autobus
Modulo 9:
La scuola e i corsi di formazione professionale
Modulo 10:
Il lavoro
Modulo di chiusura:
riflessione sul percorso intrapreso: io nella nuova realtà…
Ogni modulo ha indicativamente la durata di 6/8 ore
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ALLEGATO
Anno VII, n.28
Supplemento alla rivista ITALS Febbraio 2009
registrazione numero 14/2003 R.P. del
6.03.2003
Direttore Responsabile: Paolo E. Balboni
L'Unità Didattica alla luce del modello di comunicazione linguistica del
Quadro Comune Europeo
di Jovica Mikić
L’unità didattica, definita come un insieme di attività articolate in modo coerente in
una successione di fasi, rappresenta uno dei concetti di base degli aspetti operativi
della glottodidattica. Conoscere la struttura di queso modello operativo aiuta
l’insegnante a selezionare il libro di testo su criteri precisi, utilizzare il materiale scelto
adattandolo alle condizioni concrete e organizzare in autonomia il percorso formativo.
Giovanni Freddi – uno dei glottodidatti che si è particolarmente interessato a questo
problema – ha detto che il proprio modello di UD non è né unico né definitivo e non
può essere una ricetta (Freddi 1994: 111-112). Questa posizione, assunta alla metà
degli anni ‘90, ci ha stimolato a esaminare alcune dinamiche alla luce dello stato
attuale della glottodidattica. Il documento che indubbiamente più di ogni altro ha
influenzato e orientato l’evoluzione di questa disciplina negli ultimi 7-8 anni è il
Quadro comune europeo per le lingue.
In questo articolo saranno pertanto presentati: a) il modello di comunicazione
linguistica esposto in questo documento, b) la scansione dell’UD come la vedono
alcuni glottodidatti italiani e un autore francese. Successivamente ci proponiamo di
sintetizzare le posizioni di questi autori mettendole in rapporto con il Quadro comune
europeo per le lingue. Saranno considerate anche le funzioni che può assumere il
modulo come complesso di unità didattiche. Si presentano infine alcune tavole con la
struttura ottimale di questi due strumenti operativi.
1. IL MODELLO DI COMUNICAZIONE LINGUISTICA NEL QUADRO
COMUNE
Per quanto riguarda l’approccio adottato, gli autori del QCER dicono che esso è orientato
all’azione. Secondo questa concezione, ogni persona che usa e apprende una lingua è
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1. IL MODELLO DI COMUNICAZIONE LINGUISTICA NEL QUADRO
COMUNE
Per quanto riguarda l’approccio adottato, gli autori del QCER dicono che esso è orientato
all’azione. Secondo questa concezione, ogni persona che usa e apprende una lingua è
considerata un “attore sociale”, le cui abilità linguistiche si svolgono in un dato contesto in
grado di conferir loro pieno significato.
Da questo punto di vista è stato elaborato un modello di comunicazione linguistica in cui,
sul livello orizzontale, esiste una differenza tra le attività e le competenze.
Attività linguistiche
La comunicazione linguistica, sia nelle situazioni reali che nell’insegnamento e
nell’apprendimento, include le attività di ricezione e di produzione, nelle forme orali e
scritte. Incrociando le attività e le forme si ottengono le attività primarie: ascolto, lettura,
parlato e scrittura. L’interazione rappresenta un’attività specifica in cui due o più
parlanti partecipano a uno scambio di messaggi orali e/o scritti. Nell’interazione le fasi di
produzione e ricezione si alternano, e nella comunicazione orale a volte si sovrappongono.
Un’ attività particolare è anche la mediazione, che consiste nella traduzione e
interpretariato, nella parafrasi, nel riassunto o resoconto - attività volte a rendere
accessibile il testo originario a una terza persona che non potrebbe accedervi direttamente.
Le attività linguistiche in questo documento vengono considerate nel loro contesto
comunicativo. I settori della vita sociale sono classificati in quattro domini: personale,
pubblico, professionale e educativo. In ognuno di essi vengono specificate le situazioni
comunicative, descritte in termini di luoghi e momenti, istituzioni e organizzazioni,
persone, oggetti, avvenimenti, azioni e testi. Realizzando le attività linguistiche il parlante
mette in atto le strategie comunicative che consistono nelle fasi di pianificazione,
esecuzione, valutazione e riparazione
Nel QCER, particolare importanza si dà al testo come prodotto finito o risultato atteso di
qualsiasi attività linguistica. Con “testo” si intende “qualsiasi elemento linguistico, un
enunciato sia orale sia scritto che chi usa/apprende la lingua riceve, produce o scambia”
(Quadro comune: 115). I testi hanno caratteristiche diverse a seconda di canale, funzione e
struttura. Testi orali ad esempio sono: annunci pubblici, conversazioni telefoniche,
dibattiti, discussioni, ecc. Libri, riviste, fumetti, lettere commerciali, libri di testo, etichette
su prodotti, ecc. – entrano nel novero dei testi scritti.
Le competenze generali e linguistico-comunicative
Per svolgere le attività linguistiche, chi usa e apprende la lingua si avvale di un insieme di
competenze individuali, suddivise in quelle generali e in quelle specifiche di
comunicazione linguistica.
Le conoscenze dichiarative (sapere) integrano la conoscenza del mondo, la conoscenza
socioculturale (particolarmente importanti nell’apprendimento/insegnamento di una lingua
perché riguardano la vita di tutti i giorni, le condizioni di vita, le relazioni interpersonali, i
valori, ecc. della comunità di cui si impara la lingua), nonché la consapevolezza
interculturale. Abilità e saper fare sono suddivise in “pratiche” e “interculturali”.
La competenza “esistenziale” (saper essere) riporta ai fattori della personalità
dell’individuo quali atteggiamenti, motivazioni, valori, convinzioni o stili cognitivi. A
questi tre tipi di competenze individuali ne va aggiunto una quarta, altrettanto rilevante: la
capacità di imparare o saper apprendere. Essa comprende: sensibilità alla lingua e alla
comunicazione, consapevolezza e abilità fonetiche generali, abilità di studio e abilità
euristiche.
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La competenza “esistenziale” (saper essere) riporta ai fattori della personalità
dell’individuo quali atteggiamenti, motivazioni, valori, convinzioni o stili cognitivi. A
questi tre tipi di competenze individuali ne va aggiunto una quarta, altrettanto rilevante: la
capacità di imparare o saper apprendere. Essa comprende: sensibilità alla lingua e alla
comunicazione, consapevolezza e abilità fonetiche generali, abilità di studio e abilità
euristiche.
La stessa classificazione è valida in generale anche per le competenze specifiche o
linguistico-comunicative. Anche queste si possono suddividere in conoscenze dichiarative
e capacità d’uso. Nel QCER sono comunque classificate così:
Competenze linguistiche. Comprendono le seguenti componenti: lessicale, grammaticale, semantica, fonologica, ortografica e ortoepica.
 Competenza sociolinguistica. Integra elementi linguistici che segnalano i
rapporti sociali, regole di cortesia, espressioni di saggezza popolare, differenze di
registro e varietà linguistiche e accento.
 Competenze pragmatiche, costituite da: competenza discorsiva (organizzazione
delle frasi e dei testi), competenza funzionale (microfunzionale corrisponde agli
atti comunicativi, macrofunzionale ai tipi di testi) e schemi interazionali.

2. LA SCANSIONE DELL'UD
Giovanni Freddi dichiara che l'UD non è “un semplice segmento ritagliato nel curricolo,
ma un’unità di lavoro dotata di una sua compiutezza e coerenza che tuttavia si
ricollega alle unità che la precedono e a quelle che la seguono” (Freddi 1994: 111).
L’autore distingue due aspetti che chiama, per analogia con l’analisi linguistica, asse
sintagmatico e asse paradigmatico.
Il primo consiste nella concatenazione di “cinque momenti psicologico-operativi:
motivazione, globalità, fissazione, riflessione, controllo”; il secondo si sviluppa
“allineando in verticale i dati linguistici, le operazioni didattiche e la strumentazione
glottotecnologica (Ibidem: 113).
Il lavoro all’interno di una UD





prenderà l’avvio con l’esposizione degli apprendenti a un testo
linguistico che per la sua centralità chiameremo “pivot”;
passerà attraverso una fase di fissazione del testo pivot e dei
materiali in esso contenuti (pronuncia, meccanismi linguisticocomunicativi, strutture grammaticali, lessico ecc.);
continuerà con il reimpiego di tali materiali;
si prolungherà fino all’esame-riflessione concernente la
“grammatica” della comunicazione e della lingua;
si concluderà con la verifica e la valutazione degli apprendenti;
dopo di che si potrà affrontare la successiva unità di lavoro.
(Ibidem: 112)
21
Gianfranco Porcelli (1994: 143-149) riprende i momenti psicologico-operativi di Freddi,
ma invece della fase di fissazione parla di due momenti distinti: analisi e sintesi.
Paolo Balboni (1994: 75-105) distingue nell’UD tre fasi:
1. iniziale
2. centrale
3. conclusiva
La prima fase si articola in due momenti: la motivazione e l’approccio globale al testo. La
seconda consiste nell’analisi, sintesi e riflessione su vari obiettivi (funzionali, grammaticali, relativi alle abilità linguistiche e culturali). La terza tappa comprende la
verifica, il rinforzo, il ripasso e il recupero, nonché la riflessione glottomatetica. In un
ulteriore libro lo stesso autore chiamerà la fase centrale (riprendendo l’espressione di
Dolci) la “rete di unità d’apprendimento” (Balboni 2002: 103-106).
Secondo Massimo Vedovelli (2002: 133-141), la cui prospettiva è proprio quella del
QCER, la struttura dell’UD è costituita dalle seguenti fasi:
1.
2.
3.
4.
5.
6.
7.
la contestualizzazione:
il testo come nodo centrale dell’unità didattica
la verifica della comprensione
le attività di comunicazione
la riflessione sulle attività di comunicazione
le attività di rinforzo
l’output.
La glottodidatta francese Janine Courtillon presenta le operazioni nel modo seguente
(2003: 52-76):
1.
2.
3.
4.
comprensione
reperimento
memorizzazione
produzione.
Courtillon precisa che per un’UD vengono precedentemente determinati gli obiettivi e i
dati linguistici, e che successivamente si effettua la valutazione.
Sintetizzando le proposizioni degli autori citati e mettendole in relazione con il modello di
comunicazione linguistica del QCER, presenteremo la seguente successione delle fasi:
introduttiva→iniziale→centrale→finale→conclusiva.
22
2. 1. LA FASE INTRODUTTIVA: CREARE LA MOTIVAZIONE, ANNUNCIARE
GLI OBIETTIVI E I CONTENUTI
Allo scopo di creare la motivazione di fondo che vale per l’intera UD, gli obiettivi ed i
contenuti si presentano in anticipo e si mettono in rapporto con le conoscenze esistenti, ed
eventualmente con i contenuti delle sequenze ulteriori.
L’insegnante può presentare le parole chiave del testo che aprirà la nuova UD, e/o far
riemergere le conoscenze precedentemente acquisite.
Questa fase dà la possibilità di includere anche le esperienze personali dell’apprendente, la
sua cultura generale, le sue specifiche abilità e i suoi atteggiamenti. Gli apprendenti
dicono (anche in lingua materna) quel che sanno o quel che pensano del nuovo argomento,
quel che di primo acchito gli piace o no nell’UD, quali sono le loro aspettative e come
pensano di lavorare. L’impegno personale extrascolastico può rafforzare la motivazione.
Anticipando il contenuto ed il contesto del testo di partenza, l’insegnante fa trovare e
presentare svariati documenti autentici o oggetti connessi al tema. A seconda dell’età e del
livello, questi realia possono essere: articoli di giornali, cassette, poster, modelli,
giocattoli, cartoline, ecc. L’importante è che queste operazioni “vengano effettuate dagli
apprendenti più che date dall’insegnante, il quale si limiterà a fare da suggeritore e da
guida” (Freddi 1994: 116)1.
Interpretata dal punto di vista del QCER, la fase introduttiva è il momento in cui vengono
impegnate le competenze generali. Mentre si anticipano il tema ed i contenuti dell’UD, gli
allievi adoperano le conoscenze acquisite sia in altre discipline scolastiche sia attraverso
l’esperienza personale (viaggi, conversazioni, letture, media).
Particolarmente importante è la conoscenza socioculturale, ciò che lo studente ha sulla
cultura del paese (o dei paesi) la cui lingua impara: condizioni di vita, arte, sport, media,
ecc. Cercando i documenti e gli oggetti autentici si avvale delle abilità e saper fare: usare
il computer, svolgere attività manuali, collezionare.
Per sviluppare la motivazione, si prendono in considerazione anche fattori della
personalità quali lo stile cognitivo, l’apertura e l’interesse verso nuove culture e la
disponibilità a comunicare. Anche la capacità di imparare è particolarmente importante in
questa fase di lavoro. Gli elementi di cui si fa uso e che si sviluppano sono per esempio:
concentrazione, capacità di cogliere lo scopo generale e quello delle attività singole, di
cooperare efficacemente nel lavoro in coppia e in gruppo, di organizzare e usare materiali
o strategie di apprendimento appropriati.
23
2. 2. LA FASE INIZIALE – COMPRENDERE I TESTI
La fase in cui si crea la motivazione iniziale per il lavoro nell’UD si trasforma
gradualmente nella fase in cui si affronta il testo.
All’interno di questa fase esistono tre momenti distinti (cfr. Balboni 1994: 79-82):
1. esame del contesto e degli elementi paratestuali;
2. esposizione al testo ai fini della comprensione;
3. riproduzione del testo.
Prima dell’esposizione al testo orale o scritto, gli studenti ne esaminano la struttura, più o
meno diversa in ogni genere testuale o comunicativo. Le componenti da prendere in
considerazione sono: il titolo e il sottotitolo, illustrazioni, parti monologiche o dialogiche,
suddivisione in paragrafi, e così via. Partendo da questi ed altri indizi, gli studenti
esprimono le ipotesi relative al contesto: luogo, tempo, persone che partecipano
nell’evento comunicativo, i loro rapporti e reazioni, gli scopi, i modi di esprimersi.
Durante le ulteriori esposizioni al testo le ipotesi espresse vengono confermate o respinte.
Lo scopo di questo approccio onomasiologico (o top-down) non è di individuare quanto
prima l'ipotesi giusta, ma di penetrare il significato gradualmente e lavorando insieme. E'
inoltre auspicabile che gli studenti collaborino, scambino e commentino le aspettative.
Ogni persona possiede, infatti, le strategie per riconoscere e usare gli indizi; tali strategie
possono essere però sviluppate nell'interazione di gruppo, “quando si constata come un
partner ha rilevato degli indizi e compreso un significato che noi stessi non avevamo
compreso” (Courtillon 2003: 58).
Nel momento successivo gli apprendenti sono esposti al testo. L’approccio globale
consiste adesso nel fatto che l’obiettivo principale è di comprendere (in modo globale,
selettivo o in dettaglio) il testo inteso come un insieme strutturato, e non di capire ogni
singola parola o espressione né di memorizzare le strutture grammaticali. Pertanto, i testi
complessi non sono da evitare, specie se sono autentici; sono utili perché contengono
importanti elementi socioculturali e presentano situazioni di comunicazione reale.
Il compito sarà reso meno difficile se gli alunni sono esposti allo stesso testo più di una
volta, e se ogni volta si fa presente in modo anticipato e preciso su quale aspetto devono
dirigere l’attenzione. Di lettura in lettura (o di ascolto in ascolto) l’insegnante assegna
nuovi compiti, a seconda dell’obiettivo dell’UD e del contenuto del testo.
Una variante dell’ascolto o lettura selettiva può consistere nel dividere gli studenti in
gruppi, per cui ognuno ha un compito specifico durante la stessa esposizione. Il primo
gruppo si concentra, per esempio, sul riconoscimento dei personaggi e dei loro rapporti
reciproci; il secondo cerca invece di comprendere dove e quando si svolge l’azione; il
terzo gruppo rivolge l’attenzione agli scopi comunicativi degli interlocutori. Ogni gruppo
presenta, infine, al resto della classe quello che ha capito, contribuendo così a ricostruire il
significato generale del testo.
Questa parte della fase iniziale comprende 3-4 ripetizioni.
é da notare che, successivamente, il testo può dar luogo ad attività di ri-produzione. Se si
tratta di un test orale, gli allievi lo ascoltano e ripetono; se invece il test d’apertura è scritto
lo leggono ad alta voce. L’insegnante lo può presentare segmentato, attraverso unità
fonologiche o semantiche che gli studenti ripetono individualmente o tutti insieme. Lo
scopo di queste attività è di riconoscere, in modo piuttosto intuitivo e globale, le
componenti del testo che saranno specificamente trattate nella fase centrale: pronuncia e/o
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é da notare che, successivamente, il testo può dar luogo ad attività di ri-produzione. Se si
tratta di un test orale, gli allievi lo ascoltano e ripetono; se invece il test d’apertura è scritto
lo leggono ad alta voce. L’insegnante lo può presentare segmentato, attraverso unità
fonologiche o semantiche che gli studenti ripetono individualmente o tutti insieme. Lo
scopo di queste attività è di riconoscere, in modo piuttosto intuitivo e globale, le
componenti del testo che saranno specificamente trattate nella fase centrale: pronuncia e/o
grafia, atti comunicativi, lessico, strutture grammaticali.
Se il testo di partenza è un dialogo, un modo di memorizzarlo è anche la
drammatizzazione. Ciò vale soprattutto per bambini e preadolescenti, che possono gradire
maggiormente attività a carattere cinestesico. In questo momento del percorso la
drammatizzazione funziona come un esercizio di fissazione, una spece di esercizio
strutturale, pur sempre tenendo conto che esiste “una certa distanza tra lo ‘stimolo’ (il
dialogo ascoltato/visto) e la relativa ‘risposta’ (la drammatizzazione)” (Balboni 1994: 82).
Considerata alla luce del modello di comunicazione linguistica del QCER, la fase iniziale
è dedicata alle attività linguistiche di ricezione, ascolto e lettura. Si tratta infatti della
comprensione di testi, momento cruciale dell’azione formativa, perché “la centralità del
testo [...] messa in luce dal Quadro comune fa sì che questo concetto sia il nodo della
struttura dell’unità didattica” (Vedovelli 2002: 136).
Relativamente alle attività linguistiche, nel QCER vengono anzitutto trattati gli aspetti
contestuali. Essi sono i domini, i parametri della situazioni comunicative, condizioni e
vincoli, il contesto mentale dell’emitente e del destinatario, temi, compiti e scopi
comunicativi. Parte integrante della comunicazione sono anche elementi non verbali,
paralinguistici (gesti, postura, onomatopee) e paratestuali (schemi, tavole, fotografie,
caratteristiche tipografiche).
E’ proprio il contesto in cui si svolgono le attività linguistiche che viene esplorato nel
primo momento della fase iniziale. Il contesto si conosce e approfondisce man mano
mentre si ascolta o legge, e le domande che l’insegnante fa durante l’esposizione al testo
(o prevede l’autore del manuale) rimandano agli aspetti del contesto.
Le strategie applicate nelle abilità di ricezione, secondo il QCER, implicano l’attuazione
delle seguenti operazioni - che corrispondono grosso modo al suddetto approccio
onomasiologico:
pianificazione: scegliere il quadro cognitivo, attivare gli scemi,
sviluppare aspettative;
 esecuzione: individuare indizi (elementi verbali e non verbali che
gli allievi hanno riconosciuti e compresi nel testo) per fare
inferenze;
 valutazione: verifica delle ipotesi;
 riparazione: revisione delle ipotesi.

25
2. 3. LA FASE CENTRALE – TRATTARE IL SISTEMA LINGUISTICO
Nella fase centrale si passa dal globale all’analitico, dal testo come insieme alle sue
singole componenti. Il testo d’apertura diventa in questo momento con-testo: gli elementi
del sistema linguistico-comunicativo, definiti in precedenza come contenuti specifici
dell’UD, vanno individuati per essere oggetto di una analisi specifica.
Con le variazioni dovute alla natura della componente (atto comunicativo, lessico,
struttura grammaticale, unità fonologica, modello culturale), il percorso di lavoro su un
singolo elemento è più o meno uguale.
Nel testo di apertura vengono individuati e isolati gli esempi
dell’elemento che sta per essere trattato. L’uso di “sottolineature,
cerchi, frecce, colori, ecc. può essere utile in questa fase di
analisi” (Ibidem: 84). Si può far trascrivere agli allievi le parole,
espressioni o frasi individuate. In certi manuali gli elementi sono
già raggruppati in forma di tavola, elenco o schema; altrimenti
sta all’insegnante di guidare gli allievi alla loro individuazione.
 L’elemento reperito va messo in relazione ad un contesto via via
più ampio (dagli esercizi strutturali di ripetizione, sostituzione e
trasformazione, ai dialoghi improvvisati o alla scrittura di testi
brevi).
 Nell’approccio comunicativo si usano anche gli esercizi di
concettualizzazione. Il loro scopo è di far tirare agli allievi,
individualmente o collettivamente, le proprie conclusioni relative
al funzionamento di un meccanismo linguistico (un paradigma
verbale, una regola ortoepica, l’ordine delle parole nella frase,
uno schema interazionale). Queste attività didattiche si svolgono
a volte subito dopo che sono trovati e isolati gli esempi nel testo,
cioè prima degli esercizi di reimpiego. Nella concettualizzazione,
l’insegnante può evitare la terminologia linguistico-grammaticale
dato che “molti aspetti del sistema si prestano ad essere chiariti
per mezzo di schemi, tabelle, schizzi o altre rappresentazioni non
verbali” (Porcelli 1994: 149).2

Se il procedimento globale risulta unico, la natura dell’elemento impone
alcune specificità.
I contenuti funzionali (atti comunicativi) vanno prevalentemente trattati attraverso
l’interazione orale. Dopo aver reperito e isolato gli esempi, gli allievi possono accoppiare
le repliche che creino un’insieme coerente (domanda/risposta; invitazione/accettazione;
proposta/rifiuto). In seguito si invitano ad effettuare dialoghi in cui si realizzano singoli
scopi comunicativi (p.e. rivolgersi-chiedere informazione-dare informazione-ringraziare).
All’inizio si riproducono i dialoghi conosciuti, apportando sostituzioni minime. Quindi si
dà agli studenti libertà e iniziativa in modo da poter improvvisare.
Alcuni atti comunicativi (invitare a una festa, ringraziare per un favore, annunciare un
arrivo) si realizzano anche in forma scritta. In questo caso il modo più appropriato è far
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proposta/rifiuto). In seguito si invitano ad effettuare dialoghi in cui si realizzano singoli
scopi comunicativi (p.e. rivolgersi-chiedere informazione-dare informazione-ringraziare).
All’inizio si riproducono i dialoghi conosciuti, apportando sostituzioni minime. Quindi si
dà agli studenti libertà e iniziativa in modo da poter improvvisare.
Alcuni atti comunicativi (invitare a una festa, ringraziare per un favore, annunciare un
arrivo) si realizzano anche in forma scritta. In questo caso il modo più appropriato è far
scrivere un messaggio, un biglietto d’invito o una mail.
Il lavoro sugli elementi fonologici si basa innanzitutto sull’ascolto e sulla ripetizione.
Questo aspetto importantissimo della competenza comunicativa si sviluppa in modo
implicito in tutte le attività di ascolto e parlato.
Su un elemento fonologico isolato, p.e. un fonema, si lavora secondo il solito percorso:
riconoscimento, ripetizione, esercizi manipolativi, uso contestualizzato. Risulta altrettanto
produttivo imparare a memoria poesie, filastrocche o canzoni e poi recitarle o cantare.
Nell’insegnamento delle lingue straniere la pronuncia è connessa alla grafia; l’insegnante
deve però somministrare con massima cautela certe attivita apparentemente semplici ma in
realtà complesse, quali lettura ad alta voce o dettato. Per non imporre agli allievi un
compito troppo difficile, deve decidere ogni volta se l’attività mette a fuoco la pronuncia,
una norma ortografica, una regola morfosintattica, o qualcos’altro.
All’interno di un’UD alcuni contenuti culturali sono già introdotti nella fase di
motivazione, quando vengono anticipati gli obiettivi. Altri appaiono nel testo di apertura,
specialmente se si tratta di un documento autentico.
Registrazioni audio e video autentiche, cartoline, fotografie, articoli di giornali, giochi
sono particolarmente adeguati per presentare elementi di cultura.
La fase centrale dell’UD necessita un approccio flessibile, perché i bisogni degli allievi, i
loro interessi e le reazioni non sono sempre prevedibili. In teoria come in pratica, non
esiste un ordine obbligatorio secondo il quale le componenti del sistema devono essere
introdotte. Dopo il testo di partenza, in un manuale si presentano prima di tutto gli atti
comunicativi, in un altro il lessico, in un terzo li contenuti fonologici. Esistono anche i
libri di testo in cui l’ordine dei contenuti varia da un’UD all’altra. L’insegnante può
decidere anche da solo l’ordine secondo cui presentare i contenuti, a prescindere dal
manuale. Inoltre, ha la possibilità di adattare certe attività e di ommetterne altre, o di usare
materiale aggiuntivo.
Usando la terminologia del QCER, nella fase centrale dell’UD l’attenzione è concentrata
sulle competenze linguistico-comunicative. Queste non sono lo scopo per sé, ma
rappresentano i mezzi per realizzare le attività linguistiche di ascolto, lettura, parlato,
scrittura e interazione. Nel QCER si afferma che le competenze consistono nella
conoscenza e nella capacità di usare elementi lessicali, grammaticali, schemi
interazionali. In pratica, la conoscenza corrisponde al momento di analisi e
concettualizzazione, mentre la capacità d’uso si mette in atto negli esercizi
contestualizzati.
Rispetto al contesto sociale della lingua, nel QCER si analizzano tre dimensioni.
Tra le competenze generali si parla della conoscenza socioculturale. Parte integrante delle
competenze generali sono anche le abilità interculturali e il saper fare. Ciò significa che
la cultura straniera non deve solo esser conosciuta, ma si deve anche assumere un
atteggiamento privo di pregiudizi, stereotipi, senza glorificazione o sottovalutazione. Il
terzo aspetto riguarda il funzionamento del linguaggio nel contesto sociale, è la
competenza sociolinguistica, importante nelle attività di interazione in generale.
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la cultura straniera non deve solo esser conosciuta, ma si deve anche assumere un
atteggiamento privo di pregiudizi, stereotipi, senza glorificazione o sottovalutazione. Il
terzo aspetto riguarda il funzionamento del linguaggio nel contesto sociale, è la
competenza sociolinguistica, importante nelle attività di interazione in generale.
2. 4. LA FASE FINALE – PRODURRE I TESTI
Le attività di espressione orale o scritta si svolgono anche nelle fasi precedenti, ma lì sono
o notevolmente meccaniche (ripetizione, lettura ad alta voce, trascrizione, drammatizzazione) oppure orientate verso lo sviluppo dei singoli elementi del sistema linguisticocomunicativo (grammatica, atti comunicativi, lessico, ecc.). Nella fase finale, la scrittura
ed il parlato servono per trasmettere i messaggi; gli studenti usano in modo integrale e
sintetico tutte le conoscenze e le abilità acquisite, senza mettere l’accento su una singola
competenza.
Nella forma orale prevale l’interazione e per esecitarsi, l’attività più adatta è la
simulazione del dialogo. In una certa misura il dialogo è imprevedibile, perché gli
interlocutori decidono sul contenuto dei loro messaggi e influenzano il corso della
conversazione. Inoltre, usano tutte le competenze di cui dispongono incluse le strategie
comunicative (collaborazione con l’interlocutore, riformulazione e semplificazione degli
enunciati, pause per riflettere, ecc.).
Gli allievi possono esprimere le loro esperienze, opinioni o idee anche in forma di
monologo. Esempi di questo tipo di produzione sono: raccontare le esperienze di un
viaggio, descrivere una persona, parlare delle impressioni di un film o di una partita di
calcio, esprimere la propria opinione circa un problema sociale, ecc.
Sia per il dialogo che per il monologo, l’insegnante concede agli allievi il tempo
sufficiente per prepararsi e li stimola a cooperare. Durante l’esecuzione, tuttavia,
l’intervento dell’insegnante e ridotto al massimo, affinché non interrompa il flusso
dell’espressione. Si evita soprattutto la correzione di ogni errore notato. In compenso,
commenti che riguardano non solo la correttezza grammaticale o la pronuncia, ma anche il
modo in cui gli interlocutori strutturano il discorso oppure l’efficacia con cui manifestano
i loro intenti comunicativi, possono essere espressi in un secondo momento.
La produzione scritta va dai testi più semplici (cartoline, brevi messaggi, descrizioni,
lettere d’invito) fino a riassunti o testi creativi. Nella fase di preparazione l’insegnante
consiglia gli studenti di utilizzare varie fonti e documenti: dizionari, manuali di
grammatica e ortografia, enciclopedie, libri di testo, stampa, Internet. Il compito
dell’insegnante è di istruirli su come articolare il lavoro in paragrafi e parti. Inoltre, gli
suggerisce di rileggere il testo per apportare eventuali correzioni prima della stesura finale.
La fase finale è dedicata a quel che nel QCER si definisce come attività produttive, in cui,
come nelle attività di ricezione, vengono attivate le strategie come un susseguirsi
strutturato di procedimenti
28
2. 5. LA FASE CONCLUSIVA – CONTROLLARE IL LAVORO
Si tratta di una tappa complessa la cui funzione principale, ma non l’unica, è di verificare
il grado in cui sono stati raggiunti gli obiettivi definiti per l’unità in corso. Dopo la
valutazione, e sulla base dei suoi risultati, si fa il recupero, si riflette sulle modalità di
lavoro adottate e si pianifica il lavoro per il seguente segmento.
L’aspetto più importante è la valutazione delle attività linguistiche: ascolto, lettura,
parlato, scrittura, interazione. Per renderla oggettiva, vanno determinati i criteri, espressi
in termini di competenze. Per esempio, nella produzione orale si precisano gli aspetti
linguistici (pronuncia, lessico, grammatica), sociolinguistici (rispetto delle regole di
cortesia), pragmatici (fluenza nel parlato, precisione delle asserzioni), discorsivi (coerenza
e coesione).
In un test reale “la comprensione deve vertere su aspetti diversi e naturali dei discorsi
prodotti nella LS: conversazioni quotidiane, i media (radio e televisione), conferenze,
cinema, stampa, opere scientifiche e letterarie, a seconda degli obiettivi perseguiti”
(Courtillon 2003: 43-44).
Esempi delle produzioni scritte che si possono valutare sono: lettere personali o
professionali, appunti e messaggi, saggi e esercizi, posta elettronica, articoli per giornalini.
Per valutare lo studente nella produzione orale, “bisogna cercare di creare situazioni di
scambio, il più spesso simulate, ma che si avvicinano il più possibile a una situazione
autentica. Le jeu des rôles ne rappresenta una. Assegnando i ruoli e chiedendo agli
studenti di esprimersi in gruppi di due o tre secondo un dato schema, si può misurare la
loro competenza di produzione comunicativa” (Ibidem: 48).
La funzione formativa della verifica consiste nel fatto che, sulla base dei risultati, si
prendono le decisioni su come orientare il lavoro successivo: maggiore attenzione sarà
rivolta a quelle attività linguistiche e a quelle competenze in cui maggiore è la distanza tra
gli obiettivi predefiniti e i risultati dimostrati. Al contrario, i contenuti acquisiti e gli
obiettivi raggiunti in modo soddisfacente richiederanno meno tempo e lavoro in futuro, a
prescindere da quanto previsto dal programma o dal manuale utilizzato.
Tra la fine dell’UD in corso e l’inizio di quella successiva, si richiede agli allievi che
hanno dimostrato scarsi risultati di svolgere attività supplementari (in classe e/o a casa). In
questo momento del percorso risulta utile proporre anche attività senza scopo didattico ben
preciso: vedere un filmato, leggere un fumetto, drammatizzare una scenetta, ascoltare e
cantare una canzone. In questo modo viene offerto materiale linguistico (input)
aggiuntivo, rafforzando e sostenendo la motivazione.
Infine, la fase conclusiva dell’UD fornisce la possibilità di riflettere sulle modalità efficaci
di apprendimento. Gli aspetti su cui si può riflettere sono (cf. Balboni 1994: 105):
29
Infine, la fase conclusiva dell’UD fornisce la possibilità di riflettere sulle modalità efficaci
di apprendimento. Gli aspetti su cui si può riflettere sono (cf. Balboni 1994: 105):
le strategie adoperate nel ricevere e produrre i testi;
le modalità di acquisizione dei contenuti grammaticali, lessicali,
funzionali o fonologici;
 la funzione dei singoli momenti dell’UD;
 i materiali e le fonti di informazioni utilizzati;
 la natura e lo scopo della valutazione.


Lo scambio di esperienze è prezioso: gli studenti più “deboli” possono apprendere le
strategie messe in atto da quelli più “forti”.
Nel QECR la valutazione è trattata nel capitolo 9. Scorrendo il testo si evince che la
valutazione effettuata alla fine di un segmento del percorso didattico ha le seguenti
caratteristiche:
è riferita al criterio (i criteri sono infatti gli obiettivi definiti
all’inizio dell’UD);
 è continua e formativa (vengono valutate prestazioni, lavori e
progetti realizzati durante il corso, e le informazioni raccolte
servono per la programmazione del percorso in futuro); si
valutano le prestazioni (campioni di lingua parlata e scritta, cioè
risultati delle attività linguistiche) e non le competenze o
conoscenze.
 Alla fine di una UD (o di un gruppo di UD) gli studenti possono
valutare se stessi in autonomia (autovalutazione); nei libri di
testo figura sempre più spesso il portfolio in cui si compilano
periodicamente le rubriche della biografia linguistica.

Come il momento introduttivo, anche quello conclusivo dà la possibilità di includere nel
lavoro le competenze definite nel QCER come generali. Oltre le competenze linguisticocomunicative (grammaticale, lessicale, funzionale) va sviluppata la conoscenza
socioculturale. A tale scopo può servire un testo indipendente da quello iniziale, più
spesso un documento autentico. Per l’uso contestualizzato della lingua, adoperando
svariate conoscenze e abilità, servono anche le attività specifiche, i compiti, ai quali è
dedicato il capitolo 7 del QCER. Infine, le riflessioni sui diversi aspetti
dell’apprendimento/insegnamento corrispondono all’uso e sviluppo della capacità di
imparare o saper apprendere.
3. IL MODULO
In un libro di testo o in un corso in generale la progressione è consentita dalla
successione delle UD. La progressione, da un lato, può essere lineare, il che significa
che ogni UD costituisce una componente isolata e si realizza senza connessione
diretta con i segmenti precedenti o successivi. L’altra possibilità è di raggruppare,
secondo un dato criterio, più UD in un blocco organizzativo più ampio – il modulo.
Per non essere una semplice somma di UD, il modulo deve soddisfare certi criteri,
cioè deve (cf. Balboni 2002: 107):
30
che ogni UD costituisce una componente isolata e si realizza senza connessione
diretta con i segmenti precedenti o successivi. L’altra possibilità è di raggruppare,
secondo un dato criterio, più UD in un blocco organizzativo più ampio – il modulo.
Per non essere una semplice somma di UD, il modulo deve soddisfare certi criteri,
cioè deve (cf. Balboni 2002: 107):
1.
2.
3.
4.
essere autosufficiente, concluso in se stesso,
essere basato su ambiti comunicativi complessi,
poter essere accreditato nel CV dello studente,
essere raccordabile con altri moduli.
La necessità di introdurre un blocco didattico così ampio è dettata dal fatto che, nel
raggiungere l’obiettivo (competenza comunicativa), si devono integrare contenuti
molteplici, mettendo in atto un procedimento complesso e usando svariate tecniche.
Il materiale linguistico-comunicativo, previsto dal programma o definito nel manuale,
integra elementi di varia natura: testi, componenti dei sistemi morfosintattico,
fonologico, lessicale, elementi pragmatici e socioculturali, fino alle conoscenze e
abilità generali. Per un oggetto così ampio e complesso l’UD risulta avere una
struttura piuttosto ristretta ed il modulo assume alcune delle sue funzioni.
Il primo vantaggio del modulo è che le componenti non-linguistiche escono dall’ UD:
conoscenza socioculturale, conoscenze e abilità generali, capacità di imparare. D’altro
lato, all’interno dello stesso modulo i contenuti delle UD possono variare. In una, per
esempio, l’accento va messo sui testi orali e nell’altra su quelli scritti; in certe UD
maggiore spazio è dedicato alla grammatica e in altre agli atti comunicativi o al
lessico.
Per quanto riguarda il procedimento didattico, la fase introduttiva e quella conclusiva
si svolgono all’interno del modulo e al di fuori delle UD. Le attività volte a creare la
motivazione, ad anticipare gli obiettivi e i contenuti si fanno in questo caso non per
ognuna delle UD separatamente, ma per un insieme di UD allo stesso tempo. Alla fine
dello stesso blocco didattico si realizza anche la fase in cui le conoscenze vanno
sistematizzate, i risultati vanno controllati e si prendono le decisioni per orientare il
percorso in futuro.
Il modulo è adeguato soprattutto per stabilire gli obiettivi e per la loro valutazione. Il
vantaggio rispetto all’UD consiste nel fatto che per un blocco linguistico-comunicativo
così esteso gli obiettivi si possono definire senza spezzarli o specificarli in eccesso. In
altri termini, gli obiettivi per un modulo non si devono più esprimere in termini di
singoli atti comunicativi quali ringraziare, chiedere parere, esprimere l’insoddisfazione,
ma si possono facilmente esprimere in termini di attività linguistiche; cioè, vale a dire
che alla fine del modulo lo studente sarà in grado di: scrivere una lettera personale,
leggere l’istruzione per l’uso di un apparecchio, prendere parte in un dibattito
sull’inquinamento dell’aria, ecc.
Gli obiettivi definiti all’inizio sono il punto di partenza per la valutazione, che si
effettua in base alle stesse categorie. Inoltre, i risultati possono essere accreditati nel
CV dello studente (che corrisponde alla concezione del Portfolio), ma servono anche
per il controllo della progressione e per l’eventuale riprogrammazione o
riorientamento del percorso.
4. STRUTTURA OTTIMALE DELL’UD E DEL MODULO
Le riflessioni precedenti ci permettono ora di presentare la struttura ottimale dell’UD e
del modulo.
Per ottimale intendiamo la struttura più adeguata alle premesse didattiche, allo stesso
tempo coerente e flessibile. Da un lato la struttura è didatticamente definita. D’altro
canto, è sufficientemente aperta in modo da consentire le variazioni in itinere, che
riguardano piuttosto l’asse paradigmatico (estensione e classificazione dei contenuti)
che quello sintagmatico (il procedimento o la successione delle fasi).
Nelle due tavole sottostanti si mettono in rapporto le fasi del percorso, le funzioni
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del modulo.
Per ottimale intendiamo la struttura più adeguata alle premesse didattiche, allo stesso
tempo coerente e flessibile. Da un lato la struttura è didatticamente definita. D’altro
canto, è sufficientemente aperta in modo da consentire le variazioni in itinere, che
riguardano piuttosto l’asse paradigmatico (estensione e classificazione dei contenuti)
che quello sintagmatico (il procedimento o la successione delle fasi).
Nelle due tavole sottostanti si mettono in rapporto le fasi del percorso, le funzioni
(prevalenti, non esclusive), le componenti linguistico-comunicative del QCER.
Le tappe del percorso sono individuate e presentate separatamente per motivi
organizzativi, mentre nella pratica bisogna evitare discontinuità ed interruzioni (non si
deve soprattutto identificare l’inizio di una fase con l’inizio di una singola ora di
lezione). Le tavole presentano, inoltre, qual è la funzione principale e quale
componente del modello di comunicazione linguistica è prevalentemente sviluppata.
Fase del
lavoro
Funzione
Componente trattata
Fase iniziale
Comprensione di
testi
Attività linguistiche ricettive (ascolto/lettura)
Fase
centrale
Lavoro sulla
lingua come
sistema
Competenze di comunicazione linguistica
Fase finale
Produzione
linguistica
Abilità produttive (parlato/scrittura/interazione)
Tavola 1: Struttura ottimale dell’unità didattica nel contesto del modulo
Fase del lavoro
Funzione
Fase introduttiva
Creare la
motivazione;
annunciare gli
obiettivi ed i
contenuti
Fase centrale
Fase conclusiva
Componente trattata
Capacità di imparare;
competenze generali
Serie di UD con la struttura presentata nella tavola
precedente
Controllo dei
risultati del
lavoro;
Attività linguistiche;
Uso autonomo
della lingua
Competenze generali (socioculturale,
capacità di apprendere)
Competenza funzionale;
Tavola 2: Struttura ottimale del modulo
32
5. CONCLUSIONI
In questo articolo abbiamo analizzato la dinamica dell'UD mettendo in rapporto la sua
struttura interna e le proposizioni del documento che da diversi anni funge (e con
tutta probabilità lo farà anche nel prossimo futuro) da punto di partenza nell'elaborare
il materiale didattico: il QCER.
Da un lato, ”il modello dell'Unità Didattica [e sempre più anche quello del modulo] è
generalmente utilizzato da tutti i libri di testo moderni per l'insegnamento delle lingue
straniere” (Balboni 2002: 104), dall'altro, sono sempre più numerosi i manuali, per
tante lingue europee, che si riferiscono in modo esplicito o implicito al QCER.
Ammesso che si improvvisa meglio quando si conosce bene la struttura, risulta
evidente l'utilità che l'insegnante trova nell'impadronirsi del quadro teorico dell'UD e
del modulo. Ciò gli consente di muoversi nel suo interno in conformità alle proprie
esigenze o, in altre parole, di adattare l'uso del materiale didattico alla situazione
concreta nella sua classe, nonchè di crearsi il proprio materiale strutturato.
BIBLIOGRAFIA
BALBONI P. E., 1994, Didattica dell'italiano a stranieri, Bonacci, Roma.
BALBONI P. E., 2002, Le sfide di Babele. Insegnare le lingue nelle società complesse,
UTET, Torino.
Consiglio d'Europa, Modern Languages Division, 2002, Quadro comune europeo di
riferimento per le lingue: apprendimento, insegnamento, valutazione. Milano, R.C.S.
Scuola/Firenze, La Nuova Italia-Oxford.
33
riferimento per le lingue: apprendimento, insegnamento, valutazione. Milano, R.C.S.
Scuola/Firenze, La Nuova Italia-Oxford.
COURTILLON J., 1995, “L’unité didactique”, in Le français dans le monde. Recherche
et application. Méthodes et méthodologies, Edicef, Paris.
COURTILLON J. , 2003, Elaborer un cours de FLE, Hachette, Paris.
FREDDI G. , 1994, Glottodidattica. Fondamenti, metodi, tecniche, UTET, Torino.
MEZZADRI M., 2004, Il Quadro comune europeo a disposizione della classe. Un
percorso verso l'eccellenza, Guerra, PerugiaWelland Ontario.
PORCELLI, G., 1994, Principi di glottodidattica, La Scuola, Brescia.
VEDOVELLI, M., 2002, Guida all'italiano per stranieri. La prospettiva del Quadro
comune europeo per le lingue, Carocci, Roma.
1 In questo modo lo studente mette in atto la dimensione cognitiva, affettiva e
psicomotoria, dunque la propria personalità nel complesso, impegnandosi in modo
consapevole e acquisendo capacità di organizzare il proprio lavoro in autonomia.
2 Se in questa fase si applica generalmente la sequenza: decontestualizzazione→concettuali-
zzazione→ricontestualizzazione, allora esiste un segmento del contenuto linguistico-comunicativo che va trattato
secondo un procedimento stabilito. In questo senso si può parlare di un modello operativo gerarchicamente inferiore
all’UD, chiamato da Balboni unità d’apprendimento (secondo noi riguarda le competenze e non le attività
linguistiche).
34
Allegato
Attività di gruppo:
1- Analizzare l’impostazione del lavoro proposto da un percorso on line
2- Valutare le modalità operative dell’intervento
1-Analizzare l’impostazione del lavoro proposto
DESCRIZIONE DEL CORSO
Si tratta di un percorso di italiano L2 pensato per apprendenti analfabeti
(naturalmente in lingua madre), da svolgere con l'uso del computer.
Il percorso dovrebbe essere svolto in presenza dell'insegnante ed è auspicabile che
i materiali siano presentati ai corsisti dal docente e che sia fornito un aiuto "in
presenza" ed in itinere.
RISULTATI ATTESI
-l’apprendente comprende il significato delle icone più frequenti dei luoghi di
maggior frequentazione nelle transazioni del quotidiano
-l’apprendente è in grado di leggere parole, testi frequenti e rilevanti delle
transazioni del quotidiano (orari, insegne, indirizzi, avvisi, messaggi…);
brevissime frasi (enunciati minimi)
-l’apprendente è in grado di scrivere autonomamente parole e brevi frasi, scelte
tra quelle che è usuale scrivere (una nota, un orario, una lista della spesa, ecc.).
PUNTI LINGUISTICI OSSERVATI
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-Progressione delle lettere e delle sillabe
-Argomenti lessicali
-Argomenti grammaticali
-Argomenti sociolinguistici
BENEFICIARI DEL CORSO
Giovani e adulti/e immigrati/e analfabeti/e con una qualche competenza orale.
STRUTTURA DELL’UdA
Fase di ACCOGLIENZA
Fase di Pre-Alfabetizzazione
Ogni UdA è poi così strutturata:
A) Accertamento
B) Presentazione
C) Apprendimento della lettura scrittura
-globale
-analitico
-riconoscimento dei formati
-apprendimento dei numeri
D) Fissaggio ed espansione
-riconoscimento della sillaba
-riconoscimento della parola obiettivo in un contesto
E) Verifica
STRUTTURA IN DETTAGLIO DELLE UdA
I UdA (la stazione dei treni)
II UdA (il caffè della stazione)
III UdA (il supermercato)
IV UdA (la piazza)
TEMPI
IMPOSTAZIONE DIDATTICA
36
Per la preparazione dei materiali abbiamo fatto riferimento a un tipo
all’apprendimento legato al "fare" con la lingua:
partendo da situazioni concrete (il viaggio, l’ambiente stazione, gli incontri in un
bar…) e utilizzando documenti scritti autentici.
Prealfabetizzazione
Accertamento delle competenze di lettura
L’attività si presenta come una sorta di test d’entrata, ma più propriamente serve:
 come attività rompighiaccio (di cui non si prevede il tracciamento),
 per valorizzare eventuali conoscenze pregresse dell’apprendente
 per consentire all’apprendente di familiarizzare con lo strumento.
2- Valutare le modalità operative dell’intervento
I UdA. La stazione
PUNTI LINGUISTICI OSSERVATI:
-progressione delle sillabe:
all’interno di brevi dialoghi, presentati anche in forma scritta, vengono focalizzate
le parole obiettivo che seguono, così raggruppate e secondo la seguente
progressione:
Torino
seconda
ora
e le parole espansione raggruppate con la seguente progressione:
telefono riso otto
mese sedano sera
rana radio orario
composizione sillabica CV (consonante, vocale)
37
vocali i, o
Argomenti sociolinguistici:
vengono fornite semplici strutture comunicative utilizzate nelle più ricorrenti
situazioni del quotidiano.
Le strutture comunicative nella I UdA sono:
Che ore sono?
[Sono] le….
STRUTTURA DELL’UdA :
Presentazione
I dialoghi presentati sono quelli ricorrenti di situazioni del quotidiano e
costituiscono la motivazione ed il contesto per lo studio delle parole obiettivo. Al
termine del dialogo, letto dalla voce dei personaggi, la voce guida pronuncia le
parole obiettivo.
Segue poi un’attività di analisi dei prerequisiti.
Addestramento alla comprensione che gli oggetti possono essere rappresentati da
icone.
Trascrizione del dialogo con cui inizia la lezione:
-Torino Torino, To-ri-no ecco!
-Eccolo, binario xxx
-Be’ abbiamo un po’ di tempo. ma guarda che fila!
-Torino
-In giornata
-Sì
-Alle (indicare orario)
-Prima o seconda classe?
-Seconda, seconda!!!
38
-Che ora e’?
-sono le ....
-Dai, abbiamo del tempo, il treno è in ritardo, andiamo al bar
Apprendimento della lettura/scrittura
 Lettura globale: viene presentata e letta la parola obiettivo <TORINO>. Può
essere efficace accostare alla lettura silente anche una lettura a voce alta in
classe guidata dal tutor o docente dell’aula.
 Riconoscimento della parola:
si richiede di riconoscere la parola obiettivo all’interno di una lista.
 Scrittura della parola: segue la copiatura della parola obiettivo.
 Lettura analitica: la voce guida legge globalmente a velocità naturale la
parola <TORINO> e poi la ripete sillabandola.
Si porta poi l’attenzione alle sillabe <TO-RI-NO>, poi alle vocali <O,I>. Questa fase
si conclude con:
Esercizio di individuazione delle sillabe dietro input orale.
Esercizio di individuazione delle vocali dietro input orale.





Scrittura delle sillabe: <TO-RI-NO>. L’analisi termina con:
Dettato delle sillabe TO RI NO
Scrittura delle vocali: <O,I>
Riconoscimento dei formati: in stampato maiuscolo e minuscolo.
Riconoscimento delle parole che iniziano con la lettera obiettivo: viene
proposta una serie di parole con la consegna di individuare le parole che
iniziano con la lettera obiettivo. In questo caso si lavora su <T/t, N/n,
R/r>.
 Apprendimento dei numeri: lettura dei numeri da 0 a 10. Scrittura dei
numeri da 0 a 10 in una tabella. 9
Fissaggio ed espansione:
vengono proposte attività per il fissaggio delle sillabe sopra analizzate <TO-RINO> attraverso:
il riconoscimento e inserimento delle sillabe TO RI NO nelle parole TELEFONO;
RISO; OTTO
Cruciverba
Individuazione della parola obiettivo in un testo autentico: in un testo autentico
(etichetta, foto, insegna) è richiesto il riconoscimento della parola obiettivo.
Apprendimento della lettura/scrittura
39
Lettura globale: viene presentata e letta la parola obiettivo <SECONDA>. Può
essere efficace accostare alla lettura silente anche una lettura a voce alta in
classe guidata dal tutor o docente dell’aula.
Riconoscimento della parola:si richiede di riconoscere la parola obiettivo
all’interno di una lista.
Scrittura della parola: segue la copiatura della parola obiettivo.
Lettura analitica: la voce guida legge globalmente a velocità naturale la parola
<SECONDA> e poi la ripete la lettura sillabandola.
Si porta poi l’attenzione alle sillabe <SE-DA> e poi alle vocali <E, A>. Questa fase
si conclude con:
Esercizio di individuazione delle sillabe dietro input orale.
Esercizio di individuazione delle vocali dietro input orale
Scrittura delle sillabe: <SE-DA>. L’analisi termina con:
Dettato delle sillabe SE DA
Scrittura delle vocali: <E,O,A>
Riconoscimento dei formati: : in stampato maiuscolo e minuscolo.
Riconoscimento delle parole che iniziano con la lettera obiettivo: viene proposta
una serie di parole con la consegna di individuare le parole che iniziano con la
lettera obiettivo,in questo caso <S/s, D/d>
Apprendimento dei numeri: lettura dei numeri da 10 a 0. Scrittura dei numeri in
una tabella.
Fissaggio ed espansione: vengono proposte attività per il fissaggio delle sillabe
sopra analizzate <SEDA>
attraverso:
Riconoscimento e inserimento delle sillabe SE DA nelle parole SEDANO, SERA,
MESE
Cruciverba
Individuazione della parola obiettivo in un testo autentico: in un testo autentico
(etichetta, foto, insegna) è richiesto il riconoscimento della parola obiettivo.
……………………………………………………………………………………………….
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Scarica

Lingua come sistema composito e complesso veicolo di interazione