Claudio Carnieri
Presidente
Anna Ascani
Direttore
L’apprendistato in Umbria
Il presente quaderno è il risultato dell’attività di ricerca svolta nell’ambito del progetto “Azione di Sistema in
materia di formazione nell’esercizio dell’apprendistato di cui alla L.R. 18 del 30 Maggio 2007” ed è stato realizzato
dall’Agenzia Umbria Ricerche su incarico della Regione Umbria e finanziato nell’ambito della L. 236/93.
L’obiettivo generale del progetto è stato quello di supportare il sistema regionale nell’attuazione della
disciplina dell’apprendistato, valutando la necessità di eventuali misure di miglioramento e di
implementazione, attraverso l’analisi del percorso intrapreso in Umbria e in altre realtà territoriali, la
ricostruzione quantitativa del fenomeno e la raccolta delle sollecitazioni provenienti dagli attori interessati.
Gruppo di lavoro
Mauro Casavecchia Coordinamento generale
Franco Fogliano
Esperto
Enza Galluzzo
Ricercatrice
Nadia Giuliano
Ricercatrice
Ha collaborato inoltre: Sandra D’Agostino
Ringraziamenti
Si desidera ringraziare le numerose persone che, a vario titolo, hanno contribuito alla realizzazione del
presente lavoro.
Un particolare ringraziamento per il prezioso contributo nell’avvio e nell’orientamento della ricerca va ai
rappresentanti delle Istituzioni: Anna Covarelli, Stefano Pagnotta, Paolo Sereni per la Regione Umbria;
Stefania Gatti, Fabrizio Ponti per la Provincia di Perugia; Moreno Anulli, Luigi Lancia, Alessandro Puglielli
per la Provincia di Terni.
Si ringraziano inoltre per la disponibilità concessa a partecipare alle interviste: Alberto Cari (Associazione
Industriali Terni), Moreno Ciarapica (Brunello Cucinelli Spa), Alberto Cerquaglia e Simone Sensi (CNA
Umbria), Vasco Gargaglia e Laura Rossi (Confcommercio), Letizia D'Ingecco (Gesenu Spa), Serenella Fanesi
(Gruppo Novelli Srl), Emiliano Cariani (Novamont Spa), Stefano Ansideri, Francesca Rossi, Paolo Biscarini,
Antonella Biscarini, Fausta Minciarelli e Marco Dalla Torre (Ordine Consulenti del Lavoro della Provincia di
Perugia), Franco Lagomarsini, Cecilia Leonelli e Maria Cristina Morichetti (Ordine Consulenti del Lavoro
della Provincia di Terni), Filippo Moscioni (Sienergia Spa), Eros Ceccarelli e Arturo Ferrucci (ThyssenKrupp
Acciai Speciali Terni Spa), Luigi Giganti e Gabriella Rettura (Unicredit Banca di Roma Spa).
Infine si ringraziano per il contributo fornito: Paola Cicognani e Donatella Dazzani per la Regione Emilia
Romagna e Augusta Compagnucci e Aldo Tiberi per la Provincia di Pesaro e Urbino.
Agenzia Umbria Ricerche - Via Mario Angeloni, 80/A - 06124 Perugia
Tel. 075.5045805 - Fax 075.5002905 - www.aur-umbria.it
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Responsabile editoriale: Giuseppe Coco Responsabile editing: Fabrizio Lena
L’apprendistato in Umbria
Tra vincolo della formazione e beneficio contributivo
2000-2009
Indice
Premessa
5
L’evoluzione dell’apprendistato in un decennio di riforme
9
Franco Fogliano
Sandra D’Agostino
La formazione in apprendistato
27
Il contratto di apprendistato in Umbria
37
Le assunzioni in apprendistato
47
Enza Galluzzo
Nadia Giuliano
Enza Galluzzo
L’apprendistato è un contratto che rafforza o indebolisce
l’offerta di lavoro?
73
L’apprendistato in altre realtà territoriali
97
Franco Fogliano, Enza Galluzzo
Nadia Giuliano
Conclusioni
119
Quadro di sintesi
121
Franco Fogliano
Franco Fogliano
PREMESSA
La Regione Umbria si è posta come obiettivo quello di costruire un sistema
che consenta di soddisfare l’obbligazione dell’attivazione della formazione
professionale in apprendistato. In particolare, l’obiettivo generale è quello di
utilizzare le risorse economiche messe a disposizione dallo Stato ed,
eventualmente, dal Fondo Sociale Europeo, per soddisfare le esigenze
formative delle aziende che utilizzano apprendisti.
Prima di procedere alla stesura della L.R. 18 del maggio 2007 e del
conseguente Regolamento, la Regione ha, da un lato, valutato l’attività
formativa svolta; dall’altro, ha verificato con i gestori della formazione (le
agenzie formative) e con gli utilizzatori (le aziende e i loro rappresentanti)
quali correzioni apportare al sistema per garantire la massima utilizzazione
delle risorse disponibili secondo le reali esigenze delle imprese. La
valutazione si è conclusa con la decisione di procedere alla strutturazione di
un catalogo che raccoglie gli enti/agenzie titolati sulla base di precisi criteri a
svolgere attività formativa in apprendistato.
Contemporaneamente, la Regione ha fornito indicazioni alle due Province,
delegate per la programmazione esecutiva, sottolineando l’esigenza di
procedere con progetti quadro capaci di raccogliere tutte le possibili necessità
da declinare, poi, attraverso appositi bandi che indicassero percorsi formativi
costruiti sulla base di unità formative, unitarie e non.
Con ciò la Regione ha avviato anche un sistema della formazione che tende a
privilegiare le competenze e contemporaneamente rinvia alla loro
certificazione. Il monitoraggio sul nuovo sistema è stato affidato dalla
Regione Umbria all’Agenzia Umbria Ricerche (AUR).
Nessun monitoraggio tuttavia può essere ipotizzato se prima non si analizza
quanto realizzato fino a quel momento, con quali risultati e con quali
difficoltà. L’Aur, quindi, fin dall’inizio si è posta il problema di capire se il
contratto di apprendistato si presenta sul mercato del lavoro come contratto
competitivo o meno e se, in altri termini, sul fronte dell’offerta (anche in
considerazione delle nuove tipologie di contratto subentrate dopo il D.lgs.
276/2003) si sono create più alternative e più vantaggi per il datore di lavoro.
5
Dalla verifica di questa ipotesi derivano anche valutazioni sulla futura
utilizzazione di questo contratto e su eventuali limiti o difficoltà nella
gestione della formazione, la quale rimane a tutti gli effetti una obbligazione
per il datore di lavoro che beneficia di un importante sconto contributivo.
Le variabili che intervengono nella evoluzione/gestione del contratto di
apprendistato sono sostanzialmente tre: la dinamica degli altri contratti,
l’obbligazione della formazione, il livello della contribuzione. Ogni variabile
presa singolarmente e in interazione con le altre, nel tempo è intervenuta nel
dimensionare il contratto di apprendistato.
Partendo dal 2000 come anno di riferimento, l’Aur ha verificato quanto
accaduto in Umbria fino al 2009 attraverso l’analisi dei dati sulle assunzioni,
cercando di evidenziare la reale presenza delle variabili sopra indicate e gli
effetti da esse determinati. Dall’esterno ha raccolto alcuni dati nazionali
forniti dall’Isfol e dal Ministero del Lavoro.
Per avere un quadro di riferimento più ampio sono stati analizzati i sistemi
emiliano e pesarese. In entrambi è stata riscontrata la volontà e la presenza di
strumenti per rispondere all’obbligazione della formazione professionale in
modo non formale; sia in Emilia che a Pesaro infatti viene esaltato il ruolo
del datore di lavoro che diventa partecipe delle scelte e tutta l’attività viene
accompagnata da una particolare cura nella definizione e nella gestione del
sistema delle qualifiche e della certificazione delle competenze. Il dato
positivo che accompagna queste esperienze sta nella totale utilizzazione dei
fondi nazionali e comunitari messi a disposizione.
Inoltre l’Aur ha ritenuto di ascoltare in primo luogo gli attori principali del
sistema e quindi le associazioni datoriali, le imprese, i consulenti del lavoro e
le due Province in quanto direttamente coinvolte nella gestione. Le opinioni
espresse dagli interlocutori privilegiati sono servite per dare voce ai dati
numerici che nei vari anni hanno offerto una misura circa l’utilizzazione del
contratto di apprendistato. Sia pure in termini non definitivi, vista anche la
situazione di crisi del mercato nel 2009, si palesa in modo evidente una
chiara debolezza sul fronte dell’offerta del contratto di apprendistato.
In questa fase non è sembrato conveniente procedere ad intervistare i fruitori
della formazione, cioè gli apprendisti. Il giudizio sulla qualità della
formazione non è al momento utile ai fini degli obiettivi della ricerca. Prima
è infatti necessario avere un quadro preciso ed esaustivo dell’offerta
formativa che viene proposta a seguito dell’innovazione normativa e
regolamentare attuata dalla Regione.
E’ comunque evidente che un sistema di monitoraggio risulta completo se è
in grado di misurare gli esiti della formazione (es. rapporto tra formati ed
assunti a tempo indeterminato), confrontandoli con le risorse messe a
6
disposizione e con il grado di innovazione degli strumenti adottati (es.
strutturazione della formazione in UFC, certificazione dei crediti,
certificazione delle competenze, ecc.) congruentemente con le reali necessità
delle aziende.
Il presente rapporto di ricerca si articola in sei parti.
La prima ricostruisce l’evoluzione del quadro normativo di riferimento
attraverso il contributo dell’Isfol.
La seconda parte descrive il carattere specifico della formazione in
apprendistato, anche alla luce della recente sentenza della Corte
Costituzionale.
La terza parte illustra il quadro normativo che regola la gestione della
formazione in apprendistato in Umbria, a seguito delle innovazioni apportate
dalla entrata in vigore della Legge Regionale n. 18/2007 e del Regolamento.
La quarta parte è dedicata all’analisi dei dati umbri sull’andamento delle
assunzioni in apprendistato, anche in confronto con altre tipologie
contrattuali.
La quinta parte raccoglie i risultati delle interviste agli attori del sistema e
fornisce un contributo di riflessione sulle principali problematiche della
formazione nell’apprendistato professionalizzante. Si esplora, inoltre, il
rapporto fra dinamica delle assunzioni e contribuzione, che suggerisce una
correlazione fra andamento crescente del costo del lavoro, per effetto degli
incrementi contributivi registratisi negli ultimi anni, e andamento decrescente
di avviamenti al lavoro in apprendistato.
La sesta e ultima parte è dedicata alla illustrazione di come il fenomeno viene
gestito in altre realtà: quelle della Regione Emilia-Romagna e della Provincia
di Pesaro e Urbino, al fine di ricavare elementi utili di esperienze importanti
da confrontare con la situazione umbra, attuale e in prospettiva futura.
Infine, questo testo propone in calce una sintesi che ripercorre tutta la ricerca
ed in poche pagine presenta i principali risultati del lavoro svolto.
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L’EVOLUZIONE DELL’APPRENDISTATO IN UN
DECENNIO DI RIFORME
Le problematiche aperte
Sono trascorsi più di dieci anni da quando la legge n. 196/97 ha inaugurato
una stagione di riforme dell’istituto dell’apprendistato che non sembra essersi
ancora conclusa. Infatti, nel 1997 la cosiddetta “legge Treu” ha ri-avviato un
canale specifico di formazione per apprendisti, dopo che da almeno due
decenni tale filiera era stata del tutto smantellata, con l’obiettivo di consentire
a tutti i giovani assunti con un contratto di apprendistato di beneficiare di un
intervento formativo realizzato anche all’esterno dell’impresa, volto ad
accrescerne l’occupabilità.
Dopo circa un quinquennio un più ampio provvedimento di riforma
dell’apprendistato, contenuto nel decreto legislativo n. 276/03, ha voluto
ulteriormente stimolare il processo di rinnovamento dello strumento,
finalizzato ad accrescerne la diffusione e la valenza formativa. Da qui la
definizione di tre tipologie di apprendistato, destinate ad utenze diverse, con
finalità formative differenziate; l’ampliamento del target di giovani che
possono accedere ad un contratto di apprendistato, al fine di farne lo
strumento principale per l’accesso al lavoro; l’introduzione di un concetto di
formazione “formale”, che si sostituisce a quello di formazione
esclusivamente esterna, al fine di valorizzare l’apporto dell’impresa e della
formazione sul lavoro nel processo di acquisizione di competenze e
qualifiche. Il rilancio della finalità formativa dello strumento si realizza anche
attraverso l’introduzione di due dispositivi: il piano formativo individuale,
che necessariamente deve essere allegato ad ogni contratto di assunzione in
apprendistato, e il Repertorio delle professioni, quale “luogo” di
armonizzazione a livello nazionale delle qualifiche e dei titoli conseguibili in
apprendistato.
Ma soprattutto la modifica del 2003 si inquadra in un nuovo modello di
ripartizione delle competenze fra Stato e Regioni dopo la riforma del Titolo
V della Costituzione e quindi deve riconoscere il ruolo autonomo delle
9
autorità territoriali per la determinazione degli aspetti formativi dell’istituto.
Per cui: non più un modello di apprendistato unico per tutto il Paese,
costruito sulla base di una legislazione e di una regolamentazione nazionali,
ma modelli territoriali che, pur con riferimento ad un unico “nucleo” di
regole nazionali, discendono direttamente dagli accordi costruiti sui singoli
territori fra Regioni e Parti sociali.
Gli ultimi sviluppi definiti a livello nazionale (L. 133/2008) vanno nella
direzione di valorizzare il ruolo delle Parti sociali e della contrattazione
collettiva nella definizione di modelli “settoriali” di formazione per
l’apprendistato grazie alla possibilità di optare per una formazione
esclusivamente aziendale. Il provvedimento si inquadra in una strategia di più
ampio respiro che mira a stimolare la sussidiarietà delle parti sociali e della
contrattazione collettiva. Anzi, nella versione del testo normativo approvato
nel 2008, la sussidiarietà si traduce nella possibilità di costruire un canale di
formazione per apprendisti alternativo a quello regionale, regolato
esclusivamente dalla contrattazione collettiva a vari livelli: nazionale,
territoriale, aziendale.
La recente sentenza n. 176/2010 della Corte Costituzionale ha ridefinito i
“confini” di tale opzione di formazione, ricollocandola all’interno del quadro
regolamentare regionale; ma è evidente che il sistema di apprendistato si
caratterizza per essere sempre più un sistema “plurale”, in cui sono diversi gli
attori coinvolti nella governance, e la composizione dei diversi interessi in un
modello che assicuri la qualità e l’efficacia della formazione è ancora un
processo in corso, da sostenere e accompagnare.
Come pure non può dirsi concluso più in generale il processo di
implementazione della recente riforma operata dal decreto legislativo n.
276/03: delle tre tipologie di apprendistato previste, solo quella
professionalizzante si è ormai imposta nel Paese, mentre l’apprendistato per i
titoli di studio (art. 50, D.lgs. 276/03) fatica a trovare l’interesse delle imprese
e delle università al di fuori dei progetti promossi e finanziati dal Ministero
del lavoro, e quello per il diritto-dovere è ancora in attesa di una
regolamentazione che lo renda operativo.
Ma anche l’attuazione dell’apprendistato professionalizzante, che pure è lo
strumento ormai prevalente rispetto al numero di assunzioni, non può non
considerarsi parziale: non tutte le regolamentazioni regionali sono ancora
state emanate; il Repertorio delle professioni sembra ancora al di là da venire;
ma soprattutto l’obiettivo di rendere effettivamente formativo il contratto di
apprendistato professionalizzante appare ancora lontano, visto che la
formazione formale pubblica raggiunge quote limitate di giovani assunti
10
come apprendisti e la formazione formale svolta all’interno delle imprese fa
fatica a trovare modelli di attuazione e modalità di verifica.
Nelle pagine che seguono si cercherà di approfondire lo stato di
avanzamento nella costruzione di un sistema nazionale di apprendistato.
La riforma dell’apprendistato muta le caratteristiche degli apprendisti
e delle imprese che lo utilizzano
Le riforme dell’apprendistato che si sono succedute nel decennio appena
trascorso hanno avuto tra gli obiettivi prioritari quello di ampliare il target di
giovani e di imprese che usufruiscono dello strumento. Anzi, più volte
l’attuale Ministro del lavoro ha prospettato l’opportunità di rendere
l’apprendistato lo strumento “normale” di accesso al lavoro per tutti i
giovani, al fine di supportare al meglio la transizione dal sistema educativo al
mondo del lavoro.
La crescita dell’apprendistato ha comportato il progressivo mutare delle
caratteristiche degli apprendisti. Non tanto rispetto al genere, visto che
l’apprendistato rimane uno strumento che “occupa” soprattutto maschi: nel
2007 la quota di maschi sul totale degli apprendisti è risultata leggermente
maggioritaria (57,9% contro il 42,1% di femmine) e negli ultimi anni tale
divario sembra crescere in quasi tutte le Regioni. Del resto, tutto il mercato
del lavoro italiano si caratterizza ancora per un bassissimo tasso di attività
della popolazione femminile e siamo tuttora molto lontani da quell’obiettivo
di raggiungere il 60% entro il 2010 che era stato posto come benchmark
nell’ambito della strategia di Lisbona volta a fare dell’Europa la prima
economia al mondo basata sulla conoscenza.
Le riforme che si sono succedute nel decennio hanno più volte favorito un
ampliamento dell’utenza dell’apprendistato conseguito attraverso
l’innalzamento dell’età di accesso allo strumento. Prima la legge n. 196/97 ha
esteso a tutti i settori la possibilità di assumere giovani fino a 24 anni, 26 anni
nelle aree del Mezzogiorno; da ultimo, la riforma definita dal D.lgs. 276/03
ha elevato l’età di ingresso a 29 anni. Eppure, l’implementazione di tale
riforma dell’apprendistato introdotta dal D.lgs. 276/03 procede a ritmi lenti e
la quota più ampia di apprendisti rimane concentrata nella fascia d’età 18-24
anni (71,1% nel 2007). Se nell’ultimo quinquennio i dati segnalano un
fenomeno di progressivo “invecchiamento”, per cui la fascia dei giovani con
25 anni e più si è raddoppiata, tale raddoppio è avvenuto in gran parte a
scapito della classe d’età più giovane, che parallelamente si è ridotta alla metà
(cfr. graf. 1).
11
Graf. 1 - Apprendisti occupati per classi di età - anni 2002 - 2007
Fonte: elaborazione su dati regionali e Isfol.
Del resto, le difficoltà di proporre un contratto di apprendistato ai “giovani
più adulti”, ovvero quelli con età superiore ai 25 anni che nelle definizioni
adottate in Europa non dovrebbero nemmeno essere considerati “giovani”,
sono emerse anche come risultato della sperimentazione dell’apprendistato
alto promossa dal Ministero del lavoro, in un progetto in cui l’obiettivo di
inserimento professionale si abbinava al conseguimento di titoli universitari
generalmente di master.
In ogni caso i dati evidenziano che il processo di innalzamento dell’età media
degli apprendisti procede a maggior velocità di quello relativo al progressivo
ampliamento ai giovani con più elevato titolo di studio, a riprova della
difficoltà di coinvolgere con questo strumento giovani che hanno conseguito
titoli di livello terziario (cfr. graf. 2). Infatti, se negli ultimi anni guadagnano
qualche posizione i laureati (4,7% nel 2007), la maggior parte di apprendisti
resta legata ad un target con al più licenza media (54,6%). Pertanto,
l’apprendistato sembra allontanarsi con fatica dallo stereotipo di essere un
contratto rivolto soprattutto a giovani in cerca di una prima qualificazione.
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Graf. 2 - Apprendisti occupati per titolo di studio
Fonte: elaborazione su dati regionali e Isfol
Il mutamento di caratteristiche dei fruitori dell’apprendistato come effetto
delle riforme intercorse nel decennio non ha interessato solo i giovani
assunti: anche le imprese e i settori che ricorrono a tale istituto si sono
diversificati, come risultato di quello stesso obiettivo di ampliamento del
target che le stesse riforme hanno perseguito. Pertanto, da istituto nato per le
esigenze specifiche dell’artigianato, funzionale a garantire la trasmissione del
“mestiere” e delle imprese artigiane, si è dapprima diffuso nella grande
industria manifatturiera. I contratti collettivi dell’industria metalmeccanica
della seconda metà degli anni Novanta per primi hanno consentito la
diffusione dello strumento in un settore e in un comparto che ne era rimasto
fino ad allora escluso, in quanto quelle modalità di produzione e di
organizzazione del lavoro non erano considerate sufficientemente
“formative”. Negli ultimi anni è il terziario che si è imposto nel ricorso
all’apprendistato e dal 2005 risulta il primo comparto per apprendisti
occupati. È in questo stesso comparto che lo strumento continua a crescere
con il ritmo più serrato (+226% dal 1998) tanto che nel 2008 si raggiunge la
quota del 43,4% sul totale degli occupati in apprendistato. L’industria rimane
il terzo comparto in ordine di numero di apprendisti occupati, mantenendo
costante una quota che si aggira intorno al 20% (cfr. graf. 3).
La crescita del terziario ha un impatto anche nella disaggregazione per settori
economici, che in generale a livello nazionale evidenzia una forte
13
concentrazione: i tre settori dell’edilizia, del commercio e metalmeccanico
occupano circa i tre quinti del totale degli apprendisti. Un altro quinto si
colloca in altre aree del terziario, ripartito fra il turismo e i servizi alla
persona; la quota rimanente, pari a meno del 20%, si ripartisce fra una
molteplicità di altri ambiti economici.
Nel 2008 per la prima volta il numero di apprendisti occupati nel settore del
commercio sopravanza l’edilizia, mentre il metalmeccanico rimane il terzo
settore per numero di apprendisti occupati.
Graf. 3 - Apprendisti occupati per comparto di attività
Fonte: elaborazione su dati Inps e Isfol
Questa evoluzione nei settori e in particolare la crescita nel terziario sono
frutto certamente di una trasformazione del sistema produttivo italiano verso
un maggior peso del terziario, ma anche della progressiva penetrazione dello
strumento in ambiti che per decenni ne erano rimasti esclusi. Le riforme
dell’apprendistato intercorse nel decennio hanno reso lo strumento sempre
più appetibile, determinando l’entrata dell’apprendistato in nuovi settori quali
il credito, i trasporti, gli studi professionali. Come risultato abbiamo assistito
ad un riposizionamento dell’istituto nel terziario e alla perdita del primato
dell’artigianato.
Eppure questi fenomeni avvengono con tempi lunghi. Lo testimonia il fatto
che a distanza di cinque anni dall’approvazione del D.lgs. 276/03, solo nel
2008 il contratto di apprendistato professionalizzante si afferma finalmente
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come prima forma di apprendistato in uso sul territorio nazionale, e
rimangono circa un terzo di contratti stipulati ancora nella forma della legge
n. 196/97. L’apprendistato per il diritto-dovere rimane in attesa di
regolamentazione da parte delle Regioni e Province Autonome d’intesa con i
Ministeri del lavoro e dell’istruzione; pertanto, i minori possono esser assunti
solo con la tipologia di apprendistato ex l. 196/97. L’apprendistato per il
conseguimento di un diploma o di un titolo di alta formazione ha una
diffusione limitata ad una sperimentazione promossa dal Ministero del
lavoro a partire dal 2004, che coinvolge le Regioni del Centro-Nord, e che ha
consentito l’assunzione in totale di circa 1.000 giovani con tale strumento.
La formazione per l’apprendistato: l’apertura del cantiere
L’inizio della attuale stagione di riforme dell’apprendistato può essere
collocato nel 1997 con l’approvazione della cosiddetta “legge Treu” che, in
attuazione dell’Accordo per il lavoro del 1996 fra Governo e Parti sociali,
introduceva per gli apprendisti l’obbligo di partecipare ad attività di
formazione svolte all’esterno dell’azienda. L’obiettivo era quello di perseguire
l’integrazione fra i sistemi educativo e produttivo valorizzando uno
strumento nato per supportare la transizione scuola-lavoro. Allo stesso
tempo, l’introduzione di un obbligo di formazione esterna rispondeva
all’esigenza di elevare il livello di qualificazione dei giovani e le competenze
disponibili all’interno delle imprese e dei sistemi produttivi territoriali, al fine
di far crescere la competitività del sistema Paese.
L’obbligatorietà della formazione, in realtà già connaturata alla natura di
contratto a causa mista dell’apprendistato, veniva “sottolineata”
dall’introduzione della sanzione della perdita delle agevolazioni contributive
concesse alle assunzioni in apprendistato in caso di mancata partecipazione
degli apprendisti alle iniziative di formazione esterna organizzate dalle
Regioni e Province Autonome.
La sfida non era certamente da poco: in un sistema di formazione
professionale quale quello regionale che nell’anno formativo 1996-97
coinvolgeva poco più di 400.000 utenti, ancorato per lo più ad un’utenza di
giovanissimi, l’impegno ad attivare un’offerta formativa capace di
raggiungere oltre 260.000 apprendisti, seppur per 120 ore annue, implicava la
necessità di individuare significative risorse finanziarie e umane aggiuntive e
adeguate modalità operative.
La difficoltà di procedere rapidamente all’implementazione di tale offerta,
quasi subito ha portato alla revisione della sanzione “drastica” della perdita
delle agevolazioni contributive in caso di mancata partecipazione alla
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formazione, mitigata con l’introduzione di un obbligo di “proposta formale
alle imprese”: in sostanza, l’obbligo per le imprese e gli apprendisti
“scattava” solo in risposta ad una lettera formale di invito che indicava
l’effettiva presenza di un’offerta formativa adeguata.
Ha origine dunque nel 1997 un processo di costruzione di sistemi territoriali
di formazione per apprendisti, che si rivelerà molto più lungo di quanto
preventivato e che non può dirsi affatto concluso. Lo dimostra il fatto che,
se la riforma si poneva come obiettivo la possibilità di coinvolgere l’intera
platea degli apprendisti assunti sul territorio, ancora nel 2008, dopo dieci
anni dall’avvio del processo, il numero di apprendisti effettivamente coinvolti
nelle attività di formazione svolte all’esterno dell’azienda ha raggiunto appena
un quinto dell’utenza potenziale.
Eppure, se in termini percentuali le cifre risultano alquanto modeste, in
valori assoluti risulta che nel 2007 124.000 apprendisti circa hanno
partecipato agli interventi di formazione programmati dal sistema pubblico
(cfr. tab. 1) ed è una cifra importante soprattutto se letta rispetto al totale
delle attività formative realizzate nello stesso anno dalle Regioni che hanno
coinvolto poco meno di 1.000.000 di utenti (apprendisti compresi).
Tab. 1 - Apprendisti coinvolti in formazione
Macro-aree
Apprendisti coinvolti
Incremento %
in formazione
2001
2007 2007/2001 2007/2006
Nord-ovest
11.698
47.686
307,6
57,5
Nord-est
27.729
56.538
103,9
28,3
Centro
16.289
15.184
- 6,8
22,3
Sud e Isole
3.407
4.854
42,5
- 48,2
Italia
59.123
124.262
110,2
29,2
Fonte: elaborazioni su dati regionali, Inps e Isfol
% copertura utenza
2001
7,8
18,1
24,5
10,0
15,6
2007
25,2
34,9
9,7
3,7
19,5
Anche rispetto all’impegno delle Regioni sulla formazione per l’apprendistato
si riscontrano disparità territoriali e non si rilevano nel periodo trascorso
elementi indicativi di un processo di riequilibrio. Infatti, la copertura del
19,5% di apprendisti attraverso la formazione pubblica nel 2007 è un dato
medio, che nasconde ampi gap: nel Nord-Est la quota di formati è pari al
34,9%; di contro nel Mezzogiorno la stessa quota è pari al 5,1% nell’ultimo
anno, al netto delle Regioni i cui dati sono indisponibili (Regione Calabria e
Regione Sicilia).
Inoltre, esaminando l’evoluzione dell’offerta formativa regionale in una
prospettiva di più lungo periodo - assumendo come primo anno il 2001 che
16
è quello in cui si avviano formalmente i sistemi regionali dopo la conclusione
delle sperimentazioni nazionali varate dal Ministero del lavoro con le parti
sociali (cfr. graf. 4) - si rileva che nel settennio il numero dei partecipanti al
sistema pubblico si è più che raddoppiato, passando da circa 60.000 utenti a
124.000 nel 2007. Anche nelle singole macro-aree il numero di partecipanti è
cresciuto, fuorché nelle Regioni del Centro Italia (-6,8%).
Graf. 4 - Evoluzione dei partecipanti all’offerta formativa pubblica,
anni dal 2001 al 2007
Fonte: elaborazione su dati regionali, Inps e Isfol
Esaminando invece i dati del settennio 2001-2007 in termini di copertura
dell’utenza di apprendisti da parte del sistema pubblico, in un quadro
generale di crescita della coperture di circa quattro punti percentuali si
evidenzia una consistente riduzione sia per le Regioni del Mezzogiorno oltre
che per quelle centrali: in sostanza, nel Mezzogiorno è cresciuto il numero di
apprendisti occupati a un ritmo molto più veloce di quanto sia cresciuta
l’offerta pubblica.
Il grafico 6, che illustra l’andamento dell’offerta di formazione per
apprendisti nel periodo 2001-07, mette in evidenza la mancanza di un trend
lineare delle linee rappresentative degli andamenti delle diverse macro-aree,
che rivela la mancanza di consolidamento di tali sistemi territoriali, legati
ancora a logiche di programmazione annuali. Il trend risulta alquanto
disomogeneo sia all’interno delle singole macro-aree che nel confronto fra le
stesse, ad evidenziare la presenta di elementi specifici territoriali che
influenzano la programmazione pubblica.
17
Inoltre, la formazione per l’apprendistato, che di per sé rappresenta il primo
passo nella costruzione di una prospettiva di formazione continua per gli
occupati e in generale per gli attivi, ha consentito anche di realizzare una
ampia operazione di formazione per i lavoratori impegnati in qualità di tutor
aziendali. Dai dati forniti dalle Regioni nell’ambito dei rapporti di
monitoraggio risulta che nel corso del 2007 sono stati 39.068 i tutor aziendali
che hanno preso parte agli appositi interventi formativi; nel complesso dei
dieci anni si può stimare che almeno 300.000 lavoratori abbiano partecipato
ad interventi di formazione che sono collaterali alla formazione per gli
apprendisti, che hanno una durata breve, ma che comunque realizzano un
avvicinamento fra mondo della formazione e mondo del lavoro.
Le sfide della formazione per apprendisti
L’introduzione di un obbligo di formazione esterna per gli apprendisti nel
1997 ha rappresentato una sfida per le Regioni e le Province Autonome, dal
momento che ha richiesto non solo un ampliamento dell’offerta, ma anche
un ripensamento delle logiche e dei modelli di programmazione.
Su un piano strettamente quantitativo, si è detto che le previsioni della legge
Treu chiedevano alle Regioni di programmare un’offerta capace di accogliere
i circa 260.000 apprendisti che risultavano occupati nel 1997, che sono poi
rapidamente aumentati tanto che già nel 2008 avevano raggiunta la quota di
344.000; dunque, già all’indomani della riforma, numericamente gli
apprendisti rappresentavano più della metà del totale dell’utenza dei sistemi
regionali di formazione professionale e quindi l’ampliamento dell’utenza non
poteva essere realizzato in tempi brevi.
Inoltre, la natura obbligatoria della formazione per gli apprendisti imponeva
una rivoluzione copernicana alla formazione professionale regionale,
cresciuta con una forte centratura sull’offerta: infatti, tradizionalmente gli
utenti venivano intercettati dopo aver definito il piano dell’offerta regionale,
sulla base dell’adesione volontaria alle proposte messe in campo e della
successiva selezione dei richiedenti. La formazione rivolta agli apprendisti
implica invece un passaggio di attenzione dall’offerta alla domanda di
formazione, passaggio che richiede ai sistemi territoriali uno sforzo per
comprendere i bisogni espressi dai giovani e dalle imprese, valorizzando gli
strumenti di analisi dei fabbisogni, di analisi delle aspettative e di bilancio
delle competenze, e impone poi un confronto diretto con il soddisfacimento
di tali “clienti”.
La necessità di attivare un modello di sistema formativo adeguato alle
esigenze delle imprese e dei giovani in apprendistato ha progressivamente
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determinato un cambiamento anche nell’offerta regionale di formazione
professionale, contaminando poi le altre filiere con alcune di quelle
innovazioni che l’apprendistato ha reso necessarie. Infatti, se le prime
esperienze sono scaturite dalla trasposizione tout court sull’apprendistato di
modalità tradizionali di erogazione dell’offerta formativa, basate sul modello
“corso”, relativamente presto si è messa in luce la necessità di individuare
modelli e strumenti diversi, in relazione ad un’utenza formativa caratterizzata
da significativi elementi di disomogeneità, per l’estensione della platea in
relazione all’età, al livello di istruzione, alla professione lavorativa svolta e al
contesto produttivo di inserimento.
Pertanto, si rileva la graduale diffusione e il progressivo consolidamento di
un’organizzazione dell’offerta formativa per l’apprendistato attraverso un
modello formativo modulare, provvedendo alla costituzione di un catalogo
dell’offerta formativa disponibile sul territorio, talora proposto all’interno di
“progetti quadro”.
A supporto del funzionamento di tale modello, si sviluppano strumenti che
consentono l’individuazione di una modalità di accorpamento degli
apprendisti in gruppi omogenei (per settore, per area, per famiglia
professionale), come operazione preliminare per supportare l’organizzazione
delle attività formative. E poi procedure e strumenti funzionali a individuare
e supportare la composizione del percorso a partire dal catalogo. Infatti, i
modelli definiti a livello regionale hanno variamente individuato i soggetti
titolari della scelta - apprendista, impresa, entrambi - e le procedure, che
talvolta hanno previsto una convocazione presso i centri per l’impiego e
quindi l’attivazione di servizi di supporto alla scelta. Il decreto legislativo
276/03 ha poi formalizzato tali iniziative, introducendo la necessità di un
piano formativo individuale allegato al contratto di apprendistato e riferito a
profili formativi elaborati a livello regionale che devono comunque far
riferimento a un Repertorio nazionale.
Soprattutto, l’introduzione dell’obbligo di formazione per l’apprendistato ha
richiesto la realizzazione di una ampia operazione culturale che ha
comportato un progressivo maturarsi nelle imprese della consapevolezza
della necessità di un percorso di formazione formale a supporto dei percorsi
di inserimento dei giovani e dei processi di sviluppo del capitale umano a
livello aziendale e territoriale. La stessa operazione culturale è stata necessaria
nei confronti degli apprendisti; anzi, per un’utenza costituita ancora per la
maggior parte di giovani con bassi titoli di studio, che avevano abbandonato
precocemente il sistema educativo, il re-inserimento in un setting di
formazione ha spesso generato reazioni di rifiuto, che hanno messo alla
prova la capacità dei formatori di gestire i gruppi.
19
Dopo dieci anni non si può certo dire che tale operazione sia conclusa: il
sistema produttivo italiano nel suo complesso rimane un soggetto che
esprime una scarsa domanda di formazione; ed anche gli apprendisti, tanto
più quelli con bassi titoli di studio. Tuttavia sta progressivamente maturando
una maggiore attenzione alla formazione, che a volte si traduce anche nel
riconoscimento di una capacità formativa delle imprese superiore a quella
offerta dal sistema pubblico.
La nuova prospettiva formativa dell’apprendistato professionalizzante:
lo stato di avanzamento nelle regolamentazioni regionali
Rispetto al modello formativo costruito in attuazione della legge n. 196/97,
l’introduzione dell’apprendistato professionalizzante implica una rivoluzione
nell’approccio alla formazione per gli apprendisti: da formazione
esclusivamente esterna, il D.lgs. 276/03 introduce il concetto di formazione
“formale”, che può essere realizzata anche all’interno dell’impresa. E per
rendere realizzabile una prospettiva che intende valorizzare l’apporto
formativo delle imprese, nella riforma dell’apprendistato professionalizzante
si introducono alcuni strumenti che sono il frutto di una concezione
sicuramente “moderna” del processo formativo.
La garanzia della valenza formativa dello strumento risiede in primo luogo
nella definizione di un Repertorio nazionale delle professioni, che è il
riferimento minimo dei profili formativi regionali, ovvero degli standard/
referenziali che specificano le acquisizioni da conseguire in esito al percorso
di apprendistato, che a loro volta rappresentano la base per la definizione dei
piani formativi individuali. Il piano formativo individuale è lo strumento che,
allegato al contratto di assunzione in apprendistato, deve specificare il
percorso di formazione previsto per il singolo apprendista per assicurare il
raggiungimento di determinati risultati, stante le conoscenze e competenze
possedute. Pertanto, il piano formativo individuale è una sorta di canovaccio
della formazione - che poi può dettagliarsi in piani annuali - , che deve
necessariamente fare riferimento agli standard/referenziali previsti nel
Repertorio nazionale/regionale, rispetto al quale monitorare l’andamento
dell’apprendimento e quindi valutare, al termine del contratto o
anticipatamente, l’acquisizione delle competenze previste.
Questo complesso di strumenti assicura che la formazione sia “certificabile”,
ovvero progettata con riferimento a standard che specificano gli obiettivi
formativi, i livelli minimi da conseguire e definiscono le modalità con cui
effettuare la verifica. Inoltre, le acquisizioni maturate devono poi essere
certificate, nonché registrate nel Libretto formativo del cittadino.
20
Pertanto, superato il concetto di “formazione esterna”, nel nuovo
apprendistato professionalizzante il presidio del ruolo formativo dell’apprendistato si sposta dal controllo della fase di erogazione, ovvero dalla
previsione di una quota minima di ore di formazione esterna, alla definizione
di riferimenti forti per le fasi a monte e a valle del processo formativo.
Tuttavia, esaminando lo stato di avanzamento dell’implementazione della
riforma la previsione di tali strumenti è ancora inattuata, almeno in una
logica nazionale che voleva salvaguardare l’omogeneità dei sistemi e quindi
assicurare la piena mobilità delle certificazioni eventualmente conseguite
dagli apprendisti. Infatti, il Repertorio nazionale delle qualifiche conseguibili
in apprendistato è uno strumento non disponibile, mentre i Piani formativi
individuali sono stati definiti da ciascuna Regione, nell’ambito delle
regolamentazioni emanate, con caratteristiche e contenuti specifici e
differenziati per ogni territorio.
In generale, il quadro dell’implementazione dell’apprendistato professionalizzante a livello territoriale tramite le regolamentazioni necessarie a
completamento del quadro normativo nazionale non può ancora dirsi
completo: non tutte le Regioni hanno emanato la legge di attuazione dell’art.
49 del D.lgs. 276/03, e talora alla legge non ha ancora fatto seguito un
insieme di regolamentazioni tale da consentire un avvio del sistema
territoriale di formazione per l’apprendistato. La successiva Scheda 1
ricostruisce lo stato di avanzamento nella regolamentazione
dell’apprendistato professionalizzante nelle Regioni e Province Autonome.
Scheda 1 - Stato di avanzamento nella definizione
regolamentazione dell’apprendistato professionalizzante
a. Regioni che hanno
varato la legge e gli atti di
regolamentazione
b. Regioni che hanno varato la
legge e stanno definendo gli atti
di regolamentazione
c. Regioni che hanno promosso
attuazioni transitorie e
sperimentali
della
Piemonte, Provincia di Bolzano, Provincia di
Trento, Friuli Venezia Giulia, Emilia
Romagna, Toscana, Umbria, Marche, Lazio,
Molise, Puglia, Sardegna
Lombardia, Veneto, Liguria, Abruzzo,
Campania, Basilicata
Valle d’Aosta, Calabria
È evidente che dopo un settennio dall’approvazione del decreto legislativo n.
276/03 ancora la riforma non può dirsi attuata.
21
Pertanto, nella mancanza di strumenti utili ad un vero presidio delle fasi a
monte e a valle del processo formativo, mentre alcune Regioni si sono
costruite in autonomia tali riferimenti nelle regolamentazioni definendo
anche Repertori regionali di profili, in generale pressoché tutte le
amministrazioni hanno cercato di individuare altre modalità per garantire
l’effettivo svolgimento della formazione, circoscrivendo l’apporto delle
aziende a erogare solo parti della formazione formale e comunque limitando
il numero di imprese che possono procedere all’erogazione diretta.
Infatti, le regolamentazioni regionali, emanate con il concorso delle Parti
sociali, circoscrivono la possibilità di realizzare la formazione formale
all’interno delle imprese attraverso vincoli che fanno riferimento a:
a) volume di formazione formale erogabile all’interno delle imprese;
b) luoghi/modalità con cui è possibile erogare la formazione formale
interna;
c) requisiti delle imprese per l’erogazione della formazione formale
all’interno.
Tutte le regolamentazioni regionali emanate, compreso quelle in via di
completamento con atti secondari, hanno prestato attenzione ad almeno uno
degli elementi citati, in qualche caso per rinviarne la determinazione ai
contratti collettivi.
In molte previsioni regionali la possibilità che tutta la formazione formale sia
svolta all’interno dell’impresa è esclusa e l’apporto che l’impresa può fornire
nella erogazione della formazione formale è in qualche modo delimitato,
generalmente con riferimento ad una determinata previsione di articolazione
della formazione. Infatti, pur se la maggior parte delle amministrazioni
contiene un rinvio alla contrattazione collettiva per la determinazione
dell’articolazione della formazione formale, spesso nella regolamentazione è
comunque inserita una proposta, che opera in via sussidiaria oppure in
mancanza della capacità formativa dell’impresa prevista dalle parti sociali. In
altri casi le Regioni, d’intesa con le organizzazioni datoriali e sindacali del
territorio, hanno individuato una articolazione della formazione senza alcun
rinvio alla contrattazione collettiva, nonostante le previsioni dell’art. 49 del
D.lgs. 276/03.
Le articolazioni della formazione formale generalmente fanno riferimento
alle seguenti dimensioni:
- le aree di contenuto/competenza;
- la quota oraria di formazione dedicata a ciascuna area di
contenuti/competenze.
Rispetto all’articolazione per aree di contenuto, la bipartizione individuata
all’indomani dell’approvazione della legge n. 196/97 dal Decreto ministeriale
22
dell’8 aprile 1998, che distingue le attività formative dedicate allo sviluppo di
competenze di carattere trasversale e quelle dedicate allo sviluppo delle
competenze di carattere tecnico-professionale, si conferma come quella di
riferimento per pressoché tutti i sistemi regionali. Solo in qualche caso si
individua una ulteriore ripartizione dell’area di professionalizzazione,
distinguendo tra unità sulle competenze tecnico-professionali settoriali e
unità sulle competenze tecnico-professionali specialistiche.
Poco più articolato risulta il panorama delle previsioni regionali rispetto alla
quota oraria attribuita a ciascuna area di contenuto; anche in questo caso
trova numerose conferme la previsione del DM del 1998 citato che riservava
almeno il 35% del volume di formazione all’acquisizione delle competenze
trasversali: infatti, ritorna spesso una quota oraria pari a 42 ore di formazione
annue o ad un numero molto vicino. In qualche caso si è cercato di articolare
diversamente negli anni la formazione, prevedendo una riduzione della quota
oraria dedicata alle competenze di base e trasversali con l’avanzare
dell’anzianità di contratto.
A partire da tali articolazioni, in linea di massima le Regioni riconoscono più
facilmente alle aziende la possibilità di erogare all’interno la formazione per
l’acquisizione delle competenze tecnico-professionali, e talvolta anche solo
per quel sottoinsieme di queste definito come competenze professionalizzanti “specialistiche”, mentre si riserva alle strutture formative
accreditate l’erogazione delle competenze professionalizzanti “di settore” e
di quelle di base e trasversali. Tali Regioni, quindi, riconoscono all’impresa
una maggiore propensione ad impartire quelle conoscenze e competenze più
direttamente legate alla gestione dei processi produttivi; si prevede invece il
ricorso a strutture esterne, che abbiano la formazione fra le finalità statutarie,
per l’erogazione della componente relativa alle competenze di base e
trasversali.
In alcune leggi regionali, poi, più che una articolazione specifica della
formazione, è indicato un criterio direttivo, ossia che la formazione sia
realizzata «prevalentemente» all’esterno, criterio che comunque delimita le
possibilità di apporto dell’impresa all’erogazione della formazione formale.
Un secondo ambito in cui le norme regionali intervengono a regolare la
formazione formale in impresa delimitandola riguarda l’individuazione dei
luoghi e delle modalità di erogazione della formazione stessa. Quasi tutte le
regolamentazioni, infatti, specificano le caratteristiche dei luoghi in azienda
in cui la formazione formale può essere impartita. Nelle indicazioni regionali
in proposito sembra di poter rinvenire tre linee:
23
1. la formazione formale deve comunque essere erogata al di fuori dei
locali normalmente destinati alla produzione, ma non si richiede che
tali locali corrispondano ad aule didattiche;
2. la formazione può essere erogata nei locali normalmente destinati
alla produzione, ma in un contesto che sia formativo e non
produttivo, ovvero al di fuori del processo di produzione;
3. infine, un gruppo di Regioni ha previsto la possibilità che la
formazione formale possa realizzarsi anche nell’ambito del processo
produttivo, ma in una situazione in cui siano salvaguardate alcune
caratteristiche di “formalità”, che fanno riferimento alla necessità di
una progettazione, di assistenza di figure specifiche, di intenzionalità,
verificabilità e certificabilità.
Il terzo elemento attraverso il quale le regolamentazioni regionali hanno
delimitato e regolato la possibilità per l’impresa di erogare una formazione
formale all’interno fa riferimento all’introduzione del concetto (e dei
requisiti) di capacità formativa. Infatti, molte regolamentazioni regionali hanno
subordinato la possibilità di realizzare all’interno delle imprese un processo
di formazione che abbia il carattere della “formalità” al possesso di prerequisiti che dovrebbero indicare la «capacità formativa formale interna».
In qualche caso si rinvia alla contrattazione collettiva, o agli enti bilaterali, la
facoltà di individuare requisiti di “capacità formativa” per le imprese; in altri
casi convivono sia gli indicatori eventualmente previsti dalla contrattazione
collettiva che quelli definiti dalla regolamentazione regionale. Tale
“convivenza” opera nel senso che i primi, qualora esistenti nella
contrattazione di settore, diventano integrativi dei secondi.
Il gruppo più ampio di Regioni ha invece definito, nell’ambito della
regolamentazione emanata d’intesa con le parti sociali, un set di requisiti che
individuano la “capacità formativa formale interna” delle imprese al di fuori
di alcun rinvio alla contrattazione collettiva. Tali requisiti fanno generalmente
riferimento alla disponibilità di locali e attrezzature, di risorse umane per la
docenza, di un tutor aziendale; in qualche caso si individuano criteri ulteriori.
Va osservato che nella specificazione dei requisiti per il riconoscimento della
capacità formativa si rileva una ampia indeterminatezza nell’ambito delle
regolamentazioni regionali, che fanno ricorso ad aggettivi quali “idoneo” o
“adeguato” per individuare il grado di possesso dei requisiti richiesti: manca
generalmente il riferimento ad uno standard minimo e oggettivo.
Infine, si riscontra in molte delle regolamentazioni regionali emanate
un’attenzione a sviluppare una diversa relazione fra sistema formativo e
imprese di provenienza degli apprendisti, improntata più ad un supporto di
tipo consulenziale, che parte dall’apprendistato, ma che tende ad espandersi
24
per cogliere, formalizzare e offrire risposte ai più ampi bisogni formativi
dell’impresa stessa. Infatti, molte Regioni hanno messo a disposizione delle
imprese soggetti deputati a prestare assistenza tecnica per la predisposizione
del piano formativo individuale o per il monitoraggio della formazione
formale in impresa; lo stesso hanno fatto alcune discipline pattizie, laddove
hanno previsto un servizio all’impresa affidato dall’ente bilaterale, che svolge
una prima verifica di coerenza del piano formativo individuale con i profili
formativi del settore, a garanzia anche del ruolo formativo dell’apprendistato.
Rimane il fatto che in quelle Regioni dove il processo regolamentare non è
ancora compiuto con la definizione della regolamentazione secondaria, i
contratti collettivi costituiscono il riferimento per l’individuazione della
disciplina degli aspetti formativi dell’apprendistato. In questi casi, alla luce
della sentenza della Corte Costituzionale n. 176/2010, risultano operative
anche le regolamentazioni della formazione esclusivamente aziendale ai sensi
della legge n. 133/08. Laddove invece le discipline regionali siano state
emanate, il quadro regolamentare regionale costituisce la cornice nel cui
ambito devono “leggersi” le eventuali discipline contrattuali.
25
LA FORMAZIONE IN APPRENDISTATO
Le riforme normative
La formazione prima della riforma del 2003
L’apprendistato nasce nel 1955 come contratto a causa mista, ponte tra il
sistema della formazione e quello del lavoro. Nella sua formulazione
originaria l’art. 2 della L. 25/1955 recitava che “l'imprenditore è obbligato ad
impartire o a far impartire, nella sua impresa, all'apprendista assunto alle sue dipendenze,
l'insegnamento necessario perché possa conseguire la capacità tecnica per diventare
lavoratore qualificato, utilizzandone l'opera nell'impresa medesima.”
La formazione oggetto del contratto di apprendistato consisteva da un lato in
un addestramento pratico con la finalità di “far acquistare all'apprendista la
richiesta abilità nel lavoro al quale deve essere avviato mediante graduale applicazione ad
esso” e dall’altro in un insegnamento complementare con lo scopo “di conferire
all'apprendista le nozioni teoriche indispensabili all'acquisizione della piena capacità
professionale”.
La normativa del 1955 conteneva in nuce il riferimento a molte tematiche che
sono poi state ampliate nelle successive riforme normative. Si trova infatti il
riferimento alla necessità, per la formazione, di “uniformarsi alle norme generali
emanate dal Ministero del lavoro e della previdenza sociale”, alla vigilanza sempre del
Ministero sull'esercizio sull'attività rivolta all'insegnamento complementare,
come pure alla possibilità di “sovvenzionare o finanziare le iniziative” . Si rileva
anche l’attenzione verso aspetti organizzativi a tutela della qualità
dell’insegnamento (“gli apprendisti devono essere raggruppati per grado di preparazione
scolastica”) e verso la certificazione di “idoneità all'esercizio del mestiere” (“la
qualifica ottenuta al termine del periodo di apprendistato dovrà essere scritta sul libretto
individuale di lavoro”).
A circa 40 anni di distanza, la legge 196/1997 ha introdotto novità non solo
nella disciplina generale dell’apprendistato, ma anche in relazione ai profili
formativi. In risposta all’Intesa fra Governo e parti sociali del gennaio 1993 e
all’Accordo per il lavoro siglato fra Governo e parti sociali nel settembre
27
1996, il cosiddetto pacchetto Treu prevede, da un lato, il coinvolgimento delle
Regioni e delle Parti sociali nella definizione della materia e, dall’altro, introduce
elementi di tutela della qualità della formazione.
In particolare l’art. 16 della legge prevede che i contenuti formativi e i termini
e le modalità per la certificazione dell'attività formativa svolta siano normati
con decreto del Ministro del lavoro e della previdenza sociale sentite le
organizzazioni sindacali maggiormente rappresentative sul piano nazionale, le
associazioni di categoria dei datori di lavoro e le Regioni nel rispetto di
alcune regole definite. Inoltre impone un obbligo formativo per l'apprendista
pari ad almeno 120 ore medie annue ed una formazione obbligatoria nel
primo anno in materie quali la disciplina e l'organizzazione del rapporto di
lavoro e le misure di prevenzione per la tutela della salute e della sicurezza
sul luogo di lavoro. Inoltre, viene introdotta la figura del tutor della
formazione i cui requisiti sono demandati ad apposito decreto così come
pure entità, modalità e termini di concessione di agevolazioni contributive.
In più, il pacchetto Treu richiama l’attenzione sulla necessità di introdurre
norme regolamentari allo scopo di pervenire ad una disciplina organica della
materia secondo criteri di valorizzazione dei contenuti formativi, con
efficiente utilizzo delle risorse finanziarie vigenti, di ottimizzazione ai fini
della creazione di occasioni di impiego delle specifiche tipologie contrattuali,
nonché di semplificazione, razionalizzazione e delegificazione, con
abrogazione, ove occorra, delle norme vigenti. L’accento viene poi posto
sulla necessità di impiantare un sistema organico di controlli sull’effettività
dell'addestramento e sul reale rapporto tra attività lavorativa e attività
formativa, con la previsione di specifiche sanzioni amministrative.
Molto sinteticamente, gli interventi normativi e regolamentari che sono
seguiti alla legge 196 hanno cercato di dare compimento alla materia. Tra
questi si ricordano il Decreto 8 aprile 1998 "Disposizioni concernenti i
contenuti formativi delle attività di formazione degli apprendisti" che all’art.
5, comma 2, stabilisce che sono le Regioni a regolamentare le modalità di
certificazione dei risultati dell’attività formativa svolta prevedendo che
possano “predisporre, anche con il concorso degli enti bilaterali, iniziative per la
effettuazione di bilanci di competenze professionali dei lavoratori”. Per quanto riguarda
i contenuti di apprendimento, la normativa stabilisce che essi debbano essere
articolati in:
- contenuti a carattere trasversale a cui non potrà essere destinato un numero
di ore inferiore al 35% del monte di ore destinato alla formazione esterna;
- contenuti a carattere professionalizzante.
Con la Circolare n. 93/98 del 16 luglio 1998 "Disposizioni per la messa a
regime delle norme di cui all’art. 16 della legge n.196 del 24 giugno 1997 in
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materia di formazione degli apprendisti" si precisa che devono essere le
Regioni ad individuare con propri provvedimenti “le strutture regionali pubbliche
e private di formazione professionale di cui all’art. 2 comma 2 del decreto 8 aprile 1998
presso le quali dovranno essere svolte le attività formative esterne all’azienda”.
A seguire, il Decreto n. 179 del Ministero del Lavoro del 20 maggio 1999
“Disposizioni per la formazione degli apprendisti”, riprendendo quanto
indicato nel Decreto dell’ 8 aprile 1998, descrive in forma più approfondita
gli ambiti di contenuto formativo. Stabilisce innanzitutto che un primo
modulo deve essere dedicato all’accoglienza e riguardare materie quali:
competenze relazionali, ovvero valutare le competenze e le risorse personali,
anche in relazione al lavoro ed al ruolo professionale; comunicare
efficacemente nel contesto di lavoro; analizzare e risolvere situazioni
problematiche; definire la propria collocazione nell’ambito di una struttura
organizzativa. In particolare viene sottolineata l’importanza della valutazione
del livello d’ingresso dell’apprendista e del patto formativo tra l’apprendista e
la struttura formativa. I percorsi formativi individuali devono essere costruiti,
in fase di progettazione esecutiva, sulla base dell’accertamento dei livelli delle
competenze possedute dagli apprendisti e dell’individuazione dei fabbisogni
formativi. Ai fini dell’attestazione da parte del datore di lavoro sulle
competenze acquisite dall’apprendista, si prevede un ruolo attivo da parte
della figura del tutor.
Le novità dopo il 2003
La Legge 30/2003 (“Legge Biagi”) ed il Decreto attuativo 276/2003 non
solo ridefiniscono la materia, ma incidono anche sul contesto di sfondo del
contratto di apprendistato, con l’abrogazione del contratto di formazione e
lavoro e la ridefinizione o istituzione di nuovi istituti contrattuali.
Con il mutare del quadro definitorio del contratto di apprendistato
conseguentemente cambiano e vengono rinormati anche gli aspetti formativi.
A fianco delle nuove tipologie di apprendistato (espletamento del dirittodovere, professionalizzante e alta formazione) sono infatti previste
normative differenziate in merito all’attività formativa.
In rapporto alla tipologia di apprendistato per l'espletamento del diritto
dovere di istruzione e formazione si prevede che la regolamentazione dei
profili formativi sia rimessa alle Regioni e alle Province autonome di Trento
e Bolzano, d'intesa con il Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali e del
Ministero dell'Istruzione, dell'Università e della ricerca, sentite le
Associazioni dei datori di lavoro e dei prestatori di lavoro comparativamente
più rappresentative sul piano nazionale. La riforma prevede però il rispetto di
29
una serie di criteri e principi direttivi. Rinviando alle previste normative per la
definizione della qualifica professionale, viene previsto che vi sia un monte
ore di formazione, esterna od interna alla azienda, congruo al conseguimento
della qualifica professionale.
La determinazione delle modalità di erogazione della formazione aziendale
viene rinviata ai Contratti collettivi di lavoro stipulati a livello nazionale,
territoriale o aziendale da Associazioni dei datori e prestatori di lavoro
comparativamente più rappresentative, pur nel rispetto degli standard
generali fissati dalle Regioni.
Anche per l’apprendistato professionalizzante la regolamentazione dei profili
formativi viene rimessa agli Enti territoriali d’intesa con le Parti sociali. La
normativa prevede però un monte ore di formazione formale, interna o
esterna alla azienda, di almeno 120 ore per anno, per l’acquisizione di
competenze di base e tecnico-professionali. E’ rinviata ai contratti collettivi
di lavoro, stipulati a livello nazionale, territoriale o aziendale da Associazioni
dei datori e prestatori di lavoro comparativamente più rappresentative, la
determinazione, anche all'interno degli enti bilaterali, delle modalità di
erogazione e articolazione della formazione, esterna e interna alle singole
aziende, anche in relazione alla capacità formativa interna rispetto a quella
offerta dai soggetti esterni.
Per le due prime tipologie contrattuali si prevede poi il riconoscimento della
qualifica professionale ai fini contrattuali e la registrazione della formazione
effettuata nel Libretto formativo, sulla base dei risultati conseguiti all'interno del
percorso di formazione, esterna e interna all’impresa. Il presidio dell’attività
viene affidato ad un tutore aziendale con formazione e competenze
adeguate.
Per quanto riguarda infine l’apprendistato volto all'acquisizione di un
diploma o per percorsi di alta formazione, la definizione dei profili che
attengono alla formazione è rimessa alle Regioni in accordo con le
Associazioni territoriali dei datori di lavoro e dei prestatori di lavoro, le
università e le altre istituzioni formative.
Al fine di supportare il processo di applicabilità della nuova disciplina, la
normativa prevede che venga istituito presso il Ministero del Lavoro e delle
Politiche Sociali il Repertorio delle professioni con lo scopo di armonizzare le
diverse qualifiche professionali, grazie all’apporto di un apposito organismo
tecnico composto dal Ministero dell’Istruzione, della Università e della
Ricerca, dalle associazioni dei datori e prestatori di lavoro comparativamente
più rappresentative sul piano nazionale e dai rappresentanti della Conferenza
Stato Regioni.
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La regolamentazione prevista dal D.lgs. 276/2003 ha posto in capo alle
Regioni un potere normativo rilevante al fine dell’avvio del nuovo
apprendistato. Conseguentemente negli anni successivi le amministrazioni
regionali si sono progressivamente e variamente attivate determinando
comunque un quadro ad oggi non ancora completamente definito (vd
Scheda 1 del capitolo precedente).
Nell’ottica di favorire l’operatività della materia ed in particolare
dell’apprendistato professionalizzante in grado potenzialmente di agevolare i
giovani nell’inserimento nel mondo del lavoro, il legislatore, prendendo atto
della difficoltà e dei ritardi da parte di gran parte delle Regioni, di emanare
leggi di attuazione, con l’art. 23, comma 2, D.L. n. 14 marzo 2005, n. 35 ha
aggiunto al comma 5 dell’art.49 il comma 5 bis.
Il disposto prevede che in attesa della regolamentazione regionale, la
definizione e la disciplina dei profili formativi sia rimessa in via sussidiaria ai
contratti collettivi nazionali di categoria stipulati da Associazioni dei datori di
lavoro e prestatori di lavoro comparativamente più rappresentative sul piano
nazionale. Conseguentemente in via surrogatoria, quasi tutti i contratti
collettivi stipulati negli ultimi anni contengono previsioni volte a definire una
regolamentazione dell’apprendistato professionalizzante utile in presenza di
vuoti normativi regionali.
L’art. 23 del D.L. n. 112/2008 (L. 133/2008) è nuovamente intervenuto sulla
materia introducendo un ulteriore comma, il 5 ter, che recita «in caso di
formazione esclusivamente aziendale non opera quanto previsto dal comma 5. In questa
ipotesi, i profili formativi dell’apprendistato professionalizzante vengono rimessi
integralmente ai contratti collettivi di lavoro stipulati a livello nazionale, territoriale o
aziendale da associazioni di datori e prestatori comparativamente più rappresentative sul
piano nazionale ovvero agli enti bilaterali.
I contratti collettivi e gli enti bilaterali definiscono la nozione di formazione aziendale e
determinano, per ciascun profilo formativo, la durata e le modalità di erogazione della
formazione, le modalità di riconoscimento della qualifica professionale ai fini contrattuali e
la registrazione nel libretto formativo».
In tal modo con la L. 133 il legislatore ha introdotto per la formazione
esclusivamente aziendale la possibilità di un cosiddetto “doppio canale”,
ossia un canale governato dalla contrattazione collettiva non più sussidiario
come quello previsto dall’originario comma 5 e neanche transitorio come
quello del comma 5 bis. Si tratta quindi di un “canale parallelo” e alternativo
rispetto a quello pubblico. Si stabilisce infatti che in caso di formazione
esclusivamente aziendale non operano le disposizioni del comma 5 e la
disciplina dei profili formativi può essere integralmente regolamentata dai
contratti collettivi. In particolare, ai contratti collettivi è devoluta la
31
definizione della nozione di formazione aziendale e essi determinano, per
ciascun profilo formativo, la durata e le modalità di erogazione della
formazione e di riconoscimento della qualifica professionale ai fini
contrattuali e la registrazione nel libretto formativo. Il nuovo comma opera
una totale delega di funzioni alle Parti sociali senza prevedere alcun vincolo o
criterio direttivo. Conseguentemente non risultano vincolanti gli istituti quali il
tutor, la formazione formale, la certificazione finale, gli standard dei profili
formativi, ecc..
La normativa del 5 ter ha aperto un dibattito acceso che ha prodotto
innanzitutto richieste di chiarimenti e, parallelamente, tentativi di risposta. Il
Ministero del Lavoro è infatti intervenuto con diverse pronunce a seguito di
interpelli (in particolare n. 50 del 7 ottobre 2008; n. 2. del 6 febbraio 2009; n.
79 del 12 novembre 2009 e n. 11 del 2 aprile 2010) e con la circolare n. 27
del 10 novembre 2008. Tali atti hanno cercato, in vigenza della norma, di
fornire chiarimenti su alcuni aspetti applicativi, ovvero sui profili, sulla durata
del contratto, sulla trasformazione anticipata del rapporto, e così via.
Inoltre alla normativa hanno fatto seguito una serie di Accordi Sindacali che
hanno dato applicazione al comma 5 ter, tra cui se ne citano alcuni a titolo
esemplificativo:
- Protocollo d’intesa del 24 settembre 2009 per il settore delle società di
revisione contabile tra Confcommercio, Asseprim, Assirevi, Filcams
Cgil, Fisascat Cisl e Uiltucs Uil;
- Accordo del 23 settembre 2009 per il settore terziario tra
Confcommercio, Filcams Cgil, Fisascat Cisl e Uiltucs Uil;
- Accordo interconfederale del 16 febbraio 2010 tra Fedarcom Cifa,
Confsal, Fesica Confsal, Confsal Fisals.
Contro le novità introdotte dalla L. 133/2008, hanno fatto ricorso alla Corte
Costituzionale nove Regioni (Emilia Romagna, Basilicata, Veneto, Liguria,
Toscana, Piemonte, Marche, Puglia e Lazio). In particolare le ricorrenti
hanno sollevato il dubbio di legittimità in merito al fatto che nel comma 5 ter
la regolamentazione della formazione venga svincolata dal potere delle
Regioni e vi sia l’integrale rimessa alla contrattazione collettiva quale fonte
esclusiva nella definizione della nozione di formazione aziendale, dei profili
formativi, delle modalità di erogazione, della durata della formazione, del
riconoscimento della qualifica professionale, pur in presenza della disciplina
regionale. In tal modo viene lamentata la violazione degli artt. 117, 120, 118 e
39 della Costituzione, nonché del principio di leale collaborazione.
In merito all’articolo 117 Cost., le ricorrenti affermano che in virtù di tale
articolo la formazione professionale è di competenza legislativa esclusiva
delle Regioni. A supporto di tale tesi viene citata la sentenza della Corte
32
Costituzionale n. 50 del 2005 in cui - pur essendo stata operata una
distinzione tra formazione «interna» all’azienda, che riguarda il rapporto
contrattuale ed è rimessa alla competenza statale, e formazione «esterna»
all’azienda, di competenza concorrente delle Regioni - si afferma che “nella
regolamentazione dell’apprendistato né l’una né l’altra appaiono allo stato puro, ossia
separate nettamente tra di loro e da altri aspetti dell’istituto. Occorre perciò tener conto di
tali interferenze”.
Per quanto concerne l’art. 120 Cost., si afferma che, in caso di interferenze di
materie, riguardo alle quali esistono competenze legislative diverse, è
necessario procedere alla loro composizione con gli strumenti della leale
collaborazione.
In relazione all’art. 118 Cost., si sostiene che non sussiste alcuna esigenza di
carattere unitario che imponga una disciplina statale dell’apprendistato
professionalizzante all’interno dell’azienda, che lo sottragga alla potestà
regionale per affidarlo alla regolamentazione dei contratti collettivi.
In merito infine all’art. 39 Cost., il contratto collettivo di lavoro ha efficacia
generale solo se il sindacato è registrato e, quindi, data la mancata attuazione
di tale previsione, il contratto collettivo non può avere efficacia generale.
A distanza di due anni dalla sua emanazione, la Corte Costituzionale con la
Sentenza del 10 maggio 2010 n. 176 ha definito la materia riconoscendo la
parziale illegittimità del comma 5 ter. Nella sentenza si afferma che la norma
5 ter entra in contrasto con gli artt. 117 e 120 Cost., nonché con il principio
di leale collaborazione. In particolare non sono state considerate le
“interferenze” di cui alla sentenza 50 del 2005 che sono connaturate alla
proiezione esterna dell’apprendistato professionalizzante e all’acquisizione da
parte dell’apprendista dei crediti formativi, utilizzabili per l’eventuale
conseguimento di titoli di studio.
Di conseguenza sono state ritenute illegittime le parole «non opera quanto
previsto dal comma 5. In questa ipotesi…» in quanto tale inapplicabilità rende
inoperante il principio enunciato nel primo periodo del comma 5 che affida
alle Regioni, d’intesa con le Associazioni dei datori e prestatori di lavoro
comparativamente più rappresentative sul piano regionale, la
regolamentazione dei profili formativi dell’apprendistato professionalizzante,
ma anche la legislazione regionale intervenuta dopo il D.lgs. 276.
Inoltre, il comma 5 ter si pone in contrasto con la scelta di lasciare inalterato
il quadro complessivo della disciplina del settore senza incidere sulle funzioni
già svolte dalle Regioni in materia di mercato del lavoro, sulla base della
normativa antecedente il D.lgs. n. 276 del 2003.
E’ stata poi dichiarata l’illegittimità costituzionale della norma in riferimento
alla parola «integralmente», la quale rimette esclusivamente ai contratti
33
collettivi di lavoro o agli enti bilaterali i profili formativi dell’apprendistato
professionalizzante, e alla parte in cui viene conferita ai contratti collettivi e
agli enti bilaterali la definizione della «nozione di formazione aziendale».
Tali espressioni, secondo la sentenza, impedendo l’applicazione del
precedente comma 5, sono illegittime e si configurano come
“particolarmente lesive” in quanto affidano ai contratti la definizione della
nozione di formazione aziendale, presupposto dell’applicazione della
normativa e, quindi, implicitamente della formazione esterna (“competenza
delle competenze”).
In sintesi, la sentenza ha inteso confermare alle Regioni un ruolo rilevante, di
stimolo e di controllo dell’attività formativa anche nell’ipotesi di
apprendistato con ricorso alla formazione esclusivamente aziendale.
Conseguentemente il testo del comma 5-ter in oggetto, a seguito delle
disposte dichiarazioni di illegittimità costituzionale, è il seguente: “In caso di
formazione esclusivamente aziendale i profili formativi dell’apprendistato professionalizzante sono rimessi ai contratti collettivi di lavoro stipulati a livello nazionale,
territoriale o aziendale da associazioni dei datori e prestatori di lavoro comparativamente
più rappresentative sul piano nazionale ovvero agli enti bilaterali. I contratti collettivi e gli
enti bilaterali determinano, per ciascun profilo formativo, la durata e le modalità di
erogazione della formazione, le modalità di riconoscimento della qualifica professionale ai
fini contrattuali e la registrazione nel libretto formativo.”
Le questioni irrisolte
Con la sentenza 176/2010 la questione del doppio canale di formazione ha
trovato il suo epilogo. Il giudice costituzionale ha ribadito la sostanziale
centralità del ruolo delle Regioni, sia pure d’intesa con le Parti sociali. Si è
tornati così ad una situazione in cui si deve attendere la regolamentazione
delle Regioni, attenuata solo da un possibile regime transitorio di carattere
surrogatorio.
L’art. 5 ter ha avuto se non altro il merito di aver sollevato e tentato di
risolvere, sebbene in modo giudicato illegittimo dalla recente sentenza,
alcune questioni che rimangono sul piatto e necessitano di una risposta.
Innanzitutto gli interventi tampone del legislatore sull’art. 5 con un comma 5
bis e 5 ter denunciano la presenza di una normativa regionale non sempre
emanata e in alcuni casi frammentaria e incompleta, oltre che, per
definizione, diversificata di territorio in territorio. Ciò significa che le
macchine legislative regionali sono riuscite finora con difficoltà a supportare
il contratto di apprendistato, sia in relazione alla regolamentazione generale,
sia a quella dei profili formativi.
34
Inoltre il ricorso proposto dal comma 5 ter ai contratti ed agli enti bilaterali
pone in risalto la necessità che la formazione risponda sempre più e meglio
alle necessità aziendali e del lavoratore. La formazione dell’apprendista deve
produrre un valore aggiunto per l’azienda e quindi essere tarata sulle esigenze
di quest’ultima. Ciò significa che il meccanismo produttivo della formazione
deve tenere conto di questa finalità.
A prescindere dalla soluzione legislativa individuabile, occorre andare sempre
più verso un sistema integrato che si fondi sulla sinergia tra soggetto
pubblico, società formativa ed impresa. Infatti il coinvolgimento diretto di
imprese e lavoratori nei processi formativi valorizza sempre di più
l’apprendistato e ne esalta il suo valore.
Un’ultima questione su cui riflettere riguarda il tentativo da parte dell’art. 5
ter di offrire un’alternativa rispetto alla formazione pubblica. La formazione
a cui fa riferimento la Legge 133 non è finanziata ma è posta a totale carico
dell’azienda. Siffatta tipologia richiama l’esigenza di creare un’alternativa
rispetto al problema della limitata capacità dei mezzi pubblici di soddisfare le
richieste reali o potenziali.
Il fatto che la formazione finanziata riesca a soddisfare solamente una parte
della domanda costituisce una problematica di rilievo che viene ad incidere
sulla propensione del mondo imprenditoriale ad utilizzare il contratto di
apprendistato. Necessita quindi di una soluzione.
35
IL CONTRATTO DI APPRENDISTATO IN UMBRIA
Verso un gestione efficiente ed efficace dell’apprendistato
La situazione ante Piano 2009
L’esperienza dell’Umbria antecedente al 2009 ha visto, rispetto in particolare
all’attività formativa per l’espletamento del contratto di apprendistato, due
modi diversi di operare delle Province. Le amministrazioni di Terni e di
Perugia infatti hanno portato avanti due differenti iter di gestione dell’offerta
formativa pubblica. La prima da alcuni anni ha sviluppato un sistema basato su
un catalogo di attività formative costantemente accessibili da parte di imprese
interessate, la seconda viceversa ha operato sempre tramite bandi o avvisi pubblici
e progetti quadro.
In particolare la Provincia di Perugia prima del 2009 coordinava l’offerta
secondo lo strumento del progetto quadro. Veniva, innanzitutto, emesso un
avviso pubblico che consentiva di raccogliere le candidature dei soggetti al fine
di emettere un “elenco provinciale di soggetti accreditati alla gestione della formazione
esterna per gli apprendisti”1. Entrando a far parte dei soggetti accreditati, l’ente
formativo presentava dei progetti finalizzati a rispondere alla domanda di
formazione esterna (chiamati appunto progetti quadro) di settori e/o aree
professionali, rivolti soprattutto a gruppi di allievi con caratteristiche non
omogenee.
Solo in una fase successiva, a seguito dell’assegnazione del finanziamento,
venivano individuati in maniera specifica i destinatari della formazione.
Ruolo di raccordo tra offerta formativa pubblica e imprese veniva demandato
ai Centri per l’Impiego. Infatti le aziende, anche attraverso i Centri per
l’Impiego, venivano a conoscenza dell’offerta formativa che la Provincia di
Perugia proponeva. Le imprese sceglievano, così, il percorso formativo adatto
alle proprie esigenze e a quelle degli apprendisti, permettendo, in tal modo,
l’avvio dello stesso.
1 “Avviso pubblico per la gestione della formazione esterna per gli apprendisti anno 2004/2005”.
37
In Provincia di Terni, invece, era previsto un percorso differente per la
gestione dell’offerta formativa in apprendistato. In attuazione del “Piano delle
attività formative degli apprendisti 2002-2006”, la Provincia di Terni aveva
adottato un apposito bando per la costituzione di un catalogo dei fornitori di
interventi formativi per l’apprendistato2.
A seguito dell’uscita di tale avviso, i soggetti interessati dovevano inoltrare la
proposta di disponibilità all’iscrizione a catalogo. L’impresa, in tal modo, aveva
a disposizione un elenco di strutture formative e poteva individuare
direttamente quella che più si adeguava alle proprie esigenze. L’azienda
iscriveva, così, l’apprendista alle attività formative presso l’ente formativo
prescelto e veniva dato avvio al percorso.
L’amministrazione provinciale teneva costantemente aggiornati gli enti di
formazione iscritti a catalogo circa le risorse finanziarie disponibili, prevedendo
annualmente un budget a disposizione degli stessi in termini di numero di corsi
finanziabili, tenendo conto delle loro potenzialità organizzative nell’attivazione
dei corsi e della numerosità degli apprendisti in forza in quei settori/comparti
per i quali gli stessi enti avevano dichiarato la propria disponibilità di
intervento3.
A seguito della Legge regionale n. 18 del maggio 2007 e del successivo Piano
2009, la Regione Umbria ha voluto unificare il sistema di gestione dell’offerta
formativa provinciale, valorizzando entrambi i sistemi precedentemente messi
in atto da Perugia e Terni.
Da un lato, infatti, è stato mantenuto il sistema dell’ emissione dei bandi e dei
progetti quadro, articolati in modo più specifico secondo Unità di Competenza
(UC) e Unità Formative (UF) e, dall’altro, è stato istituito un catalogo
provinciale delle attività di formazione formale esterna per apprendisti che
raccoglie l’offerta formativa.
Nei paragrafi seguenti verrà descritto l’attuale sistema di gestione della
formazione in apprendistato in Umbria e il nuovo iter gestionale demandato
alle Province.
Il sistema attuale
Le norme regionali che disciplinano attualmente l’apprendistato sono la Legge
regionale n. 18 del maggio 2007 ed il relativo Regolamento di attuazione n. 5
“Avviso pubblico per la costituzione del catalogo provinciale dei fornitori di interventi formativi e servizi
per l’attuazione dei programmi di formazione esterna per persone in esercizio di apprendistato”, Provincia
di Terni, 2002.
3 “Piano dell’apprendistato professionalizzante 2006 ”, Provincia di Terni, 2006.
2
38
del 18 settembre 2008. La prima, che disciplina l’istituto dell’apprendistato,
prevede che la Giunta regionale definisca ogni anno, attraverso un percorso di
concertazione, un Piano per il finanziamento della formazione formale degli
apprendisti. Il secondo è il risultato di una concertazione con tutte le parti
interessate e dà attuazione ed esecuzione alle disposizioni contenute nella
legge regionale in materia di apprendistato professionalizzante. Attraverso,
poi, il Piano annuale 2009 si è dato inizio al processo di definizione e
finanziamento
dell’offerta
formativa
pubblica
per
l’apprendistato
professionalizzante.
L’obiettivo dichiarato dal nuovo sistema regionale è quello di valorizzare al
massimo i contenuti della parte professionalizzante in modo più vicino alle
necessità aziendali.
Entrando più nel dettaglio, la disciplina regionale sull’apprendistato
professionalizzante si basa su alcuni elementi significativi:
- la definizione dei profili formativi, come insieme di conoscenze e
competenze da conseguire nel contratto di apprendistato;
- il sistema di accreditamento regionale basato su un catalogo regionale
dei soggetti erogatori che garantisce che gli organismi compresi al suo
interno siano affidabili ed esperti nell’erogazione della formazione;
- la personalizzazione e la flessibilità dell’offerta formativa, tale da
adeguarsi alle esigenze delle imprese e degli apprendisti;
- il ruolo delle imprese, quali attori principali al pari degli organismi
pubblici e privati, nella formazione dell’apprendista, dando rilevanza
alla funzione del tutor aziendale4.
Nel nuovo sistema sull’apprendistato professionalizzante, per quanto riguarda
le questioni connesse con la gestione della formazione professionale che
vedono coinvolte le due Province e la Regione, si è potuta constatare la
volontà di procedere con le stesse modalità su tutto il territorio regionale.
All’art. 13, punto 4 del Regolamento si prevede che “le Province, entro il mese di
Febbraio di ogni anno, finanziano, sulla base delle risorse disponibili, i progetti quadro
presentati dagli organismi iscritti al Catalogo regionale di cui all’articolo 7, comma 4 […]”.
Pertanto, le Province si trovano ad organizzare e gestire l’offerta formativa
pubblica in apprendistato a fronte delle richieste derivanti dal tessuto
produttivo umbro. Compito prioritario, dunque, delle amministrazioni
provinciali è quello di gestire la domanda formativa sull’apprendistato
garantendo un’offerta che risponda adeguatamente all’esigenze emerse.
L’obiettivo che le Province si prefiggono con l’emanazione degli avvisi
pubblici “è l’approvazione di progetti quadro di settore e di comparto per la costituzione di
4
DGR n. 520 del 14/4/2009.
39
un Catalogo provinciale di attività di formazione formale esterna per apprendisti,
caratterizzato da un’offerta formativa più completa possibile riguardo a tutti i settori
produttivi, da una diffusa dislocazione territoriale delle iniziative, dalla previsione di
modalità didattiche innovative tali da assicurare la personalizzazione e la flessibilità dei
percorsi, dalla individuazione dei soggetti erogatori della formazione esclusivamente all’interno
del relativo Catalogo regionale”.5
L’emanazione degli avvisi pubblici per l’istituzione dei cataloghi dell’offerta
formativa per gli apprendisti da parte delle due Province, avvenuta nel mese di
aprile 2010, è stato il frutto di un’attività di concertazione che ha portato ad
una modalità unica di gestione.
Nei prossimi paragrafi verrà descritto l’iter umbro di costituzione dell’offerta
formativa pubblica, specificando: la fase preparatoria, la struttura e i contenuti
dei progetti quadro, l’approvazione e il finanziamento e l’avvio delle attività.
Fase preparatoria per la costituzione di un’offerta pubblica per la
formazione in apprendistato
Sono ammessi alla presentazione dei progetti quadro gli organismi di
formazione pubblici o privati inseriti nel Catalogo regionale dei soggetti
erogatori della formazione per l’apprendistato.
Nella DGR n. 400 del 26/1/2009 vengono elencate le condizioni che un
soggetto deve possedere per richiedere l’iscrizione nel Catalogo regionale.
All’ art. 2 si precisa che “possono chiedere l’iscrizione gli organismi formativi che, alla
data della domanda, risultino accreditati dalla Regione Umbria per la “macrotipologia
formazione continua e permanente” e possiedano i seguenti requisiti:
- capacità di garantire una diffusa dislocazione territoriale dell’offerta formativa;
- raccordo, in materia di formazione degli apprendisti e dei tutor aziendali, con le
associazioni dei datori e prestatori di lavoro comparativamente più rappresentativi
sul piano regionale e/o con gli enti bilaterali;
- esperienza maturata nella formazione formale degli apprendisti.”
Le Province raccolgono i progetti quadro che i soggetti, inseriti nel catalogo
regionale, si candidano a realizzare in risposta agli avvisi pubblici, denominati
anche “bandi aperti”.
E’ fissato al 30 novembre di ogni anno il termine per la ricognizione dei
progetti quadro pervenuti e per l’avvio della relativa fase di valutazione, al fine
dell’inserimento nel Catalogo provinciale e del finanziamento entro il
successivo mese di febbraio, sulla base di quanto previsto dal Regolamento
Regionale n. 5/2008 e dalla D.G.R. n. 520/2009. Per l’anno 2010, considerata
Avvisi pubblici per l’istituzione del catalogo dell’offerta formativa rivolta agli apprendisti delle province di
Terni e di Perugia, 2010 (art.1).
5
40
la necessità di dare avvio al nuovo modello regionale dell’apprendistato, il
termine per la ricognizione è stato fissato al 14 aprile 2010 per la Provincia di
Perugia e al 23 aprile 2010 per la Provincia di Terni.
Struttura e contenuti dei progetti quadro
I progetti si configurano quali progetti quadro per un determinato settore o
raggruppamento di attività individuato sulla base della classificazione
economica ATECO 2007. Tali progetti sono finalizzati a proporre un’offerta
formativa flessibile e personalizzabile che permetta di sviluppare, per ciascun
apprendista e per l’intera durata del contratto, un percorso per l’acquisizione
delle competenze individuate nel proprio Piano Formativo Individuale (PFI)6,
coerente con le conoscenze e capacità pregresse e con gli obiettivi di crescita
personale e professionale.
Pertanto, i progetti dovranno strutturarsi prevedendo un insieme di Unità di
Competenza (UC) e di Unità Formative (UF) relative ai profili formativi del
settore preso a riferimento, individuati, in modo diretto o per analogia, fra
quelli di cui alla DGR n. 1874 del 22.12.2008 “Approvazione dei profili formativi
dell’apprendistato professionalizzante” e, ove gli standard regionali non siano
applicabili, sulla base di quanto disposto dai CCNL o dall’ISFOL ai sensi del
Decreto del Ministero del Lavoro n. 179 del 20.05.19997.
Ciascun progetto quadro sarà costituito da UC a carattere professionalizzante e
UF di base e trasversali funzionali alle singole figure professionali.
Per quanto riguarda i contenuti di ogni UC e di ogni UF, questi dovranno
essere pensati e strutturati secondo un progressivo grado di complessità riferito
all’intero percorso formativo dell’apprendista, in funzione dell’annualità
formativa frequentata e dal suo livello di ingresso.
La durata oraria sia delle UC che delle UF sarà commisurata rispetto agli
obiettivi formativi che ciascuna unità formativa assume e dei contenuti che
sviluppa, entro una fascia che va da un minimo di 8 ore ad un massimo di 42
ore, in coerenza con quanto previsto dai CCNL di riferimento.
Inoltre, “per ciascuna unità formativa dovranno essere previste delle modalità di valutazione
delle competenze acquisite dall’apprendista ai fini della loro certificazione ed attestazione nella
Nel Regolamento regionale n. 5 del 18/9/2008, si precisa all’art. 6 che “il piano formativo
individuale di cui all’art. 6 della l.r. 18/2007 è redatto secondo il modello previsto dalla contrattazione
collettiva o, in assenza, secondo il modello Allegato 1 che fa parte integrale del presente regolamento. Il piano
formativo individuale è trasmesso al Centro per l’impiego competente per il territorio con le modalità di cui
all’art. 12”.
7 Avvisi pubblici per l’istituzione del catalogo dell’offerta formativa rivolta agli apprendisti delle province di
Terni e di Perugia, 2010.
6
41
“Dichiarazione di percorso formativo nell’apprendistato” di cui all’art. 11 del Regolamento
Regionale n. 5/2008 e s.m.i. nonché ai fini del riconoscimento come crediti formativi”8.
Per garantire un adeguato coinvolgimento aziendale nel percorso formativo
dell’apprendista, ogni progetto quadro dovrà prevedere unità formative rivolte
ai tutor aziendali degli apprendisti, come specificato dall’art. 10 del
Regolamento n. 5/2008.
I progetti, per innovare le modalità didattiche della formazione e fornire
stimoli agli apprendisti, potranno prevedere l’adozione di metodi e tecniche di
didattica attiva, quali da esempio project work, lavori di gruppo, metodo dei
casi che andranno ad affiancarsi ed a integrarsi ai metodi tradizionali.
Sarà previsto all’interno del progetto quadro, inoltre, un sistema di
monitoraggio e valutazione in itinere ed ex post delle attività formative attraverso
l’utilizzo di indicatori di tipo qualitativo che vadano a rilevare anche la
corrispondenza delle attività alle aspettative dei partecipanti e delle aziende.
Gli avvisi pubblici delle Province specificano, poi, che i soggetti proponenti
potranno in ogni momento presentare richieste di modifica dei progetti quadro
per l’individuazione e la declinazione di nuovi profili formativi relativi al
settore di riferimento. Le richieste dovranno essere preventivamente approvate
da un “nucleo tecnico di valutazione” che procederà, così, all’esame delle
istanze pervenute con cadenza bimestrale.
Al fine di rendere l’offerta formativa quanto più completa possibile, le
Province si riservano la facoltà di richiedere ai soggetti proponenti la
realizzazione dei progetti quadro con la descrizione di ulteriori profili formativi
rispetto a quelli presentati.
Approvazione e finanziamento
L’insieme dei progetti quadro approvati costituisce il Catalogo provinciale delle
attività di formazione formale esterna per apprendisti. Tale Catalogo riguarda sia gli
apprendisti assunti ai sensi del D.lgs. 276/03, sia quelli assunti ai sensi della
L. 196/97.
Entro il mese di febbraio di ogni anno9 con apposito atto, le Province
assumono l’impegno delle risorse ad essa assegnate dalla Regione a favore del
Catalogo e secondo il Piano annuale di finanziamento della formazione
formale per l’apprendistato professionalizzante.
Avvisi pubblici per l’istituzione del catalogo dell’offerta formativa rivolta agli apprendisti delle province di
Terni e di Perugia, 2010.
9 Si ricorda che tale termine è diversificato nelle due Province per il 2010, anno di avvio del nuovo sistema
regionale.
8
42
Bisogna qui specificare che il Catalogo si configura come un’offerta formativa
solo in potenza e non in atto. Pertanto, l’effettivo finanziamento delle attività
avviene soltanto in un secondo momento. Con l’atto di impegno generale
annuale, infatti, le Province mettono a disposizione di ciascun progetto quadro
una quota di finanziamento10 per l’avvio delle attività formative.
L’assegnazione giuridicamente vincolante di tale somma avverrà, però, solo
all’avvio della prima attività formativa. In un secondo momento le Province
erogheranno i finanziamenti a titolo di riconoscimento dei costi per le Unità di
Competenza/Unità Formative effettivamente realizzate e certificate
nell’ambito di ciascun progetto quadro, per stati di avanzamento dell’importo
minimo di € 5.000,00.
La Provincia di Terni, all’interno dell’ultimo avviso pubblico, specifica al punto
6.2 comma 6 che “le attività previste dai progetti quadro potranno essere avviate fino ad
esaurimento dei finanziamenti messi a disposizione per ciascuno di essi. Le attività di ogni
progetto quadro che, in tutto o in parte, non verranno avviate nell’annualità di riferimento del
Catalogo si considereranno rinunciate da parte del Soggetto attuatore.”
Inoltre, per ciò che concerne le annualità successive si evidenzia al comma 7
del suddetto punto che “la Provincia applicherà, prioritariamente, lo stesso criterio
proporzionale di cui sopra, fermo restando che a ciascun progetto quadro non potrà essere
assegnato un finanziamento superiore all’importo delle risorse effettivamente utilizzate
nell’annualità precedente. Le eventuali risorse residue sulla disponibilità generale annuale
verranno ridistribuite in parti uguali sugli altri progetti quadro che al contrario abbiano,
nell’ambito della durata annuale, realizzato attività formative che, per numero di apprendisti
formati ed ore di formazione realizzate, giustifichino l’erogazione dell’intera quota di
finanziamento assegnata a ciascun progetto quadro stesso.”
L’importo del finanziamento attribuibile a ciascuna azione formativa realizzata
sarà determinato sulla base della formula “n. allievi x n. ore x parametro ora/allievo
di € 12,00” o, in alternativa, per un numero di allievi inserito in ciascuna azione
formativa inferiore a 10, riconoscendo un costo fisso di € 112,00 per ogni ora
di formazione, a prescindere dal numero di allievi.
In entrambi i casi sarà, comunque, obbligatoria la rendicontazione analitica dei
costi sostenuti dal soggetto attuatore.
10 Quota calcolata sulla base di massimo il 30% dell’importo dell’impegno generale annuale diviso il
numero dei progetti quadro approvati.
43
Avvio delle attività
In seguito all’approvazione del progetto quadro, il soggetto attuatore potrà
attivare:
- percorsi unitari per determinati profili formativi della durata prevista
dai CCNL, strutturati in UC tecnico professionalizzanti e UF di base e
trasversali presenti nel progetto quadro e rivolti ad apprendisti con
caratteristiche omogenee in relazione al proprio piano PFI e
all’annualità contrattuale;
- singole UC tecnico professionalizzanti e UF di base e trasversali
presenti all’interno del progetto quadro, utili per l’acquisizione di
competenze individuate nel PFI di ciascuno degli apprendisti
coinvolti.
Tutti gli apprendisti devono obbligatoriamente frequentare le UF relative alla
sicurezza e salute nei luoghi di lavoro. E’ da specificare che alle Unità
Formative di base e trasversali potranno accedere anche apprendisti di profili
formativi diversi, mentre alle UC solo apprendisti con lo stesso profilo
formativo.
Nel Piano 2009, per questa fase, viene specificato che le imprese individuano le
attività formative coerenti con il PFI dei singoli apprendisti ed iscrivono, così,
l’apprendista presso l’ente formativo che propone le attività di interesse. E’
questa, infatti, la fase in cui si riscontra un coinvolgimento diretto delle
imprese al processo formativo dell’apprendista.
Il soggetto attuatore, pertanto, progetta le varie azioni formative coinvolgendo
l’azienda nell’individuazione del percorso formativo dell’apprendista più
pertinente alle necessità aziendali e coerente con il bagaglio di conoscenze e
competenze dello stesso e con le sue aspettative. Inoltre, con i nuovi avvisi
provinciali si cerca di dare un’attenzione particolare sia alle esperienze di
formazione non formale che alla tempistica della formazione, mantenendo
un’attenzione specifica alle esigenze produttive.
Viene disciplinato anche il caso di utilizzo della Formazione a Distanza (FAD),
che dovrà essere svolta in sedi diverse da quelle del luogo di lavoro
dell’apprendista e che non potrà superare il 40% del monte ore totale
dell’azione formativa. Lo svolgimento di parte delle attività di formazione con
FAD in e-learning dovrà essere disciplinato nel progetto quadro e dovranno
essere previsti:
- l’utilizzo di apposite piattaforme tali da consentire la stampa di report
individuali e la conservazione della relativa documentazione da parte
del soggetto attuatore al fine di eventuali monitoraggi e controlli;
- la presenza, il sostegno e la supervisione da parte di esperti e di tutor
FAD;
44
- un sistema di valutazione e di autovalutazione dei risultati conseguiti.
La sede di svolgimento delle azioni formative dovrà essere nell’ambito del
territorio delle due province. Sarà valutata la disponibilità di strutture adeguate,
oltre a quelle indicate per l’iscrizione nel Catalogo regionale dei soggetti
erogatori, e la capacità del soggetto proponente di dislocare sul territorio la
realizzazione delle attività formative. Il numero di partecipanti di ogni azione
(percorso o singola UC e UF) dovrà essere ricompresso tra 3 e 25, ferma
restando la necessità di tenere in considerazione le capacità logistiche e
strutturali del soggetto attuatore.
E’ da specificare, inoltre, che con l’impegno annuale delle risorse a favore del
Catalogo e la pubblicazione dello stesso sul Bollettino Ufficiale della Regione
Umbria e sulle apposite pagine dei portali internet provinciali, viene
formalizzata a tutti gli effetti la comunicazione della disponibilità di un’offerta
formativa pubblica per apprendisti alle imprese del territorio, che potranno
farvi riferimento ai fini dell’adempimento degli obblighi normativi previsti dal
contratto.
In sintesi
Volendo sintetizzare l’iter individuato, si riportano le tre fasi che compongono il
processo:
1. Presentazione progetti quadro da parte degli Enti accreditati: approvazione e
finanziamento
Gli Enti accreditati presentano progetti quadro che costituiranno un
catalogo di UF/UC con contenuti a carattere di base, trasversali e tecnico
professionalizzanti relativi a tutti i profili formativi, riferiti ai settori di
riferimento, individuati tra quelli regionali o in mancanza sulla base dei
CCNL o dell’ISFOL.
La Provincia, approvando il progetto, metterà a disposizione una
quota di finanziamento. Tuttavia, l’erogazione dell’importo dovuto
avverrà esclusivamente all’atto dell’avvio dell’attività formativa.
I soggetti attuatori possono dare avvio a due diverse tipologie di
attività: l’una riguardante percorsi unitari strutturati in UC tecnico
professionalizzanti e UF di base trasversali per apprendisti con
caratteristiche omogenee; l’altra riguardante singole UC tecnico
professionalizzanti e UF di base trasversali presenti nel progetto
quadro, utilizzabili per l’acquisizione di competenze individuate nel
PFI.
2. Avvio dell’attività
I soggetti attuatori, iscritti al Catalogo dell’offerta formativa ed in base
alle iscrizioni aziendali, potranno richiedere l’autorizzazione di avvio di
45
attività. La valutazione della richiesta avverrà attraverso un controllo
dell’esistenza dei requisiti formali e di quelli di merito. Una volta
ottenuta l’autorizzazione, il soggetto dovrà avviare le attività entro la
scadenza dell’anno di riferimento del Piano Regionale, altrimenti
queste decadranno automaticamente.
3. Gestione dell’attività
Le attività formative dovranno svolgersi presso le sedi del territorio
provinciale, anche occasionali, al fine di agevolare la frequenza degli
apprendisti.
La configurazione delle attività potrà essere la seguente:
• percorsi unitari previsti per determinati profili formativi di durata
stabilita dai CCNL, strutturati in UC tecnico professionalizzanti e
UF di base e trasversali e rivolti ad apprendisti con caratteristiche
omogenee che andranno a costituire gruppi-classe di 10-25 unità
(parametro fisso di finanziamento ora/allievo);
• singole UC tecnico professionalizzanti e UF di base e trasversali presenti
all’interno del progetto quadro, utili per l’acquisizione di
competenze individuate nel PFI e rivolte a gruppi-classe di 10-25
unità (parametro fisso di finanziamento ora/allievo) o a gruppiclasse di 3-10 unità (finanziamento costo fisso complessivo per ora).
Si precisa che per tutte le attività formative non finanziate, e quindi
direttamente gestite dalle imprese che hanno autonomia formativa (“canale
parallelo”), la responsabilità è in capo unicamente alle imprese medesime, le
quali si organizzeranno al di fuori delle procedure sopra descritte, in
rapporto con gli Enti bilaterali di riferimento. Ciò vale anche nell’ipotesi di
una “parziale utilizzazione dell’offerta formativa pubblica”, per la parte di
competenza del datore di lavoro. In quest’ultimo caso, tuttavia, le Province e
la Regione potranno intervenire, in assenza di Enti bilaterali, per un
riconoscimento totale del percorso formativo (parte trasversale più parte
specifica) prevedendo una modalità simile a quella dei corsi riconosciuti e
non finanziati.
46
LE ASSUNZIONI IN APPRENDISTATO
Un’analisi sui dati umbri 2000-2009
Nelle pagine che seguono si fornirà un quadro a carattere quantitativo del
fenomeno dell’apprendistato in Umbria.
La fonte alla quale si è attinto è il sistema statistico dell’Osservatorio sul
Mercato del Lavoro e supporto alle politiche attive del lavoro (OML) della
Regione Umbria che utilizza dati rivenienti dai sistemi informativi dei Centri
per l’Impiego (CPI) delle due Province11. La serie storica presa in esame
riguarda le assunzioni nel periodo 2000-2009, un arco temporale significativo
per poter apprezzare il fenomeno. I dati sulle assunzioni sono interessanti
come indicatore della domanda e contribuiscono a porre in risalto
l’appetibilità del contratto di apprendistato e il trend del suo gradimento da
parte del datore di lavoro. D’altra parte i dati sulle assunzioni sono meno
idonei a descrivere il mercato del lavoro in relazione al quale risulta invece
utile l’informazione sulla consistenza. A tale riguardo, si riporterà la stima
realizzata dagli Uffici regionali relativamente all’ultimo anno.
I dati sulle assunzioni sono stati raccolti per provincia, genere, settore
economico e sono stati messi in correlazione con le assunzioni nel loro
complesso e con le altre tipologie contrattuali vigenti. A quest’ultimo
proposito occorre precisare che l’obbligatorietà delle comunicazioni ai Centri
per l’impiego di alcune tipologie contrattuali è stata introdotta ed è andata a
regime negli ultimi anni e conseguentemente ciò incide sulla completezza dei
dati disponibili.
Analogo discorso riguarda le cessazioni o le trasformazioni a tempo
indeterminato del contratto di apprendistato. La mancanza di una serie di
dati sufficientemente completa e un arco temporale di osservazione non
significativo ha indotto a rinviare agli anni successivi il monitoraggio di tali
aspetti.
11 Si ringrazia Paolo Sereni, Osservatorio sul Mercato del Lavoro e supporto alle politiche
attive del lavoro della Regione Umbria, per la collaborazione ed i dati forniti.
47
Le assunzioni in apprendistato
Dal 2000 ad oggi sono state effettuate in Umbria 95.616 assunzioni con
contratto di apprendistato, di cui l’80% realizzate nella provincia di Perugia
ed il rimanente 20% nella provincia di Terni. Il totale delle assunzioni
effettuate con apprendistato costituisce l’8,3% del totale delle assunzioni
attivate nello stesso periodo. L’incidenza dell’apprendistato è lievemente più
marcata a Perugia (8,4%) rispetto a Terni (7,6%).
Per quanto riguarda i dati del 2009, ultimo anno esaminato, si evidenzia che
le assunzioni effettuate in apprendistato ammontano a 6.863, distribuite il
23% nella provincia ternana ed il rimanente 77% in quella perugina. Le
assunzioni in apprendistato del 2009 rappresentano il 5,1% del totale delle
assunzioni effettuate.
Lo sviluppo negli anni delle assunzioni in apprendistato (graf. 1) evidenzia
che dal 2000 vi sono stati valori crescenti in termini assoluti fino all’anno
2007, anno da cui inizia un deciso decremento. Osservando parallelamente i
valori delle assunzioni complessive si evidenzia anche in questo caso una
crescita fino al 2007, anno, quest’ultimo, in cui l’incremento risulta
particolarmente accentuato; i dati restano sostanzialmente stabili nel 2008
mentre declinano nel 2009.
Occorre precisare che sull’aumento del totale delle assunzioni del 2007 ha
inciso sicuramente l’estensione dell’obbligatorietà delle comunicazioni ai
Centri per l’Impiego di alcune tipologie contrattuali.
12000
180000
10000
150000
8000
120000
6000
90000
4000
60000
2000
30000
0
0
2000
2001
2002
2003
2004
Totale assunzioni
2005
2006
2007
2008
Assunz. Apprendistato
Fonte: elaborazione Aur su dati Regione Umbria - OML di fonte CPI.
48
2009
Assunzioni tot.
Assunz. Apprend.
Graf. 1 - Umbria: assunzioni totali e in apprendistato 2000-2009 (v.a.)
Il grafico 2 evidenzia che fino al 2006 esiste una forte correlazione tra
assunzioni in apprendistato e assunzioni totali. Tale relazione non si
manifesta, invece, negli anni successivi in cui il declino dell’apprendistato è
più forte di quello delle assunzioni nel loro complesso.
Graf. 2 - Umbria: dispersione assunzioni totali e in apprendistato 20002006
12000
R2 = 0,9826
Assunz. Apprend.
11000
2004
2006
10000
2003
9000
2005
2000
8000
2002
2001
7000
6000
80000
85000
90000
95000
100000
105000
110000
115000
Assunz. tot.
Fonte: elaborazione Aur su dati Regione Umbria - OML di fonte CPI.
Poiché l’apprendistato è un contratto che si rivolge ai giovani fino a 29 anni,
sono stati osservati anche i dati complessivi delle assunzioni relative a questa
fascia di età (graf. 3). Anche nelle assunzioni fino a 29 anni si ha un picco
nell’anno 2007, valori sostanzialmente stabili nel 2008 e una decrescita a
partire dal 2009 meno marcata dell’apprendistato.
Da quanto osservato possiamo desumere che la flessione dell’apprendistato,
in particolare nell’ultimo biennio esaminato, è più marcata rispetto
all’andamento delle assunzioni nel loro complesso e a quello delle assunzioni
nella specifica fascia di età che riguarda l’apprendistato.
Ciò si riscontra anche andando ad esaminare le variazioni annue
dell’apprendistato (graf. 4). Su 9 variazioni osservate, 4 hanno carattere
negativo; la situazione differisce per quanto riguarda il complesso delle
assunzioni che solo nel 2004/2005 e nel 2008/2009 registra un valore
inferiore a zero.
49
12000
180000
10000
150000
8000
120000
6000
90000
4000
60000
2000
30000
0
Assunz. tot.
Assunz. Apprend.
Graf. 3 - Umbria: assunzioni apprendistato, assunzioni fino a 29 anni
ed assunzioni totali (v.a.)
0
2000
2001
2002
Totale assunzioni
2003
2004
2005
2006
Assunzioni fino a 29 anni
2007
2008
2009
Assunz. Apprendistato
Fonte: elaborazione Aur su dati Regione Umbria - OML di fonte CPI.
Esaminando in particolare gli ultimi due anni disponibili si nota che
l’apprendistato registra variazioni negative nel 2008 di oltre 11 punti e nel
2009 del 34%, contro i valori del totale delle assunzioni che sono stabili nel
2008 e meno marcatamente negativi (-15,4%) nel 2009.
La variazione media annua dell’apprendistato è negativa ed ammonta a
-1,6%. Per contro le assunzioni complessive registrano un incremento medio
annuo del 6,2%.
Nel grafico 5 si esamina il rapporto tra apprendistato e assunzioni fino a 29
anni e tra apprendistato e assunzioni totali, nel corso degli anni 2000.
All’inizio del decennio l’apprendistato rappresentava poco più di un decimo
del totale delle assunzioni. Tale rapporto negli anni ha subito flessioni lievi
fino al 2006, per poi passare nel 2007 al 7,3 e diminuire di circa un punto
percentuale sia nel 2008 che nel 2009.
Diversa è la situazione in rapporto alle assunzioni fino a 29 anni. Mentre nel
2000 l’apprendistato rappresentava circa un quinto delle assunzioni “under
30”, nel 2004-5-6 il rapporto sale di alcuni punti, per diminuire negli anni
seguenti fino ad arrivare al 14,5% nel 2009.
50
Graf. 4 - Umbria: variazioni % annue assunzioni totali e in apprendistato
2000-2009
50
40
30
15,6
20
2,3
10
4,7
7,3
5,8
2006
2007
-2,1
0
2001
-10
2002
2003
2004
2005
2008
-3,3
2009
-11,2
-20
-30
-40
-33,7
Assunzioni totali
Assunzioni apprendistato
Fonte: elaborazione Aur su dati Regione Umbria - OML di fonte CPI.
Graf. 5 - Umbria: rapporto tra assunzioni in apprendistato e assunzioni
totali e fino a 29 anni 2000-2009
25
21,0
19,3
19,5
23,5
22,5
22,3
20,7
19,0
20
17,4
14,5
15
10,4
10
9,2
8,9
9,3
9,6
9,5
9,7
7,3
6,5
5,1
5
0
2000
2001
2002
2003
2004
% Apprendisti su tot. Assunti
2005
2006
2007
2008
2009
% Apprendisti su Assunti <= 29 anni
Fonte: elaborazione Aur su dati Regione Umbria - OML di fonte CPI.
51
Nel grafico 6 si possono visualizzare le variazioni dell’apprendistato, delle
assunzioni totali e di quelle fino a 29 anni rispetto all’anno base 2000.
Mentre a fine periodo le assunzioni totali e quelle fino a 29 anni hanno avuto
un incremento rispetto al 2000 (rispettivamente del 159% e del 13%), gli
assunti con apprendistato sono diminuiti di 22 punti percentuali.
Soffermandoci sull’andamento nel corso degli anni, si evidenzia che mentre
le assunzioni complessive e quelle “under 30” registrano negli anni sempre
valori positivi rispetto all’anno 2000, l’apprendistato scende sotto il valore
soglia sia nel 2001 e 2002 che drasticamente nel 2009.
Nelle tre tipologie di assunzioni il picco si raggiunge nel 2007 e solo nelle
assunzioni totali rimane stabile nel 2008.
Graf. 6 - Umbria: variazioni % delle assunzioni in apprendistato,
assunzioni totali e fino a 29 anni 2000-2009 (2000=100)
200
180
160
140
120
100
80
60
2000
2001
2002
Assunzioni
2003
2004
2005
2006
Assunzioni con età <=29 anni
2007
2008
2009
Apprendistato
Fonte: elaborazione Aur su dati Regione Umbria - OML di fonte CPI.
Caratteristiche delle assunzioni in apprendistato
Per quanto concerne la distribuzione per genere (graf. 7), si evidenzia che
mentre fino al 2006 le donne assunte con apprendistato costituiscono meno
della metà del totale apprendisti, negli ultimi tre anni esaminati superano il
50% con una percentuale crescente. Il contratto di apprendistato ha
comunque una connotazione femminile più marcata rispetto al complesso
delle assunzioni dove si ha una prevalenza maschile (nel 2009 le donne sono
il 42,2%).
52
Graf. 7 - Umbria: rapporto apprendiste su totali apprendisti e assunte
su totali assunti 2000-2009
60,0
51,4
50,0
40,0
43,2
42,5
43,3
42,4
39,3
37,4
36,9
35,9
44,7
35,9
45,9
52,6
53,4
45,7
37,0
38,2
42,2
38,4
36,5
% 30,0
20,0
10,0
0,0
2000
2001
2002
2003
2004
Apprendiste su totale apprendisti
2005
2006
2007
2008
2009
Assunte su totale assunzioni
Fonte: elaborazione Aur su dati Regione Umbria - OML di fonte CPI.
Occorre comunque precisare (graf. 8) che le donne assunte con
apprendistato nel 2009 subiscono un decremento rispetto al 2000 in termini
assoluti di 341 unità e percentuali del 10,5%. Tale flessione risulta comunque
contenuta rispetto all’andamento degli uomini (-37,8%) e conseguentemente
a quello complessivo (-21,7%).
Rispetto al totale delle assunzioni femminili, nel 2009 le apprendiste
rappresentano il 4%, contro circa 8,9% del 2000, in quanto nel periodo
esaminato le assunzioni femminili totali sono raddoppiate.
La distribuzione degli apprendisti per età (graf. 9) evidenzia nel tempo una
chiara diminuzione degli assunti nella classe di età più bassa (meno di 20
anni) ed in parte in quella successiva (20-24 anni). L’intervallo tra i 25 ed i 29
anni appare in crescita tanto che nel 2009 supera percentualmente la classe
dei più giovani. In provincia di Terni questa alternanza di peso tra le due
classi si viene a rilevare fin dall’anno precedente.
Comunque nell’intero periodo la fascia più ricercata è quella tra i 20 ed i 24
anni.
53
Graf. 8 - Umbria: variazioni % assunte totali e apprendiste (2000=100)
e rapporto apprendiste su totali assunte 2000-2009
250
224,6
30
230,1
197,6
200
24
150
%
100,0
100
109,5
112,5 114,0
102,9 100,2 100,7
8,9
50
134,1
136,1
141,7
18
%
130,3 131,4
122,9
116,5 117,5
12
89,5
8,3
7,9
7,8
7,7
7,6
8,1
6
5,2
4,7
4,0
0
0
2000 2001 2002 2003 2004 2005 2006 2007 2008 2009
Apprendiste su Assunz.donne tot.
Assunzioni donne totali
Assunte apprendiste
Fonte: elaborazione Aur su dati Regione Umbria - OML di fonte CPI.
Graf. 9 - Umbria: distribuzione % delle assunzioni per anno e per
classe di età, 2000-2009
60,0
50,0
40,0
30,0
20,0
10,0
0,0
2000
2001
2002
2003
2004
2005
2006
<20
20-24
25-29
30-34
2007
Fonte: elaborazione Aur su dati Regione Umbria - OML di fonte CPI.
54
2008
2009
Soffermandoci in particolare sull’anno 2009, la distribuzione per età e per
genere (fatto 100 il totale degli assunti nell’anno) ci mostra che il segmento
meno rappresentato è quello delle donne sotto ai 20 anni (graf. 10). Per
contro quello che ha un peso percentuale maggiore sul totale degli
apprendisti è relativo ai maschi della fascia 20-24 anni. Sempre per gli uomini
le classi precedente e successiva a quella citata sostanzialmente si
equivalgono, diversamente da quanto accade per le donne.
Graf. 10 - Umbria: assunzioni per genere e per classe di età - anno 2009
(2009=100)
27,1
30,0
21,5
25,0
20,0
15,9
14,7
13,3
15,0
7,2
10,0
5,0
0,0
Maschi
<20
Femmine
20-24
25-29
oltre 29
Fonte: elaborazione Aur su dati Regione Umbria - OML di fonte CPI.
In relazione al possesso di un titolo di studio, occorre precisare che tale dato
è conosciuto solo in relazione ad una parte dell’universo che nel 2009
rappresenta meno della metà del totale (41,9%).
Prendendo comunque a riferimento i dati noti, emerge (graf. 11) che quasi la
metà dell’insieme considerato è in possesso di un diploma di istruzione
secondaria per accesso all’Università (47%). Più di un terzo è costituito
invece da giovani con un titolo si studio di basso livello (scuola elementare e
media).
55
Graf. 11 - Umbria: assunzioni in apprendistato per titolo di studio - anno
2009 (%)
8%
36%
7%
47%
2%
Scuola Elementare e media
Dipl. Qualifica
Diploma Univ. e extra univ.
Laurea e tit. post laurea
Dipl. istr. second.
Fonte: elaborazione Aur su dati Regione Umbria - OML di fonte CPI.
Sempre tenendo conto che i dati presi in esame non riguardano l’universo
dei dati, la distribuzione dei titoli di studio per genere suggerisce che le
apprendiste hanno titoli di studio più elevati rispetto ai maschi (tab. 1).
Tab. 1 - Umbria: assunzioni in apprendistato per genere e titolo di
studio - anno 2009 (2009=100)
Scuola Elementare e media
Dipl. Qualifica
Dipl. istr. second.
Diploma Univ. e extra Univ.
Laurea e tit. post laurea
Totale
M
21,9
4,7
19,0
0,5
2,2
48,2
F
14,3
3,0
28,4
1,5
4,6
51,8
tot
36,2
7,7
47,4
1,9
6,7
100,0
Fonte: elaborazione Aur su dati Regione Umbria - OML di fonte CPI.
In merito poi alle qualifiche di assunzione (graf. 12), si rileva nel 2009 una
concentrazione del 37,3% degli ingressi in apprendistato in Professioni
qualificate in attività commerciali e di servizi. Seguono a breve distanza con il
33,4% gli Artigiani, operai specializzati ed agricoltori. Insieme le due qualifiche
citate rappresentano più del 70% del totale assunzioni.
56
Graf. 12 - Umbria: distribuzione % delle assunzioni in apprendistato
per qualifica di ingresso - anno 2009 (%)
Professioni non qualificate
2,8
Conduttori impianti e op.semiqual.add.mac.fissi e mob
5,3
Artigiani, operai specializzati e agricoltori
33,4
Prof. qual. attività commerciali e servizi
37,3
Impiegati
11,7
Professioni tecniche
8,5
Prof. intellettuali, scientifiche e di elevata special.
Legislatori, dirigenti e imprenditori
0,8
0,1
0,0
5,0
10,0
15,0
20,0
25,0
30,0
35,0
40,0
Fonte: elaborazione Aur su dati Regione Umbria - OML di fonte CPI.
Come emerge dalla tabella 2, le donne si caratterizzano rispetto agli uomini per
essere concentrate per il 62% nelle Professioni qualificate in attività commerciali e di
servizi e per il 18% nelle attività impiegatizie. Al contrario, più della metà delle
assunzioni degli uomini riguardano gli Artigiani, operai specializzati e agricoltori.
Tab. 2 - Umbria: distribuzione % delle assunzioni in apprendistato per
genere e qualifica di ingresso - anno 2009
Qualifiche
M
F
tot
Legislatori, dirigenti e imprenditori
0,1
0,1
0,1
Prof. intellettuali, scientifiche e di elevata special.
0,8
0,7
0,8
Professioni tecniche
7,7
9,6
8,5
Impiegati
7,4 17,7 11,7
Prof. qual. attività commerciali e servizi
19,4 62,0 37,3
Artigiani, operai specializzati e agricoltori
53,3
6,0 33,4
Conduttori impianti e op.semiqual.add.mac.fissi e mob
7,3
2,6
5,3
Professioni non qualificate
4,1
1,2
2,8
Codifica inesistente
0,0
0,0
0,0
Totale complessivo
100,0 100,0 100,0
Fonte: elaborazione Aur su dati Regione Umbria - OML di fonte CPI.
57
La tabella 3 mostra l’evoluzione delle qualifiche di assunzione degli
apprendisti. Si evidenziano nel tempo processi di crescita del peso di alcune
professioni, come le Professioni qualificate in attività commerciali e di servizi e gli
Impiegati, e, per contro, un minore orientamento verso qualifiche come
Artigiani, operai specializzati ed agricoltori e Conduttori impianti e operai semiqualificati
addetti a macchinari.
Tab. 3 - Umbria: distribuzione % delle assunzioni in apprendistato per
qualifica di ingresso 2000-2009 (%)
Qualifiche
2000 2001 2002 2003 2004 2005 2006 2007 2008 2009 Tot.
Legislatori, dirigenti
e imprenditori
0,0
0,0
0,0
0,0
0,0
0,0
0,0
0,0
0,0
0,1
0,0
Prof. intellettuali,
scientifiche e
di elevata special.
0,2
0,5
0,4
0,3
0,5
0,7
0,6
0,5
0,7
0,8
0,5
Professioni tecniche
6,6
7,7
7,1
6,8
8,3
7,5
7,5
7,5
8,6
8,5
7,6
Impiegati
8,4
8,9
9,3 10,5 10,4 10,6 11,7 10,1 10,2 11,7 10,2
Prof. qual. attività
commerciali e servizi
24,7 25,9 27,7 29,5 28,7 30,5 29,0 29,3 31,6 37,3 29,3
Artigiani, operai
specializzati e
agricoltori
43,5 42,4 39,9 39,1 38,6 37,1 36,9 39,0 37,3 33,4 38,7
Conduttori impianti
e op. semiqual.
add. mac. fissi e mob.
12,3 10,4
9,7
9,5
7,8
6,0
6,9
6,4
8,0
5,3
8,2
Professioni non qualificate
4,1
4,2
5,8
4,2
5,3
6,8
6,4
7,0
3,7
2,8
5,2
Codifica inesistente
0,3
0,1
0,1
0,1
0,4
0,8
1,0
0,2
0,0
0,0
0,3
Totale complessivo
100 100 100 100 100 100 100 100 100 100 100
Fonte: elaborazione Aur su dati Regione Umbria - OML di fonte CPI.
La durata dei contratti di apprendistato
Per quanto concerne la durata (tab. 4), appare che nel corso del primo
decennio del 2000 vi sia una tendenza all’aumento della durata dei contratti di
apprendistato. Ovvero vi sono in valore assoluto e percentuale sempre più
contratti che proseguono per più di 24 mesi.
Se si prendono a riferimento le classi di durata indicate nella tabella, si nota
che gli anni 2007, 2008 e 2009 sono quelli in cui si registrano maggiori
differenziazioni nella composizione percentuale delle diverse categorie.
Infatti, fino al 2006 le composizioni percentuali di anno in anno si
diversificano di pochi punti percentuali. Negli ultimi tre anni si registrano
assetti diversi: i contratti con durata sotto i 4 mesi si attestano a circa un quarto
sul totale mentre si evidenzia una decisa prevalenza dei contratti di oltre 24
mesi. In particolare nel 2009 i contratti di più di due anni pesano quasi il 60%.
58
Tab. 4 - Umbria: distribuzione % delle assunzioni in apprendistato per
classi di durata 2000-2009
Durata
0-4 mesi
5-12 mesi
13-24 mesi
oltre 24 mesi
nd
Totale complessivo
2000
29,0
21,7
15,4
23,0
10,9
100
2001
28,7
20,8
15,8
23,3
11,4
100
2002
28,1
19,4
14,5
24,5
13,5
100
2003
26,4
20,6
16,6
23,5
12,9
100
2004
27,2
22,5
15,6
23,5
11,3
100
2005
28,6
20,9
15,5
25,1
9,8
100
2006
25,9
21,5
13,8
29,9
9,0
100
2007
26,1
20,9
14,5
33,1
5,3
100
2008
25,4
20,6
10,3
41,7
1,9
100
2009
22,4
12,9
5,8
58,0
1,0
100
Fonte: elaborazione Aur su dati Regione Umbria - OML di fonte CPI.
Prendendo a riferimento l’anno 2009 (tab. 5) la composizione percentuale
differenziata per genere fa risaltare una concentrazione delle assunzioni delle
donne tendenzialmente in contratti di più lunga durata. Ciò si vede in
particolare nelle due classi estreme: i contratti delle donne fino a 4 mesi
rappresentano il 19,8% contro il 24,2% degli uomini; analogamente nella
classe “oltre 24 mesi”, si concentrano il 59,3% delle donne, contro il 57%
degli uomini.
Tab. 5 - Umbria: distribuzione % delle assunzioni in apprendistato per
genere e per classi di durata 2000-2009
Durata
0-4 mesi
5-12 mesi
13-24 mesi
oltre 24 mesi
nd
Totale complessivo
Maschi
Femmine
24,2
12,4
5,3
57,0
1,1
100,0
19,8
13,5
6,5
59,3
0,9
100,0
Fonte: elaborazione Aur su dati Regione Umbria - OML di fonte CPI.
La consistenza degli apprendisti
Come accennato in premessa, i dati sulle assunzioni forniscono informazioni
sui flussi di utilizzo del contratto di apprendistato. Danno conto del ricorso a
tale tipo di contratto da parte dei datori di lavoro. La varietà nella possibile
durata dei contratti rende la stima della consistenza non di agevole computo.
Partendo dai dati delle assunzioni, è stata realizzata dall’Osservatorio sul
Mercato del Lavoro e supporto alle politiche attive del lavoro della Regione
59
Umbria una stima della consistenza di tale contratto nell’anno concluso
effettuando a monte delle ipotesi di durata dei contratti12.
Tab. 6 - Umbria: consistenza media dei contratti di apprendistato nel
2009 per genere e per anno avvio
Anno 2009
Maschi
avviati nel 2007
1.538
avviati nel 2008
3.556
avviati nel 2009
1.718
Totale complessivo
6.812
Fonte: dati Regione Umbria - OML di fonte CPI
Femmine
1.015
2.367
1.263
4.645
Totale
2.553
5.924
2.981
11.457
La consistenza di apprendisti stimata nel 2009 ammonta a circa 11.500
contratti (tab. 6). La differenziazione per genere (graf. 13) evidenzia la
prevalenza dei contratti a favore degli uomini.
12 Si riportano le ipotesi effettuate dall’Osservatorio sul Mercato del Lavoro e supporto alle
politiche attive del lavoro della Regione Umbria per la stima della consistenza:
tutti i contratti di apprendistato attivati nel 2007 non conclusi e 1/2 di quelli di durata >24 mesi
tutti i contratti di apprendistato attivati nel 2008 con durata >=24 mesi o non conclusi e tutti
quelli con durata 13-24 attivati nel quarto trimestre
1/4 dei contratti attivati nel primo trimestre del 2008 con durata 13-24 mesi
1/2 dei contratti attivati nel secondo trimestre del 2008 con durata 13-24 mesi
3/4 dei contratti attivati nel terzo trimestre del 2008 con durata 13-24 mesi
1/4 dei contratti attivati nel terzo trimestre del 2008 con durata 5-12 mesi
1/2 dei contratti attivati nel quarto trimestre del 2008 con durata 5-12 mesi
10,5/12 dei i contratti attivati nel primo trimestre del 2009 con durata >12 mesi, 1/6 di quelli
con durata <4 mesi e 1/2 di quelli di durata 5-12 mesi
7,5/12 dei contratti attivati nel secondo trimestre del 2009 con durata >12 mesi, 1/6 di quelli
con durata <4 mesi e 1/2 di quelli di durata 5-12 mesi
4,5/12 dei contratti attivati nel terzo trimestre del 2009 con durata >4 mesi, 1/6 di quelli con
durata <4 mesi
1/6 dei contratti attivati nel quarto trimestre del 2009 con durata <4 mesi e 1,5/12 di quelli
con durata superiore.
60
Graf. 13 - Umbria: consistenza apprendisti per genere - 2009
Femmine
41%
Maschi
59%
Fonte: elaborazione Aur su dati Regione Umbria - OML di fonte CPI
Il grafico 14 e la tabella 7 evidenziano, invece, la distribuzione dei dati di
consistenza per province. Quasi 9.000 (78%) dei contratti sono stati stimati
nella provincia di Perugia, contro poco più di 2.500 (22%) in quella di Terni.
I contratti delle apprendiste sono maggiori in percentuale a Perugia (41,4%)
rispetto a Terni (37,5%).
Graf. 14 - Umbria: consistenza media dei contratti di apprendistato nel
2009 per genere per provincia
9.000
8.000
7.000
6.000
5.000
4.000
3.000
2.000
1.000
-
Perugia
Maschi
Terni
Femmine
Totale
Fonte: elaborazione Aur su dati Regione Umbria - OML di fonte CPI
61
Tab. 7 - Consistenza media dei contratti di apprendistato nel 2009 per
genere per provincia e per anno di avvio
Perugia
Maschi Femmine Totale
avviati nel 2007
1.199
803
2.002
avvati nel 2008
2.713
1.914
4.627
avvati nel 2009
1.306
970
2.275
Totale complessivo
5.217
3.686
8.903
Fonte: dati Regione Umbria - OML di fonte CPI.
Anno 2009
Maschi
339
844
412
1.595
Terni
Femmine
213
453
293
959
Totale
551
1.297
705
2.553
L’Apprendistato e le altre tipologie contrattuali
Il confronto con le altre tipologie contrattuali vigenti chiarisce ancora meglio
il peso dell’apprendistato e la sua evoluzione.
Nel 2009 la tipologia contrattuale con cui sono state effettuate più della metà
delle assunzioni è il contratto a tempo determinato, seguito a distanza dal
tempo indeterminato (tab. 8). Il contratto di apprendistato con il 5% copre
una percentuale simile al contratto di somministrazione ed a quello
intermittente; risulta invece inferiore al contratto di collaborazione con cui
vengono effettuati il 9% dei contratti.
Tab. 8 - Umbria: distribuzione del numero dei contratti per tipologia
contrattuale (2009)
TIPOLOGIA CONTRATTI
APPRENDISTATO
ASSOCIAZIONE IN PARTECIPAZIONE
CONTRATTO DI INSERIMENTO - CFL
CONTRATTO DI SOMMINISTRAZIONE-INTER.
LAVORO A DOMICILIO
LAVORO A PROGETTO / COLL.COORD. E CONT.
LAVORO A TEMPO DETERMINATO
LAVORO A TEMPO INDETERMINATO
LAVORO INTERMITTENTE
LAVORO OCCASIONALE-AUTONOMO
LAVORO RIPARTITO
CONTRATTO DI AGENZIA
TOTALE ASSUNZIONI
n° contratti
6.863
/
229
6.823
62
12.158
73.035
24.471
6.621
4.103
11
45
135.196
%
5,1
/
0,2
5,0
0,0
9,0
54,0
18,1
4,9
3,0
0,0
0,0
100
Fonte: elaborazione Aur su dati Regione Umbria - OML di fonte CPI.
La predominanza del contratto a termine è fatto di lunga durata come si
evidenzia dalla serie storica (2000-2009) esaminata (tab. 9 e graf. 15).
Nel corso degli anni 2000 si è sempre attestato intorno al 55% del totale delle
assunzioni per anno. Al contrario diminuisce nel tempo il peso del contratto
62
di apprendistato (già evidenziato) e del contratto a tempo indeterminato a
favore di contratti di nuova generazione come contratto a progetto, il lavoro
intermittente.
Tab. 9 - Umbria: distribuzione % dei contratti per tipologia contrattuale
2000-2009
Tipologia contrattuale
APPRENDISTATO
ASSOCIAZIONE IN
PARTECIPAZIONE
CONTRATTO
DI INSERIMENTO - CFL
CONTRATTO DI
SOMMINISTRAZIONE
INTER.
LAVORO A DOMICILIO
LAVORO A PROGETTO /
COLL.COORD. E CONT.
LAVORO A TEMPO
DETERMINATO
LAVORO A TEMPO
INDETERMINATO
LAVORO
INTERMITTENTE
LAVORO OCCASIONALEAUTONOMO
LAVORO RIPARTITO
CONTRATTO
DI AGENZIA
Totale assunzioni
00
10,4
01
9,2
02
8,9
03
9,3
04
9,6
05
9,5
06
9,7
07
7,3
08
6,5
09 Tot.
5,1
8,3
0,0
0,0
0,0
0,0
0,0
0,0
0,0
0,0
0,0
0,0
0,0
4,7
3,7
2,7
2,2
0,7
0,2
0,3
0,1
0,2
0,2
1,2
1,4
0,1
2,4
0,1
4,1
0,1
4,4
0,1
4,5
0,1
5,8
0,1
6,5
0,1
5,7
0,0
6,1
0,1
5,0
0,0
4,8
0,1
0,1
0,2
0,3
1,9
3,5
5,3
5,5
7,8
8,0
9,0
4,8
56,5 56,8 56,6 54,8 56,3 55,0 54,6 54,1 55,3 54,0
55,3
26,8 27,7 27,3 27,3 25,1 23,3 22,1 22,2 19,2 18,1
23,3
0,0
0,0
0,0
0,0
0,1
0,6
1,0
2,2
2,1
4,9
1,3
0,0
0,0
0,0
0,0
0,0
0,0
0,0
0,0
0,1
0,0
0,1
0,0
0,1
0,1
0,3
0,0
2,1
0,0
3,0
0,0
0,7
0,0
0,0
100
0,0
100
0,0
100
0,0
100
0,0
100
0,0
100
0,0
100
0,0
100
0,0
100
0,0
100
0,0
100
Fonte: elaborazione Aur su dati Regione Umbria - OML di fonte CPI.
Esaminando le variazioni in valore assoluto, si evidenzia (graf. 16) come i
due contratti prevalenti abbiano un picco negli anni 2007-2008 con una
tendenza al declino nel 2009.
Nel grafico 17 sono evidenziati i contratti di minor utilizzo ma
sostanzialmente concorrenti ed alternativi tra di loro. Come si vede, il
contratto di collaborazione risulta quello che negli ultimi anni è il più
utilizzato dopo quelli a tempo determinato ed indeterminato. L’impennata
nell’anno 2007 è da ascrivere anche alla obbligatorietà delle comunicazioni ai
Centri per l’impiego entrata in vigore in quegli anni. Come si evidenzia,
inoltre, il contratto di apprendistato, di somministrazione ed intermittente
convergono in valore assoluto nel 2009. Occorre comunque notare che
mentre il contratto intermittente è interessato da valori crescenti negli anni,
63
gli altri due contratti risultano in declino (l’apprendistato ha valori più bassi
negli anni 2008 e 2009, mentre la somministrazione solo nel 2009).
L’apprendistato è comunque l’unico contratto tra quelli esaminati che nel
2009 tocca il suo minimo storico.
Graf. 15 - Umbria: rapporto tra tipologie contrattuali e assunzioni totali
2007-2009
30
60
55,3
54,1
50
22,2
19,2
val. %
20
40
18,1
15
30
10
7,3
8,0
7,8
9,0
6,5 6,1
5,7
5
2,2
20
5,1 5,0
4,9
3,0
2,1 2,1
0,3
val. %
25
54,0
0
10
0
2007
2008
2009
APPRENDISTATO
CONTRATTO DI SOMMINISTRAZIONE-INTER.
LAVORO A PROGETTO / COLL.COORD. E CONT.
LAVORO A TEMPO INDETERMINATO
LAVORO INTERMITTENTE
LAVORO OCCASIONALE-AUTONOMO
LAVORO A TEMPO DETERMINATO
Fonte: elaborazione Aur su dati Regione Umbria - OML di fonte CPI.
Graf. 16 - Umbria: assunzioni relative ad alcune tipologie contrattuali 20002009 (v.a.)
100000
90000
80000
70000
60000
50000
40000
30000
20000
10000
0
2000
2001
2002
2003
2004
LAVORO A TEMPO DETERMINATO
2005
2006
2007
2008
LAVORO A TEMPO INDETERMINATO
Fonte: elaborazione Aur su dati Regione Umbria - OML di fonte CPI.
64
2009
Graf. 17 - Umbria: assunzioni relative ad alcune tipologie contrattuali 20002009 (v.a.)
14000
12000
10000
8000
6000
4000
2000
0
2000
2001
2002
2003
2004
APPRENDISTATO
LAVORO A PROGETTO / COLL.COORD. E CONT.
2005
2006
2007
2008
2009
CONTRATTO DI SOMMINISTRAZIONE-INTER.
LAVORO INTERMITTENTE
Fonte: elaborazione Aur su dati Regione Umbria - OML di fonte CPI.
Nel grafico 18 si prendono a riferimento le variazioni subite dai diversi
contratti in riferimento ai dati di inizio decennio (2000=100).
Come si evidenzia, il contratto di inserimento-CFL (in cui si assommano fino
al 2003-2004 i dati dei contratti di formazione e lavoro e dopo la legge Biagi i
contratti di inserimento) risulta in declino fin dai primi anni 2000 ma subisce
un crollo nel triennio 2003-2005 a fronte della fine del CFL che non è
minimamente compensata dall’utilizzo del contratto di inserimento.
Peraltro, occorre notare che l’abolizione del CFL non solo non è compensata
dall’utilizzo del contratto di inserimento, ma neanche dal contratto di
apprendistato che per le sue caratteristiche (contratto a causa mista) poteva
esserne l’erede.
Gli altri contratti presi in esame subiscono variazioni positive moderate
rispetto all’anno base fino al 2006. Nel 2007 i contratti a tempo determinato
ed indeterminato subiscono una impennata (rispettivamente 180% e 156%)
poi seguita da una declino nell’anno 2009; a fine periodo il contratto a tempo
determinato ha comunque una variazione positiva del 152%, mentre il
contratto a tempo indeterminato ritorna pressappoco ai valori iniziali
(+108%).
65
Graf. 18 - Umbria: variazioni di alcune tipologie contrattuali
(2000=100) 2000-2009
200
180
160
140
120
100
80
60
40
20
0
2000
2001
2002
2003
TOTALE ASSUNZIONI
CONTRATTO DI INSERIMENTO - CFL
LAVORO A TEMPO INDETERMINATO
2004
2005
2006
2007
2008
2009
APPRENDISTATO
LAVORO A TEMPO DETERMINATO
Fonte: elaborazione Aur su dati Regione Umbria - OML di fonte CPI.
Esaminando le situazioni provinciali (graff. 19-20) si evidenzia che le
assunzioni totali nel biennio 2007-2008 crescono percentualmente più a
Perugia che a Terni. Inoltre, è da segnalare che a Terni il contratto a tempo
indeterminato è caratterizzato per variazioni più “spiccate” del contratto a
tempo determinato in particolare nel 2003 (140% contro 116,5%) e nel 2007
(177% contro 163,2%). Inoltre il contratto a tempo indeterminato in
provincia di Terni subisce variazioni con valori positivi più accentuati
rispetto a Perugia. Per il contratto di apprendistato si rilevano a Terni
nell’ultimo biennio decrementi meno marcati rispetto a Perugia
(rispettivamente +126% e -93% contro +116% e -75%).
66
Graf. 19 - Perugia: variazioni di alcune tipologie contrattuali
(2000=100) 2000-2009
200
180
160
140
120
100
80
60
40
20
0
2000
2001
2002
2003
2004
TOTALE ASSUNZIONI
CONTRATTO DI INSERIMENTO - CFL
LAVORO A TEMPO INDETERMINATO
2005
2006
2007
2008
2009
APPRENDISTATO
LAVORO A TEMPO DETERMINATO
Fonte: elaborazione Aur su dati Regione Umbria - OML di fonte CPI.
Graf. 20 - Terni: variazioni di alcune tipologie contrattuali (2000=100)
2000-2009
200
180
160
140
120
100
80
60
40
20
0
2000
2001
2002
2003
TOTALE ASSUNZIONI
CONTRATTO DI INSERIMENTO - CFL
LAVORO A TEMPO INDETERMINATO
2004
2005
2006
2007
2008
2009
APPRENDISTATO
LAVORO A TEMPO DETERMINATO
Fonte: elaborazione Aur su dati Regione Umbria - OML di fonte CPI.
67
Nel grafico 21 è poi stato esaminato il peso sul totale delle assunzioni negli
ultimi tre anni delle tipologie contrattuali con agevolazioni contributive,
ovvero, oltre all’apprendistato, la L. 407/2001 e la mobilità. Il contratto
maggiormente utilizzato risulta l’apprendistato ma con un peso che, abbiamo
visto, diminuisce nel triennio.
Le assunzioni in mobilità, dato il periodo di crisi, sembrano essere in crescita
sia come peso percentuale che in valori assoluti. Risultano invece
percentualmente stabili le assunzioni con L. 407/2001.
Graf. 21 - Umbria: contratti con agevolazioni contributive sul totale
assunzioni (%)
2,0
0,5
2009
5,1
1,1
0,5
2008
6,5
1,3
0,6
2007
7,3
0,0
1,0
2,0
3,0
4,0
APPRENDISTATO
5,0
L. 407
6,0
7,0
8,0
Mobilità
Fonte: elaborazione Aur su dati Regione Umbria - OML di fonte CPI.
Analisi settoriale
I settori (tab. 10) in cui viene maggiormente utilizzato in Umbria il contratto
di apprendistato nel 2009 sono il settore delle costruzioni, l’attività di
alloggio e ristorazione e le attività manifatturiere che presentano percentuali
similari. Segue a breve distanza il commercio. Tali settori assommano circa
l’80% degli apprendisti.
68
Tab. 10 - Umbria: contratti per settori economici - anno 2009
F
I
C
G
S
N
M
J
H
K
Q
R
A
E
D
T
L
P
B
O
Settori
COSTRUZIONI
ATTIVITÀ DEI SERVIZI DI ALLOGGIO E DI RISTORAZIONE
ATTIVITA' MANIFATTURIERE
COMMERCIO ALL'INGROSSO E AL DETTAGLIO; RIPARAZIONE
DI AUTOVEICOLI E MOTOCICLI
ALTRE ATTIVITÀ DI SERVIZI
NOLEGGIO, AGENZIE DI VIAGGIO, SERVIZI DI
SUPPORTO ALLE IMPRESE
ATTIVITÀ PROFESSIONALI, SCIENTIFICHE E TECNICHE
SERVIZI DI INFORMAZIONE E COMUNICAZIONE
TRASPORTO E MAGAZZINAGGIO
ATTIVITÀ FINANZIARIE E ASSICURATIVE
SANITA' E ASSISTENZA SOCIALE
ATTIVITÀ ARTISTICHE, SPORTIVE, DI INTRATTENIMENTO
E DIVERTIMENTO
AGRICOLTURA, SILVICOLTURA E PESCA
FORNITURA DI ACQUA; RETI FOGNARIE, ATTIVITÀ DI GESTIONE
DEI RIFIUTI E RISANAMENTO
FORNITURA DI ENERGIA ELETTRICA, GAS, VAPORE E ARIA
CONDIZIONATA
ATTIVITÀ DI FAMIGLIE E CONVIVENZE COME DATORI DI
LAVORO PER PERSONALE DOMESTICO; PRODUZIONE DI BENI
ATTIVITA' IMMOBILIARI
ISTRUZIONE
ESTRAZIONE DI MINERALI DA CAVE E MINIERE
AMMINISTRAZIONE PUBBLICA E DIFESA; ASSICURAZIONE
SOCIALE OBBLIGATORIA
nd
Tot.
v.a.
1473
1425
1366
%
21,5
20,8
19,9
1208
407
17,6
5,9
198
190
170
81
81
45
2,9
2,8
2,5
1,2
1,2
0,7
37
33
0,5
0,5
30
0,4
29
0,4
24
20
10
8
0,3
0,3
0,1
0,1
5
0,1
23
0,3
6863 100,0
Fonte: elaborazione Aur su dati Regione Umbria - OML di fonte CPI.
Esaminando la distribuzione in valore assoluto nel tempo delle assunzioni in
apprendistato nei principali settori sopra esaminati (Graf. 22), si nota una
diversificazione delle assunzioni tra i vari settori nel tempo.
Infatti, all’inizio degli anni 2000 il settore che assumeva più di un terzo (37%)
degli apprendisti era quello delle attività manifatturiere. Seguivano a distanza
le costruzioni ed il commercio (19,3% e 18,9%) e poi i servizi di alloggio e
ristorazione (9,9%).
Con il tempo vi è stata, quindi, una distribuzione della maggior parte delle
assunzioni più omogenea tra i quattro settori più interessati a tale tipologia
contrattuale.
69
Graf. 22 - Umbria: assunzioni in apprendistato nei principali settori 20002009 (v.a.)
3500
3000
2500
2000
1500
1000
500
0
2000
2001
2002
2003
2004
F
2005
I
C
2006
2007
2008
2009
G
Fonte: elaborazione Aur su dati Regione Umbria - OML di fonte CPI.
Esaminando le variazioni rispetto all’anno base 2000 (graf. 23), si evidenzia
che in tutti i settori esaminati le assunzioni subiscono nell’ultimo triennio un
decremento. Il settore alloggio e ristorazione è quello che registra le
variazioni percentuali più alte ed è l’unico che a fine periodo ha una
percentuale superiore al valore iniziale, mentre gli altri settori nel 2009
registrano valori inferiori. Il commercio si configura come il settore che in
tutto il periodo ha valori più bassi degli altri settori e dell’anno di riferimento.
Il rapporto tra le assunzioni in apprendistato e quelle totali nel 2009 nei
settori presi in esame è illustrato nel grafico 24. Il settore in cui
l’apprendistato ha un peso più rilevante è quello delle costruzioni che si
contrappone al settore alloggio e ristorazione dove si registra un’incidenza
più bassa. Negli altri due settori, invece, le assunzioni si attestano circa al
17%. Si tratta, pertanto, di incidenze decisamente più elevate rispetto a quella
che si riferisce al complesso delle assunzioni che ricordiamo nel 2009 è del
5,1%.
70
Graf. 23 - Umbria: variazioni % assunzioni in apprendistato
(2000=100) nei principali settori 2000-2009
250
200
150
100
50
0
2000 2001 2002 2003 2004 2005 2006 2007 2008 2009
F
I
C
G
Fonte: elaborazione Aur su dati Regione Umbria - OML di fonte CPI.
Graf. 24 - Umbria: rapporto tra assunzioni in apprendistato e totale
delle assunzioni nei principali settori - anno 2009
21,3
25
16,3
val. %
20
16,8
15
7,0
10
5
0
F
I
C
G
Fonte: elaborazione Aur su dati Regione Umbria - OML di fonte CPI.
71
L’APPRENDISTATO E’ UN CONTRATTO CHE
RAFFORZA O INDEBOLISCE L’OFFERTA DI
LAVORO?13
Le opinioni degli intervistati e l’effetto della contribuzione
A seguito dei dati raccolti nel periodo 2000-2009, visto l’andamento
decrescente delle assunzioni in apprendistato da sole e in relazione con altri
tipi di contratto, si è ritenuto di dover approfondire tale questione
raccogliendo giudizi e opinioni di interlocutori privilegiati per poter avere un
quadro analitico prima separatamente, per singolo interlocutore, e
successivamente attraverso un confronto generale fra tutti gli interlocutori
interessati, al fine di fissare gli elementi più problematici che caratterizzano
l’uso del contratto di apprendistato.
E’ stata elaborata, quindi, una traccia di intervista da somministrare agli
interlocutori selezionati che si divide in tre sezioni: una prima conoscitiva,
una seconda qualitativa e una terza comparativa14. Le aziende sono state
selezionate su tutto il territorio regionale in accordo con le Province e la
scelta definitiva è avvenuta tenendo conto delle esperienze fatte nella
formazione degli apprendisti sia direttamente che con il finanziamento
pubblico. Sono stati poi ascoltati anche i presidenti degli Ordini dei
consulenti del lavoro delle province di Terni e Perugia, dato il lavoro svolto
per conto di numerose aziende anche medio-piccole, e alcuni rappresentanti
delle Associazioni datoriali locali, direttori ed esperti di apprendistato, in
qualità di rappresentati degli interessi degli iscritti del loro settore e in qualità
di gestori della formazione.
Non si è proceduto sulla base di un campione statisticamente significativo,
ma unicamente sulla base della necessità di acquisire una serie di opinioni,
giudizi, esperienze, sollecitazioni da relazionare con i dati raccolti per avere,
poi, un quadro d’insieme sul quale confrontarsi in un momento successivo
13
14
Il primo paragrafo è da attribuire a Franco Fogliano e gli altri a Enza Galluzzo.
La traccia di intervista e i soggetti intervistati sono riportati in calce al capitolo (Appendice 1 e 2).
73
con i rappresentanti delle parti sociali, delle istituzioni e dei consulenti del
lavoro. Tale quadro d’insieme ha costituito un rapporto intermedio che è stato
sottoposto prima alla Regione in quanto committente e alle due Province e
poi alle Parti sociali e ai rappresentanti provinciali dell’Ordine dei consulenti
del lavoro.
Il rapporto intermedio è stato presentato prima alle istituzioni il 17 Dicembre
2009 e poi, il 20 Gennaio 2010, in seno ad una riunione allargata, ai
rappresentanti delle Parti sociali e degli Ordini dei consulenti del lavoro.
Da questi confronti si sono raccolte alcune indicazioni importanti che hanno
convalidato quanto fino a quel momento emerso dalle interviste e dal
commento dei dati sull’andamento delle assunzioni. Inoltre, sono stati
suggeriti ulteriori approfondimenti, specialmente sul fronte del rapporto fra
costo del lavoro ( incidenza della formazione e della contribuzione) e scelta
del datore di lavoro di assumere o meno apprendisti.
Le risultanze delle interviste
Le risultanze delle interviste, esclusivamente sul piano qualitativo, sono
presentate schematicamente in quattro figure in cui vengono sintetizzate le
risposte fornite, con riferimento a grandi e piccole-medie aziende,
direttamente dagli imprenditori o da coloro che, in quanto rappresentanti
delle Associazioni e degli Ordini dei consulenti del lavoro, conoscono le
esigenze delle aziende stesse e quindi sono in grado di farsene portavoce.
Nella Fig. 1 vengono messi in correlazione il beneficio contributivo e l’onere
della formazione. Per il primo, vengono individuate tre gradazioni nella
percezione: alto, medio e basso. Per il secondo, vengono individuate due
possibili alternative: se l’onere della formazione viene considerato un
deterrente o una opportunità.
Le grandi imprese considerano che, a fronte di un beneficio contributivo
alto, la formazione sia prevalentemente una opportunità e non un costo
ulteriore, nel solco della tradizione che vede le grandi imprese da sempre
impegnate in attività formative continuative e fortemente standardizzate sulle
loro specifiche necessità. Viceversa, per le piccole e medie imprese, sempre a
fronte di un beneficio contributivo percepito come alto, la formazione
rappresenta più un deterrente che un beneficio e quindi viene percepita come
un ulteriore costo da sostenere.
74
Fig. 1 - Oneri e benefici del contratto di apprendistato: grandi e
piccole-medie aziende a confronto
BENEFICIO
CONTRIBUTIVO
alto
Piccole e Medie
Imprese
Grandi
Imprese
medio
basso
deterrente
opportunità
ONERE DELLA
FORMAZIONE
A completamento delle risultanze fornite dalla figura 1, nella successiva figura
2 proprio a verifica del giudizio sull’esito della formazione, positivo o negativo,
sono state messe in correlazione le modalità dell’erogazione della formazione
(interna, mista e esterna) e il suo grado di utilità (positivo o negativo) così
come viene fornita dalle agenzie formative.
Le grandi imprese e le piccole e medie si dispongono in modo diametralmente
opposto. Infatti, le prime prediligono la formazione interna, da loro
direttamente erogata, esprimendo un chiaro giudizio positivo; le seconde,
probabilmente perché impossibilitate per ragioni organizzative e dimensionali a
svolgere direttamente la formazione, si collocano prevalentemente nell’ambito
di un giudizio negativo sulla formazione esterna affidata alle agenzie formative.
Rispetto, in particolare, alla variabile formazione, sono emerse cinque
problematiche ricorrenti che riguardano efficacia, flessibilità, difficoltà
organizzativa, gestione amministrativa ed erogazione dei finanziamenti e che
sono state sintetizzate nelle figure 3 e 4 utilizzando un grafico a ragnatela.
In ciascun apice del pentagono è stato indicato un problema prevalente e
rispetto ad ognuno di esso è stata riportata l’intensità di giudizio. L’area che ne
deriva fornisce una sintesi di aggregazione dei giudizi e delle percezioni
rispettivamente delle grandi e delle piccole-medie imprese.
Ancora una volta le grandi imprese si collocano in modo diametralmente
opposto alle piccole-medie imprese.
75
Fig. 2 - La formazione nel contratto di apprendistato: grandi e piccole
imprese a confronto
EROGAZIONE
FORMAZIONE
Grandi
Imprese
interna
mista
Piccole e Medie
imprese
esterna
positivo
negativo
UTILITA’
FORMAZIONE
Le prime (Fig. 3), infatti, manifestano una leggera attenzione unicamente per le
questioni connesse con la gestione amministrativa della formazione che
riconduce prevalentemente ad un ritardo dei finanziamenti. Con ciò si
conferma e si spiega ulteriormente la valutazione positiva già espressa nei
confronti dell’erogazione della formazione (Fig. 2).
Le seconde (Fig. 4), in modo significativo manifestano una sofferenza dovuta
a: difficoltà dell’organizzazione, inefficacia ed onere, mancanza di flessibilità
della formazione.
Anche in questo caso si conferma e si articola ulteriormente la valutazione
espressa nella figura 2. Complessivamente si rileva un’area problematica più
importante per le piccole-medie imprese che per le grandi.
Per quanto riguarda le aree problematiche individuate, le interviste effettuate
mettono in risalto alcune delle questioni più sentite.
Rispetto al ritardo dei finanziamenti, le risposte degli intervistati esprimono il
disagio che provano per ottenere in tempo utile i finanziamenti pubblici al fine
di effettuare la formazione finanziata da loro richiesta. Questo ha comportato
slittamenti nell’erogazione della formazione o addirittura congelamento della
stessa in attesa dell’arrivo dei fondi richiesti, con conseguente difficoltà nella
gestione dei rapporti tra apprendisti e datori di lavoro.
76
Fig. 3 - Peso di alcune principali problematiche inerenti la formazione:
orientamento delle grandi imprese
Grandi Imprese (> 50 dipendenti)
RITARDO NEI
FINANZIAMENTI
100
DIFFICOLTA'
ORGANIZZAZIONE DELLA
FORM.
50
0
INEFFICACIA E ONERE
DELLA FORMAZIONE
GESTIONE
AMMINISTRATIVA DELLA
FORMAZIONE
MANCANZA FLESSIBILITA'
Fig. 4 - Peso di alcune principali problematiche inerenti la formazione:
orientamento delle piccole medie imprese
Piccole-medie imprese (< 50 dipendenti)
RITARDO NEI
FINANZIAMENTI
100
DIFFICOLTA'
ORGANIZZAZIONE DELLA
FORM.
INEFFICACIA E ONERE
DELLA FORMAZIONE
50
0
GESTIONE
AMMINISTRATIVA DELLA
FORMAZIONE
MANCANZA FLESSIBILITA'
Rispetto alla difficoltà nella gestione amministrativa della formazione pubblica, le
risposte degli intervistati si concentrano sugli aspetti burocratici
dell’attivazione del contratto di apprendistato e sul passaggio dalla vecchia
alla nuova normativa.
Rispetto alla problematica della mancanza di flessibilità della formazione
pubblica relativamente alle esigenze dell’impresa e dell’apprendista, gli
77
intervistati segnalano le notevoli difficoltà che devono superare per
raggiungere una formazione di qualità in apprendistato.
Rispetto all’onere della formazione, soprattutto per le piccole imprese che
assumono apprendisti, gli intervistati segnalano come la formazione stessa
venga vissuta come un “peso” in termini di mancata produzione per il
periodo in cui il lavoratore si allontana dal posto di lavoro; costo che, però,
non viene compensato in termini di conoscenze acquisite dall’apprendista.
Rispetto all’inefficacia della formazione, gli intervistati hanno segnalato casi in cui
la formazione stessa viene vissuta come perdita di tempo e quindi ritenuta
poco utile.
Rispetto infine all’organizzazione della formazione pubblica, gli interlocutori
hanno evidenziato l’influenza che esercitano ai fini della riuscita del corso le
modalità di gestione della classe e la scelta delle tematiche inerenti al profilo
professionale da conseguire.
Di seguito, si riportano (Scheda 1) le sei tematiche descritte15, corredate da
alcune frasi estrapolate dalle interviste effettuate, indicando attraverso la
graduazione del colore l’intensità più alta o più bassa del modo in cui la
problematica viene sentita.
Scheda 1 - Alcuni giudizi degli intervistati sulle problematiche
individuate
Ritardo dei finanziamenti
“(Da) Ottobre del 2008 […]non abbiamo più assunto […] neanche con
apprendistato. Quando arriveranno i soldi…”.
“Terni sta aspettando che arrivino i fondi” .
“Siamo in attesa che ci sblocchino questo finanziamento[…], visto che abbiamo
[…] apprendisti che devono fare il percorso formativo[…] per la parte
trasversale[…]”.
“… la preoccupazione più grossa è quella di lasciare nel limbo le imprese che
debbono scegliere un canale o l’altro[…] non possiamo continuare a dire […]
aspettiamo che esca l’avviso pubblico […] prima o poi ci sarà la possibilità di
fare corsi”.
15 Si segnala che nella Scheda 1 l’inefficacia e l’onere della formazione vengono distinte in
quanto le risposte fornite dagli intervistati si caratterizzano più chiaramente se indicate
separatamente.
78
Gestione amministrativa della formazione
“…le formalità burocratiche […] ci sono. Le approvazioni, l’iter tramite l’ente
bilaterale, […] l’iscrizione obbligatoria per avere la validazione….il parere di
conformità…tutte queste cose frenano ovviamente l’accesso all’apprendistato”.
“E’ sicuramente più complesso avviare questo tipo di contratto rispetto ad
altri”.
“…secondo me con l'accreditamento si pensava di aver trovato la risposta alla
scrematura di tanti enti di formazione […] Mentre invece abbiamo visto che anzi
ce ne sono ancora di più”.
“Quelle imprese (che) optano per l’offerta pubblica […] aspettano: se sono
chiamate bene, se no […] si salvano”.
“Con tutte le normative che si sono succedute da quando si è detto
semplifichiamo[…] è stata una complicazione dietro l’altra”.
Mancanza di flessibilità dei percorsi
“Le modalità (di realizzazione della formazione) necessitano di semplificazione e
di snellezza. Vogliamo essere più elastici possibili”.
“…la grande esigenza di flessibilizzare fortemente i meccanismi di formazione
esterna rispetto […] alle esigenze dell’[…] apprendista […] si collega a quella
dell’impresa”.
“Ci deve essere la flessibilità di rendere anche diverso il percorso[…] ha senso
un percorso così articolato per uno che mi serve 6 mesi?”.
“Bisognerebbe puntare più su una formazione pratica”.
“…lasciare direttamente all’apprendista e all’impresa la capacità di organizzarsi
tra di loro […] per cogliere quelle specificità senza le quali la formazione avrebbe
un contenuto […] più basso”.
“… il contenuto della formazione […] deve essere un pochino più flessibile e
non incollato…”.
“… alle nostre aziende piace una formazione che sia assolutamente
personalizzata…”.
79
Onere della formazione
“ Togliere per 120 ore l’apprendista [alle piccole imprese], significa togliergli il
100% della forza lavoro”.
“… 120 ore annue, sono tantissime. Perché è quasi una mensilità all’anno che
[…] perde il datore di lavoro perché deve fare al proprio apprendista la
formazione esterna…”.
“…l’obbligo formativo diventa un oggettivo appesantimento del costo per
l’imprenditore[…].(Sono)120 ore retribuite (più) 120 ore di mancata
produzione”.
“… le aziende, in particolare le piccole […], quando assumono un apprendista
[…] lo mettono subito a lavorare e mandarlo […] in formazione è un peso”.
“…un laureato di 28 (anni) assunto come apprendista… se trova meglio se ne
va. Dopo un anno che si è formato se ne va”.
“…l’obbligo della formazione formale esterna all’impresa per almeno 120 ore
annue […] non ha funzionato, realisticamente in nessuna parte del territorio”.
Inefficacia della formazione
“… la formazione non è adeguata […] le aziende devono ricorrer(vi)
obbligatoriamente però non gli serve a niente”.
“(La formazione è una) perdita di tempo, non inerente nei programmi con
quello che poi effettivamente […] serve da spendere all’interno dell’azienda […]
è lo stesso […] apprendista, che ha esternato la sua insoddisfazione…”.
“Non abbiamo un ritorno del tempo investito, lo dicono gli stessi ragazzi (in
formazione). Perdono tempo”.
“In specifico la formazione fa bene ai formatori. Assistiamo spesso a situazioni
per le quali…i formandi sanno molto di più dei formatori”.
“In un momento di crisi […] bisogna tornare a creare opportunità di lavoro e
(fare la) formazione che serve”.
“Se lo mando a fare un corso esterno, mi deve ritornare con un valore aggiunto”.
“Posso dire anche che molti ragazzi che frequentano (le) formazioni esterne, le
vivono come […] non […] costruttive”.
80
Difficoltà nell’organizzazione della formazione
“A tutto questo va aggiunto anche l’estremo disagio […] per recarsi
materialmente alle sedi predisposte per la formazione”.
“…è più facile formarlo ulteriormente in azienda che ha un macchinario super
moderno (piuttosto che presso) un’agenzia formativa […]”.
“Il limite più grosso della formazione è il concetto di classe (aula)”.
“Minore è la scolarizzazione, minore è la propensione ad acquisire una
formazione […] rivendibile nel modo del lavoro”.
“E’ inutile fare uno sforzo di progettualità prima che conosco l’apprendista”.
“Ridurre l'azione formativa frontale è un obiettivo che secondo me la Regione
Umbria si deve porre”.
“Grande flessibilità, unità formative, percorsi sempre più individuali: il PFI
dovrebbe rispondere a questa esigenza”.
Nel corso degli incontri sopra indicati si è riscontrata una condivisione
rispetto alle problematiche segnalate dall’Aur e si è ritenuto opportuno
procedere ad approfondire la variabile fortemente indicata dalle parti ma mai
realmente esplorata che riguarda l’effetto della contribuzione sull’andamento delle
assunzioni in apprendistato. Più in particolare, tutti hanno messo in evidenza
come a partire dal decreto 276/2003 con l’avvento dell’apprendistato
professionalizzante, la materia contribuzione fosse diventata per tutte le
imprese, in particolare per quelle con più di 10 dipendenti, un costo molto
più importante che non nel passato immediatamente precedente.
Utilizzando l’esperienza dell’Ordine dei consulenti del lavoro della Provincia
di Perugia, si è proceduto a ricostruire l’incidenza della contribuzione nel
tempo con particolare riferimento al periodo 2000-2009.
La contribuzione previdenziale a carico del datore di lavoro prima del 2007
Uno dei pilastri del contratto di apprendistato previsto dalla L. 55 del 1925 è
un regime di contribuzione previdenziale di tipo agevolato.
L’art. 22 prevedeva infatti che il versamento dei contributi a carico
dell’azienda dovuti per le assicurazioni sociali a favore dell’apprendista
dovesse essere effettuato mediante l'acquisto di apposita marca settimanale di
81
valore ridotto rispetto a quanto dovuto per la generalità dei lavoratori.
Veniva introdotto quindi un regime agevolato ed un nuovo strumento di
adempimento contributivo, diverso dal normale pagamento degli oneri
previdenziali, ovvero l’acquisto di una marca. Il legislatore, pur nella esiguità
del valore attribuito alla marca, ne distingueva due tipologie: la prima
leggermente più elevata per l’apprendista soggetto anche all'obbligo
dell'assicurazione contro gli infortuni sul lavoro e le malattie professionali e
la seconda per apprendista non soggetto a tali obblighi. La contribuzione
prevista offriva comunque le seguenti coperture:
- assicurazione contro gli infortuni e le malattie professionali;
- assicurazione contro le malattie;
- assicurazione contro l'invalidità e vecchiaia;
- assicurazione contro la tubercolosi;
- assegni familiari.
Il valore iniziale delle marche negli anni 50 (legge 8 luglio 1956, n. 706)
ammontava a 170 lire e a 130 rispettivamente per i lavoratori con e senza
copertura per infortuni e malattia professionale.
La misura dei contributi dovuti per gli apprendisti è stata ripetutamente
modificata dalle disposizioni che si sono succedute nel tempo. Già l’ultimo
comma dell’art. 22 della L. 25 prevedeva che “Nel corso del primo quinquennio di
applicazione della presente legge, se particolari esigenze lo richiedano a vantaggio della
mutualità o delle categorie interessate, i valori delle marche settimanali, previste nel primo
comma (…) possono essere modificati con decreto del Presidente della Repubblica su
proposta del Ministro per il lavoro e la previdenza sociale”.
Inoltre occorre precisare che per effetto dell'art. 22, L. 3 giugno 1975 n. 160,
l’ammontare dei contributi per gli apprendisti è stato legato al variare delle
pensioni dell'assicurazione generale obbligatoria dei lavoratori dipendenti,
nella stessa misura percentuale e con la stessa decorrenza di tali aumenti.
In ogni caso la Legge originaria e le successive normative di modifica
succedutesi fino al 2007, hanno attribuito al contributo previdenziale per gli
apprendisti un valore minimo e sostanzialmente simbolico, rispetto alle
aliquote contributive in vigore. Inoltre il contributo settimanale è cresciuto
negli anni in maniera limitata: da circa 200 lire a fine degli anni 50, a 400 lire
a fine anni 60, a 1900 negli anni 80, 3800 negli anni 90 fino al 2006 in cui il
contributo fisso settimanale era di 2,98 euro.
Le marche erano distribuite operativamente dalle strutture INPS ai datori di
lavoro che ne facevano richiesta. Il sistema delle marche è stato fisicamente
abolito con il D.M. 5/2/1969 che ha introdotto un sistema di versamento
dei contributi e di denuncia mensile delle retribuzioni attraverso il modello
DM. L’innovazione introdotta a partire dagli anni 70 ha riguardato comun-
82
que esclusivamente il sistema operativo. E’ stata mantenuta invece la logica
di fondo che ha previsto fino al 2007 un sistema di contributi settimanali in
misura fissa e di bassa entità.
Un discorso a parte va fatto per il settore artigiano. La legge 25/55
prevedeva infatti che “Non si applicano agli apprendisti e agli imprenditori artigiani le
norme della presente legge contenute negli articoli 3, secondo e terzo comma, 22, 23 e 24.”.
In tal modo al settore dell’artigianato non doveva essere applicata alcuna
obbligazione contributiva. Tale situazione è stata parzialmente e
minimamente innovata dall’entrata in vigore della L. 1204 del 1971 che ha
previsto a fronte delle prestazioni in materia di maternità un versamento di
un onere contributivo per tutti gli apprendisti, artigiani e non. La misura dei
contributi per gli apprendisti, fissata in 32 lire dalla legge del 1971, è rimasta
invariata fino alla riforma del 2007.
La legge 25 prevedeva che la contribuzione agevolata per gli apprendisti
fosse applicata per il perdurare di tale tipologia contrattuale. La Legge 28
febbraio 1987, n. 56, con la finalità di favorire la trasformazione
dell’apprendistato in contratto a tempo indeterminato, ha previsto invece una
estensione dell’agevolazione contributiva. All’art. 21, comma 6 si prevede
infatti che “I benefici contributivi (…) in materia di previdenza ed assistenza sociale,
sono mantenuti per un anno dopo la trasformazione del rapporto a tempo indeterminato.”.
Tale normativa è ancora in vigore.
La contribuzione a carico dell’apprendista e la sua remunerazione
A fronte del contributo a carico del datore di lavoro, la legge 25/1955 non
prevedeva alcun contributo da parte del lavoratore. Tale disposizione non ha
subito modifiche fino al 1986 quando il legislatore con la Legge finanziaria
n° 41 ha stabilito all’art. 21 che “A decorrere dal periodo di paga in corso al 1°
gennaio 1986 è estesa a carico degli apprendisti la disciplina degli obblighi contributivi a
carico della generalità dei lavoratori dipendenti relativamente:
a) all'assicurazione generale obbligatoria per l'invalidità, la vecchiaia ed i superstiti, con
una riduzione di tre punti della relativa aliquota contributiva;
b) alla contribuzione per le prestazioni del Servizio sanitario nazionale, con una riduzione
di 0,50 punti della quota prevista dal comma 1 del successivo art. 31”.
L’aliquota inizialmente è stata fissata nella percentuale del 5% ed ha subito
nel tempo variazioni non rilevanti, fino a giungere ad oggi al 5,84%.
L’utilizzo, per analogia con la contribuzione previdenziale della generalità dei
lavoratori, di un onere percentuale ha introdotto una connessione tra
contribuzione e retribuzione, sollevando pertanto la problematica della
misura di quest’ultima da prendere a riferimento.
83
In assenza di determinazioni della legge e nell'impossibilità di stabilire un
minimale per gli apprendisti, non compresi nella tabella predisposta per le
altre categorie, è intervenuta la Circ. INPS n. 27 dell'8 febbraio 1986, punto
9. Nella circolare è stato precisato che, a decorrere dal 1º gennaio 1986, ai
fini del calcolo del contributo posto a carico degli apprendisti, l'aliquota
complessiva deve essere calcolata sulle retribuzioni agli stessi effettivamente
corrisposte, senza quindi l'osservanza di alcun minimale.
Successivamente con la nota n. 6/PS/40755 dell'8 agosto 1988 il Ministero
del Lavoro ha precisato che le retribuzioni da prendere a riferimento per il
calcolo del contributo avrebbero comunque dovuto “corrispondere ai minimi
salariali risultanti dai contratti collettivi di lavoro di categoria”.
A conferma di tale orientamento l'art. 1 del decreto legge 9 ottobre 1989 n.
338, convertito nella legge 7 dicembre 1989 n. 389, ha stabilito il "limite
minimo di retribuzione imponibile" ai fini contributivi, prevedendo che la
retribuzione da assumere come base per il calcolo dei contributi di
previdenza ed assistenza sociale non possa essere inferiore all'importo delle
retribuzioni stabilito da leggi, regolamenti, contratti collettivi, stipulati dalle
organizzazioni sindacali maggiormente rappresentative su base nazionale,
ovvero da accordi collettivi o contratti individuali qualora ne derivi una
retribuzione di importo superiore a quello previsto dal contratto collettivo.
Tale disposizione è stata successivamente rafforzata dall'art. 6, ottavo
comma, del decreto legislativo 2 settembre 1997 n. 31416, con il quale il
legislatore ha inteso garantire livelli di prestazioni previdenziali commisurate
alle retribuzioni adeguate e sufficienti, stabilendo che, nell'ipotesi di
retribuzione non stabilita da legge o regolamento, la contribuzione
previdenziale sia determinata con riguardo alle retribuzioni, sebbene non
erogate e non percepite, previste dalla contrattazione collettiva e, perciò,
proporzionate e sufficienti nell’ambito di un determinato settore economico.
Ne consegue che, secondo l'esplicita previsione della anzidetta disposizione
di legge, i contratti individuali o gli altri accordi collettivi diversi dai contratti
nazionali, relativi al medesimo settore, possano essere presi a parametro ai
fini della determinazione dei contributi soltanto se la retribuzione è di
importo superiore a quello del contratto collettivo.
16 “Sono confermate le disposizioni in materia di retribuzione imponibile di cui all'articolo 1 del decretolegge 9 ottobre 1989, n. 338, convertito, con modificazioni, dalla legge 7 dicembre 1989, n. 389, e
successive modificazioni e integrazioni, nonche' ogni altra disposizione in materia di retribuzione minima
o massima imponibile, quelle in materia di retribuzioni convenzionali previste per determinate categorie di
lavoratori e quelle in materia di retribuzioni imponibili non rientranti tra i redditi di cui all'articolo 46 del
testo unico delle imposte sui redditi, approvato con decreto del Presidente della Repubblica 22 dicembre
1986, n. 917.”.
84
Fermo restando quanto ora descritto in merito alla misura minima della
retribuzione a cui fare riferimento, è utile fare un approfondimento sulle
disposizioni previste dal legislatore e dalla contrattazione che disciplinano la
remunerazione degli apprendisti. La legge 25/1955 prevedeva all’art. 11
comma 1, lett c) che il datore di lavoro aveva l’obbligo “di osservare le norme dei
contratti collettivi di lavoro e di retribuire l'apprendista in base ai contratti stessi”,
specificando però al successivo art. 13 che “La retribuzione … dovrà essere
graduale anche in rapporto all'anzianità di servizio.” In tal modo il legislatore
prevedeva la determinazione della retribuzione dell’apprendista mediante un
procedimento di percentualizzazione graduale in base alla anzianità di servizio,
determinato però sulla base della retribuzione stabilita dalla contrattazione
collettiva.
Quindi un ruolo centrale è stato svolto dalla contrattazione collettiva che ha
determinato le misure percentuali, introducendo una conseguente
diversificazione tra settore e settore.
La materia è stata innovata dal D.lgs. n. 276/2003 il quale ha stabilito all’art.
53, comma 1, che “la categoria di inquadramento del lavoratore non potrà essere
inferiore, per più di due livelli, alla categoria spettante, in applicazione del contratto
collettivo nazionale di lavoro, ai lavoratori addetti a mansioni o funzioni che richiedono
qualificazioni corrispondenti a quelle al conseguimento delle quali è finalizzato il
contratto.”. Per consentire il necessario adeguamento dei contratti il D.lgs. ha
previsto all’art. 47 comma 3 che “In attesa della regolamentazione del contratto di
apprendistato ai sensi del presente decreto continua ad applicarsi la vigente normativa in
materia”.
Inserendosi la normativa in un coacervo di regolamentazioni contrattuali, il
sistema introdotto dal decreto ha creato numerosi dubbi applicativi che
alcune circolari del Ministero hanno tentato di risolvere.
Molto sinteticamente il Ministero è intervenuto con una prima circolare 14
ottobre 2004, n. 4017, che però ha lasciato ancora molti aspetti in ombra. Un
intervento maggiormente chiarificatore è costituito dalla nota al Protocollo n.
783 del 21 giugno 2006 in cui il Ministero, richiamando il principio del favor
prestatoris ha precisato che, nel caso di applicazione della L. 25/1955 e dell’art.
16 della L. 196/1997 («vecchia» normativa), il datore di lavoro dovrà
«riprendere» le retribuzioni inserite nell’eventuale contratto collettivo
rinnovato,
nel
quale
viene
«regolamentato»
l’apprendistato
professionalizzante al fine di evitare evidenti disparità di trattamento.
Nella circolare il Ministero ritiene valevole il sistema a percentualizzazione della l. n.
25/1955, salvo poi richiamare il principio contenuto nell’art. 53, comma 1, del D.lgs. n.
276/2003.
17
85
Ancora più chiaramente, in risposta ad interpello, con nota n. 28/2007 il
Ministero precisa che il procedimento di percentualizzazione, seppure ancora
in vigore, può essere utilizzato unicamente nel caso in cui, dallo stesso
procedimento, scaturisca una retribuzione più favorevole per il prestatore
rispetto a quella derivante dal sotto-inquadramento.
L’adeguamento alla disposizione normativa del D.lgs. 276 ha comportato e
comporterà fino al completo allineamento, misure di oneri diverse con la
conseguenza che all’interno di una azienda potrebbero convivere apprendisti
con un costo del personale e retribuzioni nette diverse, pur a parità di
tipologia contrattuale.
Inoltre tendenzialmente l’applicazione della nuova normativa ha comportato
un aggravio del costo del personale.
Tali aspetti retributivi, che fino al 2006 avevano conseguenze esclusivamente
sul contributo a carico dell’apprendista (unico percentualizzato), a partire dal
2007 riguardano anche il contributo del datore di lavoro, trasformato dalla
Legge finanziaria in aliquota.
La riforma del 2007
Con effetto 1° gennaio 2007, la Legge finanziaria n. 296 del 2006 al comma
773 introduce una riforma consistente per quanto riguarda il regime
contributivo del contratto di apprendistato.
Scompare lo storico contributo fisso settimanale che viene sostituito con
l’aliquota del 10% sulla retribuzione imponibile dell’apprendista. Nell’ambito
della nuova misura contributiva il legislatore amplia il ventaglio di prestazioni
previste estendendo agli apprendisti l’indennità economica di malattia,
riconosciuta alla generalità dei lavoratori subordinati. La ripartizione della
contribuzioni tra le singole gestioni previdenziali ed assistenziali interessate è
la seguente:
- FPLD (Fondo Pensione Lavoratori Dipendenti)
9,01
- CUAF (assegni familiari)
0,11
- Malattia (indennità economica)
0,53
- Maternità (indennità economica)
0,05
- INAIL (assicurazioni infortuni)
0,30
Un’altra novità di rilievo introdotta dalla nuova normativa riguarda il campo
di applicazione. Scompare infatti lo storico trattamento di favore riservato al
settore artigiano che viene considerato al pari di tutti gli altri settori.
Una importante distinzione introdotta dal legislatore riguarda poi la
dimensione aziendale ed il primo periodo di attività. La legge prevede infatti
86
che per le aziende che occupano un numero di dipendenti pari o inferiore a
nove si applichi un’aliquota ridotta nelle seguenti misure:
- 8,5 punti percentuali per i periodi contributivi maturati nel primo anno di
apprendistato;
- 7 punti per quelli maturati nel secondo anno di contratto.
A conclusione del primo biennio la contribuzione si allineerà con quella
prevista per le aziende con più di 9 dipendenti (10%).
Con Circolare 22 del 23/1/2007 l’INPS ha chiarito i vari dubbi interpretativi
ed applicativi della normativa in merito, in particolare, al computo dei
dipendenti ed al mantenimento del beneficio al mutare della situazione
occupazionale.
Viene confermata la validità della norma che prevede, in caso di
trasformazione dell’apprendistato in contratto a tempo indeterminato
anzitempo, l’applicazione per ulteriori 12 mesi dell’aliquota contributiva degli
apprendisti.
Anche per quanto riguarda il contributo a carico dell’apprendista la
Finanziaria 2007 ha apportato degli aggravi. Il comma 769 della L. 296/2006
ha previsto per la generalità dei lavoratori iscritti all'assicurazione generale
obbligatoria ed alle forme sostitutive ed esclusive della medesima un
incremento dello 0,30% per la quota dei contributi a carico del lavoratore.
Conseguentemente il contributo previdenziale dovuto dall’apprendista è
passato dal 5,54% del 2006 al 5,84% del 2007, aliquota tuttora in vigore.
Un approfondimento sulla contribuzione degli ultimi anni
Le novità introdotte dalla Legge finanziaria 2007 hanno determinato un
deciso innalzamento degli oneri contributivi a carico del datore di lavoro per
il contratto di apprendistato. Si è passati infatti da una contribuzione
sostanzialmente simbolica in vigore fino al 2007 ad un tipo di contribuzione
più consistente ed onerosa e correlata, essendo una percentuale, alla
retribuzione percepita. Gli oneri previdenziali del contratto di apprendistato
possono arrivare ad oggi fino a circa un quarto di quelli in essere per la
totalità dei lavoratori subordinati e sono diversificati per contratti e livelli e
variano nel tempo.
L’aggravio del costo del lavoro può essere una delle ragioni della più bassa
convenienza, se non altro rispetto al passato, nell’utilizzare tale contratto.
Un ulteriore aggravio è stato causato, come si accennava nel paragrafo
precedente, dall’applicazione delle disposizioni in merito alla retribuzione
degli apprendisti introdotte dal D.lgs. 276/2003, ovvero il passaggio da
retribuzione percentualizzata a retribuzione inferiore di massimo due livelli.
87
Ciò, se ha comportato un aumento della retribuzione a favore
dell’apprendista e conseguentemente del costo del lavoro, ha comportato un
aggravio anche dal punto di vista contributivo a seguito della
percentualizzazione dell’onere datoriale previdenziale a partire dal 2007. La
gradualità nell’adeguamento al D.lgs. del 2003 comporta inoltre che quei
settori non allineati alla nuova normativa dovranno attendersi un ulteriore
innalzamento del costo del lavoro.
Per verificare l’impatto della normativa sull’apprendistato e quindi la
dinamica degli aspetti contributivi e retributivi degli ultimi 10 anni, è stato
sviluppato, a titolo di studio, da parte dell’Ordine dei consulenti del Lavoro
della Provincia di Perugia,18 il costo degli apprendisti in 3 ambiti settoriali: i
settori artigiano, metalmeccanico e commerciale. Ciò permette di avere una
rappresentazione in cifre delle modifiche introdotte dalla normativa.
Nella tabella 1 viene innanzitutto evidenziata la dinamica delle retribuzioni
lorde (ovvero della retribuzione lorda annua mensilizzata comprensiva anche
di mensilità aggiuntive, ferie, permessi, festività, con esclusione del TFR) di
un operaio apprendista dal 2000 al 2010 (di biennio in biennio) nei contratti
esaminati. Come si evidenzia i tre contratti sono ovviamente interessati dalla
dinamica propria di ciascun settore, ma accanto a questa per il settore del
commercio si evidenzia un balzo in avanti nelle retribuzioni a partire dal
2006 frutto dell’applicazione del D.lgs. 276. Ne consegue un innalzamento
del costo del lavoro di due origini: la prima è l’innalzamento della
retribuzione lorda, la seconda è l’aumento della contribuzione per
l’ampliamento della base imponibile.
Si può prevedere con certezza che gli altri due contratti (artigianato e
metalmeccanico), non ancora allineati al D.lgs. 276, subiranno nel futuro un
ulteriore innalzamento del costo del lavoro.
Nella tabella 2 viene evidenziato il costo del personale nei tre settori
esaminati; viene confrontata la situazione di un operaio apprendista con
quella di un operaio assunto a tempo indeterminato.
Nel concreto è stata presa a riferimento la qualifica di operaio in prima classe
di anzianità e il costo è stato elaborato sia nell’ipotesi di un’azienda con
meno di dieci dipendenti, che di una appartenente ad una classe
dimensionale più alta.
18 Un ringraziamento va allo studio Minciarelli-Biscarini di Perugia ed in particolare al Dott. Paolo
Biscarini che ha sviluppato le proiezioni del costo del personale nei tre settori: metalmeccanico, artigianato
e commercio.
88
Tab. 1 - Retribuzione lorda annua mensilizzata di operaio apprendista
e di operaio a tempo indeterminato (2000-2010)
Contratto metalmeccanico
anno
Retribuzione lorda
annua mensilizzata
apprendista
Retribuzione lorda
annua mensilizzata
lav. a tempo
indeterminato
% Retrib.
Apprendista su
retrib. tempo indet.
2000
2002
2004
2006
2008
2010
863,09
904,96
959,85
1.035,66
1.107,84
1.176,41
1.288,19
1.350,69
1.432,60
1.545,76
1.653,49
1.755,83
67,0
67,0
67,0
67,0
67,0
67,0
anno
Retribuzione lorda
annua mensilizzata
apprendista
Retribuzione lorda
annua mensilizzata
lav. a tempo
indeterminato
% Retrib.
Apprendista su
retrib. tempo indet.
2000
2002
2004
2006
2008
2010
769,63
787,31
819,78
877,1
877,1
973,23
1.099,48
1.124,71
1.171,10
1.253,00
1.253,00
1.391,28
70,0
70,0
70,0
70,0
70,0
70,0
anno
Retribuzione lorda
annua mensilizzata
apprendista
Retribuzione lorda
annua mensilizzata
lav. a tempo
indeterminato
% Retrib.
Apprendista su
retrib. tempo indet.
2000
2002
2004
2006
2008
2010
1.026,78
1.069,65
1.099,23
1.384,98
1.412,73
1.514,48
1.372,64
1.433,87
1.476,12
1.590,46
1.626,57
1.758,96
74,8
74,6
74,5
87,1
86,9
86,1
Contratto artigianato
Contratto commercio
Fonte: elaborazione Aur su dati Studio Minciarelli-Biscarini.
89
2,62 euro
2,75 euro
2,88 euro
2,98 euro
1,50%
1,50%
ANNO
2000
2002
2004
2006
2008
2010
11,35
11,92
12,48
12,91
16,62
17,65
CONTRIBUTI
CARICO
AZIENDA
(in euro)
874,43
916,88
972,33
1048,57
1124,46
1194,06
COSTO
AZIENDA
(escluso
T.F.R.)
2,62 euro
2,75 euro
2,88 euro
2,98 euro
1,5 %
1,5 %
2000
2002
2004
2006
2008
2010
11,35
11,92
12,48
12,91
21,19
22,72
CONTRIBUTI
CARICO
AZIENDA
(in euro)
1038,13
1081,57
1111,71
1397,89
1433,92
1537,19
COSTO
AZIENDA
(escluso
T.F.R.)
0,02 euro
0,02 euro
0,02 euro
0,02 euro
1,50 %
1,50 %
ANNO
2000
2002
2004
2006
2008
2010
0,09
0,09
0,09
0,09
13,16
14,60
CONTRIBUTI
CARICO
AZIENDA
(in euro)
769,72
787,39
819,86
877,19
890,26
987,83
COSTO
AZIENDA
(escluso
T.F.R.)
90
Fonte: dati Studio Minciarelli-Biscarini.
MISURA
CONTRIBUTI
CARICO
AZIENDA
1a annualità apprendistato in azienda < =9
dipendenti
MISURA
CONTRIBUTI
CARICO
AZIENDA
ANNO
1a annualità apprendistato in azienda <= 9
dipendenti
MISURA
CONTRIBUTI
CARICO
AZIENDA
1a annualità apprendistato in azienda <= 9
dipendenti
1003,25
1051,95
1115,58
1203,15
1311,38
1392,55
COSTO
AZIENDA
(escluso
T.F.R.)
1144,41
1197,03
1233,51
1509,27
1574,63
1697,06
COSTO
AZIENDA
(escluso
T.F.R.)
0,09
0,09
0,09
0,09
3,00
3,00
MISURA
CONTRIBUTI
CARICO
AZIENDA
0,09
0,09
0,09
0,09
30,07
31,30
CONTRIBUTI
CARICO
AZIENDA
(in euro)
879,67
899,86
936,97
1002,49
1032,47
1074,75
COSTO
AZIENDA
(escluso
T.F.R.)
1003,25
1051,95
1115,58
1203,15
1218,63
1294,06
11,35
11,92
12,48
12,91
141,27
151,45
CONTRIBUTI
CARICO
AZIENDA
(in euro)
1038,13
1081,57
1111,71
1397,89
1554
1665,93
COSTO
AZIENDA
(escluso
T.F.R.)
0,02
0,02
0,02
0,02
10,00
10,00
MISURA
CONTRIBUTI
CARICO
AZIENDA
0,09
0,09
0,09
0,09
87,71
97,32
CONTRIBUTI
CARICO
AZIENDA
(in euro)
769,72
787,39
819,86
877,19
964,81
1070,55
COSTO
AZIENDA
(escluso
T.F.R.)
1a annualità apprendistato in azienda > 9
dipendenti
2,62
2,75
2,88
2,98
10
10
MISURA
CONTRIBUTI
CARICO
AZIENDA
CONTRATTO ARTIGIANATO
11,35
11,92
12,48
12,91
45,86
49,43
CONTRIBUTI
CARICO
AZIENDA
(in euro)
2a annualità apprendistato in azienda < = 9
dipendenti
2,62
2,75
2,88
2,98
3
3
MISURA
CONTRIBUTI
CARICO
AZIENDA
11,35
11,92
12,48
12,91
110,78
117,64
COSTO
AZIENDA
(escluso
T.F.R.)
1a annualità apprendistato in azienda > 9
dipendenti
2,62 euro
2,75 euro
2,88 euro
2,98 euro
10%
10%
CONTRIBUTI
CARICO
AZIENDA
(in euro)
1a annualità apprendistato in azienda > 9
dipendenti
MISURA
CONTRIBUTI
CARICO
AZIENDA
CONTRATTO COMMERCIO
11,35
11,92
12,48
12,91
38,2
40,56
CONTRIBUTI
CARICO
AZIENDA
(in euro)
2a annualità apprendistato in azienda < =9
dipendenti
2,62 euro
2,75 euro
2,88 euro
2,98 euro
3%
3%
MISURA
CONTRIBUTI
CARICO
AZIENDA
2a annualità apprendistato in azienda <= 9
dipendenti
CONTRATTO METALMECCANICO
1711,75
1781,29
1889,31
2023,09
2164,09
2298,04
COSTO
AZIENDA
(escluso
T.F.R.)
1769,75
1834,35
1888,41
2018,78
2064,6
2232,64
COSTO
AZIENDA
(escluso
T.F.R.)
28,93%
27,93%
27,93%
26,99%
26,93%
26,93%
MISURA
CONTRIBUTI
CARICO
AZIENDA
1417,56
1438,85
1498,19
1591,19
1590,44
1765,95
COSTO
AZIENDA
(escluso
T.F.R.)
lavoratore a tempo
indeterminato
28,93%
27,93%
27,93%
26,93%
26,93%
26,93%
MISURA
CONTRIBUTI
CARICO
AZIENDA
lavoratore a tempo
indeterminato
32,88%
31,88%
31,88%
30,88%
30,88%
30,88%
MISURA
CONTRIBUTI
CARICO
AZIENDA
lavoratore a tempo
indeterminato
Tab. 2 - Costo ed aliquota a carico del datore di lavoro di operaio apprendista e a tempo indeterminato (2000- 2010)
Mentre per il periodo fino al 2006 il confronto tra apprendista e lavoratore a
tempo indeterminato è univoco, a partire dal 2007, come detto, occorre fare
alcuni distinguo. Infatti si espone la situazione contributiva dell’apprendista
con la variabilità causata della tipologia dimensionale dell’organico (più o
meno di dieci dipendenti) e poi dalla gradualità temporale prevista dal
legislatore per le aziende con meno di 10 dipendenti nelle prime annualità.
Dalla lettura della tabella 2 e dei grafici 1 e 2, che forniscono una ulteriore
visualizzazione riferita al contratto metalmeccanico preso ad esempio, si
evidenzia che, avendo a riferimento gli importi in valore assoluto, i contributi
subiscono dal 2007 una impennata. Per le aziende con più di 9 dipendenti la
brusca crescita si realizza fin dal primo anno; è invece più graduale per quelle
con meno di 10 dipendenti, che si vedono applicare nei primi due anni le
percentuali ridotte: 1,5% il primo anno e 3% il secondo.
Graf. 1 - CCNL Metalmeccanico: contributi apprendisti in aziende con
n. dipendenti =<di 9 - 2006-2008 (v.a.)
110,78
120
100
e u ro
80
60
40
38,2
12,91
16,62
20
0
2006
2008
Legenda:
Contributi apprendisti nel 2006
Contributi apprendisti nel 2008 nella prima annualità
Contributi apprendisti nel 2008 nella seconda annualità
Contributi apprendisti nel 2008 nella terza annualità (a regime)
Fonte: elaborazione Aur su dati Studio Minciarelli-Biscarini.
91
Graf. 2 - CCNL Metalmeccanico: contributi apprendisti in aziende con
più di 9 dipendenti - 2006-2008 (v.a.)
110,78
120
100
euro
80
60
40
12,91
20
0
2006
2008
Legenda:
Contributi apprendisti nel 2006
Contributi apprendisti nel 2008
Fonte: elaborazione Aur su dati Studio Minciarelli-Biscarini.
Inoltre, poiché fino al 2006 il contributo apprendisti era stabilito in misura
fissa, tra i diversi settori non vi era ovviamente differenza per quanto
concerne la misura dei contributi (con eccezione del settore artigiano) e
quindi accadeva che gli oneri previdenziali avessero un’incidenza percentuale
inferiore nei contratti con minimali retributivi più alti. La percentualizzazione
introdotta dalla riforma prevede la proporzionalità del contributo con la
conseguenza che il gap tra il prima e dopo riforma è ovviamente più evidente
per quei contratti che hanno livelli retributivi più alti.
Entrando più nel dettaglio (tab. 3), se prendiamo a riferimento - a titolo
puramente esemplificativo - il contributo mensile del personale con contratto
metalmeccanico, i contribuiti di un apprendista nel 2008 in una azienda con
più di 9 dipendenti diventano nella prima annualità quasi 8 volte più grandi
rispetto a quelli del 2006, mentre in una azienda più piccola crescono
gradualmente: nella prima annualità aumentano di più di un quarto, nella
seconda crescono del doppio, per andare a regime dalla terza annualità.
Per quanto riguarda il confronto con i contributi relativi ai lavoratori a tempo
indeterminato, il differenziale, che nel periodo antecedente al 2007 era
92
ampio, si riduce con la riforma fino ad un quarto circa (nel caso di azienda
oltre 10 dip.).
In particolare, se rapportiamo a 100 i contributi di un contratto a tempo
indeterminato, vediamo che i contributi degli apprendisti prima della riforma
(2006) erano circa il 2,7%, mentre dopo la riforma rappresentano il 21,7% (in
caso di aziende con più di 9 dipendenti), oppure del 3,3% nel primo anno e
del 7,5% nel secondo anno (in caso di piccole aziende).
Tab. 3 - Contributi mensili di operaio apprendista e a tempo
indeterminato nel CCNL metalmeccanico: confronto 2006-2008
ANNO
2006
TIPO CONTRIBUTO
CONTRIBUTI
TEMP. INDET.
(in euro)
contr. fisso
477,3
Aziende >9 dip.: 1a
510,6
annualità 10%
Aziende =<9 dip: 1a
2008
510,6
annualità 1,5%
Aziende =<9 dip: 2a
510,6
annualità 3%
Fonte: elaborazione Aur su dati Studio Minciarelli-Biscarini.
CONTRIBUTI
APPRENDISTI
(in euro)
%
CONTR.
APPREND.
CONTR.
T. IND.
12,9
2,7
110,8
21,7
16,6
3,3
38,2
7,5
Dobbiamo comunque ricordare che la dinamica osservata deriva da tre
componenti:
- dalla più alta misura dei contributi originata dalla riforma 2007;
- dalla percentualizzazione dei contributi che connette tali oneri alla
retribuzione;
- dalla variazione della remunerazione degli apprendisti negli anni,
come previsto dai CCNL.
Nel caso del CCNL del settore artigiano le osservazioni fatte in precedenza
vengono accentuate dal fatto che tale settore prima del 2007 era solamente
soggetto (a partire dagli anni 70) al contributo per indennità di maternità.
Conseguentemente gli effetti della riforma nell’artigianato, riallineato alla
generalità dei settori, sono stati più evidenti.
Interessante sarebbe poter valutare quanto la convenienza meno spiccata dal
punto di vista contributivo possa incidere sulla propensione del datore di
lavoro ad utilizzare tale tipologia contrattuale. Infatti gli oneri contributivi
sono uno degli elementi distintivi del contratto di apprendistato e pertanto la
93
loro variazione incide sull’assetto di gradimento della tipologia contrattuale.
Nel grafico 3, prendendo sempre a riferimento il contratto metalmeccanico,
si evidenzia la variazione dei contributi accostandola alla variazione delle
assunzioni in apprendistato registrate in Umbria negli ultimi anni. Sebbene il
periodo di osservazione dopo la riforma sia esiguo e le variabili che
influiscono sulla valutazione dell’imprenditore molteplici e svariate, si
osserva un trend negativo delle assunzioni a fronte dell’aumento dei
contributi.
1100
1000
900
800
700
600
500
400
300
200
100
0
140
120
100
80
60
40
20
0
2000
2002
2004
Contributi per Aziende con n° dip. =<9
Assunzioni in apprendistato
2006
Assunz. Apprendistato (2000=100)
Contributi (2000=100)
Graf. 3 - Dinamica delle assunzioni degli apprendisti e dei contributi a
carico del datore di lavoro nell’ambito del CCNL Metalmeccanico
(2000=100)
2008
Contributi per Aziende con n. dip.>9
Fonte: elaborazione Aur su dati Studio Minciarelli-Biscarini e su dati Regione Umbria - OML
di fonte CPI.
94
Appendice 1 - Traccia intervista
Sezione “conoscitiva”
(Obiettivo: acquisire elementi conoscitivi di contesto sull’utilizzo dell’apprendistato nell’azienda)
Azienda
Comune (Prov.)
Settore
Anno nascita azienda
N° dipendenti
Percentuale degli apprendisti sugli occupati
Durata media dei contratti di apprendistato
Percentuale di trasformazione a tempo indeterminato
ƒ
Che tipo di formazione viene svolta (interna o esterna, formale o informale, finanziamenti
pubblici o privati, ecc.)?
ƒ
Da quanto tempo viene utilizzato questa tipologia di contratto?
Sezione “ qualitativa”
(Obiettivo: individuare i punti di forza e di debolezza del contratto di apprendistato, facendo emergere il punto di vista
dell’intervistato)
ƒ
ƒ
ƒ
ƒ
ƒ
ƒ
Quali sono i punti di forza del contratto di apprendistato?
Che difficoltà incontra l’utilizzo del contratto di apprendistato?
In particolare nella procedura di attivazione e gestione del contratto e nella realizzazione della
formazione
La formazione costituisce più un vincolo o un valore aggiunto?
Il livello qualitativo della formazione risponde alle esigenze delle aziende?
Quali sono gli aspetti migliorabili o i suggerimenti che potrebbero risultare utili in merito
all’attività delle Agenzie Formative?
Quale sono i motivi ricorrenti delle mancate trasformazioni o delle interruzioni prima del
termine?
Sezione “comparativa”
(Obiettivo: verificare le cause della diminuzione nell’utilizzo attraverso un confronto con le altre tipologie contrattuali)
ƒ
L’impresa utilizza altre forme contrattuali? Cosa ha spinto l’azienda ad utilizzare il altre
tipologie contrattuali rispetto al contratto di apprendistato?
ƒ
L’utilizzo di altre forme contrattuali è legato a vantaggi contributivi o di altro tipo per
l’impresa?
ƒ
Quanto ha contribuito l’obbligo della formazione nella preferenza di altre tipologie
contrattuali?
ƒ
Si è registrato nella vostra azienda una diminuzione dell’utilizzo del contratto di apprendistato?
ƒ
Quali suggerimenti potrebbe fornire in relazione agli aspetti procedurali del contratto di
apprendistato?
95
Appendice 2 - Interviste
Imprese
Nome
BRUNELLO CUCINELLI SPA
SI(E)NERGIA S.P.A.
GESENU SPA
UNICREDIT BANCA DI ROMA SPA
AST
NOVAMONT
GRUPPO NOVELLI
Sede legale
CORCIANO
PERUGIA
PERUGIA
PERUGIA
TERNI
TERNI
TERNI
Referenti
Moreno Ciarapica
Filippo Moscioni
Letizia D' Ingecco
Luigi Giganti; Gabriella Rettura
Arturo Ferrucci; Eros Ceccarelli
Emiliano Cariani
Serenella Fanesi
Associazioni di rappresentanza
Nome associazione imprenditoriale
CONFCOMMERCIO
CNA
ORDINE CONSULENTI
LAVORO DELLA
PROVINCIA DI PERUGIA
ORDINE CONSULENTI DEL
LAVORO DELLA
PROVINCIA DI TERNI
ASSOCIAZIONE INDUSTRIALI TERNI
96
Referente
Vasco Gargaglia, Laura Rossi
Alberto Cerquaglia, Simone Sensi
Stefano Ansideri,
Francesca Rossi, Paolo Biscarini, Antonella
Biscarini,
Fausta Minciarelli, Marco Dalla Torre
Franco Lagomarsini, Cecilia Leonelli,
Maria Cristina Morichetti, Carlo Zafferani
Alberto Cari
L’APPRENDISTATO
TERRITORIALI
IN
ALTRE
REALTÀ
Le esperienze della Regione Emilia Romagna e della Provincia di
Pesaro e Urbino
Uno degli obiettivi che ci siamo prefissati durante il lavoro di ricerca è stato
quello di andare a conoscere come altre realtà territoriali abbiano disciplinato
e gestito il contratto di apprendistato.
I criteri di scelta che hanno portato a selezionare la Regione Emilia Romagna
e la Regione Marche, nella fattispecie della Provincia di Pesaro e Urbino
sono stati diversi.
Criterio guida è stato quello di andare a studiare dei sistemi sull’apprendistato
che fossero già consolidati nel tempo per poter fare tesoro di eventuali
elementi innovativi in atto.
In particolare, la regione Marche si presenta come territorio confinante a
quello umbro, rappresentativo dell’Italia centrale e con un sistema
imprenditoriale basato su piccole-medie imprese simile a quello dell’Umbria.
La provincia di Pesaro e Urbino, nello specifico, è stata scelta perché ha
effettuato un investimento sull’apprendistato che ha portato all’utilizzo di
una metodologia gestionale simile a quella umbra. I “progetti quadro” (che
sono anche l’anima del sistema odierno sull’apprendistato in Umbria) sono
stati adottati già dal bando 2008 dall’amministrazione pesarese. Pertanto,
andare a conoscere come la Provincia di Pesaro e Urbino sia riuscita a gestire
e a organizzare la stesura e la realizzazione di progetti quadro, è sembrato
utile in vista del medesimo percorso intrapreso dalla Regione Umbria.
L’Emilia Romagna, invece, nonostante non sia confinante con il territorio
umbro, è stata scelta in quanto in materia di apprendistato possiede un
sistema a gestione diretta regionale. E’ un sistema consolidato nel tempo che,
però, ha intrapreso una strada differente rispetto a quella del “sistema a
progetti quadro” adottato da Pesaro e dall’Umbria. Infatti, l’Emilia Romagna
ha scelto di gestire l’offerta formativa tramite l’istituzione di un catalogo
elettronico. Tale metodologia è sembrata interessante da studiare per meglio
97
comprendere come diverse realtà regionali abbiano affrontato e gestito il
contratto di apprendistato e l’offerta formativa.
Sono state effettuate, pertanto, delle interviste dirette ai responsabili della
formazione in apprendistato della Regione Emilia Romagna e della Provincia
di Pesaro e Urbino, utilizzando domande aperte che lasciassero ampio spazio
agli interlocutori di descrivere i due sistemi e di sottolineare gli elementi
innovativi e le possibili problematiche.
Sono stati, inoltre, selezionati dei temi conduttori che toccassero gli
argomenti da noi ritenuti “caldi” in materia di apprendistato e pertanto
rilevanti, quali:
- il grado di coinvolgimento aziendale nei diversi momenti della
formazione in apprendistato;
- il grado di flessibilità dell’attività formativa;
- il livello di coinvolgimento e di partecipazione degli iscritti ai corsi di
formazione in apprendistato;
- la presenza o meno di un sistema basato sulla valorizzazione e
certificazione delle competenze;
- il grado di utilizzo dei fondi nazionali messi a disposizione in materia
di apprendistato.
La raccolta del materiale normativo sui due territori in esame e l’analisi delle
interviste effettuate ha permesso di delineare un quadro che potesse mettere
in luce gli aspetti di interesse e innovativi sull’apprendistato.
Nei prossimi paragrafi verranno descritti prima il sistema sull’apprendistato
in Emilia Romagna e poi quello nella provincia di Pesaro e Urbino, cercando
di evidenziare l’iter procedurale e i caratteri peculiari di entrambi i territori.
L’apprendistato in Emilia Romagna19
Il sistema emiliano-romagnolo sull’apprendistato si basa fondamentalmente
sul coinvolgimento delle imprese e degli apprendisti nel processo decisionale
e finanziario della formazione formale.
L’attuale istituto dell’apprendistato in Emilia Romagna ha come fonti
principali la L.R. n.12/03 e L.R. n. 17/05.
La prima, all’art. 37 sostiene “la formazione degli apprendisti allo scopo di contribuire
alla crescita delle persone ed all'arricchimento delle competenze all'interno delle imprese”20
19 Si ringraziano la dott.ssa Paola Cicognani e la dott.ssa Donatella Dazzani per la disponibilità e per le
informazioni fornite.
20 L.R. n. 12/03 art. 37 com. 1.
98
garantendo la qualità della formazione e promuovendo la formazione dei
tutor aziendali.
La seconda, al Capo V detta norme per la regolamentazione degli aspetti
formativi dell’ apprendistato, che si articolano nelle tre tipologie contrattuali.
A seguito di tali fonti normative sono state approvate alcune delibere di
giunta regionale per l’applicazione dell’istituto dell’apprendistato, tra cui si
citano:
- delibera n.177 10/02/2003 all.2, in cui vengono disciplinati i criteri
per l’accreditamento degli enti formativi;
- delibera n. 2183/2005, definisce gli interventi di attuazione delle
norme sull’apprendistato;
- delibera n. 236/2006, in cui viene strutturata la formazione in
apprendistato;
- delibera n. 2044 del 14/12/2009, in cui viene approvato un
apprendistato di seconda fase.
Per rispondere all’esigenza formativa dell’istituto dell’apprendistato e a quella
delle imprese che vorrebbero vedere valorizzato il tempo impiegato nella
formazione del proprio apprendista, la Regione ha costruito uno specifico
iter procedurale:
- la Regione accredita gli enti interessati alla realizzazione della formazione,
valutando l’idoneità dei soggetti che ne facciano domanda; l’accreditamento è
un procedimento che corrisponde al riconoscimento di idoneità dei soggetti
che si candidano a gestire iniziative di formazione nell’ambito dei bandi
provinciali e regionali, dando “sufficienti garanzie” di competenze e di
dotazione di risorse strumentali21;
- la Regione acquisisce, attraverso un bando, i progetti che i soggetti
formativi si candidano a realizzare;
- i progetti, valutati e validati dalla Regione, entrano a far parte del catalogo
elettronico delle proposte formative in apprendistato.
La caratteristica peculiare del catalogo è di essere sempre aperto, ossia in
continuo aggiornamento sulla base di nuove qualifiche derivanti dalle
richieste del tessuto produttivo regionale e di conseguenti nuovi percorsi
promossi dagli enti.
E’ da specificare, infatti, che l’ente accreditato ha il solo obbligo di indicare
alla Regione quale qualifica si candida a realizzare, in quanto esiste un sistema
regionale delle qualifiche (SRQ) che contiene già in sé i percorsi formativi da
21 Per un approfondimento sui criteri di scelta regionali dell’accreditamento degli enti formativi, si rinvia
alla delibera n.177 10/02/2003 all.2.
99
effettuare. Indicando la qualifica, l’ente farà riferimento pertanto al percorso
formativo previsto.
Aziende e apprendisti, così, scelgono e acquistano le unità formative22 a
catalogo che ritengono di interesse.
La formazione si realizza sulla base dei percorsi definiti in fase di
progettazione e può effettuarsi in diversi contesti (ente e azienda). L’attività
formativa viene presidiata dagli enti che ne gestiscono gli aspetti organizzativi
e amministrativi, sia per quanto riguarda la formazione che si eroga presso le
loro strutture che per quella che si realizza presso l’azienda.
Una volta autorizzato il percorso formativo in accordo con impresa e
apprendista, l’Emilia Romagna cofinanzia l’attività formativa (finanziamento
della domanda). Infatti, la Regione contribuisce finanziariamente alla
realizzazione delle attività riconoscendo un voucher o assegno a ciascun
apprendista coprendo, così, il 50% del costo della formazione e le imprese
cofinanziano in pari misura. In questo modo, la Regione soddisfa la
domanda di attività formative rivolte agli apprendisti.
Inoltre, nell’ultima delibera n. 2044 del 14/12/2009 viene disciplinata la
certificazione delle conoscenze e delle capacità acquisite attraverso le attività
formative presenti nell’offerta regionale, secondo quello che viene chiamato
“il Sistema Regionale di Formalizzazione e Certificazione delle competenze”.
Tale sistema (ad oggi ancora in fase di definizione) vorrebbe rispondere
all’esigenza di creare una formazione che sviluppi competenze tecnicoprofessionali spendibili all’interno del mercato del lavoro, in un contesto cioè
che vada al di là di quello legato all’apprendistato.
Il sistema regionale dell’Emilia Romagna sull’apprendistato, pertanto, ha
delle specificità in parte già precedentemente citate e che nei prossimi
paragrafi verranno descritte in modo più accurato: il sistema regionale delle
qualifiche (SRQ), la struttura a catalogo dei corsi di formazione, il cofinanziamento,
la formalizzazione e certificazione delle competenze.
Inoltre, l’ultimo paragrafo descrive due peculiarità del sistema emilianoromagnolo relative al sistema di controllo in essere e all’apprendistato di
“seconda fase” disciplinato dalla delibera n. 2044 del 14/12/2009: la prima in
quanto esempio di lavoro di monitoraggio sull’apprendistato basato su
controlli elettronici e il secondo in quanto momento di passaggio da catalogo
elettronico di percorsi ad uno nuovo di servizi.
22 Per unità formativa (UF) si intende sia un vero e proprio corso che l’apprendista in accordo con
l’azienda sceglie autonomamente, sia una parte di un più ampio percorso che può portare all’acquisizione
della qualifica di riferimento tra quelle del SRQ.
100
Il sistema regionale delle qualifiche e il catalogo della formazione
La legge regionale n.17/2005 di riferimento in materia di apprendistato
afferma che il profilo formativo dell’apprendista coincide con la qualifica del
Sistema Regionale delle Qualifiche (SRQ)23. Pertanto, si può comprendere quanto
l’SRQ sia parte indispensabile e complementare per tutto il sistema emiliano
sull’apprendistato.
Il repertorio delle qualifiche comprende figure professionali caratterizzanti il
sistema economico-produttivo ed è l’esito di un processo di verifica,
condivisione e validazione con i soggetti sociali interessati.
In riferimento all’apprendistato, le qualifiche “di accesso” sono quelle a cui
può essere riferita la formazione sia degli apprendisti che devono assolvere
l’obbligo formativo sia degli apprendisti che, pur avendo assolto l’obbligo
formativo, non sono in possesso di alcuna qualifica.
Complessivamente, tutte le qualifiche del repertorio possono essere assunte a
riferimento per coloro che hanno conseguito un diploma-qualifica in
precedenti percorsi di istruzione-formazione. In caso di mancata
corrispondenza si attiva una apposita istruttoria tecnica e relativa validazione
per la regolamentazione-introduzione di una nuova qualifica24.
La qualifica diventa un momento formativo da raggiungere durante
l’apprendistato ed elemento coessenziale del contratto.
L’impresa, pertanto, al momento dell’assunzione deve individuare la qualifica
di riferimento del sistema regionale delle qualifiche che sarà quella che verrà
inserita nel piano formativo individuale (PFI). Non vi è comunicazione del
PFI alla Regione poiché nella scelta della qualifica vi sono già inseriti gli
obiettivi formativi da raggiungere. Pertanto, per strutturare un progetto
formativo, i soggetti precedentemente autorizzati o accreditati dalla Regione,
devono fare riferimento alla qualifica del SRQ che si candidano a realizzare.
La Regione dal 2006 ad oggi, attraverso un bando, acquisisce, valuta e valida i
progetti presentati, andando, poi, a costituire il catalogo elettronico delle proposte
formative in apprendistato25.
Il catalogo dell’offerta formativa viene così costruito:
ƒ la Regione acquisisce attraverso bando le candidature da parte dei
soggetti (accreditati o autorizzati) a realizzare i progetti formativi;
ƒ le candidature vengono acquisite, valutate e approvate sulla base di
criteri relativi al soggetto formativo e soggetto proponente,
D.G.R. 936/04 e successive integrazioni ed intervista Aur, Bologna 23/12/2010.
Dgr n. 2183/2005.
25 Delibera n. 2044 del 14/12/2009.
23
24
101
attraverso un processo che prevede una fase di istruttoria tecnica e
una di validazione in cui vengono coinvolte le Province;
ƒ i progetti approvati vanno a costituire il catalogo regionale
dell’offerta formativa;
ƒ i soggetti che vedono approvati i progetti formativi presentati,
promuovono la formazione presso le imprese, raccolgono le
iscrizioni e si impegnano ad attivare la formazione entro un tempo
dato dalla raccolta delle iscrizioni.
L’offerta formativa presente nel catalogo si struttura per percorsi formativi
(riferiti alla qualifica relativa al SRQ) articolati in Unità Formative (riferite ad
unità di competenze).
E’ da specificare che le UF costituiscono:
ƒ da un lato, delle unità autonome e complete (dei veri e propri corsi)
a cui l’apprendista può accedere selezionando, assieme all’impresa,
quelle di interesse;
ƒ dall’altro, sono parte di un percorso che, se portato a termine
interamente, consentono l’acquisizione delle competenze riferite alla
qualifica scelta tra quelle del SRQ.
Le UF possono avere durate diverse in funzione degli obiettivi formativi che
assumono e dei contenuti che sviluppano, entro una fascia che va dalle 16
alle 40 ore. All’interno delle UF vengono affrontati contenuti di base,
trasversali e professionali finalizzati allo sviluppo delle competenze. Un
percorso formativo completo, invece, nella sua articolazione in UF, prevede
una durata complessiva di 240 ore, distribuite su due anni. Sono state, inoltre,
previste nel catalogo UF dedicate alla lingua italiana per stranieri, alla lingua
straniera e all’informatica.
E’ da sottolineare che il catalogo regionale della formazione per gli
apprendisti è articolato in proposte formative selezionabili anche
singolarmente ed è caratterizzato dal fatto di rimanere sempre “aperto”. In
questo modo risulta in grado di acquisire e soddisfare le richieste di
formazione che le imprese possono manifestare.
La presenza nel catalogo, inoltre, di percorsi formativi riferiti a più di una
qualifica per area professionale può facilitare la scelta della formazione
maggiormente appropriata alle esigenze dell’apprendista e dell’azienda e la
costituzione di percorsi individuali articolati26.
26
Delibera n. 2044 del 14/12/2009 e Delibera n. 236 27/02/2006.
102
Il cofinanziamento
Tra gli strumenti utilizzati dalla Regione Emilia Romagna per raggiungere
direttamente le esigenze delle imprese che investono in apprendistato e per
coinvolgerle, vi è il cofinanziamento alla formazione formale. Le imprese,
infatti, una volta consultato il catalogo elettronico dell’offerta formativa,
scelgono, assieme agli apprendisti, e acquistano le UF che ritengono di
interesse.
A seguito dei primi incontri con le imprese/apprendisti, gli enti producono,
così, una progettazione di dettaglio dei percorsi formativi in cui il progetto
presente nel catalogo viene adattato e contestualizzato ai diversi bisogni.
La formazione si realizza sulla base dei percorsi definiti in fase di
progettazione e può realizzarsi in diversi contesti (ente e azienda). L’attività
formativa viene presidiata dagli enti che ne gestiscono gli aspetti organizzativi
e amministrativi, sia per quanto riguarda la formazione che si eroga presso le
loro strutture che per quella che si realizza presso l’azienda.
Il percorso formativo definito deve essere avviato dal soggetto gestore che
ne ha ricevuta autorizzazione secondo quanto previsto dalla D.G.R. n. 2264
del 22/12/2008 di norma entro tre mesi dalla data di conferimento di
incarico. Una volta ottenuta l’autorizzazione, si innesca il sistema del
cofinanziamento per la formazione esterna.
Il contributo regionale alla realizzazione della formazione esterna per gli
apprendisti si esprime, infatti, in assegno formativo o voucher che viene
riconosciuto direttamente all’apprendista.
Il voucher costituisce lo strumento attraverso cui la Regione partecipa al
finanziamento della formazione esterna rivolta agli apprendisti. Il contributo viene
quantificato sulla base delle ore di formazione esterna previste per l’apprendista ed
è indipendente dal riferimento del contratto dell’apprendista stesso.
Il riconoscimento del voucher all’apprendista, inoltre, comporta appunto la
compartecipazione finanziaria dell’impresa che, quando si avvale della
formazione esterna, contribuisce finanziariamente alla sua realizzazione per
un importo non inferiore al 50% della quota annuale di partecipazione
individuale. In questo modo l’impresa cofinanzia e compartecipa al processo
di formazione del proprio apprendista.
Per i conferimenti di incarico formalizzati dal 1 gennaio 2009, il valore
dell’assegno formativo, indipendentemente dall’annualità di riferimento,
risulta così definito:
- massimo 500,00 Euro per percorsi compresi tra 89 e 120 ore;
- massimo 350,00 Euro per percorsi compresi tra 65 e 88 ore;
- massimo 250,00 Euro per percorsi compresi tra 40 e 64 ore;
103
salvo maggiorazione dell'importo come misura eccezionale a fronte del
periodo di crisi.
Per i conferimenti di incarico formalizzati dal 1 gennaio 2009 l’assegno
formativo sarà erogabile dalla Regione al raggiungimento dell’80% della
frequenza dell’apprendista e dopo il pagamento da parte dell’impresa della
quota di propria competenza27.
La formalizzazione e certificazione delle competenze
Tema importante e di recente realizzazione è la formalizzazione e certificazione
delle competenze promossa dalla Regione Emilia Romagna.
Infatti, il nuovo modello di sviluppo della formazione dell'apprendistato
professionalizzante previsto dalla delibera n. 2044 del 14/12/2009, si pone
quale obiettivo la formalizzazione e/o la certificazione delle competenze
acquisite dall’apprendista.
Il sistema della certificazione delle competenze si basa sugli standard
professionali definiti dal Sistema Regionale delle Qualifiche. La
partecipazione al processo di formalizzazione e certificazione delle
competenze, che rimane comunque una scelta volontaria, può consentire
all’apprendista l’acquisizione dei seguenti documenti:
ƒ Scheda capacità e conoscenze, documento in cui si formalizzano le
conoscenze e capacità della persona;
ƒ Certificato di competenze, documento in cui si certificano, dietro
superamento di esame, capacità e conoscenze corrispondenti ad una
o più UC;
ƒ Certificato di Qualifica Professionale, documento in cui si certificano,
sempre dietro superamento di esame, capacità e conoscenze
corrispondenti ad una qualifica.
Il conseguimento dei certificati corrispondenti alle diverse unità di
competenza di una qualifica può portare all’acquisizione di una qualifica del
SRQ.
Gli apprendisti che hanno acquisito le loro competenze attraverso un’attività
formativa, esterna o interna all’azienda, non riferita all’offerta formativa
proposta dai soggetti formativi accreditati o autorizzati, possono richiedere
di avere formalizzate e/o certificate le competenze.
La partecipazione ad attività formative, invece, non rientranti nell’offerta
realizzata da soggetti accreditati o autorizzati può comunque essere
documentata dalle imprese o dalle strutture che hanno erogato l’intervento
27
Dgr n. 2183/2005, Determinazione n. 016504 del 23/12/2008 e interviste AUR, Bologna 23/02/2010.
104
formativo attraverso il rilascio di un documento attestante la frequenza
dell’apprendista all’attività formativa svolta.
Il processo, percorribile dalle persone in modo differenziato ed in momenti
diversi della vita, è articolato nelle seguenti fasi:
ƒ acquisizione della richiesta di formalizzazione e certificazione;
ƒ accertamento tramite evidenze;
ƒ accertamento tramite esame;
ƒ adempimenti amministrativi per il rilascio dei documenti di
formalizzazione e certificazione.
A queste fasi si accompagna la “consulenza individuale”, che costituisce una
opportunità fruibile, a specifiche condizioni, dalle persone interessate al
processo di formalizzazione e certificazione.
Secondo quanto previsto dalla delibera 1434/2005, l’organizzazione
responsabile dell’erogazione del processo è costituita dai soggetti accreditati
del sistema formativo. Agli enti formativi accreditati del sistema potranno
aggiungersi anche altre organizzazioni che dovranno però essere
preventivamente autorizzate dalla Regione. Requisito indispensabile, inoltre,
ai fini dell’ottenimento dell’autorizzazione è la presenza del “Responsabile
della formalizzazione e certificazione”28.
La Regione, pertanto, cerca così di creare un ponte tra la formazione in
apprendistato e la sua spendibilità nel mondo del lavoro, venendo incontro
alle esigenze non solo delle imprese che vedono valorizzato il loro
investimento in formazione, ma anche degli apprendisti.
Percorsi innovativi in corso
La Regione Emilia Romagna, nella sua attività di gestione della formazione in
apprendistato, ha apportato uno snellimento delle procedure di controllo di
conformità.
Attualmente, con il catalogo elettronico della formazione ed il sistema
informativo su comunicazioni obbligatorie che l’ente deve effettuare, le
procedure di controllo per l’ispettorato del lavoro si sono velocizzate. Infatti,
l’ispettorato si avvale spesso della vigilanza a computer, in quanto nel sistema
elettronico può ritrovare le ore, le presenze e tutto il processo di formazione
dell’apprendista registrato direttamente dall’ente.29
Inoltre, la Regione con la nuova Delibera n. 2044 del 14/12/2009, vuole
andare oltre quello finora realizzato in materia di apprendistato. Infatti, nella
Dgr n. 2183/2005 e Delibera n. 530/2006, “Il sistema regionale di formalizzazione e certificazione delle
competenze”.
29 Determinazione n. 016504 del 23/12/2008 e interviste AUR, Bologna 23/02/2010.
28
105
delibera vengono definiti gli elementi per lo sviluppo del sistema e la
costruzione di un apprendistato di seconda fase. In particolare, la Regione
promuove lo sviluppo di un nuovo catalogo dell’offerta formativa, la cui
strutturazione in percorsi lascia spazio a quella in servizi.
La Regione promuove, così, verso gli apprendisti, una formazione realizzata
sulla base di un criterio progettuale corrispondente a quello di servizio.
L’adozione di questo criterio, nell’ambito della formazione degli apprendisti,
comporta:
ƒ lo sviluppo della componente di servizio dell’attività formativa;
attraverso l’elaborazione e la realizzazione di progetti formativi
personalizzati gli interventi regionali si qualificano come veri e
propri servizi formativi;
ƒ l’ampliamento dell’offerta regionale attraverso:
- servizi di supporto alla formazione, che facilitano l’accesso
all’azione formativa e ne qualificano la fruizione;
- servizi di certificazione, che attestano le conoscenze e le
capacità acquisite.
L’offerta regionale viene pertanto a manifestarsi attraverso un catalogo di
servizi, composto di servizi formativi, servizi di supporto e servizi di
certificazione30.
Di seguito viene presentato uno schema (Scheda 1) in cui vengono
sintetizzati gli step procedurali e gestionali della formazione in apprendistato
all’interno della Regione Emilia Romagna.
30
Delibera n. 2044 del 14/12/2009 e interviste AUR, Bologna 23/02/2010.
106
Offerta formativa
Scheda 1 - Sintesi sistema di apprendistato nella Regione Emilia Romagna
Emilia Romagna
Soggetto di
Step 1
Strumenti
riferimento
Accreditamento degli enti interessati che
Individuazione dei soggetti
Regione
hanno i requisiti
attuatori
Delibera n. 236 27/02/2006
I requisiti richiesti per l’accreditamento:
-requisiti generali di ammissibilità che
l’organismo deve possedere
indipendentemente dall’ambito generale
(ed eventualmente speciale) di cui
Requisiti enti per
Enti accreditati richiede l’accreditamento
accreditamento
- requisiti da possedere per l’accreditamento in ciascun ambito generale
-requisiti aggiuntivi richiesti per
l’accreditamento negli ambiti speciali
Delibera n. 177 10/02/2003 all.2
Bando con cui acquisiscono i progetti
Bandi per la raccolta
che i soggetti formativi accreditati o
Regione
dell'offerta formativa
autorizzati si candidano a realizzare
Delibera n. 2044 del 14/12/2009
I progetti entrano a fare parte del
catalogo elettronico delle proposte
formative in apprendistato, secondo
Progetti quadro
Enti accreditati percorsi formativi, articolati in UF con
contenuti di base, trasversali e
professionali
Delibera n. 236 27/02/2006
Soggetto di
Step 2
Strumenti
riferimento
Scelta e acquisto diretto delle UF di
Apprendista
interesse per l'impresa/apprendista. Il
Iscrizione apprendista
/impresa
catalogo è sempre aperto.
Delibera n. 2044 del 14/12/2009
Sistema regionale delle qualifiche (SRQ)
Qualifica apprendista
Regione
Delibera n. 936/04 e successive modifiche
Conferimento formale di incarico da
parte dell'azienda all'ente. L'ente attiva il
Autorizzazione all'avvio
servizio formativo e procede alla
Enti accreditati
dell'offerta formativa
predisposizione del progetto formativo
personalizzato
D.G.R. n. 2264 22/12/2008
Realizzazione offerta
formativa
Enti accreditati
Il percorso formativo definito deve
essere avviato dal soggetto gestore (ente
autorizzato) di norma entro tre mesi
Determinazione n. 016504 del 23/12/2008
------- segue
107
Finanziamento
Step 3
Destinatari finanziamento
Finanziamento
Certificazione
Step 4
Certificazione percorso
formativo
Controllo
Step 5
Controllo sulla formazione
in apprendistato
Soggetto di
riferimento
Strumenti
Finanziamento tramite voucher
Apprendista
Dgr n. 2183/2005
50% finanziamento pubblico attraverso
Regione/impresa voucher, 50% privato
Dgr n. 2183/2005
Soggetto di
Strumenti
riferimento
La delibera n. 2044 del 14/12/2009 si
pone quale obiettivo la formalizzazione
e/o la certificazione delle competenze
acquisite dall’apprendista.
Il sistema della certificazione delle
competenze si basa sugli standard
Regione
professionali definiti dal Sistema
Regionale delle Qualifiche.
La partecipazione al processo di
formalizzazione e certificazione delle
competenze si basa su scelta volontaria
dell'apprendista.
Delibera n. 2044 del 14/12/2009
Soggetto di
Strumenti
riferimento
Controlli di conformità su un campione
non inferiore al 5% degli apprendisti.
Tramite catalogo elettronico della
formazione ed il sistema informativo su
Regione tramite
comunicazioni obbligatorie, le procedure
ispettorato
di controllo per l'ispettorato del lavoro
risultano più snelle.
Determinazione n. 016504 del 23/12/2008
Interviste AUR, Bologna 23/02/2010
L’apprendistato nelle Marche e nella Provincia di Pesaro e Urbino31
Il sistema marchigiano sull’apprendistato ed in particolare quello gestionale
della Provincia di Pesaro e Urbino, si caratterizza per l’ideazione di misure di
accompagnamento per le imprese che scelgono tale tipologia contrattuale al
fine di assecondare e valutare in modo opportuno le esigenze dei datori di
lavoro e degli apprendisti.
La Regione Marche, in base all’art. 49 comma 5 del decreto legislativo n. 276
del 10/09/2003, che demanda alle Regioni il compito di regolamentare i profili
31 Si ringraziano la dott.ssa Augusta Compagnucci e l’ing. Aldo Tiberi per la disponibilità e per le
informazioni fornite.
108
formativi dell’apprendistato professionalizzante, ha promulgato la legge
regionale n. 2 del 2005 che diviene la normativa di riferimento.
In essa, all’art. 7 comma 4 viene demandato alle Province “la gestione ed il
controllo delle attività formative relative al contratto di apprendistato”. Inoltre, all’art. 17,
sentite le Province e le associazioni dei datori e dei prestatori di lavoro
comparativamente più rappresentative, disciplina i profili formativi
dell’apprendistato professionalizzante.
Sono state, così, approvate alcune delibere di Giunta regionale di applicazione
per l’istituto dell’apprendistato, tra cui:
- Delibera n. 62 CE/FOPL del 17/01/2001 all. A, in cui vengano
elencati i requisiti sull’accreditamento e l’entrata in vigore del
DAFORM, il dispositivo di accreditamento delle strutture formative
della Regione;
- Delibera n. 976 01/08/2005, che disciplina l’applicazione del
contratto di apprendistato professionalizzante;
- Delibera n. 974 del 2008, che integra il regolamento di accreditamento
di cui la delibera n. 62 del 2001.
A livello provinciale, invece, la Provincia di Pesaro e Urbino ha emanato
l’attuale bando del 2008 sull’apprendistato che determina le modalità per la
presentazione e per la gestione dei progetti formativi per gli apprendisti.
Il sistema sull’apprendistato della Regione Marche è, dunque, un sistema che
varia a seconda della gestione provinciale. Pertanto, in base alla scelta
metodologica della ricerca che, per le motivazioni illustrate in premessa, sono
ricadute sulla Provincia di Pesaro e Urbino, viene di seguito illustrato l’iter
procedurale della Regione e quello gestionale provinciale in materia di
apprendistato.
In primo luogo, la Regione effettua l’accreditamento per gli enti che ne
abbiano fatto preventivamente domanda e che possiedo i requisiti richiesti 32.
L’accreditamento è un atto con cui la Regione riconosce ad un soggetto la
possibilità di proporre e realizzare azioni di formazione professionale
finanziate con risorse pubbliche.
Le sedi operative, che a seguito di esame della richiesta di accreditamento
risultano essere in possesso dei requisiti richiesti, sono accreditate con decreto
del dirigente del servizio istruzione, formazione e lavoro e vengono iscritte in
un apposito “elenco regionale” che viene aggiornato ogni quattro mesi.
Inoltre, la delibera 974/2008 ha introdotto un sistema a punti secondo il quale
ai soggetti accreditati è assegnato un “monte crediti” che viene decurtato in
32 Per un approfondimento sui requisiti dell’accreditamento, si rinvia alla Delibera n. 62 CE/FPL del
17/01/2001 all. A.
109
caso di irregolarità nell’attuazione delle attività realizzate con risorse pubbliche,
stabilendo così che il soggetto accreditato permane nel sistema di
accreditamento se assolve tutti i requisiti di qualità fissati dal regolamento e se
non esaurisce il monte crediti33.
Gli enti accreditati, così, possono presentare i progetti formativi da realizzare.
Ciò avviene in Provincia di Pesaro e Urbino in risposta ad un apposito bando.
Il soggetto accreditato dovrà, quindi, presentare un progetto quadro articolato
secondo diverse azioni formative e secondo profili formativi.
Il progetto quadro prevede un insieme articolato di azioni formative in modo tale
che sia garantita la flessibilità nella definizione dei percorsi formativi. Questi
sono modulari e articolati in contenuti di base, a carattere trasversale e a
carattere professionalizzante, predisposti per gruppi di profili omogenei.
Per profili formativi, invece, si intendono gli obiettivi formativi e gli standard di
competenza da conseguire nell’ambito del contratto di apprendistato, sia
attraverso la formazione formale che attraverso quella non formale impartita
sul luogo di lavoro.
I profili formativi vengono definiti dalla Regione previo accordo con le
associazioni dei datori e dei prestatori di lavoro. L’approvazione dei profili
formativi da parte della Regione consente l’utilizzo del contratto di
apprendistato professionalizzante nel settore interessato.
Ad ogni contratto d’assunzione in apprendistato, inoltre, dovrà essere allegato
il piano formativo individuale (PFI) che descrive il percorso formativo che
realizzerà l’apprendista durante tutta la durata del contratto34 coerentemente
con il profilo professionale indicato sul contratto di apprendistato.
Pertanto, il soggetto che presenta un progetto quadro fa riferimento
direttamente ai percorsi a qualifica standardizzati dalla Provincia35.
Per i profili professionali indicati come “profili formativi obbligatori”,
l’amministrazione provinciale richiede obbligatoriamente la declinazione delle
Unità di Competenza (UC) e delle Unità formative Capitalizzabili (UFC).
Per i profili non in elenco si lascia la facoltà all’ente formativo di progettare per
UC e UFC o per UF.
Delibera n. 976 01/08/2005, Delibera n. 974 16/7/2008, Delibera n.987 15/6/2009.
E’ da sottolineare l’iter che ha portato la provincia di Pesaro a standardizzare i percorsi a qualifica.
Inizialmente si è effettuata un’analisi dei settori in cui venivano impiegati più apprendisti. Successivamente,
veniva richiesto agli enti che presentavano progetti quadro in risposta al bando provinciale, di definire dei
percorsi a qualifica per i settori maggiormente rappresentativi nell’utilizzo del contratto di apprendistato.
L’anno successivo, la Provincia ha standardizzato i percorsi presentati l’anno precedente, facendoli
diventare di riferimento per quei settori. La stessa procedura è stata seguita per i settori ancora non
standardizzati in termini di percorsi (intervista AUR, Pesaro 16/03/2010).
35 Delibera n. 976 01/08/2005.
33
34
110
La gestione per UFC offre a chi è già in possesso di conoscenze/competenze
utilizzabili nel settore, comunque valutabili e certificabili, di frequentare solo
quelle UFC o UF che rappresentano un ulteriore momento formativo.
Per facilitare la scelta del percorso formativo da parte di imprese e apprendisti
si dovranno progettare due cataloghi dell'offerta formativa, uno relativo alle
competenze tecnico-professionali contenente almeno le UFC della I e II
annualità e l’altro relativo alle competenze trasversali della II annualità
declinato per UF.
Le UF con competenze trasversali relative alla I annualità sono comuni a tutte
le agenzie formative, indipendentemente dal settore di riferimento e dal profilo
professionale individuato nel contratto36.
L’azienda, facendo riferimento ai due cataloghi dell’offerta formativa strutturati
dalla Provincia, sceglierà in accordo con l’ente formativo di riferimento, il
percorso formativo a cui iscrivere l’apprendista andando a costituire un
percorso formativo tipo per la durata complessiva di 240 ore, così strutturato:
ƒ area trasversale (I annualità), comune a tutti i settori, in termini di
obiettivi da raggiungere secondo conoscenze e/o competenze,
contenuti e carico di lavoro espresso in ore (tot. 40 ore);
ƒ area tecnico-professionalizzante (I annualità), specifica del profilo di
appartenenza, secondo gli obiettivi previsti dai profili professionali
individuati dalla Regione Marche in intesa con le parti sociali (tot. 80
ore);
ƒ area trasversale (II annualità), specifica del settore di appartenenza
(tot. 40 ore);
ƒ area tecnico-professionalizzante (II annualità), specifica del profilo di
appartenenza, secondo gli obiettivi previsti dai profili professionali
individuati dalla Regione Marche in intesa con le parti sociali (tot. 80
ore).
Successivamente l’impresa indica gli enti formativi presso cui si intende
realizzare la formazione sulla base di indicazioni fornite dalla Provincia. Infatti,
l'azienda invia le informazioni sui propri apprendisti alla Provincia che
costruisce una banca dati.
La gestione da parte della Provincia di una apposita banca dati consente di
avere a disposizione dati di tipo quanti-qualitativo da cui è possibile rilevare il
numero di apprendisti esistente in un determinato territorio, in un determinato
settore formativo e con determinate caratteristiche.
36 Bando provincia di Pesaro “Modalità per la presentazione e gestione di progetti formativi per
apprendisti”, 2008.
111
La Provincia estrapolerà, così, dalla banca dati un determinato numero di
nominativi di apprendisti per consentire l'avvio di attività formative in uno
specifico settore37.
Per quanto riguarda la richiesta di finanziamento pubblico per l’espletamento
della formazione durante l’apprendistato, l’ente accreditato procederà alla
richiesta in base al seguente parametro:
ƒ massimo € 110,00 per ogni ora di formazione;
ƒ massimo € 9,00 per ora allievo.
L’amministrazione provinciale all’atto dell’approvazione del finanziamento,
approverà anche i valori obiettivo (numero degli allievi/e complessivi in
formazione, numero di ore totali del progetto) proposti dal richiedente.
Il valore obiettivo relativo al numero degli allievi/e si intende rispettato per il
numero di destinatari che hanno frequentato almeno l’80% delle ore di
formazione.
Per ogni progetto quadro il massimo finanziabile è di € 184.800,00.
Nel caso in cui tali valori obiettivo al termine dell’attività siano inferiori a quelli
indicati dal progetto, l’amministrazione provinciale provvederà alla
riparametrazione del finanziamento secondo il criterio sotto indicato:
ƒ se il numero delle ore effettuate sono inferiori a quelle del progetto, il
costo sarà: costo formazione riparametrato = n. ore formazione
effettivo per costo orario;
ƒ se il numero degli allievi che hanno frequentato almeno l’ 80% delle
ore è inferiore al numero previsto dal progetto, penalizzazione pari
all’1% del costo del progetto per ogni allievo in meno.
Il finanziamento è totalmente pubblico ed i fondi sono su base nazionale e
comunitaria.
Il sistema marchigiano sull’apprendistato e in particolar modo quello pesarese,
presentano, inoltre, delle particolarità che meritano un approfondimento.
Pertanto, nei prossimi paragrafi verranno descritti in modo più accurato: il patto
formativo e la figura del mentor, il sistema di certificazione e il monitoraggio.
Il patto formativo e la figura del mentor
Il patto formativo e la figura del mentor sono due componenti del sistema di
apprendistato pesarese degni di nota perché innovative nel gettare un ponte tra
le esigenze delle imprese e la struttura formale del contratto. E’ da sottolineare,
infatti, come quello che viene chiamato patto formativa sia un momento
37 Bando provincia di Pesaro “Modalità per la presentazione e gestione di progetti formativi per
apprendisti”, 2008.
112
importante nella procedura di stesura del percorso formativo che andrà a
percorrere l’apprendista.
Il patto formativo è un accordo che viene stipulato tra ente di formazione,
apprendista ed azienda. Questo strumento permette di costruire le basi per una
proficua collaborazione al fine di realizzare un piano formativo integrato che
vede messi in luce e chiariti i ruoli, gli impegni ed i diritti di ciascuna parte
coinvolta. Permette anche di abbozzare un regolamento tra le parti mettendo a
fuoco una serie di principi a cui sarà possibile fare riferimento durante lo
svolgimento delle attività formative, garantendo trasparenza e univocità di
intenti.
L’ente formativo prende parte alla stipula del patto formativo attraverso la
figura del mentor38.
All’interno del contratto di apprendistato, il mentor è la figura che, incaricata
dall’ente di formazione, va in azienda ad incontrare il datore di lavoro e
l’apprendista. L’ente, in tal modo, fidelizza l’azienda andando direttamente ad
incontrare datore di lavoro ed apprendista, al fine di proporre i percorsi a
catalogo della Provincia.
E’ un facilitatore, ma è anche la figura di riferimento per tutto l’intero rapporto
di apprendistato. Non è dipendente provinciale ma si relaziona con
l’amministrazione costantemente, rapportandosi al contempo con le imprese e
gli allievi durante tutto il percorso formativo39.
Per meglio comprendere l’importanza del patto formativo sopra descritto si
può far riferimento ad un’indagine effettuata dalla Provincia di Pesaro e
Urbino sul sistema apprendistato40.
In questo studio che prende in considerazione il punto di vista degli
apprendisti e delle imprese sulla gestione dell’apprendistato nella provincia di
Pesaro e Urbino, si analizzano i corsi di formazione svolti sul territorio
pesarese tra settembre 2006 e giugno 2008. Sono state poste delle domande ai
38
“Il mentor può essere definito come quella figura ricca di esperienza professionale che affianca i neoassunti per
aiutarli durante il periodo di training all’interno di una struttura aziendale (mentoring). Si distingue dalla figura
del coach tradizionale, perché, pur occupandosi della formazione e della crescita professionale di un nuovo
dipendente, non è direttamente responsabile della sua attività lavorativa. È spesso una persona più anziana che
trova i suoi punti di forza nell’esperienza acquisita negli anni e nel rapporto di fiducia che riesce ad instaurare con
l’allievo. Nell’ambito della formazione a distanza, il mentor supervisiona il processo di erogazione del percorso
didattico, analizza e controlla l’evoluzione dei bisogni formativi dell’utente, indicando le metodologie e le soluzioni
adeguate”. Conciliare famiglia e lavoro: un aiuto dai fondi art. 9 della legge 53/2000 di Donatella
Gobbi, Collana Focus ISFOL n. 2009/2 dicembre.
39 Bando provincia di Pesaro “modalità per la presentazione e gestione di progetti formativi per
apprendisti”, 2008
40 Un modello innovativo per il sistema Apprendistato: un’indagine nella provincia di Pesaro e Urbino”,
2009, p. 15.
113
tutor aziendali e agli apprendisti su tutto l’iter procedurale della formazione in
apprendistato, dai colloqui preliminari per l’accertamento dei bisogni aziendali,
alla qualità dei servizi erogati in ambito formativo.
Per quello che concerne il patto formativo, “[…] analizzando le risposte dei tutor
sulla consapevolezza creata da questo percorso in merito alla utilità della formazione in
apprendistato, risulta quanto segue:
Il 43% dichiara che il percorso ha creato consapevolezza in buona parte o
completamente;
Il 37,6% afferma che il percorso che si è concluso con il Patto formativo ha creato
in minima parte consapevolezza;
Il rimanente 19,4% sostiene che non è stata creata alcuna consapevolezza.
Da una analisi più approfondita risulta che i risultati migliori, in termini di accresciuta
motivazione e consapevolezza, dipendono in questo caso dalla gestione dei colloqui preliminari
e dall’accertamento dei bisogni aziendali. Di fatto, risultano più motivate le imprese che sono
state maggiormente coinvolte nelle fasi preliminari, i cui bisogni e aspettative sono stati
ascoltati e verificati.”41
Per quanto riguarda, invece, il punto di vista degli apprendisti sull’utilità del
patto formativo, lo studio rileva che
“La quasi totalità degli apprendisti dichiara che il patto formativo risultava chiaro nella
definizione dei diritti e dei doveri (92%). La stipula del patto formativo è avvenuta nella
maggioranza dei casi all’avvio del corso, nella giornata di accoglienza (alla presenza del
docente o del coordinatore); il 26,1% dei giovani dichiara di averlo firmato assieme
all’azienda e all’ente di formazione.
Otto volte su dieci la scelta del percorso formativo è stata effettuata alla presenza di tutti i
soggetti interessati al progetto (tutor, apprendista, coordinatore). In seguito a questa scelta, la
percentuale di apprendisti che hanno chiesto di modificare il percorso formativo risulta
piuttosto bassa: il 16% circa dei casi. L’esito della richiesta di modifica è stato positivo per il
42,4% dei giovani che hanno modificato soprattutto la formazione trasversale (33,3%), in
minor misura risultano coloro che hanno modificato la formazione di settore (6,1%) e solo nel
3% di questi casi la modifica ha riguardato tutto il percorso formativo (rispetto al totale dei
giovani si tratta dello 0,5%). Analizzando più a fondo questo risultato troviamo: chi ha
chiesto di modificare il percorso formativo appartiene nella grande maggioranza dei casi a
coloro le cui competenze iniziali sono state accertate a classi già fatte dal docente nel modulo di
accoglienza, mentre sono molto inferiori le richieste di modifica da parte di chi è stato
esaminato in fase di colloqui preliminari”42.
41
42
Ibidem.
Ibidem.
114
Il sistema di certificazione
Altro nodo di interesse del sistema pesarese sull’apprendistato è quello della
certificazione del percorso formativo e del sistema dei crediti. Già nella delibera n.
976 01/08/2005, al fine di certificare l’esito della formazione dell’apprendista è
previsto lo strumento del libretto formativo, dove viene registrato tutto il percorso
formativo. In realtà ad oggi tale strumento non è stato ancora reso disponibile.
Per riuscire, tuttavia, a veder riconosciuta l’attività formativa, la Provincia di Pesaro
e Urbino ha portato avanti due azioni: il riconoscimento delle UF e la
certificazione delle competenze (in fase di attuazione).
Il riconoscimento delle UF all’interno del territorio provinciale di Pesaro, pertanto,
cerca di ovviare il ricorrente problema che si presenta all’apprendista quando
cambia datore di lavoro. Il soggetto si trova, infatti, il primo anno a lavorare in una
azienda ed effettuare la formazione in un determinato ente accreditato. Gli anni
successivi, invece, cambiando datore di lavoro, continua la formazione presso un
ente diverso, senza vedersi però riconosciute le UF che già ha concluso.
E’ prevista, invece, all’interno del bando 2008, la certificazione dell’intero percorso
o di segmenti parziali di esso, finalizzata al riconoscimento delle competenze
comunque acquisite. Il bando 2008 prevede l’iter per il riconoscimento dei crediti e
della successiva certificazione di competenze.
Il credito formativo, acquisibile in ingresso e/o in itinere, è finalizzato alla
personalizzazione del percorso formativo, utile ai fini della frequenza e/o al
riconoscimento di una o più Unità Formative Capitalizzabili in cui il percorso
stesso è articolato. Il riconoscimento dei crediti formativi rientra nel più generale
diritto individuale di accesso all’apprendimento lungo tutto il corso della vita,
valorizzando gli apprendimenti acquisiti e rafforzandone il valore di scambio verso
i sistemi della formazione professionale.
Il procedimento di riconoscimento del credito si articola nelle seguenti fasi:
ƒ richiesta di riconoscimento da parte dell’individuo interessato;
ƒ messa in trasparenza degli apprendimenti dell’individuo, ai fini del
riconoscimento dei crediti richiesti;
ƒ valutazione degli apprendimenti, sulla base degli esiti della loro messa in
trasparenza;
ƒ riconoscimento dei crediti;
ƒ eventuale individualizzazione e personalizzazione del progetto formativo.
Al termine dell’annualità formativa, ai fini di adempimento dell’obbligo di legge,
viene comunque rilasciato a tutti gli apprendisti un attestato di frequenza da parte
di ciascun Ente gestore.
Di seguito viene presentato uno schema (Scheda 2) in cui vengono sintetizzati gli
step procedurali e gestionali della formazione in apprendistato all’interno della
Regione Marche e della Provincia di Pesaro e Urbino.
115
Scheda 2 - Sintesi del sistema della Provincia di Pesaro e Urbino
Step 1
Individuazione
dei soggetti
attuatori
Requisiti per
accreditamento
Offerta formativa
Bandi per la
raccolta
dell'offerta
formativa
116
Progetti quadro
Step 2
Marche/Pesaro
Soggetto di
Strumenti
riferimento
Richiesta accreditamento da parte dei soggetti che hanno i requisiti:
Regione
elenco dei soggetti accreditati
Delibera n. 976 01/08/2005
Criteri:
- requisiti giuridici ed impegni formali assunti dal soggetto
interessato all’affidamento in gestione di attività formative;
-requisiti di risorsa, inerenti alla dotazione di mezzi destinati alla
realizzazione delle attività formative;
Enti
- requisiti di processo, inerenti alla dimostrazione da parte del
accreditati
soggetto della capacità di presidio con garanzia di qualità dei
principali processi afferenti alla realizzazione attività formative;
- requisiti di risultato, inerenti alla dimostrazione degli esiti delle
azioni svolte e delle risorse impiegate.
Delibera n. 62 CE/FPL del 17/01/2001 all. A
Provincia
di Pesaro
Si acquisiscono i progetti quadro tramite bando
Intervista AUR, Pesaro 16/03/2010
Enti
accreditati
Progetto quadro prevede azioni formative per garantire la flessibilità nei
percorsi formativi. Questi saranno modulari e articolati in contenuti di
base, a carattere trasversale e a carattere professionalizzante, predisposti
per gruppi di profili omogenei. Si progetteranno due cataloghi
dell'offerta formativa, uno relativo alle competenze tecnico-professionali
contenente almeno le UFC della I e II annualità e l’altro relativo alle
competenze trasversali della II annualità declinato per UF.
Bando Provincia di Pesaro “Modalità per la presentazione e gestione di progetti
formativi per apprendisti”, 2008
Soggetto di
riferimento
Iscrizione
apprendista
Impresa
Qualifica
apprendista
Regione
Autorizzazione
all'avvio
dell'offerta
formativa
Enti
accreditati
Realizzazione
offerta
formativa
Enti
accreditati
Strumenti
L' impresa, in base ai due cataloghi dell’offerta formativa provinciale,
sceglierà con l’ente formativo di riferimento, il percorso formativo a
cui iscrivere l’apprendista. L'impresa indica gli enti formativi presso cui
si intendono realizzare le UFC sulla base di indicazioni fornite dalla
Provincia. Infatti, l' impresa invia le informazioni sui propri apprendisti
alla Provincia che costruisce una banca dati. Da questa si estrapola un
congruo numero di nominativi di apprendisti per consentire l'avvio di
attività formative in un determinato settore.
Bando Provincia di Pesaro “Modalità per la presentazione e gestione di progetti
formativi per apprendisti”, 2008
Profili formativi regionali
Delibera n. 976 01/08/2005
Patto formativo: ente accreditato tramite mentor, apprendista e
impresa attraverso il patto gettano le basi per una collaborazione al
fine di realizzare un piano formativo integrato
Bando Provincia di Pesaro “Modalità per la presentazione e gestione di progetti
formativi per apprendisti”, 2008
I soggetti attuatori possono dare avvio alle attività formative
Finanziamento
Step 3
Certificazione
Strumenti
Destinatari
finanziamento
Enti
accreditati
Finanziamento attività corsuale (parametri: max 100,00 euro per
ogni ora di formazione, max 9 ero per ora allievo)
Bando Provincia di Pesaro “Modalità per la presentazione e gestione di progetti
formativi per apprendisti”, 2008
Finanziamento
Regione/
Province
Il finanziamento è 100% pubblico.
Step 4
Certificazione
percorso
formativo
Step 5
Controllo
Soggetto di
riferimento
Controllo sulla
formazione in
apprendistato
Soggetto di
riferimento
Provincia
di Pesaro
Soggetto di
riferimento
Provincia
di Pesaro
Strumenti
La certificazione dell’intero percorso o di segmenti parziali di essi è
finalizzata al riconoscimento delle competenze comunque acquisite.
Il bando 2008 prevede l’iter per il riconoscimento dei crediti e della
successiva certificazione di competenze.
Il credito formativo, acquisibile in ingresso e/o in itinere, finalizzato
alla personalizzazione del percorso formativo, utile ai fini della
frequenza e/o al riconoscimento di una o più Unità Formative
Capitalizzabili in cui il percorso stesso è articolato .
Il riconoscimento dei crediti è effettuato su tutto il territorio della
Provincia di Pesaro
Bando Provincia di Pesaro “Modalità per la presentazione e gestione di progetti
formativi per apprendisti”, 2008
Strumenti
La Provincia di Pesaro effettua un controllo sulla formazione in
apprendistato e sulla gestione delle attività tramite un monitoraggio
periodico e la presenza di una figura particolare denominata mentor.
Bando Provincia di Pesaro “Modalità per la presentazione e gestione di progetti
formativi per apprendisti”, 2008
Intervista AUR, Pesaro 16/03/2010
117
CONCLUSIONI
L’apprendistato, fino al 2004, quando era ancora in competizione con il CFL,
in Umbria si attesta intorno al 10% del totale assunzioni. Nel 2005 e nel
2006, nonostante sia rimasto l’unico contratto a causa mista, si mantiene
intorno alla stessa percentuale, mentre tra il 2007 e il 2009 scende di oltre
quattro punti percentuali sul totale assunzioni, passando dal 9,7% del 2006 al
7,3% del 2007 e poi ancora più giù nel 2008 e nel 2009, rispettivamente al
6,5% e al 5,1%.
Il 2007 è proprio l’anno in cui il beneficio contributivo non diventa più così
evidente, specialmente per le aziende al di sopra dei 10 dipendenti.
Soltanto le grandi imprese, che però in Umbria sono poche, non hanno
risentito del minor beneficio contributivo. D’altra parte hanno cominciato ad
assumere apprendisti soltanto dopo la scomparsa del CFL. Inoltre, sono
poco coinvolte nelle dinamiche gestionali della formazione professionale
proposta dalle agenzie formative che hanno ottenuto finanziamenti dalle due
Province di Terni e Perugia. Per queste imprese la formazione è una
necessità da sempre legata alla specificità delle tecnologie possedute e dei
processi adottati.
Per le piccole imprese, viceversa, le problematiche gestionali della
formazione professionale, per una percepita scarsa congruità nei contenuti e
per un certo disallineamento dei tempi di realizzazione rispetto alle loro
necessità, si vanno ad intrecciare con quelle di un beneficio contributivo
sempre meno competitivo.
Difficoltà gestionali e costi più alti spingono quindi le piccole e medie
imprese, che fra l’altro operano in una situazione di mercato abbastanza
critica e complessa, a ridurre l’investimento di lungo periodo sul personale
attraverso un contratto come quello di apprendistato. Probabilmente è anche
per questo motivo che accanto ai contratti di lavoro a tempo determinato,
che da sempre costituiscono oltre il 50% delle assunzioni, a partire dal 2007 i
contratti coordinati e continuativi assumono via via un peso maggiore
rispetto all’apprendistato (+4% soltanto nel 2009). Parallelamente scende
sotto al 20% il lavoro a tempo indeterminato.
119
Nel prendere atto che l’apprendistato è un contratto debole, sia sul fronte
della domanda che sul fronte dell’offerta, è utile immaginare su quali
elementi è necessario agire per rendere tale tipo di contratto più competitivo
per il lavoratore e meno oneroso per il datore di lavoro.
Le Regioni, quindi anche l’Umbria, non possono intervenire direttamente
sulla variabile contribuzione ma soltanto sollecitarne una revisione a livello
nazionale. Possono però intervenire direttamente su quella parte della
formazione professionale che programmano, finanziano e controllano.
A questo proposito la Regione Umbria nel corso del 2009 ha già fatto alcune
scelte importanti, promuovendo la medesima struttura dei bandi provinciali e
quindi l’unificazione di due sistemi che fino a quel momento avevano
operato in modo differente: Terni sulla base di un catalogo e Perugia sulla
base di progetti quadro. I bandi sono stati pubblicati nel corso del 2010 e il
primo risultato atteso è la costituzione di un catalogo regionale che raccolga
tutti i progetti quadro ammessi.
In ciò l’Umbria si riconosce nell’esperienza sviluppata dalla Provincia di
Pesaro e Urbino che, come abbiamo potuto constatare, riesce ad utilizzare
tutte le risorse economiche rese disponibili da fondi statali ed in parte anche
comunitari.
Qualora fosse necessario, potrebbe tornare utile anche l’esperienza
sviluppata in Emilia Romagna, specialmente per le procedure che vedono un
diretto coinvolgimento del datore di lavoro nella progettazione dei percorsi
formativi e nella partecipazione alle spese. Sarebbe interessante a questo fine
immaginare un’azione di marketing nei confronti delle medie e piccole
imprese tesa a rilevare proprio la disponibilità a partecipare alla progettazione
e gestione della formazione e gradualmente alla valutazione dei risultati
raggiunti, in modo da creare un sistema circolare all’interno del quale le
agenzie formative svolgano un reale ruolo di mediazione fra datore di lavoro
e ente finanziatore (le due Province).
Tutto questo è misurabile e valutabile positivamente se conduce a scelte che
portino nuovamente a far crescere il contratto di apprendistato che
tornerebbe ad essere, come in passato, un vero e proprio investimento sul
lungo periodo, così come è nella sua natura a partire dagli anni 50 in cui è
stato introdotto.
120
QUADRO DI SINTESI
Premessa
Obiettivo generale della ricerca, che la Regione ha commissionato all’Aur, è
quello di fornire elementi di riflessione ed indicazioni di policy utili per
costruire un sistema che consenta di adempiere nel miglior modo
all’obbligazione della formazione professionale in apprendistato.
Infatti risulta importante, nella fase di prima applicazione del Piano 2009 per
l’apprendistato, individuare le modalità che permettano di utilizzare al meglio
le risorse economiche messe a disposizione dallo Stato ed, eventualmente,
dal Fondo Sociale Europeo per soddisfare le esigenze formative delle aziende
che utilizzano apprendisti.
In questa logica, prima di procedere alla stesura della L.R. 18 del 30 maggio
2007 e del conseguente regolamento, la Regione, da un lato, ha valutato
l’attività formativa realizzata; dall’altro lato, ha verificato con i gestori della
formazione (le agenzie formative) e con gli utilizzatori (le aziende e i loro
rappresentanti) quali correzioni apportare al sistema per garantire la massima
utilizzazione delle risorse disponibili secondo le reali esigenze delle imprese.
La valutazione si è conclusa con la decisione di procedere alla strutturazione
di un catalogo che raccoglie gli enti/agenzie titolati, sulla base di precisi
criteri, a svolgere attività formativa in apprendistato.
Contemporaneamente la Regione ha fornito indicazioni alle due Province
(Piano 2009), delegate per la programmazione esecutiva della formazione,
sottolineando l’opportunità di procedere con progetti quadro capaci di
raccogliere tutte le possibili esigenze da dettagliare, poi, attraverso appositi
bandi che indichino percorsi formativi costruiti sulla base di UF/UC, unitarie
e non.
Con ciò la Regione ha avviato anche un sistema della formazione che tende a
privilegiare le competenze e che contemporaneamente rinvia alla loro
certificazione. I bandi delle Province sono stati elaborati nel mese di marzo
2010 e sono stati pubblicati in aprile. Relativamente alla fase attuativa, è stata
121
già prevista un’attività di monitoraggio, necessariamente rinviata ad un
secondo momento.
Nessun monitoraggio tuttavia può essere ipotizzato se prima non si analizza
quanto realizzato fino a quel momento, con quali risultati e con quali
difficoltà.
L’Aur fin dall’inizio si è posta il problema di capire se il contratto di
apprendistato si presenta sul mercato del lavoro come contratto competitivo
o meno; se in altri termini sul fronte dell’offerta, anche in considerazione
delle nuove tipologie di contratto subentrate dopo il Dlsg. 276/2003, si sono
create più alternative e più vantaggi per il datore di lavoro.
Dalla verifica di questa ipotesi, derivano anche valutazioni sulla futura
utilizzazione di questo contratto e su eventuali limiti o difficoltà nella
gestione della formazione, la quale rimane a tutti gli effetti un’obbligazione
per il datore di lavoro che beneficia di uno sconto contributivo.
In questa ricerca, nel ricostruire l’evoluzione e la gestione del contratto di
apprendistato, le variabili oggetto di analisi sono state sostanzialmente tre:
ƒ la dinamica degli altri contratti concorrenti (coordinato e
continuativo, a termine, ecc.);
ƒ l’obbligazione della formazione;
ƒ la contribuzione.
Ogni variabile, presa singolarmente e in interazione con le altre, nel tempo è
intervenuta nel dimensionare il contratto di apprendistato.
Partendo dall’anno 2000 come anno di riferimento, l’Aur ha verificato
quanto accaduto fino al 31/12/2009 cercando, più che di pesare, di
evidenziare la reale presenza delle variabili sopra indicate, per gli effetti da
esse determinati. Al fine di fornire una visione dal lato dell’offerta, l’analisi
effettuata dall’Aur fa riferimento al flusso delle assunzioni in Umbria i cui
dati dal 2000 al 2009, ripartiti per tipologia di contratto, sono stati forniti
dalla Regione. Si tratta di una precisa scelta metodologica effettuata per
capire se questa tipologia di contratto, sia pure a fronte del crescente numero
degli occupati in apprendistato negli anni, sia stata e sia ancora competitiva
sul mercato del lavoro. Si è voluto, quindi, verificare se il contratto di
apprendistato possa considerarsi oggi appetibile per il datore di lavoro e
sufficientemente “forte” per il prestatore di lavoro rispetto ad altre tipologie
contrattuali.
Dall’esterno sono stati raccolti alcuni dati nazionali forniti dal Ministero del
Lavoro. Nel volume inoltre è presente un contributo a cura di Isfol
sull’evoluzione del contratto di apprendistato.
Per avere un quadro di riferimento più ampio, l’Aur ha analizzato anche il
sistema dell’Emilia Romagna e quello della Provincia di Pesaro e Urbino. In
122
entrambi i sistemi sono stati riscontrati la volontà e gli strumenti per
rispondere all’obbligazione della formazione professionale in modo non
formale. Sia in Emilia che a Pesaro, infatti, viene esaltato il ruolo del datore
di lavoro che diventa partecipe delle scelte e tutta l’attività viene
accompagnata da una particolare cura nella definizione e gestione del sistema
delle qualifiche e della certificazione delle competenze. L’ulteriore dato
positivo che accompagna queste esperienze sta nella totale utilizzazione dei
fondi messi a disposizione, sia nazionali che comunitari.
Inoltre l’Aur ha ritenuto di ascoltare in primo luogo gli attori principali del
sistema e quindi le associazioni datoriali, le imprese, i consulenti del lavoro e
i rappresentanti tecnici della Regione e delle due Province, in quanto
direttamente coinvolti nella gestione. Le opinioni espresse dagli interlocutori
privilegiati sono servite per dare voce ai dati numerici che nei vari anni
hanno offerto una misura circa l’utilizzazione del contratto di apprendistato.
Sia pure in termini non definitivi, vista la situazione di crisi del mercato nel
2009, si palesa in modo evidente una chiara debolezza sul fronte dell’offerta
del contratto di apprendistato.
In questa fase non è risultato conveniente procedere ad intervistare i fruitori
della formazione, cioè gli apprendisti. Il giudizio sulla qualità della
formazione non è al momento utile ai fini degli obiettivi della ricerca. Prima
era, infatti, necessario avere un quadro preciso ed esaustivo dell’offerta
formativa proposta a seguito dell’innovazione normativa e della
regolamentazione attuata dalla Regione. E’ evidente che un sistema di
monitoraggio completo ha senso se è in grado di misurare gli esiti della
formazione (es. rapporto tra formati ed assunti a tempo indeterminato),
confrontandoli con le risorse messe a disposizione e con il grado di
innovazione degli strumenti adottati (es. strutturazione della formazione in
unità formative, certificazione dei crediti, certificazione delle competenze,
ecc.), congruentemente con le reali necessità dell’azienda interessata.
Il contratto di apprendistato fra vecchio e nuovo mercato del lavoro
(prima e dopo il 2003)
Partendo dalla situazione occupazionale in Umbria 2000-2009 (tabb. 1 e 2), si
evidenzia dal 2003 una sostanziale crescita del tasso di occupazione che si
mantiene sempre al di sopra della media italiana anche negli anni 2008-2009.
123
Tab. 1 - Tasso di Occupazione in Italia e Umbria (%)
2000
Umbria
58,3
Italia
53,5
Fonte: Istat
2001
59,4
54,6
2002
58,8
55,4
2003
59,2
56,0
2004
61,4
57,4
2005
61,6
57,5
2006
63,9
58,4
2007
64,6
62,5
2008
65,4
58,7
2009
63,0
57,5
2008
4,8
6,7
2009
6,7
7,8
Tab. 2 - Tasso di Disoccupazione in Italia e Umbria (%)
2000
Umbria
6,5
Italia
10,6
Fonte: Istat
2001
5,3
9,5
2002
5,7
9,0
2003
5,2
8,7
2004
5,7
8,0
2005
6,1
7,7
2006
5,1
6,8
2007
4,6
6,1
Il volume delle assunzioni in Umbria (graf. 1) è costantemente in aumento
fino al 2007, nonostante negli anni considerati l’economia si sia attestata su
livelli di crescita poco al di sopra dello zero. Ciò significa che la quantità di
lavoro disponibile è stata distribuita fra un numero più ampio di lavoratori
per periodi più brevi e con compensi meno significativi. In altri termini, la
stessa “torta” ha soddisfatto più esigenze, comprese quelle della fascia di età
fino ai 29 anni.
Dal 2007 le assunzioni fino a 29 anni diminuiscono parallelamente al totale
delle assunzioni, mentre le assunzioni in apprendistato, che rientrano in
questa fascia di età, scendono repentinamente. In particolare, in Umbria dal
2000 al 2009 si sono verificate complessivamente 95.616 assunzioni in
apprendistato. Le assunzioni in valore assoluto crescono negli anni, fino al
2007 significativamente, cominciano a flettere nel 2008, per scendere nel
2009 come per tante altre tipologie di contratto a seguito della crisi
economica.
Quello che, però, emerge con decisione è lo scarso appeal del contratto di
apprendistato sia da solo che rispetto ad altri, tanto da renderlo sempre meno
competitivo anno dopo anno, a prescindere dallo stato generale dell’economia. Mentre nel 2000 l’apprendistato rappresentava il 10,4% del totale
delle assunzioni, nel 2009 scende al 5,1%.
Sul fronte dell’apprendistato infatti si sono registrate una serie di tensioni
importanti dovute in parte alla immissione di nuove forme contrattuali (graf.
2), in parte alla modifica di regole sulla contribuzione specifica ed infine sul
ruolo della formazione.
124
12000
180000
10000
150000
8000
120000
6000
90000
4000
60000
2000
30000
0
Assunz. tot.
Assunz. Apprend.
Graf. 1 - Umbria: assunzioni apprendistato, assunzioni fino a 29 anni
ed assunzioni totali (v.a.)
0
2000
2001
2002
Totale assunzioni
2003
2004
2005
2006
Assunzioni fino a 29 anni
2007
2008
2009
Assunz. Apprendistato
Fonte: elaborazione Aur dati Regione Umbria - OML di fonte CPI.
Lo sperato rilancio dell’apprendistato come unico contratto a causa mista a
partire dal 2004, dopo la soppressione del CFL, risulta negato proprio per la
forte incidenza dei fattori sopra richiamati.
Graf. 2 - Umbria: variazioni di alcune tipologie contrattuali (2000=100)
2000-2009
200
180
160
140
120
100
80
60
40
20
0
2000
2001
2002
2003
TOTALE ASSUNZIONI
CONTRATTO DI INSERIMENTO - CFL
LAVORO A TEMPO INDETERMINATO
2004
2005
2006
2007
2008
2009
APPRENDISTATO
LAVORO A TEMPO DETERMINATO
Fonte: elaborazione Aur dati Regione Umbria - OML di fonte CPI.
125
E’ il caso di sottolineare che l’apprendistato presenta un chiaro elemento di
debolezza rispetto ad altri contratti, se ad esempio ci si sofferma (facendo
riferimento in questo caso al dato disponibile di tipo nazionale) sulla
questione delle cessazioni, dove emerge in modo assolutamente prevalente la
motivazione dimissioni a prescindere dal genere (graf. 3).
Graf. 3 - Cessazioni per motivo di risoluzione contrattuale e genere
Fonte: “Dossier Comunicazioni obbligatorie”, 2009.
Sebbene non sia possibile stabilire con esattezza quali siano e quanto
incidano le varie cause che portano alle dimissioni dell’apprendista, è tuttavia
probabile che queste siano connesse, per quanto riguarda il datore di lavoro,
all’impossibilità di investire sulle assunzioni di lungo periodo (“flessibilità
forzosa”), per quanto riguarda il lavoratore alla difficoltà ad entrare in
dinamiche lavorative in cui la fase di apprendimento, che un tempo era
preponderante, risulta puramente nominale, perché spesso assimilata a quella
dell’ ex CFL.
Risultanze delle interviste
Rispetto alle variabili (formazione, contribuzione, investimento di lungo
periodo) precedentemente segnalate, è stata chiesta una valutazione ad alcuni
interlocutori privilegiati:
- Aziende medio grandi operanti nella realtà regionale, selezionate
avvalendosi anche delle informazioni delle Province in merito
all’utilizzo dell’istituto contrattuale e alla disponibilità di
collaborazione;
- Ordine dei consulenti del lavoro che supportano molte delle aziende medio
piccole e non solo della realtà umbra;
126
-
Associazioni datoriali locali nelle persone dei loro direttori ed esperti
sull’apprendistato, sia in qualità di rappresentanti degli interessi degli
iscritti del loro settore, sia in qualità di gestori della formazione.
I vari interlocutori hanno risposto in modo differenziato secondo la
dimensione aziendale, dove l’orientamento è più sulle problematiche
amministrative-gestionali per le aziende grandi e sulle problematiche formative per le
aziende medio piccole, nonostante la significatività del beneficio contributivo.
Le risultanze delle interviste, esclusivamente sul piano qualitativo, sono
sintetizzate in quattro figure in cui vengono considerate le risposte fornite, con
riferimento a grandi e piccole-medie aziende, direttamente dagli imprenditori o
da coloro che, in quanto rappresentanti delle Associazioni e degli Ordini dei
consulenti del lavoro, conoscono le esigenze delle aziende stesse e quindi sono
in grado di farsene portavoce.
Nella figura 1 vengono messi in correlazione il beneficio contributivo e l’onere
della formazione. Per il primo, vengono individuate tre gradazioni nella
percezione: beneficio alto, medio e basso. Per il secondo, vengono individuate
due possibili opzioni: la formazione come deterrente oppure come
opportunità.
Le grandi imprese, a fronte di un beneficio contributivo alto, considerano la
formazione prevalentemente un’opportunità e non un costo ulteriore, nel
solco della tradizione che vede tali strutture da sempre impegnate in attività
formative continuative e fortemente standardizzate sulle loro specifiche
necessità. Viceversa, per le piccole e medie imprese, sempre a fronte di un
beneficio contributivo percepito come alto, la formazione rappresenta più un
deterrente che un beneficio e quindi viene percepita come un ulteriore costo
da sostenere.
A completamento delle risultanze fornite dalla figura 1, nella successiva figura
2, proprio a verifica del giudizio sull’esito della formazione, positivo o
negativo, sono state messe in correlazione le modalità dell’erogazione della
formazione (interna, mista e esterna) ed il suo grado di utilità (positivo o
negativo), così come viene percepita dalle agenzie formative.
Le grandi imprese e le piccole e medie si dispongono in modo diametralmente
opposto. Infatti, le prime prediligono la formazione interna da loro
direttamente erogata, esprimendo un chiaro giudizio positivo; le seconde,
probabilmente perché impossibilitate per ragioni organizzative e dimensionali a
svolgere direttamente la formazione, si collocano prevalentemente nell’ambito
di un giudizio negativo sulla formazione esterna affidata alle agenzie formative.
127
Fig. 1 - Oneri e benefici del contratto di apprendistato: grandi e
piccole aziende a confronto
BENEFICIO
CONTRIBUTIVO
Piccole e Medie
Imprese
alto
Grandi
Imprese
medio
basso
deterrente
opportunità
ONERE DELLA
FORMAZIONE
Fig. 2 - La formazione nel contratto di apprendistato: grandi e piccole
imprese a confronto
EROGAZIONE
FORMAZIONE
Grandi
Imprese
interna
mista
Piccole e Medie
imprese
esterna
positivo
128
negativo
UTILITA’
FORMAZIONE
Rispetto, in particolare, alla variabile formazione, sono emerse cinque
problematiche ricorrenti che riguardano efficacia, flessibilità, difficoltà
organizzativa, gestione amministrativa ed erogazione dei finanziamenti e che sono
state sintetizzate nelle figure 3 e 4, utilizzando un grafico a ragnatela. In
ciascun apice del pentagono è stato indicato un problema prevalente e
rispetto ad ognuno di esso è stata riportata l’intensità di giudizio. L’area che
ne deriva fornisce una sintesi di aggregazione dei giudizi e delle percezioni
rispettivamente delle grandi e delle piccole-medie imprese.
Ancora una volta le grandi imprese si collocano in modo diametralmente
opposto alle piccole-medie imprese.
Le prime (fig. 3), infatti, manifestano una leggera attenzione unicamente per
le questioni connesse con la gestione amministrativa della formazione che
riconduce prevalentemente ad un ritardo dei finanziamenti. Con ciò si
conferma e si spiega ulteriormente la valutazione positiva già espressa nei
confronti dell’erogazione della formazione nella figura 2.
Le seconde (fig. 4) manifestano in modo significativo una sofferenza dovuta
a: difficoltà dell’organizzazione, inefficacia ed onere, mancanza di flessibilità
della formazione. Anche in questo caso si conferma e si articola
ulteriormente la valutazione espressa nella figura 2.
Complessivamente si rileva un’area problematica più importante per le
piccole-medie imprese, che per le grandi.
Fig. 3 - Peso di alcune principali problematiche inerenti la formazione:
orientamento delle grandi imprese
Grandi Imprese (> 50 dipendenti)
RITARDO NEI
FINANZIAMENTI
100
DIFFICOLTA'
ORGANIZZAZIONE DELLA
FORM.
INEFFICACIA E ONERE
DELLA FORMAZIONE
50
0
GESTIONE
AMMINISTRATIVA DELLA
FORMAZIONE
MANCANZA FLESSIBILITA'
129
Fig. 4 - Peso di alcune principali problematiche inerenti la formazione:
orientamento delle piccole medie imprese
Piccole-medie imprese (< 50 dipendenti)
RITARDO NEI
FINANZIAMENTI
100
DIFFICOLTA'
ORGANIZZAZIONE DELLA
FORM.
INEFFICACIA E ONERE
DELLA FORMAZIONE
50
0
GESTIONE
AMMINISTRATIVA DELLA
FORMAZIONE
MANCANZA FLESSIBILITA'
Entrando nel merito delle risposte fornite, gli intervistati hanno evidenziato
le problematiche e le difficoltà che incontrano con maggiore frequenza e che
quindi necessiterebbero di soluzione.
Rispetto al ritardo dei finanziamenti, i testimoni privilegiati ascoltati esprimono
il disagio che provano per ottenere in tempo utile i finanziamenti pubblici al
fine di effettuare la formazione finanziata da loro richiesta. Questo comporta
slittamenti nell’erogazione della formazione o addirittura congelamento della
stessa in attesa dell’arrivo dei fondi richiesti, con conseguente difficoltà nella
gestione dei rapporti tra apprendisti e datori di lavoro.
Rispetto alla difficoltà nella gestione amministrativa della formazione pubblica, le
risposte degli intervistati si concentrano sugli aspetti burocratici
dell’attivazione del contratto di apprendistato e sul passaggio dalla vecchia
alla nuova normativa in materia.
Rispetto alla problematica relativa alla mancanza di flessibilità della formazione
pubblica relativamente alle esigenze dell’impresa e dell’apprendista, gli
intervistati segnalano le notevoli difficoltà che devono superare per
raggiungere una formazione di qualità in apprendistato.
Rispetto all’onere della formazione, soprattutto le piccole imprese segnalano
come la formazione stessa venga vissuta come un “peso” in termini di
mancata produzione per il periodo in cui il lavoratore si allontana dal posto
di lavoro. Ciò risulta più oneroso nel caso in cui il costo non venga
compensato in termini di conoscenze acquisite dall’apprendista.
130
Rispetto all’inefficacia della formazione, gli intervistati hanno segnalato casi in cui
la formazione stessa viene vissuta come perdita di tempo e quindi inutile.
Rispetto all’organizzazione della formazione pubblica, gli intervistati hanno
evidenziato l’influenza che esercitano ai fini della riuscita del corso la
modalità di gestione della classe e la scelta delle tematiche inerenti al profilo
professionale da conseguire.
Di seguito, si riportano (Scheda 1) le sei tematiche descritte, corredate da
alcune frasi estrapolate dalle interviste effettuate, indicando attraverso la
graduazione del colore l’intensità più alta o più bassa del modo in cui la
problematica viene sentita.
Si precisa che le voci inefficacia e onere della formazione sono state distinte in
quanto le risposte fornite dagli intervistati si caratterizzano più chiaramente
se indicate separatamente.
Scheda 1 - Alcuni giudizi degli intervistati sulle problematiche
individuate
Ritardo dei finanziamenti
“(Da) Ottobre del 2008 […] non abbiamo più assunto […] neanche con
apprendistato. Quando arriveranno i soldi…”.
“Terni sta aspettando che arrivino i fondi.”
“Siamo in attesa che ci sblocchino questo finanziamento[…], visto che abbiamo
[…] apprendisti che devono fare il percorso formativo[…] per la parte
trasversale […]”.
“… la preoccupazione più grossa è quella di lasciare nel limbo le imprese che
debbono scegliere un canale o l’altro[…] non possiamo continuare a dire […]
aspettiamo che esca l’avviso pubblico […] prima o poi ci sarà la possibilità di
fare corsi”.
Gestione amministrativa della formazione
“…le formalità burocratiche […] ci sono. Le approvazioni, l’iter tramite l’ente
bilaterale, […] l’iscrizione obbligatoria per avere la validazione….il parere di
conformità…tutte queste cose frenano ovviamente l’accesso all’apprendistato”.
“E’ sicuramente più complesso avviare questo tipo di contratto rispetto ad
altri”.
131
“…secondo me con l'accreditamento si pensava di aver trovato la risposta alla
scrematura di tanti enti di formazione […]. Mentre invece abbiamo visto che
anzi ce ne sono ancora di più”.
“Quelle imprese (che) optano per l’offerta pubblica […] aspettano: se sono
chiamate bene, se no […] si salvano”.
“Con tutte le normative che si sono succedute da quando si è detto
semplifichiamo […] è stata una complicazione dietro l’altra”.
Mancanza di flessibilità dei percorsi
“Le modalità (di realizzazione della formazione) necessitano di semplificazione e
di snellezza. Vogliamo essere più elastici possibili”.
“…la grande esigenza di flessibilizzare fortemente i meccanismi di formazione
esterna rispetto […] alle esigenze dell’[…] apprendista […] si collega a quella
dell’impresa”.
“Ci deve essere la flessibilità di rendere anche diverso il percorso […] ha senso
un percorso così articolato per uno che mi serve 6 mesi?”.
“Bisognerebbe puntare più su una formazione pratica”.
“…lasciare direttamente all’apprendista e all’impresa la capacità di organizzarsi
tra di loro […] per cogliere quelle specificità senza le quali la formazione avrebbe
un contenuto […] più basso”.
“… il contenuto della formazione […] deve essere un pochino più flessibile e
non incollato…” .
“… alle nostre aziende piace una formazione che sia assolutamente
personalizzata…”.
Onere della formazione
“ Togliere per 120 ore l’apprendista [alle piccole imprese], significa togliergli il
100% della forza lavoro”.
“… 120 ore annue, sono tantissime. Perché è quasi una mensilità all’anno che
[…] perde il datore di lavoro perché deve fare al proprio apprendista la
formazione esterna…”.
132
“…l’obbligo formativo diventa un oggettivo appesantimento del costo per
l’imprenditore[…].(Sono)120 ore retribuite (più) 120 ore di mancata
produzione”.
“… le aziende, in particolare le piccole […], quando assumono un apprendista
[…] lo mettono subito a lavorare e mandarlo […] in formazione è un peso”.
“…un laureato di 28 (anni) assunto come apprendista… se trova meglio se ne
va. Dopo un anno che si è formato se ne va”.
“…l’obbligo della formazione formale esterna all’impresa per almeno 120 ore
annue […] non ha funzionato, realisticamente in nessuna parte del territorio”.
Inefficacia della formazione
“… la formazione non è adeguata […] le aziende devono ricorrer(vi)
obbligatoriamente però non gli serve a niente”.
“(La formazione è una) perdita di tempo, non inerente nei programmi con
quello che poi effettivamente […] serve da spendere all’interno dell’azienda […]
è lo stesso […] apprendista, che ha esternato la sua insoddisfazione…” .
“Non abbiamo un ritorno del tempo investito, lo dicono gli stessi ragazzi (in
formazione). Perdono tempo”.
“In specifico la formazione fa bene ai formatori. Assistiamo spesso a situazioni
per le quali…i formandi sanno molto di più dei formatori”.
“In un momento di crisi […] bisogna tornare a creare opportunità di lavoro e
(fare la) formazione che serve”.
“Se lo mando a fare un corso esterno, mi deve ritornare con un valore aggiunto”.
“Posso dire anche che molti ragazzi che frequentano (le) formazioni esterne, le
vivono come […] non […] costruttive”.
Difficoltà nell’organizzazione della formazione
“A tutto questo va aggiunto anche l’estremo disagio […] per recarsi
materialmente alle sedi predisposte per la formazione”.
“…è più facile formarlo ulteriormente in azienda che ha un macchinario super
moderno (piuttosto che presso) un’agenzia formativa […]”.
“Il limite più grosso della formazione è il concetto di classe (aula)”.
133
“Minore è la scolarizzazione, minore è la propensione ad acquisire una
formazione […] rivendibile nel modo del lavoro”.
“E’ inutile fare uno sforzo di progettualità prima che conosco l’apprendista”.
“Ridurre l'azione formativa frontale è un obiettivo che secondo me la Regione
Umbria si deve porre”.
“Grande flessibilità, unità formative, percorsi sempre più individuali: il PFI
dovrebbe rispondere a questa esigenza”.
La gestione della formazione in Provincia di Pesaro e Urbino e in
Emilia Romagna: motivi di riflessione rispetto alla situazione umbra
L’esperienza dell’Umbria antecedente al 2009 vede, rispetto in particolare
all’attività formativa per l’espletamento del contratto di apprendistato, due
modi diversi di operare delle Province di Terni e di Perugia. La prima da
alcuni anni ha sviluppato un sistema basato su un catalogo di attività
formative costantemente accessibili da parte di imprese interessate, la
seconda viceversa ha operato sempre tramite bandi e progetti quadro.
Recentemente, a seguito della Legge regionale n. 18 del maggio 2007 e del
successivo regolamento, la Regione Umbria ha voluto unificare il sistema di
gestione dell’offerta formativa provinciale valorizzando entrambi i sistemi
provinciali precedentemente messi in atto. E’ intervenuta producendo un
atto d’indirizzo che, accompagnato da alcune importanti attività sviluppate
sul fronte dei profili professionali, sul riconoscimento dei crediti e del
bilancio delle competenze, ha consentito alle due Province di adottare un
sistema che prevede tre fasi:
1. Presentazione progetti quadro da parte degli Enti accreditati: approvazione e
finanziamento
Gli Enti accreditati presentano progetti quadro che costituiranno un
catalogo di UF/UC con contenuti a carattere di base, trasversali e tecnico
professionalizzanti relativi a tutti i profili formativi, riferiti ai settori di
riferimento, individuati tra quelli regionali o in mancanza sulla base dei
CCNL o dell’ISFOL.
La Provincia, approvando il progetto, metterà a disposizione una
quota di finanziamento. Tuttavia, l’erogazione dell’importo dovuto
avverrà esclusivamente all’atto dell’avvio dell’attività formativa.
I soggetti attuatori possono dare avvio a due diverse tipologie di
attività: l’una riguardante percorsi unitari strutturati in UC tecnico
professionalizzanti e UF di base trasversali per apprendisti con
134
caratteristiche omogenee; l’altra riguardante singole UC tecnico
professionalizzanti e UF di base trasversali presenti nel progetto
quadro, utilizzabili per l’acquisizione di competenze individuate nel
PFI.
2. Avvio dell’attività
I soggetti attuatori, iscritti al Catalogo dell’offerta formativa ed in base
alle iscrizioni aziendali, potranno richiedere l’autorizzazione di avvio di
attività. La valutazione della richiesta avverrà attraverso un controllo
dell’esistenza dei requisiti formali e di quelli di merito. Una volta
ottenuta l’autorizzazione, il soggetto dovrà avviare le attività entro la
scadenza dell’anno di riferimento del Piano Regionale, altrimenti
queste decadranno automaticamente.
3. Gestione dell’attività
Le attività formative dovranno svolgersi presso le sedi del territorio
provinciale, anche occasionali, al fine di agevolare la frequenza degli
apprendisti.
La configurazione delle attività potrà essere la seguente:
• percorsi unitari previsti per determinati profili formativi di durata
stabilita dai CCNL, strutturati in UC tecnico professionalizzanti e
UF di base e trasversali e rivolti ad apprendisti con caratteristiche
omogenee che andranno a costituire gruppi-classe di 10-25 unità
(parametro fisso di finanziamento ora/allievo);
• singole UC tecnico professionalizzanti e UF di base e trasversali presenti
all’interno del progetto quadro, utili per l’acquisizione di
competenze individuate nel PFI e rivolte a gruppi-classe di 10-25
unità (parametro fisso di finanziamento ora/allievo) o a gruppiclasse di 3-10 unità (finanziamento costo fisso complessivo per ora).
La scelta dell’Umbria si avvicina molto a quanto già attivato nelle Marche, in
Provincia di Pesaro e Urbino, come si è potuto rilevare dalla intervista
effettuata al Responsabile della formazione della medesima provincia. Per
avere un quadro di riferimento più ampio, sono state poi acquisite
informazioni sulle procedure in essere nella Regione Emilia Romagna.
Il sistema emiliano-romagnolo sull’apprendistato si basa fondamentalmente sul
coinvolgimento delle imprese e degli apprendisti nel processo decisionale e
finanziario della formazione formale. La Regione accredita gli enti interessati
alla realizzazione della formazione, riconoscendo l’idoneità dei soggetti in
possesso dei requisiti.
Una volta ottenuto un elenco di enti accreditati, acquisisce i progetti che,
valutati e validati, entrano a far parte di un catalogo delle proposte formative.
Il catalogo è caratterizzato da rimanere sempre aperto ed in continuo
135
aggiornamento sulla base di nuove qualifiche derivanti dalle richieste del
tessuto produttivo regionale.
Aziende e apprendisti, così, scelgono e acquistano le unità formative a
catalogo che ritengono di interesse. L’impresa al momento dell’assunzione
deve individuare la qualifica di riferimento del Sistema Regionale delle Qualifiche
(SRQ) che sarà quella che verrà inserita nel PFI. Non vi è comunicazione del
PFI alla Regione poiché la scelta della qualifica comporta gli obiettivi
formativi da raggiungere.
Il catalogo viene costruito sulla base di percorsi formativi riferiti alle qualifiche
contenute nel SRQ e articolati in Unità Formative (UF).
La Regione contribuisce alla realizzazione delle attività riconoscendo un
voucher o assegno a ciascun apprendista per un importo non inferiore al
50% del costo della formazione e le imprese cofinanziano per la parte
residua.
Inoltre, viene disciplinata la certificazione delle conoscenze e delle capacità
acquisite attraverso le attività formative presenti nell’offerta regionale,
secondo quello che viene chiamato il “Sistema Regionale di Formalizzazione
e Certificazione delle competenze”.
La partecipazione al processo di formalizzazione e certificazione delle
competenze rimane comunque una scelta volontaria dell’apprendista e può
consentire l’acquisizione della Scheda attestante le capacità e le conoscenze, del
Certificato di competenze e del Certificato di qualifica professionale.
Il sistema della Provincia di Pesaro e Urbino si caratterizza prevalentemente
per le misure di accompagnamento nei confronti delle imprese al fine di
rispondere in modo opportuno ed efficace alle esigenze dei datori di lavoro e
degli apprendisti.
La Regione effettua l’accreditamento degli enti che possiedono i requisiti
richiesti. Gli enti accreditati possono così presentare i progetti formativi da
realizzare. In Provincia di Pesaro e Urbino ciò avviene in risposta ad un
apposito bando.
Il soggetto accreditato dovrà, quindi, presentare un progetto quadro articolato
secondo diverse azioni formative e secondo profili formativi. Il progetto quadro
prevede un insieme articolato di azioni formative in modo tale che sia garantita la
flessibilità nella definizione dei percorsi formativi. Questi sono modulari e
articolati in contenuti di base, a carattere trasversale e a carattere
professionalizzante, predisposti per gruppi di profili omogenei.
Per profili formativi si intendono gli obiettivi formativi e gli standard di
competenza da conseguire nell’ambito del contratto di apprendistato che
vengono definiti preventivamente dalla Regione. Il soggetto, inoltre, che
136
presenta un progetto quadro fa riferimento direttamente a dei percorsi di
qualifica standardizzati dalla Provincia.
Per facilitare la scelta del percorso formativo da parte di imprese e
apprendisti vengono istituiti presso la Provincia due cataloghi dell'offerta
formativa, uno relativo alle competenze tecnico-professionali, l’altro relativo
alle competenze trasversali.
L’azienda, facendo riferimento ai due cataloghi, sceglierà il percorso
formativo a cui iscrivere l’apprendista e invierà le informazioni alla Provincia
al fine dell’inserimento in una apposita banca dati.
La Provincia estrapolerà, così, dalla banca dati un determinato numero di
nominativi di apprendisti per consentire l'avvio di attività formative in uno
specifico settore.
Caratterizzanti del sistema pesarese sono il patto formativo e la figura del
mentor. Il patto formativo è un accordo che viene stipulato tra ente di
formazione, apprendista ed azienda. L’ente formativo prende parte alla
stipula del patto formativo attraverso la figura del mentor.
Il mentor è la figura che, su incarico dall’ente di formazione, va in azienda ad
incontrare il datore di lavoro e l’apprendista per raccogliere ed orientare
verso azioni condivise. Si tratta di un facilitatore, ma è anche figura di
riferimento per tutto l’intero rapporto di apprendistato. Non è dipendente
provinciale ma si relaziona con l’amministrazione costantemente,
rapportandosi al contempo con le imprese e gli allievi durante tutto il percorso
formativo.
In merito alla certificazione del percorso formativo e del sistema dei crediti,
la Provincia di Pesaro e Urbino sta portando avanti due azioni: il
riconoscimento delle UF e la certificazione delle competenze.
La contribuzione: una variabile conosciuta e mai realmente esplorata
In Umbria non esistono studi sistematici sull’incidenza della contribuzione nelle
scelte del datore di lavoro per quanto riguarda in particolare le assunzioni in
apprendistato. Abbiamo potuto constatare che anche in Emilia e nelle Marche
non si riscontrano approfondimenti di questo tipo. Tuttavia in Emilia e nelle
Marche, come in Umbria, è diffusa la sensazione che la variabile contribuzione
eserciti un ruolo importante nelle scelte del datore di lavoro.
Nella tabella 3 vengono presi a riferimento tre settori campione
(metalmeccanico, artigianato e commercio) e viene posto a confronto il costo del
personale di un operaio apprendista con quello di un operaio assunto a tempo
indeterminato. Si osserva l’evoluzione di biennio in biennio a partire dall’anno
2000, distinguendo tra costo per le aziende che occupano un numero di addetti
pari o inferiore a 9 o superiore, come previsto dalla normativa vigente.
137
2,62 euro
2,75 euro
2,88 euro
2,98 euro
1,50%
1,50%
ANNO
2000
2002
2004
2006
2008
2010
11,35
11,92
12,48
12,91
16,62
17,65
CONTRIBUTI
CARICO
AZIENDA
(in euro)
874,43
916,88
972,33
1048,57
1124,46
1194,06
COSTO
AZIENDA
(escluso
T.F.R.)
2,62 euro
2,75 euro
2,88 euro
2,98 euro
1,5 %
1,5 %
2000
2002
2004
2006
2008
2010
11,35
11,92
12,48
12,91
21,19
22,72
CONTRIBUTI
CARICO
AZIENDA
(in euro)
1038,13
1081,57
1111,71
1397,89
1433,92
1537,19
COSTO
AZIENDA
(escluso
T.F.R.)
0,02 euro
0,02 euro
0,02 euro
0,02 euro
1,50 %
1,50 %
ANNO
2000
2002
2004
2006
2008
2010
0,09
0,09
0,09
0,09
13,16
14,60
CONTRIBUTI
CARICO
AZIENDA
(in euro)
769,72
787,39
819,86
877,19
890,26
987,83
COSTO
AZIENDA
(escluso
T.F.R.)
138
Fonte: dati Studio Minciarelli-Biscarini.
MISURA
CONTRIBUTI
CARICO
AZIENDA
1a annualità apprendistato in azienda < =9
dipendenti
MISURA
CONTRIBUTI
CARICO
AZIENDA
ANNO
1a annualità apprendistato in azienda <= 9
dipendenti
MISURA
CONTRIBUTI
CARICO
AZIENDA
1a annualità apprendistato in azienda <= 9
dipendenti
1003,25
1051,95
1115,58
1203,15
1311,38
1392,55
COSTO
AZIENDA
(escluso
T.F.R.)
1144,41
1197,03
1233,51
1509,27
1574,63
1697,06
COSTO
AZIENDA
(escluso
T.F.R.)
0,09
0,09
0,09
0,09
3,00
3,00
MISURA
CONTRIBUTI
CARICO
AZIENDA
0,09
0,09
0,09
0,09
30,07
31,30
CONTRIBUTI
CARICO
AZIENDA
(in euro)
879,67
899,86
936,97
1002,49
1032,47
1074,75
COSTO
AZIENDA
(escluso
T.F.R.)
1003,25
1051,95
1115,58
1203,15
1218,63
1294,06
11,35
11,92
12,48
12,91
141,27
151,45
CONTRIBUTI
CARICO
AZIENDA
(in euro)
1038,13
1081,57
1111,71
1397,89
1554
1665,93
COSTO
AZIENDA
(escluso
T.F.R.)
0,02
0,02
0,02
0,02
10,00
10,00
MISURA
CONTRIBUTI
CARICO
AZIENDA
0,09
0,09
0,09
0,09
87,71
97,32
CONTRIBUTI
CARICO
AZIENDA
(in euro)
769,72
787,39
819,86
877,19
964,81
1070,55
COSTO
AZIENDA
(escluso
T.F.R.)
1a annualità apprendistato in azienda > 9
dipendenti
2,62
2,75
2,88
2,98
10
10
MISURA
CONTRIBUTI
CARICO
AZIENDA
CONTRATTO ARTIGIANATO
11,35
11,92
12,48
12,91
45,86
49,43
CONTRIBUTI
CARICO
AZIENDA
(in euro)
2a annualità apprendistato in azienda < = 9
dipendenti
2,62
2,75
2,88
2,98
3
3
MISURA
CONTRIBUTI
CARICO
AZIENDA
11,35
11,92
12,48
12,91
110,78
117,64
COSTO
AZIENDA
(escluso
T.F.R.)
1a annualità apprendistato in azienda > 9
dipendenti
2,62 euro
2,75 euro
2,88 euro
2,98 euro
10%
10%
CONTRIBUTI
CARICO
AZIENDA
(in euro)
1a annualità apprendistato in azienda > 9
dipendenti
MISURA
CONTRIBUTI
CARICO
AZIENDA
CONTRATTO COMMERCIO
11,35
11,92
12,48
12,91
38,2
40,56
CONTRIBUTI
CARICO
AZIENDA
(in euro)
2a annualità apprendistato in azienda < =9
dipendenti
2,62 euro
2,75 euro
2,88 euro
2,98 euro
3%
3%
MISURA
CONTRIBUTI
CARICO
AZIENDA
2a annualità apprendistato in azienda <= 9
dipendenti
CONTRATTO METALMECCANICO
1711,75
1781,29
1889,31
2023,09
2164,09
2298,04
COSTO
AZIENDA
(escluso
T.F.R.)
1769,75
1834,35
1888,41
2018,78
2064,6
2232,64
COSTO
AZIENDA
(escluso
T.F.R.)
28,93%
27,93%
27,93%
26,99%
26,93%
26,93%
MISURA
CONTRIBUTI
CARICO
AZIENDA
1417,56
1438,85
1498,19
1591,19
1590,44
1765,95
COSTO
AZIENDA
(escluso
T.F.R.)
lavoratore a tempo
indeterminato
28,93%
27,93%
27,93%
26,93%
26,93%
26,93%
MISURA
CONTRIBUTI
CARICO
AZIENDA
lavoratore a tempo
indeterminato
32,88%
31,88%
31,88%
30,88%
30,88%
30,88%
MISURA
CONTRIBUTI
CARICO
AZIENDA
lavoratore a tempo
indeterminato
Tab. 3 - Costo ed aliquota a carico del datore di lavoro di operaio apprendista e a tempo indeterminato (2000- 2010)
Come si evidenzia nella tabella, fino al 2007 la contribuzione è in misura fissa
e ha un valore quasi simbolico (2,98 euro a settimana); poi, a partire dal 2007,
la contribuzione è stata differenziata in riferimento alle imprese con un
numero di addetti pari o inferiore a 9 o superiore e gli è stato attribuito un
valore percentuale legato alla retribuzione (1,50% è l’incidenza contributiva
fino a 9 dipendenti, 10% è l’incidenza al di sopra dei 9 dipendenti).
Interessante sarebbe poter valutare quanto la convenienza meno spiccata dal
punto di vista contributivo possa incidere sulla propensione del datore di
lavoro ad utilizzare tale tipologia contrattuale. Nel grafico 4, prendendo
sempre a riferimento il contratto metalmeccanico, si evidenzia la variazione
dei contributi accostandola alla variazione delle assunzioni in apprendistato
registrate in Umbria negli ultimi anni. Sebbene il periodo di osservazione
dopo la riforma sia esiguo e le variabili che influiscono sulla valutazione
dell’imprenditore molteplici e svariate, si osserva un trend negativo delle
assunzioni a fronte dell’aumento dei contributi.
140
1100
1000
900
800
700
600
500
400
300
200
100
0
120
100
80
60
40
20
0
2000
2002
2004
Contributi per Aziende con n° dip. =<9
Assunzioni in apprendistato
2006
Assunz. Apprendistato (2000=100)
Contributi (2000=100)
Graf. 4 - Dinamica delle assunzioni degli apprendisti e dei contributi a
carico del datore di lavoro nell’ambito del CCNL Metalmeccanico
(2000=100)
2008
Contributi per Aziende con n. dip.>9
Fonte: elaborazione Aur su dati Studio Minciarelli-Biscarini e su dati Regione Umbria - OML
di fonte CPI.
139
Indicazioni di percorso
I dati sull’andamento delle assunzioni e l’incidenza delle variabili considerate
(altri contratti e contribuzione) confermano che l’apprendistato è un
contratto debole sia sul fronte della domanda che sul fronte dell’offerta. Per
quanto riguarda la domanda, si distinguono unicamente le grandi imprese
che però utilizzano l’apprendistato quale sostituto del contratto di
formazione e lavoro non più disponibile a partire dal 2004. Per le restanti
aziende medio-piccole, il contratto di apprendistato resiste prevalentemente
fra quelle al di sotto dei 10 dipendenti, per effetto della conservazione del
vantaggio contributivo anche dopo l’avvento dell’apprendistato professionalizzante a partire dalla riforma del 2003 (D.lgs. 276/03) e della riforma del
sistema contributivo del 2007.
In ogni caso per tutte le imprese esiste un problema connesso con la gestione
della formazione.
Le grandi lo risolvono in gran parte con mezzi propri in continuità con
quelle che sono da sempre le esigenze di graduale inserimento di nuovo
personale nell’uso di tecnologie non presenti fuori dalle imprese stesse.
Le piccole e medio imprese, invece, hanno bisogno di una gestione della
formazione più adeguata alle proprie esigenze, che variano per dimensioni
interne, per mercato di riferimento, per particolari qualifiche professionali e
che per questo richiedono un contributo e un apporto di progettazione e
gestione della formazione, che può essere svolto soltanto da agenzie esterne
capaci di utilizzare fino in fondo le risorse messe a disposizione dalla
Regione, secondo criteri e modalità da questa previsti.
La Regione Emilia Romagna e la Provincia di Pesaro e Urbino hanno risolto
il problema di un rapporto costruttivo e continuativo con il datore di lavoro
nell’esercizio della formazione, l’Emilia puntando sulla introduzione di un
catalogo aperto e con il contributo del datore di lavoro (progettazione di
nuove attività formative e compartecipazione alla spesa) e Pesaro e Urbino
sulla capacità delle agenzie formative accreditate nel mediare le varie esigenze
attraverso una figura nuova che è quella del mentor.
L’Umbria, che ha conosciuto due diverse esperienze - quella ternana fondata
sul catalogo e quella perugina organizzata con progetti quadro - è orientata a
costruire un catalogo regionale quale risultato della raccolta di tutti progetti
quadro ammissibili, presentati in risposta a bandi provinciali annuali
omogenei con l’obiettivo, di utilizzare tutte le risorse disponibili e di fornire
una formazione di qualità.
Nel corso del corrente anno e del prossimo anno 2011 sarà effettuato un
costante monitoraggio sulla qualità e sugli esiti dell’attività formativa.
140
Non tutti i datori di lavoro e non tutti gli apprendisti sono tuttavia uguali
perché, come abbiamo potuto constatare, la grande impresa utilizza il
contratto di apprendistato in sostituzione del vecchio CFL, investendo sulla
formazione così come farebbe per qualsiasi neo assunto sul quale intende
puntare, per una efficace e corretta gestione dei propri impianti e dei propri
processi lavorativi. Qui il monitoraggio potrebbe consistere nel verificare la
capacità di risposta del sistema formazione professionale per quelle che sono
le esigenze amministrative delle grandi imprese per una rapida acquisizione
dei finanziamenti, per una corretta e adeguata certificazione dei crediti e per
tutto ciò che comporta l’attuazione di quella parte della formazione formale
prevista dal contratto di lavoro.
Per le medie e piccole imprese, soprattutto per le piccole, è viceversa
importante far crescere la qualità della formazione secondo le esigenze del
mercato, consentendo ai datori di lavoro di svolgere un ruolo più importante
e decisivo nel guidare le iniziative attraverso una loro precisa
responsabilizzazione che, anche qualora non raggiungesse la compartecipazione alle spese come avvenuto in Emilia Romagna, riuscisse però a
definire la possibilità concreta di intervenire in qualsiasi momento sulla
progettazione e sulla realizzazione delle attività formative.
Potrebbe essere interessante a questo fine immaginare un’azione di marketing nei confronti
delle medie e piccole imprese, tesa a rilevare proprio la disponibilità a partecipare alla
progettazione e gestione della formazione e gradualmente alla valutazione dei risultati
raggiunti, in modo da creare un sistema circolare all’interno del quale le agenzie formative
svolgano un reale ruolo di mediazione fra datore di lavoro e ente finanziatore (le due
Province).
Tutto questo è misurabile e valutabile positivamente se conduce a scelte che
portino nuovamente a far crescere il contratto di apprendistato, che
tornerebbe ad essere, come in passato, un vero e proprio investimento sul
lungo periodo, così come è nella sua natura a partire dagli anni 50 in cui è
stato introdotto.
141
Agenzia Umbria Ricerche
Via Mario Angeloni, 80/A
Tel. 075.5045805 - Fax 075.5002905
www.aur-umbria.it
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