PROVINCIA DI SAVONA A CURA DI PIETRO BACCINO Orchidee spontanee della provincia di Savona NATURA PROTETTA DEL SAVONESE Pubblicazione della Provincia di Savona Assessorato ai Parchi e Aree Protette Collana “Alla scoperta dei tesori nascosti”. Coordinamento editoriale: Paolo Genta - Ufficio Parchi e Aree Protette Testi, foto e disegni: Pietro Baccino L’Autore desidera ringraziare: il dott. Paolo Grünanger per la competenza, la disponibilità e gli stimoli a operare; il dott. Paolo Genta dell’Ufficio Parchi, per la collaborazione puntuale ed il sostegno; l’Amministrazione Provinciale di Savona, per aver creduto utile realizzare questa “guida” didattica, rivolta ai “curiosi” della natura. Si ringraziano inoltre, per il contributo dato a vario titolo nella realizzazione del volume, le Guardie Ecologiche Volontarie della Provincia di Savona. Traduzioni a cura In copertina: “Ophrys fuciflora” © Copyright - Provincia di Savona Riproduzione consentita citando la fonte. E’ con particolare soddisfazione che presentiamo al pubblico questo volume, secondo numero della serie naturalistica “Alla scoperta dei tesori nascosti” promossa dalla Provincia. Un vero e proprio Atlante che, con linguaggio semplice ma scientificamente corretto, ci guida alla scoperta delle numerose specie di orchidee spontanee che possiamo trovare nei vari ambienti del nostro territorio: ben 50 sono le specie censite nella provincia (circa un quarto dell’intera flora orchidologica italiana!) tutte accuratamente descritte in questa rassegna che, attraverso il pregevole occhio fotografico dell’autore – appassionato botanico – ci introduce alla comprensione dei loro aspetti biologici – e anche semplicemente all’apprezzamento dei loro pregi estetici – particolari, curiosi, sempre affascinanti. Questo volume, che speriamo possa rispondere all’interesse per tali meravigliose piante sia da parte del neofita quanto da parte dello studioso, vuole rappresentare senz’altro un’importante fonte di conoscenza, ma soprattutto di educazione, per accrescere la consapevolezza, l’ammirazione ed il rispetto per tutti quei piccoli-grandi “tesori” che la Natura ci offre. Pierluigi PESCE Assessore ai Parchi e Aree Protette della Provincia di Savona 3 4 INTRODUZIONE INTRODUCTION Interest for wild orchids has been growing during the last years. A lot of experts study them as well as a lot of people are just attracted and fascinated by them. There are various publications about wild orchids, which are more or less popular, but as far as Liguria is concerned there are still many unfilled gaps in our knowledge about their distribution. A map-making of them is necessary. The aim of this little book is to satisfy this need, even if still partially, and to offer a picture, as complete as possible, of the presence of wild orchids in the Province of Savona. A survey in our Province has been undertaking for several years in a constant way: 49 species of orchids are present all over the different habitat of the province, some of which quite rare, other more common. In the following pages the different species found in our Province are illustrated through cards and images. They do represent 18 genera. L’interesse per le orchidee selvatiche è andato crescendo negli ultimi anni. Molti sono gli studiosi che ad esse si sono dedicati, molti anche gli appassionati attratti dal loro fascino. Le pubblicazioni sull’argomento, più o meno divulgative, sono numerose, ma per la Liguria manca ancora un lavoro organico, che faccia il punto della situazione ed esponga i risultati delle ricerche. Il presente volumetto vuol rispondere, seppur parzialmente, a questa esigenza, cercando di offrire un quadro, il più possibile completo, della presenza di orchidee spontanee nella provincia di Savona. La ricerca sul territorio è stata condotta assiduamente per diversi anni, con risultati abbastanza soddisfacenti: quarantanove specie di orchidee, alcune più rare, altre comuni, sono diffuse in tutti gli ambienti della provincia, se si escludono le spiagge, la nuda roccia e le situazioni di antropizzazione spinta. Nelle pagine che seguono, dopo brevi cenni sull’aspetto e sulla vita di queste piante e la presentazione di una chiave 5 analitica che ne faciliti il riconoscimento, saranno illustrate con schede e immagini le diverse specie censite nella provincia, rappresentanti di ben diciotto generi. LE NOSTRE ORCHIDEE 6 OUR ORCHIDS Except from polar regions and deserts, we can assert that the family of Orchidaceae, which involves more than 20.000 species, is developed all over the world. The most extensive development of the orchids has taken place in the tropics where climate is so particular and the degree of the humidity is so high that they can even grow without a direct contact with soil. These orchids are the most well known species, which more and more varied hybrids can be obtained from: they are the orchids we can find on sale with gaudy and big flowers. One of them, the black vanilla orchid, is cultivated, especially in Africa, to obtain from its fruits the aromatic substance which is used in the food industry. Orchids which grow in Europe (as well as in the Mediterranean Africa and in the East) have, on the other hand, their roots deeply sunk in the soil: they are herbaceous perennial plants, very sensitive to environmental conditions and with very complicated and delicate reproductive systems. Usually they are autotrophic, that is, they are provided with chlorophyll and therefore able to produce the needed nutritive substances directly. Only some of them constantly depend on their association with a fungus, which invades part of the roots and allows the plant to absorb the nutriment of the decomposed substances present in the soil. This association (mycorrhizal symbiosis), even if not at a determining level, is active in different moments of these plants’ life. These fascinating and precious plants are protected by law: let’s respect these natural jewels, let’s just observe them, let’s take nice pictures of them, but please, let our orchids survive! Se si escludono le regioni polari e i deserti, possiamo affermare che la famiglia delle Orchidacee, che comprende più di 20.000 specie, è diffusa su tutto il pianeta. La maggior parte di esse si trova nelle regioni tropicali, dove il clima è più favorevole e l’umidità così abbondante, che esse possono vivere anche senza il contatto diretto con il suolo. Queste sono le specie più conosciute, alle quali si sono interessati i tecnici per ottenere ibridi sempre più variati: sono le orchidee che troviamo in vendita, con fiori vistosi e di notevoli dimensioni. Una di esse, la Vaniglia (Vanilla planifolia), è intensamente coltivata, soprattutto in Africa, per ricavare dai frutti la sostanza aromatica utile nell’industria alimentare (dolciumi, tè, gelati). Le orchidee che vivono in Europa (e anche nell’Africa mediterranea e nel Vicino Oriente) affondano invece le loro radici nel terreno: sono piante erbacee perenni, molto sensibili alle condizioni ambientali e con sistemi riproduttivi assai complessi e delicati. In genere sono autotrofe, cioè fornite di clorofilla e quindi in grado di produrre direttamente le sostanze nutritive necessarie. Soltanto alcune, come Limodorum abortivum e Neottia nidus-avis, dipendono costantemente dall’associazione con un fungo, che invade parte delle radici e consente alla pianta di assorbire il nutrimento dalle sostanze decomposte nel terreno. Questa associazione (simbiosi micorrizica) è attiva, seppure a livello non così determinante, in diversi momenti della vita di queste piante. GLI ORGANI VEGETATIVI SOTTERRANEI Nel loro ciclo di sviluppo annuale, le orchidee non esibiscono sempre una parte aerea, poiché in qualche periodo si trovano a riposo, di solito in estate-autunno. Tuttavia sono sempre vitali i loro organi sotterranei, che nelle nostre specie possono assumere due strutture: - TUBERCOLO (radice tuberizzata), contenente sostanze di riserva, che permettono lo sviluppo del nuovo stelo in primavera. Esso si può presentare in forme diverse: ovoidale o tondeggiante (Orchis, Ophrys e Serapias), affusolato (Spiranthes), palmato o digitato (Dactylorhiza e Gymnadenia), oppure assottigliato all’apice (Platanthera). Oltre ai tubercoli, sono presenti anche radici semplici, per lo più di forma cilindrica. - RIZOMA (fusto sotterraneo modificato), anch’esso contenente sostanze di riserva, fornito di radici piuttosto sottili (Epipactis e Cephalanthera). In Neottia ni- 7 dus-avis l’apparato radicale è così fitto e intrecciato che, per il suo aspetto di nido d’uccello, ha determinato il nome della pianta. Si può osservare, poi, che il termine ‘orchidea’ è proprio collegato alla forma tipica di molti tubercoli, che assomigliano a testicoli (in greco ‘orchìs’). Fig. 1 tubercoli a) Orchis b) Spiranthes c) Gymnadenia d) Dactylorhiza f) Platanthera h) Serapias l) Himantoglossum 8 ORGANI SOTTERRANEI Fig. 2 rizomi e) Cephalanthera g) Neottia i) Epipactis 9 CICLO VEGETATIVO ANNUALE 10 Fig. 3 Rosetta basale di Ophrys sphegodes all’inizio della primavera. Come si è detto, le parti aeree delle Orchidee non sono sempre presenti durante tutto l’anno. Nelle specie con rizoma, dopo la pausa nel periodo autunno-inverno, comincia a svilupparsi dall’organo sotterraneo lo stelo che porterà i fiori, utilizzando dapprima le sostanze nutritive presenti e poi l’apporto della fotosintesi clorofilliana, quando le foglie saranno sviluppate. L’attività della pianta prosegue poi senza interruzione, finché non è completato il ciclo riproduttivo, cioè la fioritura, la fruttificazione e la dispersione dei semi. Le orchidee provviste di tubercolo hanno un riposo estivo, quando di esse resta soltanto la parte sotterranea, nascosta ai nostri occhi. Durante la stagione autunnale cominciano a sviluppare una rosetta di foglie, dopo di che entrano in un altro momento di riposo, questa volta invernale. Con la primavera riprende la crescita della nuova pianta, che utilizza il tubercolo dell’anno passato. Esso pian piano si consuma e raggrinzisce, mentre si va formando un nuovo tubercolo. Perciò si può parlare di piante perenni, visto che in questo modo esse superano il limite delle quattro stagioni. STRUTTURA DELLA PIANTA Fig. 4 Sviluppo di una pianta di Ophrys durante l’anno. La parte epigea (aerea) della pianta è costituita da un asse fiorale allungato, lo stelo o scapo, che è eretto e non ha ramificazioni; di solito è cilindrico, a volte angoloso, pieno oppure cavo. Esso porta foglie, spesso raccolte in rosetta basale e a vari livelli, con le caratteristiche delle Monocotiledoni, cioè semplici, a margine intero, con nervature parallele. Qualche volta sono più o meno maculate di porpora, come in Orchis provincialis, Neotinea maculata e in alcune Dactylorhiza. Nelle orchidee prive di clorofilla le foglie, non avendo una funzione specifica per il nutrimento della pianta, sono molto brevi o ridotte a semplici squame. Nella parte alta dello scapo si sviluppa l’infiorescenza, con fiori sessili, fissati allo stelo per mezzo dell’ovario (spiga), oppure dotati di un corto peduncolo (grappolo). Al momento dell’antesi, nella maggior parte delle spe11 cie l’ovario o il peduncolo subiscono una torsione e il labello, rivolto all’insù nel fiore in boccio, compie una rotazione di 180°(resupinazione) e si presenta diretto verso il basso. La fioritura avviene a partire dai fiori inferiori e procede verso l’alto; soltanto in Orchis simia si schiudono per primi i fiori che stanno all’apice. L’infiorescenza può essere più o meno densa (Orchis, Dactylorhiza, Neotinea), oppure molto allungata, con fiori distanziati come nelle Ophrys. Nel suo aspetto complessivo può apparire conica, ovoidale, globosa o cilindrica. Nelle Spiranthes, come suggerisce il nome, i fiori sono disposti a spirale, mentre in molte Epipactis l’infiorescenza è unilaterale. L’inserimento di ciascun fiore sullo stelo è accompagnato da una brattea, foglia modificata che può essere verde o di altro colore, dal rosa al porpora, e di consistenza diversa, fogliacea o membranacea. STRUTTURA DEL FIORE a 12 b a) simmetria stellare o raggiata (fiore attinomorfo di giglio) Fig. 5 b) simmetria bilaterale (fiore zigomorfo di orchidea) Il fiore delle Orchidee conserva alcuni elementi di somiglianza con quello delle Liliacee, rispetto alle quali si pone come un ulteriore passo nell’evoluzione. In entrambe il perianzio, cioè l’insieme dei verticilli fiorali (sepali e petali) è costituito da sei elementi (tre sepali + tre petali). Però nei gigli essi sono uguali e quindi in simmetria stellata o attinomorfa, mentre nell’orchidea i due petali laterali sono in genere più brevi e diversi dai sepali, e il terzo petalo (“labello”) è completamente differenziato e costituisce l’elemento di richiamo per tutti gli insetti impollinatori. A causa di questa peculiarità, risulta nel fiore un solo asse di simmetria, che lo divide in due parti specularmente uguali (fiore zigomorfo). A seconda delle specie varia la posizione dei sepali e dei petali, che possono essere divergenti, raccolti a formare un casco oppure parzialmente saldati. Il labello è, però, l’elemento tipico di ciascun genere e talora una vera e propria carta d’identità: di esso osserveremo la forma, la dimensione, il colore, così come la presenza di uno sperone più o meno nettarifero. Avremo un labello intero oppure lobato, di aspetto vellutato o villoso, talora strozzato nel senso della lunghezza in due parti (ipochilo alla base ed epichilo all’apice). L’ovario è posto al di sotto del perianzio e si definisce quindi infero. Gli altri elementi riproduttivi del fiore, maschili e femminili, sono saldati in una colonna detta ginostemio, posta di fronte al labello: si tratta quindi di fiori ermafroditi. Anche il ginostemio non è identico in tutti i generi, pur presentando alcuni elementi essenziali comuni. L’antera, che accoglie due pollinii (masserelle di polline), è collocata nella parte superiore, mentre lo stigma si trova più in basso ed è collegato con l’ovario. I pollinii sono forniti in molti casi di una caudicola, la quale si conclude in basso con il retinacolo, elemento appiccicoso talora chiuso in una specie di tasca (borsicola). Questa appoggia sul rostello, un’escrescenza posta come una barriera sopra lo stigma per impedire, salvo eccezioni, che le masse polliniche possano raggiungerlo. ATLANTE BOTANICO: struttura e parti del fiore a) Epipactis b) Ophrys c) ginostemio di Ophrys d) Platanthera e) Orchis f) Serapias SD = sepalo dorsale SL = sepalo laterale P = petalo L = labello G = ginostemio B = brattea fiorale S = sperone O = ovario C = casco 1. ipochilo 2. epichilo 3. lobo centrale (mediano) del labello 4. lobo laterale 5. disegno del labello (macula) 6. gibbosità 7. appendice 8. pollinio 9. rostello 10. caudicola 11. retinacolo 12. borsicola 13. stigma 14. antera 15. fauce dello sperone Fig. 6 13 14 L’IMPOLLINAZIONE Si realizza l’impollinazione incrociata quando i pollinii di un fiore vengono trasportati e depositati sulla superficie stigmatica di un altro fiore. Il trasporto avviene con la collaborazione involontaria di insetti, che vengono attratti dal fiore, si posano sul labello e con i loro movimenti estraggono le masse polliniche, che si fissano al loro corpo. Le successive visite ad altri fiori della stessa specie consentono la deposizione del polline. Naturalmente gli insetti sono convinti a posarsi, di solito, con offerte di cibo, ad esempio nettare contenuto nello sperone o nell’ipochilo delle Epipactis o ancora con una secrezione sul labello (Listera). Anche quando sono prive di nettare, alcune specie attivano diversi inganni visivi, come macchie di colore giallo per simulare il polline o un labello con disegni marcati che si offre come facile appoggio (e può somigliare al fiore delle Labiate). Nel caso delle Ophrys non vi è offerta di nutrimento, ma attraverso una serie di elementi ingannevoli, quali l’aspetto generale, il colore, la 15 pelosità e perfino l’odore del labello, che ricorda la femmina, vi è la proposta di un falso accoppiamento rivolta al maschio di alcune specie di imenotteri. Lo stratagemma funziona e l’insetto cerca di realizzare una copulazione: agitandosi con frenesia tocca la base dei pollinii, la borsicola, che libera il retinacolo. Questo si fissa sulla testa o sull’addome del maschio il quale, attratto da un altro fiore, porterà il polline a destinazione. Qualche volta, però, avviene l’autoimpollinazione: in alcune Epipactis e Cephalanthera le masse polliniche si disgregano al minimo urto e cadono sullo stigma; talora ciò accade persino all’interno del fiore che non è sbocciato. In Ophrys apifera, che pure ha un retinacolo appiccicoso e potrebbe realizzare l’impollinazione incrociata, l’autoimpollinazione è piuttosto frequente: poco dopo l’antesi, le caudicole si curvano in avanti fino a depositare i pol Fig. 7. Visita di un imenottero al fiore di Ophrys sphegodes. 16 linii direttamente sullo stigma. Nel caso di impollinazione entomofila può accadere che il polline di una specie venga deposto sullo stigma di una specie diversa o addirittura di un diverso genere. Avvenuta la fecondazione e la maturazione dei semi, da questi avranno origine ibridi naturali, che presenteranno caratteri dell’uno e dell’altro genitore. Essi, che spesso risultano fertili, potranno poi reincrociarsi con le specie parentali: si formeranno così popolazioni polimorfe, che pongono agli studiosi numerosi interrogativi sulla situazione evolutiva delle orchidee. Già nel testo del Gismondi (1950) sono elencati numerosi ibridi ritrovati in Liguria, che riguardano specie dei generi Serapias, Orchis e Ophrys. Quelli che si incontrano più frequentemente sono: Orchis morio x O.papilionacea, Orchis tridentata x O.ustulata, Orchis militaris x O.purpurea, Ophrys benacensis x O. fuciflora, Orchis morio x O.laxiflora. Fig. 8. Ibrido Orchis morio x Orchis papilionacea. Fig. 9. Ibrido Ophrys benacensis x Ophrys fuciflora. ANOMALIE Fig. 10. Forma albina di Orchis tridentata. Fig. 11. Ophrys con labello parzialmente decolorato. Il caso più frequente di situazione anomala è la decolorazione (apocromia), che consegue alla mancata produzione di pigmenti. Si verifica in molte specie, come ad esempio Orchis morio, Orchis militaris, Orchis tridentata, ma si ritrova anche in Epipactis palustris, Ophrys apifera e Ophrys benacensis. Qualche Ophrys è decolorata soltanto nel labello, che presenta una vistosa macchia bianca: qualche autore ha voluto attribuirle valore sistematico, indicandola come varietà planimaculata. Vi sono poi veri e propri casi teratologici (dal greco ‘téras’ = prodigio, mostro), in cui le anomalie sono evidenti: labello multiplo o mancante, petali e sepali labelloidi, assenza di petali, infiorescenza doppia. 17 18 Fig. 12. Ophrys con sepali labelloidi. Fig. 13. Epipactis helleborine con labello triplo. Fig. 14. Ophrys fusca con fiore doppio. DAL FRUTTO AL SEME E ALLA NUOVA PIANTA Fig. 15. Dal seme si sviluppa una nuova pianta. Quando gli ovuli sono fecondati, l’ovario si gonfia e si trasforma in frutto, che è una capsula allungata. Giunto a maturazione, si apre lungo fessure longitudinali, dalle quali fuoriescono i semi, che sono minuscoli: ogni capsula ne contiene infatti diverse migliaia (1). Il seme di orchidea che giunge al suolo (2) non è fornito di sufficiente tessuto nutritivo, perciò la germinazione può avvenire soltanto quando qualche fungo presente nel terreno invade il seme (3), fornendo nutrimento e stimolando lo sviluppo dell’embrione, da cui deriva il protocormo (4), una specie di piccolo tubercolo, che produce radici avventizie (5). Si realizza così una simbiosi micorrizica: le radici almeno in parte vengono colonizzate dal fungo e tali qualche volta restano per tutta la vita della pianta (nelle già citate specie prive di clorofilla). Il protocormo si ingrossa poi in tubercolo o si allunga a formare un rizoma, e sviluppa le prime foglie (6). Nel corso di qualche anno (da 2 a 15) si vedrà fiorire una nuova pianta. 19 AMBIENTI E VEGETAZIONE 20 16 Il territorio della provincia di Savona si estende dal mare al versante padano, dal Capo di Cervo ai Piani d’Invrea, ricco di ambienti diversi. Oltre la zona costiera, le colline e le brevi valli dirette verso l’interno sono in parte coltivate soprattutto a ulivo e ortaggi. Lo spazio lasciato alla vegetazione spontanea è in genere occupato dalla macchia mediterranea (fig. 17), interrotta qua e là da leccete e pinete (di pinastro o di pino d’Aleppo). Sovente essa è il risultato della demolizione dei boschi ad opera del fuoco e si pone come un momento di transizione verso la ricostituzione della copertura vegetale maggiore. La macchia è formata da arbusti sempreverdi di altezza fino a tre metri. I componenti principali sono il leccio in forma arbustiva, l’erica arborea, il corbezzolo, il lentisco, i cisti, l’alaterno, il mirto e la ginestra spinosa. Ad essi si accompagnano due rampicanti, la robbia e lo stracciabraghe. In questo ambiente le orchidee sono insediate in radure e spiazzi aperti, là dove è minore la concorrenza delle altre piante. Vi troviamo molte specie di Ophrys, come O. fusca, O. sphegodes, O incubacea, O. lutea insieme con Orchis morio, O. anthropophora, O. papilionacea, O. fragrans, Anacamptis pyramidalis e Barlia robertiana. In alcuni ambiti particolarmente degradati incontriamo la gariga (fig. 16), che talora, su suoli sassosi e piuttosto aridi, risulta essere l’unica associazione vegetale possibile. E’ formata da bassi arbusti, spesso aromatici come il timo, il rosmarino e la lavanda, che coprono parzialmente il terreno, sul quale crescono molte delle orchidee già citate e anche Serapias lingua, Serapias neglecta e Serapias vomeracea. Risalendo in quota troviamo boschetti di roverella e, sui versanti più freschi, boschi misti di orniello e carpino nero. Il castagneto è presente, ormai, quasi sempre come bosco ceduo, residuo delle antiche coltivazioni. Qua e là vediamo ancora lembi di pinete, sia di pinastro sia di pino nero da rimboschimento. I prati che si possono osservare tra la costa e le zone montane più elevate (M. Galero, M. Carmo) sono tutti di origine antropica, ottenuti nei tempi passati eliminando radicalmente le piante legno- 17 18 se. Quando vengono abbandonati e non si attua più il periodico taglio del fieno, si assiste alla loro trasformazione graduale, poiché cominciano a comparire arbusti e alberi che poco alla volta occuperanno tutto lo spazio disponibile. In alcuni casi questo fenomeno di ritorno del bosco viene contrastato con la pratica dell’incendio. Sparse tra l’erbe dei prati di media quota (fig. 18), spuntano più frequenti altre specie come Orchis tridentata, O. ustulata, O. provincialis, O. purpurea, O. simia e poi Ophrys fuciflora, O.apifera, O. benacensis, O. scolopax con Serapias cordigera e Gymnadenia conopsea. Più in alto, verso gli 800-1000 metri di altitudine, sono diffuse le faggete (fig. 19), di cui abbiamo esempi significativi nella zona del Melogno e all’Adelasia. Ancora oltre allignano formazioni arbustive e infine sui pendii cacuminali si stendono i pascoli montani (fig. 20), dove vivono Orchis mascula, O. militaris (che incontriamo anche più in basso), Coeloglossum viride con Dactylorhiza sambucina e Traunsteinera globosa. Non mancano anche limitate zone umide (fig. 21), più fre- 21 quenti nel massiccio del Beigua a causa della scarsa permeabilità della roccia, ma presenti in molti altri siti, indicati qualche volta con il toponimo di ‘moglie’ (‘meuje’, ‘meugge’). In questi ambienti sono insediate particolari comunità vegetali di piante adattate a vivere in condizioni non facili: tra esse non mancano alcune specie di orchidee, come Dactylorhiza maculata subsp. fuchsii, D. majalis, D. incarnata, Epipactis palustris e Orchis laxiflora. La presenza delle orchidee nei diversi ambienti è condizionata, in generale, dall’esigenza di luce e dall’assenza di forte competizione, perciò esse crescono soprattutto in luoghi aperti. All’interno dei boschi vivono senza problemi specie che non utilizzano la funzione clorofilliana per il nutrimento, come la Neottia nidus-avis e il Limodorum abortivum. In situazioni di transizione, come le radure e i margini dei boschi, troviamo molte Epipactis, Cephalanthera, Platanthera e qualche volta anche Ophrys insectifera e Ophrys apifera. 22 19 20 La vita delle orchidee, d’altra parte, non è collegata soltanto all’associazione vegetale, ma spesso anche alle condizioni del terreno e alla sua composizione (più o meno basico, oppure acido). La parte occidentale della provincia ha come substrato in genere rocce calcaree di origine sedimentaria (dolomia, calcare dolomitico, pietra di Finale) e rare sono le quarziti. Nel comprensorio del capoluogo, detto del Cristallino savonese, sono praticamente assenti le rocce calcaree, a parte un piccolo affioramento alle Case Bandite, presso Cadibona. Il massiccio del Beigua è formato da serpentiniti (ofioliti), rocce metamorfiche silicee con alto contenuto di magnesio, elemento che risulta ostile alla vita di molte piante. Nel versante padano il substrato è costituito da calcare insieme con varie formazioni marnose e arenacee, sempre di origine sedimentaria. Molte specie di orchidee sono indifferenti al tipo di terreno; ve ne sono altre, però, molto esigenti, che sono legate esclusivamente al calcare. Nella zona del Beigua, ad esempio, non ci sono specie del genere Ophrys, così come nel territorio del comune di Savona. Ma è sufficiente spostarsi sul crinale oltre Vado Ligure e lì, dove riconosciamo i delicati fiori rosa del cisto tomentoso, possiamo anche rinvenire alcune di queste piante con i fiori che paiono insetti, e così fino al limite occidentale della provincia. Anche gli ambienti della Val Bormida sono molto favorevoli alle specie suddette, abbondanti in maggio nei prati soleggiati. 21 LA TUTELA DELLE ORCHIDEE La Regione Liguria si è dotata di uno strumento per la protezione della flora spontanea soltanto nel 1984, con la Legge Regionale n.9 del 30 gennaio, ultima fra le Regioni dell’Italia settentrionale. Nell’elenco che accoglie un centinaio di piante compaiono, per le orchidee, la Nigritella nigra o Vaniglia delle Alpi e tutte le specie del genere Ophrys, per le quali vige il divieto assoluto di raccolta. Tra le piante a protezione parziale, delle quali si può operare un prelievo limitato nel numero e solo della parte aerea, troviamo le specie del genere Orchis. Nient’altro! E pensare che in Liguria sono presenti una ventina di generi, tra cui Serapias, Epipactis, Limodorum, Listera, ecc., tutti degni di tutela. Un riesame della Legge Regionale sarebbe quanto mai opportuno, per rimediare a queste lacune ed estendere la protezione all’intera famiglia delle Orchidacee. Altre normative regionali di protezione ambientale, in maniera più o meno diretta, provvedono ad integrare la tutela della flora spontanea (e quindi anche delle orchidee): le leggi istitutive di Parchi e Riserve Regionali dispongono divieti di asporto e danneggiamento dei fiori, così come la legge sulla promozione dell’Alta Via dei Monti Liguri. A livello nazionale, la maggior parte delle Orchidacee è soggetta a tutela integrale a seguito del recepimento (con Legge n. 150 del 7 febbraio 1992) della Convenzione di Washington sul commercio internazionale delle specie selvatiche in via di estinzione. L’esistenza di norme legislative, tuttavia, non è garanzia sufficiente per la salvaguardia di queste piante, così ricche di fascino e di pregio. La progressiva pressione umana sul territorio, con manufatti di asfalto, cemento e quant’altro, riduce sempre più gli ambienti favorevoli e determina talvolta la scomparsa di habitat esclusivi per molte specie. A ciò si aggiunge l’abbandono delle attività tradizionali legate all’allevamento, come lo sfalcio 23 del fieno. E’ difficile lottare contro le trasformazioni ambientali portate dal “progresso”, ma forse si può intervenire con la protezione dei biotopi, in buona parte compresi in Parchi e Riserve Regionali e in Aree Protette Provinciali, con un controllo puntuale del territorio (attuato con buoni risultati, ad esempio, dalle Guardie Ecologiche Volontarie) e con un’azione educativa di sensibilizzazione condotta soprattutto attraverso le scuole. Si può concludere con un appello, come d’uso, rivolto a tutti coloro che frequentano gli ambienti naturali della nostra provincia. La Natura è un bene di tutti e non può essere considerata cosa di cui ognuno ha il diritto di abusare: accostiamoci a questi gioielli naturali con rispetto, osserviamo, scattiamo foto per raccogliere belle immagini, ma lasciamo sopravvivere le nostre orchidee! IL NOME DELLE ORCHIDEE Le piante più conosciute e utilizzate hanno tutte un nome italiano corrente, a cui si accompagnano 24 appellativi popolari, che possono variare da una regione all’altra, ponendoci qualche volta problemi di identificazione. Le orchidee, in genere, sono poco note. Accade così, ad esempio, che il termine “scarpetta della Madonna” attribuito di solito a Cypripedium calceolus, venga usato in Liguria per indicare alcune Ophrys. Le varie specie del genere Serapias sono dette “scarpette du diau” in Val Bisagno. L’Ophrys benacensis è chiamata in dialetto “oxellettu che se spegia” per il ginostemio curvo sulla macula lucida al centro del labello. Curiose e stimolanti queste notizie: ma noi abbiamo bisogno di un modo più certo per indicare una pianta, di un nome scientifico, valido in tutto il mondo. Alcune specie di orchidee già furono osservate nell’antichità. Di “orchis” parlano Teofrasto e Plinio il Vecchio, che dalla forma dei tubercoli dedu- cono una possibile utilità afrodisiaca. La descrizione più precisa di queste piante vien fatta nel Rinascimento, quando si pongono le basi per costruire un quadro sistematico valido attraverso l’attento studio delle caratteristiche di ogni pianta e in particolare degli organi riproduttori. Le definizioni delle specie, tuttavia, non sono ancora stabili: notiamo, ad esempio, come Platanthera bifolia viene chiamata Testiculus vulpinus primus da Lobel (1576) e Orchis flore albo minor da Besler nel suo Erbario dei primi anni del Seicento. Si giunge così a Linneo (1707-1778), il quale sintetizza la denominazione in due termini essenziali: il nome della specie preceduto da quello del genere in cui essa è inserita. Tutto ciò in latino, che era in quei tempi il linguaggio internazionale della scienza. Naturalmente con Linneo non si chiude la discussione sull’inquadramento sistematico, legato da un lato alla scoperta e determinazione di nuove specie, dall’altro al perfezionarsi delle indagini, che vanno oltre la semplice osservazione fenologica. CHIAVE ANALITICA PER IL RICONOSCIMENTO DEI GENERI 1 Piante con foglie verdi . . . . . . . . . . . . - Piante prive di foglie verdi, con brattee brune o violacee . . . . . . . ...............3 ...............2 2 Fiore privo di sperone . . . . . . . . . . . . Neottia - Fiore con sperone . . . . . . . . . . . . . . . Limodorum 3 Fiore privo di sperone . . . . . . . . . . . . - Fiore con sperone . . . . . . . . . . . . . . . ...............4 . . . . . . . . . . . . . . 10 4 Labello vellutato e peloso, con un disegno glabro nella parte centrale . . Ophrys - Labello diverso . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 5 5 Infiorescenza a spirale allungata con fiori bianchi piccoli . . . . . . . . . . . Spiranthes - Infiorescenza diversa . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 6 6 Labello diviso da una strozzatura in due parti: ipochilo(alla base) ed epichilo (all’apice) . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 7 - Labello diverso . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 9 7 Fiori con sepali parzialmente saldati tra loro . . . . . . . . Serapias - Fiori con sepali liberi . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 8 8 Ovario eretto, privo di peduncolo . . . Cephalanthera - Ovario con breve peduncolo . . . . . . Epipactis 9 Labello a due lobi; pianta con due sole foglie arrotondate Listera - Labello con tre lobi e lobo centrale diviso . . . . . . . . . . . . . Orchis anthropophora 10 Lobo mediano del labello nastriforme, lungo 3 – 6 cm . . . . . . . . . . . . . . . . . . Himantoglossum - Lobo mediano diverso . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .11 11 Fiore grande con labello trilobato lungo il doppio dei sepali; lobo mediano bilobato con lobi divergenti; lobi laterali arcuati a falce. . . . . . . . . . Barlia - Labello diverso . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .12 25 12 Labello intero, stretto e arcuato, rivolto verso il basso, bianco o bianco-verdastro. . . . . . . . . . Platanthera - Labello di altra forma . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 13 13 Labello allungato, pendulo, trilobato all’ apice con lobo centrale poco evidente; fiori giallo-verdi, talora con sfumatura bruna . . . . . . . . Coeloglossum - Labello di altra forma . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 14 14 Sperone filiforme . . . . . . . . . . . . . . . . - Sperone di altra forma . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 15 . . . . . . . . . . . . . . 16 15 Labello trilobato con due lamine verticali alla base; infiorescenza conica, poi globoso-cilindrica . . . . . . . . . . . . Anacamptis - Labello trilobato senza lamine, infiorescenza cilindrica allungata . . . Gymnadenia 26 16 Infiorescenza densa, globosa; labello trilobato con lobo mediano allungato, sepali non riuniti a cappuccio; sperone conico pari all’ovario . . . . . . Traunsteinera - Piante con caratteri non così riuniti . . . . . . . . . . . . . . . 17 17 Piante con brattee fiorali simili a foglie, più lunghe dell’ovario . . . . . Dactylorhiza - Piante con brattee fiorali membranacee . . . . . . . . . . . . . 18 18 Infiorescenza densa di fiori minuscoli, profumati, con sperone cortissimo (1-1,5 mm), e labello trilobato (3 – 4 mm) con lobo centrale più lungo, appuntito e talora bifido . . . . . . . . . . . Neotinea - Brattee fiorali membranacee lunghe più o meno come l’ovario; sperone cilindrico lungo di solito come l’ovario. . . . . . . . . . . . . . . . . . . . Orchis GLOSSARIO = parte dello stame contenente il polline. = apertura delle corolle al momento della fioritura. Apice = in generale, la punta di un organo (foglia, labello). Appendice (o apicolo) = sporgenza situata all’apice del labello. Autotrofo = organismo in grado di produrre sostanze organiche. Biotopo = territorio che ha condizioni ambientali uniformi, sul quale è insediata una comunità di piante e animali. Brattea = foglia modificata, di solito ridotta nelle dimensioni. Carenato = fornito di una sporgenza longitudinale. Caudicola = filamento sottile al cui apice si trova il pollinio. Caule (stelo) = fusto delle piante erbacee. 27 Caulinare = posto sul caule. Ceduo = bosco regolato con frequenti tagli periodici. Cucullato = organo con estremità concava, a cappuccio. Entomofila = impollinazione che avviene per mezzo di insetti. Epichilo = parte apicale del labello in alcune specie di orchidee (Epipactis, Cephalanthera). Antera Antesi Fotosintesi Gibbosità Glabro Glauco Guaina Ibrido = processo di produzione di sostanze organiche partendo da composti inorganici, in presenza di clorofilla e di energia solare. = sporgenze più o meno marcate sui lati del labello delle Ophrys. = privo di peli, liscio. = di colore verde-azzurro. = foglia o parte di foglia che avvolge lo stelo. = pianta risultante dall’incrocio di specie diverse. = parte basale del labello in alcune specie di orchidee, separata dall’epichilo da una strozzatura. Labello = elemento diversificato del fiore delle orchidee, che ha funzione di richiamo e di appoggio. Labelloide = con le caratteristiche del labello (colore, macchie). Lasso = composto di elementi distanziati fra loro. Lobo = parte di un organo diviso. Lobulo = suddivisione di un lobo. Macula = disegno che compare sul labello (Ophrys). Ovario = parte basale dell’organo riproduttivo femminile, che contiene gli ovuli. Ovulo = elemento femminile che, fecondato si trasforma in seme. 28 Patente = posto ad angolo retto rispetto ad un asse. Perianzio = insieme di calice e corolla. Pigmento = sostanza colorante. Polimorfo = che può assumere forme differenti. Pubescente = fornito di pelosità corta e densa. Retinacolo = elemento vischioso su cui è fissata la caudicola del pollinio. Revoluto = con i bordi ripiegati. Rizoma = fusto sotterraneo modificato più o meno allungato e ramificato. Rosetta basale = insieme di foglie inserite tutt’attorno alla base dello stelo. Rostello = elemento situato tra le masse polliniche e la cavità stigmatica, che impedisce, in generale, l’autoimpollinazione. Ipochilo Saprofita Sessile Simbiosi Smarginato Sperone = pianta priva di clorofilla, che utilizza le sostanze organiche decomposte contenute nel terreno. = privo di peduncolo. = associazione con beneficio reciproco tra due organismi (orchidea e fungo), che si instaura al livello delle radici. = inciso all’apice. = prolungamento della base del labello, che spesso contiene nettare. = foglia molto ridotta (Limodorum, Neottia). Stigma = parte dell’organo riproduttivo femminile, destinato a ricevere il polline. Tassonomico = relativo alla classificazione. Torbiera = terreno acquitrinoso in cui si è formato uno strato di materiale organico parzialmente decomposto. Tubercolo = organo sotterraneo di varia forma che contiene sostanze di riserva. Squama SCHEDE Per questo libretto sono state accettate e utilizzate come specie e sottospecie valide quelle descritte da Paolo Grünanger in “Orchidacee d’Italia”. E’ stato accolto anche il nome italiano, a cui si è aggiunto l’eventuale nome in dialetto ligure suggerito dal Penzig. Le schede sono poste in ordine alfabetico secondo il nome scientifico, con gli eventuali sinonimi. La scheda di Ophrys fusca presenta una fo- 29 to con fiori che si discostano dal tipo più comune per colore, forma e dimensione del labello. Viene dedicato, inoltre, un ampio spazio d’immagini a Ophrys sphegodes, intesa in senso lato, per evidenziarne la variabilità. Le località in cui sono state rinvenute orchidee sono segnalate nelle cartine allo scopo di indicare la presenza più o meno diffusa di una specie nel territorio della provincia. Ciascuna foto delle schede, poi, reca l’indicazione generica del Comune e la data del ritrovamento. Ciò potrebbe sembrare un po’ restrittivo. Tuttavia qualche volta l’informazione è veicolo di danneggiamento, come accadde nella scorsa primavera quando, incautamente, spiegai ad un abitante del luogo la bellezza e la rarità di ciò che stavo fotografando. Tornato dopo un paio di giorni per altre immagini, al posto delle piante fiorite trovai quattro piccole buche: “qualcuno” aveva pensato bene di trasferire quelle orchidee nel proprio giardino! Anacamptis pyramidalis (L.) Rich. (Orchis pyramidalis L.) ORCHIDEA PIRAMIDALE, GIGLIONE Pyramidal Orchid La parte sotterranea è costituita da due tubercoli ovoidali non divisi, con alcune piccole radici. La pianta, piuttosto esile, è alta da 25 a 50 cm. Ha 4 – 8 foglie lineari-lanceolate, carenate e non maculate: erette e ravvicinate alla base, lungo lo stelo abbraccianti, via via sempre più corte. Le brattee fiorali sono lunghe come l’ovario. L’infiorescenza è conica, di fiori addensati, all’inizio della fioritura, ma diventa poi ovoidale allungata quando i fiori sono tutti sbocciati. I fiori sono piccoli, profumati, color rosa più o 30 meno intenso. Hanno i sepali laterali molto aperti; il sepalo dorsale e i petali sono curvati a formare un cappuccio. Il labello, lungo 6-9 mm, è trilobato e alla base ha due lamelle quasi parallele, che facilitano agli insetti l’accesso alla fauce dello sperone. Questo è lungo 10-15 mm, molto sottile e ricurvo verso il basso. Fioritura: maggio – giugno. Blooms: May – June. Habitat: garighe e pendii erbosi secchi, soprattutto su suolo calcareo. Habitat: garrigue, dry and grassy slopes, especially on calcareous soil. Distribuzione: è presente in tutta Italia, nell’Europa continentale e mediterranea, in Africa settentrionale e nel Vicino Oriente. Nella nostra provincia popola le zone calcaree occidentali. Distribution: grows all over Italy, in Mediterranean and continental Europe, in North Africa and in the East. In our Province grows in the west calcareous areas. 22 23 24 Fig. 22 Finale L., maggio 1993 Fig. 23 Toirano, maggio 1995 Fig. 24 Laigueglia, maggio 1996 31 Barlia robertiana (Loisel.) Greuter (Orchis longibracteata Biv.; Himantoglossum robertianum (Loisel.) Delforge) BARLIA Barlia La parte sotterranea è costituita da due grandi tubercoli ovoidali non divisi, con molte radici secondarie. La pianta è alta 30-80 cm, con stelo molto robusto. Ha 5-8 foglie carnose di color verde brillante: le inferiori molto grandi, ovato-ellittiche, le superiori abbraccianti lo stelo. Le brattee fiorali, lunghe il doppio dell’ovario, tinte di lilla, somigliano a piccole foglie. L’infiorescenza è densa, di forma quasi cilindrica, con molti fiori. I fiori grandi, con profumo di iris, hanno sepali e petali curvati in avanti a formare un casco aperto. I sepali, con evidenti nervature, sono porporino32 verdastri, punteggiati di porpora all’interno, così come i petali, più piccoli. Il labello, lungo 14-22 mm, è di colore variabile, trilobato, ristretto alla base in due creste volte verso la fauce dello sperone. I lobi laterali sono curvati a falce verso l’interno e hanno il margine ondulato; il lobo centrale è nettamente diviso in due spessi segmenti. Lo sperone, lungo 4-7 mm, è conico e rivolto verso il basso. Fioritura: molto precoce, da gennaio a inizio aprile. Blooms: very early, from January to the beginning of April. Habitat: cresce in zone sassose ed erbose soleggiate, ma anche nella macchia e in luoghi ombrosi. Habitat: grows in rocky and grassy sunny areas, but also in the maquis and in shaded areas. Distribuzione: è presente in Liguria, Toscana, nell’Italia meridionale e nelle isole. Si ritrova in tutta l’area mediterranea, dalla Turchia alle Canarie e nell’Africa del Nord. E’ la prima orchidea a fiorire a inizio d’anno. E’ diffusa nel Ponente (compresa l’isola Gallinara), meno abbondante nell’entroterra. Alcune stazioni nel Finalese sono scomparse, sia ad opera dei cinghiali, ghiotti di tuberi, sia per la lenta ma radicale trasformazione dell’habitat. Distribution: grows all over Liguria, Tuscany, in the south of Italy and in the islands. It can be found in the whole Mediterranean area, in Turkey, in the Canarian islands and in North Africa.It is the first orchid which blooms at the beginning of the year. It is common in the west part of Liguria, less common in the hinterland. Fig. 25 - Alassio, marzo 1994 Fig. 26 - Laigueglia, marzo 2002 Fig. 27 - Boissano, marzo 1994 25 33 26 27 Cephalanthera damasonium (Serapias damasonium Mill.; Cephalanthera pallens Rich.) CEFALANTERA GIALLOGNOLA White Helleborine La parte sotterranea è costituita da un corto rizoma con molte radici carnose. La pianta è alta 20-50 cm, con stelo angoloso e un po’ flessuoso, che ha due o tre guaine basali di colore bruno. Le foglie sono 3-5, ovato-lanceolate, patenti, distribuite lungo il fusto. Le brattee fiorali, simili a foglie, sono larghe, maggiori dell’ovario. L’infiorescenza è lassa, con 3-12 fiori. I fiori, di color bianco-giallastro, sono piuttosto grandi e non si aprono del tutto; i petali e i sepali sono ravvicinati, più lunghi del labello, che ha due 34 o tre creste giallo-arancio sull’epichilo. Fioritura: maggio-giugno. Blooms: May – June. Habitat: macchie e boschi ombrosi su suolo calcareo o neutro. Habitat: maquis and shaded woodlands on calcareous or neutral soil. Distribuzione: presente in tutto il territorio italiano soprattutto sui rilievi, è diffusa nell’Europa temperata. Nella nostra provincia vive sia nella macchia e nella lecceta, sia a quote superiori, in boschi misti e faggete. Distribution: grows all over Italy, especially in the mountains, it is common in the temperate Europe. In our Province grows both in the maquis, in the ilexgroves and at higher altitude in mixed woodlands and in beech-woods. (Mill.) Druce 28 29 35 Fig. 28 - Finale L., maggio 2002 Fig. 29 - Calizzano, giugno 1991 Cephalanthera longifolia (Serapias helleborine var. longifolia L.; Cephalanthera ensifolia (Murray) Rich.) CEFALANTERA BIANCA Narrow-Leaved Helleborine La parte sotterranea è costituita da un corto rizoma con alcune radici carnose. La pianta è alta 15-60 cm, con alcune guaine abbraccianti alla base dello stelo e numerose foglie lineari-lanceolate erette. Le brattee fiorali sono più corte dell’ovario. L’infiorescenza di solito è abbastanza densa con numerosi fiori bianchi, che non si aprono del tutto, ma più che in Cephalanthera damasonium. Il fiore ha sepali acuti e petali ottusi, più lunghi del labello. Questo ha l’epichilo cuoriforme curvato verso il basso, con alcune creste lamelliformi 36 color giallo-arancio. Fioritura: aprile-giugno. Blooms: April – June. Habitat: boschi, margini di boschi e macchie, ma anche prati freschi, su suolo calcareo o anche debolmente acido. Habitat: woodland, woodland edges, maquis, but also fresh meadows, on calcareous (or also weakly acid) soil. Distribuzione: questa specie, presente in tutta Italia, cresce nell’Eurasia temperata, dall’Atlantico all’Himalaya. In provincia di Savona è una delle più comuni, insieme con Orchis morio. Distribution: this species, which is present all over Italy, grows in the temperate Eurasia, from Atlantic to the Himalayas. In the Province of Savona it is one of the more common orchids, together with the Orchis morio. (L.) Fritsch 37 30 31 Fig. 30 - Savona, maggio ’86 Fig. 31 - Varazze, maggio ’95