Nessun Compromesso
Un romanzo di Massimiliano Di Giorgio
~2~
2006-2013
Autoprodotto da Massimiliano Di Giorgio
In copertina un disegno di Patamelie
NESSUN COMPROMESSO
INDICE
Capitolo 1; 6
Capitolo 2; 16
Capitolo 3; 24
Capitolo 5; 45
Capitolo 6; 57
Capitolo 7; 65
Capitolo 8; 78
Capitolo 9; 82
Capitolo 10; 91
Capitolo 11; 98
Capitolo 12; 111
Capitolo 13; 122
Capitolo 14; 130
Capitolo 15; 135
Capitolo 16; 150
Capitolo 17; 161
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"I say, break the law"
Henry David Thoreau
“I fought the law and the law won”
Sonny Curtis
(ma nella versione dei Clash)
NESSUN COMPROMESSO
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Non posso dirvi dove mi trovo adesso. Ho anche
spento il cellulare e staccato la batteria. Silvano ha
sempre detto che è più sicuro così.
Forse non si stanno dando troppo da fare per
cercarmi. Forse, non mi cercano proprio. Meglio
non fidarsi, però.
Ieri il bancomat si è mangiato la carta che avevo
preso a mio padre, anche se non avevo nessuna
intenzione di prosciugargli il conto. Mi serviva solo
qualche soldo, per sicurezza.
Però, siccome ho pensato che l'avrebbe fatto, alla
fine, che avrebbe bloccato la carta, ho già preso
250 euro.
In fondo non sono tanti, 250 euro. Non se sei in
mezzo alla strada, la polizia ti cerca e vorrebbe
trovarti anche una banda di criminali, il tuo
miglior amico è morto e gli altri del tuo gruppo a
quest'ora sono stati arrestati. E sicuramente
raccontano che loro non c'entravano niente. Che sei
stato tu, a montargli la testa. Tu e quell'altro, un
mezzo sbandato che non s’è mai saputo se studiava
o se lavorava. O se magari si drogava.
Fa niente. Io non torno indietro, non faccio
compromessi.
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CAPITOLO 1
Mercoledì 12 settembre
L'attico è ancora illuminato dal sole. Mi sono
tolto le scarpe e adesso, a piedi nudi, sento il calore
che ancora conserva il pavimento di mattonelle del
balcone. Fra poco anche noi saremo inghiottiti dalla
penombra, come il resto del palazzo. A settembre è
sempre così, il tramonto arriva rapidamente.
La festa è cominciata. La musica è già quasi al
massimo del volume, ma nessuno si muove,
nessuno balla. Qualcuno parla, invece, si scambiano
frasi corte e rapide. Il citofono suona.
Nell'attesa, continuo a fumare una sigaretta dopo
l'altra e guardo di sotto. Dal nono piano sembra di
osservare una città–giocattolo, una città di
miniature. Osservo per un po’ le figurine animate,
laggiù. Ogni tanto mi chiedo cosa si prova, a essere
una figurina.
Silvano è di spalle, con il walkman acceso, come
al solito. Provo a chiedergli se vuole qualcosa da
bere, ma non sente un accidente.
Poi, d'improvviso si gira, si toglie le cuffiette e mi
si mette accanto. Guarda anche lui di sotto per un
po'.
NESSUN COMPROMESSO
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“Lo facciamo stanotte”, mi dice.
“Sicuro?”. Giro la testa per non soffiargli il fumo
in faccia.
Silvano non fuma, non beve alcolici, non balla.
Alle feste, si limita ad ascoltare il suo walkman e a
sorridere. Però non si rompe, dice lui.
“Lo facciamo stanotte – mi ripete – Ce ne
andiamo verso le 2, quando la festa è quasi finita.
Dillo anche agli altri”.
Poi si rimette le cuffie e continua a guardare di
sotto.
Giovedì 13 settembre
Le 3 di notte.
Sullo stipite in marmo, accanto alla saracinesca
del negozio, gli adesivi dei metronotte sono incollati
uno sull'altro, a casaccio. L'ultima guardia è passata
verso le due, assicura Silvano, che ha passato la
settimana a ispezionare il posto come un bravo
scout.
Tira vento. Mauro, dall'angolo, fa dei gesti verso
di noi. Ha visto un'auto arrivare. È abbastanza
lontana, ma adesso la vediamo anche noi. Ci
mettiamo tutti a camminare verso l'altro l'angolo,
con le mani in tasca, in silenzio. La macchina passa
rapida, portandosi appresso l'eco della musica,
NESSUN COMPROMESSO
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tum–tum–tum. Ci fermiamo, poi facciamo
dietrofront.
Di nuovo, si sente solo il rumore del vento.
Silvano tira fuori dal giacchetto il tubetto di
supercolla che ha comprato al Brico. Cesare agita la
bomboletta di vernice nera e, mentre Silvano
comincia a incollare le due serrature, in basso, lui
traccia la prima scritta, tutta in maiuscolo:
ANIMALE=ANIMA.
Sembra una tag, con quelle lettere tutte stilizzate.
Speriamo che chi la legge capisca qualcosa.
Intanto Francesco traffica con le sue vecchie
chiavi, cercando di spezzarne una nella serratura in
alto, quella che accende il motorino di sollevamento
della saracinesca.
Silvano ha finito il suo lavoro, sembra
soddisfatto. Cesare ha già tracciato la seconda
scritta, stavolta in rosso, sempre in maiuscolo: NO
ALLA SCHIAVITU' DEGLI ANIMALI, e ora è
passato alla firma: Nocompromise, No in rosso e
compromise in nero. Mauro ed io, nel frattempo,
con il cappuccio della felpa tirati su, ci guardiamo
intorno.
Cinque minuti più tardi, siamo in macchina. La
Punto che Mauro ha chiesto in prestito alla madre.
L’abbiamo parcheggiata sufficientemente lontana
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dal negozio. Avevamo pensato di rubarne una, ma
nessuno di noi è capace. Impareremo.
“Siamo forti eh, Silvano?”, chiede Mauro, ma è
una di quelle domande che non cercano veramente
risposta.
Silvano ha sempre le cuffiette nelle orecchie.
Sorride in quel modo tutto suo, guardando da
un'altra parte.
Eccomi qui, mi dico quando sono a letto, nel
buio, con la musica nelle cuffie del walkman.
Finalmente faccio parte di qualcosa anch’io.
Io. Un tipo abbastanza regolare, studente
universitario, secondo anno di Lettere, futuro per
ora incerto, occupato saltuariamente come
fattorino, genere recapito pacchi–regalo col
motorino.
Mauro, ultimo anno di liceo classico, ripetente,
canta in un gruppo che fa cover dei Rage Against
The Machine.
Francesco, venditore di spazi pubblicitari per una
radio commerciale, studi di Giurisprudenza ormai
alle spalle, con un solo esame sul libretto.
Cesare, disegnatore per passione, studente di
Economia per volontà paterna (suo padre fa il
commercialista), irregolarmente fidanzato con una
che suona il flauto nelle stazioni della metro.
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Silvano, il più anziano del gruppo, cameraman ai
matrimoni quando gli capita, ha vissuto per un anno
a Parigi, credo. Ogni tanto sparisce ma non gli
chiediamo mai dove va, né quando torna.
Siamo i soci fondatori di Nocompromise, gruppo
di cui non avete mai sentito parlare perché è
stanotte che abbiamo compiuto ufficialmente la
nostra prima azione.
Dovrei studiare, ma non mi va per niente. Mi
sono addormentato alle cinque e mi sono svegliato
presto, con l'ansia. In casa non c'è nessuno. Faccio
colazione guardando Mtv, ma c'è una di quelle
rubriche stupide con la striscia degli sms degli
spettatori che scorrono. Stupidi ragazzini in attesa
di tornare a scuola.
Guardo fuori dalla finestra: non piove ancora. Mi
vesto rapidamente, prendo lo SH 50 e torno sul
luogo del delitto, il negozio di animali che abbiamo
visitato stanotte. Da casa mia ci vogliono venti
minuti. Abbiamo scelto un obiettivo che sia
ragionevolmente lontano dalla zona dove abitiamo.
Elementari regole di sicurezza. Non si sa mai.
La brezza mi risveglia, accelero un po'. Eccolo là,
il negozio. La saracinesca è ancora abbassata, le
scritte che abbiamo lasciato si leggono bene. Un
paio di operai trafficano con le serrature.
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Mi sento molto, molto orgoglioso. Poi, quando
penso agli animali che sono ancora lì dentro, nelle
loro gabbie, al buio, mi viene un po' di tristezza.
Quando nel mio campo visivo entra la faccia
grassoccia e interrogativa di un vigile urbano
capisco di aver passato un po' troppo tempo a
fissare la saracinesca, senza accorgermi dell'auto
della municipale. Allora spengo il motore, accosto lo
scooter al marciapiede, metto il cavalletto e vado
verso il bar, giusto accanto al negozio di animali.
“Per me sono stati quelli del centro sociale”, sta
dicendo una donna al barista, con la tazza del caffè
in una posizione incerta tra il bancone e la bocca. È
la proprietaria del negozio.
“Che dicono i vigili urbani?”, le chiede il barista.
“Che dicono? Niente, che sono cose che
succedono. Solo che dobbiamo cambiare le
serrature. È una bella scocciatura, oltre che una
spesa. Vorrei tanto che a quelli che l'hanno fatto gli
cadessero le mani”.
Dalla gioia vorrei saltare, ma mi limito a
ordinare un cappuccino.
Dice il saggio: dopo un’azione che ha avuto
successo, il militante rischia di avere due reazioni
estreme. La prima – e sta per accadere a me – è la
sensazione di camminare a mezzo metro da terra,
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con l’espressione di uno che si è appena fatto una
canna.
La seconda reazione è la paranoia, il timore che
qualcosa sia andato comunque storto e che loro – i
poliziotti – siano già sulle tue tracce.
Entrambe le reazioni sono pericolose. Bisogna
essere zen.
In realtà, l’attacco al negozio di animali non è
stata la nostra prima azione. O meglio, è stata la
nostra prima azione rivendicata.
Qualche notte prima ci eravamo esercitati a
sabotare un bancomat.
E quello stessa notte ho anche deciso che avrei
dato sfogo anche alle mie velleità letterarie,
scrivendo un piccolo manuale destinato agli
aspiranti animalisti radicali. Con dentro qualche
consiglio tecnico, ma anche un po’ di ironia.
A Silvano e agli altri non l’ho mai detto, però,
perché mi vergognavo un po’.
Dal manuale “Anonima Animalisti”
Come sabotare un bancomat
Certe volte, anche una tessera telefonica può
diventare un'arma. No, non per ammazzare qualcuno,
ma per combattere la nostra piccola guerra animalista.
È molto semplice. Prima di tutto, infilate un paio di
guanti usa–e–getta, del tipo che si comprano in una
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qualsiasi ferramenta un po' fornita. Poi prendete la
tessera esaurita che avete conservato nel portafogli e
pulitela per bene con un panno. Magari passateci sopra
un po' di alcool. Fatto? Bene, adesso bisogna passare
all'azione.
Prima di tutto, occorre "testare l'arma". Allora:
scegliete uno sportello bancomat ragionevolmente
lontano da casa. Non importa di quale istituto bancario,
basta che non sia quello che volete attaccare in seguito.
Andateci di notte, ovviamente, ma non troppo tardi,
perché sennò potreste attirare l'attenzione di qualche
volante o dei metronotte. Andateci in tarda serata,
diciamo. Se siete in motorino o in macchina, non
parcheggiate davanti alla banca, ma un po' più lontano,
almeno tre–quattrocento metri.
Mentre vi avvicinate allo sportello, infilatevi i guanti,
poi prendete la tesserina e spargeteci sopra il collante.
Un bel po', stando attenti a non sporcarvi.
La maggior parte dei bancomat ormai sono controllati
da una telecamera. Ragion per cui indossate un cappello
con una visiera abbastanza larga o, meglio ancora, un
passamontagna. È sempre meglio essere prudenti.
Anche se non siete stati mai fermati dalla polizia, avete
sicuramente passato la visita per il servizio militare (be’,
sì, se siete maschi0), avete una carta d'identità, una
patente, un passaporto. Da qualche parte siete registrati,
insomma. Conoscono la vostra faccia.
Non vi vestite con abiti troppo appariscenti. Ci vuole
sobrietà, sempre, quando siete in azione. La miglior
divisa di un guerrigliero è giacca e cravatta. Certo,
talvolta è un po' scomodo vestirsi così, però il vantaggio
principale è quello di poter passare indisturbati
pressoché ovunque. Di solito i portieri, i controllori e le
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guardie in genere non fanno caso a quelli in giacca e
cravatta. Non è un abbigliamento sospetto.
Dove eravamo? Ah, sì. Adesso che vi siete infilati il
passamontagna – sì, è un po' complicato tenendo la
carta telefonica piena di colla in mano – passate
all'ultima fase. Infilate la tesserina nel lettore, senza
spingere troppo. Se tutto va come dovrebbe,
complimenti. Avete messo fuori uso il bancomat senza
molto sforzo, ma con qualche fastidio per la banca e i
clienti.
Ci sono alcuni bancomat che hanno un sistema anti–
effrazione abbastanza sensibile, e che dunque
potrebbero scambiare la vostra azione per un volgare
tentativo di rapina, allertando la sala operativa
dell'istituto di vigilanza incaricato della sorveglianza.
Oppure, potrebbe cominciare a suonare una sirena. O,
più semplicemente, il sistema che avete usato non ha
funzionato. In tutti casi, non restate lì ad attendere il
peggio.
Appena
avete
infilato
la
tesserina,
squagliatevela.
Se il test è fallito, organizzate un’altra azione, provate
con un'altra banca, e magari cambiate tipo di tessera.
Ce ne sono di più rigide. Per esempio, molte carte
telefoniche straniere pesano il doppio di quelle italiane...
Il nostro obiettivo, quella notte, era la Cassa
Romana. È la banca che sponsorizza i convegni del
Giovanni Bianchi, un istituto di ricerca sul cancro
che in realtà produce soprattutto vivisezione, il
peggiore dei crimini contro gli animali.
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La vivisezione fa orrore un po' a tutti. Molti però
la giustificano spiegando che alla fine, con quegli
studi si possono salvare tante vite umane.
Daresti la vita di tuo figlio malato contro quella di
una scimmietta? No, certo, che no. Poi però non ti
spiegano che un gatto, o una scimmia, per quanto
mammiferi, sono molto diversi dagli umani, hanno
meccanismi di assimilazione differenti dai nostri:
dunque i risultati di quelle ricerche possono
rivelarsi inefficaci. Talvolta pericolosi. E in ogni, per
essere accettati, i nuovi farmaci devono essere
sperimentati anche sulle persone.
Allora, a che scopo massacrare tante povere
bestie? E poi, a che serve far ingerire a una scimmia
un'intera scatola di compresse per l’acido di
stomaco, o un pesticida? Per vedere che effetto fa?
Non basta scrivere sulla confezione di un farmaco di
non superare la dose consigliata? No, chi pratica la
vivisezione è un bastardo.
Il nostro tentativo, in ogni modo, andò male. La
macchina sputò fuori sia la prima che la seconda
tessera che, avventatamente, avevamo provato a
infilare, invece di allontanarci subito e di corsa.
NESSUN COMPROMESSO
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CAPITOLO 2
Giovedì 13 settembre, aggiunta
Nella facoltà di Scienze politiche non c’è ancora
molta gente in giro di questi tempi. Uno studente
scruta le bacheche nella speranza che la data di un
esame sia slittata. Lo so, lo posso quasi sentire
mentre sta pregando Dio di concedergli anche solo
qualche giorno in più.
Una donna delle pulizie trascina un cigolante
carrello delle scope lungo il corridoio e dalla faccia
capisci che se per te è una bella giornata, Be’, per
altri forse sarebbe stato meglio che non fosse
iniziata.
I pc del laboratorio elettronico, in cui metto piede
per la prima volta, sono quasi tutti liberi. Ne scelgo
uno in un angolo isolato, lo accendo.
Prima guardo il sito web di Repubblica, poi tiro
fuori dalla borsa a tracolla il dischetto dove ho già
salvato un breve testo. A quel punto digito
l’indirizzo di anonymize.info: una volta dentro,
torno sul sito di Repubblica, scelgo la pagina dei
forum ed entro il nickname di Napo, sì, l’orso dei
cartoni animati che parla in napoletano e va in giro
in moto. Appiccia ‘a motocicletta, Babà.
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Nel forum si discute di calcio, se anche stavolta
sarà la Juventus a vincere il campionato. Ma chi se
ne frega. Copio e incollo il testo dalla finestra di
Word già aperta. È un testo molto semplice. C’è
l’indirizzo del negozio di animali che abbiamo
colpito stanotte, una frase che ho copiato in una
rivista – I veri terroristi sono le persone e le
industrie che infliggono sofferenze e pene a milioni
di animali innocenti per scopi infami tutti i giorni –
e la firma Nocompromise.
Fatto. Premo invio per postare il mio commento,
chiudo la finestra del browser ed estraggo il disco.
Tra poco il moderatore del forum si accorgerà di
quello strano messaggio, lo cancellerà da quelli
visibili e avvertirà il suo capo. Il quale, dopo essersi
consultato con qualche altro capoccia, chiamerà la
polizia.
La Digos verrà e farà quattro chiacchiere con il
moderatore e gli altri. Quando il tecnico della polizia
cercherà di capire se può rintracciare la provenienza
del messaggio, si troverà davanti a una serie di
tracce che lo rimbalzano da un provider all’altro, da
un paese all’altro.
E Napo? Scomparso, sparito, volatilizzato,
perduto, grazie a quel sito pirata che, finché non
verrà chiuso – ma poi ne spunterà un altro da
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qualche altra parte – ti garantisce la possibilità di
surfare sul web in pieno anonimato.
Venerdì 14 settembre
Il giorno dopo, mi becco un cazziatone furioso da
parte di Silvano.
“Ne avevamo già parlato, non dirmi che non te ne
ricordi, che ne abbiamo già parlato”, sibila.
Raramente l’ho visto così arrabbiato. Di solito,
non sai mai quel che sta pensando, quello che prova.
Qualche volta mi sono chiesto se non sia un
fantasma, un vampiro, una di quelle creature che,
quando le riprendi con la macchina fotografica, ti
accorgi che vengono sfocate.
“Se proprio non vedevi l’ora di rivendicare
l’azione, dovevi fare come abbiamo sempre detto:
stampare il testo, fotocopiarlo, fare una fotocopia
della fotocopia. E spedirlo per posta”, pontifica.
Lo so: non devi usare guanti di lattice troppo
sottili, per sigillare la busta, perché possono lasciare
impronte. E non devi usare la saliva per attaccare i
francobolli, perché possono prelevare il tuo Dna.
Poi: non devi scrivere a penna l’indirizzo, perché
possono fare una perizia calligrafica.
Non devi parlare di queste cose al cellulare, né al
telefono fisso. E devi cercare di usare solo cabine
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che funzionano con le monete, se proprio occorre
parlare, mai schede telefoniche nuove, che vanno
buttate immediatamente dopo l’uso nel caso,
pulendole prima. Non si sa mai.
Se devi consultare Internet per quelle cose lì, fallo
da un Internet caffè o da una postazione pubblica,
cambiando magari spesso luogo, ed evitando di
consultare la tua posta elettronica. Non si sa mai.
Potrei rispondere che lo so, che so tutte queste
cose, ma che ho preso tutte le precauzioni del caso, e
che comunque dobbiamo rivendicare le nostre
azioni, se non altro per far venire voglia anche ad
altri di compierle, ma non dico niente.
Non sto guardando gli altri ragazzi, ma so che
loro guardano me e che in fondo provano un po’ di
soddisfazione perché anch’io, quello che loro
considerano il braccio destro di Silvano, posso
sbagliare.
Mauro ci porta del tè, mentre la musica suona a
tutto volume, casomai qualcuno ci stesse ascoltando
di nascosto.
La nostra azione si è meritata un titoletto nelle
pagine della cronaca cittadina. C’è scritto quel che
abbiamo fatto, gli slogan che abbiamo lasciato sulla
saracinesca del negozio di animali. Gli operai hanno
sbloccato le serrature in mezz’ora, in realtà. C’è
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scritto che Nocompromise è il nome di un sito
Internet di “estremisti animalisti”, sostenitori
dell’Animal Liberation Front. Adesso, per la Digos
siamo emuli dell’Alf, o forse “ecoterroristi”. C’è
scritto anche della rivendicazione lasciata sul forum
di Repubblica.
A Silvano l’ho detto ieri sera, quel che avevo fatto.
Lui mi ha guardato senza rispondere, si è rimesso le
cuffiette. Ma oggi ho avuto diritto al mio piccolo
processo politico.
Martedì 25 settembre
La voglia di studiare non m’è tornata, ma mi dico
che l’esame di geografia lo passo quando voglio.
Sono un paio di giorni che con gli altri non ci
vediamo e Silvano sta lavorando. Penso e ripenso a
come farmi perdonare, e decido di spugnare per
bene un McDonald’s.
Ho comprato a un discount quattro grosse
spugne e le ho imbevute d’acqua. Poi sono salito
sulla terrazza del condominio e ho cominciato a
prepararle. Una per una, le ho strizzate poi ho
cominciato a legarle strette strette con la corda che
ho comprato da un ferramenta.
Ho una lunga lista di negozi di ferramenta da
visitare, perché per sicurezza è meglio cambiare
NESSUN COMPROMESSO
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ogni volta posto, per andare a comprare quel che ci
serve per le azioni. I negozianti potrebbero
ricordarsi di noi, delle nostre facce.
Dopo averle legate, metto le spugne al sole.
Devono essere completamente secche, ridotte alle
dimensioni di grosse noci, per servire allo scopo.
Quando incontro Silvano, che ha appena finito di
lavorare e ha gli occhi gonfi e l’espressione stravolta,
apro la borsa e gli mostro le spugne, che ora sono
più piccole di una palla da tennis.
“Dove pensi di farlo?”, mi chiede.
“Alla stazione centrale”.
“C’è un gran via vai nei bagni. Prova a piazza del
Crescente. Vuoi farlo da solo?”.
“Sì”.
“Controlla se ci sono telecamere, da qualche
parte”, mi dice Silvano. Poi mi fa ciao–ciao con la
mano.
Giovedì 27 settembre
Dal soffitto del fast food, ben visibili dalla strada,
pendono ancora le vecchie bandiere della pace,
quelle multicolore.
Curioso, che questi macellai, responsabili di un
olocausto quotidiano di povere bestie per riempire i
NESSUN COMPROMESSO
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loro panini, abbiano tanto a cuore la pace. Di sicuro
è per difendere i loro affari. Figurati che gliene frega
del Medio Oriente, a meno che non abbiano
abbastanza clienti anche lì, mi dico. Oppure deve
essere perché hanno paura che i noglobal gli
sfascino tutto. La bandiera della pace è come
un’icona sacra, come la croce. Offre protezione.
Vado verso le toilette seguendo le indicazioni; ma
quando entro, guardando in alto, vedo una
minicamera con la luce rossa del led accesa. Ci
penso un attimo, poi faccio marcia indietro. Meglio
non rischiare.
Non desisto, però. Qualche minuto dopo entro in
un altro McDonald’s. Strizzo l’occhio al pupazzone
di Ronald McDonald, nonostante mi faccia venire i
brividi da quando ho letto It di Stephen King. Sono
sicuro che King si è ispirato a lui, per il clown
malvagio.
Dai bagni escono due tipi loschi, il genere di
fauna che popola i dintorni della stazione. Vado nel
primo cesso, prendo dalla borsa una delle palle di
spugna e la getto nel wc, poi tiro lo sciacquone. Se
tutto va come deve, i vari getti d’acqua spingeranno
più a fondo la spugna e la faranno gonfiare,
intasando la conduttura.
Negli altri bagni non c’è nessuno. Getto le palle
in altri due wc ed esco fischiettando. Più tardi, con
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calma, scriverò semplicemente Nocompromise su
un foglio di carta – col computer – lo fotocopierò,
faro la copia della copia e la spedirò al fast food.
NESSUN COMPROMESSO
~ 24 ~
CAPITOLO 3
Lunedì 1 ottobre
Naturalmente, non mangio carne. E neanche
pesce. Sì, ho qualche cintura di pelle, e anche delle
scarpe di pelle, ancora. Ma le ho comprate prima di
diventare vegetariano. Però mangio i derivati del
latte e le uova. Non sempre. Sto cercando di
smettere, ma è dura.
Già è stressante evitare i grassi animali, che sono
nascosti un po’ ovunque nei cibi – sto diventando
miope a forza di leggere le liste degli ingredienti,
scritte a caratteri minuscoli –, immaginatevi
spiegare poi a mia madre perché non dovrei
mangiare le tagliatelle o le sue torte.
Diventare vegani, cioè non mangiare neanche più
derivati animali, è veramente l’ultima frontiera,
come in Star Trek. Dopo, ci sono i crudisti, i
frugivori e altri stati mentali che faccio fatica a
comprendere.
Certe volte mi sveglio, scosso, dopo aver sognato
che qualcuno mi stava costringendo a mangiare
carne con la forza. Per esorcizzare la cosa, scherzo
dicendo che deve essere la mia omosessualità
latente che si manifesta.
NESSUN COMPROMESSO
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Essere un combattente animalista senza essere
vegani è una contraddizione, lo so. Lo è anche essere
animalisti, dice Silvano. Go vegan. Perché
l’industria casearia, con la sua aria linda e
innocente, tace il fatto che per dare il formaggio o il
latte a te, lo toglie ai vitellini messi al mondo, che
saranno trasformati poi in tenere fettine. Così,
anche tu diventi un complice degli assassini.
Non so se io sia l’unico del gruppo a non essere
diventato ancora vegetaliano. Quando mangiamo
insieme – accade di rado – o quando siamo invitati
a una festa, evitiamo tutti i latticini e le uova. Chissà
se poi però a casa, non visti, anche gli altri... Tra di
noi, non ne parliamo granché. È il nostro piccolo
argomento tabù. Ma se ce la faccio, dopo Natale –
Natale è sempre Natale – diventerò vegan anch’io.
Dal manuale “Anonima Animalisti”
Essere vegetariani è un ottimo argomento di
conversazione a tavola
Essere vegetariani è un ottimo argomento, per fare
conoscenza a tavola, per rompere il ghiaccio se tra i
vostri commensali domina l’imbarazzo tipico di chi si
ritrova insieme senza sapere perché, e di sicuro avrebbe
preferito essere in compagnia qualcun altro, alle
cerimonie, ai pranzi di nozze, ai battesimi, alle
comunioni, ma il destino l’ha costretto lì, con voi.
NESSUN COMPROMESSO
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Gli altri aspettano con ansia l'antipasto, e quando
arriva la salumeria cominciano a notare che nel tuo
piatto non c'è niente. Però, nessuno parla ancora. È solo
un primo riflesso, un sopracciglio che si solleva quasi
spontaneamente. Magari ti stai tenendo leggero per i
primi e i secondi.
Poi arrivano le fettuccine mare e monti, e tu passi
oltre con un no, grazie detto a voce abbastanza bassa
per non sembrare maleducato e alta a sufficienza per far
arrivare il messaggio nei piatti degli altri. Allora il
cameriere si avvicina e chiede se c'è qualche problema.
Nessun problema, è solo che sei vegetariano.
Il cameriere si gratta la testa e ti chiede di aspettare
un momento. Nel frattempo gli altri ti fissano, è più forte
di loro, solo che ancora nessuno ha preso l'iniziativa di
parlare.
Quando il cameriere torna ti chiede se non mangi
neanche il pesce, e tu dici che no, non mangi neanche il
pesce. Peccato, perché negli altri piatti c'è sempre un po'
di carne o di pesce, sa. Però, le possiamo fare un bel
piatto di sottaceto e di crudità. E magari due uova fritte.
Le mangia le uova fritte, sì?
Nel frattempo il cameriere sta pensando: ma non
potevi avvisare prima? Oppure: ma che ci sei venuto a
fare, ché a noi crei solo problemi e tu non mangi niente?
Vanno benissimo i sottaceto e le crudità, rispondi tu,
con espressione amabile. È il segnale che gli altri
aspettavano.
Sei vegetariano?, chiede il primo commensale, non
del tutto sicuro di avere sentito bene, mentre con la
forchetta tortura le ultime fettuccine rimaste nel piatto. Tu
rispondi di sì, e attendi che qualcuno lanci il prossimo
quiz. Ma i vegetariani mangiano anche il formaggio e le
NESSUN COMPROMESSO
~ 27 ~
uova? Allora, qualcuno che ne sa un po' di più interviene
per dire che è un'altra cosa, che quelli sono vegetaliani,
con la elle, non con la erre, e tu dici di nuovo sì, precisi
meglio il concetto, spieghi che non sei vegano, non
ancora almeno.
Chi non è ancora intervenuto, e ti guarda con
un'espressione incerta, perché non è sicuro di aver
capito bene e comunque vorrebbe prenderti in castagna,
ti chiede allora perché lo fai: non ti piace la carne?
Perché c'è gente a cui non piace la carne, no? Capita.
Quasi un incidente statistico, si direbbe, come quelli a
cui non piace il vino. Oppure ti fa male? Figurarsi, c'è chi
non può bere il latte, se no sta male. Mia cugina per
esempio... Oppure stai facendo una dieta particolare?
Quando rispondi che non stai seguendo alcuna dieta,
ma che non mangi carne perché non vuoi uccidere gli
animali, crei subito qualche divisione nell'altro campo.
C'è chi annuisce, chi capisce e non discute, perché
pensa che se gli mettessero una pistola in mano e
Bambi di fronte, dicendo: to’, sbrigatela da solo se vuoi
una bistecca, probabilmente preferirebbe mangiare fette
biscottate.
C'è chi cerca di giustificarsi come se lo stessi
accusando di persona e dice: hai ragione, hai ragione, ti
capisco, figurati, ma la carne è troppo buona, non so se
potrò mai diventare vegetariano, ci ho pensato troppe
volte. E poi ci servono le proteine, soprattutto ai
bambini...
C'è chi fa un passo in più, di solito sono le donne, e
confessa che la carne la mangia pochissimo, in pratica
mai, e che comunque non la cucina quasi mai, ecco si
potrebbe dire che è vegetariana. C'è chi schifa la carne,
ma il pesce no, il pesce è troppo buono.
NESSUN COMPROMESSO
~ 28 ~
Poi c'è l'antagonista, quello che non ha ancora detto
niente ma si riserva la stoccata più pericolosa. Non vuoi
uccidere essere viventi?, chiede. Esatto, rispondi tu, e
già sai che sta per colpirti al cuore. Be’, anche le piante
sono esseri viventi. Voi vegetariani siete ingiusti: perché
non mangiate la mucca e invece la lattuga sì? Anche la
lattuga è vivente, e mica vuole morire. Solo che non la
sentite piangere. Vi pare bello?
No, che non ti pare bello, e lo sai. Se potessi, dici,
non mangeresti nulla, facendo sorridere gli altri. Poi però
aggiungi che non mangiare gli animali ha comunque un
senso, per risparmiare almeno a loro le sofferenze, il
fatto di essere sterminati nei mattatoi dopo aver vissuto
una breve vita di stenti.
Potresti anche aggiungere che se ci fossero meno
animali di allevamento, quelle terre dove le mandrie
pascolano potrebbero essere coltivate, assicurando più
cibo a che non ne ha. Ma questi argomenti più razionali
e scientifici, a tavola, rischiano di annoiare.
Fai un po’ d’autocritica, prima di assestare l’ultimo
colpo. Spieghi quanto sarebbe importante essere
vegano, e che stai pensando di diventarlo anche tu
(effetto garantito, soprattutto sul pubblico femminile).
Infine, guardi dritto negli occhi l’avversario e gli dici:
ma scusa, tu mangi i cani, oppure i gatti? Non mangi
neanche le persone. E perché? Eppure sono riserve di
proteine deambulanti, usa–e–getta, e la loro carne è
anche più saporita. No, tu non mangi i cani, i gatti e le
persone perché le senti più vicine a te, ecco perché. Io
invece sento più vicino a me tutti gli animali.
NESSUN COMPROMESSO
~ 29 ~
Non so quando abbia cominciato davvero a
guardare la bistecca nel piatto come qualcosa di più
di un genere alimentare, un saporito concentrato di
proteine e grassi.
Smettere di mangiare il pesce, che non ho mai
amato troppo, è stato probabilmente il primo passo.
Il più facile. Perché l’animale ti arriva pressoché
intero sotto gli occhi – prima che sia diviso in
porzioni – o addirittura nel piatto. Così, ho
cominciato a pensare che forse aveva ragione
Silvano, che quelli che stavo mangiando erano
davvero cadaveri.
Il passaggio successivo, smettere di mangiare
anche la carne, è stato un po’ più complicato. La
carne è ovunque, in una quantità incredibile di
piatti, di prodotti al supermercato. È in tutte le
cucine.
Che puzza di cadavere, annunciava sempre
Silvano, con una smorfia quasi divertita, entrando
nelle nostre case, dopo aver percepito l’odore del
ragù, quello dell’arrosto, della fettina ai ferri o del
pollo alla diavola. Non so in che momento avesse
smesso di mangiare la carne, lui: con quella pelle
bianca e le occhiaie sembrava anemico, più che
vegetariano.
NESSUN COMPROMESSO
~ 30 ~
Che puzza di cadavere, e le cucine di casa
lentamente diventavano tanti forni crematori, nella
nostra immaginazione.
Eravamo stati un bel po’ di tempo a discutere,
nelle escursioni senza meta del pomeriggio o nelle
serate trascorse ad ascoltare vecchi vinili ereditati
da fratelli maggiori e zii, di quello che pensano o che
provano gli animali. Di quello che pensavamo e
provavamo noi mangiandoli. Dei mattatoi, della
vivisezione. Del bisogno effettivo, anche per i nostri
corpi di post–adolescenti, di proteine animali.
Degli animali, in realtà, sapevamo ancora poco.
L’unico ad avere avuto un cane era Silvano, ma la
povera bestia era morta investita da un’auto, e i suoi
non avevano più voluto adottare cuccioli.
Io avevo avuto i girini e i pesci rossi, come tutti,
ma al tentativo di far entrare in casa un gattino mia
madre si era messa a gridare come un’aquila, mio
padre aveva alzato gli occhi al cielo e il micio era
tornato al suo destino.
Mauro aveva avuto un canarino. Francesco,
invece, gli animali al massimo li aveva visti allo zoo.
Il primo a fare il passo decisivo era stato Cesare,
in un impeto di ribellione anti–paterna. In fondo, a
lui sembrava molto più difficile abbandonare la
NESSUN COMPROMESSO
~ 31 ~
facoltà di Economia e Commercio che non smettere
di mangiare la carne.
“Ho pensato: metti che arrivano gli alieni, una
razza di alieni carnivori, umanofagi – ci aveva
spiegato una di quelle sere, nel suo solito modo
colorito e surreale – Metti che hanno armi più
potenti delle nostre, metti che hanno fame. Vagli a
spiegare che c’è l’insalata, che c’è la pastasciutta, che
ci sono le arance e i fichi e le bistecchine di soia.
Quelli ci mangiano e basta. Senza complimenti.
Vecchi e bambine, sani e malati, forti e deboli. Anzi,
magari selezionano i più forti per garantirsi una
bella discendenza di bistecche”.
“Scusa, Cesare, non ho capito dove vuoi arrivare.
Perché dovresti convincere gli alieni umanofagi a
diventare vegetariani?”, gli aveva chiesto Mauro.
“Gli alieni siamo noi, capisci? – aveva risposto
Cesare – Siamo noi che mangiamo gli altri animali,
gli animali che soffrono, che hanno paura, che
vedono scomparire i figli o i genitori. Se ci pensi, se
ci pensi davvero, voglio dire, è orribile. È come un
olocausto. Ecco perché ho deciso di smettere. Da
domani, niente più carne”.
In un mese e mezzo, eravamo diventati tutti
vegetariani. C’era chi aveva scalato la quantità
giornaliera di carne e il pesce, come si fa col
NESSUN COMPROMESSO
~ 32 ~
metadone. Chi aveva promesso ai genitori di fare le
analisi del sangue ogni mese, tornando alla dieta
onnivora se appena appena fosse emersa
un’alterazione.
Io invece di tanto in tanto buttavo la pasta, dopo
aver scoperto che mia madre passava il ragù al
mixer o nascondeva carne nelle polpettine di
melanzane. E lei piangeva in silenzio, coprendosi il
volto con un fazzoletto, come se le avessero detto
che il figlio era un ladro.
Silvano, lui, aveva già fatto il passo successivo,
era diventato vegano.
NESSUN COMPROMESSO
~ 33 ~
CAPITOLO 4
Domenica 7 ottobre
Dopo il mio attacco solitario al fast food, abbiamo
deciso di colpire un altro McMerda. Anche se i loro
affari sono un po’ in crisi, anche se s’inventano
pastasciutte fredde e insalate mediterranee da
affiancare agli hamburger per tentare di nascondere
il loro commercio di sangue, i bastardi la devono
pagare.
Il locale che abbiamo scelto è sul lungomare. A
fare i sopralluoghi sono venuti Mario e Cesare, con
la flautista. Che non sa nulla – o almeno così ha
detto Cesare – di Nocompromise. I ragazzi le hanno
detto semplicemente che la portavano a fare una
passeggiata e a prendere un gelato.
Silvano non ha detto niente, ma so che non è
contento che Cesare si porti dietro questa tipa
quando abbiamo da fare. Neanche io mi fido tanto,
e forse stasera glielo dirò.
Alle due di notte in punto scendiamo dall’auto,
lasciata in un parcheggio a tre–quattrocento metri.
Incrociamo una coppia che entra in un portone. Lei
non si gira neanche, lui ci guarda un attimo più del
necessario, per i miei gusti. Ma forse è perché siamo
NESSUN COMPROMESSO
~ 34 ~
vestiti tutti di scuro e nessuno di noi parla, si
sentono solo i nostri passi un po’ affrettati. Se
qualcosa andasse storto, nessuno torni alla
macchina – che è di nuovo quella del padre di
Mauro – ci si nasconde dove capita, è la consegna
per stanotte.
A una ventina di metri dal fast food, grande
novità. Ci copriamo il volto con un passamontagna.
Li ha comprati Francesco, perché fa molto militante
Alf. Spero solo che non ci si muoia di caldo, dentro.
Abbiamo messo i guanti. Silvano tira fuori la
supercolla, io il sacchettino di plastica con i
frammenti di graffette che ho preparato in
precedenza, e che inserisco nelle serrature prima di
iniettare il collante. È una nuova formula che
dovrebbe rendere più difficile il lavoro dei fabbri.
Mauro, che anche stavolta è incaricato di fare il
palo, ci raggiunge bisbigliando. Si è accorto solo ora
che qualcuno dorme nei cartoni, sotto i portici. È
davvero un coglione, penso, la prossima volta starò
di guardia io. Silvano dice solo di fare presto. Il tizio
nei cartoni se ne sta bello stretto tra le braccia di
Morfeo, aiutato da una bella dose di vino in
tetrapak, il Tavor dei poveri cristi.
Penso a che strizza avrei, a dormire così di fuori,
da solo, di notte.
NESSUN COMPROMESSO
~ 35 ~
Cesare scrive Meat is Murder, McMorte assassini
e poi finisce col solito Nocompromise bicolore.
Tutto è andato liscio, alle due e mezzo siamo in
macchina sulla Via del Mare con un nastro degli
Smiths nell’autoradio.
Sta diventando troppo semplice. Tra un po’
finisce che mi annoio.
Passiamo al garage della nonna di Francesco – lei
non lo usa più da tempo, e suo nipote ufficialmente
ci conserva soprattutto collezioni ammuffite di
Topolino e Diabolik – dove teniamo il materiale più
costoso, quello che può essere utile in tutte le azioni.
Di quello che resta e non serve più – i guanti, per
esempio – ci liberiamo nei cassonetti.
In realtà, dovremmo trovare un posto che non sia
ricollegabile a nessuno del gruppo, nel caso in cui le
guardie dovessero occuparsi di noi. Ma la verità è
che per il momento non abbiamo grandi mezzi.
Martedì 9 ottobre
Sono passati due giorni, e la nostra azione contro
il Mcdonald’s ha fruttato un altro titoletto, su
Metro. Me lo fa vedere Francesco, con aria di
soddisfazione. E siamo anche citati su un post di un
sito web di noglobal.
NESSUN COMPROMESSO
~ 36 ~
Giovedì 11 ottobre
La vera sorpresa arriva però dopo altri due giorni.
Qualcuno ha disegnato uno strano graffito
davanti all’ingresso dell’Università. L’immagine
raffigura un agnello dall’espressione rabbiosa, con
una lacrima argentata, una sola, che gli solca il viso,
mentre l’animale fa il segno di vittoria, con la zampa
sinistra.
Accanto, c’è disegnata una stella a cinque punte e
si legge Nocompromize, con la zeta, e Respect. Un
omaggio, insomma. Magari di qualcuno che vuole
emularci.
Cesare ci fa vedere la foto del graffito, che ha
scattato con la sua digitale.
Silvano, però, non condivide il nostro
entusiasmo.
“Avete pensato che potrebbe essere un’esca?”, ci
chiede, senza guardarci, mentre smonta una
telecamera, e soffia via la polvere da ogni singolo
pezzo, seduto alla scrivania nella mia stanza. Mi fa
pensare a un soldato che smonta e lucida il fucile.
“Un’esca lanciata da chi?”, gli chiedo, scettico.
“Dalla polizia. Magari stanno lasciando delle
esche in giro, per vedere se abbocchiamo. Prova a
ragionare come loro. Se per esempio qualcuno
s’interessa molto al graffiti che hanno disegnato,
NESSUN COMPROMESSO
~ 37 ~
potrebbe essere potenzialmente coinvolto. E allora
potrebbe essere utile metterlo sotto sorveglianza”.
Un’espressione preoccupata si fa strada sul volto
brufoloso di Cesare. “Credi che...”.
“Non so, in teoria sì, in pratica no, non credo”,
dice laconico Silvano. Guarda Cesare, guarda me,
poi torna a occuparsi del suo strumento.
“Che dici, è meglio se Cesare si fa vedere un po’
meno con noi?”, chiedo io.
Sono stato un po’ troppo solerte, ma quando ci
penso, è troppo tardi.
“Quel graffiti potrebbe averlo fatto anche un
nostro fan, qualcuno dei centri sociali, chissà –
risponde lui – però non si può sapere con certezza.
Forse è stata la polizia, forse no...”.
“Ho capito, ok – dice Cesare, e mi fa quasi rabbia
in questa sua resa – È meglio se non ci vediamo per
qualche giorno, per sicurezza, sperando che non sia
troppo tardi..”.
Ora avrà più tempo da passare con la flautista,
sempre che non scazzino ancora.
Venerdì 12 ottobre
Avrei cominciato tutto questo da solo?, mi chiedo
ogni giorno, spesso più volte nella stessa giornata.
Avrei avuto il coraggio, da solo, di decidere di
NESSUN COMPROMESSO
~ 38 ~
passare all’azione? Di identificare l’obiettivo da
attaccare, per esempio la vetrina di una pellicceria,
di compiere i sopralluoghi necessari e poi, una
notte, avrei avuto il coraggio di scendere per strada
– armato di mazzafionda e biglie di acciaio, con i
guanti e in tasca il passamontagna, e la bomboletta
spray nella tracolla – e andare a colpire?
La parte più difficile, per me, non sta tanto nella
pianificazione, nella preparazione dell’azione,
nell’attesa che arrivi il momento, quando la paura di
essere preso può immobilizzarti all’improvviso,
toglierti la parola, può farti sudare o tremare o
venire mal di pancia.
No, quando facciamo un’azione per me è
adrenalina pura, è la sensazione più forte che abbia
mai provato finora. Non è come fare l’amore,
almeno la prima volta, quando sei impacciato e
timoroso. Anche se ti sale lo stesso dal basso,
l’eccitazione, e pensi davvero di essere potente.
Il problema principale, è che avrei difficoltà a
fidarmi di qualcun altro, non saprei come chiedere
aiuto, come mettere insieme un gruppo. Mi
bloccherebbe la paura di essere tradito, o
semplicemente di leggere sul viso di un altro il
dubbio, quel dubbio che ti fa vacillare.
Non è che l’Animal Liberation Front o qualsiasi
altra organizzazione clandestina ti chiami, ti recluti,
NESSUN COMPROMESSO
~ 39 ~
o ti ci possa iscrivere. Non ci sono sportelli, non ci
sono sezioni, non c’è un modulo da riempire. Devi
fare da solo un’azione; poi, sei tu stesso a diventare
l’Alf.
Era così che aveva fatto Silvano, prima di
coinvolgere anche noi.
Una notte era sceso in strada e aveva attaccato il
suo primo obiettivo, il camioncino di un negozio di
animali, parcheggiato a qualche centinaio di metri
da casa sua. Aveva tranciato i pneumatici con un
punteruolo da ghiaccio, versato sabbia nel serbatoio
del diesel, con una bomboletta di vernice spray
aveva scritto ALF, Animali liberi e Assassini lungo
le fiancate, poi prima di andarsene aveva rotto i
vetri lanciando biglie di acciaio con la fionda.
Qualche giorno dopo, mentre nuotavamo, al
mare, alla fine di un marzo caldo come un giugno
qualsiasi, me lo aveva raccontato. Aveva
riconosciuto che forse la sua era stata un’azione
avventata, che forse non aveva preso tutte le misure
di sicurezza necessarie. Aveva ammesso di aver
avuto anche un po’ paura. Ma, soprattutto, voleva
vedere come avrei reagito io, sapendo comunque
che anche se non fossi stato d’accordo, non lo avrei
mai tradito.
NESSUN COMPROMESSO
~ 40 ~
Mi aveva sorpreso quasi più la mia reazione, che
il suo racconto. Perché mi era venuta subito voglia
di provarci anche io.
Silvano mi aveva dato un manuale da leggere.
Fogli fotocopiati, spillati insieme. Racconti di
persone, di giovani che erano passati all’azione per
fermare la crudeltà contro gli animali, spiegavano.
Domande e risposte sull’animalismo militante.
Consigli pratici su come dare fuoco a un veicolo o
usare l’acido fluoridrico per incidere il vetro.
Avevo passato qualche giorno a leggere, in attesa
che Silvano si decidesse a parlarmi di nuovo. Nel
frattempo, aveva già “evangelizzato” Francesco,
come appresi con una punta di gelosia.
Alla fine, decidemmo di coinvolgere anche Cesare
e Mauro, sapendo che comunque avremmo avuto
come minimo garantito il loro silenzio, ma che
probabilmente si sarebbero uniti a noi.
Passammo l’estate a leggere altri manuali e
testimonianze, e le storie dei militanti finiti in
galera, come quelli della Band of Mercy, il gruppo
inglese da cui sarebbe nato poi l’Alf.
Imparammo a costruirci delle fionde – quelle di
buona qualità costano parecchio, e poi volevamo
evitare di lasciare tracce che avessero permesso di
farci individuare. Ci esercitammo a usarle, senza
NESSUN COMPROMESSO
~ 41 ~
veri bersagli, in campagna, e imparammo a
utilizzare alcuni dei metodi di sabotaggio che
avevamo studiato.
Decidemmo che nome impiegare per le nostre
azioni, ed escludemmo quello che sarebbe stato più
ovvio, cioè Fronte di liberazione animale. Un po’
perché ci sentivamo degli usurpatori, dei ragazzini
maldestri che giocano a fare gli eroi, quando
qualcuno aveva dato la vita per quegli ideali. Ma
eravamo anche preoccupati che la sigla Alf, proprio
per la sua fama, potesse attirare immediatamente
Digos e carabinieri.
Discutemmo dell’uso della violenza sulle cose,
della violenza contro le persone. Un militante
animalista non può essere nonviolento, è chiaro, ma
ha il diritto di aggredire una persona per impedirle
di nuocere agli animali? E poi, noi, saremmo stati
capaci di farlo?
Da principio, avevamo escluso di poter liberare
animali dai laboratori di sperimentazione o dagli
allevamenti–lager.
“Non possiamo liberare animali, per il momento,
mettetevelo in testa, per la semplice ragione che non
sapremmo dove nasconderli”, ci aveva spiegato
Silvano.
NESSUN COMPROMESSO
~ 42 ~
Dal manuale “Anonima Animalisti”
Il vandalismo etico
La liberazione di animali è l’apice della militanza
animalista, l’azione diretta più significativa ma anche
quella più difficile di tutte. Dunque, toglietevi dalla mente
di fare subito qualcosa del genere.
Liberare animali comporta un’organizzazione capillare
e perfetta. Bisogna essere capaci di penetrare in un
luogo potenzialmente protetto, eludere le difese – magari
un allarme elettronico – poter trasportare gli animali con
un mezzo adatto, un camion rubato oppure con le targhe
occultate, o sostituite. Poi, trovare una rete di ospitalità
per gli animali evasi, e nel caso anche un veterinario
compiacente per curare esemplari feriti.
Insomma, un’azione militare, più che militante.
Ecco perché molti di coloro che sembrerebbero così
ansiosi di compiere azioni finiscono col tirarsi subito
indietro. Perché credono che la liberazione di animali sia
l’unica possibilità di lotta. Invece il militante animalista ha
molte altre risorse, non dimenticatelo.
Il vandalismo etico e il sabotaggio non contribuiscono
a fare uscire immediatamente dalle gabbie gli animali, è
vero. Ma allora credete che per questo siamo anche noi,
in fondo, come quei ragazzetti che vi fermano agli angoli
delle strade, con le loro faccine da brave persone,
convinti che ci sia bisogno di un profondo cambiamento
culturale, che aiuti a considerare in un modo diverso il
rapporto tra gli uomini e gli altri animali, e che per questo
vi chiedono di firmare le loro educate petizioni e di
contribuire versando un bell’assegno o una somma con
la carta di credito, per liberarvi la coscienza?
Sì, certo, noi vogliamo superare la contraddizione
uomo–natura, dare un bel calcio all’antropocentrismo e
NESSUN COMPROMESSO
~ 43 ~
porre fine allo sfruttamento dell’uomo sull’animale, e bla
bla bla ma non abbiamo tanto tempo da perdere.
Vogliamo che gli animali smettano di soffrire ora.
Il sabotaggio e il vandalismo etico non servono solo
ad attirare l’attenzione dell’opinione pubblica sulla
crudeltà dei pellicciai o sulle sofferenze inutili provocate
dalla vivisezione.
Se gli uomini sacrificano al denaro gli animali, be’,
facciamoglielo perdere, quel denaro.
Se costringiamo coloro che abusano degli animali a
pagare per le riparazioni delle saracinesche o delle
automobili, a pagare polizze assicurative sempre più
alte, gli facciamo perdere quel denaro che proviene dal
loro sanguinario e turpe commercio. E magari, presto,
decideranno di cambiare attività.
Non avendo mai frequentato direttamente
associazioni animaliste – tranne Silvano, che aveva
bazzicato per qualche tempo la Lega Anti
Vivisezione – non c’era motivo che cominciassimo a
farlo ora. Perché se si fa una scelta di militanza
animalista radicale, occorre stare attenti.
Farsi vedere a manifestazioni animaliste – o
anche alle sirenate, quando si va a disturbare i
cacciatori durante le battute, facendo più rumore
possibile per far fuggire le prede – significa rischiare
di farsi fotografare o riprendere, oppure incappare
in qualche infiltrato della polizia, o ancora peggio.
NESSUN COMPROMESSO
~ 44 ~
Poi, mai parlare esplicitamente delle proprie idee
con chiunque, anche per evitare che al nostro
inconscio bastardo venga voglia di vuotare il sacco,
sia pure soltanto per vantarsi.
Il nostro gruppo era isolato da qualsiasi altra
cellula militante animalista, e di certo per il
momento non avremmo potuto fare proselitismo,
sempre per ragioni di sicurezza.
NESSUN COMPROMESSO
~ 45 ~
CAPITOLO 5
Sabato 20 ottobre
Cesare è sparito da alcuni giorni e noi quattro
non ci siamo ancora rivisti tutti insieme. È che, ogni
tanto, la vita normale riprende il sopravvento. Io
sono alle strette finali con un esame, Silvano è
partito per fare alcune riprese in Umbria, Francesco
è preoccupato per la madre – che ha avuto un
leggero ictus e per il momento non parla: si limita a
guardare attraverso il figlio, senza vederlo, dal suo
letto in clinica – Mauro cazzeggia, mentre nella sua
scuola è già cominciata la stagione delle
occupazioni.
Le nostre azioni mi mancano, così da solo, un
pomeriggio, ho spugnato un altro MacBastard, ma
è stato solo per tenermi in allenamento.
Avrei voluto dare un’occhiata da vicino al famoso
graffito che è costato la “sospensione” di Cesare, ma
è meglio evitare casini. Se Silvano avesse ragione,
correrei soltanto un rischio. E lo farei correre anche
agli altri.
Leggo il giornale, in una pausa dallo studio, e mi
va agli occhi un articolo sull’ultimo incidente di
caccia della stagione. Quando un cacciatore rimane
NESSUN COMPROMESSO
~ 46 ~
ferito, magari mutilato, o ucciso, per noi è sempre
festa. Un bastardo in meno, qualche animale che ha
una chance di sopravvivenza in più.
Mi viene un’idea.
Mercoledì 24 ottobre
Suona il citofono. È Silvano. Sale le scale, mi
abbraccia sulla porta.
“Grandi. Siete stati grandi”, mi dice. Temevo che
s’incazzasse, invece sembra sincero, è davvero
contento.
“I manifesti sono fantastici. Bella idea”.
Mentre lui era via, ho chiamato Mauro e
Francesco. Abbiamo coperto alcuni muri di finti
annunci di lutto, di quelli con il bordo nero e
l’immaginetta di Gesù, stampati con una
fotocopiatrice dell’Università. Solo che sui nostri c’è
una colomba pasquale. C’è il nome del morto, con le
lettere tutte in maiuscole – di anni 52, morto in una
battuta di caccia. Ne danno il lieto annuncio gli
animali della foresta.
Giovedì 25 ottobre
Il nostro scherzetto non è passato inosservato. Il
giorno dopo, ne parlano alcuni giornali. Titoletti,
NESSUN COMPROMESSO
~ 47 ~
come al solito, niente di più. “Burla animalista di
cattivo gusto”.
Si vede che i giornalisti non avevano gran che da
scrivere.
I giornalisti. Sono pericolosi. Un po’ meno
pericolosi di chi uccide e sfrutta gli animali e delle
guardie, ve lo concedo. Ma a loro non frega niente di
te e delle tue ragioni e men che meno degli animali.
Gli interessa solo di avere un articolo, un pezzo. E
sarebbero disposti anche a fregarti, pur di avere una
storia da pubblicare.
Quindi, mai fidarsi di un giornalista, mai
raccontargli cose, mai parlarci.
Però, quasi quasi mi dispiace di non averli firmati
col nostro nome, quei manifesti. Nocompromise.
Ormai è diventato un brand, mi dico. Ma in
campana a parlare di queste cose con Silvano: sono
preoccupazioni da mitomani, dice lui. Certe volte è
un po’ all’antica.
Le associazioni di categoria, quelle dei
professionisti dell’animalismo, si dissociano, ci
condannano, rettificano, precisano. Quel che
abbiamo fatto non gli è piaciuto. Non si scherza con
la morte, col dolore, non s’insultano gli affetti e le
famiglie. E però. Loro possono stampare adesivi con
su scritto Cacciatore, sparati all’uccello, noi non
NESSUN COMPROMESSO
~ 48 ~
possiamo neanche festeggiare per la morte di un
assassino. Eh, no.
Tra i vari ritagli che ha portato Francesco, ce n’è
uno in particolare che mi va subito agli occhi.
Francesco ha sottolineato in rosso le frasi del
presidente dell’associazione Liberi Cacciatori. Il
nome del tipo è già un programma. Si chiama
Franco Pompa. Franco Fucile a Pompa.
M’immagino che al citofono, per la famiglia
Pompa, deve essere uno strazio. Pronto, signora
Pompa, me la fa una pompa? Pronto, signora
Pompa, c’è suo figlio Pompino? Con tutte le
variazioni sul tema.
Il presidente Pompa, invece di preoccuparsi dei
suoi iscritti, incapaci di maneggiare un fucile e abili
piuttosto a spararsi l’un l’altro nelle chiappe, che fa?
Ci paragona, noi “anonimi estensori” dei
manifestini, ai brigatisti. Che? Ma che merda! Non
è finita qui. Mister Pompa parla di “intollerabile
clima di violenza” contro i cacciatori, contribuenti
che pagano le tasse come e più degli altri, visto
quanto costano le licenze, “ambientalisti veri che
rispettano l’armonia della natura”. Sì, come no.
Con Francesco ci diciamo che potremmo lasciare
un bel ricordino davanti a casa di Pompa. Magari
uno striscione che celebri il suo cognome. Qualcosa
di molto poco raffinato, come “Cacciatore facci una
NESSUN COMPROMESSO
~ 49 ~
Pompa”, propone Francesco. Ridiamo, mentre
Silvano ci guarda come fossimo due idioti
qualunque.
“Noi non siamo pagliacci. Siamo militanti”, fa lui,
quando abbiamo finito di ridere.
“Se questo tipo merita una punizione, allora
dev’essere una punizione seria, vera”.
Silenzio.
“Secondo
voi,
quest’uomo
merita
una
punizione?”.
Vorrei dire sì, semplicemente. Poi, per un
momento temo che Silvano ci voglia far fare
qualcosa di brutto, qualcosa di molto brutto, che ne
so, sparare al tipo, e il cervello mi va in pappa.
“Sì”, risponde Francesco.
“Allora, prima di tutto buttate quei ritagli che
state conservando. In qualche cassonetto, per
strada, ma senza farvi vedere. Se le guardie ve li
trovano, è una prova a carico”.
“Sì”, dice ancora Francesco, che per un attimo si
gira a guardarmi. Non fiato, anche se sono io quello
che ritaglia gli articoli sul giornale, di solito.
“Se vogliamo fargli passare la voglia di fare lo
stronzo, a questo signor Pompa qui, bisogna
mettergli paura. Possiamo bruciargli la macchina,
per esempio”.
NESSUN COMPROMESSO
~ 50 ~
Alla parole di Silvano sono quasi sollevato.
Sparare a qualcuno è una cosa, incendiargli l’auto
un’altra.
In teoria è piuttosto facile, e non fa male a
nessuno.
Dal manuale “Anonima Animalisti”
Ricetta per una bomba incendiaria fatta in casa
Realizzare in casa un ordigno incendiario con cui
dare fuoco a un veicolo o un altro obiettivo (ma funziona
meglio con auto, furgoni o roulotte) è piuttosto facile.
Basta procurarsi una bottiglia di plastica da circa un litro,
tipo quella dell’Ace, che abbia un manico; benzina, che
potete pompare facilmente di notte da un distributore
automatico; una spugnetta di quelle per lavare i piatti,
bastoncini d’incenso e qualche fiammifero.
Prima di tutto: ricordatevi sempre d’indossare un paio
di guanti. È sempre per la storia delle impronte digitali.
Un attentato incendiario comincia a essere una roba
seria; in più, se vi incastrano, possono anche darvi
l’associazione per delinquere. Magari con finalità di
terrorismo, e state freschi.
Riempite una bottiglia di benzina, ma non fino all’orlo,
per lasciare spazio a eventuali vapori. Per sicurezza,
riempite anche un secondo flacone e portatelo con voi.
Una volta che siete sul posto e avete piazzato il
vostro flacone, inzuppate ben bene la spugna di benzina
e sistematela nella cavità del manico. Poi, lontani da
qualsiasi materiale facilmente infiammabile, accendete
due bastoncini d’incenso cui avrete legato anche due
fiammiferi, e infilateli nei buchi che avrete fatto sulla
NESSUN COMPROMESSO
~ 51 ~
spugna. Fate attenzione, le capocce dei due fiammiferi
devono essere molto vicine alla spugna, altrimenti la
fiammata non sarà sufficiente a darle fuoco.
Fatto? Datevela a gambe. I bastoncini d’incenso
funzioneranno da timer, da innesco a tempo: quando si
saranno consumati fino a un certo punto faranno
incendiare i fiammiferi; i fiammiferi, incendiandosi,
daranno fuoco alla spugna, ben intrisa di carburante, e la
spugna... be’, se avete seguito le istruzioni e non avete
sfiga, la vostra bomba incendiaria scoppierà.
Se invece andate di fretta, portatevi appresso una
coperta leggera, stendetela sull’auto che volete colpire,
innaffiatela ben bene di liquido infiammabile poi datele
fuoco, stando attenti a non avvicinarvi troppo. E poi, via
di corsa.
Lunedì 5 novembre
Scoprire che auto abbia Pompa, non è stato tanto
difficile. Il tizio è sull’elenco del telefono, insieme a
un omonimo, ed è anche il proprietario di un
negozio di abbigliamento sportivo. Un negozio
grande, tre o quattro saracinesche, in una zona
periferica.
Francesco ed io lo abbiamo pedinato. Quando è
in casa tiene l’auto in garage e questo è un bel
problema, perché non bisogna in alcun modo
provocare danni collaterali, ad altri inquilini del
palazzo. O addirittura, rischiare che vada tutto a
fuoco.
NESSUN COMPROMESSO
~ 52 ~
Pompa usa la macchina per andare al negozio, e
questo significa che possiamo agire soltanto durante
la giornata. Concludiamo che non è il caso di
rischiare.
Però spunta fuori che il tizio ha anche un furgone,
in uso a un commesso. E che il commesso lo tiene
sotto casa, non lontano dal negozio, in una via
alberata, dunque meno illuminata, a senso unico.
Allora, decidiamo di cambiare obiettivo. Daremo
fuoco al furgone.
Martedì 13 novembre
Siamo venuti in quattro, con gli scooter. Manca
Cesare, stavolta, ed io mi offro di fare il palo.
Per strada non passa nessuno. Abbiamo scelto un
martedì notte, c’è sempre meno gente in giro. Poi
dal mercoledì si ricomincia a uscire, sempre che non
ci siano le partite di Coppa.
Il cielo è nuvoloso, ma non dovrebbe piovere.
Anche perché sennò il nostro fuoco si spegnerebbe
più facilmente.
Il furgone è parcheggiato sulla sinistra, tra una
Punto e una vecchia Vectra familiare. La Punto è un
po’ più distanziata, quindi dovrebbe essere al sicuro
dalle fiamme. L’Opel no. Ma a me fanno schifo, le
Opel. E poi il proprietario sarà assicurato.
NESSUN COMPROMESSO
~ 53 ~
Francesco e Mauro si passano i flaconi, quello da
piazzare sotto il furgone e l’altro, che contiene
benzina di scorta. Silvano li osserva e cronometra,
ogni tanto controlla dalla parte opposta in cui mi
trovo io. Sento in lontananza il rumore di un’auto
che s’avvicina, e faccio un fischio. I ragazzi si
bloccano.
L’auto però ora si allontana, tutt’apposto. Mauro
accende le bacchette d’incenso, mentre Francesco
sta spiegando lo striscione che abbiamo portato. È
un’incerata bianca con su scritto in spray blu
Cacciatori
assassini
e
più
in
piccolo
Nocompromise.
Aiutato da Silvano, Francesco stende l’incerata su
un cespuglio, dall’altro lato della strada rispetto a
dove è parcheggiato il furgone. Speriamo che il
vento non lo porti via.
Mi raggiungono correndo. Recuperiamo gli
scooter. Ce ne andiamo tranquilli, senza sgommare.
Mentre ci avviamo, ci raggiunge il rumore di
un’auto che arriva dietro di noi. La bomba
incendiaria scoppia proprio in quel momento, fa un
bel botto. Mauro, che guida il motorino, accelera. Io
mi giro a guardare.
E vedo la macchina che comincia a venirci dietro,
a inseguirci.
NESSUN COMPROMESSO
~ 54 ~
Penso: possibile che in un paese di codardi che di
solito si fanno i cazzi propri, che passano e tirano
dritto, proprio a noi doveva toccare l’eroe?
Questa è sfiga, penso ancora. E dire che me la
sentivo. Ma cerco di non farmi prendere dal panico.
Almeno, il tizio che ci insegue non può leggere i
numeri di targa, per il semplice motivo che le
abbiamo tolte, le targhe.
“Ci dividiamo!”, grida Silvano. Lui e Francesco
imboccano il primo incrocio a sinistra.
Noi andiamo diritti. L’auto inseguitrice sembra
rallentare. Il tizio è indeciso, non sa se svoltare o
venirci appresso.
Decide di seguire noi, accelera.
Lo scooter di Mauro è truccato e arriva facilmente
a 100 chilometri all’ora. Ma ora siamo su un
rettilineo e l’auto ci può riprendere. A destra, però,
si apre un tratto di verde. Mi ricordo che c’è un
piccolo parco, l’ho visto tornando dall’ultimo
sopralluogo.
“Frena! – urlo a Mauro – Frena! Sali sul
marciapiede, di là c’è un sentiero!”.
Mauro frena all’improvviso, lo Scarabeo sbanda,
scivola. Vuoi vedere che cadiamo proprio adesso.
Ma no, non cadiamo. Balzo giù al volo, mentre l’auto
ci è dietro. Mauro spinge a mano lo scooter sul
NESSUN COMPROMESSO
~ 55 ~
marciapiede. Risalgo in sella. Ripartiamo col motore
che gira al massimo. Sento la macchina inchiodare.
Sento gridare: “Fermi!”,
Non mi volto.
Giovedì 15 novembre
Mi ci vogliono un po’ più di 24 ore per scoprire,
leggendo i giornali del giorno dopo, che il nostro
inseguitore era un carabiniere di leva che stava
tornando a casa.
Il tizio ci ha visti scappare mentre la nostra
bomba artigianale esplodeva, mandando a fuoco il
furgone del signor Pompa e la vecchia Opel
parcheggiata alle spalle, ma danneggiando anche la
Punto.
Per un attimo provo sincero dispiacere. I
proprietari delle altre auto non avevano colpe, e ora
abbiamo due fan in meno. E poi sollievo, perché
l’auto del carabiniere poteva essere investita
dall’esplosione, bastava tanto così. Invece è finito
tutto bene.
Deve essere stata l’adrenalina, a far reagire il
carabiniere. Ha visto che scappavamo e ci è corso
appresso. Il giornale dice che eravamo “almeno in
quattro, tutti giovani, vestiti di scuro” su due
motorini senza targa, uno Scarabeo e un altro che
NESSUN COMPROMESSO
~ 56 ~
non è riuscito a identificare (per la cronaca, un MBK
vecchio e truccatissimo).
Sull’episodio ovviamente indaga l’Arma, quella
dei carabinieri, che non “esclude nessuna pista”,
compreso il racket. Noi ridotti alla stregua di volgari
manovali del racket? Ma che cazzo!
Subito dopo però c’è scritto che è privilegiata
l’ipotesi dell’ecoterrorismo. Meglio ecoterroristi che
ecomafiosi.
Di Nocompromise si parla qualche riga più sotto,
spiegando che finora delle nostre azioni, tutte
minori, si è occupata la Digos.
Silvano dice che se i carabinieri mettono il naso
nell’indagine, per noi è tutto di guadagnato.
Litigheranno un po’ con la polizia per chi deve avere
la competenza sul caso, perdendo tempo. Anche se
alla fine, dice lui, la spunterà la Digos.
“Ora però ce ne dobbiamo stare un po’ tranquilli
– conclude dopo aver letto e ripiegato il giornale –
Solo qualche settimana. Vacanza”.
NESSUN COMPROMESSO
~ 57 ~
CAPITOLO 6
Domenica 2 dicembre
Ho deciso di andare a trovare Cesare. Con Silvano
non ne abbiamo più parlato, ma credo che il
periodo di punizione sia finito. E poi la nostra
vacanza è abbastanza lunga, ho voglia di tornare in
azione.
Cesare è a casa sua, un evento raro. Ma mi spiega
subito perché: i suoi sono partiti per una settimana
forse per Praga, forse per Budapest. Forse per tutte
e due le città. Non se lo ricorda bene. La flautista
non è sparita, anzi si è trasferita da lui per la
settimana.
La musica è a tutto volume e Cesare sta
preparando un tè e una canna.
“Ne vuoi?”, mi chiede.
“Di che? Del tè o della canna?”.
“Di quello che ti pare”.
“Ok. Del tè”.
“E niente canna?”, mi chiede la flautista, con un
sorrisetto, mentre si viene a sedere sul divano.
Scorro i titoli dei cd e non rispondo, tanto per
non darle soddisfazione.
Cesare torna dalla cucina.
NESSUN COMPROMESSO
~ 58 ~
“Allora, come va Nocompromise?”.
Lo guardo un po’ spazientito, e gli indico con gli
occhi la ragazza.
“Ah, no, tranquillo. Puoi parlare davanti a lei”, mi
dice, mentre la flautista ha sempre quel sorrisetto.
Alzo le spalle, facendo finta che non me
n’importi.
“Sono venuto a chiederti se ti va di tornare con
noi. Siamo stati un po’ fermi, queste settimane”.
“Silvano lo sa che sei qui?”, mi chiede, e da come
me lo fa è chiaro che pensa che Silvano non sappia
niente.
“Sì, certo che lo sa. Gliel’ho detto, che sarei
venuto”.
Cesare mi volta le spalle, cambia cd e poi si
accende la canna.
“Sicuro che non ne vuoi un tiro?”.
“Ne abbiamo parlato, quando non c’eri – gli dico
– Abbiamo deciso di smettere di fumare, almeno le
canne”.
“E perché?”, mi chiede la flautista, scostandosi i
capelli dal viso.
È un gesto che fa spesso e che m’innervosisce.
Finisce che le dico di tagliarseli, i capelli. Però cerco
di restare tranquillo.
“Per evitare di crearsi problemi. Se le guardie ti
beccano col fumo rischi che poi ti mettono sotto
NESSUN COMPROMESSO
~ 59 ~
controllo. E nel nostro caso... E poi, se sei stonato
rischi di sbagliare qualcosa durante un’azione, puoi
mettere in pericolo gli altri e l’azione stessa”.
“Sempre fedele alla linea, eh?”, scherza Cesare.
“Non mi hai risposto. Ci torni, con noi?”.
“Non lo so. In queste settimane ci ho pensato. La
causa è giusta. Ma non va di stare agli ordini di
Silvano. E poi non mi piacciono tutti questi segreti,
queste manie”.
“Non ti piacciono o non li sai mantenere, i
segreti, Cesare?”, chiedo, giusto per stuzzicarlo.
Lui aspira il fumo della canna. Sta per dirmi
qualcosa, ma si trattiene.
“Lo sai che con me potete stare tranquilli. E
anche con Fiona”.
Ecco come si chiamava la stronzetta. Fiona.
“Aspetto che ci ripensi?”.
“Mi faccio vivo io. Lo vuoi ancora il tè? Me lo
sono scordato nella tazza con la bustina. Sarà
diventato imbevibile”.
“Lascia, devo andare”.
“Te ne faccio un altro di tè, dai”.
“Lascialo andare, ché magari va dalla ragazza”,
interviene la flautista.
Per la cronaca, non ce l’ho, la ragazza.
NESSUN COMPROMESSO
~ 60 ~
Martedì 8 gennaio
Con le mani protette dai guanti, riempio le palle
di vernice, e le passo a Mauro, che le sistema nella
loro scatoletta. Le palle natalizie, di quelle che si
appendono all’albero, le abbiamo comprate in saldo.
Si riempiono meno facilmente dei palloncini, ma si
possono trasportare meglio.
L'Epifania si è portata via tutte le feste,
finalmente. Non vedevo l'ora di ricominciare. In
compenso, mi sono fatto un po’ di soldi con le
consegne di pacchi per Natale.
Silvano mi ha appena cazziato. Gli ho detto della
discussione dei miei per l’esame all’università che
ho saltato questa mattina, e lui mi ha risposto che
sono loro ad avere ragione, non io.
Lo so, ma avrei voluto un po’ di solidarietà.
Invece, Silvano mi ha detto che sto facendo uno
sbaglio, perché prima finisco gli esami prima mi
laureo, prima mi laureo prima mi trovo un lavoro, i
soldi e una casa.
“Ma tu lavori e non te ne sei andato da casa,
però”, gli dico.
“Per me è diverso. E comunque, da’ retta a me,
finisci questa cazzo di università”.
Le palle piene di vernice ci servono per stasera.
C’è un concerto di musica classica sponsorizzato da
un pellicciaio, a cui parteciperanno di sicuro uno
NESSUN COMPROMESSO
~ 61 ~
stuolo di babbione impellicciate. Sai che palle,
appunto. L’unica incognita è la presenza della
polizia.
Dal manuale “Anonima Animalisti”
Musica per animali(sti)
Se essere animalisti militanti è una cosa seria, anche
troppo seria, c’è una cosa che alleggerisce le nostre
giornate, come quella di molti umani del pianeta: la
musica. Meglio se musica suonata da artisti vegetariani.
Su Internet circolano di tanto in tanto liste di musicisti
che non mangiano carne e pesce, o che sono addirittura
vegani. Sono liste messe in giro dai fan, che fanno una
incerta colletta da riviste o siti ufficiali, o anche da certe
associazioni animaliste che si fanno pubblicità grazie ai
veg–vip.
Certe volte i nomi cambiano. Altre volte si scopre
quelli che erano spacciati per vegetariani in realtà
mangiano il pesce. Oppure hanno superato la fase
veggie e magari adesso si comprano le pellicce, perché
la moda è cambiata.
Insomma, una faticaccia, non si sa mai se ci si può
fidare delle rockstar.
E poi, non è che puoi diventare fan di un cantante
solo perché è vegetariano. Per esempio, è facile
innamorarsi di Chrissie Hynde o di Peter Gabriel, di
Bono o di Boy George, poi però ci sono tipi come Bryan
Adams o buona parte dei Bee Gees o anche dei Beatles
che a me fanno cacare.
Per esempio, dicono che Michael Jackson sia
vegetariano. O Jovanotti. Ma vuoi mettere con i cantanti
NESSUN COMPROMESSO
~ 62 ~
di Napalm Death, dei Sepultura, o con i Carcass? O con
Eddie Vedder?
Quando Mauro ha scoperto che i Rage Against The
Machine sono vegetariani ci ha rotto le palle per una
settimana, per quanto era contento. Lui conosce quasi
tutte le loro canzoni a memoria, eppure non se n’era
mica accorto.
E comunque, tra i veggie, meglio Billy Idol che Jim
Kerr, dico io. O i Depeche Mode, anche se non
comprerei i loro dischi. O i B52’s, che però non suonano
più.
E Dolores, la cantante dei Cranberries, è meglio di Nick
Rhodes dei Duran Duran, o di quel travestito di Tina
Turner (se è per questo, anche Alanis Morisette è
meglio).
I Tangerine Dream non li conosco, neanche Marc Bolan,
roba da vecchi, mi sa, ma Michael Franti dei Spearhead
è più fico mille volte di Britney Spears. Ammesso che sia
davvero vegetariana come dicono.
Giovedì 10 gennaio
L’altra sera, è stato divertente. Abbiamo
innaffiato di vernice gialla e rossa un gruppo di
vecchie in pelliccia, e anche il prete e la guardia
giurata che ci sono corsi appresso. Abbiamo
mandato un comunicato goliardico ai giornali,
stavolta.
La nostra campagna d’inverno sarà contro le
pelliccerie. È deciso.
NESSUN COMPROMESSO
~ 63 ~
Domenica 20 gennaio
Siamo usciti quasi tutte le sere, negli ultimi
giorni. Lo schema è sempre lo stesso. Prima ci
andiamo a fare una birra e la tiriamo un po’ per le
lunghe, poi ci dividiamo in coppie, come i
carabinieri, e andiamo a controllare gli obiettivi che
vogliamo colpire.
Ci siamo concentrati sue tre pelliccerie e un paio
di negozi di animali. L’ideale è quello di fare tutto in
una notte sola, per evitare che le guardie ci stiano
troppo addosso.
Purtroppo la maggior parte delle pelliccerie ha
saracinesche integrali e sistemi d’allarme, oltre a
essere controllata dai metronotte.
Dal manuale “Anonima Animalisti”
Come distruggere una vetrata
Mandare in frantumi una vetrata provoca un grosso
danno, ma non è sempre semplice come sembra.
Oltretutto, molto spesso le vetrine sono protette da
saracinesche. Una bella pietra può spesso servire allo
scopo, ma è meglio usare altri sistemi. Evitare
assolutamente anche i mattoni: fanno molto rumore, ma
producono pochi danni.
Il mezzo migliore, se la vetrina non è protetta oppure
agite di giorno, è la fionda, caricata a biglie d’acciaio. Di
giorno però il rischio è quello di colpire i clienti, mentre
se c’è una saracinesca a maglie larghe occorre avere
una mira molto buona.
NESSUN COMPROMESSO
~ 64 ~
Le fionde si possono anche costruire, ma è più facile
procurarsene di buona qualità nei negozi sportivi. Prima
di compiere un’azione, conviene esercitarsi con bersagli.
Fate sempre attenzione a non lasciare impronte sulle
biglie o sulle pietre, in ogni caso.
Se non volete fare assolutamente rumore e avere un
risultato garantito, però, usate dei corrosivi, come l’acido
idrofluorico. Meglio comprare questo genere di acidi in
qualche negozio all’ingrosso di materiale tecnico e per
l’edilizia, in un altro quartiere o direttamente in un’altra
città.
Si tratta di materiale piuttosto costoso, ma che vale il
prezzo. Data la consistenza, la cosa migliore è usare un
pennello di dimensioni medie e spargerlo sulla
superficie.
Ma verificate sempre, prima di agire, che la vetrata
che volete distruggere non sia munita di sistemi di
allarme particolari o di telecamere.
NESSUN COMPROMESSO
~ 65 ~
CAPITOLO VII
Venerdì 1 febbraio
Ogni tanto mi chiedo quanto può durare, quanto
può andare avanti Nocompromise. Fino alla vittoria
finale, fino alla liberazione di tutti gli animali, fino
alla fine dell’olocausto?
Non ne abbiamo mai parlato, con gli altri.
Eravamo d’accordo su cosa avremmo fatto, su come
lo avremmo fatto ma, se ci penso, non abbiamo
parlato di quanto tempo sarebbe durato.
Di solito non riesco a guardare nel futuro. Tanto,
è fatica sprecata.
Finirò prima o poi l’università. E poi? Poi, boh.
Quando mi sono iscritto a Lettere mi sarebbe
piaciuto lavorare nel cinema. O in una casa editrice.
O in tv, anche se fa schifo.
Adesso non ho le idee molto chiare.
Al peggio, posso entrare nella società di recapiti
a fare l’impiegato. Si respira meno merda che in
motorino e si guadagna di sicuro di più.
Ci penserò.
Come diceva un amico di mio padre, è inutile
cercare lavoro, tanto prima o poi ti trova lui.
Però, non mi ci vedo ad andare a lavorare da
qualche parte in giacca e cravatta. Esci la mattina,
NESSUN COMPROMESSO
~ 66 ~
torni la sera. Il fine settimana vai fuori città, o vai al
cinema, o fai dei lavoretti in casa.
Come mio padre, insomma.
Se ci sono quelli che si drogano il fine settimana,
immagino che ci saranno anche i guerriglieri
animalisti del weekend.
Certo, avremmo potuto fare altro, Silvano,
Mauro, Francesco e io. E Cesare, anche se adesso ha
cambiato idea.
Potevamo diventare tossici. Mica era tanto
difficile.
Potevamo mettere in piedi una b-band, anche se
non ho mai imparato neanche a suonare il flauto.
Però avrei potuto scrivere i testi.
Oppure potevamo fare i volontari del Wwf. No,
quello no. Pensa che palle.
Potevamo anche fare i black-bloc, e andare in
giro a spaccare tutto.
O mettere su una società di Internet per vendere
qualcosa. Non so che cosa, però.
Potevamo diventare campioni del mondo di
PlayStation. Sul serio. Chissà quanto guadagna uno
che collauda i giochi. E poi, lo pagano per giocare.
NESSUN COMPROMESSO
~ 67 ~
Domenica 10 febbraio
È una notte gelida, soprattutto per andare in
motorino. Mentre la gente che è uscita a divertirsi
prima che cominci la solita settimana torna a casa,
la strada è tutta nostra.
Il sabato c'è troppo casino, la gente e i taxi sono
in giro fino a tardi, c'è il rischio di essere visti.
Invece che togliere le targhe agli scooter, stavolta
le abbiamo falsificate, modellando allo scopo due
placche di plastica che abbiamo poi colorato. È un
lavoro piuttosto approssimativo, di giorno ci si
accorge subito che sono false. Ma di notte possono
andare.
Il nostro obiettivo è cambiato. Abbiamo
abbandonato per un po' di tempo le pelliccerie per
prendercela con i ricercatori che fanno vivisezione, o
comunque tutti quelli che sfruttano gli animali. È
stata un'idea di Francesco.
Il piano è semplice, quasi rudimentale. Una volta
individuato l'indirizzo di casa del nostro obiettivo,
aspettiamo il momento buono, di notte. Poi, basta
scrivere sul muro con una bomboletta spray il nome
e il cognome del tizio, o della tizia – le donne fanno
di tutto per essere come gli uomini, di solito nei loro
aspetti peggiori – e accompagnarlo con un aggettivo
a scelta: infame, assassino di animali, bastardo,
torturatore.
NESSUN COMPROMESSO
~ 68 ~
Questa volta, dopo averne discusso per un po' tra
noi, abbiamo deciso di usare la sigla ALF. Chi vede
la scritta capisce subito di che si tratta ed è anche un
buon sistema per complicare le indagini della
polizia.
Voglio dire che è più facile che le guardie pensino
ad altri, a degli emulatori, piuttosto che a noi di
Nocompromise. E che magari, se ci si mette anche
qualche politico ad alzare la voce e a dare l'allarme,
decidano di assegnare una scorta al nostro
bersaglio, sprecando soltanto tempo e denaro.
Scegliere il bersaglio è facile. Se sei fortunato,
trovi in qualche giornale o rivista il nome di un
ricercatore che parla di nuovi, miracolosi prodotti
farmaceutici ancora alla fase della sperimentazione
animale. Poi devi faticare un po' a cercare
l'indirizzo, sperando che il tizio sia sull'elenco
telefonico. Se non c'è, fai una piccola ricerca su
Internet, provi magari a seguire qualcuno che lavora
nello stesso istituito. È un'indagine creativa, in
fondo, la nostra.
L'ideale, insomma, è colpire qualcuno di cui
parlano i giornali, i media, che va spesso in tv.
Altrimenti, si possono prendere di mira gli
esponenti e i ricercatori di industrie o laboratori di
ricerca chimici, farmaceutici, cosmetici, bellici o il
responsabile di qualche altro settore industriale. Se
NESSUN COMPROMESSO
~ 69 ~
si concentra l'attenzione sui vivisettori, anche su
ricercatori di minima importanza, va bene lo stesso.
Perché la vivisezione è un crimine.
Dal manuale “Anonima Animalisti”
La vivisezione è criminale
La vivisezione si basa sul concetto che l'uomo e molti
altri animali, in particolare i mammiferi, siano simili, e che
dunque su di essi si possano sperimentare sostanze o
malattie – e i relativi rimedi – ottenendo dei risultati
validi anche per gli esseri umani.
Se è per questo, gli studi sul genoma dimostrano che
gli esseri umani condividono un'altissima percentuale di
materiale genetico anche con alcune piante, ma
nessuno si sognerebbe di dire che siamo simili.
In realtà, ogni specie animale reagisce in modo
diverso, e le specie animali sono diverse tra loro e
dall'uomo. Per esempio, l'aspirina è nociva per i gatti
mentre la penicillina lo è per le cavie, che però possono
ingerire stricnina, mentre le pecore possono ingerire
arsenico senza conseguenze.
Anche i nostri sistemi immunitari sono piuttosto
diversi, dato che alcuni animali possono vivere in
ambienti infetti o mangiare cibi contaminati senza alcuna
conseguenza.
Alcune malattie, poi, esistono soltanto nell'uomo e
non negli animali usati per le ricerche – cani, gatti, cavie,
porcellini d'India, topi, mucche, maiali, pecore, cavalli,
piccioni, furetti etc – e viceversa: ricrearle artificialmente
nei loro organismi è spesso impossibile (per esempio, è
il caso dell'Aids, che non si trasmette dall'uomo ad altri
NESSUN COMPROMESSO
~ 70 ~
animali), mentre si possono provocarne gli effetti. Ma
ovviamente non è la stessa cosa.
Sono numerosi i casi di farmaci ritirati dal mercato
perché si è scoperto che erano nocivi per l'uomo,
quando invece venivano considerati sicuri sulla base
della sperimentazione condotta sugli animali.
Moltissimi esperimenti, poi, sono inutili, se non altro
perché vengono ripetuti in continuazione quando se ne
conosco già gli effetti.
In realtà, oggi è possibile sviluppare un gran numero
di test pre–clinici con lo sviluppo di colture in vitro di
cellule e tessuti, di sistemi molecolari, di simulazioni
computerizzate.
Continuare a praticare la vivisezione è inutile e
barbaro.
Lunedì 26 febbraio
Stanotte il nostro obiettivo è un medico
dell'istituto Giovanni Bianchi. Abbiamo fermato i
motorini un po' più giù lungo la strada, che è
leggermente in discesa. Il muro che abbiamo scelto,
vicino all'ingresso del condominio dove abita il
dottor Abuse è chiaro e liscio, ricoperto di marmo
appena ripulito. Una preda invitante per qualsiasi
tagger, e anche per noi.
Io tengo d'occhio la strada da una parte, Silvano
dall'altra. Mauro estrae la bomboletta e comincia a
scrivere. Una volta terminata la scritta, che deve
NESSUN COMPROMESSO
~ 71 ~
essere abbastanza grande, subentra Francesco per
tracciare il simbolo dell'ALF.
Non abbiamo previsto però che a quest'ora, le
due e mezzo, qualcuno potrebbe uscire dal palazzo.
Ed è quello che accade.
La serratura del portone scatta, Francesco e
Mauro smettono di armeggiare con le bombolette e
schizzano via dal muro, come se fosse elettrificato.
Io e Silvano ci guardiamo.
Tutti e quattro portiamo il passamontagna e
siamo vestiti di scuro. Il tizio che esce dal portone
però sembra più stupito che spaventato.
Avrà una quarantina d'anni e porta gli occhiali.
Dove va a quest'ora? Dietro a lui però c'è una donna.
Loro due si irrigidiscono, noi anche.
Il tipo sulla porta si gira a guardare la donna, poi
guarda di nuovo noi.
“È lui! È Ottavi! Il dottore!”, urla all'improvviso
Mauro.
Il dottore richiude la porta a vetri mentre Mauro
scatta verso di lui.
“Bastardo, vieni fuori, bastardo! Hai paura,
bastardo!”.
Mauro sembra impazzito. Comincia a tempestare
la porta di pugni, poi arretra di qualche passo e
lancia la bomboletta contro il vetro.
Fortunatamente, non succede nulla.
NESSUN COMPROMESSO
~ 72 ~
Guardo dentro, ma Ottavi e la donna sono spariti.
“Via, via, via!”, grida Silvano, e corriamo verso i
motorini.
Il tizio ha sicuramente chiamato il 113, dobbiamo
muoverci. Ora.
Quando siamo sufficientemente lontani, svariati
chilometri dopo, Francesco mette la freccia e si
ferma a un lato della strada. Io faccio lo stesso.
Cesare, che era sullo scooter con Francesco, si toglie
il casco e viene verso di noi.
“Che cazzo t'ha preso? “, chiede a Mauro, che è
ancora seduto dietro di me.
“Era Ottavi, quello! L'ho riconosciuto dalle foto”.
Aldo Ottavi è uno di quei brillanti serial–
ricercatori che devono la loro fama alle quintalate di
pubblicazioni
scientifiche
guadagnate
con
esperimenti su cavie animali.
La settimana scorsa è comparso in un servizio di
Panorama sull'invecchiamento precoce e le terapie
anti-età. Nella foto, sorride accanto a una gabbia in
cui è segregata una scimmia terrorizzata.
Ci abbiamo messo davvero poco, a scoprire dove
abita. E forse adesso sta sorridendo un po' meno.
“Ascolta, Mauro, sei sicuro che vada tutto bene?
Non è che ti sei stressato un po' troppo?”.
NESSUN COMPROMESSO
~ 73 ~
La voce di Silvano suona fin troppo dolce. Così
dolce che comincio a preoccuparmi. Se Silvano
manda "in licenza" Mauro, dopo Cesare, restiamo in
tre. E in tre è dura, fare azioni più importanti.
“Dai, su, capita di essere nervosi – m'intrometto
– è l'adrenalina, e poi siamo anche stanchi, queste
notti siamo usciti quasi sempre”.
“Scusa, capo, vedere quello lì m'ha fatto andare il
sangue alla testa, e poi ero un po' sotto pressione”,
cerca di giustificarsi Mauro.
Silvano ci guarda tutti e due. Poi dice: “Ok, ok,
forse abbiamo accelerato un po', d'accordo.
Facciamo una pausa”.
“Tu però ti dai una calmata”, dice rivolto a
Mauro.
Lunedì 26 febbraio, ore 9
Io lo so cosa ha che non va, Mauro.
Non è solo che a scuola va una merda e rischia di
essere bocciato di nuovo, quest'anno.
Non è solo che è uno sfigato, in fondo, anche se se
la tira col suo gruppo crossover.
Non è solo che è stressato, come capita a tutti. E a
lui forse un po' più degli altri.
È che si impasticca.
NESSUN COMPROMESSO
~ 74 ~
Lo so, lo so perché l'ho visto. L'ho visto ieri sera,
ma sul momento non ho capito.
Non me n'ero accorto perché non volevo vedere,
prima.
Ma dopo quello che è successo ieri, dopo la
sfuriata di Silvano, ho messo insieme i pezzi.
Quando sono andato in bagno, in birreria, verso
l'una, lui aveva appena buttato giù qualcosa. Certo.
Ha allontanato la mano dalla bocca, si è girato di
scatto a guardarmi, mi ha detto niente, quando gli
ho chiesto che c'è?.
Ha ragione Silvano. C'è qualcosa che non va, e
non da ieri sera. È da dopo le vacanze che Mauro
sembra strano.
“Devo parlarti un attimo, scendi?”, gli dico al
citofono, dopo aver suonato a lungo. Sono le nove di
mattina e io non ho dormito, per questa storia.
Dopo due minuti compare lui, coi capelli arruffati
e le occhiaie.
“A quest'ora? Ma sono le nove, che è successo?”,
Mi chiede lui.
Non gli rispondo. Lo sbatto addosso al muro,
subito. Sono più alto e robusto di lui.
“Che cazzo stai prendendo?”.
NESSUN COMPROMESSO
~ 75 ~
“Ma che dici? Lasciami, che mi fai male”, dice lui,
guardandosi attorno. Sembra più in imbarazzo che
preoccupato.
“Ieri notte, in birreria, ti sei impasticcato. Ti ho
visto. Che roba hai preso?”.
“Ma tu sei scemo!”, urla, cercando di staccarmi di
dosso.
Con una mano gli prendo il mento e stringo,
mentre gli punto un ginocchio sulla coscia,
abbastanza da fargli male.
Pochi minuti fa avrei detto che non ci sarei
riuscito, a fargli male. Ora mi sto appassionando,
però.
“Che cosa hai preso?”.
“Lasciami! – mi urla – Lasciami! Te lo dico!”.
Mollo la presa, faccio un passo indietro.
“Era un acido?”.
“Un acido? Ma no, ma che cavolo dici! –
ridacchia in modo fastidioso, mi fa venire voglia di
fargli male di nuovo – Plegine. Una roba vecchia, di
quelle per stare svegli la notte a studiare. Ho solo
reagito male, stanotte”.
“Perché prendi quella roba?”.
“Perché? Ma hai visto che ora facciamo di solito?
Vallo a dire a mia madre, che la mattina vorrei
dormire. No, devo andare a scuola. O almeno
alzarmi e uscire da casa. E provare a studiare”.
NESSUN COMPROMESSO
~ 76 ~
“Perché non ce l'hai detto?”, gli chiedo. Mi ha
preso alla sprovvista.
“A chi lo dicevo? A te? A Silvano? Tu ci riesci a
parlare, con Silvano? Oddio, tu forse sì. Io no, però.
Di solito, è come se non ci fossi. E poi, voi altri la
mattina mica dovete andare a scuola, o non avete a
che fare con una madre rompicoglioni come la mia”.
“E stamattina, com'è che non sei andato a
scuola?”.
“Ci sono andato. O meglio sono uscito da casa,
poi, quando mia madre è uscita anche lei per andare
a lavorare, sono tornato su. Stavo provando a
dormire, visto che stanotte non ho chiuso occhio per
queste cazzo di pasticche.. Poi però sei arrivato tu”.
“Tu lo sai cosa succede adesso, se io lo dico a
Silvano?”.
“Sì, che sono fuori da Nocompromise”. Restiamo
tutti e due in silenzio per un po'.
“Tu vuoi stare fuori?”.
“No”.
“Sicuro?”.
“Sì”.
“Allora?”.
“Smetto”.
“Uhm”.
“Te lo giuro”.
NESSUN COMPROMESSO
~ 77 ~
“Parola di lupetto?”. Mauro e io eravamo nello
stesso gruppo scout.
“Parola di lupetto”.
NESSUN COMPROMESSO
~ 78 ~
CAPITOLO 8
Domenica 3 marzo
Da un po' di giorni c'è un'idea che mi gira in testa.
O meglio, che me la fa girare.
Ci siamo sempre detti, da quando abbiamo
cominciato la nostra lotta, che siamo contro lo
specismo. Non esistono differenze tra noi e gli
animali, gli altri animali. Le specie non–umane non
sono inferiori, non esistono unicamente per
soddisfare le nostre necessità.
Lo specismo, la convinzione che noi umani siamo
i soli esseri a possedere un linguaggio e la ragione. È
un’ideologia che serve a coprire il dominio, il
massacro, la violenza che pratichiamo sugli altri
animali.
Ogni anno 48 miliardi di animali vengono uccisi
dagli umani. Centotrenta milioni al giorno,
centomila al minuto. Il mondo è una grande
Auschwitz animale permanente.
Gli umani sono animali e gli animali sono come
gli umani. Con le dovute differenze, certo.
Voglio dire: se prendi un coniglietto, gli rompi
l'osso del collo e poi gli apri il ventre con una lama
affilata, scopri che i suoi organi somigliano ai nostri,
NESSUN COMPROMESSO
~ 79 ~
sì, ma non sono come i nostri. Il suo metabolismo
non funziona come il nostro.
E poi, non tutto quel che fa male a un coniglietto
fa male anche a noi.
E fin qui, tutto chiaro.
Siamo uguali, noi e il coniglietto, perché entrambi
siamo animali.
Però, non siamo così uguali. Piuttosto, siamo
simili.
Sentiamo e soffriamo allo stesso modo. Abbiamo
paura. Non vogliamo provare dolore, non vogliamo
morire.
Ma se siamo simili, anzi, se siamo uguali in
termini di sensazioni – e sentimenti? – perché non
abbiamo gli stessi diritti? Perché io ho diritto di non
soffrire per mano di un altro uomo – ma anche di
altro animale – di non essere ucciso, e il coniglietto
no?
Perché siamo diversi. Perché gli umani – mica
tutti: alcuni, pochi ma sempre di più – hanno
un'etica, dei princìpi per i quali far soffrire il
coniglietto, o ucciderlo, è sbagliato. E perché è
sbagliato? Perché è un animale, come noi.
Ma gli altri animali, che ne pensano, di noi?
Alcuni ci attaccano, altri no. Alcuni ci mangiano,
altri non sono interessati a noi. O hanno paura.
NESSUN COMPROMESSO
~ 80 ~
Hanno un’altra etica? O solo noi possiamo scegliere
in base all'etica? O ci illudiamo di scegliere?
Se gli altri animali possono scegliere, allora siamo
uguali. E possiamo ritenerli colpevoli delle loro
scelte.
Ma gli altri animali possono scegliere davvero?
Forse no, perché non ci sono tigri vegetariane. O
forse le tigri non vogliono essere vegetariane,
mentre i coniglietti sì (ma i coniglietti poi sono
davvero vegetariani?).
Però, se davvero tutte le tigri sono carnivore e
tutti i coniglietti sono vegetariani, forse non si tratta
di una scelta. Forse l'evoluzione non ha dato loro la
possibilità di scegliere. Oppure gli ha concesso un
ventaglio meno ampio di scelte.
Allora siamo diversi. Allora gli animali non sono
colpevoli. Allora i colpevoli siamo solo noi, gli
umani, perché siamo responsabili delle nostre
scelte.
Siamo colpevoli, come specie, perché almeno noi
abbiamo la possibilità di scelta.
Ma che vuol dire colpevoli?
E poi, siamo tutti colpevoli?
E siamo davvero liberi di scegliere?
Perché, se siamo uguali in quanto umani, siamo
diversi perché persone. Proprio come gli altri
animali, abbiamo personalità diverse.
NESSUN COMPROMESSO
~ 81 ~
Allora forse non siamo colpevoli tutti allo stesso
modo.
O forse, sotto sotto, la penso come qualsiasi altro
specista antropocentrico del cazzo?
NESSUN COMPROMESSO
~ 82 ~
CAPITOLO 9
Lunedì 18 marzo
Proclama alla città. Anzi, alla nazione. Dovete
smetterla di maltrattare, ferire, uccidere gli altri
animali, venderli come schiavi o vendere le loro
carogne. Anche voi siete animali, solo un po’ più
fortunati, e non avete il diritto di uccidere o fare del
male ai vostri simili. Proteggeteli.
Rileggo le parole che ho scritto. Vagamente
poetico, lo stile. Poco politico il testo, neanche così
minaccioso. Un monito, diciamo. La nostra nuova
campagna, operazione ghiaccio secco, parte domani
notte.
Su Internet, Mauro ha trovato un piccolo
manuale americano per costruire bombe e
provocare esplosioni, e l’ha passato a Silvano, che è
anche il nostro piccolo chimico. Dentro, ci sono le
istruzioni per costruire una dry ice bomb, che non è
una vera bomba, ma fa un casino di rumore.
Funziona, la ricetta. L’abbiamo provata due
giorni fa in campagna. Un botto della Madonna.
Si trova un sacco di roba, su Internet, basta
cercare con le parole giuste. E leggere un po’
d’inglese. Per esempio, Mauro è andato sul sito di
NESSUN COMPROMESSO
~ 83 ~
Ask Jeves è ha chiesto semplicemente: How to build
a pipe bomb?, e nei risultati c’era il manuale di
questo tizio. Semplice semplice. Pieno di
indicazioni, consigli su dove acquistare certi
componenti – anche se per gli americani è più
semplice, perché chiunque può acquistare armi –
formule matematiche.
Ogni tanto, per pararsi il culo, l’autore scrive che
usare e costruire questi ordigni è un reato federale,
che la responsabilità è vostra, sia chiaro, lui non vi
sta suggerendo nulla. Non ve l’andate a prendere
con lui, insomma, se qualcosa va storto. Non si sa
mai.
Certo, poi Mauro è andato per un po’ in paranoia,
e ha cominciato a pensare che magari da un
momento
all’altro
sarebbe
entrato
l’Fbi,
nell’Internet cafè. O il Sisde. O il Sismi. O i Ros. E
alla fine ha deciso di non tornare più in quel posto.
Non si sa mai.
Dal manuale “Anonima Animalisti”
Come costruire una bomba di ghiaccio secco
Se volete fare un gran botto per attirare l’attenzione o
fare cacare sotto un po’ di gente, be', le “dry ice bomb”
sono sicuramente il modo migliore. Costruirle è
semplice, basta procurarsi del “ghiaccio secco”, cioè
biossido di carbonio allo stato solido. Si usa per
NESSUN COMPROMESSO
~ 84 ~
raffreddare le bevande, ad esempio, e viene venduto a
chili.
Prima di tutto, usate dei guanti spessi per lavorare il
ghiaccio secco: ha una temperatura bassissima, intorno
agli 80 gradi sotto zero, e la pelle può restare incollata.
Prendete una bottiglia grande di plastica, di quelle da
un litro e mezzo, e riempitela in gran parte di ghiaccio
secco: possibilmente comprimendolo, perché il risultato
sarà migliore. Aggiungete anche un po’ d’acqua, ma non
è obbligatorio, e chiudete strettamente il tappo.
Questa operazione è più rischiosa di quel che
sembra, perché a seconda delle condizioni della
bottiglia, del tempo, di quanta acqua avete aggiunto e
della temperatura, la bomba può esplodere tra i 30
secondi e i cinque minuti. Se non aggiungete acqua, il
tempo necessario all’esplosione può allungarsi
parecchio, da 45 minuti ad alcune ore.
Il problema, però, è che non sarete mai abbastanza
certi che la bottiglia non esploda quasi subito, per via
della pressione interna o magari di un urto. Quindi, non è
esattamente consigliabile andarsene in giro con le
bottiglie, a meno che non vogliate rischiare di ferirvi o di
ferire qualcuno.
Evitate di usare bottiglie di vetro. Fanno meno rumore
e le schegge sono più pericolose. Mortali.
Martedì 19 marzo
La notte ti fa sentire ladro, anche quando sei
dalla parte della ragione. E stanotte abbiamo fatto il
nostro esordio da ladri.
NESSUN COMPROMESSO
~ 85 ~
Qualche volta mi chiedo se compiendo le nostre
azioni di giorno, e non di notte, mi sentirei meglio.
Mischiandoci agli altri, gli altri che vanno a fare il
loro lavoro, le loro compere, gli altri che
passeggiano, perdono tempo, portano a spasso i
bambini o la loro noia.
Me lo chiedo anche stanotte, mentre ce ne stiamo
nel furgoncino scassato che Silvano e Francesco
sono riusciti a rubare. È un vecchio Volkswagen
parcheggiato non lontano da casa di Francesco,
sempre aperto. Era da un po’ di giorni che lo
tenevamo d’occhio. E farlo partire, dice Silvano –
mentre armeggia con l’immaginetta di Papa
Giovanni, di quelle antiche che si attaccano col
magnete nell’abitacolo, tipo “non correre pensa a
me” –, è stato più facile di quel che pensavamo.
Per un lungo momento ce ne stiamo in silenzio,
due seduti davanti e due dietro, con la lampadina di
cortesia del furgone accesa. Ma è talmente fioca,
quella luce, che siamo in penombra.
“Ok, dice Silvano, andiamo”.
Abbiamo parcheggiato vicino a un piccolo parco,
nell’angolo più buio. Nel furgone abbiamo tutto il
necessario: le bottiglie di plastica, il ghiaccio secco,
il martelletto per farlo a pezzi. Se tutto va per il
meglio, stanotte faremo cinque tappe. Cinque tappe,
cinque esplosioni, lo stesso volantino di
NESSUN COMPROMESSO
~ 86 ~
Nocompromise
lasciato
accanto
al
luogo
dell’esplosione, più un paio spediti all’Ansa e al
Messaggero.
Le bottiglie sono riempite in parte di biossido di
carbonio, per facilitare il lavoro, ma le abbiamo
lasciate aperte per evitare il rischio di esplosioni.
Una dry ice bomb può facilmente far saltare in aria
un cestino dei rifiuti.
Per strada non c’è nessuno. Sono le tre di notte e
siamo in una via periferica. Io raggiungo l’incrocio, e
mi do una guardata attorno. Lo stessa fa Mauro,
sull’incrocio opposto a quello in cui mi trovo io.
Non pensavo di avere un ascendente particolare
su Mauro, eppure dall’ultima volta che l’ho
affrontato, sotto casa sua, sembra aver smesso di
impasticcarsi. Oppure si è fatto più attento. Non ne
abbiamo più parlato, della cosa, ma lo sguardo che
mi ha dato stasera dovrebbe significare, più o meno,
tranquillo, ho smesso, fidati.
Io, però, resto sul chi va là.
Francesco e Silvano hanno aperto il portellone
posteriore del VW e ora stanno lavorando, cercando
di non fare rumore.
Francesco riemerge dal furgoncino stringendo in
mano, quasi trionfalmente, la prima bottiglia.
Silvano si arrampica sulla bassa cancellata del
parco, poi scende dall’altra parte. Vedo Francesco
NESSUN COMPROMESSO
~ 87 ~
che armeggia, sta passando la dry bomb a Silvano
attraverso le sbarre.
Due minuti dopo, il mio amico sta scalando
nuovamente la cancellata, ma in senso inverso.
Tutto ok, nessuno in vista. Ce ne andiamo.
Vorremmo restare ad aspettare il primo botto,
ma c’è il rischio di incrociare una pattuglia della
polizia o dei carabinieri. Dunque, si procede verso il
prossimo obiettivo. E poi quello ancora dopo.
Mercoledì 20 marzo
Non ho praticamente dormito. Sono tornato a
casa alle 6, e ho sfatto il letto. I miei russavano
pesante e non si sono accorti di niente. Io invece ero
troppo eccitato per prendere sonno.
Alle 7 sono andato in cucina per sentire il
giornale radio locale, e mentre c’ero ho anche
preparato la colazione per tutti. Che dolce, eh?
Si vede che hai qualcosa da farti perdonare, mi
ha detto mia madre quando ci siamo incrociati in
corridoio, con quel sorriso con cui cerca di
mascherare i rimproveri di quella–che–dovrebbe–
essere–una–buona–madre. Certe volte penso che si
siano scordati di darle le istruzioni, quando sono
nato.
NESSUN COMPROMESSO
~ 88 ~
Perché non sono come Batman?, mi domando al
cesso. Ricco, bello, con un palazzo–fortezza
interamente a sua disposizione e la maschera per
combattere i cattivi e la tristezza. E soprattutto,
orfano.
Che le bottiglie abbiano fatto un bel botto, lo so.
Piazzata la penultima, siamo stati ad aspettare,
controllando gli orologi. Dopo un quarto d’ora,
abbiamo cominciato a preoccuparci. Poi l’esplosione
è arrivata, violenta, ci ha preso alla sprovvista.
Sembrava una vera bomba. Gli storni si sono messi
a volare all’improvviso, e un paio di allarmi hanno
cominciato a suonare.
“Un gran bel botto davvero”, ha detto Mauro,
tutto fiero del suo manuale.
Poi siamo andati a piazzare l’ultima.
Al giornale radio locale le esplosioni della nottata
sono la prima notizia. Parlano di quattro scoppi, ciò
significa che una bottiglia non è esplosa, e che non
hanno
trovato
neanche
il
volantino
di
rivendicazione.
Penso con terrore che l’ordigno mancante
potrebbe scoppiare in qualsiasi momento e,
contrariamente a quel che volevamo, fare del male a
qualcuno. A un bambino che la scopra per caso, a un
NESSUN COMPROMESSO
~ 89 ~
netturbino, a un poveraccio in cerca di qualcosa da
mangiare o di un giornale.
Devo telefonare al 113, mi dico. Non c’è altro da
fare, e mi sorprendo per quel riflesso condizionato.
Un fuorilegge dovrebbe essere allergico al 113 come
un vampiro all’aglio.
Ma un fuorilegge che chiama i poliziotti per
avvertire del pericolo forse non è così cattivo, mi
consolo.
Provo a ricordarmi dove posso trovare un
telefono a monete non lontano da casa. Non ce n’è.
Allora esco di corsa, sbattendo la porta.
L’ascensore non funziona, comincio a scendere a
piedi, ma il casco dello scooter mi cade dalle mani e
rotola giù, facendo un gran casino. Immagino già gli
altri inquilini mentre seguono le mie mosse con
l’occhio incollato allo spioncino.
Calma.
Prima di tutto la sicurezza, la mia sicurezza.
Dal giornalaio, che ha appena aperto, compro
una tessera telefonica. Dietro l’edicola, c’è ancora
uno dei pochi telefoni pubblici che si trovano in
circolazione. Silvano dice che non hanno ridotto il
numero delle cabine soltanto per farti spendere più
soldi col cellulare, ma anche per controllare meglio
le comunicazioni. Sarà.
“113”, dice la voce.
NESSUN COMPROMESSO
~ 90 ~
“In piazza tal dei tali, nel parco. Dentro uno dei
cestini dei rifiuti c’è una bomba. Può esplodere da
un momento all’altro”, dico, e riaggancio.
Non è che sul terminale della polizia è comparso
il numero da cui ho chiamato, mi chiedo? Forse ho
fatto una cazzata.
Calma.
NESSUN COMPROMESSO
~ 91 ~
CAPITOLO 10
Martedì 3 aprile
Da qualche giorno penso che dovremmo dare
fuoco a una macelleria.
Non so, sarebbe un gesto significativo, diverso
rispetto a quel che abbiamo fatto finora. Un gesto
per favorire un’etica delle cose semplici.
È facile arrabbiarsi con chi fabbrica pellicce o con
chi le indossa, o anche con chi tortura gli animali
nei laboratori. Ma è arrivato il momento di inviare
un messaggio chiaro alla gente comune, a quelli che
leggono i giornali: siamo tutti coinvolti. Anche voi
che vi limitate a mangiare una bistecca senza
chiedervi – perché altrimenti dovreste rispondere
alla vostra coscienza – da dove viene. Di chi sono,
quella carne e quel sangue strappati per voi. E da
chi.
Finora, i macellai non li abbiamo toccati. E poi,
dopo l'azione contro il vivisettore è meglio evitare
gli obiettivi più rischiosi. Mentre le macellerie sono
ovunque e nessuno le controlla, salvo forse i
metronotte.
Ma non è che sia così facile dare fuoco a un
negozio. Primo, non abbiamo ancora imparato a
NESSUN COMPROMESSO
~ 92 ~
scassinare una serratura. Secondo, c'è il rischio che
le fiamme si estendano al resto dell'edificio, mentre
la nostra regola è quella di cercare di non mettere in
pericolo la vita di nessuno. Neanche le nostre, se
possibile.
Oggi, allora, Pagine Gialle alla mano, mi prendo
una pausa di studio.
La voce "Macellerie" sta tra "Macchine utensili e
attrezzature usate e revisionate" e "Magazzinaggio e
logistica industriale". Un'industria come un'altra, in
fondo. La lista conta un migliaio di nomi e indirizzi.
Poi mi accorgo che c'è una voce specifica:
"Macellerie equine", composta da poche decine di
negozi.
I cavalli fanno tenerezza anche ai carnivori più
incalliti. Perché il cavallo è considerato un amico
dell’uomo, e poi evoca chissà perché immagini di
libertà, anche con tanto di sella, briglie, ferri e un
umano di 80 chili che gli spacca la schiena a
cavalcarlo.
Ne ho parlato con Silvano, poi con gli altri. Sono
d’accordo anche loro. Vada per la macelleria equina.
Ma ora bisogna cercare il posto più adatto. Deve
essere, possibilmente, un edificio basso, senza
appartamenti ai piani superiori.
NESSUN COMPROMESSO
~ 93 ~
Dal manuale “Anonima Animalisti”
La cara vecchia molotov
La molotov è una bomba incendiaria tanto classica
quanto semplice da preparare, talmente semplice che
spesso si finisce con l’ignorarla. Ed è un errore, perché
invece, se si seguono bene le istruzioni, funziona
perfettamente e crea un bel po’ di danni.
Per cominciare, bisogna scegliere la bottiglia giusta,
di vetro. Non deve avere un collo troppo largo e non
deve essere troppo spessa (ma neanche troppo
leggera). Soprattutto, occorre stare attenti a non
riempirla troppo, perché altrimenti poi rischia di non
scoppiare.
Per il contenuto, si possono usare praticamente tutti i
liquidi altamente infiammabili: benzina, gasolio,
cherosene, alcol etilico e metilico, ma anche diversi mix.
Meglio ancora, se si riesce a trovarlo, sarebbe
aggiungere catrame, o anche grasso, alla benzina: in
questo modo è più difficile estinguere il fuoco, anche
perché il contenuto della bottiglia si incolla alla
superficie.
Si può aggiungere dell’acetone o qualche altro tipo di
solvente, per aumentare la potenza del fuoco.
Anche la miccia è facile da realizzare: basta un pezzo
di tessuto in parte imbevuto di liquido infilato nel collo
della bottiglia, e anche attorno ad esso. L’importante è
che il tutto sia ben stretto e che il tessuto che non si sfili
mentre lanciate la bottiglia.
Per diversi giorni, anzi, per diverse notti, ci siamo
divertiti a prendere di mira i furgoncini delle
NESSUN COMPROMESSO
~ 94 ~
macellerie, obiettivi facili da colpire anche perché
vengono spesso parcheggiati in bella vista vicino ai
negozi. Stanno lì, incustoditi, e poco ci manca che
dicano: colpiscimi.
Per rovinare la giornata ai macellai basta poco.
Basta prendere della sabbia, gettarla sul parabrezza
e poi aggiungere un bel po’ di colla. Una bella colla
densa, che prenda bene, come quella per attaccare i
manifesti, ma senza diluirla troppo, girandola con la
mano giusta, come per fare la crema pasticcera.
Quando
andiamo
di
corsa,
usiamo
semplicemente una busta ripiena di vernice, da
lanciare e via. Rossa, la vernice, come il sangue che i
macellai hanno sul grembiule e sulle mani.
Ma il sistema più raffinato è quello di gettare
liquidi molesti nella ventola: urina, latte, torli
d’uova (rigorosamente uova andate a male). Sul
momento forse l’odore non si sentirà troppo, ma
aspettate qualche giorno e impesterà l’abitacolo.
Ogni volta abbiamo scelto un quartiere diverso,
senza lasciare in giro firme o volantini. In questo
modo,
invece,
nessuno
si
allarmerà
immediatamente. Roba di vandali, penseranno.
Non lo facciamo soltanto per evitare di correre
rischi inutili, ma soprattutto perché abbiamo
bisogno di tempo per preparare l’azione principale
della nostra “campagna macellerie”: il botto.
NESSUN COMPROMESSO
~ 95 ~
Dopodiché, il programma è di tutto riposo:
telefonate anonime per annunciare la presenza di
una bomba in una grande macelleria o nel reparto
carni di qualche supermercato, lettere di minacce,
pacchi ripieni di feci, le nostre. Il solito repertorio,
insomma, compresi un paio di finti pacchi–bomba
sistemati davanti a qualche vetrina.
Alla fine invieremo un messaggio col sistema
abituale, fotocopiando e poi fotocopiando la
fotocopia del volantino contro i macellai, che ho già
scritto con Mauro.
E per confondere un po’ le acque, lo spediremo a
un giornale locale di un altro quartiere: “Come per
la schiavitù, il benessere degli animali non è
sufficiente. La ‘buona morte riservatela ai vostri
parenti o ai vostri capi. L’abolizione totale dello
sfruttamento è la sola cura possibile. Macellai
assassini, ora tocca a voi tremare”.
La sera del botto è arrivata. È la prima volta che
usiamo una molotov, e siamo tutti un po’ nervosi,
anche se la macelleria equina che abbiamo scelto
sembra fatta apposta per un attentato. È un locale
d’angolo, sormontato solo da un grande terrazzo.
Sugli stipiti, gli unici adesivi incollati dai vigilantes
di passaggio sembrano vecchi e scoloriti.
NESSUN COMPROMESSO
~ 96 ~
La saracinesca è a maglie piuttosto larghe, e la
porta di alluminio e vetro del negozio è
parzialmente aperta. Con un po’ di fortuna,
riusciremo a infilare la molotov all’interno.
Ci siamo portati appresso due bottiglie riempite
di
benzina
e
di
un
po’
di
grasso.
Né Mauro, né Francesco né io abbiamo voglia di
lanciare la molotov, per paura di sbagliare.
« Allora, chi si occupa dell’inaugurazione »,
chiede Silvano, mentre ci guardiamo attorno.
« Io non me la sento, lo sapete che sono una
pippa per queste cose », dico subito.
« E tu, Mauro? – chiede allora Silvano – Tu tiri la
prima, e se ci sono problemi io tiro la seconda. Ok?”.
Mauro annuisce col capo, anche se non sembra
troppo convinto. Io e Francesco facciamo la guardia.
Mentre mi guardo in giro, sento il rumore del
vetro che s’infrange. Subito dopo, Mauro che
bestemmia.
Mi avvicino per chiedere cos’è successo.
“La fiamma s’è spenta, ora ci riproviamo”, mi
dice Silvano mentre estrae dalla sacca la seconda
bottiglia. La fa passare in una delle maglie della
saracinesca, poi cerca in tasca l’accendino e dà fuoco
alla miccia, infine lancia, con un semplice
movimento di polso.
NESSUN COMPROMESSO
~ 97 ~
Anche stavolta non succede nulla. La fiammella si
spegne e la bottiglia va in pezzi, lasciando
fuoriuscire il liquido.
“Merda”, dice Silvano. Però non si perde d’animo.
Fruga nella sacca e tira fuori una boccetta di alcol e
uno straccio. Imbeve lo straccio di alcol, ne fa una
specie di palla che lega strettamente con un elastico.
Poi fa passare anche questa attraverso la saracinesca
e dà fuoco a un lembo, gettandola quasi nello stesso
istante.
“A mali estremi, estremi rimedi”, dice il mio
amico, mentre scappiamo.
Quando qualcuno avrà chiamato i pompieri,
quando i pompieri saranno venuti e avranno spento
le fiamme, quando il giornale avrà ricevuto la nostra
rivendicazione e avvertito la polizia, quando sarà
tutto chiaro, insomma, ci chiameranno terroristi.
Anche se il nostro è uno strano tipo di
organizzazione terroristica, che non uccide nessuno.
NESSUN COMPROMESSO
~ 98 ~
CAPITOLO 11
Sabato 27 aprile
È chiaro che prima o poi sarebbe successo, che la
sindrome ci avrebbe contagiato.
I militanti più cool la chiamano Animal Behind
Closed Doors (ABCD) syndrome, sindrome da
animali prigionieri, e prima o poi colpisce tutti gli
animalisti radicali.
Anche se sai che è difficile, impossibile, che ci
vuole un’organizzazione quasi militare, contatti,
logistica, alla fine ci caschi, e vuoi fare il passo
lungo: liberare gli animali prigionieri.
Non è tanto difficile da capire: a meno che non
abbiate un cuore da Erode, se vi mettete a osservare
dei cuccioli, dietro una vetrina, stretti uno sopra
all’altro nelle gabbie, non potete fare a meno di
pensare, dopo qualche istante, che vorreste portarli
a casa, tanto vi fanno pena.
Vi è mai capitato di guardare foto o video di cani
stretti in gabbie minuscole, accucciati tra i loro
bisogni, sporchi, smunti, che guaiscono di tristezza?
Oppure animali prigionieri in un laboratorio, con
sonde inserite nella testa, le zampe bloccate da
qualche tipo di congegno?
Non sentite qualcosa che si ribella dentro di voi,
non sentite il bisogno di liberarli o di fuggire?
NESSUN COMPROMESSO
~ 99 ~
La maggior parte delle persone non ce la fa,
fugge, o smette di guardare e di pensarci. Altrimenti
dovrebbe fare qualcosa. Come succede a chi si
ritrova all’improvviso a vivere o a lavorare vicino a
un mattatoio, e finalmente scopre da dove viene la
carne che ha nel piatto.
La maggior parte delle persone fugge. Noi,
invece, ci ribelliamo.
Così, anche se all’inizio era stato proprio lui a
dire, un pomeriggio di qualche mese fa, che non
avremmo dovuto neanche lontanamente pensare a
compiere azioni di liberazione, che non eravamo
pronti, che rischiavamo di fare male alla causa e agli
animali, non mi ha sorpreso scoprire che Silvano, da
un po’ di tempo, ha quest’idea in mente.
“Sai”, mi racconta, mentre siamo a casa mia a
guardare Mtv, “ho conosciuto queste due, Letizia ed
Ester, sono due forti”.
Forse è la prima volta che con Silvano ci troviamo
a parlare di ragazze, da anni. Ho sempre creduto che
per lui l’argomento fosse riservato. Non un tabù.
Non una cosa che non lo interessa – non ho mai
pensato che fosse omosessuale, per dirla tutta – ma
qualcosa di molto personale, di privato.
E ora, eccolo che mi parla di Letizia ed Ester, con
quella luce negli occhi.
NESSUN COMPROMESSO
~ 100 ~
“Le ho incontrate per caso, per lavoro. Stavo
facendo delle riprese per la ditta, una pubblicità un
po’ scrausa, per un agriturismo”.
“E queste tizie lavorano nell’agriturismo?”,
chiedo.
“No, no. Però erano lì. Loro hanno una casa–
rifugio per animali, in campagna”.
“Vuoi dire un canile?”.
“No. Loro sono come noi, capisci? Raccolgono
animali abbandonati o feriti, li curano, e li tengono
finché non trovano qualcuno che se ne occupi. Se lo
trovano”.
“E se non lo trovano?”.
“Be’, li tengono più a lungo”, mi dice Silvano.
Io mi sono già fatto l’idea di due gattare un po’
suonate, che vivono in una specie di fattoria zozza e
polverosa, circondate da capre, cani e gatti
puzzolenti e pieni di mosche. Quel genere di cose lì,
insomma.
Silvano deve avermi letto nel pensiero: “Guarda
che non sono gattare. Ti ho detto che sono come noi.
Sono animaliste e hanno un lavoro normale”.
“Che lavoro? Costruiscono cestini di paglia?
Inanellano perline? O scolpiscono il legno?”,
scherzo.
Silvano l’ha presa bene, sorride. “Ci sei quasi.
Sono due scultrici. Brave. Guadagnano bene”.
NESSUN COMPROMESSO
~ 101 ~
“Non è che sei andato in fissa con una delle due,
no? Sono bone, almeno?”, gli chiedo guardandolo in
faccia.
“Ma nooo, no”, s’imbarazza. “No, non è questo…”.
“Allora sono lesbiche?”, lo interrompo.
“Ma che ne so! Lasciami finire. Sono carine,
anche se sono un po’ vecchie. Avranno sui 35 anni.
Però, ti dico, sono come noi”.
“Che significa?”.
“Significa che forse stavolta possiamo liberare
degli animali”.
“Parli sul serio?”.
“Sul serio, sì”.
“Ma sul serio, sul serio davvero? Ma non eri tu
quello che prima diceva che non dovevamo
pensarci?”.
“Prima era prima”.
Domenica 5 maggio
Non so se Letizia, Ester o entrambe hanno
sequestrato il cervello del mio amico, ma da tre
giorni Silvano non parla d’altro. Di loro, del rifugio e
del fatto che dobbiamo farlo. Dobbiamo liberare
degli animali e portarli in salvo, in campagna.
Dobbiamo alzare il tiro, ripete Silvano.
NESSUN COMPROMESSO
~ 102 ~
“Ma hai pensato al rischio che queste qui ci
freghino? Che magari chiamino la polizia? O magari
semplicemente che potrebbero non essere d’accordo
con noi?”.
“Fidati”, mi dice Silvano. “Fidati, lo faranno. Ma
non per me o per te, lo faranno perché è la stessa
lotta, per loro. Lo faranno perché lo hanno già
fatto”.
Silvano ha già un piano pronto, molto semplice.
Così semplice che potrebbe funzionare. C’è un
rifugio per cani, in periferia, vicino alla ferrovia
urbana, che in realtà è un vero lager. Le associazioni
che si occupano di protezione degli animali hanno
cercato più volte di farlo chiudere, ma i proprietari
l’hanno sempre spuntata. Si chiama Il Pastore, e a
qualsiasi ora ci passi di fronte, di giorno o di notte, è
sicuro che puoi sentire i cani latrare disperati.
L’idea è quella di arrivare di notte, con un camion
rubato per l’occasione, gettare dei bocconi di carne
intrisi d’anestetico per mettere fuori combattimento
gli eventuali cani da guardia, aprire la rete di
recinzione con le cesoie e portare via quanti più
animali possiamo, per poi trasportarli nel famoso
rifugio delle due nuove nostre amiche. Di lì i cani,
almeno in parte, saranno poi trasferiti in altri rifugi
e troveranno chi si occuperà di loro meglio, molto
meglio di questa banda di torturatori.
NESSUN COMPROMESSO
~ 103 ~
Lunedì 13 maggio
Abbiamo trascorso alcuni giorni a compiere
sopralluoghi nella zona attorno al Pastore, sempre
a piedi o in scooter, un’ora o poco più alla volta, di
giorno o di notte.
Bisogna prendere nota di tutto, anche dei
particolari più insignificanti. Prima di tutto, cercare
uno spiazzo largo abbastanza per fare manovra con
il camion e dove poterlo parcheggiare poi per tutto il
tempo dell’azione, col motore acceso e pronto alla
fuga. Il luogo non deve essere troppo vicino alla
recinzione per non dare nell’occhio, ma neanche
troppo lontano, altrimenti non riusciamo a far
arrivare i cani fin lì.
Cerchiamo di capire quante auto passino lì
accanto di solito tra le due e le tre di notte, nel
momento in cui si svolgerà l’azione, e anche se la
polizia sorvegli la zona. I proprietari del rifugio
hanno ricevuto minacce, alcuni mesi fa, è possibile
che siano ancora sotto protezione.
Di polizia, però, le tre volte in cui arriviamo qui
all’ora prescelta, non c’è traccia. E neanche di auto
private, in circa un’ora ne passano in media tre, a
parte il venerdì, quando il traffico di quelli che
tirano tardi aumenta.
La recinzione del Pastore non è troppo
sofisticata, non ci sono segni di cellule fotoelettriche
NESSUN COMPROMESSO
~ 104 ~
né di telecamere, anche perché costerebbero troppo
e ridurrebbero i profitti del rifugio, che continua a
lucrare sui fondi pubblici per tenere lontani dalla
strada i randagi.
È incredibile, ma per tutto il tempo, o quasi, dei
nostri sopralluoghi, i cani non smettono di abbaiare.
Almeno, mi consolo, almeno il baccano che fanno di
solito ci aiuterà a portare a termine la nostra azione.
A un certo punto, nel corso di un pomeriggio in
cui stiamo perlustrando un terreno largo e
abbandonato a 200 metri dal rifugio, avverto l’odore
dei cani, portato dal vento. Mi sembra un odore di
sporco, di sangue.
Mi prende a piangere così, all’improvviso.
Detesto farmi vedere in questo stato, mi volto da
un’altra parte, faccio qualche passo e mi asciugo gli
occhi strofinandoli sulla manica della felpa. Per
fortuna Mauro e Francesco stanno parlottando tra
loro, non ci fanno caso.
Sto pensando ai cani, lì dentro, in interminabile
attesa di un po’ d’affetto, impauriti, abbandonati,
strappati a chi li amava.
Poi mi sento una femminuccia. Allora raccolgo
una zolla di terra disseccata e la lancio ai miei amici,
così, per fargli uno scherzo, come fosse una palla di
neve.
NESSUN COMPROMESSO
~ 105 ~
Martedì 21 maggio
Alla vigilia del giorno X, proprio quando il piano
sta per scattare, scopriamo che al rifugio c’è una
novità, e pericolosa: due tizi baffuti, che sembrano
dell’Europa dell’est, fanno la guardia di notte e
sembrano armati.
Per fortuna, ce ne siamo accorti in tempo. Armati
di un binocolo agli infrarossi, che Silvano ha preso
in prestito non so dove, la notte della vigilia
osserviamo i guardiani mentre camminano lungo la
recinzione.
Silvano mi passa il binocolo.
Uno dei due porta sulla spalla quello che sembra
un fucile da caccia. E, per un momento, guarda
verso di noi.
Sobbalzo.
“Tranquillo, non ci possono vedere”, mi sussurra
Silvano, che se n’è accorto.
Anche se magari il fucile è caricato a pallini e i
due non possono notarci, mentre ce ne stiamo
acquattati qui su, tra dei grossi cespugli, lontani e
più in alto rispetto al rifugio, sento un buco allo
stomaco.
NESSUN COMPROMESSO
~ 106 ~
Ho già sentito un sacco di volte storie di gente a
cui hanno sparato e che non se n’è accorta finché
non ha visto il sangue.
Mercoledì 22 maggio
Ester è più alta, ha i capelli corti, scuri, e non
parla. Letizia è bionda, fa lunghe tirate dalla
sigaretta e sorride.
“È troppo pericoloso, i due guardiani sembrano
cattivi e sono pure armati”, sta dicendo Silvano.
Approfittando del caldo, abbiamo organizzato un
picnic con le due ragazze. Del nostro gruppo manca
solo Francesco.
“Temo che per questa volta dovremo rimandare”,
dice ancora Silvano.
“Non ti preoccupare, piccolo, capita”. Letizia
guarda Silvano con un’aria tenera, e poi dà un
morso al panino.
È la prima volta che sento qualcuno chiamare
Silvano piccolo, anche se è vero che non è né molto
alto né particolarmente robusto. È un fascio di
nervi, in realtà. Una specie di Duracell umano.
Non solo Ester e Letizia sono donne – anche se
ho una mezza idea che siano lesbiche – ma sono
anche i primi militanti della lotta animalista che
incontriamo di persona.
NESSUN COMPROMESSO
~ 107 ~
Loro due non hanno mai partecipato ad azioni
dirette. O meglio, ci hanno provato, ma il primo
gruppo a cui partecipavano si è sciolto ancora prima
di riuscire a combinare qualcosa, per dissapori
interni. Si chiamava Mamma Volpe, il gruppo, ed
era composto solo di donne.
Ora le ragazze si occupano solo di custodire gli
animali per un po’ di tempo presso il loro rifugio e
di trovare soldi per dare loro da mangiare e curarli,
mentre altri provvedono a trovare una sistemazione
definitiva ai “fuggitivi”, come chiamano gli animali
liberati dalle gabbie.
Ester era una veterinaria, sembra, ma è stata
radiata dall’ordine, anche se non so perché.
Il loro ruolo può sembrare marginale, agli occhi
di chi non sa nulla di lotta per la liberazione
animale, mentre invece senza persone del genere,
quelle che fanno il lavoro più pesante, noi non
potremmo giocare ai pirati.
Letizia è diventata vegetariana un mese dopo che
l’ufficio in cui lavorava si è trasferito vicino a un
mattatoio. La sua è una storia classica. Un giorno,
durante la pausa–pranzo, ha sentito degli strani
rumori, e ha scoperto da dove veniva l’hamburger
nel suo panino. Il giorno dopo, aveva già smesso di
mangiare carne.
NESSUN COMPROMESSO
~ 108 ~
Qualche mese più tardi, di notte ha tentato,
inutilmente, di dare fuoco al mattatoio. È arrivata lì
davanti con una latta piena di benzina, ma quando
si è accorta che c’era un metronotte è fuggita. Alla
fine, si è licenziata dall’ufficio, pur di cambiare
posto.
“Per organizzare una liberazione non bastano i
mezzi, la gente e l’intelligenza – continua Letizia,
fissandomi – serve anche un po’ di culo. Vedrete che
la prossima volta ce la farete”.
“Ma la prossima volta, voi avrete spazio per i
nostri, di fuggitivi?”, chiedo.
“Una cosa alla volta, una cosa alla volta. Per il
momento, bisogna che troviate un altro obiettivo,
poi ne riparliamo. Ci vorrà un po’ di tempo. E
comunque non vi preoccupate, non è che esistano
mille gruppi come il vostro, tutti pronti a liberare
animali. Fosse vero”.
“Prima si fa, poi si parla”, sintetizza Ester, che è
una di poche parole.
Giovedì 23 maggio
Anche se liberare gli animali prigionieri del
Pastore per ora sembra impossibile, abbiamo deciso
lo stesso di lasciare una traccia, soprattutto per non
NESSUN COMPROMESSO
~ 109 ~
sprecare tutto il lavoro logistico che abbiamo già
fatto.
Ma anche per non deludere il “nostro affezionato
pubblico”, quelli che non hanno ancora trovato il
coraggio di ribellarsi.
Abbiamo preparato una serie di cartelli simili a
quelli stradali, da sistemare lungo la via per arrivare
al rifugio, sia da ovest che da est. Sopra c’è il classico
simbolo dello stop, tracciato in modo sbrigativo
come se l’avessimo dipinto col sangue. Sotto, c’è una
scritta: Attenzione, campo di concentramento.
La stessa scritta, in nero, compare su un grosso
striscione giallo, su tutte e due le facce. Sullo
striscione, ovviamente, c’è anche la nostra firma.
Nocompromise.
Ma la ciliegina sulla torta è un’altra.
Abbiamo trasportato un bel po’ di copertoni,
rubati a un autodemolitore qui vicino. Tanto, il
proprietario non se ne sarà neanche accorto, visto il
casino che c’è nel suo deposito.
Quando siamo abbastanza sicuri che non ci sia
alcuna auto in arrivo – sono le tre di notte, come al
solito, ma penso sempre che c’è tanto tempo, dopo,
tanto tempo per dormire, addirittura l’eternità –
srotoliamo lo striscione lungo la strada,
ancorandolo a due platani.
NESSUN COMPROMESSO
~ 110 ~
Poi accatastiamo sull’asfalto i copertoni e li
cospargiamo di benzina. Un po’ di fuoco, e via.
Il fuoco è visibile da una bella distanza, nessuno
si farà male. Il primo automobilista di passaggio
chiamerà i pompieri, e i pompieri avvertiranno la
polizia.
NESSUN COMPROMESSO
~ 111 ~
CAPITOLO 12
Martedì 11 giugno
Come era prevedibile, Silvano non ha affatto smesso
di pensare a un’altra azione di liberazione.
Non ne parla più, ma dalla quantità crescente di
tempo che ora passa con Ester e Letizia mi sono
convinto che sta per annunciarci qualcosa del
genere.
“Ding dong! Abbiamo un altro piano”, ci
annuncia scherzando, una sera al parco, mentre
stiamo giocando a carte, la nostra terapia collettiva
anti–stress.
“Vuoi provare a liberare degli animali?”, chiedo
io.
“Non voglio soltanto provare, stavolta. Voglio
liberare degli animali. Contento?”.
Mica tanto, penso.
“Certo che sono contento, ma…”.
“Ma cosa? Non eri tu, all’inizio, quello che voleva
liberare a ogni costo animali, anche soltanto
criceti?”, ride Silvano, ridono a ruota Francesco e
Mauro. “Qual è il problema?”.
NESSUN COMPROMESSO
~ 112 ~
Esito. Fisso Silvano perché vorrei dirgli quel che
penso, ma non davanti agli altri.
“Qual è il problema?”, mi ripete, sfidandomi.
“Il problema è che non capisco cosa sia cambiato.
Perché prima non potevamo liberare animali e
adesso sì?”.
“Te l’ho già spiegato”.
“Ah, la differenza è che ci sono Letizia ed Ester,
ho capito”.
Silvano mi scruta per un attimo.
“Geloso?”.
Francesco e Mauro scoppiano di nuovo a ridere.
“Siamo solo in quattro, Silvano. È un po’ difficile
portare a termine un’azione così…”.
“Non è detto – m’interrompe Mauro – Non è
detto. Dipende da quel che si deve fare. Hai già un
piano, Silvano?”.
Certo, Silvano ha sempre un piano. Un piano che
mi sembra folle, già dal primo momento, visto che
Silvano ha preso di mira una banda che organizza
combattimenti tra cani.
“Pensateci. Qui non parliamo semplicemente di
rifugi o di allevamenti, o di laboratori. No. Stiamo
parlando di criminali che usano i cani per
combattere, li addestrano a uccidere e a morire, li
torturano, solo ed esclusivamente per le
scommesse”.
NESSUN COMPROMESSO
~ 113 ~
“Stiamo parlando di malviventi, di gente
disprezzabile, schifosa, senza giustificazione. Se li
colpiamo, nessuno li difenderà”.
Silvano ha raccolto le notizie da gente di piazza,
quel tipo di mondo che per me resta un mistero.
Gente che passa mezze giornate al bar, come se non
lavorasse mai. E infatti non lavora, non nel senso
che va in ufficio tutte le mattine per tornare nel
tardo pomeriggio o sotto sera, come mio padre o
mia madre.
Anche stavolta il piano è semplice.
In periferia, verso il mare, c’è una palazzina
abbandonata utilizzata come centro di segregazione
e allenamento dei cani, che poi vengono utilizzati
nei combattimenti in un’arena clandestina.
I combattimenti non avvengono spesso. Una
volta ogni tre, quattro settimane, per non rischiare
di attirare troppo l’attenzione e anche per
massimizzare le scommesse.
Martedì 18 giugno
Per qualche notte consecutiva, ripetiamo lo stesso
rituale che abbiamo seguito in precedenza per il
Pastore. Conoscenza del terreno e delle strade
circostanti, anche per avere sempre pronta una via
NESSUN COMPROMESSO
~ 114 ~
di fuga, osservazione delle abitudini di eventuali
guardie, studio degli orari e del traffico.
Lo stabile abbandonato è circondato in parte da
un cantiere, abbandonato anch’esso. Nonostante i
cumuli di mattoni e di rottami sparsi qui e là lungo
il percorso polveroso, c’è comunque abbastanza
spazio per un veicolo non troppo grande, un furgone
o un camioncino, su cui trasportare i fuggitivi.
Secondo Silvano, abbiamo a che fare con un
gruppo di sbandati e piccoli delinquenti che
gestiscono il traffico di cani e anche, a quanto pare,
uno spaccio di fumo.
Teste calde, magari, ma non pericolose come i
camorristi e i mafiosi che controllano il business più
grosso della zoomafia, le corse dei cavalli, i macelli
clandestini e le altre attività che portano milioni a
palate.
Con una telecamera agli infrarossi, che Silvano ha
installato in un posto vicino al covo, riprendiamo a
orari fissi la scena, poi ci ristudiamo tutto a casa.
È l’unico studio serio in cui sia impegnato in
questo momento: ho dimenticato di iscrivermi a un
esame e ne ho sfanculato un altro. A mia madre ho
raccontato che il professore ha cancellato la sessione
perché ha avuto un infarto. Chissà se se l’è bevuta.
NESSUN COMPROMESSO
~ 115 ~
Per gran parte della notte, a quanto pare,
l’edificio non è sorvegliato, anche se una sera, una
sera soltanto, abbiamo visto alcuni tizi bere
stravaccati accanto a un falò.
Se hanno droga, quelli della banda, non la
smerciano lì, perché non c’è il classico via vai di
tossichelli.
L’unica presenza fissa è quella di un tizio che avrà
la nostra età, e di solito esce dal palazzo verso le otto
di sera, con un pit bull al guinzaglio.
La prima volta che li abbiamo visti, il cane si è
fermato e ha alzato il muso, fiutando l’aria. Io e
Francesco, che eravamo ad almeno 50 metri da loro,
abbiamo smesso anche di respirare, per qualche
lunghissimo secondo, finché il cane e il padrone non
si sono allontanati.
Siamo arrivati a una conclusione: agire
rapidamente, entro i prossimi due–tre giorni,
perché a quanto pare non ci sono combattimenti in
vista. Entreremo nell’edificio di notte, prenderemo
quanti più cani possibile – ce ne dovrebbero essere
una decina, dentro – e li trasporteremo subito al
rifugio di Letizia ed Ester.
Tempo massimo dell’operazione, dall’ingresso
nello stabile al trasporto dei “fuggitivi” a
destinazione, un’ora e mezzo.
NESSUN COMPROMESSO
~ 116 ~
Giovedì 20 giugno
Sul campo della parrocchia, un gruppo di
ragazzini gioca a pallone. Qualcuno lo conosco di
vista, fratelli minori di amici con cui anch'io giocavo
a calcio, proprio qui.
Certo, non avrei mai pensato di tornare in chiesa.
A mia madre, preoccupata perché non andavo più
a messa, Don Angelo aveva spiegato una volta che è
normale, che il sentimento di rivolta degli
adolescenti va assecondato, sennò non diventano
mai uomini.
Vedrà, signora, che prima o poi tornerà, quando
ne avrà voglia. Dio ha tempo, aveva detto il prete. E
mia madre si era rasserenata.
Dio ha tempo, ma io no, ho sempre pensato.
Tornare in parrocchia un po' mi pesa. Non voglio
che il mio sia considerato come un atto di
pentimento. Non voglio dare ragione al buon senso
comune, quello che poi quando sei grande capisci e
vedi tutto con altri occhi.
Minchiate.
Se sono qui, è solo per parlare con Don Angelo,
per la residua fiducia che ho in lui. Non, per
esempio, nei professori delle medie o del mio liceo,
che ho sempre considerato delle mezze seghe, forse
influenzato dalle massime di mio padre, tipo "chi sa
fa, e chi non sa insegna".
NESSUN COMPROMESSO
~ 117 ~
Se ho fiducia in Don Angelo, è anche perché una
volta mi ha spiegato che non è importante dove si
prega Dio, se in chiesa, su una spiaggia deserta o per
strada, perché Lui è ovunque.
Un ottimo punto di vista per la mia ribellione
libertaria.
Entro in palestra, e resto sorpreso. Ad allenare i
ragazzi dell’All Saints Basket non è Don Angelo,
come sempre, ma un ragazzo che non ho mai visto.
È un vero attrezzo. Ha gli occhiali tenuti fermi da
una striscia di caucciù che gli stringe la testa, un
fischietto in bocca e addosso una divisa da baseball.
Aspetto che la smetta di fischiare e gli chiedo dov'è il
prete.
Don Angelo, lo trovo indaffarato sulla sua
scrivania. Alza gli occhi e non mi riconosce, sul
momento. Ha l’espressione tipica dei miopi quando
devono mettere a fuoco un volto.
Il prete ha lo sguardo spento. O forse,
semplicemente, è invecchiato, di due–tremila anni.
Quando finalmente mi riconosce, non mi dice
frasi come Ti aspettavo, o Sapevo che prima o poi
saresti venuto. Sulle prime non dice proprio nulla, e
io me ne resto lì imbarazzato.
“Una volta ho detto a tua mamma che prima o poi
saresti tornato, ma non ci credevo veramente. L'ho
NESSUN COMPROMESSO
~ 118 ~
detto per lei, sembrava sconsolata”, mi dice Don
Angelo.
“I giovani che vedo qui, ormai, mi sembrano degli
stupidotti, ragazzi che non sanno cos'altro fare.
Mica dei grandi campioni della cristianità. Però, che
ci vuoi fare. Noi preti dobbiamo essere dei
professionisti: raggiungere il massimo risultato con
quello che si ha a disposizione”.
Passiamo
nel
giardinetto
interno
della
parrocchia, così possiamo parlare un po'. Non c'è
mai nessuno, qui.
“Be’?, cos’é che ti porta qui, ragazzo? Ti devi
sposare? Ti serve un certificato? O è nostalgia?”.
Ridacchio imbarazzato. Sposarmi. Non c’ho mai
pensato. In chiesa, poi.
“No, sono venuto perché avevo bisogno di un suo
consiglio. C'è una cosa molto importante, che mi sta
molto a cuore, e ho bisogno di parlarne con
qualcuno”.
“Un consiglio da me? Ne sono lusingato, ragazzo,
ma io sono un prete vicino alla pensione, se non per
età, per esaurimento. La parrocchia non mi dà più
grande soddisfazione. Sono altre le cose che mi
interesserebbero adesso, cose di cui non mi posso
occupare perché faccio il prete. E siccome nella mia
NESSUN COMPROMESSO
~ 119 ~
vita ho sempre fatto il prete, che altro potrei fare?
Comunque, di’, se ti posso essere utile”.
“Secondo lei, gli animali hanno un’anima?”,
chiedo, prendendola un po’ da lontano.
Don Angelo scoppia a ridere. “Se gli animali
hanno un’anima? Ma che domande mi fai, figlio?”,
mi dice.
“È una domanda stupida, lo so, ma me la faccio
da molto tempo”.
“No, non è affatto una domanda stupida, non
intendevo questo. È solo che sono un po’ sorpreso.
Non mi capita di parlare spesso di queste cose,
capisci”.
“Però, per rispondere alla tua domanda, ti dirò
che la Chiesa è divisa. Per i gesuiti gli animali non
hanno un’anima, anche se meritano rispetto e non
vanno maltrattati. Per alcuni teologi gli animali ce
l’hanno, un’anima, eccome, e li benedicono perfino
in chiesa”.
”Ma lei che ne pensa?”, chiedo, guardandolo in
faccia.
”Io? Credi, non mi sono mai posto il problema.
Non ho l’indole del teologo, io, sai. Sono sempre
stato abituato a lavorare coi ragazzi, ad ascoltare le
famiglie, a curare la parrocchia”.
”Ma un’idea ce l’avrà, no?”.
NESSUN COMPROMESSO
~ 120 ~
“Be’, io non so se gli animali ce l’hanno, l’anima.
Ma se è per questo, non so neanche se ce l’hanno
molti cristiani. Non per questo sono diversi davanti
a Dio. A me, in fondo, piace pensare che gli animali
siano dotati dell’anima e del raziocinio. Talvolta,
quando vedi come si comportano certi animali –
prendi i cani che girano qui attorno alla parrocchia,
per esempio – non puoi non pensare che siano come
noi. Per come ti guardano, perché capiscono e si
fanno capire...”.
Ho deciso di raccontare tutto a Don Angelo. Dal
principio, fino a quello che faremo domani notte.
Forse non dovrei fidarmi, ma che altro potrei fare?
Per il punto a cui sono arrivate le cose, ho bisogno di
parlare con qualcuno, di tirare fuori il sacco.
Allora io parlo, parlo. Racconto le nostre azioni.
Ometto solo i nomi e i luoghi, più che altro per una
specie di pudore. Lui annuisce, ma non chiede nulla,
non mi fa domande.
La cosa va avanti così per un sacco di tempo.
Gli parlo della paura che provo quando stiamo
per compiere un’azione, della sensazione di euforia
quando tutto è andato per il verso giusto,
dell’adrenalina che ti carica quando dai fuoco a
un’auto o mandi in frantumi una vetrata.
Gli parlo della meravigliosa sensazione di dominare
NESSUN COMPROMESSO
~ 121 ~
il mondo, di fare giustizia, anche nel nostro piccolo,
di colpire chi si è macchiato di delitti.
Ma gli parlo anche del dubbio che mi assale
immediatamente dopo, quando non sono più così
sicuro di essere io stesso senza macchia, e mi chiedo
se la giustizia che amministriamo sia veramente
giusta, e soprattutto in nome di chi o di che cosa.
“Ti capisco, figlio, ti capisco – mi interrompe a un
certo punto il prete – il dilemma della legge e della
morale è vecchio almeno come la storia. A Cesare si
deve obbedienza, lo ha detto Gesù. Date a Cesare
quel che è di Cesare. Ma le leggi degli uomini
possono essere immorali, e in certe circostanze altri
uomini possono trasgredirle. Solo le leggi divine
sono completamente, perfettamente morali. Anche
quelle della Chiesa, sai, talvolta possono essere,
come dire, perfettibili”.
“Ma se una legge serve solo per difendere
qualcosa che è immorale, e noi la trasgrediamo, non
abbiamo ragione? – chiedo – Se lo uno lo sente
dentro di sé, che qualcosa è sbagliato, è
profondamente sbagliato?”.
Don Angelo si guarda i piedi, si stringe nelle
spalle e mi dice: “Stai attento, figlio”.
Nient’altro che questo, stai attento.
È da mesi che sto attento, don.
NESSUN COMPROMESSO
~ 122 ~
CAPITOLO 13
Sabato 22 giugno
Guardo l’orologio ancora una volta, sarà la
decima in tre minuti. Le tre e mezzo di sabato notte.
Siamo appostati davanti all’ingresso del palazzo.
Io sto accucciato dietro la carcassa di una Golf. Tra
poco entreremo e libereremo i cani. Ma, se potessi,
adesso tornerei indietro. Ho una fifa pazzesca.
Devo dirlo a qualcuno. Lo dico a Francesco, che è
quello più vicino a me.
“Francesco, Francesco”, lo chiamo.
“Che c’è?”.
“Mi sto cagando sotto dalla paura”.
“Tranquillo – mi risponde – io mi sono già
cagato sotto. Basta che ti abitui all’umidiccio”,
ridacchia.
Rido anch’io.
“Shhhh, state facendo un casino”, sibila
Silvano.
Dopo qualche minuto, Silvano ci fa un segnale
con la torcia elettrica. Tocca a Francesco avanzare.
Si alza in piedi, tira fuori la bomboletta di spray al
peperoncino e la tiene dritta davanti a sé pronta
NESSUN COMPROMESSO
~ 123 ~
all’uso, casomai ci fosse un cane di guardia
all’ingresso. Vagli a spiegare che siamo amici, al pit
bull.
Ora sono io a fare segno a Mauro, che entra
appresso agli altri due. Poi è il mio turno. Mi giro,
perché ho la spiacevole sensazione di essere
osservato. Ma è solo la paura.
Dentro, il buio non è completo. Dalle finestre
rotte arrivano i riflessi dei lampioni.
Passo davanti alle porte devastate degli ascensori
e arrivo ai primi gradini della scala. Vedo il guizzo
della lampada di Mauro. Tutto bene, ancora.
Primo piano. Sento un rumore. Qualcuno ha
urtato qualcosa. Mi fermo. Mauro ha spento la
lampada. Stiamo fermi per almeno un paio di
minuti. Forse Francesco è inciampato.
Raggiungo Mauro e Silvano sulla rampa delle
scale che portano al secondo piano. Mauro
riaccende la lampada e illumina un graffiti sul muro.
È un uomo con la testa di cane che porta al
guinzaglio un cane dal volto umano. Il disegno.
L’uomo–cane ha una maglia con disegnato sopra un
cazzo enorme.
Altri disegni sparsi. Un’enorme canna vicino a
una svastica. Un arazzo di parolacce. Una tag
illeggibile.
Francesco ricomincia a salire. Secondo piano.
NESSUN COMPROMESSO
~ 124 ~
Adesso Silvano accelera il passo. È lui a passare
in testa. Mauro accende e spegne la torcia. Io mi
assicuro che il bastone che mi sono portato appresso
– è la gamba di un vecchio mobile che ho trovato
nella cantina dei miei genitori – sia ancora
assicurato alla tracolla.
Abbiamo superato anche il terzo piano. Al quarto
ci fermiamo. Sembra che sia scoppiata una bomba, a
giudicare dallo stato in cui è, per quel poco che
vedo. In terra è pieno di immondizia e acqua.
Bisogna stare attenti a non scivolare.
Il piano prevede che Silvano proceda per primo,
con la rete in mano, per bloccare il cane che
potrebbe fare la guardia al quinto piano. In questo
caso, Francesco deve spruzzare il gas irritante
contro la povera bestia mentre Silvano la blocca e io
devo farle l’iniezione con l’anestetico che abbiamo
rubato dal veterinario. Dopodiché, bisogna riuscire
ad scardinare la porta del locale in cui sono tenuti i
cani da combattimento.
Ci guardiamo e ognuno di noi alza il pollice per
dire: ok. Silvano sta per salire quando sento un
rumore. Sembra una specie di ticchettio irregolare.
Mentre mi sforzo di capire che accidenti sia, sento il
ringhio e finalmente ci arrivo. Il cane è sceso ad
accoglierci.
NESSUN COMPROMESSO
~ 125 ~
Silvano arretra senza voltare le spalle al cane.
Mauro invece fa un passo avanti e gli punta la luce
della torcia addosso, per abbagliarlo. Io cerco
freneticamente di recuperare il bastone. Il cane mi
punta, per un attimo sono sicuro che stia per
saltarmi addosso. Ma Francesco mi spinge da un
lato e lo acceca con lo spray.
Silvano, intanto, è riuscito a lanciare la rete. Il
cane guaisce. È accecato e preso in trappola.
“L’anestetico!”, mi urla Silvano, abbandonando la
precauzione di parlare sottovoce.
Estraggo la siringa già pronta dal marsupio,
faccio zampillare il liquido e inietto l’anestetico alla
cieca sul corpo del pit bull, mentre gli altri cercano
di tenerlo fermo.
L’effetto è quasi immediato. Il cane continua a
guaire, poi si accascia.
Siamo al quinto piano. Dietro la porta, i cani
stanno abbaiando. Stiamo facendo troppo rumore,
c’è il rischio che ci scoprano. E non c’è nessuna
uscita alternativa da cui fuggire, nel caso.
La botta di adrenalina non riesce comunque ad
abbassare il livello del mio pessimismo.
“La serratura non sembra troppo complicata. E la
porta è a due ante. Pensavo peggio”, dice Silvano.
Beato lui.
NESSUN COMPROMESSO
~ 126 ~
“Che vuoi fare, smontare il blocchetto?”, chiede
Francesco.
“Sì, proviamoci. E male che vada usiamo il piede
di porco”.
Ci lavorano un po’ e finalmente la porta cede.
Mauro ha acceso la telecamera e sta cominciando a
riprendere, facendo luce al tempo stesso con la
torcia elettrica fissata alla meglio col nastro da
pacchi sull’apparecchio.
La prima cosa che vedo, una volta dentro, è una
specie di tapis roulant. So cos’è. Serve per farci
correre gli animali, per farli allenare. I cani corrono
fino allo sfinimento, e se non stanno attenti
rischiano di finire con le zampe negli ingranaggi.
Eccoli lì, i prigionieri. I cani sono sei o sette,
ognuno rinchiuso nella sua gabbia di legno e rete
metallica.
Tutto puzza spaventosamente.
“Apriamo le gabbie?”, chiedo.
“Aspetta – mi risponde Silvano – Vediamo prima
che c’è in giro”.
In mano ha un lungo cuneo di legno, uno di quelli
che serve a separare i cani durante i combattimenti.
Per far mollare la presa alla bestia, basta inserire il
break–stick in bocca e fare leva.
NESSUN COMPROMESSO
~ 127 ~
In uno scaffale ci sono altri attrezzi. Museruole di
ferro, pesi. Le fanno portare agli animali per
sviluppare i muscoli della mascella.
Questi bastardi hanno tutto l’armamentario,
compreso quel che sembra un armadietto del pronto
soccorso pieno di medicinali.
“Hai ripreso tutto? Anche i medicinali? C’è del
salbutamolo e degli altri anabolizzanti”, chiede
Silvano a Mauro.
“Sì, ma non c’è molta luce. Aspetta, illuminate un
po’ le gabbie”.
Il più vicino a noi è un pit dall’espressione
mansueta. Ha ferite ancora aperte sulle orecchie e
sul collo.
Nelle altre gabbie ci sono dei pit bull, un boxer e
un rottweiler.
Con le bombolette spray tracciamo la nostra
firma, NOCOMPROMISE, e alcune scritte. Non mi
viene niente di più fantasioso che Assassini e
Cinomachia=Morte.
“Adesso possiamo aprire le gabbie – ci dice
Silvano – spingete i cani verso l’uscita”.
Cominciamo a far uscire gli animali, facendo
attenzione. Più che tranquilli, sembrano esausti.
Intravedo una porta che prima mi era sfuggita.
Avanzo con cautela e la apro.
NESSUN COMPROMESSO
~ 128 ~
“Qui, vieni a riprendere anche qui”, grido a
Mauro.
Nella stanza ci sono altre gabbie, più piccole.
Dentro, alcuni meticci. Quando mi vedono, un paio
si sollevano sulle zampe. Gli altri sembrano troppo
stanchi. Uno, poi, non si muove affatto, sembra
morto.
Questi cani sono in condizioni peggiori che gli
altri. Hanno il corpo coperto di ferite. La puzza, se
possibile, è ancora più forte. Sento il vomito che
sale, esco dalla stanza.
“Poveri piccoli. Li hanno usati come cavie da
combattimento – dice Silvano – Facciamo uscire gli
altri, poi liberiamo anche loro”.
Stiamo scendendo le scale quando sento le urla.
Vengono da fuori. Ci blocchiamo, terrorizzati.
“Che facciamo?”, chiedo a Silvano.
Silvano non mi guarda e non risponde. Sembra
rintronato.
“È uno dei cani! Uno dei cani che ha attaccato
una persona, fuori!”, urla Francesco.
Scendiamo di corsa l’ultima rampa di scale e
usciamo dalla palazzina. Non riesco a vedere bene.
Quello che sembra un pit bull è sopra il corpo di un
uomo, che scalcia violentemente.
NESSUN COMPROMESSO
~ 129 ~
Silvano estrae uno dei cunei di legno che abbiamo
preso nel laboratorio, e si getta sul cane. Gli
andiamo dietro.
Il cane però non molla.
“Stai attento! – urla Francesco a Silvano – Stai
attento!”.
D’impulso, prendo il bastone e lo sbatto in testa
alla bestia. Due, tre volte. Il cane guaisce e molla la
presa. Gli do un calcio, e scappa via.
Quello a terra sembra un ragazzo. Non so se è
morto. Non si muove ed è pieno di sangue intorno al
collo. Mauro lo illumina meglio con la lampada.
Vedo una pistola accanto al corpo.
All’improvviso, provo sollievo. Non è una persona
che passava per caso, una vittima innocente. Non è
colpa nostra, non è colpa mia.
Però, quello lì per terra è un ragazzo, come noi.
Sì, però è uno di quella banda di assassini. Vagli a
spiegare che non l’abbiamo fatto apposta.
“Andiamo via! – grido agli altri – È uno della
banda! Andiamo via!”.
Il piano è andato definitivamente a puttane.
I cani corrono via come impazziti, abbaiando. Ma
non c’è modo di riprenderli.
NESSUN COMPROMESSO
~ 130 ~
CAPITOLO 14
Sabato 22 giugno, ore 5.30
“E adesso? Adesso che facciamo Silvano?”, grida
Mauro, mentre si toglie il passamontagna, fradicio
di sudore.
“Abbiamo ammazzato uno! Ti rendi conto! Un
ragazzo, uno come noi!”.
Abbraccio Mauro per tentare di calmarlo. Siamo
entrambi seduti sul sedile posteriore del furgoncino
che abbiamo rubato per l’occasione.
Ci siamo già disfatti dell’altro camioncino –
anche quello rubato, a una macelleria: è sul ciglio
della strada, a un chilometro dalla palazzina
abbandonata, con le gomme bucate e la portiere
aperte.
Dopo che ho insistito per cinque minuti buoni,
abbiamo finalmente chiamato il 118 per segnalare
che è accaduta una disgrazia, c’è una persona ferita
e ci sono dei cani liberi e forse pericolosi in giro.
“Non è morto, ho sentito il polso. È solo svenuto”,
risponde Silvano, con le mani nei capelli e la testa
appoggiata al volante.
“E poi noi non abbiamo fatto niente. È stato il
cane. Si è vendicato di quei pezzi di merda”.
NESSUN COMPROMESSO
~ 131 ~
“E se muore? Eh? E se muore? Che facciamo,
Silvano?”, continua a urlare Mauro.
All’improvviso Francesco, che è seduto sul sedile
anteriore, si gira e senza preavviso molla uno
schiaffone a Mauro.
Silvano mette in moto e parte sgommando.
Domenica 23 giugno
È tutto, o quasi, sul giornale.
Il ragazzo che credevamo morto se la caverà. Ha
ferite al collo e al volto, ma è in condizioni stabili e
non ha perso troppo sangue. Al magistrato di turno
che lo ha interrogato ha raccontato che passava di lì
per caso, come no, e che s’è visto questo cane
sbucare dal nulla. Altro, non ricorda proprio.
Dev’essere lo shock. Ma, visto che ha precedenti per
piccoli reati, al pm è venuto qualche dubbio.
La polizia ha scoperto il lager dei cani da
combattimento e ha recuperati tutti gli animali,
senza che nessun altro si facesse male.
Ovviamente si parla di noi e della nostra
rivendicazione, sui giornali. C’è anche una scheda su
alcune delle nostre precedenti azioni. Ma il
giornalista scrive che per il magistrato potrebbe
essere tutta una messinscena – “perché ci sono
NESSUN COMPROMESSO
~ 132 ~
elementi che non tornano” – e che magari si è
trattato di un regolamento di conti tra bande.
Sul giornale non si parla però della pistola che ho
visto in terra l’altra notte, accanto al ragazzo.
Eppure non me la sono sognata.
Martedì 25 giugno
Consiglio di guerra di Nocompromise.
“Penso che per un po’ dovremmo entrare in
letargo”, dice Francesco, che è il primo a prendere la
parola.
“Non dico di smettere per sempre, dico di darci
una calmata per un po’”, aggiunge.
Mauro ha gli occhi fissi a terra. S’è preso un gran
paura, e pensavo che ci avrebbe annunciato che per
lui Nocompromise e tutto il resto è finito qui. Ma
forse non ha neanche il coraggio di dire basta.
Aspetta che qualcuno lo faccia per lui.
“Ester e Letizia cosa dicono?”, chiedo. È una
domanda sincera, ma Silvano mi guarda come se lo
stessi prendendo pel culo.
“Non lo so. Non le ho più sentite. Le ho soltanto
chiamate l’altra notte per dire che era andato tutto a
puttane”.
NESSUN COMPROMESSO
~ 133 ~
“Entriamo in letargo, allora? – ribatto – E
facciamo un comunicato per annunciare che
abbiamo sospeso le azioni?”.
“No, no, niente comunicati. Non ora. Meglio
restare muti, allineati e coperti. Abbiamo cose più
importanti da fare, tipo svuotare il magazzino.
Bisogna eliminare tutto il materiale”.
“Perché?”, chiede Mauro.
“Perché è meglio così”, taglia corto Silvano.
Mercoledì 26 giugno
Né Mauro né Francesco lo sanno, ancora, ma è
successo qualcosa. Tra quella stessa gente “di
piazza” da cui Silvano è venuto a sapere dei
combattimenti tra cani, circola la voce che quelli
della banda stanno cercando chi li ha fregati, e che
gliela faranno pagare.
Silvano non sembra troppo preoccupato, o
almeno finge bene. Mi ha spiegato, dopo la riunione,
che i tipi sanno che c’è di mezzo Nocompromise,
anche perché abbiamo lasciato la nostra firma, ma è
difficile che risalgano fino a noi.
“Non è meglio se allora facciamo una
rivendicazione con un’altra sigla, magari con la sigla
Alf, spiegando che il nostro obiettivo era quello di
NESSUN COMPROMESSO
~ 134 ~
liberare i cani? Potremmo confondergli le idee”,
azzardo.
“Non pensare che siano così stupidi. Il problema
è che rischiamo però di ritrovarci tutti addosso, le
guardie e questi bastardi. Ecco perché dobbiamo
distruggere tutto”.
“Non hai paura che ti becchino?”.
“Le guardie?”.
“No, quegli altri”.
“Tranquillo – mi risponde Silvano – Se facciamo i
bravi nessuno ci darà fastidio. Fammi un piacere,
però: tieni d’occhio Mauro. Se scoppia, è un
problema”.
Vorrei chiedere a Silvano se sa che fine ha fatto
la pistola che abbiamo visto – o l’ho vista soltanto
io? – quella notte, ma alla fine decido che è meglio
di no.
NESSUN COMPROMESSO
~ 135 ~
CAPITOLO 15
Martedì 2 luglio
Una cartolina gialla con su scritto solo “la S.V. si
presenti per comunicazioni urgenti” il giorno tale
alla tal ora al tal indirizzo. Mia madre me la passa
col giornale. Io faccio di tutto per mantenere
un’espressione normale per pochi minuti, almeno il
tempo di scappare in camera mia.
“Che hai fatto? Come mai la polizia ti manda a
chiamare?”, mi chiede lei, mentre finisce il caffè.
Sembra solo un tantino preoccupata. Meno di
quanto mi aspettassi e comunque, meno di me.
“Niente, niente. È di sicuro per l’incidente
stradale di quel mio amico”, butto lì, sperando che
funzioni.
“Quale incidente stradale?”.
“Quello di Corrado, con la Punto. La macchina si
è ribaltata per evitare uno che veniva contromano.
Ho visto tutto. M’avevano preso i dati, e ora mi sa
che devo andare a testimoniare alla polizia. Non te
l’avevo detto?”
“No”.
“Allora forse l’avevo detto a papà. A proposito di
papà, quand’è che torna?”, dico, e dal movimento
NESSUN COMPROMESSO
~ 136 ~
degli occhi di mia madre capisco che ci sono
riuscito, abbiamo cambiato capitolo, e ora la storia
dell’incidente è stata riclassificata mentalmente
sotto una voce più rassicurante, tipo “scocciature
burocratiche”, dove sarà presto dimenticata.
Mia madre non mi fa altre domande sulla
cartolina.
Non capisco mai se sono io ad aver imparato così
bene a mentire o se è a loro che, in fondo, non frega
più di tanto di sapere.
Ma ho risolto solo una parte del problema.
Vorrei chiamare Silvano, ma è fuori città per
lavoro, e se c’è una cosa sicura, è che non bisogna
mai parlare di queste cose per telefono. Me la devo
cavare da solo, a quanto pare.
Guido lo scooter lentamente, quasi al
rallentatore. Devo pensare, pensare. Ma non è facile
concentrarsi quando hai così fifa che lo stomaco si
contorce.
Sulle prime, ho pensato a scappare, a passare in
clandestinità. Sì, ma come si vive in latitanza? Dove
potrei nascondermi? Chi mi potrebbe aiutare? Non
sono il tipo.
Allora mi viene in mente che potrei dichiararmi
prigioniero politico.
NESSUN COMPROMESSO
~ 137 ~
Mi dichiaro prigioniero politico. Come suona?
Un po’ ridicolo. E poi, vorrebbe dire ammettere
d’essere colpevole. Subire l’arresto, finire in camera
di sicurezza almeno per la notte, magari per due
notti, poi davanti a un giudice, poi in un carcere.
Escluso che il giudice mi scarcererebbe, sarei
considerato socialmente pericoloso.
Mi figuro l’arrivo in carcere, coi ferri. Mi
sbatterebbero in isolamento. O magari in una
camerata con un sacco di altri detenuti. E sarebbe
peggio, penso riandando a tutte le storie che ho
sempre sentito sul carcere. Le violenze, gli stupri, i
suicidi per disperazione. Oddio.
A chi farei la prima telefonata, una volta
arrestato? Ai miei? Col rischio di vedermeli arrivare
in lacrime al commissariato? Mia madre direbbe che
si tratta di uno sbaglio. Si sono sbagliati, i poliziotti.
Io non avrei mai potuto fare una cosa del genere, è
chiaro. Guardatelo. Ha solo 20 anni. È figlio
nostro.
Mio padre non direbbe nulla. Si limiterebbe a
fare un cenno col capo. Sì, uno sbaglio.
Allora io alzerei lo sguardo verso mia madre per
dire soltanto: No, mamma, non si tratta di un
errore. Che soddisfazione.
Non conosco un avvocato, neanche di nome, a
pensarci. Però potrei chiamare la Lav, che so, la
NESSUN COMPROMESSO
~ 138 ~
Peta, la Lac. Chiedere a loro di procurarmi un
legale.
Certo, per loro sarebbe molto imbarazzante. Me li
immagino, i professionisti dell’animalismo, a
vedere sui giornali la loro sigla avvicinata a quella
dell’Alf (noi non siamo l’Alf, ma tanto per i poliziotti
e i giornalisti sarebbe tutto uguale: noi, l’Alf, gli
ecoterroristi, al Qaeda, le Br). A spiegare che loro,
con me, non c’entrano un piffero. Che sono io che ho
contattato loro, e che non potevano non rispondere
a una richiesta del genere. Era un mio diritto, avere
un avvocato.
Ma io non voglio finire in carcere, neanche per
sbaglio. Non voglio fare il martire. Non ho fatto
male a nessuno. Non è stata colpa mia. Non pensavo
che sarebbe finita così.
E siccome non mi viene in mente nient’altro, la
questura è sempre più vicina e non vedo altra via di
uscita, prego. Sì, prego.
Dio, tu lo sai che non ho fatto male a nessuno. Sai
che non volevo. Sai che ho sbagliato, ma non volevo.
Sai, perché puoi guardare nel mio cuore. Ti prego,
Dio. Salvami. Credevo di essere nel giusto.
NESSUN COMPROMESSO
~ 139 ~
Ma non avevo capito che Dio sente meglio le
invocazioni di quelli che sono più vicini a lui, mica
quelle di un credente part–time come me.
“Vieni, siediti, don Angelo mi ha parlato tanto di
te”, mi dice quello che mi hanno presentato come il
dottor Salvarani, mentre entro nella sua stanza.
Don Angelo. Eh già. Mi ero andato a fidare di don
Angelo. Che grandissimo pezzo di merda di prete.
Ancora sento la sua voce che mi ripete: Stai
attento, figlio.
Chissà se aveva già deciso di denunciarmi.
Sicuramente lo avrà fatto per il mio bene.
E quello della mia anima.
Salvarani ha preparato il suo numero con
consumata abilità da guardia. Quando sono
arrivato in Questura, non mi ha ricevuto subito. Il
piantone ha guardato la cartolina, poi la mia carta
d’identità, ha parlato un po’ al telefono e alla fine mi
ha fatto accomodare in sala d’attesa, al pian terreno,
in una stanza con le luci accese e le tende sporche.
Ho preso una rivista dal tavolino e ho cominciata a
sfogliarla. Ho guardato l’orologio. Le 9.45.
Alle 10.45 dopo aver sfogliato tutte le riviste, ero
ancora lì, in sala d’attesa, con un bel mal di gola in
arrivo per l’aria condizionata accesa a manetta.
NESSUN COMPROMESSO
~ 140 ~
Venti minuti dopo un agente è entrato, mi ha
squadrato, mi ha chiamato per nome e mi ha detto
di seguirlo.
Abbiamo preso un ascensore, fino al primo piano.
S’accomodi, m’ha detto il tizio, mostrandomi
un’altra sala d’attesa, più piccola, senza finestre,
senza tende, senza aria condizionata e senza riviste
da sfogliare.
Sono rimasto lì altri tre quarti d’ora, finché
un'altra guardia, in borghese, è venuta a prendermi
per scortarmi dal dottore.
“È un uomo prezioso, don Angelo. Un amico dei
giovani, uno dalla loro parte. Una persona
eccezionale, non è un prete di quelli che incontri
tutti i giorni”, dice Salvarani. Non guarda me, ma le
carte che sta firmando.
Non mi piace la gente che non ti guarda in faccia
mentre ti parla. E forse Salvarani è telepatico,
perché mentre lo penso alza la testa verso di me e
scansa i documenti.
“Be’, veniamo a noi. Siediti, siediti”.
Mi siedo.
“Tu lo sai che cos'è il Fronte Rivoluzionario?”.
Salvarani mi guarda con la sua faccia da
poliziotto buono, ma io ho già deciso che non ci
NESSUN COMPROMESSO
~ 141 ~
casco. Anche perché non capisco dove vuole
arrivare, con questa domanda.
“Scusi?”
“Il Fronte Rivoluzionario. Ti ho chiesto se
conosci il Fronte Rivoluzionario”, dice, mentre si
alza in piedi e fa il giro della scrivania.
Già, il Fronte Rivoluzionario. Dal nome, sembra
una roba fascista. O comunista? Però non mi dice
niente di particolare. Boh. Roba degli anni 70. Roba
vecchia.
“Mai sentito”, rispondo, ma vedo subito che la
mia risposta non gli è piaciuta mica tanto.
“Nazisti. Fascisti. Terroristi. Ti dice niente?”.
“Mi dispiace, non ne ho mai sentito parlare”,
rispondo con aria di sufficienza, anche perché sto
dicendo la verità. Me la posso permettere, un po’ di
sufficienza.
Il poliziotto scuote la testa come a dire che va
bene, va bene, ci crede che non so niente, del resto
questi giovani non sanno niente, non imparano
niente. E tutte le altre stronzate che pensano quelli
che hanno l'età sua.
Poi si avvicina al tavolo, prende qualcosa e me
l’avvicina al naso, come se fossi miope. È una foto.
“Questo lo conosci?”.
Mi sta mostrando una foto segnaletica di un tizio
che non so chi sia.
NESSUN COMPROMESSO
~ 142 ~
Questo tipo con i capelli ricci e l'espressione
assonnata, con gli occhi mezzi chiusi non lo
conosco. Però... però, mi ricorda qualcuno.
Mentre ci penso, Salvarani tira via la foto da sotto
il mio naso. Poi si avvicina di nuovo al tavolo e
prende un'altra cosa. Una bandiera. La srotola.
“Sai che cos'è, questa?”.
“Una bandiera nazista?”, azzardo.
“No. È una bandiera della marina imperiale
tedesca. Però è un gadget molto ricercato dai nazisti.
E sai dove l'ho presa?”.
Non bisogna deluderlo, il poliziotto buono. Così
rispondo.
“Ce l'aveva il tizio della foto?”.
Salvarani annuisce.
“Allora, sei un po' più sveglio di quello che
sembra... Sì, ce l’aveva lui, a casa”.
Non ho capito a che gioco stia giocando, il
poliziotto buono, però adesso cerco di partecipare.
“E il tizio... quello che mi ha fatto vedere in quella
foto?”.
“Che fine ha fatto, vuoi dire?, mi chiede. Ecco,
adesso ti faccio vedere”.
Salvarani prende un'altra fotografia dal tavolo.
Mi sembra di essere in un gioco a premi alla
televisione.
NESSUN COMPROMESSO
~ 143 ~
Anche questa foto me la mette sotto al naso. Sta
diventando
un’abitudine.
La foto mostra un corpo sdraiato a terra, sulla
schiena, la bocca aperta, gli occhi chiusi. Con un po'
di immaginazione posso capire che è lo stesso tipo
della prima foto. Solo che qui è morto stecchito.
“Lo sai dove abitava?”.
Che c'entra adesso, questa domanda? D'accordo,
è inutile chiederselo. Siccome questo qui vuole fare
il Mike Bongiorno della situazione, meglio non
interferire. Stare al gioco: è la regola che ci siamo
dati con gli altri, nel caso in cui qualcuno di noi
fosse preso.
“Abitava in via Singer”, dice Salvarani.
Sulle prime non ci arrivo. Il poliziotto lo capisce
dalla mia faccia, e io capisco dalla sua che dovrei
capire qualcosa. Cosa?
“Via Singer”, ripeto.
Salvarani ha un'espressione trionfante.
Ho capito, adesso, anche se non vorrei. In via
Singer abita Silvano.
“Il suo cognome era Di Blasio”, aggiunge, ma non
ce n'è bisogno. Lo fa solo per cattiveria. È un
poliziotto democratico, non usa le mani o il
manganello. Gli bastano le parole. Tanto il suo
scopo l'ha raggiunto lo stesso.
NESSUN COMPROMESSO
~ 144 ~
Sto male. Come se mi avesse preso a pugni sullo
stomaco. Sento che mi viene da vomitare, ma non
voglio dargli soddisfazione.
Non credere a quello che ti diranno i poliziotti, ci
siamo ripetuti per settimane, allenandoci per un
momento che non sarebbe mai dovuto arrivare. Ma
tutto allora sembrava così eccitante.
Ti diranno che qualcuno di noi ha parlato, ma
non è vero. Ti diranno delle cose che sembrano
vere, ma che non lo sono.
E se mai arriverà quel momento, pensavo io – e
pensavano anche gli altri, glielo leggevo in faccia –
qualcuno mi verrà a liberare. Perché noi siamo i
buoni, no?
Ti prometteranno di comportarsi meglio se
parli. Ti chiederanno solo di dire la verità, ti
diranno che la verità non fa male a nessuno.
So che quello che mi dice è vero, anche se vorrei
non crederci.
Via Singer, casa di Silvano. Non ci sono mai
entrato. Ho sempre e solo suonato al citofono,
sempre per fare la stessa domanda: C'è Silvano?
Due risposte possibili: No, oppure: Adesso
scende. E nient’altro.
Comincio a pensare cosa ci sia davvero a casa di
Silvano,
cosa
nasconda
quell’appartamento.
Immagino i muri coperti di bandiere come quella
NESSUN COMPROMESSO
~ 145 ~
che Salvarani mi ha appena mostrato, busti di
Mussolini, ritratti di Hitler, quadri di Auschwitz con
distese fumanti e ossa ammucchiate qui e là…
Salvarani
non
è
ancora
soddisfatto.
Ammonticchia le sue foto sul tavolo, ma è pronto a
tornare all'attacco.
“Ho conosciuto Adriano quando aveva 19 anni,
più o meno la tua età. Era uno forte Adriano,
spavaldo. La prima volta che l'abbiamo fermato ha
fatto uno spettacolo, al commissariato”.
Salvarani fuma, ma non mi offre una sigaretta. Io
non gliela chiedo, ma lo guardo intensamente.
“Lo sai che aveva fatto? Era andato davanti a un
liceo, da solo, e aveva picchiato due studenti. E lo sai
perché? Perché quelli avevano menato un amico
suo, un camerata. Li ha massacrati, quei due. Uno
ha quasi perso un occhio. Poi però si è dovuto
trincerare in una classe, perché sono arrivati altri a
dare manforte ai due. Se non fosse arrivata una
volante, non so come sarebbe finita”.
“Poi c'è stato il processo, e siccome era
incensurato, Adriano se l'è cavata con poco. Però,
aveva appena cominciato a fare danni. Ti risparmio
tutta la storia”.
NESSUN COMPROMESSO
~ 146 ~
Salvarani si gira di nuovo verso il tavolo. Temo
che mi stia per dare uno schiaffo. Invece riprende
quella foto e me la rimette davanti.
“Questo è successo pochi anni dopo. Adriano era
sempre forte, sempre spavaldo. Una specie di
guerriero medioevale. Una volta me l'ha anche
detto, che si sentiva così. Però anche i guerrieri
medioevali si fanno ammazzare, e lui si è fatto
sparare da una guardia giurata davanti a una banca,
come un ladro da quattro soldi. I suoi camerati lo
hanno lasciato per terra, non hanno neanche
provato ad aiutarlo. Sono stati solo capaci di sparare
alla guardia un anno dopo, per vendetta. Bella
vendetta”.
Uso quel poco di fiato che ho ancora per fare una
domanda stupida: “Lo ha ammazzato lei, Adriano?”.
“Io?”, Salvarani toglie di mezzo la foto e mi
guarda negli occhi.
No, non credo che sia stato lui. Però sarebbe stata
una bella storia.
“Io? No, non sono stato io. Lavoravo in un altro
commissariato, Adriano l'avevo perso di vista. Non
sono neanche andato al suo funerale. Però la storia
non finisce qui. Adriano aveva due fratelli più
piccoli, Fernando e Silvano”.
Ci dovevamo arrivare, prima o poi, a Silvano.
NESSUN COMPROMESSO
~ 147 ~
“Quando Adriano è morto Fernando aveva sedici
anni, Silvano undici. Fernando aveva lasciato la
scuola ed era già stato fermato una volta, mentre
cercava di emulare il fratello maggiore. Quando
Adriano è morto, per lui è stato uno shock, ma in
positivo. È cambiato, ha mollato gli amici del
fratello, è tornato a scuola. Silvano, invece...”.
Stavolta Salvarani me la offre, la sigaretta. Ma io
dico di no con la testa, anche se mi va.
“A Silvano è successo quello che temevo. Per lui,
che era così piccolo, il fratello è diventato un eroe,
un mito. Capisci che voglio dire?”.
Annuisco, ma è solo per riflesso. In realtà, non
capisco un accidente.
Salvarani si azzittisce. Poi si volta verso la
finestra.
“Tu ci credi, ai fantasmi?”, mi chiede.
“Ai fantasmi?”.
“Sì, ai fantasmi, agli spiriti. Ti rendi conto che te e
i tuoi amici siete guidati da un fantasma? Un
fantasma nazista. Com'è che vi chiamate, voialtri?
Animalisti?”.
Lo so, ora seguirà una di quelle discussioni
sull'amore per gli animali che rischia di trasformarsi
in odio per gli uomini. Una discussione che ho già
affrontato mille volte.
NESSUN COMPROMESSO
~ 148 ~
Invece no, Salvarani non mi dà soddisfazione.
Non vuole discutere con me. Non gli interessa. Mi
sta parlando. Non è importante che io risponda.
Devo solo assistere alla sua sceneggiata da istrione
di merda. Sono il suo pubblico.
Ma, di nuovo, ripiomba nel silenzio.
Il poliziotto non sembra più interessarsi a me.
Forse mi lascerà andare, cerco di illudermi.
Mi sento rattrappito, i piedi formicolano. Ho
bisogno di pisciare, ma non ho il coraggio di
muovermi.
All'improvviso, Salvarani ricomincia a parlare.
“Adesso te ne puoi andare. Ma pensa a quello che
ti ho detto. Per il momento, non farò niente né a te
né ai tuoi amici. Facciamo conto che non sia
successo niente”.
“Anche dopo quello che avete fatto l’altra notte”,
aggiunge, dopo una pausa.
“Però – aggiunge – voglio che pensi a quello che
ti ho detto. Silvano è pericoloso, vi sta manipolando.
Pensaci. Probabilmente voi siete un piccolo gruppo
non politicizzato, che si interessa solo dei diritti
degli animali, che pensa di combattere una battaglia
nobile”.
“Ma – continua – domani lui vi potrebbe
chiedere di fare qualcosa che non immaginate.
NESSUN COMPROMESSO
~ 149 ~
Potreste entrare in contatto con qualcun altro, più
grande di voi, che vi parlerà di grandi progetti,
grandi ideali.
Stai attento, e stanne fuori. E se c’è qualcosa che
vuoi dirmi, questo è il mio numero”, dice
porgendomi un biglietto da visita.
“E ricordati che anche Hitler era vegetariano”.
NESSUN COMPROMESSO
~ 150 ~
CAPITOLO 16
Martedì 2 luglio, ore 17
Ancora mi chiedo perché Salvarani mi abbia
lasciato andare.
Un’idea ce l’ho. Il prete gli ha detto qualcosa, ma
non hanno prove. Le stanno cercando. E vogliono
andare sul sicuro per non rischiare che qualche
magistrato si rifiuti di concedergli l’arresto.
Per fortuna, abbiamo distrutto tutto il materiale
di Nocompromise. E io ho fatto a pezzi il manuale
che
stavo
scrivendo,
quello
dell’Anonima
Animalisti.
Hanno bisogno di qualcuno che confermi gli
indizi. Stanno cercando di spaventarmi, perché
confessi.
In altre parole, vogliono che faccia la spia, che
diventi un infame.
Vogliono Silvano.
Salvarani vuole Silvano, dopo avergli portato via
il fratello.
Provo a concentrarmi, a cercare di capire dov’è la
falla. Perché da qualche parte, in questi mesi, si
deve essere aperta una falla. Solo che non me ne
NESSUN COMPROMESSO
~ 151 ~
sono accorto. E ora sto affondando, stiamo
affondando nella merda.
Io che accedo a Internet dal laboratorio
all’Università, dopo la prima azione, quella contro il
negozio di animali. È possibile che registrino tutti
gli accessi a siti sospetti?
Il graffito che Cesare ha fotografato, quello che gli
è valso l’espulsione dal gruppo. Erano già lì, le
guardie? Già ci stavano addosso?
La coppia che abbiamo incontrato quella notte,
quando stavamo andando a siliconare un fast food.
Magari hanno chiamato loro la polizia.
La telefonata che ho fatto al 113 per segnalare la
dry ice bomb non ancora esplosa. Forse dal numero
del telefono pubblico hanno pensato che ero stato
io, a chiamare, visto che abito lì vicino.
Già. Ma sarebbe stato possibile solo se ci fossero
stati già addosso.
O ci hanno individuati dalla telefonata che
abbiamo fatto al 118 dopo la liberazione dei pit bull,
per avvertire che c’era un ferito? Con che carta
telefonica l’abbiamo fatta quella chiamata, ora che ci
penso?
Oppure, abbiamo lasciato qualche impronta in
giro? In quel caso, però, avrebbero già più di una
prova.
NESSUN COMPROMESSO
~ 152 ~
E se qualcun altro avesse parlato? Mi viene in
mente Cesare. Cosa avrebbe da perdere? Nulla. Ha
partecipato solo alle prime azioni, poi Silvano lo ha
allontanato.
Forse è proprio per questo, che ci ha denunciati.
Per vendetta. Perché Silvano lo ha cacciato dal
gruppo.
No. Cesare ha tanti difetti, ma non è una spia. Mi
ci gioco le palle. Lo conosco da quando avevamo 10
anni. Non è stato lui. Lo sento.
E Francesco? Potrei giocarmi le palle anche su
Francesco? Oddio, tutte e due no, magari una
soltanto. Ma perché avrebbe dovuto andare a
denunciarci?
E Mauro? Mauro s’impasticca. Va male a scuola.
Magari la madre lo ha scoperto e lui ci ha fottuti.
Mauro. Forse è lui, la spia. Ho sbagliato a
fidarmi, a coprirlo. Dovevo raccontare a Silvano la
storia delle plegine.
È Mauro l’anello debole. Il poliziotto deve averlo
capito subito e quello ha confessato. Sicuro.
Ora vado a casa sua e…
E le ragazze? Letizia ed Ester? Non è che sono
state loro, a venderci?
Perché no? In fondo non ci conoscono. E chi
conosce loro? Ci avranno fatto passare per dei
NESSUN COMPROMESSO
~ 153 ~
ragazzini esaltati. In fondo loro non hanno mai
partecipato ad azioni. Non rischiano granché…
Anche se so di essere sotto controllo, ho chiamato
Silvano. Tanto, almeno di lui Salvarani sa già. Evito
per il momento di sentire o nominare Francesco e
Mauro. Forse i loro nomi non li conoscono ancora.
Incontro Silvano per strada, dove ci siamo dati
appuntamento.
Vorrei dirgli quello che è successo, che la polizia
mi ha chiamato, che sanno quasi tutto, di noi, ma
non ci riesco.
Prima, devo sapere una cosa.
“È vero che sei nazista?”, gli chiedo a bruciapelo,
mentre guardiamo distrattamente le vetrine.
Ho tenuto quella domanda in serbo per tutto il
pomeriggio. Voglio coglierlo sul fatto, impedirgli di
preparare qualsiasi difesa. Non solo per essere
sicuro che dica la verità, solo la verità, semplice
come dire un sì e un no. Ma soprattutto perché
altrimenti so che mi convincerebbe, senza nessuno
sforzo.
Forse non desidero altro che questo, essere
convinto. O forse è la cosa che temo di più. Mi
sembra di avere meno cervello di una Barbie, in
questo momento.
NESSUN COMPROMESSO
~ 154 ~
“Cambierebbe qualcosa, per te?”, mi dice di
rimando, dopo essersi girato verso di me e avermi
scrutato per un tempo che m’è parso interminabile.
Strano. Non si è trasformato in un mostro come
ho temuto per un lungo momento. Come in
quell'episodio
di
Twilight
Zone
in
cui
l'autostoppista chiede al tizio che l'ha caricato se
vuole vedere qualcosa di spaventoso, qualcosa che
faccia veramente paura, e si trasforma in un mostro,
un orribile essere antropofago.
“Che vuoi dire?”, rispondo, cercando di prendere
tempo.
“Se io fossi nazista, per te cambierebbe
qualcosa?”, mi domanda lui di nuovo, con calma.
“Penso... penso di sì”, gli rispondo quasi
tremando. Ho girato le spalle alla vetrina e adesso
boccheggio in cerca d’aria e di coraggio.
“Perché?”, mi chiede, e credo che sappia che mi
sta dando il colpo di grazia. Cerco una risposta, ma
non una qualsiasi.
Mi viene in mente quello che c'è scritto sulla
prima pagina del sito web che ha ispirato il nostro
nome: Se noi siamo trasgressori, lo stesso vale per i
soldati che hanno abbattuto le porte dei campi di
sterminio di Hitler; se siamo ladri, lo stesso vale
per i membri dell'Underground Railroad che
salvarono gli schiavi del Sud; se siamo vandali,
NESSUN COMPROMESSO
~ 155 ~
allora lo furono anche quelli che distrussero per
sempre le camere a gas di Buchenwald e
Auschwitz.
“Perché... perché è il contrario di quello che
penso. È il contrario delle nostre idee. Anche delle
tue. Il nazismo è morte, è violenza. È l'idea che
qualcuno sia superiore a qualcun altro per nascita, è
la negazione dell'intelligenza, é...”.
“Allora – m’interrompe – io sono nazista o no?”.
Non è giusto. Odio sentirmi così, l'allievo
deficiente che passeggia con il maestro zen – con la
sua aria sorniona e la barbetta bianca – e non riesce
a trovare una risposta all'indovinello.
“Non so cosa risponderti – confesso – credevo
che fossi tu a dirmelo. Io comunque ho bisogno di
una risposta”.
“Sei tu che devi decidere”, mi risponde. Poi mi
gira le spalle. Si fruga in tasca, tira fuori le cuffiette
del walkman e se le infila nelle orecchie. Fine della
discussione.
Giovedì 4 luglio
Sono due giorni che dormo uno schifo. Mi alzo
per fare colazione. A casa non c'è nessuno. Prendo il
telefono e chiamo di nuovo Silvano. Il cellulare è
staccato. Lascio un messaggio in segreteria
NESSUN COMPROMESSO
~ 156 ~
telefonica. Tra due ore al solito posto. Spero che lo
senta, il messaggio.
“Ti hanno raccontato di Adriano, vero?”, mi
chiede Silvano dopo che gli ho finalmente detto del
prete
e
della
polizia,
di
Salvarani
e
dell’interrogatorio. L’unico punto su cui taccio è
quello che riguarda il fratello. Ma è un tentativo
inutile.
“Ti hanno raccontato di Adriano o no?”.
Annuisco.
“Che cosa ti hanno raccontato?”.
“Tutto. Più o meno tutto, credo “.
“Bene, meglio così. L’altro giorno non mi hai
risposto, quando te l’ho chiesto: pensi davvero che
io sia nazista?”.
Cerco di essere più sincero che posso. Perché non
posso dimenticare che Silvano è un fratello, per me.
“Non lo so. Non lo so più, davvero”.
Finalmente la sua faccia è attraversata da
un'espressione. Pensavo che fosse diventata di
marmo. Silvano sembra dispiaciuto.
“Per te è importante questa cosa? Se io fosse
nazista per te sarebbe più importante delle cose che
abbiamo fatto insieme e della nostra amicizia?”.
“No… Sì… Certo, non è la cosa che mi aspettavo…
Senti, Silvano... penso che a questo punto sia meglio
NESSUN COMPROMESSO
~ 157 ~
lasciare perdere tutto. Ormai, qualunque cosa
facciamo ci sarà sempre... quest'ombra. Non me la
sento di continuare così. E poi ci tengono sotto
controllo. La colpa è mia e...”.
Lui agita una mano, come per scacciare qualcosa
d’invisibile.
“Sarebbe successo comunque”, dice.
Poi mi guarda e mi domanda di botto: “Salvarani
ti ha detto che è stato lui a sparare ad Adriano?”.
Mi sento come una pallina da ping pong. Di qui
Salvarani, di là Silvano. Salvarani è la polizia.
Silvano, il mio amico forse nazista. E io, qui in
mezzo.
“Salvarani mi ha detto che è stata una guardia
giurata, a sparargli. E che poi gli amici di tuo fratello
si sono vendicati ammazzando la guardia”.
“Ti ha preso per il culo. La guardia giurata è stata
ammazzata per vendetta, è vero, perché era un
infiltrato nel gruppo. È stata la guardia a
organizzare la rapina in cui è stato ucciso mio
fratello. Ma è stato Salvarani a sparare ad Adriano”.
“Se vuoi, ti presto un libro scritto da uno di
sinistra – mi dice ancora – così poi non pensi che
m'invento le cose. Racconta tutta la storia. Decidi tu
a chi vuoi credere”.
NESSUN COMPROMESSO
~ 158 ~
“Non è colpa tua quello che è successo – Silvano
mi guarda con quel suo sorriso dolce e triste – Era
già scritto da qualche parte”.
Abbiamo cominciato con gli animali, niente
violenza contro gli esseri incolpevoli. Poi siamo
passati alla violenza contro la violenza, e questo
forse ancora avrei potuto accettarlo. Ora però mi
sembra di essere finito in una storia tipo Billy The
Kid.
Me ne sto qui, a guardare Silvano tirare fuori da
uno scaffale quel libro impolverato. Per la prima
volta da anni sono salito a casa sua, per scoprire che
non c'è nessun segreto. Nessun busto di Mussolini,
niente croci celtiche. Niente di niente. Soltanto una
foto in una cornice ricorda la presenza di Adriano.
Mi ha colpito anche la presenza di un grosso
crocefisso sopra la porta di una camera, come a casa
mia.
I genitori di Silvano non ci sono. Non ho chiesto
dove sono andati, né perché non siamo mai saliti a
casa sua in tutti quegli anni.
Non è più importante.
NESSUN COMPROMESSO
~ 159 ~
Venerdì 5 luglio
Non ho letto tutto il libro. Non ce n’è stato
bisogno. Ho cercato direttamente le pagine in cui
parla del fratello di Silvano. Non è stato difficile, il
suo nome era sull’indice analitico, tra quelli delle
vittime, degli assassini e dei testimoni, riuniti senza
distinzioni.
La storia di Adriano, la sua morte, è riassunta in
meno di una pagina. Nel libro c’è scritto che faceva
parte di un gruppo armato di estrema destra e che è
stato ucciso da un ispettore di polizia durante una
rapina in banca.
Il nome di Salvarani non compare. Però, c’è
scritto che la polizia era stata informata della rapina
prima che avvenisse, e che un anno dopo la guardia
giurata in servizio di fronte alla banca quel giorno
era stata uccisa in un’imboscata.
“Ti basta?”, mi chiede Silvano quando gli rendo il
libro.
Non ha bisogno di sentire la risposta.
Stiamo camminando per la strada, di nuovo
guardando le vetrine. Per un momento ho
l'impressione di essermi svegliato all'improvviso, di
avere soltanto immaginato quello che è successo.
Invece, ho chiesto davvero a Silvano se è nazista,
lui mi ha risposto davvero che devo essere io a
NESSUN COMPROMESSO
~ 160 ~
deciderlo. E io ho deciso che è stato veramente
Salvarani ad uccidere Adriano, tanto tempo fa.
E ora sto qui a chiedermi cosa devo fare.
“Devo chiederti un piacere”, mi dice Silvano.
Silvano non mi ha mai chiesto nulla, nessun
favore. E senza sapere cosa sta per chiedermi, ho già
deciso che dirò di sì. E questo mi fa sentire meglio.
“Chiama Salvarani. Digli che lo voglio
incontrare”.
NESSUN COMPROMESSO
~ 161 ~
CAPITOLO 17
Domenica 7 luglio
Ho chiamato Salvarani al telefono. È stato facile.
Non gli ho detto che Silvano vuole incontrarlo. Gli
ho detto che sono io a volergli parlare. Ci siamo dati
appuntamento al parco vicino al Commissariato,
alle 10 di stasera.
Non so quel che sta per accadere e, soprattutto,
non so come evitarlo.
Vedo arrivare Salvarani su un'Alfa.
Lo vedo scendere e venirmi incontro sorridente.
Gli faccio un cenno, mi vede. Poi gliene faccio un
altro per fargli capire che deve seguirmi.
Se ho fortuna, Salvarani penserà che gli voglio
parlare lontano da sguardi indiscreti. Come una spia
che sta per vendere i suoi amici. Al telefono gli ho
detto anche ho pensato a quello di cui abbiamo
parlato, che le cose mi sembravano diverse, ora.
Entriamo nel parco. Faccio un centinaio di metri,
lascio che Salvarani mi raggiunga.
“Sono contento che tu abbia pensato a quello che
ti ho detto”.
NESSUN COMPROMESSO
~ 162 ~
La paura mi prende allo stomaco, è come una
mano che tira dall'interno del corpo, con violenza,
ma comincio lo stesso a provocarlo: “Perché non mi
ha detto che è stato lei ad ammazzare Adriano Di
Blasio, eh?”, gli chiedo.
Lui s’irrigidisce. Per un secondo penso che potrei
colpirlo con un calcio o un pugno. Poi però di sicuro
mi farebbe a pezzi.
“Chi te l'ha detto, Silvano?”, dice lui, con una
specie di sorriso triste.
“No. È stato lei ad ammazzare Adriano, non una
guardia giurata. La guardia giurata è stata uccisa
dopo, perché era una spia, non è vero? Uno che
faceva il doppio gioco”.
Salvarani attacca a parlare. Con un tono
stranamente dolce, mieloso.
“È vero. Ho sbagliato. Avrei dovuto dirti la verità
subito. Sì, ho sparato ad Adriano, l'ho ucciso io”.
“È stato un errore – continua – uno sbaglio che
non mi potrò mai perdonare. Mai. Mai. Anche
perché volevo bene ad Adriano, ero riuscito a
convincerlo a uscire dal suo gruppo, a
collaborare...”.
Collaborare? Che cazzo sta dicendo Salvarani?
“È stato un errore. Ho sbagliato, nella confusione,
qualcuno ha cominciato a sparare”.
NESSUN COMPROMESSO
~ 163 ~
“Non puoi capire, se non ti capitano cose come
quelle. C'era gente che sparava, una rapina...
Adriano era il mio contatto nel gruppo, era grazie a
lui che stavamo per prendere tutto il gruppo di
fuoco del Fronte…”.
All’improvviso, sento urlare alle nostre spalle. È
Silvano. È uscito dal cespuglio dov’era nascosto
tropo presto, eravamo d’accordo che...
“Bastardo! – sta urlando Silvano – Bastardo!”
Mi accorgo che in mano ha una cosa di metallo
che sembra...
“Metti giù la pistola”, urla a sua volta Salvarani,
che ha estratto la sua senza che me accorgessi.
“Mio fratello non era una spia!”, urla Silvano e
alza la mano con cui tiene la pistola.
Silvano sta per arrivare addosso a Salvarani, poi
per un istante si ferma. L'istante dopo, rimbalza
indietro.
Ho sentito un rumore, il rumore che fa il
proiettile quando esce dalla pistola in un giardino
buio. Ma non ho associato il rumore a quello che è
accaduto. Non subito, almeno.
Salvarani adesso dice cose che non capisco, ma
non guarda verso di me. Forse si è perfino scordato
che ci sono.
Allora, faccio l'unica cosa che posso fare: scappo.
NESSUN COMPROMESSO
~ 164 ~
Lunedì 8 luglio
Sono tornato di corsa a casa. Ho pensato che
forse ci avrei trovato i poliziotti, ma sono andato lo
stesso.
Non c’era nessuno. I miei erano al cinema.
Ho preso solo una cosa, il bancomat di famiglia,
che mio padre tiene in un cassetto, solo per certe
spese.
Ho spento il cellulare e staccato la batteria.
Silvano dice sempre che così non possono
individuarti.
Ho girato tutta la notte a piedi, come un ubriaco.
Mi sono fermato solo per bere un caffè, in un bar
aperto tutta la notte, e per pisciare.
Chissà quanto sono in pensiero, mia madre e mio
padre.
Ho pensato a quello che è successo. Ho cercato di
concentrarmi. Di analizzare tutti gli istanti, prima e
dopo quello sparo. Ho rimandato avanti e indietro il
nastro, nel mio cervello.
Sto cercando di convincermi che Silvano sia vivo.
Anzi, sono quasi convinto che lo sia. Sarà ferito e in
ospedale, piantonato.
NESSUN COMPROMESSO
~ 165 ~
Mercoledì 10 luglio
Silvano è morto.
L’ha detto la radio, nel bar in cui sono entrato a
fare colazione.
Sul momento, assordato dal fischio del bollitore
che scaldava il latte per il cappuccino, ho pensato di
aver capito male. Poi, però, lo hanno detto di nuovo.
Silvano non c’è più.
È entrato vivo in sala operatoria, è uscito morto.
I genitori hanno dato l’autorizzazione all’espianto
degli organi.
Non ho più ascoltato quello che diceva il tizio alla
radio, dopo. Ho finito il cappuccino, ho pagato, sono
uscito.
Silvano sarebbe fiero di me. Sono rimasto
impassibile, duro come una pietra. E quando sono
uscito, senza alcuna idea su dove andare, su quale
direzione prendere, non ho versato neanche una
lacrima.
Venerdì 12 luglio
Francesco e Mauro sono stati arrestati. Li hanno
presi a casa le teste di cuoio.
Anche Letizia ed Ester sono state fermate. La
polizia ha sequestrato il loro rifugio, e ha trovato
una pistola con i numeri di serie cancellati.
NESSUN COMPROMESSO
~ 166 ~
Non ce le vedo, quelle due, a maneggiare una
pistola.
Un magistrato ha accusato tutti di banda armata
con finalità di terrorismo. È scritto sul giornale.
Quello che sul giornale non c’è scritto, è che da
quando li hanno messi in cella – in isolamento – gli
hanno dato da mangiare soltanto carne, una bella
bistecca tutte le volte, senza neanche il contorno o
un po’ di pane. Per vedere quanto avrebbero
resistito.
Francesco ha retto soltanto due giorni senza
toccare cibo, poi lo hanno ricoverato. Ha avuto un
crollo nervoso. A sua madre, che è ancora in
ospedale, non hanno detto niente.
Letizia ed Ester hanno cominciato lo sciopero
della fame.
Mauro, invece, non ha neanche provato a
rimandare indietro il vassoio. Gli è venuto subito
appetito. Ha mangiato tutto, poi ha raccontato tutto
di tutti, tranne che di Cesare.
È stato Cesare a farmelo sapere.
Dopo essere scappato, ho passato qualche giorno
nascosto in una baracca per la pesca a rete sulla
spiaggia. Era del nonno di Cesare. Ci andavamo
sempre, quando saltavamo la scuola. La chiave era
sempre al solito posto.
NESSUN COMPROMESSO
~ 167 ~
Credevo fosse l’unico posto sicuro. E in effetti
l’unico che mi ha trovato è stato Cesare. Anzi, è stata
Fiona, perché lui temeva di essere seguito e ha
mandato la flautista.
Le guardie lo hanno interrogato, ma non hanno
niente in mano per accusarlo, se non d’essere nostro
amico. Cesare ha raccontato un po’ di palle, forse gli
hanno pure creduto. Grazie anche al padre, che ha
conoscenze in alto loco, sembra.
Meglio essere prudenti, però. Mai fidarsi delle
guardie.
Ora me ne sto andando verso nord, lungo la
costa. Cammino e ogni tanto prendo un bus, faccio
poche fermate e scendo, tanto per riposarmi. Pago
sempre il biglietto, perché se no c’è il rischio che mi
fermino. Ho comprato uno zaino e ho poche cose
con me.
Cesare dice che c’è un suo amico che fa il
guardiano in uno stabilimento balneare, in Toscana.
Che lui mi può aiutare, mi può nascondere, che mi
può dare da lavorare.
Cesare dice anche che quelli dei cani mi cercano.
Quelli dei cani. Me li ero dimenticati, quelli.
Ecco da dove è uscita la pistola che Silvano aveva
in mano quella sera, ora che ci penso.
Secondo Cesare, se facessi un accordo con la
polizia potrei trovare protezione. C'è un amico del
NESSUN COMPROMESSO
~ 168 ~
padre che è un buon avvocato, se volessi potrebbe
occuparsene lui…
Non ho ancora deciso cosa fare. Non voglio
morire come Silvano. Non voglio neanche
arrendermi. Ma non mi ci vedo a vivere da
clandestino, alla macchia. Ho solo 20 anni. Nessuno
mi ha insegnato come si fa.
NESSUN COMPROMESSO
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