Apprendistato: le novità legislative in vigore dal 1° ottobre
Renzo La Costa
Girano in rete – anche su siti autorevoli - affermazioni del tipo “non più obbligatorio il piano
formativo individuale” oppure “Le imprese che hanno unità produttive in varie regioni non hanno
la possibilità di applicare una sola disciplina; quella della regione in cui ha la sede la filiale locale.
La raccomandazione è sempre quella di rifarsi alla Legge e alla prassi amministrativa ufficiale.
Peraltro, sull’apprendistato c’è già sufficiente confusione che non vi è la necessità di essere
alimenta da nuova. Le semplificaazioni, stabilite dal dl n. 76/2013 convertito dalla legge n. 99/2013
(decreto lavoro), sono diventate operative per l’inutile decorso del termine del 30 settembre entro il
quale la Conferenza stato-regioni poteva fissarne le linee guida. La semplificazione riguarda il
contratto professionalizzante, o contratto di mestiere, che permette di assumere lavoratori tra i 18 e i
29 anni di età e che dura al massimo tre anni (cinque nel caso si tratti di artigiani).Il decreto in
questione aveva infatti assegnato alla Conferenza Stato-regioni l’incarico di approvare entro il 30
settembre le linee guida per una disciplina uniforme e nazionale sull’offerta formativa pubblica. In
mancanza si era previsto che, in assenza dell’adozione delle linee guida, le deroghe avrebbero
ricevuto applicazione diretta in base alle direttive di legge. Le linee guida delle regioni , ad oggi ,ed
anche al 30 settembre scorso, non si sono viste. Ma era di tutta evidenza – vista l’entrata in vigore
del provvedimento del 28 giugno 2013 e la successiva pausa estiva – che delle linee guida invocate
non si sarebbe vista neanche l’ombra o una pur bozza indicativa. In virtù di questo, come spiegato
dalla circolare n.35/2013 del ministero del lavoro, le nuove norme generaliste trovano applicazione
a cominciare dalle assunzioni fatte dal 1° ottobre. Le semplificazioni introdotto sono di fatto
“deroghe” alle norme T.u. apprendistato (dlgs n. 167/2011). La prima riguarda il Pfi, ossia il piano
formativo individuale, che rimane dovuto esclusivamente per la formazione e acquisizione di
competenze tecnico-professionali e specialistiche. Ciò significa che dal PFI vanno escluse le
modalità e la somministrazione della formazione di base e trasversale. Su quest’aspetto va fatta una
riflessione accurata. La formazione di base e trasversale è demandata alla Regioni che dovrebbero
realizzare una specifica offerta formativa a favore dell’apprendista e del datore di lavoro che lo
assume. Tuttavia aveva anche osservato il Ministero del Lavoro – nella predetta circolare – che
l’obbligo alla formazione di base e trasversale posto a carico del datore di lavoro permane a suo
carico ove sia previsto dal CCNL che regolamenta il rapporto di lavoro specifico . ( è il caso del
CCNL studi professionali) .Tuttavia, tale obbligo torna a sussistere nel caso in cui la Regione abbia
reso disponibile tale percorso formativo. ( circ. 35/2013) “rimane intatto l’obbligo di svolgimento
della formazione finalizzata alla acquisizione di competenze di base e trasversali disciplinata dalle
Regioni”. In sostanza, se la Regione non ha adottato l’offerta formativa di base e trasversale per gli
apprendisti, nulla è richiesto a riguardo al datore di lavoro. In caso contrario, il datore di lavoro è
obbligato a favorire la detta formazione nei confronti dell’apprendista, pena l’assoggettamento
consequenziale alle sanzioni che prevedono la colpa del datore alla mancata formazione. Deve
restare chiaro, che sia nel caso di previsione della formazione di base e trasversale da parte delle
Regioni, sia i caso di silenzio della normativa regionale. La formazione di base e trasversale non
trova collocazione nel piano formativo individuale. Ora la domanda che ci si può porre è la
seguente: se il CCNL pone a carico del datore di lavoro la formazione di base e trasversale, e la
Regione non ha una offerta formativa a riguardo,il datore di lavoro è tenuto a proprio onere e carico
ad impartire tale formazione, nonostante non faccia parte del piano formativo individuale
sottoscritto ed adottato? La risposta è decisamente no. Nessun onere in tal caso è ascrivibile al
datore di lavoro né nessuna sanzione a suo carico può essere comminata. Recita infatti il Ministero
a riguardo nella circolare sopra richiamata che
“La disposizione va infatti applicata
compatibilmente con l’offerta formativa pubblica della Regione dove l’apprendista svolge la
propria attività, senza che ciò comporti pertanto un obbligo di frequenza di corsi extra-Regione e
quindi maggiori oneri per le imprese.” Ma, si aggiunga, per il principio generale di osservanza
della gerarchia delle fonti, la legge che esclude dal piano formativo la previsione della formazione
di base e trasversale dal piano formativo, supera ampiamente l’eventuale previsione dell’obbligo
disposta dal CCNL.
Scatta invece dalle assunzioni operate dal 1^ ottobre l’obbligo di registrazione della formazione.
Obbligo che prima non era sancito dalla legge nazionale, ma, in alcuni casi, solo da talune
disposizioni regionali. Il ministero ha specificato che il documento di registrazione della formazione
deve riportare i “contenuti minimi” del dm 10 ottobre 2005, ossia i contenuti che nel libretto
formativo del cittadino fanno riferimento alle “competenze acquisite in percorsi di apprendimento”.
Rimane salvo il possibile impiego di modulistica differente assunta dal contratto collettivo applicato
vedasi ad esempio, accordo interconfederale 18 aprile 2012 tra Confindustria, Cgil, Cisl e Uil).
Sulla registrazione della formazione dell’apprendista, vedasi ampia descrizione contenuta nella
guida “La registrazione della formazione dell’apprendista “ nella sezione “! Guide” del sito
www.ancsu.com.
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