I C O N C E R T I 2 0 1 5 - 2 0 1 6 KARL-HEINZ STEFFENS DIRETTORE ORCHESTRA DEL TEATRO REGIO MERCOLEDÌ 30 MARZO 2016 ORE 20.30 TEATRO REGIO Karl Ferdinand Sohn (1805-1867), Ritratto di Mathilde Wesendonck. Olio su tela, 1850, Bonn, Stadtmuseum. Karl-Heinz Steffens direttore Alexandra Petersamer mezzosoprano Orchestra del Teatro Regio Richard Wagner (1813-1883) - Hans Werner Henze (1926-2012) Wesendonck-Lieder Cinque poesie di Mathilde Wesendonck, per voce femminile Der Engel – L’angelo Stehe still! – Arrèstati! Im Treibhaus – Nella serra Schmerzen – Dolori Träume – Sogni In occasione del 90° anniversario della nascita di Hans Werner Henze Richard Wagner Parsifal, an Orchestral Quest Arrangiamento di Henk de Vlieger Vorspiel – Preludio Parsifal Die Gralsritter (I) – I cavalieri del Graal (I) Die Blumenmädchen – Le fanciulle-fiore Karfreitagszauber – Incantesimo del Venerdì Santo Die Gralsritter (II) – I cavalieri del Graal (II) Nachspiel – Postludio Restate in contatto con il Teatro Regio: Richard Wagner - Hans Werner Henze Wesendonck-Lieder Gli intrecci fra vita e arte possono essere molteplici e nel caso di Wagner, che pur è corazzato dentro un castello di scritti teorici a esplicazione della sua estetica e dei drammi musicali, coinvolgono aspetti privati. Anzi, la sfera sentimentale venne da lui usata come spunto creativo, come insegna la sua amicizia con Mathilde Wesendonck. Wagner e la moglie Minna, fuggiaschi nel 1849 dalla Sassonia in seguito alla partecipazione del compositore ai moti rivoluzionari di Dresda, avevano trovato riparo dapprima a Parigi, in seguito in Svizzera. A Zurigo fecero conoscenza, nel 1852, con l’agiato commerciante Otto Wesendonck e la moglie Mathilde, grazie ai quali ebbero a disposizione dal 1857 un intero cottage. Nel frattempo il musicista non mancò di coltivare una galanteria fedifraga cui già era e ancora sarà avvezzo, instaurando una relazione con Mathilde. Una soffiata di Minna a Otto fece presto saltare tutto, e Wagner riparò a Venezia, da solo e per qualche mese. La complicità con Mathilde, letterata e poetessa nonché avida lettrice quanto Wagner del Mondo come volontà e rappresentazione di Schopenhauer, stava nel vicendevole scambio tra vita e arte: Richard – interrotta poco dopo la metà la composizione del Siegfried in quel 1857 – era immerso nel lavoro del Tristan und Isolde, ovvero del dramma che non solo era nutrito dall’anelito all’estinzione della volontà proprio alla filosofia schopenhaueriana, ma rappresentava in scena un triangolo, con gli amanti Tristan e Isolde alle spalle del consorte di lei, re Marke. Era lo specchio di quanto accadeva a Zurigo e sarebbe accaduto alla prima del 1865 a Monaco, quando nella vita il ruolo del tradito fu assunto dal direttore d’orchestra Hans von Bülow, ancora marito di Cosima Liszt che aveva già avuto la sua prima figlia da Wagner, battezzata come Isolde von Bülow. Ad ogni modo, la frequentazione di Mathilde Wesendonck a Zurigo fu, al di là delle tempeste familiari, d’imprescindibile importanza anche per la riflessione di Wagner sulla propria arte: le lettere alla donna sono documenti fondamentali sul Tristan, sul Ring e già sul Parsifal. In questo tourbillon Wagner mise in musica alcune liriche della donna quand’era ancora a Zurigo, rivedendole poi a Venezia. Le risultanti Cinque poesie per voce femminile e pianoforte – che uscirono a stampa senza indicare l’autrice dei versi e il cui ordine non corrisponde a quello della composizione – s’intrecciarono anche in senso musicale al Tristan und Isolde, in quanto s’incontrano in esse due studi preparatori al dramma musicale. Il quinto poema, Träume (Sogni), fornirà – nel sapiente gioco di armonie alterate che tendono a sfaldare il quadro tonale – la materia per il duetto d’amore nell’atto II, con l’inno alla notte che tutto dissolve e in cui gli amanti sprofondano; il terzo, Im Treibhaus (Nella serra), diverrà nel suo cromatismo soffocante – come l’aria di una serra assolata – la musica del dolore di Tristano, all’inizio dell’atto III. Eppure anche le altre liriche sono connesse al teatro di Wagner: la quarta, Schmerzen (Dolori), non solo anticipa il dolore tristaniano, ma alla fine anche il motivo della spada nel Ring; la seconda, Stehe still! (Arrèstati!), è impregnata di quell’anelito al dissolvimento pure nelle scelte lessicali. Nell’immaginario di Wagner l’angelo della prima lirica (Der Engel) è Mathilde stessa che lo solleva dal dolore. È curioso che alla prima esecuzione pubblica, nel 1862, al pianoforte ci fosse Bülow, prossima vittima nell’altro e successivo triangolo amoroso. Wagner predispose la strumentazione unicamente per Träume, quale serenata per violino solo, settimino d’archi, due clarinetti, due fagotti e due corni, eseguita nello scalone di casa Wesendonck sotto la camera di Mathilde come regalo di compleanno il 23 dicembre 1857 (per inciso: Wagner fece lo stesso con il Siegfried-Idyll nella casa di Tribschen il 25 dicembre 1870, per il compleanno di Cosima, divenuta sua moglie, che aveva dato alla luce il loro terzo figlio). Gli altri canti vennero orchestrati dal fervente wagneriano Felix Mottl ed entrarono in repertorio così, aprendo tuttavia la strada a vari adattamenti posteriori. Nel 1976 Hans Werner Henze, il più importante compositore del secondo Novecento accanto a Pierre Boulez e Karlheinz Stockhausen, diede ai Wesendonck-Lieder una nuova veste con piccola orchestra di archi, fiati e arpa, scegliendo la versione del 1877 abbassata alla tessitura di contralto. Egli avvolse così il timbro vocale più grave in un pullulare di colori strumentali che nascono non soltanto dall’esperienza di un secolo di musica in più alle spalle – passando per Mahler e Richard Strauss – ma anche da un fatto tecnico. La suddivisione del complesso è capillare, tant’è che gli archi suonano non poche volte a parti reali, con effetto di rifrazione armonica e timbrica derivante anche dalle modalità diverse nell’emissione del suono all’interno di famiglie strumentali omogenee. Henze, che altera sottilmente e arricchisce o amplia le linee originarie di Wagner pur rimanendogli fedele, dà così un nuovo corpo al camerismo dei Wesendonck-Lieder per mezzo di soluzioni di estrema accortezza, a volte però ben connotate: accentua il carattere cupo di Im Treibhaus facendo tacere i violini; sottrae il piglio eroico a Schmerzen utilizzando solo arpa e archi, divisi però sinfonicamente in un modo che ricorda Metamorphosen di Strauss; si allontana da Wagner in Träume ignorando volutamente la strumentazione d’autore. Nondimeno, in tutta la raccolta Henze mostra di conoscere bene le soluzioni di Wagner nel Tristan, così prossimo a queste pagine, ma spesso le rovescia, le inverte, le muta di posto. È il Novecento che rilegge criticamente l’Ottocento all’interno dell’opera d’arte medesima. Jean Delville (1867-1953), Parsifal. Olio su tela, 1894. Collezione privata. Richard Wagner Parsifal, an Orchestral Quest Parsifal è la somma e la trasfigurazione dell’arte di Wagner. Il musicista portava qui a compimento su un piano mistico l’idea della redenzione che aveva attraversato l’intero suo teatro, trasferendola su un piano sacrale in cui l’elemento cristiano inglobò e riplasmò tutti gli altri apporti. Se il Ring venne da lui definito una «rappresentazione scenica», il Parsifal salì al grado di «rappresentazione scenica sacra», data al Festival di Bayreuth nel 1882, poco meno di un anno prima della morte del suo demiurgico autore, che aveva iniziato a schizzare la partitura nel 1877, anno in cui pubblicò la prima versione a stampa del libretto. Egli attendeva però all’intero lavoro fin dal soggiorno di Zurigo negli anni Cinquanta, con riflessioni e abbozzi concreti, ma da prima ancora a livello di soggetto: l’idea del Parsifal accompagnò Wagner per circa trentacinque anni, rappresentando il compimento del suo cammino di artista e di uomo. Il soggetto medesimo rappresentava un cammino, di ricerca e di perfezione: passata attraverso le narrazioni medievali di Chrétien de Troyes, Wolfram von Eschenbach e (per intermediazione) Robert de Boron, la figura di Parsifal è in Wagner il puro folle che, attraverso la compassione, acquisisce la conoscenza, fa penitenza e diviene re del Graal. Egli all’inizio nulla comprende del dolore e della ferita di Amfortas, né del rito che questi celebra ostendendo il Graal, da Wagner esplicitamente inteso come il calice dell’Ultima Cena di Cristo: Parsifal comprenderà tutto nel momento del fatale bacio di Kundry, la donna dalle molte vite che serve i cavalieri del Graal nel mondo del bene, ma è schiava delle arti magiche di un cavaliere da quella comunità respinto, Klingsor, che domina la sfera del male attraendovi i casti cavalieri tramite la seduzione di fanciulle e servendosi delle arti erotiche di Kundry. Amfortas era stato ferito portando in battaglia contro Klingsor l’altra reliquia che egli custodiva, la lancia che ferì Cristo in croce il Venerdì della sua Passione: non aveva resistito a Kundry, e Klingsor gli aveva così sottratto la reliquia e l’aveva ferito con essa, trattenendola infine per sé. Soltanto quella lancia può sanare la ferita di Amfortas, per Wagner inferta al costato come avvenne per Cristo. Il bacio di Kundry rende Parsifal cosciente di ciò: egli si divincola dalla seduttrice e va in cerca della rocca del Graal, dopo aver distrutto il regno di Klingsor tracciando nell’aria un segno di croce proprio con la Sacra lancia, che il mago gli aveva scagliato contro e si era fermata, invece, sopra il capo di Parsifal, indicandolo come l’atteso guaritore e redentore. In questo ambito cristianizzato il noto apporto della filosofia pessimistica di Schopenhauer è ravvisabile solo in Amfortas; discutendone per lettera con Mathilde Wesendonck, Wagner lo paragonava al suo Tristano ferito e sofferente: d’altronde, il rifiuto di compiere il rito del Graal e il desiderio di morire fanno di Amfortas un esempio di rinuncia alla volontà. Tuttavia questa è affermata da Parsifal, che vince in tal modo la lussuria e giunge al sommo del suo cammino di perfezione: il tema di Parsifal è svettante, sia quando Wagner introduce il protagonista come puro folle sia quando lo fa rientrare nella rocca di Monsalvat come redentore di Amfortas. Nel Wagner maturo e in modo supremo nel Parsifal la concezione sonora è il perno della vicenda drammatica: se già prima il compositore aveva dato vita al sistema dei motivi conduttori e indicato la supremazia della musica in rapporto alla parola, egli giunge a vagheggiare, durante la genesi e le prove del Parsifal, una sorta di teatro invisibile, ossia un tipo di teatro in cui l’azione scenica sia interamente contenuta dentro la musica. L’ipotesi nasceva dall’insoddisfazione verso i mezzi scenici a lui contemporanei, ma anche dall’acquisita certezza che la propria tecnica orchestrale, armonica e tematica era giunta nel Parsifal a un’altezza capace di generare anche un nuovo tipo di suono, nato dalla fusione di timbri diversi anche in seguito alle innovazioni acustiche del Festspielhaus di Bayreuth, con il golfo mistico coperto. Su tali basi non sembrerà dunque peregrino quanto fatto dall’olandese Henk de Vlieger, che nel 1993 ha sintetizzato in una versione unicamente orchestrale, e dunque anche priva di canto, gli episodi e i personaggi salienti del Parsifal, dando alla partitura così ricreata il sottotitolo «an orchestral quest»: una «ricerca» che si configura quale corrispettivo in suoni del peregrinare di Parsifal alla ricerca del Graal e della redenzione anche per se stesso. Il Preludio è in tutto identico a Wagner, aperto dal mistico motivo dell’Agape d’amore poi rinnovata nella cerimonia del Graal, seguito dal tema ascendente del Graal e dalle triplici, incrollabili fanfare del motivo della Fede. La parte conclusiva del Preludio enuclea dal motivo dell’Agape il motivo della Piaga e il motivo della Lancia, ossia la musica della sofferenza di Amfortas ma, prima ancora, di Cristo. Per evitare il passaggio brusco all’episodio di Parsifal, che appare più avanti nell’atto I, Vlieger inserisce una parte di raccordo in tempo mosso basata sul motivo della Cavalcata, in maniera da preparare lo squillo dei corni che indicano qui Parsifal ignaro della colpa per aver ucciso un cigno sacro. Nella «rappresentazione scenica sacra» in tale punto il cavaliere Gurnemanz, ravvisato nel protagonista forse quel puro folle che – in base a un oracolo – potrebbe guarire Amfortas, conduce Parsifal nel tempio del Graal. Wagner scrive qui un famoso interludio per il cambio di scena, la cui musica è parimenti sfruttata da Vlieger nell’episodio dei Cavalieri del Graal passando attraverso due motivi di raccordo, quello della magia di Klingsor, che sale strisciando pianissimo ai violoncelli e alle viole, e quello processionale dei cavalieri medesimi. Non a caso l’episodio porta il loro nome, perché Vlieger estrae da Wagner soltanto la loro musica, non quella del centrale rito del Graal cui essi partecipano, e salta poi alla chiusa della scena con il motivo dell’Oracolo ai legni. Da qui e con il motivo di Parsifal, si schiude l’episodio delle Fanciulle-fiore che dà corpo alla seconda scena dell’atto II, con tutta la carica erotica di temi carezzevoli e armonie cangianti che non trovano mai risoluzione, portando avanti la melodia infinita. Essa avrebbe nel dramma wagneriano una cesura corrispondente all’ingresso della voce di Kundry che chiama Parsifal, rivelando così al protagonista il suo stesso nome; tuttavia Vlieger omette il centrale personaggio. Egli invece, passando di nuovo per la riesposizione del motivo dell’Oracolo e di quello di Parsifal che fungono da elementi connettivi, introduce il passo catartico della vicenda, ossia l’Incantesimo del Venerdì Santo dell’atto III: è il giorno in cui Parsifal ritorna nelle terre del Graal riportandovi la lancia che ferì Cristo, il giorno della rinascita dell’uomo grazie al sacrificio di Cristo in croce, giorno in cui rinasce la natura irrorata delle lacrime del pentimento, con il tema del Prato fiorito introdotto dall’oboe ed esteso ai violini, affiancato poi dal tema della Purificazione. Il successivo episodio scelto da Vlieger, I Cavalieri del Graal (II), è costituito dal drammatico interludio per il corteo dei cavalieri che entrano nel tempio del Graal recando la bara di Titurel, defunto padre di Amfortas. Infine, dopo l’ultima ripetizione del motivo dell’Oracolo, lo squillo del tema di Parsifal segna l’attacco dell’Epilogo (Postludio), con l’ingresso del protagonista che dà compimento a quell’oracolo, redime Amfortas immergendo la lancia nella ferita e ostende il Sacro calice. Nonostante l’assenza dei cori visibili e invisibili, il finale chiude il cerchio aperto con il Preludio non discostandosi da Wagner, con l’alternanza e la sovrapposizione dei motivi a contenuto teologico: la parte ascendente dell’Agape d’amore diviene il motivo della Redenzione, nella tessitura empirea dei legni ruota immutabile la melodia della Fede, il tema del Graal coincide infine con quello della Redenzione. Giangiorgio Satragni Giangiorgio Satragni è critico musicale del quotidiano «La Stampa», corrispondente del mensile «Amadeus», condirettore de «Gli spazi della musica», rivista online di musicologia e comparatistica dell’Università di Torino. Ha insegnato Storia della musica al Conservatorio di Firenze e al Politecnico di Torino ed è ora docente di Filosofia della musica al Conservatorio di Bologna. Studioso della musica austro-tedesca dell’Ottocento e del Novecento, è autore della monografie Richard Strauss dietro la maschera. Gli ultimi anni (Edt, 2015), La modernità in musica. Dodici variazioni sul tema (L’Epos, 2014), curatore della silloge Fulvio Vernizzi. Testimonianze sulla vita e sulla musica (VisualGrafika, 2009), traduttore di documenti d’epoca nel volume I Mozart in Italia (Accademia Nazionale di Santa Cecilia, 2006) e di alcuni saggi nella raccolta Gustav Mahler. Il mio tempo verrà (il Saggiatore, 2010). Wesendonck-Lieder Der Engel L’angelo In der Kindheit frühen Tagen hört ich oft von Engeln sagen, die des Himmels hehre Wonne tauschen mit der Erdensonne, Nei giorni della prima fanciullezza udii spesso dire di angeli che alla gloriosa gioia celeste preferivano il sole della terra, Daß, wo bang ein Herz in Sorgen schmachtet vor der Welt verborgen, daß, wo still es will verbluten, und vergehn in Tränenfluten, Daß, wo brünstig sein Gebet einzig um Erlösung fleht, da der Engel niederschwebt, und es sanft gen Himmel hebt. E là dove in trepidante dolore un cuore soffre e si nasconde al mondo, dove in silenzio sanguina e si perde in un mare di lacrime, Ja, es stieg auch mir ein Engel nieder, und auf leuchtendem Gefieder führt er, ferne jedem Schmerz, meinen Geist nun himmelwärts! Sì, anche su di me scese un angelo, e ora su ali lucenti, lontano da ogni dolore, guida in alto il mio spirito! Stehe Still! Arrèstati! Sausendes, brausendes Rad der Zeit, Messer du der Ewigkeit; leuchtende Sphären im weiten All, die ihr umringt den Weltenball; urewige Schöpfung, halte doch ein, genug des Werdens, laß mich sein! Fischiante, rombante ruota del tempo, tu che misuri l’eternità; sfere lucenti nell’immenso Tutto, voi che circondate il globo terrestre; tu, creazione primordiale, arrèstati, ferma il divenire, lasciami essere! Halte an dich, zeugende Kraft, Urgedanke, der ewig schafft! Hemmet den Atem, stillet den Drang, schweiget nur eine Sekunde lang! Arrèstati, forza generatrice, pensiero primigenio che in eterno ricrea! Trattenete il respiro, placate l’impeto, tacendo per un secondo almeno! Schwellende Pulse, fesselt den Schlag; ende, des Wollens ew’ger Tag! Daß in selig süßem Vergessen ich mög alle Wonnen ermessen! Polsi pulsanti, fermate il battito; cessa, eterno giorno del volere! Affinché io in dolce oblio possa misurare ogni delizia! Wenn Aug’ in Auge wonnig trinken, Seele ganz in Seele versinken; Wesen in Wesen sich wiederfindet, und alles Hoffens Ende sich kündet, Quando nel mutuo sguardo d’estasi l’anima nell’anima si perde, l’Essere si ritrova nell’Essere, e il traguardo d’ogni speranza s’annuncia, là, dove la sua preghiera si leva in cerca di redenzione ecco allora l’angelo planare e condurlo dolcemente in cielo. die Lippe verstummt in staunendem Schweigen, keinen Wunsch mehr will das Innre zeugen: erkennt der Mensch des Ew’gen Spur, und löst dein Rätsel, heil’ge Natur! Le labbra tacciono in muto stupore, e il cuore non ha più desideri: allora l’Uomo coglie il segno dell’Eterno e scioglie il tuo enigma, sacra Natura! Im Treibhaus Nella serra Hochgewölbte Blätterkronen, Baldachine von Smaragd, Kinder ihr aus fernen Zonen, saget mir, warum ihr klagt? Alte arcate di corone frondose, baldacchini di smeraldo, voi figli da contrade lontane, ditemi, perché piangete? Schweigend neiget ihr die Zweige, malet Zeichen in die Luft, und der Leiden stummer Zeuge steiget aufwärts, süßer Duft. In silenzio piegate i rami, disegnate segni nell’aria; muto testimone del vostro dolore s’innalza un fragrante profumo. Weit in sehnendem Verlangen breitet ihr die Arme aus, und umschlinget wahnbefangen öder Leere nicht’gen Graus. Le vostre braccia si distendono nel desiderio struggente, ma, prigionieri d’una vacua illusione, altro non stringete che il vuoto orrore. Wohl, ich weiß es, arme Pflanze; ein Geschicke teilen wir, ob umstrahlt von Licht und Glanze, unsre Heimat ist nicht hier! Sì, lo so, povere piante, noi condividiamo un destino, sebbene luce e splendore ci circondino, la nostra patria non è qui! Und wie froh die Sonne scheidet von des Tages leerem Schein, hüllet der, der wahrhaft leidet, sich in Schweigens Dunkel ein. Come si separa gioiosamente il sole dal vuoto splendore del giorno, così, chi davvero soffre, si nasconde nell’oscurità del silenzio. Stille wird’s, ein säuselnd Weben füllet bang den dunklen Raum: schwere Tropfen seh ich schweben an der Blätter grünem Saum. Tutto tace! Un mormorante stormire riempie timido lo spazio oscuro: pesanti gocce vedo sospese sul bordo delle verdi foglie. Schmerzen Dolori Sonne, weinest jeden Abend dir die schönen Augen rot, wenn im Meeresspiegel badend dich erreicht der frühe Tod! Sole, ogni sera i tuoi occhi belli piangono sino a diventare rossi, quando nello specchio del mare t’immergi e incontri la tua morte precoce! Doch erstehst in alter Pracht, Glorie der düstren Welt, du am Morgen neu erwacht, wie ein stolzer Siegesheld! Ma all’antico splendore tu risorgi, gloria dell’oscuro mondo, e al mattino ti ridesti vittorioso e fiero come un eroe! Ach, wie sollte ich da klagen, wie, mein Herz, so schwer dich sehn, muß die Sonne selbst verzagen, muß die Sonne untergehn? Ah, dovrei forse lamentarmi del mio cuore oppresso, quando il sole stesso si dispera e deve ogni giorno tramontare? Und gebieret Tod nur Leben, geben Schmerzen Wonne nur: o wie dank ich, daß gegeben solche Schmerzen mir Natur! E se la morte genera soltanto vita, e i dolori soltanto gioia, allora, o Natura, ti ringrazio, per i dolori che mi hai concesso! Träume Sogni Sag, welch wunderbare Träume halten meinen Sinn umfangen, daß sie nicht wie leere Schäume sind in ödes Nichts vergangen? Dimmi, quali sogni meravigliosi reggono avvinti i miei sensi, senza svanire come vana spuma nel desolato nulla? Träume, die in jeder Stunde, jedem Tage schöner blühn, und mit ihrer Himmelskunde selig durchs Gemüte ziehn! Sogni, che ad ogni ora e giorno fioriscono più belli, e come messaggeri celesti m’attraversano l’anima! Träume, die wie hehre Strahlen in die Seele sich versenken, dort ein ewig Bild zu malen: allvergessen, Eingedenken! Sogni, che come raggi sublimi mi penetrano in petto per dipingervi un’immagine eterna: tutto obliare, uno solo ricordare! Träume, wie wenn Frühlingssonne aus dem Schnee die Blüten küßt, daß zu nie geahnter Wonne sie der neue Tag begrüßt, Sogni, come il sole di primavera che bacia via la neve dai fiori, affinché nell’inattesa delizia il nuovo giorno li saluti, daß sie wachsen, daß sie blühen, träumend spenden ihren Duft, sanft an deiner Brust verglühen, und dann sinken in die Gruft. e affinché crescano e fioriscano e sognando spargano la loro fragranza, per appassire dolcemente al tuo petto, e sprofondare infine nella tomba. Traduzione di Franco Serpa Per gentile concessione dell’Autore e dell’Accademia Nazionale di Santa Cecilia Nell’ultima decade, dacché si è dedicato a tempo pieno alla direzione, il tedesco Karl-Heinz Steffens si è rapidamente imposto a livello internazionale. All’inizio della stagione 2009-10 ha assunto l’incarico di Direttore musicale della Deutsche Staatsphilharmonie Rheinland-Pfalz a Ludwigshafen, nella Renania-Palatinato, ruolo svolto con grande successo come testimoniato dall’assegnazione dell’Echo Musikpreis 2015 come miglior orchestra, anche sull’onda della creazione del festival “Modern Times”, ideato da Steffens. Interessato a un ampio numero di repertori, è attualmente impegnato in un ciclo monografico dedicato ad Anton Bruckner, dopo l’ampio successo di critica riscosso con il precedente Ring wagneriano. A partire dalla stagione 2016-17 assumerà inoltre l’incarico di Direttore musicale del Norwegian National Opera & Ballet di Oslo (Den Norske Opera & Ballett). Molto richiesto come direttore ospite, le ultime due stagioni l’hanno visto debuttare con Berliner Philharmoniker (Beethoven, Schubert e Zimmerman), Münchner Philharmoniker (Elgar), Wiener Symphoniker (Beethoven e Franck), Philharmonia (Mendelssohn, Beethoven e Mahler), Orchestre Philharmonique di Radio France, Orchestra della Radio Danese, Filarmonica di Helsinki e Zurich Tonhalle Orchestra. Ha diretto inoltre diverse orchestre del Regno Unito e della Germania, tra le quali la Filarmonica di Dresda, le Orchestre Sinfoniche della Radio di Berlino, Francoforte, Lipsia e Stoccarda. Durante la stagione corrente si segnalano i debutti al Teatro Regio per questo concerto, a Lisbona e al Maggio Musicale Fiorentino. Dopo il grande successo ottenuto con la Philharmonia, dirigerà regolarmente l’orchestra londinese in sede e in tournée all’estero. A proprio agio con l’opera, Steffens è tornato per tre stagioni consecutive al Teatro alla Scala (Così fan tutte, Don Giovanni e Crepuscolo degli dèi). Il suo debutto alla Staatsoper di Berlino nel 2008 con Fidelio ha costituito la premessa per nuove produzioni negli anni successivi: Tosca, La traviata, La sposa venduta e Ariadne auf Naxos. Prima di dedicarsi alla sua vera e propria vocazione per la direzione d’orchestra, Steffens è stato uno dei clarinettisti di maggior successo a livello internazionale: primo clarinetto della Sinfonica della Radio Bavarese e dei Berliner Philharmoniker, mantiene attiva la sua carriera come solista sotto la direzione di Lorin Maazel. Affermata interprete del repertorio di Mahler e Wagner, Alexandra Petersamer è nata a Landau sull’Isar in Germania e ha studiato canto alla Musikhochschule di Monaco, completando gli studi con un master come cantante d’opera e da concerto. Ha ricevuto borse di studio dalla Deutschen Bühnenvereins (Associazione dei teatri tedeschi) e dalla Fondazione Richard Wagner, nonché un premio giovanile dal Ministero della Cultura bavarese. Assegnataria del primo premio al Concorso di canto nazionale di Berlino (Vdmk) nel 1992, due anni più tardi vince il primo premio all’International Pfitzner Competition di Monaco e, nel 1997, due premi speciali all’International “Hans Gabor” Belvedere Vocal Competition di Vienna. Alexandra Petersamer ha iniziato la propria carriera all’Anhaltisches Theater Dessau come membro della compagnia stabile di canto dal 1994 al 2000, cui è seguito nei quattro anni successivi un incarico al Gärtnerplatztheater di Monaco. Dal 2006 si è esibita nella nuova produzione del Ring realizzata dal Festival di Bayreuth; l’anno successivo ha ottenuto un particolare successo come Ortrud in Lohengrin a Tokyo e nel 2008 a Lipsia. Nel medesimo ruolo ha debuttato alla Staatsoper di Monaco nel 2011. È stata Venere nel Tannhäuser a Norimberga, Dresda e ancora a Bayreuth. La sua carriera come solista nel repertorio sinfonico l’ha portata a Berlino, Dresda, Parigi, Marsiglia, Aix-en-Provence, Riga, Brussels, Palma de Mallorca, Amsterdam (Concertgebouw), Vienna (Musikverein), Salisburgo, Savonlinna e Chicago. Si è esibita tra gli altri sotto la direzione di Alan Gilbert, Bertrand de Billy, James Conlon, Valery Gergiev, Sir Colin Davis, Kent Nagano, Peter Schneider, Marcello Viotti e Christian Thielemann. L’Orchestra del Teatro Regio è l’erede del com plesso fondato alla fine dell’Ottocento da Arturo Toscanini, sotto la cui direzione vennero eseguiti numerosissimi concerti e molte storiche produzio ni operistiche, quali la prima italiana del Crepuscolo degli dèi di Wagner e le prime assolute di Manon Le scaut e La bohème di Puccini. Nel corso della sua lunga storia ha dimostrato una spiccata duttilità nell’affrontare il grande repertorio così come molti titoli del Novecento, anche in prima assoluta, come Gargantua di Corghi e Leggenda di Solbiati. L’Orchestra si è esibita con i solisti più celebri e alla guida del complesso si sono alternati diret tori di fama internazionale come Roberto Abbado, Ahronovič, Bartoletti, Bychkov, Campanella, Gelmetti, Gergiev, Hogwood, Luisotti, Oren, Pidò, Sado, Steinberg, Tate e infine Gianandrea Noseda, che dal 2007 ricopre il ruolo di Direttore musicale del Teatro Regio. Ha inoltre accompagnato grandi compagnie di balletto come quelle del Bol’šoj di Mosca, del Mariinskij di San Pietroburgo e del Teatro alla Scala di Milano. Numerosi gli inviti in festival e teatri stranieri; negli ultimi anni, in particolare, è stata ospite con il maestro Noseda in Germania (Wiesbaden, Dresda), Spagna (Madrid, Oviedo, Saragoza e altre città), Austria (Wiener Konzerthaus), Francia (al Théâtre des Champs-Elysées di Parigi). Nell’estate del 2010 ha tenuto una trionfale tournée in Giappone e in Cina con Traviata e Bohème, un successo ampiamen te bissato nel 2013 con il Regio Japan Tour. Nel 2014, dopo le prime tournée a San Pietroburgo ed Edimburgo, si è tenuto il primo tour in America con appuntamenti a Chicago, Toronto, Ann Arbor (nel Michigan) e New York (Carnegie Hall, Onu). Tra febbraio e marzo di quest’anno il Teatro Regio è stato infine ospite d’onore del 44° Hong Kong Arts Festival, partecipandovi con tre recite di Simon Boccanegra e tre concerti sinfonico-corali, sotto la direzione di Roberto Abbado e di Gianandrea Noseda. L’Orchestra e il Coro del Teatro figurano oggi nei video di alcune delle più interessanti produzioni delle ultime Stagioni: Medea, Edgar, Thaïs, Adriana Lecouvreur, Boris Godunov, Un ballo in maschera, I Vespri siciliani, Don Carlo e, da ultimo, Faust. Tra le incisioni discografiche più recenti, tutte dirette da Gianandrea Noseda, figurano il cd Fiamma del Belcanto con Diana Damrau (WarnerClassics/ Erato), recensito dal «New York Times» come uno dei 25 migliori dischi di musica classica del 2015, due cd verdiani con Rolando Villazón e Anna Netrebko e uno mozartiano con Ildebrando D’Arcangelo (Deutsche Grammophon); Chandos ha pubblicato Quattro pezzi sacri di Verdi e, nell’ambito della collana «Musica Italiana», due album dedicati a Goffredo Petrassi. Teatro Regio Walter Vergnano, Sovrintendente Gastón Fournier-Facio, Direttore artistico Gianandrea Noseda, Direttore musicale Orchestra Violini primi Stefano Vagnarelli * Monica Tasinato Claudia Curri Ekaterina Gulyagina Elio Lercara Carmen Lupoli Enrico Luxardo Miriam Maltagliati Alessio Murgia Ivana Nicoletta Laura Quaglia Thomas Schrott Daniele Soncin Marta Tortia Giuseppe Tripodi Roberto Zoppi Violini secondi Cecilia Bacci * Tomoka Osakabe Massimo Bairo Paola Bettella Maurizio Dore Anna Rita Ercolini Angelica Faccani Elisabetta Fornaresio Marcello Iaconetti Roberto Lirelli Anselma Martellono Paola Pradotto Luigi Presta Valentina Rauseo Viole Ula Ulijona Zebriunaite * Alessandro Cipolletta Andrea Arcelli Maria Elena Eusebietti Alma Mandolesi Franco Mori Roberto Musso Alessandro Sacco Francesco Tosco Magdalena Vasilescu Francesco Vernero Giuseppe Zoppi Ottavino Roberto Baiocco Violoncelli Relja Lukic * Davide Eusebietti Giulio Arpinati Alberto Baldo Eduardo Dell’Oglio Fabio Fausone Amedeo Fenoglio Alfredo Giarbella Armando Matacena Marco Mosca Clarinetti Alessandro Dorella * Diego Losero Francesca Gelfi Contrabbassi Davide Botto * Atos Canestrelli Daniele Carnio Fulvio Caccialupi Andrea Cocco Kaveh Daneshmand Marko Lenza Michele Lipani Flauti Federico Giarbella * Maria Siracusa (anche flauto in sol) Oboi João Barroso * Stefano Simondi Diego Martino Merisi Corno inglese Alessandro Cammilli Clarinetto basso Edmondo Tedesco Fagotti Andrea Azzi * Niki Fortunato Miguel Ángel Pérez Diego Corni Natalino Ricciardo * Evandro Merisio Pierluigi Filagna Stefano Fracchia Trombe Ivano Buat * Marco Rigoletti Enrico Negro Tromboni Vincent Lepape * Enrico Avico Marco Tempesta Tuba Rudy Colusso Timpani Ranieri Paluselli * Percussioni Lavinio Carminati Andrea Vigliocco Arpe Marta Pettoni * Maria Elena Bovio Controfagotto Orazio Lodin * prime parti Si ringrazia la Fondazione Pro Canale di Milano per aver messo i propri strumenti a disposizione dei professori Stefano Vagnarelli (violino Francesco Ruggeri, Cremona 1686), Cecilia Bacci (violino Santo Serafino, Venezia 1725) e Relja Lukic (violoncello Giovanni Francesco Celoniato, Torino 1732). © Fondazione Teatro Regio di Torino Prezzo: € 1 F E S T I V A L ALFREDO CASELLA L’A R T E I TA L I A N A D I UN M US I C I S TA INTERNAZIONALE FESTIVAL 11-24 APRILE 2016 30 APPUNTAMENTI CON LA MUSICA, L’ARTE, IL TEATRO, LA DANZA E IL CINEMA F E S T I V A L ALFREDO INVITO A TEATRO CASELLA Se acquisti un biglietto, il secondo è offerto dagli Amici del Regio L’A R del T E ITeatro TA L I A NRegio A Info alla Biglietteria - Tel. 011.8815.241/242 D I U N M U S I C I S TA INTERNAZIONALE FESTIVAL 11-24 APRILE 2016 LA DONNA SERPENTE t Casella versione A.indd 1 S T I V A L FREDO ASELLA Casella versione A.indd 1 E I TA L I A N A N MU SI CI S TA RNAZIONALE Opera fiaba di Alfredo Casella Gianandrea Noseda direttore Regia di Arturo Cirillo Teatro Regio, dal 14 al 24 aprile PIRANDELLO SUITE 18/03/16 12:33 Balletto ispirato a opere di Luigi Pirandello Coreografia e regia di Massimiliano Volpini Prima assoluta. Musiche di Alfredo Casella Piccolo Regio Puccini, dal 20 al 22 aprile FESTIVAL APRILE 2016 UN PROGET TO DI: CIT TÀ DI TORINO • TEATRO REGIO • FILARMONICA TEATRO REGIO TORINO • ACCADEMIA CORALE STEFANO TEMPIA • UNIONE MUSICALE • DE SONO ASSOCIAZIONE PER LA MUSICA • ORCHESTRA SINFONICA NAZIONALE DELLA RAI ASSOCIAZIONE CONCERTANTE - PROGETTO ARTE&MUSICA • TEATRO STABILE DI TORINO - TEATRO NAZIONALE • MUSEO NAZIONALE DEL CINEMA 18