I
C O N C E R T I
2 0 1 5 - 2 0 1 6
KARL-HEINZ STEFFENS
DIRETTORE
ORCHESTRA
DEL TEATRO REGIO
MERCOLEDÌ 30 MARZO 2016 ORE 20.30
TEATRO REGIO
Karl Ferdinand Sohn (1805-1867), Ritratto di Mathilde Wesendonck. Olio su tela, 1850, Bonn, Stadtmuseum.
Karl-Heinz Steffens direttore
Alexandra Petersamer mezzosoprano
Orchestra del Teatro Regio
Richard Wagner (1813-1883) - Hans Werner Henze (1926-2012)
Wesendonck-Lieder
Cinque poesie di Mathilde Wesendonck, per voce femminile
Der Engel – L’angelo
Stehe still! – Arrèstati!
Im Treibhaus – Nella serra
Schmerzen – Dolori
Träume – Sogni
In occasione del 90° anniversario della nascita di Hans Werner Henze
Richard Wagner
Parsifal, an Orchestral Quest
Arrangiamento di Henk de Vlieger
Vorspiel – Preludio
Parsifal
Die Gralsritter (I) – I cavalieri del Graal (I)
Die Blumenmädchen – Le fanciulle-fiore
Karfreitagszauber – Incantesimo del Venerdì Santo
Die Gralsritter (II) – I cavalieri del Graal (II)
Nachspiel – Postludio
Restate in contatto con il Teatro Regio:
Richard Wagner - Hans Werner Henze
Wesendonck-Lieder
Gli intrecci fra vita e arte possono essere molteplici e nel caso di Wagner, che pur è
corazzato dentro un castello di scritti teorici a esplicazione della sua estetica e dei drammi musicali, coinvolgono aspetti privati. Anzi, la sfera sentimentale venne da lui usata
come spunto creativo, come insegna la sua amicizia con Mathilde Wesendonck. Wagner
e la moglie Minna, fuggiaschi nel 1849 dalla Sassonia in seguito alla partecipazione del
compositore ai moti rivoluzionari di Dresda, avevano trovato riparo dapprima a Parigi,
in seguito in Svizzera. A Zurigo fecero conoscenza, nel 1852, con l’agiato commerciante
Otto Wesendonck e la moglie Mathilde, grazie ai quali ebbero a disposizione dal 1857
un intero cottage. Nel frattempo il musicista non mancò di coltivare una galanteria fedifraga cui già era e ancora sarà avvezzo, instaurando una relazione con Mathilde. Una
soffiata di Minna a Otto fece presto saltare tutto, e Wagner riparò a Venezia, da solo e
per qualche mese.
La complicità con Mathilde, letterata e poetessa nonché avida lettrice quanto Wagner
del Mondo come volontà e rappresentazione di Schopenhauer, stava nel vicendevole scambio tra vita e arte: Richard – interrotta poco dopo la metà la composizione del Siegfried
in quel 1857 – era immerso nel lavoro del Tristan und Isolde, ovvero del dramma che non
solo era nutrito dall’anelito all’estinzione della volontà proprio alla filosofia schopenhaueriana, ma rappresentava in scena un triangolo, con gli amanti Tristan e Isolde alle
spalle del consorte di lei, re Marke. Era lo specchio di quanto accadeva a Zurigo e sarebbe
accaduto alla prima del 1865 a Monaco, quando nella vita il ruolo del tradito fu assunto
dal direttore d’orchestra Hans von Bülow, ancora marito di Cosima Liszt che aveva già
avuto la sua prima figlia da Wagner, battezzata come Isolde von Bülow. Ad ogni modo,
la frequentazione di Mathilde Wesendonck a Zurigo fu, al di là delle tempeste familiari,
d’imprescindibile importanza anche per la riflessione di Wagner sulla propria arte: le
lettere alla donna sono documenti fondamentali sul Tristan, sul Ring e già sul Parsifal.
In questo tourbillon Wagner mise in musica alcune liriche della donna quand’era ancora a Zurigo, rivedendole poi a Venezia. Le risultanti Cinque poesie per voce femminile e pianoforte – che uscirono a stampa senza indicare l’autrice dei versi e il cui ordine
non corrisponde a quello della composizione – s’intrecciarono anche in senso musicale
al Tristan und Isolde, in quanto s’incontrano in esse due studi preparatori al dramma
musicale. Il quinto poema, Träume (Sogni), fornirà – nel sapiente gioco di armonie
alterate che tendono a sfaldare il quadro tonale – la materia per il duetto d’amore
nell’atto II, con l’inno alla notte che tutto dissolve e in cui gli amanti sprofondano; il
terzo, Im Treibhaus (Nella serra), diverrà nel suo cromatismo soffocante – come l’aria
di una serra assolata – la musica del dolore di Tristano, all’inizio dell’atto III. Eppure
anche le altre liriche sono connesse al teatro di Wagner: la quarta, Schmerzen (Dolori), non solo anticipa il dolore tristaniano, ma alla fine anche il motivo della spada nel
Ring; la seconda, Stehe still! (Arrèstati!), è impregnata di quell’anelito al dissolvimento
pure nelle scelte lessicali. Nell’immaginario di Wagner l’angelo della prima lirica (Der
Engel) è Mathilde stessa che lo solleva dal dolore. È curioso che alla prima esecuzione
pubblica, nel 1862, al pianoforte ci fosse Bülow, prossima vittima nell’altro e successivo
triangolo amoroso.
Wagner predispose la strumentazione unicamente per Träume, quale serenata per
violino solo, settimino d’archi, due clarinetti, due fagotti e due corni, eseguita nello
scalone di casa Wesendonck sotto la camera di Mathilde come regalo di compleanno
il 23 dicembre 1857 (per inciso: Wagner fece lo stesso con il Siegfried-Idyll nella casa di
Tribschen il 25 dicembre 1870, per il compleanno di Cosima, divenuta sua moglie, che
aveva dato alla luce il loro terzo figlio). Gli altri canti vennero orchestrati dal fervente
wagneriano Felix Mottl ed entrarono in repertorio così, aprendo tuttavia la strada a vari
adattamenti posteriori.
Nel 1976 Hans Werner Henze, il più importante compositore del secondo Novecento
accanto a Pierre Boulez e Karlheinz Stockhausen, diede ai Wesendonck-Lieder una nuova
veste con piccola orchestra di archi, fiati e arpa, scegliendo la versione del 1877 abbassata
alla tessitura di contralto. Egli avvolse così il timbro vocale più grave in un pullulare di
colori strumentali che nascono non soltanto dall’esperienza di un secolo di musica in
più alle spalle – passando per Mahler e Richard Strauss – ma anche da un fatto tecnico.
La suddivisione del complesso è capillare, tant’è che gli archi suonano non poche volte a
parti reali, con effetto di rifrazione armonica e timbrica derivante anche dalle modalità
diverse nell’emissione del suono all’interno di famiglie strumentali omogenee. Henze,
che altera sottilmente e arricchisce o amplia le linee originarie di Wagner pur rimanendogli fedele, dà così un nuovo corpo al camerismo dei Wesendonck-Lieder per mezzo di
soluzioni di estrema accortezza, a volte però ben connotate: accentua il carattere cupo
di Im Treibhaus facendo tacere i violini; sottrae il piglio eroico a Schmerzen utilizzando
solo arpa e archi, divisi però sinfonicamente in un modo che ricorda Metamorphosen di
Strauss; si allontana da Wagner in Träume ignorando volutamente la strumentazione
d’autore. Nondimeno, in tutta la raccolta Henze mostra di conoscere bene le soluzioni
di Wagner nel Tristan, così prossimo a queste pagine, ma spesso le rovescia, le inverte, le
muta di posto. È il Novecento che rilegge criticamente l’Ottocento all’interno dell’opera
d’arte medesima.
Jean Delville (1867-1953), Parsifal. Olio su tela, 1894. Collezione privata.
Richard Wagner
Parsifal, an Orchestral Quest
Parsifal è la somma e la trasfigurazione dell’arte di Wagner. Il musicista portava qui
a compimento su un piano mistico l’idea della redenzione che aveva attraversato l’intero suo teatro, trasferendola su un piano sacrale in cui l’elemento cristiano inglobò e
riplasmò tutti gli altri apporti. Se il Ring venne da lui definito una «rappresentazione
scenica», il Parsifal salì al grado di «rappresentazione scenica sacra», data al Festival di
Bayreuth nel 1882, poco meno di un anno prima della morte del suo demiurgico autore,
che aveva iniziato a schizzare la partitura nel 1877, anno in cui pubblicò la prima versione a stampa del libretto. Egli attendeva però all’intero lavoro fin dal soggiorno di Zurigo
negli anni Cinquanta, con riflessioni e abbozzi concreti, ma da prima ancora a livello di
soggetto: l’idea del Parsifal accompagnò Wagner per circa trentacinque anni, rappresentando il compimento del suo cammino di artista e di uomo.
Il soggetto medesimo rappresentava un cammino, di ricerca e di perfezione: passata
attraverso le narrazioni medievali di Chrétien de Troyes, Wolfram von Eschenbach e
(per intermediazione) Robert de Boron, la figura di Parsifal è in Wagner il puro folle che,
attraverso la compassione, acquisisce la conoscenza, fa penitenza e diviene re del Graal.
Egli all’inizio nulla comprende del dolore e della ferita di Amfortas, né del rito che questi
celebra ostendendo il Graal, da Wagner esplicitamente inteso come il calice dell’Ultima
Cena di Cristo: Parsifal comprenderà tutto nel momento del fatale bacio di Kundry, la
donna dalle molte vite che serve i cavalieri del Graal nel mondo del bene, ma è schiava
delle arti magiche di un cavaliere da quella comunità respinto, Klingsor, che domina la
sfera del male attraendovi i casti cavalieri tramite la seduzione di fanciulle e servendosi delle arti erotiche di Kundry. Amfortas era stato ferito portando in battaglia contro
Klingsor l’altra reliquia che egli custodiva, la lancia che ferì Cristo in croce il Venerdì della sua Passione: non aveva resistito a Kundry, e Klingsor gli aveva così sottratto la reliquia
e l’aveva ferito con essa, trattenendola infine per sé. Soltanto quella lancia può sanare la
ferita di Amfortas, per Wagner inferta al costato come avvenne per Cristo. Il bacio di
Kundry rende Parsifal cosciente di ciò: egli si divincola dalla seduttrice e va in cerca della
rocca del Graal, dopo aver distrutto il regno di Klingsor tracciando nell’aria un segno di
croce proprio con la Sacra lancia, che il mago gli aveva scagliato contro e si era fermata,
invece, sopra il capo di Parsifal, indicandolo come l’atteso guaritore e redentore.
In questo ambito cristianizzato il noto apporto della filosofia pessimistica di Schopenhauer è ravvisabile solo in Amfortas; discutendone per lettera con Mathilde Wesendonck, Wagner lo paragonava al suo Tristano ferito e sofferente: d’altronde, il rifiuto
di compiere il rito del Graal e il desiderio di morire fanno di Amfortas un esempio di
rinuncia alla volontà. Tuttavia questa è affermata da Parsifal, che vince in tal modo la
lussuria e giunge al sommo del suo cammino di perfezione: il tema di Parsifal è svettante,
sia quando Wagner introduce il protagonista come puro folle sia quando lo fa rientrare
nella rocca di Monsalvat come redentore di Amfortas. Nel Wagner maturo e in modo supremo nel Parsifal la concezione sonora è il perno della vicenda drammatica: se già prima
il compositore aveva dato vita al sistema dei motivi conduttori e indicato la supremazia
della musica in rapporto alla parola, egli giunge a vagheggiare, durante la genesi e le prove
del Parsifal, una sorta di teatro invisibile, ossia un tipo di teatro in cui l’azione scenica sia
interamente contenuta dentro la musica. L’ipotesi nasceva dall’insoddisfazione verso i
mezzi scenici a lui contemporanei, ma anche dall’acquisita certezza che la propria tecnica
orchestrale, armonica e tematica era giunta nel Parsifal a un’altezza capace di generare
anche un nuovo tipo di suono, nato dalla fusione di timbri diversi anche in seguito alle
innovazioni acustiche del Festspielhaus di Bayreuth, con il golfo mistico coperto.
Su tali basi non sembrerà dunque peregrino quanto fatto dall’olandese Henk de Vlieger, che nel 1993 ha sintetizzato in una versione unicamente orchestrale, e dunque anche
priva di canto, gli episodi e i personaggi salienti del Parsifal, dando alla partitura così
ricreata il sottotitolo «an orchestral quest»: una «ricerca» che si configura quale corrispettivo in suoni del peregrinare di Parsifal alla ricerca del Graal e della redenzione anche
per se stesso.
Il Preludio è in tutto identico a Wagner, aperto dal mistico motivo dell’Agape d’amore
poi rinnovata nella cerimonia del Graal, seguito dal tema ascendente del Graal e dalle
triplici, incrollabili fanfare del motivo della Fede. La parte conclusiva del Preludio enuclea
dal motivo dell’Agape il motivo della Piaga e il motivo della Lancia, ossia la musica della
sofferenza di Amfortas ma, prima ancora, di Cristo. Per evitare il passaggio brusco all’episodio di Parsifal, che appare più avanti nell’atto I, Vlieger inserisce una parte di raccordo in tempo mosso basata sul motivo della Cavalcata, in maniera da preparare lo squillo
dei corni che indicano qui Parsifal ignaro della colpa per aver ucciso un cigno sacro. Nella
«rappresentazione scenica sacra» in tale punto il cavaliere Gurnemanz, ravvisato nel protagonista forse quel puro folle che – in base a un oracolo – potrebbe guarire Amfortas,
conduce Parsifal nel tempio del Graal. Wagner scrive qui un famoso interludio per il
cambio di scena, la cui musica è parimenti sfruttata da Vlieger nell’episodio dei Cavalieri
del Graal passando attraverso due motivi di raccordo, quello della magia di Klingsor, che
sale strisciando pianissimo ai violoncelli e alle viole, e quello processionale dei cavalieri
medesimi. Non a caso l’episodio porta il loro nome, perché Vlieger estrae da Wagner
soltanto la loro musica, non quella del centrale rito del Graal cui essi partecipano, e salta
poi alla chiusa della scena con il motivo dell’Oracolo ai legni.
Da qui e con il motivo di Parsifal, si schiude l’episodio delle Fanciulle-fiore che dà
corpo alla seconda scena dell’atto II, con tutta la carica erotica di temi carezzevoli e armonie cangianti che non trovano mai risoluzione, portando avanti la melodia infinita.
Essa avrebbe nel dramma wagneriano una cesura corrispondente all’ingresso della voce
di Kundry che chiama Parsifal, rivelando così al protagonista il suo stesso nome; tuttavia
Vlieger omette il centrale personaggio. Egli invece, passando di nuovo per la riesposizione del motivo dell’Oracolo e di quello di Parsifal che fungono da elementi connettivi,
introduce il passo catartico della vicenda, ossia l’Incantesimo del Venerdì Santo dell’atto
III: è il giorno in cui Parsifal ritorna nelle terre del Graal riportandovi la lancia che ferì
Cristo, il giorno della rinascita dell’uomo grazie al sacrificio di Cristo in croce, giorno in
cui rinasce la natura irrorata delle lacrime del pentimento, con il tema del Prato fiorito
introdotto dall’oboe ed esteso ai violini, affiancato poi dal tema della Purificazione.
Il successivo episodio scelto da Vlieger, I Cavalieri del Graal (II), è costituito dal drammatico interludio per il corteo dei cavalieri che entrano nel tempio del Graal recando la
bara di Titurel, defunto padre di Amfortas. Infine, dopo l’ultima ripetizione del motivo
dell’Oracolo, lo squillo del tema di Parsifal segna l’attacco dell’Epilogo (Postludio), con
l’ingresso del protagonista che dà compimento a quell’oracolo, redime Amfortas immergendo la lancia nella ferita e ostende il Sacro calice. Nonostante l’assenza dei cori visibili
e invisibili, il finale chiude il cerchio aperto con il Preludio non discostandosi da Wagner,
con l’alternanza e la sovrapposizione dei motivi a contenuto teologico: la parte ascendente dell’Agape d’amore diviene il motivo della Redenzione, nella tessitura empirea dei
legni ruota immutabile la melodia della Fede, il tema del Graal coincide infine con quello
della Redenzione.
Giangiorgio Satragni
Giangiorgio Satragni è critico musicale del quotidiano «La Stampa», corrispondente del mensile «Amadeus»,
condirettore de «Gli spazi della musica», rivista online di musicologia e comparatistica dell’Università di Torino. Ha insegnato Storia della musica al Conservatorio di Firenze e al Politecnico di Torino ed è ora docente
di Filosofia della musica al Conservatorio di Bologna. Studioso della musica austro-tedesca dell’Ottocento
e del Novecento, è autore della monografie Richard Strauss dietro la maschera. Gli ultimi anni (Edt, 2015),
La modernità in musica. Dodici variazioni sul tema (L’Epos, 2014), curatore della silloge Fulvio Vernizzi.
Testimonianze sulla vita e sulla musica (VisualGrafika, 2009), traduttore di documenti d’epoca nel volume
I Mozart in Italia (Accademia Nazionale di Santa Cecilia, 2006) e di alcuni saggi nella raccolta Gustav
Mahler. Il mio tempo verrà (il Saggiatore, 2010).
Wesendonck-Lieder
Der Engel
L’angelo
In der Kindheit frühen Tagen
hört ich oft von Engeln sagen,
die des Himmels hehre Wonne
tauschen mit der Erdensonne,
Nei giorni della prima fanciullezza
udii spesso dire di angeli
che alla gloriosa gioia celeste
preferivano il sole della terra,
Daß, wo bang ein Herz in Sorgen
schmachtet vor der Welt verborgen,
daß, wo still es will verbluten,
und vergehn in Tränenfluten,
Daß, wo brünstig sein Gebet
einzig um Erlösung fleht,
da der Engel niederschwebt,
und es sanft gen Himmel hebt.
E là dove in trepidante dolore
un cuore soffre e si nasconde al mondo,
dove in silenzio sanguina e si perde
in un mare di lacrime,
Ja, es stieg auch mir ein Engel nieder,
und auf leuchtendem Gefieder
führt er, ferne jedem Schmerz,
meinen Geist nun himmelwärts!
Sì, anche su di me scese un angelo,
e ora su ali lucenti,
lontano da ogni dolore,
guida in alto il mio spirito!
Stehe Still!
Arrèstati!
Sausendes, brausendes Rad der Zeit,
Messer du der Ewigkeit;
leuchtende Sphären im weiten All,
die ihr umringt den Weltenball;
urewige Schöpfung, halte doch ein,
genug des Werdens, laß mich sein!
Fischiante, rombante ruota del tempo,
tu che misuri l’eternità;
sfere lucenti nell’immenso Tutto,
voi che circondate il globo terrestre;
tu, creazione primordiale, arrèstati,
ferma il divenire, lasciami essere!
Halte an dich, zeugende Kraft,
Urgedanke, der ewig schafft!
Hemmet den Atem, stillet den Drang,
schweiget nur eine Sekunde lang!
Arrèstati, forza generatrice,
pensiero primigenio che in eterno ricrea!
Trattenete il respiro, placate l’impeto,
tacendo per un secondo almeno!
Schwellende Pulse, fesselt den Schlag;
ende, des Wollens ew’ger Tag!
Daß in selig süßem Vergessen
ich mög alle Wonnen ermessen!
Polsi pulsanti, fermate il battito;
cessa, eterno giorno del volere!
Affinché io in dolce oblio
possa misurare ogni delizia!
Wenn Aug’ in Auge wonnig trinken,
Seele ganz in Seele versinken;
Wesen in Wesen sich wiederfindet,
und alles Hoffens Ende sich kündet,
Quando nel mutuo sguardo d’estasi
l’anima nell’anima si perde,
l’Essere si ritrova nell’Essere,
e il traguardo d’ogni speranza s’annuncia,
là, dove la sua preghiera si leva
in cerca di redenzione
ecco allora l’angelo planare
e condurlo dolcemente in cielo.
die Lippe verstummt in staunendem Schweigen,
keinen Wunsch mehr will das Innre zeugen:
erkennt der Mensch des Ew’gen Spur,
und löst dein Rätsel, heil’ge Natur!
Le labbra tacciono in muto stupore,
e il cuore non ha più desideri: allora
l’Uomo coglie il segno dell’Eterno
e scioglie il tuo enigma, sacra Natura!
Im Treibhaus
Nella serra
Hochgewölbte Blätterkronen,
Baldachine von Smaragd,
Kinder ihr aus fernen Zonen,
saget mir, warum ihr klagt?
Alte arcate di corone frondose,
baldacchini di smeraldo,
voi figli da contrade lontane,
ditemi, perché piangete?
Schweigend neiget ihr die Zweige,
malet Zeichen in die Luft,
und der Leiden stummer Zeuge
steiget aufwärts, süßer Duft.
In silenzio piegate i rami,
disegnate segni nell’aria;
muto testimone del vostro dolore
s’innalza un fragrante profumo.
Weit in sehnendem Verlangen
breitet ihr die Arme aus,
und umschlinget wahnbefangen
öder Leere nicht’gen Graus.
Le vostre braccia si distendono
nel desiderio struggente,
ma, prigionieri d’una vacua illusione,
altro non stringete che il vuoto orrore.
Wohl, ich weiß es, arme Pflanze;
ein Geschicke teilen wir,
ob umstrahlt von Licht und Glanze,
unsre Heimat ist nicht hier!
Sì, lo so, povere piante,
noi condividiamo un destino,
sebbene luce e splendore ci circondino,
la nostra patria non è qui!
Und wie froh die Sonne scheidet
von des Tages leerem Schein,
hüllet der, der wahrhaft leidet,
sich in Schweigens Dunkel ein.
Come si separa gioiosamente il sole
dal vuoto splendore del giorno,
così, chi davvero soffre, si nasconde
nell’oscurità del silenzio.
Stille wird’s, ein säuselnd Weben
füllet bang den dunklen Raum:
schwere Tropfen seh ich schweben
an der Blätter grünem Saum.
Tutto tace! Un mormorante stormire
riempie timido lo spazio oscuro:
pesanti gocce vedo sospese
sul bordo delle verdi foglie.
Schmerzen
Dolori
Sonne, weinest jeden Abend
dir die schönen Augen rot,
wenn im Meeresspiegel badend
dich erreicht der frühe Tod!
Sole, ogni sera i tuoi occhi belli
piangono sino a diventare rossi,
quando nello specchio del mare t’immergi
e incontri la tua morte precoce!
Doch erstehst in alter Pracht,
Glorie der düstren Welt,
du am Morgen neu erwacht,
wie ein stolzer Siegesheld!
Ma all’antico splendore tu risorgi,
gloria dell’oscuro mondo,
e al mattino ti ridesti vittorioso
e fiero come un eroe!
Ach, wie sollte ich da klagen,
wie, mein Herz, so schwer dich sehn,
muß die Sonne selbst verzagen,
muß die Sonne untergehn?
Ah, dovrei forse lamentarmi
del mio cuore oppresso,
quando il sole stesso si dispera
e deve ogni giorno tramontare?
Und gebieret Tod nur Leben,
geben Schmerzen Wonne nur:
o wie dank ich, daß gegeben
solche Schmerzen mir Natur!
E se la morte genera soltanto vita,
e i dolori soltanto gioia,
allora, o Natura, ti ringrazio,
per i dolori che mi hai concesso!
Träume
Sogni
Sag, welch wunderbare Träume
halten meinen Sinn umfangen,
daß sie nicht wie leere Schäume
sind in ödes Nichts vergangen?
Dimmi, quali sogni meravigliosi
reggono avvinti i miei sensi,
senza svanire come vana spuma
nel desolato nulla?
Träume, die in jeder Stunde,
jedem Tage schöner blühn,
und mit ihrer Himmelskunde
selig durchs Gemüte ziehn!
Sogni, che ad ogni ora e giorno
fioriscono più belli,
e come messaggeri celesti
m’attraversano l’anima!
Träume, die wie hehre Strahlen
in die Seele sich versenken,
dort ein ewig Bild zu malen:
allvergessen, Eingedenken!
Sogni, che come raggi sublimi
mi penetrano in petto
per dipingervi un’immagine eterna:
tutto obliare, uno solo ricordare!
Träume, wie wenn Frühlingssonne
aus dem Schnee die Blüten küßt,
daß zu nie geahnter Wonne
sie der neue Tag begrüßt,
Sogni, come il sole di primavera
che bacia via la neve dai fiori,
affinché nell’inattesa delizia
il nuovo giorno li saluti,
daß sie wachsen, daß sie blühen,
träumend spenden ihren Duft,
sanft an deiner Brust verglühen,
und dann sinken in die Gruft.
e affinché crescano e fioriscano
e sognando spargano la loro fragranza,
per appassire dolcemente al tuo petto,
e sprofondare infine nella tomba.
Traduzione di Franco Serpa
Per gentile concessione dell’Autore
e dell’Accademia Nazionale di Santa Cecilia
Nell’ultima decade, dacché si è dedicato a tempo
pieno alla direzione, il tedesco Karl-Heinz Steffens
si è rapidamente imposto a livello internazionale.
All’inizio della stagione 2009-10 ha assunto
l’incarico di Direttore musicale della Deutsche
Staatsphilharmonie Rheinland-Pfalz a Ludwigshafen, nella Renania-Palatinato, ruolo svolto con grande successo come testimoniato dall’assegnazione
dell’Echo Musikpreis 2015 come miglior orchestra,
anche sull’onda della creazione del festival “Modern
Times”, ideato da Steffens. Interessato a un ampio
numero di repertori, è attualmente impegnato in
un ciclo monografico dedicato ad Anton Bruckner,
dopo l’ampio successo di critica riscosso con il precedente Ring wagneriano.
A partire dalla stagione 2016-17 assumerà inoltre
l’incarico di Direttore musicale del Norwegian National Opera & Ballet di Oslo (Den Norske Opera
& Ballett).
Molto richiesto come direttore ospite, le ultime
due stagioni l’hanno visto debuttare con Berliner
Philharmoniker (Beethoven, Schubert e Zimmerman), Münchner Philharmoniker (Elgar), Wiener
Symphoniker (Beethoven e Franck), Philharmonia
(Mendelssohn, Beethoven e Mahler), Orchestre
Philharmonique di Radio France, Orchestra della
Radio Danese, Filarmonica di Helsinki e Zurich
Tonhalle Orchestra. Ha diretto inoltre diverse orchestre del Regno Unito e della Germania, tra le
quali la Filarmonica di Dresda, le Orchestre Sinfoniche della Radio di Berlino, Francoforte, Lipsia e
Stoccarda.
Durante la stagione corrente si segnalano i debutti al Teatro Regio per questo concerto, a Lisbona e
al Maggio Musicale Fiorentino. Dopo il grande successo ottenuto con la Philharmonia, dirigerà regolarmente l’orchestra londinese in sede e in tournée
all’estero.
A proprio agio con l’opera, Steffens è tornato per
tre stagioni consecutive al Teatro alla Scala (Così fan
tutte, Don Giovanni e Crepuscolo degli dèi). Il suo debutto alla Staatsoper di Berlino nel 2008 con Fidelio
ha costituito la premessa per nuove produzioni negli
anni successivi: Tosca, La traviata, La sposa venduta
e Ariadne auf Naxos.
Prima di dedicarsi alla sua vera e propria vocazione per la direzione d’orchestra, Steffens è stato uno
dei clarinettisti di maggior successo a livello internazionale: primo clarinetto della Sinfonica della Radio
Bavarese e dei Berliner Philharmoniker, mantiene
attiva la sua carriera come solista sotto la direzione
di Lorin Maazel.
Affermata interprete del repertorio di Mahler e
Wagner, Alexandra Petersamer è nata a Landau
sull’Isar in Germania e ha studiato canto alla Musikhochschule di Monaco, completando gli studi
con un master come cantante d’opera e da concerto. Ha ricevuto borse di studio dalla Deutschen
Bühnenvereins (Associazione dei teatri tedeschi) e
dalla Fondazione Richard Wagner, nonché un premio giovanile dal Ministero della Cultura bavarese.
Assegnataria del primo premio al Concorso di
canto nazionale di Berlino (Vdmk) nel 1992, due
anni più tardi vince il primo premio all’International Pfitzner Competition di Monaco e, nel
1997, due premi speciali all’International “Hans
Gabor” Belvedere Vocal Competition di Vienna.
Alexandra Petersamer ha iniziato la propria carriera all’Anhaltisches Theater Dessau come membro
della compagnia stabile di canto dal 1994 al 2000,
cui è seguito nei quattro anni successivi un incarico
al Gärtnerplatztheater di Monaco. Dal 2006 si è esibita nella nuova produzione del Ring realizzata dal
Festival di Bayreuth; l’anno successivo ha ottenuto
un particolare successo come Ortrud in Lohengrin
a Tokyo e nel 2008 a Lipsia. Nel medesimo ruolo
ha debuttato alla Staatsoper di Monaco nel 2011. È
stata Venere nel Tannhäuser a Norimberga, Dresda
e ancora a Bayreuth.
La sua carriera come solista nel repertorio sinfonico l’ha portata a Berlino, Dresda, Parigi, Marsiglia,
Aix-en-Provence, Riga, Brussels, Palma de Mallorca, Amsterdam (Concertgebouw), Vienna (Musikverein), Salisburgo, Savonlinna e Chicago. Si è
esibita tra gli altri sotto la direzione di Alan Gilbert,
Bertrand de Billy, James Conlon, Valery Gergiev,
Sir Colin Davis, Kent Nagano, Peter Schneider,
Marcello Viotti e Christian Thielemann.
L’Orchestra del Teatro Regio è l’erede del com­
plesso fondato alla fine dell’Ottocento da Arturo
Toscanini, sotto la cui direzione vennero eseguiti
numerosissimi concerti e molte storiche produzio­
ni operistiche, quali la prima italiana del Crepuscolo
degli dèi di Wagner e le prime assolute di Manon Le­
scaut e La bohème di Puccini.
Nel corso della sua lunga storia ha dimostrato una spiccata duttilità nell’affrontare il grande
reper­torio così come molti titoli del Novecento,
anche in prima assoluta, come Gargantua di Corghi e Leggen­da di Solbiati.
L’Orchestra si è esibita con i solisti più celebri
e alla guida del complesso si sono alternati diret­
tori di fama internazionale come Roberto Abba­do,
Ahronovič, Bartoletti, Bychkov, Campanella, Gelmetti, Gergiev, Hogwood, Luisotti, Oren, Pidò,
Sado, Steinberg, Tate e infine Gianandrea Noseda,
che dal 2007 ricopre il ruolo di Direttore musicale
del Teatro Regio. Ha inoltre accompagnato grandi com­pagnie di balletto come quelle del Bol’šoj di
Mosca, del Mariinskij di San Pietroburgo e del Teatro alla Scala di Milano.
Numerosi gli inviti in festival e teatri stranieri;
negli ultimi anni, in particolare, è stata ospite con il
maestro Noseda in Germania (Wiesbaden, Dresda),
Spagna (Madrid, Oviedo, Saragoza e altre città),
Austria (Wiener Konzerthaus), Francia (al Théâtre
des Champs-Elysées di Parigi). Nell’estate del 2010
ha tenuto una trionfale tournée in Giappone e in
Cina con Traviata e Bohème, un successo ampiamen­
te bissato nel 2013 con il Regio Japan Tour. Nel
2014, dopo le prime tournée a San Pietroburgo ed
Edimburgo, si è tenuto il primo tour in America con
appuntamenti a Chicago, To­ronto, Ann Arbor (nel
Michigan) e New York (Car­negie Hall, Onu). Tra
febbraio e marzo di quest’anno il Teatro Regio è
stato infine ospite d’onore del 44° Hong Kong Arts
Festival, partecipandovi con tre recite di Simon Boccanegra e tre concerti sinfonico-corali, sotto la direzione di Roberto Abbado e di Gianandrea Noseda.
L’Orchestra e il Coro del Teatro figurano oggi
nei video di alcune delle più interessanti produzioni
delle ultime Stagioni: Medea, Edgar, Thaïs, Adriana
Lecouvreur, Boris Godunov, Un ballo in maschera,
I Vespri siciliani, Don Carlo e, da ultimo, Faust.
Tra le incisioni discografiche più recenti, tutte dirette da Gianandrea Noseda, figurano il cd Fiamma
del Belcanto con Diana Damrau (War­nerClassics/
Erato), recensito dal «New York Times» come uno
dei 25 migliori dischi di musica classica del 2015,
due cd verdiani con Rolando Villazón e Anna Netrebko e uno mozartiano con Ildebrando D’Arcangelo (Deutsche Grammophon); Chandos ha pubblicato Quattro pezzi sacri di Verdi e, nell’ambito
della collana «Musica Italiana», due album dedicati
a Goffredo Petrassi.
Teatro Regio
Walter Vergnano, Sovrintendente
Gastón Fournier-Facio, Direttore artistico
Gianandrea Noseda, Direttore musicale
Orchestra
Violini primi
Stefano Vagnarelli *
Monica Tasinato
Claudia Curri
Ekaterina Gulyagina
Elio Lercara
Carmen Lupoli
Enrico Luxardo
Miriam Maltagliati
Alessio Murgia
Ivana Nicoletta
Laura Quaglia
Thomas Schrott
Daniele Soncin
Marta Tortia
Giuseppe Tripodi
Roberto Zoppi
Violini secondi
Cecilia Bacci *
Tomoka Osakabe
Massimo Bairo
Paola Bettella
Maurizio Dore
Anna Rita Ercolini
Angelica Faccani
Elisabetta Fornaresio
Marcello Iaconetti
Roberto Lirelli
Anselma Martellono
Paola Pradotto
Luigi Presta
Valentina Rauseo
Viole
Ula Ulijona Zebriunaite *
Alessandro Cipolletta
Andrea Arcelli
Maria Elena Eusebietti
Alma Mandolesi
Franco Mori
Roberto Musso
Alessandro Sacco
Francesco Tosco
Magdalena Vasilescu
Francesco Vernero
Giuseppe Zoppi
Ottavino
Roberto Baiocco
Violoncelli
Relja Lukic *
Davide Eusebietti
Giulio Arpinati
Alberto Baldo
Eduardo Dell’Oglio
Fabio Fausone
Amedeo Fenoglio
Alfredo Giarbella
Armando Matacena
Marco Mosca
Clarinetti
Alessandro Dorella *
Diego Losero
Francesca Gelfi
Contrabbassi
Davide Botto *
Atos Canestrelli
Daniele Carnio
Fulvio Caccialupi
Andrea Cocco
Kaveh Daneshmand
Marko Lenza
Michele Lipani
Flauti
Federico Giarbella *
Maria Siracusa
(anche flauto in sol)
Oboi
João Barroso *
Stefano Simondi
Diego Martino Merisi
Corno inglese
Alessandro Cammilli
Clarinetto basso
Edmondo Tedesco
Fagotti
Andrea Azzi *
Niki Fortunato
Miguel Ángel Pérez
Diego
Corni
Natalino Ricciardo *
Evandro Merisio
Pierluigi Filagna
Stefano Fracchia
Trombe
Ivano Buat *
Marco Rigoletti
Enrico Negro
Tromboni
Vincent Lepape *
Enrico Avico
Marco Tempesta
Tuba
Rudy Colusso
Timpani
Ranieri Paluselli *
Percussioni
Lavinio Carminati
Andrea Vigliocco
Arpe
Marta Pettoni *
Maria Elena Bovio
Controfagotto
Orazio Lodin
* prime parti
Si ringrazia la Fondazione Pro Canale di Milano per aver messo i propri strumenti a disposizione dei professori
Stefano Vagnarelli (violino Francesco Ruggeri, Cremona 1686), Cecilia Bacci (violino Santo Serafino, Venezia
1725) e Relja Lukic (violoncello Giovanni Francesco Celoniato, Torino 1732).
© Fondazione Teatro Regio di Torino
Prezzo: € 1
F E S T I V A L
ALFREDO
CASELLA
L’A R T E I TA L I A N A
D I UN M US I C I S TA
INTERNAZIONALE
FESTIVAL
11-24 APRILE 2016
30 APPUNTAMENTI CON LA
MUSICA, L’ARTE, IL TEATRO,
LA DANZA E IL CINEMA
F E S T I V A L
ALFREDO
INVITO A TEATRO
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Se acquisti un biglietto, il secondo è offerto dagli Amici del Regio
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T E ITeatro
TA L I A NRegio
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Info alla Biglietteria
- Tel. 011.8815.241/242
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LA DONNA SERPENTE
t Casella versione A.indd 1
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N MU SI CI S TA
RNAZIONALE
Opera fiaba di Alfredo Casella
Gianandrea Noseda direttore
Regia di Arturo Cirillo
Teatro Regio, dal 14 al 24 aprile
PIRANDELLO SUITE
18/03/16 12:33
Balletto ispirato
a opere di Luigi Pirandello
Coreografia e regia di Massimiliano Volpini
Prima assoluta. Musiche di Alfredo Casella
Piccolo Regio Puccini, dal 20 al 22 aprile
FESTIVAL
APRILE 2016
UN PROGET TO DI: CIT TÀ DI TORINO • TEATRO REGIO • FILARMONICA TEATRO REGIO
TORINO • ACCADEMIA CORALE STEFANO TEMPIA • UNIONE MUSICALE • DE SONO
ASSOCIAZIONE PER LA MUSICA • ORCHESTRA SINFONICA NAZIONALE DELLA RAI
ASSOCIAZIONE CONCERTANTE - PROGETTO ARTE&MUSICA • TEATRO STABILE DI TORINO - TEATRO
NAZIONALE • MUSEO NAZIONALE DEL CINEMA
18
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Scheda di sala