Pubblicazione trimestrale tecnico-scientifica
Anno V - Numero 19 - Settembre 2012
REGISTRAZIONE N. 31/2008 RILASCIATA IL
14/10/2008 DAL TRIBUNALE DI PERUGIA
EDITORIALE
L'ESERCIZIO FISICO COME AIUTO ALLA
PREVENZIONE PRIMARIA E SECONDARIA
DEL CARCINOMA MAMMARIO
ULTIMA PARTE
IL LAVORO COORDINATO. ESEMPIO DI
PREPARAZIONE FISICO-TECNICA PER LA
PALLACANESTRO
RICHIESTE FISICHE E METABOLICHE IN
GIOCATORI DI HOCKEY DI LIVELLO
NAZIONALE ED INTERNAZIONALE
TIBIALE ANTERIORE E GASTROCNEMIO
ANTAGONISTI NELLA DINAMICA DEL
PASSO. ANALISI EMG DEI MUSCOLI IN
DINAMICA, CON E SENZA SCARPE
BIOMECCANICA DELLA CORSA CON
CALZATURA GINNICA TRADIZIONALE E IN
BAREFOOT - ULTIMA PARTE
MEZZI E METODI PER L’ANALISI DEL
MOVIMENTO UMANO - SECONDA PARTE
VIVERE A LUNGO SAPENDO COSA
MANGIARE: BREVE RASSEGNA SUI
PROCESSI DI INVECCHIAMENTOCELLULARE
E LE STRATEGIE ALIMENTARI ANTIAGING
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Journal
Direttore Responsabile
Massimo Zangarelli
Direttore Scientifico
Enrico Guerra
Direttore Editoriale
Luca Russo
Progetto Grafico
ELAV snc
Segreteria di Redazione
ELAV snc
www.elav.biz
[email protected]
Hanno collaborato a questo numero:
Antonio Buglione
Umberto D’Eramo
Antonio De Falco
Gaetano Di Sarno
Valentina Di Tomaso
Stefano D’Ottavio
Claudio Giorgi
Enrico Guerra
Riccardo Izzo
Serena Livatino
Raffaele Milia
Mosè Mondonico
Giampaolo Petrollini
Luca Renzi
Gabriele Rossi
Bruno Ruscello
Luca Russo
Alessandro Stranieri
Pubblicazione Trimestrale Tecnico-Scientifica
Anno V - numero 19 Settembre 2012
REGISTRAZIONE N. 31/2008 RILASCIATA
IL 14/10/2008 DAL TRIBUNALE DI PERUGIA
I
NDICAZIONI
per gli AUTORI
La rivista ELAV Journal si pone l’obbiettivo
fondamentale di portare ai lettori informazioni
di alto livello con risvolti applicativi per le
Scienze Motorie. Gli scritti canditati per la
pubblicazione dovranno pertanto avere questa caratteristica, requisito principale di valutazione.
ELAV Journal è aperto ai contributi di tutti gli
esperti che a vario titolo lavorano o fanno ricerca nel campo delle Scienze Motorie.
Gli scritti di interesse della rivista sono:
• articoli a carattere tecnico-scientifico divulgativo
• articoli di revisione della letteratura scientifica
• casi di studio
• articoli di ricerca e studi originali
In ogni caso il contenuto degli scritti deve rispettare le seguenti indicazioni:
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• essere di alta qualità e fondato su solide
basi ed evidenze scientifiche
• avere risvolti di applicabilità pratica
• essere coerente con la letteratura internazionale
Lo scritto deve essere redatto secondo le indicazioni presenti su http://www.elav.biz/
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foto e breve curriculum del primo autore o di
chi invia l’articolo.
Gli scritti e le relative immagini, dovranno essere inviati per posta elettronica all'indirizzo
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Gli scritti a noi pervenuti saranno sottoposti,
per la loro eventuale pubblicazione, al giudizio del Comitato Scientifico interno ELAV e/o
di esperti esterni appositamente incaricati a
tal scopo.
ELAV JOURNAL Anno V Numero 19
ELAV
04 EDITORIALE
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FITNESS E SALUTE - Stranieri Alessandro
L’ESERCIZIO FISICO COME AIUTO ALLA PREVENZIONE
PRIMARIA E SECONDARIA DEL CARCINOMA MAMMARIO ULTIMA PARTE
L’articolo prosegue quanto intrapreso nel numero precedente
concludendo gli effetti dell’obesità e dei fattori ormonali sul cancro al seno. La conclusione di questa interessante review corredata di bibliografia di alto livello è un suggerimento all’aumento
di attività fisica ragionata su basi ed evidenze scientifiche.
BIOMECCANICA - Guerra Enrico, Russo Luca, Mondonico
Mosè, Renzi Luca, Petrollini Giampaolo, Giorgi Claudio
BIOMECCANICA DELLA CORSA CON CALZATURA GINNICA TRADIZIONALE E IN BAREFOOT - ULTIMA PARTE
L’articolo propone le Discussioni e le Conclusioni sui Risultati
esposti nel numero precedente, facendo quindi da pratico raccordo tra l’attività di ricerca in laboratorio e la spendibilità
nell’attività di tutti i giorni delle informazioni proposte.
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SPORT - Izzo Riccardo Edgardo
IL LAVORO COORDINATO. ESEMPIO DI PREPARAZIONE
FISICO-TECNICA PER LA PALLACANESTRO
Lo scritto tratta del cosiddetto lavoro coordinato, che non è altro
che la fusione del lavoro tecnico con quello atletico e quello con
i sovraccarichi. Nel lavoro vengono sottolineate le molteplici
valenze del lavoro coordinato quali il normale lavoro di attivazione di squadra post vacanze, il miglioramento, il recupero
tecnico di atleti che ne mostrassero il bisogno, nonché il recupero funzionale di atleti infortunati.
BIOMECCANICA - Russo Luca
MEZZI E METODI PER L’ANALISI DEL MOVIMENTO SECONDA PARTE
Si prosegue e si completa la serie di esempi basati sull’analisi
di spazio e tempo e sulla sequenza di informazioni che questi
dati possono generare. Vengono poi ad aggiungersi alla discussione delle considerazioni sulla sincronizzazione dei dati con gli
angoli di movimento e tra angoli stessi sia relativi che assoluti.
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SPORT - Ruscello Bruno, Milia Raffaele, D’Ottavio Stefano,
Buglione Antonio
RICHIESTE FISICHE E METABOLICHE IN GIOCATORI DI
HOCKEY DI LIVELLO NAZIONALE ED INTERNAZIONALE
Lo scopo di questa ricerca è stato quello di confrontare, attraverso opportune procedure di Match Analysis, alcune caratteristiche dell’impegno fisico e fisiologico in giocatori di Hockey su
prato di alto livello internazionale e nazionale. L’approccio tradizionale di match analysis (classi di velocità) potrebbe non essere il metodo più appropriato per determinare le diverse richieste
fisiche e fisiologiche in atleti di diversa qualificazione tecnica.
ALIMENTAZIONE - Di Tomaso Valentina
VIVERE A LUNGO SAPENDO COSA MANGIARE: BREVE
RASSEGNA SUI PROCESSI DI INVECCHIAMENTO CELLULARE E LE STRATEGIE ALIMENTARI ANTIAGING
L’invecchiamento è legato a numerosi fattori, ma tutto inizia con
la dieta, dal greco diaita, o meglio con il significato insito nel
termine: stile di vita. Facendo riferimento alla cultura nipponica
ishokudoghen esprime il concetto di “cibo come medicina”. L’invecchiamento “a tavola” è causato da quattro eccessi: glucosio,
insulina, cortisolo e radicali liberi.
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RIABILITAZIONE E POSTUROLOGIA - De Falco Antonio, Di
Sarno Gaetano, Livatino Serena, D’Eramo Umberto
TIBIALE ANTERIORE E GASTROCNEMIO ANTAGONISTI
NELLA DINAMICA DEL PASSO. ANALISI EMG DEI MUSCOLI IN DINAMICA, CON E SENZA SCARPE
Questo lavoro nasce con l’intento di studiare attraverso l’ausilio
di strumentazioni meccaniche le differenze funzionali di alcuni
dei muscoli interessati nella dinamica del passo e in particolare
durante una fase di running.
a cura di Gabriele Rossi
12 news selezionate e tradotte dalla ricerca scientifica
internazionale sulle seguenti aree tematiche:
SPORT, FITNESS E SALUTE, ALIMENTAZIONE, RIABILITAZIONE, BIOMECCANICA, UTILITA’ DALLA SCIENZA.
ELAV JOURNAL Anno V Numero 19
SOMMARIO
EDITORIALE
ELAV JOURNAL Anno V Numero 19
ELAV SPORT SCIENCE NATIONAL CONGRESS 2012
Come anticipato nell’editoriale del numero 17 di ELAV Journal, nel mese di Giugno si è svolto il secondo grande
evento congressuale di ELAV per il 2012: lo Sport Science National Congress. Ancora una volta ELAV e FIPE
hanno unito le loro forze organizzative per un evento importante e unico nel suo genere, un’intera giornata che
ha percorso trasversalmente tutti i temi dello sport: dalla ricerca in laboratorio a quella applicata, fino ad arrivare
all’applicazione della scienza all’allenamento e quindi all’allenamento scientifico. Gli oltre 80 partecipanti
all’evento hanno avuto la possibilità di seguire un totale di 11 relatori di altissimo livello e altri importanti personaggi del mondo sportivo, che si sono avvicendati sul palco del Congresso tra relazioni scientifiche, tecniche ed
una tavola rotonda che a solo un mese dall’inizio dei Giochi Olimpici di Londra si è proposta l’ardito compito di
definire Dove sta andando lo sport in Italia. Gli argomenti delle relazioni dello Sport Science National Congress
hanno toccato aspetti metabolici, neuromuscolari, biomeccanici e coordinativi sia di sport di squadra che di sport
individuali, offrendo una ampia gamma di punti vista di tecnici di alto livello e di scienziati dello sport, tra i quali la
graditissima presenza del Prof. Pietro Enrico Di Prampero.
La macchina organizzativa ELAV ripartirà da Settembre per promuovere la cultura dello sport e del movimento
intelligente.
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ELAV JOURNAL Anno V Numero 18
FITNESS E SALUTE
L’ESERCIZIO FISICO COME AIUTO ALLA PREVENZIONE PRIMARIA E SECONDARIA DEL CARCINOMA MAMMARIO
Stranieri Alessandro
ELAV Institute
OBESITÀ, FATTORI ORMONALI E CANCRO AL
SENO
Sensibilità all’insulina e livelli di zuccheri circolanti: l’obesità è spesso associata ad aumenti improvvisi della glicemia, cheaumentano nel sangue i livelli
circolanti dell’ormone ipoglicemizzante insulina e del
fattore di crescita IGF-1 (Insulino-likeGrowFactor 1),
favorendo lo sviluppo di alcuni tumori. Infatti, l’insulina
diminuisce la produzione e la secrezione di IGFBP-1
(protideche generalmente lega la proteina IGF-1) aumentando così, la quota di IGF-1 libero circolante
nell’organismo (McCarty, 1997). In aggiunta vi è da
dire che, poichè i recettori dell’insulina e dell’IGF-1
sono omologhi, l’insulina può legarsi al recettore
dell’IGF-1 attivandolo (Giovannucci, 1999). E’ comunque dimostrata una stretta relazione tra i livelli
circolanti di insulina e leptina e il conseguente accumulo di tessuto adiposo nel corpo. Effetti dell’esercizio fisico verso l’insulina e la glicemia: l’attività motoria migliora la capacità di assorbimento del glucosio da parte della fibra muscolare.
L’aumentata sensibilità del processo di trasporto di
glucosio nel muscolo scheletrico per effetto
dell’esercizio fisico, è stata scoperta nei primi anni ’80
da Richter nel laboratorio di Neil Ruderman(Richter,
Garetto, Goodman, and Ruderman,1982). Il muscolo
scheletrico costituisce il 40% circa della nostra massa
corporea, ed è il maggior responsabile dello smaltimento periferico del glucosio in risposta ad un esercizio fisico. Il trasporto di glucosio nel muscolo scheletrico utilizza pochissima insulina, essendo stimolato
soprattutto da un meccanismo insulino-indipendente
(attivato dalle contrazioni muscolari, dall’ipossia,
dall’ossido di azoto eda altre sostanze) che vede come protagonista alcune proteine trasportatrici denominate GLUT, il cui esponente principale a livello muscolare è il GLUT-4. Questa è una proteina particolarmente sensibile all’insulina in quanto, una volta legatasi con il suo recettore, incoraggia il posizionamento
del GLUT-4 dal citosol della cellula verso la membrana della stessa, facilitando il trasporto del glucosio
dall’esterno, verso l’interno della cellula. Lo spostamento del GLUT-4 è stimolato anche dalla contrazione muscolare, dai bassi livelli di glicogeno e
dall’aumento del flusso ematico, tutte condizioni normalmente presenti in occasione di esercizio fisico.
Per tale motivo, l’attività motoria ha come risultato un
aumento della sensibilità all’insulina e un conseguente abbassamento dei livelli circolanti di tale ormone.
Inoltre, l’attività aerobica (moderata o intensa) aumenta i livelli muscolari di alcuni enzimi coinvolti nel
catabolismo degli zuccheri, come ad esempio
l’esochinasi e la citrato sintasi(Brozinick Jr., Etgen,
Yaspelkis, Kang, 1993; Azevedo, Carey, Pories, Morris, Dohm, 1995). Nei giovani la sensibilità all’insulina
aumenta anche con una sola sessione di training aerobico, mentre i soggetti di mezza età o anziani richiedono diverse sedute prima di evidenziare
un’amplificazione della sensibilità insulinica, effetto
che, però, in tutti casi, scompare dopo 3-6 giorni dalla
conclusione dell’esercizio fisico (Henriksson, 1995).
Da non sottovalutare che, una minor quota di zuccheri circolanti nell’organismo per effetto dell’esercizio
fisco, potrebbe avere ripercussioni positive ai fini dello
sviluppo delle cellule tumorali. Queste ultime, infatti,
per crescere hanno bisogno di crearsi un particolare
micro ambiente favorevole allo sviluppo, derivato da
un aumento dell’angiogenesi, necessaria per portare
le sostanze nutritive alle cellule cancerogene. Essendo il glucosio un prodotto altamente energetico, può
favorire la crescita delle cellule in via di sviluppo
(Hems, 1978; Santisteban, Ely, Hamel, 1985) e allo
stesso tempo diminuire la capacità del sistema immunitario, in particolare dei leucociti e delle cellule T, di
reagire all’insulto patologico in questione (Cooper,
McCall, DeChatelet, 1971; Chen, Hutchinson, Pecoraro, 1983).
AMPK - Proteinchinasi AMP attivata: L'interesse
verso l’AMPK è cresciuta notevolmente a seguito della stretta sinergia che questa protein-chinasi ha con la
chinasi B1 del fegato, meglio conosciuta come LKB1
e degli effetti oncosoppressivi che questa dimostra.
Infatti, la LKB1, esercita i suoi effetti antitumorali
quando attiva tutta una serie di chinasi, tra cui
l’AMPK, sopprimendo la crescita e la proliferazione
cellulare quando i livelli energetici sono bassi. Viceversa, la perdita di attivazione dell’AMPK e del metabolismo energetico cellulare, è legata allo sviluppo del
fenotipo maligno. Questi risultati hanno portato a un
rinnovato interesse versola AMPK e il metabolismo
cellulare come potenziali bersagli per la terapia contro
il cancro (Kuhajda, 2008).
Esercizio fisico e ProteinKinasi AMP-attivata
(AMPK): l’AMPK è un enzima presente in tutte le cellule di mammifero. E’ attivato nel muscolo scheletrico
dell'uomo(e dei roditori),nel tessuto adiposo e nel fegato,da eventi che aumentano il consumo energetico
(come l’esercizio fisico), trasformando la molecola di
ATP prima in ADP e poi in AMP. In particolare è importante il rapporto quantitativo tra ATP e AMP (con
un rapporto 1:3) per l’attivazione della AMPK (Hardie,
Salt, Davies, 2000). Questa particolare protein-kinasi
stimola i processi di generazione dell’energia, come
ad esempio l'assorbimento del glucosio e l'ossidazione degli acidi grassi, riducendo, al contempo, gli eventi che incrementano il consumo energetico, come
la sintesi di proteine e lipidi. L'esercizio fisico è forse il
più potente attivatore fisiologico di AMPK,con alcune
differenze di efficacia nei due sessi(minore nelle donne rispetto agli uomini), a parità d’intensità relativa di
esercizio. Questo, probabilmente, perché le donne
sono metabolicamente meno attive per una percentuale più elevata di fibre muscolari ossidative (tipo I) e
per una maggiore densità capillare rispetto agli uomi-
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ELAV JOURNAL Anno V Numero 19
ESERCIZIO FISICO E CARCINOMA MAMMARIO - ULTIMA PARTE
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FITNESS E SALUTE
ni (Roepstorff, Thiele, Hillig, Pilegaard, Richter, Wojtaszewski, Kiens, 2006; Steffensen, Roepstorff, Madsen, Kiens, 2002).
mTOR- Proteina target della rapamicina nei mammiferi: le cellule adipose possono avere effetti diretti
e indiretti su alcuni regolatori della divisione e della
sopravvivenza cellulare, come ad esempio la proteina
target della Rapamicina nei mammiferi, meglio conosciuta come mTOR(mammalian Target Of Rapamicin). La Rapamicina è un antibiotico impiegatosoprattutto per ottenere un effetto immunosoppressivo nei
trapianti di organo, prevenendo, così, le possibilità di
rigetto, ed è usato anche negli stent coronarici medicati (DES-DrugElutingStent) al fine di eliminare la proliferazione cellulare che provocherebbe una restenosi del tratto coronarico curato. In effetti, attraverso il legame con la mTOR, la Rapamicina sembra
sopprimere l’attivazione e la proliferazionedelle cellule
T del sistema immunitario. La scoperta di questo antibiotico si devead un’occasionale analisi di una porzione di terreno proveniente dall’isola di Pasqua, che gli
indigeni chiamano Rapa Nui (da cui il nome Rapamicina), in cui era contenuto un batterio del genere
Streptomyces, in grado di produrre questa importante
sostanza, rivelatasi anche uno specifico inibitore di
mTOR.La proteina mTOR fa parte di una via di trasduzione a cascatadetta PI3K/AKT/mTOR, la qualeinizia da fattori di crescita, quali l’insulina e l’IGF-1 e
ha una funzione specifica nella proliferazione,
nell’accrescimento, nell’apoptosi e nel metabolismo
cellulare e, di conseguenza, possibili effetti prostimolanti nei confronti dell’insorgenza di un tumore.
La AKT (Serina-Treonina Kinasi) è la chinasiche viene direttamente attivata in risposta a PI3K
(FosfoInositide 3-Chinasi), ed è il più importante effettore della PI3K (Engelman et al., 2006).La AKT a sua
volta è un regolatore di mTOR e provvede ad incrementare il segnale di quest’ultimo verso il suo effettore 4E-Binding Protein 1 (4EBP1) e verso la chinasiribosomale S6 (S6K1) che è la chiave di regolazione
per l’inizio sia della traslazione che della sintesi proteica (Figura 1). In altre parole, gli aminoacidi possono essere attivati direttamente per mezzo dell’attività
della mTOR, in quanto, questa,risulta essere un potente stimolatore della sintesi delle proteine (Wang X.,
Proud C.G., 2006). Purtroppo, in alcuni casi, la proteina mTOR non riesce a controllare il normale sviluppo
dell’attività proteica della cellula e induce quest’ultima
ad una riprogrammazione e a una divisione anormale
(dando così origine a un cancro), o alla sintesi di alcune proteine che facilitano il movimento delle cellule
riprogrammate in altri organi, dando luogo alle temute
metastasi(Hsieh, Liu, Edlind, Ingolia, Janes, Sher,
Shi, Stumpf, et al.; 2012).
Effetti dell’esercizio fisico sulla mTOR: si è già
accennato, in questo articolo, alle grandi proprietà del
muscolo scheletrico verso la regolazione positivadei
livelli di glucosio ematico del nostro organismo e alla
prevenzione dell’insorgenza dell’insulinoresistenza.La contrazione muscolare è, infatti, responsabile per oltre il 75% della regolazione del glu-
ELAV JOURNAL Anno V Numero 19
ESERCIZIO FISICO E CARCINOMA MAMMARIO - ULTIMA PARTE
Figura 1 - schema della via di trasduzione a cascata
PI3K/AKT/mTOR, a partire dai fattori di crescita. Una
nuova frontiera nella lotta contro il cancro può essere
rappresentata proprio dall’inibizione della mTOR per
evitare che questa porti ad una progressione del ciclo
cellulare tumorale. Fonte: Chan. S. - British Journal of
Cancer, 2004, 91, 1420-1424.
cosio normalmente insulino-dipendente (Shulman et
al., 1990)e sono ormai veramente innumerevoli gli
studi che, negli ultimi trent’anni, dimostrano come
l’esercizio fisico promuova un’aumentata sensibilità
all’insulina (Christ et al., 2002; Goodyear and Kahn,
1998; Zierath, 2002). Per mezzo dell’esercizio fisico è
possibile, quindi, ipotizzare un’utilizzazione cellulare
degli zuccheri circolanti con un minimo coinvolgimento dell’insulina e, quindi, ridurre i segnali che danno
inizio alla cascata PI3K/AKT/mTOR. Fino a qualche
anno fa, però, non si sapeva ancora se l’esercizio
fisico potesse realizzare una specifica alterazione
dell’espressione e della fosforilazionedelle proteine
regolatrici associate ai percorsi di segnalazione comuni all’insulina e alla mTOR. Un recente studio
(Glynn, Lujan, Kramer, Drummond, DiCarlo, Rasmussen, 2008) ha invece dimostrato che, nel muscolo
soleo di ratti sottoposti ad un esercizio cronicodi 9
settimane, l’attività fisica è stata in grado di diminuire
il segnale della mTOR, della S6K1 e del IRS-1
(InsulinReceptor Substrate-1, primo substrato endogeno del recettore insulinico, fondamentale nella trasmissione del segnale dai recettori dell’insulina verso
le vie che regolanoi meccanismi cellulari di sopravvivenza, proliferazione e apoptosi).Questo sembra dovuto alla cronica attivazione della AMPK (importante
sensore dell’energia cellulare attivato dall’aumentata
domanda di energia e dallo stress cellulare) e alla
stimolazione dei trasportatori del glucosio insulinoindipendenti GLUT-4.In definitiva, lo studio di Glynned
al. Suggerisce che un aumento cronico dell’attività
fisica e del dispendio energetico (anche attraverso
esercizi di intensità molto bassa) può avere effetti
benefici sulla salute e sulle vie di segnalazione muscolari della mTOR.
Stati infiammatori: già da molto tempo si cerca
l’origine del cancro sulla base delle mutazioni di alcu-
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FITNESS E SALUTE
ELAV JOURNAL Anno V Numero 19
ESERCIZIO FISICO E CARCINOMA MAMMARIO - ULTIMA PARTE
Figura 2 - Esercizio fisico, riduzione degli zuccheri e possibile prolungamento
dell’aspettativa di vita:lo schema mostra come sia possibile inibire la mTOR sia attraverso
l’esercizio fisico, che per mezzo della restrizione calorica. In effetti la diminuzione di glucosio disponibile sembrerebbe ridurre i segnali di attivazione del recettore dei fattori di crescita (insulina e IGF-1) attivando la AMPK. La figura dimostra, inoltre, che la diminuita
disponibilità di glucosio per effetto dell’esercizio fisico porta ad un aumento dell’attività
mitocondriale, accompagnata da un aumento dei ROS, i quali sono percepiti
dall’organismo come un fattore di stress lieve. Per quanto leggero, tale segnale di stress è
comunque in grado di indurre un processo conservativo a valle, che culmina con una
complessiva reazione adattativa, una conseguente migliorata risposta anti-ossidante e,
infine, in un possibile prolungamento della prospettiva di vita. Qualora la quantità di ROS
prodotti sia elevata, l’effetto finale prodotto sarebbe una riduzione della qualità e della prospettiva di vita. Fonte: Ristow M., Schmeisser S., - Extending life span by increasingoxidative stress - Free Radical Biology and Medicine, vol. 51, Issue 2, Pages 327-336.
ni geni oncosoppressori o, al contrario, verso la stimolazione di meccanismi favorenti l’insorgenza dei
tumori e in particolare di alcune condizioni in cui lo
stroma mammario (l’insieme delle cellule epiteliali,
tessuto connettivo e adiposo della mammella) può
produrre dei segnali che inducono alcune alterazioni
genetiche che sono alla base della formazione e della
proliferazione dei tumori (Evette S., Radisky and Derek C. Radisky, 2007). Nel 1814 Sir Charles Bell parlava già della presenza di una massa al seno con dolore e cambiamento di colore della pelle (Bell C.,
1814), così come Thomas Bryant nel 1887 osservava
un aspetto di macroscopica infiammazione a seguito
dell’invasione linfatica da parte di un carcinoma
(Bryant, 1889). Ma, in particolare, Rudolf Virchow aveva già 150 anni fa ipotizzato che l’origine del cancro poteva essere dovuto ad infiammazioni croniche
(Virchow,1863 ), concetto ripreso anche in uno studio
più vicino ai giorni nostri (Balkwill, Mantovani, 2001).
In effetti, molti tipi di tumore possono svilupparsi in
diretta conseguenza di un’infiammazione cronica di
un gruppo di cellule epiteliali o della mucosa.
L’infiammazione persistente porta ad un maggior turn
-over (ricambio) cellulare, in particolare nell’epitelio e
tale sostituzione cellulare può forzare la comparsa di
nuove cellule, con un alto rischio di trasformazione
maligna. Come precedentemente accennato, ad aumentare gli stati infiammatori può concorrere anche
uno stile alimentare errato, come ad esempio una
dieta con alto contenuto di carne rossa, di zuccheri
semplici, farine raffinate e ad alto contenuto di grassi
Omega-6, tutti elementi, questi, che attraverso
l’aumento di radicali liberi, la diminuita capacità protettiva del sistema immunitario e la stimolazione delle
prostaglandine, può aumentare i livelli infiammatori e
stimolare la crescita ex-novo di tumori, o
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FITNESS E SALUTE
l’accrescimento di neoplasie già esistenti.
Effetti antiinfiammatori dell’esercizio fisico: negli
ultimi 10 anni, molte ricerche (Pedersen, Steensberg,
Schjerling, 2001; Petersen AMW, Pedersen BK,
2004; Kasapis, Thompson, 2005; Nielsen, Pedersen,
2007) hanno confermato un ruolo anti-infiammatorio
dell’esercizio fisico. In particolare si è notato che, anche il muscolo, come il tessuto adiposo, si comporta
al pari di un vero e proprio organo endocrino, producendo numerose sostanze durante la sua contrazione. E’ infatti interessante sottolineare la presenza di
vari tipi di citochine (diverse a seconda della durata e
del tipo di attività muscolare) in seguito ad esercizio
fisico. Le ricerche fanno notare che esiste un ruolo
antiflogistico successivo alla contrazione muscolare, il
quale produce un rilevante antagonismo alle principali
citochine infiammatorie (IL-1, TNF-a) attraverso la
produzione di IL-6. Questa, se generata dal tessuto
adiposo, sembrerebbe avere un potere infiammatorio
mentre, qualora originata dal tessuto muscolare, impedirebbe l’azione delle ben più temibili IL-1 e TNF-a.
Infatti, la IL-6 muscolare, è in grado di stimolare il
sTNFR (solubleTumorNecrosisFactorReceptor) che
ostacola la funzionalità del pericoloso TNF-a (Starkie,
Ostrowski, Jauffred, Febbraio, Klarlund B. Pedersen,
2003). Allo stesso modo, l’esercizio fisico favorisce la
produzione dell’interleuchina anti-infiammatoria IL-10
e della IL-1Ra (interleuchina antagonista per il recettore della IL-1) che legandosi al recettore della IL-1
impedisce alla stessa di svolgere il suo ruolo dannoso
(Bruunsgaard, 2005). A livello del sistema immunitario l’esercizio fisico è in grado di aumentare l’attività
antiumorale dei macrofagi e la stimolazione della fagocitosi (Woods, Lu, Ceddia, Lowder, 2000). E’ anche
vero che, l’esercizio contro resistenza, accrescendo
la massa muscolare, produce anche un incremento
del contenuto corporeo dell’amminoacido glutammina
che, oltre ad avere un ruolo nella produzione di nuovo
tessuto muscolare, è fortemente utilizzato dai linfociti
e dai macrofagi per la loro sopravvivenza e per le azioni che devono svolgere nell’organismo
(Newsholme, Calder, 1997). L’attività motoria è in
grado di abbassare gli stati infiammatori anche per
mezzo della già citata adiponectina, che prodotta dal
tessuto adiposo, in risposta a una diminuzione di peso (indotta dal solo esercizio fisico o in combinazione
con una dieta), è in grado di operare una riduzione
dei marcatori infiammatori.
CONCLUSIONI
L'attività fisica, oltre a portare benefici a numerose
patologie croniche più comuni, può ridurre il rischio di
cancro al seno, anche se, al momento, non sono stati
determinati con estrema precisione i meccanismi biologici che permettono tale riduzione. Sicuramente
l'esercizio migliora la funzione immunitaria, è associato con livelli inferiori di grasso corporeo e certamente
condiziona i livelli ormonali, tutti aspetti che possono
influire sull’insorgenza di un cancro al seno. Purtroppo, esiste ancora una certa confusione nel definire
l’esatto ed esclusivo ruolo dell’esercizio fisico nei con-
fronti della prevenzione oncologica. In effetti, le donne
che si esercitano regolarmente sono anche quelle
che attuano stili di vita migliori, perché maggiormente
propense a non fumare e limitare il consumo di alcolici, hanno diversi modelli mestruali e riproduttivi e consumano diete dissimili rispetto alle donne sedentarie.
Diventa difficile, quindi, separare le conseguenze dei
comportamenti dagli effetti biologici dell’attività motoria. Nonostante questo, rimane comunque chiara
l’associazione positiva tra esercizio fisico e riduzione
di cancro al seno, attinenza confermata anche da uno
dei più grandi studi prospettici di coorte ideato per
esaminare questa relazione e durato oltre 13 anni
(Thune, Brenn, Lund, Gaard,1997). I risultati dimostrano che l’essere fisicamente attivi, sia durante
l’attività lavorativa, che nel tempo libero, produce una
riduzione del 37%,rispetto alle donne sedentarie, nel
rischio relativo di insorgenza di cancro al seno, in particolare per tutti quei soggetti che nello studio hanno
svolto un’attività fisica regolare per almeno 4 ore a
settimana. La riduzione del rischio è stata maggiore
nelle donne magre in pre-menopausa e in quelle immediatamente dopo la menopausa. Un altro studio
prospettico (Rockhill, Willett, Hunter, et al., 1999) condotto su donne tra i 30 ed i 55 anni di età e con un
follow-up di circa 16 anni, ha dimostrato che i soggetti
impegnati in una attività fisica (moderata o vigorosa)
per sette o più ore a settimana, avevano un rischio
relativo di cancro al seno nettamente inferiore rispetto
alle donne che praticavano meno di un'ora di esercizio a settimana.
ELAV JOURNAL Anno V Numero 19
ESERCIZIO FISICO E CARCINOMA MAMMARIO - ULTIMA PARTE
APPLICAZIONI PRATICHE
Anche se spesso il cancro al seno è derivato da una
predisposizione genetica che non può essere evitata,
è interessante sapere che, le influenze sociali e culturali riferite all’esercizio fisico e quindi i corretti comportamenti nello stile di vita, insieme a un giusto bilancio energetico, sembrano essere più importanti dei
fattori genetici, comportandosi come una variabile
indipendente e modificabile, con importanti effetti sulla diminuzione del rischio di cancro al seno (Pêrusse,
Tremblay, Leblanc, Bouchard, 1989).
BIBLIOGRAFIA
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ESERCIZIO FISICO E CARCINOMA MAMMARIO - ULTIMA PARTE
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SPORT
IL LAVORO COORDINATO. ESEMPIO DI PREPARAZIONE FISICO-TECNICA PER LA PALLACANESTRO
Di Izzo Riccardo Edgardo
Facoltà di Scienze Motorie - Università degli Studi di
Urbino, Olimpia Milano basket AJ Youth Formation
Manger
INTRODUZIONE
Lo scritto tratta del cosiddetto lavoro coordinato, che
non è altro che la fusione del lavoro tecnici con quello
atletico e quello con i sovraccarichi. Questo lavoro
viene generalmente iniziato, per squadre di alto livello
intorno alla metà di Agosto, un po’ più tardi per squadre di un più basso livello, diremmo i primissimi giorni
di Settembre. Nel lavoro vengono sottolineate le molteplici valenze del lavoro coordinato quali il normale
lavoro di attivazione di squadra post vacanze, il miglioramento, il recupero tecnico di atleti che ne mostrassero il bisogno, nonché il recupero funzionale di
atleti infortunati; tutte situazioni che traggono benefici
notevoli da tale tipo di lavoro. Nel caso di recupero
funzionale di atleti vieni rilevata l’importanza, data
l’incidenza oggi ormai purtroppo elevatissima, di una
tipologia di lavoro che non prenda in considerazione
solo il lavoro fisico-atletico, ma nel contempo utilizzi
anche indicazioni tecniche di un certo livello, ovviamente legate alle possibilità dell’atleta infortunato.
Quello che andiamo a presentare è un piano di lavoro
coordinato specifico per attività cestistica giovanile.
Per coordinato abbiamo voluto intendere una coesione intelligente ed armonica tra lavoro fisico e tecnico,
operato in un periodo particolare dell’anno. Solitamente questo tipo di lavoro viene effettuato da una
squadra evoluta giovanile, siamo quindi nelle categorie juniores, U-19 per l’esattezza, e talvolta U-17, cioè
sedici-diciassette e diciotto anni. Ciò non toglie che
tale metodologia di lavoro viene ampiamente utilizzata anche da atleti singoli e non solo di squadre giovanili, che trovano necessario per taluni giocatori una
sorta di lavoro differenziato aggiuntivo a quello normale di gruppo per svariate motivazioni, che vanno
da un eventuale ritardo di preparazione per varie motivazioni a lacune tecniche da colmare per poter essere competitivi nel proprio gruppo e nei confronti degli
avversari, a recupero dopo infortunio.
PROPOSTA DI LAVORO
La proposta qui di seguito riportata è stata eseguita
da alcuni atleti, peraltro su personale e spontanea
richiesta intorno alle prime due settimane di Luglio,
normalmente mese di riposo assoluto o relativo degli
atleti. Ciò non toglie la possibilità per atleti, molto stimolati, nel nostro caso auto stimolati, di poter effettuare un certo di tipo di lavoro specialistico di miglioramento mirato, con effetti più che benefici.
Il lavoro proposto di seguito prende in considerazione
anche il lavoro con sovraccarichi per quanto riguarda
il lato fisico in quanto fondamentale per la costruzione, modellazione ed equilibrio delle masse muscolari
utili ai nostri atleti.
Indicazioni della proposta
Quando si cita: “pesi leggeri” si intende una seduta di
lavoro con sovraccarico di modesta entità, detti pesi
leggeri per semplificare la comprensione del lavoro
proposto in tabella. 1c0 o 1c1 stanno invece ad indicare un lavoro tecnico di uno contro zero od uno contro uno, in cui ovviamente un giocatore viene opposto
rispettivamente a zero giocatori, quindi è solo a lavorare, o ad un giocatore. Quando si parla di “stretching
attento”, si vuol intendere che la pratica dello stiramento muscolare, oggi, a nostro modo di vedere, effettuato con tecniche “pressappochistiche” al limite
Mattina
Pomeriggio
LUNEDI’
Preparazione Fisica
a carattere generale
Preparazione Fisica
a carattere generale
MARTEDI’
1c0 + Tiro
Pesi Leggeri +
Lavoro di Velocità ed esplosività
MERCOLEDI’
Riposo
GIOVEDI’
Riposo
Jogging
VENERDI’
Pesi + trasformazione con
Preparazione Fisica Generale
1C0 / 1C1 + Tiro
SABATO
Preparazione Fisica
a carattere generale
Riposo
DOMENICA
Riposo
Facoltativo: Tiro
Riposo
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IL LAVORO COORDINATO. ESEMPIO DI PREPARAZIONE FISICO-TECNICA PER LA PALLACANESTRO
Preparazione Fisica Generale +
Tiro/tiro/tiro
Tabella 1 - Planning settimana tipo
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SPORT
della disattenzione tecnica, va invece affrontato con
grande concentrazione e rilassamento allo stesso
tempo, per trarre da esso il massimo giovamento, e
non al contrario con la classica esecuzione “da passatempo” che spesso si vede utilizzare sui campi
sportivi, anche di non così basso livello.
Settimana tipo
In Tabella 1 è riassunto il planning della settimana
tipo di lavoro. Di seguito vengono illustrati nel dettaglio i singoli giorni di una settimana base di lavoro:
Lunedì
Mattina
• 10’ di corsa a 2’45’’ al giro (400mt.)
• 15’ stretching
• 1 serie di 10 allunghi da 80 mt. con recupero di
30”
• 2 serie di 4 ripetute di 200 mt. con rec. di 1’ 30”,
tra le serie 3’ di recupero
• 10’ stretching
• 10’ di corsa a 2’45’’ al giro
Pomeriggio
• 10’ di corsa a 2’45’’ al giro
• 15’ di stretching
• 2 serie di salti, A, B, C, con 1’15’’ di recupero tra i
salti e 4’ tra le serie (A = 1’ a piedi pari, B = 1’30’’
a piedi alternati, c = 15” ginocchia al petto)
• 5 ripetizioni di esercizi multipli, con recupero di
1’30’’ tra le ripetizioni (10 salti massimali, alla fine
scatto da 30 metri, alla fine dei quali 5 salti massimali a ginocchia al petto)
• 10’ di corsa a 2’45 al giro
• 15’ di stretching
Martedì
Mattina
• 10’ riscaldamento generico
• 10’ 1c0; partenze incrociate e conclusione (Dx e
Sn) con max 1 palleggio, di tipo massimale( massimo impulso di reazione possibile)
•
•
•
3 serie di “gancetti Mikan” da 25 tiri ognuno; recupero tra le serie di 1’15’’
10’ 1c0; partenze omologhe massimali a max 2
palleggi dal tiro (Dx, Sn)
200 tiri cambiando sempre posizione; sia in ricezione arresto e tiro, che in ricezione 1 palleggio o
due e tiro
Pomeriggio
Allenamento con i sovraccarichi (Tabella 2), a seguire
lavoro di velocità ed esplosività:
• 10 ripetizioni di esercizio multiplo: 10 salti cmj,
scatto di 10 metri, 5 salti con cambio di fronte
ognuno; recupero di 1’ tra le ripetizioni
• 7 ripetizioni di corsa a navetta, cioè andata e ritorno per un totale di 15 metri
• 15’ stretching ATTENTO
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IL LAVORO COORDINATO. ESEMPIO DI PREPARAZIONE FISICO-TECNICA PER LA PALLACANESTRO
Mercoledì
Mattina
Riposo
Pomeriggio
• 30’ di corsa a 2’30’’ al giro
• Tiro/tiro/tiro, per un totale di 300 tiri, di cui 100
da tre punti, 100 da due e 100 palleggio incrociato e terzo tempo, sia da destra che da sinistra; gli
ultimi 20 eseguirli da metà campo alla massima
velocità
Giovedì
Mattina
Riposo
Pomeriggio
• Corsa di scarico a 3’ al giro per 35’
• 30’ stretching
LAVORO ATLETICO DI ATTIVAZIONE
TIPOLOGIA LAV.
CYCLETTE
ADDOMINALI
DORSALI
DURATA E DESCRIZIONE
10 minuti livello 2 / 3
RECUPERO
DIS. PANCA ORIZZ.
5 serie per 30 rip.(a terra gin.fle.mani diet.nuc)
4 s. per 15 rip. (”pancia a ter”leg.inn.spalle)
LAVORO CON SOVRACCARICO SEDUTA”A”
4 x 12 con Kg 28
1’45”tra le serie
1’15” tra le serie
PANCA INCLINATA
3 x 8 con Kg 24
1’30”
“
LEG EXTENSION
5 x 7 con Kg 20
1’30”
“
LEG CURLS
5 x 7 con Kg 20
1’30”
“
TRICIPITI BIL.CUR.
3 x 8 con Kg 14
1’15”
“
TRICIPITI MAN.SIN.
3 x 6 con Kg 6 (seduti panca, alternati)
TRICIPITI PULLEY
2 x 8 con Kg 25
2 min. tra le serie
1’
1’30”
“
“
Tabella 2 - Esempio di allenamento con i sovraccarichi di un atleta martedì pomeriggio
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SPORT
TIPOLOGIA LAV.
CYCLETTE
ADDOMINALI
LAVORO ATLETICO DI ATTIVAZIONE
DURATA E DESCRIZIONE
10 minuti livello 2 / 3
4 serie per 30 rip.(a terra gin.fle.mani diet.nuc)
1’45”tra le serie
DORSALI
4 s. per 15 rip. (”pancia a ter”leg.inn.spalle)
1’15” tra le serie
BICIPITI SCOTT
BICIPITI MAN.
LAT MACH.DIET.
LAT MACH.AV.
LENTO DIETRO
ALZATE LATERALI
ALZATE FRONTALI
CURL POLSI MAN.
LAVORO CON SOVRACCARICO SEDUTA “B”
4 x 7 con Kg 14
4 x10 con Kg 8
3 x 7 con Kg 35
3 x 7 con Kg 30
3 x 8 con Kg 12
3 x 7 con Kg 6 (in piedi)
2 x 8 con Kg 5 (in piedi)
3 x 8 con Kg 8 /10 con avambraccio poggiato
RECUPERO
1’30’’
1’30’’
1’30’’
1’30’’
1’
1’
1’
1’
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IL LAVORO COORDINATO. ESEMPIO DI PREPARAZIONE FISICO-TECNICA PER LA PALLACANESTRO
Tabella 3 - Esempio di allenamento con i sovraccarichi di un atleta venerdì pomeriggio
Venerdì
Mattina
Allenamento con i sovraccarichi (Tabella 3), a seguire
lavoro di velocità ed esplosività:
• 10 ripetizioni di esercizio multiplo: 10 salti c.m.,
scatto di 10 metri, 12 scivolamenti difensivi tre a
destra tre a sinistra, per finire con 7 salti con
cambio di fronte ognuno; recupero di 1’ tra le ripetizioni
• 7 ripetizioni di corsa a navetta, cioè andata e ritorno per un totale di 15 metri, con 10’’ di skip per
ogni ripetizione
• 15’ stretching ATTENTO
Pomeriggio
• 10’ riscaldamento generico
• 10’ 1c0, partenze omologa e incrociata miste,
con conclusione dopo max due palleggi, saia in
terzo tempo che in tiro da fuori
• 10’ di 1c1da posizione pericolosa
• tiro: 200 tiri da posizioni personali ma variate, con
soluzione tecnica scelta al momento
Sabato
Mattina
• 10’ corsa a 2’30’’ al giro
• 15’ stretching
• 2 serie di salti, A, B, C, con 1’15’’ di recupero tra i
salti e 4’ tra le serie (A = 1’ a piedi pari, B = 1’30’’
a piedi alternati, c = 15” ginocchia al petto)
• 5 ripetizioni di esercizi multipli, con recupero di
1’30’’ tra le ripetizioni (10 salti massimali, alla fine
scatto da 30 metri, alla fine dei quali 5 salti massimali a ginocchia al petto)
• 5’ recupero attivo, tipo corsa in souplesse
• 20 miniscatti da 5 metri l’uno, in serie da 5, poi
recupero di 30’’e via di nuovo; recupero finale di
5’
• 10’ di corsa a 2’45 al giro
• 15’ di stretching
Pomeriggio
Riposo
Domenica
Mattina
Riposo o facoltativa miniseduta di tiro
Pomeriggio
Riposo
DISCUSSIONE E CONCLUSIONI
Questa tipologia di proposta si sposa con la necessità
di ottimizzare le capacità e quindi la prestazione dei
nostri atleti. Ciò nondimeno a livello di prestazione va
sottolineato che tale lavoro, dove si voglia produrre il
massimo per il miglioramento individualizzato e di
gruppo, resta una delle poche se non l’unica arma per
ottenere lo scopo stesso. Va detto, per scrupolo etico
e poi anche utilitaristico, che spingere gli atleti ai loro
confini, vuol certamente dire ottimizzare l’atleta, ma
vuol anche dire avvicinarsi pericolosamente ad un
limite di “rottura”. Nel momento nel quale il nostro atleta, per ragioni varie, perdesse quell’equilibrio psicofisico che gli permette di evitare utilizzi oltre il limite
della sua struttura fisico-organica, ecco che
l’infortunio, anche grave a volte, vista la potenza della
macchina-uomo, può facilmente concretizzarsi. Quindi, è d’obbligo una riflessione sull’eventualità di non
spingere “questa macchina” oltre la soglia massimale,
ma dargli sempre una finestra di sicurezza. Questo
però sta ad ognuno di noi, operatori del settore a vario livello, deciderlo in base agli obbiettivi ed alla propria etica professionale.
APPLICAZIONI PRATICHE
Il lavoro coordinato tra prestazione tecnica e fisica,
oggi giorno svolto a diversi livelli di qualificazione, non
è più esclusivo del periodo identificabile con il prestagione o con parte del periodo di riposo dell’atleta, ma
può protrarsi più avanti in forme magari più ristrette,
e/o sottoforma di “richiami fisico-atletici”, durante tutto
l’anno sportivo.
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15
SPORT
RICHIESTE FISIOLOGICHE E METABOLICHE IN
GIOCATORI DI HOCKEY DI LIVELLO NAZIONALE
E INTERNAZIONALE
Di Ruscello Bruno1,3, Milia Raffaele2,3, D’Ottavio
Stafano1,4, Buglione Antonio1,3
1
Università degli Studi di Roma “Tor Vergata”, Facoltà di Medicina e Chirurgia, Corso di Laurea in Scienze
Motorie
2
Università degli Studi di Cagliari, Facoltà di Scienze
Motorie
3
Federazione Italiana Hockey
4
Federazione Italiana Giuoco Calcio
INTRODUZIONE
L’Hockey su prato (Whitaker, 1992; Mignardi & Ruscello 1993, 2006; Bonsignore & Ruscello, 2006) è
uno sport di squadra olimpico, maschile e femminile,
fra i più conosciuti e diffusi al mondo, se si considerano le oltre 120 Federazioni sportive nazionali che promuovono e regolano questo sport nei cinque continenti. È uno sport di squadra simile, nella struttura di
gioco, alla maggior parte di altri giochi sportivi di
“invasione”, come il Calcio o il Rugby, ed è anche per
questa ragione che, in anni recenti, molti studi sono
stati condotti usando approcci metodologici simili
(Aughey, 2011; Coutts & Duffield, 2010).
Le moderne procedure di Match Analysis più applicate nei vari sport di squadra outdoor, fanno un largo
uso delle nuove tecnologie, con particolare riferimento alla tecnologia satellitare GPS (Global Positioning
System) (Gabbett, Jenkins, Abernethy, 2012;
Spencer, Lawrence, Rechichi, 2012; Wisbey, Montgomery, Pyne, 2010). Il sistema GPS, progettato nel
1944, è stato regolarmente utilizzato per la misurazione del movimento umano sin dal 1997 (Aughey,
2011). Negli ultimi anni diverse apparecchiature GPS
con diverse frequenze di campionamento (Hz) sono
state utilizzate per la misura della locomozione umana in campo sportivo (cammino, corsa in varie classi
di velocità), in molti sport di squadra outdoor (Coutts
et al., 2010; Jennings, Cormack, Coutts, 2010; MacLeod, Morris, Nevill, 2009). La tecnologia GPS è
stata già utilizzata per quantificare obiettivamente la
quantità di movimento (distanze e velocità) nei giocatori di Hockey (Gabbett, 2010; Lythe & Kilding, 2011;
Spencer, Rechichi, Lawrence, 2005).
La maggior parte delle informazioni fornite da queste
ricerche si riferiscono alla descrizione delle richieste
fisiche del gioco, concentrandosi sulle differenti intensità di prestazione osservate e descritte quantitativamente attraverso il cosiddetto “approccio a classi di
velocità” (Di Salvo, Baron, Tschan, 2007; Lythe et al.,
2011), e le richieste metaboliche del gioco, osservate
attraverso l’andamento delle frequenze cardiache e la
concentrazione di acido lattico ematico (Ghosh, Goswami, Mazumdar, 1991).
La quantificazione dei parametri fisici e fisiologici sulla
prestazione complessiva dei giocatori di hockey di
alto livello è stata già studiata (Gabbett, 2010; Lythe
& Kilding, 2011; Spencer, Rechichi, Lawrence, 2005).
Con questo studio abbiamo voluto investigare se queste capacità trovassero una diversa quantificazione in
diversi gruppi di atleti appartenenti alla fascia di Elite
(squadra nazionale italiana maschile assoluta di hockey) e di sub Elite (squadra di Club di prima divisione italiana di hockey) impegnati in gare di diverso
livello (internazionale vs. nazionale), e tali da giustificare in parte questa diversa qualificazione, oltre alle
ovvie differenze di ordine tecnico-tattico individuale e
collettivo. Abbiamo quindi formulato questa ipotesi di
ricerca: “La qualificazione tecnica dei giocatori di hockey (posta come variabile dipendente) è influenzata
dalla diversa quantificazione delle richieste fisiche e
fisiologiche (variabili indipendenti) rilevate durante
gare di diversa qualificazione (livello internazionale
vs. nazionale), attraverso le opportune metodologie di
Match Analysis”.
Per la verifica della nostra ipotesi ci siamo posti quindi le seguenti domande di ricerca:
1. Quali sono le richieste fisiche e fisiologiche in
hockeisti di Elite italiani, impegnati in gare di livello internazionale?
2. Quali sono le richieste fisiche e fisiologiche in
hockeisti sub Elite italiani, impegnati in gare di
livello nazionale?
3. Esistono differenze significative fra questi due
gruppi nei parametri fisici e fisiologici investigati?
4. Esistono differenze significative fra questi gruppi
(hockeisti di elite e sub elite italiani) con altri
gruppi di hockeisti di elite internazionali, maggiormente qualificati a livello di ranking mondiale,
negli stessi parametri fisici e fisiologici investigati, e disponibili in letteratura internazionale?
ELAV JOURNAL Anno V Numero 19
RICHIESTE FISIOLOGICHE E METABOLICHE IN GIOCATORI DI HOCKEY
METODI
Approccio sperimentale al problema
Questo studio è stato completato in due fasi. In una
prima fase tutti i dati di ricerca sono stati raccolti durante la preparazione e la partecipazione della squadra nazionale italiana di Hockey su prato al Campionato Europeo assoluto di Hockey 2011 (EuroHockey
Challenge 2011), svoltosi a Catania nel luglio 2011. In
una seconda fase, gli stessi dati sono stati raccolti a
Cagliari, presso una squadra di club partecipante alla
serie A italiana del campionato nazionale di Hockey
(periodo ottobre-novembre 2011). Sei partite (n=6),
tre disputate a livello internazionale e tre a livello nazionale, sono state analizzate: a livello dinamico e
cinematico, attraverso un sistema GPS integrato da
accelerometria; a livello metabolico attraverso la cardiofrequenzometria e lo studio della concentrazione
del lattato ematico.
Per la valutazione del diverso carico di lavoro fornito
sul piano della corsa (Analisi Cinematica) e per confrontare i nostri risultati con altri presenti in letteratura
internazionale, abbiamo adottato lo stesso approccio
a “classi di velocità” già proposto da altri ricercatori
(Di Salvo et al., 2007; Lythe et al., 2011). Dal punto di
vista Dinamico abbiamo conteggiato tutte le fasi di
-2
accelerazione, superiori a ± 1 m·s , ed ordinate poi in
classi di intensità.
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16
SPORT
Le richieste metaboliche del gioco sono state considerate ed analizzate tramite lo studio dei parametri di
frequenza cardiaca e la concentrazione di acido lattico ematico. Per confrontare i dati di frequenza cardiaca appartenenti ai differenti gruppi di atleti (elite, sub
elite), i dati sono stati suddivisi in quattro zone, relative alla percentuale della frequenza cardiaca massimale individuale, come precedentemente proposto da
altri autori nell’hockey (Lythe et al., 2011): di bassamoderata intensità < 75%; di alta intensità = 75 –
84%; di intensità molto alta = 85 – 95%; di intensità
massimale >95%%.
La concentrazione di acido lattico ematico è stata determinata grazie a prelievi effettuati durante le partite
e subito al termine delle stesse. Questa ultima procedura è stata però effettuata solamente durante le gare
ufficiali del campionato Europeo di Catania, negli atleti di elite impegnati.
Soggetti
Un gruppo di giocatori di hockey (n=22), classificati
come atleti di livello internazionale (elite) e nazionale
(sub elite) ha preso parte allo studio: i giocatori di elite
facevano parte della squadra nazionale italiana assoluta di hockey (n=12, altezza: 174±5.2 cm; peso:
70.30 ± 2.58 kg; BMI: 23.12 ±1.62 Kg·m-2; età: 25.09
± 3.81 anni; FCmax 194 ± 9 bpm; VO2max stimata: 55.79
± 2.76 mL·kg-1·min-1); gli atleti di livello nazionale
(sub elite) appartenevano ad un club partecipante alla
serie A italiana (G.S. Amsicora Cagliari; n=10; altezza: 172±1.81 cm; peso: 66.67±6.15 kg; BMI:
22.29±1.71 Kg·m-2; età: 22.2 ± 3.97 anni; FCmax 192 ±
9 bpm; VO2max misurata: 52.03 ± 2.45 mL·kg-1·min-1).
Gli atleti di Elite svolgono di norma l’allenamento
presso i club di appartenenza, integrando tale preparazione, in vista degli appuntamenti internazionali,
con piani di lavoro individualizzati forniti dallo staff
tecnico delle squadre nazionali; gli atleti di sub elite
svolgono di norma l’allenamento previsto presso i
propri club. Nel caso considerato gli atleti coinvolti
svolgevano quattro sessioni di allenamento settimanale, comprensive di preparazione fisica e tecnicotattica, oltre alla partita settimanale di campionato.
Lo studio è stato condotto secondo le linee guida illustrate dalla Dichiarazione di Helsinki del 1975. Gli
scopi e gli obiettivi della ricerca sono stati chiaramente dettagliati ad ogni soggetto. Un consenso informato
è stato poi raccolto da ogni partecipante.
Procedure
Per registrare la posizione dei giocatori durante le
partite abbiamo usato il dispositivo SPI Elite
(GPSports, Fyshwick; Australia) che campionava a 1
Hz. I dati sono stati poi scaricati ed elaborati usando il
software GPSports Team AMS V1.2.1.0.
Abbiamo quindi registrato ed analizzato le distanze
effettive (m) ed il tempo effettivo (s) della prestazione
di ogni singolo atleta partecipante. Al fine di valutare
le diverse intensità di carico di lavoro, identificate in
funzione della velocità espressa dagli atleti durante le
partite, abbiamo adottato le zone o classi di velocità
già proposte da altri autori nell’hockey (Lythe et al.,
2011) e nel calcio (Di Salvo et al., 2007), (Tabella 1).
Considerando la possibilità di sostituzione continua
dei giocatori di hockey, consentita dal regolamento di
gioco, abbiamo poi svolto degli opportuni calcoli per
ottenere una stima affidabile della distanza totale percorsa, rapportata ai settanta minuti di durata ufficiale
della partita (Distanza Totale Stimata=DTS70). Questa
misura è ottenuta a partire da quella realmente percorsa da ogni singolo atleta nella frazione di gioco
effettivamente svolta e prende in considerazione le
misure ottenute in ognuna delle sei classi di velocità
identificate in questo studio.
Abbiamo quindi stimato la DTS70 come sommatoria
delle misure ottenute nei due tempi di partita:
(DTS351t+ DTS352t = distanza totale stimata nel 1° e
nel 2°tempo). Per ottenere la DTS70 abbiamo quindi utilizzato le formule seguenti (1a, 1b):
ELAV JOURNAL Anno V Numero 19
RICHIESTE FISIOLOGICHE E METABOLICHE IN GIOCATORI DI HOCKEY
(1a)
(1b)
DTS70= (DTS351t+ DTS352t)
dove la DTS35xh = stima della distanza totale coperta
nei 35 minuti per ogni classe di velocità (sommatoria
1-6 delle classi di velocità); DEC = distanza effettivamente percorsa nella classe di velocità considerata
(m); TEP = tempo effettivo di prestazione (s) passato
nelle classe di velocità considerata; TSZ = percentuale di tempo passata nella classe di velocità considerata; 2100 = tempo in secondi per ogni tempo di gioco.
Questi calcoli sono stati eseguiti poi per ognuna delle
sei classi di velocità e la DTS35xh è stata poi calcolata
come sommatoria dei sei diversi valori ottenuti:
.
Il numero di accelerazioni, positive e negative, superiori a ±1 m·s-2, è stato inoltre calcolato grazie
all’accelerometro presente nel descritto sistema GPS
SPI Elite, campionante a 100Hz, ed elaborato con il
software GPSports Team AMS V1.2.1.0.
Ogni giocatore indossava, durante ogni partita, una
fascia toracica per il monitoraggio della frequenza
cardiaca (Polar, Electro Oy, Kempete, Finland), che
campionava ogni cinque secondi.
Tenendo in considerazione anche i tempi di sostituzione, i dati di frequenza cardiaca sono stati elaborati
così da non includere nella analisi i dati del periodo di
intervallo della partita ed i tempi di recupero per infortunio passati fuori dal campo di gioco. La frequenza
cardiaca massimale (FCmax) per ogni atleta di elite è
stata calcolata attraverso un test massimale incrementale (Yo-Yo Endurance test, liv. 1) condotto una
settimana prima della prima partita analizzata. Il massimo consumo di ossigeno negli atleti di elite è stato
calcolato indirettamente dalla frequenza cardiaca,
attraverso due test sub massimali di corsa (6 minuti a
10 e a 12 km·h-1) e considerando il costo energetico
della corsa su di un campo di gioco equivalente a 4.6
J·kg-1·m-1 (Osgnach, Poser , Bernardini, 2010).
La frequenza cardiaca massimale (FCmax) ed il massimo consumo di ossigeno (VO2max) per ogni atleta sub
elite è stato ottenuto direttamente attraverso un test di
corsa incrementale su tapis roulant (Technogym, Run
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17
SPORT
Race, Cesena, Italy), utilizzando un apparecchio MedGraphics VO2000 (Medical Graphics Corporation,
St. Paul, Minnesota, USA). La velocità iniziale è stata
posta a 8 km·h-1, con un incremento di velocità ogni
minuto di 1 km·h-1, fino al raggiungimento
dell’esaurimento volontario.
La concentrazione di acido lattico è stata misurata
con il Lactate Pro LT1710 (Arkray, Giappone). I prelievi sono stati eseguiti durante le partite dei Campionati Europei, in modo random, negli atleti sostituiti
(che potevano poi anche rientrare in gioco, secondo il
regolamento) ed al termine delle partite. Analisi statistica
I dati sono presentati come media ± deviazione standard. La assunzione di normalità è stata verificata
attraverso il test di Shapiro-Wilk. Sono state eseguite
statistiche parametriche e non parametriche quando
opportuno. Per verificare la significatività delle differenze riscontrate nelle variabili considerate sono stati
eseguiti i test t per campioni appaiati, per campioni
indipendenti e per campione singolo. È stata condotta
Partita
intera (m)
1° tempo
(m)
2° tempo
(m)
% distanza percorsa
% tempo
passato
inoltre l’analisi della varianza (anova) ad una via. I
corrispondenti valori di P sono forniti per ogni test
eseguito. Il valore di significatività statistica è stato
posto con P ≤ 0,05.
Per analizzare ed elaborare statisticamente i dati raccolti è stato usato il software statistico SPSS 15.0 per
Windows. RISULTATI
La distanza media totale reale percorsa da ogni giocatore è stata di 7062 ± 1015 m e di 6186 ± 997 m
rispettivamente negli atleti di elite e sub-elite. Il tempo
medio di impegno per partita per ogni atleta è stato di
58.2 ± 8.5 min. (l’83.1% dei 70 minuti di durata totale
della partita) negli atleti di elite e di 56.0 ± 10.5 min.
(l’80% dei 70 minuti di durata totale della partita) negli
atleti sub-elite.
La distanza media totale stimata per partita (DTS70) è
stata di 8553 ± 705 m. e di 8067 ± 609 m., rispettivamente negli atleti elite e nei sub elite (vedi tabella 1).
Non sono emerse differenze statisticamente significa-
Classe 1 (0.1
-6)
SubElite
elite
2592 2555
± 396 ± 324
1205 1319
± 110 ± 192
1388 1236
± 378 ± 224
Classe 2 (6.1
-11)
SubElite
elite
2639 2349
± 339 ± 569
1359 1185
± 185 ± 253
1280 1155
± 217 ± 363
Classi di velocità (km·h-1)
Classe 3 (11.1
Classe 4
-14)
(14.1-19)
SubSubElite
Elite
elite
elite
1557
1439 1295 1286
± 218 ± 389 ± 184 ± 446
825 ± 775 ± 653 ± 643 ±
139
236
151
254
732 ± 664 ± 642 ± 638 ±
165
238
118
258
30.4
± 4.4
32.5
± 8.0
30.9
± 3.1
28.8
± 4.6
18.2 ±
1.89
17.6
± 2.8
15.1
± 1.6
15.6
± 3.7
4.3 ±
1.8
4.3 ±
1.4
1.2 ±
0.8
1.3 ±
1.2
53.5
± 5.8
56.5
± 9.4
26.5
± 3.7
24.2
± 5.4
10.9 ±
2.0
10.3
± 2.9
7.1 ±
1.4
7.2 ±
2.5
1.6 ±
0.7
1.5 ±
0.6
0.4±
0.3
0.4 ±
0.4
Classe 5
(19.1-23)
SubElite
elite
349 ±
346
164
± 34
195 ±
177
91
± 64
174 ±
169
83
± 82
Classe 6 (>
23)
SubElite
elite
102
102
± 74
± 01
44 ±
57 ±
29
29
75 ±
89 ±
53
74
ELAV JOURNAL Anno V Numero 19
RICHIESTE FISIOLOGICHE E METABOLICHE IN GIOCATORI DI HOCKEY
Tabella 1 - Approccio a Classi di Velocità (km·h-1); Distanze totali percorse ad ogni classe di velocità (m); percentuale (%) della distanza percorsa e del tempo passato in ogni classe di velocità (media ± deviazione standard) ; t-Test per campioni indipendenti; nessuna differenza significativa (p=n.s.)
1<a<2 m·s-2
2<a<3 m·s-2
-2
1° tempo
Elite
Sub-elite
111 ± 21
93 ± 20
2° tempo
Elite
Sub-elite
98 ± 14
93 ± 27
Intera partita
Elite
Sub-elite
209 ± 9*
187 ± 23*
20 ± 6
20 ± 4
22 ± 3
21 ± 6
42 ± 5
41 ± 5
2±1
2±1
3±1
2±1
5±1
4±1
-2
104 ± 16
95 ± 20
95 ± 12
84 ±22
198 ± 15*
180 ± 21*
-2
27 ± 7
22 ± 10
25 ± 9
25 ± 9
52 ± 8
47 ± 9
d>-3 m·s
3±2
3±2
3±2
4±2
6±2
6±1
Sum a + d
267 ± 44
235 ± 49
245 ± 31
229 ± 59
512 ± 69*
464 ± 103*
a>3 m·s
-1<d<-2 m·s
-2<d<-3 m·s
-2
-1
Tabella 2 - Approccio a Classi di Velocità (km·h ); Distanze totali percorse ad ogni classe di velocità (m); percentuale (%) della distanza percorsa e del tempo passato in ogni classe di velocità (media ± deviazione standard) ; t-Test per campioni indipendenti; nessuna differenza significativa (p=n.s.)
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18
SPORT
tive (P=ns) fra i due gruppi.
Le differenze riscontrate fra primo e secondo tempo
nelle DTS35 (distanze totali stimate per tempo) sono
risultate non statisticamente significative (P=ns):
4269±339 e 4284±502 m. (+ 0.35%) negli elite e
4143±525 e 3925±692 m (- 5.26%) nei sub elite.
I risultati derivati dall’approccio per classi di velocità
sono riportati in Tabella 1. Gli eventi caratterizzati da accelerazioni positive e
negative superiori o uguali a ±1 m·s-2 sono stati registrati e conteggiati. In assoluto si sono riscontrate
queste frequenze, rispettivamente, negli atleti elite e
sub elite: accelerazioni positive n=256±35 e
n=231±51; accelerazioni negative n=256±35 e
n=233±51. Questi valori sono stati inoltre rappresentati in diverse classi di accelerazione, come riportato
in Tabella 2.
Le frequenze cardiache (FC) riportate come percentuale del tempo passato in ognuna delle classi di intensità considerate, sono riportate in figura 1. Il valore
medio di frequenza cardiaca riportata in percentuale
della frequenza cardiaca massimale (FCmax) è stata
dell’84.5±3.7% e dell’ 85.77±2.8%, rispettivamente
negli atleti di elite e sub elite.
I valori medi di lattato ematico (mmol·L-1) registrati
negli atleti di elite durante le partite internazionali analizzate sono stati di 4.3 ± 1.7mmol·L-1 (range 2.7 –
8.8) nel primo tempo (n=12 soggetti) e di 5.3 ±
2.7mmol·L-1 (range 1.9 – 9.8) nel secondo tempo
(n=13 soggetti).
DISCUSSIONE E CONCLUSIONI
Questo studio presenta alcune limitazioni, che vanno
evidenziate. Ci riferiamo in particolare a:
1. La frequenza di campionamento fornita
dall’apparato GPS utilizzato (1 Hz) (Aughey &
Falloon, 2010; Edgecomb & Norton, 2006; Gastin
& Williams, 2010).
2. Il numero ridotto di partite analizzate (n=6) che
non ci ha consentito inoltre di fornire una analisi
affidabile sulle possibili differenze in relazione al
ruolo.
L’obiettivo di questo studio è stato quello di confrontare le caratteristiche dinamico-fisiche e fisiologicometaboliche di giocatori italiani di hockey di livello
internazionale e di livello nazionale, utilizzando un
approccio di match analysis tradizionale, basato su
tecnologia GPS per la valutazione del carico esterno
e sulla cardio-frequenziometria e sul campionamento
della concentrazione di lattato ematico, come indici di
carico interno.
La frequenza cardiaca media (FCm) registrata durante
le partite non ha evidenziato alcuna differenza statisticamente significativa fra gli hockeisti italiani di elite
(84.45 ± 3.70% FCmax), sub-elite (85.77 ± 2.80%
FCmax) ed i valori degli atleti della squadra nazionale
della Nuova Zelanda (85.3 ± 2.90% FCmax) così come riportato da Lithe e Kilding (2011) .
La frequenza cardiaca media (FCm) negli atleti di elite
è passata dall’85.61 ± 3.6% della FCmax all’83.3 ±
3.6% della FCmax fra il primo ed il secondo tempo;
dall’86.22 ± 2.3% della FCmax all’85.32 ± 3.2% della
FCmax fra il fra il primo ed il secondo tempo negli atleti sub elite. Gli atleti di elite hanno passato il 60.92%
del tempo di gioco al di sopra dell’85% della FCmax,
mentre gli atleti di sub elite ne hanno passato il
62.28%. Queste differenze non sono risultate tuttavia
statisticamente significative.
I valori medi di massimo consumo di ossigeno
(VO2max) riscontrati negli atleti italiani di elite (55.79 ±
ELAV JOURNAL Anno V Numero 19
RICHIESTE FISIOLOGICHE E METABOLICHE IN GIOCATORI DI HOCKEY
Figura 1 - Valori registrati come percentuale del tempo passato in ognuna delle classi di frequenza cardiaca
adottate nello studio durante le partite, dagli atleti italiani di Elite e Sub Elite (media ± DS)
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19
SPORT
2.76 mL·kg-1·min-1) e sub elite (52.03 ± 2.45 mL·kg1
·min-1) sono simili a quanto riportato da Ghosh AK et
al.(1991) per gli atleti Indiani juniores e seniores, ma
inferiori a quanto riportato negli hockeisti delle nazionali Irlandese (61.8 ± 1.8 mL·kg-1·min-1) ed Australiana (57.9 ± 3. mL·kg-1·min-1 ), come riportato da Boyle, Mahoney e Wallace (1994) e da Spencer et al.
(2004) rispettivamente.
Sebbene i valori del massimo consumo di ossigeno
stimati e misurati nei giocatori italiani ricadano nei
limiti riportati nella letteratura scientifica da diversi
autori (range compreso fra 48 ed i 65 mL·kg-1·min-1),
questi sembrano però essere inferiori a quanto richiesto per hockeisti di altissimo livello (valori oltre i 60
mL·kg-1·min-1), come suggerito da altri autori (Boyle et
al., 1994; Reilly & Borrie, 1992).
Basandoci sui valori di frequenza cardiaca registrati
durante le partite, è stato stimato il consumo medio di
ossigeno durante le competizioni (43± 3 e 41± 2
mL·kg-1·min-1), corrispondente al 77 ± 5% and 79 ±
4% della VO2max negli atleti di elite e sub-elite, rispettivamente. Considerando quanto sopra, il costo energetico medio durante una partita è stato di 62± 1 e
58±6 kJ·min-1. Questi valori risultano essere maggiori
da quanto riportato da Reilly & Borrie (1992) e analoghi a quanto riportato da Boyle et al. (1994), (da 83
a 61 kJ·min-1). Il costo energetico totale stimato durante una partita è risultato essere di 4368 ± 436 e
di 4042 ± 439 kJ, inferiore dei 5190 kJ riportati da
Boyle et al.(1994).
I valori medi di lattato ematico (4.9 ± 2.1 mmol·L-1)
sono risultati simili a quelli riferiti da Ghosh AK et al.
(1991) in hockeisti indiani juniores (4.2 mmol·L-1) and
seniores (5.6 mmol·L-1), confermando che l’intensità
della competizione hockeistica può essere considerata di alto livello. In relazione a quanto sopra riportato,
l’hockey su prato di alto livello può essere considerato
uno sport ad alto costo energetico (Boyle et al., 1994;
Malhotra, Ghosh e Khanna, 1983; Edgecomb & Norton, 2006), sebbene la previsione del consumo di ossigeno attraverso la frequenza cardiaca è basata su
di una procedura che risulta affidabile solo a velocità
costanti di locomozione. Questo approccio probabilmente sottostima il reale costo energetico di una partita di hockey, dal momento che le diverse modalità di
locomozione e corsa, i cambi di senso e di direzione,
le accelerazioni e le decelerazioni non vengono prese
in questo senso in considerazione (Lythe et al., 2011;
Osgnach et al., 2010; Reilly et al., 1992).
Questo studio ha confrontato le distanze totali stimate
per partita (DTS70), le distanze totali stimate per tempo (ETD351t, ETD352t) e le distanze totali stimate
percorse nelle diverse classi di velocità, da ogni hockeista italiano di elite e sub elite partecipante allo studio. In questo senso non sono state trovate differenze
statisticamente significative fra i due gruppi (P=ns).
Utilizzando la DTS70 nelle diverse classi di velocità, si
può osservare che la maggior parte della distanza
percorsa durante una partita, rispettivamente dagli
atleti di elite e sub elite, è avvenuta a bassa (61.24%
e 61.29%, nelle classi di velocità 1-2, che vanno da
0.1 a 11 Km/h) ed a moderata intensità (33.30% e
33.18%, nelle classi di velocità 3-4, che vanno da
11.1 to 19 km/h). Solo il 5.45% ed il 5.53% della distanza totale è stata percorsa ad alta intensità (classi
di velocità 5-6, che vanno da 19 ad oltre 23 km/h).
Confrontando i risultati conseguiti dagli atleti di elite
italiani con quelli disponibili degli atleti della nazionale
neozelandese (Lythe et al., 2011), non abbiamo trovato differenze statisticamente significative (t-Test a
campione unico; p=ns), quando si faccia riferimento
alle distanze percorse sia nelle diverse classi di velocità che nella distanza totale coperta.
Nel nostro studio le distanze medie (m) percorse al
minuto (m·min-1) sono state di 122.2 m·min-1 negli
atleti di elite e di 115.0 m·min-1 negli atleti sub elite.
Questi valori sono molto simili a quanto riportato in
altri studi per l’hockey (116.6 m·min-1) e nel calcio
(126.5 m·min-1) (Di Salvo et al., 2007; Lythe et al.,
2011).
Gli atleti impegnati hanno passato la maggior parte
del tempo di gara nelle classi di velocità 1 e 2 (elite
80.02%, sub-elite 80.67%), definite da molti autori
come zone di bassa intensità (Lythe et al., 2011).
Questi risultati vengono confermati anche in altri studi
(Lythe et al., 2011) e sembrano suggerire in realtà
come l’hockey, insieme ad altri sport di squadra, sia
prevalentemente svolto a basse intensità. Cionondimeno questa ultima considerazione appare in contrasto con il costo energetico stimato durante il corso
delle partite (Reilly et al.,1992). Abbiamo inoltre misurato il numero di accelerazioni (sia positive che negative) prodotte dagli atleti impegnati in gara, maggiori di ±1 m·s-2 (512 ± 69 contro 464 ± 103, negli atleti di elite e sub-elite, rispettivamente, con una distribuzione simmetrica fra le fasi positive e negative). La
differenza fra i due gruppi (9.34%) è risultata essere
significativa (p<0.05) in relazione alla classi di accelerazione comprese fra ± 1-2 m·s-2 (vedi tabella 2). La
media eventi-accelerazione per minuto di gioco (sia
positiva che negativa) è stata rispettivamente 7.3 e
6.6 negli atleti di elite e sub elite.
Dai risultati ottenuti possiamo avanzare alcune considerazioni:
1. Una differenza nella maestria tecnica, evidenziata da un panel di esperti, esiste effettivamente fra
i giocatori appartenenti alla Elite italiana
(nazionale italiana assoluta maschile) ed al livello di sub elite (club italiano di serie A), così come
fra atleti di elite italiana e elite neozelandese
(nazionale neozelandese assoluta maschile),
quest’ultima certificata anche dal livello di ranking
raggiunto dalle due squadre a livello mondiale
(Italia al 28° posto, Nuova Zelanda al 7°); alla
luce dei risultati ottenuti questa differenza qualitativa sembra essere determinata quasi interamente dal diverso livello di abilità tecnico-tattiche possedute dai diversi gruppi di giocatori.
2. Possibili differenze anche nelle caratteristiche
fisiche e fisiologiche fra questi gruppi di atleti diversamente qualificati, che pure riteniamo più
che probabili, sembrerebbero non completamen-
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ELAV JOURNAL Anno V Numero 19
RICHIESTE FISIOLOGICHE E METABOLICHE IN GIOCATORI DI HOCKEY
20
SPORT
te osservabili attraverso un tradizionale approccio
di match analysis, basato sullo studio delle classi
di velocità, attraverso tecnologia GPS.
Prendiamo ad esempio la classe di velocità 6.1 -11.0
km·h-1, di norma definita come zona a bassa intensità. Se consideriamo questi valori come velocità terminale raggiunta dopo una fase di accelerazione con
partenza da fermo e della durata di un secondo, otterremmo dei livelli di accelerazione compresi fra 1.66 a
3.05 m·s-2 , quest’ultimo valore considerato significativo nello studio della locomozione umana (Osgnach
et al., 2010). Nondimeno l’approccio basato sulle
classi di velocità considererebbe questa fase come
appartenente a una zona di bassa intensità, non fornendo quindi una informazione corretta sul reale costo energetico di questo evento. In accordo con
l’approccio proposto da Osgnach et al (2010), che
prende in considerazione le accelerazioni ed il loro
costo metabolico nella economia complessiva delle
partite di calcio, noi riteniamo che anche nell’hockey
un simile approccio potrebbe fornire la chiave per
comprendere le possibili (e probabili) differenze fra
atleti di elite e di sub elite o fra atleti di diversa qualificazione internazionale, oltre alle ovvie differenze di
norma descritte come diverso livello di maestria tecnico-tattica fra gruppi. APPLICAZIONI PRATICHE
Considerando i risultati che abbiamo ottenuto, il tradizionale approccio di match analysis, basato sullo studio delle classi di velocità, potrebbe non essere il metodo più appropriato per determinare differenze fisiche e fisiologiche in hockeisti differentemente qualificati. Le differenze probabili nelle caratteristiche fisiche e fisiologiche potrebbero essere trovate nelle capacità di accelerazione e nel loro costo metabolico,
che un approccio tradizionale sembra ancora non
propriamente considerare. Dal punto di vista pratico il
nostro studio permette di trarre alcune ultime considerazioni, che possono trovare una loro valenza in campo applicativo:
• Il numero di fasi di accelerazione sembra discriminare meglio i diversi livelli di qualificazione,
nonostante i limiti di un apparato GPS con frequenza di campionamento di 1 Hz.
• Le nuove tecnologie GPS, con frequenze di campionamento maggiore (5-15 Hz) e gli studi condotti in accelerometria, potrebbero incoraggiare
gli addetti ai lavori ad adottare un diverso approccio di match analysis nell’hockey, basato sullo
studio delle fasi di accelerazione (positiva e negativa), che meglio sembra rispondere alle esigenze di studio, specie quando riferiti a studi di
elite-sub elite o alla definizione di corretti modelli
di prestazione.
• I piani di allenamento specifici per la preparazione fisica degli hockeisti di elite potrebbero essere
maggiormente dettagliati e mirati alle reali esigenze di gioco, avendo il nostro studio evidenziato un ruolo chiave nella capacità di accelerazio-
ne.
Ringraziamenti:
Gli autori desiderano ringraziare vivamente il CONI
Sardegna, l’Allenatore della Squadra Nazionale Italiana assoluta di Hockey, Roberto Da Gai, l’Allenatore
della squadra “G.S. Amsicora” di Cagliari, Petr Bodnar e tutti gli atleti che hanno partecipato allo studio.
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ELAV JOURNAL Anno V Numero 19
RICHIESTE FISIOLOGICHE E METABOLICHE IN GIOCATORI DI HOCKEY
22
RIABILITAZIONE E POSTUROLOGIA
TIBIALE E GASTROCNEMIO ANTAGONISTI NELLA DINAMICA DEL PASSO. ANALISI EMG DEI MUSCOLI IN DINAMICA, CON E SENZA SCARPE.
De Falco Antonio1, Di Sarno Gaetano1, Livatino
Serena1, D’Eramo Umberto2
1
Posturologo, Laurea in Scienze Motorie
2
Posturologo, Tecnico Ortopedico
INTRODUZIONE
Questo lavoro nasce con l’intento di studiare attraverso l’ausilio di strumentazioni meccaniche le differenze
funzionali di alcuni dei muscoli interessati nella dinamica del passo e in particolare durante una fase di
running.
In posturologia è noto quanto alcuni “stimoli”,
“interferenze” o possiamo altresì definirle “variazioni”
anche se molto piccole, insignificanti, possono invece
provocare degli effetti che possono propagarsi ad
onda lungo quello che è il nostro campo di interesse.
Principalmente in questo studio la nostra “variazione”
nel test da running è stato l’utilizzo o meno di calzature ed il nostro campo di osservazione è stato strumentalmente circoscritto all’esame funzionale dei muscoli gastrocnemio e tibiale anteriore.
La deambulazione di tutti i giorni nella comunità richiede spesso funzionalità e compiti impegnativi come l'accelerazione/decelerazione, l’incontro di terreno
irregolare e svolte. L'analisi funzionale dell’andatura
in laboratorio consiste nel camminare su una superficie ad una velocità comune per tutti gli esaminati. La
valutazione del camminare/correre durante la modulazione della velocità, può fornire ai clinici e ai ricercatori una valutazione più completa ed omogenea e soprattutto facilmente ripetibile per l’acquisizione di nuovi dati per implementare la ricerca.
Il gastrocnemio ha la funzione di sollevare il peso del
corpo specialmente da posizione eretta (a causa del
fatto che il muscolo ha inserzione sul femore per cui
raggiunge maggiore tensione quando il ginocchio e'
esteso), in particolare con lo scopo di stabilizzare la
posizione del piede e mantenere l'equilibrio, mentre il
tibiale è impiegato nella flessione dorsale e nel'adduzione del piede. E' coinvolto nell'azione di supinazione (rotazione verso l'esterno) del piede. Sappiamo
che ogni piccola variazione/stimolo fornito alla pianta
del piede può far variare di gran lunga la postura del
soggetto con conseguente variazione dell’impiego di
tutti i muscoli, un effetto onda che si propaga dal basso verso l’alto. In questo modo quello che è stato da
noi valutato è come potesse variare l’impegno di questi due muscoli con l’utilizzo o meno di calzature.
METODI
La nostra ricerca è stata effettuata in soggetti che
abitualmente svolgono attività a livello agonistico durante un test di running su treadmill della Zebris
(Figura 1). A tal proposito i soggetti sono stati sottoposti ad un test stabilometrico e successivamente di
running con e senza scarpe (utilizzando lo stesso tipo
di calzatura per ciascun soggetto), valutando
l’impegno muscolare tramite EMG DAB bluetooth
(Figura 2) applicando gli elettrodi sull’inserzione dei
muscoli sopracitati.
Treadmill Zebris
Sistema mobile a sensori capacitivi per l’analisi del
passo e delle pressioni plantari, non invasiva.
Utilizzato per lo studio ed il controllo della deambulazione, di patologie e malformazioni del piede, nonchè
delle anomalie posturali. Il sistema utilizza un Tapis
Roulant di derivazione neuro riabilitativa (con velocità
effettiva da 0,2 Km/h), e una pedana baropodometrica a sensori capacitivi auto calibranti, offre la visualizzazione immediata in tempo reale sul monitor dei risultati dell’analisi.
Composizione del sistema:
• Treadmill di derivazione medico-riabilitativa
Daum Electronic
• Modulo baropodometrico a sensori capacitivi e
frequenza di campionamento a
• 120 Hz
• Velocità: da 0,2 a 24 km/h
• Superficie rullo: 150x50 cm
• Motore: 2.2 kW
• Peso macchina: 160 kg
• Dimensioni: 200x92x150 cm
• Peso massimo di carico: 150 kg
• Interfaccia: Sync. Output
• Range di misurazione: 1-120 N/cm2
• Pendenze: salita 15% - discesa 2%
• Software per baropodometria e stabilometria
• Manuale d’uso, certificazione ISO
Calcolo automatico di:
• Valori pressori
• Andamento del baricentro corporeo in deambulazione
• Informazioni sulle spinte e i tempi di deambulazione a terra e in fase di volo
ELAV JOURNAL Anno V Numero 19
TIBIALE ANTERIORE E GASTROCNEMIO ANTAGONISTI NELLA DINAMICA DEL PASSO
Figura 1 - Treadmill utilizzato per lo studio
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RIABILITAZIONE E POSTUROLOGIA
Figura 2 - EMG bluetooth utilizzato per lo studio
Sistema di misura EMG-4, 8 e EMG-DABBluetooth
• Numero di canali analogici: 8
• Numero di canali digitali: 4
• Frequenza di campionamento: 1000 Hz per canale
• Risoluzione: 12 bit
• Backup memoria interna: 512 kB
• Durata backup dati se la ricezione viene interrotta: 1 min (4 canali, 1000Hz)
• Alimentazione: 4 x batterie tipo AAA 1,5V
• Dimensioni: 90 x 130 x 38 mm
• Peso (senza batterie): 150 g
• Tensione di alimentazione: +- 5V bis +- 15 V
• Impedenza di ingresso: 10 GΩ
• CMRR: 110 dB
• Rumore di ingresso: 0,28 uV
• Guadagno di tensione: 1000
• Larghezza di banda: 7 bis 500 Hz (anti-aliasing
filtro passa-basso)
• Lunghezza del cavo: 1,4 m
Eikeden 50 (modello di calzature prescelte)
Sono composte da una tomaia in mesh sintetico con
una intersuola in EVA per attutire lo shock ed una
suola esterna in gomma. Il loro peso è di circa 235g
(Figura 3).
Figura 3 - Modello di scarpa utilizzato per lo studio
Soggetti
Il campione analizzato è costituito da 15 soggetti adulti sani (13 maschi e 2 femmine) di età compresa
tra i 13 ed i 36 anni (età media = 22,3 anni), con
un’altezza che varia tra 1,51 e 1,86 cm (Tabella 1).
Il numero di scarpe è compreso tra il 38 ed il 44.
I soggetti svolgono regolarmente attività sportiva agonistica e hanno aderito volontariamente all'esperimento fornendo il loro consenso informato alle acquisizioni dei dati.
I criteri di selezione utilizzati sono stati i seguenti:
• assenza di traumi importanti agli arti inferiori negli
ultimi 6 mesi;
• assenza di paramorfismi o dimorfismi importanti;
• assenza di ausili ortopedici nelle calzature;
• assenza di segni o sintomi di disordini a livello
delle articolazioni degli arti inferiori.
Il test è stato svolto all’interno di una sala del centro
polisportivo POMILIA a Pomigliano d’Arco (NA) lontano da rumori o interferenze che potessero influire sulla validità dei risultati.
ETA'
24
24
29
27
36
27
33
31
14
19
13
14
15
15
16
SCARPA
43
41
44
44
42
42
42
44
38
44
39
44
42
41
44
ALTEZZA
1,72
1,71
1,81
1,76
1,69
1,73
1,72
1,86
1,57
1,81
1,51
1,75
1,82
1,72
1,82
SEX
M
M
M
M
M
M
M
M
F
M
F
M
M
M
M
ELAV JOURNAL Anno V Numero 19
TIBIALE ANTERIORE E GASTROCNEMIO ANTAGONISTI NELLA DINAMICA DEL PASSO
SPORT
Calcio
Kung-Fu
Calcio
Arti Marz.
Calcio
Ciclismo
Calcio
Fitness
Judo
Judo
Judo
Taekwondo
Taekwondo
Judo
Parkour
Tabella 1 - Caratteristiche partecipanti
Procedure
Per ogni tester è stata effettuata una attenta anamnesi e valutati i principali atteggiamenti posturali che
potessero essere d’interesse. Nessun soggetto presentava alterazioni posturali tali da poter compromettere o invalidare l’esito finale dell’analisi.
Dopo l’anamnesi ed i principali test posturali si è passati direttamente alla fase
esecutiva posizionando sui pazienti gli elettrodi in corrispondenza dei muscoli gastrocnemio e tibiale anteriore (Figura 4) secondo le direttive internazionali
(Konrad, 2005).
In seguito a questa fase di indagine e quella preparatoria, si è poi passati all’esame vero e proprio: inizialmente è stato analizzato, grazie all’utilizzo della pedana baropodometrica, l’appoggio plantare in ortostatismo per 20 secondi valutando inoltre l’attivazione dei
muscoli gastrocnemio e tibiale anteriore senza
l’utilizzo di calzature.
Successivamente si è passati alla valutazione del
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RIABILITAZIONE E POSTUROLOGIA
Figura 4 - Posizionamento elettrodi EMG
ciclo del passo di ogni paziente sempre senza
l’utilizzo delle scarpe, facendo camminare il paziente
lungo la pedana baropodometrica alla velocità di 3,5
km/h per 30 secondi.
La scelta della velocità a 3,5 km/h per la durata di 30
secondi e stata effettuata in relazione alla letteratura
(Enoka, 1994) che suggerisce come la velocità media
di una persona si aggira intorno ai tre o quattro km/h;
in questo modo rendiamo i test il più possibile simili
alla “normale” deambulazione.
Successivamente entrambi i test sono stati effettuati
facendo indossare ai soggetti, come già detto in precedenza, lo stesso modello di calzature in modo da
non inficiare la performance di un soggetto rispetto ad
un altro, che potesse indossare un altro modello di
calzatura differente nei materiali di composizione,
nella densità della suola o altro.
Si è valutato pertanto l’appoggio podalico in ortostatismo per un tempo di 20 secondi sulla pedana baropodometrica osservando anche l’impegno dei muscoli gastrocnemio e tibiale anteriore.
Poi, come in precedenza, si è stato fatto camminare i
tester sulla pedana alla velocità di 3,5 km/h per 30
secondi studiando i valori che ci venivano forniti
dall’EMG sull’impegno muscolare.
RISULTATI
I soggetti scelti per questo lavoro sono stati reclutati
con la collaborazione del Centro Sportivo Pomilia di
Pomigliano D’Arco (Na).
Il test somministrato a ciascun soggetto è stato interpretato e corretto con la collaborazione del Dott. Roberto Mariani responsabile tecnologico della Zebris
Italia.
Dai valori medi espressi nella Tabella 2 si può facilmente verificare l’impegno muscolare di ogni singolo
muscolo esaminato con EMG durante il test dinamico
con e senza scarpe (uV medi).
Da ciascun test è stato ricavato il valore di attivazione
del muscolo gastrocnemio dx e sx e del tibiale anteriore dx e sx con e senza scarpe.
Si è potuto quindi distinguere tra i 15 soggetti selezionati per lo studio:
• 11 su 15 soggetti (pari al 73,33%) presentavano
un’attivazione del muscolo gastrocnemio sx maggiore senza scarpe.
• 13 su 15 soggetti (pari al 86,66%) presentavano
un’attivazione del muscolo gastrocnemio dx maggiore senza scarpe.
• 10 su 15 soggetti (pari al 66,66%) presentavano
un’attivazione del muscolo tibiale anteriore sx
maggiore senza le scarpe.
• 12 su 15 soggetti (pari al 80%) presentavano
un’attivazione del muscolo tibiale anteriore dx
maggiore senza le scarpe.
I risultati del nostro studio hanno documentato come
l’utilizzo di una calzatura sportiva da running, la cui
conformazione della suola risulta essere posteriormente di 3 cm e anteriormente di 2 cm, evidenzia nella maggioranza dei soggetti una minore attivazione
dei muscoli indagati, viceversa senza calzature si evidenzia una maggiore attivazione del gastrocnemio e
del tibiale anteriore.
Nei grafici (Figura 5-10) è riportato sull’asse delle ascisse il tempo in percentuale con intervallo da 0% a
Senza scarpe
ELAV JOURNAL Anno V Numero 19
TIBIALE ANTERIORE E GASTROCNEMIO ANTAGONISTI NELLA DINAMICA DEL PASSO
Con scarpe
Gastr. sx Gastr. dx Tibiale sx Tibiale dx Gastr. sx Gastr. dx Tibiale sx Tibiale dx
A.L.
A.P.
F.P.
M.S.
D.D
A.D.
A.D.
G.D.
C.M.
M.R.
N.D.
G.C.
M.T.
D.C.
G.R.
18,41
27,84
175,81
97,59
31,7
40,65
31,5
9,04
17,63
15,59
33,71
27,84
36,4
46,23
120,53
16,14
23,59
216,11
18,5
13,02
42,17
35,21
11,67
22,53
15,09
22,33
24,85
18,33
20,32
122,17
29,67
50,45
64,26
60,47
36,18
60,71
52,83
33,88
47,7
44,3
37,89
59,2
63,22
33,26
57,63
31,73
40,26
69,5
82,05
39,73
48,79
49,14
20,83
36,28
42,84
34,43
38,97
48,18
40,5
36,94
14,04
32,44
61,48
38,7
31,59
37,84
31,67
7,35
15,62
13,65
23,75
34,7
15,04
44,5
16,07
13,92
30,36
30,2
15,19
12,92
39,44
30,61
8,61
20,1
12,89
15,69
19,19
12,25
17,46
30,56
25,05
32,48
45,21
52,56
36,4
62,16
57,03
35,97
41,87
40,08
33,61
55,94
63,69
31,91
53,79
26,48
32,76
33,78
37,36
38,93
44,04
47,87
18,24
38,35
41,17
34,38
38,5
48,86
37,01
34,31
Tabella 2 - Valori medi in uV dei muscoli indagati con e senza scarpe
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RIABILITAZIONE E POSTUROLOGIA
99,5%, mentre sull’asse delle ordinate è riportato il
valore di attivazione EMG dei muscoli (a seconda del
colore) espresso in µV (MicroVolt).
Al fine di ottenere una standardizzazione intrasoggetto dei potenziali EMG per ciascun muscolo, i
segnali negativi, indice di depolarizzazione cellulare,
sono stati posti uguali a 0. Gli eventuali picchi anomali presenti all’interno del grafico, sono dovuti alla tolleranza dell’Elettromiografo.
Figura 9 - Andamento attivazione muscolare del gastrocnemio dx nelle due condizioni
ELAV JOURNAL Anno V Numero 19
TIBIALE ANTERIORE E GASTROCNEMIO ANTAGONISTI NELLA DINAMICA DEL PASSO
Figura 5 - Andamento attivazione muscolare nel test
con le scarpe
Figura 10 - Andamento attivazione muscolare del gastrocnemio sx nelle due condizioni
Figura 6 - Andamento attivazione muscolare nel test
senza le scarpe
Figura 7 - Andamento attivazione muscolare del tibiale anteriore dx nelle due condizioni
Figura 8 - Andamento attivazione muscolare del tibiale anteriore sx nelle due condizioni
DISCUSSIONE E CONCLUSIONI
Ad oggi non risultano esserci in letteratura lavori che
correlino l’attivazione misurata tramite EMG dei muscoli gastrocnemio e tibiale anteriore in fase dinamica
con l’utilizzo o meno di calzature.
La nostra idea di partenza è stata quella di valutare la
differenza dell’impegno muscolare e quindi provare
quanto l’utilizzo di scarpe aumentasse o diminuisse
l’attivazione muscolare espressa in microvolt.
L’intuizione è stata decisamente confermata dai risultati ottenuti dal test che dimostrano un’attivazione
maggiore del tibiale anteriore, senza l’utilizzo di calzature nel 80% dei casi, mentre il gastrocnemio senza
scarpe risulta maggiormente attivato nel 73,33% dei
soggetti.
APPLICAZIONI PRATICHE
Questo studio, considerando i risultati, può trovare
impiego nelle attività di tutti i giorni ed in quelle sportive, lì dove l’utilizzo di una calzatura adatta garantisca
un idoneo impegno muscolare, favorendo il miglioramento della performance sportiva.
Quanto detto, potrebbe suscitare interesse nelle fasi
di progettazione e costruzione di una calzatura sportiva, che tenga conto dell’effetto che le caratteristiche
tecniche possono avere e, quindi, portare ad corretto
impegno dei muscoli sollecitati.
BIBLIOGRAFIA
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BIOMECCANICA
BIOMECCANICA DELLA CORSA CON CALZATURA GINNICA TRADIZIONALE E IN BAREFOOT
Guerra Enrico, Russo Luca, Mondonico Mosè, Renzi Luca, Petrollini
Giampaolo, Giorgi Claudio
ELAV Institute
DISCUSSIONE E CONCLUSIONI
Parametri meccanici
Per quanto riguarda l’aspetto cinematico è emerso
che l’angolo di entrata del piede rispetto
all’orizzontale, è significativamente maggiore nella
corsa con la SCARPA, confermando pienamente le
informazioni presenti in letteratura (Lieberman, 2010),
che sta senza dubbio ad indicare una marcata differenza nella tecnica di svolgimento dell’esercizio della
corsa con tale supporto. Inoltre si è osservato come
l’angolo della caviglia sia significativamente maggiore
nelle prove con la CALZA rispetto alle altre condizioni, mentre la differenza statisticamente significativa
tra CALZA e REV si nota alla velocità di 8 Km/h.
La mancanza di differenza significativa (ma solo ai
limiti della significatività statistica) dell’angolo registrato alla caviglia al momento dell’impatto al suolo tra
REV e SCARPA a 14 km/h a dispetto di una differenza significativa tra le 2 condizioni nell’angolo di approccio al suolo alla stessa velocità potrebbe essere
intesa come un adattamento della tecnica di corsa da
parte dei soggetti a questa particolare velocità. La
quale, non essendo probabilmente utilizzata di frequente, li costringe a gestire il movimento della corsa
in forma spaziale differente: con un movimento probabilmente più verticale della tibia nella condizione REV
rispetto alla SCARPA.
Alla velocità di 5 km/h, e 11km/h, la locomozione con
la CALZA non presenta differenze significative rispetto alla REV per quelli che sono gli aspetti cinematici
relativi alla fase di contatto al suolo. Questa similitudine tra REV e CALZA, ad una velocità che viene comunemente utilizzata dai soggetti fitness, evidenzia
come il REV sia estremamente sovrapponibile alla
condizione di piede nudo, riportando di fatto gli stessi
identici valori. Per quanto riguarda i dati accelerometrici è necessario fare una premessa. I parametri frequenza ed ampiezza di passo si evolvono all’interno
delle velocità testate con gli stessi andamenti che
riporta anche la letteratura (Lieberman, 2010, Squadrone, 2009). La letteratura dedicata al barefoot viene
pertanto confermata da questo studio per quanto riguarda l’andamento dei dati, ma l’analisi statistica
non rileva significativo questo andamento della frequenza e dell’ampiezza di passo. La letteratura quindi
non viene del tutto confermata da questo studio a
causa probabilmente di una sostanziale differenza
nella tipologia del campione testato: è assolutamente
da evidenziare infatti che gli studi riportati in letteratura (Lieberman, 2010, Squadrone, 2009) hanno studiato dei soggetti adattati a correre senza scarpe, mentre il campione testato nel presente studio non presentava questa caratteristica. Questa considerazione
risulta comunque molto interessante perché i dati riportati in questo studio sono tra i pochi che prendono
in considerazione gli effetti in acuto del barefoot, mostrando ad ogni modo dei cambiamenti (seppur non
significativi) tendenti alla gestione coordinativa della
corsa come avviene in soggetti adattati all’esercizio in
barefoot. I soggetti testati in questo studio hanno mostrato degli aggiustamenti coordinativi simili agli adattamenti stabili dei soggetti abituati all’esercizio senza
scarpe anche se non significativi.
I valori di accelerazione registrati sul sacro in tutte le
velocità testate durante l’esercizio sono simili anche
se nella condizione REV risultano leggermente maggiori. Spiegare questo fenomeno risulta complicato
ma l’ipotesi che si può avanzare è che le accelerazioni con la SCARPA sono attutite dal materiale stesso
che la costituisce mentre quelle in barefoot dallo spostamento sulle teste metatarsali della zona di caricamento consentendo un efficace azione assorbente
delle volte plantari che rendono le accelerazioni simili,
nonché dall’azione protettiva durante il cammino del
materiale shock absorber inserito nel tallone delle
REV. A prescindere dall’interpretazione, considerando anche i valori leggermente superiori nella condizione REV, in particolare per tutelare le strutture intrinseche del piede è indubbio che l’esercizio della corsa in
condizione barefoot suggerisce la necessità di un doveroso periodo di adattamento a questa condizione. Il
movimento verticale del bacino, che non mostra differenze significative tra le condizioni testate, pone degli
interrogativi che sicuramente altri studi in merito potrebbero risolvere in quanto una maggior frequenza di
passo (seppur non significativa) delle condizioni barefoot lasciava ipotizzare valori maggiori di queste condizioni per questo parametro rispetto alla SCARPA.
Parametri metabolici
La condizione barefoot evidenzia una sistematica e
significativa riduzione del VO2 in tutte le condizioni. Si
evidenzia che solo alla velocità di 11 km/h le differenze si assottigliano e si perde la significatività statistica; è probabile che a questa velocità i soggetti siano
in una condizione di elevato comfort e anche la condizione barefoot, meccanicamente più vantaggiosa,
non riesce in mancanza di adattamento ad abbassare
la spesa energetica in maniera significativa e soprattutto come alle altre velocità. Di contro, in particolare
alle velocità di 8 e 14 km/h, la condizione barefoot
offre vantaggi importanti e significativi. I vantaggi nel
tempo sono costanti o in miglioramento spaziando
dall’1% ad oltre il 5% con la condizione CALZA <
REV < SCARPA a dimostrazione che il piede minimalizzato rende anche di più di un calzare barefoot a
sua volta minimalista e che entrambi le condizioni
peraltro simili creano un rendimento molto migliore
rispetto all’indossare scarpe ginniche classiche. È
importante sottolineare che all’aumentare della velocità la condizione CALZA ha una tendenza a perdere i
vantaggi metabolici mentre la condizione REV, al
contrario, ha la tendenza ad aumentare tali vantaggi;
si può ipotizzare che anche questo dipenda dalla
mancanza di adattamento specifica a causa della
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ELAV JOURNAL Anno V Numero 19
BIOMECCANICA DELLA CORSA CON CALZATURA GINNICA TRADIZIONALE E IN BAREFOOT - ULTIMA
PARTE
27
BIOMECCANICA
quale il maggior comfort delle REV offre migliori risultati rispetto alla semplice CALZA.
Correlazioni tra i parametri meccanici e metabolici
Obbiettivo di questo studio è anche quello di ricercare
eventuali correlazioni tra i parametri meccanici e quelli metabolici. Ponendo l’attenzione sulle correlazioni
tra VO2 e tutti i parametri meccanici non si evidenziano correlazioni significative. La marcata tendenza
all’aumento della frequenza e conseguente riduzione
dell’ampiezza del passo con l’aumentare della velocità non raggiungendo la significatività statistica non
consente di contro di rilevare correlazioni con i parametri metabolici. Il campione numericamente ridotto
ma soprattutto lo studio in acuto assoluto senza un
adeguata tempistica di adattamento non offrono la
significatività statistica ma le seguenti ipotesi, sostenibili dai dati rilevati, possono fornire le dovute giustificazioni alla riduzione dell’impegno metabolico misurato nelle condizioni barefoot.
Spessore sotto al tallone
Lo spessore presente sotto al tallone (Figura 37) nella
condizione SCARPA obbliga di fatto l’appoggio calcaneare impedendo il naturale appoggio a pianta piena
o direttamente nell’avampiede tipico della locomozione in corsa che permette un immediato appoggio sulle teste metatarsali con i relativi vantaggi meccanici di
ELAV JOURNAL Anno V Numero 19
BIOMECCANICA DELLA CORSA CON CALZATURA GINNICA TRADIZIONALE E IN BAREFOOT - ULTIMA
PARTE
Figura 38
Figura 39
Figura 37
caricamento delle volte. Nella condizione barefoot, al
contrario, l’assenza dello spessore sotto al tallone
invita spontaneamente il corretto appoggio del piede
(Figura 38) anche nei corridori che hanno una tecnica
di corsa non ottimale e in maniera direttamente proporzionale alla velocità di locomozione.
La presenza dello spessore sotto al tallone comporta
anche una differenza (come descritto in precedenza)
sulla reazione vincolare al suolo (Figura 39), descrittiva di un appoggio non corretto del piede stesso.
Aumento del braccio di leva della caviglia
lo spessore di rialzo della pianta tipico delle scarpe
ginniche attualmente in commercio, aumenta anche il
braccio di leva della caviglia (Figura 40) con la conseguenza meccanica di aumentare le accelerazioni sul
piano frontale durante la locomozione. Questa tendenza finisce naturalmente per aumentare il costo di
O2 a causa di un continuo riposizionamento della posizione del corpo il quale subisce micro sbilanciamen-
ti laterali ad ogni appoggio (dati
preliminari in fase di studio). Inoltre
a questo fatto può essere imputato
lo sviluppo di alcune patologie da
sovraccarico tipiche della corsa e
dovute all’eccessivo carico in pronazione del piede durante
l’appoggio (Figura 41).
Costrizione delle volte plantari
L’appoggio sul retropiede che impedisce il caricamento immediato
delle volte, la presenza della conchiglia sottovolta interna alla
Figura 40
SCARPA che impedisce il caricamento della volta longitudinale,
l’indeformabilità della tomaia che impedisce il caricamento della volta trasversale, sono i tre elementi che
impediscono al piede di sfruttare naturalmente e nella
loro globalità le sue caratteristiche biomeccaniche
strategiche (Figura 42). Il caricamento delle volte consente non solo di attivare la muscolatura dinamica e
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BIOMECCANICA
Figura 43
ot (Divert et al, 2007). La massa aggiuntiva della
SCARPA potrebbe non essere sufficiente a spiegare
da sola il fenomeno (servono ulteriori ed approfonditi
studi di biomeccanica) ma soprattutto escluderebbe a
priori le tre ipotesi precedentemente descritte e teoricamente molto salde. La riduzione del costo metabolico misurata in questo studio conferma comunque ampiamente quanto già descritto in merito dalle poche
ricerche pubblicate, avvalorando l’aumento
dell’efficienza nella condizione barefoot rispetto alla
SCARPA con tutti i vantaggi conseguenti.
Figura 41
tutti i meccanismi di controllo propriocettivo associati
ma anche e soprattutto di sfruttare le ampie caratteristiche elastiche del connettivo demuscolato presente
nel piede stesso (Figura 43). In particolare, a fronte
della capacità spiccatamente prestativa offerta dalla
volta longitudinale si perde anche la spiccata capacità
di controllo della posizione tipica della volta trasversa.
Le tre precedenti considerazioni apportano alla ricer-
Figura 42
ca scientifica ulteriori strade di interesse rispetto
all’unica proposta fatta fino ad ora e relativa alla correlazione diretta esistente tra la riduzione del VO2 e la
massa della SCARPA rispetto alla condizione barefo-
ELAV JOURNAL Anno V Numero 19
BIOMECCANICA DELLA CORSA CON CALZATURA GINNICA TRADIZIONALE E IN BAREFOOT - ULTIMA
PARTE
APPLICAZIONI PRATICHE
Dai dati ottenuti si evince che la corsa a piedi nudi
(condizione di barefoot) è statisticamente associata al
contatto iniziale al suolo con la parte antero-laterale
del piede. Con la SCARPA ciò non avviene a causa
dell’alterazione funzionale che subisce il piede stesso
probabilmente a causa dell’aumento del braccio di
leva offerto dalla suola più spessa nella zona calcaneare.
La calzatura tecnica R’Evolution AKKUA, utilizzata a
determinate velocità, offre la possibilità al piede di
effettuare il gesto della corsa in maniera del tutto simile alla condizione di barefoot, potendo usufruire
anche di una funzione protettiva, grazie ai materiali
specifici con la quale è costruita.
Il miglioramento del costo metabolico evidenzia un
aumento dell’efficienza meccanica ulteriormente avvalorato dalla mancanza di adattamento alla condizione barefoot, condizione appositamente voluta in questo studio. Questi risultati, quindi ottenuti in mancanza
di un adeguato periodo di adattamento, confermano
che il peso dell’evoluzione non è facilmente modificabile e che, forse, sia il caso di parlare di abitudine alla
scarpa più che di adattamento. Ulteriori ricerche saranno necessarie proprio in tale direzione valutando
quindi le differenze longitudinali a seguito di un adeguato periodo di riadattamento alle condizioni naturali.
Possiamo concludere affermando che la natura vince
sempre ma anche che il doversi adeguare alle attuali
condizioni sociologiche impone il ricorso a specifici
prodotti barefoot rispetto alla volontà di spostarsi a
piede realmente nudo.
BIBLIOGRAFIA
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BIOMECCANICA
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BIOMECCANICA DELLA CORSA CON CALZATURA GINNICA TRADIZIONALE E IN BAREFOOT - ULTIMA
PARTE
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BIOMECCANICA
MEZZI E METODI PER L’ANALISI DEL MOVIMENTO UMANO
Russo Luca
ELAV Institute
ESEMPI PRATICI
Terzo esempio
Soggetto che esegue un salto da fermo con contro
movimento (dati personali elaborati con il sistema
BTS SMART). Quando un soggetto viene testato con
un salto CMJ (Bosco 1990) tutta l’attenzione è focalizzata sull’altezza di salto o sulla forza espressa a terra. Se invece si sposta l’attenzione sul movimento
delle singole articolazioni si può notare come ogni
segmento corporeo abbia una diversa traiettoria nello
spazio, ma scomponendo il movimento nei tre piani
principali (Figura 2, articolo prima parte) e prendendo
in considerazione solo il movimento verticale (piano
coronale) tutti i segmenti sono accomunati da una
traiettoria discendente prima e ascendente in un secondo movimento. Per verificare quanto detto si può
porre l’attenzione sulla zona lombo-sacrale (L5-S1)
attraverso il posizionamento di un marker sulla cute
(nel paragrafo successivo scenderemo maggiormente
nei dettagli dell’utilizzo dei marker su reperi anatomici) e si effettua una video ripresa del soggetto calibrando lo spazio in cui viene eseguito il gesto e misurando il tempo di esecuzione del gesto stesso per
poter calcolare i descrittori del movimento, creando i
grafici in funzione del tempo della posizione del
marker (Figura 1) che viene calcolata in base al sistema di riferimento che si è utilizzato (nel caso specifico
coincideva era poggiato a terra di fianco al soggetto),
Figura 3 - Accelerazione L5-S1 vs tempo CMJ
della velocità di spostamento del marker (Figura 2) e
dell’accelerazione a cui è sottoposto il repere anatomico (Figura 3). Le misure in questo caso saranno
registrate sull’asse verticale del movimento.
Sincronizzando i grafici si possono valutare degli aspetti che non sono così palesi visualizzando il singolo grafico. Un esempio su 4 momenti del salto:
1. Stasi pre-salto (Figura 4)
2. Massimo caricamento (Figura 5)
3. Massimo sollevamento (Figura 6)
4. Atterraggio (Figura 7)
ELAV JOURNAL Anno V Numero 19
MEZZI E METODI PER L’ANALISI DEL MOVIMENTO UMANO - SECONDA PARTE
Figura 1 - Posizione L5-S1 vs tempo CMJ
Figura 4 - Sincronizzazione stasi pre-salto CMJ
Figura 2 - Velocità L5-S1 vs tempo CMJ
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BIOMECCANICA
MEZZI E METODI PER L’ANALISI DEL MOVIMENTO UMANO - SECONDA PARTE
ELAV JOURNAL Anno V Numero 19
Il valore di posizione (0,96m) registrato in questo istante (Figura 4) può essere considerato come il baseline di questo parametro perché in questo momento
il soggetto è in piedi e fermo per cui è il punto di partenza dell’esercizio. La stasi è confermata dai valori
della velocità e dell’accelerazione che sono praticamente nulli.
Figura 6 - Sincronizzazione massimo sollevamento
CMJ
Figura 5 - Sincronizzazione massimo caricamento
CMJ
In questo istante (Figura 5) il soggetto ha raggiunto il
massimo del caricamento e la posizione nello spazio
di L5-S1 è variata di 33cm. Il soggetto non solo si trova nel punto più basso del movimento, ma sta anche
per invertirne il senso per cui la velocità è prossima
allo zero e sta passando da valori negativi a positivi.
L’accelerazione invece ha già iniziato la sua crescita
e sfiora quasi il picco massimo in questa fase di preparazione allo stacco dei piedi.
Il massimo sollevamento del marker (Figura 6) che si
sta analizzando corrisponde con la massima altezza
raggiunta nella fase di volo. Da qui in poi finisce il moto ascensionale e comincia la discesa verso il terreno.
La variazione di posizione sull’asse verticale del repere L5-S1 ammonta a 43 cm. In questo istante la velocità è nuovamente a zero per via dell’istante di stasi
area in cui si trova il soggetto, mentre l’accelerazione
è negativa perché la velocità ascensionale del soggetto diminuisce progressivamente fino a questo punto.
Dopo la massima elevazione inizia una rapida discesa verso il basso dettata dalla legge di gravità in cui la
velocità crolla a picco verso valori negativi. In questo
istante preciso (Figura 7) che è stato preso in esame
si regista la massima accelerazione positiva della prova, ciò indica che il soggetto è atterrato e lo si intuisce
anche dal valore della posizione che risulta essere
inferiore rispetto al valore base della prima fase
(Figura 4). L’accelerazione è molto alta perché il soggetto sta reagendo all’impatto con il terreno per cui
deve applicare a terra una forza, o ancor meglio, una
accelerazione che “acceleri” la sua massa (F = m*a)
per rispondere all’impatto con il suolo e per mantenere una posizione eretta.
I tre esempi scelti mostrano chiaramente la relazione
tra posizione, velocità e accelerazione in funzione del
tempo. Tutti gli esempi di seguito riportati utilizzano
un sistema di riferimento globale, ovvero esterno al
soggetto, seppur in maniera diversa e con volumi di
spazio diversi presi in considerazione. Nel primo e nel
secondo esempio si prende in considerazione l’intero
movimento del corpo del soggetto che compie
l’esercizio, si calcolano i tempi di percorrenza per ciascuno spazio predefinito (5m nel primo esempio e
2,5m nel secondo) e non si fa riferimento ad un punto
preciso del soggetto, ma piuttosto si interpreta l’intero
soggetto come un punto materiale e solidale. In que-
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BIOMECCANICA
ELAV JOURNAL Anno V Numero 19
MEZZI E METODI PER L’ANALISI DEL MOVIMENTO UMANO - SECONDA PARTE
Figura 8 - Radiante
Figura 7 - Sincronizzazione atterraggio CMJ
sto modo la velocità che viene calcolata è quella risultante da tutte le direzioni del movimento e quindi
quella di avanzamento. Nel terzo esempio invece il
movimento del soggetto viene scomposto in tre piani
prendendone in esempio solamente uno: quello verticale. Il soggetto non viene analizzato in toto, ma viene analizzato solo un preciso repere anatomico (L5S1) e attraverso di esso si tenta di descrivere il movimento che compie l’intero corpo del soggetto lungo il
piano coronale. Inoltre lo spostamento del repere è
calcolato diversamente dai primi due esempi, infatti la
quantità di dati risulta essere molto maggiore se pur il
tempo dell’esercizio è minore rispetto ai due esempi
precedenti. Il numero di dati acquisiti dipende strettamente dalla frequenza di cattura delle immagini del
sistema utilizzato per video riprendere l’esercizio:
questo lascia intuire che mentre nei primi due esempi
si trattava di velocità e accelerazione media di percorrenza di un determinato tratto, nel terzo esempio ci si
avvicina di più a valori di velocità e accelerazione istantanea.
Oltre alla posizione e alle sue derivate nel tempo un
altro descrittore cinematico del movimento, seppur
non propriamente puro, è l’angolo. L’angolo, nel SI, è
misurato in radianti (rad): un radiante è definito come
il rapporto tra la lunghezza dell’arco compreso
nell’angolo (l) e il raggio (r) che spazza questo arco
(Figura 8).
Facendo i dovuti calcoli risulta che 1 rad = 57,3° pertanto gli esempi che seguiranno saranno espressi in °
semplicemente per facilitare la lettura, ma tenendo
sempre conto di questa relazione.
Sfruttando il precedente esempio del soggetto che
compie un salto con contro movimento si possono
aggiungere ai dati di posizione, velocità e accelerazione del repere L5-S1 i dati angolari calcolati al ginocchio destro. L’angolo al ginocchio destro in questo
esempio viene calcolato attraverso tre marker posizionati nei seguenti punti: trocantere del femore destro, epicondilo femorale destro e malleolo esterno
destro. I tre marker formano i segmenti della coscia e
della gamba propriamente detta, il cui movimento reciproco genera un angolo. I quattro istanti analizzati
precedentemente vengono qui di seguito ripresi e
implementati di dati provenienti dal calcolo dell’angolo
al ginocchio: variazione, velocità e accelerazione angolare (Figura 9-12).
È chiara ed evidente una netta differenza tra i tre grafici superiori riguardanti la posizione e derivate e quelli inferiori riguardanti l’angolo e le rispettive derivate.
Il punto di massimo caricamento, ipotizzato dalla posizione del punto di repere L5-S1 è confermato anche
dal valore dell’angolo al ginocchio che risulta essere
al minimo. Anche la velocità angolare, come quella
lineare è in fase ascendente e passante per lo zero in
questo istante.
Nel punto di massimo sollevamento del soggetto
l’angolo al ginocchio raggiunge i valori più elevati perché essendo una fase aerea le gambe sono liberamente distese e soggette solo a movimenti di accompagnamento del corpo, generando delle velocità di
movimento praticamente nulle. Infine in fase di atterraggio quando l’accelerazione verticale registrata su
L5-S1 è molto elevata il soggetto automaticamente
tende a ridurre l’angolo al ginocchio al fine di “attutire”
l’impatto generato dal contatto con il terreno.
Diagrammi angolo-angolo
Oltre alla sincronizzazione dei dati spazio-temporali
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BIOMECCANICA
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MEZZI E METODI PER L’ANALISI DEL MOVIMENTO UMANO - SECONDA PARTE
Figura 9 - Posizione e angolo pre-salto CMJ
Figura 10 - Posizione e angolo massimo caricamento CMJ
Figura 11 - Posizione e angolo massimo sollevamento CMJ
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BIOMECCANICA
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MEZZI E METODI PER L’ANALISI DEL MOVIMENTO UMANO - SECONDA PARTE
Figura 12 - Posizione e angolo atterraggio CMJ
con quelli angolo-temporali risulta molto utile a fini
didattici e di studio indagare come si evolvano e quale sia la relazione esistente tra due diversi angoli durante un movimento (Enoka 2008). Per fare questo
vengono utilizzati i grafici angolo-angolo (Cavanagh
1973) che solitamente mettono in relazione un angolo
relativo (compreso tra due segmenti corporei adiacenti) e un angolo assoluto di un segmento corporeo
(angolo relativo tra un segmento corporeo e un riferimento esterno al corpo). Lo scopo di tale analisi è
quello di valutare il comportamento di un segmento
corporeo in relazione ad un altro nello stesso movimento e nello stesso istante temporale. Di seguito
viene riportato un esempio di quanto detto svolto su
una giocatrice di pallacanestro durante l’esecuzione
di un tiro libero (dati personali elaborati con il software
Dartfish): l’angolo relativo analizzato è l’angolo al ginocchio e quello assoluto è l’angolo ascellare compreso tra il braccio propriamente detto e la verticale
passante per la spalla (Figura 13).
Figura 13 - Angolo assoluto e angolo relativo
Il tiro libero è una tecnica che risente molto della personalizzazione del gesto da parte dell’atleta (Mondoni
2002), ad ogni modo in linea di massima si compone
di due fasi principali: caricamento (gambe e braccia)
e spinta. Affinché la palla arrivi al canestro applicando
il minor sforzo necessario è importante che il movimento di gambe e braccia sia coordinato e simultaneo. Per valutare ciò basta quindi graficare
l’andamento rispettivo dei due angoli indagati e studiarne la forma. In questo esempio tutti gli angoli sono stati calcolati ogni 100ms partendo dal primo movimento del soggetto fino al punto di rilascio della palla
(Figura 14). Già dall’immagine in sequenza
dell’evoluzione degli angoli si notano ampiamente le
due fasi, una più lenta di preparazione e di caricamento che va dall’immagine 1 alla 10 e poi una più
rapida di spinta della palla fino al rilascio della stessa.
Il grafico angolo-angolo illustra meglio quanto avviene
reciprocamente tra i due angoli (Figura 15). Il grafico
risulta molto utile soprattutto per valutare se il movimento abbia una successione fluida e se gli angoli
lavorino in contro tempo o meno e in questo esempio
si possono addirittura distinguere tre fasi del movimento e non due: da 1 a 6 sollevamento della palla
sopra la testa mantenendo le gambe ferme, da 7 a 10
movimento solo delle gambe che si piegano e infine
11 e 12 spinta della palla. Questa successione potrebbe essere valutata come un errore perché la palla
resta molto tempo ferma sopra la testa senza che le
gambe si muovano, così facendo il gesto potrebbe
risultare “spezzato” e poco fluido.
Il grafico inoltre mostra anche le fasi più rapide e più
lente del movimento in quanto tra tutti i punti è presente un intervallo temporale costante di 100ms, per
cui una maggior vicinanza di due punti successivi indica un movimento lento, mentre una maggior distanza ne indica uno veloce. Si nota infatti che dal punto
10 al punto 12 gli spazi tra i singoli dati sono più dilatati indicando una apertura degli angoli corporei in
rapida successione.
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BIOMECCANICA
mali o non sufficientemente studiati, possa subire
danni o lesioni di tipo sia acuto che legati al sovraccarico funzionale (aspetto preventivo). La valutazione
biomeccanica applicata al gesto sportivo rappresenta
un punto di incontro e di fusione tra i fenomeni meccanici e quelli fisiologici che caratterizzano la prestazione sportiva.”
BIBLIOGRAFIA
1. Bosco C. La valutazione della forza con il test di
Bosco. Società Stampa Sportiva, Roma; 1990.
2. Cavanagh PR, Grieve DW. The graphical display
of angular movement of the body. Br J Sports
Med; 1973, 7:129-133.
3. Dal Monte A, Faina M. Valutazione dell’atleta.
Analisi funzionale e biomeccanica della capacità
di prestazione. UTET, Torino; 2000.
4. Enoka RM. Neuromechanics of human movement. 4th ed. Human Kinetics, Champaign; 2008.
5. Mondoni M. Basket e Biomeccanica. Edizioni
Libreria dello Sport, Milano; 2002.
ELAV JOURNAL Anno V Numero 19
MEZZI E METODI PER L’ANALISI DEL MOVIMENTO UMANO - SECONDA PARTE
Figura 14 - Successione di movimento degli angoli
Tiro libero
Figura 15 - Grafico angolo-angolo Tiro libero
A conclusione di questa breve introduzione a quelle
che sono le considerazioni basilari dell’analisi cinematica del movimento umano, si riportano le parole
del Prof. Dal Monte circa le sue considerazioni
sull’analisi biomeccanica del movimento umano (Dal
Monte 2000): “La valutazione biomeccanica ha come
obiettivo l’ottimizzazione del gesto sportivo, ricercando i movimenti più corretti ed economici […]. È evidente che tali ricerche devono tendere anche a evitare che l’atleta, per effetto di movimenti sbagliati, ano-
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ALIMENTAZIONE
VIVERE A LUNGO SAPENDO COSA MANGIARE:
BREVE RASSEGNA SUI PROCESSI DI INVECCHIAMENTO CELLULARE E LE STRATEGIE ALIMENTARI ANTIAGING
Di Di Tomaso Valentina
Nutrizionista, MEDINET, Università di Perugia
INTRODUZIONE
L’invecchiamento di successo è legato a numerosi
fattori, ma tutto inizia con la dieta, dal greco diaita, o
meglio con il significato insito nel termine: stile di vita.
Facendo riferimento alla cultura nipponica ishokudoghen esprime il concetto di “cibo come medicina”.
L’evoluzione dell’invecchiamento è data da una diversa interazione tra individui, assetti genetici e ambientali e stile di vita. I fattori genetici, non modificabili,
riguardano l’età, il sesso e la familiarità per alcune
malattie; quelli ambientali, modificabili, sono inerenti a
inquinamento o predisposizione di una certa area geografica a far aumentare l’incidenza di alcune patologie. Infine lo stile di vita, modificabile anch’esso, condiziona le possibilità di garantirsi quello che si definisce invecchiamento di successo.
LA TEORIA MITOCONDRIALE E LO STRESS OSSIDATIVO
Negli ultimi decenni sono state formulate diverse teorie per spiegare la biologia dell’invecchiamento, ma la
“teoria unificante” è riconducibile alla teoria mitocondriale.
I mitocondri sono organelli cellulari preposti alla respirazione cellulare e rappresentano la sede elettiva di
produzione dei radicali liberi. Il paradosso della vita
aerobica consiste nella valutazione che l’ossigeno pur
essendo essenziale per la vita, è allo stesso tempo
utilizzato da tutti gli organismi aerobi come accettore
finale di elettroni nelle catene respiratorie di ossidazione. Le specie reattive dell’ossigeno, ROS, in pratica radicali liberi che si formano per i meccanismi sopra descritti, sono coinvolti in una serie di processi a
cascata che comportano disfunzioni endoteliali a vari
livelli con conseguenti infiammazioni, trombosi e aterosclerosi. Il DNA rappresenta il bersaglio finale elettivo per i radicali liberi che si formano in seguito a numerosi stimoli esogeni ed endogeni causando il danneggiamento dello stesso.
In un organismo vivente, lo stress ossidativo (Le, Corsetti, Dehoff-Sparks, Sparks, Fujiwara, Abe, 2012) è
una condizione patologica causata dalla rottura
dell’equilibrio fisiologico fra produzione ed eliminazione, da parte dei sistemi di difesa antiossidanti, di specie chimiche ossidanti
Le sostanze antiossidanti hanno il potere di proteggerci dall’invecchiamento in quanto agiscono attraverso la neutralizzazione e l’azione preventiva rispetto
alla formazione dei radicali liberi. La loro azione diviene maggiormente necessaria durante le reazioni del
metabolismo ossidativo, che ovviamente risulta aumentato in particolari condizioni, compreso l’esercizio
fisico.
Gli antiossidanti (Tatewaki, Bhilwade, Nishida, Konishi, 2012) impediscono la formazione di specie reattive dell’ossigeno, e contemporaneamente sono in grado di rimuovere radicali liberi, catalizzatori metallici e
radicali organici. Si distinguono in esogeni ed endogeni, è molto importante imparare a bilanciarne
l’assunzione attraverso alimenti ed integratori per non
indebolire il sistema endogeno di produzione di antiossidanti.
GLI AGES: ADVANCED GLYCATION ENDPRODUCTS
L’invecchiamento cellulare è ulteriormente correlato
alla presenza degli AGEs, Advanced, Glycation Endproducts, che sono il prodotto di reazioni di glicazione
dovute sia agli alimenti in sé che ai metodi di cottura.
In alcune condizioni patologiche la formazione degli
AGEs si associa ulteriormente a stati di infiammazione preesistenti, causando un aumento consistente
dello stress ossidativo a carico dello stesso individuo.
Gli AGEs (Goldin, Beckaman Schmidt, Creager,
2006) possono essere più o meno reattivi rispetto agli
zuccheri da cui si formano inizialmente. Essi sono
assorbiti dall’organismo durante il processo digestivo
con un’efficacia del 30%. Molte delle nostre cellule,
quali quelle endoteliali, localizzate su fegato, rene e
polmone esprimono il RAGE, recettore per gli AGEs.
Quando avviene il legame specifico si favorisce
l’innesco di processi di infiammazione cronica strettamente correlati all’età dell’individuo oltre che alla presenza di una condizione diabetica. Nel complesso lo
stato di ossidazione (Glenn, Stitt, 2009), in condizioni
di buono stato di salute, e l’incidenza dannosa provocata dagli AGEs è proporzionato all’intake alimentare
degli stessi. Il livello di glicazione ulteriormente amplificato dal consumo di fruttosio e galattosio.
ELAV JOURNAL Anno V Numero 19
VIVERE A LUNGO SAPENDO COSA MANGIARE
IL RUOLO DELL’INSULINA
L’insulina è stata definita l’ormone dell’abbondanza
delle sostanze nutritive. Quando l’apporto di tali sostanze è elevato, l’insulina fornisce il segnale che orienta verso l’accumulo delle sostanze nutritive in eccesso e allo stesso tempo impedisce la mobilizzazione di preesistenti riserve energetiche. Il suo principale
effetto è quindi anabolico. I principali organi bersaglio
sono il muscolo scheletrico, il tessuto adiposo e il fegato.
L’accumulo di grasso è maggiormente favorito in presenza di carboidrati ad alto Indice Glicemico, che rappresenta appunto la velocità con cui aumenta la glicemia in seguito all’assunzione di un certo quantitativo
dell’alimento contenente 50gr di carboidrati, misurato
entro due ore dall’ingestione.
In realtà negli ultimi anni l’insulina è interpretata come
acceleratore dell’invecchiamento, ruolo legato anche
alla sua capacità intrinseca di influenzare altri sistemi
ormonali, bloccandone o riducendone l’attività. Agisce
riducendo il GH, anabolico ed il glucagone, catabolico, e ha influenze anche sul metabolismo dei lipidi,
rispetto alla produzione di colesterolo e trigliceridi e
alla stimolazione del sistema nervoso simpatico.
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ALIMENTAZIONE
La resistenza insulinica (Fernadez-Figares, Lachica,
Martin, Nieto, Gonzalez-Valero, Rodriguez-Lopez,
Aguilera, 2012) si sviluppa dapprima a carico delle
cellule muscolari interessando poi gli epatociti, ciò
comporta una minore sensibilità cellulare a insulina e
zucchero che provoca un maggior deposito di grasso
corporeo. Man mano che le cellule grasse diventano
resistenti, i livelli glicemici aumentano, stimolando il
pancreas a produrre insulina, sviluppando una condizione nota come iperinsulinemia, che ha notevoli ripercussioni negative sulla salute con relativa promozione dell’invecchiamento cellulare.
ALIMENTAZIONE ANTI-AGING
Dall’osservazione delle popolazioni centenarie, partendo dall’isola di Okinawa in Giappone fino alle zone
interne della nostra penisola, è stato possibile verificare l’adeguatezza di alcune scelte alimentari a garanzia di un invecchiamento di successo.
L’importanza della tematica è tale da aver previsto la
formulazione di un decalogo che descrivesse
l‘alimentazione anti-aging. La possibilità di rallentare
l’invecchiamento cellulare e indicare le strategie migliori per un invecchiamento di successo testimoniano
la convergenza del lavoro di numerosi centri di ricerca
in questo ambito.
Si tratta di raccomandazioni rivolte all’intera popolazione:
• riconoscere e rispettare la propria potenzialità
genetica, limitando le cattive abitudini alimentari
che provocano un’amplificazione dell’espressione
dei geni coinvolti nei processi di invecchiamento
• elaborare un regime ipocalorico da non confondere con una dieta dimagrante, è ormai noto che
l controllo del peso sia un fattore chiave in direzione antiaging
• promuovere la prevalenza della massa magra
rispetto a quella grassa, valutando i valori di composizione corporea
• equilibrare la produzione delle sostanze bioumorali chiave dell’invecchiamento, GH, IGF-1, insulina, glucagone, cortisolo, Dhea
• protezione del DNA dai danni causati dallo stress
ossidativo
• mantenere ideali i valori del pH dell’ambiente intra ed extracellulare, un’acidificazione dei fluidi
cellulari si riscontra nelle condizioni di invecchiamento precoce
• mantenere stabile l’omeostasi delle funzioni fisiologiche e di tutto ciò che necessita alla stessa
rigenerazione cellulare.
CONCLUSIONI
Alcuni semplici accorgimenti da adottare sin
dall’infanzia possono aiutarci ad affrontare l’esistenza
e la vecchiaia con serenità e vigore. Le situazioni limite consistenti nella denutrizione o obesità sono entrambe condizioni da scongiurare. Il fabbisogno di tutti
i nutrienti indispensabili, proteine, carboidrati ma soprattutto vitamine e minerali, deve essere coperto e
valutato rispetto alle necessità legate allo stato fisico,
all’età, allo stato clinico.
L’invecchiamento “a tavola” è causato fondamentalmente da quattro eccessi: glucosio, insulina, cortisolo
e radicali liberi, a rafforzare il concetto che
un’alimentazione basata esclusivamente sul calcolo
calorico sarebbe fortemente riduttivo. Il mantenimento
di un buono stile di vita, di cui le scelte alimentari ne
rappresentano solo un aspetto, ha un’enorme importanza rispetto alla pianificazione di una vera e propria
strategia rivolta all’invecchiamento di successo.
APPLICAZIONI PRATICHE
Sul piano qualitativo i nutrienti che maggiormente favoriscono l’optimum cellulare e che quindi garantiscono un invecchiamento di successo i minerali come
calcio, ferro e zinco e alcune vitamine (A, B1, B2, C,
D, E, Folati). Tra le vitamine, quella con maggiore
azione antiossidante è la Vitamina E, ma non è da
sottovalutare il potenziale antiossidante di selenio,
flavonoidi, licopene, rasveratrolo, acido alfa-lipoico,
ubichinone.
Evidenziando un semplice elenco di alimenti utili
all’invecchiamento di successo dobbiamo ricordare:
frutta e verdura in genere, con particolare attenzione
alla polpa di pera per i suoi comprovati benefici
sull’umore e al pompelmo per la sua attività antiossidante. Oli vegetali ad esclusione di quelli tropicali,
alimenti integrali di cui è comprovata la rintracciabilità
di filiera che stimolano la metilazione e contrastano la
glicazione.
È ovviamente consigliato il consumo di pesce, soprattutto se pescato in mari non inquinati, l’utilizzo di yogurt e latte fermentato, di soia e di tutti i prodotti da
essa derivati. Infine sarebbero da preferire alimenti
privi di antibiotici, ormoni , conservanti e additivi.
Rispetto alle bevande è da preferire la scelta per il the
verde, il the bianco, l’”exclusive jasmine tea”, e il the
Oolong, senza dimenticarsi che è fondamentale mantenere buoni livelli di idratazione di base attraverso il
consumo di acque preferibilmente a basso residuo
fisso.
ELAV JOURNAL Anno V Numero 19
VIVERE A LUNGO SAPENDO COSA MANGIARE
BIGLIOGRAFIA
1. Fernández-Fígares I., Lachica M., Martín A.,
Nieto R., González-Valero L., Rodríguez-López
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conjugated linoleic acid on insulin sensitivity, protein and fat metabolism of obese pigs. Animal;
2012,
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doi:
10.1017/
S1751731111002308.
2. Goldin A., Beckman J.A., Schmidt A.M., Creager
M.A. Advanced glycation end products: sparking
the development of diabetic vascular injury. Circulation; 2006, 114 (6): 597–605. doi:10.1161/
CIRCULATIONAHA.106.621854.
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3. Glenn J., Stitt A. The role of advanced glycation
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doi:10.1016/
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ALIMENTAZIONE
j.bbagen.2009.04.016. PMID 19409449.
4. Le N.T., Corsetti J.P., Dehoff-Sparks J.L., Sparks
C.E., Fujiwara K., Abe J. Reactive Oxygen Species, SUMOylation, and Endothelial Inflammation.
Int J Inflam; 2012, 678190. Epub 2012 Sep 6
5. Tatewaki N., Bhilwade H.N., Nishida H., Nakajima Y., Konishi T. Manipulation of DNA damage
checkpoint signaling in cancer cells by antioxidant biofactor (AOB). Food Funct; 2012, Sep 19.
[Epub ahead of print]
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VIVERE A LUNGO SAPENDO COSA MANGIARE
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NEWS
ALIMENTAZIONE
ELAV JOURNAL Anno V Numero 19
NEWS A CURA DI Gabriele Rossi
VALUTAZIONE DI PRODOTTI CEREALI SELEZIONATI COME FONTE DI TIAMINA E NIACINA NELLA DIETA.
LA DIETA MEDITERRANEA E LA DENSITÀ OSSEA IN DUE GRUPPI DI DONNE.
Nella dieta dovrebbe essere consigliata la presenza
di prodotti cereali poco lavorati che contengono elevati livelli di fibre e vitamina B, così come prodotti a
basso apporto glicemico. La migliore fonte di tiamina
e la niacina deriva da alimenti a base di grano che
contribuiscono ad un apporto energetico equilibrato
per il corpo, al sistema nervoso, e alla circolazione e
così come sembrano sostenere anche il funzionamento degli enzimi nel corpo umano, in qualità di cofattori. Obiettivo: Lo scopo di questo studio è quello di
determinare e valutare la concentrazione di tiamina e
la niacina nei cereali. In questo studio sono stati utilizzati undici tipi di pasta e riso. Tiamina e la niacina
sono stati determinati nella loro forma libera. Durante
il processo analitico ci si è avvalsi di tecniche quali
l'idrolisi acida e tecnica enzimatica. E’ stato poi applicato il metodo HPLC con raggi ultravioletti per la determinazione di tiamina e la niacina. Il contenuto di
tiamina è stata determinata dalla lunghezza dei 254
nm e niacina onde 258 nm di cereali vari. I risultati
ottenuti indicano che la migliore fonte di tiamina e
niacina è il riso selvatico mentre il contenuto più basso è stato registrato nella pasta arricchita di vitamine.
L’analisi dei prodotti cereali è caratterizzata da un
contenuto variabile delle vitamine testate. La quantità
più significativa di vitamina B è stata misurata nel riso. Questi dati mostrano che la fonte più ricca di tiamina e niacina è il riso selvatico.
Czaja J, Lebiedzińska A, Dawidowska A, Panasiuk K,
Szefer P.
Rocz Panstw Zakl Hig. 2012;63(2):187-92.
Abbiamo ipotizzato, e misurato con il Mediterranean
diet score (MDS), che seguire un regime di dieta Mediterranea abbia effetti benefici sulla densità ossea
(BMD). Per convalidare questa tesi è stato scelto un
gruppo di donne provenienti dal sud della Spagna. I
soggetti sono stati raggruppati in due grandi gruppi: il
primo gruppo composto da donne in età riproduttiva
(premenopausa, pre-M) e il secondo gruppo composta da donne in postmenopausa (post-M). Il consumo
di frutta e verdura è stato correlato in maniera significativa con i livelli di BMD in entrambi i gruppi. Nel
gruppo pre-M, il rapporto di lipidi è risultato associato
in maniera significativa con i livelli di BMD mentre nel
gruppo di donne post-M con il consumo di frutta secca. Dopo l’implementazione delle analisi di covarianza è stato riscontrato una relazione lineare tra MDS e
BMD in tutti i soggetti. I nostri risultati indicano che
una dieta variata basata sui pattern della dieta Mediterranea potrebbe essere utile per la prevenzione dell’osteoporosi.
Rivas A, Romero A, Mariscal-Arcas M, Monteagudo
C, Feriche B, Lorenzo ML, Olea F.
Int J Food Sci Nutr. 2012
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NEWS
BIOMECCANICA
ELAV JOURNAL Anno V Numero 19
NEWS A CURA DI Gabriele Rossi
LA MODELLIZZAZIONE 3D MUSCOLO SCHELETRICA DEGLI ESERCIZI PER L’ALLENAMENTO
DEGLI ADDOMINALI.
GLI EFFETTI DELLA COMPRESSIONE DEGLI ARTI INFERIORI SULLA PERFORMANCE DI SPRINT
DI 400 METRI.
Lo scopo di questo studio è stato quello di valutare i
benefici e i limiti dell’utilizzo della modellizzazione
muscolo scheletrica 3D per la valutazione della sicurezza e dell’efficacia delle macchine utilizzate per l’allenamento dei muscoli addominali. Sono stati studiati
3 casi antropometrici che rappresentano il 5° percentile femminile, il 50° percentile maschile e il 95° percentile maschile. I risultati indicano che il LefeModeler
™ è in grado di risolvere le simulazioni dinamiche in
avanti senza necessità di aggiustamenti. La modellizzazione è stata in grado d’indicare l’alto rischio d’infortunio alla schiena mentre erano eseguiti degli esercizi per gli addominali (crunch) a causa di un elevato
carico intervertebrale durante l’esercizio. I soggetti di
piccole dimensioni, come i bambini o le donne minute, potrebbero non trarre giovamento dall’utilizzo della
abdominal crunch machine, poiché, quest’ultima potrebbe avere un impatto negativo sulla postura e sulla
tecnica d’esecuzione dell’esercizio. Il contributo dei
muscoli flessori dell’anca nell’esecuzione dell’esercizio, nel 5° percentile delle donne, è stato considerevole, riducendo così l’efficacia dell’esercizio nell’isolare la muscolatura addominale.
Nolte K, Krüger PE, Els PS, Nolte H.
J Sports Sci. 2012
Lo scopo di questo studio è stato quello di analizzare
gli effetti dei capi di abbigliamento compressivi (degli
arti inferiori) sulla prestazione di sprint di 400 metri.
Alla ricerca hanno partecipato undici runner (23.7 ±
5.7 anni, 1.78 ± 0.08 m, 75.3 ± 10.0 kg) che hanno
svolto sei prove sulla distanza di 400 metri in occasioni separate. I soggetti hanno completato 2 prove con
capi di diversa lunghezza e diversa tipologia di compressione. Durante la corsa è stato registrato il tempo
totale, i parziali ogni 100 metri, la frequenza cardiaca
e lo sforzo percepito. Sono state svolte delle analisi
sui valori di lattato ematico, e sul comfort percepito.
L’analisi statistica non ha rilevato differenza nelle condizioni di prova dei 400 metri, nei parziali rilevati ogni
100 metri, mentre nelle concentrazioni di lattato ematiche, sebbene c’è stata una tendenza all’aumento
del tasso di clearence del lattato nel sangue quando
si indossano gli indumenti compressivi. È stato osservato un tasso di sforzo percepito minore durante le
prove con indumenti compressivi tra la caviglia e il
bacino rispetto al gruppo che non indossava questo
tipo di pantaloni. Il presente studio ha dimostrato che
la compressione, attraverso indumenti specifici, degli
arti inferiori potrebbe avere degli effetti sulla sensazione di fatica percepita dagli atleti durante uno sprint
di 400 metri, anche se non sono state registrate delle
variazioni nella performance.
Faulkner JA, Gleadon D, McLaren J, Jakeman JR.
J Strength Cond Res. 2012 May
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NEWS
FITNESS E SALUTE
ELAV JOURNAL Anno V Numero 19
NEWS A CURA DI Gabriele Rossi
LA SUPPLEMENTAZIONE CON BICARBONATO DI
SODIO AUMENTO LA RESISTENZA AD ESERCIZI
PER L’IPERTROFIA.
LA MODIFICAZIONE DI CATEGORIA DI BMI È ASSOCIATA AD UNA MODIFICAZIONE DEI VALORI
DI FITNESS CARDIOVASCOLARE.
Lo scopo di questo studio è stato quello di esaminare
gli effetti del bicarbonato di sodio NaHCO3 sulla muscolatura delle gambe, durante l’esecuzione di esercizi per l’ipertrofia con sovraccarichi (HRE). Alla ricerca,
a doppio cieco, hanno partecipato 12 atleti che hanno
ingerito, 0,3g kg (-1) di NaHCO3 o di placebo, 60 minuti prima dell’inizio della sessione di allenamento
HRE. Il protocollo prevede l’esecuzione di una serie
di esercizi: squat, leg press, estensione del ginocchio,
con quattro serie da 10-12 ripetizioni e breve recupero tra le serie. La performance è stata valutata attraverso il numero totale di ripetizioni compiute in ciascun esercizio, dal totale complessivo e dal test di
performance (ad esaurimento) eseguito al termine
delle 4 serie. È stato prelevato un campione di sangue arterioso capillare per poter analizzare i valori di
pH. La supplementazione ha indotto uno stato alcalino considerevole e ha permesso di compiere un maggior numero di ripetizioni rispetto al placebo. Queste
prove dimostrano l’efficacia ergo genica del NaHCO3
durante l’esecuzione di HRE e suggeriscono lo svolgimento di ulteriori indagini per valutare le implicazioni
croniche di quest’assunzione.
Carr BM, Webster MJ, Boyd JC, Hudson GM, Scheett
TP.
Eur J Appl Physiol. 2012
Lo scopo di questo studio è stato quello di verificare,
in un gruppo di bambini, le modificazioni percentili del
body mass index (BMI) e dei livelli di fitness cardiovascolare (CVF). Sono stati misurati i valori di altezza e
peso seguendo una procedura standardizzata. I valori
di CVF sono stati misurati utilizzando la corsa a navetta sulla distanza di 20 metri. Le modificazioni del
percentile di BMI sono state raggruppate in 5 gruppi:
aumento di una categoria di BMI, rimasto obeso, rimasto sovrappeso, rimasto normopeso e diminuzione
di una categoria di BMI. I dati sono stati analizzati
separatamente per genere, etnia razziale, educazione
dei genitori e modificazione della fase puberale. I giovani (maschi e femmine) che hanno diminuito il loro
gruppo di BMI hanno ottenuto dei miglioramenti maggiori dei parametri CVF, rispetto ai soggetti che sono
rimasti obesi o hanno aumentato il loro livello di BMI.
Questa relazione rappresenta una piccola percentuale della varianza. Rimanere obeso è stato associato a
dei valori basali di BMI maggiori. Le modificazioni della categoria di BMI sono state correlate in maniera
maggiore con i 6 gradi di valore della BMIz-score rispetto alle modificazioni dei livello di CVF. Una preesistente adiposità potrebbe inibire le modificazioni
adipose, perciò il miglioramento dei valori di CVF deve essere proposto prima dell’inizio della scuola media.
Baranowski T, Chen TA, Mendoza JA, O'Conno T,
Baranowski J, Jago R.
Med Sci Sports Exerc. 2012
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NEWS
RIABILITAZIONE E POSTUROLOGIA
ELAV JOURNAL Anno V Numero 19
NEWS A CURA DI Gabriele Rossi
EFFETTI DI UN TRIGGER POINT MIO FASCIALE
LATENTE SUI VALORI DI FORZA DEL TRAPEZIO.
IL CARICO DEL LEGAMENTO CROCIATO DURANTE GLI ESERCIZI DI RIABILITAZIONE.
Lo scopo di questo articolo è quello di determinare se
la forza sia in grado di alterare nel trapezio la presenza di trigger point miofasciali latenti (MTrP). Questo
studio è un caso controllato. Il campione reclutato è
omogeneo per età, sesso, altezza e massa corporea.
I partecipanti sono stati valutati per la presenza di
MTrP latenti nel trapezio superiore e divisi di conseguenza in due gruppi: un gruppo sperimentale con
MTrP latente e un gruppo di controllo senza. Diciotto
donne (età media 21,4 anni, SD 1,89; altezza media
156,9 centimetri, SD 4.03; e media di massa corporea
51.7 kg, SD 5.84) hanno costituito il gruppo sperimentale e 19 donne (età media 20,3 anni, SD 1,86, altezza media 158,6 cm, SD 3.14; e media di massa corporea 53,2 kg, SD 5.17) costituivano il gruppo di controllo. Sono state rilevate delle misure di forza dell’arto non dominante utilizzando un dinamometro e comparando i risultati tra i due gruppi. Le differenze nelle
misure di forza tra i due gruppi non sono state statisticamente significative (p=0,59). La presenza di MTrP
potrebbe non influenzare la forza del trapezio.
Doraisamy MA, Anshul.
Physiother Can. 2011
Le lesioni del legamento crociato sono comuni e possono portare a disfunzioni se non riabilitate. Conoscere come varia il carico sul legamento crociato anteriore e posteriore subito dopo l’intervento aiuta i medici
a prescrivere degli esercizi di riabilitazione sicuri ed
efficaci. Gli esercizi comunemente prescritti includono
sia esercizi con carico che senza carico. Questa review è stata scritta per riassumere e aggiornare le
conoscenze presenti in letteratura sul carico del legamento crociato anteriore durante gli esercizi comunemente utilizzati con finalità terapeutiche. In generale
gli esercizi weight-bearing producono un carico ridotto
sul legamento crociato anteriore e posteriore rispetto
a quelli non weight-bearing. Il carico del legamento
crociato anteriore è minore ad alti gradi del ginocchio
(50-100 gradi). Il legamento crociato posteriore è meno sollecitato ad angoli del ginocchio ridotti (0-50 gradi). La tipologia di esercizi e la variazione della tecnica incide sul carico del legamento crociato, perciò il
medico dovrebbe prescrivere degli esercizi terapeutici
per caricare in modo progressivo il carico sul legamento, garantendo la sicurezza nella riabilitazione e
un recupero ottimale dell’apparato muscoloscheletrico.
Escamilla RF, Macleod TD, Wilk KE, Paulos L, Andrews JR.
Proc Inst Mech Eng H. 2012
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NEWS
SPORT
ELAV JOURNAL Anno V Numero 19
NEWS A CURA DI Gabriele Rossi
EFFETTI DELLA FREQUENZA DI ALLENAMENTO
SUL VALORI DI FITNESS FISICO NEI GIOVANI
TENNISTI.
UN METODO DI COMPARAZIONE PER QUANTIFICARE IL CARICO DI ALLENAMENTO DURANTE
DEI CALCIATORI PROFESSIONISTI.
Lo scopo del presente studio è stato quello di verificare se la frequenza di allenamento determini modificazioni dei livelli di fitness fisico e di accumulo di massa
grassa nei tennisti maschi in età prepuberale (TP).
Alla ricerca hanno partecipato 24 TP (10,6 anni) e 17
ragazzi fisicamente attivi. È stata eseguita una scansione della composizione corporea (DXA), una valutazione della performance di salto (SJ e CMJ) e un test
di corsa sulla distanza di 30 metri. I giocatori di tennis
sono stati suddivisi in 2 gruppi (TP5 che si allenano 5
volte a settimana, n=14; TP2 che giocano 2 volte a
settimana, n=10). Rispetto ai gruppi TP5 e TP2 i soggetti del gruppo di controllo sono risultati più grassi
(23-28%) e con una maggiore adiposità addominale
(42-43%) e nelle gambe (13-19%). Il VO2 relativo è
stato maggiore nei gruppo TP5 e TP2 (15-12% rispettivamente) rispetto al gruppo di controllo. Confrontati
con il gruppo di controllo, TP5 e TP2 hanno saltato
più alto e corso più veloce nel test di velocità (30 metri). Sono stati riscontrati dei valori simili, nei due
gruppi di tennisti, di VO2max, altezza di salto, e tempo
di corsa nello sprint. Giocare a tennis 2 volte a settimana nel periodo prepubere è associato ad un aumento della potenza aerobica e riduce l’adiposità totale e locale (addome e gambe) rispetto ai coetanei
non attivi. Giocare 5 giorni a settimana aggiunge dei
piccoli miglioramenti. I TP hanno registrato valori migliori nei test di salto e di sprint rispetto al gruppo di
controllo.
Sanchis-Moysi J, Dorado C, Arteaga-Ortiz R, Serrano-Sanchez AJ, Calbet JA.
J Sports Med Phys Fitness. 2011
Lo scopo di questo studio è quello di confrontare diverse misure del carico di lavoro (TL), derivate da
valori fisiologici (frequenza cardiaca – HR), sforzo
percepito (RPE) e fisiche (rilevate attraverso l’utilizzo
del GPS e di accelerometri), durante una sessione di
allenamento di calciatori professionisti. Alla ricerca
hanno partecipato quindici calciatori professionisti
(età: 24,9 ± 5,4 anni, di massa corporea: 77,6 ± 7,5
kg, altezza: 181,1 ± 6,9 cm) e sono stati monitorati
durante 97 sedute di allenamento. Sono state calcolate le misure della distanza totale percorsa (TD), del
volume di attività a bassa intensità (LSA <14,4 km/h),
corsa ad alta velocità HSR, >14,4 km/h) e sprint
(VHSR > 19,8 km/h), e player load™, della frequenza
cardiaca e del RPE. Le misure fisiche della TD, del
volume di LSA e del player load™ sono state correlate in maniera significative (r = 0.71-0.84; P < 0.01)
con HR e RPE. Il volume di HSR e VHSR ha mostrato delle correzioni ampie (r = 0.40-0.67; P < 0.01) con
le misure di carico interno. Concludendo mentre il
volume di HSR e VHSR ha fornito delle correlazioni
con il TL interno, le misure di performance fisica il
volume della LSA e il player load™ sembrano essere
degli indicatori più validi per la valutazione del TL
esterno, a causa della loro maggiore correlazione con
tutte le misure del carico interno.
Scott BR, Lockie RG, Knight TJ, Clark AC, Janse de
Jonge X AK.
Int J Sports Physiol Perform. 2012
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NEWS
UTILITA’ DALLA SCIENZA
ELAV JOURNAL Anno V Numero 19
NEWS A CURA DI Gabriele Rossi
EFFETTO DEL RAMADAN SULLA REPEATED
SPRINT ABILITY.
I MARKERES DI FITNESS BIOLOGICI COME PREDITTORI DELLA MORTALITÀ.
Questo studio ha esaminato gli effetti del Ramadan
su una serie di repeated sprint ability (RSA) e delle
corrispondenti variazioni di performance durante il
giorno. Alla ricerca hanno partecipato dodici maschi
allenati che hanno eseguito un test di RSA (5x6 s di
sprint massimali ogni 30 secondi con 24 secondi di
recupero passivo) durante il giorno e il pomeriggio. I
test sono stati ripetuti prima del Ramadan (BR), durante la seconda (R2) e la quarta (R4) settimana di
Ramadan, e due settimane dopo la fine del Ramadan
(AR). È stata misurata la massima forza di contrazione volontaria (MCV) prima (MCVpre), immediatamente dopo (MVCpost) e 5 minuti dopo il termine del test
di RSA (MCVpost5). Il picco di potenza (Ppeak) durante le prove di RSA è diminuito nei 5 sprint. Il Ppeak misurato nel primo sprint e MCVpre è stato più
basso durante il Ramadan che BR nel pomeriggio,
con tempi maggiori nel pomeriggio rispetto alla mattina. Tuttavia questa ritmicità diurna non è stata riscontrata negli ultimi 4 sprint in tutte le sessioni. Concludendo, durante il Ramadan, l’affaticamento è maggiore nel pomeriggio, quindi, l’allenamento dovrebbe essere previsto nel momento della giornata in cui la prestazione fisica ne risente in misura minore.
Aloui A, Chaouachi A, Chtourou H, Wong DP, Haddad M, Chamari K, Souissi N.
Int J Sports Physiol Perform. 2012
All’interno della Helsinki Birth Cohort, è stato dimostrato che gli uomini che all’età di 7 anni erano alti,
hanno vissuto di 5 anni di più rispetto agli uomini che
alla stessa età erano invece bassi. Il presente lavoro
analizza altre due variabili che sembrano essere associate alla durata della vita: il fatto di avere dei figli e
i risultati scolastici. E’ stato ipotizzato che l'alta statura, la capacità di avere figli, e ad alto livello di istruzione riflettano tre aspetti dell’adattamento biologico che
vengono acquisiti durante lo sviluppo. Metodi: Sono
state esaminate tutte le possibili cause di mortalità in
6.975 uomini e 6.370 donne nati a Helsinki dal 1934
al 1944, di cui sono stati registrati la crescita durante
l’infanzia, il numero di figli, e il livello di istruzione.
Risultati: Appare che nel gruppo delle donne, a differenza di quello che accade per gli uomini, il fatto di
essere state alte da bambine non pare associato alla
durata delle vita. Invece, sia gli uomini che le donne
che hanno avuto figli vivevano più a lungo rispetto a
quelli che non ne hanno avuti. Nel gruppo delle donne, il fatto di avere figli è legato ad una vita più longeva solo nei casi in cui il loro indice di massa corporea
era aumentata tra il 2 e 11 anni. Avere un elevato
livello di istruzione, è legato ad una prospettiva di vita
più lunga in entrambi i sessi. Pare proprio che indipendentemente dallo status socio-economico della
popolazione, avere un elevato livello di istruzione protegge l’individuo garantendogli una vita più lunga. Gli
uomini e le donne che hanno avuto figli e hanno raggiunto l’università, hanno vissuto 16 anni in più rispetto a quegli individui che non hanno avuti figli e che
hanno avuto solo un livello base di istruzione. Conclusione. Suggeriamo che le associazioni tra avere figli,
livello di istruzione, e la durata della vita riflettono due
aspetti diversi di adattamento biologico che vengono
acquisiti durante il primo sviluppoEriksson JG, Kajantie E, Lampl M, Osmond C, Barker
DJ.
Ann Med. 2012 Sep 4.
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ELAV JOURNAL Anno V Numero 18
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