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Cassago Brianza
Anno XV - Numero 2
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Notiziario di informazione
parrocchiale
Mese di Aprile
A.D. 2009
Pasqua: tutto è grazia!
omenica 8 marzo si è conclusa la visita pastorale nel nostro decanato. La presenza del Vescovo/Pastore, anticipata dagli incontri con
i preti e i consigli pastorali, ha suggellato la “contemplazione” da
parte di Cristo della sua Sposa – la Chiesa presente nel nostro territorio brianzolo – in un momento celebrativo partecipato da una folta assemblea di fedeli.
Mi sono chiesto in quei giorni che cosa sarà emerso da quella meticolosa
verifica, preparata dalla lunga compilazione di statistiche, relazioni pastorali, presentazione di iniziative, problematiche e risorse, proposte future e richieste di conferme… È difficile saperlo, perché nessuno è presente nella
mente e nel cuore del Vescovo, al di là del suo intervento ufficiale (riportato nelle pagine seguenti). Dal nostro punto di vista parrocchiale penso debba rimanere ferma la convinzione di una esperienza spirituale: la fiducia
che qualcuno ci ascolti, ci prenda a cuore, perché ci ha cari. Al di là dei
quadri e delle mediazioni ecclesiali (decano, vicari episcopali, vescovo) è il
Signore Gesù con il suo sguardo paterno/materno, con le sue viscere di misericordia, che ci apre alla promessa di vita.
Avevamo iniziato in quella settimana anche la Quaresima, tempo liturgico
di grazia, che ritorna puntualmente ad indicarci il cammino deciso di ritorno al Signore nei nostri giorni: l’abbondante Parola di Dio, mediata dall’esperienza di san Paolo e offerta da maestri di fede, a partire dal nostro Arcivescovo fino ai fratelli e sorelle di altre confessioni cristiane, il richiamo
alla persona dei poveri, che “avremo sempre tra noi” come presenza sacramentale di Cristo (a tanto ci conduceva la riflessione di don Virginio Colmegna).
Eppure il fatto che maggiormente ha segnato il mio itinerario quaresimale è
stata la morte improvvisa e dalla drammatica dinamica di due preti, don
Enrico e don Silvano, che conoscevo personalmente e con i quali ho intrecciato, anche se per breve tempo, la strada del ministero e della fraternità sacerdotale.
Due preti ancora giovani (48 anni l’uno, 55 l’altro), entrambi responsabili
di comunità pastorali da poco costituite, anche se di dimensioni differenti (Noviglio e Giussano). Forse il richiamo a un segno dei tempi, che prima di una scelta strategica della chiesa italiana sempre più povera di preti, è proprio del Signore stesso che ci ricorda che la comunità cristiana è unicamente sua proprietà/appartenenza (la biblica “segullah”).
La vicenda personale di questi due parroci evidenzia la fragilità del prete (anche per lui vale il detto “Ricordati che sei polvere…”), che porta “un tesoro
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Sommario
Editoriale
(pagina 1)
L a Vi s i t a p a s t o r a l e
al decanato Missaglia
(pagina 2)
Incontro con don
Vi r g i n i o C o l m e g n a
(pagina 5)
Vi a C r u c i s
con l’Arcivescovo
(pagina 6)
Vi a C r u c i s c o n
il Movimento
d e l l a Te r z a E t à
(pagina 6)
Ad e o d a t o e l ’ u m b r a
tenebrarum
(pagina 7)
Montmartre
(pagina 8)
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in vasi di argilla”, una umanità soggetta agli imprevisti
e alle cadute, come accade ai suoi fratelli: non è affatto
credibile una capacità auto-immune, che gli sarebbe
dovuta per dono divino! È interessante al riguardo il viaggio compiuto dallo psichiatra veronese Vittorino Andreoli
nel vissuto dei preti italiani (apparso a puntate durante
l’anno sul quotidiano Avvenire), in mezzo a tante ombre
che raramente si riescono a immaginare.
La morte, anche quando arriva a seguito di un incidente in montagna o di un tragico e misterioso incendio dell’auto, non ha nulla di eroico o di esaltante. Assomiglia però alla morte in croce di Gesù, che non è stata la
morte di un eroe acclamato dai suoi seguaci, ma l’esecuzione di un malfattore condannato! Mi ha ricordato
la fine di un monaco trappista, molto noto per i suoi scritti spirituali, Thomas Merton, ucciso banalmente dalla
scarica di un rasoio elettrico difettoso… Eppure il Signore ci richiama ancora che la vita umana è solo nelle
sue mani e sa cambiare tutto in evento di redenzione. Anche lo squallore contro cui si scontra la nostra esperienza.
Non è forse questo il messaggio della Pasqua?
La liturgia del triduo pasquale non a caso ci fa leggere
la famosa pagina del profeta Isaia: «Non ha apparenza
né bellezza per attirare i nostri sguardi… uomo dei dolori che ben conosce il patire, come uno davanti al quale ci si copre la faccia… era disprezzato e non ne avevamo alcuna stima… eppure egli si è caricato delle nostre sofferenze, si è addossato i nostri dolori».
È solo la morte/risurrezione del Signore Gesù l’unica via
in grado di farci superare l’esperienza dello squallore e
della morte e vedere, nonostante tutto, i segni della sua
grazia.
don Luigi
Shalom
Riprendiamoci
i nostri spazi!
Negli ultimi mesi gli ambienti dell’oratorio sono stati oggetto di ripetuti atti di vandalismo, ad opera di mano ignota, anche se presumibilmente da bande di adolescenti minorenni, che la noia anche da noi spinge ad atti estremi semplicemente perché “non sanno
cosa fare”.
Diverse famiglie sono state interpellate perché i figli –
a giudizio degli educatori oratoriani – hanno dei comportamenti “a rischio”. Risultato: nessuno! Anzi l’incremento degli atti di bullismo con notevoli danni, che
a tutt’oggi ammontano a diverse migliaia di euro, per
porte, finestre, attrezzature danneggiate.
L’oratorio è un luogo educativo, ma questo avviene
unicamente – come ripete il percorso pastorale diocesano – con una alleanza tra famiglia, scuola e comunità cristiana. Aggiungiamo: non senza un minimo di corresponsabilità del singolo!
L’oratorio non è il luogo della noia, frequentato da
chi non ha alcun interesse o non conosce altro ambiente
nel tempo libero, ma per una vera scelta personale: prova ne sono le innumerevoli iniziative di cui il nostro si
fa promotore e che sono apprezzate dai ragazzi. Sono queste iniziative che riempiono gli spazi oratoriani e non altro. Aggiungiamo: le riempiono anche quei
genitori e quegli adulti che proprio perché hanno a cuore il futuro della propria famiglia e della propria comunità, con una presenza in oratorio hanno il coraggio
di mostrare il loro volto in un luogo così prezioso per
l’educazione globale delle nuove generazioni.
La Visita pastorale
al decanato di Missaglia
n grande percorso dentro di sé. È a questo che si può
paragonare la Visita pastorale che il nostro Decanato
ha ricevuto e che si è conclusa domenica 8 marzo,
con la celebrazione della S. Messa da parte dell’Arcivescovo a Missaglia. Una forma di viaggio e di scoperta.
Non in orizzontale però, non come se si decidesse di percorrere le strade del nostro paese (magari per riscoprirne le vie e gli angoli) partendo da una piazza per arrivare a un’altra. Non un percorso di questo tipo. Piuttosto la Visita pastorale ci ha chiamati a una discesa in
verticale, come se ci fossimo dovuti calare dentro la comunità che viviamo e da lì avessimo potuto osservarne
i meccanismi nascosti, quelli che magari di primo acchito
U
non ci saremmo sognati di immaginare.
Ecco, forse è questo il paragone più corretto: prepararsi
alla Visita da parte del Decano ci ha chiesto di fare questo sforzo: percorrere un cammino in discesa verso i sotterranei della comunità che insieme costruiamo e che
viviamo ogni giorno e da lì, da sotto, da dentro, osservarne i tubi, i meccanismi, gli squarci di luce che qua e
là riescono a penetrare dall’alto.
Tutto è cominciato molti mesi fa, quando il Consiglio pastorale è stato investito dal Parroco del compito di esplorare i tanti ambiti che fanno di una comunità una Parrocchia (una Chiesa). Così, presa ciascuno una parte del lavoro
da fare, ecco che i Consiglieri hanno formato gruppi con
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il compito di approfondire e scoprire: ora la composizione sociale della
comunità cassaghese, ora il funzionamento dei gruppi che animano la vita parrocchiale (l’Oratorio, la Caritas,
i catechisti…), ora le necessità, i bisogni, le mancanze e anche i successi,
le cose che funzionano bene, quelle
che potremmo presentare come fiore
all’occhiello. Si è trattato di un lavoro lungo, a tratti complesso, certo partecipato da tutti e alla fine del quale abbiamo potuto presentare al Decano –
il Parroco di Missaglia don Albino
Mandelli – i risultati, ordinati secondo
le richieste fatte a suo tempo dalla Diocesi.
Un lavoro che ovviamente è stato unito dal Decano a quello delle altre
16 Parrocchie del Decanato ed è stato poi presentato all’Arcivescovo come relazione globale da parte dell’intera comunità che supera ormai,
mettendo insieme tutti i Comuni che
la compongono, i 45mila abitanti.
È un Decanato antico quello di Missaglia, vecchio di oltre milleduecento anni, esistente già nell’VIII secolo (prima dell’incoronazione di Carlo Magno, per dire) ed è stato bello
vedere riuniti i rappresentanti di tutte le Parrocchie di questo territorio
così carico di storia quando, la sera
del 5 marzo scorso, i risultati di questo grande lavorio in profondità sono stati presentati al nostro Arcivescovo Card. Tettamanzi. Erano presenti i rappresentanti di ciascun Consiglio pastorale, a riempire la platea
dell’Auditorium di Casatenovo, a raccontare se stessi ma soprattutto ad ascoltarsi a vicenda, per imparare qualcosa di più, per conoscere meglio la
terra in cui viviamo e i suoi bisogni,
soprattutto in questi tempi così carichi di paure per il futuro, tempi di
fatica e, come è ormai diventato obbligatorio dire, di “crisi”.
Ci siamo raccontati e ci siamo ascoltati dunque, e il primo ad ascoltare è stato proprio il nostro Vescovo, che ha seguito ogni intervento riservandosi solo alcune parole alla fine per poter dare spazio ulteriore al-
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la platea e ai tanti che hanno avuto
domande, segnalazioni e osservazioni. Si è trattato di un momento bello, partecipato, a suo modo simbolico, in cui la Chiesa locale ha potuto
confrontarsi con il suo pastore, e chiedere un consiglio e una benedizione. Una serata preceduta dall’incontro del Cardinale con i sacerdoti, le
religiose e i religiosi del Decanato
che si è dunque conclusa all’insegna
del verbo importante, oggi forse misconosciuto, dell’ascoltare. Un verbo da tenere a mente, da fare proprio.
A testimoniare l’esistenza di una Chiesa, il suo essere viva e presente, il suo
non essere stanca di interrogarsi, di
conoscersi, di testimoniare il Vangelo, di conoscere coloro che la compongono e di essere autenticamente
madre, sorridente, accogliente.
Ivano Gobbato
L’incontro
del Cardinale
con i Consigli
Pastorali
Nell’auditorium di Casatenovo il Cardinale ha voluto incontrare i Consigli Pastorali Parrocchiali del Deca-
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nato. È stato un incontro cordiale e
aperto del Pastore che non si è sottratto alle risposte delle varie domande dei consiglieri, anche le più
difficili. Presentiamo alcune significative riflessioni.
...«Innanzitutto vi ringrazio per gli
interventi che avete fatto, io sono qui
ad ascoltarvi. Infatti dobbiamo metterci nella logica dell’ascolto di come vede il Signore questo nostro decanato. Nella comunità cristiana ci
sono infatti molte più richieste di
quelle che noi riusciamo a vedere.
Dobbiamo saper gioire, il Signore infatti vede anche i nostri limiti e non
si meraviglia delle nostre fatiche.
Quando noi ci mettiamo ad analizzare la nostra Chiesa mettiamoci
sempre in testa che non siamo mai in
grado di esaurire tutti i problemi e
che dobbiamo sempre fare riferimento a Gesù che ci dà la forza. Dividerei le mie risposte in due parti, la
prima su quanto è stato presentato dal
punto di vista istituzionale e la seconda sui vostri interventi liberi.
Sono contento di aver sentito Ivano
presentarmi il quadro sociale, perché
mi è piaciuto tantissimo il richiamo
a passare dai numeri alle persone, alle comunità, alle famiglie. La realtà
non è legata ai riferimenti sociologici ma in concreto alle comunità che
sono coinvolte in questi drammatici
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cambiamenti attuali. Ho sentito parlare della crescita, del lavoro, dei cittadini stranieri e io ho tratto due conclusioni. Primo ci sono i cambiamenti e questo implica che nella nostra pastorale oltre ai valori perenni che rimangono sempre dobbiamo invece
confrontarci con modi nuovi rivolti
non al passato ma con uno sguardo
al futuro, coinvolgendoci in cammini nuovi non ancora tentati adatti all’oggi. Si parla ad esempio di cittadini stranieri, di fratelli ma facciamo
una fatica enorme ad entrare in relazione ai loro problemi. Questo per dire che noi comunità cristiana talvolta camminiamo senza accorgerci che
la realtà è molto più movimentata di
quanto pensiamo. La seconda conclusione mi ha portato a dire che se
questi sono i cambiamenti in atto noi
come chiesa che cosa facciamo? Siamo chiamati come cattolici ad essere universali e ci fermiamo alla fede
di trenta anni fa, monolitici quando invece siamo chiamati al confronto con
altre forme di religiosità con le quali
dobbiamo entrare in dialogo, senza
perdere il nostro tesoro prezioso, ma
siamo figli tutti di un unico Dio e di
fronte al cambiamento dobbiamo agire in modo nuovo.
Tiziano ha parlato degli oratori e del
mondo giovanile, facendomi anche
delle domande precise. Prima di parlare dell’Oratorio dobbiamo parlare
dell’educazione, se infatti crediamo
al valore insostituibile che essa dà alla formazione della nostra società, forse dovremmo essere più attenti come
comunità cristiana al valore educativo in senso stretto. Invece registriamo che o per la fatica di educare o per
altre cose non abbiamo dato più lo
spazio all’educazione. Se uno è davvero convinto che l’educazione non è
una delle tante cose da fare ma forse in fine è lo scopo della famiglia che
dopo aver generato i figli dà agli stessi le ragioni della vita. Su questo tema dell’educazione io dico che o ci
impegniamo tutti insieme diversamente è inutile che continuiamo a
scambiarci le accuse da una parte e
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dall’altra. Chi deve educare sono le
famiglie, oggi ci sono anche i nonni, deve educare la scuola, la chiesa,
l’oratorio, devono educare tante realtà
che sono dentro nella società d’oggi, devono educare anche i mass media di cui dobbiamo chiederci se il loro messaggio è qualcosa di educante o di anti educante. Devono educare le istituzioni e così via. Penso che
soltanto realizzando un’alleanza educativa tra tutte queste realtà forse è
possibile fare un passo in avanti verso un’educazione più riuscita.
Su un’altra domanda sempre di Tiziano che dice: “spesso le iniziative
pensate e realizzate con impegno
hanno un debole riscontro e di dare
una parola di incoraggiamento” io dico che non so se siamo chiamati a
raccogliere o a seminare. Ho sempre pensato che siamo chiamati a seminare e il riferimento va a Gesù Cristo, Lui con i dodici apostoli. Nessuna meraviglia quindi se sono i numeri scarsi, i giovani sono diminuiti rispetto al passato, sappiamo già
che partiamo con i numeri ristretti,
ma questo non è un motivo di consolazione ma al contrario ci fa dire
impegniamoci ancora di più.
Sulla pastorale giovanile nella nuova prospettiva delle unità pastorali,
quello che importa da una parte è raccogliere lo spirito e poi in un secondo momento il modo concreto di realizzarlo. Gli adolescenti e i giovani
non sono più radicati al proprio ambito parrocchiale, ma sono chiamati
a vivere esperienze nuove di comunicazione tra di loro, più aperte nello spazio delle unità pastorali. Questo non significa svuotare gli oratori ma anzi potenziare con nuove aperture e confrontare esperienze che
poi di ritorno arricchiscono le comunità di partenza. Una parola profetica sul fatto che si fa fatica a lavorare insieme; devo dire che gli unici che lavorano bene sono il Padre il Figlio e lo Spirito Santo. Ma
noi siamo chiamati a guardare lassù
o meglio nel cuore degli uomini perché quello di istintivo che ci deve ca-
Shalom
ratterizzare come cristiani è che dobbiamo veramente volerci proprio bene. Dobbiamo imparare a lavorare insieme, usando tre parole che spesso
cito: “Comunione, Collaborazione,
Corresponsabilità”. Se vogliamo realizzare questo lavorare insieme dobbiamo partire dal cuore se c’è comunione, ma non basta occorre fare
il passo della corresponsabilità valutando insieme i problemi,lavorando
insieme, progettando insieme e trovare la strada insieme. Questo e solo questo ci è chiesto di fare.
Parlando della Famiglia non posso che
citare quanto abbiamo fatto in questo
triennio nella nostra diocesi, e dobbiamo prepararci anche per il 2012 quando Milano sarà il luogo dell’incontro
mondiale per le famiglie. Due piccolissime cose devo ricordare: primo la
pastorale battesimale dei bambini da zero a sei anni, chi li cura se non la famiglia che ha questa precisa responsabilità. Secondo le scuole materne, si
è detto molto, si sono fatte tante promesse e niente è cambiato. La Diocesi di Milano ha stanziato quest’anno più
di un milione di euro per permettere
ai genitori in difficoltà l’iscrizione dei
loro figli alle scuole materne stesse, e
anche qui dobbiamo darci da fare.
La Caritas: la fede deve essere celebrata nell’eucaristia e deve essere vissuta nella vita quotidiana ispirata alla Carità. Non possiamo quindi dire
che la Caritas è la cenerentola, ma fa
parte essenziale della fede cristiana.
La fede infatti senza le opere è morta.
La carità deve essere abbinata alla giustizia perché siamo di fronte anche a
dei doveri disattesi, a delle situazioni che ci chiamano ad intervenire ed
ecco importante il tema del volontariato. La Caritas deve essere una coscienza critica per le istituzioni.
Pastorale di insieme: la comunità cristiana prima di essere luogo di organizzazione, di luoghi e di strutture è
innanzitutto scuola di comunione, una spiritualità cioè di comunione vissuta insieme agli altri e condivisa.
Sull’attuale crisi e sul cosa si può fare… devo usare un’altra parola: “che
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cosa io posso fare!” Il ricordo poi
va al Fondo di Solidarietà che è appena una goccia nel mare dei bisogni
ma che ci interpella ad una fattiva
partecipazione».
Dopo altre risposte con l’invito alla partecipazione alla Celebrazione Eucaristica conclusiva della visita pastorale
Decanale l’incontro si è concluso con
la benedizione estesa a tutte le parrocchie del Decanato di Missaglia.
Grazie di cuore Eminenza per quanto ci ha comunicato.
Lorenzo
La celebrazione
conclusiva
A conclusione della visita pastorale al
nostro decanato, nel pomeriggio di domenica 8 marzo si è tenuta presso la
Basilica Romana Minore di Missaglia
la S. Messa solenne presieduta da S.E.
Cardinal Dionigi Tettamanzi. Alla celebrazione hanno partecipato il Vicario episcopale della zona di Lecco
mons. Bruno Molinari, i Sacerdoti e
i Coadiutori di tutte le 17 Parrocchie,
numerosi fedeli provenienti dal decanato, chierichetti e cerimonieri. Alcuni di questi (tra cui noi e Tiziano)
hanno avuto l’onore di servire all’altare. L’importante momento era stato preparato da tempo anche nell’aspetto liturgico dalle varie Parrocchie
che hanno infatti collaborato fornen-
do i lettori e i cerimonieri od occupandosi della preparazione delle offerte da portare all’altare.
Dopo l’iniziale ringraziamento da parte del Decano Parroco di Missaglia
don Albino, l’Arcivescovo durante
l’Omelia ha salutato l’intera comunità
del nostro antico decanato, rivolgendosi ai confratelli e alle religiose, e
quindi alle autorità civili presenti ricordando il loro difficile compito. Dopo aver sottolineato che è indispensabile la Fiducia nei giovani per poter
costruire un futuro di Fede e Carità,
il Cardinale ha invitato i fedeli all’unità, alla tolleranza e alla solidarietà
nelle proprie comunità. Prendendo
spunto dal brano di Vangelo della donna samaritana appena letto, ha inoltre esortato alla testimonianza e alla
missionarietà nel mondo.
Noi che abbiamo partecipato alla S.
Messa come cerimonieri abbiamo potuto ricevere l’Eucarestia dalle mani di Sua Eminenza, e al termine della celebrazione abbiamo avuto il piacere di fare una foto con lui. Il Cardinale ci ha anche regalato una bellissima medaglia con raffigurata la
Madonna e che reca anche il suo
stemma arcivescovile.
Dopo la conclusione della solenne celebrazione, che ha sancito la chiusura della visita pastorale iniziata alcuni mesi fa con la visita del decano alle singole Parrocchie, il nostro
Cardinale si è reso disponibile per salutare ad uno ad uno i molti fedeli
presenti.
Ivan e Davide
La carità genera le opere
INCONTRO CON DON
VIRGINIO COLMEGNA
’incontro che si è tenuto presso il nostro Oratorio martedì
17 marzo u.s., è stato molto
toccante e coinvolgente; relatore è
stato Don V. Colmegna, presidente
L
della Casa della Carità, fondata dal
Cardinale Carlo Maria Martini nel
2004 , come luogo di rifugio per persone di ogni nazionalità, bisognosi di
un sostegno temporaneo per recupe-
rare la salute, un lavoro, una casa,
l’autonomia. Don Virginio è venuto
tra noi per raccontarci la sua esperienza di vita tra fratelli di ogni nazione e credo, sottolineando come cia-
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scuno di noi debba comprendere
quanto Dio ci ama, ritrovandoLo nel
volto del malato o dell’emarginato.
La nostra fede non deve essere solo
“di facciata”, ma deve acquisire spessore attraverso stili di vita sobri e coerenti. Quando pregando diciamo:“Padre nostro”, affermiamo che siamo
tutti “figli di Dio” e quindi fratelli tra
noi, per cui nella quotidianità dovremmo con una certa spontaneità riuscire a costruire relazioni di fraternità,
amicizia, solidarietà. Particolarmente in questi momenti difficili noi tendiamo a modellare l’azione di Dio basandola sul nostro punto di vista, su
una giustizia umana, che è lontana da
quella divina basata sull’Amore. Il vero cristiano non deve farsi trascinare dalla paura e dall’isolamento, ma
deve aprirsi agli altri, alla solidarietà,
perché è solo donandosi che potrà avvicinarsi a Dio attraverso l’aiuto ai
più deboli, agli ultimi. Questo insegnamento deve toccare soprattutto i
giovani che, venendosi a trovare in una società consumista, “del tutto e subito”, basata su principi in netto contrasto con gli insegnamenti evangelici, fanno spesso fatica ad apprezzare il gesto gratuito, l’azione caritativa. Qui risulta importantissimo l’esempio della famiglia, che deve trasmettere il significato della non violenza, della riappacificazione e della “disciplina dei sentimenti” che porta al rispetto dell’altro, non più visto come “il nemico”. Il Vangelo ci
insegna infatti che dobbiamo amare
chi non ci ama e solo in ciò il cristiano
si distingue da chi non lo è! Questo
è uno dei passi evangelici più difficili
da mettere in pratica, proprio perché
ci è difficile rinunciare ai nostri privilegi, al nostro Io che ci fa ritenere
sempre nel giusto e ci fa temere di essere sopraffatti. Nel tempo di Quaresima accanto al digiuno materiale,
occorre portare avanti anche un digiuno interiore, inteso come rinuncia a tutti quegli “idoli” che occupano la nostra mente, i nostri interessi,
il nostro tempo libero! È il momento forte della conversione a stili di vita più semplici, che si basino su ciò
che conta veramente, eliminando l’eccedente e facendoci meno indifferenti
e più sensibili verso gli ultimi. Di
molto aiuto in questo cammino è la
lettura del testo di Don V. Colmegna
“Ho avuto fame” – ed. Sperling &
Kupfer, in cui, rifacendosi al passo
del Vangelo di Matteo (cap.25 –
31,46), racconta la propria esperienza di fede attraverso l’incontro con i
reietti, gli emarginati, i malati, cioè
Shalom
gli ultimi, che hanno trovato nella Casa della Carità la loro famiglia e, a
volte, la possibilità di riappropriarsi
della loro vita.
Enrica Colnago
Via crucis con l’Arcivescovo
er la nostra zona pastorale di
Lecco, si è svolta venerdì 6
marzo alle ore 20.45 a OGGIONO, la celebrazione della Via
Crucis, presieduta dal nostro Arcivescovo Dionigi Tettamanzi.
Con PAOLO sulla VIA DELLA
CROCE. «Fatevi miei imitatori, come io lo sono di Cristo». È il titolo
del sussidio distribuito e, i testi paolini sono stati usati come guida. Le
illustrazioni sono state realizzate dal
prof. Renato Galbusera. In copertina
il crocifisso risorto, contemporaneo
dell’uomo in ogni tempo, porta ciascuno sul legno della Croce. Anche
oggi la sua salvezza raggiunge ogni
uomo e nessuno ne è escluso.
Il cammino è stato introdotto dal nostro Vicario mons. Bruno Molinari.
Nel corso della celebrazione, l’annuncio del Vangelo è stato seguito
dalla meditazione, dal silenzio, dalla
preghiera comune contemplando la
passione di Cristo e dai canti. Le stazioni sono state sei e precisamente:
P
- LA CROCE E LA VOCAZIONE.
- LA CROCE E IL VIVERE NELLA
GRAZIA.
- LA CROCE E LA TESTIMONIANZA NEL MINISTERO.
- LA CROCE E LA DEBOLEZZA
NELLE PROVE.
- LA CROCE E LA FORZA NELLA
LETIZIA.
- LA CROCE E IL MORIRE NELLA SPERANZA.
- Conclusione “UN TESORO IN VASI DI CRETA”, con la riflessione
dell’Arcivescovo.
Si legge nell’introduzione del sussidio: “Fare il cammino della croce
significa contemplare le cose che Gesù ha patito per noi, e anche disporci a seguire, nella nostra vita, le orme del Gesù paziente. In questo anno il Papa ci ha proposto di ricorrere ad una risorsa importante, capace di sostenere il nostro impegno di
imitazione di Cristo: la vita e l’insegnamento dell’apostolo Paolo”.
Piera
Via Crucis del
Movimento Terza Età
ercoledì pomeriggio 18 marzo, una folta rappresentanza del Movimento Terza età, ha partecipato alla Via Crucis annuale, che anno per anno, a turno, si svolge nei paesi del nostro decanato. Quest’anno è stata la volta di Cassago e la partecipazione, possiamo definirla emozionante, sia per la quantità che per il devoto raccoglimento.
Tutto si è svolto a regola d’arte, anche e soprattutto per il suggestivo e breve percorso (breve a beneficio dei volonterosi anziani), con partenza da
piazza Italia Libera, Via Vittorio Veneto, parte di Via Fiume, Piazza don Motta e piazza Beato Papa Giovanni XXIII con l’arrivo alla CHIESA.
Non a caso, il nostro Parroco don Luigi, ha preparato il libretto della Via Crucis con le riflessioni di Sant’AGOSTINO. Sette stazioni sono state eseguite
all’esterno, le altre sette in chiesa. La scelta è stata graditissima al nostro
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decano Don Albino, prevosto di Missaglia, a Don Pierantonio, parroco di Sirtori ed assistente del movimento
e non di meno a tutti i partecipanti. Tutti hanno espresso la sottolineatura della scelta in onore dell’Illustre parrocchiano, per soli alcuni mesi da giovane convertito e
per sempre da patrono insieme ai Santi Giacomo e Brigida v. Al termine della Via Crucis è stato dilettevole, per
chi ha creduto opportuno, la visita al parco S. Agostino
che era lì a portata di mano.
Il prossimo appuntamento è per martedì 31 marzo, giorno in cui il Movimento terza età si ritrova a Villa Sacro
Cuore di Triuggio, per l’annuale giornata di ritiro.
Grazie alla bella giornata di sole, la gente è tornata alle
proprie case con sul volto un anticipo della gioia pasquale.
C.O.
Adeodato e l’umbra tenebrarum
Realtà e fantasia nel nuovo libro di Alzati
ormai in dirittura d’arrivo il
terzo romanzo per ragazzi
scritto dal prof. GianLuca
Alzati, che si rifà ancora una volta ad
una bella storia di Cassago. L’opera,
pubblicata dalla Associazione S. Agostino, verrà presentata a metà maggio nell’ambito delle manifestazioni
regionali “Fai il Pieno di Cultura”.
Partiamo dal personaggio principale del romanzo: Adeodato. Il protagonista è realmente esistito ed era l’unico figlio di Agostino, che nel 386
d. C., quando si svolgono le avventure del romanzo, aveva solo quindici anni. Di lui sappiamo quello che
racconta papà Agostino; sappiamo ad
esempio che era molto intelligente.
Agostino in un passo del “De beata
vita” dice di lui: “la grandezza della sua mente mi riempì di una sorta
di terrore”. Adeodato fece parte del
gruppo di discepoli e amici africani
che si trasferirono con Agostino da
Mediolanum a Cassiciaco, tra l’estate del 386 e la primavera del 387 d.
C. Partecipò tra l’altro ad alcune discussioni filosofiche e teologiche che
sono state riportate nel “De beata vita” e soprattutto nel “De magistro.”
Alcune di queste discussioni, come
quella sulla ricerca della felicità, è
È
stata riportata pressoché fedelmente
nel libro.
Da questo limitato numero di notizie
si sviluppa un avvincente racconto
che cerca e riesce con maestria a creare la personalità di un adolescente
quale avrebbe potuto essere il figlio
di Agostino: intelligente, buono, altruista, ribelle quanto basta, alle prese con i problemi di un tipico ragazzo del IV secolo. Problemi che, mutati ma non tanto i tempi, sono ancora
quelli di un adolescente di oggi: la
separazione dei genitori, la società
multiculturale, i valori della morale
e dell’etica in un mondo che sembra andare in tutt’altra direzione.
Nel racconto sono fedelmente descritti nei dettagli i luoghi “misteriosi” utilizzati come scenario per la storia: si accenna alla cosiddetta “tomba del crotto”, una tomba celtica che
ha restituito diversi oggetti che nella fantasia dell’autore diventano strumenti da druido...
Esiste ed è molto suggestivo anche il
santuario chiamato “Ai morti dell’Avello” che si trova a Bulciago
(Biulzagum nel libro). Nei pressi vi
sorge la chiesa della Beata Vergine
del Carmelo e si aprono bellissimi
sentieri nel bosco da percorrere a pie-
di o in bici, ma pieni di mistero nelle notti di luna piena …
Altri episodi delle avventurose vicende di Adeodato sono frutto della
fantasia dell’autore, ma sono i tipici e immancabili ingredienti di un romanzo di avventure e di mistero. La
cupa e minacciosa ombra delle tenebre ha reso più saporito e appetibile il piatto che, con il massimo della cura e della passione, l’autore ha
cercato di preparare.
C’è anche una tenera storia d’amore fra adolescenti che vivacizza le
giornate a Cassiciaco: c’è la fresca
presenza di Ailiin, un delicato personaggio femminile che al pari di
quello di Tullio, l’amico di paese, è
completamente inventato, ma così
reale e vivo da inserirsi con garbo
nella storia.
È reale anche la questione che riguarda la madre, della quale non viene mai riportato il nome, ma la cui
presenza è palpabile e si rende presente con una lettera struggente.
Tutte le notizie che vengono raccontate nel libro, dal suo rapporto con Agostino, alla sua scelta di entrare in
convento, sono storicamente vere; solo la lettera inviata ad Adeodato è
un espediente letterario che non ha
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Aprile 2009
Shalom è...
Articoli e Rubriche sono a cura di:
Don Luigi, Enrico Amati,
Lorenzo Fumagalli, Piera Merlini,
Luigi Beretta, Claudia Giussani,
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Ivano Gobbato
e ogni tanto qualcun altro...
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DELLA PARROCCHIA
Shalom
un fondamento reale, ma che l’autore ha voluto immaginare anche in
quel periodo, quando i rapporti familiari, la considerazione e lo status
sociale delle donne era molto diverso da quello attuale: anche allora tuttavia ci poteva essere spazio per una figura femminile a tutto tondo come lei, decisa nelle sue scelte, ma anche dolce e tenera con il proprio figlio adolescente.
La figura di Agostino viene tratteggiata fedelmente rispetto a quello che
lui stesso dice nei suoi libri, in primis “Le confessioni”, ma anche nei
Dialoghi dove ci ha tramandato la sua
vita, il suo pensiero e il suo percorso di conversione al Cristianesimo.
Come confessa l’autore nella sua postfazione “Agostino è stato per me
il personaggio più difficile da trattare sia per la sua importanza nella
storia del pensiero filosofico occidentale, sia per il suo ruolo di vescovo, dottore della Chiesa e santo
che ha ricoperto dopo questo periodo da me trattato. Spero di essere riuscito a renderlo un personaggio vivo,
interessante e comprensibile anche ai
più giovani, senza banalizzarlo, rischio che temevo di correre. Questa
era la mia intenzione, mi perdonino
i credenti o coloro che possano ritenersi offesi dal vederlo inserito in una storia dedicata ai ragazzi.”
Il linguaggio e lo stile utilizzati sono
molto vicini a quelli attuali perché
supportano il tentativo, ben riuscito, di costruire un ponte praticabile
per far amare ai giovani la lettura dimostrando loro che si possono trattare anche argomenti “alti” senza perdere il gusto del divertimento e della storia, che dovrebbe tornare al centro delle tematiche della narrativa per
ragazzi. Certamente però, è necessario trovare il modo di renderla interessante e ricca di spunti stimolanti e
non ostica e respingente per chi non
ha ancora gli strumenti per apprezzare tutta la sua complessità e l’enorme valore educativo.
Luigi Beretta
MONTMARTRE
Quaresima ambrosiana
Finita l’allegria di carnevale,
inizia il tempo della penitenza.
Non è come si dice:
“È sempre uguale”
è che rientra in gioco la coscienza.
Attratti ed ispirati dal Vangelo,
viviamo quegli eterni avvenimenti,
ai quali non si resta indifferenti:
invitano ad alzare gli occhi al cielo.
Viviam le tentazioni del deserto,
Gesù che incontra la samaritana,
e settimana dopo settimana…
il grande LIBRO
è quasi sempre aperto.
Tra le sue molte righe ritroviamo
il Figlio dell’uomo diffidato:
coloro ch’eran figli del peccato
urlavan la paternità d’Abramo.
Leggiamo della vista al cieco nato,
poi la risurrezione dell’amico,
l’ENTRATA in groppa a un asino…
osannato,
il tradimento. Giuda appeso al fico.
Seguiamo passo passo
quella STORIA
in cui il RE dei re fu condannato,
non prima, però, d’essersi donato
qual CIBO
che ci allieta la memoria.
Andiamo insieme a Cristo
sul Calvario,
il luogo della vera conversione:
lassù morì l’eterno VOLONTARIO
per ispirarci la risurrezione.
E l’ALLELUIA che si leva in canto
si muove dal più intimo profondo:
è un inno per glorificare il SANTO,
è un inno che si leva
in tutto il mondo.
Piera e Orazio
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Pasqua: tutto è grazia!