P E R
C O M I N C I A R E
di Milena Cossetto
Ilmondosussistesoltanto
per il respiro degli scolaretti.
Talmud, trattato Shabbat
N
4
el corso della seconda guerra
mondiale oltre due terzi degli ebrei
d’Europa sono stati sterminati dai
nazisti: con questo evento epocale
l’intera umanità è chiamata a
confrontarsi. “La prima difficoltà
concettuale a cui si trovarono di
fronte testimoni, storici e studiosi fu
di riconoscere la specificità della
persecuzione antisemita e dello
sterminio degli ebrei, all’interno
dell’immane tragedia come quella
avvenuta negli anni 1939-1945,
durante i quali furono vessati e
uccisi milioni di persone tra gli
oppositori di regime e gruppi in
vario modo osteggiati dal Reich.”1
Per decenni gli studiosi hanno
dibattuto sulla “diversità ed
unicità” del genocidio ebraico. I pensatori religiosi
affermano il concetto di “unicità” di tipo sacrale,
mentre gran parte degli storici è giunta alla
conclusione che “la differenza tra questa tragedia e
le altre del passato consiste soprattutto
nell’intenzione manifestata da Hitler e dai suoi
seguaci e resa evidente dall’attuazione dello
ster minio, di annientare tutti coloro che essi
giudicavano membri del popolo ebraico, classificati
come tali per motivi razziali, cioè per avere tra le
proprie ascendenze persone di razza ebraica (era
sufficiente avere tre nonni ebrei). A questa
persecuzione non si poteva sfuggire né con la
conversione né con l’abiura né in alcun altro modo,
poiché era impossibile cancellare la propria origine
e la propria ascendenza. Un intero gruppo doveva
cioè essere cancellato per il solo fatto di esistere.
L’intenzionalità (indipendentemente dai risultati
3
ottenuti) sarebbe perciò il fattore fondamentale, al
quale se ne aggiungono altri di concomitanti, come
il ruolo determinante dell’antisemitismo all’interno
dell’ideologia nazista, le enormi dimensioni del
massacro, la scrupolosità burocratica, la precisione
scientifica e l’alto grado di modernità tecnologica
per mezzo dei quali lo sterminio fu portato a
compimento.”2
Perché Shoah?
Per cominciare a riflettere intorno alla Shoah è
importante scoprire anzitutto il significato e l’uso
della parola ebraica: “Shoah è un vocabolo che
compare più volte nella Torah (Bibbia): nei Profeti
posteriori (Isaia e Sofonia), per descrivere il terrore e
la desolazione causati dalle vittorie dei nemici; nei
Salmi e nei Proverbi, dov’è la parola chiave per
esprimere l’umiliazione dell’esilio babilonese; e nel
libro di Giobbe in cui shoah significa ‘distruzione’,
sciagura improvvisa, rovina, desolazione, luogo
isolato e arido”3
Il termine venne adottato ufficialmente in Israele
alla fine degli anni ’40, ma era già stato usato durante
il mandato britannico in Palestina nel 1938 per
definire ciò che era accaduto nella Kristallnacht, nella
notte dei cristalli, in cui i nazisti avevano dato il via
alla sistematica distruzione delle Sinagoghe e delle
proprietà ebraiche in Germania. In seguito, alla fine
3. Ebreo ortodosso con i suoi figli per le strade di Berlino, 1928.
4. I fondatori del movimento sionista (Herzel, Nordan,
Mandelstamm) in un adesivo del 1906 con le due aspirazioni del
sionismo: il Muro del Pianto e la fattoria in Palestina.
4
del 1939, venne usato in un pubblico appello del
Comitato dei Quattro creato dall’Agenzia Ebraica
per aiutare gli ebrei polacchi che si erano rifugiati
nei Balcani, per sfuggire alle persecuzioni naziste:
“La Polonia e gli ebrei che ci vivono stanno subendo
una shoah che non ha eguali con ciò che è accaduto
finora”. Nel luglio del 1942, sempre in Palestina, un
gruppo di scrittori e poeti usarono il termine Shoah
per definire il destino che stavano affrontando gli
ebrei nell’Europa occupata dai nazisti. Nel
novembre dello stesso anno un ampio numero di
rabbini riuniti a Gerusalemme denunciò la situazione
in cui versava l’ebraismo europeo, colpito da una
shoah senza precedenti.4 Negli anni seguenti la parola
si diffuse e fu utilizzata nel 1947 quando vennero
presentate le prime proposte per la creazione dello
Yad Vashem, l’istituto destinato al ricordo delle vittime
e degli eroi, che ora è costituito da un monumento,
da un museo e dal più importante centro studi sulle
persecuzioni che colpirono l’ebraismo della
diaspora. Shoah venne ufficializzato quando fu
istituito nello Stato di
Israele nel 1951 lo yom hashoah, il “giorno del ricordo
della persecuzione”.
Per cominciare
Sarebbe
importante
riflettere sul rapporto tra
Ebraismo e cultura europea
del Novecento: un tema
che avrebbe bisogno di
pagine e pagine di indagine
e di approfondimento.
Solo uno studio approfondito potrebbe fornire risposte efficaci, se i
quesiti, però, fossero posti
da interlocutori, con
lingue, approcci, punti di
vista diversi, per riprendere
la tradizione ebraica che dice che sono più importanti
le domande che le risposte.
Questo Dossier sulla Shoah intende, però, offrire
spunti di riflessione e suggerire interrogativi a
insegnanti, a studentesse e studenti su alcuni aspetti
che spesso – per mancanza di tempo o per le
difficoltà a operare delle scelte di priorità su temi,
argomenti, materiali e documenti - rimangono
appena accennati. Sui grandi problemi legati alle
origini dell’antisemitismo, alle teorie razziali del
nazismo e quelle pseudoscientifiche della cultura
europea tra XIX e XX secolo, agli sviluppi storici
del nazismo e del fascismo in Italia e in Europa, alla
Shoah, alla distruzione degli ebrei d’Europa,
rimandiamo alla molteplicità di contributi che in
questi ultimi anni hanno sostenuto la riflessione sulla
storia del Novecento a scuola, a cui diamo ampio
spazio nella sezione di questo Dossier “per saperne di
più”. Un percorso particolarmente importante per
le scuole superiori è quello ideato da Ernesto Perillo
nel suo Shoah e nazismo, in cui la proposta didattica è
innovativa: anziché affrontare il tema della
distruzione degli Ebrei in Europa nel XX secolo
come paragrafo di un capitolo di manuale sul
nazismo e/o sulla seconda guerra mondiale, la
nuova proposta “implica una tematizzazione che
pone come figura la deportazione e lo sterminio degli
ebrei nella prima metà del XX secolo e come sfondo il
nazismo e in particolare il suo fondamento razzista
ed antisemita. Il percorso prende le mosse dal
presente, nell’immagine che gli studenti hanno degli
ebrei oggi, delle conoscenze e delle informazioni
che essi posseggono sullo sterminio e delle questioni
connesse a quell’evento: nell’intreccio tra memoria,
storia, società civile, il modo con cui le diverse
memorie (dei sopravvissuti, dei contemporanei, la
memoria istituzionalizzata degli Stati ecc.)
rielaborano quel passato, per giungere fino al
problema di chi ne nega la stessa esistenza e
attualità.” 5 Segue poi il percorso storico vero e
proprio, ma con l’impianto temporale rovesciato,
partendo dalla conclusione della vicenda: “lo
sterminio degli ebrei in Europa , delle altre
minoranze e degli oppositori al regime nazista.
E’ da questa conoscenza e
da questa consapevolezza
che procederà la narrazione
per chiedersi come mai sia
stato possibile un simile
evento nel mezzo della
nostra civiltà, del nostro
tempo”. Il racconto storico
scaturisce, dunque, da una
domanda
(perché
il
genocidio?) e viene svolto
per cercare una possibile o
le possibili risposte che gli
storici hanno dato a questa
domanda. 6
Il Dossier del Lab*doc storia/
5
Geschichte della Sovrintendenza Scolastica di
Bolzano si muove prevalentemente sul versante della
storia locale, per attraversare la specificità della realtà
dell’Alto Adige- Südtirol, dall’origine della
Comunità ebraica a Merano, alle conseguenze delle
leggi razziali del fascismo nel 1938 e
dell’occupazione nazista del territorio nel 1943, alle
conseguenze dell’internamento degli “ebrei
stranieri”, al Lager di Bolzano e allo sviluppo delle
strategie naziste di deportazione ed eliminazione
della popolazione ebrea a livello europeo e rimanda,
per ulteriori approfondimenti, alla versione in web
della rivista.
Raccoglie, anche, la sfida del ricordare, del fare
memoria, proponendo alcuni contributi, alcune
testimonianze di vita quotidiana, tessere di un
mosaico più ampio, frammenti importanti, sul ruolo
dell’ebraismo nella cultura del Novecento in
Europa, proprio perché, come affer ma Enzo
Traverso, “l’insegnamento della Shoah non può
5. The sofer – Uno scrivano rituale al lavoro su un rotolo della
Torah. Rakhev, 1930 circa.
5
6
ridursi alla semplice illustrazione di un evento della
storia, ma implica una riflessione sociale ed etica sui
nostri valori, il nostro rapporto con il passato e il
nostro comportamento sul presente”.7
Anche noi oggi interroghiamo il passato ed
Auschwitz rimane una montagna tra presente e passato,
un interrogativo gigantesco.
Ricordare, fare memoria
6
“Zachor”, ricorda, esorta la Tradizione ebraica.
Martin Buber nel 1938, scriveva: “Noi ebrei siamo
una comunità basata sul ricordo. Il comune ricordo
ci ha tenuti uniti e ci ha permesso di sopravvivere”.
Ma non è un mero legame al passato, perché le ultime
parole di congedo di Mosè al suo popolo dicono:
“Ricorda i tempi antichi, cercate di comprendere
gli anni dei secoli trascorsi (il corso della storia),
interroga tuo padre e ti racconterà, i tuoi anziani e
te lo diranno…”. La memoria custodita di
generazione in generazione è un modo per guardare
alla morte e alla caducità dell’essere umano senza
terrore, ma con “la volontà di non abbandonare nel
nulla le tracce di ciò che è già trascorso e passato ed
è ormai sparito dalla storia. Nell’ebraismo il passato
non è qualcosa di sorpassato, privo di utilità, ma al
contrario costituisce un valido aiuto per affrontare
la vita.” Ma non basta ricordare, bisogna riflettere
“sugli anni dei secoli trascorsi”, capirne il significato.
La storia non si ripete: semmai è l’umanità che ripete
i suoi fallimenti e i suoi successi. Interrogare il
passato, per avere consapevolezza del presente e
costruire le strade del futuro: in questo consiste uno
degli aspetti più originali della cultura ebraica che,
nel corso dei secoli, ha dato alla cultura europea,
cristiana e/o laica, un humus su cui si è costruita la
moderna conoscenza storica.
La parola ebreo
Ma cosa vuol dire la parola ebreo?
Nel libro di interviste ai figli dei deportati di
Claudine Vegh, Non gli detto arrivederci, un figlio racconta
ancora perplesso dopo quarant’anni, come suo
padre, mentre veniva trascinato via dalle SS, anziché
dirgli per l’ultima volta “ti voglio bene, non temere
nulla, bada a te stesso” gli abbia urlato soltanto: “non
dimenticare mai che sei ebreo e devi restare ebreo.”
Era per il padre l’unico modo di dirgli, in un attimo,
che per sopravvivere egli doveva preservare viva la
memoria di sé, la sua identità, la sua coscienza, la
sua storia.
Elena Loewenthal spiega ai suoi figli che cosa
significa essere ebrei: “Abramo è il primo ad essere
chiamato ebreo. Ebreo significa colui che sta dall’altra parte:
sulla sponda opposta, oltre un confine e fuori da un
territorio che altri accomuna. La vita di Abramo è
come un lungo viaggio, un cammino che sembra non
avere mai fine. In preda a una specie di rivolta
dell’anima, lascia la terra dov’è nato e cresciuto: ne
detesta l’idolatria che la riempie di simulacri. […].
Ma soprattutto Abramo sente una voce che lo
chiama: - Va’ nel luogo, che poi ti dirò! – […] E
Abramo si mette sempre in cammino, perché è
ubbidiente alla parola del Signore. Così, quest’uomo
antico si accinge al viaggio e diventa ebreo; sta ormai
dall’altra parte, sulla sponda opposta dell’idolatria,
di tutto ciò che fino a quella chiamata dal cielo aveva
dato per sicuro. La terra dov’era nato, i volti che
avevano accompagnato la sua vita sino a quel
momento, le credenze cui era abituato. Abramo
lascia tutto questo e parte per una destinazione
ignota, per un luogo di cui nulla conosce.
La saga di quest’uomo umile eppure
incredibilmente coraggioso sta scritta nel primo
libro della Bibbia, la Genesi. […] Dopo un lungo,
quasi interminabile cammino, Abramo pianta la sua
tenda in una regione stretta fra il mare e il deserto,
fertile purché non si abbia a scansare le fatiche: si
chiama terra di Canaan. Qualche generazione dopo
[…] la chiameranno Terra Promessa.”8
[…] “essere ebrei significa vedere un mondo non
tutto uguale a se stesso, bensì multifor me e
variopinto. […] C’è una benedizione che dice più o
meno così: Benedetto il Signore che ha fatto il
6. Il compleanno della nonna con i candelabri ebraici, in una illustrazione di GERTRUD CASPARI per un libro per l’infanzia. 1900 circa.
7
mondo vario! […] Nel cammino dell’uomo i popoli
vanno e vengono, i sovrani si avvicendano, tutto o
quasi cambia. I romani se ne sono andati da un pezzo,
i barbari anche, le civiltà lasciano le loro tracce,
foggiano il futuro, ma passano. Gli ebrei sono invece
sempre lì, come una sfida della storia. Questa
continuità davvero singolare diventa spesso motivo
di ammirazione – ma noi, gli ultimi arrivati, non
abbiamo proprio alcun merito - ma almeno
altrettanto di frequente ispira diffidenza – questi
ebrei ne sanno una più del diavolo, con quella loro
ostinazione a sopravvivere.
Dove sta, forse, allora il segreto di questa tenace
sopravvivenza, sul filo di un’esiguità numerica che fa
del popolo ebraico uno dei più piccoli della terra?
La risposta è forse più ovvia, forse più oscura di
quanto non ci si aspetti: dalla Bibbia in poi, il primo
comando imposto ai figli d’Israele dal cielo è:
Sopravvivi! Esisti! Vivi! Questo è il primo imperativo
di tutta la storia sacra, è il filo che guida lo studio e
l’impegno, il lavoro e la generazione dei figli. “Scegli
la vita!” è il precetto fondamentale dell’ebraismo, che
va preso alla lettera; tale quale è. ”9
“La straordinaria, per certi versi incomprensibile
continuità ebraica, […] è proprio come una catena
[…], una catena in cui ognuno di noi non è altro che
un piccolo anello. Senza il quale però la catena si
spezza. Questo piccolo anello che siamo ognuno
di noi, sta infatti connesso a quello che l’ha
preceduto, e si attacca a quello che lo segue. Così di
generazione in generazione, giacché in ebraico per
dire “storia” di usa una parola plurale femminile che
significa propriamente “generazioni”. Il cammino
dell’uomo è un nascere e morire, continuare a
esistere nascendo e morendo: questo spiega la parola
toledot che di solito si traduce con “storia”.10
Riflessi ebraici nella cultura europea
Stefano Levi Della Torre, studioso di arte e cultura
ebraica, afferma che l’ebraismo è una delle radici
della cultura europea, nel “collegium trilingue” che
8
“domina tuttora le nostre menti”, ebraico, greco e
latino. “L’ebraismo non è né una cultura, né una
tradizione chiusa, ma si sviluppa in intensa osmosi,
scambio e confronto e proprio l’ebraismo è
l’elaborazione straordinariamente prolungata e
sedimentata di una “Weltanschauung minoritaria”,
di una primogenitura spirituale della parte rispetto
al tutto in cui è immersa. L’ebraismo, come dice E.
Lévinas, non è una particolarità, ma una modalità,
ossia un “tipo culturale”, un modo dichiaratamente
“di parte” di guardare, o ascoltare l’universale. […]
L’ebraismo è un caso aperto: per il fatto di non
essere fondamentalmente un’enclave isolata, ma anzi
una “modalità” immersa, iscritta e diffusa nelle
nostre str utture mentali, in questo contatto e
intreccio esso continua a pulsare tra un suo specifico
interno e uno scambio e confronto con il contesto,
assimila a sé e si assimila, si disperde e si rigenera in
forza del fatto che è una tipologia del modo di porsi
umano come parte lievitante del tutto. Ma insieme è
tramite, scambio e trasmissione tra le generazioni,
tra passato e presente, tra diverse culture con cui
disputa e si coniuga. Non può cessare di essere un
percorso inconcluso, né può chiudersi o al contrario
disperdersi senza rinnegarsi. Assomiglia anche a un
ponte tra epoche diverse e diverse mentalità e, come
dice Kafka, una volta gettato, un ponte non può smettere di essere
ponte senza precipitare”11
1
SULLAM CALIMANI A.V., Inomidellosterminio, Torino2001, pp. 3-4.
Ivi, pp. 4-5.
3
SULLAM CALIMANI A.V., Inomidellosterminio, Torino2001, p.20.
4
Cfr. ivi, p. 19.
5
PERILLO E., Shoah e nazismo, Faenza (Ra) 2002, p. 5.
6
Ibidem.
7
TRAVERSO E., Insegnare Auschwitz. Questioni etiche, storiografiche, educative
della deportazione e dello sterminio, Torino 1995.
8
LOEWENTHAL E., L’Ebraismo spiegato ai miei figli, Milano 2002, pp. 13-17.
9
Ivi, pp. 17-20.
10
Ivi, p. 23.
11
LEVIDELLA TORRE, Riflessiebraicinellaculturaeuropea, inBRUNAZZIM. FURBINIA.M.
(a cura di), Ebraismo e cultura europea del ‘900, Firenze 1990, pp. 34-45.
2
7. Simon Dubnow mentre prepara il trasloco della sua biblioteca a
Berlino nel 1933.
8. Misrach, un collage che indica la direzione di Gerusalemme (Est).
Polonia 1872.
7
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