772 PROTAGONISTI DELL’INTERVENTO PUBBLICO tuto registrare soltanto una vittoria parziale, con l’acquisizione nella Stet delle altre due concessionarie private, ma non dell’azienda di Stato. Come è noto, nei due decenni successivi alla scomparsa di Romoli, il sistema italiano delle telecomunicazioni, malgrado l’enorme progresso sul piano tecnologi co, flOfl ha fatto molti progressi sul piano de1l’unitariet, che quindi ancor oggi è un problema aperto e oggetto di aspre polemiche. Per questo motivo, la biografia di «un grande ser vitore dello Stato», come ebbe a definirlo Luigi Einaudi in una sua famosa «predica della domenica», non è soltanto un im pegno storiografico dovuto all’opera di Romoli, ma forse pu essere utile a rintracciare stimoli per la soluzione di problemi di grande attualità. AGOSTINO ROCCA (1895-1978) di Paride Rugafiori Nato a Milano il 25 maggio 1895, si laurea ingegnere industriale elettro tecnico presso il Politenico di Milano. Assunto dalla Dalmine nel 1922, diventa nel 1925 ingegnere capo delle fabbricazioni e brevetta importanti processi tecnici. Nel 1926 inizia in qualità di ispettore tecnico la propria collaborazione con la Banca commerciale italiana: nel 1929 esce dai ruoli della Dalmine e passa all’ufficio tecnicoindustriale della Comit. Segretario del Comitato per la siderurgia bellica speciale (1934), ammi nistratore delegato dell’Ansaldo (1935-1945), della Siac e della Terni (19351938), amministratore delegato (1935) e direttore generale (1938) della Dalmine, ricopre, dal 1938 al 1940, la carica di direttore generale della Fin sider. Dimessosi da ogni incarico nel 1945, lascia l’italia nel 1946: muore in Argentina il 17 febbraio 1978. 1. La formazione tecnico-imprenditoriale Che dirigenti e imprenditori industriali, con l’eccezione di alcuni, isolati casi, non abbiano attirato fino a tempi recenti l’interesse e l’impegno di ricerca degli storici, è fatto risaputo e incontestabile, parte di un più generale e grave ritardo della storiografia italiana nei confronti dello studio dell’industria. Ri tardo che non è possibile giustificare se non con l’essere stato, il nostro, paese di «seconda industrializzazione». E tuttavia, nel caso di Agostino Rocca, una qualche ragione plausibile può es sere portata a parziale giustificazione di una carenza protrattasi a lungo e in via di superamento da non più di due anni a questa 720 PROTAGONISTI DELL’INTERVENTO PUBBLICO Vede, caro amico, dove mi ha trascinato, molto oltre i limiti abituali di una lettera e del mio mestiere proprio il mio sentimento di direttore di banca verso i miei depositanti! Ad un discorso che è troppo lungo, sebbene sia anche troppo sommario! Anzi in definitiva non e che un sommario, di cui molti punti andrebbero sviluppati e altri vi andrebbero aggiunti: p. es. controllo dei prezzi, prezzi politi ci, tesseramento differenziato, importanza capitale di una corretta impostazione dei negoziati pei prestiti esteri ecc. Ma prima di tutto occorre chiarire le premesse. — GUGLIELMO REISS ROMOLI (1895-1961) dz Bruno Bottzglzeri — Mi creda, con cordiali saluti, Suo R. Mattioli Nato a Trieste il 12 aprile 1895, compie gli studi classici presso il liceo Dante Alighieri della stessa città. Irredentista militante, aderisce al movimento nazionalista di Federzoni e combatte come volontario durante la prima guerra mondiale. Assunto nel 1919 dalla Banca italiana di sconto, passa successivamente alla Banca nazionale di credito e alla Banca commerciale italiana. Quale <‘mandatario generale<> di quest’ultima si occupa del riordino dell’Italgas (1930-31) e, nei due anni successivi, in qualità di tecnico finanziario della Sofindit, contribuisce al riasetto del gruppo Sip e all’istituzione della Stet. Nel 1930, nominato direttore della filiale della Banca commerciale di New York, parte per gli Stati Uniti dove rimane sino al 1942. Rientrato in Italia nella speranza di poter essere «discriminato», è poi costretto a vivere in c1andestinit. Dopo la Liberazione viene nominato con sigliere d’amministrazione dell’Ufficio cambi (agosto 1945) e direttore ge nerale della Società torinese esercizi telefonici (gennaio 1946), alla cui guida rimarrà fino alla morte, avvenuta a Milano il 25 aprile 1961. 1. Alla «scuola» dei grandi salvataggi industriali degli anni trenta Nel 1914 l’associazione fra gli irredenti iscriveva tra i suoi aderenti un triestino appena diciannovenne, Willy Reiss, fi glio di un agiato commerciante israelita oriundo galizian&. Il ‘stesura di questo saggio è stata consentita dalla cortesia e liberalità dimostrata dalla Stet, che ha agevolato in tutti i modi l’autore nel suo lavoro di ricerca di ma teriale documentario di prima mano. La sensibilità verso le esigenze della ricerca storico-economica dimostrata dai responsabili della Stet costituisce un esempio di cultura industriale che non sempre è dato incontrare nel nostro paese. L’auto- 722 PROTAGONISTI DELL’INTERVENTO PUBB LICO giovane aveva frequentato fino al 1913 il ginn asio-liceo Dante Alighieri di Trieste e in quel crogiolo di irredenti aveva matu rato saldi sentimenti di italianità. Iscritto alla faco ltà di legge dell’università di Padova, allo scoppio della guer ra mondiale Willy Reiss si sottrae agli obblighi di leva del suo paese d’origi ne e si arruola invece nell’esercito italiano, nel 1° regg imento granatieri di 2 Sardegna dove, poco dopo, si arruola anche il , fratello Giorgio in qualità di medico. Gli anni di guerra lascia no un segno incancellabile nel giovane tries tino, che ora ha preso il nome italiano di Guglielmo Reiss Romoli. Nel maggio 1917, nelle trincee del Carso, mentre è al comando di una compagnia di granatieri, è ferito gravemente alle gambe dalle schegge di una granata; quello stesso giorn o viene ucciso il fratello che lo ha sostituito in prima linea. Entr ambi vengono decorati con la medaglia 1 d’argento . Non paiono fuori luogo questi cenni all’esperienza di guer ra di un futuro protagonista dell’inter vento economico pub blico, poiché proprio recentemente, tra gli stori ci, si è iniziato a porre nella giusta luce l’importanza dell’esperienz a di com battenti nella prima guerra mondiale (prima come volontari e poi, per molti di loro, anche come organizzatori delle asso re vuole pertanto ringraziare per la sua disponibilità il vice presidente della Stet, dott. Carlo Cerruti e inoltre il dott. De Sano e il dott. Rebba. Utili testimo nianze sono state offerte all’autore dal dott. Ernesto Manuelli, dal dott. Maffei e dalI’av v. Brancato, ex collaboratori di Reiss Romoli, e dal prof. Mario Einaud i, verso cui sono debitore di numerose precisazioni sul periodo americano di Reiss Romoli. ‘Notiamo che all’Archivio centrale di Stato (d’ora in avanti Acs), in un fonogram ma della prefettura al ministero degli interni Direzione genera le PS., Guglielmo Reiss compariva come «soldato arruolato presso l’S 1° reggimento fanteria’. Acs, Ministero dell’intmw Direzione generale PS. 1915, fascicolo Reiss Guglie blica sicurezza aveva aperto un fascicolo riservato e aveva esegui lnw. La pub to accertamenti su Reiss Romoli come per tutti i giovani austriaci riparat i in Italia. Dalla docu mentazione conservata all’Archivio di Stato, risulta comun que che le indagini sul giovane studente triestino erano state interrotte dopo pochi mesi in seguito alle attenzioni di fiducia provenienti dalla presidenza della Società nazionale Dante Alighieri di Roma e dalla Associazione degli irredentisti. ‘G. Salvi, Rievocazione di Guglielmo Reiss Romoli, Giornata della Lega nazionale, 30 ottobre 1971; E. Manuelli, Guglielmo Reiss Romoli (1895-1961). Appunti per un ritrat to, in «Studi piemontesi”, marzo 1976. A. Spaini, Ritratt o di un costruttore, conversa zione radio del 25 maggio 1961. Altri interventi comme morativi dai quali abbia mo tratto alcuni dati biografici sono contenuti nel supple mento al «Bollettino» della Scuola superiore G. Reiss Romoli, n. 3, aprile 1976. Va infine ricordata la Predica della domenica» del 30 aprile 1961 che Luigi Einaudi dedicò all’amico Reiss Romoli alcuni giorni dopo la sua scomp arsa. - - GUGLIELMO REISS ROMOLI 723 ciazioni degli ex combattenti) tra i fatto ri che accomunano la vita giovanile di molti tra i principali protagoni sti dell’impresa pubblica italiana. Accanto a Reiss Romoli si possono infatti citare i nomi di Alberto Beneduce, Donato Menichella, Arturo Osio, Oscar Sinigaglia, Agostino 4 Rocca Sarebbe troppo sem . plice liquidare questo elemento comune com e la conseguenza di un dato generazionale, sia per il numero eccessivo di coin cidenze, sia soprattutto per la provata matrice nazionalistica che muoverà gran parte delle azioni di questi uomini quando saranno a capo di importanti aziende a partecipazione statale. Per questa generazione di manager la parola «pat riota» non suonava anacronistica e retor ica come può apparire oggi gior no, bensì si ricollegava ad alcun e scelte ideali giovanili che rimarranno nel carattere e nel modo di agire successivo. In questo senso, il passaggio dalla difesa degli interessi dell’italia sui campi di battaglia alla difesa sul pian o della azione econo mica, appare un’evoluzione logica e ricca di potenzialità. Al termine della guerra Romoli è assunto alla Banca italia na di sconto, quindi passa alla Banca nazionale di credito. Nel 1929, allo scoppio della grande crisi, lavora alla Banca commer ciale italiana, che lo distacca per circa un anno, in qualità di commissario straordinario, all’Aziend a comunale di elettricità, gas e acqua cli Trieste. Il funzionario di banca Romoli ha ormai acquisito una notevole esperienza in campo finan ziano, la gui da di una società lo arricchisce perciò di doti manageriali più complessive che ne fanno un uomo prezioso nelle difficili con tingenze economiche in cui sta entrando il paese. Il suo primo rilevante incarico strettamente legato alla crisi economica degli anni trenta e alla stagione dei grandi salvataggi che con essa si aprirà, relativo alla riorganizzazione del grup po Italgas per conto della Banca commerciale italiana. Nel 1930 -31, quindi, Romoli è a Torino con il compito di risanare le finanze di una società di cospicue dimensioni e di grande prest igio. P. Rugafioni, I gruppi dirigen ti della siderurgia «pubblica tra gli anni trenta e gli anni sessanta, in Acciaio per l’industrializzazione, a cura di F. Boneili, Tonno, Einaudi, 1982, pp. 337-368. Cfr., in questa stessa opera, le biografie di A. Beneduce, A. Rocca, O. Sinigaglia, A. Osio. Sul diretto re generale della Banca nazionale del lavoro, Arturo Osio, numerose inform azioni sono contenute nel volume di V. Castronovo, Storia di una banca. La Banca nazionale del lavoro e lo sviluppo economico italiano 1913-1983,Torino. Einsiirli 1Q5’ (n,,rr’ ..-u..;.-..-.—.’------ 725 PROTAGONISTI DELL’INTERVENTO PUBBLICO GUGLIELMO REISS ROMOLI L’Italgas era una antica società torinese (era stata fondata nel 1856) che aveva registrato un impetuoso sviluppo duran di salvataggio e riorganizzazione attuata dal neonato Istituto per la ricostruzione industriale . Le particolareggiate relazioni 7 te la guerra con le sue produzioni nel campo degli esplosivi. Negli anni venti, sotto la guida spregiudicata di Rinaldo Pan zarasa, la società aveva esteso enormemente il suo campo di intervento nei settori minerari, dei medicinali, dei coloranti, dei fertilizzanti e in numerose altre attività chimiche, divenen do la capogruppo di alcune decine di società anonime. Dopo il 1925, anche l’ex direttore de «La Stampa» Frassati aveva in vestito nell’Italgas notevoli capitali, mentre la società parteci pava con sempre maggior consistenza alle attività finanziarie dei gruppi elettrici e segnatamente quello di gran lunga più . Sip Con le prime ripercussioni del importante a Torino, la 5 la crisi economica, il carattere prevalentemente speculativo e l’assenza di solide basi finanziarie delle attività del Panzarasa vennero immediatamente alla luce, mettendo repentinamente l’Italgas alle soglie del tracollo, con gravi ripercussioni sulla sulla condizione finanziaria e strutturale delle concessionarie telefoniche del gruppo Sip, sulle quali lavorò nel 1933 il pre 724 Comit che ne aveva finanziato gran parte delle iniziative. 11 risanamento della società torinese venne awiato fin dal 191 e si concluse nell’autunno cli due anni dopo con lacquj sizione delle azioni Italgas da parte di un gruppo di investitori torinesi raccoltisi attorno a Frassati. Tutta l’operazione era sta ta seguita dalla Sofindit (la società che aveva rilevato le parte cipazioni azionarie Comit come primo passo della gigantesca operazione di salvataggio che darà vita all’In), che in questa occasione ottenne l’appoggio finanziario dell’Imi. Non è stato possibile rintracciare notizie sul preciso contributo di Reiss Romoli, ma esso dovette essere rilevante considerato che egli giunse all’Italgas nello stesso periodo in cui dalla società usciva il finanziere Panzarasa, le cui attività erano state all’origine del tracollo. Nel 1932, quindi, Romoli fa capo alla Sofindit e nel 19? gli viene affidato un incarico ancor più delicato e importante: la sistemazione e lo scorporo delle partecipazio , ossia la prima rilevante operazione 6 ni telefoniche della Sip V. Castronovo, Storia delle regioni dall’unitd a oggi. Il Piemonte, Torino, 1977, pp. 387 e 411. Sulle origini della Sofindit si vedano: G. Mori, Il capitalismo industriale in Italia, 6 Roma, 1977, pp. 251-312; G. Toniolo, Prima fase dello snzobilizzo pubblico delle «ban che miste», in «Economia pubblica, n. 10, 1977, pp. 403-417, Sullo smobilizzo delle azioni ltalgas al gruppo Frassati si veda E Cesarini, Alle origini del credito sidente dell’In, Alberto Beneduce, per elaborare lo scorporo e l’istituzione della finanziaria di settore, erano firmate da Ro moli e contenevano più di una indicazione già orientata verso la soluzione adottata successivamente dal Beneduce . 8 Sul sistema telefonico italiano all’epoca dell’intervento di Romoli gravavano assieme vizi originari e speculazioni recenti. Tra la fine dell’Ottocento e i primi del Novecento il servizio te lefonico aveva avuto uno sviluppo nel complesso modesto ma piuttosto confuso; all’inizio degli anni venti la maggior parte del servizio nei grandi centri era gestito dallo Stato, mentre coesistevano molte decine di società private che gestivano in concessione numerose piccole reti. Nel 1925 il regime fascista aveva riorganizzato il servizio in cinque grandi zone, ripnivatiz zandone però la gestione, a esclusione del servizio interurbano interregionale affidato a un’azienda di Stato. Le cinque zo ne vennero date in concessione trentennale alle società Stipel (Piemonte e Lombardia), Telve (Italia nord-orientale), Timo (Emilia Romagna, Marche, Abruzzi e Mouse), Teti (Ligunia, Toscana, Lazio, Sardegna), Set (Italia meridionale). La formula di concessione adottata nel 1925 era nel com plesso piuttosto vantaggiosa per le società, le quali ben presto vennero inglobate da alcuni grandi gruppi finanziari del pa ese. In particolare la Sip aveva acquisito il controllo delle tre telefoniche centro-settentrionali Stipel, Telve e Timo. Queste società per6, come tutto il gruppo Sip, subirono gravemen te gli effetti della crisi economica e delle spenicolate gestioni finanziarie dei loro amministratori. Nel 1932, Stipel, Timo e Telve avevano debiti rispettivamente per 550, 156 e 105 milioni a fronte di capitali sociali di 200, 50, 42 milioni. Negli ambienti industriale in Banca e industria fra le due guerre, voi. 11, pp. 117-122; A. Castagnoli, La crisi economica degli ann, trenta in Italia: il caso della Sip, in Rivista di storia con temporanea», n. 3, 1976, pp. 321-346. Suli’economia italiana negli anni trenta si vedano: V. Castronovo, La storia econo 7 mica, in Storia d7talia, voi. P Torino, Einaudi, pp. 296-350; L’economia italiana nel periodo fascista, a cura di PI. Civera e G. Toniolo, Bologna, Il Mulino, 1976. “Acs, Iii (1933-54), Serie nera, Sistemazione gruppo Sip Attività telefoniche. - 727 PROTAGONISTI DELL’INTERVENTO PUBBLICO GUGLIELMO REISS ROMOLI finanziari piemontesi era opinione comune che senza un tem pestivo salvataggio da parte di privati o da parte dello Stato, per le tre società non vi erano più possibilità autonome di usci re dalle difficoltà. Nell’estate del 1932 un gruppo di imprendi tori piemontesi, capeggiati dall’amministratore delegato della Ceat, Virginio Tedeschi, tentò l’acquisizione delle società tele foniche della Sip, intessendo fitti rapporti con la Banca d’Italia e gli ambienti di Palazzo Venezia. L’operazione tuttavia non venne conclusa e di conseguenza l’anno successivo il salvatag gio delle telefoniche rientrò nel più complesso intervento di . 9 salvataggio della Sip Nel 1933 la Sip costituiva, percR, uno dei più cospicui im tuzione di una finanziaria di settore, cui l’In delegava alcune sue funzioni di coordinamento e di guida, rappresentò un tipo di soluzione particolarmente idoneo ad affrontare la riorganiz zazione di comparti economici omogenei caduti in mano pub blica; la Stet pertanto fu una specie di modello cui l’Iri fece successivamente riferimento per costituire altre finanziarie di settore, pur con i necessari adattamenti imposti dalle diversità dei comparii industriali volta per volta coinvolti. 726 mobilizzi bancari cui doveva far fronte l’In nella sua opera di salvataggio delle grandi banche miste del paese. La Sip infatti risultava esposta per oltre un miliardo verso la Banca commer ciale italiana e ditale debito una quota consistente derivava dal dissesto delle telefoniche. Perciò all’In, prima ancora di af frontare il problema Sip nel suo complesso, si decise lo scorpo ro di un gruppo di partecipazioni assai omogeneo come quello telefonico, le cui aziende presentavano, malgrado tutto, buo ne prospettive di risanamento e redditività. Il 21 ottobre 1933 venne così deciso di costituire la Società toninese esercizi tele fonici, Stet, con capitale azionario di 400 milioni, sottoscnitto per intero dall’In. Il capitale della Stet fu interamente costi tuito in gestione speciale a favore dei portatori di una serie di obbligazioni (la «serie speciale gestione Stet>) emesse dall’In con la garanzia dello Stato. Le obbligazioni partecipavano ai dividendi attribuiti alle corrispondenti azioni Stet di proprietà dell’In ed erano convertibili in ogni momento in azioni Stet. In tal modo Beneduce correggeva l’iniziale intendimento del governo all’integrale smobilizzo delle telefoniche, riservandosi la facoltà di decidere se e a chi cedere il controllo azionanio di . Ri 10 un settore di pubblico interesse come quello telefonico Stet l’elevata della qualificanti fattori tra i sempre mase tuttavia l’isti Inoltre, sociale. presenza di azionisti privati nel capitale 2. Alla guida dellenzia Comit di New York Nel 1935 la direzione della Banca commerciale italiana in via Romoli a dirigere l’agenzia di New York. Qui egli giunge preceduto dalla fama di «grande liquidatore» per l’opera com piuta alla Sofindit’. E in effetti è probabile che l’uomo fosse stato scelto proprio per l’abilità mostrata a risolvere alcune tra le più complesse situazioni finanziarie dei primi anni trenta. Infatti da Milano gli venne affidato l’incarico di liquidare, nel modo più indolore possibile, le banche americane possedute dalla Comit e che da alcuni anni erano una continua fonte di perdite. Si trattava delle Banca Commerciale Trust Companies (più brevemente Bicitrust) di New York, Boston e Filadelfia, le quali svolgevano un’attività bancaria rivolta in particolare alle comunità italo-americane. Le operazioni più redditizie delle tre Trusts concernevano la raccolta e la trasmissione in Italia delle rimesse degli emigrati (soltanto quella di New York ne raccoglieva circa 30 milioni di lire l’anno) e le speculazioni sui titoli delle società americane. La grande crisi dei mercati finanziari americani dei primi anni trenta aveva evidentemen te colpito le banche della Comit, le quali scontavano, in pri mo luogo, il loro sostanziale sottodimensionamento rispetto alle dimensioni minime imposte dalle nuove condizioni del mercato dei capitali, in secondo luogo, le perdite ricorrenti dovute alle «oscillazioni del valore dei titoli americani». La li quidazione delle Bicitrusts poneva alla Comit dei seri problemi °Acs, Segreteria particolare del duce. Carteggio ordinario, fasc. 133678. Sulle origini del la Stet si veda B. Bottiglieri, Stet. Strategie e struttura delle telecomunicazioni, Collana Ciriec di storia d’impresa, Milano Angeli, 1987. ‘<L’istituto per la ricostruzione industriale, l’in, Torino, 1956, voi. III, Origini, ordina menti e attività svolta, pp. 22-24; A. Castagnoli, op. cit., p. 332 Ss. economici e di immagine esterna. Romoli, in una relazione inviata a Mattioli nella primavera del 1937 in cui valutava tutti “Testimonianza dell’avv. Brancato. 728 GUGLIELMO REISS ROMOLI PROTAGONISTI DELL’INTERVENTO PUBBLICO gli aspetti del progetto di liquidazione, osservava opportuna mente che bisognava evitare di dare l’impressione che l’istitu to cominciasse a «ritirarsi dal campo estero». E per far ciò era necessario che nella procedura di liquidazione non apparis se l’intenzione di attuare una «liquidazione pura e semplice» delle Bicitrusts, bensì «accentuare il fatto che una gran parte degli affari finora gestiti dalle Trusts verrà ripresa e continuata dall’agenzia» della Comit di New York. Se non si fosse riusciti in quest’opera a giudizio di Romoli c’era il rischio di compro mettere il giro d’affari e gli stessi interessi dell’agenzia. Ov viamente questo disegno incontrava un limite insormontabile nella legislazione bancaria americana fattasi oltretutto più severa dopo i tracolli dei primi anni trenta che vietava alle agenzie di banche estere la raccolta di depositi e lo svolgimen . 12 to di operazioni fiduciarie Romoli prospettava quindi diverse ipotesi di soluzione del problema, elencandone attentamente vantaggi e svantaggi. In ogni caso, qualunque ipotesi fosse poi stata adottata, egli sugge riva a Mattioli un’opera preventiva e riservata di sensibilizzazione e informazione presso le maggiori banche americane con cui la Comit intratteneva rapporti d’affari e con le autorità banca rie americane e italiane. Per quanto concerneva le ipotesi di li quidazione, Romoli descriveva in primo luogo quella di minore portata economica, e che sembrava minimizzare i rischi massi mizzando i vantaggi: ridurre le dipendenze della Bicitrust di New York (che era di gran lunga la più importante delle tre Trusts) da cinque a una sola, ed esattamente quella della Sixth Avenue. Questa soluzione avrebbe consentito di conservare la parte mi gliore della clientela senza gravare sulla tesoreria dell’agenzia Comit, considerato che l’attività della banca si sarebbe finanziata con i fondi raccolti in loco. Inoltre, in tal modo egli prevedeva di conservare circa il 75 per cento del lavoro in rimesse dagli emi granti. Tutto ciò eliminando la fonte di perdita maggiore che, secondo le indagini di Romoli, risiedeva «nella ipertrofla dell’uf — — »Archivio storico della Banca commerciale italiana (d’ora in avanti Ascomit), Cartella Mattioli, Corrispondenza con Romoli, fascicolo vendita Trusls (1938-39). Col go l’occasione per ringraziare il senatore Leo Valiani e il prof. De Cleva che mi hanno gentilmente concesso di consultare le carte relative a Reiss Romoil conte nute nell’Archivio Comit ancora in fase di ordinamento. 729 ficio centrale», che era stato sempre resistente ai diversi tentativi di razionalizzazione attuati negli anni precedenti. La seconda ipotesi prevedeva la liquidazione totale anche della Bicistrust di New York. In questo caso, data la vivace con correnza nel campo delle rimesse, Romoli prevedeva di perde re tra l’80 e il 90 per cento delle rimesse solitamente facenti capo alla Trnst di New York. A tale perdita egli proponeva di porre parziale rimedio stipulando degli accordi con altre ban che, verso le quali ci si impegnava a indirizzare la clientela della Bicitrust qualora esse avessero destinato alla Comit una parte delle rimesse così raccolte. Per quanto riguardava i depositi, la liquidazione della licitrust poneva ostacoli insormontabili a un loro passaggio all’azienda, in quanto l’attività di deposito non era più consentita alle agenzie estere dalla normativa ban caria degli Stati Uniti. Non era infatti ipotizzabile riadottare la finzione giuridica usata fino al 1923, quando la raccolta di depositi in lire tra gli italo-americani era mascherata dal rilascio ai depositanti di una tratta a valere sulle filiali italiane dell’isti tuto, anziché di un regolare libretto di deposito. Questa pratica era stata tollerata dalle autorità americane fino alla metà degli anni venti, ma essa era stata poi dichiarata illegale anche per ch si era rivelata dannosa agli interessi degli istituti di credito americani. Non a caso quella svolta nella politica bancaria era stata tra i fattori che avevano promosso la fondazione di Trust Companies negli Stati Uniti da parte di molte banche europee. Anche per quanto riguardava i depositi, a giudizio di Romo li, si poteva ridurre parzialmente il danno stipulando accordi con altre banche e in particolare egli avanzava la proposta di rivolgersi al Banco di Napoli Trust Company. Romoli preve deva infine che i tempi per concludere tutta l’operazione di liquidazione sarebbero giunti fino al 1939. La previsione verrà confermata nei fatti e Romoli dedicherà gran parte della sua permanenza negli Stati Uniti a perfezionare l’importante compito. Tuttavia, quando esso ormai si avviava a conclusione ed erano state liquidate le pendenze di maggior ti lievo, l’inizio della guerra in Europa creò nuovi motivi di tensio ne per l’agenzia di New York della Comit e per il suo direttore. Ascomit, Fascicolo vendita Trusts (1938-39), Vantaggi e svantaggi della liquidazione 13 di Bicitrusts. Fin dal febbraio 1939, con l’accentuarsi della tensione poli tica internazionale, Mattioli telegrafava a Romoli di verificare il fondamento delle notizie che allora circolavano negli ambienti finanziari su un eventuale blocco degli averi italiani negli Sta ti Uniti. Romoli confermava tali notizie, ma specificava che i provvedimenti in fase di studio dell’autorità americana riguar davano particolarmente la Germania. L’informazione era giun ta a Romoli da una fonte che egli giudicava «ottima» e che, inoltre, aveva aggiunto altri particolari. Secondo tale fonte il progetto di legge di blocco degli averi tedeschi in America era stato archiviato salvo serie complicazioni della situazione in Europa in seguito a un intervento dell’incaricato d’affari del la Germania, ma allo stesso tempo si era accentuata la tendenza a «ottenere quietamente gli stessi risultati attraverso le sentenze . Per 14 di tribunali o provvedimenti di legge dei singoli Stati» questo motivo Romoli continuava a prestare la massima vigilan za sui mutamenti legislativi del paese in cui agiva. Il colloquio telegrafico che abbiamo descritto sintomatico del clima vissuto dai suoi protagonisti e che andrà progressiva mente peggiorando nei mesi successivi. Le reazioni di Romoli e di Mattioli, a mano a mano che gli avvenimenti precipitavano e rendevano difficile l’attività dell’agenzia Comit di New York, appaiono però non sempre in sintonia. Influiva certamente la diversità cli carattere dei due uomini, ma ancor di più la di . Matdoli, al posto di comando 11 versa situazione in cui agivano della direzione di Milano, poteva valutare assai più freddamen te le conseguenze della guerra per la Comit, Romoli invece era e si sentiva molto di più in «prima linea», in una situazione di grande precarietà. Ad esempio, nel settembre 1989 egli avverti tempestivamente Mattioli della proclamazione in America del lo «stato di national emergency» e dei provvedimenti restrittivi verso le banche tedesche presi dal governo degli Stati Uniti, e fece intendere chiaramente di prevedere presto un prov vedimento analogo per gli istituti italiani. Dopo il subitaneo momento di preoccupazione, Romoli ripose tutta la sua abilità affinché le vicende politiche internazionali non incrinassero la — — ‘<Ascomit, Cartella Mattioli corrispondenza con Romoli, fascicolo lettere dall’i settembre 1939 al 31 dicembre 1940 e telegrammi dall’ 11 febbraio 1939 al 23 febbraio 1939. Cfr., in questo stesso volume (pp. 653-700), la biografia di R. Mattioli. 5 < 731 GUGLIELMO REISS ROMOLI PROTAGONISTI DELL’INTERVENTO PUBBLICO 730 fiducia del mercato finanziario americano verso la Comit, e in un primo tempo riuscì a ottenere successi lusinghieri, al pun to da poter comunicare il 22 settembre a Mattioli che i broker di New York collocavano ancora agevolmente le accettazioni della Comit. In ottobre-novembre l’attività dell’agenzia di New York appariva però molto più difficoltosa e in particolare si intensificavano i controlli severi del Banking Department. In tali circostanze Romoli accelerava pertanto la vendita del por tafoglio titoli e si muoveva già secondo un’ottica, di chiusura dell’attività, non sempre accolta da Mattioli . 16 All’inizio del 1940, Mattioli, sulla scorta delle informazioni provenienti da Romoli, fa preparare un promemoria sulla si tuazione dell’agenzia di New York e sulle possibili conseguenze dell’ingresso in guerra dell’Italia. I redattori del promemoria giudicarono che l’entrata in conflitto dell’Italia non avrebbe portato a un blocco degli averi italiani, e a questa conclusione giungevano sulla base di quanto aveva deciso il governo de gli Stati Uniti nei confronti degli averi scandinavi in occasio ne dell’occupazione di questi paesi da parte della Germania, quando il blocco degli averi era stato deciso al fine di «pre vent them from falling into hands of persons not entìtled to them», ossia per proteggere gli aventi diritto dei paesi invasi. Condizione questa che non riguardava evidentemente l’Ita lia. Ma questa singolare interpretazione (che «dimenticava» la collocazione politica dell’Italia a fianco della Germania) era seccamente contestata da Romoli, il quale avvertiva a ragione come si vedrà la sede Comit di Milano di «ritenere inoltre probabile che si procederebbe al bioccamento degli averi di tali paesi (ossia dei paesi ulteriormente coinvolti nel conflitto) qui e dei loro cittadini a fronte degli impegni verso gli Stati Uniti (linee Eximbank, obbligazioni anche se finora al corren te col pagamento degli interessi, debiti in genere) »17. Con l’entrata in guerra dell’Italia Romoli si apprestò a li quidare le attività dell’agenzia Comit di New York e dalla fit tissima corrispondenza in cifra intrattenuta con Mattioli in — — ‘<Ascomit, Carldlla Mattioli corrispondenza con Romoli, Lettere di Romoli a Mattioli del 22 settembre 1939 e del 10 ottobre 1939. Ascomit, Cartella Mattioli corrispondenza con Romoli, fascicolo <Congelamento’ 7 ‘ 1939-40, Promemoria 15 maggio 1940. 733 PROTAGONISTI DELL’INTERVENTO PUBBLICO GUGLIELMO REISS ROMOLI questo periodo (seconda metà 1940 primi mesi del 1941) emerge il suo frenetico lavoro, qua e là inframmezzato da accenti critici verso l’atteggiamento da «ordinaria amministra zione» che sentiva provenire ancora da Milano, quasi che la direzione centrale non si rendesse conto del pericolo immi nente di un congelamento d’autorità dei fondi dell’agenzia da parte del governo degli Stati Uniti. A seguito delle conti nue pressioni provenienti da Romoli per avere precisi indi rizzi di condotta, e che a Milano, con un p0’ di superficialità, erano attribuite al suo eccessivo «pessimismo», Mattioli de cise di chiarire senza ambiguità il suo punto di vista: il mas simo responsabile della Comit comunicò a Romoli di essere convinto «della inutilità di ricercare travestimenti per i nostri dollari». Infatti, continuava Mattioli, «mentre da un punto di vista sostanziale, tutte le alternative che ci si offrono per mascherare i nostri dollari rappresentano un indebolimento della nostra posizione in quanto ci legano alle vicende di economie meno solide di quella nordamericana e bisognose comunque di capitali esteri praticamente, nel caso che si ve rifìchi un blocco anglopanamericano nei confronti del resto del mondo, quelle divise anche così mascherate non possono servirci né per acquisti nei paesi panamericani, per la pratica impossibilità di importare, né per acquisti nei paesi europei, per la impossibilità di utilizzare la divisa a loro favore. Tutto il problema si risolverebbe in un rischio di cambio, che appa re maggiormente tutelato se lasciamo bloccare i nostri fondi negli Stati Uniti, anziché scegliere un altro, più costoso «frigi daire». E bensì vero che, in caso di un’estensione del conflitto quei fondi sarebbero soggetti a misure di sequestro. Si tratta, tuttavia, di un provvedimento cli guerra, che non annulla i nostri diritti di proprietà, che potremo far rivalere al termine . 8 delle ostilità su una somma sfilata in dollari” Il lucido ragionare di Mattioli aveva il pregio di non conce dersi debolezze dettate dal frenetico clima bellico che ormai si respirava in tutto il mondo, e di intuire che comunque fossero andate le cose la moneta statunitense sarebbe rimasta la più solida in circolazione, ma esso denunciava anche una certa sot tovalutazione della gravità del conflitto in atto e, perlomeno, una previsione errata sulla durata (si veda quel suo cenno alla possibilità di far valere i diritti Comit al termine del conflitto). Errore, invece, che Romoli non commetteva, forse perché il suo angolo visuale di New York e i pericoli che correva per sonalmente, gli consentivano di vedere la reale gravità delle vicende che avrebbero sconvolto il mondo. Pochi mesi dopo, con le dichiarazioni di guerra fra l’Italia e gli Stati Uniti, Romoli venne internato nella prigione di Ellis Island come «nemico pericoloso» ed evitò il peggio per inter vento di alcuni amici; soltanto nel maggio 1942 rientrava in Italia nel primo scambio con cittadini americani sorpresi in Italia dallo scoppio delle ostilità. La scelta di rientrare in Ita lia quando le sorti della guerra già si iniziavano a intravedere e le leggi razziali erano attuate con particolare accanimento, sorprese e preoccupò gli amici di Romoli e appare, a tutt’oggi, piuttosto difficilmente spiegabile se non attribuendola a un forte sentimento nazionalista mai spento dagli anni della pri ma guerra mondiale. 732 — — — “Ascomit, Corri5pondenza doti. Maitioli (1928-1970), fascicolo 553, comunicazione telefonica del 18 febbraio 1941, promemoria del 10 febbraio 1941, telegrammi del 6 marzo 1941. 3. 11 rientro in Italia e l’insediamento alla guida della Stet Giunto in Italia Reiss Romoli vi trova operative le leggi raz ziali. Inizia per il dirigente della Comit, che pure si era da tem po convertito al cattolicesimo, il periodo più difficile della sua vita. Forte del suo passato di combattente decorato della prima guerra mondiale e di fede fascista «fin dal marzo 1919», Romoli spera di aggirare la discriminazione razziale introdotta dal re gime presentando domanda di arruolamento volontario al suo reggimento, il 1 granatieri. A tal fine interessò della sua pratica anche il principe ereditario. Malgrado l’autorevole appoggio, fin dal luglio del 1942 Mussolini aveva scritto di suo pugno un «No/M.» sulla domanda di Romoli, al quale invece era stato riferito che il «duce aveva acconsentito, ma si era riservato di fissare l’epoca del procedimento». Passando i mesi inutilmente e con l’aggravarsi della persecuzione razziale, nel febbraio 1943 Romoli fece un secondo tentativo mediante il vice presidente 734 735 PROTAGONISTI DELL’INTERVENTO PUBBLICO GUGLIELMO REISS ROMOLI della Reale accademia d’Italia Giancarlo Vallauri’°. La lettera di raccomandazione che quest’ultimo invia al segretario di Musso lini, De Cesare, dimostra l’affetto e la stima profondi di Vallauri per Romoli, ma non è sufficiente a sbloccare la determinazione di Mussolini . I due anni successivi sono perciò un periodo di 20 vicende fortunose che conducono Romoli a nascondersi presso amici e in particolare presso un sacerdote cattolico, per evitare l’internamento e il campo di sterminio. Non meno amari, tuttavia, si rivelarono i primi mesi del dopoguerra, quando parve che anche lui, come altri ex alti dirigenti di azienda del periodo fascista, non avrebbe più tro rapporto negli anni trenta attraverso i figli Mario e Roberto, conosciuto ai tempi della Sofìndit) prevale lo sconforto per la propria situazione e per quella del paese, aggravata da un clima politico che impediva di utilizzare le migliori energie di epurazione, il bisogno di tecnici e manager divenne ben il primo durante la permanenza negli Stati Uniti, il secondo alla Soflndit) e il sospetto che dietro l’offerta di una carica che giudica «onorifica», vi fosse una «mefistofelica pensata di Raf faele Mattioli dato che vi sarebbe incompatibilità» tra essa e un . 22 eventuale rientro alla Comit A parte questi dissapori con Mattioli, a favore di uomini come Romoli, dotati di elevata capacità professionale in cam i gravissimi problemi dell’economia po finanziario, giocavano italiana dell’immediato dopoguerra. A mano a mano che il commissariamento di impronta politica, attuato nella mag gior parte delle imprese, rivelava limiti oggettivi per il rilancio dell’economia nazionale e venivano ridimensionati i propositi vato unoccupazione adeguata alle capacità professionali pos sedute. In alcune lettere all’amico Agostino Rocca ’ (che aveva 2 presto assillante. Il problema riguardava in particolare le azien de a partecipazione statale e tra esse la quota di gran lunga più importante che faceva capo all’In con i suoi gravi problemi di riconversione e risanamento finanziario. Come è noto, infatti, professionali e in cui uomini come Rocca ed egli stesso appa rivano accantonati: «da più di tre anni peggio che esule in pa l’In aveva subito danni di guerra relativamente più elevati del tria» scriveva Romoli all’amico. Rocca suggerì di espatriare, e resto della struttura economica e in esso gravavano più che altrove esuberanza di manodopera e insufficienze finanziarie. Non stupisce pertanto che, verso la fine del 1945, ai vertici Romoli, nel luglio 1945, afferma di averci pensato seriamente potendo oltretutto contare su solide amicizie negli Stati Uniti, ma aggiungeva «di non aver l’animo di lasciare questa Italia perché sarebbe per sempre». «Posso lasciare le ossa di mio fra tello e dei miei compagni migliori?» concludeva Romoli nella lettera a Rocca. Particolari amarezze gli derivarono dalla freddezza con cui lo accolse il vertice della Comit. Mattioli fece trascorrere molti mesi senza rispondere alle richieste di Romoli per un nuovo incarico nella banca. Quando, il 1 agosto, giunge da parte di Luigi Einaudi la nomina a consigliere di amministrazione dell’Ufficio italiano cambi, Romoli è combattuto tra la rico noscenza che sente di dovere a Einaudi (con cui era stato in ‘>Vallauri aveva conosciuto assai bene Romoli fin dal 1930-31 a Torino dove egli svolgeva la sua attiviti accademica a stretto contatto con la Sip, di cui nel 1933 divenne presidente. 20 Segreteria particolare del Duce. Carteggio ordinario, fascicolo n. 550820, Reiss Acs, Romoli. Su Agostino Rocca si veda ora, F. Bonelli, A. Carparelli e M. Pozzobon, La nfor ma siderurgica In tra autarchia e mercato (1935-42), in Acciaio per l’industrializzazione, cit., pp. 217-334. dell’In, si pensasse a un uomo come Romoli per andare a oc cupare la massima carica operativa direttore generale al — — la Stet, ossia la finanziaria del settore telefonico che proprio l’azione di Romoli, nel 1933, per conto della Sofindit, aveva . 20 contribuito a costituire All’indomani della guerra la Stet è una finanziaria dotata di un capitale sociale di 400 milioni ed è, come all’atto del I, la sua costituzione, prevalentemente impegnata nel controllo delle tre concessionanie telefoniche Stipel, Telve e Timo, oltre 12 Luigi Einaudi, Archivio Agostino Rocca, buste 67.36 e 67.45, lettere di Fondazione Reiss Romoli del 22 luglio e 18 agosto 1945. Ascomit, Dott. Mattioli. Corrisbondenze (1928-70), Romoli dal 10 gennaio 1941, lettera di Romoli del 20 agosto 1945. >‘Dalle mie ricerche d’archivio non risulta alcun intervento diretto di Romoli a favore di tale incarico; tantomeno vi furono da parte sua manovre tese a far timuovere il direttore generale della Stet, Patrizi. Vi è invece più di una prova che la decisione di rimuovere quest’ultimo era già nelle intenzioni del vertice In sulla base delle indicazioni emerse durante la gestione commissariale. Si vedano in particolare i riferimenti alla relazione del commissario contenuti nei primi verba li del consiglio di amministrazione del dopoguerra (citati d’ora in poi con Vca). 736 737 PROTAGONISTI DELL’INTERVENTO PUBBLICO GUGLIELMO REISS ROMOLI che in alcune società minori come la Seat, la Seta, la Saiat e la Scintifia. I danni dovuti alle attività militari non erano stati molto consistenti per la Stipel e per la Telve (rispettivamente il 5 e il 10 per cento della consistenza degli impianti all’inizio della guerra), mentre costituivano un serio problema per la Ti mo (35 per cento), che aveva visto svolgersi nella propria area di concessione gran parte delle operazioni belliche. Se quin di l’entità complessiva dei danni non appariva drammatica, narie, le quali avevano anch’esse subito perdite per 35, 24 e 37 . 24 milioni, rispettivamente per Stipel, Telve e Timo Questo che abbiamo descritto sinteticamente era il quadro complessivo di un gruppo di primo piano nella gestione di un servizio sempre più vitale all’economia e che Romoli si ac cingeva a guidare nel 1946, in sostituzione del dottor Vittorio Patrizi che aveva ricoperto la carica di direttore generale dal 1937. Non sorprendono quindi le parole con cui il presidente l’opera di ricostruzione imponeva egualmente il superamento della Stet, Ugo Bordoni, propose la candidatura di Romoli al di gravi ostacoli. In primo luogo, quello dell’approvvigiona mento dei materiali, il quale si scontrava con le difficoltà delle industrie interessate alle produzioni telefoniche, del sistema consiglio di amministrazione, parole che sottolineavano prima di tutto le sue particolari competenze finanziarie sia in campo nazionale che internazionale. Bordoni non accennò invece al dei trasporti e del commercio estero; in secondo luogo, i gra vi problemi finanziari ereditati dalla guerra. La ricostruzione ruolo svolto da Reiss Romoli nella fase costituente della Stet e che pure costituiva il bagaglio di conoscenze principali cui materiale doveva altresì misurarsi con le necessità di ammo dernamento di molti impianti e con l’aumento della domanda del servizio che già si stava registrando nel paese. Il problema finanziario risaliva invece prevalentemente allinadeguatezza delle tariffe telefoniche a confronto col repentino aumento dei costi dei materiali e del lavoro. Tra il 1954 e il 1946, a un aumento medio del costo dei materiali per impianti telefonici di circa 70 volte si contrapponeva un aumento delle tariffe sol tanto di 6 volte. Assai pesante si presentava anche la situazione relativa alle spese per il personale. Le assunzioni obbligatorie imposte alle società del gruppo Stet, come a tutte le imprese del paese, avevano accresciuto l’occupazione del 18% in poco più di un anno, portando l’incidenza delle spese per il perso nale sul costo complessivo del servizio dal 32,3% del 1940 al 73,5% nel 1946. All’interno di questo incremento di spesa, stavano anche gli incrementi salariali ottenuti nei primi me si del 1946, ma gravava soprattutto il balzo senza precedenti degli oneri indiretti, che rappresentavano oramai circa il 30% dell’intero costo del lavoro. Le due conseguenze più gravi di quest’insieme di circostan ze erano rappresentate dalla riduzione di produttività, caduta a 41,6 apparecchi installati per addetto contro i 49,8 del 1940, e l’impossibilità, nel 1945 e nel 1946-47, di effettuare ammor tamenti, con effetti negativi sulla dotazione di impianti. Per tanto il primo esercizio finanziario della Stet del dopoguerra si chiude con una perdita di 22 milioni, dovuta alla mancata distribuzione di dividendi da parte delle tre società concessio dovrà ricorrere il nuovo direttore generale per bene districare . 25 la grave situazione finanziaria della società Romoli avvia senza indugi l’opera di risanamento e rilancio. La sua attività sul piano finanziario e della riorganizzazione delle strutture della società, realizza risultati così rapidi che essa otterrà dopo appena quattro mesi dalla nomina un espli cito e inconsueto riconoscimento dal consiglio d’amministra . In effetti l’impronta di Romoli è già ben chiara nelle 26 zione maggiori iniziative intraprese dalla Stet nel 1946 e nella im postazione strategica che emerge dalla relazione del consiglio di amministrazione all’assemblea degli azionisti del novembre dello stesso anno. Non appena preso possesso del nuovo incarico Romoli de dicò tutto il suo impegno e la sua esperienza a una serie di in terventi di effetto immediato per elevare l’efficienza aziendale e consolidarne la struttura finanziaria. Innanzitutto promosse il coordinamento delle attività di ricostruzione in atto nelle concessionarie, quale premessa per un coordinamento perma nente dei servizi più importanti. In quei mesi ci significava in particolare l’arrnonizzazione e spesso la centralizzazione degli approvvigionamenti, al fine di assicurarne caratteristiche ido Stet, Relazioni e bilancio, 11 esercizio, Torino, 1946, pp. 11-15; Stet, Relazioni e bilancio, 12 esercizio, Torino, 1946, pp. 7-18. Vca del 19 gennaio 1946. 21 Vca del 26 aprile 1946. 26 24 739 PROTAGONISTI DELL’ INTERVENTO PUBBLICO GUGLIELMO REISS ROMOLI nee sul piano tecnico e su quello relativo al prezzo. Romoli, ad esempio, riscontrò e propose di superare «una situazione di privilegio a favore di un unico fornitore» (la Ceat), in conse guenza di un rilevante contratto di fornitura di cavi sottoscritto durante la gestione commissariale. Egli, invece, era fautore di una attenta politica di diversificazione dei fornitori. Nel quadro dell’opera di riorganizzazione interna venne istituito un Comitato tecnico centrale, come organo consul tivo in materia di direttive tecniche e che fin dall’inizio dei suoi lavori nell’ottobre 1946 effettuò una completa rico gnizione degli impianti e dei magazzini, riesaminò le clausole di aggiornamento dei prezzi coi fornitori, impostà i corsi di ag da prevedersi che in quell’arco di tempo si sarebbe raggiunta la stabilizzazione monetaria e si sarebbe schiarita la situazione economica europea con la firma di accordi finanziari inter nazionali (come effettivamente accadrà). In tal modo la Stet, al momento della ripresa definitiva del sistema economico, si sarebbe trovata senza impianti ipotecati e nelle migliori con dizioni di solidità finanziaria. Accanto ai finanziamenti Imi, Romoli avvia altre operazioni finanziarie di minor rilevanza, giornamento degli impiegati tecnici, unific il servizio collaudi e, infine, esaminò i piani tecnici quinquennali delle società, entro i quali vi era la costruzione di una linea di alta frequenza rischiavano però di essere ben presto vanificati dai crescen . 27 fra Torino, Milano e Venezia La revisione tecnica dei piani delle societi concessionarie era strettamente collegata a quella d’ordine finanziario, tema che maggiormente assillava la Stet nei primi anni del dopo guerra. Romoli tra i primi atti della sua gestione aveva ridotto il fabbisogno finanziario previsto dai piani delle concessiona ne per il 1946 da circa 3,35 miliardi a circa 2 «in funzione rale non poteva far altro che registrare i numerosi accordi di rivalutazione delle retribuzioni dirette o indirette intervenuti 738 — — dell’esigenza dei lavori». Ma non bastava certo questo lavoro di «limatura» dei piani aziendali a risolvere la crisi finanziaria, che era appesantita da un eccessivo ricorso al credito a breve effettuato negli ultimi due anni. Romoli si impegna quindi a ricercare »forme di sovvenzione a media scadenza» in attesa di poter consolidare la situazione con operazioni di più ampio respiro. Decise pertanto di sottoporre al consiglio di ammi nistrazione la proposta di utilizzo della legge 367/1944 che prevedeva alcune agevolazioni creditizie per l’opera di rico struzione degli impianti danneggiati dalle attività belliche. In particolare, in questa occasione, emersero le notevoli doti di finanziere del Romoli. In una fase estremamente delicata del ma che nel loro complesso garantirono alla Stet una situazione di relativa tranquillità fin dal 1947, anno in cui Reiss Romoli . 28 veniva cooptato nel consiglio di amministrazione I risultati raggiunti sul fronte delle disponibilit. creditizie ti costi del lavoro e dall’irrisolto problema dell’adeguamento tariffario. In materia di costo del lavoro il neo-direttore gene nel paese tra la liberazione e la prima metà del 1946 e che, naturalmente, avevano coinvolto anche le aziende controllate dalla Stet e in particolare la Stipel (che agiva in Piemonte e Lombardia). Le telefoniche non furono comunque toccate sensibilmente dai moti rivendicatori in atto in altri compar ti economici. La conflittualità si mantenne su livelli piuttosto bassi e non costituì mai una grande preoccupazione per Reiss Romoli. Nella primavera del 1946, ai lavoratori telefonici ba starono tre ore di sciopero per raggiungere un accordo con l’Ascot (l’Associazione sindacale delle società concessionarie telefoniche). Nuove agitazioni del personale si verificarono nel settembre successivo, nel quadro di un movimento rivendi cativo generalizzato a tutto il paese, e si conclusero con un ac cordo siglato con la mediazione governativa che prevede va, a giudizio delle stime della direzione della Stet, incrementi di circa il 30 per cento delle retribuzioni. A commento di que — — mercato dei capitali interno e internazionale, infatti, egli pro poneva al consiglio di stipulare un contratto con l’Imi a valere sulla 367 di durata non superiore ai quattro anni, poiché era sti accordi, Romoli osservava che essi non solo costituivano un 27 del 29 ottobre 1946. Sull’opera di riorganizzazione promossa da Romoli in Vca questo periodo vi sono le testimonianze del dott. Rebba e del dott. Maffei. Vca del 26 luglio 1946; Stet, Relozioni e bilancio, 13° esercizio, Torino, 1948; Vca 28 del 18 dicembre 1947. aggravio economico per le aziende, ma avanzava il dubbio che da essi traessero effettivi vantaggi anche i lavoratori, conside 740 PROTAGONISTI DELL’INTERVENTO PUBBLICO GUGLIELMO REISS ROMOLI rando che si traducevano in larga misura in incrementi del salario indiretto più di quello diretto». In materia di tariffe gli aumenti del 100 per cento decisi dal governo a partire dall’aprile 1946 si erano rivelati assai lontani dalle necessità. La relazione annuale del consiglio di ammini strazione notava infatti che il servizio telefonico era tra i beni i cui prezzi si erano meno rivalutati, e si chiedeva se la «natura del servizio», che mancava «del requisito di utilità generale in discriminata», giustificasse una condizione di «prezzo politico». Inoltre, considerando che le industrie fornitrici di materiale erano invece libere di aggiornare i prezzi di vendita, si affaccia va il rischio che gli squilibri di bilancio cadessero sulle spalle dello Stato e quindi, in ultima analisi, su tutti i contribuenti, anche su quelli che non usufruivano del servizio telefonico. Altre due conseguenze assai gravi del mancato adeguamento tariffario e che Romoli tenterà costantemente di evitare, riguar davano l’impossibilità di stanziare quote di ammortamento e di offrire una adeguata remunerazione ai capitali investiti. Romoli apprezzava in tutta la sua importanza la presenza di investitoti privati nelle aziende a partecipazione statale e nella Stet in particolare. Tale presenza egli la considerava la misura dell’ef ficienza e della redditività aziendale. Non poter distribuire divi dendi era un segno economico negativo «in particolare» per le aziende a partecipazione statale, le quali dovevano dimostrare più di quelle private di volersi costantemente misurare con le regole del mercato. Vedremo in seguito come questo rispetto per l’investimento privato da parte di Romoli agevolerà note volmente la Stet negli anni successivi nel reperimento di mezzi finanziari adeguati all’entità dei piani di lavoro delle conces sionarie telefoniche. Per il momento è interessante constatare che la Stet riuscì, anche nell’esercizio 1945-46, a distribuire un piccolo dividendo, malgrado un deficit di fine esercizio di circa 22 milioni. Per raggiungere un tale risultato, per molti versi sorprendente, Romoli utilizzò le disposizioni di legge sulle riva lutazioni dei valori aziendali, che per la Stet comportarono una rivalutazione di circa 209 milioni a cui vennero detratti circa 68 milioni derivanti da una palese plusvalenza del portafoglio titoli in conseguenza dell’aggiornamento dei valori nomina- 741 li delle azioni delle tre concessionarie stabilito con legge n. 1729/1947. Mediante tali operazioni contabili si riuscì ad assor bire la perdita di esercizio e a distribuire un dividendo di poco più di 20 lire per azione . 30 Nel 1948 la Stet si rivolse all’Imi per un nuovo consistente prestito a condizioni agevolate, dettato questa volta dalle ne cessità poste dagli intensi programmi di sviluppo avviati dalle concessionarie. La saldezza finanziaria della società e i criteri di gestione che la animavano e che cominciavano a essere noti negli ambienti bancari italiani, fecero superare facilmente le severe istruttorie dell’Imi, che alla fine dell’anno concesse un mutuo di 3,1 miliardi (1,5 alla Timo, 1 alla Stipel, 0,6 alla Telve). Nel frattempo, il gruppo dirigente della società torinese stabili contatti con l’azienda di Stato, le altre concessionarie e il governo, affinché il settore telefonico fosse inserito tra quelli che avrebbero beneficiato del piano Marshall. Sembra infatti di poter dire che l’istituzione di pochi giorni successiva al varo dell’Erp di un comitato tecnico in seno all’Ascot con il compito di svolgere «un’azione comune di tutte le concessio nane telefoniche su alcune questioni», facesse parte di questo disegno, che imponeva la predisposizione di piani di setto re pluriennali da presentare alle autorità americane addette all’attuazione del piano Marshall. A questo proposito è inte ressante il fatto-che le cinque concessionarie dichiarassero al governo che il finanziamento del piano telefonico poteva avve nire anche senza l’impiego dei fondi del piano Marshall a con dizione che le tariffe fossero gradualmente adeguate ai costi di esercizio (compresi ovviamente gli ammortamenti e l’equa retribuzione del capitale), che il governo fornisse «provviden ze contributi d’interesse o agevolazioni analoghe intese a facilitare l’assunzione sul mercato normale di prestiti a lunga scadenza e a ridurre il relativo costo», che fosse prolungata la — — — — durata delle 31 concessioni . ‘°Stet, Relazioni e bilancio, >‘Vca del 29 ottobre 1946; Stet, Relazioni e bilancio, 120 esercizio, cii., p. 12. 130 esercizio, cit., pp. 9-24. >‘Vca del 30 giugno, 16 ottobre e 14 dicembre 1948; Stet, Relazioni e bilancia, esercizio, cit., pp. 15-16. 130 742 PROTAGONISTI DELL’INTERVENTO PUBBLICO 4. Il piano della International Telephone and Telegraph Il riferimento alle concessioni, tema sul quale si erano sof fermati i lavori del comitato tecnico dell’Ascot, era sintomatico del persistere di serie preoccupazioni sul futuro assetto giuri dico del sistema telefonico italiano. In effetti, prima una vicen da legata all’intervento della multinazionale americana Itt in Italia, trascinatasi irrisolta fino al 1949, e poi il ritardo con cui il governo chiarirà la propria posizione in previsione della sca denza delle convenzioni telefoniche, determinarono un clima di incertezza nel lavoro delle concessionarie, che, di fatto, dura tutti i primi dieci anni di questo dopoguerra. Non sorprende quindi che sul finire degli anni quaranta le cinque concessiona ne, le tre di area pubblica facenti capo alla Stet e le due private, che pure si sarebbero dovute porre in un rapporto diverso nei confronti dell’autorità politica, promossero iniziative comuni affinché il governo e il Parlamento dicessero una parola chiara e definitiva sui tratti futuri del servizio telefonico. Vedremo ora come si svolse questo vero e proprio confronto decennale tra concessionarie e autorità politico-amministrative, in cui Romoli svolse un ruolo di primo piano e di uomo guida nella definizio ne della strategia delle concessionarie pubbliche. Da parte del vertice della Stet fin dal 1940 si richiese con fermezza che venissero «precisati gli intendimenti degli organi di governo circa l’assetto e lo status che nel futuro dovrà ave re l’industria telefonica di esercizio». Tanto anticipo rispetto alla scadenza del 1955, a partire dalla quale il governo pote va riscattare le concessioni, venne giustificata con il fatto che i nove anni che mancavano a tale data, se erano sufficienti per l’esecuzione dei lavori di ricostruzione, di sviluppo e am modernamento, non lo erano per l’attuazione «dei correlativi piani finanziari ed economici, i quali, data l’entità degli inve stimenti che si richiedono, non possono essere che a larghissi mo respiro» . Si ha l’impressione tuttavia che le dichiarazioni 32 della Stet mascherassero preoccupazioni più vicine di quelle della scadenza delle concessioni. In particolare vi era il clima politico del 1946, con i governi di unità nazionale, che asse- Stet., Relazioni e bilancio, 120 esercizio, cit. 32 GUGLIELMO 743 REISS ROMOLI condava il sorgere di proposte relative alla nazionalizzazione delle società che gestivano i servizi pubblici. Ricordiamo in fatti che, in quei mesi, tesi di questo tenore erano professate non solo dai partiti di sinistra ma anche da molti settori della democrazia cristiana (anche un futuro ministro delle poste e telecomunicazioni, l’on. Jervolino, in quel periodo dichia rava di essere favorevole alla nazionalizzazione dei servizi di pubblico interesse, secondo i postulati ammessi dalla dottrina sociale cattolica) . L’argomento che più spesso veniva portato 33 a sostegno di tali tesi asseriva la necessità di dare unitarietà alla gestione del servizio (fino a quel momento suddiviso tra aziende a partecipazione statale, aziende private e l’azienda di Stato) e di assicurare allo Stato un settore per sua natura a carattere monopolistico. Il «clima politico» appariva poco promettente ai responsa bili delle concessionarie anche perché allo schieramento degli statalizzatori si contrapponevano tesi anch’esse poco favorevoli all’assetto esistente (e alla massiccia presenza delle aziende a partecipazione statale), le quali erano mosse da una logica pri vatistica esasperata e fautrice del diretto intervento della gran de multinazjonale Itt nel sistema telefonico nazionale. I fautori di questo intervento (che ebbe come vedremo appoggi rile — — vanti in sede governativa) muovevano anch’essi dalla esigenza di porre sotto una gestione unitaria tutto il settore dei telefo ni, ma negavano che nel paese esistessero le capacità tecniche necessarie a tale compito e all’indispensabile processo di am modernamento che doveva accompagnare l’opera di ricostru zione dei danni bellici . Stretto tra queste due tesi opposte ed 34 egualmente penalizzanti per la sua autonomia e il suo prestigio professionale, il vertice Stet non negava la necessità di un più razionale inquadramento di tutto il sistema «su un piano nazio nale», che chiedeva chiarezza negli intendimenti e gradualità “Lo ammetterà egli stesso in un discorso parlamentare; si vedano gli Alti Parla mentari della Camera dei deputati (d’ora in avanti Ape e Aps per il Senato), seduta dell’8 ottobre 1949, p. 11874 ss. Sulla situazione politica dell’immediato dopo guerra e in particolare sul dibattito politico-economico si vedano: E Piscitelli, Da Farri a De Gasperi. Storia del dopoguerra 1945-1 948, Milano, Feltrinelli, 1975; P. Barucci, Ricostruzione pian/icazione Mezzogiorno, Bologna, Il Mulino, 1978; C. Daneo, La politica economica della ricostruzione 1945-194 Torino, Einaudi, 1975. ‘>Aps, seduta del 18 novembre 1948, p. 3732 ss. 744 GUGLIELMO REISS ROMOLI PROTAGONISTI DELL’INTERVENTO PUBBLICO nella sua applicazione. Altrimenti si osservava la continua enunciazione di soluzioni generiche negli scopi, nel contenuto e nella portata serviva soltanto a creare una permanente condi zione di precarietà dannosa all’attività delle aziendeM. I rilievi critici, sull’atteggiamento del mondo politico, pro venienti dalla Stet in questi primi mesi di gestione Romoli, non potevano essere più opportuni e centravano un limite genera le dell’azione dei governi unitari dell’immediato dopoguerra e che, per quanto riguarda il problema telefonico, sarà proprio anche dei primi governi centristi. Il permanere di aspre pole miche sull’assetto del gruppo anche dopo la svolta politica al governo del paese avvenuta nella primavera del 1947, costrinse il consiglio di amministrazione della Stet, in cui sedeva ora come consigliere anche Romoli, a una difesa del sistema giu — — ridico esistente nel corso dell’assemblea annuale della societt svoltasi nel gennaio 1948. Nella relazione (che le testimonian ze raccolte attribuiscono alla redazione di Reiss Romoli) sul bilancio del 1946-47, si legge che l’indiibbio favore con cui si doveva accogliere «una organizzazione unitaria, su base nazio nale, ancora in fase di studio, per la soluzione dei problemi tecnici, finanziari e di economicità di gestione» del servizio te lefonico italiano, non doveva far dimenticare i successi ottenu ti dalla formula attuale, ossia <‘una conduzione privata sotto il controllo dello Stato» che garantiva una più snella e razionale organizzazione del servizio rispetto a quanto poteva assicurare una diretta amministrazione dello Stato. Non a caso notava la relazione della Stet nel 1925 si era ritenuto opportuno — — abbandonare quest’ultima soluzione a vantaggio del sistema delle concessioni. La decisione finale si riconosceva nella re — lazione — spettava al governo, ma essa era decisiva «ai fini di attuazione» . fondati piani di sviluppo e della loro 36 Nei mesi successivi alla lettura in pubblico di queste parole i timori st.atalizzatori scemarono — in tal senso furono decisivi i risultati delle elezioni politiche del 18 aprile del 1948 per lasciare il posto a un problema che sembrava fosse stato ac — 745 ministro delle poste e telecomunicazioni nel quinto governo De Gasperi riproponeva: il piano Itt. Il piano era stato preparato nel 1946 dalla società statuni tense International Telephone and Telegraph C. su incarico dell’allora ministro delle poste e telecomunicazioni, Mario Scelba; ad esso aveva dato parere favorevole il consiglio dei ministri presieduto da Ferruccio Parri in una riunione del no vembre 1945. Tra Scelba e le autorità alleate in Italia i primi contatti risalivano però ad alcuni mesi prima, quando s’era posto urgentemente il problema di riattivare la rete telefonica e telegraflca nazionale. Ben presto era apparso evidente, sia ai tecnici del ministero sia ai tecnici militari americani (tra cui vi erano dei dipendenti della Itt), che la condizione di effi cienza del sistema telefonico e telegrafico italiano richiedeva un intervento generale che andasse oltre la ricostruzione dei danni di guerra. La tempestività con cui la itt seppe avanzare la propria autorevole candidatura a guidare l’opera di ricostru zione e aggiornamento tecnologico del settore, giocò a suo favore presso le autorità di governo italiano, che pure erano ben consapevoli dei rischi che ci comportava per l’autonomia nazionale di un settore economico delicato in cui vi era già una presenza maggioritaria di aziende a partecipazione statale oltre a quella di un’azienda nazionalizzata. Il piano che la Itt si accingeva a preparare costituiva quindi la premessa di un accordo generale tra la multinazionale americana e il gover no italiano, i cui tratti normativi ed economici Scelba iniziò a trattare fin dall’inizio del 1946, ma riservandosi una decisione definitiva dopo la visione del piano . 7 ’ 1 Alla Stet, proprio pochi giorni dopo l’insediamento di Ro moli alla direzione generale, giunse l’invito del ministro «a fornire alla Itt dati tecnici, amministrativi e commerciali» per l’esecuzione dello studio commissionato daI governo. La rea zione fu evidentemente negativa e da parte del vertice della Stet si fecero trascorrere alcuni mesi senza dare risposta . 38 Non abbiamo trovato le prove documentarie di successivi in cantonato definitivamente, ma che la nomina di Jervolino a ‘<Stet., Relazioni e bila.nczo, 1< esercizio, cit., p. 20. Ibid., 13< esercizio, p. 17. cs Presidenza del consiglio dei ministri (Pcm), Gabinetto 1944-47, Ricostruzione > A 3 della rete telefonica, fase. 31.1 n. 13416/I. Acs, Pcm, Verbali delle adunanze, 31 ottobre 1945. ><Vca del 26 aprile 1946. 747 PROTAGONISTI DELL’INTERVENTO PUBBLICO GUGLIELMO REISS ROMOLI terventi ministeriali, ma essi vi dovettero essere poiché nell’apri le successivo l’argomento venne ripreso dal presidente Bordoni nel consiglio di amministrazione della Stet. In quella occasione i consiglieri Malvezzi, Tremelloni, Borghese e Passoni espres sero il dubbio che il ministro avesse la facoltà di chiedere alle società concessionarie la consegna di una «così ampia mole» di notizie alla Itt, «tanto più aggiunsero che non è ancora sta to definito lo scopo preciso al quale le notizie stesse dovrebbero servire>. ti consiglio rilevò inoltre che anche altri gruppi esteri, fra i quali «il gruppo americano Atelco» e un gruppo inglese, si erano interessati della ricostruzione e dell’ampliamento degli impianti telefonici italiani, ma da parte di questi gruppi non vi erano state richieste di dati. La Stet quindi, per 11 momento, constatava che «il complesso di questi dati oltre che dare una modernizzazione e sviluppo dei sistemi telefonici e telegrafici italiani per gli anni 1947-1966». Il documento, alla fine pre sentato al governo italiano, analizzava separatamente il sistema telefonico e quello telegrafico. Del primo, che qui ci interessa maggiormente, dopo una rapida ricostruzione storica, veniva no studiati i caratteri tecnologici, organizzativi ed economici (tariffe). Con molta accuratezza vennero elencati pregi e difet ti (questi ultimi appaiono però con maggior evidenza, ma ciò era nell’interesse della Itt) per giungere a proporre un piano quinquennale di ricostruzione per una spesa complessiva di 41 miliardi di lire. Gli estensori del piano, però, scrissero che a loro giudizio le concessionarie non sarebbero state in gra do di finanziare con i propri mezzi una tale opera e quindi proponevano l’istituzione di un «unico ente di esercizio» che cognizione di carattere generale degli impianti telefonici, for nirebbe anche elementi per una valutazione delle consistenze patrimoniali, delle situazioni economiche e finanziarie, delle nicomprendesse «l’intera attività delle cinque concessionarie e dell’azienda di Stato». 746 — — necessità di lavori e dell’importanza del traffico», giudicava opportuno «accentrare intanto i contatti con i rappresentanti della Itt; mentre la effettiva fornitura dei dati verrà fatta, previa intesa con i rappresentanti della maggioranza azionaria, dopo che sarà stata chiarita la effettiva necessità di questi dati per gli studi di cui sopra, e chiarito anche fino a che punto le società 39 . concessionarie debbano aderire alla richiesta» non diede però i questione della delicata Il rinvio all’In l’invito ad ac venne dall’istituto anche poiché risultati attesi, consiglio di del seduta cogliere la richiesta ministeriale. Nella amministrazione del 26 luglio 1940, perciò, il presidente Bor doni comunicava che: «In relazione al noto invito indirizzato (nei mesi scorsi) alle concessionarie telefoniche dal ministero di fornire all’Itt i dati da questo ritenuti necessari allo studio in corso», faceva presente che la questione era stata esaminata con l’azionista di maggioranza e che una percentuale «notevo le di richieste è già stata evasa e si sta ora procedendo al com . 40 pletamento della documentazione» A quel punto i tecnici della Itt poterono procedere nel la loro indagine ed elaborare il «piano per la ricostruzione, »Ibid. °Vca dcl 26 luglio 1946. In proposito interessante rilevare che, secondo i redattori del piano, anche il governo italiano era già orientato verso la soluzione dell’ente unico, poiché così emergeva dalla lettera con cui il ministro Scelba aveva incaricato la Itt della stesura del piano. Pertanto i tecnici della società americana avanza vano raccomandazioni «sui metodi di esercizio» cui doveva informarsi il futuro ente. Tra essi erano elencati l’uniformità e la standardizzazione dei criteri di gestione interna, della conta bilità e dei servizi impianti; l’avvio di «studi commerciali sulla domanda del servizio», l’adozione dì «una politica di pubblici tà» e di addestramento tecnico del personale, l’estensione del «sistema di esercizio interurbano a posizioni combinate», un più «intenso uso degli automezzi» e la «semplificazione della struttura tariffaria’, oltre che il suo adeguamento «alle necessi tà inerenti al programma di ricostruzione e 41 . sviluppo» Come vedremo, gran parte delle raccomandazioni della Itt si muovevano sulla linea che nello stesso periodo veniva elabo rata ai vertici della Stet e poi concretamente attuata da Reiss Romoli, a cui i modelli di gestione aziendale che trasparivano dalle pagine del piano Itt (che qui non possiamo riportare con maggiore estensione per ragioni di spazio) erano ben noti in 41 Itt, Piano per la ricostruzione, modernizzazione e sviluppo dei sistemi telefonzc< e telegrafici italiani (1947-1966), s.d. (ma del 1946). Le citazioni sono alle pp. 8-11, 27-32,90 ss. 748 PROTAGONISTI DELL’INTERVENTO PUBBLICO GUGLIELMO REISS ROMOLI 749 conseguenza della sua lunga esperienza di lavoro negli Stati Uniti. Ovviamente Romoli sarà in grado di promuovere l’ag giornamento dei sistemi di gestione soltanto nel gruppo Stet, ma ciò costituirà un patrimonio di esperienza quando, alla metà degli anni cinquanta, a livello politico, ci si indirizzerà verso la soluzione dell’ente unico. Va altresì rilevato che un manager come Romoli, malgrado la posizione delicata che oc cupava, non nasconderà mai la sua personale opinione a favo re dell’unitarietà, almeno di azione, di tutte le società presenti nel sistema telefonico italiano. D’altra parte, nell’immediato dopoguerra, l’unificazione del sistema in un solo ente incontrava ostacoli politici insor montabili dovuti alle radicali differenze di opinioni esistenti sulla formula giuridica da adottare. Soprattutto laddove si pen si che nel sistema telefonico italiano erano presenti contem poraneamente le tre formule su cui si incentrava lo scontro politico-economico tra i partiti: la formula privatistica (con le concessionarie Teti e Set), la formula a partecipazione sta tale (con il gruppo Stet) e la formula nazionalizzatrice (con l’azienda di Stato). In questa situazione l’opzione per l’una o l’altra soluzione assumeva quindi una valenza politica generale di notevole portata e tale da favorire chi suggeriva il manteni mento dello status quo. Ma il piano Itt errava gravemente anche nelle previsioni sulle capacità di sviluppo delle società italiane e segnatamente di quelle del gruppo Stet. Esso errò ad esempio nelle previ sioni sulla velocità di crescita della domanda del servizio (er rore che derivava da una più generale sottovalutazione delle potenzialità economiche dell’Italia che accomunava un po’ tutti gli osservatori americani di quegli anni) e sulle capaci tà di rispondervi da parte delle concessionarie; basti pensare che la previsione, dopo il primo decennio del dopoguerra, di un numero di impianti complessivo pari a circa un milione e mezzo, venne ampiamente superata dalle concessionarie, e la stima, per il 1960, di circa due milioni di apparecchi venne superata di quasi il doppio . Anche la previsione sull’impos 42 sibilità delle società italiane a finanziare autonomamente, per mezzo di emissioni azionarie, i propri investimenti, verrà co me vedremo puntualmente smentita dalla gestione Romoli della Stet e in misura che ebbe pochi confronti nelle società a partecipazione statale. Al momento della consegna del piano Itt al governo tra la fine del 1946 e l’inizio del 1947 ciò che metteva in una condizione di particolare debolezza le concessionarie rispetto alla forza persuasiva dell’Itt, non era perciò il contenuto del piano, il quale, come abbiamo visto, non si distingueva ecces sivamente dalle idee generali presenti tra gli esperti italiani del settore e dalle scelte aziendali effettuate anche dalla Stet, quanto l’assenza di un programma di eguale respiro e comple tezza da parte delle società italiane. Non a caso, nel corso delle discussioni parlamentari ministri ed ex ministri delle poste e telecomunicazioni rileveranno questo fattore tra quelli che im ponevano di considerare «comunqueoo il piano Itt, in quanto unico progetto completo per la riorganizzazione e l’ammo dernamento di un settore economico vitale. A questa critica implicita, la Stet obiettava che per parte sua «non era parso opportuno ancorare l’attività presente e avvenire a un pro gramma rigido, non solamente in considerazione della scon sigliabilità di formulare i piani economici e finanziari a lunga scadenza, ma altresì perché l’impostazione e l’attuazione di tali piani sono subordinate alla soluzione, fuori dell’ambito del gruppo, di questioni d’ordine pregiudiziale, concernenti il servizio telefonico in generale; intendiamo soprattutto riferirci al futuro assetto dell’industria di esercizio e alla scadenza delle . 41 concessioni» Era, questa, una posizione difensiva estremamente debole e che rischiava di assecondare i giudizi critici verso la gestione delle concessionarie già presenti in seno al governo. Perciò Ro moli provvide ben presto a correggerla, promuovendo come abbiamo visto tramite l’Ascot la redazione di un programma di sviluppo quinquennale da presentare all’Oece per usufruire degli aiuti Erp e, successivamente, un piano ventennale che delineasse le potenzialità e le finalità del sistema telefonico nelle sue condizioni giuridiche presenti. Nel frattempo, prima che tale polemica si svolgesse, quando il piano Itt era giunto sul tavolo del ministro Scelba, ciò che Ibid., 42 ’4 Stet, Relazioni e bilancio, — p. 45. — — — — — 140 esrcizio, p. 14. 753 PROTAGONISTI DELL’INTERVENTO PUBBLICO GUGLIELMO REISS ROMOLI Stato. Egli, pertanto, anche perché incalzato dalle continue critiche del Parlamento sul pessimo funzionamento del siste ma telefonico, aveva ripreso le trattative con la Itt. Di fatto il ministro, pur di giustificare la propria iniziativa a vantaggio della Itt, avallava in Parlamento le critiche al grado di efficien za dei telefoni italiani e anzi rincarava la dose con una serie di notazioni, quali quella del novembre 1948 secondo cui «le condizioni dei telefoni in Italia sono tali che la maggior parte del traffico internazionale incomincia a sviarsi preferendo pas . 47 sare per altri paesi» L’iniziativa diJervolino suscitò immediate reazioni negative nel paese e in Parlamento, anche tra i partiti della maggioran i quali alimeritavano timori più o meno fondati. Per questo motivo Romoli comprese che era giunto il momento per la Stet di dotarsi di un organo direttivo che fosse agile e rapido nel seguire i contatti e le attività imposte dalla vigilia della sca denza delle concessioni. Egli propose pertanto al consiglio di amministrazione, nella seduta del 2 luglio 1949, di istituire un comitato esecutivo a cui il consiglio stesso demandasse le pro prie attribuzioni ai sensi delle norme del codice civile. Le pa role di Romoli, pronunciate in quella seduta del consiglio, per giustificare l’istituzione del comitato, chiariscono l’importanza che il direttore della Stet annetteva al problema del rinnovo za centrista. Il ministro dovette perciù accettare di comunicare alle camere ogni passo successivo della trattativa con la società Il comitato venne quindi nominato nelle persone del pre sidente Ugo Bordoni, del vicepresidente Attilio Pacces e di Romoli stesso. Se si considera che la presenza di Bordoni era sempre più rara per ragioni di salute (morir. dopo una lun ga malattia nel 1952) e che Pacces ricopriva contemporanea mente importanti incarichi in altre società, evidente che il comitato esecutivo costituiva la copertura giuridica del ruolo 752 — — americana. Queste assicurazioni potevano tranquillizzare il Parlamen to, ma non certo le concessionarie che avevano necessiti di ben maggiori garanzie sul loro assetto futuro e sui grado di ingerenza di società straniere. Giunse quindi provvidenziale l’intervento di De Gasperi, che decise di attribuire al Cir (Co mitato interministeriale per la ricostruzione) la decisione fina le sul tanto contrastato problema Itt. 5. Le incertezze sull’assetto giuridico del sistema teLefonico e i ricorrenti problemi tariffari Rimaneva però aperta la questione delle concessioni. Alla scadenza del 1955 mancavano ancora sei anni, ma le caratte ristiche tecnologiche degli investimenti nel settore telefonico richiedevano tempi di realizzazione piuttosto lunghi e quindi chiarezza di prospettive, almeno nel medio-lungo periodo, per gli investitori e i manager delle società. Vi è da aggiungere che una qualche eccessiva precocità a raccordare le strategie aziendali al futuro assetto delle convenzioni (che certo si ri scontrava nelle concessionarie, in specie nella Teti e nella Set a capitale interamente privato) era giustificata proprio dai con tinui contrastanti «messaggi» provenienti dal sistema politico, . 48 delle concessioni preminente oramai assunto da Reiss Romoli e della sua sità di ottenere una maggiore libertà di manovra in previsione di vicende complesse e importanti che avrebbero coinvolto il gruppo torinese. Da questo momento, ormai senza più ombra di dubbio, la strategia della Stet coincide inequivocabilmente con quella ideata e realizzata da Romoli. Egli si fece quindi ben presto portavoce delle preoccupazioni di tutte le concessionarie sul problema dei rinnovo delle con venzioni. Va segnalata, a questo proposito, proprio la relazione annuale della Stet presentata nello stesso anno in cui era stato eletto il comitato esecutivo. E singolare come in quella occasio ne la relazione difendesse l’operato di tutte e cinque le società concessionane, quindi anche delle due al di fuori del gruppo Stet. Questa circostanza era il sintomo di come gli ondeggiamenti governativi avessero unito le concessionarie, facendone Vca del 2 luglio 1949. ..Con l’avvicinarsi della data di scadenza delle conces 48 sioni dichiarava Rornoli e in vista della loro eventuale rinnovazione sorgono sempre nuovi problemi che devono essere esaminati con rapidiGì e risolti con altrettanta rapidità, rendendo spesso difficile e talora praticamente impossibile la preventiva e continua consultazione del consiglio di amministrazione». — Aps, cii., 47 p. 3738. — 754 755 PROTAGONISTI DELL’INTERVENTO PUBBLICO GUGLIELMO REISS ROMOLI per certi versi accantonare la diversa collocazione verso l’auto rità politica e la qualità dei menti acquisiti da ciascuna di esse nell’opera di ricostruzione e di aggiornamento tecnologico (il gruppo Stet su questo versante aveva realizzato assai più che la Teti e la Set). Nella citata relazione, quindi, pur ammettendo che molto rimaneva «ancora da fare per raggiungere il deside rato livello di efficienza», si affermava che molto era già stato fatto e che le «cinque concessionarie» avevano realizzato a ritmo sostenuto notevoli programmi di lavoro per i quali «gli impianti telefonici italiani risultano ora, in quasi tutti i settori, potenzial mente e strutturalmente superiori a quelli prebellici». In sintesi, i «21,7 miliardi di lire investiti in questo quadriennio di cui 1,6 dalle società del gruppo Stet costituiscono chiara riprova dell’assidua opera esplicata dall’industria privata di esercizio»’. Tutto ciò ribadiva il vertice della Stet era stato compiuto malgrado il permanere «della incertezza in ordine al rinnovo delle convenzioni». La Stet dava altresì notizia a riprova che certe osservazioni critiche provenienti dal ministero erano state tempestivamente vagliate dell’elaborazione in comune tra le imprese concessionarie di un «piano tecnico di sviluppo ven tennale sia per il settore urbano sia per quello interurbano, nel concretare il quale sono stati presi in attento esame tutti i ritro vati che in campo nazionale e all’estero la tecnica ha introdotto propria anche dal ministro Jervolino, in un suo intervento alla Camera l’8 ottobre del 1949, ossia pochi mesi dopo la relazio ne annuale Stet cui abbiamo fatto cenno. Jervolino, in quella occasione, ribadiva il suo parere favorevole all’attuazione del piano Itt e giungeva ad affermare che gli oppositori del piano finivano «col tutelare gli interessi di determinati gruppi che lavoravano in regime di monopolio». Con queste dichiarazioni — — — — — — il ministro si riprometteva evidentemente di influire su una decisione l’accordo con la Itt sulla quale oramai la parola definitiva spettava al presidente del consiglio e al Cir. Egli non — — si avvide però che l’evocazione della pratica al massimo livello di governo significava la sua definitiva chiusura in senso ne gativo. Ciò che invece Jervolino comprese per tempo, anche sulla scorta dei primi segnali provenienti dalle concessionarie del gruppo Stet, era la necessità di queste ultime di conoscere esattamente, oltre che le obiezioni sulla qualità del servizio, il pensiero del governo sul prossimo rinnovo delle concessioni. Egli dichiarò pertanto espressamente di non essere più favo revole alla nazionalizzazione del servizio telefonico poiché la sua esperienza di governo lo aveva Convinto della minore effi cienza degli apparati amministrativi pubblici rispetto a quelli privati. Inoltre a giudizio del ministro anche alla prevista — — unificazione di tutti i servizi dati in concessione si opponevano motivi d’ordine tecnico (i sistemi d’impianto diversi adottati dalle singole società) e motivi d’ordine economico derivanti dall’impossibilità di reperire i capitali necessari al riscatto. «Il diritto delle concessionarie concludeva Jervolino a perma particolarmente nello svolgimento del servizio interurbano». In tal modo anche le aziende italiane avevano un piano di lungo periodo. Inoltre, venendo incontro all’esigenza più volte mani festata a livello politico di dare maggiore unitarietà al sistema telefonico italiano, si notava che «anche nell’ambito della rego lamentazione oggi vigente sussistono ampie possibilità di utili forme di collaborazione fra azienda di Stato e società concessio nane per quanto concerne una sincrona attuazione dei piani di sviluppo; e, attesa la cordialità e lo spirito che hanno sempre in formato i rapporti fra azienda di Stato e aziende private, abbia . 49 mo piena fiducia che tali possibilità non andranno perdute» Ciò che invece non poteva essere accolto dalla Stet era l’af fermazione secondo cui le convenzioni del 1925 avevano assi curato alle concessionarie enormi vantaggi, a tutto pregiudizio dello sviluppo del servizio telefonico. Tale tesi era stata fatta della concessione) non potrà essere negato, a mio avviso, che con un provvedimento di legge; provvedimento che io, per i] rispetto dovuto ai principi democratici e per tutte le osserva zioni che ho avuto l’onore di sottomettere all’attenzione della Camera, non credo opportuno di dover proporre» . 50 La speranza nutrita dalle società concessionarie telefoni che di ottenere, con buon anticipo di tempo sulle scadenze previste, delle precise e ufficiali dichiarazioni del governo in merito al rinnovo delle concessioni, venne di fatto delusa. Alle parole rassicuranti, ma solo in parte, come si è visto, diJervoli Stet, Relazioni e bilando, 15° esercizio, Torino, 1949, pp. 8-9. 49 Apc, Sedsaa dell’2 ottobre 1949, p. 11876. 50 — — nere nelle condizioni attuali (a invocare cioè la prosecuzione 756 no dell’autunno del 1949, seguì infatti l’insediamento nell’an no successivo di una commissione ministeriale incaricata di studiare e vagliare tutte le possibili soluzioni prospettabili al termine di scadenza delle concessioni telefoniche deI 1955. I lavori della commissione tuttavia si svolsero assai lentamente, al punto che ancora nel 1952 il Parlamento votava all’unani mità, su proposta di esponenti della maggioranza, un ordine del giorno in cui si invitava il ministro a far conoscere entro sei . Ma l’avvi 51 mesi le conclusioni degli studi della commissione cinarsi dell’importante consultazione elettorale del 1953 con sigliò un rinvio ulteriore per non inserire un nuovo elemento nella polemica politica, cosicché per la decisione definitiva si giungerà quasi a ridosso del 1955. Mentre la vicenda delle concessioni si trascinava senza pro gressi in attesa della data di scadenza, toni non meno aspri suscitava il problema dell’adeguamento delle tariffe telefoni . Fino al 1948 il permanere del «prezzo politico» del ser 52 che vizio telefonico aveva impedito lo stanziamento di quote ade guate per il fondo ammortamento; per lo stesso motivo si era dovuta mantenere su livelli assai bassi la remunerazione del capitale investito. Romoli valutava pericolose ambedue queste conseguenze del mancato adeguamento tariffario. Quando la legge l’aveva concesso egli aveva compiuto tutte le necessarie operazioni di bilancio per evitare ripercussioni negative sia sulla dotazione degli impianti sia sull’immagine della società tra gli investitori privati, stanziando quote per ammortamenti e qualche dividendo per gli azionisti. Infatti, già nei bilanci presentati nel 1948, annunciava dividendi per le azioni Sti 6 aveva imposto una quota pel e per quelle Telve, anche se ci di ammortamento, nell’insieme del gruppo, assai ridotta (il 3,6 per cento degli introiti). La Stet poteva così distribuire un dividendo dell’8%. Nei bilanci presentati l’anno successivo il dividendo della Stet si stabilizz6 sul 7,5 per cento, al fine di permettere un maggior avvicinamento ai valori normali della quota di ammortamento (si raggiunse infatti il 12,3 per cento degli introiti). Questo risultato positivo era da attribuirsi all’at 5t Seduta del 20 giugno 1952, p. 39101. Apc, ‘ Ricordiamo che i livelli delle tariffe erano stabiliti dal Cip che faceva capo al ministero dell’industria. 757 GUGLIELMO REISS ROMOLI PROTAGONISTI DELL’INTERVENTO PUBBLICO Stipel e dalla Telve e, per la prima vol ta nel dopoguerra, dal pareggio dei conti della Timo. Un con tributo decisivo era stato dato però finalmente dalla decisione del governo di aumentare le tariffe a partire dall’ottobre 1947 e poi, nuovamente, dal 10 ottobre 1948, rispettivamente per le tariffe interurbane e per quelle urbane. Quest’ultimo provve . 51 dimento aveva incrementato i prezzi di circa il 30 per cento Sul finire del 1949 Romoli poteva pertanto illustrare al con tivo fatto registrare dalla siglio di amministrazione una situazione finanziaria che «pur con tutte le dovute cautele» egli valutava favorevolmente nei suoi «tratti attuali e pienamente tranquillante nelle prospettive avvenire». Il direttore generale della società era ora in grado di vantare, oltre agli effetti degli incrementi tariffari di fine 1948 (che comunque erano giudicati dalla Stet ancora ina deguati) la stipula di contratti di mutuo con l’Imi per un im porto di 3 miliardi e l’aumento di capitale sociale della Stet che aveva procurato un provento di 1,1 miliardi. Sulla base di queste operazioni andate a buon fine, Romoli prevedeva per fine 1949 una disponibilità netta di gruppo dell’ordine dei 1.000-1.200 milioni. Per i lavori da eseguirsi nel 1950 egli preventivava un fabbisogno finanziario di circa 9.000 milioni da reperire in primo luogo con le residue disponibilità di fine 1949 e, in considerevole parte (e cioè per almeno 4.000 milio ni), con l’autofinanziamento. «Il saldo dell’occorrenza di chiarava Romoli richiederà conseguentemente il ricorso a — — . 54 finanziatori per circa 4.000 milioni Questa citazione (ma avremmo potuto farne molte altre che contraddistinguono tutta l’attività di Romoli a capo della Stet) chiarisce bene l’importanza che assunse per il direttore 55 16 ottobre 1948. Vca, Vca, 26 novembre 1949. <1n relazione a tale esigenza— continuava Romoli 4 ‘ pur potendosi contare, come per il passato, su larghe possibilità di fido per ricor si alle diverse forme di credito, e ovviamente anche sul sussidio del capitale azio nano (esistono nella Stet, dopo i recenti aumenti di capitale delle collegate, oltre 4.700 milioni di plusvalenze di rivalutazione distribuibili in concomitanza con richieste di contante agli azionisti) è stato programmato anche un diretto ricorso al pubblico da attuarsi sotto forma di emissioni di obbligazioni da parte delle tre telefoniche collegate. I prestiti obbligazionani dovrebbero assicurare un introito netto complessivo di circa 3.000 milioni, con il che verrebbe fronteggiato quasi l’intero fabbisogno finanziario del gruppo per tutto il 1950; l’eventuale residuo potrà essere coperto con ricorso ad altre operazioni>. —, 758 759 PROTAGONISTI DELL’INTERVENTO PUBBLICO GUGLIELMO REISS ROMOLI del gruppo torinese il mercato privato dei capitali e, di conse guenza, la capacità della società di offrire le massime garanzie intenzioni di lavoro e ampliamento di impianti» all’attesa delle all’investitore privato. Come sappiamo nelle società a partecipa zione statale questa vocazione si è andata perdendo negli anni più vicini a noi, provocando danni gravi al Sistema economico generale e alle casse dello Stato. Anche allora, però, per mana ger come Romoli non era facile vincere le tentazioni ad accan tonare le regole del mercato presenti nel sistema delle aziende a partecipazione statale e, assai di più, nel mondo politico sia dell’opposizione sia della maggioranza. E pur vero che, fin dai primi anni cinquanta, società come la Stet poterono cogliere le occasioni offerte alla raccolta di capitali sul mercato dal rapi do miglioramento delle condizioni economiche del paese, ma evidentemente ciò non sarebbe stato sufficiente se le aziende non fossero riuscite a mantenere e accrescere i loro livelli di efficienza, a fare profitti e a raggiungere adeguate quote di au tofinanziamenti. Entro tale quadro generale, per società come la Stet, vincolate ai prezzi amministrati, si poneva il problema ri corrente dell’adeguamento tariffario e soprattutto se per la sua determinazione si dovessero come suggeriva Romoli «con siderare tutte le esigenze di gestione... specie riguardo agli am — — mortamenti e a una ragionevole remunerazione del capitale, indispensabile premessa per nuovi investimenti>. La risposta proveniente nell’estate del 1950 da un autore vole membro della maggioranza politica fu invece seccamente negativa. Il relatore al disegno di legge sullo stato di previsione del ministero delle poste e telecomunicazioni, il democristia no Veronesi, dichiarò in Parlamento di non ritenere giusti ficato per il momento l’aumento delle tariffe, poiché il loro fattore di rivalutazione di 22-23 volte rispetto al livello del 1938 era analogo a quello del prezzo dell’energia elettrica, settore in cui, a suo giudizio, vigevano condizioni analoghe. L’espo nente politico continuava la sua relazione con parole molto se vere verso le concessionarie (e in particolare le due a capitale interamente privato), accusandole di non svolgere un’attività sufficiente per costruire e sviluppare gli impianti, contravve nendo così a un preciso obbligo stabilito dalle convenzioni. In particolare giudicava assai grave la scelta di «subordinare le »Stet, Relazioni e bilanci, 16° esercizio, Torino, 1950, pp. 11-12. decisioni governative in materia di rinnovo delle concessio ni. «La convenzione ricordava Veronesi tutela con rigore anche gli interessi del concessionario, poiché il riscatto deve avvenire al “costo reale degli impianti”», il che voleva dire rim borso integrale di quanto le concessionarie spendevano per il potenziamento degli impianti negli ultimi anni. «D’altra par te concludeva il parlamentare democristiano l’argomento del riscatto diventa, direi, poco serio quando si badi al fatto che tre delle società, che rappresentano il 65 per cento del ca pitale sociale complessivo delle concessionarie, sono controlla te dall’In: è lo Stato che chiede allo Stato se ha intenzione di riscattare! Doveri ci sono per lo Stato per quanto riguarda la sua azienda e doveri ci sono per le concessionarie per quanto , 56 si riferisce alle zone di concessione» Alle severe parole contenute nella relazione Veronesi rispo se immediatamente la Stet, osservando che quanto affermato in essa sul rapporto investimenti-scadenza concessioni sarebbe stato fondato «per gli investimenti a piena e immediata reddi tività ma non può intendersi estesa agli impianti a produttività differita e per i quali, di conseguenza, gli introiti dei primi anni non coprono integralmente le spese di esercizio, gli am mortamenti e gli oneri finanziari. E al riguardo giova osservare che gli impianti aventi tale caratteristica rappresentano un’ali quota sempre maggiore nei programmi in corso di attuazione o di elaborazione, i quali tengono vieppiù conto delle future esigenze connesse alla espansione del servizio e quindi presen tano margini sempre più ampi di potenzialità non utilizzata». Per questo motivo erano ben motivate le «remore all’attua zione dei programmi di investimento» finché non fosse stato chiarito il «futuro assetto dell’industria di esercizio e la cronica . 57 insufficienza delle tariffe» Se questo era il tono generale della polemica, andando a vedere più nello specifico l’atteggiamento di alcuni protagoni sti si riscontra una maggiore cautela e ricchezza di argomenti. Intanto il neo-ministro delle poste e telecomunicazioni del sesto governo De Gasperi, Spataro, si espresse in termini assai più sfu — — giugno 1950, pp. 19357 ss. 3 56 Seduta del l Apc, Stet, 16° esercizio, cit., p. 8. 7 > — — 761 I PROTAGONISTI DELL’INTERVENTO PUBBLICO GUGLIELMO REISS ROMOLI mali, rinviando più precise decisioni alle conclusioni dei lavori della commissione tecnica da lui stesso insediata nel 195058. Da parte di Romoli, infine, vi fu una precisa dichiarazione contraria a esasperare il rapporto con il governo e il Parlamento (tesi in vece che aveva molti assertori nella Teti e nella Set). Anch’egli, naturalmente, nel 1951 rilevava che i piani aziendali potevano essere realizzati «soltanto con quelle cautele di gradualità che saranno suggerite dagli eventi vuoi tariffari vuoi di carattere più Malgrado ciò, le concessionarie dovettero attendere fino al 1953 per ottenere gli aumenti tariffari richiesti. Il rinvio era stato giustificato dal governo prevalentemente per ragioni di carattere economico generale, dipendenti dalla difficile congiuntura post-coreana. La ripresa in Italia di un sensibile pro cesso infiazionistico (anche se minore di quello fatto registrare continuava Reiss Romoli in una seduta del con strati Questa situazione determinò ripercussioni sui bilanci . 62 aziendali, anche perché le vicende economiche internazionali 760 generale... ma — siglio di amministrazione allo stato attuale vagliata ogni cir costanza apparirebbe sconsigliabile un brusco fermo alla atti vità costruttiva. Occorre naturalmente vigilare anche dal punto di vista delle fasi e aspetti del problema della proroga delle con — — — cessioni, ma in proposito devesi ricordare che a parte i doveri che ci incombono e il clima pubblicistico nel quale operiamo, una decisa inattività delle concessionarie può diventare fattore nettamente negativo sia sotto il profilo della proroga delle con . 59 cessioni, sia sotto quello tariffario» Il senso di responsabilità del direttore della Stet emerge in questa occasione in tutta la sua pienezza, intessuto soltanto di una comprensibile preoccupazione inerente le ripercussioni sulla situazione finanziaria derivante dal ritardato adeguamen . Del resto il loro aumento era richiesto sulla 6 to delle tariffe» base di argomentazioni di non secondaria importanza quale quello che nella loro determinazione venissero riconosciuti non solo gli ammortamenti già previsti dalle convenzioni del in altri paesi europei) aveva infatti suggerito al governo di non innescare processi cumulativi, incrementando i prezzi ammini avevano fatto lievitare i prezzi delle materie prime. Alla Stet pertanto giunse opportuno il perfezionamento di alcune ope razioni finanziarie, quali i prestiti in dollari della Eximbank e quelli in sterline per l’importazione di macchinari. Meno fortuna ebbe invece la proposta, avanzata nel 1952, di un ul teriore aumento del capitale Stet, che venne respinta dall’In e . Dal 1953, però, gli aumenti di ca 63 rinviata all’anno successivo pitale sociale della Stet avranno cadenza annuale fino al 1959 e, soprattutto, saranno attivati in forme tali da raggiungere uno dei principali obiettivi della strategia aziendale di Romoli, quello di estendere la base azionaria il più ampiamente pos sibile (l’obiettivo finale, assai ambizioso, ma sintòmatico del la più recente normativa sulle società, anche per compensare gli insufficienti ammortamenti cui si era stati costretti nei pri la sua visione economico-sociale, era quello di far coincidere azionista e utente). Negli anni della gestione Romoli vennero perciò conseguiti indubbi successi in questo campo, gli azioni sti iscritti al libro soci della società passarono da circa 4.500 nel 1948 a quasi sessantamila nel 1961, con un possesso di azioni medio per socio che passava da 205 a circa 450, ma che, se confrontato con l’incremento del reddito del periodo o con il . 61 mi anni del dopoguerra valore reale delle azioni, significava una quota azionaria media 1925, ma altresì quei maggiori accantonamenti consentiti dal 58 Seduta antimeridiana del 15 giugno 1950, p. 19360 ss. Apc, »Vca del 29 ottobre 1951. »E da notare che le ordinazioni per centrali, ad esem debbono essere passate alle industrie almeno 18 mesi pio continuava Romoli prima del loro impiego e che la domanda di utenza urbana non ha soste. Si è cercato perciò di conciliare queste esigenze con l’opportunità di diluire nel tempo il relativo onere finanziario. Su iniziativa della Stet si è infatti ottenuto che i fornitori di centrale e per le forniture da consegnarsi nel 1952/inizio 1953 (e quindi da ordinarsi nella 2° metà del 1951) si autofinanziassero e consentissero alle concessionarie congrue dilazioni nei pagamenti». >°Verbali del comitato esecutivo (Vce) del 28 febbraio 1951. 61 Stet, Relazioni e bilanci, 160 esercizio, cit. — —, . 64 assai piccola e quindi estremamente popolare Per tornare ora alla questione delle tariffe, l’accordo con il governo venne raggiunto all’inizio del 1953, in seguito al personale intervento del presidente dell’In Isidoro Bonini e dopo che i rapporti delle concessionarie con il governo ave B. Bottiglieri, Congiuntura coreana e leggi economiche eccezionali, in «Economia e lavoro», n. 2, 1982, pp. 69-91. Vce del 23 giugno 1952. 63 Stet, Composizione dell’azionariato, s.d. t4 762 PROTAGONISTI DELL’INTERVENTO PUSBLICO GUGLIELMO REISS ROMOLI vano raggiunto il massimo punto di tensione con la notifica, da parte delle prime, di un formale atto di diffida ai ministeri delle poste e telecomunicazioni e del tesoro, nel quale erano riaffermati «i diritti delle società» e «precisate le eventuali re sponsabilità derivanti dalla inosservanza delle norme di con cessione in materia di adeguamenti tariffari». L’accordo del 1953 conteneva però una novità di grande rilievo per quanto concerneva i rapporti tra Stato e società concessionarie. L’au mento delle tariffe infatti era previsto per una quota del 20% a diretto beneficio delle società e per il 10% da versare in una cassa conguaglio, che le avrebbe successivamente versate alle concessionarie in rapporto alle «spese di esercizio degli im pianti di abbonato entrati in servizio posteriormente allO gen naio 1953»65. In tal modo il governo introduceva una forma di incentivo per l’attività svolta dalle concessionarie dopo il 1953 e in attesa della scadenza delle convenzioni, incentivo che, se non appariva del tutto necessario per il gruppo Stet, si rivelava assolutamente necessario per le due società private, le quali sempre più chiaramente soprassedevano agli investimenti per timore di una loro prossima pubblicizzazione. Si trattava altresì di effettuare un’operazione di integrazione aziendale verticale che si prospettava assai vantaggiosa e sulla stessa linea già adottata dai maggiori gruppi telefonici inter nazionali. Anche in Italia, del resto, mentre le due concessio nane private la Teti e la Set avevano rapporti societari con i produttori di materiali ed equipaggiamenti telefonici (me diante i loro gruppi di controllo), la Stet non aveva mai potuto influire su tale mercato. Romoli, attento ad ambedue questi profili di politica aziendale quello tecnologico e quello orga nizzativo fin dal suo insediamento ai vertici della Stet prov vide ad assicurare stretti rapporti con la società di Milano, so prattutto mediante l’emissione regolare d’ordini di fornitura. Quando, nell’agosto del 947, venne siglato il memorandum d’intesa tra le potenze alleate e l’Italia, in cui si sollecitava il nostro paese a vendere i beni tedeschi sotto sequestro, Romoli, con l’avallo dell’In, inoltrò la domanda al ministero del teso ro per l’acquisto del pacchetto azionario dell’azienda. Come abbiamo rilevato, alla fine del 1947 vi era già un orientamento di massima favorevole a una soluzione di quel genere da parte di Luigi Linaudi, che era ancora alla guida della politica eco nomica italiana. Inoltre, a sostegno dell’iniziativa di Romoli, stava il fatto che la Siemens di Milano dimostrava, malgrado le difficoltà attraversate, di possedere ancora notevoli doti di . vitalità 66 industriale Le trattative col tesoro e col Comitato internazionale per la liquidazione dei beni tedeschi in Italia si protrassero fino all’ot 6. Un processo d’integrazione verticale e l’espansione del gruppo Stet Tra le iniziative di maggior rilievo portate felicemente a compimento da Reiss Romoli nel periodo in cui guidò la Stet, va certamente annoverata l’acquisizione della Siemens spa di Milano. L’interesse della Stet verso la società di Milano era sorto immediatamente dopo il suo sequestro da parte delle autori tà alleate e italiane in quanto bene tedesco (la proprietà era infatti della Siemens tedesca) ed era giustificato dal fatto che i tre quarti delle centrali telefoniche urbane in Italia erano state prodotte dalla Siemens e di queste i tre quinti erano del grup po Stet. Si trattava pertanto di evitare che l’acquisizione della società da parte di altri gruppi produttori di impianti telefoni ci, che adottavano tecnologie diverse, «compromettesse tecni camente e patrimonialmente» gli impianti posseduti dalla Stet. Vce del 14aprile 1951 e del 10febbraio 1053. — 763 — — — tobre 1949, quando la Stet venne indicata formalmente come il rilevatore più idoneo. Romoli promosse immediatamente la perizia tecnica per stimare il valore di acquisto, che diede come risultato un valore complessivo di 2.150 milioni. Questa cifra si contrapponeva alle tre perizie predisposte dal ministero del tesoro, che avevano dato valori piuttosto distanti tra loro: di 3.600 milioni la prima e di circa 1.960 milioni le due successive (avviate per revisione della prima) . Posto di fronte al proble 67 Nota informativa per la seduta del comitato esecutivo del 28febbraio 1950, Vce del 28 t6 febbraio 1950. Ma cenni alla Siemens si trovano già nei Vca del 5 giugno 1948 e dell’S giugno 1949. 6711 complesso Siemens spa di Milano era costituito da tre stabilimenti di produ zione più una sede centrale per un totale, nel 1949, di 4.180 dipendenti e un fat turato di 6,3 miliardi concentrato per il 76% nel settore telefonico. Strettamente 764 PROTAGONISTI DELL’INTERVENTO PUBBLICO ma di fare un’offerta precisa, il comitato esecutivo della Stet delegò Reiss Romoli a gestire tutta la trattativa. Questi perciò avanzò una offerta preliminare di 1.500 milioni, il comitato internazionale propose invece 1.680 milioni a condizione che l’acquirente provvedesse a far versare i debiti della Siemens di Milano verso i tedeschi residenti in Germania. Il comitato esecutivo della Stet decise infine di accogliere queste ultime controproposte nella seduta del 2S marzo 1950 e quindi di ac quistare il pacchetto azionario della Siemens. Nel contempo decise di inviare una lettera al tesoro, in risposta alle richieste che quest’ultimo aveva posto alla Stet su raccomandazione del Comitato internazionale per la liquidazione dei beni tedeschi. Il contenuto della lettera è di particolare interesse poiché forni sce precise indicazioni sul tipo di preoccupazioni delle autorità internazionali e, probabilmente, di alcuni ambienti economici privati italiani che avevano contribuito a ostacolare e rallentare l’iniziativa di Romoli (è noto, ad esempio, che anche la Pirelli era in corsa per l’acquisizione della Siemens), Nella lettera la Stet dichiarava che, come azionista della Siemens, intendeva ispirarsi al principio di continuare a for nire apparecchiature telefoniche agli stessi prezzi e alle stes se condizioni per tutte le concessionarie e per l’azienda di Stato, sempreché queste avessero continuato come in passa to a passare ordini alla Siemens. Inoltre la Stet dichiarava di non voler adottare una politica discriminatoria nei confronti di altre società produttrici di apparecchiature telefoniche e quindi si sarebbe «adoperata» perché «le aziende del proprio gruppo non cambino tipi di apparecchiature al solo fine di togliere ad altre società produttrici la possibilità di fornire tali apparecchiature»»’. Evidentemente, sin dal momento in cui il gruppo torinese aveva avanzato la propria candidatura per l’acquisto della Sie mens, tra i produttori privati di materiale telefonico era sorto il timore che ciò potesse provocare un drastico ridimensiona mento dei rapporti commerciali della Stet con le loro aziende collegato all’acquisto della Siemens fu quello della Sirti, ossia la società che aveva l’esclusione per la vendita in Italia del materiale telefonico interurbano della Siemens e di materiali analoghi fabbricati dalla Face. Vce del 20 marzo 1950. GUGLIELMO REISS ROMOLI 765 e, per altro verso, che la Siemens caduta nell’orbita delle par tecipazioni statali diventasse un potente strumento di pres sione sulle due concessionarie private che pure impiegavano impianti della società milanese. Queste preoccupazioni erano sorte durante le trattative per l’acquisizione della Siemens e ciò chiarisce l’accortezza di Romoli nella gestione delle forni ture negli anni 1947-1949, che furono sempre attentamente ripartite tra le diverse società produttrici. Alla conclusione del la trattativa, tuttavia, Romoli era riuscito a cavarsela con poco danno per superare quel tipo di obiezioni. Infatti, la lettera in viata al ministero ‘non costituiva un impegno vincolante, anche se, indubbiamente, il rispetto rigoroso del testo avrebbe impo sto limiti notevoli all’utilizzo completo dei vantaggi ottenuti dal processo di integrazione verticale che si era così costituito nel sistema telefonico a partecipazione statale. Con l’approssimarsi della scadenza del l1 dicembre 1955, a partire dalla quale lo Stato era libero di dare la disdetta delle concessioni telefoniche, si animava nel paese e in Parlamento il dibattito sul futuro assetto del sistema telefonico italiano. Tra il 1952 e il 1956 si contrappongono tesi assai diverse tra lo — — ro, spesso influenzate più da pregiudiziali ideologiche che da una attenta valutazione dell’esperienza acquisita fino ad allo ra e delle esigenze tecnico-economiche del sistema telefonico italiano. L’opposizione comunista continuava la sua battaglia per la nazionalizzazione di tutto il sistema, imputando sia alle aziende private che a quelle del gruppo Stet una gestione pri vatista a tutto vantaggio degli azionisti privati e a danno della qualità del servizio. Alcuni circoli industriali privati (facenti ca po soprattutto all’Assolombarda), sostenuti dal partito liberale e da alcuni settori minoritarj della democrazia cristiana (vicini all’ex ministro del tesoro Giuseppe Pella), professavano invece la tesi della privatizzazione o, perlomeno, del mantenimento della situazione precedente mediante il semplice rinnovo delle concessioni. Questa era la soluzione su cui contavano anche alla Teti e alla Set. Vi era poi la via intermedia, ossia della «iriz zazione» delle due societ. private e della unificazione del siste ma sotto la guida della finanziaria dell’In, a esclusione del ser vizio interurbano che doveva continuare a far capo all’azien da di Stato. Quest’ultima soluzione venne gradualmente fatta propria sia dai socialisti, i quali, a partire dal 1954, avevano abbandonato l’ohjen-jvn rlpl1ì n lr.r 767 PROTAGONISTI DELL’INTERVENTO PUBBLICO GUGLIELMO REISS ROMOLI obiettivo immediato, sia dalla maggioranza della democrazia cristiana e dei suoi alleati di governo repubblicani e socialde mocratici. Va ricordato inoltre che verso questa soluzione si era orientata sin dal 1952 l’organizzazione sindacale di matrice . 69 cattolica (la Cisl) Mentre la polemica politica non accennava a placarsi, il vertice della Stet preferì astenersi dal prendere una posizione pubblica e, a partire dalla relazione annuale del 1954, contra riamente agli anni precedenti, si collocò in una posizione di attesa che evitava di offrire ulteriori elementi di polemica. Nel contempo, però, l’attività economica della Stet e delle conces sionarie che a essa facevano capo registrava uno sviluppo senza precedenti. Sembrava quasi che Romoli e i suoi collaboratori volessero dimostrare coi fatti l’efficacia dell’originaria formula In, ossia quella che, fondata sul capitale misto pubblico e pri vato, era riuscita a reggere il confronto con le esigenze poste dal mercato, senza sacrificare nulla alla remunerazione dei . 70 fattori produttivi Come già abbiamo notato, le società telefoniche usufruivano della crescita economica generale che continuava a caratte rizzare il paese alla metà degli anni cinquanta, ma, d’altra par te, ciò significava un incremento della domanda del servizio telefonico senza precedenti a cui bisognava far fronte. La Stet di Romoli rispose molto bene ai nuovi impegni, soprattutto a partire dal biennio 1952-53. Gli incrementi tariffari dell’inizio del 1953 stimolarono gli investimenti da parte delle tre conces sionanie, le quote per gli ammortamenti registrarono un balzo notevole e raggiunsero finalmente standard adeguati. Significativamente, invece, i dividendi della Stet e delle con cessionarie vennero confermati sui livelli degli anni precedenti (a eccezione della società Timo che passava al 6% in due anni, dopo che per tutti gli esercizi precedenti aveva offerto un ren dimento del 4%, ossia 3 punti in meno di quello della Stipel . 71 Malgrado ciò tutti gli aumenti di capitali, che e della Telve) ormai avvenivano a cadenza annuale, ottennero un’ottima ac coglienza tra gli investitori privati, cosicché la Stet poté sempre vantarsi di aver finanziato il proprio sviluppo senza ricorrere alle casse dello Stato. Quest’ultima circostanza provava che la fiducia del pubblico nel gruppo guidato da Romoli andava al di là del vantaggio immediato cui inevitabilmente facevano af fidamento gli investitori privati, si guardava alla solidità finan ziaria della Stet e agli impegni programmatici sul piano degli investimenti delle tre concessionarie. Su questo secondo aspetto, dopo le incertezze della fine degli anni quaranta, si era imboccata la via della risposta sen za indugi alla domanda di servizio telefonico proveniente dal paese. Alla fine deI 1956 si erano già quintuplicati gli abbonati rispetto al 1946, facendo passare la densità telefonica da circa 2 apparecchi ogni cento abitanti a oltre 6. Ma non si trattava soltanto di una risposta alla domanda di ordine quantitativo. Aveva fatto un balzo in avanti anche il livello tecnologico de gli impianti e del servizio. Perciò nel 1956 la Stet costituiva un gruppo economico di rilevanti dimensioni. Contava ben 15.580 occupati (5.000 in più del 1946) e la sua attività dava impulso a un giro di affari che coinvolgeva altre decine di mi gliaia di occupati. Anche la produttività aveva raggiunto livelli ragguardevoli; lo provavano due indici (che hanno soltanto valore indicativo), il rapporto abbonati/dipendenti e quello apparecchi/dipendenti, balzati dal 1945 al 1956 rispettivamen te da 29 a 79 e da 41 a 100. Era altresì significativo che gli in crementi di tali indici fatti registrare dalle due concessionarie private e in particolare dalla Set, erano ben più 72 . ridotti I successi aziendali della Stet ottennero maggiore influen za sul dibattito politico in corso di qualunque altra possibile iniziativa di pressione. Infatti anche il confronto parlamentare dovrà riconoscere i progressi compiuti dalle società telefoniche a partecipazione statale. Le relazioni parlamentari ai bilanci del ministero delle poste e teleconìunjcazjonj nel 1954, 1955, 1956 e gli interventi dei ministri Cassiani (governo Scelba, 1954-55) e Braschi (governo Segni, 1955-57), erano ben più prudenti dei 766 Si vedano soprattutto i dibattiti parlamentari sui bilanci del ministero delle po ste e telecomunicazioni negli anni 1954, 1955 e 1956. °°Stet, Relazioni e bilancio, 20° esercizio, Torino, 1954, pp. 13 Ss. “Dal 1949 al 1952 la quota di ammortamento delle tre concessionarie era rimasta stazionaria in valore assoluto e quindi era diminuita in relazione al capitale socia le. Nel bilancia del 1953-54 si registra invece un balzo rilewnte da 1.100 milioni a 2.200 per la Stipel, da 350 a 550 per la Telve e da 200 a 550 per la Timo. 72 Stet, Relazioni e bilancio, 22° e 23° esercizio, Torino, 1956 e 1957. 769 PROTAGONISTI DELL’ INTERVENTO PUBBLICO GUGLIELMO REISS ROMOLI . In genere 73 loro predecessori nei giudizi sul sistema telefonico venivano rilevate ancora alcune inefficienze e l’inadeguatezza di molti aspetti del servizio, ma oramai si potevano registrare fattori positivi come la riduzione del divario tra domanda del servizio e potenzialità degli impianti, oppure il fatto che in mol te aree urbane del centro-nord gli indici di intensità per abbo nati e numero di apparecchi erano già confrontabili con quelli sui dei maggiori paesi industrializzati. I principali punti deboli quali venivano concentrate le critiche erano la rete telefonica nei centri minori e la situazione nel Mezzogiorno. Per quanto concerneva i centri minori e le campagne ciò dipendeva in larga misura dai costi elevati dei nuovi impianti derivanti dell’enor me frammentazione del sistema amministrativo italiano e dalle caratteristiche geografiche dell’Italia rispetto a quelle degli al tri paesi europei; per quanto concerneva il Mezzogiorno vi era invece un comune giudizio critico per l’insufficiente impegno . 74 della concessionaria privata Set italiano. Alcuni, a livello politico, pensarono che ciò avreb be significato la disdetta delle concessioni soltanto per le due società private, e quindi si sorpresero quando dal ministero giunse comunicazione di disdetta per tutte e cinque le conces . Era evidente però che ciò stava a significare soltanto 76 sionarie l’intenzione del governo di ridiscutere con la Stet i termini del le convenzioni, per aggiornarle ai nuovi compiti imposti dallo sviluppo del paese. Romoli, in particolare, non sembrò sorpre so di tale modo di procedere, anzi si può affermare che ciò assecondasse il suo disegno che era volto a cogliere l’occasione del riassetto del sistema telefonico per ridefinire alcuni punti superati delle convenzioni del 195. Del resto, la decisione del 768 7. Una proposta strategica per ilfuturo assetto delle telecomunicaziofli italiane Alla luce di questi dati, nel momento in cui veniva ricon fermata l’opportunità tecnica di dare unitarietà al sistema te lefonico italiano (queste erano state le conclusioni dei lavori della commissione tecnica insediata nel 1950 e rese note nel 1954), e dal momento che risultavano ampiamente minoritane in Parlamento le tesi, opposte, della nazionalizzazione e del mantenimento dello status quo, la Stet diveniva l’elemento centrale del processo di riorganizzazione del settore. Al vertice della società torinese e a Romoli in particolare non dovettero perciò giungere inaspettate le parole che il ministro l3raschi pronunziò alla Camera nel maggio 1956, in cui si comunicava l’intenzione di concentrare nell’Iri tutto il sistema telefonico ThApc, Seduta del 29aprile 1954, pp. 7440 SS.; e Aps, Seduta del 13 luglio 1956, pp. 17833 ss. Apc, Seduta pameridiana del 21 ottobre1955, pp. 21344 ss. 74 del Cir, ii di sviluppo. Cinque anni di lavam, a cura della segreteria generale 75 Roma, Istituto poligraiÌco dello Stato, 1958, pp. 309-314. governo, pienamente sostenuta dal nuovo presidente dell’Iri, Aldo Fascetti, costituiva un indubbio successo personale per Romoli che vedeva accresciute di molto le sue responsabilità. Si pu inoltre affermare che, malgrado il suo giudizio pubbli co durante la fase più delicata del processo decisionale in sede politica, il nuovo assetto dato al servizio telefonico costituiva la realizzazione delle sue idee. Ne sono conferma, in primo luo go, i suoi continui cenni al bisogno di unitarietà del servizio, che non avevano mai assunto la forma di una precisa proposta organica solo per ovvi motivi di non interferenza nell’opera di aziende concorrenti; in secondo luogo, la sua fiducia nella for mula Iii, a confronto sia di quella privatistica (che aveva com battuto fn dai tempi del piano Itt) sia di quella nazionalizzatri ce, a cui contestava la scarsa dinamicità dell’amministrazione statale, inadatta alle caratteristiche tecnologiche assai mutevoli del servizio telefonico. Reiss Romoli, confermando le doti di manager pubblico restio a comparire sulla scena della polemica politica e scevro da asrsattezze dottrinarie, offrirà pubblicamente un’organica descrizione del suo disegno strategico nella redazione del testo delle nuove convenzioni e, successivamente, soltanto a cose fatte, in un articolo del 1958 pubblicato dalla rivista «Lo Sta to sociale», diretta da Giuseppe Pella (fu perciò sintomatico che Pella facesse precedere l’articolo di Romoli da una nota redazionale in cui si prendevano le distanze dal contenuto del ‘ 6 Si veda in particolare la discussione in Senato del luglio 1956: Aps, Sedute 11-13 luglio 1956, pp. 17732 ss. 770 PROTAGONISTI DELL’INTERVENTO PUBBLICO testo, benché si dovesse riconoscere la competenza e l’autore volezza del suo autore) In questo scritto il direttore della Stet sottolineava innanzi tutto l’opportunità della decisione governativa che poneva le premesse di un’unificazione del servizio imposta da «ragioni tecniche, industriali, funzionali, finanziarie e socio-politiche». Non a caso essa era stata adottata (su basi pubbliche o private) in tutti i paesi sviluppati. L’irizzazione, aggiungeva Romoli, costituiva per l’Italia la possibilità di conciliare il raggiungi mento di quelle «finalità generali che sono implicite nei servizi pubblici», con l’attuazione di «una gestione di tipo privatistico e quindi economica, dinamica e duttile». Romoli tuttavia la mentava che il processo di unificazione del servizio non fosse stato completato, poiché ne era rimasta esclusa l’azienda di Stato. Egli perciò si augurava che si risolvesse nel senso indi cato anche questa ultima ingiustificata separazione. Nella se conda parte dell’articolo Romoli si sofferma sulla questione ta riffaria che tante polemiche stava suscitando nel paese. Vi era chi obiettava che si volesse far pagare agli utenti l’irizzazione delle due concessionarie private e chi, dal lato opposto, negava l’opportunità degli aumenti ora che il settore telefonico era caduto completamente nelle mani pubbliche. Tutte e due que ste obiezioni si affidavano però a postulati che mettevano in discussione, ben oltre i problemi tariffari, gli stessi principi sui quali muoveva l’azione manageriale di Romoli. Egli comprese quindi l’importanza di contestarle proprio nel momento in cui la Stet si accollava nuove responsabilità. E in questo senso il contenuto dell’articolo Costituisce una specie di testamento di Romoli (che morirà tre anni dopo). Rispetto alla prima obiezione degli aumenti tariffari richie sti dalla Stet, Romoli non faticò molto a provare che essi deri vavano dalle lievitazioni dei costi per l’obsolescenza repentina degli impianti dovuta al progresso tecnologico. Del resto era impensabile per Romoli di dover continuare a penalizzare le esigenze di manutenzione e autofinanziamento stanziando quote di ammortamento insufficienti. Alla seconda obiezione Romoli contestava l’ipotesi secondo cui la Stet avrebbe dovuto . G. Reiss Romoli, Problemi telefonici: riassetto organizzativo ed adeguamento tariffario, 77 in >.Lo Stato socia1e», n. 3, i055, pp. 444-457. GUGLIELMO REISS ROMOL1 771 improntare la propria attività in chiave redistributiva e sociale. L’ampliamento e il mantenimento di una fascia di utenza dai connotati sociali erano compiti cui Romoli prestava la massima attenzione, ma nelle condizioni di rapida crescita economica che contraddistingueva il paese, «lo sviluppo della rete telefo nica aveva scopi specificamente produttivi», soprattutto verso le imprese. Un tale ruolo quindi non aveva ragione di essere svolto a un prezzo politico gravante sul bilancio dello Stato, bensì doveva essere fatto pagare come recitava un articolo delle nuove convenzioni appena siglate col governo secondo «l’effettivo costo industriale dei servizi.., tenendo presenti tutti gli elementi comparativi di costo e di rendimento di analoghi servizi all’estero». Si rintraccia in queste parole una visione previdente e lun gimirante delle funzioni e dei criteri di gestione di una im presa a partecipazione statale, che ci permette di concludere questo profilo di imprenditore pubblico riassumendo alcuni principi ispiratori dell’opera di Reiss Romoli. Principi che egli aveva tentato con tutte le sue forze di far recepire nel testo del le nuove convenzioni siglate tra Stato e società concessionarie. In primo luogo, quello della redditività aziendale quale pre Supposto di un proficuo rapporto con il mercato dei capitali privati. Tutta la sua azione nei quindici anni in cui fu ai vertici della Stet si può infatti ricondurre al tentativo, ampiamente raggiunto, di conciliare estensione ed efficienza del servizio con l’equa remunerazione dei capitali investiti. Del resto, per Romoli non v’erano altri parametri di riferimento altrettanto capaci di misurare l’efficienza aziendale come il mercato e il profitto. E vero che nella seconda metà degli anni cinquan ta, soprattutto in occasione dell’istituzione del ministero del le partecipazioni statali, vennero da varie parti proposti altri parametri di riferimento, quali un principio di economicità riferito ai bisogni generali del paese e a obiettivi di redistribu zione, ma negli ultimi anni in cui Romoli visse essi rimasero quasi sempre così indefiniti da non poter suscitare un qualche interesse in chi era stato educato a misurarsi pragmaticamente con i problemi aziendali. Un altro principio che aveva mosso l’opera di Romoli, in stretto collegamento con l’obiettivo di accrescere l’efficienza di tutto il sistema telefonico italiano, concerneva l’unitarie tà del sistema. Su questo versante della sua azione aveva po — — 772 PRoTAGONISTI DELL’INTERVENTO PUBBLICO l’acquisiziotuto registrare soltanto una vittoria parziale, con ma non ne nella Stet delle altre due concessionarie private, successivi dell’azienda di Stato. Come è noto, nei due decenni telecomudelle italiano sistema il alla scomparsa di Romoli, tecnologi nicazioni, malgrado l’enorme progresso sul piano che dell’unitarietà, piano co, non ha fatto molti progressi sul aspre di oggetto e quindi ancor oggi è un problema aperto di «un grande ser polemiche. Per questo motivo, la biografia Einaudi in una vitore dello Stato», come ebbe a definirlo Luigi un im sua famosa «predica della domenica», non soltanto forse può pegno storiografico dovuto all’opera di Romoli, ma soluzione di problemi essere utile a rintracciare stimoli per la di grande attualità. AGOSTINO ROCCA (1895-1978) di Paride Rugafiori Nato a Milano il 25 maggio l95, si laurea ingegnere industriale elettro tecnico presso il Politecnico di Milano. Assunto dalla Dalmine nel 1922, diventa nel 1925 ingegnere capo delle fabbricazioni e brevetta importanti processi tecnici. Nel 1926 inizia in qualità di ispettore tecnico la propria collaborazione con la Banca commerciale italiana: nel 1929 esce dai ruoli della Dalmine e passa all’ufficio tecnicoindustriale della Comit. Segretario del Comitato per la siderurgia bellica speciale (1934), ammi nistratore delegato dell’Ansaldo (1935-1945), della Siac e della Terni (19351938), amministratore delegato (1935) e direttore generale (1938) della Dalmine, ricopre, dal 1938 al 1940, la carica di direttore generale della Fin sider. Dimessosi da ogni incarico nel 1945, lascia l’Italia nel 1946: muore in Argentina il 17 febbraio 1978. 1. Laformatione tenico-imprenditoria1 Che dirigenti e imprenditori industriali, con l’eccezione di alcuni, isolati casi, non abbiano attirato fino a tempi recenti l’interesse e l’impegno di ricerca degli storici, è fatto risaputo e incontestabile, parte di un più generale e grave ritardo della storiografia italiana nei confronti dello studio dell’industria. Ri tardo che non è possibile giustificare se non con l’essere stato, il nostro, paese di «seconda industrializzazione». E tuttavia, nel caso di Agostino Rocca, una qualche ragione plausibile può es sere portata a parziale giustificazione di una carenza protrattasi a lungo e in via di superamento da non più di due anni a questa