La Formazione Continua nel terziario e nei
servizi
Seminario sulla formazione continua
Centro Studi Cisl
Firenze
8 febbraio 2011
Intervento di Pierangelo Raineri
Segretario Generale Fisascat Cisl
Integrazione tra formazione e lavoro
Il tema della formazione professionale degli occupati solo da qualche tempo è stato
acquisito come strategia di sviluppo dell’occupazione e dell’occupabilità.
Se un tempo era usuale tenere separati il momento dell'apprendimento e della
formazione da quello del lavoro, come momenti distinti della vita dell'individuo,
oggi questo si verifica sempre più raramente.
Difficilmente è possibile vivere per più di qualche anno dell'eredità che la scuola
lascia in termini di preparazione professionale. Di qui nasce il concetto di Life Long
Learning, ovvero della formazione da svolgersi durante tutto l’arco della vita.
Nell’ambito della formazione permanente si riuniscono i due concetti: di formazione
al lavoro, destinata ai disoccupati, e di formazione continua, destinata
all’aggiornamento delle competenze dei lavoratori.
La formazione continua rappresenta attualmente una delle leve strategiche prioritarie
per lo sviluppo delle imprese moderne. Sempre più, infatti, la pressante
concorrenzialità dei mercati, fa sì che le risorse umane che operano all’interno delle
imprese debbano continuare ad imparare anche durante la vita lavorativa.
I tempi dell'apprendere e del lavorare non possono più restare separati, ma in parte si
vanno a sovrapporre: il tempo del lavoro diventa sempre più anche un tempo di
apprendimento di conoscenze e competenze necessarie per mantenersi aggiornati e
contribuire sia al proprio sviluppo individuale che a quello dell'azienda in cui si
lavora.
Se l’azienda in cui si lavora appartiene ai settori del terziario, del turismo e dei
servizi l’importanza della formazione e dello sviluppo delle risorse umane è ancor
più significativa. In queste aziende infatti, dove il servizio viene fruito
contestualmente all’erogazione, la qualità delle competenze delle risorse umane
rappresenta in larga misura il valore aggiunto per la competitività dell’azienda stessa.
Per quanto riguarda le persone, e quindi i lavoratori, la formazione continua può
rappresentare uno strumento salariale integrativo indiretto.
Attraverso percorsi di formazione, i lavoratori possono tenere aggiornate le proprie
competenze e allontanare il rischio di emarginazione dal mercato del lavoro.
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Sul piano squisitamente valoriale la formazione conferisce maggiore dignità al lavoro
e alle persone che lo svolgono.
Nello scenario europeo l’Italia sconta forti ritardi nella messa a punto di un vero
sistema di formazione continua.
Grazie all’impegno delle Parti Sociali è stato possibile avviare solo negli ultimi anni
il percorso per la creazione di un sistema integrato basato sul confronto bilaterale
delle parti datoriali e sindacali.
I Fondi Paritetici Interprofessionali rappresentano attualmente lo strumento più
significativo a supporto dello sviluppo della formazione continua in Italia.
I Fondi Paritetici Interprofessionali per la formazione continua sono organismi di
natura associativa promossi dalle organizzazioni di rappresentanza delle parti sociali
attraverso specifici Accordi Interconfederali.
I Fondi Paritetici interprofessionali sono demandati dallo Stato Italiano alla gestione
delle risorse finanziarie prelevate dalla legge 388 del 2000, che consente alle imprese
di destinare la quota dello 0,30% dei contributi versati all’INPS alla formazione dei
propri dipendenti.
I Fondi Interprofessionali di riferimento, per quanto riguarda i settori Commercio,
Turismo e Servizi, sono: FOR.TE. – Fondo per la formazione continua del terziario;
FON.TER. – Fondo per la formazione continua dei lavoratori dipendenti nelle
imprese del settore terziario: comparti commercio, turismo e servizi.
FONDOPROFESSIONI – Fondo per la formazione continua dei lavoratori
dipendenti degli studi professionali e delle aziende collegate.
Fondi Interprofessionali per la formazione continua
Fondi
Iscritti
Dipendenti
2010
1.229.570
180.000
473.793
1.883.363
FOR.TE.
FONDOPROFESSIONI
FON.TER.
TOTALE
3
Aziende
2010
109.539
47.500
66.165
223.204
La disponibilità delle risorse economiche rappresenta un elemento essenziale, ma la
qualità del sistema formativo e della sua offerta non è garantita solo dal denaro.
Occorre sviluppare maggiormente la cultura della formazione nelle aziende, nei
lavoratori, nelle loro rappresentanze e in chi progetta e realizza la formazione.
La formazione non può essere il fine, ma il mezzo attraverso cui raggiungere
obiettivi di crescita.
Rappresentare i lavoratori oggi significa, a mio avviso, farsi carico anche del loro
sviluppo e della loro crescita continua.
Come abbiamo imparato a negoziare il salario, così ora dobbiamo imparare a
negoziare la formazione.
Recuperare il tempo perduto
In forte ritardo sull’Europa e sulle grandi scelte degli anni della concertazione fra
governo e parti sociali (1992/1993),
le novità reali, nel nostro paese, si sono
cominciate a registrare dal 2004.
Da quando cioè sono diventati operativi i Fondi paritetici interprofessionali per la
formazione continua dei lavoratori dipendenti delle imprese che versano il contributo
obbligatorio dello 0,30% sul salario (art. 118 della legge 388/2000). Per capire la
nostra lentezza basterà ricordare che lo 0,30% per la formazione dei lavoratori risale
alla legge 845/78.
Secondo il Rapporto sulla Formazione Continua 2009, i Fondi hanno ricevuto dal 2004
1,85 miliardi di euro di versamenti INPS (più 192 milioni, assegnati dalla legge per
lo di start up), nel 2008 431 milioni.
Hanno stanziato finora 1,1 milioni di euro, con un raddoppio delle risorse
nell’ultimo anno. Nel 2008 sono stati approvati 4900 piani formativi, pari a 48mila
progetti, che hanno interessato 24mila imprese e 628mila lavoratori per 37 milioni di
ore di formazione. Altri 764mila lavoratori sono stati formati dal 2004 al 2007.
Se contiamo anche quelli del 2009 e del 2010 (secondo dati parziali, oltre 500mila
all’anno), possiamo dire che i risultati sono stati più che apprezzabili, anche se
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rimangono zone d’ombra non secondarie: il divario fra Nord e Sud - dei piani
formativi il 22% ha riguardato la Lombardia, 17,7% il Veneto, il 16,8% l’ Emilia
Romagna, il 15,9% Piemonte -; fra uomini e donne (56% di formati contro 44%); fra
alte e basse qualifiche; fra classi d’età; fra grandi medie, piccole e micro imprese ( nel
settore terziario sono l’85% quelle da 1 a 9 addetti, il 98% quelle da 1 a 49).
I Fondi paritetici sono lo strumento che serviva per legare la formazione al lavoro e
per dare insieme opportunità di crescita professionale ai lavoratori e di competitività
alle imprese.
E’ stato merito delle parti sociali averlo reso attivo, determinando una svolta che
dovrà interessare l’insieme delle politiche attive del lavoro del prossimo futuro. In
questo senso si muovono le Linee guida per la formazione professionale del 2010.
Si tratta di fare progredire la formazione continua, di renderla più flessibile, più
aderente ad esigenze che si modificano di giorno in giorno. Si tratta di metterla al
centro delle azioni del sindacato per raggiungere quel traguardo dell’occupabilità per
tutti che, nelle intenzioni della CISL, sarà riferimento costante del nuovo modello di
contrattazione.
A livello aziendale e territoriale a nostro avviso sarà possibile negoziare in futuro
miglioramenti retributivi
e riconoscimenti di carriera legati ad aumenti di
produttività e redditività delle imprese, ma soprattutto si dovranno trovare strade
condivise per elevare competenze e conoscenze dei lavoratori, per rafforzarne il
bagaglio e la qualità professionali, unica vera difesa contro la rapida evoluzione e alle
incognite di un mercato del lavoro sempre più incerto.
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L’occupazione nel terziario e nei servizi
Il terziario è un settore in cui l’occupazione è cresciuta in modo evidente e corposo:
siamo oltre il 60% dell’universo della forza lavoro.
E’ un settore in cui è stato semplice entrare – e, passata la crisi, tornerà ad esserlo –
ma è ancora più semplice uscirne (il cameriere che non sa quattro parole di cinese
rischia di perdere il posto e di non essere più assunto).
Non c’è bisogno di pensare a grossi sconvolgimenti: basta uno spostamento dei flussi
turistici, un calo nei consumi, una nuova tendenza nell’abbigliamento o una nuova
procedura per svolgere i servizi…
Per 6,5 milioni di persone (tanti sono gli addetti) il rischio di uscire dal ciclo
produttivo è incombente e ha effetto immediato.
Non esistono ammortizzatori sociali, anche se abbiamo beneficiato della cassa
integrazione in deroga.
Negli ultimi mesi abbiamo risolto bene centinaia di procedure di sospensione dal
lavoro o di riduzione d’orario con contratti di solidarietà, ma è chiaro che la
situazione è grave.
Dobbiamo essere in grado di avviare iniziative a largo spettro e collegare di più la
formazione con la bilateralità e con l’orientamento. Se non ci muoviamo in questo
senso, ciascuno rimarrà chiuso nel suo orticello (oggi abbiamo 12 Fondi
Interprofessionali gestiti da CGIL CISL UIL e rispettive associazioni datoriali: forse
è il caso di ridurli e di accorparli per macro settori) e il paese non farà sistema.
Il discorso vale per la formazione che dipende dalle forze sociali (tra loro poco
coordinate e convergenti) ma anche per la formazione pubblica, spesso disancorata
dalla domanda dei giovani, delle famiglie, del tessuto produttivo. Abbiamo lottato
anni perché qualche corso specialistico in marketing turistico fosse inserito negli
istituti superiori.
Nelle nostre università non esistono facoltà di scienze turistiche, che invece
fioriscono in paesi nostri concorrenti. Solo il 5% del management alberghiero viene
da percorsi di studio specialistici.
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Queste carenze non sono secondarie e aiutano a capire lo stato di crisi in cui versa
per esempio il comparto del turismo.
Con la contrattazione sono stati introdotti progressivamente importanti strumenti di
flessibilità contrattata della prestazione lavorativa, ma di fronte a questo scenario il
rischio è quello che da sola la flessibilità non basti.
Privilegiare la formazione per l’occupabilità
E’ sempre più importante l’occupabilità e per la crescita professionale è
l’orientamento al lavoro, che agevoli e accompagni l’accesso nel mercato dei mestieri
e delle professioni sino all’incontro vero e proprio fra domanda e offerta.
Oggi è di fatto inesistente. Tutti a parole ne riconoscono l’urgenza, ma poco o nulla è
stato realizzato. Lo dico con spirito autocritico: il sindacato non è riuscito a mettere
in campo alcuna azione efficace, anche per mancanza di unità e di condivisione
comune degli obiettivi.
Bilateralità e formazione continua
Nel terziario e nei servizi la rete della bilateralità può essere un catalizzatore, per fare
emergere e dare priorità alle istanze che vengono dai luoghi di lavoro. Tutto rischia
di finire altrimenti nelle mani delle agenzie formative a scopo di lucro che operano
con piena legittimità ma hanno obiettivi e comportamenti lontani dai nostri.
Intervenire nel percorso che porta dalla formazione al lavoro, e che fa rientrare la
formazione nel lavoro, è un compito che ci spetta.
Chi lo svolge al posto nostro, si fa pagare a caro prezzo e il risultato è l’esclusione del
sindacato prima dalle fasi di accesso al lavoro, poi della sua salvaguardia.
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La bilateralità non può tuttavia essere un paravento, una facciata di cartapesta.
Perché dialoghi coi Fondi e li sostenga, deve essere un edificio solido.
Occorre una presenza incisiva degli Enti bilaterali, in grado di guidare l’offerta
formativa, di certificarne gli esiti, di concorrere a individuare gli standard
professionali.
Senza questa presenza, nulla garantisce dal rischio che l’attività formativa possa
essere generica, poco rilevante o addirittura selettiva e discriminatoria.
La formazione continua deve invece mantenere obiettivi alti, tradursi in una pratica
corrente e generale, diventare un diritto esigibile di ciascun lavoratore.
Il sindacato ha l’obbligo di attrezzarsi
e di darsi programmi di formazione
innanzitutto dei suoi quadri per sviluppare queste nuove opportunità.
Troppe volte il nostro intervento sui Piani formativi dei Fondi si esaurisce a valle.
Troppe volte dirigenti e delegati firmano accordi sapendone, o capendone, molto
poco.
Dobbiamo mettere i nostri rappresentanti in grado di capire tutti i passaggi di un
itinerario di formazione (dalla rilevazione dei fabbisogni iniziali alla valutazione
degli esiti intermedi e finali) e di concorrere a progettarli entrando nel merito delle
finalità, dei criteri, delle modalità, delle tipologie. Dobbiamo imparare a guardare
alla formazione dal punto di vista del lavoratore, delle sue attese, delle sue tutele, dei
suoi punti di partenza e di arrivo.
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Integrazione dell’azione tra il ruolo della contrattazione,
gli enti bilaterali e i fondi interprofessionali
Da questo seminario intendiamo lanciare una nuova proposta per l’Integrazione
dell’azione tra il ruolo della contrattazione, gli enti bilaterali e i fondi
interprofessionali per creare sinergie di sistema per lo sviluppo della formazione
continua.
Schema delle varie fasi:

Analisi dei fabbisogni formativi (attraverso una analisi nazionale / territoriale)

Progettazione di azioni formative standard in base ai
1. fabbisogni rilevati ed alle
2. serie storiche di dati su esperienze realizzate

Individuazione dei contenuti e del format - tipo

Schema – tipo corso di formazione articolato per
1. Settori/comparti
2. Fasce professionali

Realizzazione di un catalogo nel quale siano comprese le varie opportunità e progetti
standard individuati

Accordo quadro tra le parti per progetto tipo di formazione articolato con
1. figure professionali
2. settori per progetto tipo (standard) di formazione per i vari contesti e
3. relative modalità di attuazione.

Accordi Nazionali / territoriali / settoriali / aziendali, in attuazione dell’accordo
quadro;

Presentazione “a sportello” dei piani formativi da parte dei soggetti abilitati /
convenzionati tramite gli enti bilaterali o organismi bilaterali territoriali
previo
relativo esame e dichiarazione di conformità dei piani al progetto standard per le
varie figure e per le relative modalità di attuazione.

Trasmissione telematica al fondo interprofessionale (piattaforma)

Graduatoria telematica/automatica attraverso la piattaforma di Forte (articolata per
cronologia, mese o trimestre, territorio, regione, settore, ecc…)
Con questa procedura condivisa e prefissata, si garantirebbe una elevata operatività
del progetto in tempi rapidi e predefiniti.
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Formazione e contrattazione
Come dicevo, la formazione continua deve entrare a pieno titolo in ogni livello della
contrattazione. Non è possibile che in tante province (basti vedere i dati delle
adesioni, così differenti da zona a zona) le imprese per prime ignorino l’esistenza
stessa dei Fondi.
Siamo riusciti non di rado a fare promozione e informazione capillare anche nelle
imprese al di sotto di 15 dipendenti; è venuto il tempo di valorizzare e diffondere
queste esperienze.
Bisogna reagire alla crisi per andare oltre di essa e puntare all’innovazione delle
imprese. Nell’era delle sfide globali sopravvivono solo le imprese che si trasformano
e ripartono da capo. Lo ripetiamo: nel terziario e nel turismo l’innovazione passa
attraverso la capacità di offrire servizi migliori, di alzare la qualità delle prestazioni.
Il lavoro è il patrimonio principale, la formazione è il veicolo fondamentale per
implementarlo e arricchirlo.
Sono noti gli elementi di debolezza che rendono difficile l’esigibilità della formazione
in sede contrattuale ma i tempi sono maturi per un’inversione di tendenza.
Nel 2009, quasi i due terzi dei lavoratori che hanno partecipato alle attività
formative dei Fondi sono compresi fra i 26 e 44 anni e sono impiegati, tecnici e
quadri.
Le donne sono solo il 44% e risultano penalizzate perché in molti comparti, fra cui
quelli del terziario, sono maggioritarie. Si tratta perciò di estendere la platea dei
beneficiari, coinvolgendo i profili meno qualificati che le aziende tendono a
sacrificare e scartare, e rivendicando per le donne la compatibilità fra tempi di vita e
tempi di lavoro.
I Fondi hanno già aperto l’accesso ai lavoratori in cassa integrazione e con contratti
di solidarietà, agli apprendisti e ai collaboratori a progetto (grazie all’art.19 della
legge 2/09) ed ai lavoratori in mobilità.
Un richiamo importante viene dalle Linee Guida sulla formazione professionale,
concordate fra Governo, Regioni e parti sociali.
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Secondo le Linee guida gli attori istituzionali e sociali debbono organizzare l’offerta
formativa guardando alla domanda reale, in funzione cioè dei fabbisogni
professionali dei settori e delle imprese, dell’occupabilità e dell’inclusione sociale
delle persone, con un occhio particolare alle fasce deboli del mercato del lavoro. Si
tratta anche di utilizzare i finanziamenti in modo tempestivo, intervenendo
sull’emergenza in corso, e di trovare nel territorio sinergie adeguate fra risorse
pubbliche e risorse private.
Parti sociali e organismi bilaterali saranno impegnati nella rilevazione dei fabbisogni
di figure e competenze professionali e nella sperimentazione del Libretto formativo
che registra le tappe dell’apprendimento (formale, non formale, informale) di
ciascuno: titoli, diplomi, qualifiche, attestati, prove d’arte, crediti acquisiti sul posto
di lavoro e con la frequenza di corsi, moduli, seminari, laboratori.
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Conclusioni
Stiamo tracciando un cammino nuovo che risponde alle nostre idee e alle nostre
scelte, perché si dia il giusto riconoscimento alla formazione sul posto di lavoro, al
ruolo delle Parti sociali e della bilateralità, alla concertazione, alla contrattazione
territoriale e aziendale.
Sta a noi percorrere questo cammino, evitando battute d’arresto e deviazioni, perché
il paese non può attendere.
Sino a poco tempo fa, non dimentichiamolo, la formazione continua era pura teoria.
Si era alla ricerca di uno strumento che legasse il lavoro alla formazione e desse
opportunità di crescita professionale ai lavoratori e di competitività alle imprese.
Ne derivano per noi responsabilità più alte. Si tratta di fare progredire la formazione
continua, di renderla più flessibile, più aderente ad esigenze che si modificano di
giorno in giorno. Si tratta di metterla al centro delle azioni del sindacato e delle parti
sociali nella loro globalità.
Insieme dobbiamo avanzare sulla strada che guardi a un futuro di sviluppo, nel
lavoro e per il lavoro, un futuro che ha oggi il suo approdo nei Fondi
interprofessionali per la formazione, domani può averlo nei Fondi per il sostegno al
reddito collegati alla formazione, in un armonioso sviluppo delle politiche attive per
il lavoro.
Insieme sono certo che faremo un ottimo lavoro.
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