Atti Parlamentari — XIV LEGISLATURA — I DISCUSSIONI — Camera dei Deputati — SEDUTA DEL 19 MARZO 2003 RESOCONTO SOMMARIO E STENOGRAFICO 283. SEDUTA DI MERCOLEDÌ 19 MARZO 2003 PRESIDENZA DEL PRESIDENTE PIER FERDINANDO CASINI INDI DEI VICEPRESIDENTI FABIO MUSSI, PUBLIO FIORI E ALFREDO BIONDI INDICE RESOCONTO SOMMARIO ............................ RESOCONTO STENOGRAFICO ...................... III-XI 1-87 PAG. Missioni ............................................................ 1 Nell’anniversario dell’uccisione del professor Marco Biagi .................................................. 1 Presidente ......................................................... 1 Comunicazioni del Governo sugli sviluppi della crisi irachena ..................................... 2 (Intervento del Presidente del Consiglio dei ministri) ......................................................... 2 Presidente ..................................................... 2 Berlusconi Silvio, Presidente del Consiglio dei ministri ................................................... 2 (Discussione) ..................................................... 10 Presidente ..................................................... 10 PAG. Baldi Monica Stefania (FI) ........................ 31 Bianco Gerardo (MARGH-U) .................... 24 Cento Pier Paolo (Misto-Verdi-U) ............. 14 Collè Ivo (Misto-Min.linguist.) ................... 10 Cristaldi Nicolò (AN) .................................. 27 Costa Raffaele (FI) ...................................... 30 Deiana Elettra (RC) .................................... 43 Fiori Publio (AN) ........................................ 35 Folena Pietro (DS-U) .................................. 39 Gambale Giuseppe (MARGH-U) ................ 36 Intini Ugo (Misto-SDI) ................................ 16 Mantovani Ramon (RC) ............................. 19 Mazzuca Poggiolini Carla (Misto-UDEURPpE) ............................................................... 13 N. B. Sigle dei gruppi parlamentari: Forza Italia: FI; Democratici di Sinistra-L’Ulivo: DS-U; Alleanza Nazionale: AN; Margherita, DL-L’Ulivo: MARGH-U; Unione dei democratici cristiani e dei democratici di centro: UDC; Lega Nord Padania: LNP; Rifondazione comunista: RC; Misto: Misto; Misto-Comunisti italiani: Misto-Com.it; Misto-socialisti democratici italiani: Misto-SDI; Misto-Verdi-L’Ulivo: MistoVerdi-U; Misto-Minoranze linguistiche: Misto-Min.linguist.; Misto-Liberal-democratici, Repubblicani, Nuovo PSI: Misto-LdRN.PSI; Misto-UDEUR-Popolari per l’Europa: Misto-UDEUR-PpE. Atti Parlamentari — XIV LEGISLATURA — DISCUSSIONI — II Camera dei Deputati — SEDUTA DEL 19 MARZO 2003 — N. 283 PAG. PAG. Moroni Chiara (Misto-LdRN.PSI) ............. 11 La Malfa Giorgio (Misto-LdRN.PSI) ......... 51 Naro Giuseppe (UDC) ................................. 22 La Russa Ignazio (AN) ............................... 66 Pacini Marcello (FI) .................................... 28 Pecoraro Scanio Alfonso (Misto-Verdi-U) . 53 Pistelli Lapo (MARGH-U) .......................... 32 Pisicchio Pino (Misto-UDEUR-PpE) .......... 52 Ramponi Luigi (AN) ................................... 42 Rutelli Francesco (MARGH-U) .................. 63 Rizzi Cesare (LNP) ...................................... 20 Sgarbi Vittorio (FI) ..................................... 74 Rossi Guido Giuseppe (LNP) ..................... 37 Villetti Roberto (Misto-SDI) ....................... 55 Selva Gustavo (AN) ..................................... 45 Sereni Marina (DS-U) ................................. 25 Vertone Saverio (Misto-Com.it) ................. 17 Preavviso di votazioni elettroniche .............. 47 Ripresa discussione sulle comunicazioni del Governo ......................................................... 47 (Ripresa discussione) ....................................... 47 Presidente ..................................................... 47 Buontempo Teodoro (AN) .......................... 48 Burani Procaccini Maria (FI) .................... Fioroni Giuseppe (MARGH-U) .................. (Presentazione di risoluzioni) ......................... (Votazioni) ......................................................... 75 Presidente ..................................................... 75 (La seduta, sospesa alle 17,25, è ripresa alle 17,35) ............................................................. 75 Missioni (Alla ripresa pomeridiana) ............ 75 Disegno di legge di conversione del decretolegge n. 25 del 2003: Oneri generali del sistema elettrico (A.C. 3688) (Seguito della discussione) ................................................... 76 48 (Esame articolo unico – A.C. 3688) ............. 76 47 Presidente ..................................................... 76 Buglio Salvatore (DS-U) ............................. 78 Cazzaro Bruno (DS-U) ............................... 81 Cialente Massimo (DS-U) ........................... 76 Dell’Elce Giovanni, Sottosegretario per le attività produttive ......................................... 84 49 Presidente ..................................................... 49, 50 Giachetti Roberto (MARGH-U) ................. 49 (Replica e pareri del Governo) ...................... 49 Presidente ..................................................... 49 Frattini Franco, Ministro degli affari esteri . 49 Gastaldi Luigi (FI), Relatore ...................... 84 Ruggeri Ruggero (MARGH-U) ................... 82 84 84 (La seduta, sospesa alle 15,25, è ripresa alle 15,30) ............................................................. 51 Commissione parlamentare di inchiesta sull’affare Telekom-Serbia (Modifica nella composizione) ............................................... (Dichiarazioni di voto) .................................... 51 Sull’ordine dei lavori ...................................... Presidente ..................................................... 51 Presidente ..................................................... 84, 85 Adornato Ferdinando (FI) ......................... 71 Raisi Enzo (AN) .......................................... 85 Bertinotti Fausto (RC) ................................ 57 Ruzzante Piero (DS-U) ............................... 85 Cè Alessandro (LNP) ................................... 59 Ordine del giorno della seduta di domani . 86 Craxi Bobo (Misto-LdRN.PSI) ................... 73 De Franciscis Alessandro (MARGH-U) .... 74 Detomas Giuseppe (Misto-Min.linguist.) ... 51 Diliberto Oliviero (Misto-Com.it) ............... 56 Fassino Piero (DS-U) .................................. 68 Considerazioni integrative degli interventi dei deputati Monica Stefania Baldi e Giuseppe Gambale in sede di discussione sulle comunicazioni del Governo sugli sviluppi della crisi irachena. .................................... 87 Follini Marco (UDC) ................................... 61 Votazioni elettroniche (Schema) .... Votazioni I-IX N. B. I documenti esaminati nel corso della seduta e le comunicazioni all’Assemblea non lette in aula sono pubblicati nell’Allegato A. Gli atti di controllo e di indirizzo presentati e le risposte scritte alle interrogazioni sono pubblicati nell’Allegato B. SEDUTA PRECEDENTE: N. 282 — MARTEDÌ 18 MARZO 2003 Atti Parlamentari — XIV LEGISLATURA — SOMMARIO — III Camera dei Deputati — SEDUTA DEL 19 MARZO 2003 — N. 283 RESOCONTO SOMMARIO PRESIDENZA DEL PRESIDENTE PIER FERDINANDO CASINI La seduta comincia alle 11,35. La Camera approva il processo verbale della seduta di ieri. Missioni. PRESIDENTE comunica che i deputati complessivamente in missione sono ottantasei. Nell’anniversario dell’uccisione del professor Marco Biagi. PRESIDENTE (Si leva in piedi, e con lui l’intera Assemblea ed i membri del Governo) rinnova le espressioni di solidarietà della Camera dei deputati ai familiari del professor Marco Biagi, vittima, un anno fa, della follia insensata del terrorismo: ritiene, in particolare, che il suo impegno al servizio delle istituzioni e la sua illuminata visione riformistica costituiscano un esempio al quale ispirarsi per riaffermare la preminenza dei valori della libertà e della democrazia (Generali applausi, cui si associano i membri del Governo). Comunicazioni del Governo sugli sviluppi della crisi irachena. PRESIDENTE ricorda la prevista articolazione del dibattito, avvertendo che lo schema recante la ripartizione dei tempi è riprodotto nel calendario dei lavori dell’Assemblea. SILVIO BERLUSCONI, Presidente del Consiglio dei ministri, rende all’Assemblea le seguenti comunicazioni: (Vedi resoconto stenografico pag. 2 – Nel corso dell’intervento del Presidente del Consiglio, dalla tribuna sovrastante il banco della Presidenza vengono esposte due bandiere che simboleggiano la pace – Il Presidente invita i commessi a rimuoverle – Successivamente, a seguito di reiterate proteste, il Presidente richiama all’ordine i deputati Maura Cossutta e Losurdo). PRESIDENTE dichiara aperta la discussione sulle comunicazioni del Governo. Invita altresı̀ tutti i deputati che prenderanno la parola ad attenersi al più scrupoloso rispetto dei tempi fissati nell’ambito della prevista articolazione del dibattito. IVO COLLÈ, nell’esprimere, a nome della componente politica Minoranze linguistiche del gruppo Misto, amarezza e preoccupazione per la deleteria decisione unilateralmente assunta dagli Stati Uniti, lamenta che non siano state ricercate con la necessaria determinazione soluzioni alternative all’uso della forza, quale, ad esempio, l’esilio di Saddam Hussein. PRESIDENZA DEL VICEPRESIDENTE FABIO MUSSI IVO COLLÈ, nel manifestare, pertanto, netta contrarietà all’intervento militare in Iraq, ritiene che l’Italia dovrebbe negare alle forze armate statunitensi l’uso delle basi militari ed il sorvolo dello spazio aereo nazionale. Atti Parlamentari XIV LEGISLATURA — — SOMMARIO — IV SEDUTA DEL CHIARA MORONI, nell’auspicare che sia possibile superare le divisioni politiche ed evitare sterili strumentalizzazioni di fronte alla difficile e sofferta scelta imposta dalla grave congiuntura internazionale, ritiene che l’Italia abbia il dovere di assumere un ruolo determinante nello scacchiere mondiale. Rilevato inoltre che la scelta atlantica del Paese non può essere confusa con una presunta volontà bellicistica, assicura il sostegno dei deputati della componente politica Liberal-democratici, Repubblicani, Nuovo PSI del gruppo Misto alla posizione assunta dal Governo. CARLA MAZZUCA POGGIOLINI, nel condividere la tenue speranza, espressa dal Presidente del Consiglio, che si possa ancora addivenire ad una soluzione pacifica della grave crisi irachena, esprime l’orientamento contrario dei deputati della componente politica UDEUR-Popolari per l’Europa del gruppo Misto all’intervento armato in territorio iracheno; manifestate inoltre forti perplessità relativamente alla concessione, indebitamente già assicurata dal Governo, alle forze armate statunitensi dell’uso delle basi militari ubicate in Italia e del sorvolo dello spazio aereo nazionale, ritiene che tale uso non dovrà comunque essere propedeutico ad attacchi diretti contro l’Iraq. PIER PAOLO CENTO, giudicato grave l’atteggiamento assunto dal Governo in merito ad un’azione bellica che, non essendo autorizzata dall’ONU, deve considerarsi illegittima, anche perché si pone in evidente contrasto con l’articolo 11 della Costituzione, ritiene non si possa operare una distinzione tra partecipazione effettiva ad operazioni militari e sostegno indiretto, assicurato con l’autorizzazione all’uso di strutture civili e militari ubicate in territorio italiano. PRESIDENZA DEL VICEPRESIDENTE PUBLIO FIORI PIER PAOLO CENTO ritiene comunque che vi sia ancora la possibilità di scongiu- Camera dei Deputati — 19 MARZO 2003 — N. 283 rare il ricorso all’intervento armato ed assicura che la sua parte politica si impegnerà a tal fine. UGO INTINI ritiene che l’obiettivo principale degli Stati Uniti non sia l’eliminazione delle armi di distruzione di massa di cui è in possesso il regime iracheno, bensı̀ il perseguimento di una strategia egemonica, in relazione alla quale assume un valore strumentale l’indebolimento del ruolo svolto dall’ONU, dall’Unione europea e dall’Alleanza atlantica. PRESIDENZA DEL VICEPRESIDENTE FABIO MUSSI UGO INTINI sottolinea quindi la necessità che l’Italia persegua una politica estera volta a favorire la coesione ed il rafforzamento dell’Unione europea, senza peraltro attenuare i legami con gli altri paesi della NATO. SAVERIO VERTONE, giudicato singolare e poco chiaro l’atteggiamento assunto dal Governo nell’attuale difficile congiuntura internazionale, richiama l’opportunità di tenere nella dovuta considerazione il fatto che la politica estera degli Stati Uniti appare dettata da velleità imperialistiche. RAMON MANTOVANI osserva che le dichiarazioni rese dal Presidente del Consiglio denotano la debolezza della posizione del Governo italiano il quale, senza tenere conto della diffusa contrarietà ad un intervento armato in Iraq, manifesta fedeltà agli Stati Uniti d’America, nel momento in cui tendono ad imporre con la forza la loro strategia imperialista, con l’obiettivo di instaurare un controllo militare su aree geopolitiche strategicamente rilevanti. Stigmatizza, quindi, la scelta dell’Esecutivo di non perseguire una politica estera ispirata alla ricerca della pace, compromettendo in tal modo la possibilità di individuare una posizione unitaria ed autonoma dell’Europa. Atti Parlamentari XIV LEGISLATURA — — SOMMARIO — V SEDUTA DEL CESARE RIZZI esprime apprezzamento per il fatto che, a differenza di quanto è accaduto in occasione dell’intervento militare nei Balcani, il Governo abbia assunto un atteggiamento rispettoso delle prerogative parlamentari; ritiene inoltre che, una volta constatata l’impossibilità di individuare una soluzione pacifica alla crisi irachena, si debbano tenere comportamenti coerenti con la ferma condanna del regime di Saddam Hussein, che ha disatteso tutte le risoluzioni dell’ONU ed ha commesso gravi crimini nei confronti del popolo iracheno. GIUSEPPE NARO ritiene che un orientamento favorevole dell’Assemblea alle comunicazioni rese dal Presidente del Consiglio consentirebbe di rafforzare lo spirito unitario e l’incisività che deve caratterizzare l’Alleanza Atlantica, anche in vista delle iniziative che dovranno essere assunte nelle fasi successive al conflitto, che comunque auspica possa essere ancora evitato, accogliendo l’appello del Santo Padre. Giudica, altresı̀, indispensabile uno sforzo comune al fine di evitare un’ulteriore accentuazione dei contrasti che hanno diviso la comunità internazionale, anche in considerazione delle inevitabili conseguenze negative per il futuro dell’Europa. GERARDO BIANCO ritiene che il Governo dovrebbe opporsi fermamente all’intervento armato in Iraq, che giudica sbagliato anche perché incrina la compattezza della coalizione costituitasi dopo l’11 settembre per contrastare il terrorismo internazionale ed indebolisce l’Organizzazione delle Nazioni Unite. Nel dichiararsi profondamente contrario alla guerra, paventa le deleterie conseguenze che ne potranno derivare. MARINA SERENI paventa le pesanti ripercussioni che l’intervento armato in Iraq potrebbe determinare sullo scacchiere internazionale e manifesta preoccupazione per l’intendimento dell’Amministrazione degli Stati Uniti di verificare in Iraq l’attuazione di una nuova strategia Camera dei Deputati — 19 MARZO 2003 — N. 283 per la sicurezza nazionale, in riferimento alla quale esprime un giudizio fortemente critico: avrebbe pertanto auspicato da parte del Governo un atteggiamento volto ad osteggiare il ricorso all’uso della forza ed a rilanciare la funzione internazionale dell’Europa. NICOLÒ CRISTALDI dà atto al Governo di essersi adoperato al fine di scongiurare il ricorso all’intervento armato e di rilanciare il ruolo delle istituzioni internazionali; richiamate, quindi, le pesanti responsabilità del regime di Baghdad, ritiene sia stata esperita ogni possibile soluzione diplomatica per il superamento della grave crisi irachena. MARCELLO PACINI, pur sottolineando la drammaticità della decisione che il Parlamento si accinge ad assumere, giudica ormai improcrastinabile un intervento militare in Iraq: invita tuttavia l’Esecutivo ad attivarsi per una sollecita conclusione del conflitto e per evitare che si inneschi un processo involutivo dal quale possa derivare un irreversibile ridimensionamento del ruolo dell’Alleanza atlantica e dell’Unione europea. Manifesta infine una convinta adesione all’azione del Governo. RAFFAELE COSTA, rilevata la necessità di evitare un uso strumentale dell’intervento militare in Iraq, manifesta un orientamento favorevole alle scelte compiute dal Governo, ritenendo essenziale il rilancio del ruolo dell’ONU, dell’Unione europea e della NATO. MONICA STEFANIA BALDI, nel rivolgere un ringraziamento al Governo per l’impegno profuso nella ricerca di una soluzione pacifica della crisi irachena, sottolinea la necessità di confermare il leale rapporto di collaborazione con gli Stati Uniti che ha sempre contraddistinto la politica estera italiana. Ritiene peraltro ormai inevitabile il ricorso all’intervento armato in Iraq, in considerazione dell’insuccesso dell’azione diplomatica svolta. LAPO PISTELLI osserva che la decisione degli Stati Uniti di intervenire mili- Atti Parlamentari XIV LEGISLATURA — — SOMMARIO — VI SEDUTA DEL tarmente in Iraq senza il preventivo consenso dell’ONU o della NATO e senza il sostegno dell’Unione europea rappresenta un tragico errore, per di più privo di legittimazione giuridica; invita quindi il Governo, nel rispetto dei princı̀pi sanciti dall’articolo 11 della Costituzione, a non fornire alcun supporto politico, militare e logistico all’iniziativa bellica statunitense. PUBLIO FIORI, pur esprimendo apprezzamento per gli sforzi di mediazione compiuti dal Governo, dichiara di non condividere la tesi secondo la quale l’intervento militare contro l’Iraq sarebbe legittimo. GIUSEPPE GAMBALE, osservato che l’opzione militare rappresenta una grave sconfitta per la democrazia, ne paventa le deleterie conseguenze per la credibilità delle istituzioni internazionali, segnatamente delle Nazioni Unite. Manifesta, inoltre, netta contrarietà alla teoria della guerra preventiva alla quale è ispirata la politica estera statunitense. GUIDO GIUSEPPE ROSSI, giudicate utopistiche le posizioni ispirate ad un pacifismo oltranzista, osserva che nelle scelte di politica internazionale non si può prescindere dal principio della ragione di Stato: in tale contesto, l’eventuale decisione di non concedere agli Stati Uniti l’uso delle basi militari ubicate in territorio italiano risulterebbe irresponsabile, in quanto si tradurrebbe di fatto in una forma di avallo della dittatura di Saddam Hussein; ritiene che la posizione assunta, al riguardo, dalle forze del centrosinistra sia funzionale al perseguimento di obiettivi di politica interna. PIETRO FOLENA, paventate le drammatiche conseguenze che deriveranno da una guerra illegittima ed unilaterale contro l’Iraq, che potrebbe alimentare il terrorismo ed accentuare l’instabilità in ambito internazionale, ritiene si sarebbe dovuta ricercare una soluzione pacifica della crisi irachena, sotto l’egida dell’ONU. Dichiara, quindi, di non condividere le ra- Camera dei Deputati — 19 MARZO 2003 — N. 283 gioni addotte dal Presidente del Consiglio a sostegno della presunta legittimità dell’uso della forza nei confronti del regime di Saddam Hussein, che peraltro deve essere condannato con fermezza per essersi reso responsabile di reiterate violazioni dei diritti umani. LUIGI RAMPONI ritiene si debba prendere atto del fallimento di tutti i tentativi di individuare una soluzione diplomatica e pacifica della crisi irachena, la cui responsabilità è ascrivibile esclusivamente a Saddam Hussein; osserva altresı̀ che in tale contesto l’Italia non può esimersi dal garantire il necessario appoggio agli Stati Uniti d’America, in particolare concedendo l’uso delle basi militari ubicate nel territorio nazionale, anche al fine di evitare un deterioramento dei rapporti bilaterali tra i due paesi. ELETTRA DEIANA, giudicate infondate ed inaccettabili le motivazioni addotte dal Presidente del Consiglio a sostegno della legittimità di un’azione militare degli Stati Uniti contro l’Iraq, che avrà il solo scopo di trasformare tale paese in un protettorato americano, manifesta netta contrarietà al ricorso a metodi violenti per la risoluzione delle controversie internazionali, nonché alla concessione alle forze armate statunitensi dell’uso delle basi militari ubicate nel territorio italiano e del permesso di sorvolo dello spazio aereo nazionale. Ritiene, infine, che il Governo non possa non tenere conto dell’aspirazione alla pace che proviene dall’opinione pubblica. GUSTAVO SELVA dà atto al Governo di essersi fattivamente impegnato per scongiurare un conflitto armato diventato ormai inevitabile. PRESIDENZA DEL VICEPRESIDENTE PUBLIO FIORI GUSTAVO SELVA, richiamate, inoltre, le gravi responsabilità del regime iracheno, invita l’opposizione a valutare l’opportu- Atti Parlamentari XIV LEGISLATURA — — SOMMARIO — VII SEDUTA DEL nità di aderire alle ragioni che, a questo punto, rendono necessaria la collaborazione con gli Stati Uniti; manifesta quindi, il proprio consenso nei confronti delle posizioni sostenute dal Presidente del Consiglio. Preavviso di votazioni elettroniche. PRESIDENTE avverte che decorrono da questo momento i termini regolamentari di preavviso per eventuali votazioni elettroniche. Si riprende la discussione. GIUSEPPE FIORONI esprime sconcerto per le dichiarazioni rese dal Presidente del Consiglio, che dimostrano l’incapacità del Governo di assumere una posizione netta ed univoca in merito alla difficile congiuntura internazionale: invita pertanto l’Esecutivo a non legittimare un’azione bellica che appare in contrasto con principi costituzionalmente sanciti. MARIA BURANI PROCACCINI, rivendicata con orgoglio la propria adesione ai valori della religione cattolica e dell’unità nazionale, manifesta piena condivisione per la posizione sostenuta dal Governo. TEODORO BUONTEMPO, espressi dubbi sul fatto che possa ritenersi costituzionalmente legittimo un intervento armato in assenza di un’autorizzazione dell’ONU, preannunzia l’astensione sulla risoluzione presentata dai gruppi della maggioranza. PRESIDENTE dichiara chiusa la discussione sulle comunicazioni del Governo. Avverte che sono state presentate le risoluzioni Craxi n. 55, Violante n. 56 ed Elio Vito n. 57. ROBERTO GIACHETTI, parlando sull’ordine dei lavori, lamenta l’effettuazione Camera dei Deputati — 19 MARZO 2003 — N. 283 da parte delle forze dell’ordine di controlli eccessivamente stringenti nelle vie adiacenti Palazzo Montecitorio. PRESIDENTE osserva che la Presidenza si riserva di acquisire opportune informazioni sulla questione sollevata dal deputato Giachetti. FRANCO FRATTINI, Ministro degli affari esteri, espresso rammarico per il fatto che il regime iracheno non ha ottemperato a numerose risoluzioni dell’ONU e non ha inteso smantellare le proprie armi di distruzione di massa, assicura che il Governo ha svolto un’intensa attività diplomatica per scongiurare il ricorso all’intervento armato e si adopererà fattivamente per contribuire ad una maggiore coesione nell’ambito dell’Unione europea. Auspica, al riguardo, il sostegno della maggioranza e dell’opposizione in vista di una positiva gestione della fase politica che si aprirà con il semestre di presidenza italiana. PRESIDENZA DEL PRESIDENTE PIER FERDINANDO CASINI FRANCO FRATTINI, Ministro degli affari esteri, accetta infine la risoluzione Elio Vito n. 57 e non accetta le risoluzioni Craxi n. 55 e Violante n. 56. PRESIDENTE, assicurato di aver impartito le opportune disposizioni affinché i competenti uffici della Camera svolgano accertamenti in ordine alla questione evocata dal deputato Giachetti, sottolinea che le decisioni concernenti il mantenimento dell’ordine pubblico nelle vie adiacenti Palazzo Montecitorio sono riconducibili alla responsabilità della questura di Roma. Sospende brevemente la seduta. La seduta, sospesa alle 15,25, è ripresa alle 15,30. PRESIDENTE passa alle dichiarazioni di voto. Atti Parlamentari XIV LEGISLATURA — — SOMMARIO — VIII SEDUTA DEL GIUSEPPE DETOMAS, nel ritenere che le dichiarazioni rese dal Presidente del Consiglio non abbiano fugato le preoccupazioni e le perplessità sull’opportunità di concedere alle forze armate statunitensi l’uso delle basi militari ubicate in Italia ed il sorvolo del territorio nazionale, dichiara il voto favorevole della componente Minoranze linguistiche del gruppo Misto sulla risoluzione Violante n. 56. GIORGIO LA MALFA, giudicata infondata l’accusa rivolta al Governo di aver assunto una posizione oscillante ed ambigua relativamente alla crisi irachena, manifesta condivisione per le scelte compiute dall’Esecutivo, improntate alla solidarietà atlantica ed al perseguimento di una politica comune da parte dell’Unione europea; dichiara, pertanto, il voto favorevole della componente Liberal-democratici, Repubblicani, Nuovo PSI del gruppo Misto sulla risoluzione Elio Vito n. 57. PINO PISICCHIO, espressa netta contrarietà a qualsiasi forma di sostegno attivo ad operazioni belliche, paventa le deleterie conseguenze che deriverebbero da un deterioramento dei rapporti tra l’Europa e gli Stati Uniti; auspica, inoltre, che l’Italia si faccia promotrice di un’iniziativa finalizzata alla ripresa del dialogo in ambito europeo, in vista del recupero di quei rapporti di solidarietà messi a dura prova dalla crisi irachena. ALFONSO PECORARO SCANIO, giudicate non veritiere le considerazioni svolte dal Presidente del Consiglio dei ministri, secondo le quali l’Italia non si troverebbe di fatto nella condizione di paese cobelligerante, manifesta netta contrarietà all’intervento militare in Iraq, che ritiene violi il diritto internazionale: invita pertanto i cittadini a mobilitarsi, in modo non violento, contro l’aggressione statunitense. Nel ritenere, inoltre, che la risoluzione Elio Vito n. 57 si ponga in contrasto con la Costituzione, dichiara il convinto voto favorevole dei deputati della componente politica Verdi-L’Ulivo del gruppo Misto sulla risoluzione Violante n. 56. Camera dei Deputati — 19 MARZO 2003 — N. 283 ROBERTO VILLETTI, nel lamentare la contraddittorietà e l’ambiguità delle scelte operate dal Governo in riferimento alla crisi irachena, peraltro in contrasto con l’orientamento prevalente nell’opinione pubblica, ritiene ingiustificabile un intervento militare non autorizzato dall’ONU. Rilevato inoltre che l’Europa può ancora ricercare una soluzione pacifica della crisi irachena, assicura l’impegno dei Socialisti democratici italiani in vista del raggiungimento di tale obiettivo. OLIVIERO DILIBERTO, osservato che le scelte compiute dal Governo si pongono in contrasto con l’articolo 11 della Costituzione e minano l’unità europea, paventa le deleterie conseguenze che deriveranno, sul piano internazionale, da una guerra di stampo colonialista volta a garantire il controllo, da parte degli Stati Uniti, delle risorse petrolifere esistenti in territorio iracheno. Sottolinea pertanto la necessità di promuovere, anche dopo l’avvio delle operazioni belliche, iniziative in favore della pace. FAUSTO BERTINOTTI, paventate le deleterie conseguenze che deriveranno dall’inevitabile precipitare della situazione internazionale, rileva che la scelta compiuta dal Governo non è condivisa dalla maggioranza del Paese. Giudicato inoltre illegittimo un intervento militare non autorizzato dalle Nazioni Unite, ritiene che il Governo avrebbe dovuto assumere un atteggiamento diverso da quello improntato a bieco servilismo nei confronti degli Stati Uniti, le cui velleità imperialiste hanno determinato una crisi in seno all’Alleanza atlantica: manifesta pertanto netta contrarietà alla concessione dell’autorizzazione all’uso delle basi militari ubicate nel territorio italiano. ALESSANDRO CÈ, ricordato che Saddam Hussein è uno spietato e pericoloso dittatore, sottolinea che l’inspiegabile posizione assunta da Francia e Germania – che peraltro hanno concesso l’uso delle basi militari ubicate nei loro rispettivi territori e dello spazio aereo nazionale – Atti Parlamentari XIV LEGISLATURA — — SOMMARIO — IX SEDUTA DEL ha contribuito a dividere la comunità internazionale. Pur rilevando, quindi, la non ineccepibile azione diplomatica svolta da taluni esponenti del governo statunitense, manifesta condivisione per la scelta dell’Esecutivo di confermare i tradizionali legami di amicizia tra l’Italia e gli Stati Uniti. MARCO FOLLINI, ribadita la contrarietà ad un intervento armato unilaterale, privo di una chiara legittimazione da parte dell’ONU e che rischia di dividere la comunità internazionale, invita il Governo ad attivarsi per rinsaldare la coalizione contro il terrorismo sorta all’indomani degli attentati dell’11 settembre 2001. Richiamate altresı̀ le gravi responsabilità imputabili al regime iracheno, dichiara di non comprendere le ragioni che inducono l’opposizione a sostenere l’opportunità di negare alle forze armate statunitensi l’autorizzazione all’uso delle basi militari ubicate sul territorio nazionale, sottraendo in tal modo l’Italia ad un rapporto di collaborazione che peraltro vede coinvolti anche i paesi che hanno espresso netto dissenso rispetto alla politica degli Stati Uniti. FRANCESCO RUTELLI, nel manifestare netta contrarietà ad un intervento militare ingiustificato ed illegittimo, che determinerà gravi conseguenze per gli equilibri internazionali, ritiene che il necessario rispetto nei confronti degli Stati Uniti non possa impedire di esprimere dissenso da una scelta unilaterale e sbagliata, anche perché priva dell’avallo delle Nazioni Unite. Sottolinea, quindi, la contraddittorietà delle dichiarazioni rese dal Presidente del Consiglio in varie fasi della crisi irachena che, oltre a compromettere la credibilità dell’Italia in ambito internazionale, denotano l’incapacità del Governo di assumere una posizione politica chiara e inequivocabilmente contraria alla guerra quale strumento di risoluzione delle controversie internazionali. IGNAZIO LA RUSSA dichiara che i deputati del gruppo di Alleanza nazionale Camera dei Deputati — 19 MARZO 2003 — N. 283 condividono pienamente le dichiarazioni rese dal Presidente del Consiglio, dalle quali si evince che il Governo ha svolto un ruolo attivo al fine di avvicinare le posizioni degli Stati Uniti e dell’Unione europea e di consolidare la coalizione contro il terrorismo costituitasi dopo i tragici eventi dell’11 settembre 2001. Richiamate inoltre le determinazioni assunte dal Consiglio supremo di difesa, il quale ha sancito che l’Italia si trova nella condizione di Stato non belligerante, rivolge un plauso ed un ringraziamento ai militari italiani impegnati in missioni internazionali. PIERO FASSINO, rilevato che la decisione di intervenire militarmente in Iraq, che giudica illegittima ed insensata, è destinata ad accrescere lo stato di insicurezza in ambito internazionale, osserva che si sarebbe potuto ottenere il disarmo dell’Iraq perseguendo la linea pacifica intrapresa dall’ONU. Lamentata inoltre la grave inadeguatezza dimostrata dal Governo, che rischia di compromettere la credibilità del Paese in ambito internazionale, ritiene che l’imminente intervento militare non debba ricevere il sostegno dell’Italia. FERDINANDO ADORNATO, ricordato che l’Italia non sarà un paese belligerante e che nessun militare italiano parteciperà alle operazioni belliche, osserva che l’uso delle basi militari e dello spazio aereo nazionale – concesso anche da Francia e Germania – deriva da un preciso obbligo internazionale. Rilevato, inoltre, che il contenuto della risoluzione n. 1441 del Consiglio di sicurezza dell’ONU legittima il ricorso alla forza al fine di disarmare l’Iraq, ritiene che l’unità europea debba essere conseguita confermando i tradizionali rapporti di amicizia con gli Stati Uniti d’America. Nell’auspicare, pertanto, una rapida vittoria delle forze armate alleate, sottolinea la necessità che il valore della pace sia coniugato con quello della libertà. BOBO CRAXI, premesso che l’intervento del Presidente del Consiglio non ha fugato le preoccupazioni per un’iniziativa Atti Parlamentari XIV LEGISLATURA — — SOMMARIO — X SEDUTA DEL militare unilaterale ed illegittima, manifesta netta contrarietà alla concessione dell’autorizzazione all’uso delle basi militari ubicate in Italia e dello spazio aereo nazionale. VITTORIO SGARBI rileva che il Presidente del Consiglio, richiamando la posizione di non belligeranza assunta dall’Italia, abbia saputo interpretare, più di quanto abbiano fatto i Governi di centrosinistra, le tanto proclamate aspirazioni alla pace. ALESSANDRO DE FRANCISCIS dichiara voto favorevole sulla risoluzione Violante n. 56, osservando che la maggior parte della popolazione statunitense è contraria all’intervento militare in Iraq. PRESIDENTE avverte che la risoluzione Craxi n. 55 è stata ritirata dai presentatori. Prende altresı̀ atto che è stata chiesta la votazione nominale. La Camera, con votazioni nominali elettroniche, respinge la risoluzione Violante n. 56 ed approva la risoluzione Elio Vito n. 57. PRESIDENTE sospende brevemente la seduta. La seduta, sospesa alle 17,25, è ripresa alle 17,35. PRESIDENZA DEL VICEPRESIDENTE ALFREDO BIONDI Missioni. PRESIDENTE comunica che i deputati complessivamente in missione alla ripresa della seduta sono sessanta. Seguito della discussione del disegno di legge di conversione del decreto-legge n. 25 del 2003: Oneri generali del sistema elettrico (3688). PRESIDENTE passa all’esame dell’articolo unico del disegno di legge di conver- Camera dei Deputati — 19 MARZO 2003 — N. 283 sione e degli emendamenti riferiti agli articoli del decreto-legge ed all’articolo unico del disegno di legge, avvertendo che le Commissioni I e V hanno espresso i prescritti pareri. Informa altresı̀ l’Assemblea che, in relazione al numero di emendamenti presentati, la Presidenza applicherà l’articolo 85-bis del regolamento, procedendo in particolare a votazioni per principi o riassuntive, ai sensi dell’articolo 85, comma 8, ultimo periodo, fermo restando l’ordinario regime delle preclusioni e delle votazioni a scalare: il gruppo di Rifondazione comunista è stato invitato a segnalare gli emendamenti da porre comunque in votazione. MASSIMO CIALENTE, richiamata la necessità di definire una disciplina organica del settore energetico al fine di assicurare una produzione nazionale che soddisfi il reale fabbisogno del Paese, lamenta il carattere frammentario degli interventi normativi attuati in materia. Nel paventare, inoltre, il rischio di un possibile incremento delle tariffe che penalizzerà, in particolare, le piccole e medie imprese, auspica il coinvolgimento delle regioni e degli enti locali nelle determinazioni relative alla realizzazione di nuove centrali od alla loro ubicazione. SALVATORE BUGLIO, rilevato che il decreto-legge in esame non presenta i requisiti di straordinaria necessità ed urgenza di cui all’articolo 77 della Costituzione, paventa le deleterie conseguenze derivanti dalla confusa politica attuata dal Governo per il settore dell’energia. Giudicate inoltre incomprensibili le ragioni per le quali la Commissione non abbia recepito l’emendamento volto a garantire la coincidenza fra il termine di eliminazione degli stranded costs e quello di avvio della cosiddetta borsa elettrica, lamenta il fatto che, in relazione alla realizzazione di nuove centrali elettriche, non si sia tenuto conto dell’accordo raggiunto, il 5 settembre 2002, in seno alla Conferenza unificata. Atti Parlamentari XIV LEGISLATURA — — SOMMARIO — XI SEDUTA DEL BRUNO CAZZARO esprime un orientamento contrario al provvedimento d’urgenza in esame, ritenendo sbagliato il modo frammentario e confuso con il quale il Governo affronta le tematiche connesse al fabbisogno energetico nazionale. Osservato altresı̀ che la strategica questione relativa alla programmazione deve essere definita di concerto con le regioni e gli enti locali, auspica il recepimento di modifiche migliorative del testo del decreto-legge. RUGGERO RUGGERI, osservato che il decreto-legge in esame non presenta il requisito dell’urgenza, con particolare riferimento alle disposizioni concernenti l’istituzione della cosiddetta borsa elettrica, lamenta il fatto che il Governo non persegue una coerente, organica e strategica politica per il settore dell’energia, volta a garantire, in particolare, la copertura del fabbisogno nazionale, in un contesto normativo coerente con la riforma del titolo V della parte seconda della Costituzione. LUIGI GASTALDI, Relatore, invita al ritiro degli emendamenti Polledri 1.6 e Martinelli 1.7 ed esprime parere contrario sui restanti emendamenti riferiti all’articolo 1 del decreto-legge. GIOVANNI DELL’ELCE, Sottosegretario di Stato per le attività produttive, concorda. PRESIDENTE rinvia il seguito del dibattito ad altra seduta. Modifica nella composizione della Commissione parlamentare di inchiesta sull’affare Telekom-Serbia. (Vedi resoconto stenografico pag. 84). Camera dei Deputati — 19 MARZO 2003 — N. 283 Sull’ordine dei lavori. PRESIDENTE avverte che non sono state presentate questioni pregiudiziali e sospensive, ancorché preannunziate in Conferenza dei presidenti di gruppo, sui provvedimenti il cui esame è previsto per la prossima settimana: il relativo punto non sarà pertanto iscritto all’ordine del giorno della seduta di domani. PIERO RUZZANTE chiede un interessamento della Presidenza affinché il Governo fornisca sollecita risposta a tutti gli atti di sindacato ispettivo da lui presentati. PRESIDENTE assicura che riferirà al Presidente della Camera perché interessi il Governo. ENZO RAISI denunzia un grave atto di intimidazione verificatosi nella giornata odierna a Bologna, nel corso di una manifestazione organizzata da un movimento politico di sinistra, che ritiene emblematico del clima di tensione instauratosi nel Paese. PRESIDENTE, sottolineata la gravità dell’episodio richiamato dal deputato Raisi, osserva che il Governo, se lo riterrà, potrà riferire alla Camera in merito agli aspetti che rientrano nella sua competenza. Ordine del giorno della seduta di domani. PRESIDENTE comunica l’ordine del giorno della seduta di domani: Giovedı̀ 20 marzo 2003, alle 9,30. (Vedi resoconto stenografico pag. 86). La seduta termina alle 18,25. Atti Parlamentari — XIV LEGISLATURA — DISCUSSIONI — 1 Camera dei Deputati — SEDUTA DEL 19 MARZO 2003 — N. 283 RESOCONTO STENOGRAFICO PRESIDENZA DEL PRESIDENTE PIER FERDINANDO CASINI La seduta comincia alle 11,35. ANTONIO MAZZOCCHI, Segretario, legge il processo verbale della seduta di ieri. (È approvato). Missioni. PRESIDENTE. Comunico che, ai sensi dell’articolo 46, comma 2, del regolamento, i deputati Angioni, Ricciotti, Stucchi e Zacchera sono in missione a decorrere dalla seduta odierna. Pertanto i deputati complessivamente in missione sono ottantasei, come risulta dall’elenco depositato presso la Presidenza e che sarà pubblicato nell’allegato A al resoconto della seduta odierna. Ulteriori comunicazioni all’Assemblea saranno pubblicate nell’allegato A al resoconto della seduta odierna. Nell’anniversario dell’uccisione del professor Marco Biagi (ore 11,40). PRESIDENTE (Si leva in piedi e con lui l’intera Assemblea ed i membri del Governo). Onorevoli colleghi, un anno fa, a Bologna, il professor Marco Biagi è stato strappato ai suoi cari e al suo impegno dalla follia insensata del terrorismo. Rientrava a casa dalla sua famiglia, dopo un’ennesima, intensa giornata di lavoro. È, forse, la quotidianità dei gesti nei quali si sono consumati gli ultimi attimi della sua esistenza che ce ne rende ancor più vivo il ricordo e più straziante la mancanza. Biagi non è mai stato un uomo di parte, ma sempre e costantemente uomo delle istituzioni. Ha operato al servizio dello Stato e di tutta la collettività e dalla sua attività abbiamo tratto l’insegnamento che il riformismo non è solamente un indirizzo culturale e di pensiero, ma è una pratica quotidiana. È un atteggiamento fatto di pazienza e di costanza, di chiarezza di opinioni e di onestà intellettuale. È la ferma convinzione che la realtà si modifica operando al suo stesso interno, affrontando dei nodi cruciali con serenità e con competenza. La sua è una lezione di civiltà e ad essa l’Italia deve guardare con riconoscenza e con orgoglio. Ad essa dobbiamo tutti riferirci per alimentare il senso della nostra adesione ai valori della libertà e della democrazia, soprattutto nei momenti in cui a quei valori si attenta con la violenza e con lo spargimento del sangue di uomini innocenti. Ad un anno di distanza, la Camera dei deputati rinnova alla moglie Marina, ai figli e a tutta la sua famiglia il commosso, partecipe ricordo di questa Assemblea (Generali applausi, cui si associano i membri del Governo). Grazie, onorevoli colleghi. Tra l’altro, so che il Presidente del Consiglio dei ministri, onorevole Berlusconi, dopo aver reso le sue comunicazioni in quest’aula, si recherà al Senato per la solenne commemorazione del professor Biagi, per poi ritornare successivamente qui alla Camera. Atti Parlamentari XIV LEGISLATURA — — DISCUSSIONI — 2 SEDUTA DEL Comunicazioni del Governo sugli sviluppi della crisi irachena (ore 11,43). PRESIDENTE. L’ordine del giorno reca lo svolgimento di comunicazioni del Governo sugli sviluppi della crisi irachena. Dopo le comunicazioni del Presidente del Consiglio dei ministri, avrà luogo la discussione che si svolgerà secondo le modalità già comunicate ai gruppi. Ricordo che l’intervento del Presidente del Consiglio e, successivamente, le dichiarazioni di voto dei rappresentanti dei gruppi saranno oggetto di ripresa televisiva diretta. La ripartizione dei tempi è pubblicata nel vigente calendario dei lavori (vedi calendario). (Intervento del Presidente del Consiglio dei ministri) PRESIDENTE. Ha facoltà di parlare il Presidente del Consiglio dei ministri, onorevole Silvio Berlusconi. SILVIO BERLUSCONI, Presidente del Consiglio dei ministri. Signor Presidente, onorevoli deputati, come è a tutti noto, il regime iracheno ha violato ripetutamente, nel corso degli ultimi dieci anni, gli ordini di disarmo che le Nazioni Unite gli hanno impartito con numerose risoluzioni. Il problema nasce da circostanze altamente drammatiche. Saddam Hussein non è l’unico autocrate nel mondo a possedere armi di distruzione di massa di tipo chimico, batteriologico e radioattivo. Non è l’unico ad aver lavorato attivamente per un programma nucleare, ma è l’unico ad aver usato quelle armi su larga scala in una lunga storia di aggressività militarista ai danni dei suoi vicini e del suo stesso popolo. La situazione di crisi internazionale generata dall’11 settembre e dalla scelta, in dimensioni fino a ieri impensabili, del terrorismo suicida contro la popolazione civile, contro donne, vecchi e bambini, ha reso necessaria una seria mobilitazione Camera dei Deputati — 19 MARZO 2003 — N. 283 della comunità internazionale per ottenere finalmente, in modo certo, la resa del regime di Bagdad alle regole che presiedono alla sicurezza globale del pianeta. L’ultima di tali risoluzioni per il disarmo, la n. 1441, fu approvata all’unanimità dal Consiglio di Sicurezza nello scorso mese di novembre. Il testo era inequivoco: l’ONU chiedeva un disarmo totale, incondizionato ed immediato e prospettava, in caso contrario, serie conseguenze. Nelle risoluzioni precedenti, che definivano il comportamento del regime iracheno in violazione flagrante degli ordini delle Nazioni Unite, era esplicita la volontà di ricorrere alla forza in caso di inadempienza alle indicazioni del Consiglio di Sicurezza. Dobbiamo giudicare, ora, le evoluzioni della crisi alla luce degli avvenimenti di questi ultimi giorni. Gli alleati hanno rinunciato a mettere ai voti un’ulteriore risoluzione – sarebbe stata la diciassettesima – che avrebbe dato un tempo certo ed ultimativo a Saddam Hussein per disarmare, pena l’inizio di un intervento militare. Hanno rinunciato a farlo dopo quattro mesi e mezzo di affannosi negoziati diplomatici, di lavoro degli ispettori e di sviluppi ambigui della politica irachena. Lo hanno fatto dopo che un paese membro permanente del Consiglio di Sicurezza, la nostra amica ed alleata Francia, aveva legittimamente – tuttavia, a mio parere, sbagliando – annunciato che avrebbe messo il veto (Nella tribuna sovrastante il banco della Presidenza vengono esposte due bandiere della pace – Una voce dai banchi di Alleanza nazionale grida: « Basta ! » – Applausi dei deputati dei gruppi di Rifondazione comunista, Misto-Comunisti italiani e Misto-Verdi-l’Ulivo e di deputati dei gruppi dei Democratici di sinistra-l’Ulivo e della Margherita, DL-l’Ulivo)... PIETRO ARMANI. Fuori ! PRESIDENTE. Prego i commessi di rimuovere immediatamente le bandiere (I commessi ottemperano all’invito del Presidente). Tale esposizione non è accettabile e credo che ciascuno debba assumersi le Atti Parlamentari XIV LEGISLATURA — — DISCUSSIONI — 3 SEDUTA DEL proprie responsabilità. Credo che gli italiani vogliano essere informati sulle nostre opinioni non... MAURA COSSUTTA. Vogliamo la pace (Una voce dai banchi di Alleanza nazionale grida: « Tutti vogliamo la pace ! ») ! PRESIDENTE. Queste sono cose folcloristiche. Credo che noi abbiamo responsabilità ben diverse (Applausi dei deputati dei gruppi di Forza Italia, di Alleanza nazionale e dell’Unione dei democratici cristiani e dei democratici di centro). Mi scusi, onorevole Presidente del Consiglio. SILVIO BERLUSCONI, Presidente del Consiglio dei ministri. Signor Presidente, stavo dicendo che gli alleati hanno ritirato quella che sarebbe stata la diciassettesima risoluzione dopo che la Francia aveva annunciato l’apposizione di un veto ad un’ulteriore risoluzione – cito letteralmente le parole della Francia – in qualunque circostanza. È cosı̀ che si è, purtroppo, chiusa la vicenda diplomatica nella quale l’Italia, che pure non è nel Consiglio di Sicurezza, aveva giocato in modo autorevole e responsabile tutte le sue carte. E le aveva giocate allo scopo di tenere insieme l’alto prestigio e l’efficacia delle Nazioni Unite, la funzionalità e l’operatività politicomilitare della NATO e quel tanto che era possibile realizzare di coesione in un’Unione europea che su questa materia, purtroppo, si è rivelata politicamente divisa. È forte anche per noi il rammarico perché tale obiettivo di pace non si è realizzato. Non è mancato il nostro impegno in una ricerca ampia ed approfondita di soluzioni che potessero scongiurare il ricorso alla forza garantendo però, naturalmente, il disarmo completo dell’Iraq. Lo abbiamo fatto consapevoli della spinta sincera dell’opinione pubblica e sensibili come sempre al richiamo spirituale ed all’alto messaggio del Santo Padre (Commenti dei deputati dei gruppi dei Democratici di sinistra-l’Ulivo, della Margherita, DL-l’Ulivo e Misto-Comunisti italiani). Camera dei Deputati — 19 MARZO 2003 — N. 283 PRESIDENTE. Onorevoli colleghi, vi prego... Prego, onorevole Presidente del Consiglio. SILVIO BERLUSCONI, Presidente del Consiglio dei ministri. Il Governo, che ha la titolarità piena della politica estera, si è mosso in questo sforzo di concerto continuativo con il Presidente della Repubblica, sempre e solo nel solco dei trattati internazionali, nel solco della nostra Costituzione e dell’interesse generale del paese. Sono state sollevate, da alcuni, perplessità circa la legittimità dell’uso della forza per il disarmo dell’Iraq, a seguito del ritiro di un progetto di questa ulteriore risoluzione davanti al Consiglio di Sicurezza. Sono perplessità che impedirebbero, secondo gli esponenti dell’opposizione, non soltanto la partecipazione attiva (situazione che per l’Italia è sempre stata esclusa ed è anche da escludere per il futuro), ma persino il sostegno logistico all’azione militare mediante l’autorizzazione al sorvolo del territorio nazionale e all’uso delle basi militari, che da decenni sono collocate in Italia in applicazione del Patto Atlantico. L’opposizione o gli esponenti dell’opposizione che sollevano tali argomenti chiedono, in altri termini, che l’Italia neghi agli Stati Uniti d’America quel supporto che, ad esempio, già in Europa è stato concesso e continuerà ad essere assicurato dalla Francia e dalla Germania, paesi che dalla sinistra sono stati più volte additati come un modello virtuoso da imitare (Applausi dei deputati dei gruppi di Forza Italia, di Alleanza nazionale, dell’Unione dei democratici cristiani e dei democratici di centro, della Lega nord Padania e Misto-Liberaldemocratici, Repubblicani, Nuovo PSI) ! GABRIELLA PISTONE. Ma che c’è da applaudire ? SILVIO BERLUSCONI, Presidente del Consiglio dei ministri. Soltanto per ricordare qual è la vera situazione, rammento che la Francia (che non ospita basi militari USA) senza dibattito e direi senza Atti Parlamentari XIV LEGISLATURA — — DISCUSSIONI — 4 SEDUTA DEL scandalo alcuno (nemmeno della sinistra francese che è all’opposizione) ha autorizzato il sorvolo di aerei USA per operazioni militari in Iraq, precisando – con le chiare parole del Presidente Chirac – che « ovviamente la Francia non può negare all’alleato USA questo diritto », malgrado la posizione assunta dalla Francia stessa nel Consiglio di Sicurezza. Quanto alla Germania, un minimo debito di informazione mi impone di ricordare che il Cancelliere, pur distaccandosi con nettezza dall’opzione militare, ha già concesso... MARCO FUMAGALLI. C’è l’embargo ! PRESIDENTE. Onorevoli colleghi, vi prego, non è un’Assemblea in cui tutti intervengono quando vogliono, interrompendo ! Ci vuole un po’ di educazione, per cortesia ! Dopodiché sarà la stessa cosa quando parleranno gli altri. Ma non è possibile... ! Le chiedo scusa, Presidente, continui pure. SILVIO BERLUSCONI, Presidente del Consiglio dei ministri. Vorrei sottolineare invece questo comportamento del Cancelliere Schröeder, il quale ha già concesso il transito, nel territorio, di truppe e materiali USA, il sorvolo del territorio e naturalmente l’uso delle basi USA che sono presenti (e sono due basi) nel territorio della Repubblica federale tedesca. È evidente che non solo ragioni politiche (sulle quali conto di tornare più avanti), ma anche importanti argomenti di ordine giuridico sostengono la decisione del Governo sottoposta oggi, per questo profilo, alla decisione del Parlamento. Sono ragioni che dimostrano come, in mancanza di voti contrari del Consiglio di Sicurezza sui vari momenti decisionali riguardanti l’Iraq, le precedenti risoluzioni (dal 1991 al 2002) conservino il loro valore e quindi la loro applicabilità. Il combinato disposto delle risoluzioni n. 678, n. 687 e n. 1441 autorizza e reclama, al di là di ogni dubbio, direi, il disarmo forzoso dell’Iraq. La risoluzione n. 678 del novembre Camera dei Deputati — 19 MARZO 2003 — N. 283 1990, in particolare, autorizzava l’uso della forza per far cessare l’invasione del Kuwait. La successiva risoluzione n. 687 dell’aprile 1991 stabiliva il « cessate il fuoco » e le condizioni per il disarmo iracheno. Da tale risoluzione si desume che ogni violazione da parte dell’Iraq dell’obbligo di distruggere le armi di distruzione di massa avrebbe fatto venir meno le condizioni per il cessate il fuoco e, quindi, avrebbe ripristinato immediatamente l’autorizzazione ad usare la forza contro Saddam Hussein. In effetti questo ripristino vi fu e l’uso della forza avvenne una prima volta già nel gennaio 1993. Su tali raid aerei l’allora Segretario generale dell’ONU, Boutros Ghali, disse letteralmente (cito le sue testuali parole): « Gli attacchi e le forze che li hanno condotti hanno ricevuto un mandato dal Consiglio di Sicurezza secondo la risoluzione n. 678 e la causa degli attacchi è stata la violazione da parte dell’Iraq della risoluzione n. 687 sul cessate il fuoco. Quindi, come Segretario generale dell’ONU, posso affermare che questa azione è conforme con le risoluzioni del Consiglio di Sicurezza e con la Carta dell’ONU ». È da notare che, nei giorni appena precedenti a questa azione del 1993, il Presidente del Consiglio di Sicurezza aveva per ben due volte ammonito il regime iracheno sulle serie conseguenze delle sue inadempienze; è lo stesso, preciso linguaggio usato nella risoluzione n. 1441. A distanza di cinque anni, nello stesso contesto di legittimazione dell’ONU – precisamente nel dicembre del 1998 –, ebbero luogo raid aerei americani, qualche giorno dopo che il capo degli ispettori aveva disposto il loro ritiro dall’Iraq. Allora governava la sinistra e non si levarono grida di scandalo né voci concitate (Applausi dei deputati dei gruppi di Forza Italia, di Alleanza nazionale, dell’Unione dei democratici cristiani e dei democratici di centro, della Lega nord Padania e Misto-Liberal-democratici, Repubblicani, Nuovo PSI). Nella risoluzione n. 1441, infine, molti dimenticano che il presupposto espressa- Atti Parlamentari XIV LEGISLATURA — — DISCUSSIONI — 5 Camera dei Deputati — SEDUTA DEL 19 MARZO 2003 — N. 283 mente citato è la persistenza della violazione materiale della precedente risoluzione n. 687 che impone all’Iraq l’obbligo del disarmo. Questa risoluzione concede soltanto a Bagdad un’ultima opportunità di disarmo pieno ed immediato, con obbligo di cooperazione attiva dell’Iraq con gli ispettori. Queste due condizioni – è pacifico – non si sono verificate, tanto che il 17 marzo – quindi, due giorni fa – il capo degli ispettori ha presentato al Presidente del Consiglio di Sicurezza un lungo elenco di 12 questioni tuttora irrisolte perché non vi è stata cooperazione attiva da parte dell’Iraq e neppure risposta alle molte domande degli ispettori. Dunque, poiché la risoluzione n. 1441 è in vigore e prevede gravi conseguenze in caso di persistente violazione da parte irachena e poiché la stessa risoluzione richiama e riafferma la validità delle risoluzioni n. 678 e n. 687 – che, come ho ricordato, erano state già attivate nel 1993 e nel 1998 –, le condizioni per l’autorizzazione all’uso della forza si sono, oggi, legittimamente determinate. PRESIDENTE. Prego, Presidente Berlusconi. MAURA COSSUTTA. Legittimamente da chi ? PRESIDENTE. Onorevoli colleghi, non è possibile ascoltare un dibattito in questo modo ! Vi prego di avere un minimo di civiltà per far parlare tutti ! Sta parlando il Presidente del Consiglio; poi, si contesterà legittimamente la tesi del Presidente del Consiglio. Ma non è accettabile questo mormorio generale ! SILVIO BERLUSCONI, Presidente del Consiglio dei ministri. Il progetto di nuova risoluzione... (Commenti di deputati dei gruppi dei Democratici di sinistra-l’Ulivo, della Margherita, DL-l’Ulivo, Misto-Comunisti italiani e Misto-Verdi-l’Ulivo). PRESIDENTE. Onorevoli colleghi, si sa che vi sono opinioni diverse. Adesso ascoltiamo le opinioni del Presidente del Consiglio. MAURA COSSUTTA. Ma non legittimamente ! Forse per voi, ma non « legittimamente » ! PRESIDENTE. Onorevole Maura Cossutta, per cortesia, la richiamo all’ordine. PIER PAOLO CENTO. Non si devono raccontare le bugie al Parlamento ! SILVIO BERLUSCONI, Presidente del Consiglio dei ministri. Voglio insistere, quindi, nel ricordare che il progetto di una nuova risoluzione tendeva non ad incidere sul principio dell’autorizzazione al disarmo forzoso (Commenti di deputati dei gruppi dei Democratici di sinistra-l’Ulivo, della Margherita, DL-l’Ulivo, Misto-Comunisti italiani e Misto-Verdi-l’Ulivo), che è già un principio chiaramente affermato, ma soltanto a fissare un termine ultimativo. E questo si evince senza possibilità di... PIER PAOLO CENTO. Devi dire la verità al Parlamento ! La verità ! La verità ! PRESIDENTE. Onorevoli colleghi, vi prego ! SILVIO BERLUSCONI, Presidente del Consiglio dei ministri. ...dal testo della risoluzione stessa, a conferma questo dello strenuo sforzo politico (Commenti)... MAURA COSSUTTA. Infatti, non è possibile ! PRESIDENTE. Presidente Berlusconi, la prego di continuare. SILVIO BERLUSCONI, Presidente del Consiglio dei ministri. Mi pare quindi chiaro che c’è stato uno sforzo continuativo per arrivare ad una soluzione pacifica. È evidente del resto che non fissare alcuna data finale sarebbe equivalso a garantire all’Iraq molti anni ancora di Atti Parlamentari XIV LEGISLATURA — — DISCUSSIONI — 6 SEDUTA DEL violazione e di elusione delle sedici risoluzioni dell’ONU intervenute dal 1991 sino ad oggi. Mi sono a lungo soffermato sugli aspetti giuridici della decisione che il Governo intende assumere dopo il voto del Parlamento, soltanto per evitare che di una non fondata questione sulla legittimità dell’uso della forza si cerchi di fare, da parte dell’opposizione, un caso strumentale (Commenti dei deputati dei gruppi dei Democratici di sinistra-l’Ulivo, di Rifondazione comunista e Misto-Comunisti italiani), per evitare cioè che la questione giuridica nasconda la difficoltà di questa sinistra di ammettere... MAURA COSSUTTA. È la Costituzione ! PRESIDENTE. Onorevole Maura Cossutta, la prego ! La richiamo all’ordine ! BASILIO CATANOSO. Mandala fuori ! La deve buttare fuori ! PRESIDENTE. Non è possibile intervenire in questo modo ! Scusate, ci vuole anche il rispetto di ascoltare gli altri. Ciascuno parlerà. Onorevoli colleghi, vi prego. Non è che ciascuno si fa la giustizia da sé. C’è il Presidente che sta richiamando all’ordine. STEFANO LOSURDO. Buttala fuori ! PRESIDENTE. Onorevole Losurdo, richiamo anche lei esattamente come l’onorevole Maura Cossutta. Stia zitto, per cortesia (Vive proteste dei deputati del gruppo di Alleanza nazionale) ! Prego, signor Presidente del Consiglio. SILVIO BERLUSCONI, Presidente del Consiglio dei ministri. Volevo soltanto sottolineare che con gli argomenti della politica non si può chiedere al Governo di mettere in discussione l’Alleanza Atlantica (Vivi, prolungati applausi dei deputati dei gruppi di Forza Italia, di Alleanza nazionale, dell’Unione dei democratici cristiani e dei democratici di centro, della Lega nord Camera dei Deputati — 19 MARZO 2003 — N. 283 Padania e Misto-Liberal-democratici, Repubblicani, Nuovo PSI – Applausi polemici del deputato Maura Cossutta). MAURA COSSUTTA. Guardi loro, Presidente ! PRESIDENTE. Onorevole Maura Cossutta, gli applausi sono consentiti o c’è un regolamento che li vieta ? Io non lo so ! Capisco ! Non c’è ancora un regolamento che vieti gli applausi ! Dai tempi di De Gasperi in poi, i Presidenti del Consiglio sono stati applauditi quando lo si è ritenuto opportuno. Insomma, cerchiamo di non tenere il senso della misura (Applausi dei deputati del gruppo di Alleanza nazionale – Applausi polemici del deputato Maura Cossutta). KATIA BELLILLO. Ed il dissenso come si esprime ? PRESIDENTE. Non è che si possa rimproverare un applauso al Presidente della Camera. KATIA BELLILLO. Presidente, ci faccia esprimere il dissenso ! C’è chi si esprime con gli applausi e chi... PRESIDENTE. Onorevoli colleghi, vi prego ! Prego, signor Presidente. SILVIO BERLUSCONI, Presidente del Consiglio dei ministri. Signor Presidente, capisco bene che fa parte delle cose politiche che l’opposizione accusi di tutto il Governo: che accusi il Governo di avventurismo, se il Governo procede con decisione; che accusi il Governo di ambiguità politica, quando il Governo procede con prudenza e senza fare strepito (Vivi commenti dei deputati dei gruppi dei Democratici di sinistra-l’Ulivo e Misto-Comunisti italiani). È successo anche in quest’occasione, anche stavolta. E se l’opposizione me lo consente, rilevo che è mancato finora al centrosinistra quel senso della realtà e delle esigenze della diplomazia (Vivi commenti dei deputati dei gruppi dei Democratici di sinistra-l’Ulivo e Misto-Co- Atti Parlamentari XIV LEGISLATURA — — DISCUSSIONI — 7 SEDUTA DEL munisti italiani – Prolungati applausi dei deputati dei gruppi di Forza Italia, di Alleanza nazionale, dell’Unione dei democratici cristiani e dei democratici di centro e della Lega nord Padania) in tempo di crisi. State dimostrando che vi manca quel senso della realtà e della democrazia che abbiamo dimostrato noi, quando eravamo minoranza in questo Parlamento (Vive proteste dei deputati dei gruppi dei Democratici di sinistra-l’Ulivo e della Margherita, DL-l’Ulivo – Vivissimi, prolungati applausi dei deputati dei gruppi di Forza Italia, di Alleanza nazionale, dell’Unione dei democratici cristiani e dei democratici di centro e della Lega nord Padania – I deputati dei gruppi di Forza Italia, di Alleanza nazionale, dell’Unione dei democratici cristiani e dei democratici di centro e della lega nord Padania si levano in piedi – Dai banchi dei deputati dei gruppi di Democratici di sinistra-l’Ulivo, della Margherita, DL-l’Ulivo, di Rifondazione comunista, Misto-Comunisti italiani e Misto-Verdi-l’Ulivo si scandisce: « Pace ! Pace ! Pace ! ») ! PRESIDENTE. Onorevoli colleghi, va bene ! Grazie ! Grazie ! Signor Presidente del Consiglio... SILVIO BERLUSCONI, Presidente del Consiglio dei ministri. Mi spiace, ma devo riportare i fatti. GIOVANNI RUSSO SPENA. Buffone ! PRESIDENTE. Onorevoli colleghi ... SILVIO BERLUSCONI, Presidente del Consiglio dei ministri. L’Italia partecipò nel 1999 alla guerra senza un’esplicita autorizzazione da parte dell’ONU. Ma la liberazione della Serbia da un tiranno come Slobodan Milosevic era una scelta giusta e noi la appoggiammo perché pensavamo e pensiamo che la funzione dell’opposizione sia quella di partecipare al conflitto politico con un alto senso dello Stato e che l’interesse nazionale venga prima della scelta ispirata... Camera dei Deputati — 19 MARZO 2003 — N. 283 MARCELLA LUCIDI. Parla della guerra ! PRESIDENTE. prego. Onorevole Lucidi, la ANDREA MARTELLA. Bossi ! SILVIO BERLUSCONI, Presidente del Consiglio dei ministri. ...a un interesse particolare o, come state dimostrando, a pura demagogia (Applausi dei deputati dei gruppi di Forza Italia, di Alleanza nazionale, dell’Unione dei democratici cristiani e dei democratici di centro, della Lega nord Padania e del Misto-Liberal-democratici, Repubblicani, Nuovo PSI) ! Sono convinto che, se voleste fare altrettanto, fareste solo l’interesse del paese (Applausi dei deputati dei gruppi di Forza Italia e di Alleanza nazionale). Tuttavia, la crisi irachena ormai si pone in termini nuovi. Gli alleati hanno ingiunto al dittatore, dopo prove di pazienza durate 12 lunghi anni (Commenti dei deputati dei gruppi dei Democratici di sinistra-l’Ulivo, di Rifondazione comunista, Misto-Verdi-l’Ulivo e Misto-Comunisti italiani)... PRESIDENTE. Onorevoli colleghi, vi prego. SILVIO BERLUSCONI, Presidente del Consiglio dei ministri. ...Se 12 lunghi anni non sono pazienza, non so quale periodo possa essere okay. Hanno chiesto al dittatore di dimettersi e di lasciare il paese con la sua corte, garantendogli una speciale immunità, unica possibilità ormai per scongiurare il ricorso alla forza. La probabilità che si arrivi all’intervento armato è ormai obiettivamente molto alta (Commenti dei deputati del gruppo dei Democratici di sinistra-l’Ulivo, di Rifondazione comunista, Misto-Verdi-l’Ulivo e Misto-Comunisti italiani): è scaduto l’ultimo invito. Noi siamo, lo ripeto, addolorati di questo esito e conserviamo (Commenti dei deputati dei gruppi dei Democratici di sinistral’Ulivo, di Rifondazione comunista, Misto- Atti Parlamentari XIV LEGISLATURA — — DISCUSSIONI — 8 SEDUTA DEL Verdi-l’Ulivo e Misto-Comunisti italiani) ... Non si può continuare a fare strame della verità, signori della sinistra ! TITTI DE SIMONE. Infatti ! PRESIDENTE. Onorevoli colleghi, vi prego. SILVIO BERLUSCONI, Presidente del Consiglio dei ministri. Conserviamo ancora, conserviamo ancora nel cuore la speranza che una resipiscenza dell’ultima ora possa cambiare il corso delle cose (Applausi dei deputati dei gruppi di Forza Italia e di Alleanza nazionale). Siamo anche consapevoli del fatto che istituzioni multilaterali importanti della nostra storia, a partire dalle Nazioni Unite, hanno sofferto questa crisi e non hanno saputo comporre le divergenze ed è a questo proposito che io avevo definito nefasta un’azione unilaterale da parte degli Stati Uniti per le conseguenze che questo avrebbe comportato sulla credibilità delle Nazioni Unite, sull’amicizia transatlantica, sulla stessa unità dell’Unione Europea. Pensiamo che l’Unione europea, come ha detto il Presidente della Commissione di Bruxelles, debba trarre una lezione impegnativa dai fatti e, prima di ogni altra cosa, dalla sua incapacità di presentare una posizione unitaria, chiara e autorevole, sulla scena internazionale (Commenti – I deputati Cento e Bulgarelli abbandonano l’aula). Naturalmente... PRESIDENTE. Onorevoli colleghi, vi prego, non è possibile continuare in questo modo. Onestamente, non è neanche uno spettacolo decente. Sta parlando il Presidente del Consiglio, ci sono stati applausi e contestazioni, ma adesso lasciamo finire l’intervento perché non siamo in condizione di procedere con un minimo di... SALVATORE BUGLIO. Lui è un imbroglione ! PRESIDENTE. Onorevole collega, ognuno può esprimersi qui dentro come ritiene doveroso fare, nella posizione in Camera dei Deputati — 19 MARZO 2003 — N. 283 cui è. Il Presidente del Consiglio sta esprimendo le sue opinioni. Io ho il diritto di garantirglielo... ho il dovere di garantirglielo ! Signor Presidente del Consiglio, continui pure, le chiedo scusa. SILVIO BERLUSCONI, Presidente del Consiglio dei ministri. Naturalmente, siamo sin da ora impegnati, speravamo e speriamo con un atteggiamento di collaborazione dell’opposizione, a fare del nostro meglio per trovare soluzioni adeguate alla crisi nel corso del semestre italiano di Presidenza europea che si apre il prossimo mese di luglio. In particolare, gli obiettivi per i quali, pur nella difficoltà del momento, è sin d’ora possibile cercare – e lo credo davvero – di ritrovare già nel Consiglio europeo di domani a Bruxelles l’unità dell’Europa sono la conferma dell’impegno comune per la lotta al terrorismo e contro ogni forma di proliferazione delle armi di distruzione di massa, il rilancio del vincolo di amicizia e di cooperazione euroatlantica, l’impegno – anzitutto sotto l’egida dell’ONU e dell’Unione europea – a costituire in Iraq condizioni umane, politiche, sociali ed economiche di prosperità per il popolo iracheno e, infine, la forte e determinata accelerazione di un’iniziativa che porti alla ripresa di pace del processo per il Medio Oriente. Negoziati che abbiamo sempre sollecitato, che in ogni occasione internazionale non abbiamo mai mancato di sostenere e che sosterremo anche domani con forza nel Consiglio europeo. Abbiamo rivolto un doppio appello ai nostri amici ed alleati americani, anche da questi banchi, l’ultima volta che abbiamo discusso in quest’aula della politica estera italiana. Avevamo detto loro di non coltivare la solitudine perché il capolavoro della diplomazia occidentale dopo l’11 settembre era stato la costruzione di una grande alleanza mondiale contro il terrorismo, un’alleanza che resta e deve restare pienamente in vigore anche al di là di ogni contrasto sulla guerra in Iraq. Atti Parlamentari XIV LEGISLATURA — — DISCUSSIONI — 9 SEDUTA DEL Ma avevamo anche promesso loro che non li avremmo lasciati soli nella lotta contro il terrorismo internazionale, le sue cause e i suoi effetti, e fra questi la proliferazione delle armi di distruzione di massa. Il Parlamento è, dunque, oggi impegnato a ragionare e a discutere responsabilmente intorno ad una questione diversa da quella che abbiamo dibattuto nelle passate sessioni dedicate alla crisi. Non è più in gioco la via al disarmo iracheno, ma la chiara collocazione del nostro paese rispetto al conflitto che oppone alcune grandi democrazie nostre alleate... MARCO RIZZO. Ma con l’ONU ! SILVIO BERLUSCONI, Presidente del Consiglio dei ministri. ...ad un sanguinario tiranno che ha sfidato la legge e l’ordine internazionale (Applausi di deputati del gruppo di Forza Italia). È in gioco la scelta tra chi ha, storicamente ed eroicamente, testimoniato un impegno per la libertà degli uomini e chi ha trasformato il suo paese in una camera di tortura e di eliminazione degli avversari (Applausi dei deputati dei gruppi di Forza Italia, di Alleanza nazionale, dell’Unione dei democratici cristiani e dei democratici di centro e di deputati del gruppo della Lega nord Padania). È in gioco il nostro sostegno aperto ad un paese che ha subito il terrorismo e vuole combatterlo estendendo nel mondo il perimetro delle libertà. GABRIELLA PISTONE. Scatenando la guerra nel mondo ! PRESIDENTE. Onorevole Pistone... SILVIO BERLUSCONI, Presidente del Consiglio dei ministri. Sono certo di poter ritenere che il Parlamento italiano e il paese, condividendo la proposta del Governo,... NICHI VENDOLA. Il paese no ! Camera dei Deputati — 19 MARZO 2003 — N. 283 SILVIO BERLUSCONI, Presidente del Consiglio dei ministri. ... sapranno scegliere... MAURA COSSUTTA. Il paese no ! PRESIDENTE. ma... Onorevole Cossutta... SILVIO BERLUSCONI, Presidente del Consiglio dei ministri. ...in coerenza con cinquant’anni di storia democratica e repubblicana, cinquant’anni di una politica estera di pace, europea ed atlantica. ALFONSO PECORARO SCANIO. Bravo ! SILVIO BERLUSCONI, Presidente del Consiglio dei ministri. L’Italia non parteciperà direttamente alle operazioni militari, non invierà perciò in Iraq né uomini né mezzi, come sin dall’inizio ho dichiarato pubblicamente e ho detto con franchezza e con lealtà agli amici americani, dalla prima conversazione con il Presidente americano George Bush (Applausi dei deputati dei gruppi di Forza Italia, di Alleanza nazionale e dell’Unione dei democratici cristiani e dei democratici di centro). Non siamo, dunque, una nazione belligerante (Applausi di deputati del gruppo di Forza Italia) ! L’Italia è, del resto, già seriamente impegnata con i suoi soldati su altri fronti della sicurezza e della pace, dai Balcani all’Afghanistan. L’Italia, fedele alla linea che ha ispirato i precedenti accordi internazionali, anche oggi concederà l’uso del nostro spazio aereo e delle basi militari sul nostro territorio. KATIA BELLILLO. Questa che cos’è se non guerra ! SILVIO BERLUSCONI, Presidente del Consiglio dei ministri. Lo concederà non per attacchi militari che partano da queste basi. Lo hanno fatto e lo faranno (Commenti dei deputati del gruppo Misto-Comunisti italiani)... Atti Parlamentari XIV LEGISLATURA — — DISCUSSIONI — 10 SEDUTA DEL PRESIDENTE. Onorevoli colleghi, mi sembra davvero... SILVIO BERLUSCONI, Presidente del Consiglio dei ministri. ...anche le democrazie europee che hanno contrastato, perfino annunciando un voto contrario o addirittura un veto al Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite. Come ho già ricordato, la Francia, il Belgio, la Germania, oltre all’Olanda, alla Danimarca ed ovviamente alla Spagna (Commenti dei deputati del gruppo dei Democratici di sinistra-l’Ulivo), hanno chiaramente concesso, a sostegno dell’azione angloamericana, l’autorizzazione all’uso delle proprie basi militari e il diritto di sorvolo. Sarebbe una farsa tragica se l’Italia facesse una scelta contraria all’interesse nazionale, all’interesse dell’Europa ed ai valori intangibili che ci uniscono ai nostri storici alleati, al di là della Manica e al di là dell’oceano (Applausi dei deputati dei gruppi di Forza Italia, di Alleanza nazionale, dell’Unione dei democratici cristiani e dei democratici di centro e della Lega nord Padania). MAURA COSSUTTA. Al di là della Costituzione. SILVIO BERLUSCONI, Presidente del Consiglio dei ministri. È inutile sottolineare la gravità di un atto di diniego che significherebbe un vero e proprio contrasto all’azione degli alleati nei confronti del tiranno iracheno. In questo senso, il Governo, sin dall’inizio ed in ogni occasione, ha fatto per intero, con coerenza, con trasparenza e con limpidezza, la sua parte. Lo abbiamo fatto, lavorando con dedizione totale, con decisione ed anche con prudenza. Continueremo a farlo – ne sono sicuro – con il sostegno e la fiducia del Parlamento repubblicano. Vi ringrazio (Vivi, prolungati applausi dei deputati dei gruppi di Forza Italia, di Alleanza nazionale, dell’Unione dei democratici cristiani e dei democratici di centro e della Lega nord Padania – I deputati dei gruppi di Forza Italia e di Alleanza nazionale si levano in piedi – I deputati dei gruppi dei Democra- Camera dei Deputati — 19 MARZO 2003 — N. 283 tici di sinistra-l’Ulivo e Misto-Comunisti italiani scandiscono: « Pace, Pace, Pace ! »). (Discussione) PRESIDENTE. Grazie, onorevole Presidente. Dichiaro aperta la discussione sulle comunicazioni del Governo. Onorevoli colleghi, sapete come è organizzato il dibattito odierno. Adesso interverranno i deputati iscritti a parlare nella discussione in ordine crescente e, successivamente, coloro che svolgeranno le dichiarazioni di voto. Vorrei dire ai gruppi ciò che ho messo per iscritto nella giornata di ieri: non tollererò un uso dei tempi oltre quello stabilito e, pertanto, mi dispiace se interromperò, allo scadere dei dieci minuti senza tolleranza, gli oratori. Lo dico fin da adesso, non faccio torto ad alcuno e spero... PIERO RUZZANTE. Il Governo ha parlato più del tempo. PRESIDENTE. Il Governo è intervenuto esattamente entro il termine di 30 minuti che gli era stato assegnato. Oltretutto, scusatemi, onorevoli colleghi, devo dire che, nell’illustrazione della posizione del Governo in Parlamento, qualche difficoltà vi è stata... MAURA COSSUTTA. Era complicato ! PRESIDENTE. ...perché il Presidente del Consiglio è stato interrotto almeno una decina di volte. È iscritto a parlare l’onorevole Collè che ha a disposizione cinque minuti di tempo. Ne ha facoltà. IVO COLLÈ. Signor Presidente, onorevoli colleghi, a nome mio, dei colleghi delle minoranze linguistiche e delle comunità che rappresentiamo, esprimo tutta l’amarezza e la preoccupazione per il precipitare della crisi irachena. Atti Parlamentari XIV LEGISLATURA — — DISCUSSIONI — 11 SEDUTA DEL PRESIDENTE. Onorevoli colleghi, chi esce dall’aula lo faccia in silenzio, a passi felpati. Prego onorevole Collè. IVO COLLÈ. In sole quattro settimane, è arrivata la decisione di questa guerra ormai inevitabile, decisione unilaterale degli Stati Uniti, al di fuori ed al di sopra delle istituzioni internazionali, delle Nazioni Unite, dell’Unione europea e dell’Alleanza Atlantica. Un mese fa, il vertice straordinario dei Capi di Stato e di Governo dell’Unione poneva come condizione per la risoluzione della crisi irachena la centralità del ruolo delle Nazioni Unite quale centro dell’ordine internazionale. Definiva la guerra non inevitabile e l’eventuale ricorso all’uso della forza solo come ultima risorsa. Forse, nonostante il tempo trascorso ed il lavoro di tutte le diplomazie fino a quella vaticana, questa decisione era già presa e non vi era alcuna volontà di rimetterla in discussione. Non si sono perseguite con la necessaria determinazione le alternative all’uso della forza quali, ad esempio, l’esilio del dittatore iracheno. Tutti da sempre concordano sulla necessità di disarmare Saddam Hussein: le divisioni nascono su come disarmare Saddam Hussein. Oggi gli Stati Uniti d’America, unilateralmente, hanno adottato questa decisione. Il problema è capire quali siano per il nostro paese gli obblighi derivanti dalla partecipazione alle istituzioni internazionali ed ai trattati bilaterali. Prima di tutto, credo non si possa non condannare l’atteggiamento ed il comportamento degli Stati Uniti d’America. È veramente inevitabile oggi la guerra ? È solo un problema di sicurezza o vi sono altri aspetti legati al petrolio ed al Medio Oriente ? È positivo andare avanti ad ogni costo di fronte a profonde divisioni nel contesto delle Nazione Unite, cosı̀ come in Europa ? Il rischio immediato di atti di terrorismo o l’utilizzo di armi di distruzione di massa è veramente cosı̀ elevato ? Purtroppo non c’è più tempo per dare risposte a questi interrogativi. La decisione è presa ! Camera dei Deputati — 19 MARZO 2003 — N. 283 Credo che il Parlamento debba ribadire un « no » forte ed incondizionato alla partecipazione diretta dell’Italia a questa azione militare. Non esiste alcun presupposto. È difficile valutare la concessione delle basi e dello spazio aereo. I trattati internazionali sono stati scritti cinquant’anni fa. Ciò comporta qualche difficoltà di interpretazione di fronte alla situazione attuale. Ovviamente, in quel contesto storico i riferimenti erano all’attacco armato e si parlava di guerra difensiva. Bisogna determinare quale sia il confine della definizione di guerra difensiva di fronte ai rischi connessi agli atti di terrorismo o all’utilizzo di armi di distruzione di massa. PRESIDENZA DEL VICEPRESIDENTE FABIO MUSSI (ore 12,20) IVO COLLÈ. Oggi queste valutazioni, già estremamente delicate, sono rese ancor più difficile dal fatto che si affrontano in un contesto di forte divisione e spaccature. Partendo dalla unilateralità della decisione al di fuori delle istituzioni internazionali, riteniamo non possa in queste condizioni essere concesso l’uso delle basi dello spazio aereo. Non vogliamo che questa posizione venga letta come un sostegno o come una difesa del regime di Saddam Hussein, ma chiediamo che si persegua ancora oggi la possibilità, sia pure esigua, di rinviare questo attacco per giungere a conclusioni condivise in ambito internazionale (Applausi dei deputati del gruppo Misto-Minoranze linguistiche). PRESIDENTE. È iscritta a parlare l’onorevole Moroni. Ne ha facoltà. CHIARA MORONI. Signor Presidente, onorevoli colleghi, in queste ore tutti noi siamo di fronte ad una scelta difficile, sofferta ed impegnativa che, senza retorica, sappiamo essere destinata ad avere profonde ripercussioni nella vita del nostro paese e dell’intera comunità internazionale. Atti Parlamentari XIV LEGISLATURA — — DISCUSSIONI — 12 SEDUTA DEL Il dibattito di oggi ed il confronto serrato cui stiamo partecipando non possono non andare oltre le tradizionali divisioni di parte e le logiche di schieramento, che non possono vincolare la responsabilità che abbiamo di fronte a noi stessi e all’intero paese e forse mai come oggi è necessaria una responsabilizzazione collettiva che ci aiuti a superare divisioni che di fronte alla situazione attuale non hanno motivo di esistere. Per questo, come da più parti è stato ed è richiamato, ritengo che sarebbe auspicabile un approccio bipartisan, come del resto avvenne in occasione dell’intervento in Kosovo. Gli sviluppi che abbiamo di fronte rappresentano una fase delicatissima nel riassetto degli equilibri internazionali e nei rapporti fra gli Stati; l’intero scenario geopolitico mondiale è in discussione. In questo quadro si inserisce lo sviluppo ed il prossimo futuro della nascente Europa, un soggetto in via di formazione che è destinato a divenire un importante realtà politica che dovrà essere in grado di acquisire la necessaria autorevolezza nei rapporti internazionali. Per questa ragione, dovrà assumere una sempre crescente capacità decisionale, in grado di riassumere le differenze tra i suoi vari componenti. In questo senso, il nostro paese ha il dovere di assumere un ruolo determinato e consapevole. Lo sviluppo di un’Europa capace di parlare con una sola voce non è in contraddizione, anzi, non può prescindere, da un saldo rapporto con gli Stati Uniti d’America. Questa è una realtà che è fondamentale non dimenticare. Riconoscere questo dato di fatto non implica nessun tipo di sudditanza né tanto meno svilisce il ruolo della comunità internazionale. Al contrario, tale consapevolezza non può che responsabilizzare il nostro paese a rilanciare nello scacchiere internazionale un ruolo autorevole degli organismi sovranazionali, a partire dall’ONU, il cui indebolimento è da rintracciare in una prevalente quanto tradizionale visione nazionalistica di soggetti che dovrebbero invece Camera dei Deputati — 19 MARZO 2003 — N. 283 cominciare a reimpostare i propri rapporti su una visione di carattere globale e solidale. In questo quadro, non possono essere dimenticati né tanto meno sottovalutati cinquant’anni di coerente politica atlantica del nostro paese che, di per se stessa, quando giustamente interpretata, non ha mai comportato alcuno svilimento della nostra sovranità e della nostra dignità nazionale. Né oggi si può concedere ad alcuno di identificare nella scelta atlantica del nostro paese alcuna volontà e propensione bellicistica: sarebbe una strumentalizzazione ideologica, figlia di vecchie logiche superate dalla storia. In questo senso, credo vadano ricordate le parole di Clinton, che ha rimarcato come solo un’unica e credibile minaccia di guerra portata a Saddam, contemporaneamente, da tutta la comunità internazionale avrebbe potuto indurre il dittatore iracheno a rivedere i suoi piani. In questa ottica, sarebbe altrettanto opportuno riflettere sulle parole del Primo ministro britannico, il laburista Tony Blair, che ha ricordato a tutti noi che oggi è in discussione molto più del disarmo di Saddam Hussein: oggi si sta determinando il modo in cui il mondo si confronterà nei prossimi anni con la minaccia terroristica, la grande minaccia del XXI secolo. È in gioco lo sviluppo e il futuro delle Nazioni Unite, è in discussione il rapporto tra Europa e Stati Uniti, sono in discussione le future relazioni in seno all’Unione europea. È dunque l’intera architettura dei futuri rapporti internazionali del mondo che verrà ad essere messa in discussione, non possiamo e non dobbiamo dimenticarlo. In tutti noi continua a prevalere l’idea di continuare a coltivare un’immagine di rapporti internazionali improntata sul negoziato, sui valori del diritto inviolabile, sulla giustizia, l’equità ed il rispetto. Questo sentimento accomuna tutta la comunità internazionale. Oggi però ci troviamo, nostro malgrado, in una situazione in cui, nonostante i reiterati appelli, le pressioni per un disarmo pacifico non hanno avuto esito. Atti Parlamentari XIV LEGISLATURA — — DISCUSSIONI — 13 SEDUTA DEL Siamo dunque di fronte alla necessità di una scelta, per la quale non è comunque sostenibile una posizione di equidistanza tra gli Stati Uniti e Saddam Hussein: non può esserci in alcun modo equidistanza tra democrazia e dittatura. L’auspicio è che il nostro paese possa spingere l’Europa nel perseguimento di un’azione comune, capace di costruire a livello multipolare le condizioni di un adeguato funzionamento delle entità sovranazionali, sempre e comunque nel rispetto delle diversità e delle molteplicità, ma capace di un’azione sempre più efficace e coordinata. Il nostro paese può e deve impegnarsi con coerenza per recuperare e superare il grave strappo che si sta consumando nell’architettura multilaterale costruita in questi anni. Pesa dunque oggi, su questo Parlamento, una grave responsabilità. La scelta è indubbiamente sofferta, difficile e certamente siamo tutti consapevoli che è destinata ad avere conseguenze sulla nostra vita e su quella delle prossime generazioni. Superando divisioni di parte e sterili contrapposizioni, questo Parlamento è chiamato ad assumersi una grave responsabilità e potrà farlo se saprà saldare, in un momento cosı̀ difficile, il senso di appartenenza alla propria comunità e se sapremo valorizzare il nostro attaccamento alla libertà, ricordando che non esiste e non può esistere pace senza libertà. Per tutte queste ragioni, non mancherà oggi, in questo momento delicato, il sostegno dei socialisti alle posizioni espresse dal Governo (Applausi dei deputati del gruppo Misto-Liberal-democratici, Repubblicani, Nuovo PSI e di deputati del gruppo della Lega nord Padania). PRESIDENTE. È iscritta a parlare l’onorevole Mazzuca Poggiolini. Ne ha facoltà. CARLA MAZZUCA POGGIOLINI. Signor Presidente, ho ascoltato con attenzione le parole pronunciate dal Presidente del Consiglio e condivido con lui la speranza, sottile, molto tenue, che ancora oggi, a poche ore, si possa addivenire ad Camera dei Deputati — 19 MARZO 2003 — N. 283 una soluzione pacifica della profondissima crisi che vede impegnato, in questo momento, tutto il mondo. Ho pensato, insieme a tanti altri, che il pressing americano rispondesse al seguente detto latino di alcune migliaia di anni fa: si vis pacem para bellum, ossia se tu vuoi la pace digrigna i denti, fai vedere quanto sei pronto a fare la guerra. Credo che tutto ciò che è accaduto e che sta accadendo abbia ancora, nonostante tutto, questo obiettivo. Tuttavia, il redde rationem – la resa dei conti con Saddam Hussein –, di fatto, è già cominciato. È cominciato forse tardi, troppo tardi, rispetto alla scadenza delle 16 risoluzioni del Consiglio di sicurezza dell’ONU e anche rispetto all’immenso dolore che ha visto, non solo gli Stati Uniti, ma anche tutto il mondo occidentale – direi il mondo intero – soffrire per l’attentato cruento, proditorio, vigliacco nei confronti delle due torri e delle tremila persone che sono morte in quella circostanza. Dobbiamo, quindi, constatare con realismo che questo pressing non è servito, fino ad ora, a smuovere il dittatore iracheno dal suo nefasto potere sanguinario, cosı̀ come non sono servite fino ad oggi le pressioni della Lega araba e neanche quelle di Pannella e dei trecento parlamentari – tra cui io stessa, tra i primi – per indurlo all’esilio. Non sono servite le perplessità degli alleati, di tanti alleati, e dell’ONU a indurre gli Stati Uniti d’America a procrastinare ulteriormente l’inizio dell’attacco militare; un attacco militare unilaterale – se cosı̀ sarà in queste prossime ore – che ha rinunciato a quest’ulteriore risoluzione che forse, Presidente Berlusconi, sarebbe stata inutile e contraddittoria e che avrebbe impoverito le risoluzioni precedenti che già contengono tutta, e tutta intera, la condanna, da parte della comunità internazionale, rispetto ai delitti compiuti dal dittatore sanguinario di Bagdad. Però, forse sarebbe stata utile a definire un tempo nel quale la diplomazia avrebbe potuto ancora esplicare il suo mandato. Questa decisione, dunque, vede contrari larghissimi strati dell’opinione pubblica Atti Parlamentari XIV LEGISLATURA — — DISCUSSIONI — 14 SEDUTA DEL negli Stati Uniti e nell’Inghilterra (la cui maggioranza, da poco, ha votato il sostegno al Primo ministro Blair), tanti paesi d’Europa e del mondo, la nostra opposizione, il Papa, naturalmente, e noi dell’UDEUR. Oggi, dovremmo votare l’impegno dell’Italia per la messa a disposizione del proprio spazio aereo e delle proprie basi a favore degli alleati impegnati in quest’azione; un’azione che se non si può definire strettamente di polizia internazionale nasce, in ogni caso, in stretto rapporto con le violenze, con gli assassini, con il sangue ed i crimini compiuti dal rais di Bagdad. Ma è anche un’azione di guerra, giacché vuole abbattere un regime – pessimo, ma in ogni caso un regime – tramite un’azione militare. Quindi, l’impegno di fornire sorvolo e basi militari, che, di fatto, il Governo italiano ha già indebitamente assicurato (questo è stato un vulnus per questo Parlamento), crea forti perplessità nell’opposizione tutta, ma sono sicura anche in taluni settori della maggioranza, alcuni settori che, capeggiati dal senatore a vita Francesco Cossiga, eccepiscono la contrarietà costituzionale alla guerra, estesa finanche alle disponibilità delle nostre basi, cosı̀ come dice o comunque come cosı̀ come viene interpretato l’articolo 11 della nostra Costituzione. D’altra parte – ed io non posso non prenderne atto – esistono vincoli forti, radici profonde con gli Stati Uniti e vincoli di alleanza che, da un certo punto di vista, vivono e possono vivere anche di vita propria. Essi permangono probabilmente anche a prescindere dalla copertura che l’ONU può assicurare o meno ad azioni di questo genere (è una mia posizione personale; me lo chiedo ed è un mio dubbio profondo). Sappiamo com’è costituita l’ONU, sappiamo della maggioranza di paesi non democratici che esistono nel massimo consesso delle Nazioni Unite e stiamo parlando da un tempo immemorabile di una riforma del Consiglio di Sicurezza. Dobbiamo, quindi, chiederci quale valore abbia la democrazia e se tale valore della democrazia valga sempre e comun- Camera dei Deputati — 19 MARZO 2003 — N. 283 que o se, per esempio, i regimi democratici all’interno dell’ONU abbiano un valore minore, inferiore rispetto ai regime dittatoriali e, comunque, non democratici. Chiedo se si imponga – e, personalmente, sono convinta di sı̀ – un dovere di lealtà nei confronti dello storico alleato americano che, tuttavia, ha sbagliato nel procedere unilateralmente in quest’azione e ad accontentarsi dell’appoggio solo di una parte di quell’Unione europea che con grande fatica stiamo cercando di costruire e che ha subito un vulnus dalla spaccatura in atto. Credo che tutti, tutti qui dentro, siamo per la pace. Sono anche convinta, però, che sia opportuna la specificazione, che ha fatto il Presidente del Consiglio e che è nella nostra risoluzione, secondo la quale l’uso delle basi militari sul nostro territorio ed il sorvolo del nostro spazio aereo da parte degli aerei americani possono essere consentiti, purché non si tratti di attacchi che partano, appunto, dalle nostre basi (Applausi dei deputati del gruppo MistoUDEUR-Popolari per l’Europa). PRESIDENTE. È iscritto a parlare l’onorevole Cento. Ne ha facoltà. PIER PAOLO CENTO. Signor Presidente, credo che siamo di fronte ad un fatto grave e per ciò che accadrà tra poche ore in Iraq e per il modo in cui il Presidente del Consiglio si è rapportato al Parlamento italiano ed alla Costituzione in questa drammatica vicenda. Voglio dirlo con chiarezza: ci troviamo di fronte ad una guerra illegale, illegittima dal punto di vista costituzionale in quanto in palese violazione dell’articolo 11 della Costituzione. Nonostante i tentativi del Presidente del Consiglio Berlusconi di offuscare questo dato di fatto oggettivo, l’Italia si trova coinvolta in una guerra che non ha precedenti, conseguenza della dottrina dell’Amministrazione Bush sulla guerra preventiva, fuori da qualsiasi autorizzazione dell’ONU, fuori da qualsiasi decisione assunta in sede di Unione europea, fuori anche dagli ambiti dell’alleanza NATO qui impropriamente richiamati. Atti Parlamentari XIV LEGISLATURA — — DISCUSSIONI — 15 SEDUTA DEL PRESIDENZA DEL VICEPRESIDENTE PUBLIO FIORI (ore 12,36) PIER PAOLO CENTO. Non vi è distinzione – non è possibile farla né dal punto di vista del diritto internazionale né da quello della prassi – tra la partecipazione ed il sostegno diretti (con uomini e mezzi nel campo operativo di battaglia) e la partecipazione ed il sostegno indiretti (attraverso strutture o infrastrutture militari e civili situati nel nostro territorio). I rifornimenti effettuati utilizzando le basi militari terrestri in territorio italiano ed il sorvolo del nostro spazio aereo da parte degli aerei che andranno in Iraq sono propedeutici, a tutti gli effetti, dal punto di vista della strategia militare e da quello giuridico, all’aggressione armata nei confronti di quel paese. L’illegittimità di questa guerra sta nel fatto che, nella nostra Costituzione, tale tipo di guerra non è previsto: l’Italia ripudia la guerra; l’Italia può intraprendere, come hanno stabilito i costituenti, anche azioni armate, purché a difesa del proprio territorio o di nazioni, di cui è alleata, che subiscano un’aggressione militare esterna. Tutto questo non è avvenuto, né può valere come richiamo giuridico e sostanziale l’attentato terroristico gravissimo dell’11 settembre alle due torri negli Stati Uniti. Noi Verdi siamo convinti che l’opinione pubblica internazionale, che la straordinaria mobilitazione che in Italia e non solo è diventata l’altro protagonista, qualcuno ha detto l’altra potenza globale mondiale, contro questa guerra, può e deve continuare a giocare anche in queste ore, anche nei prossimi giorni, un ruolo decisivo e fondamentale. Insieme alla crisi delle Nazioni Unite, non sfugge a nessuno che uno degli obiettivi degli Stati Uniti e di questa guerra, oltre al petrolio, oltre al controllo geopolitico di quella parte del pianeta, è quello di mettere in crisi l’Europa, di mettere in crisi i processi di crescita politica, economica e sociale dell’Europa – e, chissà, Camera dei Deputati — 19 MARZO 2003 — N. 283 magari in prospettiva, anche della Cina – per ridefinire un nuovo ordine mondiale e un nuovo equilibrio mondiale. Ma sono convinto che quello straordinario movimento, di cui parlavo prima, può e deve svolgere ancora un ruolo importante. Innanzitutto, oggi, pur nella drammaticità dell’evento, si verifica un fatto positivo che politicamente ha una rilevanza: l’Ulivo e Rifondazione comunista si presentano a questo dibattito parlamentare con una risoluzione unitaria. Questo è importante non solo per la dialettica parlamentare, non solo per le prospettive che questo documento può aprire, ma anche perché, all’interno del Parlamento, si offre una sponda politica importante ai movimenti che stanno attraversando il nostro paese, in collegamento con i movimenti europei e con i movimenti globali. Oggi, c’è chi espone la bandiera della pace fuori dalla propria finestra, c’è chi sta preparando lo sciopero generale; le organizzazioni sindacali – altro dato importante –, CGIL, CISL e UIL, ritrovando un terreno unitario, insieme alle organizzazioni sindacali di base, le RDB e i Cobas, hanno detto che fermeranno il lavoro quando – malauguratamente, purtroppo però ormai quasi certamente – verrà sganciata la prima bomba nei confronti dell’Iraq. Vi è il blocco del paese, vi sono le azioni di disobbedienza civile, sociale, pacifica, ma radicale nel dire che ci si può opporre a questa guerra, nonostante il Governo Berlusconi e la sua palese violazione della Costituzione. Siamo di fronte ad uno scenario che ci deve vedere protagonisti e deve vedere il Parlamento garante della capacità di azione democratica del nostro paese, di tutti coloro che, nelle prossime ore, con ancora maggior forza, interverranno per manifestare la propria posizione e la propria contrarietà a questa guerra. Vi è un punto sul quale il Presidente del Consiglio Berlusconi ha sorvolato nella sua esposizione, e lo ha fatto perché sa che è il vero buco nero della democrazia in questo paese. Si tratta del rapporto che intercorre, proprio nella concessione delle Atti Parlamentari XIV LEGISLATURA — — DISCUSSIONI — 16 SEDUTA DEL basi militari, proprio nella concessione dello spazio aereo, proprio nella concessione delle infrastrutture, tra Italia e Stati Uniti. Come è possibile che, caduto il muro di Berlino, disciolto il patto di Varsavia, ancora oggi l’accordo del 1954 che regolamenta l’utilizzo delle basi americane (Camp Darby, ma non solo) – che sono cosa diversa dalle basi NATO nel nostro territorio –, continui ad essere un documento secretato dal Governo, non portato a conoscenza del Parlamento e quindi dell’opinione pubblica del paese ? PRESIDENTE. Onorevole Cento, la invito a concludere. PIER PAOLO CENTO. Io credo – e concludo, Presidente – che proprio su questo punto noi non possiamo né tacere né sottovalutare la gravità della situazione in cui ci troviamo. Noi Verdi faremo di questo aspetto specifico un elemento centrale della nostra battaglia contro la guerra, che consideriamo incostituzionale e illegittima (Applausi dei deputati dei gruppi Misto-Verdi-l’Ulivo e di Rifondazione comunista). PRESIDENTE. È iscritto a parlare l’onorevole Intini. Ne ha facoltà. UGO INTINI. Signor Presidente, onorevoli colleghi, eliminare le armi irachene di distruzione di massa non è il solo obiettivo degli Stati Uniti e forse neppure l’obiettivo principale; a questo non crede ormai più nessuno. Il presidente dell’Internazionale socialista, Guterres, ha spiegato bene ciò che è in gioco in questo momento: le scelte tra due diverse visioni del mondo, un mondo unilaterale guidato dagli Stati Uniti, oppure, un mondo multipolare. Bush, oggi, attacca Saddam ma, nel contempo, colpisce tre istituzioni che il Capo dello Stato italiano continuamente ci esorta a tutelare: le Nazioni Unite, l’Unione europea, l’Alleanza Atlantica. Non è una scelta sofferta la sua e non è del tutto casuale perché sta maturando, negli Stati Uniti, un nuovo pensiero stra- Camera dei Deputati — 19 MARZO 2003 — N. 283 tegico con il quale dobbiamo fare i conti. Questo pensiero strategico vede l’ONU come un ostacolo, l’unico ostacolo all’unilateralismo americano, vede l’Unione europea non più come un alleato militare e politico ma come un concorrente commerciale, vede l’euro come il nemico del dollaro, vede l’Alleanza Atlantica come inutile perché in Europa non ci sono più pericoli, meglio, allora, un’alleanza elastica di paesi nemici del fondamentalismo islamico che assomiglia molto al Commonwealth imperiale britannico formato oltre che dalla Gran Bretagna, dalle Repubbliche ex sovietiche, dall’India, dalle Filippine e in più dall’Australia e dalla Nuova Zelanda; meglio e di più buon comando, per le guerre interminabili che si preparano, i gurka indiani piuttosto che gli alpini italiani. Non siamo contrari alla guerra unilaterale perché antiamericani, potremmo esserlo con le parole del New York Times il quale scrive « ora l’Amministrazione Bush presiede una potenza militare americana che non ha precedenti, quello che rischia di sperperare non è la potenza dell’America ma una parte essenziale della sua gloria. Questa guerra corona un periodo di terribili fallimenti diplomatici, il peggiore per Washington almeno dell’ultima generazione » e, in effetti, l’isolamento diplomatico degli Stati Uniti è impressionante basti pensare che nell’intero continente americano non un solo stato importante è sulla linea di Bush, neppure i paesi del NAFTA, neppure il Messico e neppure il Canada. In questo contesto, signor Presidente, per la prima volta dal dopoguerra, l’Italia non può più stare contemporaneamente con l’Amministrazione americana e il cuore dell’Europa: di qua o di là. Il Governo non faccia l’errore catastrofico di dividere l’Italia dagli altri padri fondatori dell’Europa, cioè dalla Francia e dalla Germania; non si confonda sul nostro interesse nazionale guardando la gran Bretagna o la Spagna. Churchill diceva che l’Atlantico è più stretto della Manica e questo, in parte, è ancora vero. Fra pochi anni metà dei cittadini americani parleranno inglese e l’altra metà spagnolo. Atti Parlamentari XIV LEGISLATURA — — DISCUSSIONI — 17 SEDUTA DEL L’interesse italiano è con l’Europa, nettamente, perché persino l’ambiguità potrebbe essere pagata cara. L’Italia è e deve essere con l’Europa ma non per approfondire la frattura che si è prodotta con gli Stati Uniti, bensı̀ per sanarla con il tempo perché Bush passa ma l’America resta. Per questo, non accetteremo una deriva estremista, non daremo per morto il Patto Atlantico, non confonderemo Bush con Saddam, non seguiremo un pacifismo che sconfini nell’antiamericanismo. L’appoggio ad una guerra sbagliata è escluso ma è anche esclusa la messa in discussione del Patto Atlantico perché il mondo è ancora troppo piccolo, caotico e pericoloso per poter fare a meno della bussola costituita dall’asse storico tra le democrazie occidentali. PRESIDENZA DEL VICE PRESIDENTE FABIO MUSSI (ore 12,47) UGO INTINI. Purtroppo, colpiti dal terrorismo, come Israele, gli Stati Uniti rischiano di « israelizzarsi », anzitutto psicologicamente. Ciò significa preferenza per la risposta militare rispetto a quella diplomatica, scivolamento dell’opinione pubblica a destra, insofferenza ai consigli dei tradizionali alleati. Abbiamo condannato gli errori di Israele ma non siamo mai scivolati nell’antiebraismo e non siamo mai stati nemici di Israele; non condividiamo ma comprendiamo. So che con queste posizioni è d’accordo molta parte della maggioranza di Governo. Craxi ha già avuto il coraggio di dirlo apertamente, gliene siamo grati. Chiediamo a questa parte della maggioranza un dialogo profondo, uno scambio tra prudenza e coraggio: noi metteremo più prudenza nell’evitare di seguire le spinte verso un antiamericanismo distruttivo, loro mettano più coraggio nel seguire il Papa e le radici cristiane, questa volta lo dico anch’io, dell’Europa. Questo Papa non è un neutralista o un pacifista ambiguo: è già passato alla storia perché ha sconfitto il comunismo ! Si è alzato contro l’imperialismo sovietico ! Ma la sto- Camera dei Deputati — 19 MARZO 2003 — N. 283 ria non è finita, la sua storia non è finita: oggi si è alzato contro la concezione unilaterale del mondo alimentata da Bush, una concezione che, se l’Europa ed il mondo resteranno fermi, sarà seppellita non dagli slogan antiamericani, ma dall’elettorato americano. Questa tragica guerra cambia tutto il quadro politico, del mondo e di ciascun paese, anche del nostro. Non lo cambierà in due giorni, ma nel tempo, perché purtroppo l’attacco all’Iraq non è la fine di una lunga incertezza, bensı̀ l’inizio di una lunga e sciagurata avventura. Da oggi l’opposizione deve lavorare perché la grande maggioranza esistente nel paese si riproduca in questo Parlamento; è una grande maggioranza che vuole una politica diversa da quella di Berlusconi, vuole un’Europa che smetta di essere un gigante economico ed un nano politico, come si diceva un tempo della Germania, un’Europa non nemica degli Stati Uniti, ma autonoma dagli Stati Uniti (Applausi dei deputati dei gruppi MistoSocialisti democratici italiani, dei Democratici di sinistra-l’Ulivo, di Rifondazione comunista e Misto-Comunisti italiani). PRESIDENTE. È iscritto a parlare l’onorevole Vertone. Ne ha facoltà. SAVERIO VERTONE. Signor Presidente, deve essere successo qualche cosa di madornale se il Camerun, l’Angola, la Guinea, il Messico, paesi poveri, che hanno bisogno della carità internazionale, hanno detto « no » al paese più potente – militarmente, economicamente, tecnologicamente – del mondo. Sı̀, deve essere accaduto qualcosa di inspiegabile, che è avvenuto sotto i nostri occhi proprio in questi giorni. Ma deve essere successo qualcosa di incredibile anche in Italia, se un Governo, che ha tentennato, reso dichiarazioni contraddittorie, effettuato giravolte continue – prima dichiarando la propria assoluta lealtà, o fedeltà, a Bush e poi dicendo che un intervento unilaterale sarebbe stato una catastrofe, anzi, una cosa nefasta –, ha scelto proprio Bush e Powell come i Atti Parlamentari XIV LEGISLATURA — — DISCUSSIONI — 18 SEDUTA DEL propri portavoce, perché il discorso di questa mattina verifica, a posteriori, un pensiero che hanno definito, con precisione assoluta, netta, persino brutale, prima la lettera di Bush e poi la dichiarazione di Powell che ha inserito l’Italia tra i 30 paesi alleati dell’America. È singolare quello che sta succedendo nel mondo, ma è singolare anche il discorso di un Presidente del Consiglio che scivola sui problemi come un pattinatore inesperto, rivelando una cultura da statista internazionale – sia detto senza offesa per nessuno – allevato in un piano-bar. Non si possono trascurare i grandi problemi che stanno alla base di questo frangente terrificante che il mondo sta affrontando ! Non si può non cercare di capire cosa sia successo negli ultimi dieci anni dopo la sparizione dell’Unione sovietica ! Non si può evitare di ammettere, di considerare, di prendere atto che termini come NATO, Alleanza atlantica, solidarietà euroamericana hanno perso gran parte del loro significato ! Ritengo che si debba partire dalla caduta del muro di Berlino per capire l’instabilità che ha colpito il mondo e che, adesso, sta producendo la prima delle guerre che si succederanno, temo, per ristabilire equilibri che sono stati perduti. La tensione tra i due grandi poli, che ha dominato il mondo tra la fine della seconda guerra mondiale ed il 1989, ha tenuto chiuse, per molto tempo, le ferite, numerose, che erano presenti nel mondo, evitando che esplodessero « infezioni » tali da provocare conflitti incontenibili. Finita la pressione bipolare delle due potenze, tutte le ferite si stanno riaprendo e l’America, che coglie prima di noi (perché ha le mani più in pasta di noi) i problemi che nascono nel mondo, già nel 1992, in un documento firmato da Cheney, Rumsfeld, Rove e Perle (tutte persone che adesso stanno dirigendo la politica americana, dandole quella particolare impronta che vediamo svilupparsi sotto ai nostri occhi), diceva: non possiamo accettare che l’equilibrio del mondo sia affidato ad un multipolarismo instabile, oscuro, incontrollabile e non favorevole allo sviluppo del liberalismo e del liberismo ame- Camera dei Deputati — 19 MARZO 2003 — N. 283 ricano. Ciò accadeva nel 1992. In altri termini, vi è la scelta dell’altra faccia dell’isolazionismo, ossia il comando imperiale unico nel mondo. Non crediamo che la cosa sia limitata al Governo repubblicano, perché nel 1998, Brzezinski, in un libro che credo molti di voi avranno letto, La grande scacchiera, sosteneva la stessa tesi da un punto di vista democratico, con sfumature che possono essere anche studiate (ma non è il caso di farlo in questa sede). Certo, era una tesi più moderata con una visione delle mediazioni di questo potere unilaterale che affidava alla Turchia e a Israele la funzione di guardiani degli equilibri, ma praticamente confermava la pretesa degli Stati Uniti di controllare da soli il mondo. Ebbene, se i politici italiani (e devo dire tutti i politici italiani) fossero stati più attenti a ciò che succede e ad interpretare per tempo i grandi avvenimenti che hanno punteggiato questo decennio cosı̀ drammatico, si sarebbero accorti che a Seattle, prima dell’11 settembre e prima dell’attentato alle due torri, era accaduto un fatto importantissimo. In quella baraonda di posizioni contraddittorie, che andavano dal protezionismo di Bovet a generiche manifestazioni di terzomondismo, vi era un filo che univa tutte le posizioni ed era esattamente il rifiuto di quella sbornia liberista, che coincide con queste pretese politiche, che condizionava gli atteggiamenti del Fondo monetario, della Banca mondiale e dell’Organizzazione mondiale del commercio. Bastava tirare questo filo per capire cosa si poteva preparare, per controllare i movimenti che si stavano diffondendo rapidamente nel mondo e che, impropriamente, venivano definiti no global. Tali movimenti adesso si sono sviluppati da soli, si muovono su una linea parallela alla politica dei Parlamenti e dei partiti e costituiscono una forza che deve essere ripresa e ricondotta nell’alveo della politica. Ebbene, credo ciò non sia stato compreso in tempo e che adesso sia ancora difficile capirlo fino in fondo. Tuttavia, ritengo sia decisiva la capacità di ristabilire un contatto tra questo rifiuto unanime Atti Parlamentari XIV LEGISLATURA — — DISCUSSIONI — 19 SEDUTA DEL del mondo dell’imperialismo americano, ossia dell’impero unilaterale isolazionista americano e i vari partiti e paesi che rappresentano la difesa rispetto al rischio di uno squilibrio permanente nei confronti del quale siamo obbligati a stabilire misure di preventiva difesa. Allora, smettiamo di parlare di solidarietà atlantica. Il Presidente del Consiglio, mi dispiace, ha usato termini che non hanno un corso se non forzoso in questo momento. Cerchiamo di capire cosa sta succedendo in Francia ed in Germania, di analizzare il senso di questi movimenti. PRESIDENTE. Onorevole Vertone... SAVERIO VERTONE. Concludo subito, signor Presidente. In Francia non è la sinistra, ma il gollismo che chiede a gran voce il rispetto dell’ONU. In Germania vi è il nazional neutralismo, un movimento che ha riconquistato alla Germania il diritto di pensare alla propria identità nazionale dopo la squalifica della guerra. Vi sono sfumature molto interessanti su cui tutti hanno scivolato fino adesso. Credo che dovremmo ricominciare a fare analisi, a capire cosa succede nel mondo ed a rifiutare quei sofismi da azzeccagarbugli in cui, purtroppo, oggi abbiamo sentito che si è catturato da solo il Presidente del Consiglio (Applausi dei deputati dei gruppi Misto-Comunisti italiani, dei Democratici di sinistra-l’Ulivo, della Margherita, DL-l’Ulivo e di Rifondazione comunista – Congratulazioni). PRESIDENTE. È iscritto a parlare l’onorevole Mantovani. Ne ha facoltà. RAMON MANTOVANI. Signor Presidente, signori del Governo, colleghe e colleghi, oggi, in un momento cosı̀ importante e grave, avremmo voluto sentire un discorso impegnato in un’analisi delle contraddizioni mondiali ed avremmo voluto ascoltare proposte, anche magari per criticarle, sul ruolo e sulla missione della politica estera del nostro paese. Al contrario, abbiamo ascoltato il Presidente del Camera dei Deputati — 19 MARZO 2003 — N. 283 Consiglio fare spericolate interpretazioni delle risoluzioni delle Nazioni Unite, esattamente come ha detto il collega Vertone: da azzeccagarbugli. Si è esibito in ripetuti tentativi di suscitare uno scontro polemico in quest’aula attaccando tutte le opposizioni, invece che rivolgersi al paese, alla nazione ed al Parlamento che la rappresenta. Il discorso dell’onorevole Berlusconi è la dimostrazione della debolezza della posizione del Governo italiano che si fa forte solo ed esclusivamente della semplice fedeltà – non della lealtà –, con qualche tono anche servile, nei confronti di coloro che si candidano ad essere i padroni del mondo, i costruttori di un nuovo impero ed impongono il loro volere con la forza. Il mondo è contro questa guerra. Lo sono la stragrandissima maggioranza dei paesi membri del Consiglio di Sicurezza e di tutta l’Assemblea generale delle Nazioni Unite. Lo sono i popoli, lo sono le opinioni pubbliche, lo sono i movimenti direttamente impegnati nella protesta contro questa guerra. Tutti costoro sanno e capiscono che questa guerra non si fa per i pretesti addotti per giustificarla. Tutti costoro vedono con chiarezza come questa guerra globale e permanente, secondo le stesse definizioni dei loro inventori, serva a tentare di costruire un nuovo ordine mondiale unipolare. Per poter fare ciò bisogna colpire le Nazioni Unite ed esse sono state ferite gravemente. Aggiungo che lo sarebbero state allo stesso modo se fossero state costrette dal ricatto e dall’osceno mercimonio delle settimane scorse e se il Consiglio di Sicurezza avesse accettato il Diktat degli Stati Uniti d’America e della Gran Bretagna. Tutti capiscono che questa guerra si fa per stabilire – oggi in Medio Oriente, domani vedremo dove – un controllo militare diretto in zone geostrategicamente importanti per le risorse minerarie, per l’acqua e per la biodiversità. Tutti capiscono che questa guerra rappresenta il tentativo di rispondere ad una crisi (che è sotto gli occhi di tutti) della globalizzazione capitalistica, della quale il Governo oggi in Italia è stato per lunghi anni Atti Parlamentari XIV LEGISLATURA — — DISCUSSIONI — 20 SEDUTA DEL apologeta (purtroppo non da solo) e che oggi comunque è invisa alla stragrande maggioranza dei popoli nel mondo, perché hanno cominciato a capirne, ad apprezzarne e a vederne tutte le gravissime conseguenze, che attengono alla morte per fame, al lavoro minorile di centinaia di milioni di bambine e di bambini e che attengono allo sfruttamento e alla privatizzazione di quanto di più importante vi è su questo pianeta: la vita degli animali, delle piante e degli essere umani. Voi, di fronte a questa situazione, opponete un atto di pura servitù, sperando di poter avere una qualche partecipazione politica al banchetto che dovrebbe inaugurarsi all’indomani della guerra e sperando di poter essere accolti magari alla prossima riunione del G8 a Evia (chissà cosa succederà – vedremo – alla prossima riunione del G8 a Evia ?) come fedeli alleati di coloro i quali si candidano a dirigere anche questi organismi che noi stessi consideriamo illegali nel mondo, perché al Consiglio di Sicurezza qualcosa si dovrà pur sostituire, per costruire le mediazioni e il Governo unipolare del mondo. Ed è certo che gli Stati Uniti punteranno a ricostruire una qualche forma di governo del mondo, che però ratifichi e codifichi la loro supremazia. Invece che questo atto servile, voi avreste potuto fare un’altra cosa, ma capiamo che non è né nella vostra cultura, né nelle vostre intenzioni, né – dati i vostri trascorsi – nelle vostre disponibilità. Avreste potuto fare una politica di pace. Avreste potuto dare al nostro paese e anche ai suoi legittimi interessi nazionali una politica estera di pace. Avreste potuto rimettere in discussione la – ormai veramente – discutibile presenza delle basi militari straniere nel nostro paese. Ieri nelle Commissioni riunite affari costituzionali, affari esteri e difesa, il Governo ha detto che tutti gli accordi tra l’Italia e gli Stati Uniti, in ambito Nato, sono basati sulla più totale e piena reciprocità. Quante basi italiane, francesi o tedesche ci sono negli Stati Uniti ? Quanti soldati italiani hanno assassinato cittadini statunitensi per poi essere tradotti davanti a un tribunale della Camera dei Deputati — 19 MARZO 2003 — N. 283 Repubblica italiana che li ha condannati a una « tiratina di orecchi », come è stato fatto per quei militari americani che hanno assassinato persone assolutamente innocenti ed inermi al Cermis (Applausi dei deputati dei gruppi di Rifondazione comunista e dei Democratici di sinistra-l’Ulivo) ? Dove sta questa reciprocità ? Non c’è alcuna reciprocità ! Peraltro, finito il Patto di Varsavia e caduto il muro di Berlino, non ci sarebbe alcuna giustificazione per la presenza di queste basi militari nel nostro paese ed invece queste basi militari sono diventate più grandi e più forti e per poterlo fare – per questo, tra gli altri motivi – si sono fatti due interventi militari della Nato, uno dei quali unilaterale in offesa del Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite e oggi si prepara questa partecipazione indiretta ma belligerante nei confronti dell’Iraq. Il movimento contro la globalizzazione e il movimento pacifista continueranno la loro lotta e, un giorno, avremo un’Italia smilitarizzata, un’Europa senza basi militari straniere, un’Europa effettivamente autonoma e indipendente, un’Europa che potrà svolgere una funzione di pace nel mondo (Applausi dei deputati dei gruppi di Rifondazione comunista, dei Democratici di sinistra-l’Ulivo e Misto-Comunisti italiani). PRESIDENTE. È iscritto a l’onorevole Rizzi. Ne ha facoltà. parlare CESARE RIZZI. Signor Presidente, rappresentanti del Governo, colleghi, per la seconda volta nell’arco di un mese il Governo si confronta con questo Parlamento in merito alla crisi irachena. Il Governo di centrodestra si confronta democraticamente con il Parlamento, a differenza di quanto fece l’allora Governo di centrosinistra in occasione della guerra nel Kosovo. È stato un mese molto intenso, oserei dire frenetico, sia sul versante dell’attività degli ispettori sia su quello della diplomazia. Le consultazioni bilaterali e multilaterali non hanno mai messo in discussione la triste constatazione che il regime iracheno costituisce una minaccia potenzial- Atti Parlamentari XIV LEGISLATURA — — DISCUSSIONI — 21 SEDUTA DEL mente devastante e un interlocutore difficilmente attendibile. Questa comune visione era già stata incorporata nella risoluzione n. 1441, approvata all’unanimità anche con il voto della Siria, uno dei paesi più vicini all’Iraq baatista. Nonostante ciò, tutti gli attori coinvolti hanno dimostrato la speranza di poter giungere ad un disarmo pacifico ed assistito, ad un disarmo vero e definitivo. La risoluzione n. 1441 non lasciava spazio ad interpretazioni restrittive, chiedendo collaborazione totale, incondizionata e sincera da parte irachena pena serie conseguenze che, per chi comprende il linguaggio diplomatico, vuol dire anche uso della forza. Quello di oggi non è il migliore degli scenari possibili. Nessuno vuole la guerra, avremmo tutti preferito soluzioni meno estreme e non è certo colpa nostra se ciò non è stato possibile. E se, negli ultimi giorni, sotto la minaccia concreta del conflitto, il rais iracheno si è dimostrato più collaborativo, ciò dimostra ancora di più l’efficacia della pressione internazionale rispetto a quella delle ispezioni fini a se stesse e prova inoltre che Saddam è ancora in grado di nascondere ciò che vuole nascondere e di centellinare le rivelazioni sul dislocamento delle armi proibite a proprio uso e consumo, al fine di ottenere ancora tempo e cercare di spaccare il fronte internazionale. Questo – lo ripeto – non è il migliore degli scenari possibili e, per tale motivo, la scelta deve essere coraggiosa e coerente, anche a rischio di apparire impopolare. Il nostro obiettivo è quello di fornire un messaggio chiaro: la condanna senza tentennamenti di chi si è preso gioco delle risoluzioni dell’ONU, di chi non ha avuto pietà del proprio popolo e delle etnie presenti sul territorio che amministra, di chi continua a costituire una minaccia concreta e può diventare esempio di impunità per altri dittatori del mondo. Non possiamo condannare questo atteggiamento a parole e poi non esprimere la stessa posizione nei fatti. Sarebbe irresponsabile ritirare ogni appoggio, chiudere la porta agli Stati Uniti; infatti, dopo aver Camera dei Deputati — 19 MARZO 2003 — N. 283 manifestato solidarietà a parole, ciò significherebbe macchiarsi di un grave atto di codardia, dichiarando di aver giocato fino ad oggi. Nemmeno gli altri paesi, anche quelli del cosiddetto fronte pacifista – che, in realtà, più che per la pace si stanno battendo per ritagliarsi spazi di autorevolezza nei futuri assetti geopolitici –, sono arrivati a tanto. Non mi riferisco, ad esempio, alla Germania che è contro la guerra e che, come noi, concede basi e diritto di sorvolo; quello che non possiamo accettare è l’idea della frattura insanabile della comunità internazionale. Probabilmente, una maggiore compattezza del mondo occidentale e in seno all’ONU avrebbe avuto un effetto risolutivo nei confronti della crisi irachena, divenendo uno strumento di pressione determinante su Saddam, magari convincendolo dell’opportunità di un esilio, peraltro nuovamente chiesto, anche stamattina, in modo ufficiale addirittura dall’Arabia Saudita. Al vertice europeo del mese scorso sembrava che le volontà convergessero sull’importanza fondamentale dell’unità in seno all’occidente, anche a costo di decidere per il ricorso alla forza, ben inteso come ultima opzione. Alle Nazioni Unite non si è potuti giungere ad una presa di posizione comune. Non è la prima volta che accade; anzi, è stata la norma a partire dall’iniziazione dell’ONU, per tutta la guerra fredda e, persino più recentemente, all’epoca del conflitto nel Kosovo, quando non fu possibile giungere ad un voto del Consiglio di Sicurezza. Per i meccanismi intrinseci dell’ONU, compresa la preservazione astorica del diritto di veto, è assolutamente falso che il mancato via libera del Palazzo di vetro significhi che l’intervento, se ci sarà, sarà un’iniziativa unilaterale, condotta in sfregio alla comunità internazionale. Vi parteciperanno più o meno attivamente quarantacinque Stati. Se questo è unilateralismo ! Sappiamo che il numero dei paesi che appoggiano gli Stati Uniti politicamente, anche a prescindere dall’invio di uomini e di mezzi, o con la sola concessione delle basi e del diritto di sorvolo è Atti Parlamentari XIV LEGISLATURA — — DISCUSSIONI — 22 SEDUTA DEL notevole: comprende molti paesi arabi ed è destinato ad aumentare man mano che il conflitto appare più vicino. Ciò che oggi siamo chiamati a definire è da quale parte vogliamo stare. Non possiamo non stare con qualcuno. Se condanniamo moralmente e politicamente il regime iracheno, la nostra scelta è compiuta; altrimenti, restiamo invischiati in giochi di potere e di potenza e ci riduciamo a chiederci se stare con la Francia o con l’America, con i buoni o con i cattivi, mentre tutt’altro è il quadro della situazione. Scegliamo quindi l’Occidente, la democrazia e la sicurezza nazionale dalla minaccia terroristica. Questa, oggi, è l’unica scelta possibile (Applausi dei deputati del gruppo della Lega nord Padania). PRESIDENTE. È iscritto a l’onorevole Naro. Ne ha facoltà. parlare GIUSEPPE NARO. Signor Presidente, signor Vicepresidente del consiglio, onorevoli colleghi, Saddam Hussein non ha disarmato e, come hanno riferito Blix e El Baradei, non ha mai fatto quanto era nelle sue possibilità per agevolare il lavoro dei controllori delle Nazioni Unite; quindi, ha disatteso quanto imposto dalla risoluzione n. 1441. Del resto, Saddam ha dichiarato di aver posseduto armi di sterminio ma di averle distrutte, senza esibire, però, le prove ripetutamente richiestegli. Sono stati scoperti missili che superavano la gittata consentita e la loro distruzione, avviata non per atto di spontanea determinazione ma per la pressione militare angloamericana, è avvenuta con il contagocce. Oggi si è arrestata, consentendo di fatto al dittatore una disponibilità di circa settanta esemplari, che possono essere dotati di testate con antrace o con altri prodotti chimici proibiti e raggiungere tranquillamente i paesi vicini che si sono schierati con gli Stati Uniti o forniscono qualche forma di sostegno. Inoltre, il rais dispone di un curriculum certamente non edificante, i cui atti di carriera nella gestione del potere sono: la riduzione in schiavitù del suo popolo, la Camera dei Deputati — 19 MARZO 2003 — N. 283 lunga e disastrosa guerra imposta all’Iran, l’occupazione del Kuwait, che scatenò la guerra del golfo nel 1991, la distruzione dei pozzi petroliferi kuwaitiani durante la ritirata dopo la sconfitta, l’eliminazione degli avversari politici con processi sommari o in assenza di processi, la decimazione di curdi e sciiti con l’utilizzo di armi di sterminio e quant’altro. Ma, il pericolo maggiore e quanto mai attuale è il rapporto tra Saddam ed il terrorismo fondamentalista, cui potrebbero pervenire le armi di sterminio, se è vero che egli ha dichiarato di aver addestrato migliaia di kamikaze, per portare la battaglia ove c’è cielo, terra ed acqua, ovunque nel mondo, e non disdegna di farne sfilare nutriti contingenti nelle sue parate ufficiali; se è vero che il figlio Oudai ha minacciato che gli americani saranno attaccati in maniera tanto virulenta da far sembrare l’11 settembre una pallida ombra; se è vero che è documentato il sostegno alle famiglie dei kamikaze palestinesi; se è vero che egli ha minacciato, in caso di attacco, la guerra fino all’ultimo bambino. E si potrebbe ancora continuare. Orbene, di tutte queste considerazioni bisogna tenere conto per capire la determinazione dell’ultimatum di Bush scaturito dopo il vertice delle Azzorre, determinazione che non condividiamo, perché assunta senza l’avallo dell’ONU, ma che comprendiamo e con noi tutti i democratici autentici. Nel discorso alla nazione Bush ha spiegato la necessità della soluzione adottata. L’ONU non riusciva ad uscire fuori dalle sabbie mobili che Saddam aveva preparato per 12 lunghi anni e che continua a mantenere attive anche dopo la risoluzione n. 1441 impedendo, nella sostanza, che si pervenga a quella data ben precisata oltre la quale scatterebbe la ritorsione della comunità internazionale. Sono queste le argomentazioni che il vertice delle Azzorre ha ritenuto la base giuridica dell’ultimatum. Il mondo si è diviso sull’individuazione della base giuridica. Da un lato, coloro che la riscontrano all’interno della risoluzione Atti Parlamentari XIV LEGISLATURA — — DISCUSSIONI — 23 SEDUTA DEL n. 1441, come è stato ritenuto nel vertice delle Azzorre, e dall’altro lato coloro che vedono tale base solo in una nuova e specifica risoluzione ONU. Su questo discrimine purtroppo nella nostra Europa, già vicina al traguardo della costituzionalizzazione come organismo politicamente omogeneo, si sono radicalizzate le due posizioni antitetiche e che per la prima volta turbano i rapporti con i paesi candidati all’allargamento. L’Italia, come del resto ha sempre ripetuto il Presidente della Repubblica e come ha anche chiarito il Governo, ha scelto di rimanere fedele alle deliberazioni delle organizzazioni internazionali come ONU, Europa e NATO di cui è parte integrante. Del resto, la scelta di non partecipare all’intervento coincide anche con il dettato costituzionale. Nei momenti che ci dividono dalla scadenza dell’ultimatum possiamo ancora sperare che venga accolto l’appello solenne lanciato dal Santo Padre la scorsa domenica dopo la recita dell’Angelus: « mai più guerra ». Analizziamo ora gli aspetti che ci attendono. Oggi ci viene chiesto un voto che autorizzi gli Stati Uniti all’utilizzo delle infrastrutture ed al sorvolo del territorio. Dal punto di vista della legittimità del diritto, il Presidente Berlusconi ha esposto, con la puntualità e l’impegno che gli sono consueti, quali sono i termini entro cui va condotta l’interpretazione di quanto dispongono i trattati e di quanto dispone l’articolo 11 della Costituzione e abbiamo potuto dedurre che c’è lo spazio per discutere anche di una legittimità politica: nel merito, diamo atto al Presidente del Consiglio di avere individuato un percorso possibile. Naturalmente, tra Saddam e Bush, noi siamo per Bush, che è alla guida di uno dei più giovani paesi democratici del mondo, per storia e per esercizio di governo. Intanto, l’autorizzazione all’uso delle basi per supporto logistico e al sorvolo è un valido elemento di ulteriore pressione su Saddam, autorizzazione che è regolata da trattati internazionali e nel caso specifico, sicuramente, essa travalica la dimensione nazionale per diventare di- Camera dei Deputati — 19 MARZO 2003 — N. 283 mensione atlantica o internazionale. Altri paesi della NATO, compresi Germania e Francia, permettono l’utilizzo di infrastrutture e sorvolo del territorio. Certamente, la comparazione può essere indicativa per noi che siamo chiamati ad esprimere un voto, ma potrebbe essere considerata vincolante se pensiamo al fatto che non bisogna più ripetere l’errore di violentare ancora una volta lo spirito unitario cui è pervenuto a fatica l’ultimo vertice di Bruxelles. Ancora, una ulteriore diversità di visioni e determinazioni tra i paesi aderenti alla NATO, come è avvenuto per la questione turca, sarebbe un vulnus difficilmente sanabile. Sono convinto che un voto favorevole alle autorizzazioni gioverebbe a tenere unita l’Alleanza atlantica all’interno della quale dovrebbe essere subito portata la questione dibattuta per essere ivi gestita e non solo per risolvere il problema dell’oggi, quanto, anche e soprattutto, quello del domani. Altro nostro impegno, che in questo momento è doveroso ricordare, è relativo alla gestione del post-conflitto. Nel merito, l’Italia ha già dato la sua disponibilità non solo per ragioni umanitarie, quanto anche per la sua fede nello sviluppo dei popoli e nell’avanzamento della civiltà. Sento il bisogno di richiamare, in questo momento difficile per l’Italia e per il mondo, la vicenda del Kosovo, non per le polemiche che su di essa si sono sviluppate ma per lo spirito unitario del voto espresso dal Parlamento. Signor Presidente, nel rammentare che l’attacco, sia pure unilaterale, all’Iraq si identifica con la lotta al terrorismo e a chi gli permette di esistere e di operare – e in questa determinazione abbiamo spesso convenuto in maniera quasi unanime –, vorrei rinnovare all’Assemblea l’invito del Presidente Casini a non drammatizzare i contrasti sui problemi dell’Iraq che in questo momento dividono il vecchio continente perché, ha aggiunto, la gravissima congiuntura internazionale crea un passaggio difficile per l’Europa: e noi abbiamo tanto bisogno di Europa. Atti Parlamentari XIV LEGISLATURA — — DISCUSSIONI — 24 SEDUTA DEL PRESIDENTE. È iscritto a parlare l’onorevole Gerardo Bianco. Ne ha facoltà. GERARDO BIANCO. Signor Presidente, signor Vicepresidente del Consiglio, credo che il Presidente Berlusconi avrebbe dovuto pronunciare un semplice monosillabo, franco e netto: « no » alla guerra. « No » perché questa guerra è un tragico errore, in primo luogo per gli Stati Uniti d’America e, poi, per l’ordine internazionale. Per noi non è semplice, anche per me personalmente, dire « no » ad un grande alleato che per circa mezzo secolo ha rappresentato il pilastro delle nostre democrazie e delle nostre libertà occidentali. Eppure bisogna pronunziarlo, deciso e forte, proprio in virtù della nostra amicizia e della nostra lealtà che ci videro, primi in Europa, in questo Parlamento dire « sı̀ » agli euromissili, che segnarono la svolta definitiva ed epocale della sfida tra est ed ovest (ebbi l’avventura di sottoscrivere quel documento) e che avviarono la stagione del disarmo e della distensione internazionale. Noi siamo stati, siamo e saremo amici degli Stati Uniti d’America, ma ciò non può impedirci di dire che questa guerra è un grave sbaglio. In un certo senso lo ha ammesso implicitamente lo stesso Presidente del Consiglio quando, arrampicandosi sugli specchi, ha cercato di dimostrare che questa guerra ha, in qualche maniera, un’autorizzazione delle Nazioni Unite: cosı̀ non è. È sbagliato spezzare l’unanimità della coalizione antiterroristica, quando l’11 settembre tutti noi ci sentimmo americani. È sbagliato ferire a morte l’ONU, sostituendo il diritto con la propria forza. È sbagliato abbandonare quei principi guida, che dai tempi di Lincoln hanno sempre orientato le scelte dei governi americani, di essere dalla parte della ragione e, quindi, del diritto. Sostituirvi oggi, invece, la teoria bismarckiana – è la forza a sopravanzare perché questa è la logica della guerra preventiva – significa contraddire la più alta tradizione morale, civile e politica e perdere quella leadership essenziale per poter guidare il mondo. È sbagliato dividere l’occidente e fare la conta dei paesi Camera dei Deputati — 19 MARZO 2003 — N. 283 buoni, scambiando per sottomissione l’adesione. È sbagliato aprire un fossato con paesi decisivi per gli assetti internazionali, come la Francia, la Germania – che, onorevole Fini, non si possono richiamare qui soltanto quando fa comodo – e la Russia, perché per vincere il terrorismo l’America ha bisogno della solidarietà di tutti noi. Il terrorismo non si vince in solitudine; non si combatte un nemico invisibile attaccando un bersaglio perché è visibile: in tal modo si rischia solo di allarmare e di creare la convinzione che per essere inattaccabili bisogna diventare più forti e minacciosi (la Corea insegna). È sbagliato trasformare, peraltro, un sanguinario dittatore come Saddam Hussein, dalla cui parte noi non potremo mai essere per ragioni politiche e per convinzioni profonde, in un eroe, in un mito, in una sorta di glorioso Saladino che accenderà furori, vendette e difenderà ancora di più quel terrorismo che si vuole combattere. Nel dire « no » alla guerra che si sta profilando come noi facciamo, non siamo solo mossi da un profondo sentimento di pace, che ha trovato nella voce del Papa il più alto messaggio; siamo contro la guerra per una precisa consapevolezza di gravi errori di calcolo che stanno per essere compiuti. Non vorremmo strumentalizzare questa posizione, perché abbiamo troppo il senso dello Stato e di un paese che deve essere autorevole a livello internazionale, ma a noi sembra che questa consapevolezza – ahimè – sia mancata al Governo: troppi ondeggiamenti, troppe oscillazioni, troppe ambiguità, troppe doppiezze quando invece era il momento della verità: « sı̀ », « sı̀ », « no », « no » ! Non possiamo essere convinti, anche se forse delle intenzioni... GIORGIO LA MALFA. Ma voi eravate per il « sı̀ », « sı̀ » o per il « no », « no » ? PRESIDENTE. Onorevole La parla dai banchi del Governo ! Malfa, GERARDO BIANCO. Io sto parlando del Governo. Atti Parlamentari XIV LEGISLATURA — — DISCUSSIONI — 25 SEDUTA DEL ANTONIO SODA. Sei al Governo... hai troppa smania... Al prossimo giro ! GERARDO BIANCO. Non si difende, onorevole La Malfa, un’alleanza essendo oltranzisti, ma dicendo la verità. È mancata la linearità perché è mancata una visione strategica e perché mal posti sono stati i problemi, come per esempio quello strumentale dell’americanismo e dell’antiamericanismo; non si è capito, nell’interesse dell’Italia e – lo ripeto – dell’America, che è per tutti necessaria una posizione unitaria dell’Europa. A questo il Governo avrebbe dovuto dare la priorità, dedicandosi all’unità dell’Europa, ma non l’ha fatto. Forse per l’ossessione, per un calcolo che ritengo sbagliato di sedersi domani al tavolo dei vincitori. La vittoria potrà anche essere facile, ma è una visione miope: non vi sarà mai una vittoria se non vi è un ordine internazionale e non vi sarà mai un ordine internazionale se non vi è un diritto che sia fondato su regole di giustizia che il principio stesso della guerra preventiva, capovolgimento delle dottrine tradizionali degli Stati Uniti d’America, contraddice. È solo una pericolosa illusione immaginare che la possente forza di un solo paese possa regolare il mondo. Definire la nostra posizione, quella dell’Italia, in un quadro innanzitutto europeo, che è un obiettivo che ancora dovete perseguire, avrebbe significato – lo ripeto – aiutare la stessa America ed anche sciogliere quei complessi nodi dei trattati bilaterali (non ci sfuggono) che ci legano agli Stati Uniti d’America e che non possono consentirci, in virtù della Costituzione, alcun atto di cobelligeranza, ma che non ci consentono neppure – lo riconosco – di impedire l’esercizio di alcune attività delle forze americane presenti nel nostro paese. Noi dobbiamo, tuttavia, adottare decisioni ferme e responsabili: ferme nel nostro deciso « no » ad una guerra sbagliata e responsabili perché nessun atto possa risultare nemico nei confronti dell’alleato americano. Queste decisioni vanno ricercate – insisto – in un’intesa europea anche sulle modalità di uso delle basi e Camera dei Deputati — 19 MARZO 2003 — N. 283 non perché siamo inscritti (è umiliante) in un elenco di 30 amici che sa più di vassallaggio, che di solidarietà: si è amici quando si è uguali e si è uguali se si possono dire dei « no » che non siano di offesa, ma di aiuto agli alleati. Noi sappiamo che l’America è un paese ferito e che vi è in quel paese una sensibilità acuita ed una drammatica percezione del pericolo terrorista. Noi però non la aiutiamo piegandoci ad un disegno che oggi è dettato dalle paure e dalla logica della pura forza militare. Dicendo « no », invece, noi aiutiamo quell’America a trovare il filo interrotto di quella luminosa tradizione politica che, per oltre due secoli, ha reso l’America il simbolo della democrazia, dell’anticolonialismo e della libertà che ora rischia di essere compromessa (Applausi dei deputati dei gruppi della Margherita, DL-l’Ulivo, dei Democratici di sinistra-l’Ulivo e Misto-Socialisti democratici italiani – Congratulazioni). PRESIDENTE. Facendo un’eccezione alla regola pospongo l’intervento dell’onorevole Selva, al momento assente. È iscritta a parlare l’onorevole Sereni. Ne ha facoltà. MARINA SERENI. Signor Presidente, rappresentanti del Governo, onorevoli colleghi, siamo di fronte ad una crisi internazionale gravissima, per molti versi inedita, che, entro poche ore, potrebbe precipitare in una guerra ingiustificata e dalle conseguenze incalcolabili. Ognuno di noi avverte il peso e la responsabilità di un confronto e di decisioni che sono destinate a pesare gravemente sul futuro. Non credo sia eccessivo dire che le relazioni e gli assetti futuri a livello internazionale saranno plasmati o almeno fortemente influenzati, per un periodo non breve, da questa crisi, dai suoi sviluppi e dalle sue conseguenze. Non credo sia eccessivo dire che questa vicenda segnerà anche uno spartiacque nel rapporto fra i luoghi delle decisioni sulla pace e sulla guerra e la coscienza di milioni di persone in ogni angolo del pianeta. Atti Parlamentari XIV LEGISLATURA — — DISCUSSIONI — 26 SEDUTA DEL La guerra è sempre una sconfitta degli strumenti della politica; essa è sempre causa di lutti e di terribili sofferenze per le popolazioni civili. Lo sarà in particolare questa che è destinata a colpire un popolo, quello iracheno, già vittima da decenni di un regime sanguinario e corrotto, che ha provocato due guerre, oppresso ed ucciso i suoi oppositori, isolato l’Iraq dal resto della comunità internazionale. La guerra è sempre un evento che scuote e divide; eppure, sento che c’è qualcosa di più e di diverso nella preoccupazione, nell’allarme e nel dissenso che questa guerra ha suscitato nel mondo. Quale che sia la scelta che ognuno di noi qui assumerà, credo abbiamo il dovere di cercare di capire perché cosı̀ tanta gente, cosı̀ tanta parte della comunità internazionale abbiano detto « no » a questa guerra ed abbiano in ogni modo cercato di evitare un evento che ormai siamo tutti costretti a considerare imminente. Cosa c’è dunque nel « no » e nel rifiuto a questa guerra ? In primo luogo, vi è un giudizio politico su come ci si è arrivati. Di fronte ad una compatta ed amplissima determinazione della comunità internazionale a perseguire l’obiettivo del disarmo dell’Iraq, di fronte alla ripresa dell’attività ispettiva che stava dando risultati concreti e sostanziali, contro una posizione maggioritaria nel Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite favorevole al rafforzamento ed alla prosecuzione delle ispezioni, l’amministrazione americana ha deciso di considerare esauriti gli spazi della politica e di andare alla guerra contro l’Iraq. Dobbiamo, quindi, registrare con grande preoccupazione come nell’amministrazione americana, che aveva ad un certo punto accettato, seppure non entusiasticamente, di affidare alle Nazioni Unite la soluzione della crisi, sia tornata a prevalere una spinta unilateralista, ovvero l’idea di poter decidere di fare da soli, senza ricercare il consenso della comunità internazionale, fuori dalla legalità e dal diritto internazionale. Già in altri momenti abbiamo avuto modo di esprimere il nostro giudizio nettamente critico verso quel documento Camera dei Deputati — 19 MARZO 2003 — N. 283 sulla nuova strategia della sicurezza nazionale che oggi l’amministrazione Bush sembra purtroppo determinata a sperimentare concretamente in Iraq. In quella dottrina, l’unilateralismo agisce come chiave principale ed è unilaterale la valutazione del pericolo, la scelta dell’obiettivo, dei tempi e dei luoghi, in un sistema di alleanze che si costruisce a geometria variabile. Vorrei dire al Presidente del Consiglio che è Bush e non l’opposizione italiana a mettere in discussione il ruolo e la funzione dell’Alleanza Atlantica. In quella dottrina, risposta preventiva e tentazione di fare da soli si intrecciano, configurando un chiaro rischio di militarizzazione delle relazioni internazionali. Noi siamo amici ed alleati degli Stati Uniti, lo diceva poco fa il collega Gerardo Bianco. Siamo stati solidali all’indomani dell’11 settembre e riteniamo che l’Europa debba assumere come priorità la lotta al terrorismo internazionale ed alla proliferazione degli armamenti di distruzione di massa. Ma è proprio per queste ragioni che crediamo sia oggi necessario dire « no » a questa guerra, una guerra che viene percepita come uno scontro di civiltà in gran parte del mondo islamico, una guerra che rischia di alimentare le correnti fondamentaliste e i pericoli di terrorismo, una guerra che apre scenari del tutto imprevedibili sugli assetti futuri dell’Iraq e dell’intera regione mediorientale. In molti interventi, anche di qualcuno della maggioranza, ho sentito la preoccupazione per le lacerazioni che questa guerra sta provocando, prima ancora di essere guerreggiata, nelle relazioni internazionali e nelle istituzioni cardine del multilateralismo, a cominciare dalle Nazioni Unite. Ma il multilateralismo e la sua efficacia si difendono se se ne riconoscono le regole di fondo. Il multilateralismo, vorrei dire ai rappresentanti della maggioranza, non è la registrazione dei rapporti di forza, è capacità e disponibilità al compromesso, al convincimento, al riconoscimento di una ragione, di un interesse superiore, oltre la legittima aspirazione di Atti Parlamentari XIV LEGISLATURA — — DISCUSSIONI — 27 SEDUTA DEL un singolo paese, a maggior ragione se questo singolo paese è una grande potenza mondiale. Oggi, di fronte alle nuove e molteplici minacce che l’umanità deve sconfiggere, di fronte agli squilibri e all’instabilità che abbiamo ereditato dalla dissoluzione dell’assetto bipolare, di fronte alle potenzialità e ai rischi di questa globalizzazione, non c’è alcuna possibilità di costruire un nuovo ordine mondiale più giusto e più sicuro, se non affermando e rilanciando le ragioni e le istituzioni del multilateralismo. Con questa guerra, si sta imboccando, purtroppo, un’altra strada. Per queste ragioni avremmo voluto dal nostro paese, da questo Governo, un altro discorso, un altro comportamento concreto. Voi, rappresentanti del Governo, siete qui oggi a registrare l’ultimo episodio di una brutta storia che non avete neppure provato a modificare. Non c’è stato un gesto, un atto del Governo italiano che abbia, in queste difficili settimane, cercato di evitare davvero questa guerra, sbagliata ed illegittima. Non c’è stato un gesto, un atto, che abbia richiamato l’urgenza di combattere il terrorismo, fermando la spirale di violenza tra israeliani e palestinesi e costruendo le condizioni per una soluzione giusta a quel tremendo conflitto. Non c’è stata una iniziativa che abbia condotto il nostro paese a difendere il ruolo dell’Europa ed a ricercarne l’unità in questa crisi. Oggi venite qui e ci chiedete semplicemente di adeguarci: non possiamo farlo, perché la posta in gioco è troppo alta. Presidente, colleghi, siamo tra quanti riconoscono che possa essere, a volte, indispensabile il ricorso all’uso della forza, per autodifesa o per far valere il diritto e la legalità internazionale; sappiamo che la politica può essere posta di fronte a questa necessità. Ma la guerra, vorrei ricordarlo, è un’altra cosa e, non sapendolo fare meglio, prendo in prestito le parole di Michel de Montaigne, con le quali concludo: « Quanto alla guerra, che è la più grande e pomposa delle azioni umane, mi piacerebbe sapere se vogliamo servircene come prova di qualche nostra prerogativa Camera dei Deputati — 19 MARZO 2003 — N. 283 o, al contrario, come testimonianza della nostra debolezza e imperfezione, poiché invero sembra che la scienza di distruggerci ed ucciderci a vicenda, di rovinare e perdere la nostra stessa specie, non abbia molto di che farsi desiderare dalle bestie che non la posseggono » (Applausi dei deputati dei gruppi dei Democratici di sinistra-l’Ulivo, Misto-Comunisti italiani e Misto-Liberal-democratici, Repubblicani, Nuovo PSI – Congratulazioni). PRESIDENTE. È iscritto a parlare l’onorevole Cristaldi. Ne ha facoltà. NICOLÒ CRISTALDI. Signor Presidente, onorevole Vicepresidente del Consiglio, onorevoli colleghi, non si può certo dire che la materia del dibattito odierno arrivi all’improvviso in Parlamento, dove il Governo, in più occasioni, ha reso noto ogni passaggio della politica, nel tentativo di risolvere la questione senza l’uso delle armi ed affermando il ruolo delle organizzazioni internazionali, a cominciare dall’ONU e dalla stessa Unione europea. Ogni passaggio è stato compiuto e va dato atto al Governo italiano di avere tentato ogni strada possibile per evitare il conflitto. La sinistra – e, più vastamente, il centrosinistra – sostiene una posizione che dovrebbe imporre al nostro paese il non intervento se non autorizzato dall’ONU; addirittura senza l’ONU non si dovrebbe fornire alcuna collaborazione agli Stati Uniti d’America. Nel dibattito dei mesi e dei giorni scorsi la sinistra si è riempita la bocca di comportamenti esemplari di Russia, Germania e Francia, paesi che del pacifismo – diciamo la verità – ne hanno fatto una scoperta recente. Oggi, la Russia si rende conto, di fatto, della inevitabilità dell’intervento, magari pensando a ciò che la Russa ha determinato in Cecenia, dove di vittime ne sono state provocate più di quante ne abbia provocate la bomba atomica. La Germania e la Francia mettono a disposizione le basi e consentono la libera circolazione delle forze americane. Che strano dibattito, oggi, in Parlamento e nel paese: si vuol far credere che Atti Parlamentari XIV LEGISLATURA — — DISCUSSIONI — 28 SEDUTA DEL la questione sia a favore della pace o contro la pace, come se ci potesse essere qualcuno, in quest’aula e nel paese, a sfavore della guerra e contro la pace. La verità è che il mondo è in guerra da tempo e la dichiarazione di guerra porta una data ed un luogo: 11 settembre, New York. Saddam rischia di apparire come un aggredito, come un poveraccio contro il quale gli Stati Uniti vogliono usare il loro strapotere, dimenticando che Saddam a qualcuno deve pur rispondere per i due milioni di curdi trucidati, per l’appoggio al terrorismo internazionale, per la violazione dei più elementari diritti civili. Non si dovrebbe abbattere Saddam con la forza delle armi, ma con la forza della persuasione diplomatica ? E non è stata tentata ogni via ? Non si dovrebbe adottare la forza ? Non si deve abbattere un regime se non dall’interno ? Abbiamo sentito dichiarazioni di questa natura da validi esponenti della sinistra, da personaggi che hanno ricoperto incarichi di livello internazionale. Si pretende di creare una condizione nella quale dall’interno si dovrebbe abbattere Saddam, come se ciò che accade in Iraq non sia una questione di cui il mondo ha il dovere di occuparsi, come se vedere la morte di milioni di persone non debba, in qualche maniera, richiamare alla responsabilità i paesi dell’occidente, i paesi civili. Non ci dovremmo occupare di quel che succede in Iraq, si dovrebbe dare forza all’autorità diplomatica, si dovrebbe incidere nella politica interna dell’Iraq per abbattere il regime – detto tra virgolette – in maniera democratica. Ne abbiamo sentite di argomentazioni di questa natura. Ma perché ? In altre occasioni, in altri momenti storici, si è lavorato in questa maniera ? Per abbattere Hitler, per esempio, si è, in qualche maniera, messo in moto un sistema per convincere i tedeschi ad abbattere Hitler in maniera democratica ? Non c’è stato in quell’occasione un intervento che certamente ha seguito una linea completamente diversa rispetto a ciò che si è sostenuto anche in quest’aula e fuori di quest’aula ? Come si dovrebbe abbattere Saddam ? Con la forza della persuasione o sventolando la Camera dei Deputati — 19 MARZO 2003 — N. 283 bandiera arcobaleno davanti alla sua faccia ? Noi pensiamo che ogni strada sia stata percorsa, e che sia stato tentato ogni livello di persuasione diplomatica. La stessa missione dell’ONU non è la prima missione che gli ispettori hanno compiuto in quella parte del paese. E la n. 1441 non è l’unica risoluzione. In più passaggi, dentro l’ONU ma anche dentro l’Unione europea, è stato fatto rilevare come l’Iraq e Saddam in prima persona non abbiano rispettato i pronunciamenti dell’ONU e non abbiano accolto i vari inviti delle organizzazioni internazionali. Allora, noi vogliamo lanciare un appello; vogliamo prendere atto che, in ogni parlamentare, in ogni cittadino italiano, non c’è la voglia di partecipare alla guerra, come pure qualcuno ha detto, con entusiasmo. Ma chi vuole la guerra nel nostro paese ? Tuttavia, davanti a situazioni di questa natura, bisogna intervenire per assicurare che ci sia, nel mondo, un processo che faccia elevare sempre più il livello della civiltà in ogni paese, ricordandoci, magari di ciò che è accaduto per il Kosovo soltanto qualche anno, quando, al di là dei pronunciamenti dell’ONU, si è imposto, in ognuno di noi, il dovere di dare l’appoggio pieno ad un Governo della sinistra per tentare di contribuire a creare condizioni di civiltà e di democrazia in altri paesi europei (Applausi dei deputati del gruppo di Alleanza nazionale). PRESIDENTE. È iscritto a parlare l’onorevole Pacini. Ne ha facoltà. MARCELLO PACINI. Signor Presidente, signor Vicepresidente del Consiglio, siamo di fronte a momenti che avremmo preferito non vivere: il nostro animo di italiani e di europei sente tutta la drammaticità delle decisioni che dobbiamo assumere. Dobbiamo sapere, però, che il dilemma da sciogliere non è tra la pace e la guerra, ma tra una politica volta a ricostruire il tessuto unificato e benefico del mondo occidentale ed una volta ad accentuare le divisioni ed a scavare fossati più profondi. Atti Parlamentari XIV LEGISLATURA — — DISCUSSIONI — 29 SEDUTA DEL La scelta tra la guerra e la pace è alle nostre spalle perché l’ultimo rifiuto del dittatore iracheno ad accettare l’esilio ha reso ineluttabile l’intervento militare americano. Il Governo italiano ha scelto, da tempo, di stare al fianco degli Stati Uniti, proseguendo una tradizionale linea politica ormai cinquantennale che ebbe la sua formalizzazione nella contestata adesione al Patto Atlantico. Guai se De Gasperi e tutti gli uomini del quadripartito avessero mancato alle loro responsabilità e si fossero lasciati influenzare, allora, dalla piazza e dalla sinistra ! L’elenco delle risoluzioni che il Presidente del Consiglio ha citato dimostra chiaramente quanto pervicace sia stato il rifiuto del dittatore iracheno a piegarsi agli ordini delle Nazioni Unite. Tutti sappiamo che l’Iraq ha iniziato a distruggere i missili dieci giorni or sono, quando la risoluzione ONU che glielo imponeva è di 12 anni orsono ! Queste sono le risoluzioni che legittimano l’intervento americano. Il nostro paese non parteciperà ad operazioni di guerra. Ci viene chiesto semplicemente di non ostacolare l’azione americana permettendo il transito nel nostro spazio aereo e l’uso reale delle basi militari. L’Italia, pero, è di fronte a numerosi doveri. In primo luogo, deve agire perché il conflitto si concluda il più rapidamente possibile: non potremmo trovare alcuna giustificazione ad un nostro comportamento ostativo che potesse provocare, anche indirettamente, un minimo ritardo nella conclusione delle operazioni militari. In secondo luogo, deve già pensare al dopoguerra e a ricucire il tessuto ferito dell’Alleanza Atlantica e dell’Unione europea. Inoltre, dobbiamo essere consapevoli che questa guerra impone nuovi doveri al semestre di Presidenza italiano: dobbiamo assolutamente evitare che si innestino processi involutivi che possano indebolire in modo irreversibile la coesione atlantica, l’integrazione europea, la solidarietà mondiale delle Nazioni Unite. Da domani, l’Italia deve impegnarsi per tessere una Camera dei Deputati — 19 MARZO 2003 — N. 283 tela di nuove solidarietà e coesioni e per rendere effettivo il cambiamento annunciato nella politica americana in Medio Oriente. Queste sono le missioni che la Camera deve affidare al Governo. Il Parlamento svolgerà il suo ruolo anche attraverso la sua attività internazionale ed i suoi rapporti con le altre Assemblee democratiche del mondo. Oggi, svolgerà un ruolo importante con il voto che ci apprestiamo ad esprimere: un voto di convinta e largamente condivisa adesione all’azione del Governo – che dirà agli Stati Uniti che non sono soli e che l’Italia non ha dimenticato quanto essi hanno fatto per la libertà dell’Europa – favorirà la tessitura di quei rinnovati rapporti di solidarietà tra gli europei e gli americani che, del resto, dobbiamo ricordarlo tutti, sono ancora il vero fondamento della pace e la vera forza delle democrazie. Non posso concludere questo intervento di convinta adesione alla politica del Governo senza affrontare brevemente un problema che condivido con molti colleghi: la condizione di un cattolico che deve esprimere un voto in apparente contrasto con l’indicazione del Papa. Dico apparente contrasto perché il Papa non vuole, non può mai volere la guerra, ma non vuole neanche l’ingiustizia, l’oppressione, la persecuzione cui sono soggetti i cristiani del mondo. Se oggi esiste una fede martire nel mondo questa è la fede cristiana. Le persecuzioni finiscono quando arrivano le istituzioni democratiche nate in occidente, quando si afferma il ruolo della legge, quando fiorisce la libertà. Ho ricordato, all’inizio di questo intervento, Alcide De Gasperi; De Gasperi sapeva distinguere la sfera della fede da quella del giudizio politico. I cristiani, tutti, ma soprattutto quelli impegnati in politica, vivono la loro esperienza mondana e secolare sempre interrogandosi su che cosa è giusto fare per perseguire il bene comune. Accade di essere posti di fronte a dilemmi che ci pongono problemi di conformità a dogmi di fede. Qualche mese fa questa Assemblea ha votato una legge sulla fecondazione assistita che ci ha posto di Atti Parlamentari XIV LEGISLATURA — — DISCUSSIONI — 30 SEDUTA DEL fronte a dilemmi etici e di fede. Tutti sappiamo qual è stata la conclusione. Nel 1938 i cristiani d’Europa salutarono con sollievo e simpatia le decisioni che i Governi dell’epoca avevano preso a Monaco trovando un provvisorio accordo con Hitler, un anno dopo si pentirono amaramente. Ci sono casi in cui è difficile discernere il dover essere, altri casi in cui il corretto discernimento è estremamente difficile. L’esercizio responsabile della libertà di giudizio è connaturato all’essere cristiano e cattolico, che non può scegliere la via più facile, ma sempre quella che ritiene più giusta. PRESIDENTE. Onorevole Pacini, la invito a concludere. MARCELLO PACINI. Quindi, è con questa consapevolezza, che sente il senso drammatico della scelta difficile, che dichiaro la mia adesione all’azione del Governo volta a rinsaldare i legami con gli Stati Uniti, ad abbreviare la guerra, a costruire nuovi e più solidi rapporti di solidarietà europei ed americani, con la speranza che i morti in Iraq servano anche a mettere fine alla tragedia mediorientale, alle persecuzioni contro chiunque, in particolare contro i cristiani nel mondo e anche ad estendere l’area della democrazia e il ruolo della legge (Applausi dei deputati del gruppo di Forza Italia). PRESIDENTE. È iscritto a parlare l’onorevole Costa. Ne ha facoltà. RAFFAELE COSTA. Signor Presidente, colleghi, signor Vicepresidente del Consiglio, il clima molto teso di questi giorni non riguarda solo il nostro paese. Esso caratterizza tutto il mondo perché tutto il mondo soffre dinanzi ad un’ipotesi di guerra. Soffre il popolo che potrebbe essere colpito dalle bombe, soffrono i popoli e i paesi limitrofi, soffre la società internazionale nel suo complesso. Non dobbiamo stupirci quindi se la scelta crudele di risolvere i problemi della convivenza internazionale con le bombe dilania il mondo politico e parte anche o gran parte di quello civile. Camera dei Deputati — 19 MARZO 2003 — N. 283 Le passioni sono motivate, e ai sentimenti, anche quando sono accesi, non è facile imporre un freno. Dinanzi al dilemma vita o morte è difficile contenersi; di qui il riguardo dovuto a chi non la pensa come noi, a chi va in corteo, a chi fascia i balconi con l’arcobaleno, a chi lancia slogan, come a chi, dovendo governare, ha usato le armi della politica e della diplomazia. Cari colleghi, cari giornalisti, cari opinionisti, ci vuole più rispetto reciproco delle idee e delle persone. Siamo dinanzi ad una tragedia che ciascuno vorrebbe vedere cancellata o almeno ridimensionata, che non va strumentalizzata né con i fischi né con gli applausi. Non è giusto usare la guerra per colpire il Governo, non è giusto usare la guerra per polemizzare fra o con i pacifisti che sostano nelle nostre piazze, eppure ho sentito taluni esponenti dell’opposizione usare pesantemente l’arma della guerra per screditare l’esecutivo e ho colto anche non poche parole di dileggio verso chi va in piazza per contestare le possibili bombe americane. Nessuno di noi credo abbia certezze, tutti siamo attraversati dal dubbio: se Saddam abbia davvero ancora tante e tante armi chimiche e sia pronto ad usarle; se Bush punti davvero prevalentemente a vincere una guerra di rivincita; l’ONU è davvero uno strumento utile, non avendo dalla sua la coercizione ? L’ONU è per il sı̀ o per il no ? Il dubbio attraversa le coscienze. È più facile affidarci allo schieramento politico, alle decisioni del proprio gruppo, che non decidere da soli, o forse è troppo presuntuoso decidere da soli, spinti dal proprio io, dalla propria mente, dai propri interessi, non dichiarati talvolta, talaltra latenti ? Il discorso del Presidente del Consiglio non ha avuto la pretesa di cancellare i dubbi, di dare certezze assolute; con l’affermazione sincera « vogliamo salvare la NATO » evidenzia uno stato di necessità; esso evidenzia la posizione non facile di un paese che deve scegliere se dire no, ni, o sı̀ all’alleato di cinquant’anni, che potrebbe anche sbagliare (e io non intendo dare giudizi politici e tanto meno morali), o se cer- Atti Parlamentari XIV LEGISLATURA — — DISCUSSIONI — 31 SEDUTA DEL care di capire le ragioni nascenti da una ferita che la storia evidenzierà come eterna. Il Governo ha scelto la seconda via ed io non mi sento di dissentire. È vero, non ho condiviso certe posizioni di ministri, dettate più dal ruolo che non dalla politica ma credo che il Governo abbia complessivamente interpretato le scelte possibili. Nel cuore ho portato la speranza che la guerra non si facesse, nella mente mi sono chiesto cosa potevo fare per impedire la guerra, mi sono sentito – chissà quanti come me – solo, e sovente, impotente. Le leggi che regolano speranze, illusioni e aspirazioni dell’uomo singolo non sempre sono quelle che disciplinano la politica, le relazioni e gli organismi internazionali; sovente c’è una diversificazione tra realismo politico ed ideali dei singoli anche quando diventano speranze collettive. Come cittadini, come padri di famiglia, come liberali avremmo voluto fare di più; non ne siamo stati capaci o forse non si poteva fare di più. Non sono, dunque, a confronto possibili obiezioni di coscienza alternative al doveroso rispetto della coerenza di gruppo. Dinanzi a noi si apre il baratro dell’impotenza individuale e sovente collettiva, dell’impotenza di ciascuno e di tanti, se non di tutti. La nostra scelta pro ONU nasceva proprio di qui, dalla speranza che ci fosse qualcuno capace di rappresentare tutti, di far rispettare le regole agli Stati ed agli individui. L’ONU si è, nella sostanza, dissolto per volontà di pochi e per l’incapacità o l’ignavia di molti che non hanno saputo, negli anni, farne uno strumento efficace. La volontà espressa dal Presidente del Consiglio di dare forza nuova alla NATO, all’Unione europea, allo stesso ONU non cancella la tragedia che si avvicina ma ci fa sperare che i giorni del dolore non siano più definitivi. Ho colto nel discorso del Capo del Governo un richiamo al senso di responsabilità cui intendo rispondere responsabilmente (Applausi dei deputati del gruppo di Forza Italia – Congratulazioni). PRESIDENTE. È iscritta a l’onorevole Baldi. Ne ha facoltà. parlare Camera dei Deputati — 19 MARZO 2003 — N. 283 MONICA STEFANIA BALDI. Signor Presidente, onorevoli colleghi, desidero anzitutto ringraziare il Presidente del Consiglio Silvio Berlusconi ed il Governo per l’enorme lavoro diplomatico svolto e che continua a svolgere con i nostri alleati europei ed americani per trovare una soluzione pacifica alla crisi irachena. Il Governo ha tenuto questa linea pacifista attraverso la diplomazia, ha cercato, in tutti i modi, di evitare il peggio ed è con profondo rammarico che bisogna prendere atto della drammatica situazione che si è venuta a creare, ma è necessario, proprio in questi momenti, confermare la nostra lealtà nei confronti degli Stati Uniti ed essere solidali con chi cerca di combattere il terrorismo. Personalmente, sono sempre stata fermamente convinta che bisogna fare tutto per evitare la guerra ed attuare la diplomazia preventiva. Abbiamo, da tempo, espresso le nostre più vive preoccupazioni sulle conseguenze di un attacco e l’occidente è sempre rimasto unito nel richiedere al regime iracheno il disarmo, da condurre a termine nei tempi più rapidi possibili, sulla base delle diverse risoluzioni approvate, all’unanimità, dal Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite, come ribadito nella risoluzione n. 1441 del 2002 in cui si riconosce la minaccia che l’inadempienza dell’Iraq verso le risoluzioni del Consiglio e la proliferazione di armi di distruzione di massa e di missili a lunga gittata pongono per la pace e la sicurezza internazionali. Anche questo ramo del Parlamento, il 19 febbraio ultimo scorso, ha approvato una mozione che impegnava il Governo a sostenere, presso tutti gli organismi internazionali e principalmente presso il Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite, l’ipotesi di un esilio del dittatore iracheno come richiesto da diversi Stati arabi e dallo stesso Presidente Bush anche se va ricordato che l’Italia fa parte del Consiglio di Sicurezza. Non si deve pensare che il dittatore iracheno si opponga ad un unica risoluzione delle Nazioni Unite; la risoluzione n.1441 va letta nel contesto più ampio di questi ultimi 12 anni. Atti Parlamentari XIV LEGISLATURA — — DISCUSSIONI — 32 SEDUTA DEL Saddam Hussein non ha mai rispettato alcun impegno assunto nei confronti della comunità internazionale ! Il Governo iracheno non ha rispettato i suoi impegni nei confronti del terrorismo, ai sensi della risoluzione n. 687 del 1991; non ha rispettato l’impegno a porre fine alla repressione della propria popolazione civile, ai sensi della risoluzione n. 688 del 1991; non ha rispettato neanche l’impegno di restituire i cittadini del Kuwait ed i loro beni, entrambi illegalmente detenuti ai sensi delle risoluzioni n. 686, n. 687 e n. 1284. Questi fatti dimostrano che la strada della diplomazia non ha alcuna possibilità di successo nei confronti di un tale dittatore che ha iniziato a collaborare con gli ispettori solo quando ha saputo di avere l’esercito americano alle porte. L’Italia, in questo momento, ha un compito preciso: rispettare gli accordi ed i trattati internazionali firmati da tempo, specie nei confronti della NATO e dell’Unione europea che, ancora una volta, si presenta debole nel quadro della politica internazionale e dimostra di non avere ancora una reale politica estera e di sicurezza comune. Proprio alla luce di questi accordi internazionali è necessario dimostrare la nostra lealtà e sincerità, come sono certa faranno anche Germania e Francia, ed accordare, come richiesto, l’uso delle basi militari, dando solo un supporto logistico senza inviare contingenti militari. Bisognerebbe, con responsabilità, abbassare il tono della polemica e non ridurre a questioni di politica interna ciò che riguarda la politica internazionale. Bisognerebbe trovare insieme la strada per restituire la legittimità alle istituzioni internazionali che esistono da più di cinquant’anni e non fare il gioco di Saddam Hussein che da 12 anni, con il suo atteggiamento, violando tutte le risoluzioni delle Nazioni Unite, disattendendo le molteplici riunioni delle commissioni create ad hoc per risolvere i problemi rimasti irrisolti nella guerra del Golfo, ha il preciso intento di destabilizzare la comunità internazionale. Camera dei Deputati — 19 MARZO 2003 — N. 283 È importante ricordare che la cooperazione tra l’Europa e gli Stati Uniti ha garantito pace e libertà nel nostro continente ed in altre parti del mondo e che le relazioni tra le due sponde dell’Atlantico non devono rimanere vittime dei persistenti tentativi dell’attuale regime iracheno di minacciare la sicurezza mondiale. Il mio pensiero va ora ai circa 200 italiani rimasti, anche se mi risulta dall’ambasciata italiana in Kuwait che si sta attuando un forte piano di sicurezza, munendo i nostri connazionali di mezzi di sopravvivenza, compresa la realizzazione di rifugi sigillati nelle proprie abitazioni, e prevedendo un piano di evacuazione di emergenza via terra e via mare. Il mio pensiero, in questo momento, va però anche ai bambini iracheni: esso è colmo di speranza per il loro futuro, un futuro in cui non vi sia né antrace né fame ed in cui non debbano più subire la perdita di un genitore ucciso ingiustamente (Applausi dei deputati dei gruppi di Forza Italia e di Alleanza nazionale). Signor Presidente, chiedo l’autorizzazione alla pubblicazione in calce al resoconto stenografico della seduta odierna delle considerazioni integrative al mio intervento. PRESIDENTE. Onorevole Baldi, la Presidenza l’autorizza sulla base dei consueti criteri. È iscritto parlare l’onorevole Pistelli. Ne ha facoltà. LAPO PISTELLI. Signor Presidente, siamo arrivati all’attuale situazione attraverso un percorso difficile e tortuoso, figlio di questo nuovo disordine internazionale. Abbiamo espresso la nostra solidarietà agli Stati Uniti dopo l’11 settembre ed abbiamo partecipato alla grande coalizione contro il terrorismo (Enduring freedom), assumendoci responsabilità militari in Afghanistan; abbiamo condannato, e non da oggi, il regime di Saddam Hussein, e tutti i regimi autocratici capaci di rappresentare una minaccia per la stabilità delle relazioni internazionali; abbiamo cercato, con ogni mezzo, di aiutare a costruire una posi- Atti Parlamentari XIV LEGISLATURA — — DISCUSSIONI — 33 SEDUTA DEL zione comune in Europa e tra l’Europa e gli Stati Uniti dentro il quadro delle Nazioni Unite e riteniamo la dottrina dell’azione preventiva un tragico errore. Riteniamo l’imminente guerra in Iraq un tragico sbaglio in sé, per le sue conseguenze immediate (la guerra non è un film, come sanno le generazioni che ne hanno memoria diretta, e come sa il Pontefice, che ha accentrato su tale tema il suo ultimo, drammatico appello) e per le sue conseguenze di lungo periodo. Dalla possibilità di costruire un nuovo e migliore ordine internazionale all’indomani della tragedia del crollo delle Twin Towers ci siamo avvitati in una crisi che ci pone davanti ad un scenario ignoto e terribile. Cito testualmente: « alla Gran Bretagna si chiede di imbarcarsi in una guerra che non riscuote l’approvazione di alcuno degli organismi internazionali in cui rivestiamo un ruolo di primissimo piano. Venirsi a trovare in una posizione di tale isolamento diplomatico significa aver compiuto un grande passo indietro. Solo un anno fa, noi e gli Stati Uniti eravamo parti di una coalizione cosı̀ larga e differenziata da essere inimmaginabile prima. La storia resterà attonita davanti ai gravissimi errori diplomatici che hanno condotto cosı̀ rapidamente alla disintegrazione di una coalizione cosı̀ potente. La Gran Bretagna non è una superpotenza: per tale motivo non sarà un’iniziativa unilaterale a tutelare al meglio i nostri interessi, bensı̀ un accordo multilaterale ed un ordine mondiale subordinato a precise regole. Eppure, oggi, le partnership internazionali per noi più importanti risultano indebolite. Sono questi gli effetti disastrosi di una guerra di cui non è stato ancora sparato il primo colpo ». Come capite, sono le parole pronunciate ieri dal dimissionario Robin Cook alla Camera dei comuni. Non certo per un criterio di vicinanza politica direi che non ho altro da aggiungere, se non sostituire il termine « Gran Bretagna » con la parola « Italia ». Vorrei, invece, aggiungere altre considerazioni. Noi siamo quelli che, più di altri, in questi sette mesi, hanno battuto ripetutamente sul tema « Nazioni Unite e Camera dei Deputati — 19 MARZO 2003 — N. 283 Unione europea », sottolineando in ogni circostanza che la costruzione di un sistema di regole valide per disciplinare la questione irachena e per prevenire nuovi conflitti era la priorità assoluta. Lo abbiamo detto poiché ciò che ci spaventava e ci spaventa di più del disordine mondiale imminente è l’assenza di un disegno e di una bussola per poterci orientare. Lo abbiamo detto poiché in un mondo in cui ciascuno, grande o piccolo che sia, crea la propria regola, stabilisce i propri obiettivi ed interessi ed agisce di conseguenza, è un mondo drammaticamente più insicuro. Allora, oggi dobbiamo tirare le conseguenze di quell’impostazione e, pertanto, argomenterò rapidamente due conseguenze ed un giudizio politico. In primo luogo, questo intervento avviene fuori dal quadro della legalità internazionale; questo intervento non si svolge sotto l’egida delle Nazioni Unite. Gli Stati Uniti hanno ritirato un’ipotesi di seconda risoluzione al Consiglio di Sicurezza non solo poiché andavano incontro ad un probabile uso congiunto del diritto di veto da parte della Francia e, forse, di Russia e Cina, ma anche poiché non sono stati in grado, pur ricorrendo al soft power della persuasione diplomatica, di traghettare la maggioranza dei membri del Consiglio. I paragrafi 4 ed 11 della risoluzione n. 1441 imponevano un secondo passaggio davanti al Consiglio di Sicurezza (basta leggerli). Pertanto, quando il Presidente del Consiglio ci viene a raccontare che la risoluzione n. 1441 è in sé sufficiente e, meno che mai, cerca dimostrarci che la base di legittimazione può essere rinvenuta nella violazione del cessate il fuoco di 12 anni fa, siamo al ridicolo: dopo il Presidente operaio ci toccherebbe pure il Presidente Segretario generale delle Nazioni Unite che ci fornisce l’interpretazione autentica di ciò che si fa al Palazzo di vetro. Questo intervento non è deciso all’interno della cornice Nato, che non ha stabilito alcunché nel suo Consiglio. Questo intervento non è sostenuto ed approvato politicamente dall’Unione europea, che lo ha contestato a larga maggioranza nel Parlamento europeo e che si è divisa Atti Parlamentari XIV LEGISLATURA — — DISCUSSIONI — 34 SEDUTA DEL aspramente a livello del Consiglio europeo. Questo intervento non è necessitato da alcuna emergenza o catastrofe imminente. L’ultimatum lanciato dalle Azzorre al regime di Saddam disvela ufficialmente un obiettivo, il cambio di regime, che non è contemplato in alcun documento degli organismi internazionali, interrompe il processo di distruzione degli armamenti avviato con successo dagli ispettori, avvita la comunità internazionale in una difficile crisi di rapporti, poiché quando la potenza divorzia dalla saggezza, il mondo non ha niente di buono da attendersi. Dunque, lo ripeto, siamo davanti ad un intervento militare privo di legittimità giuridica internazionale. Da questa prima conseguenza ne discende automaticamente una seconda: l’articolo 11 della nostra Costituzione, in lettura congiunta con i principali strumenti pattizi di cui il nostro paese è parte (Carta delle Nazioni Unite e Trattati europei), stabilisce i confini non opinabili all’interno dei quali un Governo e un Parlamento possono muoversi. Siamo consapevoli che, qualora l’ONU avesse approvato un intervento militare contro l’Iraq, si sarebbe aperto un dibattito complesso sul merito della questione, sulla giustezza e sull’opportunità politica e geostrategica di un intervento militare, che sarebbe stato, però, legittimo sul piano del diritto. Inoltre, perché resti agli atti di questa Camera, quando giudicheremo il lavoro della Convenzione europea, siamo tra coloro che non protesterebbero se tutti insieme decidessimo di condividere questa sfera della sovranità nazionale a livello comunitario, adottando procedure e strumenti cogenti nell’adozione di una politica estera di difesa comune europea. Non ci stracceremmo le vesti nemmeno in quei casi in cui fossimo eventuale minoranza, poiché le grandi costruzioni sono fatte anche di rinunce. Tuttavia, cosı̀ non è stato. Allora, quell’articolo 11 che ripudia la guerra come mezzo di risoluzione delle controversie e che accetta limitazioni solo in condizioni di parità e se provenienti dagli organismi internazionali che ho ri- Camera dei Deputati — 19 MARZO 2003 — N. 283 chiamato, ci proibisce di fornire ogni supporto politico, militare e logistico a questa guerra. Signor Presidente del Consiglio, lei poteva dire « no » alla guerra e « sı̀ » alle basi, come hanno fatto Francia e Germania sulla base di diversi accordi bilaterali; poteva dire « sı̀ » alla guerra e « sı̀ » alle basi, come hanno deciso altri. Noi volevamo sentirle dire « no » alla guerra e « no » alle basi. Invece, lei ci ha detto, con grondante retorica, « sı̀ » alla guerra, ma poi ci ha detto « boh » alle basi, dato che ha dovuto o ha finto di dover tener conto dei vincoli che le sono stati posti. Ci siamo affidati ad un sistema di regole nazionali ed internazionali anche laddove queste ci avessero costretto ad una difficile scelta. Oggi, però, siamo qui a trarne tutte le conseguenze ed invitiamo il Governo a fare la stessa cosa. La lettura completa dell’articolo 11 è un argomento tanto semplice quanto privo di eccezioni possibili. PRESIDENTE. Onorevole Pistelli... LAPO PISTELLI. Termino con un giudizio politico inevitabilmente aspro. In un tempo in cui tutto cambia non è detto a priori che la continuità della politica estera sia un valore in sé. La bontà di una scelta di continuità va argomentata, cosı̀ come va argomentato un cambio di impostazione. Riteniamo che la conduzione della politica internazionale del nostro paese sia stata di livello bassissimo non solo per le scelte di merito compiute fin da prima dell’inizio formale di questa crisi che hanno – altro che continuità ! – rotto un filo durato cinquant’anni, ma per un metodo che non esito a definire indecente. Il Presidente del Consiglio lo ha confermato anche stamani con un intervento stupidamente aggressivo verso l’opposizione e di un livello francamente imbarazzante, stretto fra le conversioni recenti di Alleanza nazionale, l’euroscetticismo della Lega, l’eurocontinuità dell’UDC... PRESIDENTE. Onorevole Pistelli, deve veramente concludere. Atti Parlamentari XIV LEGISLATURA — — DISCUSSIONI — 35 SEDUTA DEL LAPO PISTELLI. Il Governo ha perseguito una linea che è andata avanti ed indietro con una sequela di furbizie, mezze ammissioni, slanci in avanti corretti da corrucciate preoccupazioni. Sarebbero basate altre due porte, signor Presidente, e saremmo stati davanti ad un perfetto ma tragico tracciato di slalom speciale. Siamo contrari a questa guerra che era ingiusta ed oggi è pure illegittima. Perciò, chiediamo al Governo di non fornire supporti politici, militari e logistici che coinvolgano il nostro paese in un’avventura sbagliata e pericolosa (Applausi dei deputati dei gruppi della Margherita, DL-l’Ulivo e dei Democratici di sinistra-l’Ulivo – Congratulazioni). PRESIDENTE. È iscritto a parlare l’onorevole Fiori. Ne ha facoltà. Onorevole Fiori, le ricordo che parla a titolo personale, quindi le raccomando il rispetto dei tempi. PUBLIO FIORI. Signor Presidente, quando l’azione politica, come in questo caso, incrocia principi etici e morali cosı̀ rilevanti, la responsabilità dei cattolici impegnati in politica si fa più alta e più forte. Bisogna scegliere perché, al di là del consueto tergiversare di carattere politico, in questo caso ci si deve collocare. Non voglio assolutamente esprimere giudizi, non voglio giudicare i comportamenti di altri colleghi, anche loro di ispirazione cattolica, che prenderanno altre strade. Voglio soltanto spiegare il motivo del mio dissenso e perché questa comunicazione del Governo non potrà avere il mio consenso. Non condivido il tema centrale della comunicazione, cioè che la guerra sarebbe legittima. Lo hanno detto in tanti, li ho studiati anch’io i riferimenti legislativi di diritto internazionale e costituzionale sono evidenti. Non è questa la strada sulla quale ci possiamo mettere per un dibattito da TAR o da ex pretura. Non ci siamo: i termini indicati testimoniano il contrario. Quindi, non mi intratterrò, anche per il breve tempo a disposizione, su questo argomento. Però, vorrei far rilevare alcune Camera dei Deputati — 19 MARZO 2003 — N. 283 contraddizioni emerse che rappresentano la vera caratteristica di questa comunicazione. Il Presidente ha detto che il vecchio Segretario generale dell’ONU, in relazione alle vicende del 1993, disse che quella deliberazione del Consiglio di Sicurezza era legittima e poteva portare alla guerra. Tuttavia, l’attuale Segretario generale dell’ONU ha detto il contrario. Il Presidente ha detto che la guerra è legittima. Allora, se la guerra è legittima, l’Italia avrebbe avuto il dovere di mandare i suoi uomini o, quanto meno, di dare le proprie basi. Non si capisce come sia possibile pensare che la guerra sia legittima senza, poi, dare le basi per farla. PRESIDENTE. Onorevole Fiori... PUBLIO FIORI. Concludo, signor Presidente. Quindi, pur apprezzando lo sforzo che il Governo ha fatto per mediare situazioni e problemi interni, ritengo che la conclusione in una materia cosı̀ rilevante non possa essere approvata. Vorrei svolgere un’ultima considerazione. Si richiama continuamente l’amicizia dell’Italia con gli Stati Uniti. Avevo portato un testo che naturalmente non posso leggere: il De Amicitia di Cicerone. PRESIDENTE. Al momento in cui esso fu scritto non c’erano gli Stati Uniti. PUBLIO FIORI. Tuttavia, credo mantenga attualità, signor Presidente. Anzi, vorrei fare un omaggio di tale testo al Presidente del Consiglio in duplice copia perché ne possa dare una anche al suo amico Bush. In sostanza, e concludo, dice Cicerone (e credo sia valido): l’amicizia non è una solidarietà che nasce comunque, altrimenti acquisterebbe anche altri nomi meno nobili. L’amicizia si deve basare su alcuni valori di riferimento, su alcune virtù e quindi non si può invocare quando invece si intraprende una strada che con i grandi valori e le grandi virtù ha poco a che fare (Applausi dei deputati dei gruppi dei De- Atti Parlamentari XIV LEGISLATURA — — DISCUSSIONI — 36 SEDUTA DEL mocratici di sinistra-l’Ulivo, della Margherita, DL-l’Ulivo, di Rifondazione comunista e Misto-Comunisti italiani). ELETTRA DEIANA. Bravo Fiori ! PRESIDENTE. È iscritto a parlare l’onorevole Gambale. Ne ha facoltà. GIUSEPPE GAMBALE. Signor Presidente, signori del Governo, onorevoli colleghi, la guerra è sempre una sconfitta ed è soprattutto una sconfitta per la politica: è il fallimento della politica e della diplomazia (e vorrei che almeno questo oggi potessimo condividerlo tutti, al di là delle battute del Presidente del Consiglio). Giovanni XXIII, quarant’anni fa (non oggi, ma quarant’anni fa !), nella Pacem in terris diceva: la situazione internazionale ci presenta oggi uno scenario in cui è sempre più chiaro che l’indipendenza di un popolo deve sempre più essere coniugata assieme all’interdipendenza (direi di più all’intercomunione). Mai come in questo momento, signori del Governo, sarebbe stata necessaria una politica capace di mettere in campo sforzi creativi, proporzionati ai pericoli che minacciano la pace. Sarebbe stato necessario il coraggio di uscire dalle strade che fino ad oggi abbiamo percorso, il coraggio di uscire da una politica parziale e dall’orizzonte ristretto. Non lo abbiamo fatto: non l’ha fatto l’Italia, non c’è riuscita l’Europa. Ma è un fallimento innanzitutto per Bush e per l’America. Il capogruppo al Senato del Partito democratico americano, Tom Daschle, dice che è molto rattristato che questo Presidente abbia cosı̀ miseramente fallito nell’azione diplomatica, da essere costretti ora alla guerra. Anche l’ondata di proteste sollevatasi in tutto il mondo avrebbe dovuto far riflettere. Centinaia di migliaia di persone si sono mobilitate per dire alla politica di svolgere il proprio ruolo. Riflettete sul fatto che l’Amministrazione Bush, grazie alla sua scriteriata politica – qualcuno la definisce meglio « impolitica » –, è riuscita a trasformare l’afflato mondiale sorto dopo l’11 settembre in una clamorosa Camera dei Deputati — 19 MARZO 2003 — N. 283 politica di splendido isolamento, in nome della predominanza che ha sostituito la politica della deterrenza. Questo non lo diciamo noi, ma i più grandi giornali americani. Su The New York Times di qualche giorno fa il noto commentatore Thomas L. Friedman dice che negli ultimi tempi quasi ogni discorso di Bush ha sollevato il tema della paura e del pessimismo armato. Avremmo bisogno, dice Friedman, di meno John Wayne e di più John Kennedy; dovremmo esportare le nostre speranze, non le nostre paure. Aggiungiamo noi: dovreste dare una speranza al mondo, specie quello dimenticato, come in Africa ad esempio. La guerra costerà 150 miliardi di dollari e la presunta pace che ne deriverà costerà ancora di più. Ma il costo reale è quello invisibile: quello delle vite umane sconosciute che saranno immolate e quello di un sistema internazionale virtualmente distrutto. Una diplomazia fallita, il vertice dell’isolamento: questo dicono i giornali americani riferendosi al summit di Bush, Blair e Aznar nelle Azzorre. Questa guerra, signori del Governo, nasce da lontano (e non è purtroppo dietrologia, ma sono i fatti che parlano). La logica che ha spinto all’azione gli Stati Uniti è ben rappresentata in un articolo del gennaiofebbraio 2000 (un anno e mezzo prima dell’attentato alle torri gemelle) sul Foreign Affairs dalla Rice, consulente per la sicurezza nazionale. La Rice scrive che la prontezza militare è prioritaria, che l’amministrazione agirà sulla base dell’interesse nazionale e non certo in nome di un’illusoria comunità internazionale e che fra le priorità vi dovrà essere quella di mettere in campo tutti i mezzi per rimuovere Saddam Hussein dal potere. Cronaca di una guerra annunciata: altro che terrorismo internazionale, disarmo forzato (come ha detto Berlusconi), democrazia e liberazione per il popolo iracheno, pace in Medio Oriente e chi più ne ha più ne metta (compresa qualche inopportuna e inadeguata citazione del Papa) ! Bush parla in termini pericolosamente messianici della missione di liberare il popolo iracheno e di diffondere l’esempio Atti Parlamentari XIV LEGISLATURA — — DISCUSSIONI — 37 SEDUTA DEL della democrazia in tutto il Medio Oriente, per dare una lezione che serva da modello a tutti i dittatori e che apra trionfalmente le porte alla democrazia. Il pensiero corre ai regimi amici del Pakistan, dell’Arabia Saudita e mi viene in mente una distinzione fatta negli anni settanta dagli stessi americani che classificavano i regimi illiberali a seconda della vicinanza politica a Washington: come autoritari quelli filoamericani o come dittatoriali quelli antiamericani. È incredibile la fede nella virtù della forza che questa amministrazione ha. È proprio vero – ministro Buttiglione – quanto ha affermato la Santa Sede, vale a dire che l’alternativa rischia di essere tra la forza del diritto e il diritto della forza. Ho la sgradevole sensazione di un vero e proprio fideismo, occidentalismo dogmatico – per non dire integralista – e mi chiedo come abbia potuto la land of free giungere a tali posizioni. L’ultimo discorso di Bush, se l’avete sentito – e credo che, purtroppo, molti di noi l’abbiano sentito –, è fatto di 15 minuti di ingiunzioni e sostituzioni: ingiunzioni agli ispettori, ai giornalisti, ai cittadini americani di lasciare subito il paese e quelli dell’area interessata; ingiunzioni a Saddam Hussein e ai figli di esiliarsi; ingiunzioni ai militari iracheni di arrendersi senza combattere; sostituzione degli Stati Uniti a qualunque altra autorità internazionale. Dunque, come dicono alcuni commenti, la decisione di guerra altera le relazioni tra Stati Uniti e Nazioni Unite per sempre. Si creano due circuiti: uno fatto di alleanze mirate, l’altro di impegni istituzionali generali. Sta prevalendo – lo ripeto – il diritto della forza e non la forza del diritto, si sta compromettendo la legalità internazionale, si è indebolita l’ONU, mettendo a grande rischio un’istituzione che, pur tra tante difficoltà e limiti, in questi anni è stata punto di riferimento per la pace e l’ordine internazionale, si è affermata la logica della guerra preventiva e – più grave ancora – l’alleanza dei buoni contro i cattivi. Camera dei Deputati — 19 MARZO 2003 — N. 283 Non potremo mai accettare un ordine internazionale dettato da chicchessia, dal più forte o da chi si arroga il potere di decidere per gli altri e per tutti. L’onorevole Igino Giordani, deputato della Costituente, nel suo libro L’inutilità della guerra, già nel 1952, ci metteva in guardia rispetto al pericolo sempre presente del fanatismo, affermando che sta rinascendo, soprattutto nella letteratura politica, una sorta di manicheismo, il quale scomparte uomini e idee, epoche ed eventi, economia e geografia in due schieramenti, uno del bene e l’altro del male, con in mezzo un fossato invalicabile: da una parte sono messe tutte le ragioni, dall’altra tutti i torti. È l’antitesi asserita nella stampa e nei discorsi con una decisione drastica e un accento perentorio, un vero fanatismo acritico che reclama scelte definitive e non consente flessioni. Da esso si svolge un canone etico di vita pubblica e privata che si può semplificare cosı̀: o con noi o contro di noi e chi non è con noi va eliminato. Presidente, a questo non ci stiamo e continueremo a lavorare per la pace sulle macerie che questa guerra lascerà a livello politico e istituzionale. Chiedo alla Presidenza l’autorizzazione alla pubblicazione in calce al resoconto stenografico della seduta odierna di considerazioni integrative del mio intervento (Applausi dei deputati dei gruppi della Margherita, DL-l’Ulivo, dei Democratici di sinistra-l’Ulivo e Misto-Comunisti italiani). PRESIDENTE. La Presidenza la autorizza sulla base dei consueti criteri. Constato l’assenza dell’onorevole Rivolta, iscritto a parlare: si intende che vi abbia rinunciato. È iscritto a parlare l’onorevole Guido Giuseppe Rossi. Ne ha facoltà. GUIDO GIUSEPPE ROSSI. Signor Presidente, la crisi irachena è solo un capitolo, per quanto importante, del processo di formazione di un nuovo sistema internazionale la cui ombra già si proietta oltre la crisi. In tale contesto era perciò inevitabile che le ragioni a favore della pace o Atti Parlamentari XIV LEGISLATURA — — DISCUSSIONI — 38 SEDUTA DEL della guerra, come scelte morali, finissero col dissolversi nell’utopia e che a guidare i governi fossero quelle della ragion di Stato. Forse, non è un caso che dai balconi delle case francesi non penda una sola bandiera della pace. Ho citato un pezzo di un editoriale comparso su un importantissimo quotidiano nazionale che ci dà il senso di come, in questo paese, non si sia capaci di affrontare i temi della politica internazionale. Temi che, in tutti gli altri paesi, vengono affrontati dal punto di vista della Realpolitik e della ragion di Stato. Abbiamo già detto della Francia che, in tutta questa vicenda, si è tenuta ben alla larga da utopie pacifiste e ha seguito una politica di puro interesse nazionale, amplificando un diritto di veto alle Nazioni Unite assolutamente antistorico e anacronistico che sopravvaluta il reale peso politico, economico e militare di una media potenza europea quale la Francia. Un altro obiettivo molto chiaro dei cugini transalpini è, ovviamente, quello di continuare a portare avanti una egemonia all’interno dell’Unione europea. E sappiamo che questo non è il modello di Unione europea democratica e partecipativa al quale devono tendere tutti gli Stati e tutti i popoli dell’Europa. Poi abbiamo visto come questa deriva pacifista non sfiori minimamente il Governo francese che ha già detto che, nel caso in cui Saddam Hussein dovesse usare armi chimiche o di distruzione di massa, parteciperà al conflitto militare ammettendo, da un certo punto di vista, il fatto che Saddam Hussein possegga tali tipi di armi. Della Gran Bretagna conosciamo molto bene le ambizioni e le strategie non di superpotenza, come è stato detto, ma sicuramente di potenza politica e militare mondiale. La Spagna ha fatto una scelta e ha cercato di ricostruire un asse con la Gran Bretagna, memore anche dell’antico passato atlantico, tentando – anche qui – di uscire dalla tenaglia dell’egemonia francotedesca. La stessa Germania, dopo l’ubriacatura elettorale di Schröeder che ha consentito di vincere le elezioni per Camera dei Deputati — 19 MARZO 2003 — N. 283 pochi voti, sta facendo marcia indietro dal punto di vista pratico, tant’è che non viene minimamente messa in discussione la possibilità di concedere agli Stati Uniti basi, spazi aerei, infrastrutture e quant’altro per l’azione in Iraq. La Turchia sta attraversando una fase di turbolenza interna ma, anche in questo caso, si arriverà ad una esplicitazione della ragion di Stato, con la Turchia che vuole esercitare un ruolo di potenza regionale nell’area. I paesi dell’est hanno rifiutato lo strapotere e l’egemonia della Francia, dicendo: ci avete chiamato all’interno dell’Unione europea e vogliamo avere una posizione autonoma. Qualcuno gli ha spiegato che non potevano avere una posizione autonoma, qualcuno ha pensato che questi paesi, forse, potessero e dovessero avere soltanto un ruolo di comprimari all’interno dell’Unione europea. Ma questa non è una visione democratica dell’Unione europea. Anche il Belgio sta tornando su posizioni realistiche, tant’è che il Premier belga ha richiamato all’ovile – se cosı̀ si può dire – le posizioni dell’estemporaneo e bizzarro ministro degli esteri Michel. Gli unici neutrali sono gli austriaci. Si tratta di un paese tradizionalmente neutrale, all’interno del quale ha un peso politico il ben conosciuto Jörg Haider. Ricordiamo come, un po’ di tempo fa, l’Ulivo italiano ed europeo avesse scatenato la guerra santa contro l’Austria, accusata di violare i diritti umani all’interno dell’Unione europea. Vedo che adesso l’Ulivo è schierato sulle posizioni austriache e, dunque, anche sulle posizioni Jörg Haider. Ho ricordato tutto ciò, per ribadire che non esiste paese, a prescindere dalla posizione di contrarietà, di perplessità e di appoggio tenuto nel corso della diplomatica e politica, che rifiuterà l’uso delle basi agli Stati Uniti. Dunque, chiedere che non vengano concesse le basi, come fa la risoluzione n. 6-00056 firmata dall’intero l’Ulivo – questo « sı̀ », è un momento di unità politica; devo ammettere che si è arrivati all’unità politica all’interno dell’Ulivo –, oggettivamente significa che questa richiesta è funzionale al regime di Saddam e al suo tentativo disperato di Atti Parlamentari XIV LEGISLATURA — — DISCUSSIONI — 39 SEDUTA DEL difesa. E questo deve essere detto, perché non esiste alcun motivo di ordine geopolitico, diplomatico, giuridico internazionale e di interesse nazionale – aggiungiamo noi – per non concedere le basi agli angloamericani. Esiste, invece, un interesse tutto nazionale, tutto provinciale, tutto partigiano da parte dell’Ulivo, – lo ripeto – a prescindere dall’interesse nazionale: in altre parole, si tratta di una nuova arma per colpire il Governo Berlusconi, da mettere nel calderone delle accuse con la RAI, con l’articolo 18, con i fatti di Genova, con la giustizia, a prescindere dalla situazione internazionale. In conclusione, noi deputati del gruppo della Lega nord Padania, rivolgendoci ai cittadini di questo paese, diciamo che si può discutere e si deve discutere, anche con spirito critico, su come dovrà essere il mondo di domani. Probabilmente, si tratterà di un mondo che dovrà trovare nuovi meccanismi di multipolarità e non potrà accettare sicuramente un ruolo egemone da parte degli Stati Uniti. Questa è la grande missione dell’Unione europea. Su questo si può discutere. Su questo si può essere d’accordo. Ma, sicuramente, non si può discutere, come fa l’opposizione di questo paese, su decisioni come quella di non concedere le basi, che, in ultima istanza, non farebbero che renderci complici di dittatori sanguinari come Saddam Hussein (Applausi dei deputati del gruppo della Lega nord Padania). PRESIDENTE. È iscritto a parlare l’onorevole Folena. Ne ha facoltà. PIETRO FOLENA. Signor Presidente, oggi, la migliore risposta allo strappo costituzionale, politico e perfino morale, rispetto alle parole del pontefice, provocato dal Presidente del Consiglio con l’adesione alla coalizione guidata dagli Stati Uniti che si appresta a scatenare una guerra unilaterale e illegittima contro l’Iraq, viene dal documento comune sottoscritto dall’Ulivo e da Rifondazione comunista. Alla stragrande maggioranza degli italiani che sono contro la guerra – tantissimi dei quali sono vostri elettori, colleghi Camera dei Deputati — 19 MARZO 2003 — N. 283 della maggioranza, cittadini lontani dalla sinistra – oggi con poche, nette e semplici parole parla questo nostro documento e dice con precisione cosa il centrosinistra avrebbe fatto se fosse stato al Governo: l’Italia, nel solco del suo europeismo, sarebbe stata al fianco della Francia e della Germania. È stato umiliante per noi parlamentari della Repubblica dover apprendere da Colin Powell – attraverso una notizia ANSA battuta alle 18.03 di ieri – che l’Italia fa parte di quella che con un certo cinismo è stata chiamata « coalizione dei volenterosi ». È stato umiliante per il Parlamento e la nazione, visto che poche ore prima il ministro Giovanardi, davanti alle Commissioni esteri riunite, aveva letto i mattinali delle questure di Pisa e di Vicenza sulle proteste dei pacifisti e comunicato, per la verità con quattro anni di ritardo, la posizione critica dell’attuale Governo non su questa guerra ma su quella del 1999 in Kosovo (Applausi dei deputati dei gruppi dei Democratici di sinistra-l’Ulivo e della Margherita, DL-l’Ulivo). Quindi, anche l’onorevole Berlusconi è un volenteroso: da ieri pomeriggio, ore 18.03. Sinceramente, l’avevamo sospettato, malgrado il fatto che volando a Mosca si fosse sforzato di dire a Putin che era perfettamente d’accordo con lui. Un volenteroso, s’intende, della serie « armiamoci e partite », ma pur sempre un volenteroso. Questa guerra con l’appoggio dell’Italia avrà conseguenze drammatiche. Accanto alle migliaia di vittime e alla distruzione determinata dalla tempesta di tremila missili che si sta per abbattere sull’Iraq, questa guerra alimenterà nuovo terrorismo, nuova violenza, nuova insicurezza e nuove guerre. La vicenda di Israele e della Palestina – violenza e terrorismo, guerra e kamikaze – lo dimostra tragicamente. Questa guerra ecciterà uno scontro di civiltà ed una contrapposizione drammatica fra una parte, solo una parte ma importante, del mondo occidentale ed il mondo islamico, e poi il mondo cinese e quello indiano e quello africano e quello latino-americano: una contrapposizione Atti Parlamentari XIV LEGISLATURA — — DISCUSSIONI — 40 SEDUTA DEL che sarà vissuta dai poveri, dagli ultimi, dai diseredati del pianeta, come una guerra dell’egoismo e del privilegio, come una guerra del petrolio, di un certo stile di vita consumistico e di questo modello di sviluppo non sostenibile. Sia chiaro, diciamo questo in nome della più radicale opposizione al dittatore Saddam e a tutti i dittatori: dopo l’11 settembre – lo si doveva già capire dopo il 1989 – è finito il tempo di ogni relativismo etico; è la doppiezza dei ricchi e dei forti del mondo ad aver foraggiato in tutti i continenti i dittatori e la sistematica violazione dei diritti umani. Quei gas all’Iraq sono stati forniti all’inizio degli anni ottanta dall’Occidente nella guerra contro Khomeini, ma quanti gas e quante armi di distruzione vengono fabbricate e fornite per ragioni di potenza ancora oggi in ogni parte del mondo ? Nessuno di noi, per esempio, solidale con la causa del Tibet, immagina di risolvere questa causa con la guerra alla Cina. I diritti umani non si affermano con le bombe e con i cannoni, ma con l’azione economica, politica e diplomatica, con gli ispettori che stavano ottenendo in Iraq risultati crescenti e documentabili e che sono andati via ieri da Bagdad. Un sostegno attivo alla Corte penale internazionale, boicottata dagli Stati Uniti e da altre grandi potenze. Senza doversi per forza dichiarare gandhiani, dobbiamo sapere che, nell’epoca contemporanea, i mezzi determinano il fine, spesso coincidono con il fine e la prima violazione dei diritti umani è la guerra: sono le vittime civili. È stato detto recentemente dall’onorevole Mussi che questa è una guerra costituente di un nuovo assetto del mondo. Brzezinski, recentemente, criticando gli errori di Bush, ha parlato di un riallineamento strategico planetario provocato da questa guerra. È, nella sua ispirazione, una guerra mondiale e lo può perfino tragicamente diventare nel suo sviluppo. Questa guerra globale, oggi nel teatro iracheno, viene condotta, senza e contro l’ONU, da una coalizione di paesi che rappresentano il 15,6 per cento della popolazione mondiale: 946 milioni di abi- Camera dei Deputati — 19 MARZO 2003 — N. 283 tanti. Con il Giappone, che ha dichiarato che parteciperà solo al dopoguerra, il 17,6 per cento, una minoranza. A questi trenta volenterosi, fra cui l’Italia, si aggiunge una figura inedita nel panorama internazionale, quella dei quindici paesi « incappucciati » dall’anonimato perché, di fronte alle loro opinioni pubbliche, si vergognano di ammettere il sostegno interessato a posizioni non difendibili: non sappiamo se, fino a ieri pomeriggio, anche l’onorevole Berlusconi avesse l’ambizione di essere in questa specialissima lista. Avrebbe, tuttavia, potuto risparmiarci la rimasticatura dell’inutile tentativo fatto ieri da Blair di dimostrare la legittimità di questo intervento. Berlusconi ha fatto riferimento al combinato disposto delle risoluzioni n. 687, che avviò la guerra del 1991, n. 678, che la sospese, e n. 1441. Ci ha spiegato che è d’accordo con Boutros Ghali, che però, purtroppo, non è il Segretario generale delle Nazioni Unite perché si chiama Kofi Annan e quest’ultimo ha detto che questa guerra non è legittima. A parte che per ridare vigore ad una risoluzione sospesa dal Consiglio di sicurezza occorreva un’altra risoluzione – stiamo parlando di bombardamenti ad obiettivi militari nel 1993 e nel 1998, quest’ultimi criticati, peraltro, dall’Italia e da larga parte dell’Europa perché unilaterali – e non certo un’invasione di un paese che non fu compiuta neppure nel 1991 perché neanche allora era autorizzata dalle Nazioni Unite, se è vero che la coalizione non entrò a Bagdad. La risoluzione n. 1441 – che non autorizza né i bombardamenti né tantomeno un’invasione – non contempla in alcun modo l’obiettivo dell’esilio di Saddam e dei suoi familiari, cuore dell’ultimatum di 48 ore dato da Bush nella notte fra il 17 e il 18 marzo. Del resto, come ha notato poco fa l’onorevole Fiori, se questa guerra è legittima, come dice Berlusconi, addirittura la prosecuzione dal punto di vista giuridico di quella del 1991, perché l’Italia non vi partecipa direttamente, come fece, invece, Atti Parlamentari XIV LEGISLATURA — — DISCUSSIONI — 41 SEDUTA DEL con la posizione anche allora contrastata e non popolare ma decisa con fermezza, con dignità e con coraggio ? La verità è una sola: questa guerra è illegittima e colpisce le Nazioni Unite. Del resto, lo ha detto anche Berlusconi il 27 febbraio quando ha affermato che l’azione militare di un paese al di fuori delle Nazioni Unite sarebbe un fatto talmente nefasto che nessuno si sarebbe caricato di una responsabilità cosı̀ grave (Applausi dei deputati del gruppo dei Democratici di sinistra-l’Ulivo). Quattro paesi del Consiglio di Sicurezza fanno parte della lista dei trenta ed è nel fatto che erano 4 su 15, onorevole Frattini, la ragione – prima che nella giusta, sacrosanta (dobbiamo ringraziare la Francia per questa posizione) e ferma decisione francese e russa di votare contro il progetto degli Usa e della Gran Bretagna – dello strappo compiuto da Bush verso le Nazioni Unite. Ma il colpo più duro all’Europa è stato inferto anche dalla posizione italiana. Nel riallineamento strategico gli Stati Uniti chiudono a tenaglia (Gran Bretagna e Spagna da una parte, Polonia ed ex paesi comunisti dall’altra) la Francia e la Germania, il nucleo fondatore dell’impresa europea. L’Italia, il paese fondatore dell’Europa, ha attivamente partecipato, contro i propri interessi nazionali, a questa operazione per debolezza politica. Berlusconi ha detto che si tratta di un capolavoro diplomatico. È davvero un bel capolavoro diplomatico perché rischiamo di tornare mestamente ad essere – noi che siamo stati il paese di Spinelli, noi che abbiamo vissuto e raggiunto con Prodi la grande sfida del 1998 – una mera espressione geografica: ci metteremo del tempo a riparare questi danni. Si lasci stare il Kosovo: ogni guerra è una tragedia e le bombe sono sempre stupide e terribili. Le scelte e le decisioni di allora furono contrastate, sofferte e fatte non a cuor leggero anche da chi le condivise, ma nessuno può negare che allora l’evidenza del genocidio e della Camera dei Deputati — 19 MARZO 2003 — N. 283 pulizia etnica imponeva un’azione umanitaria e che tutta la NATO e l’Europa unita parteciparono a quel conflitto. Questa è l’illegittimità di una guerra fuori e contro le Nazioni Unite. Sono le ragioni della nostra richiesta volta a non fornire alcun supporto politico, diplomatico, operativo e logistico – incluse le basi militari – a qualunque azione che configuri un coinvolgimento dell’Iraq. Posizioni analoghe sono state sostenute in queste ore da Francesco Cossiga e da Bobo Craxi. Si è fatto riferimento al Trattato della NATO ma non c’entra niente perché esso stabilisce obblighi di assistenza assunti dagli Stati partner che hanno per oggetto la legittima difesa successiva, cioè quella che si esercita dopo che abbia avuto luogo un attacco armato, in questo caso da parte dell’Iraq. È esattamente il contrario. Anzi, la disponibilità italiana all’uso delle basi ed al sorvolo configurerebbe un coinvolgimento indiretto, ma evidente dell’Italia, in violazione del diritto internazionale. Non vi è un pregiudizio antiamericano in una posizione come questa: vi è un pregiudizio, sı̀, ma contro la guerra. Molti di noi si sono abbeverati per anni nella cultura, nel cinema, nella musica e nella letteratura americana; abbiamo, in particolare, letto da ragazzi « Addio alle armi » di Hemingway che fa dire al tenente Passini: la guerra non si vince con la vittoria ! Poiché di guerre ne ho fatte troppe – scrive Hemingway nella prefazione a quello straordinario capolavoro – sono certo di avere dei pregiudizi e spero di avere molti pregiudizi. Non è sostituendo, come fa qualche estremista di ieri e di oggi il libretto rosso di Mao con la bandiera a stelle e a strisce che si è amici degli americani, ma piuttosto, condividendo con il senatore americano Byrd che un massiccio attacco militare ad un paese nel quale è presente il 50 per cento di bambini non è nelle tradizioni altissime e morali degli Stati Uniti d’America. Forse Bossi e Castelli, che ora propongono di chiudere le frontiere ai profughi, dovrebbero meditare sulle parole dell’amico senatore americano Byrd. Atti Parlamentari XIV LEGISLATURA — — DISCUSSIONI — 42 SEDUTA DEL Ora che la parola sta passando alle armi, vogliamo in questo clima drammatico e difficile tuttavia salutare un novità positiva: dobbiamo fare i conti con quel sedicesimo membro del Consiglio di sicurezza dell’ONU, l’opinione pubblica mondiale, guidata da personalità come il Papa e animata da milioni di bandiere dai nostri balconi. La prepotenza, che ora sembra prevalere in queste ore difficilissime, non potrà d’ora in avanti non fare i conti con essa (Applausi dei deputati dei gruppi dei Democratici di sinistra-l’Ulivo, della Margherita, DL-l’Ulivo e Misto-Comunisti italiani – Congratulazioni). PRESIDENTE. È iscritto a parlare l’onorevole Ramponi. Ne ha facoltà. LUIGI RAMPONI. Signor Presidente, durante gli ultimi 5 mesi, l’argomento Iraq è stato al centro dell’attenzione internazionale ed ha permeato di sé i dibattiti in sede parlamentare. Più volte il Governo si è presentato alle Camere per indicare la linea politica scelta dall’Italia in funzione dell’evolversi della situazione. Anche nell’ultimo dibattito, tenuto in quest’aula il giorno 19 del mese scorso, ha confermato la linea politica adottata che si sostanziava in cinque punti fondamentali, identici a quelli scritti nel comunicato emanato a seguito della riunione tenuta dal Consiglio europeo per discutere la crisi irachena: centralità dell’ONU e responsabilità del disarmo iracheno innanzitutto al Consiglio di Sicurezza, impegno per una soluzione pacifica e ricorso alla guerra come ultima risorsa, sostegno agli ispettori, dovere del regime iracheno di porre fine alla crisi, ottemperando le richieste del Consiglio di sicurezza, impegno ad operare con tutti i nostri partner, specialmente con gli USA per il disarmo dell’Iraq, la pace e la stabilità della regione e per un futuro dignitoso per tutta la sua popolazione. Il Governo, Alleanza nazionale e tutti i partiti della maggioranza si sono costantemente impegnati nel rispetto di tali punti fondamentali, in un quadro di situazione internazionale che, fino al pomeriggio di ieri, lo consentiva. Da ieri la situazione è Camera dei Deputati — 19 MARZO 2003 — N. 283 mutata. Gli Stati Uniti, la Gran Bretagna, la Spagna, quali nazioni presenti al momento nel Consiglio di Sicurezza, appoggiate da altre nazioni, hanno ritenuto di non poter più accettare oltre, dopo quattro mesi e mezzo, la scarsa ed inadeguata risposta da parte irachena alle richieste degli ispettori. Hanno inviato un ultimatum di 48 ore a Saddam Hussein perché lasci il paese, pena l’inizio delle ostilità. La risposta è stata sinora negativa. Nel contempo gli Stati Uniti d’America hanno richiesto, come ha detto il Governo, l’uso delle basi. È saltata la possibilità di una risoluzione delle Nazioni Unite ed è decaduto il discorso degli ispettori. È imprevedibile, anche se non è da escludere completamente, un ripensamento di Saddam Hussein. Si è comunque giunti alle soglie di un’iniziativa bellica. Gli Stati Uniti d’America, da sempre nostri alleati, chiedono l’uso delle basi. Questo è il quadro politico che ci si presenta. Non appare politicamente produttivo negare questo utilizzo perché non porterebbe a nessun progresso verso una soluzione pacifica; non servirebbe assolutamente a nulla ! Porterebbe invece all’unico risultato di una frattura nei rapporti con gli Stati Uniti d’America, senza favorire un rasserenamento né in ambito NATO né in quello dell’Unione europea e senza ristabilire la credibilità delle Nazioni Unite, che sono gli obiettivi che tutti voi dichiarate di perseguire. Si deve prendere atto, nostro malgrado, del fallimento della ricerca di una soluzione pacifica, ricerca durata quattro mesi. Si tratta di un fallimento dovuto a Saddam Hussein e non a qualcun altro. Bisogna anche ricordare, quando si parla di soluzione diplomatica o pacifica, che da dodici anni si sta cercando la soluzione diplomatica e pacifica. Da dodici anni, attraverso le sanzioni ed il controllo della vendita dell’olio, si è tentato di attuare gli strumenti pacifici. I risultati sono stati la disastrosa situazione nella quale oggi si trova il popolo iracheno. Il fallimento è dovuto a Saddam Hussein e a nessun altro ! Atti Parlamentari XIV LEGISLATURA — — DISCUSSIONI — 43 SEDUTA DEL In questo momento l’Italia deve scegliere: una scelta decisiva, non quella di sventolare una bandiera, tra l’attuale regime iracheno e gli Stati Uniti d’America, ricordando, prima di decidere, quale sia, per chi fa tante citazioni storiche, il retaggio storico che sta dietro a ciascuna delle due parti; retaggio storico che tutti conosciamo molto bene. È esaurito il tempo per una soluzione pacifica e non possiamo che decidere a favore del nostro alleato di sempre, aiutandolo, come lui ha fatto tante volte con noi. Tale decisione sarà una decisione politica che assume il Parlamento e che ha gli stessi crismi di legalità e costituzionalità che hanno avuto le precedenti decisioni qui assunte di partecipare prima alla guerra alla Serbia per il Kosovo e più recentemente, decisione da noi approvata, la guerra della coalizione contro i taliban e l’Afghanistan. L’intervento armato contro la Serbia, illustri signori, non era « coperto » da una risoluzione e non era fra quelli previsti dal Trattato del nord Atlantico, perché la Serbia, come ha ben ricordato l’onorevole Folena, parlando stavolta dell’Iraq, non aveva portato alcun attacco armato a nessun paese dell’Alleanza. Lo stesso dicasi per l’operazione Enduring Freedom dal momento che essa è stata decisa non a seguito di una risoluzione esplicita da parte del Consiglio di sicurezza, né ha la patente della NATO, pur essendo stato aggredito l’11 settembre uno dei suoi partner. Furono entrambe decisioni che il mio partito ed io abbiamo condiviso, conseguenti ad una chiara analisi ed ad una valutazione della situazione, come deve essere quella di oggi in cui si approva la concessione del sorvolo e l’utilizzo delle basi da parte dell’alleato americano. L’alleato americano che, lo ricordo a tutti, è impegnato comunque in una difficile lotta per eliminare una minaccia alla sicurezza della società mondiale che nessuno nega, ma che nessuno dice come si possa eliminare in altro modo (Applausi dei deputati del gruppo di Alleanza nazionale – Congratulazioni). Camera dei Deputati — 19 MARZO 2003 — N. 283 PRESIDENTE. È iscritta a parlare l’onorevole Deiana. Ne ha facoltà. ELETTRA DEIANA. Signor Presidente, onorevoli colleghi, questa guerra, come hanno già ricordato altri colleghi, non ha nulla a che vedere con le ragioni che sono state accampate da Bush per giustificarla e che il Governo Berlusconi ripete pedissequamente contro ogni logica ed evidenza. Non c’entrano le armi di distruzione di massa, che forse ci sono o, molto probabilmente, non ci sono. Non c’entra l’efferatezza del regime, che sicuramente c’è. Non c’entra nulla comunque ! Non c’entra nulla il terrorismo internazionale. L’idea neocoloniale e sopraffattrice di mettere ordine nel mondo, di esportare la democrazia sulla punta delle baionette moderne all’uranio impoverito rappresenta, in realtà, l’involucro ideologico di un piano politico-militare molto preciso: l’Iraq deve diventare un protettorato americano, lo ha ripetuto anche ieri il portavoce della Casa Bianca, Fleischer, dicendo ai giornalisti che, se anche il raı̀s se ne andasse in esilio, le truppe americane dovrebbero ugualmente intervenire in Iraq per rimettere in ordine le cose e garantire la pace e la sicurezza. Siamo di fronte ad una gigantesca operazione di penetrazione statunitense nel continente asiatico, ad un processo di destabilizzazione e disgregazione degli assetti statuali dell’Asia centrale, che è il vero grande tema di politica internazionale attorno al quale dovremmo discutere. Si discute, invece, delle fandonie di Bush e delle fandonie di Berlusconi, dimenticando di fare i conti con quanto è già successo in quell’area del mondo, a cominciare dall’Afghanistan, prima tappa di questo processo che ha permesso di mettere sotto occupazione militare statunitense larga parte dell’Asia centrale. Questa guerra va ben oltre la stessa questione – peraltro non irrilevante – dei pozzi petroliferi: mira al dominio unilaterale del mondo attraverso la superiorità militare assoluta di cui godono gli Stati Uniti d’America. Atti Parlamentari XIV LEGISLATURA — — DISCUSSIONI — 44 SEDUTA DEL È il progetto americano del nuovo ordine mondiale, lungamente dibattuto in tutte le salse negli ambienti militari statunitensi, che oggi si manifesta in tutta la sua portata e violenza. Un progetto incubato lungamente negli anni novanta, interpretato diversamente a seconda di chi occupasse la Casa Bianca. Le guerre del decennio degli anni novanta sono figlie di questa incubazione. Oggi, Bush ha reso radicale e inequivocabile quel progetto e, come tutti i personaggi animati da forte vocazione fondamentalistica, come è lui, lo ha esplicitato, sottraendogli l’involucro di ogni ipocrisia, appalesandolo in tutta la sua devastante violenza. Con la guerra di Bush contro l’Iraq è diventato evidente che l’idea della guerra preventiva e duratura, della supremazia militare permanente, del potere di decisione unilaterale costituisce la bussola strategica della politica estera statunitense del nuovo secolo. Gli interessi immediati della superpotenza, il controllo diretto delle risorse energetiche e quelli di lunga durata – appunto il nuovo ordine mondiale – sono stati posti al mondo con brutale evidenza. È per questa ragione che l’Europa è andata in crisi, perché qualcuno, in Europa, ha cominciato a preoccuparsi di una dinamica politica che, se non verrà contrastata, ridurrà l’Europa al ruolo di giullare dell’imperatore, a quel ruolo che già oggi Blair, Aznar e Berlusconi in vario modo hanno giocato sulla scena pubblica. Cosı̀ si spiega la crisi della stessa NATO e dell’ONU e si spiegano le resistenze di governi di paesi con grandi difficoltà economiche che, tuttavia, non si sono voluti piegare all’indegna « campagna di acquisti » organizzata da Bush per assicurarsi la maggioranza nel Consiglio di Sicurezza. L’ONU, la NATO, l’Europa entrano in fibrillazione perché la pretesa degli Stati Uniti di dettare legge, di fare ordine, di giudicare e punire mette in allarme il mondo. Ed è per questa ragione che si è registrata una cosı̀ vasta insorgenza dell’opinione pubblica contraria alla guerra e si sono mescolati movimenti, soggetti, culture, storie diverse di donne e di uomini Camera dei Deputati — 19 MARZO 2003 — N. 283 accomunati da un « no » alla guerra che non ha precedenti nella storia per vastità, ostinazione, intensità. Che cosa desta preoccupazione, che cosa inquieta le coscienze oggi ? I bombardamenti sulle città irachene ? I terribili cosiddetti effetti collaterali ? La sofferenza degli inermi ? Certamente tutto questo, ma anche lo scombussolamento di ogni riferimento internazionale, la percezione del rischio che un baratro si è aperto di fronte a noi. Questa guerra, infatti, per la sua intrinseca natura di laboratorio della nuova dottrina militare americana, di prova generale della guerra preventiva di lunga durata che l’Amministrazione Bush ha promesso al mondo per i prossimi trent’anni, comporta la deflagrazione e l’azzeramento di quell’ordine internazionale faticosamente costruito dopo la catastrofe della seconda guerra mondiale. Ordine certamente imperfetto, deficitario, contraddittorio quanto vogliamo, ma ancorato ad un’idea grande che la guerra fosse un disastro da non ripetere più, che la costruzione del diritto internazionale fosse un bene da difendere ed irrobustire, che l’ONU fosse uno strumento di mediazione essenziale e necessaria per garantire la convivenza tra i popoli del mondo. Tutto questo, oggi, costituisce, invece, per l’amministrazione Bush, un inutile ingombro, lacci e lacciuoli da spezzare, come sta facendo George W. Bush. Guerra criminale, dunque, questa, cari signori del Governo, come giustamente l’ha definita addirittura il Papa, guerra criminale perché massacra i corpi inermi di donne e uomini, uccide ogni legalità e mina alle radici la convivenza tra i popoli; un aspetto che non è stato sottolineato sufficientemente. Essa, infatti, rischia di aprire un solco enorme tra l’occidente ed il mondo islamico, di fomentare quella terribile dinamica di scontro tra civiltà che sta diventando o rischia di diventare sempre più l’elemento sovraordinatore del contesto internazionale. Voi, signori del Governo, avete certamente i numeri per assicurarvi, in questa sede, l’appoggio al vostro sı̀ alla guerra, al vostro sı̀ al coinvolgimento diretto dell’Ita- Atti Parlamentari XIV LEGISLATURA — — DISCUSSIONI — 45 SEDUTA DEL lia in questa infame avventura internazionale, all’assenza all’uso delle basi e dei cieli da parte degli Stati Uniti. D’altra parte, lo avete già fatto mettendo a disposizione l’intero nostro paese per i traffici di morte degli Stati Uniti d’America. Ma sarà un voto di cui noi non riconosceremo la legittimità, perché non basta la maggioranza per prendere questo tipo di decisioni. Bisogna stare alla Costituzione che conferisce legittimazione ad ogni decisione che parli della pace e della guerra ! La violazione dell’articolo 11 non potrebbe essere più evidente di fronte ad una relazione come quella del Presidente del Consiglio. E più evidente non potrebbe essere la pretestuosità del richiamo alla volontà popolare di cui si nutre tradizionalmente la propaganda mediatica del Presidente del Consiglio. Non è forse di dominio pubblico, confermato dai sondaggi, dalle mobilitazioni costanti, da due milioni e mezzo di bandiere per la pace che sventolano in ogni dove, che la stragrande maggioranza della popolazione di questo paese, la guerra proprio la vuole ? Volontà popolare e spirito costituzionale vanno, su questo punto, insieme, in maniera straordinaria, e forse al premier Berlusconi, questo, fa proprio paura, e della volontà popolare ha deciso di infischiarsene o di ingannarla grottescamente, continuando a raccontare... Camera dei Deputati — 19 MARZO 2003 — N. 283 PRESIDENTE. È iscritto a l’onorevole Selva. Ne ha facoltà. parlare GUSTAVO SELVA. Signor Presidente, onorevoli colleghi, non ho alcuna difficoltà a confessare che, forse, questo, tra i tanti discorsi che ho pronunciato in quest’aula da nove anni a questa parte, è, per me, il discorso più difficile e delicato. Lo è perché sono un cattolico; lo è perché del Papa non accolgo soltanto le verità eterne, ma cerco, nel limite del possibile, di applicare anche le verità terrene. Eppure, stavolta, debbo dire, naturalmente senza alcun riferimento diretto a ciò che il Santo Padre ha fatto e continuerà a fare, che l’esortazione del Santo Padre era seguita, e da seguire, fin tanto che c’era una, anche una sola possibilità di poter evitare la guerra. È ciò che, del resto, il Governo italiano ha fatto; è ciò che chi vi parla, presidente pro tempore della Commissione affari esteri ha fatto. ALFREDO BIONDI. Lunga vita ! GUSTAVO SELVA. In tutte le sedi dove, in questi mesi, poteva essere pronunciata, la parola del presidente della III Commissione è stata pronunciata per evitare la guerra. PRESIDENTE. Onorevole Deiana... PRESIDENZA DEL VICEPRESIDENTE PUBLIO FIORI (ore 15,03) ELETTRA DEIANA. Sto per concludere, signor Presidente... la favola del suo impegno per la pace, mentre il Segretario di Stato americano rende pubblica la lista dei volenterosi e gli Stati Uniti d’America ci annoverano tra i paesi amici. Per questo, continueremo a chiedere conto di ogni vostra azione di guerra, di ogni vostro atto di guerra e a batterci in Parlamento e nel paese contro la vostra cortigianeria bellicistica che coinvolge l’Italia in un’avventura moralmente indegna e politicamente squalificata (Applausi dei deputati dei gruppi di Rifondazione comunista e dei Democratici di sinistral’Ulivo). GUSTAVO SELVA. Oggi, onorevoli colleghi della sinistra, io credo che questa speranza non sia più una realtà possibile. Sulle responsabilità, quando queste saranno esaminate, vi saranno giudizi più sereni. Il mio giudizio, oggi, è che Saddam Hussein non abbia colto nemmeno l’ultima possibilità, l’ultima chiave offertagli dal Presidente degli Stati Uniti per abbandonare il solco che fin qui aveva seguito e per fare tutto ciò che non aveva fatto prima per evitare la guerra. Andare in esilio ? Non ci va ! Non ci va ! Accetta, piuttosto, un pericolo grave per il suo popolo ! Atti Parlamentari XIV LEGISLATURA — — DISCUSSIONI — 46 SEDUTA DEL Ciò non toglie, naturalmente, che ci sia un dovere importante da parte nostra. Il nostro dovere importante è che questo pericolo per il suo popolo venga finalmente a terminare e che non debba perpetuarsi il pericolo per altri Stati e per altri popoli. Vedete, onorevoli colleghi della sinistra, nel carnet politico e militare di Saddam Hussein c’è l’invasione del Kuwait; c’è il non avere offerto prove concrete di aver distrutto i mezzi di annientamento di massa. Questo c’è nel carnet di Saddam Hussein ! Del resto, non faccio che ripetere le vostre parole: il regime di Saddam Hussein è un miscuglio di nazionalsocialismo, stalinismo ed Islam, privo di qualsiasi scrupolo, violento, repressivo, sessuofobico. Se faccio la sintesi di ciò che ho sentito da varie parti, dai « verdi » ai « rossi », sono queste le espressioni uscite dalle vostre bocche. Ecco la ragione per la quale, ripeto – non è una verità eterna –, la guerra è nell’ordine delle cose che l’umanità, purtroppo, ha sempre conosciuto. Allora, rivolgendomi in modo particolare all’opposizione, cito un giornale, che non è il Secolo d’Italia sul quale scrivo io, ma il Riformista e, con molta serenità, vi invito a meditare su queste parole nel momento in cui gli Stati Uniti d’America assumono, con la Gran Bretagna ed altri paesi, la grave responsabilità di impiegare l’arma finale costituita dall’intervento militare. Scrive il Riformista: l’opposizione ha argomenti per opporsi ad una guerra che ritiene illegittima ma non ha argomenti per trasformare questa opposizione in ostilità e boicottaggio (ripeto: ostilità e boicottaggio) nei confronti di un alleato di mezzo secolo (ho già posto in luce qui, in altra occasione nella quale ho avuto l’onore di parlare, quali motivi di riconoscenza abbiamo nei confronti degli Stati Uniti d’America). Nemmeno Chirac negherà il diritto di sorvolo dello spazio aereo della Francia ! Nemmeno Schröder negherà l’uso delle basi ! È ovvio – scrive il Riformista – che sia cosı̀. A guerra cominciata, la disputa giuridica e politica è finita. Camera dei Deputati — 19 MARZO 2003 — N. 283 L’Italia deve sperare che questo scontro sia breve, il meno cruento possibile, e deve sperare – lo dice il Riformista – che lo vincano gli americani. Per questo deve concedere il diritto di sorvolo e l’uso delle basi. L’Italia deve operare perché il dopo guerra, a differenza della guerra, sia multilaterale e recuperi quella funzione dell’ONU e dell’Unione europea, che tutti ardentemente auspichiamo. Noi da questi banchi abbiamo sostenuto sempre la funzione centrale dell’ONU, dell’Alleanza Atlantica, della Unione europea, cosı̀ come il Presidente della Repubblica, richiamato giustamente molto spesso in questo dibattito, ci ha detto. Per questo – ed è la frase finale diretta a voi dell’opposizione –, l’opposizione deve dichiararsi disposta ad inviare soldati e mezzi nell’Iraq liberato. L’Italia deve sperare che la solidarietà atlantica, che si è rotta nella NATO, venga ristabilita. Per questo deve confermare la sua collaborazione militare nell’alleanza. Quella collaborazione che il Presidente del Consiglio stamattina, con grande chiarezza, ha definito nei suoi termini, essenzialmente, senza impegno di uomini e di mezzi nel terreno dello scontro. « Non si capisce dunque » – per ripeterlo con le parole rivolte da il Riformista a voi della sinistra – « perché l’opposizione sia saltata alla giugulare del ministro Frattini che sul nostro giornale ha descritto esattamente cosı̀ le intenzioni del Governo italiano ». Sembra ci sia una notizia non confermata della radio israeliana (faccio da giornalista in questo momento): Tarek Aziz sarebbe stato ucciso dopo un tentativo di fuga. Chiudo la parentesi. Questo è quello che il Governo e questa maggioranza ritengono, anche con questi delicati problemi di coscienza evocati dal mio amico che in questo momento presiede la nostra Assemblea: a lui che ha dichiarato, applaudito dalla sinistra, il suo voto non favorevole sulla risoluzione della maggioranza, dico soltanto una cosa (e qui probabilmente l’anima visceralmente anticomunista mi sarà ancora rimproverata): Lenin ha detto che quando il nemico di Atti Parlamentari XIV LEGISLATURA — — DISCUSSIONI — 47 Camera dei Deputati — SEDUTA DEL classe ti loda vuol dire che stai sbagliando. Non vorrei che gli applausi che ha ricevuto da questi banchi Publio Fiori fossero una conferma di quanto Lenin diceva (Applausi dei deputati dei gruppi di Alleanza nazionale e di Forza Italia). Per quanto mi riguarda, ripeto, io non ho nessuna difficoltà a dire che anche come cattolico, nell’esercizio di una funzione civile, nell’esercizio di una funzione statale, darò il mio pieno consenso a quello che il Presidente del Consiglio questa mattina ha detto, con argomentazioni, con principi che tendono essenzialmente a considerare il lavoro che dovremo fare nel dopoguerra. L’ANSA ha commesso un errore, che penso sia solamente un errore tipografico, dando la notizia, questa mattina, che alla seduta del Consiglio supremo di difesa c’era il ministro Gaetano Martino, ministro della difesa. Ora, il compianto ministro Gaetano Martino è stato ministro degli esteri ed è il padre di Antonio Martino. Bene, mi auguro che come Gaetano Martino ebbe la forza, dopo il veto francese – francese ! – alla CED, di far riprendere il cammino dell’integrazione europea nelle conferenze di Venezia e di Messina, cosı̀ noi avremo la forza di riprendere il valore dell’Alleanza Atlantica, l’importanza decisiva dell’ONU, con la determinazione di costruire l’Europa unita di tutti i paesi che amano i valori che i De Gasperi, gli Schuman, gli Adenauer portarono avanti per le sorti di questo nostro paese (Applausi dei deputati dei gruppi di Alleanza nazionale e di Forza Italia). Preavviso di votazioni elettroniche (ore 15,13). PRESIDENTE. Poiché nel corso della seduta potranno aver luogo votazioni mediante procedimento elettronico, decorrono da questo momento i termini di preavviso di cinque e venti minuti previsti dall’articolo 49, comma 5, del regolamento. 19 MARZO 2003 — N. 283 Si riprende la discussione sulle comunicazioni del Governo. (Seguito discussione) PRESIDENTE. Vi sono alcuni interventi a titolo personale. È iscritto a parlare l’onorevole Fioroni. Ne ha facoltà. GIUSEPPE FIORONI. Signor Presidente, colleghi, ho ascoltato con profondo sconcerto le dichiarazioni rese dal Presidente del Consiglio, onorevole Berlusconi; mi sono chiesto: sono queste le dichiarazioni che deve rendere il Capo del Governo, il Capo del nostro Governo, le dichiarazioni che deve rendere un Presidente del Consiglio, per editto: pregiato del titolo di volenteroso ? Dichiarazioni che a me sono sembrate superficiali e veloci che può rendere, forse, anche un disattento e confuso cittadino del nostro paese e dalle quali, però, trapelava, in modo palpabile ed evidente, la difficoltà dell’onorevole Berlusconi, di non riuscire a celare il disagio di chi è pienamente consapevole e cosciente che è altrove che si è deciso e che si stava decidendo. Credo che quest’Assemblea non abbia mai avvertito come da ieri alle 18,03, quando è uscita l’agenzia Ansa del dipartimento di Stato, la sensazione duplice di una eterodirezione e di una esautorazione dei poteri del Parlamento. Colleghi, chi ha ascoltato oggi le dichiarazioni del Presidente Berlusconi ha avvertito il forte disagio di dover appartenere, nostro malgrado, ad un paese, l’Italia, che diviene un’Italietta opportunista ed ambigua che comprende, condivide e legittima la guerra confondendo l’alleanza, sacra ed inviolabile, con il vassallaggio, ma, nel contempo, non avendo il coraggio, la forza e la responsabilità di essere in grado di scegliere con coerenza e dignità ma scegliendo, invece, la strada di un lento e silenzioso trascinamento verso la violazione della Costituzione, sperando che su altri ricadano le responsabilità verso Dio, verso gli uomini, verso la storia. Atti Parlamentari XIV LEGISLATURA — — DISCUSSIONI — 48 SEDUTA DEL Lascia sconcertati l’indifferenza verso la prima vittima di questa inutile e inaccettabile guerra: l’ONU, le Nazioni Unite, l’ultimo organismo democratico in grado di rappresentare l’unica potenzialità possibile per la costruzione di una pace duratura, fondata sulla libertà e sulla giustizia sociale. Cari colleghi, è la prima volta che in questo Parlamento si legittima una guerra preventiva nella certezza che dalle bombe, dai morti e dalla sofferenza si possa costruire una pace duratura. Credo che di questo ne avvertiate il peso nella vostra coscienza; siete ancora in tempo per non legittimare un’azione che è contro la nostra Costituzione e che non ha nulla a che vedere con l’alleanza (Applausi di deputati del gruppo della Margherita, DL-l’Ulivo e del deputato Franco Giordano). PRESIDENTE. È iscritta a parlare l’onorevole Burani Procaccini. Ne ha facoltà. MARIA BURANI PROCACCINI. Signor Presidente, in un brevissimo intervento a titolo personale sento il dovere morale – al quale io ho informato credo tutta la mia azione politica oltre che la mia vita – di confermare che, da cattolica, sono pronta, per la mia fede, per colui che sulla terra per me rappresenta il Cristo a dare la vita; ma, da cittadina italiana confermo la mia piena e totale fiducia e lealtà a lei, alla sua azione politica meditata e sofferta, a tutto ciò che il nostro Governo ha cercato di fare... (Commenti dei deputati della Margherita, DL-l’Ulivo, di Rifondazione comunista). RICCARDO MILANA. Brava (Applausi polemici di deputati del gruppo dei Democratici di sinistra-l’Ulivo) ! ALFREDO BIONDI. Lasciate parlare, ha diritto di parlare. MARIA BURANI PROCACCINI. E cosı̀ confermo, lo dico alto e forte, la mia totale lealtà alla patria e alla bandiera italiana, unica bandiera nella quale mi riconosco, Camera dei Deputati — 19 MARZO 2003 — N. 283 come si riconoscevano i miei padri e si riconoscono i miei figli (Applausi di deputati del gruppo di Forza Italia). GABRIELE FRIGATO. Vergogna ! GIORGIO BORNACIN. Sono altre le cose di cui bisogna vergognarsi. PRESIDENTE. È iscritto a parlare l’onorevole Buontempo. Ne ha facoltà. TEODORO BUONTEMPO. Signor Presidente, le parole espresse dal Presidente del Consiglio nella parte finale sono state molto chiare e, per chi, come me, ha vissuto un profondo travaglio alla vigilia di questo dibattito, quando il Presidente del Consiglio, oggi, ha detto in maniera estremamente chiara « non siamo un paese belligerante, non inviamo truppe, non partecipiamo ad operazioni di guerra; concediamo le basi ed il sorvolo aereo nell’ambito di trattati internazionali e dell’Alleanza atlantica », queste parole avrebbero dovuto costringere ciascun parlamentare e i gruppi, anche se in posizioni diverse, ad una ulteriore riflessione. A me pare, invece, che si sia trasformato il tutto nella solita polemica tra maggioranza ed opposizione, polemica che l’importanza dell’argomento non meritava. Tali dichiarazioni rappresentano, indubbiamente, il punto di equilibrio possibile nel momento in cui si svolge questo dibattito e nel momento in cui dall’Iraq già arrivano notizie drammatiche. Ciò nonostante, mi resta l’imbarazzo profondo di fronte all’opinione che definisce tale guerra come legittima. No, non credo che siamo di fronte a quelle condizioni per le quali un attacco sarebbe inevitabile e legittimo; a me pare, semmai, che sia vero il contrario: l’azione degli ispettori, l’accerchiamento militare dell’Iraq, i dubbi sull’intervento armato espressi da importanti uomini di Governo di paesi europei, dalla Russia, dalla Cina e cosı̀ via, stavano portando al disarmo, un disarmo lento, contrastato, ma che sarebbe stato inevitabilmente raggiunto. Atti Parlamentari XIV LEGISLATURA — — DISCUSSIONI — 49 Camera dei Deputati — SEDUTA DEL Il Presidente del Consiglio ha colto il travaglio di milioni di uomini che esprimevano dissenso in tutto il mondo: ebbene, avrei sperato che esprimesse anche qualche dubbio sulla legittimità di una guerra che non ha l’avallo dell’ONU. PRESIDENTE. Onorevole Buontempo, la invito a concludere. TEODORO BUONTEMPO. Signor Presidente, mi avvio a concludere. L’Italia, in base alla sua Costituzione, in base al disposto dell’articolo 11, può partecipare ad un’azione di guerra soltanto se attaccata e soltanto se un paese alleato viene attaccato. Pertanto, mi asterrò dalle votazioni. Mi auguro che possa prevalere quella posizione espressa dal Presidente del Consiglio nel precedente dibattito, con l’ONU e per il rafforzamento del ruolo dell’Europa. PRESIDENTE. Non vi sono altri iscritti a parlare e pertanto dichiaro chiusa la discussione sulle linee generali. (Presentazione di risoluzioni) PRESIDENTE. Avverto che sono state presentate le seguenti risoluzioni: Craxi e Boato n. 6-00055, Violante ed altri n. 600056 e Elio Vito ed altri n. 6-00057 (vedi l’allegato A – Risoluzioni sezione 1). ROBERTO GIACHETTI. Chiedo di parlare sull’ordine dei lavori. PRESIDENTE. Ne ha facoltà. ROBERTO GIACHETTI. Signor Presidente, vorrei solamente sapere cosa stia succedendo in questa città, in particolare nei pressi di questo edificio, atteso che ho dovuto esibire quattro volte il mio tesserino di parlamentare per poter accedere alla Camera. C’è gente sconcertata che viene espulsa dalle piazze, gente cui non viene consentito di attraversarle (Commenti dei deputati dei gruppi di Forza Italia e di Alleanza nazionale) ! Vorrei sapere se già 19 MARZO 2003 — N. 283 vi sia una guerra in corso, se ci sia un coprifuoco ! Quali motivi di sicurezza vi sono ? Quali sono questi pericoli (Commenti dei deputati dei gruppi di Forza Italia e di Alleanza nazionale) ? Volete soltanto fotografare la necessità di tenere la gente lontana da questa Assemblea perché, probabilmente, in questa sede state per assumere decisioni che non hanno nulla a che fare con la volontà della gente (Commenti dei deputati dei gruppi di Forza Italia e di Alleanza nazionale) ! Vorrei sapere se si tratti di una disposizione del Presidente della Camera: non è possibile che né giornalisti né cittadini si possano avvicinare a questo edificio ! PRESIDENTE. Onorevole Giachetti, abbiamo capito qual è il suo problema. Ci informeremmo e le faremo sapere. (Replica e pareri del Governo) PRESIDENTE. Ha facoltà di intervenire il ministro degli affari esteri, che esprimerà altresı̀ il parere sulle risoluzioni presentate. FRANCO FRATTINI, Ministro degli affari esteri. Signor Presidente, onorevoli colleghi, molto si è detto sul ruolo dell’Italia: la legittimità giuridica e le ragioni politiche sono state illustrate e spiegate dal Presidente del Consiglio nel suo intervento. Ringrazio i colleghi della maggioranza che le hanno riprese e sostenute. Ho ascoltato con rispetto, senza condividerli, critiche giuridiche, inviti a seguire la posizione francese, richieste di chiudere persino lo spazio aereo agli Stati Uniti d’America. I nostri sentimenti sono oggi, anzitutto, il rammarico perché il dittatore iracheno non ha rispettato, ancora una volta, le Nazioni Unite e le sue risoluzioni e non ha finalmente rimosso le armi di distruzione di massa, pericolo reale ed attuale per tutto il mondo. Abbiamo cercato la soluzione pacifica fino all’ultimo e ancora fino all’ultimo Saddam Hussein potrebbe rispondere positivamente alla richiesta di lasciare il Atti Parlamentari XIV LEGISLATURA — — DISCUSSIONI — 50 SEDUTA DEL paese. Noi non ci arrendiamo fino all’ultimo minuto, ma purtroppo, come voi sapete, Saddam Hussein ha già detto con chiarezza che non accetterà. Il Presidente del Consiglio ha svolto personalmente – come molti di voi sanno – una serie di tentativi per convincere molti paesi arabi che sono nostri amici, amici sinceri, ad esprimere un tentativo nei confronti del dittatore iracheno, chiedendogli con franchezza di distruggere finalmente le armi, di indire libere elezioni, di permettere nel suo paese la libera stampa, di riconoscere i diritti umani e i diritti dell’opposizione. A tutto questo, come sapete, è stata data risposta nettamente negativa. Oggi è l’ora delle scelte. Noi non abbiamo dubbi: tra le grandi democrazie del mondo e il dittatore iracheno, scegliamo le democrazie, scegliamo la conferma della politica europea ed atlantica che ha guidato l’Italia negli ultimi cinquant’anni. Non siamo belligeranti, ma sappiamo da che parte stare ed abbiamo il dovere di compiere una scelta. Ci batteremo ancora in Europa per ritrovare ciò che ci unisce, non per sottolineare quello che ci divide. Credo proprio che, nelle prossime settimane, nei prossimi mesi, l’Italia potrà dare un forte contributo a quel pilastro politico che è la costruzione dell’azione europea, del suo ruolo nella scena internazionale, del rilancio indispensabile della coesione euroatlantica. L’Italia – mi rivolgo ai molti colleghi dell’opposizione che sono intervenuti su questo punto – è vista come un paese che può aiutare, essendo sinceramente europeista e, al tempo stesso, forte amico degli Stati Uniti d’America, il recupero sincero della sintonia tra i quindici e con i nuovi dieci membri dell’Unione europea, a cominciare dal tema essenziale della riforma delle istituzioni europee. PRESIDENZA DEL PRESIDENTE PIER FERDINANDO CASINI (ore 15,24) FRANCO FRATTINI, Ministro degli affari esteri. Colleghi, avremo bisogno di un Camera dei Deputati — 19 MARZO 2003 — N. 283 forte sostegno di tutti, della maggioranza e dell’opposizione, per il successo di una fase importante che si aprirà con la prossima Presidenza italiana dell’Unione europea, anche in uno scenario cosı̀ delicato. Se avremo successo, non sarà il successo di una sola parte, ma sarà il successo del nostro, del vostro paese, colleghi dell’opposizione (Applausi dei deputati dei gruppi di Forza Italia, di Alleanza nazionale, dell’Unione dei democratici cristiani e dei democratici di centro, della Lega nord Padania e Misto-Liberal-democratici, Repubblicani, Nuovo PSI) ! Signor Presidente, esprimo infine parere contrario sulle risoluzioni Craxi e Boato n. 6-00055 e Violante ed altri n. 600056, mentre il parere è favorevole sulla risoluzione Elio Vito ed altri n. 6-00057. PRESIDENTE. Vorrei cogliere l’occasione per dire all’onorevole Giachetti che il mantenimento dell’ordine, anche nelle piazze e nelle vie adiacenti alla Camera dei deputati, è riconducibile a decisioni che spettano agli organi competenti dello Stato, nella fattispecie alla questura di Roma. È chiaro che i provvedimenti che, di volta in volta, vengono adottati per contenere o regolare l’afflusso delle persone si basano su un complessivo apprezzamento delle situazioni che non compete, in alcun modo, alla Presidenza della Camera. Faccio presente, peraltro – onorevole Giachetti, lei lo sa –, che la Presidenza della Camera ha da sempre consentito che in una parte consistente di piazza Montecitorio si svolgano quotidianamente manifestazioni delle più diverse provenienze. ROBERTO GIACHETTI. Per questo mi meraviglio, infatti ! PRESIDENTE. Non credo vi siano problemi, ma ho chiesto naturalmente agli uffici e, in particolare, al Vicesegretario generale che si occupa di tali rapporti, di accertarsi in ordine a quanto lei ha detto in aula, come è giusto fare. Sospendo ora brevissimamente la seduta che riprenderà alle 15,30 esatte con le dichiarazioni di voto. Atti Parlamentari XIV LEGISLATURA — — DISCUSSIONI — 51 SEDUTA DEL La seduta, sospesa alle 15,25, è ripresa alle 15,30. (Dichiarazioni di voto) PRESIDENTE. Passiamo alle dichiarazioni di voto. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l’onorevole Detomas. Ne ha facoltà. GIUSEPPE DETOMAS. Signor Presidente, signori rappresentanti del Governo, onorevoli colleghi, il nostro gruppo (che rappresenta forze politiche che hanno responsabilità di governo in importanti regioni del nostro paese e che dunque ha un senso di responsabilità spiccato) ha seguito con attenzione le dichiarazioni del Presidente del Consiglio, condividendone anche alcuni punti. Ciò nondimeno ritiene che i dubbi e le perplessità evidenziate questa mattina dal collega Collè non siano state del tutto fugate e quindi la preoccupazione è grave, e deriva dal fatto che non sono state date quelle risposte esaustive ai dubbi che ci attanagliano. Il fatto che alcuni partner europei abbiano concesso (o si accingano a concedere) l’uso di basi, nonché l’uso di supporti logistici, non risolve il problema, dato dal fatto che noi abbiamo un ordinamento costituzionale interno diverso. Infatti, la nostra Costituzione (che riteniamo un importante segno di un paese democratico) ci impedisce di dare supporti logistici, anche indiretti, ai paesi che in questo momento si accingono a sferrare un attacco all’Iraq. Questa nostra interpretazione dell’articolo 11 della Costituzione è supportata anche da un appello del Presidente della Repubblica, nonché da molti giuristi che tendono a dare, dell’articolo 11, un’interpretazione restrittiva. La scappatoia, per cosı̀ dire, potrebbe essere data da un deliberato degli organismi internazionali ai quali l’Italia aderisce (come l’ONU, la Nato o il Consiglio d’Europa), ma questi deliberati non ci sono. Allora ci si trova di fronte ad un’iniziativa unilaterale, alla quale l’Italia Camera dei Deputati — 19 MARZO 2003 — N. 283 evidentemente – anche alla luce della nostra carta costituzionale – non può aderire e non può dare sostegno. Il Presidente del Consiglio questa mattina ha effettuato delle dichiarazioni che riteniamo di non poter condividere fino in fondo. Il ministro degli esteri ha posto un opzione: stiamo tra i paesi democratici e non con la dittatura irachena. Ebbene anche noi stiamo con i paesi democratici... PRESIDENTE. Onorevole Detomas, la invito a concludere perché lei ha esaurito il suo tempo. GIUSEPPE DETOMAS. ...e non con la dittatura irachena, ma tra i paesi democratici scegliamo quei paesi che con noi hanno tradizioni comuni, quei paesi europei che non si arrendono alla logica della guerra e che vogliono perseguire ogni strada per evitarla. Alla luce di tutto ciò non possiamo che accogliere e votare favorevolmente la mozione presentata dall’Ulivo (Applausi dei deputati dei gruppi Misto-Minoranze linguistiche, dei Democratici di sinistra-l’Ulivo e della Margherita, DL-l’Ulivo). PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l’onorevole La Malfa. Ne ha facoltà. GIORGIO LA MALFA. Signor Presidente, onorevoli colleghi, l’accusa più ripetuta nei confronti del Governo in queste settimane, e ancora nel dibattito di questa mattina, è stata quella di aver tenuto, con riferimento a questa grave crisi internazionale, una posizione oscillante ed ambigua. A mio giudizio, questa è una valutazione errata, che non coglie uno dei punti più importanti della posizione che il Governo italiano ha saputo tenere nel corso di questi mesi. Il Governo italiano ha riaffermato con forza, fin dall’inizio della crisi, i due fondamenti che la politica estera italiana ha sempre avuto fin dall’immediato dopoguerra (e sia consentito di dirlo e di testimoniarlo al rappresentante di uno dei partiti che a quell’impostazione ha dato un contributo determi- Atti Parlamentari XIV LEGISLATURA — — DISCUSSIONI — 52 SEDUTA DEL nante fin dall’indomani della seconda guerra mondiale). Questi due fondamenti, di pari importanza e di pari valore, sono costituiti dall’unione dei paesi dell’Europa e dalla solidarietà e dall’unità fra l’Europa e gli Stati Uniti. L’Unione europea e l’Alleanza atlantica sono state, per il nostro paese e per le forze politiche che hanno avuto la responsabilità continuativa della guida dei governi nel dopoguerra italiano, i due fondamenti di uguale peso e di eguale importanza, nessuno dei quali poteva essere sacrificato all’altro e che il Governo italiano ha saputo riaffermare nel corso di questa dolorosissima e difficilissima crisi. Questi valori, volti a mettere sullo stesso piano e sullo stesso terreno l’unità dell’Europa e l’unità della Comunità atlantica, univano ed hanno unito storicamente l’Italia in particolare alla Germania. E se vi è stato un paese che, nel corso di questi mesi, si è distaccato da un punto tradizionale della sua politica, non è stata l’Italia ma la Germania, che ha scelto di rompere quel legame di solidarietà atlantica dal quale è difesa la sicurezza dei nostri paesi ed anche la riunificazione della Germania stessa. Onorevoli colleghi, quando il Presidente del Consiglio questa mattina, dopo aver affermato con forza la legalità di un intervento militare nella situazione irachena – e non solo la legalità, ma la liceità e la necessità dal punto di vista dell’ordine internazionale – ha nello stesso tempo affermato la non belligeranza dell’Italia in questa guerra che temiamo possa scatenarsi, ha scelto l’estremo tentativo di fissare una posizione che, come futuro paese che avrà la responsabilità della guida dell’Unione europea nel corso di questo anno, possa servire a ricostruire l’unità dell’Europa e la solidarietà atlantica. Dunque, il Presidente del Consiglio ha scelto una posizione di grande lungimiranza politica. La valutazione del partito che ho l’onore di rappresentare è che vi fossero le condizioni giuridiche e politiche che avrebbero giustificato per l’Italia la partecipazione attiva allo sforzo militare e, se il Governo avesse proposto questa posi- Camera dei Deputati — 19 MARZO 2003 — N. 283 zione, noi l’avremmo sostenuta. Ma comprendiamo le ragioni per le quali, proprio al fine di preservare una prospettiva per il domani – perché ci sarà un domani e noi speriamo che presto ci sia un domani al di là della crisi irachena –, proprio per preservare le basi di un’Alleanza atlantica e di un’Unione europea, l’Italia ha deciso di compiere questo estremo sforzo. PRESIDENTE. Onorevole La Malfa, ha terminato il tempo a sua disposizione. GIORGIO LA MALFA. Concludo, signor Presidente. Non capisco perché almeno una parte dell’opposizione – quella che proviene dalla nostra stessa tradizione – si sottragga a questa responsabilità. Per tali motivi, la componente Repubblicani e Nuovo PSI sosterranno pienamente la posizione espressa nella risoluzione di maggioranza (Applausi dei deputati dei gruppi Misto-Liberal-democratici, Repubblicani, Nuovo PSI, di Forza Italia e di Alleanza nazionale). PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l’onorevole Pisicchio. Ne ha facoltà. PINO PISICCHIO. Signor Presidente, signor Presidente del Consiglio, onorevoli colleghi, forse è inevitabile che le crisi internazionali si offrano ad interpretazioni di tipo domestico, con tutto il corredo di strumentalità ad uso antagonistico che si addice ad argomentazioni come queste. Ma – e questo è il punto – di fronte alla guerra è forse necessaria una qualche moratoria della belligeranza verbosa del politicismo di ogni giorno per lasciare posto a qualche verità. Dunque, mi sono domandato cosa avrebbe potuto fare un Governo di centrosinistra se si fosse trovato al posto del Governo Berlusconi. Ritengo che avrebbe posto attenzione – cosı̀ come ha saputo fare in altri momenti cruciali – alle ragioni che Romano Prodi ha sottolineato con acutezza qualche giorno fa, cioè di non prestarsi all’azione demolitoria della legalità internazionale Atti Parlamentari XIV LEGISLATURA — — DISCUSSIONI — 53 SEDUTA DEL che deriva dall’ONU e, al tempo stesso, di farsi carico della necessità di non divaricare oltremodo l’Europa dall’alleato americano. Infatti, guai se questa maledetta guerra recasse con sé, insieme al nefasto carico di morte, anche la scissura nell’occidente tra America ed Europa, solcando in qualche modo la condizione di isolamento del popolo americano. La nostra ferma contrarietà all’insulto giuridico della guerra preventiva, che non deve però farci dimenticare le nefandezze compiute da un dittatore come Saddam Hussein, non può non tradursi in un’iniziativa politica tesa a riannodare – e subito – i fili di un rapporto tra Europa e America. È questa la missione del nostro paese, oggi, e non un gesto di pigra ed acritica subordinazione alla chiamata alle armi americana. Signor Presidente del Consiglio, siamo ben consci della pericolosa esiguità del margine di manovra della politica tra la necessaria lealtà nei confronti degli USA e l’indispensabile fedeltà alle istituzioni garanti della legittimità internazionale, ONU ed Unione europea in testa; tuttavia, non si esce dalla strettoia lasciandosi catalogare dal Governo Bush come sostenitori della guerra. Sono cattolico e l’appello del Papa mi interroga profondamente; ma ho anche il dovere della politica, come membro di questo Parlamento. Non sono soltanto le ragioni umanitarie a dettare la mia scelta ma anche, e soprattutto, le ragioni della politica e il quadro delle regole costituzionali. Il limite, più volte citato, dell’articolo 11 della Costituzione impedisce di considerare l’intervento unilaterale in Iraq come un’operazione di polizia internazionale. Da qui il nostro « no » chiaro e forte ad ogni sostegno attivo alla guerra. Onorevoli colleghi, credo che a questo punto le parole si siano consumate tutte e non vi sia altro spazio, da questo momento in poi, che per i gesti concreti. Il gesto che il Governo ha il dovere di compiere, anche in vista del semestre di Presidenza in Europa, consiste nel riprendere subito il dialogo tra gli europei, per ricostruire un tessuto di solidarietà, messo duramente Camera dei Deputati — 19 MARZO 2003 — N. 283 alla prova dalla crisi irachena (Applausi dei deputati dei gruppi Misto-UDEUR-Popolari per l’Europa, della Margherita, DL-l’Ulivo e Misto-Socialisti democratici italiani). PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l’onorevole Pecoraro Scanio, al quale ricordo che ha cinque minuti di tempo a disposizione. Ne ha facoltà. ALFONSO PECORARO SCANIO. Signor Presidente, stamattina abbiamo assistito all’intervento del Presidente del Consiglio, che è sembrato una caricatura del Presidente Bush (Commenti di deputati del gruppo di Alleanza nazionale), ad un intervento che, nello stesso tempo, è stato abbastanza ipocrita da consentire... PRESIDENTE. Onorevoli colleghi, non cominciamo, perché dopo le parti si ribaltano ! ALFONSO PECORARO SCANIO. Signor Presidente, la ringrazio. Sappiamo che parlare un linguaggio di verità crea difficoltà a chi, come il centrodestra, oggi non è riuscito a presentare una mozione (Commenti di deputati dei gruppi di Forza Italia e di Alleanza nazionale) e ci ha proposto una riga. Questa è la mozione del centrodestra. Rispetto alla guerra, rispetto ad un fatto cosı̀ grave, non sono riusciti a far altro che dichiarare: udite le dichiarazioni del Presidente del Consiglio, le approva. Giustamente, il Presidente del Consiglio è riuscito, contemporaneamente, a dichiarare che l’Italia è arruolata, come ha detto ieri Powell, dagli alleati di una guerra (e, quindi, è cobelligerante) e a sostenere che non è belligerante. Ovviamente, si tratta di affermazioni che possono accontentare chi voglia essere preso in giro. Queste dichiarazioni sono una truffa, perché chi vuole rispettare in modo palese la Costituzione deve dire che l’Italia rifiuta non soltanto la belligeranza ma anche la cobelligeranza, derivante dall’essere stati chiamati a far parte di un’alleanza. Peraltro, l’abbiamo saputo prima Atti Parlamentari XIV LEGISLATURA — — DISCUSSIONI — 54 SEDUTA DEL dal Segretario di Stato americano. E, poi, si gioca all’equivoco, qui, in Parlamento. La realtà è che non ci troviamo a scegliere se stare con gli alleati delle democrazie o con Saddam. Gli alleati tradizionali dell’Italia sono divisi perché il Presidente Bush e alcune altre amministrazioni hanno una posizione, altri nostri tradizionali alleati, quali la Germania e la Francia, ne hanno assunta un’altra. Quindi, oggi la scelta è tra una cultura internazionale in cui è il diritto ad avere valore e una cultura in cui è la forza che impone la democrazia e le regole. Questa è la scelta che un Presidente del Consiglio avrebbe dovuto sottoporre al Parlamento: tra una logica internazionale – nell’ambito della quale noi vogliamo un tribunale penale internazionale, davanti a cui tutti i dittatori possano essere giudicati, e una vera forza di polizia internazionale, in grado di intervenire – e una cultura in cui decide il Presidente degli Stati Uniti, con l’attuale Amministrazione americana, che non ha niente a che vedere con il popolo americano. Noi siamo amici del popolo americano, di quel popolo che ha anche manifestato davanti alla Casa Bianca e che, per molta parte, è contrario alla guerra di Bush. Ci sentiamo nel diritto di essere da quella parte essendo contro Saddam Hussein, ma essendo contro le guerre, sempre e comunque, perché queste guerre di conquista e di invasione sono vietate anche dalla nostra Costituzione e dai trattati internazionali. Signor Presidente, quindi, in realtà, lei si nasconde dietro una dichiarazione confusa che permette di firmare una sola riga a una maggioranza in crisi. Peraltro, c’è anche la risoluzione contro la guerra firmata da Craxi e da Cossiga, che sono esponenti del centrodestra: quindi, questa volta siete spaccati e cercate di mettere delle toppe su questo disastro di politica internazionale che avete combinato. D’altra parte, dobbiamo dare atto che, finalmente, tutto il centrosinistra è unito nel dire chiaramente « no » alla guerra. In ogni caso, io spero che non sia unito solo il centrosinistra, ma che qualche parla- Camera dei Deputati — 19 MARZO 2003 — N. 283 mentare cattolico e pacifista trovi il coraggio di votare secondo la propria coscienza e non secondo una logica di ipocrisia per fare almeno una parte di quello che i parlamentari laburisti sono riusciti a fare votando liberamente, anche in contrasto alle posizioni guerrafondaie espresse attualmente dal Governo della Gran Bretagna. Noi Verdi voteremo non solo con molta convinzione la mozione unitaria, ma invitiamo i cittadini alla massima mobilitazione perché è legittimo ed utile opporsi in tutti i modi non violenti a questa guerra. Daremo costantemente informazioni di tutte le mobilitazioni possibili anche attraverso il nostro sito Internet (www.verdi.it), a cominciare dall’invito che rivolgiamo, per esempio, a non utilizzare una società come la Esso, che è fornitrice di carburante per l’esercito degli Stati Uniti. Noi riteniamo che tutte la iniziative pacifiche e non violente – come quelle del consumo responsabile –, che impediscano di seguire una logica perversa come quella della guerra, siano giuste e utili. Oggi il problema è la scelta tra un modello internazionale che si basi sul diritto e sulla pace e che metta la guerra fuori legge come strumento di risoluzione dei conflitti internazionali e un modello, invece, che si basi sulla forza e sulla vecchia logica di potenza da cui consegue che questa guerra – va ripetuto – è illegittima. Tutte le guerre sono ingiuste, ma questa è anche illegittima, secondo la Carta delle Nazioni Unite, secondo il Patto atlantico, secondo la Costituzione repubblicana. PRESIDENTE. Onorevole Pecoraro Scanio, la prego di concludere. ALFONSO PECORARO SCANIO. Quindi, un voto diverso sarebbe un voto incostituzionale che, per quanto ci riguarda, è gravissimo ed è irresponsabile (Applausi dei deputati dei gruppi MistoVerdi-l’Ulivo, di Rifondazione comunista e Misto-Comunisti italiani). PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l’onorevole Vil- Atti Parlamentari XIV LEGISLATURA — — DISCUSSIONI — 55 SEDUTA DEL letti, al quale ricordo che ha 6 minuti a disposizione. Ne ha facoltà. ROBERTO VILLETTI. Signor Presidente, signor Presidente del Consiglio, la questione di fondo sulla quale la Camera è chiamata a pronunciarsi è se dare l’assenso o esprimere il dissenso nei confronti dell’intervento militare americano in Iraq senza l’avallo dell’ONU. Non è la valutazione sulla pericolosità del regime di Saddam ad aver creato divisioni e neppure la concessione dell’uso delle basi è quella che divide i paesi appartenenti all’alleanza atlantica. Per quanto riguarda l’Italia, è evidente che l’uso delle basi non deve essere rivolto a qualunque azione che configuri un coinvolgimento dell’Italia nelle operazioni di guerra, come dice la risoluzione presentata dall’Ulivo. L’Italia ha avuto finora un comportamento difficile da decifrare. Anzi, siamo ad un vero e proprio paradosso che non fa onore al nostro paese. Sul Corriere della Sera Paolo Franchi ha osservato che si è avuta la notizia della partecipazione dell’Italia alla coalizione a guida americana da Colin Powell e non dal Governo italiano. Ed è proprio su questa questione centrale, quella della pace e della guerra, che il Presidente del Consiglio ha fatto un discorso che è stato contraddittorio, tortuoso ed ambiguo. È vero che il Presidente Berlusconi ha cercato di giustificare l’intervento degli Stati Uniti in Iraq e ha detto « sı̀ » alla guerra senza l’ONU, senza tuttavia trarne da queste sue considerazioni le dovute conseguenze. Incertezze, titubanze e oscillazioni nascono da una scelta che appare poco convinta e che – si sa – va contro l’orientamento prevalente dell’opinione pubblica italiana. A mio giudizio, signor Presidente del Consiglio, è anche un risultato dell’iniziativa dell’opposizione che lo ha incalzato in tutti questi giorni sulla questione della pace e della guerra. La scelta dell’amministrazione americana deve essere compresa nelle sue caratteristiche strategiche. Il New York Times ha scritto che questa guerra corona un periodo di terribili fallimenti diplomatici, il peggiore per Camera dei Deputati — 19 MARZO 2003 — N. 283 Washington almeno dall’ultima generazione. Mai come oggi l’amministrazione americana è andata avanti senza tener conto dell’ONU, della NATO e della stessa Unione europea. Dall’altra sponda dell’Atlantico viene un messaggio che è tutt’altro che rassicurante: ciò che conta nelle scelte internazionali è solo la legge del più forte. Da questo momento, tutti sono nuovamente chiamati a rafforzare i propri apparati militari, a cominciare dalla Russia e dalla Cina, come unico mezzo per contare politicamente ed economicamente. Questa situazione può disgraziatamente acuire i conflitti esistenti, accendere nuovi focolai terroristici e spingere a guerre di religione. L’Europa deve cercare di far tornare tutti alla ragionevolezza, tentare di ricucire le relazioni con gli Stati Uniti e operare per il rafforzamento delle istituzioni sovranazionali (l’ONU, la NATO e l’Unione europea). L’Europa deve anche riflettere sulla necessità, dopo la scelta solitaria degli Stati Uniti, di ritrovare la propria unità. L’Europa deve sapere che, dopo la scelta del Presidente Bush, per giocare un ruolo rilevante deve dotarsi, accanto alla moneta, anche della spada: moneta e spada sono le chiavi per affrontare il nuovo scenario internazionale. Solo cosı̀ si possono affermare le ragioni dell’Europa, che devono essere per il dialogo tra i popoli e le religioni, per favorire soluzioni negoziate e lavorare per la pace. Signor Presidente, la pace è un valore, non si può volere la pace a tutti i costi. I Socialisti democratici italiani hanno detto sin dall’inizio che erano con l’ONU, senza se e senza ma, e siamo assolutamente contro ogni forma di antiamericanismo: come ha detto Intini nel dibattito odierno, Bush passa, gli Stati Uniti restano. Noi siamo contrari al regime di Saddam ed alla guerra unilaterale degli Stati Uniti, siamo per la pace. Da Bagdad giungono notizie contraddittorie sulla sorte del numero due del regime iracheno Tarek Aziz: speriamo che gli iracheni sappiano risolvere il problema Saddam, evitando cosı̀ la guerra. Del resto, con questo spirito abbiamo sostenuto l’ini- Atti Parlamentari — XIV LEGISLATURA — DISCUSSIONI — 56 SEDUTA DEL ziativa di Marco Pannella per cercare di mandare in esilio il dittatore iracheno. Fino all’ultimo non lasciamo cadere le speranze di evitare la guerra; fino all’ultimo cerchiamo di contribuire a risolvere il problema del disarmo di Saddam preservando la pace. Ecco, Signor Presidente del Consiglio, ciò che attendevamo da lei: un messaggio che legasse intimamente l’Italia alla pace nel mondo e per questo l’Ulivo, noi dell’opposizione, noi Socialisti democratici ci impegneremo nelle prossime ore e nei prossimi giorni (Applausi dei deputati dei gruppi Misto-Socialisti democratici italiani, dei Democratici di sinistra-l’Ulivo e della Margherita, DL-l’Ulivo). PRESIDENTE. per dichiarazione liberto, al quale minuti di tempo facoltà. Ha chiesto di parlare di voto l’onorevole Diricordo che ha sette a disposizione. Ne ha OLIVIERO DILIBERTO. Signor Presidente, onorevoli colleghi, la mia generazione non ha vissuto la tragedia della guerra e, credetemi, pensavo ingenuamente che l’Italia non l’avrebbe vissuta mai più. Cosı̀ volevano coloro che scrissero la Costituzione con le parole: « l’Italia ripudia la guerra ». Non semplicemente rifiuta ma ripudia, parola che contiene una condanna politica, ma anche e soprattutto morale. L’Italia, la vostra Italia, ora apprezza la guerra. Sono le parole del Presidente del Consiglio che ha apprezzato la decisione americana di entrare in guerra, senza alcuna legittimazione internazionale, violando la Costituzione, distruggendo l’unità europea, in spregio alle parole del Pontefice che, pure, avete ipocritamente applaudito in quest’aula (Commenti dei deputati del gruppo di Forza Italia). Milioni di donne e di uomini hanno manifestato contro la guerra, ma voi li avete ignorati o derisi. L’onorevole Berlusconi apprezza la guerra. È terribile e non so neppure se ve ne rendiate conto fino in fondo. Il Governo va avanti, indossa l’elmetto, obbedisce agli ordini. Dopo questa guerra di Camera dei Deputati — 19 MARZO 2003 — N. 283 evidente stampo colonialista, dopo altre centinaia di migliaia di morti innocenti, dopo altre distruzioni, queste sı̀, di massa, dopo decine di migliaia di profughi che avremo il dovere di accogliere nel nostro paese, nulla sarà più come prima. L’equilibrio mondiale è definitivamente in frantumi. L’America non è mai stata cosı̀ forte, ma, al contempo, non è mai stata cosı̀ debole ! Gli Stati Uniti vivono come in un fortino assediato: sono contro l’ONU, contro i principali Stati europei, contro la Russa, contro la Cina, contro l’intero popolo islamico sparso in tre continenti; un fortino assediato che si prepara alla guerra preventiva, ma anche permanente. L’Italia, con l’America, è chiusa dentro quel fortino ! Assediati anche noi, ma molto più deboli, molto più esposti alle rappresaglie, alle vendette ed al terrorismo. È la nuova guerra globale contro cui esiste solo il terrorismo globale, nemico mortale, certo, ma che non si combatte con la guerra, perché il terrorismo è alimentato proprio dai morti, dagli embarghi, dalla disperazione, dall’odio e dalla paura (la tragedia palestinese lo insegna), ma siete ciechi o meglio non volete vedere. La guerra era già decisa, una guerra intrapresa non già per rovesciare un tiranno, a suo tempo peraltro aiutato e finanziato dagli Stati Uniti quando Saddam serviva contro un altro nemico. La guerra serve ad occupare un’area strategica del mondo ed i suoi pozzi di petrolio. Avete già concesso, in spregio alla Costituzione che prevede un voto del Parlamento che ancora non c’è stato, le basi, il sorvolo del territorio nazionale, piloti italiani, l’intero trasporto civile ed i nostri alpini in Afghanistan sono impegnati in azioni di guerra, in sostituzione di truppe di altri paesi che andranno in Iraq. Noi comunisti italiani vi chiediamo che vengano ritirati e bene abbiamo fatto a suo tempo a votare contro quella spedizione. Siamo già in guerra, una guerra che non prevede confini o limiti temporali e che non esclude – lo ha dichiarato il ministro della difesa americano – l’impiego dell’arma nucleare. Ma vi rendete Atti Parlamentari XIV LEGISLATURA — — DISCUSSIONI — 57 SEDUTA DEL conto in quale tragedia immane state conducendo il nostro popolo (Commenti dei deputati del gruppo di Alleanza nazionale) ? Decenni di politica di pace, di cooperazione, di confronto con il mondo arabo tra culture e religioni diverse, decenni di positiva attività diplomatica sono andati in fumo. Ora l’Italia è priva di uno straccio di politica estera autonoma; siamo considerati soltanto dei servi: è un’amara constatazione, ma è la verità. Dobbiamo continuare a batterci per la pace anche quando saranno iniziati – ahimè – i primi bombardamenti. Saremo a fianco dei lavoratori che hanno indetto gli scioperi, saremo nelle manifestazioni, nelle assemblee, ovunque vi saranno donne e uomini che intendano continuare a battersi contro la guerra. Cari colleghi, tutti noi abbiamo un dovere perché la mia generazione, la nostra generazione, ha ricevuto un regalo grandissimo dai nostri genitori – me ne sono reso conto solo ora che è in pericolo –: è il regalo di averci fatto nascere, crescere e diventare adulti in un’Italia amante della pace. È un regalo che non ha prezzo e che i nostri genitori hanno conquistato con la resistenza e con la Costituzione; oggi noi abbiamo il dovere di cercare di fare ai figli della nostra generazione un analogo regalo: nascere, crescere e diventare adulti in un’Italia altrettanto amante della pace. Sarà purtroppo difficilissimo nella nuova e tragica situazione che state determinando, ma noi lo faremo con tutte le nostre forze. Dedicheremo alla causa della pace ogni nostra energia ! È il tragico compito di fronte al quale ci troviamo per colpa di una classe dirigente irresponsabile e criminale. A questo compito, state pur certi, noi non ci sottrarremo ! Questa sporca guerra non la farete in nostro nome (Applausi dei deputati dei gruppi Misto-Comunisti italiani, dei Democratici di sinistra-l’Ulivo e della Margherita, DL-l’Ulivo – Congratulazioni) ! PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l’onorevole Bertinotti, al quale ricordo che ha dieci minuti di tempo a disposizione. Ne ha facoltà. Camera dei Deputati — 19 MARZO 2003 — N. 283 FAUSTO BERTINOTTI. Signor Presidente, onorevoli colleghi e colleghe, la guerra sta precipitando e la scelta è esclusiva dell’amministrazione Bush. Nulla, neanche i crimini, la giustificano: il re è nudo e del resto mai il Governo degli Stati Uniti d’America è stato cosı̀ impopolare nel mondo. Mai è stata compiuta una scelta che rischia di essere cosı̀ distruttiva, nell’oggi e nel domani, per l’umanità e per la politica. Del resto, è stato cosı̀ avvertito questo tempo, che si è sollevata un’opinione pubblica mondiale contro la guerra, che da un giornale come il New York Times è stata eletta a seconda superpotenza mondiale. Questa guerra precipiterà in una catastrofe umanitaria il popolo dell’Iraq. Si sa che le guerre, assai più che i tiranni, colpiscono i popoli e, nei popoli, i più poveri: il sud del mondo. In una guerra che, oltre alla distruzione, avvelenerà ulteriormente il rapporto tra il sud ed il nord del mondo. Un popolo intero già colpito da un blocco disumano ora verrà colpito dalla guerra. Noi, come tanti e tante, viviamo ore di angoscia, ma non siamo disperati. La speranza abbiamo contribuito a costruirla e vivrà. Questa speranza di un popolo mondiale contro la guerra non ha fermato la guerra e non l’ha impedita. Potrà tuttavia fermare questa guerra che si vuole infinita ed indefinita. L’opposizione alla guerra crescerà ! Signor Presidente del Consiglio, lei avrà la maggioranza in questo Parlamento, ma lei sa, come tutti, che non ha la maggioranza in questo paese. E quando questa guerra precipiterà, il paese sarà segnato da uno sciopero generale, dalla partecipazione dei lavoratori e delle lavoratrici alla lotta e alle manifestazioni che vi saranno in tutta Italia. Ne ha parlato diffusamente la collega Deiana. Ma non le vedete le bandiere della pace che segnano un nuovo corso di questo paese ? Non avete visto la composizione delle manifestazioni per la pace ? Sicuramente queste non hanno impedito la guerra, ma potranno fermarla. Non ha impedito la guerra neanche il Pontefice Atti Parlamentari XIV LEGISLATURA — — DISCUSSIONI — 58 SEDUTA DEL che ha usato parole senza precedenti e che ha parlato di guerra criminale. Domenica, con un ricorso alla drammatica memoria della seconda guerra mondiale, ha usato l’anatema: mai più la guerra ! Anche lui non è riuscito a fermarla, cosı̀ com’è non l’hanno fermata l’opposizione, la minaccia di veto di paesi cosı̀ importanti del mondo, spesso alleati, come voi, degli Stati Uniti d’America. Ma questo movimento, questa opinione e questi spostamenti di forze hanno indebolito l’impero e la sua logica. Hanno disvelato tutta la sua ipocrisia ed hanno rilevato il carattere di questa guerra: una guerra per il controllo di risorse strategiche, cinicamente perseguita con determinazione assoluta. Si chiamano petrolio, acqua e risorse biologiche. Una guerra costruita per controllare un’area geopolitica del mondo, quella del Golfo persico, ed irradiare da quella posizione ricatti verso altre aree. Una guerra imperiale, fatta con solo una manciata di governi amici e senza l’ONU. Signor Presidente del Consiglio, lei ha citato le vicende del Consiglio di Sicurezza, ma, al contrario di quello che lei sostiene, queste sono rivelatrici del carattere illegittimo di questa guerra. Il Governo degli Stati Uniti è stato indotto a « passare » per l’ONU dai suoi alleati e da quelli che lo sostenevano. L’articolo 41 del trattato delle Nazioni Unite, che illustra inequivocabilmente il significato della risoluzione 1441 del 2002, esso prevede che quando si accerta l’esistenza di una qualsiasi minaccia alla pace, violazione della pace o atto di aggressione, le Nazioni Unite hanno il potere di misure « non implicanti l’uso della forza ». E l’articolo 42 aggiunge che solo la constatazione dell’inadeguatezza di tali misure consente l’uso della forza. Questa constatazione, l’ONU non l’ha fatta. Non la poteva fare perché, al contrario, gli ispettori hanno dichiarato e chiesto più tempo per svolgere la loro azione. Non l’ha fatta perché gli Usa, dopo tanti sforzi diplomatici, anche pieni di ricatto, non hanno avuto la possibilità di consolidare una maggioranza nel Consiglio di sicurezza. Non l’ha potuto fare perché paesi come la Camera dei Deputati — 19 MARZO 2003 — N. 283 Francia, la Russia, la Cina hanno detto che avrebbero opposto il veto. E allora, signor Presidente del Consiglio, lei non può sfuggire a questa denuncia: questa guerra, oltre che brutale, è illegittima. Lei ha manifestato imbarazzo nel compiere questa scelta, una scelta secondo me servile nei confronti degli Stati Uniti d’America, che, tuttavia, non ha saputo giustificare. Anzi, lei ha proposto una scelta dura, aspra, di complicità con la guerra e di suo sostegno politico, ma nascosta con il minimalismo delle motivazioni. Cosı̀, lei non è riuscito a nascondere l’essenziale. Voi non avete colto l’opportunità che si presentava di costruire una nuova Europa. L’ha colta la Francia che ha un Presidente conservatore tuttavia consapevole della sua storia e che, pur con una cultura come quella gollista, ha saputo vedere un passaggio. E lo hanno saputo vedere altri, come la Russia, la Germania (ne ha parlato acutamente, in quest’aula, Saverio Vertone). Certo, le nostre motivazioni, quelle di cui ha parlato Ramon Mantovani, con grande chiarezza, non sono le motivazioni di una politica imperiale che tenta di affrontare il tema della crisi e della globalizzazione della crisi con una logica fondamentalista che si esprime nell’amministrazione Bush. E, tuttavia, quel tentativo cercava di dispiegare un’Europa diversa. Voi oggi, con questa scelta, vi collocate lontano dal popolo d’Italia e fuori da questa Europa. Voi contribuite ad aprire un interrogativo sul destino dell’umanità. Voi ripudiate le ragioni politiche della nuova Europa e della pace. Lo fate scegliendo comunque la vicinanza agli Stati Uniti d’America. È una prova di fedeltà, ma anche di accecamento della ragione politica. La fedeltà atlantica, peraltro, non vi porta a nulla perché è una fedeltà ad una alleanza in crisi, messa in crisi dagli stessi Stati Uniti d’America con la dottrina Bush e con la sostituzione ad essa di una geometria variabile, nella ricerca delle alleanze. Voi, in realtà, parlate di Alleanza Atlantica come se fosse la continuità e, invece, state parlando di una nuova co- Atti Parlamentari XIV LEGISLATURA — — DISCUSSIONI — 59 SEDUTA DEL struzione, di una alleanza subalterna ad un ordine imperiale. Non rifatevi ad un’altra Alleanza Atlantica cui noi siamo pure stati avversi; parlate di questa ! Non sapete parlare neppure in nome della continuità di una parte della classe dirigente italiana. Ma qual è la vostra idea dell’Italia, del Mediterraneo, dell’Europa ? Non vi parlerò di La Pira e della sua ispirazione; ma dov’è finita quella che ha attraversato anche le culture di molti di voi, del cattolicesimo politico ? Berlusconi, il Presidente, ha detto: gli argomenti della politica non possono mettere in discussione l’Alleanza Atlantica. È vero il contrario, signor Presidente: gli argomenti della politica possono e debbono mettere in discussione una Alleanza Atlantica che si rivela servile dipendenza dagli Stati Uniti d’America. L’Europa oggi è incompatibile con questo servilismo. Ecco perché vi diciamo: cominciamo dal « no » alle basi, cominciamo da una posizione in cui non basta dire di non essere belligeranti, finendo complici. Bisogna essere contro la guerra, vecchia, antica, parola d’ordine popolare: né un uomo né un soldo per la guerra ! Niente di niente. Non solo, come è ovvio, « no » a uomini italiani impegnati nella guerra, ma nulla di uso del territorio, di spazio aereo, di basi militari. Quello che lei non ha detto, signor Presidente, è che del resto questa scelta sarebbe illegittima, come riconosce anche un Presidente emerito della Repubblica italiana. La guerra degli Usa è illegittima per la carta dell’ONU; la posizione dell’Italia, che offre una cooperazione passiva delle basi militari, è illegittima dal punto di vista della Costituzione repubblicana. La disobbedienza civile diventa l’azione per ripristinare la legalità e la legittimità del Governo. Il popolo della pace lo saprà perseguire e noi diciamo al Presidente della Repubblica che sarebbe suo impegno intervenire per impedire questa illegalità. Oggi, nel Parlamento – e concludo, signor Presidente –, le opposizioni trovano un’unità e presentano davanti al paese una posizione comune che dice « no » alla Camera dei Deputati — 19 MARZO 2003 — N. 283 guerra e niente di niente dell’Italia per questa guerra ! Una posizione limpida che interpreta lo spirito del paese. In questo Parlamento, lo spirito dell’Italia è, oggi, rappresentato dall’opposizione. Il popolo della pace ne avrà un rafforzamento (Applausi dei deputati dei gruppi di Rifondazione comunista, dei Democratici di sinistra-l’Ulivo, della Margherita, DL-l’Ulivo, Misto-Comunisti italiani, Misto-Verdi-l’Ulivo e Misto-UDEUR-Popolari per l’Europa) ! PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l’onorevole Cè. Ne ha facoltà. ALESSANDRO CÈ. Signor Presidente, onorevole Presidente della Consiglio, onorevoli deputati, partiamo da un dato certo e condiviso dalla comunità internazionale: Saddam è un dittatore spietato ed estremamente pericoloso; ha ucciso 500 mila iracheni e ne ha incarcerati altrettanti, in dieci anni, per motivi politici; ha sterminato con i gas di curdi e decimato gli sciiti; finanzia il terrorismo, in particolare la jihad islamica, possiede armi di distruzione di massa, ritrovate anche recentemente nonostante il ripetuto diniego; non accetta l’ipotesi dell’esilio, al contrario, rilancia propositi bellicosi contro l’intero pianeta, promettendo il tributo di sangue innocente – lotteremo fino all’ultimo bambino – e minacciando la decapitazione di tutti possibili prigionieri. Da 12 anni, non ottempera alle risoluzioni ONU, quindi non può sfuggire ad alcuno che Saddam, e non altri, vuole la guerra ! Di fronte a questo quadro univoco, la comunità internazionale, piuttosto che ricompattarsi, si è divisa. Avevamo paventato sin dall’inizio questo rischio che oggi si è concretizzato. Già due mesi fa, avevamo rimarcato negativamente l’inspiegabile presa di posizione della Francia (in primis della Germania), la mania di grandezza di Chirac, assolutamente spropositata rispetto al ruolo e all’importanza che la Francia ha, oggi, all’interno della Comunità europea ed estremamente dannosa nei rapporti fra Comunità europea e Stati Uniti. Atti Parlamentari XIV LEGISLATURA — — DISCUSSIONI — 60 SEDUTA DEL La Francia, purtroppo, ha perseverato in questa scelta che potrebbe trovare, come unica attenuante, la presenza di una consistente comunità islamica. I suoi obiettivi di ritagliarsi una leadership europea, di diventare un interlocutore privilegiato del mondo arabo, di promuovere i pur legittimi interessi economici, ossia le opzioni per lo sfruttamento dei pozzi petroliferi in Iraq, sono risultati assolutamente dirompenti rispetto all’assoluta priorità della coesione della comunità internazionale. Sul versante americano, non ha certamente giovato la ruvidità diplomatica espressa da Chaney e da Condoleeza Rice. Pertanto, nonostante il positivo documento di tutta la comunità europea che prevedeva l’esclusione del rinvio sine die ed anche l’utilizzo della forza come ultima ratio, si era arrivati ad una situazione di stallo, ad una comunità internazionale divisa che rischiava di giocare in favore di Saddam. La risoluzione n. 1441 è stata letta in modo diverso dalla Francia, che l’ha svuotata, e dagli Stati Uniti che l’hanno riconosciuta come contenente deterrenza vera fino all’uso della forza. I termini « ultima opportunità » e « serie conseguenze » hanno ricevuto interpretazioni diverse. Pensiamo che sia prevalente l’interpretazione che ne ha dato il Presidente del Consiglio; ma detto ciò, il problema vero sta oggi nel decidere da che parte stare. Oggi, dobbiamo prendere una decisione politica molto importante: se confermare il nostro legame con gli Stati Uniti e solidarizzare con i 45 paesi che considerano non più sopportabili le prese in giro di Saddam, oppure sposare l’ipotesi dei paesi che chiedono un ulteriore rinvio. Certo, questo non è il migliore degli scenari possibili. Il multilateralismo è sempre la migliore soluzione e probabilmente si sarebbe potuti arrivare ad una soluzione concordata se non ci fosse stato uno stentato veto della Francia rispetto ad una possibile risoluzione ultimativa da parte dell’ONU. Ma ciò, purtroppo, non è stato. Camera dei Deputati — 19 MARZO 2003 — N. 283 È necessario, quindi, ponderare i rischi, difendere il più possibile i valori, ma fare una scelta netta ! La prima domanda che ci poniamo è la seguente: può l’Italia entrare in netto contrasto con gli Stati Uniti vietando l’uso delle basi ed il trasvolo del proprio territorio ? Non esiste alcuna motivazione, relativa a principi e valori di carattere geopolitico, strategico e giuridico, che ci spinga a rompere gli accordi sottoscritti nel 1954 e confermati da memorandum firmati da Dini e successivamente ribaditi dal Governo D’Alema. Ciò sarebbe in contrasto con la politica internazionale italiana di tutto il dopoguerra, dalla quale dipendono, in larga parte, la nostra civiltà, il nostro futuro e la nostra sicurezza. Rompere con gli Stati Uniti sarebbe indegno rispetto alla memoria di tante giovani vite americane sacrificate, molte sul suolo della Normandia – dovrebbe ricordarselo anche Chirac –, per ripristinare la democrazia in Europa (Applausi dei deputati del gruppo della Lega nord Padania). Vogliamo, inoltre, ricordare alla sinistra che anche la Germania e la Francia, nonostante la loro posizione contraria alla guerra, concedono basi e sorvolo, dimostrando Realpolitik e rispetto degli accordi internazionali, ma anche grande ipocrisia. Rispetto a questo, né la sinistra italiana né quella di Francia e Germania hanno protestato, il che conferma, ove ve ne fosse bisogno, la strumentalità politica della posizione assunta dall’opposizione italiana nei confronti del Governo Berlusconi. Noi non ci nascondiamo, onorevole D’Alema, dietro l’ossimoro della « guerra umanitaria »: prendiamo atto con grande rammarico della crisi della comunità internazionale, ma stiamo dalla parte di chi intende assumersi pubblicamente responsabilità e rischi al fine di abbattere un regime sanguinario la cui offensività, enormemente amplificata dai legami con il terrorismo, mette a repentaglio la sicurezza e la pace duratura dell’intero pianeta. Tutti insieme, dovremmo ritenere irresponsabile non solidarizzare con gli Stati Uniti, dimenticando che essi hanno subito Atti Parlamentari XIV LEGISLATURA — — DISCUSSIONI — 61 SEDUTA DEL un attacco durissimo da parte del terrorismo e che, di conseguenza, sentono, più di noi, la necessità di prevenire possibili attentati futuri devastanti. A questo proposito, anche paesi che non condividono la decisione statunitense, hanno posizioni defilate: la Cina tace; la Russia deplora, ma non condanna; solo la Francia dice un secco « no ». Per tutte queste ragioni, ci appare stridente ed immotivato l’atteggiamento di forte contrasto dell’opposizione: un’opposizione che non ci spiega come mai, in Kosovo, decise per la guerra quando lo stesso Dini dichiarò, in quell’occasione, che una soluzione diplomatica era molto vicina, addirittura sul tavolo delle trattative di Rambouillet; una sinistra che finanziò Milosevic, prima della guerra, con l’affare Telekom-Serbia e che, allora, agı̀ senza una decisione preventiva del Parlamento italiano, senza mandato ONU e persino in violazione dell’articolo 5 dello statuto della NATO, dal momento che nessuno Stato membro di quest’ultima era stato colpito, o anche solo minacciato, dalla Jugoslavia di Milosevic ! Oggi, quella stessa sinistra vorrebbe fare carta straccia di accordi, assunti a livello internazionale, in particolare con gli Stati Uniti, perfettamente coerenti con la nostra storia ed indispensabili per la sicurezza nazionale essendo il nostro paese estremamente vulnerabile sia per la sua posizione geografica sia per la mancanza di un sistema efficace di difesa europeo. Europa e Stati Uniti fanno parte di un’unica, anche se multiforme, comunità di valori che è bene non compromettere: diviso, l’occidente si indebolisce ! Assieme all’America possiamo conseguire i migliori risultati in termini di sicurezza economica, politica e militare. Riteniamo, pertanto, irresponsabile attaccare, oggi, a soli fini di polemica interna, il Governo italiano, a maggior ragione quando si sa che, tra pochi mesi, l’Italia avrà la Presidenza del Consiglio europeo e, con essa, il difficile compito di ricucire i rapporti tra i vari Stati che lo compongono. Camera dei Deputati — 19 MARZO 2003 — N. 283 Siamo pienamente convinti che la posizione assunta dal Governo italiano sia l’unica possibile per debellare il terrorismo, per una pace duratura, per tutelare l’interesse nazionale in attesa e nella speranza che l’ONU, profondamente riformato ed adeguato ad una realtà ben diversa da quella del 1945, possa diventare veramente un’istituzione internazionale ispirata prevalentemente da principi e valori, oltre che da interessi, capace di svolgere un’azione deterrente veramente efficace nei confronti di chiunque minacci concretamente il futuro dell’umanità (Applausi dei deputati dei gruppi della Lega nord Padania, di Forza Italia e di Alleanza nazionale). PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l’onorevole Follini. Ne ha facoltà. MARCO FOLLINI. Signor Presidente, abbiamo espresso molte volte in questi giorni la nostra contrarietà a questa guerra. Siamo contrari perché questa guerra presenta un carattere unilaterale, siamo contrari perché divide in molti punti la comunità internazionale, siamo contrari perché il mandato delle Nazioni Unite non è stato confermato e ribadito in modo inequivocabile da una nuova risoluzione. All’indomani dell’11 settembre un mondo sfregiato ed offeso dall’aggressione del terrorismo di Al Qaeda riuscı̀ a radunarsi sotto la bandiera di un impegno comune. Intorno agli Stati Uniti colpiti nel loro territorio si radunò una vastissima coalizione di paesi diversi per ideologie politiche, fedi religiose ed interessi strategici. Mantenere quella coalizione, rinsaldarla, allargarla per quanto possibile era il primo dovere e il primo interesse della comunità internazionale. Oggi quella coalizione ha subito – non vi è chi non lo veda – incrinature e distinzioni. Il consenso intorno alle cose da fare, alle iniziative da intraprendere, alle misure di sicurezza da promuovere nella lotta contro il terrorismo si è fatto più incerto, a tratti diviso, ed è evidente che Atti Parlamentari XIV LEGISLATURA — — DISCUSSIONI — 62 SEDUTA DEL tutto questo diminuisce la forza, diminuisce la sicurezza di cui invece noi sentiamo l’esigenza. Sarebbe ingeneroso, ingiusto, ritenere che questa difficoltà appartenga solo agli Stati Uniti. Non è cosı̀. Molte altre politiche unilaterali sono all’opera in questo momento sulla scena internazionale, molti egoismi frenano la cooperazione, molti spiriti nazionalistici si nascondono sotto il vessillo di ideali più nobili. E nessuno può trascurare, pur dentro una diversa opinione, né lo spirito liberale della democrazia americana né la sua difficile responsabilità di unica grande potenza rimasta a presidiare l’ordine mondiale. Tuttavia, un di più di prudenza, un di più di attenzione alle ragioni di chi sconsigliava un’azione militare non sorretta da un consenso largo e convinto sarebbe stato saggio. È stato detto che era finito il tempo della diplomazia, invece di diplomazia c’era e c’è ancora bisogno, anche e soprattutto nelle circostanze più difficili. Avrebbe giovato di più all’America ed al mondo la cauta saggezza di cui nella guerra del Peloponneso dalla parte di Atene diede prova il moderato Nicia piuttosto che lo spirito bellicoso ed intraprendente di Alcibiade. Noi sappiamo bene che dall’altra parte di questa barricata sta un dittatore sanguinario e crudele che ha usato violenza verso il suo popolo e violenza verso le regole della convivenza e della legalità internazionale. Sappiamo bene che quel dittatore possiede armi di distruzione di massa, e non possiamo sottovalutare il rischio che quel dittatore e le sue armi possano alimentare, in modi che non conosciamo, un’ulteriore spirale terroristica. Ma appunto per questo era fondamentale che questa minaccia la si affrontasse assieme, la si affrontasse per quanto possibile con mezzi pacifici, la si affrontasse con un più chiaro mandato internazionale. Sappiamo anche che questa guerra viene combattuta nel nome di una libertà da promuovere con l’intento di restituire al popolo iracheno tutto quello che il suo Camera dei Deputati — 19 MARZO 2003 — N. 283 despota gli ha sottratto. E qui si pone alle coscienze di tutti noi il punto più delicato. Tante volte in questo dopoguerra gli ideali di libertà e di solidarietà verso i popoli oppressi si sono fermati alle soglie della coesistenza pacifica. È stato cosı̀ a Budapest nel 1956, a Praga nel 1968 e poi sulla piazza TienAn-Men a Pechino, e prima era accaduto a Santiago del Cile e tante, troppe altre volte ancora. Questo stesso dilemma lo abbiamo di fronte in tanti angoli del mondo. Per un verso, sappiamo che se a lungo andare non vincerà ovunque – lo ripeto: ovunque – una cultura comune dei diritti e delle libertà, un’idea più mite del potere, un rispetto più diffuso delle persone, allora lo scontro tra le civiltà, prima o poi, prenderà il sopravvento e, d’altra parte, sappiamo anche che se cercheremo di imporre la nostra versione di quella cultura e di imporla con la forza delle armi, altrettanto, saremo destinati a precipitare verso quello scontro. Qui, sta, oggi, la difficoltà maggiore, nostra e, in qualche modo, di tutto il mondo. Negli anni ’70 si poteva stare dalla parte del Vietnam; oggi, è impensabile, per chiunque abbia a cuore i diritti dell’uomo, non militare contro Saddam Hussein. È sul modo di militare contro di lui che abbiamo opinioni diverse, ma dopo che ognuno di noi avrà portato queste opinioni all’estremo limite, dovremo comunque considerare che il superamento delle dittature più efferate fa parte del compito fondamentale che la nostra generazione ha davanti a sé. Ora, abbiamo il problema di recuperare almeno una parte della coesione che in questo frangente, è andata smarrita. Lo ha ricordato questa mattina il Presidente del Consiglio ed io ho apprezzato le sue parole. Non credo che ritroveremo quella coesione lasciandoci andare ad una polemica infinita, tutta e solo rivolta ed una parte. Agli Stati Uniti abbiamo ribadito le critiche che scaturivano, per cosı̀ dire, dall’interno della nostra alleanza, che riflettevano alcuni valori comuni, ma non sarebbe saggio, non sarebbe utile se queste critiche noi le svolgessimo, d’ora in avanti, Atti Parlamentari XIV LEGISLATURA — — DISCUSSIONI — 63 SEDUTA DEL con lo spirito di volere erodere o di lasciare che venga erosa questa alleanza travagliata ma, tuttora, strategica. C’è un modo, anche nel dibattito in corso nel nostro paese, di invocare la pace e di invocare l’Europa che lascia intravedere qualcosa di più di una versione antiamericana. Noi non abbiamo perso la memoria del legame tra pace, sicurezza e politica atlantica che ha attraversato mezzo secolo della democrazia italiana; non abbiamo perso la memoria del legame tra la costruzione europea e l’amicizia con gli Stati Uniti e, se ricordiamo questi legami, non è certo per nostalgia della guerra fredda ma, al contrario, perché proprio, seguendo questo percorso, siamo usciti dalla guerra fredda e abbiamo aiutato ad uscirne tanti altri paesi e popoli che, troppo a lungo, ne erano rimasti prigionieri. Criticare gli Stati Uniti può riflettere, a volte, una convinzione; isolare gli Stati Uniti riflette, invece, un pregiudizio ed una miopia. Da quel pregiudizio e da quella miopia vogliamo stare in guardia e, per quanto sta in noi, mettere in guardia. L’alleanza è un punto fermo tanto, quanto, oggi, il nostro dissenso. Non si vede davvero perché l’opposizione ci chieda, e lo chieda in nome dell’Europa, di negare a paesi alleati quei diritti all’utilizzo delle basi e al sorvolo degli aerei che tutti gli altri paesi europei considerano parte di un ovvio dovere di alleanza. Non si vede perché l’Italia debba sottrarsi ad una cooperazione che vede impegnati la Francia, la Germania, il Belgio, quei paesi, cioè, che, pure, in questi giorni, hanno espresso la disapprovazione più netta verso la politica americana. Solo noi – chissà perché ? – dovremmo tradurre quella disapprovazione in una saracinesca sbarrata nel nome della più totale indisponibilità. Capisco che questa saracinesca sbarrata faccia parte di quella politica senza « se » e senza « ma » che una parte della sinistra ha innalzato come la bandiera della propria innocenza, ma vorrei ricordare che proprio la politica estera, per sua natura, proprio l’azione diplomatica o è una infinita, paziente, accorta Camera dei Deputati — 19 MARZO 2003 — N. 283 sequenza di « se » e di « ma » oppure diventa un esercizio dogmatico e non sarà macinando parole d’ordine fondamentaliste che il dialogo di pace farà grandi passi in avanti nei mesi che ci attendono. Invece, di dialogo vi è bisogno. Siamo arrivati a questo punto del nostro percorso avendo consumato molti, troppi strappi nel tessuto delle grandi organizzazioni e delle grandi alleanze internazionali. Oggi, è più divisa l’ONU, più divisa la comunità atlantica, più divisa l’Unione europea: conosciamo il costo ed il rischio di tutte queste divisioni e tanto più sentiamo l’esigenza di riprendere in mano, per quanto è possibile, l’ago ed il filo per ricominciare a tessere, a cucire, a rammendare là dove si sono prodotti gli strappi più forti. Questo è il compito del nostro paese, questa è, vorrei dire, la sua vocazione e tanto più lo è alla vigilia di un semestre europeo che sarà denso e decisivo per le sorti di questa parte del mondo. PRESIDENTE. Onorevole Follini, la invito a concludere. MARCO FOLLINI. Affidiamo questo compito al Governo, signor Presidente del Consiglio, ma ancora di più lo sentiamo come compito fondamentale di tutto il nostro paese (Applausi dei deputati dei gruppi dell’Unione dei democratici cristiani e dei democratici di centro e di Forza Italia e dei deputati Intini, Gerardo Bianco e Enzo Bianco – Molte congratulazioni). PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l’onorevole Rutelli. Ne ha facoltà. FRANCESCO RUTELLI. Signor Presidente, siamo dunque alla vigilia di una guerra in Iraq e per l’Italia si tratta di decidere, oggi, che giudizio dare e che cosa fare; ciò non come il Governo, che ha detto che siamo a favore, ma solo un po’, e che siamo un po’ impegnati ed un po’ disimpegnati. Nel dibattito parlamentare di un mese fa sulla crisi irachena abbiamo rilevato la reticenza del Governo sull’applicazione Atti Parlamentari XIV LEGISLATURA — — DISCUSSIONI — 64 SEDUTA DEL dell’articolo 11 della Costituzione. L’Italia non può risolvere una controversia internazionale attraverso la guerra se non come conseguenza di un mandato preciso delle organizzazioni internazionali che ne hanno la competenza. PRESIDENTE. Onorevoli colleghi, vi prego.... FRANCESCO RUTELLI. Del resto, la causa annunciata di questa guerra è cambiata più volte: non vi è legame riconosciuto tra gli attentati dell’11 settembre e questo conflitto; non vi è alcun mandato legale per una invasione ed un cambio di regime in Iraq; non è dimostrato che l’orrenda, criminale dittatura irachena costituisca una minaccia imminente anche dopo il consistente inizio dello smantellamento di armamenti da parte degli ispettori ONU. Vi è un tema che ci sta a cuore: come distinguere il nostro fermo dissenso dall’amministrazione americana rispetto ad una contrapposizione all’America ed al suo popolo, alla sua e nostra storia, ai tanti valori che ci accomunano. C’è rispetto verso una alleato con cui dissentiamo ed esigiamo rispetto per il nostro dissenso. Del resto, conosciamo bene il dovere di esercitare la responsabilità in politica estera, conosciamo le regole della solidarietà con un alleato colpito a sangue dal terrorismo (anche per questo mille nostri alpini sono in Afghanistan), conosciamo i doveri della collaborazione. Finché era legittima una pressione – anche militare – per ottenere il disarmo dell’Iraq, noi abbiamo sostenuto quello sforzo che doveva servire al mantenimento della pace. Adesso il mondo ha però voltato pagina: si va ad una guerra, e non è un caso se i due Presidenti emeriti della Repubblica, due storici amici dell’America, hanno parlato con tanta nettezza e chiarezza e se il Consiglio supremo di difesa, presieduto dal Capo dello Stato, ha fissato il rigoroso confine della non belligeranza. Onorevole Follini, di fronte ad una guerra sbagliata e illegittima, di fronte ad Camera dei Deputati — 19 MARZO 2003 — N. 283 una guerra che spargerà sangue e creerà durature e gravi conseguenze ci sono solo due risposte: sı̀ o no. Nel dire « no » ci auguriamo, fino all’ultimo, che il regime iracheno si decomponga e che, comunque, la guerra sia breve e porti il minor numero possibile di vittime; chiediamo che siano affidati rigorosamente all’ONU i dirigenti del regime iracheno per essere giudicati, in modo legale, da un tribunale internazionale ad hoc e che sia l’ONU responsabile della sovranità nel dopo Saddam e della ricostruzione. Il dramma di oggi è la guerra, ma il problema di domani sarà il dopoguerra, ed ai leader del mondo è richiesto di saper governare i problemi, non di ricorrere alle guerre come scorciatoie per i fallimenti delle diplomazie. Signor Presidente, questo vale specialmente per la crisi mediorientale: non basta fare una solenne dichiarazione alla stampa ogni anno e mezzo e poi abbandonare gli israeliani con il loro diritto alla sicurezza e i palestinesi con il diritto ad uno Stato sovrano. Occorre, per lo meno, la stessa determinazione mostrata in questo ultimo tempo verso l’Iraq. Vengo alla seconda parte del mio intervento. Lei, signor Presidente del Consiglio, questa mattina ha presentato tante citazioni e, in polemica con le opposizioni, ha detto che non si può fare strame della verità. Nel dibattito di un mese fa lei ci sfidò (leggo testualmente) a trovare una sola parola, una sola frase, un solo ragionamento che sia non coerente da quando la crisi è cominciata. Questa mattina con la stampa ha addirittura qualificato la sua azione come un capolavoro politico-diplomatico. Io raccolgo la sua sfida e ripercorrerò con le sue stesse parole solo alcune tappe di questo capolavoro. Mosca, 16 ottobre 2002: credo che in Iraq non ci siano ormai più armi di distruzione di massa perché c’è stato tempo per la loro eliminazione o riallocazione. Mosca, 16 ottobre: nessuno può porsi come obiettivo il travolgimento di un regime; il diritto internazionale non lo consente. Lisbona, 17 ottobre: non ho cambiato posizione: con Blair resto il più vicino alleato di Bush. Roma, 7 novembre: Atti Parlamentari XIV LEGISLATURA — — DISCUSSIONI — 65 SEDUTA DEL sulla guerra non posso che nutrire gli stessi sentimenti di Chirac. Roma, 13 novembre: esprimo la personale soddisfazione perché sono stato unico tra i Premier ad avere espresso il convincimento che Saddam Hussein avrebbe accettato la risoluzione dell’ONU. Praga, 21 novembre: se si andrà ad una azione militare contro l’Iraq, si tratterà di un’azione comune, di un’azione multilaterale. Roma, 30 dicembre: gli Stati Uniti hanno garantito che non daranno luogo a nessuna azione armata, se non nell’ambito delle Nazioni Unite. Roma, 19 gennaio 2003 (qui parla il ministro degli affari esteri): è necessario dare agli ispettori il tempo che loro stessi riterranno necessario per concludere il loro lavoro. A Roma, il 23 gennaio, il Presidente del Consiglio afferma: sappiamo che ci sono ulteriori prove certe, su cui siamo tenuti alla riservatezza, sulle armi di Saddam Hussein (Una voce dai banchi del gruppo di Alleanza nazionale: « Basta ! »). Roma, 24 gennaio: ho convenuto con il Primo ministro spagnolo Aznar sull’assoluta inutilità di una riunione dei Capi di Stato e di Governo europei (che si sarebbe tenuta con successo pochi giorni dopo). Roma, 1o febbraio, in un’intervista a Milan Channel: nessuno ritiene che un’organizzazione cosı̀ diffusa nel mondo come Al Qaeda possa riuscire ad essere cosı̀ organizzata senza il supporto di uno Stato; si ha ragione di ritenere che questo Stato sia l’Iraq. Mosca, 3 febbraio: una seconda risoluzione delle Nazioni Unite è non necessaria, tuttavia, anche per chi dovrà intervenire in guerra sarebbe opportuna per dare legittimità all’azione. Roma, 5 febbraio: un intervento militare in Iraq, per avere piena legittimità, richiederebbe una nuova risoluzione del Consiglio di sicurezza dell’ONU (Commenti dei deputati dei gruppi di Alleanza nazionale e della Lega nord Padania)... PRESIDENTE. Onorevoli colleghi... FRANCESCO RUTELLI. Signor Presidente, io continuo il mio intervento. PRESIDENTE. Fa benissimo ! Camera dei Deputati — 19 MARZO 2003 — N. 283 FRANCESCO RUTELLI. Ancora, Roma, 7 febbraio: se non ci sarà la seconda risoluzione, avremo, oltre al danno della guerra, tre danni ancora peggiori: l’ONU perderebbe la credibilità come istituzione capace di garantire la pace e la sicurezza nel mondo, avremo la sparizione di fatto dell’ONU, avremo un tracollo nella NATO tra l’Europa e gli Stati Uniti, avremo una divisione all’interno della stessa Europa (Applausi dei deputati dei gruppi della Margherita, DL-l’Ulivo, dei Democratici di sinistra-l’Ulivo, Misto-Comunisti italiani, Misto-Socialisti democratici italiani, MistoVerdi-l’Ulivo e Misto-UDEUR-Popolari per l’Europa – Applausi polemici di deputati dei gruppi di Forza Italia e di Alleanza nazionale). Modena, 9 febbraio: se fossero solo gli Stati Uniti ad aprire il conflitto con l’Iraq, ci sarebbero risultati catastrofici per l’Europa. Roma, 28 febbraio: l’azione militare di un paese al di fuori dell’ONU rappresenterebbe un fatto nefasto; non credo che nessuno si caricherà di una responsabilità cosı̀ grave. Infine, il 12 marzo, dopo le dichiarazioni del ministro Martino sulla sua propensione personale ad andare in guerra, il Presidente del Consiglio afferma: quella è una sua convinzione personale; io non sono un tecnico, non sono un tuttologo, non bisogna porre a me la richiesta su cose che non conosco; Martino, facendo il ministro della difesa, è anche un tecnico; avrà riferito voci che ha sentito. Signor Presidente, lei consegna, purtroppo, alla scena internazionale un’Italia declassata, priva di credibilità, priva di spina dorsale. Noi restiamo fedeli ai valori che hanno ispirato per cinquant’anni la politica estera ed europea della nazione. Lo confermiamo: siamo pronti ad assumere tutte le responsabilità necessarie per restituire l’autorità, l’autorevolezza ed il prestigio dell’Italia (Vivi prolungati applausi dei deputati dei gruppi della Margherita, DLl’Ulivo, dei Democratici di sinistra-l’Ulivo, Misto-Comunisti italiani, Misto-Socialisti democratici italiani e Misto-Verdi-l’Ulivo – Commenti dei deputati dei gruppi di Forza Italia e di Alleanza nazionale) ! Atti Parlamentari XIV LEGISLATURA — — DISCUSSIONI — 66 SEDUTA DEL È vero, ministro Frattini, è il tempo delle scelte: noi abbiamo da tempo detto « sı̀ » alle Nazioni Unite e « no » alla dittatura di Saddam Hussein. Tuttavia, oggi si vota un’altra cosa: si vota « sı̀ » o « no » alla guerra. Voi dite « sı̀ », noi diciamo « no » (Vivi applausi dei deputati dei gruppi della Margherita, DL-l’Ulivo, dei Democratici di sinistra-l’Ulivo, Misto-Comunisti italiani, Misto-Socialisti democratici italiani e Misto-Verdi-l’Ulivo – Congratulazioni) ! PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l’onorevole La Russa. Ne ha facoltà. IGNAZIO LA RUSSA. Signor Presidente, il gruppo di Alleanza nazionale ha condiviso pienamente la relazione che questa mattina il Presidente del Consiglio ha illustrato all’Assemblea. L’ha condivisa perché ci è sembrato che abbia dato chiaramente conto, ai deputati in aula, del ruolo e della posizione che l’Italia in queste ultime settimane ha svolto nel consesso internazionale. Ho appena sentito la lunga serie di citazioni dell’onorevole Rutelli: era una ravvicinata rassegna stampa di tante dichiarazioni rese in un tempo recente. Non farò la stessa cosa perché altrimenti non so dove finiremmo. Dico che proprio quelle dichiarazioni, onorevole Rutelli, danno il senso di un ritrovato ruolo della politica internazionale dell’Italia (Commenti dei deputati del gruppo dei Democratici di sinistra-l’Ulivo)... PRESIDENTE. Onorevoli colleghi, vi prego, dopo ci sono altri interventi... IGNAZIO LA RUSSA. Signor Presidente, li lasci pure parlare, preferisco non essere interrotto (Si ride). PRESIDENTE. Le chiedo scusa. IGNAZIO LA RUSSA. Mi riferisco ad un ruolo pervicace ed attento del Governo italiano a non essere, come è avvenuto per tanti anni, completamente assenti dal consesso internazionale. Camera dei Deputati — 19 MARZO 2003 — N. 283 Proprio le frasi che l’onorevole Rutelli ha citato sono la migliore testimonianza del tentativo italiano di mantenere l’elastico stretto, vicino tra le posizioni europee e gli amici americani (Commenti dei deputati dei gruppi dei Democratici di sinistra-l’Ulivo e della Margherita, DL-l’Ulivo). Proprio quelle citazioni sono la prova evidente del tentativo italiano di spendersi per mantenere lontano il pericolo della guerra ed avvicinare ogni possibilità di accordo del mondo occidentale di rinnovare il patto contro il terrorismo che era stato acceso non a caso – caro onorevole Rutelli, lei lo ha dimenticato – ma dopo il più grande attentato terroristico della storia. Quel sentimento di unità antiterroristica si è un po’ disciolto come neve al sole. La ringrazio, quindi, signor Presidente del Consiglio, per il ruolo che l’Italia ha riconquistato che tornerà molto utile quando, dopo questa tragica fase, bisognerà ricostruire, quando vi sarà bisogno del ruolo italiano per lanciare un ponte verso i paesi rivieraschi del Mediterraneo, per riallacciare ancora di più i contatti all’interno dell’Europa, per mantenere costante la vicinanza agli amici americani. Tornerà assai utile il ruolo coerente ed intelligente che l’Italia ed il nostro Governo hanno tenuto in queste ultime settimane. Ringrazio lei e tutti i componenti del Consiglio supremo della difesa – presieduto dal Presidente della Repubblica, con la partecipazione dei ministri, del Presidente del Consiglio, del Vicepresidente del Consiglio Fini, dei capi delle Forze armate – che oggi ha sancito alcune cose che, forse, non sono state lette o capite bene. Infatti ancora oggi sento, anche negli interventi che ho appena ascoltato, pendolare l’analisi della posizione italiana tra il « partecipiamo alla guerra » e « la nostra posizione è poco chiara ». La nostra posizione è chiarissima ! Ed, anzi, ve la leggo: il Consiglio supremo di difesa ha deciso l’esclusione della partecipazione italiana dei nostri militari alle azioni di guerra. Ha deciso l’esclusione della fornitura e della messa a disposizione di armamenti e Atti Parlamentari XIV LEGISLATURA — — DISCUSSIONI — 67 SEDUTA DEL mezzi militari di qualsiasi tipo. Ha deciso l’esclusione dell’uso di strutture militari quali basi di attacco diretto ad obiettivi iracheni. Ha deciso che la nostra posizione è quella di « non belligerante ». Ha deciso – e su questo avete evidentemente delle obiezioni (legittime forse, ma a mio avviso sbagliate) – il mantenimento dell’uso delle basi per le esigenze di transito, di rifornimento e di manutenzione dei mezzi, nonché la possibilità di sorvolare il nostro spazio aereo. Ha cioè deciso che l’Italia faccia esattamente quello che fanno la Germania e la Francia che hanno posizioni politiche diverse dalle nostre. Allora chiariamo innanzi tutto questo. La differenza c’è: è politica ! Noi abbiamo ritenuto in questa circostanza, al di là dei temi giuridici che pure sono stati illustrati e che parlano di liceità dell’intervento, noi abbiamo deciso che non poteva essere interrotta la nostra amicizia, il nostro rapporto transatlantico con gli Stati Uniti, essendo vicini alla loro decisione (immagino assai sofferta) di attivarsi in prima persona, ma non da soli – non da soli, onorevole Rutelli –, per cercare di sconfiggere quello che da tutti, anche da lei, è stato considerato una minaccia per il mondo, cioè il regime iracheno di Saddam. Avrei avuto molto piacere di vedere le tante manifestazioni per la pace (che capisco e alle quali ci si può anche unire) insistere non tanto contro gli Stati Uniti d’America quanto nell’invito a Saddam a lasciare libero il proprio popolo, ad andarsene, ad accettare la richiesta dell’esilio (Applausi dei deputati dei gruppi di Alleanza nazionale, di Forza Italia e della Lega nord Padania) ! Non ho visto una sola manifestazione in questa direzione ! Mi rendo conto della difficoltà della posizione della sinistra, costretta a inseguire i temi della demagogia (Commenti dei deputati dei gruppi dei Democratici di sinistra-l’Ulivo, della Margherita, DLl’Ulivo e Misto-Comunisti italiani) ... PRESIDENTE. Onorevoli colleghi, vi prego ! IGNAZIO LA RUSSA. ... i temi della speculazione interna e i temi dell’interesse Camera dei Deputati — 19 MARZO 2003 — N. 283 elettorale (Commenti dei deputati dei gruppi dei Democratici di sinistra-l’Ulivo, della Margherita, DL-l’Ulivo e Misto-Comunisti italiani) ! PRESIDENTE. Onorevoli colleghi ! IGNAZIO LA RUSSA. No, non c’è problema, signor Presidente. PRESIDENTE. Onorevoli colleghi, io sono tra due fuochi, perché tra l’altro l’onorevole La Russa mi chiede di non interrompere. IGNAZIO LA RUSSA. Mi rendo conto della vostra difficoltà. L’Ulivo mondiale, quello di Blair, quello di Clinton, quello che comprendeva D’Alema, non sta dalla vostra parte ! Il mito della sinistra (Blair, Clinton) è finito dalla parte giusta ! È rimasta solo l’Italia, sulle posizioni (almeno coerenti) di Rifondazione comunista ! Questa è la verità (Applausi dei deputati dei gruppi di Alleanza nazionale e di Forza Italia) ! Allora credo che bisogna dire delle cose chiare. Credo che la demagogia vada abbattuta con il ragionamento. Vedete, cari colleghi, noi riteniamo che soltanto chi si adagia in un pacifismo acritico e pregiudiziale unilaterale finisce con il convincere o con il rafforzare il convincimento dei dittatori come Saddam di poter resistere alla pressione di chi vorrebbe disarmare. Noi riteniamo che solo chi mette nel conto l’uso della forza lavora realmente per fermare le mani del terrorismo mondiale e per garantire la pace ! Queste frasi, che io ho cosı̀ riassunte, sono per l’appunto contenute anche nella dichiarazione di ieri di Clinton, che dice esattamente: solo la minaccia dell’uso della forza angloamericana ha consentito agli ispettorati di entrare in Iraq; senza una credibile minaccia della forza, Saddam non disarmerà mai. Parola di Clinton ! Ma, se non vi piace Clinton, cito uno dei vostri giornali il Riformista dice (Commenti dei deputati dei gruppi dei Democratici di sinistra-l’Ulivo e Misto-Comunisti italiani)... non è un vostro giornale, chiedo Atti Parlamentari XIV LEGISLATURA — — DISCUSSIONI — 68 SEDUTA DEL scusa ! Voi potete tranquillamente contestare la posizione del Governo, ma perché il Riformista – un vostro giornale e non io – vi chiede di arrivare a posizioni di ostilità e di boicottaggio ? Perché ? Io una risposta ho cercato di darmela: la verità è che le motivazioni giuridiche che avete addotto non contano nulla se è vero, come è vero, che – è stato ricordato più volte – l’unica guerra che l’Italia ha fatto senza l’egida dell’ONU è avvenuta quando Presidente del Consiglio era l’onorevole D’Alema (Applausi del deputato Giancarlo Giorgetti). E ha fatto bene a farla ma è stata quella l’unica occasione. PRESIDENTE. Onorevole La Russa, la invito a concludere. IGNAZIO LA RUSSA. Mi avvio a concludere, signor Presidente, vorrà dire che salto questa circostanza, anche se ci sono state molte interruzioni. Presidente, credo che la pace si possa difendere in tanti modi e ce n’è uno che mi piace molto, perché noi vogliamo la pace ! Ogni giorno 8.895 italiani non fanno girotondi, non innalzano bandiere multicolori, ma difendono davvero la pace: sono i nostri alpini in Afghanistan, sono i nostri soldati in missione di pace nel mondo. Grazie ragazzi, siamo con voi per la pace (Applausi dei deputati dei gruppi di Alleanza nazionale, di Forza Italia, dell’Unione dei democratici cristiani e dei democratici di centro, della Lega nord Padania e MistoLiberal-democratici, Repubblicani, Nuovo PSI, cui si associano i membri del Governo – Congratulazioni) ! PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l’onorevole Fassino. Ne ha facoltà. PIERO FASSINO. Signor Presidente, onorevoli colleghi, credo che il sentimento che dovrebbe ispirare questa nostra discussione dovrebbe essere prima di tutto di grande preoccupazione, di inquietudine e di angoscia. Infatti, stiamo discutendo di pace e di guerra, stiamo discutendo di un argomento di particolare gravità e dram- Camera dei Deputati — 19 MARZO 2003 — N. 283 maticità che dovrebbe indurre in ciascuno di noi un atteggiamento che vada oltre le normali e legittime affermazioni delle posizioni di parte. Intanto, stiamo discutendo di una guerra e la parola « guerra » evoca sofferenza, distruzione, morte per centinaia di migliaia di persone. In particolare, stiamo parlando di una guerra che, ogni giorno di più, appare ingiustificata. Ad oggi, nulla prova che non sarebbe stato possibile disarmare Saddam Hussein attraverso le ispezioni delle Nazioni Unite anzi. Infatti, mano a mano che quelle ispezioni erano venute approfondendosi e allargandosi, si erano ottenuti i primi risultati di smantellamento degli armamenti e degli arsenali di Saddam Hussein. Ciò dimostrava, appunto, la possibilità di ottenere il disarmo attraverso una soluzione politica e non necessariamente precipitandosi in una guerra. Si doveva e si poteva perseguire e proseguire nell’iniziativa dell’ONU, mentre si è voluto precipitosamente interromperla. Si tratta di una guerra che appare insensata per le conseguenze che può produrre. Questo conflitto ci è stato presentato più volte da chi lo vuole come una guerra per rendere il mondo più sicuro; il rischio è che, all’indomani di questa guerra, il mondo sia più insicuro se solo pensiamo a come tale conflitto sarà vissuto e percepito dalle opinioni pubbliche dei paesi islamici, dei paesi arabi, in quelle società che già oggi sono percorse dalla febbre antioccidentale, che dunque trarranno da questa guerra nuovo motivo per esprimere questi sentimenti. C’è da chiedersi fino a che punto quel conflitto, che in Medio Oriente da due anni si avvita in una spirale sanguinosa di guerra e di violenza, sarà facilitato nella sua soluzione da una guerra che si svolga a poche centinaia di chilometri da quel teatro. C’è da chiedersi chi difenderà il mondo da una sequenza reattiva di attentati terroristici, che potrebbe scatenarsi e mettere a repentaglio la sicurezza di nazioni intere. Una guerra ingiustificata e una guerra insensata. Una guerra unilaterale e Atti Parlamentari XIV LEGISLATURA — — DISCUSSIONI — 69 SEDUTA DEL priva di legittimità internazionale, perché questa guerra non ha un’autorizzazione dell’ONU. E non solo. Per come si sono sviluppate le cose nell’ultime settimane, si può affermare che questa guerra la si sta facendo contro la maggioranza degli Stati che sono membri delle Nazioni Unite (Applausi dei deputati dei gruppi dei Democratici di sinistra-l’Ulivo, della Margherita, DL-l’Ulivo e Misto-Comunisti italiani). È la prima volta nella storia delle Nazioni Unite che il Consiglio di Sicurezza non esprime un orientamento che sia in sintonia con gli orientamenti del principale paese di questo pianeta. E, non a caso, gli Stati Uniti hanno rinunciato a portare in Consiglio di Sicurezza, insieme alla Spagna e alla Gran Bretagna, la seconda risoluzione, perché avrebbero dovuto registrare l’insussistenza, in quella sede, di una maggioranza a sostegno di quella risoluzione. Francamente, non valgono i precedenti. Invocare la risoluzione del 1991, la n. 676, o la risoluzione n. 687, come ha fatto lei, signor Presidente del Consiglio è francamente un’operazione azzardata, intanto perché ogni risoluzione va valutata nello specifico contesto anche temporale, oltre che politico, in cui viene assunta. E il passaggio di tredici anni dalla precedente risoluzione – se mi permette – rappresenta una modifica di contesto di non poco rilievo. Ma, poi, quelle sono risoluzioni che – tutte – puntano all’obiettivo di disarmare Saddam Hussein. Qui, siamo a qualcosa che va molto oltre il disarmo di Saddam Hussein. Qui siamo alla decisione di un paese, e di alcuni altri paesi che lo sostengono, non di disarmare Saddam Hussein ma di invadere l’Iraq, di cambiare il regime politico di quel paese. Addirittura, siamo ad una dichiarazione delle ultime ore che dice che gli Stati Uniti, quand’anche Saddam Hussein adesso se ne andasse, entrerebbero ugualmente in Iraq. Siamo molto al di là del disarmo previsto dalle risoluzioni dell’ONU. Siamo ad un’applicazione della forza che va al di là di qualsiasi criterio di proporzionalità, che è un criterio fondamentale quando si Camera dei Deputati — 19 MARZO 2003 — N. 283 adotta una misura cosı̀ drammatica ed estrema come l’utilizzo della forza per sanzionare un paese. Nel 1991, quando si intervenne con la guerra nel Golfo, si intervenne perché l’Iraq aveva invaso un paese e ne aveva annullato l’indipendenza e la sovranità. ALFREDO BIONDI. Voi votaste contro ! PIERO FASSINO. Nel 1998, quando si è intervenuto in Kosovo, lo si è fatto perché c’era una pulizia etnica di cui erano vittime decine di migliaia di persone. MARIO LANDOLFI. Eravate voi ! PRESIDENTE. Onorevole Landolfi... PIERO FASSINO. Nel 2001, quando si è intervenuto in Afghanistan, lo si è fatto all’indomani di un attentato come quello delle Torri gemelle, che ha rivelato l’esistenza di un’attività terroristica particolarmente preoccupante e pericolosa per l’umanità intera, che aveva in Afghanistan uno dei suoi santuari principali. C’era un rapporto di proporzione tra la decisione di usare la forza e il rischio drammatico per la sicurezza di popoli e di nazioni che era in campo in quel momento. Nessuno rapporto di proporzionalità c’è oggi tra lo scatenare una guerra e il pericolo costituito da Saddam Hussein, che poteva e doveva essere perseguito continuando l’attività delle ispezioni. In questo modo, si sarebbe potuto ottenere il risultato di disarmare Saddam Hussein, senza precipitare il mondo in una guerra. Sono queste le ragioni che ci portano a dire « no ». E, badate: chi si assume oggi la responsabilità di condividere una guerra – sostanzialmente di condividerla, come ha fatto lei, signor Presidente del Consiglio – si assume la responsabilità non soltanto di condividere una scelta sbagliata ma anche di contribuire a mettere in mora quelle Nazione Unite di cui, dopo questa crisi, tutti avvertiamo che c’è ancora più necessità. Atti Parlamentari XIV LEGISLATURA — — DISCUSSIONI — 70 SEDUTA DEL Proprio la vicenda irachena, infatti, dimostra che senza Nazioni Unite forti non c’è la possibilità di dirimere i conflitti e c’è il rischio, invece, che i conflitti precipitino in guerra. Ma, se le Nazioni Unite vengono messe in mora dalle nazioni che le compongono e, in primo luogo, dalle nazioni più potenti, non avranno mai la forza di dirimere i conflitti e di dare a quei conflitti una risoluzione politica forte, senza che questo passi per il ricorso alle armi. Ecco, noi avremmo voluto sentire queste parole oggi, qui, signor Presidente del Consiglio. Invece, noi abbiamo sentito da parte sua espressioni non preoccupate, non consapevoli dei rischi che stanno di fronte all’umanità, ma espressioni che hanno teso a dare legittimità a una guerra illegittima: sostanzialmente, espressioni che ci dicono che lei e il suo Governo condividono questa avventura bellica in cui si stanno imbarcando gli Stati Uniti e alcuni altri paesi, fuori di qualsiasi quadro dell’ONU, fuori di qualsiasi quadro di legittimità internazionale. L’onorevole Rutelli le ha già ricordato con efficacia quante sue dichiarazioni delle scorse settimane avessero segno diverso da queste, in un continuo giro di valzer di posizioni che erano ispirate da un’unica regola, che è una regola che lei segue spesso: quella di dire all’interlocutore che ha di fronte ciò che l’interlocutore vuol farsi dire e sentirsi dire (Applausi dei deputati dei gruppi dei Democratici di sinistra-l’Ulivo, della Margherita, DLl’Ulivo, Misto-Comunisti italiani, Misto-Socialisti democratici italiani e MistoUDEUR-Popolari per l’Europa), ossia compiacere l’interlocutore nella speranza cosı̀ di ottenere un credito. Ma il credito non si ottiene cosı̀. La credibilità di un paese si ottiene se si ha una linea politica chiara e la si sostiene. Lei ritiene per le ragioni che ci ha esposto qui, che l’intervento americano in Iraq sia legittimo ? Allora, abbia il coraggio di assumersi la responsabilità di partecipare a questa guerra (Applausi dei deputati dei gruppi dei Democratici di sinistra-l’Ulivo, della Marghe- Camera dei Deputati — 19 MARZO 2003 — N. 283 rita, DL-l’Ulivo, Misto-Comunisti italiani, Misto-Socialisti democratici italiani e Misto-UDEUR-Popolari per l’Europa) ! Invece, lei questo coraggio non ce l’ha (Commenti dei deputati del gruppo di Alleanza nazionale) ! Lei è venuto qui a dirci che questa guerra è legittima per poi concludere che l’Italia non è belligerante. Lei, insomma, vorrebbe ma non può. La verità è che, ancora una volta, lei ha dato una dimostrazione di inadeguatezza grave alle responsabilità che spettano ad un Governo. In ogni caso, finché questo deprime la credibilità sua e del suo Governo, poco male, ma nel momento in cui questo atteggiamento deprime la credibilità del paese, lei produce un danno all’Italia intera, al suo prestigio internazionale ed al ruolo che il paese può giocare (Applausi dei deputati dei gruppi dei Democratici di sinistra-l’Ulivo, della Margherita, DL-l’Ulivo, Misto-Comunisti italiani, Misto-Socialisti democratici italiani, MistoUDEUR-Popolari per l’Europa e MistoVerdi-l’Ulivo – Commenti dei deputati del gruppo di Alleanza nazionale). PRESIDENTE. Onorevole Fassino, per cortesia, concluda rapidamente. PIERO FASSINO. Signor Presidente, ho terminato. Io penso che quello che questo Parlamento deve dire – e noi sentiamo il dovere di dire – è che questa è una guerra sbagliata, insensata e ingiustificata, un’iniziativa militare unilaterale che non deve essere sostenuta (Commenti di deputati del gruppo di Forza Italia). È quello che chiedono milioni di donne e di uomini del nostro paese e noi chiediamo al Governo italiano di tenerne conto. Se il Governo italiano non intende tenere conto di tutto ciò, saremo noi dell’opposizione a farci carico di rappresentare quell’Italia, che è la stragrande maggioranza dei cittadini italiani (Commenti dei deputati dei gruppi di Forza Italia e di Alleanza nazionale), che non vuole la guerra e vuole la pace (Vivi e prolungati applausi dei deputati dei gruppi dei Democratici di sinistra-l’Ulivo, della Margherita, DL-l’Ulivo, Misto-Comu- Atti Parlamentari XIV LEGISLATURA — — DISCUSSIONI — 71 SEDUTA DEL nisti italiani, Misto-Socialisti democratici italiani e Misto-UDEUR-Popolari per l’Europa, che scandiscono: « Pace ! Pace ! »). PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l’onorevole Adornato. Ne ha facoltà (Commenti di deputati dei gruppi dei Democratici di sinistra-l’Ulivo, della Margherita, DL-l’Ulivo e Misto-Comunisti italiani) ... Onorevoli colleghi, il dibattito si è svolto con civiltà. Chi l’ha seguito alla televisione ha visto il rispetto che c’è stato tra tutti, per cui vi prego di non venir meno a questa che, tra l’altro, è una regola di buona educazione. Onorevole Adornato, a lei la parola. FERDINANDO ADORNATO. Signor Presidente, signor Presidente del Consiglio, onorevoli colleghi, il nostro dibattito ha assunto a tratti toni davvero irreali. L’opposizione, salvo l’onorevole Fassino – ma poi ci tornerò –, parla come se l’Italia stesse decidendo di entrare in guerra (Commenti dei deputati dei gruppi dei Democratici di sinistra-l’Ulivo e Misto-Comunisti italiani). Non è cosı̀. È bene allora ricordarlo al paese, viste le reazioni. Nessun soldato italiano parteciperà al conflitto; il nostro non è e non sarà un paese belligerante. Noi oggi decidiamo solo ciò che è già previsto dai trattati internazionali esistenti e cioè la concessione dell’uso delle basi e la facoltà di sorvolo. Lo facciamo votando in quest’aula, a differenza del 1999, prima che qualsiasi conflitto cominci (Applausi dei deputati dei gruppi di Forza Italia e Alleanza nazionale). Nonostante ciò, veniamo politicamente aggrediti con la pretesa che l’Italia decreti un vero e proprio atto di ostilità nei confronti degli Stati Uniti rifiutando loro un sostegno logistico che, ripetiamolo, persino Francia e Germania non negano. Altro che continuità, onorevole Rutelli ! Questo è un atto – quello che sta nella vostra risoluzione – che muterebbe l’intera storia della nostra politica estera e persino la nostra collocazione in Europa. Noi comprendiamo la coerenza dell’onorevole Bertinotti, ma siamo preoccupati che la logica del « senza se e senza Camera dei Deputati — 19 MARZO 2003 — N. 283 ma » diventi la logica politica dell’intero centrosinistra, una logica che vi porta oggi su vecchie posizioni antiatlantiche. Ebbene, sappiate, e lo sappia l’Italia, che questa non potrà mai essere la logica di governo di una grande nazione occidentale (Applausi dei deputati dei gruppi di Forza Italia, di Alleanza nazionale e Misto-Liberal-democratici, Repubblicani, Nuovo PSI) ! In un momento cosı̀ difficile ci aspettavamo maggiore compostezza e responsabilità e da questo punto di vista ringrazio di cuore l’onorevole Rutelli, perché con il suo intervento ha consentito ciò che, secondo noi, doveva avvenire fin dall’inizio e cioè che anche la sinistra applaudisse le parole del Presidente del Consiglio (Commenti dei deputati dei gruppi dei Democratici di sinistra-l’Ulivo e Misto-Comunisti italiani). Pur esibendo le vostre legittime posizioni, ci aspettavamo che, sia pure soltanto uno di voi, si augurasse, come ha comunque fatto Chirac, una rapida vittoria degli alleati, ma nessuno lo ha fatto; oppure, che qualcuno imitasse almeno Bill Clinton, il quale, pur contestando Bush, ha inviato una lettera di aperto sostegno a Blair, entrambi una volta vostri amici, riconoscendo che: « la minaccia di veto non ha aiutato la diplomazia ». Ci saremmo almeno accontentati di ascoltare le stesse parole che D’Alema, da Presidente del Consiglio, pronunciò in quest’aula nel 1999, le ricordo: « Chiedo al Parlamento di non sacrificare, in un momento cosı̀ cruciale, la comune responsabilità verso gli interessi del paese ». Facciamo nostre queste sue parole, onorevole D’Alema, le facciamo nostre oggi come il centrodestra le fece sue allora, peccato che sia lei a non farle più sue, venendo meno alla stessa responsabilità che allora chiedeva giustamente e implicitamente suggerendo una ardita teoria politologica, secondo la quale l’unica guerra giusta sarebbe quella che avviene quando la sinistra è al Governo (Applausi dei deputati dei gruppi di Forza Italia e di Alleanza nazionale). Se c’è una differenza tra il Kosovo e l’Iraq, entrambi conflitti senza un man- Atti Parlamentari XIV LEGISLATURA — — DISCUSSIONI — 72 SEDUTA DEL dato ultimativo dell’ONU, essa è una sola: allora l’Italia entrava direttamente in guerra, oggi no. L’Italia non lo fa per un semplice motivo, onorevole Fassino, perché questa maggioranza, approfittando dell’opera sempre più accreditata del nostro Premier, ha inteso finora e intende per il futuro, fin dalla riunione del Consiglio europeo di domani, semplicemente ritagliare all’Italia un’altra linea, una linea di equilibrio e di mediazione nell’aspro confronto che si è aperto nella comunità internazionale. Un ruolo che corrisponde alla storica vocazione dell’Italia ed alla necessità di sanare le ferite aperte nell’ONU, nell’Unione europea, nella NATO, soprattutto per il ruolo di Presidenza che competerà al nostro paese nel prossimo semestre. Si tratta di un ruolo che esige grande prudenza e diplomazia – come fa a non capirlo onorevole Fassino ? – anche a costo di correre il rischio di apparire in qualche occasione silenziosi o non espliciti. Per tale motivo abbiamo giudicato nefasta l’ipotesi di un conflitto che nascesse con una spaccatura dell’ONU; non ci riconosciamo, cioè, nell’esito finale del lavoro di mediazione, che pure Bush e Powell fin dall’inizio hanno cercato, cosı̀ come non abbiamo considerato utile che diversi paesi, Francia in testa, mostrassero di dimenticare che le pur parziali conquiste degli ispettori erano dovute unicamente alla pressione militare che americani e inglesi, non francesi, esercitavano nei confronti dell’Iraq, mentre, al contrario, la risoluzione n. 1441 pretendeva un disarmo immediato e senza condizioni, ed è quella la base di legittimità del conflitto odierno. Quel che sarà certo comunque alla fine di tali confronti, è che l’ordine mondiale richiede un nuovo disegno. Viviamo in un pianeta completamente diverso dal passato, un pianeta che ha assistito l’11 settembre alla terribile epifania della guerra globale del terrorismo in un quadro nel quale l’ordine di Yalta era già da tempo superato, perciò abbiamo bisogno di strumenti nuovi. Il mondo non può Camera dei Deputati — 19 MARZO 2003 — N. 283 essere guidato da una sola superpotenza, né vogliamo che crescano nuove superpotenze tra loro antagoniste. La nostra generazione deve, viceversa, immaginare un nuovo multilateralismo democratico, con sedi internazionali rinnovate nelle strutture e nelle regole, perché l’ONU fatica a stare al passo con i tempi. L’Europa può, e deve, essere attore centrale di questo nuovo multilateralismo, ma – ecco il punto politico – noi non pensiamo che il volto europeo del multilateralismo possa e debba essere costruito in contrasto con gli Stati Uniti. Ecco il punto politico. Se Chirac pensa questo, commette un autentico errore storico; la nostra generazione deve andare oltre Yalta, ma non per tornare indietro agli anni trenta, quando una Europa riottosa ed ostile verso Washington si infilò in un buio tunnel, dal quale sono stati poi gli americani a liberarla. Oltre Yalta vuol dire riproporre con nuovi diritti e nuovi doveri un’alleanza indissolubile tra le grandi democrazie liberali del pianeta e studiare nuove forme di collaborazione con le aree più arretrate del mondo. Signor Presidente, nessun paese democratico oggi si sente equidistante, cosı̀ anche l’Italia che solennemente ribadisce oggi in quest’aula la sua amicizia con gli Stati Uniti e la sua avversione nei confronti di Saddam. Auspichiamo una vittoria rapida degli alleati e la definitiva liberazione dell’Iraq dal suo tiranno che poi, come Milosevic, dovrà essere processato da un tribunale internazionale. Vogliamo ricordare alle ragazze ed ai ragazzi del nostro paese una cosa importante: la pace è e deve essere per tutti un valore supremo e universale, ma la parola pace, separata dalla parola libertà, perde ogni valore (Applausi dei deputati dei gruppi di Forza Italia, di Alleanza nazionale e della Lega nord Padania) ! Può esserci pace, infatti, anche nel rumoroso silenzio delle dittature, là dove tutto tace, perché viene negato e vilipeso ogni diritto umano e siccome si è parlato della cultura cattolica (Commenti dei deputati del gruppo della Margherita, DL-l’Ulivo), vorrei ricor- Atti Parlamentari XIV LEGISLATURA — — DISCUSSIONI — 73 SEDUTA DEL dare l’enciclica Pacem in terris di Giovanni XXIII che ricordava come la pace « può esistere solo nel pieno rispetto del principio che ogni essere umano è persona, soggetto di diritti inviolabili e che essa » – la pace – « può realizzarsi solo se fondata su verità, giustizia, amore e libertà ». A tale proposito però vorrei osservare che non è giusto da parte di nessuno trasformare la Chiesa o il Papa Wojtyla in un leader politico, osannandolo e ricusandolo a seconda delle convenienze, strumentalizzando il suo magistero pacificatore (Applausi dei deputati dei gruppi di Forza Italia, di Alleanza nazionale e dell’Unione dei democratici cristiani e dei democratici di centro), non pacifista, a puri fini di parte. Pace e libertà, questo sta scritto sulle nostre bandiere ed invitiamo anche noi ad esporle in tutte le case del paese, con una sfida però alle bandiere arcobaleno: aggiungete, aggiungiamo a chiare lettere anche la parola: libertà, senza peraltro dimenticare che la più solenne bandiera di pace resta per tutti noi quella italiana, quella del nostro paese (Applausi dei deputati dei gruppi di Forza Italia e di Alleanza nazionale) ! Al tempo del Kosovo tutti invocammo l’emergenza, l’ingerenza umanitaria: era vero, ma attenzione, il nostro cuore non può andare solo lı̀ dove vogliono i media. Le immagini dei profughi kosovari colpirono giustamente l’emozione del mondo e crearono consenso a quella guerra. Ebbene, oggi, solo perché la TV non ce li ha mostrati, dobbiamo forse dimenticare i 4 mila villaggi, le 2 mila scuola, le 2 mila e 500 moschee, i 300 ospedali e chiese distrutte da Saddam ? Dobbiamo dimenticare i 2 milioni di curdi che sono stati deportati ? Dobbiamo dimenticare che 5 mila di essi, bambini, vecchi e donne, sono stati sterminati con gas nervino, quello stesso gas che per 12 anni Saddam ha nascosto ad ogni ispezione dell’ONU ? Non le abbiamo viste in TV, ma non le abbiamo comunque davanti ai nostri occhi quelle immagini ? Attenti allora a questo strabismo mediatico: la politica deve tenere gli Camera dei Deputati — 19 MARZO 2003 — N. 283 occhi aperti, anche senza le TV, altrimenti renderemmo i nostri popoli responsabili di una tragica indifferenza umanitaria. Per tale motivo, noi che vogliamo la pace oggi diciamo: Iraq libero senza se e senza ma e lavoreremo perché intorno a questi principi di pace e libertà la comunità internazionale, l’Europa, assieme agli Stati Uniti, ritrovino la via maestra di una rinnovata unità ideale e politica (Applausi dei deputati dei gruppi di Forza Italia, di Alleanza nazionale, dell’Unione dei democratici cristiani e dei democratici di centro, della Lega nord Padania e Misto-Liberaldemocratici, Repubblicani, Nuovo PSI – Congratulazioni). PRESIDENTE. Sono cosı̀ terminate le dichiarazioni di voto, con la ripresa televisiva diretta. Ringrazio tutti indistintamente per la correttezza ed anche per la precisione sui tempi. Si svolgeranno adesso gli interventi a titolo personale, per un minuto di tempo ciascuno. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto, a titolo personale, l’onorevole Craxi. Ne ha facoltà. BOBO CRAXI. Signor Presidente della Camera, onorevoli colleghi, l’intervento del Presidente del Consiglio dei ministri non ha fugato i dubbi sorti nelle ultime settimane in merito all’atteggiamento del nostro Governo dinanzi ad un attacco preventivo ed unilaterale contro l’Iraq, non sostenuto dalle Nazioni Unite. Vi sono vistosi deficit di legittimità politica, di legalità internazionale e motivate perplessità di ordine morale di cui è impossibile non tener conto. Io penso che il Governo italiano, invece di sostenere l’ultimatum delle Azzorre, aveva il dovere di spiegare ai propri alleati, con parole forti e chiare, che il rispetto delle risoluzioni dell’ONU avrebbe dovuto essere imposto innanzitutto con la pazienza e non con la violenza. Presto o tardi Saddam sarebbe stato messo con le spalle al muro. Osservatori non armati di pregiudizio possono ben giudicare quale conseguenza ha già prodotto questa scellerata decisione americana. Atti Parlamentari XIV LEGISLATURA — — DISCUSSIONI — 74 SEDUTA DEL Io penso che l’Italia, senza mancare di rispetto all’amico americano, avrebbe dovuto disapprovare questo passo di guerra. Dico « no » alla guerra unilaterale preventiva, « no » alla adesione italiana a questa coalizione, « no » perché bisogna essere capaci di dire « no » con rispetto e dignità, esprimendo un sentimento, non certo in solitudine, di una coerente e limpida tradizione politica, che porto a testa alta e che passa anche per l’esemplare posizione politica internazionale di Bettino Craxi e dei socialisti italiani che seppero interpretare i sentimenti di un popolo e l’orgoglio dell’intera nazione (Applausi dei deputati dei gruppi del Misto-Liberal-democratici, Repubblicani, Nuovo PSI, dei Democratici di sinistra-l’Ulivo, della Margherita, DLl’Ulivo, del Misto-Comunisti italiani, del Misto-Socialisti democratici italiani e del Misto-UDEUR-Popolari per l’Europa). PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto, a titolo personale, l’onorevole Sgarbi. Ne ha facoltà. VITTORIO SGARBI. Onorevole Presidente della Camera, onorevole Presidente del Consiglio, onorevoli colleghi, credo che la comunità parlamentare non possa che apprezzare il suo lieve ma evidente spostamento a sinistra, avendo dichiarato una non belligeranza esplicita, in perfetta concordia con la posizione del Governo tedesco e con quella più timida assunta da Governi di sinistra come quelli danese, ceco, ungherese, polacco e inglese che hanno aderito incondizionatamente alla posizione degli americani. Mi è sembrato bello quindi ascoltare Fassino esortare il Presidente del Consiglio al coraggio di uscire dalla timidezza di una posizione pacifista per entrare in una solenne e dichiarata accettazione della guerra che egli qui ha ricusato. Per questa ragione non ho mai sentito il Presidente del consiglio del Governo di centrodestra cosı̀ affine alle posizioni di una sinistra pacifista e non belligerante. Quindi, lui, con la sua famiglia, interpretano i pensieri che la sinistra di Governo non ha interpretato quando ha governato questo paese (Applausi). Camera dei Deputati — 19 MARZO 2003 — N. 283 PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto, a titolo personale, l’onorevole De Franciscis. Ne ha facoltà. ALESSANDRO DE FRANCISCIS. Signor Presidente, onorevoli colleghi, ho chiesto di esprimere, a titolo personale, il mio voto favorevole sulla risoluzione presentata dall’opposizione, che ovviamente condivido, e vorrei farlo da italiano, da democratico cristiano, da cattolico, che ha ascoltato la voce ferma del Papa (che dice mai più la guerra), ma anche da americano. Sı̀, da americano ! Troppe volte in questo dibattito ho sentito brandire ingiustificatamente la questione dell’amicizia al popolo americano. Onorevoli colleghi, io sono cittadino degli Stati Uniti d’America. Lo sono dalla nascita, ne sono orgoglioso – è il paese di mia madre e dei miei nonni – anche perché è il paese nel quale ho vissuto lungamente, ho studiato, ho affetti ed amici tra i più cari. Ebbene, poiché non so quanti di voi hanno questa mia stessa peculiare ventura, chiederei al Governo di non parlare più in maniera ipocrita del sentimento di amicizia con il popolo americano (Commenti dei deputati dei gruppi di Forza Italia e di Alleanza nazionale). Appartengo a quel popolo e posso assicurarvi che esso condivide la preoccupazione nostra e, nonostante lo shock dell’11 settembre, di gran parte dei popoli europei. Le convenienze e l’intesa con il Governo degli Stati Uniti d’America non possono essere falsificate fino a nascondere quanti, e mi avvio alla conclusione, in quel grande ed operoso popolo, combattono il dramma della povertà, coltivano il rispetto per la cultura, le arti e le istituzioni democratiche e quelle internazionali, ed amano sinceramente il dialogo con tutti gli altri popoli e, sommamente, il dono della pace che questa sera voi concorrete ad allontanare (Applausi dei deputati del gruppo della Margherita, DL-l’Ulivo – Commenti dei deputati Bornacin e Losurdo) ! PRESIDENTE. Sono cosı̀ esaurite le dichiarazioni di voto. Atti Parlamentari XIV LEGISLATURA — — DISCUSSIONI — 75 SEDUTA DEL (Votazioni) PRESIDENTE. Passiamo ai voti. Avverto che la risoluzione Craxi e Boato n. 6-00055 è stata ritirata. Avverto altresı̀ che è stata richiesta la votazione mediante procedimento elettronico. Indı̀co la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sulla risoluzione Violante ed altri n. 6-00056, non accettata dal Governo. Ciascuno voti per sé ! (Segue la votazione). Dichiaro chiusa la votazione. Comunico il risultato della votazione: Presenti .......................... 555 Votanti ............................ 552 Astenuti .......................... 3 Maggioranza .................. 277 Hanno votato sı̀ ..... 247 Hanno votato no .. 305. (La Camera respinge – Vedi votazioni). Prendo atto che gli onorevoli Mazzoni e Milanese non sono riusciti a votare e che avrebbero voluto esprimere voto contrario. Prendo altresı̀ atto che l’onorevole Pisa non è riuscita a votare e che avrebbe voluto esprimere voto favorevole. Indı̀co la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sulla risoluzione Elio Vito ed altri n. 6-00057, accettata dal Governo. (Segue la votazione). Dichiaro chiusa la votazione. Comunico il risultato della votazione: Presenti .......................... 558 Votanti ............................ 550 Astenuti .......................... 8 Maggioranza .................. 276 Hanno votato sı̀ ..... 304 Hanno votato no .. 246. (La Camera approva – Vedi votazioni). Camera dei Deputati — 19 MARZO 2003 — N. 283 Prendo atto che l’onorevole Mazzoni non è riuscita ad esprimere il proprio voto e che avrebbe voluto esprimere voto favorevole. Prendo altresı̀ atto che gli onorevoli Sabattini e Pisa non sono riusciti a votare e che avrebbero voluto esprimere voto contrario. Prendo atto che l’onorevole Fallica non è riuscito ad esprimere il proprio voto e che anch’egli avrebbe avuto esprimere voto favorevole. Prendo infine atto che l’onorevole Falanga non è riuscito a votare. È cosi esaurita la discussione sulle comunicazioni del Governo sugli sviluppi della crisi irachena. Sospendo per dieci minuti la seduta, che riprenderà con l’esame del disegno di legge di conversione del decreto-legge n. 25 del 2003, all’ordine del giorno. La seduta, sospesa alle 17,25, è ripresa alle 17,35. PRESIDENZA DEL VICEPRESIDENTE ALFREDO BIONDI Missioni. PRESIDENTE. Comunico che, ai sensi dell’articolo 46, comma 2, del regolamento, i deputati Alemanno, Aprea, Armosino, Baccini, Ballaman, Berlusconi, Berselli, Bono, Bonaiuti, Bossi, Brancher, Buttiglione, Contento, Delfino, Dozzo, Fini, Galati, Gasparri, Giovanardi, Maroni, Martino, Martusciello, Marzano, Matteoli, Miccichè, Molgora, Pisanu, Prestigiacomo, Scarpa Bonazza Buora, Stefani, Tassone, Tortoli, Tremaglia, Urbani, Urso, Valentino, Valducci, Viceconte e Viespoli sono in missione a decorrere dalla ripresa pomeridiana della seduta. Pertanto i deputati complessivamente in missione sono sessanta, come risulta dall’elenco depositato presso la Presidenza e che sarà pubblicato nell’allegato A al resoconto della seduta odierna. Atti Parlamentari XIV LEGISLATURA — — DISCUSSIONI — 76 SEDUTA DEL Seguito della discussione del disegno di legge: Conversione in legge del decretolegge 18 febbraio 2003, n. 25, recante disposizioni urgenti in materia di oneri generali del sistema elettrico (3688) (ore 17,36). PRESIDENTE. L’ordine del giorno reca il seguito della discussione del disegno di legge: Conversione in legge del decretolegge 18 febbraio 2003, n. 25, recante disposizioni urgenti in materia di oneri generali del sistema elettrico. Ricordo che nella seduta del 17 marzo scorso si è conclusa la discussione sulle linee generali. (Esame dell’articolo unico – A.C. 3688) PRESIDENTE. Passiamo all’esame dell’articolo unico del disegno di legge di conversione (vedi l’allegato A – A.C. 3688 sezione 3), nel testo della Commissione (vedi l’allegato A – A.C. 3688 sezione 4). Avverto che le proposte emendative presentate sono riferite agli articoli del decreto-legge, nel testo della Commissione (vedi l’allegato A – A.C. 3688 sezione 5). Avverto altresı̀ che sono state presentate proposte emendative riferite all’articolo unico del disegno di legge di conversione (vedi l’allegato A – A.C. 3688 sezione 6). Avverto che la I Commissione (Affari costituzionali) ha espresso il prescritto parere, che è distribuito in fotocopia (vedi l’allegato A – A.C. 3688 sezione 1). Avverto che la V Commissione (Bilancio) ha espresso il prescritto parere, che è distribuito in fotocopia (vedi l’allegato A – A.C. 3688 sezione 2). Informo l’Assemblea che, in relazione al numero di emendamenti presentati, la Presidenza applicherà l’articolo 85-bis del regolamento, procedendo in particolare a votazioni per principi o riassuntive, ai sensi dell’articolo 85, comma 8, ultimo periodo, ferma restando l’applicazione dell’ordinario regime delle preclusioni e delle votazioni a scalare. A tal fine, il gruppo di Camera dei Deputati — 19 MARZO 2003 — N. 283 Rifondazione comunista è stato invitato a segnalare gli emendamenti da porre comunque in votazione. Passiamo agli interventi sulle proposte emendative riferite agli articoli del decreto-legge. Ha chiesto di parlare l’onorevole Cialente. Ne ha facoltà. MASSIMO CIALENTE. Signor Presidente, onorevoli colleghi, signor sottosegretario, quella dell’energia dovrebbe essere una materia di interesse e di attenzione prioritaria da parte del Governo, da affrontare con una riforma organica, complessiva, tale da riuscire ad ottenere il consenso dei tanti soggetti interessati, assicurare il completo fabbisogno energetico del paese, porre le basi per una politica dei costi dell’energia per gli utenti – in particolare, quelli del sistema produttivo italiano – rassicurando nel contempo, attraverso l’adozione di corretti strumenti di valutazione ambientale complessiva, le regioni, gli enti locali e le popolazioni stesse interessate dai numerosissimi progetti relativi alla realizzazione di nuove centrali. Al contrario, questo Governo ancora non permette al Parlamento di capire – e ancora meno a tutti coloro che sono interessati nel paese – quali siano i veri obiettivi che si è posto – se se li è posti e se ne ha – né tantomeno i tempi della sua realizzazione. Abbiamo, infatti, dovuto registrare prese di posizione non univoche, in questi due anni, provvedimenti contraddittori e, soprattutto, una valanga di decreti-legge. È un vero e proprio puzzle legislativo, ripeto, spesso contraddittorio e di dubbia efficacia: il decreto sblocca centrali, il decreto blocca tariffe, il decretolegge sull’iniziativa privata e lo sviluppo della concorrenza, la legge di semplificazione amministrativa e, infine, il decreto n. 281, per il mantenimento delle tre centrali che superano i livelli di emissione. È una raccolta di leggi che, se da un lato denuncia l’assoluta mancanza di una visione organica e complessiva del problema e delle misure necessarie alla sua soluzione, dall’altro rivela la volontà di forzare la normativa vigente, gli indirizzi comuni- Atti Parlamentari XIV LEGISLATURA — — DISCUSSIONI — 77 SEDUTA DEL tari, il delicato equilibrio del potere concorrente, in materia energetica, delle regioni, e lo stesso ruolo dell’autorità garante. Diceva bene il collega Quartiani, durante la discussione sulle linee generali, utilizzando il linguaggio calcistico: assistiamo a tutta una serie di entrate « a piedi uniti » da parte del Governo, in una partita che, in mancanza di idee e di schemi, è costretto a giocare solo in modo falloso. Ecco, allora, quest’ennesimo fallo, questo decreto-legge che, ancora una volta, è giustificato con un’urgenza della quale, anche durante i lavori in Commissione attività produttive, non siamo riusciti a comprendere né le motivazioni né le giustificazioni. Dopo la significativa ed utile indagine conoscitiva sulla complessiva materia del sistema energetico del paese, svoltasi nella X Commissione, e l’ordine del giorno approvato da questo ramo del Parlamento, il Governo ha predisposto il disegno di legge di riordino del sistema energetico con un ritardo di ben quattro mesi, pur essendosi dato, ed avendo avuto da parte della Camera, un termine ben preciso, ossia maggio 2002, e solo alla fine dell’anno, dal mese di dicembre, in Commissione attività produttive sono stati avviati i relativi lavori. Tuttavia, nel frattempo, il ministro Marzano continua ad estrapolarne aspetti significativi. Oggi, alcuni di essi li troviamo in questo provvedimento, quasi a volere inviare al Parlamento un segnale di scarsa fiducia, se non di espropriazione, della capacità e del ruolo di legiferare, in tempi brevi (se si volesse, sarebbero brevi), sul citato disegno di legge di riordino. Se si volesse seriamente approvare il disegno di legge, che fretta ci sarebbe di abolire con il provvedimento in esame gli stranded costs e la penale sull’energia idroelettrica ? Forse, la verità è quella che già ho sentito in quest’aula, nel corso della discussione sulle linee generali: non c’è l’urgenza di far partire la borsa del mercato elettrico (tra l’altro, in questo testo, viene solo nominata; vi è l’intenzione di attivarla). Ma si tratta solo di un intervento determinato soprattutto da un’esigenza, quella di in- Camera dei Deputati — 19 MARZO 2003 — N. 283 tervenire per sanare una situazione di grave sofferenza di bilancio che oggi – lo sappiamo – vivono alcune importanti società operanti in Italia. Mi dispiace che, durante la discussione sulle linee generali, non fosse presente in aula il ministro delle attività produttive Marzano il quale avrebbe dovuto farci conoscere l’impegno del Governo proprio perché misure legate a questa situazione, volte a tutelare questo aspetto, sarebbero gravide del rischio di produrre ulteriori alterazioni in qualsiasi tentativo di realizzare un’impalcatura organica della disciplina normativa del sistema dell’energia. Anche con riferimento alle proposte emendative da noi presentate e che saranno esaminate in questa sede, vorrei sottolineare due preoccupanti aspetti presenti nel provvedimento in esame. Con questo decreto-legge, eliminando la penale sulla rendita idroelettrica, si alleggeriranno, certo, i bilanci di alcune aziende, ma, dal 2002, la bolletta energetica per gli utenti si appesantirà di ben oltre mille milioni di euro che ricadranno sulle famiglie (si calcola, 300 euro a famiglia), ma soprattutto sul tessuto della produzione del nostro paese, in particolare sulle piccole aziende, quelle artigianali e commerciali. Avremo questa grave penalizzazione dell’utenza nei primi due anni di applicazione di questo decreto-legge. Se cosı̀ non fosse, d’altra parte, non capiremmo per quale motivo il Governo non ha portato, come aveva affermato in Commissione, dati differenti. Questo – lo vorrei sottolineare – è proprio un bel capolavoro ! Nel nostro paese, la liberalizzazione del settore energetico comporta, non il contenimento dei costi – come doveva essere, e come era, l’obiettivo primario –, ma, addirittura, un loro aumento. Mi chiedo se sia una beffa, uno strano gioco di magia o, meglio ancora, di stregoneria. L’altro aspetto che vorrei sottolineare è il seguente: con questo decreto-legge, si interviene per determinare una ultrattività del termine previsto dalla legge n. 55 del 2002, nota come decreto « sblocca centrali », per effettuare la valutazione di im- Atti Parlamentari XIV LEGISLATURA — — DISCUSSIONI — 78 SEDUTA DEL patto ambientale rispetto ai progetti di realizzazione di nuove centrali. Quindi, non risponde al vero che si andava centralizzando sul Ministero un’accelerazione dei tempi, ma se ne deduce che abbiamo avuto un’ulteriore dilatazione. Questo si fa in materia di legislazione concorrente con le regioni, senza il preventivo confronto con le stesse. Anzi, questo provvedimento al nostro esame non fa alcun riferimento all’accordo recentemente raggiunto nel settembre del 2002 dalla Conferenza Stato-regioni che fissa i rispettivi compiti e funzioni in tema di attuazione del decreto « sblocca centrali ». Si dimentica – giustamente, è stato ricordato anche dal collega Rugghia in sede di discussione sulle linee generali – la valutazione comparativa, da parte delle regioni nel caso dell’esistenza di più progetti presenti in uno stesso comprensorio, in un’unica area o in un unico comprensorio, ma che sia luogo di confine tra più regioni. Questo decreto-legge non vi accenna ! Si dà, quindi, una spallata ulteriore alle regioni ed al loro ruolo costituzionalmente definito dalla riforma del titolo V della Costituzione. È un grave errore ! Sappiamo, infatti, che alcune regioni hanno già avviato contestazioni rispetto ai progetti presentati. Proprio perché non neghiamo che nel nostro paese sia viva l’esigenza di assicurare un aumento della produzione di energia, non solo paventiamo il rischio di un improvviso suo deficit, di un temibile blackout, ma riteniamo anche che, per dare sostegno al nostro sistema produttivo, occorrerebbe fissare, d’accordo con le regioni, un quadro di regole e di linee guida chiare e condivise che determini il numero di centrali necessarie, dove sia più utile insediarle, dove e come si debba favorire l’impiego di fonti alternative e rinnovabili. Di tutto ciò non v’è nulla, mentre, per i progetti di nuove centrali, si procede sempre con l’esame secondo il numero di protocollo delle domande. Sembra uno scherzo ! Ma davvero il Governo ritiene possibile che, attraverso l’accentramento delle scelte qui a Roma e senza un confronto con le regioni e con gli enti locali, Camera dei Deputati — 19 MARZO 2003 — N. 283 si possano realizzare le nuove, necessarie strutture energetiche ? Senza individuare una precisa metodologia d’azione, mi domando come il Governo possa pensare di calare una centrale, dall’esterno, in realtà territoriali che, a loro volta, hanno già definito la loro vocazione ed hanno programmato pezzi dei loro comprensori. Senza un incontro, come quello fissato dalla Conferenza Stato-regioni, senza la concertazione, senza un ed un confronto sui progetti, non si risolverà nulla ! È questo il grande limite del decreto-legge al nostro esame. Dopo le discussioni che, di recente, abbiamo affrontato sulla riforma del CNR, sull’ASI, sulla stessa riforma della scuola, abbiamo l’ennesima riprova che il Governo – perdonatemi l’abuso della metafora calcistica – entra a piedi uniti, rifiutando qualsiasi concertazione e qualsiasi confronto con i soggetti realmente interessati alla soluzione dei vari problemi che abbiamo davanti. Questo decreto-legge non serve, non ha respiro, non rientra in un disegno e, purtroppo, come tanti altri vostri atti, danneggia le famiglie, gli utenti, le imprese ed il complessivo sistema paese (Applausi dei deputati del gruppo dei Democratici di sinistra-l’Ulivo). PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare l’onorevole Buglio. Ne ha facoltà. SALVATORE BUGLIO. Signor Presidente, onorevoli colleghi, onorevole rappresentante del Governo, siano chiamati, ancora una volta, a convertire un decretolegge del Governo, l’ennesimo che si occupa della materia energetica. Di questo provvedimento non si capisce la necessità ! Durante l’esame in Commissione, non abbiamo compreso del tutto le motivazioni che hanno spinto all’adozione del provvedimento d’urgenza relativamente alla materia dell’energia che, come grande questione nazionale, dovrebbe essere affrontata con una riforma organica del settore ed attraverso il concorso dei tanti soggetti interessati. L’esecutivo ha presentato numerosi provvedimenti, contraddittori e di dubbia Atti Parlamentari XIV LEGISLATURA — — DISCUSSIONI — 79 SEDUTA DEL efficacia, motivati soprattutto dalla volontà di procedere ad una revisione delle leggi più importanti approvate negli ultimi anni. È lungo l’elenco dello « spezzatino » legislativo: il decreto « sblocca centrali », quello « blocca tariffe », il disegno di legge sull’iniziativa privata e per lo sviluppo della concorrenza, la legge di semplificazione amministrativa, il decreto-legge n. 281 del 2002, che doveva consentire, transitoriamente, il mantenimento in esercizio delle tre centrali che superano i limiti di emissione. Con questa abbondante produzione legislativa, si è manifestata, da un lato, l’incapacità di procedere in modo organico e, dall’altro, la volontà, direi anche la velleità, di forzare la normativa vigente, gli indirizzi comunitari, il potere concorrente in materia energetica delle regioni, nonché il ruolo delle autorità garanti. Con questo modo confuso di procedere, con questi provvedimenti adottati, che hanno prodotto risultati controproducenti, il Governo sembra aver perso il controllo della situazione. Nessuna delle indicazioni emerse nel corso delle audizioni svolte da parte della X Commissione nell’ambito dell’indagine conoscitiva sul settore energetico è stata tradotta in fatti. PRESIDENTE. Scusate, onorevoli colleghi della Lega nord Padania, immagino che i vostri conversari siano interessanti, ma sta parlando un collega; abbiate un minimo di riguardo. SALVATORE BUGLIO. Grazie presidente, ma fa lo stesso, non si preoccupi. Oggi, indubbiamente, dopo due anni di Governo del centrodestra, la situazione è peggiorata per ciò che concerne l’efficienza e la sicurezza della produzione energetica, la liberalizzazione e la concorrenza, il rispetto delle funzioni e delle competenze delle regioni, la tutela dell’ambiente. Perché, signor ministro, questo ulteriore ed inutile decreto da convertire in una legge poco efficace, considerato, inoltre, che presso la Commissione attività produttive è in avanzata fase di esame il provvedimento di riordino del sistema Camera dei Deputati — 19 MARZO 2003 — N. 283 energetico, chiesto con un ordine del giorno approvato dalla Camera dei deputati ? Per quale motivo si è ritenuto necessario dover stralciare dal testo di riforma l’articolo 14 relativo agli oneri generali del sistema elettrico per farne un decreto-legge ? Si afferma la necessità di dover disciplinare gli oneri di sistema che gravano sulla bolletta degli utenti e, in particolare, gli stranded costs per determinare condizioni uniformi di concorrenza fra operatori vecchi e nuovi e per eliminare possibili vantaggi competitivi in funzione delle operazioni della futura borsa elettrica di imminente realizzazione. Allo stesso tempo, si fa decorrere la data delle « eliminazioni » dal 1o gennaio del 2004. Allora, ci chiediamo perché viene adottato un decreto-legge, qual è l’urgenza, cosa impedisce di aspettare l’approvazione imminente delle leggi di riforma e di riordino del settore ? E perché non avete accettato, quando lo abbiamo richiesto con i nostri emendamenti all’articolo 1, di far coincidere la decorrenza degli oneri di sistema con l’avvio della borsa elettrica (e non con la data del 1o gennaio 2004) ? Tra l’altro, l’istituzione della borsa elettrica nell’attuale situazione economica produttiva del paese, considerando la specificità del nostro sistema energetico, potrà produrre effetti positivi sulla regolazione del mercato solo dopo atti concreti e coerenti che l’esecutivo purtroppo non ha assunto. È difficile pensare ad una reale concorrenza fra produttori se non verrà rinnovato e reso competitivo il parco di generazione elettrica nazionale. La borsa difficilmente potrà regolare con la trasparenza delle quotazioni tra i produttori nazionali un mercato che dipende in larga misura dalla valorizzazione dell’energia di importazione. Come è noto, il prezzo medio dell’energia delle centrali italiane è stimato all’ingrosso in 120 lire a kWh, con 80 lire di costo per il combustibile, laddove il prezzo di importazione è inferiore alle 60 lire. È evidente che è necessario intervenire per ridurre le asimmetrie dei costi produzione elettrica nel nostro paese, se non vogliamo favorire soprattutto i Atti Parlamentari XIV LEGISLATURA — — DISCUSSIONI — 80 SEDUTA DEL produttori esteri senza tutelare i nostri consumatori e le imprese nazionali che sono costrette a raccogliere la sfida della competitività dei mercati internazionali in condizioni di estremo svantaggio. Nel decreto-legge presentato per la conversione si prevede la compensazione fra l’eliminazione dei costi sostenuti dai produttori prima della direttiva 96/92/CE di apertura del mercato, non recuperabili per effetto del cambiamento del contesto economico istituzionale, e l’obbligo di restituzione da parte dei produttori della rendita idroelettrica. Però, mentre l’abolizione del riconoscimento degli stranded costs partirebbe dal 1o gennaio 2004, la non compensazione decorrerebbe dal primo gennaio 2002. A noi sembrerebbe più logico unificare i termini delle soppressioni e della compensazione delle rendite idroelettriche senza dare la sensazione di voler riconoscere per il 2002 e per il 2003 ai produttori vecchi e nuovi una sorta di indennizzo supplementare. Ma, lo ripeto, essendo ormai giunti alla vigilia dell’approvazione del progetto di riforma e di riordino (l’atto Camera n. 3297) gli obiettivi fissati nel decretolegge in esame con riferimento alle discipline degli oneri di sistema, non ci sembra abbiano un carattere di urgenza utile a giustificare il ricorso a tale strumento. Forse il Governo considera la seconda parte del provvedimento, quella disciplinata dall’articolo 3, una materia da affrontare con urgenza per determinare, come si legge sulla relazione, una più efficace attuazione del decreto-legge 7 febbraio 2002, n. 7, convertito dalla legge 9 aprile 2002 n. 55, cosiddetto sblocca centrali. Qui, in effetti, si interviene con urgenza su una precisa scadenza temporale, prorogando di ulteriori 90 giorni i tempi ammissibili (pari a 185 giorni) per effettuare la valutazione di impatto ambientale. Il tempo massimo è ormai concluso e 10 progetti, a causa dei ritardi accumulati, sono a rischio di scadenza. Ma non ci avevate detto che con il decreto sblocca centrali, attraverso l’autorizzazione unica, rilasciata dal Ministero delle attività produttive e le procedure sempli- Camera dei Deputati — 19 MARZO 2003 — N. 283 ficate escogitate per il via, sarebbe stato possibile un più spedito esame delle richieste per evitare il tenuto blackout energetico ? Ora, dopo più di un anno, vengono smentite queste previsioni ottimistiche e si allungano di altri 9 mesi i tempi per l’esame della valutazione di impatto ambientale. Dunque, con un nuovo decreto-legge, adottato senza preventivo confronto con le regioni, in una materia di legislazione concorrente, si interviene per determinare una ultrattività del termine previsto della legge n. 55 del 2002. Il provvedimento in esame tace sull’accordo raggiunto, in sede di conferenza Stato-regioni, il 5 settembre 2002, volto a dare attuazione al decreto sblocca centrali con l’esercizio dei rispettivi compiti e funzioni in materia di produzione di energia elettrica e per gestire la procedura di autorizzazione in via transitoria; non si fa cenno all’accordo che prevedeva la valutazione comparativa da parte delle regioni nel caso di più progetti presentati per uno stesso territorio. Inoltre, al comitato paritetico, previsto della legge n. 55 del 2002, per il monitoraggio dell’efficacia delle disposizioni e la valutazione delle potenze installate, si affida, con questo nuovo decreto-legge, l’approvazione periodica dell’elenco dei progetti che rientrano nelle priorità. Dunque, per la valutazione di impatto ambientale si prevede di procedere in contraddizione con le norme esistenti ed anche con il decreto sblocca centrali. Insomma, si dà un’ulteriore spallata alle regioni che pure hanno aderito all’accordo nella Conferenza unificata del 5 settembre e che non hanno alcuna responsabilità per i ritardi dei provvedimenti autorizzativi. Per motivare tali scelte la relazione di accompagnamento fa riferimento alla criticità strutturale delle situazioni di produzione di energia elettrica e alla pressoché totale carenza di riserve. Pur ritenendo eccessivo e strumentale l’allarmismo del Governo noi non neghiamo l’esigenza di aumentare la produzione energetica del nostro paese e siamo convinti che occorra scongiurare il rischio di una condizione di emergenza della pro- Atti Parlamentari XIV LEGISLATURA — — DISCUSSIONI — 81 SEDUTA DEL duzione energetica necessaria a sostenere l’apparato produttivo e l’economia nazionale. Nella politica dell’esecutivo constatiamo, però, l’assenza di una visione strategica e di una seria programmazione. Non si possono adottare provvedimenti che, indiscriminatamente, avviano la procedura di autorizzazione per oltre 609 centrali per una potenza complessiva di 115 mila Megawatt senza fissare, d’intesa con le regioni, un quadro di regole e di linee guida, per determinare quante siano le centrali di cui ha bisogno l’Italia, dove debbano essere collocate, considerato il bilancio energetico delle diverse regioni, quali carburanti debbano essere usati per produrre nuove energie, e come favorire l’impiego di fonti rinnovabili. Signor Presidente, siamo contro questo provvedimento perché parte da presupposti sbagliati, perché dà risposte sbagliate anche ad esigenze reali. Per generare nuove energie, per ristrutturare il parco nazionale delle centrali, per sviluppare il processo di liberalizzazione del mercato e per garantire la salvaguardia dell’ambiente, anche con l’attuazione degli impegni sottoscritti dal nostro paese a Kyoto, occorrono altre scelte e provvedimenti di maggiore efficacia, provvedimenti che finora questo Governo non ha saputo adottare. Quando verranno presentati non faremo mancare il contributo delle nostre idee e delle nostre proposte (Applausi dei deputati del gruppo dei Democratici di sinistra-l’Ulivo). PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare l’onorevole Cazzaro. Ne ha facoltà. BRUNO CAZZARO. Signor Presidente, i colleghi intervenuti prima di me hanno già segnalato i punti fondamentali che sono alla base del nostro giudizio critico nei confronti di questo provvedimento. Siamo critici non solo rispetto al merito, ma anche perché consideriamo sbagliato il metodo che il Governo segue nell’affrontare questi problemi. Su una questione strategica nazionale, come quella del fabbisogno energetico, si continua infatti a procedere a stralci, a spizzichi e bocconi, Camera dei Deputati — 19 MARZO 2003 — N. 283 e cosı̀ operando si perde il quadro di insieme: gli interventi perdono efficacia ed i problemi veri continuano a rimanere irrisolti, restando nella stagnazione ed aggravandosi. Vanno svolte alcune considerazioni di ordine generale. Giustamente, veniva richiamato il lavoro che è in corso in Commissione su tale argomento: mi riferisco al provvedimento che va sotto il titolo: riordino del settore energetico. Da questo testo si estrapolano alcune norme, applicandole per decreto-legge. Ciò aumenta la confusione e l’incertezza, confusione ed incertezza che riscontriamo essere presente anche nel testo citato del riordino dell’intero settore (su tale testo siamo peraltro impegnati in un lavoro di miglioramento). Davvero non si capisce dove il Governo intenda andare a parare. È da tutto questo che emerge la nostra insoddisfazione, nonché il limite dell’azione del Governo. Siamo in una fase importante e delicata: dobbiamo gestire con cura e con idee chiare soprattutto la fase transitoria che ci dovrà portare ad una situazione di effettiva liberalizzazione del mercato dell’energia. Nel disegno di legge di riforma questo obiettivo non appare in modo chiaro, mentre dovrebbe essere lampante che non intendiamo difenderci dai processi di liberalizzazione, dovendo infatti assecondare, favorire percorsi, agevolare l’azione dei soggetti che intendono misurarsi nel mercato. Sono molti i segnali di inadeguatezza della politica praticata: l’utente non appare come il principale soggetto di riferimento, è inadeguato il rapporto che si prevede di stabilire con l’autorità e con gli enti territoriali interessati da parte del Governo e del ministero. L’indagine conoscitiva sul settore energetico ha fornito indicazioni utili, informazioni che dovremmo utilizzare e delle quali dovremmo tenere conto. Certo, l’evoluzione dei processi reali chiede di apportare aggiustamenti legislativi; è indubbio che vi sono fatti nuovi: la modifica del titolo V della Costituzione, la configurazione di nuovi operatori nazionali, la complessa vicenda delle genco, il venir meno Atti Parlamentari XIV LEGISLATURA — — DISCUSSIONI — 82 SEDUTA DEL della posizione dominante di ENI e di ENEL. Ebbene, a nostro giudizio, dal Governo non proviene una politica chiara: non si agisce in continuità con le riforme avviate e dove si potrebbero pure apportare i correttivi necessari si tenta, con questa fobia – sicuramente presente – di rovesciare tutto ciò che è stato fatto in precedenza, di colpire i punti importanti dei decreti Bersani e Letta. Non pensiamo che questa sia la strada maestra per adeguare la nostra politica energetica nazionale. Riteniamo che la legislazione vigente debba essere applicata interamente per produrre benefici alle imprese e alle famiglie. Insieme occorre stimolare la capacità competitiva sul terreno internazionale dei nostri più importanti operatori, i quali sempre più devono uscire da una logica di richiesta di protezione e tutela ed affrontare la sfida del mercato e della competizione. Un’altra grande questione riguarda la disponibilità di energia per rispondere al fabbisogno nazionale. Allora, il problema va affrontato adeguatamente e su più versanti: quello delle fonti di approvvigionamento e quello di una vera ed efficace programmazione per i nuovi impianti. Invece, si continua a non affrontare adeguatamente la questione strategica della programmazione, che certo passa anche attraverso un nuovo sistema di collaborazione con regioni ed enti locali per la realizzazione delle infrastrutture necessarie. Non è semplificando con una impostazione centralistica che scavalca le regioni che risolveremo il problema. Occorre, invece, praticare un terreno più complesso, certamente più faticoso, ma più sicuro per quanto riguarda il risultato, che è quello della concertazione e della responsabilizzazione. La conferma di una impostazione sbagliata viene anche dal tentativo di depotenziare il ruolo dell’Autorità per l’energia elettrica e il gas. L’Autorità, invece, va salvaguardata nel ruolo di soggetto indipendente con funzioni di terzietà e non va messa in libertà vigilata dal Governo, il quale pensa di dettarne i comportamenti, le valutazioni di merito, fino a sostituirsi Camera dei Deputati — 19 MARZO 2003 — N. 283 ad essa. Occorre, quindi, affrontare con una visione effettivamente d’insieme un problema di tale rilevanza, tenendo insieme i vari elementi che compongono un’adeguata politica energetica, dalla combinazione delle fonti pulite e rinnovabili ai progetti innovativi da finanziare, dai problemi dell’approvvigionamento dall’estero ad un organica riforma dei servizi pubblici locali e via dicendo. Procedendo, cosı̀, invece, con decretilegge e provvedimenti di emergenza, i veri problemi – come ho detto prima – rimangono sullo sfondo irrisolti. Per questo motivo, riteniamo sbagliato il provvedimento e per questo motivo non rinunciamo a misurarci e a dare un contributo per migliorarlo con gli emendamenti che abbiamo depositato, che presenteremo, che sosterremo e che speriamo possano trovare accoglimento anche da parte della maggioranza (Applausi dei deputati dei gruppi dei Democratici di sinistra-l’Ulivo e della Margherita, DL-l’Ulivo). PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare l’onorevole Ruggeri. Ne ha facoltà. RUGGERO RUGGERI. Signor Presidente, signor ministro, il gruppo della Margherita, DL-l’Ulivo non frenerà la conversione in legge di questo decreto-legge. Lo ritiene in gran parte inutile e, soprattutto, senza la giustificazione (almeno quella dichiarata) dell’urgenza. Tuttavia, certamente vi è qualche aspetto positivo. Svolgerò una breve relazione indicando questi aspetti positivi, ma anche una critica molto forte alla politica energetica di questo Governo, sempre ovviamente rispettando le persone. L’aspetto positivo è che anche in questo decreto-legge vi è una linea di continuità con le riforme del centrosinistra. Oggi, preoccuparsi della borsa elettrica significa preoccuparsi del motore dell’economia, vuol dire avere la volontà di liberalizzare un sistema che ha bisogno di ossigeno e che ha bisogno che la gente partecipi, che creda e che possa investire. Ciò può avvenire attraverso la borsa elettrica. Pertanto, questo aspetto presente nel decretolegge è certamente un fatto positivo. Atti Parlamentari XIV LEGISLATURA — — DISCUSSIONI — 83 SEDUTA DEL Tuttavia, il riferimento all’urgenza della borsa non giustifica del tutto la presenza del decreto-legge. Non vi è l’urgenza della realizzazione della borsa elettrica, che avrebbe potuto benissimo essere attuata altrove e, comunque, questa non è una giustificazione. Si prevede poi di rendere più efficace il decreto « sblocca centrali ». Anche questo è un aspetto positivo perché abbiamo constatato sul campo che tale decreto non ha funzionato. Si vogliono, poi, superare alcune difficoltà per mantenere in servizio le centrali termoelettriche previste nel provvedimento che abbiamo approvato la scorsa settimana: si tratta di un altro fatto positivo perché si rimedia ad un errore, proprio in questa situazione di difficoltà relativa all’avere a disposizione una potenza del nostro sistema energetico. Il provvedimento riguarda anche una rideterminazione degli oneri generali afferenti al sistema elettrico. Vi è una serie di indicazioni, di calcoli, una reintegrazione dei costi che prima non erano rimborsabili in riferimento all’ENEL ed alle tre Genco. Non è stato chiarito chi deve sostenere tali nuovi oneri, dato che si dice che il provvedimento è a costo zero. Vorrei ringraziare il relatore che, con molta lealtà, ha detto che vi è stato un contributo anche da parte dell’opposizione per migliorare il provvedimento. Mi riferisco, ad esempio, alla partita degli stranded cost sulla cui determinazione vi è una nuova formulazione ed alle voci che riguardano la rendita idroelettrica. Un contributo dell’opposizione, anche del mio gruppo, è stato quello di inserire il ruolo che dovrebbe avere l’Autorità dell’energia elettrica e del gas. Abbiamo lavorato bene anche sul punto riguardante l’annullamento degli oneri negativi maturati dalle tre Genco con un parere preventivo da parte dell’autorità. La vera urgenza non sta nella borsa elettrica, ma nella situazione drammatica che stiamo vivendo. Nel giro di pochi mesi abbiamo rischiato due volte il blackout del nostro sistema elettrico: questa è l’urgenza vera per sbloccare le centrali e per au- Camera dei Deputati — 19 MARZO 2003 — N. 283 mentare la potenza. Ciò tanto più oggi che il rischio lo abbiamo già corso e siamo in un momento di stasi, di tranquillità, in cui non vi è una forte domanda del nostro apparato produttivo e, soprattutto, non vi è ancora una situazione di guerra con le inevitabili ripercussioni non solo sui prezzi, ma sulle quantità di greggio che arriveranno in Italia. Questa è la vera urgenza ed è il motivo per cui non poniamo un freno al provvedimento. Vi è anche un altro aspetto importante che riguarda le procedure per il rilascio dell’autorizzazione per costruire nuovi impianti o il potenziamento di impianti esistenti. Vorremmo che, oltre ad aver scritto che vi è una priorità per i progetti che si impegnano all’ambientalizzazione, questo costituisse il vincolo per dare l’autorizzazione a nuove centrali o a nuovi ampliamenti. Dunque, il vero problema è vedere come oggi sia possibile risolvere il blackout. Vengo al giudizio sulla politica energetica del centrodestra che, a mio avviso, è fallimentare. Dopo circa due anni di Governo del centrodestra la questione energetica sta scoppiando: mi riferisco al blackout. Il paese è già in una situazione concreta di blackout energetico mentre il Governo non riesce a concretizzare una pur minima contromisura. Questo è l’effetto di una conflittualità pesante, in primo luogo all’interno del Governo, tra il Ministero delle attività produttive e quello dell’economia. La politica vincente è quella di Tremonti: aumentare le entrate dello Stato, magari vendendo al meglio – al meglio contabilmente – pezzi dell’ENEL e dell’ENI. Il ministro Marzano mi pare che non abbia la forza politica di riavviare i processi di liberalizzazione e di privatizzazione iniziati del centrosinistra in un’ottica industriale. L’ENEL sta andando a pezzi, nel senso che vi è un’emorragia continua di risorse finanziarie ed umane. Essa viene valorizzata solo contabilmente e non industrialmente. Domani accadranno dei guai nella sicurezza dei servizi del sistema elettrico, perché le professionalità interne all’ENEL non vengono neppure difese, né Atti Parlamentari XIV LEGISLATURA — — DISCUSSIONI — 84 Camera dei Deputati — SEDUTA DEL dall’ENEL né dal ministro dell’industria, né tanto meno dal ministro dell’economia. Vi è pure una conflittualità all’interno della maggioranza politica fra Governo nazionale e Governo regionale. Il provvedimento denominato « sblocca centrali », che aveva lo scopo di approvare l’installazione di nuove centrali ed aumentare la potenza di quelle già esistenti, è stato a sua volta bloccato proprio dalle regioni del centrodestra (Lombardia e Veneto). Vi è poi una conflittualità all’interno della maggioranza tra Parlamento e Governo; infatti il decreto del Governo, che ho citato all’inizio, che avrebbe dovuto salvare la produzione delle tre centrali di Brindisi, Porto Tolle e San Filippo del Mela, è stato del tutto snaturato da un emendamento di un deputato della maggioranza e approvato con il contributo della maggioranza stessa contro il Governo. Vi è una conflittualità all’interno della maggioranza che si avverte sul decreto Marzano inerente il riordino del sistema energetico. Il decreto staziona, senza l’urgenza di avviare una politica industriale dell’energia che possa rispondere alle necessità strutturali delle imprese e delle famiglie. Un ulteriore sintomo della conflittualità fra l’ottica industriale di Marzano (che io appoggio senza riserve) e quella contabile di Tremonti; lo stiamo avvertendo proprio all’interno della Commissione attività produttive. Non a caso nella discussione sul provvedimento generale di riordino del sistema dell’energia abbiamo in Commissione un tutor di Tremonti, un tutor dei sottosegretari di Marzano, dei colleghi parlamentari della maggioranza e addirittura un tutor per il presidente della Commissione. Vorrei sapere cosa ne pensa il ministro Marzano di questo tutoraggio. Infine, vi è poca volontà politica a procedere alla modifica del titolo V della Costituzione per ridare allo Stato la competenza esclusiva sull’energia. Quest’ultimo è stato a mio avviso un punto negativo del Governo di centrosinistra ma per tutto il resto la responsabilità dell’abbandono e del non governo del sistema energetico attuale è del centrodestra, con gravissime conseguenze proprio sullo sviluppo 19 MARZO 2003 — N. 283 dell’economia reale del nostro paese (Applausi dei deputati dei gruppi della Margherita, DL-l’Ulivo e dei Democratici di sinistra-l’Ulivo). PRESIDENTE. Nessun altro chiedendo di parlare sulle proposte emendative riferite agli articoli del decreto-legge, invito il relatore ad esprimere il parere della Commissione. LUIGI GASTALDI, Relatore. Signor Presidente per il momento mi limito ad esprimere il parere della Commissione sugli emendamenti riferiti all’articolo 1 del decreto-legge. Vi è un invito al ritiro degli emendamenti Polledri 1.6 e Martinelli 1.7, mentre il parere è contrario su tutti gli altri emendamenti riferiti all’articolo 1 del decreto-legge. PRESIDENTE. Qual è il parere del Governo ? GIOVANNI DELL’ELCE, Sottosegretario di Stato per le attività produttive. Il Governo esprime parere conforme a quello del relatore. PRESIDENTE. In base alle intese intercorse tra i gruppi, il seguito del dibattito è rinviato ad altra seduta. Modifica nella composizione della Commissione parlamentare di inchiesta sull’affare Telekom-Serbia PRESIDENTE. Comunico che il Presidente del Senato, in data 19 marzo 2003, ha chiamato a far parte della Commissione parlamentare di inchiesta sull’affare Telekom-Serbia il senatore Nicodemo Francesco Filippelli, in sostituzione del senatore Cesare Marini, dimissionario. Sull’ordine dei lavori (ore 18,18). PRESIDENTE. Informo che non sono state presentate questioni pregiudiziali e Atti Parlamentari XIV LEGISLATURA — — DISCUSSIONI — 85 SEDUTA DEL sospensive, preannunciate in sede di Conferenza dei presidenti di gruppo, sui provvedimenti il cui esame è previsto per la prossima settimana. Per tale motivo, il relativo punto non sarà iscritto all’ordine del giorno di domani e lunedı̀ si passerà alla discussione generale dei progetti di legge in questione. PIERO RUZZANTE. Chiedo di parlare sull’ordine dei lavori. PRESIDENTE. Ne ha facoltà. PIERO RUZZANTE. Signor Presidente, già la scorsa settimana ho avuto modo di segnalare il problema del ritardo con il quale il Governo risponde agli atti di sindacato ispettivo presentati sia dalla maggioranza sia dall’opposizione. Dunque, con questo mio intervento, invito la Presidenza a sollecitare la risposta su tutti gli atti di sindacato ispettivo a mia prima firma. PRESIDENTE. Onorevole reitererò la sua richiesta. Ruzzante, ENZO RAISI. Chiedo di parlare sull’ordine dei lavori. PRESIDENTE. Ne ha facoltà. ENZO RAISI. Signor Presidente, intervengo per un fatto gravissimo che si è verificato oggi pomeriggio, a Bologna. Durante un corteo della cosiddetta Sinistra giovanile, alcuni giovani si sono staccati dal corteo ed hanno invaso un’aula dell’università, dove alcuni ragazzi di Azione giovani stavano fornendo un servizio agli studenti. Questi ragazzi sono stati malmenati e fatti oggetto di lancio di bottiglie, che, fortunatamente, li hanno sfiorati e non colpiti. Sono stati aggrediti da otto, dieci scalmanati che, poi, sono diventati circa un centinaio. Si tratta di un fatto gravissimo, anche perché segue altri avvenimenti analoghi che si sono verificati, sempre nel corso della settimana, a Massa Carrara, dove una sede di Azione giovani è stata assaltata, in questo caso da gruppi Camera dei Deputati — 19 MARZO 2003 — N. 283 di estrema sinistra. È grave, innanzitutto, che ciò sia avvenuto in un corteo organizzato dalla Sinistra giovanile e, quindi, da giovani legati ad un partito rappresentato in Parlamento. Oltretutto, ciò è avvenuto, guarda caso, alla luce di un clima di violenza e di odio che si sta ormai propagando in tutto il paese. Credo sia importante e fondamentale che il Parlamento sia messo a conoscenza di questi fatti, per riuscire, tutti quanti, a porre fine civilmente al clima di violenza che sta emergendo, non certo per colpa di chi siede da questa parte dei banchi. Credo sia opportuno e necessario fare ciò, affinché non si ricada nella logica degli anni settanta che, purtroppo, ha devastato questo paese. Pertanto la mia denuncia è ferma, come quella del segretario provinciale e del presidente provinciale del mio partito, a Bologna. Ho voluto, dunque, porre all’attenzione dei miei colleghi questo fatto veramente criminale e grave accaduto a Bologna. PRESIDENTE. La ringrazio, onorevole Raisi. Credo che quello che lei ha denunciato sia un fatto estremamente grave ed importante, che riguarda la civile convivenza che deve esprimersi anche nelle più accese controversie politiche. Se ci sono responsabilità penali, penso che dovrà occuparsene l’autorità giudiziaria, competente sempre per le iniziative di carattere giurisdizionale. Per quanto attiene ai problemi dell’ordine pubblico e della necessità che esso sia mantenuto, il Governo può – se crede – intervenire e riferire su sollecitazione sua o di altri colleghi. Mi auguro sempre che le azioni politiche degne di questo nome non abbiano mai bisogno di essere accompagnate da violenza né fisica né morale, che svilisce gli stessi concetti e valori per cui si accendono gli animi. Questi sono fatti che devono essere condizionati dalla capacità di resistere anche alle proprie pulsioni interne. Atti Parlamentari XIV LEGISLATURA — — DISCUSSIONI — 86 Camera dei Deputati — SEDUTA DEL 19 MARZO 2003 — N. 283 Ordine del giorno della seduta di domani. e delle abbinate proposte di legge: COLA e LISI; GIRONDA VERALDI ed altri; LA RUSSA; SINISCALCHI ed altri; FANFANI (1235-1996-2261-2715-2836). PRESIDENTE. Comunico l’ordine del giorno della seduta di domani. — Relatori: Boato (per la I Commissione) e Mazzoni (per la II Commissione). Giovedı̀ 20 marzo 2003, alle 9,30: 1. – Seguito della discussione del disegno di legge: Conversione in legge del decreto-legge 18 febbraio 2003, n. 25, recante disposizioni urgenti in materia di oneri generali del sistema elettrico (3688-A). — Relatore: Gastaldi. 2. – Seguito della discussione della risoluzione Vianello ed altri n. 7-00162 sul progetto per la salvaguardia della laguna e della città di Venezia (sistema MO.SE.) (articolo 117, comma 3, del regolamento). 3. – Seguito della discussione del disegno di legge costituzionale: S. 1187 – Modifiche dell’articolo 117 della Costituzione (Approvato, in prima deliberazione, dal Senato) (3461). — Relatore: Bruno. 4. – Seguito della discussione del testo unificato delle proposte di legge: STUCCHI; VITALI ed altri; LUCIANO DUSSIN ed altri: Disposizioni in materia di sottoscrizione delle liste e delle candidature in occasione delle elezioni politiche, provinciali e comunali (1619-2451-2676-A). 6. – Seguito della discussione della proposta di legge: DUILIO ed altri: Delega al Governo per la tutela dei diritti patrimoniali degli acquirenti di immobili da costruire (38-A) e delle abbinate proposte di legge: CARLI ed altri; VENDOLA e RUSSO SPENA; PAOLO RUSSO; CARLI ed altri; AGOSTINI ed altri; BONDI (2256-18772512-2591-2821-2842). — Relatore: Fanfani. 7. – Seguito della discussione della proposta di legge costituzionale: BOATO ed altri: Modifica all’articolo 79 della Costituzione in materia di amnistia e indulto (2750-A) e dell’abbinata proposta di legge costituzionale: CENTO (456). — Relatore: Boato. 8. – Seguito della discussione del disegno di legge: Norme in materia di risoluzione dei conflitti di interessi (Approvato dalla Camera e modificato dal Senato) (1707-C). — Relatore: Bruno. 9. – Seguito della discussione della mozione Sergio Rossi ed altri n. 1-00093 sul costo della vita. — Relatore: Saponara. (p.m., al termine delle votazioni) 5. – Seguito della discussione della proposta di legge: BOATO: Disposizioni per l’attuazione dell’articolo 68 della Costituzione (185-A) 10. – Svolgimento di interpellanze urgenti. La seduta termina alle 18,25. Atti Parlamentari XIV LEGISLATURA — — DISCUSSIONI — 87 Camera dei Deputati — SEDUTA DEL CONSIDERAZIONI INTEGRATIVE DEGLI INTERVENTI DEI DEPUTATI MONICA STEFANIA BALDI E GIUSEPPE GAMBALE IN SEDE DI DISCUSSIONE SULLE COMUNICAZIONI DEL GOVERNO SUGLI SVILUPPI DELLA CRISI IRACHENA MONICA STEFANIA BALDI. Il conflitto è sempre una catastrofe umana: molte persone subiranno violenze e sofferenze; dobbiamo lavorare da subito per aiutare questa gente a ritrovare la democrazia, la libertà e lo Stato di diritto. È necessario affrontare il problema della ricostruzione, sotto l’egida delle Nazioni Unite e con il supporto di tutta la comunità internazionale. È triste ricordare le violazioni dei diritti umani del regime iracheno, che hanno portato a soprusi terribili, violenze e torture, soprattutto sui più deboli, quali bambini, anziani e donne. In questi ultimi dodici anni la tensione nella penisola araba è stata particolarmente elevata, gli stessi paesi del Golfo si sono mossi per evitare la destabilizzazione dell’intera area ed è serrata l’azione diplomatica della Lega araba in queste ore. Lo stesso Kuwait ha chiesto più volte, da anni, al Governo iracheno di cooperare nel dar conto dei prigionieri kuwaitiani e dei paesi terzi, vittime del dopoguerra e detenuti illegalmente in Iraq, o di restituire i beni del Kuwait illegalmente confiscati come riportato nella risoluzione 1441 delle Nazioni Unite. La paura di ritorsioni è sempre stata presente, specie dopo gli attentati terroristici dell’11 settembre, ed in questi giorni forte è il timore dell’utilizzo di armi biochimiche, come l’antrace, il gas nervino, che possono portare inquietanti conseguenze. E il mio pensiero va ai circa duecento italiani rimasti, anche se mi risulta che l’ambasciata italiana in Kuwait stia attuando un forte piano di sicurezza, che abbia dotato i nostri connazionali di mezzi di sopravvivenza, compresa la realizza- 19 MARZO 2003 — N. 283 zione di rifugi sigillati nella propria abitazione, e che abbia previsto un piano di evacuazione di emergenza via terra e via mare. Ma il mio pensiero in questo momento va soprattutto ai bambini iracheni ed è colmo di speranza per il loro futuro, un futuro in cui non vi sia antrace, in cui non vi sia fame, in cui non debbano più subire la perdita di un genitore ucciso ingiustamente. GIUSEPPE GAMBALE. E torno al punto dal quale ho iniziato questo breve intervento: il ruolo della politica. Il Presidente Prodi richiamava l’Europa a imparare la lezione: davvero solo un’Europa unita può garantire la pace. Dobbiamo ricominciare da qui: ritessere i fili dell’unità europea. L’Europa che ha conosciuto la guerra al suo interno, l’Europa dove convivono da sempre diversità di popoli e culture può e deve diventare motore e lievito della ricostruzione di relazioni internazionali nuove. Sempre l’onorevole Igino Giordani in quest’aula, nel 1949, diceva: « L’umanità si svena sempre per le stesse ragioni, o meglio per gli stessi pretesti. Per esempio si dice: « Si vis pacem para bellum » (Se vuoi la pace prepara la guerra). E invece per noi la verità è un’altra. Se vuoi la pace prepara la pace. Se prepari la guerra, i fucili ad un certo momento spareranno da soli, come è stato detto. Chi prepara la guerra alla guerra finisce. Se vogliamo arrivare alla pace, dobbiamo cominciare a costruirla fra noi »; e poi ancora: « Se vogliamo arrivare alla pace dobbiamo cominciare a costruirla fra noi. Siamo gente razionale, tutti comprendiamo questa verità; che la pace comincia veramente da ciascuno di noi, la pace comincia da noi ». IL CONSIGLIERE CAPO DEL SERVIZIO RESOCONTI ESTENSORE DEL PROCESSO VERBALE DOTT. VINCENZO ARISTA Licenziato per la stampa alle 20,30.