Oggi 24 Gennaio 2007, dopo aver fatto un'indagine sull'autrice dell'e-mail del 7
Settembre 2005, tale Chiara Bonvicini, nome e cognome trascritti con chiara e
disonesta manipolazione, per approfondire alcune frasi che invitavano a “tenere
sempre aggiornato questo sito”, che cerca di far sopravvivere una povera ragazza,
tratta fuori dal suo ambiente naturale e portata, per così dire in un matrimonio sui
generis, nel quale l'altra parte non compare mai e appare attraverso i nomi di Anna,
Carmensita, Tiziana, Virna, Patrizia ecc.., questo gruppo di solidarietà che si
rappresenta nella persona del Sacerdote don Diodato Ruggiero, decide di aggiornare
il sito sospeso provvisoriamente il 21 Aprile 2006 per le celebrazioni Giubilari,
solennemente svoltesi nel santuario di Pompei di don Diodato. Bisogna premettere
che la carità concreta è una virtù teologale, nel senso che viene da Dio. Chi la pratica
deve mettersi nella condizione biblica di Isaia 53,1-5: “chi di noi ha creduto/alla
notizia che abbiamo ricevuto?/Chi di noi vi ha visto la mano di Dio?/Davanti al
Signore infatti/ il suo servo è cresciuto/come una pianticella,/come una radice in terra
arida./Non aveva né dignità né bellezza per attirare gli sguardi./ Non aveva
prestanza,/ per richiamare l'attenzione./Noi l'abbiamo rifiutato e disprezzato;/come un
uomo pieno di sofferenze/e di dolore./Come uno che fa ribrezzo a guardarlo,/che non
vale niente,/e non lo abbiamo tenuto in considerazione”.
Nell'intraprendere il sito, don Diodato che legge tutti i documenti del suo
Eccellentissimo vescovo, si è richiamato a due interviste rilasciate dall'alto Prelato.
L'una avvenne mercoledì 28 settembre 1994, quando l'Agro si avviava al voto
politico. Il vescovo dichiarò: “La camorra inquina i comuni? Noi dovevamo mettere
in guardia la nostra gente. Anche la Chiesa è colpevole. E concludeva che „Bisogna
ricostruire la speranza, perché senza di essa non si potrà nemmeno lottare'. Bisogna
ricostruire la speranza consapevole che il seme del Vangelo mette l'uomo in
condizione di realizzare una civiltà di amore e di progresso. Bisognava per tanto
votare secondo coscienza – ma – è anche doveroso mettere in guardia la nostra gente.
Il vescovo poi si preparava ad incontrare, a capo di una delegazione, l'allora Ministro
degli Interni Maroni”. Il Vescovo si troverà certamente in grave difficoltà, nelle
prossime elezioni amministrative che si terranno a Nocera Inferiore (SA) nel corrente
anno 2007, laddove si troveranno a competere due linee politiche: una di sinistra
dell‟avvocato Antonio Romano, attuale sindaco, grande suo benefattore economico
(nei conti dei soldi dati dal comune di Nocera Inferiore per terreni del Capitolo
cattedrale occupati dai container costruiti per i terremotati del 1980, pare che non si
riescano a trovare 180 milioni. Soldi segnati ma non riscontrati nelle varie sedute
capitolari. Attualmente sono state date al Vescovo, per conto del Capitolo cattedrale,
molte migliaia di centinaia di euro, che toccavano al Capitolo cattedrale. I rapporti
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quindi con l‟avvocato Romano sono buoni anche se super partes, perché la chiesa non
può fare propaganda politica. L‟altra di destra del senatore Francesco Salzano, che è
galantuomo come l‟avvocato Antonio Romano, ma che si mantiene fuori da
elargizioni e da favoritismi. Nella visita pastorale, avvenuta a Pagani nei primi mesi
del 2007, non abbiamo capito l‟ingerenza del Vescovo Illiano in quella giunta
comunale di destra, presieduta dal nocerino Gambino (che è più di Nocera che di
Pagani). Saranno certamente elezioni ove i candidati avranno nervi particolarmente
tesi. Io sono stato sempre del principio che ogni cittadino quando si trova nella cabina
elettorale, lì deve fare il suo dovere di coscienza, senza operare a destra o a sinistra
per raccogliere favori a destra e a sinistra.
Nell'altra intervista rilasciata domenica 28 aprile 1996 – ambedue, al “Mattino” anno
105c.v., il vescovo, dopo il voto, invitava i politici a lottare per l'occupazione, perché
la speranza di chiama lavoro. L'azione del vescovo veniva sintetizzata attraverso le
sue lettere pastorali nelle quali gli argomenti trattati erano sempre gli stessi: la
stabilità sociale attraverso il lavoro, la trasparenza delle pubbliche amministrazione,
la sollecitazione di completare le grandi opere pubbliche.
Desumevo che bisogna dare la speranza a tutti, particolarmente in ambienti famigliari
difficili, nei quali vigono comportamenti di camorra. La carità concreta porta a
sfidare anche la camorra o alcuni comportamenti che si concretizzano in ricatti,
minacce, estorsioni, reati che talvolta appaiono come l'esprimersi quotidiano in una
famiglia. In rapporto alle interviste del mio vescovo, tutto potevo immaginare che,
essendomi venuto a trovare in un caso difficile di applicazione della carità concreta
che è anche speranza concreta, essendosi presentata al mio vescovo tale G.A. in G. a
diffamarmi a calunniarmi, perché io difendevo due povere ragazze indifese e sminute
e senza speranza che il mio vescovo avesse annullato e poi fatto scomparire un
verbale sottoscritto da tutti i membri del consiglio presbiterale diocesano nel quale
unanimemente, mi veniva affidata la cura di una chiesa parrocchiale di Pagani, i cui
vicoli per associazione di ambiente di vita, vengono denominati “Forcella” di Napoli.
Preciso storicamente i fatti. Il 4.11.1997 spedii 3 fax alle ore 8.30, per l‟onomastico
del Santo Padre, alla Congregazione dei Vescovi e alla Elemosineria Apostolica. Il
giorno 5 novembre, mercoledì, a conclusione del consiglio presbiterale, verso le
11.45, il Vescovo annuncia che ha il nome di don Diodato Ruggiero come proposta a
parroco di San Francesco di Paola, a Pagani, alla quale proposta tutto il Consiglio
Presbiterale, dopo un ipocrita silenzio aderisce vivace e chiaro al battibecco con il
Vescovo, sottoscrivendo il documento. Segretario del Consiglio Presbiterale, voluto
con forza dal Vescovo, era il parroco don Franco Alfano. Di questo verbale non si è
trovata più traccia. Lessi questa paginetta della mia agenda del 5.11.1997 al mio
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Vescovo, alle ore 11.35 del 30.04.2002, al primo piano del convento di Sant‟Antonio
di Nocera Inferiore. Non ebbi mai alcuna risposta e quindi presumo che sia stato
falsato tutto l‟operato di quella riunione presbiterale. Don Franco Alfano, che fu già
parroco del paese dell‟Arcivescovo Guerino Grimaldi, s.m., e che poi dovette
andarsene perché non gradito, riempito di titoli oggi è Arcivescovo delle Montagne
Irpine ed io ogni giorno benedico e ringrazio il Signore per lui “fratello Vescovo”.
Né io mi sono ritirato da queste mie incombenze sacerdotali perché, nei suoi codici,
la camorra non ammazza un prete che fa la carità e che svolge la missione di prete, ci
vogliono altre implicanze e concreti motivi di onori bistrattati, vilipesi. Credo che la
camorra mi abbia dato un avviso nel giugno del 2003, quando un camorrista da poco
uscito dal carcere, tale A., creando un teatrino in mezzo alla strada principale di via
Eugenio Siciliano 2, nel quale supponeva di non conoscere don Diodato e di averlo
scambiato con un altro che aveva dato fastidio al suo figlioletto, gli affibbiò quattro
schiaffi, mentre in mano aveva anche un corpo di dura plastica. Io interpretai subito
quell'ammonimento come un invito a difendere quelle due ragazze A. e V. e a non
toccarle, perché in quella famiglia esisteva un parente diretto, che era in carcere per
presunta rapina a un furgone della vigilanza. Scomparvero molti miliardi di lire e non
sono stati ritrovati. Ne ebbi la prova quando, per quel teatrino creato dal camorrista,
rappresentato con veleno in un articoletto del “Mattino”, citai come testimone A., il
quale venne dinanzi al Magistrato, prese tutte le sue colpe e raccontò tutto il fatterello
del teatrino, nel quale si cercava, senza nemmeno conoscerlo, il colpevole di un atto
di pedofilia. Un camorrista non avrebbe accettato di fare tale testimonianza. Tutto
però era destinato ad estromettere don Diodato da un risarcimento economico, per
danni morali e fisici, da lui chiesti al Magistrato. È chiaro che chi intraprende atti di
carità concreta, deve essere paziente, coraggioso, altruista e puro come un giglio.
Secondo uno studio degli americani “essere o meno altruisti è una questione di
cervello. L'indole ad aiutare gli altri dipende infatti da quanto lavora una precisa zona
della materia grigia del nostro cervello, e questa zona viene indicata come il „Solco
temporale superiore posteriore'. I neuroscienziati statunitesi hanno scannerizzato il
cervello di 45 studenti universitari alle prese con un videogame molto speciale.
L'esperienza è stata pubblicata sulla rivista „Nature Neuro Science'.
Non escludo che ci sia anche questa componente, perché nella tradizione della mia
famiglia, la santa anima di mio padre Generoso è ricordata da tutti per il suo
altruismo. Io però ne faccio un atto di Fede e nel trattare la questione di coscienza di
A. e di V., due creature, mamma e figlia, ora divise tra di loro da un blitz camuffato
della camorra, verificatosi il 22 febbraio 2006, in via Matteotti numero 30 dalle ore
16.15 alle 21 (M. arriva da Napoli alle 17.15), presenti anche la polizia (che
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precedentemente aveva verbalizzato atti di violenza commessi contro queste due
creature), assistenti sociali comunali, stranamente fin troppo insistenti, psichiatri, la
ciurma paganese. Le mie idee sono chiare e sono anche codificate nel DNA della mia
stirpe onesta, e si concretizzano nel celibato cattolico dei preti che non commettono
atti osceni e non molestano ragazze che versano in gravi condizioni psicologiche.
Conosco bene il romanzo del Manzoni e la figura storica del padre Cappuccino, poi
di Renzo, di Lucia, di Agnese, e, pertanto, non potrò mai essere un “don Abbondio”,
mentre difendo due anime innocenti vissute nel seno di una ciurma che, un membro
alla volta, giorno per giorno, prende sotto il braccio V., ora lontana dalla mamma e,
porta V. per lungo tempo, nel manicomio di Nocera Inferiore, per farle lanciare
calunnie di molestie e diffamazioni contro il prete, in un contesto però di pazzia per
cui non potrà essere giudicata colpevole, pur sapendo che V. è un angelo di purezza,
una ragazza intelligentissima, fatta crescere da sua madre A. tra comportamenti di
borghesia e di miglioramenti sociali, o porta V. da psicologi, facendo sempre credere
che V. sia una pazzarella e portando le spese alla mamma A., la quale avendo uno
stipendio di scuola di infanzia di 1.200 euro al mese, divisi tra il fitto della casa di via
Matteotti 30 (480 euro); un debito contratto per raggiungere dopo la vittoria del
concorso, Sorbiate, Olona, Fagliano, Saccomago in provincia di Varese, Firenze,
pagando viaggi costosi, in seconda classe (ogni sabato, in un treno affollatissimo,
rientrava, di notte, da sua figlia V.); pensione a Varese e a Firenze di oltre (400 euro
al mese); oggi, viaggi per raggiungere la sede di Napoli ogni giorno; spese per
mangiare e sopravvivere. Messe insieme queste voci economiche, ben poco resta; pur
tuttavia, per sentenza del presidente del Tribunale di Nocera Inferiore, ogni mese,
invia alla figlia V., con vaglia postale, la somma di euro 150.
Riandando al blitz del 22 febbraio 2006, che è parso un teatrino tragico, durante il
quale, la figlia V., dopo essere stata con la madre alla scuola di Napoli e dopo aver
telefonato a don Diodato, da Napoli, per ringraziarlo di tutto quanto aveva fatto per
lei e per la mamma, in quella sede teatrale, decide di buttarsi giù; appare stranissimo
come questa ragazza bella, pura, intelligentissima, ben educata dalla mamma ai veri
valori della vita, voglia mettere in atto una tragedia personale, quattro mesi dopo che
la sentenza n° 1776/05 del 30.11.2005 aveva condannato, per il momento, a pene
pecuniari, il padre, la zia e la cugina, per violenze vere perpetrate su V. e la madre., in
via Canger n° 1/5 di Nocera Inferiore. La madre riuscì a fuggire e a portarsi al
Commissariato di Pubblica sicurezza di Nocera Inferiore. Queste due, sempre
insieme, dopo che U.G. era entrato in possesso dell'abitazione coniugale, acquistata
con 80 milioni di vecchie lire versati dal padre di M., Giuseppe, e da Giuseppe stesso,
messa nella comunione dei beni, erano andati in via Canger, per appurare il fatto, dal
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momento che la ciurma paganese aveva spaventato e aveva costretto il signor L. a
lasciare la casa libera, la cui pigione era stata assegnata dal tribunale, nell'atto della
contesa matrimoniale, alla signora M., che si trovò in grave disagio economico e
dovette essere sovvenzionata dalla madre A. e da don Diodato, per raggiungere le
sedi del nord dove le era stata assegnata una supplenza annuale nella scuola di
infanzia. Queste due, mamma e figlia, erano andate, in via Canger n° 1/5, per
verificare anche il fatto che U. conviveva con altra donna, di mestiere addetta alle
pulizie nei palazzi. Queste due furono tirate dentro da U., P. e AM.; M. riuscì a
fuggire e, particolarmente V. fu percossa fortemente da U., che le schiacciò sottoi
piedi anche il cellulare, da P. e AM. E di tutto questo c'è verbale dettagliato presso la
polizia locale di Nocera Inferiore (SA). Tutti si chiedono: come è possibile questo
cambiamento da parte di V., figlia, che volle abbandonare la mamma per andare a
vivere col padre e con i congiunti paganesi?
Per motivi di privacy non pubblichiamo in questo sito la copia della sentenza n°
1776/05, che attualmente è in corte di appello.
Le incursioni di parenti, di assistenti sociali, nel palazzo di via Matteotti 30, furono
tali e tante per cui la signora M. ha paura di abitarvi ed io le ho detto che, quando
vuole, può usare il mio appartamentino, reso da me libero per ubbidienza al mio
Vescovo, il 4 ottobre 1996. Ho seguito M., anche con il cellulare nei suoi lunghi
viaggi scolastici, perché subiva continue paure. Una volta, il marito, in prossimità dei
binari di una stazione ferroviaria, le disse che l'avrebbe fatta sistemare da un giudice
di Palermo, suo amico.
Stranamente questo cellulare è scomparso, e di tanto in tanto, compare con chiamate
telefoniche sul 405 di don Diodato. L'hanno sottratto, dalla borsa scolastica di M. in
via Matteotti 30? E quali altri schifezze vogliono raccontare, violando la privacy di
questo cellulare rubato?
Capitano pertanto cose gravissime che solo la camorra sa porre in essere come
sceneggiate normali. La povera V.G. oggi maggiorenne è stata portata al manicomio
di Nocera Inferiore, perché diffamasse don Diodato e sparlasse della mamma M.
dopo il manicomio, al quale vi giunse via Villa Chiarugi, hanno assoggettato la
bambina maggiorenne a cure psicoterapeutiche, presso lo studio del dottore inglese
Groom, obbligando la mamma a pagare la parcella per 10 sedute. Una ragazza che si
trova in tali situazioni psicologiche ha una riduzione di volontà propria che, la rende
inadeguata a prendere decisioni giuridiche. Non so come abbiamo spaventato questa
povera bambina, che prima hanno portato in giro a destra e a sinistra, fingendo di
farla divertire, e poi l'hanno indotta a ritirare la querela che lei stessa fece da
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minorenne e con firma della madre, presso il Commissariato di P.S. di Nocera
Inferiore, per violenze subite nella sua casa di Via Canger di Nocera Inferiore. Tra le
persone che la percossero, c'era anche A.M.C., e l'automobile che l'ha portata in giro
era di proprietà del papà di A.M.C. Ci capite niente? Riuscirò a salvare da una
gravissima depressione la signora, insegnante di ruolo, M.A. ? Fra un mese
presenterò tutto il carteggio in mano al signor Procuratore della Repubblica di Nocera
Inferiore, perché come sacerdote (e così la pensano anche gli illustri amici che hanno
sostenuto e sostengono A.M.) non voglio portare responsabilità morali, per la Vita
Eterna, che non è tanto lontana da me, essendo nato nel 1933.
A riguardo dell'appartamentino lasciato libero dalla degnissima famiglia Z./I., perché
dovetti fare l'obbedienza celibataria, che talvolta, nella chiesa di Dio viaggia in senso
unico – il mio Vescovo stranamente spesso mi associava ad uno spretato, suo
carissimo amico, perché lo faceva? -, sono state disperse almeno tre notizie
gravissime di quando don Diodato era amministratore, per volontà del Vescovo
Jolando Nuzzi, s.m
La prima è che don Diodato, un giorno doveva celebrare, a Cava dei Tirreni, il
matrimonio del prof. C., e non potette muoversi di casa, perché fu impedito dalla
camorra. I testimoni C. lo confermerebbero, da Salerno.
L'altra notizia è che verso le ore 19:00 autunnali del 1976, un amico, tramite citofono
invitò don Diodato a consumare una pizza napoletana con degli amici, don Diodato
partì con la sua Wolfsvagen bleu e giunto al passo di Chiunzi, l'auto fu accostata da
un'altra automobile, nella quale c'erano tre camorristi, che imposero a don Diodato,
che non voleva accedere alla nomina di un barbiere presso l'ospedale di Pagani (SA),
di rinunciare all'incarico di amministratore, se no, l'avrebbero sepolto in quel luogo.
Don Diodato non è un fesso e diede le dimissioni, che però non furono accettate né
dal presidente del consiglio di amministrazione e né dal Vescovo Nuzzi. Prima di
uscire di casa avevo avvisato la signora Z.T. Fui riportato a casa verso le 5 del
mattino seguente. La terza notizia è che mentre nel 1979, pulivo il mio fucile da
caccia (dichiarato alla P.S., essendo in possesso di licenza da caccia), bussò alla porta
un giovane alto con giacca di pelle nera e venne a minacciarmi per questione di avvio
al lavoro, in quella circostanza molto animata fu proprio la presenza del mio fucile
“magum Breda”, a distogliere quel camorrista dal mettere mano alla sua pistola e a
uscire sveltamente da casa mia, con paura e sorpresa della signora Z.T.
E' chiaro che questa famiglia che io ho ospitato dal 1992 e che dal 1984 già viveva
nello stesso pianerottolo di casa mia, e che ha curato la mia povera indimenticata
mamma A. per moltissimi anni, dava fastidio, perché avrebbe potuto rivelare questi
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episodi gravissimi capitati a don Diodato durante i suoi anni di occupazione presso
l'ospedale di Pagani, dal quale ha ricevuto 50 mila lire ogni due mesi, minacce e
ingratitudini e nessun riconoscimento dal nuovo Vescovo, che protegge e ascolta
altri, che certamente non si sacrificarono come me, per l'ospedale di Pagani. Il mio
vescovo però è un decisionista ed io lo comprendo al massimo e gli sono sempre
grato per quello che ha saputo fare per i miei 50 anni di Sacerdozio, lì, nel santuario
mariano di Pompei.
Questo stralcio lungo collocato, parrebbe fuori posto, ma per continuità logica degli
episodi storici che stiamo narrando, dimostra che don Diodato opera la carità concreta
e piena, non chiedendo mai niente per sé (magari di risiedere in un palazzo vescovile
di Episcopio o in un fabbricato delle suore di Pagani, che egli serve dal 1973, cioè da
35 anni, senza mai chiedere niente, perché la carità è proprietà di Dio che per essenza
è carità); né può permettersi il sacrilegio di commettere atti indecenti su quelle
creature che la Provvidenza , dal 1956, continuamente consegna nelle sue mani
sicure, generose ma non bucate. Don Diodato professa apertamente che le sue tasche
non sono mai vuote, pur avendo soldi che sono di tutti, in quanto un prete se non dà
agli altri il superfluo, al dire dei santi Padri, è un “mariuolo”. E ce ne sono tanti oggi
in carriera e in giro… È così pure don Diodato ha messo sempre la sua abitazione al
servizio di tutti, particolarmente la casetta che ha a Paestum, NELLA QUALE ospitò,
più volte e per vari periodi, M. e V., non escluso U. che venne a mangiare e bere in
quella casa e che ora racconta a riguardo di don Diodato delle vere porcate, degne di
lui. Prima che la strada di Paestum si chiamasse “Giano”, don Diodato fin dal
gennaio 1998, ha ricevuto nella casa di Paestum, insieme a M. e V., Umberto e la
suocera, a mangiare e a bere. Don Diodato, quando in casa di Paestum c'erano M. e
V., le quali volevano evadere dal grigiore della separazione coniugale messa in atto
da U., che non portava mai i soldi in casa, non c'era mai, in quanto pregava il suo
amico di Paestum G. P., autista pubblico, di prelevare, alla stazione ferroviaria di
Paestum, mamma e figlia, che viaggiavano sempre col treno comodissimo, e di
portarle a casa. Gli interventi di don Diodato a Paestum erano puntuali, precisi,
necessari, pastorali e avvenivano a causa di esuberanze messe in atto dalla
quattordicenne V., che usciva, in bicicletta controsenso sulla statale; che chiamava al
cellulare suo più di 20 persone al giorno, le quali si lamentavano; che restava, nel
bagno ore ed ore ad ascoltare la radio, che andava sulla spiaggia con persone da poco
conosciute e di sera, rientrando veniva inseguita da motociclette di grande cilindrata
fino a casa sua. Le famiglie che erano a Paestum, a luglio ed agosto, chiamavano don
Diodato sul cellulare ed egli correva subito lì. Nel frattempo U., che aveva lasciato
improvvisamente il tetto nunziale, confidandosi con Nicola che quando si mettevano
insieme a parlare moglie, figlia e suocera, non ci capiva niente, faceva di nascosto in
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casa Matteotti 30, e sottraeva un televisore e alcune cassette della musica di Nek alla
figlia V.; nè lasciava mai un soldo per vivere. E quando raggiungeva Paestum con S.,
P. ed altri e convocava la figlia in un bar del luogo, le diceva che non le dava i soldi
perché aveva fato un prestito a suo cognato L. che si era operato al cuore. Perché mai
le istituzioni e le assistente sociali non hanno mai indagato sullo stipendio di U. e di
come esso scomparisse giorno per giorno? È chiaro che mamma e figlia avevano
bisogno di soldi, di cibo e oltretutto di serenità, che don Diodato, avendo preso
l'impegno con queste due povere creature, dal giorno in cui avendo dato loro in
comodato un suo attiguo appartamentino, richiestogli nel 1997 da U., c'era stata
un'aggressione della ciurma paganese che aveva steso a terra M., dinanzi agli occhi di
don Diodato. M. pianse per quattro mesi e più, perché è una donna di purissimi
costumi, molto riservata e molto fragile. Una volta, mentre era seduta a conversare
con don Diodato, perse alcuni litri di sangue, don Diodato dovette farla soccorrere da
medici competenti, i quali notarono che, durante l'unico parto avuto da M.,
all'ospedale di Pagani, le era stata lasciata in vagina una ferita aperta e non curata, che
per anni, aveva raccolto tutto quel sangue, che improvvisamente si sprigionò. Doveva
un sacerdote soccorrere queste povere creature e portarle in luogo sereno e sicuro,
lontano dalla casa della paura di via Matteotti n° 30? O in quel caso doveva far
morire M.?
U. invece ha scritto il 10 luglio 2001 tre pagine di porcate contro don Diodato che
vengono esposte (in quanto don Diodato rinuncia alla privacy) in questo sito,
meravigliandosi dell'ipotesi che questi scritti diffamatori siano venuti fuori da un
rinomatissimo studio legale, un cui attore ha dato sempre mano forte a don Diodato,
collaborando con lui, a risolvere i casi M., V., U. e T. e da alcune loro situazione sia
economiche, sia psicologiche, sia di pericolo, come quando, per mesi e mesi si
fermava per ore ed ore sotto casa di via Matteotti 30 T. cugina acquisita di V. Che ci
faceva sempre lì?
Facciamo veramente sbloccare questa povera creatura che da principessa di mamma e
di don Diodato, è divenuta schiava ed è continuamente indotta a girare nei manicomi
dagli psicologi per calunniare, per diffamare e per chiedere sempre soldi alla mamma,
oggi insegnante di ruolo e medio borghese che, scrupolosamente bada, secondo il
codice matrimoniale al mantenimento, alla educazione (ma che sorta di educazione è
questa che ora V. vive e, può essere sovvenzionata dalla mamma?) e alla istruzione
della figlia. La mamma aveva iscritto V. al ginnasio “G.B. Vico” di Nocera Inferiore,
la quale fu anche ammessa a frequentare la 5° classe ginnasiale. V. dopo aver fatto
spendere centinaia e centinaia di migliaia di lire per i libri, aiutata anche dalla nonna
materna Antonietta di San Rufo (SA). Improvvisamente V. rinunciò alla scuola,
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perché, a suo dire, i parenti paganesi e il padre le mettevano paura lungo la strada, ed
ella preferiva non uscire di casa. E tutto questo V. ha raccontato al Tribunale dei
minori di Salerno, presenti sempre, l'assistente sociale M. e l'avvocato P. pur
essendoci già presso quel tribunale le carte putride di fetenzie sottoscritte da U.
Sono anche meravigliato che il sindaco, avendo avuto in mano carte putride non
abbia convocato, attraverso le assistente sociali, me, anziano sacerdote e docente di
lettere nei licei classici statali, canonico, amico suo, per ascoltarlo e per farlo
testimoniare su un fatto così delicato di matrimonio e di famiglia. E suppongo anche
che queste carte tramite qualche sacro porcaro che non guarda in casa sua, siano state
spedite anche all'Arcivescovo di Firenze. Al quale tutto il mio gruppo che
attualmente segue questa povera signora M., donna purissima, aveva chiesto un
appartamentino disponibile o a pagamento per ospitare M. La curia di Firenze spedì
la mia petizione all'ufficio per il sostentamento del clero; l'ufficio riguarda i preti e
non le donne che i preti, per amore del Vangelo, devono proteggere da blitz
camorristici. Io rimasi molto male circa la decisione dell'Arcivescovo e non mi
meraviglio più di tanto in quanto, nei progetti mondiali della caritas, non esiste la
casistica di persone sventurate che veramente vengono soccorse dalla pingue
elargizione dell'8 per mille. La carità io la faccio di tasca mia; i miei soldi sono di
tutti; le mie abitazioni sono di tutti; le mie tasche tuttavia non sono mai vuote ed io
porto a firmare per l'8 per mille per la chiesa cattolica, ogni anno, almeno cinquanta
Amici che come me vorrebbero vedere una maggiore concreta elargizione della carità
da parte della chiesa in quanto Dio è Carità. (allegato).
Ripetiamo con propositi di edificazione cristiana e umana, di accedere a questo sito
www.dondiodato.it e di offrirci la Vostra collaborazione senza alcuna manipolazione
ma con autenticità, di modo che ci possiamo di più amare e stimare anche se la
carriera ci viene preclusa dai cattivi che, un giorno saranno giudicati, non sulla carità
carrieristica ma sulla carità evangelica.
Abbiamo ricevuto numerose email, attraverso le quali, i sottoscrittori pongono a don
Diodato, le seguenti domande:
• Lei ha fatto tutto il possibile come sacerdote, per salvare il matrimonio:
Marmo/Giordano?
• Lei che sembra tanto rispettoso del suo Vescovo, ha l'abitudine di avvisarlo a
riguardo i queste opere di carità concreta, che pone in atto, anche prendendo schiaffi
dai camorristi? Il Vescovo come si regola con Lei?
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Abbiamo selezionato queste due domande che sembrano autentiche, adeguate e serie,
alle quali rispondiamo nei seguenti termini. Don Diodato ha fatto di tutto, anche
l'impossibile per salvare il matrimonio Giordano/Marmo. Le difficoltà sono dovute al
fatto che quando una volta, a San Rufo (SA), si incontrarono G. e M., ci fu
brevissimo tempo di preparazione al matrimonio in quanto tutti i parenti di G.
sostenevano che il loro congiunto non poteva portarsi, a lungo a San Rufo per un
lungo fidanzamento ed accelerarono il matrimonio. La M. ha sempre sostenuto di non
aver conosciuto bene il suo futuro sposo; in seguito al matrimonio, lasciata sola in
casa la M., G. aveva una frequentazione giornaliera con tutta la sua parentela, che
pretendeva di intervenire in ogni situazione anche più delicata, della loro vita
matrimoniale. Come sacerdote, dopo la separazione bugiarda avvenuta tra i due avrei
potuto suggerire anche un processo di annullamento del sacramento del matrimonio
dinanzi alla Sacra Rota del Vaticano. La M. si è trovata con una figlia sola e ha
sempre dichiarato di essere stata poco istruita a riguardo di come veniva concepito un
figlio.
Alla seconda domanda, pur essendo stato redarguito dalla F.A.C.I., nella quale è stato
presidente diocesano per molti anni, risolvendo anche casi difficili affidatigli dal suo
Vescovo per due sacerdoti non diocesani, di non dire sempre il tutto al Vescovo, don
Diodato ha sempre avvisato il suo Vescovo di ogni passo anche brevissimo da lui
tentato nel campo della carità di Dio ed ha sopportato sempre, alle spalle, sporchizie
di ogni tipo. Don Diodato ha nutrito fiducia nel suo Vescovo che è cardine di unità
nella chiesa affidatale dal Santo Padre, particolarmente negli anni 90, quando il
Vescovo promosso anche Amministratore Apostolico della diocesi di Amalfi – Cava,
veniva presentato, nel “Mattino” di mercoledì 1 agosto 1990, come un pastore di
appassionata missione episcopale, ricco di semplicità e di zelo, che stava
percorrendo, come luminoso esempio di impegno evangelico il non facile cammino
post conciliare. Le parole del giornalista Luigi de Stefano, aggiunte alle altre migliaia
scritte da altri giornalisti in ogni sorta di Quotidiano o anche proferite da canali
televisivi, sui quali il mio Vescovo ha un potere enorme, mi davano fiducia di poter
riporre la mia filiale fiducia nel mio Vescovo. I suoi atteggiamenti nei miei riguardi si
possono però ricavare a pagina 494 del “Bollettino Diocesano – Ottobre / Dicembre
2006” , nella quale, durante l'omelia di celebrazione del 25° di Episcopato
dell'Arcivescovo metropolita di Salerno, S.E. Mons. Gerardo Pierro, fa la seguente
riflessione: “Nel suo discorso sull'autenticità del Pastore, il Papa prevede tre
condizioni, tre caratteristiche; le accenno solamente: il pastore dà la vita per le sue
pecore; le pecore conoscono il pastore e il pastore le conosce; chi sta al servizio
dell'unità, i sacerdoti e i ministri (ed io aggiungo, che chi non è unito al Vescovo, in
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questo caso è scomunicato, cioè fuori comunione, salva la buona fede)”. Questa
riflessione del mio amato Vescovo, che qui si mostra cattivello, quando fa dire al
Papa quello che non ha detto, con la sua aggiunta, non conforme ai contenuti del libro
VI del “Codice di Diritto Canonico”, parte I, “Delitti e Pene in genere”, dove al can.
1321, 1 è scritto che “nessuno è punito se la violazione esterna della legge o del
precetto da lui commessa, non sia gravemente imputabile per dolo e per colpa”, io la
sto vivendo da molti anni, durante i quali pur donandomi sorrisi, graziose parole,
presidenze di concelebrazioni eucaristiche, in ultima analisi mi tiene fuori,
vigliaccamente, dalla comunione diocesana e parecchie volte mi abbina o allo
spretato, che ha moglie e figlia, o ad altro prete che fin dal seminario non ha fatto mai
niente e da tutti è ritenuto un prete mezzo matto. “Intelligenti pauca !!!”. Don
Diodato si sente perfettamente unito al suo amato Vescovo, in materia di fede, di
costume, di pietà e di vita celibataria. Queste due risposte abbastanza prolisse, danno
inizio ad altre risposte, provocate da altre email. Alla fine, poiché don Diodato per il
suo volume, promesso da anni, ha scelto come data, se il Signore lo manterrà in vita,
l'anno 2010, pensa di pubblicare queste pagine sparpagliate del sito proprio
intitolandole: “ www.dondiodato.it : pagine sparpagliate di riflessioni e di azioni
sacerdotali”.
Il mio avvocato S.P. ha fatto indagini sulle carte numerose che si trovano nella
cancelleria del Tribunale dei minori di Salerno, che trattano la spinosa questione
V.G., U.G. e A.M. Non si riscontra una sola parola profferita dalla giovane V.G. in
favore del padre e contro don Diodato per i fatti denunciati da suo padre al sindaco di
Nocera Inferiore e al Tribunale dei Minori, calunniosamente, avvenuti secondo il
padre in quel di Paestum ove la casa veniva custodita e pulita dalla signora A.S. di
Agropoli (SA).
Fatta questa premessa, si rientra nel caso G. M., per rilevare che agenti provati stanno
indagando ancora, su alcuni episodi strani verificatisi nelle rare presenze di don
Diodato a Paestum: “Agosto 1998: si mette alla guida dell'auto nuova e la porta in
officina per la verifica della pressione delle gomme, e lì, l'operaio verifica che la
ruota destra posteriore era stata svitata, continuando il suo viaggio lungo l'autostrada,
don Diodato non sarebbe più tra i vivi”. Alla ciurma paganese si aggiungono due
persone che allora abitavano lungo la costa cilentana. Oggi, di queste due, una si è
trasferita a Pagani. Nell'agosto del 2003, per un'infezione di lenti a contatto, e c'era
vento forte, dovette portare in ospedale Virginia (che lo va calunniando, per
gratitudine, nei manicomi e negli studi di psicologia), perché rischiava di diventare
cieca e contrasse lui stesso una pericolosa bronchite che ancora si porta addosso. La
risposta gli fu data dieci giorni dopo, quando fuori la porta della sua casetta di
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Paestum, fu messo un lungo pezzo di pane fresco, decapitato della parte iniziale. Fu
una minaccia di morte che concludeva il teatrino dei quattro schiaffi già presi dal
camorrista A. ? Si sta altresì indagando, dopo questi recenti episodi di carità concreta,
anche sul fatto di chi abbia sfregiato il cartello segnaletico di via Giano (di Santa
Venere di Paestum) con pittura rosso sangue, quasi per minacciare di morte chissà
chi… Man mano che questi episodi vengono alla mente, li facciamo presenti perché
quasi tutte le email chiedono a don Diodato di porgere querela contro questi cumuli
di atti delinquenziali che deve subire. Don Diodato, però afferma e risponde che il
sacerdote, a 73 anni e con 50 anni di sacerdozio alle spalle, deve far dono della
propria vita agli altri, particolarmente quando è più vicino alla Vita Eterna che a
questo perfido mondo, che sta smarrendo valori, equilibri, religiosità, anche a causa
di alcuni che talvolta si ritengono super uomini, come Gabriele, ed hanno più fiducia
nei tribunali degli uomini che nel tribunale definitivo di Dio. A questo punto per far
sapere scrupolosamente come procede l'iter di separazione M./G., dopo aver spedito
al competente studio legale quei tre fogli calunniosi, riportati in questo sito (che
potete scaricare anche cliccando qua), elenchiamo n° 9 pagine di procedure civili,
nelle quali, si possono rilevare bugie ed approssimazioni. Preghiamo i lettori di
leggerle attentamente (cliccando qua) e di prendere contatti col nostro sito che
senz'altro funzionerà fino alle ferie estive. Grazie!!!
Lungo questo sito cercheremo di illustrare la personalità della giovane V.G., dotata di
risorse spirituali e intellettuali, ben coltivate fino al 22 febbraio 2006, quando
improvvisamente, presa da strana pazzia, organizzò con i suoi congiunti paganesi,
quasi tragicamente il suo allontanamento dalla mamma M., divenuta, con forze
proprie insegnante di ruolo nelle scuole di infanzia statali. Essendo la signora M. una
ragazza timida, introversa, sensibile fin troppo ed onestissima, come sono tutte le
ragazze cresciute in ambienti collinari del cilento, cominciò a nutrire, dopo il 22
febbraio 2006 sensi di insicurezza e di paura, divenuti quasi fobia, al punto che come
ben facevo dal 1998, ho messo a sua disposizione un appartamentino attiguo al mio,
esercitandola anche nel bisogno del cibo in quanto trascorreva giorni intensamente
applicati alla creatività della sua funzione di insegnante, poi di pianto continuo e di
astinenza dal cibo, in quanto riteneva di aver dato tutta se stessa alla educazione
perfetta della figlia ingrata o stranamente ingrata. La quale ne sta facendo di tutti i
colori e talvolta anche servendosi della compagnia dei suoi congiunti paganesi, si
presenta in via Matteotti 30 dove normalmente alloggia la mamma, e le chiede soldi,
soldi e soldi, anche con parole che fanno vergogna, quando dice alla mamma: “tu mi
devi dare soldi in qualunque modo tu li possa guadagnare per me”. E sono presenti
sempre quei congiunti per cui io vorrei tener fuori tutta la truppa da un reato penale
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che si chiama estorsione. Vorrei far capire a V. che è una ragazza maggiorenne, sana
anche psicologicamente e che potrebbe trovare un onesto lavoro, come ha fatto la
mamma, per vivere in grande libertà di scelta, essendo anche una bella creatura. Fino
a questo momento non ci sono riuscito. Mi va attaccando, anzi, presso il manicomio
di Nocera, presso psicologici, i quali non capiscono cosa voglia conseguire la ragazza
e non si accorgono che la ragazza è sana di mente, anche se si nutre molto poco ed è
in grado con la sua intelligenza spiccata, di creare teatrini, sceneggiate e tragedie.
Nemmeno io intuisco l'episodio, per esempio, del 15 gennaio 2007. La mamma con
grandi sacrifici, avrebbe installato la caldaia per il riscaldamento autonomo a metano
nella casa di sua proprietà di via Canger, pagando già molte spese per le riparazioni
non riuscite essendo la caldaia da sostituire. Ad un certo punto la figlia chiede alla
mamma non la caldaia ma lo scaldabagno a metano. Avendo il contratto con la
società del gas, bastava fare la domanda alla “Napoletana Gas” di Nocera Inferiore
(SA), la quale avrebbe installato lo scaldabagno, facendo pagare, fino ad esaurimento
della spesa, una piccola quota sulla bolletta del gas. Invece no! Si fa scendere da San
Rufo la povera vecchia nonna, la quale viene in via Matteotti 30 con 500 euro in
tasca. Alle ore 19 del 12 gennaio u.s., venerdì, mi trovo a passare per via Matteotti e
vedo che U.G. scende da una 500 bleu scura targata (omissis) e insieme a P.B. figlio
di N., che mi portò nel gennaio 1997 la famiglia G. a casa mia, entra nel bar e fa
consumazioni. Vengo informato intanto, che il fratello di U., G. era salito con V. in
casa M./G. e avevano ottenuto dalla mamma di M. euro 500, con i quali realmente fu
acquistato lo scaldabagno con copertura fiscale e fu montato in via Canger con una
spesa di circa 450 euro ma senza alcuna garanzia sia per il montaggio e sia per le
responsabilità. Lavoro fatto in nero. Queste cose io non le gradisco ed allora capita
che V. va qualche giorno dopo dallo psicologo e mi accusa di averla portata, non so
quando e come, con l'auto, in compagnia della mamma e in compagnia del padre,
nella litoranea che va verso Paestum, di essermi fermato con l'auto e di aver detto di
scendere tra un gruppo di “puttane” perché lì era la sua sede. Sono cose dell'altro
mondo!!! Il padre non è mai venuto con me in auto e dinanzi allo psicologo, annuiva
alle sciocchezze dette da V., che non gradisce educatori seri, che esprimono la loro
opinione e che, V. lo sappia, non hanno paura di nessuno e di niente. Proprio
recentemente vengo a sapere che, con alcuni parenti testimoni di Geova, è stata prima
a Teggiano (SA) e poi a San Rufo a chiedere soldi, soldi, soldi ai nonni vecchi,
dicendo di aver saputo che il nonno G. le avrebbe sparato contro se si fosse presentata
a San Rufo. Anche qui sono cose dell'altro mondo, sulle quali chiederò dettagliata
informazione. Non parlerò mai di querelare V. perché, come era nei desideri della
mamma ed anche miei di sacerdote educatore, V. è una ragazza bella, intelligente,
provata forse da qualche gravissima delusione, come avviene per tutte le ragazze
13
della sua età e pertanto, anche con l'opera mia, che non gliela rifiuterò mai, dopo che
il 18 febbraio 2006 da Napoli, mi chiamò col suo cellulare e mi promise una visita di
gratitudine. Poi il 22 febbraio successe quella famosa tragedia in via Matteotti 30 ed
io sono sempre in attesa di ricevere questa visita da parte della cara V., per invitarla a
studiare, a sistemarsi e a crearsi una famiglia propria, seguendo i valori veri che la
mamma M. le ha inoculato dentro, per 18 anni.
Qualche email ha chiesto a don Diodato: “Ma chi glielo fa fare?”. Bisogna
comprendere quello che le scritture insegnano e cioè lo splendore della Gloria Eterna
è raggiunto attraverso il sangue, attraverso il crogiulo della sofferenza, della
donazione di se ed è conquistato, quotidianamente da un sacerdote, attraverso la
Celebrazione Eucaristica, la recita del rosario e del Breviario, attraverso la
Meditazione quotidiana, e poi se per ubbidienza al suo Vescovo, diventa un
casalingo, anche attraverso le pulizie della casa, della persona, attraverso la gioia
della vita celibataria, “conquistando nella nostra carne, quello che manca ai patimenti
di Cristo a favore del suo corpo che è la Chiesa”. Questo brano di San Paolo
(Colossesi 1, 24) è anche letto ed apprezzato dai parenti e dagli amici di V., testimoni
di Geova, che tante volte, ricevo in casa mia, a Nocera o a Paestum, per discutere con
serietà di interpretazione, sui testi della Bibbia, avendo in comune il fatto che Gesù
Cristo è l'unico salvatore del mondo, morto in Croce o sul Palo per noi.
Insegnando per lunghi anni nei licei classici, ho letto e riletto il canto 24° dell'Inferno
di Dante, che se la prende con gli oziosi, nei versi 47-51: “…seggendo in
piuma,/infama non si vien, né sotto coltre;/sanza la qual (= fama) chi sua vita
consuma,/cotal vestigio in terra di se lascia,/qual fummo in aere e in acqua la
schiuma.” Sap. 5, 15. Vorrei dire a V. che l'ozioso è come un orologio senza lancette:
esso è inutile sia quando cammina come quando sta fermo, e che si guardi dall'invidia
la quale è sognatrice di trionfi, che, forse, non si avvereranno mai; è la sorella della
gelosia, è la madre dell'ira, del dubbio, dell'agitazione, di malumori familiari e di
marasmi sociali. La prima è sicura vittima di questo tremendo sevizio è lo stesso
invidioso. Liberaci Signore da quella mentalità pagana, che è tanto presente nella tua
santa Chiesa, preoccupata solo del successo di cassetta, dei soldi da ammucchiare, dei
tesori da ammassare, della macchina da mostrare, della villa da reclamizzare. Ecco
perché sono solito dire che i miei soldi e le miei modeste abitazioni sono di tutti.
Quando io passo molto spesso dinanzi alla porta di Santa Marta posta nella parte
sinistra esterna della Basilica di San Pietro, a Roma, nel 1971, anno tremendo della
mia vita e superato con grande gioia per la sofferenza di Cristo per noi, dallo scultore
Scorselli, io leggo quelle bellissime parole: “Signore, io credo; io voglio credere in
te./Fa Signore che la mia fede sia pura e libera./Fa Signore che la mia fede sia certa
14
ed umile./ Concedimi Signore, che la mia fede sia operosa e gioconda”. Sono sicuro
che dal 1971, cara V., la mia carità è divenuta concreta e carica di rischi, che io
sopporto per la gelosa scelta della mia vita celibataria. Tra i tanti libri che ho donato a
V. durante i suoi riusciti studi ginnasiali (e qualcuno mi doveva essere restituito, e ne
attendo ancora la restituzione), non riuscii a donarle un libro che lo scrittore
salesiano, Valentino del Mazza, nella Pasqua del 1991, mi donò a Roma con questa
dedica: “All'indimenticabile don Diodato – egli conosceva bene come affrontavo con
gioia i dolori che mi venivano inferti da invidia e gelosia, che sono la mia stella
soprannaturale – con tanto affetto buono, nostalgicamente (eravamo carissimi amici
intellettuali), e con l'augurio, che, nonostante tutto, non gli manchi mai la gioia, dono
di Dio!” - don Valentino. Questo libro si intitola “L'autostrada della felicità”
trasmissioni della radio Vaticana – edizioni Carroccio e veniva così presentato dal
Cardinale Joseph Ratzinger (ora Pontefice sommo e Teologo sommo della Chiesa di
Roma), l'8 febbraio 1990: “Un libro adatto per tutti, che ripropone in una visione
panoramica il percorso dei grandi temi della dottrina, predicazione e morale cristiana,
per viaggiare verso la vera gioia. Invitante ed efficace per lo stile e le riflessioni
spiritualmente e pastoralmente utili, esso si configura come uno stimolante turismo di
vita interiore, per gustare e assimilare il Messaggio della salvezza ritrovare così una
rinnovata e gioiosa consapevolezza dell'Annuncio della Buona Notizia”.
Quando la signorina V. è più calma ed ha tempo di venire da me, sacerdote di Dio, io
le donerò questo meraviglioso volume scritto da un amico che ora è dinanzi al
Signore, nella Vera Vita.
Rispondo come sacerdote a numerose email, anche di confratelli, i quali sono
abituati, specialmente i giovani preti, a fare più gli impiegati di ufficio che gli
operatori a tempo pieno di carità, ed evitano di mettersi in casi pastorali difficili,
perché hanno paura di non fare carriera. La mia carriera è la lettura quotidiana della
Bibbia, partendo dalla pagina proposta dal Breviario, che è la preghiera quotidiana
del sacerdote, per sé e per gli altri. A questi miei confratelli, oggi 15 febbraio 2007
alle ore 9 voglio suggerire alcuni versetti del profeta Geremia: “Poveri e ricchi,
nessuno escluso, cercano solo di far denaro, profeti e sacerdoti sono una massa di
imbroglioni. Essi curano le piaghe del mio popolo come se si trattasse di un semplice
graffio. Dicono: „Va tutto bene!', ed invece non va bene niente. Dovrebbero
vergognarsi per queste malvagità disgustose, ma non si vergognano affatto, non
arrossiscono. Perciò cadranno come sono caduti altri, saranno abbattuti quando io li
punirò. Io, il Signore, o stabilito così”. Questi versi biblici rappresentano chiaramente
come redivivo profeta Geremia, un Pontefice sommo, che, da Cardinale, avrebbe
voluto togliere sporchizie dalla Chiesa. Lo farà certamente se porterà avanti il
15
trinomio sofoteologico del Medioevo: “Fede – ragione – reductio in Unum”
Sant'Alberto Magno proclamava questo trinomio, camminando per il mondo con
scarponi grossi, comportandosi cioè in povertà evangelica. Noi sacerdoti attendiamo
il completamento di Fede e di ragione attraverso la “reductio in Unum” nel senso che
tutte le sacre gerarchie che oggi esistono, nella Chiesa di Dio, e che reciprocamente si
difendono nel perseguire la loro Carriera, siano ridotte alla Sede Apostolica ovvero
alla Segreteria di Stato, alla quale è stata direttamente detto “Tu sei Pietro e su questa
pietra edificherò la mia Chiesa. E nemmeno la potenza della morte potrà distruggerla.
Io ti darò le chiavi del Regno di Dio: tutto ciò che tu sulla Terra dichiarerai proibito,
sarà proibito anche in cielo; tutto ciò che tu permetterai sulla Terra, sarà permessa
anche in cielo” (Matteo 16-19). Non tanti anni fa, quando veniva scelto un sacerdote
per consacrarlo Vescovo, la Sede Apostolica metteva in giro i più strani informatori,
quasi tutti gesuiti, e venivano fuori Vescovi di grande santità, di formidabile cultura e
di infinita bontà. E difficilmente questi Vescovi, celebravano messa al mattino,
avendo odio nel cuore o livore o macchinazioni, per distruggere sacerdoti o altri
confratelli, per far crescere la propria carriera dinanzi agli uomini o il proprio potere,
essi dimenticano di essere stati sacerdoti pieni di difetti e di limiti sicché ben li
apostrofa il profeta Geremia: “Profeti e sacerdoti sono una massa di imbroglioni” (6,
13). Quando leggo il brano delle otto Beatitudini, pronunciate da Gesù, di Matteo che
accentuano la povertà spirituale o le quattro di Luca che accentuano la povertà
materiale, ricorro ancora a Geremia, come loro chiave preziosa di lettura e leggo:
“Maledetto l'uomo che confida nell'uomo…/Egli sarà come un tamerisco nella
steppa./Benedetto l'uomo che confida nel Signore…/Egli è come un albero piantato
lungo l'acqua” (17,3-8). Il tamerisco è un arbusto sterile e di nessun valore, che cresce
in luoghi aridi; l'albero che cresce lungo corsi d'acqua, produce invece fiori e frutti in
abbondanza. Ed io mi sforzo di capire come possa vivere la mia consolazione
spirituale, vivendo per il Regno di Dio e riponendo la fiducia in Dio.
Ho risposto, con carità e con brani biblici ai miei detrattori, e rientro nell'argomento
della situazione difficile che ho intrapreso e che porterò a termine. Essa sorse per
puro caso tra le dicerie di un Tribunale, messe in giro da un valentissimo avvocato,
che in quei giorni difendeva un alto Prelato e un assassino, che poco tempo prima
aveva venduto un suolo a C. Era pertanto amico dei due. Io feci scrivere dalla mia
avvocatessa questa lettera a lui, l'8 Febbraio 1999: “In nome e per conto del mio
assistito don Diodato Ruggiero, Le scrivo per contestare tutto quanto da Lei sostenuto
circa la condotta e le abitudini del Reverendo (omissis: si trattava proprio del caso
G./M.) e per esprimerLe la rinnovata amarezza di questo sacerdote nel constatare che
si continua a farlo oggetto di accuse calunniose ed infamanti, accuse puntualmente
16
raccolte dal suo Vescovo. La invito pertanto a volerci comunicare i nomi delle
persone che l'hanno messa al corrente degli episodi da Lei riferiti onde consentire al
Reverendo di poter adire l'autorità Giudiziaria perché accerti eventuali responsabilità
penali. Distinti saluti. F.to S.d'A”.
C'era già stata la sceneggiata di A.G., moglie di S.G., zia di T.S. (in carcere per
presunta rapina), che era stata dal Vescovo a calunniarmi. S., che prima vendeva il
“frammellicco” e che poi E.C. fece entrare come inserviente al “Tortora” di Pagani, è
amico di I. L., fratello di pezzo grosso, che da pulitore del salone del “Tortora”, oggi
è divenuto pezzo grosso. E giravano proprio queste voci nel Tribunale.
A questa lettera, scendendo dalle nuvole, così rispose l'altissimo avvocato, amico del
Vescovo: “Riscontro la loro lettera datata 8/2/1999. Evito ogni commento o
interpretazione della stessa. È assolutamente falso che qualcuno – io ho il mio
Assistito (il Vescovo) – abbia sostenuto alcunché „circa la condotta' e le abitudini del
Reverendo don Diodato Ruggiero! Ho, per contro, già avuto modo di confermare
direttamente al Reverendo don Diodato Ruggiero, a mezzo fax del 23/11/1998, la
considerazione del mio Cliente per la sua persona e per la sua opera sacerdotale. Mi
pare poi poco commentevole – sul piano della deontologia professionale – l'invito che
pure la loro lettera richiamata contiene (comunicare i nomi delle persone che hanno
messo al corrente degli episodi)… Io faccio solo l'avvocato; non ciarlo con alcuno di
fatti attinenti un mandato professionale; non mi presto e non consento
strumentalizzazioni di sorta. Solo come fatto di cortesia infine comunico che non mi
occupo più, e da circa due mesi, della questione oggetto delle loro cure professionali.
Altro Collega si è fatto carico di contestare, nella sede competente e con rituale
comparsa di risposta, le ragioni rappresentate nell'atto di citazione 15/1/1999. Con i
migliori saluti. F.to P.C.”.
Osservazioni:
• L'unica querela che presenterò in questa situazione G.M. sarà contro A.G. che, mi
ha calunniato presso il Vescovo, che come sempre nega tutto e non sente il dovere né
di informarsi circa la personalità degli accusatori dei suoi sacerdoti (in questo caso ci
sarebbe da proporre un lungo elenco!), né di chiamare al suo cospetto e al cospetto
dell'accusatore il proprio sacerdote calunniato. In buona parte questi Vescovi hanno
un volto sempre bianchissimo.
• Il mio alunno, valentissimo avvocato A.B., senza consultarmi, forse per riverenza
verso quel pezzo grosso, che oggi ha conseguito una carriera altissima, tramutò il mio
processo penale, contro il Vescovo, in un processo civile, che, dopo molti anni, si
17
concluse con una sentenza di alto profilo letterario che io ho sempre letta alla stregua
di un predigozzo, secondo il quale, un prete deve cacciare via di casa propria
un'intera famiglia per difendere il celibato mentre un Vescovo può conservare in casa
propria una suora, presa piccolina dal suo paese, ove era sacerdote parroco come gli
altri, farla crescere, darle tutto e farla sorvegliare da un'altra suora vecchia e cieca.
Purtroppo don Diodato non ha il potere di questi pezzi grossi, condannati da Geremia.
Per evitare uno scandalo, anche se molti fedeli e non fedeli conoscono questa triste
situazione esistente nell‟Episcopio di Nocera Inferiore, dove c‟è intercomunicazione
tra il Vescovo ed il suo personale di servizio, situazione che consiste nella presenza,
dal 1987 di una suora giovane, chiamata suor Federica, l‟avvocato A.B. non intese
fare analogie tra la presenza di un‟intera famiglia che viveva indipendente anche se
attigua all‟appartamento molto spazioso di don Diodato e la presenza annosa di una
suora giovane, tutelata da altra suora anziana e cieca, nell‟Episcopio di Nocera
Inferiore. Ricorrendo in Cassazione, in grazia di questo scandaloso episodio tacitato,
la situazione giuridica della sentenza di primo grado verrebbe ribaltata, si aggiunga
poi una nuova situazione nella quale venne chiamata in Episcopio di Nocera un‟altra
suora alta quasi 1 metro e 80 la quale dopo breve tempo, per motivi di gelosia
suscitati da suor Federica, se ne andò. In compenso suor Federica suggerì al Vescovo
(suor Federica è comandante in capo nelle decisioni del Vescovo) di assumere un ex
monaco, tale don Augusto, fratello dell‟altra suora che si era allontanata e di farlo
lavorare in diocesi al posto di tanti sacerdoti diocesani, ordinati con patrimonio
proprio che, dal 1987, irretiti dall‟odio del Vescovo Illiano, stanno a spasso e per non
perdere lo zelo per le anime si danno a concrete continue opere di carità.
• Al momento dei fatti don Diodato Ruggiero era membro del consiglio Presbiterale,
eletto con 33 preferenze (cosa che non si verificherà più) e all'atto dell'accusa
calunniosa di G.A. al Vescovo, questi, che aveva proposto don Diodato Ruggiero
come parroco di San Francesco di Paola in Pagani, attraverso un verbale sottoscritto
da tutti i membri del consiglio Presbiterale, ad un certo punto, il Vescovo fa
scomparire questo verbale e tratta don Diodato come se realmente avesse fatto quello
che schifosamente gli denunciò questa misera donna.
• Lo stesso verbale fu steso e sottoscritto da un sacerdote, voluto per forza dal
Vescovo come segretario del consiglio Presbiterale in quanto era l'unico che avrebbe
fatto solo quello che voleva il Vescovo (mentre a don Diodato toccava il posto di
Segretario per le sue 33 preferenze accordatele dai sacerdoti, il 23 marzo 1993). Don
Diodato non potette mai avere né leggere questo verbale. Alla fine, don Diodato,
ancora oggi pur con certe parvenze di ipocrita paternità del suo Vescovo, è ritenuto,
secondo un Codice di diritto canonico scritto dal suo Vescovo, uno scomunicato,
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mentre quel segretario, nientedimeno, è divenuto Arcivescovo, a consolazione dei
suoi sacerdoti. Il Vescovo comincia ad organizzare contro don Diodato episodi di
grande mediocrità culturale. Gli fa mandare gli auguri natalizi da don Pietro Milite, il
quale, prende busta e foglio intestate del vescovo e con la sua grafia, scrive auguri,
traccia una crocetta e si firma: Gioacchino Vescovo “questo viene lanciato alla Sacra
Rota”. Un falsario alla Sacra Rota!, perché leccapiedi del vescovo Illiano. In altra
situazione, clona un altro sacerdote “Ruggiero V.” che è in corso in azione poco
pulite di centinaia di migliaia di euro con altri due sacerdoti diocesani. Si scopre
l‟imbroglio e con vergogna, dinanzi al tribunale don Ruggiero V. si costituisce parte
civile contro don C. F. che aveva calunniato per tutta la città di Pagani in compagnia
della sorella M. Poiché questo don R. si era dimesso da parroco, il vescovo Illiano
l‟ha riproposto come parroco in una zona pastorale di Nocera Inferiore importante e
difficile e nel suo ministero va dicendo che lui è un ex insegnante di lettere e
proclamando bugie viene confuso con don Diodato. Due dei tre sacerdoti coinvolti in
questo scandalo di centinaia di migliaia di euro dinanzi al Tribunale di Nocera
Inferiore dicono che sono amici o quasi compagni di scuola di uno dei pezzi più
grossi della Segreteria di Stato. Il vescovo Illiano prende ancora in grande
comprensione un sacerdote che non ha fatto mai niente per la diocesi e per la scuola.
Ne chieda al preside Mons. Gaetano D‟Acunzi. Questo sacerdote si chiamava, in vita,
don Giuseppe Capaldo, era ricchissimo e avarissimo. Giostrando su un suo terreno di
periferia, con l‟ausilio della giunta comunale e con un piano di edilizia creata ad hoc,
su questo terreno e non si sarebbe potuto fare altro, si creò un doppione di chiesa con
una costruzione scadente fin dall‟inizio. Questo don Peppino Capaldo aveva altri tre
appartamenti nella città di Pompei, che vendette quando oramai era molto malato.
Noi non sappiamo questi soldi dei tre appartamenti dove siano finiti; siamo però
sospettosi del fatto strano che, dopo la morte di questo don Giuseppe Capaldo creato
Monsignore dal Vescovo Illiano, morte avvenuta il 16 Dicembre 2009, un altro
smonacato messo dal vescovo Illiano a dirigere la parrocchia di San Giovanni
Battista in Cicalesi di Nocera Inferiore, e che appena appena ha conosciuto questo
don Peppino Capaldo, si esercita in tre pagine di panigilico, nel bollettino diocesano,
sulla personalità, sullo zelo, sulla cultura, sulla missionarietà della vita di don
Peppino Capaldo. Non si sa a questo punto, se si possa parlare anche di simonia. Il
vescovo Illiano allora cosa pensa di fare, va ad una riunione di forania di Pagani,
dove ha confinato don Diodato Ruggiero che ha insegnato lettere nel liceo classico
statale di Nocera Inferiore per 20 anni e ha sfornato milizie cattoliche di giovani
professionisti serie e timorati di Dio e “sfregolea (insulta umoristicamente)” don
Diodato e gli chiede se è contento dell‟attività pastorale che svolge in quella forania,
dove ha, da 38 anni, un servizio di celebrazione di Santa Messa presso la casa madre
19
delle Figlie della Carità del preziosissimo sangue di Gaetano Fusco, di cui don
Diodato è imitatore nella pazienza della persecuzione. E don Diodato gli rivolge
questa osservazione: “Eccellenza, non so come ella faccia a celebrare ogni giorno la
santissima Eucaristia con l‟odio nel cuore. V.E. ha avuto dal Signore la prova di
cadere e fratturarsi il femore e non trova lo spazio di convertirsi a Lui”. In tanto
dolore arrecato alla Santa Madre Chiesa dal chiacchiericcio di satana molti si
chiedono se il vescovo Illiano è in grado di comprendere e tutelare il celibato dei preti
e di allontanare con energia, omosessuali e pedofili, dal momento che intorno a sé ha
un fotografo quotidiano prete che “è quello che è” ed altri sacerdoti… Preso dalla
vanità di essere come il Papa indice anni giubilari, apre Porte Sante e la chiesa
cattedrale, di San Prisco, resa anche basilica, è chiusa per moltissime ore della
giornata e non si vedono le folle lucrare le indulgenze Plenarie o sacerdoti che si
prestano a ricevere le confessioni dei pellegrini. Il parroco si è prodigato a regalare
ben tre croci pettorali d‟oro al suo Vescovo. Alcune volte queste croci pettorali
vengono rubate poi ricompaiono in un caos enorme perchè è difficile rintracciare il
parroco della cattedrale sia per telefono, sia per cellulare, sia per posta elettronica
perché è alle prese di portare a Lourdes ogni anno il suo Vescovo con un contorno di
100 persone che partecipano al pellegrinaggio, senza pagare un soldo e per
magnificare il Vescovo. Ci chiediamo molti questi soldi per questi pellegrini che non
pagano da dove vengono presi. Vado a casa del parroco e trovo un grave disastro nel
sacramento del matrimonio tra il fratello del parroco che ha abbandonato la moglie e
due figli nella miseria, che vuol mettere fuori la moglie dalla casa coniugale ed in
questa situazione, quel parroco che produce tanti soldi per i pellegrinaggi e per il suo
Vescovo, non dà un centesimo a quelle povere creature abbandonate da suo fratello.
Veniamo a conoscenza che questo parroco, mentre il vescovo ha 75 anni, viene
nominato Monsignore.
• Don Diodato Ruggiero, nato nell'Agosto del 33, fu ordinato sacerdote nel Luglio del
56, con dispensa dall'età e il 19 Marzo 1959, fu immesso come parroco a Pecorari di
Nocera Superiore, dal suo Vescovo, servo di Dio, S.E. Mons. Fortunato Zoppas. Nel
contempo era parroco di Siano (SA) il mio Vescovo, don Giacchino Illiano nato il 27
Luglio 1935 e ordinato sacerdote il 2 Luglio 1961, anno in cui fu anche nominato
parroco dall'Arcivescovo Metropolita S.E. Mons. Demetrio Moscato, s.m. E capitò
pure, nella scuola media di Siano, mia sorella, dottoressa professoressa Maria
Ruggiero, come insegnante di lettere, mentre lì insegnavano religione don Giacchino.
Ogni volta che mia sorella rientrava da Siano a Pecorari, mi diceva: “Diodato, tu sei
così umile, ti vergogni di tutto, e lì a Siano l'insegnante di religione, don Giacchino,
insieme a un certo professore Natella, sono dei padreterni”. La mia cara sorella è stata
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sempre spassosa e umoristica ed io portavo il discorso sulle conquiste che facevo a
Pecorari, paese allora di prostituzione, di incesti, di amanti, di aborti, di lavoro nero,
di illeciti guadagni, in quanto partivo di mattina e visitavo colline, case, scuole e alla
fine tornavo in canonica, dove mi attendevano i miei genitori, i miei fratelli e le mie
sorelle. Ero un grande parroco e da allora capii che la via offertami dal Signore non
era fatta di effimeri trionfi umani ma di Eternità. Il 16 Luglio 1962, scrissi a S.E.
Mons. Fortunato Zoppas, mio amatissimo Vescovo, la seguente lettera: “Eccellenza
Reverendissima, sono particolarmente lieto di informare V.E., che, nel circolo
cattolico di Pecorari, da me ristrutturato, sono stati sistemati n° 5 colli, del peso
complessivo di kg 1670, contenenti i materiali dell'Organo elettrico destinato a questa
chiesa parrocchiale. Non appena i tecnici saranno giunti qui da Crema, ad installarlo,
penserò a fare i miei santi spirituali esercizi, né partirò per un periodo di riposo, per le
Dolomiti, insieme a don Paolo Pifano, e questo per dimostrare, come nelle recenti
circostanze i migliori sentimenti di convinta e filiale umiltà verso V.E. Mi fermerò
solo alcuni giorni, con mamma, dai miei zii a Roma, per ottenere dall'onorevole
Ministero del Tesoro e poi da quello dei Lavori Pubblici, la copertura della mia
Chiesa, rovinatissima e qualche pittura d'arte, perché la più bella fabbrica di Pecorari
possa essere quella del Tempio di Dio. Vorrei avere tante milioni e poterli spendere
zelante solo per il Signore, con disinteresse. Quel prete che informa V.E. circa un mio
dispendio economico per la Chiesa, qui lo chiamano il pidocchio, perché aspira a
Chiese molto ricche e non si accontenta della sua Pecorari. Io lo perdono e so che ne
subirò pesanti conseguenze. A mio conforto, desidererei un venerato cenno della
presente, con umile preghiera di rispondermi, se V.E. gradisca o meno una mia filiale
visita, necessaria perché gli esercizi spirituali possano divenire proficui alla mia
anima, al mio sacerdozio ed alla tranquillità del mio apostolato gerarchico. Nella
certezza che V.E., come sempre Si benignerà a considerare con la nota paternità
questa mia filiale supplica, mi prostro al bacio del Sacro Anello ed invoco per me e i
miei fratelli, la pastorale benedizione, professandomi, di V.E. Rev.ma, obbligatissimo
servitore e figlio, F.to Sac. Diodato Ruggiero parroco in Santa Maria di
Costantinopoli”.
Oggi 22 Febbraio è la festa liturgica della Cattedra di San Pietro, Apostolo. Nel
Breviario, San Leone Magno, papa, nel discorso numero 4 sul suo anniversario di
elezione, metteva in luce che “tra tutti gli uomini solo Pietro viene scelto per essere il
primo a chiamare tutte le genti alla salvezza per essere il Capo di tutti gli Apostoli e
di tutti Padri della Chiesa”. È chiarissima la Reductio in Unum di tutte le gerarchie. E
nella liturgia della Messa, san Pietro Apostolo (1 PT 5, 1-4) così esorta i pastori della
Chiesa: “pascete il gregge di Dio che vi ha affidato, sorvegliandolo non per forza ma
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volentieri, secondo Dio; non per vile interesse, ma di buon animo; non
spadroneggiando sulle persone a voi affidate (il Vescovo Illiano dà tutto a quelli su
cui spadroneggia dal 1987 e scomunica con un suo codice di potere quei sacerdoti
che non vogliono perdere la propria anima), ma facendovi modelli del gregge”. Del
Vangelo poi di San Matteo (16, 13-19), si può prendere come sintesi il Responsorio
della festa: “Simon Pietro prima di chiamarti dalla barca, ti ho conosciuto; ti ho
messo a capo del mio popolo, ti ho consegnato le chiavi del Regno dei Cieli. Ciò che
legherai sulla Terra sarà legato nei Cieli, ciò che scioglierai sarà sciolto”.
Durante la mia pastorazione nella Svizzera delle nevi, io tra Chur, Davos e Zernez/
GR, conoscevo un parroco austriaco, un decano Valdese e un deputato al Parlamento.
Ero molto compito verso di loro. Volentieri mi insegnavano la lingua tedesca, con le
cadenze austriache. Io non cercavo mai soldi quando celebravo messa sia nella
Missione di Coira, sia nei cantieri. Alla fine, a quei miei tre amici, potevo chiedere
tutto, e mi davano tutto, perché essi non sono chiacchieroni, particolarmente negli
affetti, come noi italiani, particolarmente del sud, ma se prendono a cuore una
persona, sono capaci di mantenerla nel loro cuore per tutta la vita. Come fa il Pastore
elvetico U. Caflisch, il quale a 93 anni e almeno una volta al mese mi chiama al
telefono. Cosa voglio dire con queste riflessioni di comportamento? Voglio dire che il
nostro Sommo Pontefice Benedetto XVI è un'autentica Personalità tedesca e se
prende a cuore qualcuno o qualcosa, la terrà nel suo cuore per tutta la sua vita terrena
e anche eterna, perché il Sacerdozio cattolico è Eterno. Ecco perché il mio amato
Vescovo, Gioacchino Illiano, faceva pubblicare su “Cronache” di domenica 4
Febbraio 2007, pagina 17, il suo incontro di Fede, mentre abbracciava il papa
Benedetto XVI, sottolineando il calore di quel momento e che sua Santità lo aveva
fatto parlare della sua esperienza di Vescovo, successore sulla cattedra che fu di San
Prisco. In quei giorni, a gruppi, tutti i Vescovi della Conferenza Episcopale campana,
furono ricevuti dal papa Benedetto XVI, “ad limina apostolorum”. Il mio amato
Vescovo sentì un calore tutto particolare, mentre illustrava al Santo Padre, la sua
relazione divisa in due tematiche principali: “L'unità della chiesa particolare di
Nocera Inferiore – Sarno (che è tutta quanta nella mente del mio amato Vescovo) e la
speranza”.
Voglio esporre nel mio sito una corrispondenza epistolare tra il Predicatore dei ritiri
spirituali, don Alfredo di Stefano e la mia persona, offesa quando al termine dei ritiri
spirituali, il 13 maggio 2003, quel Predicatore, nel salutarmi, mi additò come un
sacerdote che ha girato per il mondo e ne ha combinato di tutti i colori. Suo ispiratore
è un prete don M.A., il quale si può permettere tutto, in quanto nel mio palazzo una
sua parente stava morendo bruciata nel suo appartamento insieme al suo amante,
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mentre un altro suo parente aveva messo a disposizione dei superiori un carro di lusso
per il Congresso Eucaristico Diocesano. Questi preti giovani, che vestono in modo
strano, sono divenuti i padroni della diocesi e non hanno rispetto per i sacerdoti
anziani, che tante volte soffrono a causa loro. Prego i lettori di leggere attentamente
tutta la corrispondenza (scarica il terzo allegato qua).
Dopo che Mons. Gaetano Ficuciello volò in Paradiso il quale mi voleva molto bene,
essendo stato insieme per 10 anni nei seminari di formazione, mi fu lanciata addosso
una pesante lettera anonima, schifosa, scritta con l'inchiostro del diavolo, sulla quale
ho fatto buone indagini. Sono partito dal fatto che, insieme ad un parroco
francescano, assistevo già una bella vedova A.A., la quale diventò vedova in maniera
tragica. Al mattino il marito entrò nel bagno e con la pistola fece scoppiare il suo
cervello, alla presenza di due bambini piccoli. L'assistenza a questa vedova non
altolocata, ma pura e bella, fu richiesta in quanto, andando al Palazzo vescovile per
chiedere qualche cosa di sostanzioso per i figli piccoli, la vedova riceveva da suor
Federica, solo cose inutili e senza valore. Mi chiese di scrivere una lettera al Papa per
ricevere qualche sussidio. Fu spedita questa lettera con un indirizzo, che fu lo stesso
indirizzo con cui fu spedita la mia lettera anonima alla stessa Segreteria di Stato.
Ricordo bene che qualche giorno prima un ingegnere G.F. mi aveva posto il quesito
di come far giungere una lettera alla Segreteria di Stato ed io gli dettai quell'indirizzo
unico che il lettore del sito leggerà allorché porremo il testo di quella schifosa lettera
anonima a conclusione di tutto l'iter processuale scaturito, sempre da quella lettera
anonima, e ampliata da alcuni giornali che ospitavano penne sacrileghe di amici del
Vescovo Giacchino Illiano. Siamo chiari a dire queste cose, perché abbiamo le prove
definitive, nel senso che oltre a documentare coteste amicizie del vescovo, in factoesse, il vescovo ha messo in pratica tutto quello che quei giornalisti auspicavano
contro di me, cadendo egli stessi nel tranello che, ritenendosi vincitore, perché
detiene il potere, da parecchie persone viene commiserato. La direzione della lettera
anonima, riferita al condominio Cammarota, supponeva solo un fatto marginale, nel
senso che un medico li li laureato, nell'ascensore, un giorno mi consigliava di
cacciare via da casa mia una famiglia, che non era niente di buono. Io gli risposi che
prima di nominare quella famiglia si doveva “sciacquare” la bocca. I fatti di oggi
danno ragione alla mia logica. Il passaggio però penale è ancora difficile, in quanto
acta et probata non sono ancora univoci.
Diamo inizio alla pubblicazione dell'ultima sentenza n° 1038/05, emessa, in nome del
Popolo Italiano dal Tribunale di Salerno, per opera del Magistrato, dottor Antonio
Valitutti. Le sentenze sono molte. Le postille storiche le faremo in appendice ad ogni
sentenza. Avrete dei brividi quando vi mostreremo cosa sono capace di fare questi
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scrivani diffamatori anche presso la Procura della Repubblica… di Napoli. A questa
sentenza premettiamo l'articolo scritto dalla “Città” il 4.4.1997, di cui era direttore
responsabile Manzi Andrea, il cui papà insignì di alte onorificenze letterarie il mio
amato Vescovo.
Avevo tentato, con l‟opera del noto studio legale “Della Pietra” di Napoli di avere
soddisfazioni penali presso la Procura della Repubblica del Tribunale di Napoli, sita
presso la Cittadella Giudiziaria. Mi accorsi che la Digos di Salerno trasmetteva,
dietro richieste dei magistrati di Napoli, notizie inesatte e false a riguardo dei miei
veri diffamatori, uomini potenti, vicini alla sala stampa del mio Vescovo Illiano, al
punto che, a conclusione delle indagini, come mia diffamatrice (e si dovette anche
difendere), fu individuata la mia avvocatessa penale, bravissima, S.D‟. e al suo posto
poi rilevato l‟errore, fu convocata una povera donna di Salerno, che aveva attinenza
con il cognome della mia avvocatessa. Alla fine, fu archiviato tutto dalla Procura
della Repubblica di Napoli. Io stimo in profondità i signori Magistrati, che talvolta
come i nostri Vescovi, hanno attorno persone squallide, che producono loro
informazioni o superficiali o peggio ancora. Dopo quel tentativo, intrapresi la causa
civile, per essere risarcito moralmente ed esistenzialmente in quanto quelle schifezze
raccontate sulla mia persona e sulla mia onestissima famiglia, che per il ramo di mia
madre Semeraro ha molta più borghesia di quei borghesucci calunniatori, hanno
segnato gravemente la mia salute fisica. Nel Tribunale di Salerno capitò che per
lungo tempo scomparve il fascicolo relativo all‟istruttoria. Riapparve poi. Venne
emessa una sentenza con un errore di intestazione; passarono altri mesi e riuscii ad
avere
tra
le
mani
la
sentenza
n°
1038/05.
Dopo la sentenza iniziano gli interventi, da parte di chi era stato condannato a pagare
di supplica a non pagare perché non aveva disponibilità economiche, più volte sono
stato convocato in casa di un mio chiarissimo benefattore, a Salerno. Scrissi pure al
mio Vescovo, facendogli capire di conoscere che quei personaggi condannati a
pagarmi, erano suoi amici, ed io avrei, come testimonianza sacerdotale, rinunciato al
50% delle spettanze complessive, cioè comprese le spese legali, spettantimi. Il 4
Luglio 2006, alle ore 17 (era di domenica), in casa del chiarissimo T.L. presso cui ero
stato convocato, ci fu un accordo con l‟onorevole B.T., noto comunista e con
l‟avvocatessa F., moglie di M.A., di versare 4.000 euro sui 10.000 euro che mi
spettavano alla mia persona e 2.500 euro allo studio B. di Nocera Inferiore.
L‟accordo fu rimandato a mercoledì 14 giugno ore 17 presso la casa del chiarissimo
T.L. In quella circostanza l‟onorevole B.T. mi avrebbe consegnato un assegno di
6.500 euro. Se nonché quel giorno e a quell‟ora, non si presentò né l‟onorevole B.T.
né l‟avvocatessa F.A. ed il chiarissimo T.L. mi disse che da quel giorno si sarebbe
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tolto di mezzo. Nel frattempo il mio avvocato mi riferì che la sentenza era stata posta
in appello e che la prossima convocazione presso la Corte d‟Appello di Salerno
sarebbe avvenuta nel dicembre 2007 e che tutto era in mano al signor Magistrato
d‟Appello dr B. Ho dovuto porre questa questione nel mio testamento in quanto ho 74
anni e non credo che A.M., G.I., vogliono vedere la mia morte. Chi desidera la morte
degli altri, la propria sta dietro la sua porta.
Precedentemente ho rilevato che contro il mio Vescovo era pronta una procedura
penale per i gravi danni che arrecò alla mia salute e al mio prestigio sacerdotale. Lo
informai, nel 2004, di queste mie esigenze, dopo che l‟avvocato A.B. aveva
preferito la denuncia civile a quella penale, mi era stata messa tra le mani una
sentenza, da parte del dottore G.F., che mi debilitò ancora di più. L‟avvocato
giustificò la sua morbida procedura, perché suo padre, avvocato Pancrazio, ora
defunto, aveva subito pressioni enormi dal vescovo Illiano, perché mi radiasse dalla
sua amicizia e dalla sua accorato deontologia professionale. Questo sistema di
intrapresa, nel sud si chiama camorra. Di seguito elenchiamo nel sito, sia il testo della
risposta del Vescovo alla mia raccomandata del 23.11.2004, sia tutta la procedura
avvenuta dinanzi al Tribunale di Nocera Inferiore, nel seguente ordine di elencazione,
disponibile ed elencata nel nostro sito internet (www.dondiodato.it):
1) Atto di Citazione del Reverendo Diodato Ruggiero (pag. 1-4)
2) Comparsa di Costituzione per conto di S.E. Mons. Gioacchino Illiano (pag. 5-11)
3) Precisazioni al mio avvocato A.B. con particolare riguardo ai contenuti del foglio
18 (pag. 12-13)
4) Lettera da me scritta al Vicario Generale per proclamare l‟innocenza della signora
Z.T. (pag. 14-15 attenzione)
5) Un bigliettino scritto al Vicario Generale per
dall‟arma (pag. 16)
alcune violenze da me subite
6) Relazione all‟avvocato A.B. sul perché ho scelto il Tribunale civile e non quello
ecclesiastico (pag. 17-20)
7) Una lettera di informazione al signor Cardinale Michele Giordano e sua risposta
come Presidente della C.E.C. ora Cardinale Arcivescovo emerito di Napoli (pag.
22)
8) Una risposta da parte della F.A.C.I. a mia lettera del 4.10.1994, spedita via fax
(pag. 22-25)
9) Sentenza n° 1095-78/19 del Registro Generale emessa dal Giudice G.F. (pag. 2630), alla quale non proposi appello in quanto furono fatti decadere i termini utili.
Quanto al punto 4 contenuto nella listato n° 6 (pag. 17-20) e particolarmente a pagina
19, non soltanto S.C. veniva favorito dal Vescovo ma io esprimevo sempre al
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Vescovo miei dubbi su persone da lui prescelte come guide per noi sacerdoti, che
appartenevano e appartengono a famiglie in cui vigono i pacs. E lui mi diceva sempre
che altro è il sacerdote che lui sceglie e altro è la famiglia a cui appartiene, il che mi
sembra che contrasta con il Magistero della Chiesa di Roma che è contro l‟aborto, il
divorzio, i pacs, i dico che per i nostri genitori sani ed onesti erano solo fetenzie e
sporchizie. Conosco il caso di un monsignore che a 86 va ancora a confessare a
Pompei e che non riuscì a convertire né la nipote che sottrasse, in ospedale un medico
alla propria famiglia e se lo tenne per sé e fece figli. Il cui caso si è aggiustato solo
negli ultimi anni con la morte della vera moglie del medico (forse in un manicomio) e
che altro familiare non vuole riconoscere un figlio. Poiché teneva le casse in mano
del Capitolo, il nostro Vescovo lo elevò a monsignore insieme ad un altro che aveva
mangiato tutte le messe del Capitolo, che aveva sfruttato per cose sue il santuario
della Vergine di Pompei, che è infatuato, che nelle sue prediche cita espressione
bibliche in greco, lingue da lui mai studiate perché entrò da adulto tra i preti e con
diploma scientifico, e che ora gli ha affidato una parrocchia, una delle più importanti
della diocesi. Tutti quelli che mi hanno combattuto ferocemente, mentre svolgevo le
mie mansioni nobili di membro del Consiglio Presbiterale (35 voti: mai raccolti da
nessun prete), e di presidente del Capitolo (e il Capitolo cattedrale allora esisteva
anche spiritualmente), li ha elevati a sommi gradi della gerarchia, pur di farmi
vergognare anche presso la mia onestissima famiglia. Sembra che qualche pacs sia
anche in qualche famiglia di sangue vescovile. Ecco perché nell‟ultima lettera filiale
scritta al mio Vescovo ho allegato anche un collage (vedi sezione Foto) di tutta la mia
famiglia, specialmente da parte di mamma, onestissima, illustre ed intellettuale.
Non faccio alcun rilievo alla sorta definitiva, scelta dal signor Magistrato al riguardo
dei 3 anni spesi in una contesa da me promossa solo perché dopo il colloquio del 3
aprile 1995, col mio Vescovo, che era felicissimo di leggere il testo di una schifosa
lettera anonima, io ero convinto che il mio Vescovo ero tenuto a pagare la
liquidazione a quelle persone che avevano assistito mia madre dal 1992 in casa mia
ma in un appartamento attiguo. Il magistrato conclude, dichiarando il difetto assoluto
di giurisdizione. Sia lode al Signore, che ci penserà Lui a mettere le cose di giustizia
a posto in quanto uno dei peccati che grida vendetta dinanzi a Dio e allo Spirito Santo
è defraudare l‟operaio della giusta mercede. E il Vescovo sa come andarono le cose
nell‟aprile del 1955.
Vogliamo sapere chi è quel prete che porta coperta la sua nuca nella facciata di
“Metropolis” del 7-13 Maggio 1997, e dove si trova, cioè in quale casa sta per entrare
e perché Wanna Gambardella l‟ha graziato, proponendo solo una provocazione ai
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lettori. È giornalismo questo? La fortuna è che questa pagina non sia stata scritta nei
frastuoni scandalistici di questi ultimi giorni, a cominciare dal 18 marzo 2007.
(Scarica allegato Metropolis).
Oggi 19 aprile 2007, sono infermo a causa di improvvise vertigini. Chiedo scusa se
non ho risposto in tempo ai seguenti quesiti:
1) Girolamo sottolinea che ha letto il discorso del Vescovo, proferito nella basilica di
Pompei, per il mio 50° di sacerdozio. E trova che manca l‟unica esaltazione
fattami dal Vescovo al riguardo del mio grande amore alla Madonna, che io
continuo ad amare, a testimoniare e a diffondere, seguendo l‟esempio del Servo di
Dio, Giovanni Paolo II. Caro Girolamo, non ti so dare una risposta. Grazie della
tua presenza a Pompei e del tuo bellissimo dono.
2) Marisa fa presente che tutti gli sgorbi, le falsità, le calunni, le diffamazioni
concretizzate sul mio conto, perché difendevo due povere creature, cadute in un
ammasso di clan paganesi, sono stati ispirati da una ragazza, diplomatasi
all‟Istituto Magistrale, che ha conseguito una laurea in legge, l‟abilitazione a fare
l‟avvocato, una bella ragazza, che oggi si è ritirata in casa, dopo aver fatto
l‟apprendista in alcuni studi legali di Nocera Inferiore, perché si sta intensamente
preparando
per
superare
il
concorso
nella
Magistratura.
Gentile Marisa, io so tutto. Ho perdonato. Non ho seguito le vie legali, per non
danneggiare V. che è una ragazza bella e che deve avere fortuna e felicità nella
vita, e per non competere con persone ambigue che lanciano autentici cretini,
quasi scemi, contro personalità della Chiesa e nascondono la loro mano sacrilega.
Io auguro a quella ragazza di poter sposare un uomo uguale al suo protetto; che
segua, almeno in minima parte la deontologia professionale e che riesca a
comprendere che la Magistratura italiana, nobile Magistratura, saprà vagliare
attraverso una rete di informazioni, le capacità anche spirituali dei concorrenti. È
facile alzarsi al mattino e dire: “Voglio fare il Magistrato” (con un diploma
magistrale, senza conoscere latino e greco).
3) Ho ricevuto la visita di Fulgenzio, il quale è scandalizzato che in tempo di elezioni
amministrative, si organizzino convegni, nei quali si danno diplomi di merito, si
fanno proposte di cittadinanze onorarie e si dà solidarietà a cittadini che
organizzano truffe contro altri cittadini. Caro Fulgenzio, io no sono in grado di
risponderti, perché non esco di casa a causa delle mie vertigini. Ritengo però che
la lotta per essere riconfermati politicamente produce, ogni mese, uno stipendio
che raggiunge i cinquemila euro, che vanno in tasca a chi fa la sua battaglia
politica, pur avendo altre funzioni economiche di alta produzione. Ti farò vedere
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però che noi stiamo aprendo gli occhi, in quanto, questi capi politici, ritengono
che le opere pubbliche, quasi quasi, le fanno di tasca propria e ne sono gli unici
organizzatori, pur avendo trovato progetti già definiti e soldi già stanziati.
4) Caro don Diego, mi chiedi perché abbia pubblicato sul mio sito l‟articolo del
“Mattino” che riguarda le presunte truffe organizzate dal mio confratello. Egli ha
già avuto la solidarietà del sindaco e dei suoi superiori, che hanno paura di
rimuoverlo dagli incarichi che detiene, a detrimento delle anime. La curia nocerina
ha il controllo di tutta la stampa regionale. Dispone contro chi deve essere usato e
contro chi deve tacere. Sembra l‟anno 1939. Quello lì però, di fronte ai modelli
dittatori, era l‟uomo della Provvidenza, e spesso, io prego per la sua anima, uscita
da un corpo straziato vergognosamente. Don F., caro don Diego è parroco di una
parrocchia vastissima ed è docente di ruolo di religione nelle scuole statali. Queste
combinazioni, pur stando l‟8 per 1000, sono sopportate a discapito di chi muore di
fame. Don F. è un mio caro amico, che si è servito di me quando ho avuto la
possibilità di essere un po‟ importante. Tre volte ho fatto il presidente di
commissione a Pagani, dove don F. è niente di meno che vicario foraneo e in
quelle circostanze diceva a tutti che era un mio carissimo amico. Ma con me
c‟erano da fare pochi affari. Con l‟onorevole Bernando d‟Arezzo lo
introducemmo, negli anni 70, nella scuola infermieristica dell‟ospedale di Pagani,
presso cui ero amministratore, S.E. Jolando Nuzzi, s.m., lo fece parroco a Pagani.
È legatissimo ad un altro suo confratello che pur versando in pessime condizioni
di salute, col beneplacito del Vescovo e del cosiddetto Capitolo, detiene tutti i beni
miliardari del Capitolo Cattedrale. Questi due non conoscono la parola dimissioni.
Mi capitò che don Alfonso, s.m., e don Antonio mi chiesero informazioni di
questo don F., perché questo don F. voleva creare grandi fondazioni in Agropoli,
zona di villeggiatura, ricchissima di paganesi a luglio ed agosto, che don F. segue
accanitamente. Io dissi loro di stare attenti da questo don F., e comunicai il
fattaccio al Vicario Genererario Vassalluzzo e al Vaticano, con lettere che sono
implicate in questo sito. Non c‟è pertanto niente da meravigliarsi che don F. è
arrivato a compiere queste presunte truffe. In più un suo fratello ha un studio
fisioterapico, frequentato da G.I., come mi riferisce don V. Una volta il mio
Vescovo mi invitò a far parte dell‟Istituto di sostentamento del clero, al posto di
don F. Poiché don F. mi disse che il Vescovo aveva preso tale decisione in quanto
lui si opponeva alla vita libertina del P., che negava a lui, a don V. e a padre G.
ottocento milioni, provenienti da benefici parrocchiali, io rinuncia alla nomina, in
casa di don Luigi, in Angri, dove trovai anche don F. Apprendo che don Luigi è
stato fregato e che dopo la mia rinuncia, don F. ha ripreso il posto all‟istituto di
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sostentamento del clero. Noi badiamo alla testimonianza Evangelica della Carità,
che finché esisterà, salverà questa Chiesa e il mondo dall‟anticristo, ed altri,
notevoli personaggi della gerarchia, ostentano una faccia tosta tosta quasi di p. che
certamente esclude ogni accesso al sacramento della Riconciliazione o della
Penitenza. Don Diego, mi perdoni se sono stato così prolisso, ma ad uno come te
che sta tanto lontano dalle cose nostre e che legge il mio sito, occorreva che io
narrassi analiticamente come stanno i fatti, esposti una buona volta per sempre dal
“Mattino”, fatti che piano piano saranno secretati. I miei fatti di Procura della
Repubblica furono archiviati perché don B. D. L., insegnante di religione di un
magistrato, si pose sotto il braccio quel magistrato, lo portò a pranzo anche in un
ristorante il cui titolare era sotto la sua inchiesta. Anche di questo personaggio
D.G. denunciato alla Procura della Repubblica, non se ne è fatto più niente e credo
che quel magistrato non ha mai saputo da don B. che D.G. era un dirigente
dell‟ufficio tecnico della curia vescovile, il quale progettò anche l‟ascensore
nell‟istituto della Purità, a Pagani (SA), la cui amministrazione miliardaria agisce
come una prelatura nullius, cioè non se ne capisce proprio niente, in un divertente
scarica barile, in quanto molti ecclesiastici presumono di essere magistrati senza
conoscere un‟acca dei codici civili e penali o di essere degli economisti, sapendo
eseguire solo operazioni aritmetiche fondamentali, con l‟uso delle calcolatrici. Se
così opera la Magistratura nel sud, povero Arcivescovo Pierro…
Oggi 30 aprile 2007, mi tocca rispondere a Rocco, a Dionisia e a Filippo. Rocco mi
chiede che fine ha fatto l‟episodio che una mia zia adottò e ha fatto crescere fino a 45
anni il figlio misterioso del prete C. La questione giuridica è molto difficile, perché il
padre naturale di V. è astuto e ricco e chiede sempre soldi a tutti, atteggiandosi a
vittima di tutti. Dovrei ottenere gli strumenti per individuare il dna di C. e V. e poi, se
il Signore ci darà vita, faremo in modo, se il Signore gli darà vita, di operare il
riconoscimento giuridico di V. al quale è stata data già un‟occupazione a tempo
indeterminato. Dionisia mi chiede perché mi sono dimesso da tutti gli incarichi
ecclesiastici (dal consiglio presbiterale, dalla presidenza del Capitolo e dal consiglio
di amministrazione dell‟istituto di sostentamento del clero), dal momento che oggi
facce di puttane non si dimettono mai. Signorina Dionisia devo dirle che io vengo da
una famiglia onesta e mia madre è cresciuta in casa dello zio abate don Anselmo
Semeraro il quale, provenendo da Lecce, visse con don Ciccio Semeraro, a Scafati, si
incardinò nella diocesi di Nola (NA), essendo vescovo Mons. Melchiorre. Era ricco.
Tutti i soldi di famiglia li usò per la costruzione dell‟abbazia di San Pietro in Scafati.
Era anche un grande matematico. Costruita l‟abbazia, aveva 48 anni ed era bello
dentro e fuori, col suo biroccino, andò a prelevare il vescovo per il rito della
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Consacrazione della nuova casa di Dio e lungo la strada, fu preso da ictus cerebrale e
morì. Questa è la storia della mia famiglia. Come potevo io, sopportare minacce,
soprusi e vendette, particolarmente quando si trattò di mettere nelle liste elettive un
prete, amico del vescovo, che aveva figlia e moglie? O come potevo io resistere a
tutte le lettere vessatorie del mio vescovo che non mi faceva contare niente come
presidente del Capitolo della cattedrale, che ebbe la faccia tosta di presentare uno
statuto, che a parole, concede tutto al presidente, e nei fatti è solo lui a comandare e a
disporre con una faccia tosta di vittimismo attraverso cui, lui viene giustificato amato
e un povero prete fa la fine del ribelle. A questo riguardo, signorina Dionisia si legga
un pochettino il capitolo X del Vangelo di san Giovanni, ove al verso 10, Gesù dice
che il ladro entra al solo scopo di rubare, di uccidere e di distruggere, invece Lui,
Gesù, è entrato nell‟ovile perché noi tutti, pecore del suo gregge abbiamo la vita in
abbondanza, perché il buon pastore ascolta, conosce, segue, dà la vita eterna, non
perde, non rapisce le sue pecore, che conosce una ad una e che chiama con nome una
ad una. È molto analitico il canone 378 del codice di diritto canonico.
Rispondo a Filippo, che mi fa osservare come il nostro amato Pastore, ad Episcopio
di Sarno, il Mercoledì Santo, nella sua apprezzata omelia, abbia affermato che nei
suoi 20 anni di episcopato, tra le 250 mila pecore del suo gregge (in verità il gregge è
di Gesù, nostro Pastore) non aveva mai castigato nessun sacerdote. Da anni sto
pregando tutti i giorni perché il Signore intervenga dall‟alto. Alcuni miei confratelli,
mai castigati, sono morti di crepacuore. Non sono ancora arrivato a tanto, perché i
miei genitori mi hanno donato una vita sana, perfezionata dalle virtù del mio
sacerdozio. Se però il Signore per i suoi reconditi, indiscutibili fini, non interviene,
prima o dopo, con gioia, arriverà anche il mio turno. Dopo aver ascoltato le parole di
esaltazione del Cardinale Crescenzio Sepe, arcivescovo metropolita di Napoli, al
riguardo del mio amato vescovo, S.E. Mons. Illiano Gioacchino, che il 9 Maggio
2007 organizzò la convocazione di circa 500 fedeli nella chiesa di Sant‟Antonio in
Nocera Inferiore, per celebrare la Solennità liturgica del Santo Patrono, san Prisco, io
mi trovo a disagio e chiedo scusa al Signore, il quale mi può anche castigare, per aver
osato organizzare qualche pensiero temerario al riguardo del mio Vescovo.
L‟arcivescovo metropolita di Napoli, un tempo era il cosiddetto Papa Rosso nella
Chiesa romana ed accettò, con grande umiltà, di venire a fare il Pastore nella sua
regione di origine, per contrastare la camorra e l‟egoismo. Di conseguenza, per me,
ogni sua parola è “vangelo”. Da parte di personalità di alto rango, corre voce però,
che gli atteggiamenti pastorali ed esteriori del Cardinale, non corrispondono al
travaglio della sua interiorità, in quanto, defenestrato dall‟Alta carica del Vaticano, si
dice che tenda a superare la sua crisi interiore, dandosi all‟alcol. Pur se molti suoi
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confratelli, dall‟Alto, lo invitano ad accettare, in senso escatologico questa sua prova,
anche perché, con la vendita della discarica di Chiaiano, quasi tutta proprietà della
curia di Napoli, si sono fatti ottimi affari economici, nei quali, il cardinale, è stato
sempre un grande campione, per il bene della Chiesa universale.
Da queste alte autorità, mi viene detto pure che, mentre il cardinale, quand‟era
segretario della Congregazione per il Clero, “pettinava” ben bene il suo Prefetto,
cardinale Dario Castrillon Hoyos, colombiano, questo cardinale leggeva con
straordinario zelo, tutte le pagine bibliche, ricche di Spirito Santo, pubblicate da
Mons. Gianfranco Ravasi, prelato milanese di alto rango, e capricciosamente ne
metteva in evidenza le imperfezioni, a punto che Mons. Gianfranco Ravasi ha dovuto
attendere che lo Spirito Santo facesse salire al Trono Pontificio, papa Benedetto XVI,
un grande intellettuale, di intensa santità interiore, che lo nominasse e lo consacrasse
Vescovo e lo collocasse al centro della cultura cattolica, in Vaticano (fax del
13/4/2010,
sul
numero
06-69883437).
Oggi 12 maggio 2007, devo affermare che se non avessi preso sotto la mia custodia,
che è quella di padre Cristoforo dei “Promessi Sposi”, l‟insegnante di ruolo Angelina
Marmo, questa sarebbe morta di sofferenza e di fame, in quanto dopo il blitz dei clan
di Pagani, presenti anche la polizia locale e l‟assistente sociale, V. è divenuta
continuo strumento ricattatorio di richiesta di soldi alla povera mamma, in quanto il
padre non ha possibilità di fare la spesa al mattino. E allora perché questa V., una
volta divenuta maggiorenne, è stata portata via dalla casa della mamma, sfruttata dal
padre ed esposta alla povertà, quando lei in casa della madre poteva svolgere una vita
più che normale? L‟insegnante Marmo proviene da un paese di montagna. È chiusa,
riservata, fragile. Ne consegue che le conseguenze di quel blitz maledetto sarebbero
state nefaste per lei. Ecco perché le ho messo a disposizione per alcune ore di svago il
mio appartamento libero ed arredato ed anche la mia frugale mensa. Potrà capitare
che la pazienza scoppia e potrò portare tutta la documentazione alla Procura della
Repubblica. Salterebbe per aria, dall‟ordine degli avvocati, una disavveduta
avvocatessa che ne ha fatto di tutti i colori, e che io definisco “dimidiadus nasus”.
Oggi 3 settembre 2007, riapro il mio computer e trovo una fraterna esortazione da
parte del mio amico pugliese don Diego, il quale, citando Neemia capitolo II, v. 3, mi
chiede fraternamente: “perché „don Diodato‟, hai l‟aspetto triste? Eppure non sei
malato, non può essere altro che un‟afflizione del cuore”, e poi sottolinea che
l‟episodio dell‟11 giugno 2003 del camorrista A.A. che mi dà molti schiaffi,
confondendomi con un altro uomo pedofilo, devo tenerlo sempre presente nella mia
riflessione quotidiana, perché esso fa parte dello stesso autore della lettera anonima
del 1995, carica di schifezze, il quale non avendola avuta vinta dalle sentenze del
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Tribunale di Nocera Inferiore e di Salerno, a me favorevoli, ha cercato, prima con gli
schiaffi violenti e poi con articoletti velenosi sul “Mattino”, di far passare l‟altra
calunnia di pedofilia, che mi avrebbe molto danneggiato in mezzo al Clero, in quanto
il beato Papa Giovanni XXIII aveva lanciato pesanti sanzioni ecclesiastiche contro i
sacerdoti pedofili, che adesso vengono maggiormente messi alla gogna da alcune
fazioni laiciste, dalle quali, come è giusto, la Santa Madre Chiesa di Roma, Santa,
perché genera i Santi, deve prendere le distanze, cercando di arginare questo male che
nel mondo, colpisce anche il sacerdote cattolico e celibe. Continua poi don Diego a
mettere in luce il mio amore fino alla effusione del sangue, per il celibato e la
verginità consacrata, mi assicura la sua preghiera e fa il presagio che, chi mi ha
calunniato, che fa certamente parte del Clero diocesano, dinanzi a Dio, avrà una fine
orribile, tra le fiamme dell‟Inferno, nelle quali, i preti calunniatori, invasati da satana,
non credono più. Si congratula con me per gli auguri, in lingua latina che ho rivolto al
Santo Padre, Papa Benedetto XVI, il più grande dono che la Divina Provvidenza,
tramite lo Spirito Santo, che investì in pieno il Collegio Cardinalizio, abbia potuto
fare al mondo intero, in attesa degli eventi tristi, dei quali scrive ampiamente San
Paolo Apostolo nella prima e seconda lettera ai Tessalonicesi, e mi prega di
trascriverlo nel mio computer, di modo che il suo Popolo di Dio che è in Taranto,
possa leggerlo e fotocopiarlo, per comune edificazione. Come io immaginavo,
l‟aggressione del guappo nocerino era senz‟altro da concatenarsi con le funeste
operazioni di calunnia, di diffamazione e di isolamento, perpetrate dal Vescovo e dai
suoi scagnozzi contro di me. Ecco perché il processo derivato da un articolo, scritto il
13 Giugno 2001, mercoledì, su “IL MATTINO” e che, con una formula subdola, mi
voleva fare apparire anche “pedofilo”, attualmente è presso la corte di appello del
Tribunale di Salerno, e sotto la tutela saggia del Magistrato, sarà discusso il 4 Marzo
2010. Mi riferisce un certo don Carlino che mi mostra sempre rispetto che quei 4
schiaffi, datimi dal guappo, aggravati dall‟uso di oggetti di plastica, non vengono da
quella invenzione del guappo, secondo il quale, egli avrebbe sfogato la sua ira,
sbagliando bersaglio, per tutelare il figlio che aveva avuto dei giocattoli da un
ambiguo uomo anziano, che come me portava una paglietta in testa, sceneggiata
camorristica nella quale non ho mai creduto, ma il guappo si dice che avrebbe preso
soldi da un certo B., il quale è cognato di una donna che io volevo mettere sulla via
dell‟onestà e zio di un prete, fortemente appoggiato presso il Vescovo dal suo
compare prete, che io avrei tanto piacere di conoscere, per ampliare i miei orizzonti
nel decifrare questo sacro clan, e che avrebbe operato nei miei confronti una vendetta
trasversale. Durante il congresso eucaristico diocesano, mentre tra i vari gestori delle
pompe funebri dell‟Agro, esisteva grande agitazione, questo B., fornì al vescovo
Illiano un lussuoso camioncino, sul quale, il vescovo Illiano, appariva ogni giorno
32
con il Santissimo Ostensorio, dando di sé grande immagine narcisistica. È un intero
complesso di famiglie che si muove attorno al vescovo ed è in grado di fornirgli
baldoria, sostegno propagandistico ed anche presunti atti intimidatori nei confronti di
chi non accetta queste vane espressioni narcisistiche.
A questo punto, descriverò la moralità delle famiglie dalle quali il vescovo Illiano si
fa organizzare le folle per essere acclamato ed applaudito come in un teatro e farò un
elenco di altre cose interessanti, per rispondere all‟e-mail del filosofo Pasqualino e
per il bene della Santa Madre Chiesa, evitando però il chiacchiericcio che è opera di
Satana, mio quotidiano feroce avversario.
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Oggi 3 settembre 2007, riprendo per l‟ultima volta l‟argomento giudiziario che
riguarda la persecuzione quotidiana alla quale, subdolamente, “Nasus eleganter
dimidiatus”, facendo e prendendosi beffa delle sentenze del Tribunale, sottopone
A.M., che dovrebbe versare alla figlia V. solo 150 euro al mese per il mantenimento,
ma sollecitata e provocata quotidianamente, da V. che nemmeno ieri, 2 settembre,
festa degli Angeli Custodi, ha dato un bacio e ha chiamato mamma, sua madre A.,
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giorno per giorno, in un mese, oltre ai 150 euro del mantenimento, sottrae alla
mamma, altri 400 euro al mese, sostenendo che i 150 euro del mantenimento se li
prende il padre che sulla busta paga ha solo 450 euro. La stessa dimidiatus andò dallo
psicologo e lo voleva indurre a farle una dichiarazione, oltraggiando quella
professionalità, con la quale avrebbe voluto portare dinanzi al Tribunale A.M. ed i
suoi genitori perché erano responsabili degli episodi non tanto chiari di depressione,
mentre V. negli anni in cui la mamma insegnava a Varese e a Firenze, era assistita
amorevolmente dalla nonna e dalla mamma che tornava ogni venerdì sera da Varese
o da Firenze per assistere, dare affetto ed insieme alla nonna, tantissimi soldi, spesi
nella vanità e nella inutilità da V. la quale poi, dinanzi alla Corte di Appello, pur
stando sotto cura dello psicologo, negò di avere subito violenza, da parte dei suoi, in
via Canger di Nocera Inferiore, per far assolvere, dai reati di violenza venuti fuori
nella sentenza di primo grado, quei suoi stessi parenti. Sono proprio esasperato per il
fatto che la giustizia italiana venga manomessa, offesa da un dimidiatus, che un
giorno vorrebbe prendere il posto di magistrato nella Repubblica Italiana. Altri
episodi di estorsione vengono espletati da V. sulla mamma, povera creatura, difesa
solo da padre Cristoforo. La madre ha già anticipato 1500 euro ad un istituto di
istruzione superiore paritario di secondo grado per farle prendere almeno un diploma
di ragioneria, perché V., in un ambiente di violenza (V. sostiene che al liceo classico
che frequentava erano tutti molto cattivi con lei), abbandonò gli studi ginnasiali e fino
all‟età di 20 anni non ha voluto fare niente altro che perdere il tempo nelle vanità
della sua età. Ieri l‟altro, chiedeva alla mamma 8000 euro per poter frequentare un
corso per diploma di pilota a Pontecagnano in provincia di Salerno. La mamma
guadagna solo 1200 euro al mese. Ha qualche gruzzoletto perché in vita sua non ha
frequentato mai né un bar, né un cinema, né un altro locale dispendioso. Questo
assillo continuo a chiedere soldi, che prima veniva messo in atto dal clan di Pagani,
oggi viene messo in atto solo da V., la quale raccontò allo psicologo che la teneva in
cura che la madre, insieme a padre Cristoforo, l‟aveva portata nelle zone del Sele
perché scendesse dall‟automobile e si prostituisse, mentre la mamma, insieme a padre
Cristoforo, rideva sulla sorte della figlia. Sono cose dell‟altro mondo, che per ora
giacciono solo in un archivio sperando che la V. esca dalla violentazione del
“dimidiatus” e del clan che fanno capire che, quella povera creatura di San Rufo, che
sarebbe stata un‟ottima suora per la sua alta sensibilità spirituale, fu portata nel clan
paganese non per amore ma solo per sfruttamento economico. Questa triste realtà sarà
portata , se non ci fosse alcuna possibilità di conversione da parte di V., alla Procura
della Repubblica.
35
Oggi, 5 ottobre 2007, leggo molte provocazioni di email. Una di queste chiede
testualmente: “cosa ne pensate don Diodato del „Celibato‟ dei preti?”.
Accetto la provocazione per rispondere ad “hominem” che don Diodato è famoso in
parecchie regioni di Italia, come uomo che ha mantenuto sempre le sue promesse
perché un uomo senza parola è come un bue senza corna. Nel 1956, per mano del
Servo di Dio, il Vescovo Fortuna Zoppas, io don Diodato Ruggiero, promisi al
Signore solennemente che avrei scelto Lui come Sposo e la Chiesa come Sposa, alla
quale avrei cercato anche di togliere alcune rughe, per farla sempre più bella al mio
cospetto. Ho girato tutta l‟Italia dal nord al sud come presidente nelle commissioni
giudicatrici di esame di stato di maturità e come commissario governativo e
presidente nelle scuole legalmente riconosciute di Roma, e non ho mai preso un
albergo a 5 stelle, che mi spettava per alloggiarvi, ma sono stato sempre presso
pregevoli case religiose, al nord dai padri Paolini, al centro dai padri Cappuccini, dai
padri Monfortani (ai Parioli), dai padri Salesiani (di via Marsala), dai padri Basiliani
(della Bazia di san Nilo in Grottaferrata) o dai padri del Terzo Ordine Francescano
della Sicilia. Ho conosciuto migliaia di belle donne e ragazze, anche nella Svizzera
dei suoi gelidi Grigioni, ove ancora mantengo solide amicizie col decano Caflisch e
con l‟onorevole Tenco. C‟è stato qualche scherzo di qualche professoressa ricca e
bella che mi avrebbe voluto come suo marito, perché sono stato sempre un sacerdote
dignitoso, pio e pulito1. Col sorriso ho fatto sempre capire che io, dall‟Eternità sono
stato scelto come sacerdote ministeriale e nell‟Eternità arriverò come sacerdote
ministeriale, carico di difetti, di imperfezioni, ma ricco di Carità e di testardaggine
nell‟aver mantenuto fermo il mio Giuramento di fedeltà al Celibato, e alla Sede
Apostolica, che mantiene fermo nella sua disciplina, da secoli, come perla incastonata
nel suo vittorioso cammino verso la Gerusalemme celeste, che la distingue dai
protestanti, dagli anglicani e dal alcuni ortodossi, il celibato dei preti cattolici, dono
dello Spirito Santo, elargito ai sacerdoti che pregano, che amano il Vangelo, la Croce
e l‟Eucaristia, cioè che fanno i preti sul serio. Proprio ieri, la Chiesa ha celebrato la
festa di San Francesco D‟Assisi, che aveva questi grandi amori: il Vangelo, la Croce
e l‟Eucaristia e che formavano la sua anima e il segreto della sua azione della
Purificazione della Chiesa, come atleta, insieme a san Domenico. In punto di morte
vorrei trovarmi come san Francesco che sdraiato sul pavimento mentre ricongiungeva
1
Una volta con umorismo leopardiano o forse pirandelliano, giungendo fino al grottesco, portai con me il mio
valentissimo e indimenticato preside, professore, avvocato Guido Casalino, che non c’è più, per fargli conoscere una
bellissima e ricca mia collega, durante due luchelliani pranzi, in quel di Frosinone e in quel di Latina. Era un preside
cattolico laicista e si rese conto della forza interiore del celibato in un prete, di bell’aspetto, professore, presidente di
commissione, un cosiddetto “scapolo d’oro”.
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il Creato al Creatore, nel cantico delle creature, attendeva la morte, senza averne
paura. Tra qualche giorno celebreremo la festa della grande Teresa d‟Avila, che
mentre stava per morire, esclamava: “E‟ tempo di vederci, Gesù mio!”. L‟errore della
mia vita è quello di staccarmi dalla filosofia e dalle strategie messe in atto, nella
Chiesa Cattolica Apostolica Romana, dall‟”assatanabile” 8 per mille e di fare la carità
di “mano”. Come san Paolo, ho sistemato definitivamente nella mia vita, molte donne
pie che si sono trovate ad essere “separate – fedeli”2, con lavoro a tempo
indeterminato e ne ho salvato la dignità. Avrà potuto capitare che per qualche altra
non ci sono riuscito o che mi sia pentito di averla favorita, quando una di queste,
divenuta infermiera, sosteneva pubblicamente che era stata al letto con il medico
provinciale, presidente della commissione esaminatrice. Rimasi così male di questa
spacconata che avrei voluto rigettarla sul lastrico a pulire il pomodoro nelle
fabbriche. Per qualche altra donna, è capitato che non sono riuscito a sistemarla. E le
donne, che hanno un numero superiore al diavolo che nella smorfia napoletana fa 78,
sarà capitato che, per gelosia, la mia carità di mano sarà stata elargita magari ad una
più bella di lei. Io ci rido sopra ma alcuni che stanno molto in alto, per distruggere la
garanzia di celibato di un autentico sacerdote cattolico, pilotano queste calunniose
insinuazioni di donne leggere o prostitute, che vengono ascoltate nelle chiese
diocesane, più delle donne sante, nella direzione di distruggere quel prete che si
ribella alle filosofie e alle strategie della Carità dell‟8 per mille, che arricchiscono
coloro che le attuano mentre i sacerdoti che esercitano la carità di mano, alla fine del
mese non hanno un soldo in tasca. Queste lezioni di carità eroica mi venivano
impartite da un santo sacerdote, monsignor Di Liegro, autentico romano, che morì di
crepacuore perché non riusciva mai a dirottare le ricchezze della Caritas romana
verso i più emarginati, i più poveri, verso chi veramente faceva schifo agli occhi degli
uomini, ma che era la pietra preziosa della Gerusalemme celeste. Ho sofferto processi
e, con la mano di Dio, li ho vinti anche se un confratello B. D. L. pilotato dal suo
potente superiore ha cercato, presso un suo alunno, di far credere a quel Magistrato
che le mie lagnanze giudiziarie erano solo frutto delle mie velleità di contrasto col
Vescovo. Molti passi avanti dovrebbe fare la Chiesa per inibire posti di responsabilità
agli omosessuali. Ne conosco almeno due che coprono molti posti di responsabilità
diocesano. Nel luglio del 2006, un sacerdote, mentre era in casa con una persona a
2
Presentai nel 2001, il caso di una separata – fedele all’Arcivescovo di Firenze, tramite il suo segretario, don
Alessandro. Successivamente questo Cardinale, rientrato in Vaticano per occuparsi dei problemi della famiglia a livello
universale, ha fatto sua questa mia scoperta pastorale, trattandone le conseguenze positive, nel senso che una
separata – fedele può accostarsi ai Sacramenti, mentre io, per l’ignoranza del diritto canonico di un vescovo, a motivo
di questo mio difficile apostolato, soffro persecuzioni, isolamenti e terreno bruciato, proprio come fanno i camorristi.
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discutere, mi chiamò al telefono e mi disse: “Sai don Diodato che stanotte la polizia
ha fermato in macchina, don ***** in compagnia di una donna?”. Gli risposi che io
avevo grande carità per i miei carissimi confratelli. Mi è toccata poi una grandissima
sofferenza, quando alla morte di mio zio Francesco, il migliore artigiano in legno, che
ha fatto l‟ultimo lavoro a Prato, questo zio confidò alla sua badante che il figlio più
che quarantenne, che adottò di pochi mesi prendendolo da un orfanotrofio di Roma,
era figlio del prete *** e di una ragazza minorenne. Fatta la mia inchiesta, anche sul
fatto che mio zio, abile artigiano, morì abbandonato e povero nella sala mortuaria
dell‟ospedale di Nocera Inferiore, appresi che questo mio approssimativo cugino,
aveva le stesse caratteristiche usurpatorie del padre prete. Né sono riuscito a fargli
intraprendere la via giudiziaria per il controllo del DNA, perché questo mio parente,
che poi recentemente è stato sistemato in un ente provinciale, appartenendo il prete
ad una famiglia potente, fa interamente le parti di difesa del padre naturale, che
potrebbe lasciargli qualcosa in eredità, mentre preferisce da sempre vivere una vita di
stenti per sé e per la famiglia che si è formato. Non meritavo questa conclusione della
mia vita celibataria a 74 anni di età. Il Signore però ha collocato nelle palme delle
mie mani, uno sfraghìs = sigillo, dal quale si rilevano i miei grandi amori per la mia
cara Mamma del Cielo, che celebreremo il 7 ottobre nel santuario di Pompei, ove l‟8
luglio 2006 celebrai i miei 50 anni di sacerdozio celibatario ed eterno, e per la Croce.
Senza le feroci gelosie e calunnie, come avviene per ogni prete, avrei potuto aspirare
pure all‟Episcopato e senza parole, avrei scelto questo stemma: una grande M
sormontata da una Croce, che possono anche essere ritenute nella Gerusalemme
celeste, stigmate nascoste in vita e presentate a Lui dinanzi al trono dell‟Agnello
senza macchia, Alfa et Omega, principio e fine, reductio in Unum dell‟umanità, posta
definitivamente ai suoi piedi. Ho deciso di portare nel mio cuore con sofferenza e con
gioia questo segreto, per non aggiungere un‟altra ruga al volto raggioso della Chiesa
Cattolica Apostolica romana.
Molti amici hanno chiesto insistentemente di riaccendere il computer. Faccio presente
che molti sono stati i pericoli di questa mia esposizione di lealtà sacerdotale e storica.
La Sacra gerarchia alla quale ho inviato l‟e-mail (indirizzo di posta elettronica), che
prima, mi onorava della compiacenza di una venerata risposta, ad un certo punto,
tace. Il mio vecchio Rettore del seminario maggiore, divenuto poi arcivescovo
castrense e messo in Croce più pesantemente di me, quando fui suo segretario per le
opere create da lui nei Grigioni svizzeri, mi diceva sempre che i Superiori non erano
tenuti a rispondere ai sudditi, ed il cardinale Carlo Gonfalonieri, s.m., nei miei viaggi
dalla Svizzera al Vaticano, puntualizzava che se anche un superiore della gerarchia
non risponde, conserva agli atti tutto quello che arriva in Vaticano, in quanto la
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Chiesa è come la goccia d‟acqua, che lentamente, scava la roccia.
prendo però in considerazione la proposta di don Gervasio che mi sollecita a
celebrare, nel santuario di Pompei, il 19 Marzo 2009, il 50° del mio martirio
sacerdotale. Sintetizza poi benevolmente la mia opera di parroco di Pecorari di
Nocera Superiore (SA) dal 19 marzo 1959 al 15 Agosto 1965 allorché, satana in
persona, vestito in abiti rossi, si scatenò contro di me, che avevo ripulito la parrocchia
dei vari vizi di lussuria, compresa la consuetudine dell‟incesto, di avere amanti, di
pretendere di portare a letto le operaie più prosperose prima di dare loro un posto di
lavoro.
Talvolta, qualche mamma mi portava nella bacinella, il frutto della tragedia
dell‟aborto, fino a tre feti. Una volta spararono 3 colpi di carabina contro la mia Opel
Kadet, tanto che dovetti ricorrere alla protezione di un bravo giovane, Gerardo, che
guidava l‟automobile al posto mio, particolarmente quando ero chiamato di notte ad
assistere qualche moribondo. Avevo dichiarato battaglia aperta contro i conciari che
scaricavano porcherie nella cavatoli e riportai l‟episodio anche agli alti vertici della
Magistratura romana. Niente potetti ottenere perché l‟alta gerarchia aveva nei
tribunali penali rappresentanti di famiglia i quali, in quei tempi, se non stavi attento,
ritorcevano i reati contro di te, così come avvenne il 15 Agosto 1965 alle 6 del
mattino, quando un capitano dei carabinieri, allora allora giunto alla compagnia di
Nocera Inferiore, mi impartì ordini che io eseguii alla lettera, mentre come avverrà
dopo per San Pio da Pietralcina, già allora, come adesso, intravedevo nei paramenti
rossi la presenza di Satana. E mai sono andato in manicomio; anzi ho conseguito per
sopravvivere alla funesta aggressione di satana, diplomi di laurea, vittorie di concorsi,
con i massimi voti. La Provvidenza attraverso lo stato italiano che io benedico
sempre, non escludendo mai dalle mie preghiere né Benito Mussolini né Bettino
Craxi né Giulio Andreotti, capri espiatori, mi ha sollevato dalla miseria in cui satana
mi aveva gettato, mi ha dato un posto di docente di ruolo nei licei classici statali e mi
ha conferito, 3 anni dopo la mia laurea, incarichi di presidente nelle commissioni
giudicatrici della varie maturità, senza mai una raccomandazione, facendomi
viaggiare da nord a sud, offrendomi alberghi a 5 stelle. Io invece per gratitudine allo
stato, mi rifugiavo sempre, in quel mese di esame di maturità, presso una comunità
religiosa o dei paolini a Balsamo (MI) o dei cappuccini a Tivoli o dei Montfortani ai
Parioli di Roma. Nei miei anni di parroco di Pecorari con l‟intervento del senatore
Aristide Sellitti ora defunto, un autentico socialista che mi amava moltissimo,
ricostruì con cantieri di lavoro l‟intera costruzione parrocchiale, nella quale giunsero
banchi nuovi e un organo elettrico “Tamburini” che è quasi una miniatura dell‟altro
organo che contestualmente fu sistemato nei locali della televisione di Fuorigrotta di
Napoli. Vennero i miei successori, don F.P., don A.Z., i quali in buona parte
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rovinarono quella spiritualità che a costo di sacrifici esistenziali (ero in parrocchia
dalle 6 del mattino fino alle 23 di ogni giorno) ed economici (aiutato dal mio
carissimo papà che arredò di scala a chiocciola l‟accesso all‟organo elettrico, di scala
in ferro la casa canonica, messa a nuovo dai suoi sacrifici: ogni giorno io ho la
lampada accesa dinanzi alla sua pacifica immagine: si chiamava Generoso, che
costruì candelieri artistici in ferro sull‟altare maggiore con luci rosse che ravvivassero
la presenza della Santissima Eucaristia, che sostituì tutti i candelieri di ottone
sgangherati e storti sull‟altare maggiore, che fornì di tubature d‟acqua sia la canonica
sia la chiesa sia il salone, al quale, al posto di un cancelletto dal quale accedevano
improvvisamente donne di ogni sorta, per dare sicurezza morale a suo figlo parroco,
al posto del cancelletto sistemò una serranda in ferro, malvista dal famoso satana in
rosso. Don Gervasio mi dice che adesso c‟è un nuovo parroco, il quale se ti scrive un
certificato parrocchiale e gli metti 50 euro in mano, non ti dà nessun resta, ha fatto in
modo che l‟organo elettrico sia divenuta una topaia, e si diverte a fare il madonnaro,
cioè riempi le strade di Pecorari di immagini sacre e poi con una spiritualità tutta sua
fa correre la folla in processione su quelle immagini sacre che vengono distrutte. In
certi tempi lo si sarebbe definito un iconoclasta e poiché è dedito a scrivere libri di
spiritualità, pur essendosi specializzato a commerciare sotto le tende delle varie fiere,
secondo i tempi moderni è divenuto il cocco verde. È a dire che fu proprio mio padre
con la sua mano precisa a tracciare un ferro perfettamente rotondo intorno alla sacra
icone di san Pasqual Baylon. La differenza è che mio padre era un grande artista del
ferro che sudò centinaia di camicie per farci studiare, l‟altro era un quasi tappezziere
di chiese abituato al barocco in tempi in cui i giovani studiavano in seminario per
diventare preti a spese della curia o dell‟8 per 1000. Ecco perché don Gervasio mi
dice di voler celebrare con me il 50° della mia nomina a parroco di Pecorari di
Nocera Superiore, per ringraziare il Maestro – Sommo Sacerdote Gesù, attraverso la
Vergine Beatissima del Rosario di Pompei che ha mantenuto in me sana forte
vigorosa e giovane la vocazione sacerdotale contro il ripetersi di feroci assalti
satanici, tante volte camuffati da sorrisi e da serenità mascherate, che sono la
caratteristica dei massoni e dei camorristi. Corre voce nella nostra regione che vi
sono 3 alti prelati che hanno facce di puttana.
Nocera Inferiore 13 Giugno 2009, festa di S.Antonio di Padova.
Chiedo scusa ad eventuali lettori di molti vuoti verificatisi nel mio sito, a causa
dell‟assenza per continue altre occupazioni del responsabile, professore G.S. e nel
contempo, celebrando l‟anno Paolino sento l‟obbligo di reintrodurre il materiale del
sito, riportando alcuni versetti della seconda lettera ai Corinzi di San Paolo e
propriamente i versetti 7-12 del capitolo IV, scritti probabilmente tra il 55-56 d.c.
40
Eccoli: “Noi portiamo in noi stessi questo tesoro (la Gloria di Dio riflessa sul volto di
Cristo e attraverso il Battesimo sul nostro volto), come in vasi di creta, perché sia
chiaro che questa straordinaria potenza viene da Dio e non da noi. Siamo oppressi,
ma non schiacciati; sconvolti ma non disperati. Siamo perseguitati ma non
abbandonati; colpiti, ma non distrutti. Portiamo sempre in noi la morte di Gesù,
perché si manifesti in noi anche la sua vita. Siamo vivi, ma continuamente esposti
alla morte a causa di Gesù, perché anche la sua vita si manifesti nella nostra vita
mortale”.
Questa introduzione biblica fa capire al “diavolo” che in carne ed ossa è in mezzo a
noi, - così come capitò a san Pio di Pietralcina, quando era in vita, - che quasi nulla
può contro chi ha fede in Gesù e proclama Gesù, e solo Gesù, unico nostro mediatore
e salvatore attraverso la carissima Mamma del cielo, Maria, Regina della Pace, che,
insieme a noi, sua stirpe redenta, schiaccia la testa dell‟astuto serpente.
I miei avvocati hanno chiesto alla Sede Apostolica con lettere raccomandate riservate
e personali di intervenire definitivamente in favore del Rev. Ruggiero Diodato,
sottoposto ad oppressioni camorristiche dal vescovo Illiano, perché riacquisti l‟Onore
Sacerdotale, che il diavolo gli ha tolto, particolarmente dal 1995, perseguendo uno
schema di espressione “CAMORRISTICA” , e cioè il vescovo Illiano pensò:
“dobbiamo distruggere don Diodato”. Per farlo dobbiamo fagocitare Magistratura e
informazione, anche quella mediatica, e poi scagliarci contro di lui, attraverso loschi
personaggi di sacrestia, con lettere anonime e con infami accuse di donne. E poiché
don Diodato è il primo eletto nel Consiglio Presbiterale (35 voti) ed è presidente del
Capitolo della cattedrale di Nocera Inferiore che sta mettendo in ordine sia
spiritualmente, sia liturgicamente e sia amministrativamente, ed è il presidente della
F.A.C.I., ed è docente di lettere nel locale glorioso liceo classico G.B. Vico di Nocera
Inferiore, occorrono colpi micidiali più di quelli di una pistola e persistenza nel
crimine organizzato di sacrestia. Rispondendo alla lettera anonima del 1995, don
Diodato ricorse alla Magistratura ed uno scagnozzo del Vescovo, D.L.B., vissuto
sempre nella massima indigenza fin da piccolo e fatto sacerdote da un farmacista,
insegnante di religione di un magistrato, indusse il magistrato ad archiviare la
querela, come lo stesso pezzente indurrà lo stesso magistrato ad archiviare una
denuncia contro D.G., funzionario tecnico della curia, accusato di irregolarità in un
agriturismo; portò lì a pranzo quel magistrato. A don Diodato non interessano i
comportamenti dei magistrati, perché venera la Magistratura, che al 99% è sana e
gloriosa, anche perché vive, quotidianamente, secondo i versetti del IV capitolo della
seconda lettera di San Paolo Apostolo ai Corinzi. Raccolse però due vittorie per i
danni civili e solo l‟8 giugno 2009, dagli amici del diavolo ha avuto quei risarcimenti
41
che appena sono sufficienti per compensare le spese legali, essendo don Diodato
venuto incontro a questi giornalisti, amici del “diavolo”, riducendo le sue spettanze di
almeno il 50% e rinunciando alla pubblicazione della sentenza positiva n° 3287/97
nei quotidiani: “il Mattino” e “Repubblica”.
Lo schema della camorra va avanti, in quanto don Diodato, costretto a dimettersi da
presidente del Capitolo Cattedrale, constata che come suo successore, designato dal
vescovo e fittiziamente votato dai canonici, fu prescelto un certo P.S., zio di un altro
P., appartenente ad un clan della camorra di Angri, oggi proclamatosi pentito. Appare
chiaro questo schema di camorra in quanto, ancora freddo sul letto di morte P.S., il
vescovo con fittizie elezioni dei canonici, nomina presidente un certo L.E.,
allontanato dal santuario di Pompei dove, faceva il venditore degli immobili destinati
dai defunti cattolici alla Madonna, provato da un infarto con alcune cassette al cuore,
promosso alla più grande parrocchia della diocesi, che è quella di San Giovanni
Battista in Angri e lì destinato dopo averlo prima nominato rettore della Madonna
delle Galline in Pagani. Per lui, cioè per il vescovo, L.E. è un portento, che non
sbaglia mai, anche se portano durante i festeggiamenti la statua di San Giovanni
Battista, a destra e sinistra, vestiti di rosso in tutto il circondario di Angri, L.E. non
viene mai redarguito, mentre noi preti di Pagani non siamo in grado di fare né
processioni né di far rispettare le regole liturgiche nella chiesa della Madonna delle
Galline. Secondo lo schema della camorra, occorreva anche allontanare don Diodato
da Nocera Inferiore, perché il 4 Aprile 1955, durante 3 ore di truce colloquio nella
Reggia dell‟Episcopio, mentre fuori ricalcitrava il seminarista Adinolfi Antonio che
con un borsone verde sportivo doveva partire per Roma, colloquio sulla lettera
anonima che un saggio vescovo avrebbe dovuto cestinare, don Diodato si permise
dire al suo vescovo: “Vostra Eccellenza vive dal 1987 (anzi da prima, cioè da quando
era parroco rurale di Siano), con la bella, giovane e procace suor F. e pertanto non è
in grado di obbligare un suo prete, di 62 anni, a far allontanare da casa sua un‟intera
famiglia che ha assistito per oltre 13 anni sua mamma Annunziata, ridotta, dal 1974,
su di una sedie a rotelle”. E la voce circola anche perché più volte, al capezzale dei
moribondi sono state viste la citata suora e una sorella del vescovo a ridurre i
moribondi a lasciti o a rinunce di diritti (vedesi caso Faiella), in favore delle sue
narcisistiche pretese apparizioni mediatiche. Al vescovo non bastano soldi per
mettersi sempre in mostra, sulla stampa (“Insieme”, “Telenuova”), senza mai riferire
nel bilancio della diocesi, quanto costino queste sue narcisistiche e quotidiane
attuazioni. Noi tutti siamo d‟accordo che il nostro sia un bell‟uomo. Ecco perchè Don
Diodato doveva essere allontanato da Nocera Inferiore, dove è nato, dove il nonno è
stato 50 anni priore della congrega di santa Lucia, dove è stato consacrato Sacerdote,
42
dove è canonico, dove ha insegnato lettere nel seminario diocesano (1956), dove è
stato vice-parroco di San Matteo e di Santa Monica, dove ha insegnato italiano e
latino a migliaia di giovani suoi amici nel glorioso liceo classico G.B. Vico, che nel
1996, a don Diodato pensionato, donò una meravigliosa pergamena con medaglia
d‟oro al merito. Tutto questo schema di stile camorristico venne prospettato da don
Diodato, in piacevole sermone latino, a S.E. Rev.ma Mons. Csabater Niak,
ungherese, segretario della congregazione per il clero, il quale, poiché insieme agli
altri segretari di congregazione e ad altri prelati del Vaticano, invitati dal Vescovo a
tenere discorsi in diocesi, erano stati e sono ancora remunerati secondo il loro rango,
rispose, asso per figura, dimostrando di non conoscere per niente la lingua latina, che
è la lingua ufficiale della Chiesa e dei dicasteri Vaticani.
Capaccio – Paestum 16 Giugno 2009
Eravamo più di 150 sacerdoti guidati egregiamente dalla famiglia degli Oblati San
Giuseppe, ai quali è stata affidata la cura pastorale del famoso santuario del
Getsemani, a celebrare i 50 anni della creazione del descritto santuario voluto da un
grande personaggio della storia, Luigi Gedda, nato a Venezia nel 1902 e morto il 26
Settembre del 2000, all‟età di 98 anni, creatore, sotto il grande pontefice, Servo di
Dio, Pio XII, dei famosi comitati civici, alla vigilia delle elezioni del 18 Aprile 1948,
è un centro di spiritualità per le chiese del mezzogiorno d‟Italia, voluto da Gedda,
come affermava il giornalista Vittorio Fabbrocini il 6 Ottobre 1960, nella tumultuosa
vita moderna, nella quale farà sicuramente piacere venire qualche volta in questo
ridente angolo del Salernitano e lasciare alle proprie spalle il pesante fardello delle
quotidiane preoccupazioni, per ritemprare, tra la pace e la serenità di questi ulivi,lo
spirito e il corpo. Questo santuario, in maniera solenne, venne inaugurato il 2 Giugno
1959, essendo vescovo di Vallo della Lucania, dal 1956 al 1974, Mons. Biagio
D‟Agostino.
Questo raduno di sacerdoti era un ritiro spirituale, dettato da un grande cardinale,
esperto pastore per lunghissimi anni Arcivescovo di Palermo, S.E. Mons. Salvatore
De Giorni. Erano presenti anche il vescovo di Vallo della Lucania, S.E. Giuseppe
Rocco Favale e il vescovo di Teggiano, già parroco di Atena Lucana, S.E. Mons.
Angelo Spinillo. Avrebbe dovuto presiedere il raduno sacerdotale il sig. Card.
Prefetto della Congregazione del Clero. A questo punto S.E. Mons. Gioacchino
Illiano si era prenotato con 10 giovani sacerdoti, per fare la sua parte adulatoria verso
il Cardinale Prefetto. Avendo saputo che il Cardinale Prefetto non poteva partecipare
perché impegnato con il Santo Padre, Benedetto XVI, per questioni universali della
Chiesa, e che sarebbe intervenuto un semplice arcivescovo cardinale, non si presentò
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al raduno con i suoi 10 sacerdoti giovani, essendo il vescovo Illiano, un giovanotto di
75 anni che, secondo informazioni ospedaliere, starebbe per finire la sua corsa verso
l‟ignoto. Pregheremo intensamente per lui, che è il nostro pastore, al quale siamo stati
affidati noi, gregge di Gesù Cristo. Il cardinale De Giorni mise in evidenza la grande
santità interiore di questo straordinario pontefice intellettuale, Benedetto XVI, e fui
felice, perché anche io ogni giorno, cerco di imitare una piccolissima parte di questa
universale santità interiore del nostro amatissimo pontefice tedesco Benedetto XVI, il
quale essendo vissuto ed essendosi formato nella Germania, ha dovuto emergere in
santità, per arginare l‟altro 50% della popolazione luterana. In Italia, non abbiamo
questo tipo di formazione tra cattolici e protestanti, e quando nominiamo il nome del
papa Benedetto XVI, dobbiamo, come si dice, sciacquarci prima la bocca, perché
questo papa vive come San Paolo e come San Paolo ha le stesse prove dell‟apostolo,
descritte nella seconda lettera ai Corinzi, capitolo VI, a cominciare dal versetto II:
“Nessuno critichi il mio lavoro di apostolo: in ogni situazione mi comporto in modo
da non scandalizzare nessuno. Anzi, in ogni circostanza, cerco di presentare me
stesso come si presentano i servi di Dio: sopporto con grande pazienza, sofferenze,
difficoltà ed angosce… sono vittima di violenze (allora non esisteva l‟università La
Sapienza di Roma). Mi affatico, rinuncio al sonno… mi presento come Servo di Dio,
mostrando onestà, saggezza, pazienza, bontà, presenza dello Spirito Santo, amore
senza ipocrisia, annunciando il messaggio della Verità con la potenza di Dio. Sia per
attaccare, sia per difendermi, ho una sola arma, vivere come piace a Dio… sono
tormentato, ma sempre sereno; povero, eppure arricchisco molti. Non ho nulla eppure
possiedo tutto”. Il mercoledì delle udienze e la domenica dell‟Angelus e nei suoi
arditi viaggi apostolici, il papa Benedetto XVI, appare come l‟apostolo delle genti,
Paolo, con la serenità e l‟impegno faticoso del grande abate, san Benedetto da Norcia.
Questa esperienza del raduno del Getsemani, resterà a lungo nel mio cuore e a
novembre andrò lì a fare gli esercizi spirituali, dettati da un altro grande arcivescovo
e pastore di sacerdoti e di anime, quello di Lecce.
Ho trovato un‟e-mail del famoso don Gervasio, il quale mi chiede di tratteggiare
punto per punto lo schema camorristico adottato dal pastore di anime contro di me, e
vuole anche una chiarificazione sul perché chiamino il vescovo Illiano, “il figlio di
don Pasquale”, espressione coniata dal Vicario generale della Diocesi, e su come si
sono svolte le ultime riunioni del Capitolo Cattedrale, dominate da 3 laici che non
c‟entrano niente con il Capitolo e che hanno assegnato al pastore della diocesi, 500
mila euro per ricostruire la Cattedrale di san Prisco, già ristrutturata dal grande
vescovo, S.E. Jolando Nuzzi, di s.m., con enormi sacrifici, non essendoci allora la
banca diocesana dell‟8 per mille, cattedrale distrutta per volontà di alcuni scagnozzi,
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che vestiti in abito talare, hanno scoperto, nelle loro frustrazioni interiori, di essere
professoroni di arte e di archeologia. Don Gervasio mi chiedeva anche dove vanno a
finire i cospicui fondi di euro raccolti, durante 3 domeniche del mese, per
l‟amministrazione del Sacramento della Cresima, a circa 250 fedeli al mese, che
versano un‟offerta minima di 10 euro fino ad un‟offerta massima anche di 50 euro. E
mi dice di chiedere a don Mimmo, se questi cospicui fondi li ha riservati per la
ristrutturazione della cattedrale, dal momento che, essendo chiusa la cattedrale, lui,
don Mimmo, non esercita alcuna funzione pastorale di curato – canonico della
cattedrale e va in giro per il mondo, rendendosi introvabile per potergli contestare i
contenuti dell‟e-mail di don Gervasio ed anche l‟affermazione fatta da lui che, nella
circostanza di un dono di una terza croce pettorale in oro, per sua iniziativa
indirizzato al vescovo, per la quale croce ci fu anche un cospicuo sussidio della
giunta comunale di Nocera Inferiore, secondo la quale essendogli stato richiesto lo
scontrino fiscale, da ingenuo bugiardo, disse che il venditore della croce pettorale era
morto. In più l‟interlocutore mi dice che bisogna moltiplicare la somma annuale delle
cresime per 22 anni, cioè a cominciare dal 1987, coinvolgendo, in queste somme,
anche un altro curato della cattedrale, fatto crescere in seminario a spese di un
farmacista di Pagani, poverissimo, il quale, in quei tempi, acquistò un lussuoso
appartamento a Pagani. L‟interlocutore mi dice che, quando in una famiglia normale,
e credo che sia stata anche normale la famiglia del vescovo, si costruisce un progetto
costoso, si fanno continue economie, si mettono gruzzoli di soldi da parte, per fare
una buona figura dinanzi al popolo. Ma oramai la botte è sfondata, si spendono soldi
da tutte le parti – si dice che per il mensile “Insieme”, il vescovo ci rifonde dai 30.000
ai 70.000 euro all‟anno, ad quid perditio haec? E può capitare che, un Nunzio
Apostolico, trovi un santo sacerdote come successore del nostro vescovo (che il 27
luglio 2009, compirà 75 anni), e che questo santo sacerdote, vedendo una cattedrale
distrutta e vedendo sfondata la botte economica della diocesi, non accetti l‟alto
incarico, e come capitò al vescovo di Melfi, il Nunzio Apostolico dovette lavorare 3
anni per trovare il successore di quel degnissimo vescovo V.C. ed allora sarebbe la
rovina per molti di noi che siamo stati perseguitati, isolati, calunniati, esiliati dalla
mente malata di un gerarca che è divenuto pazzo del suo potere sul suo gregge, che è
il gregge di Gesù, che è venuto, nel mondo, non per essere servito ma per servire.
1 Luglio 2009 Preziosissimo Sangue di Gesù
Don Osvaldo Montanaro si lamenta, perché, parecchie volte, ha chiesto
documentazione a riguardo del Capitolo Cattedrale dei canonici di Nocera Inferiore,
del quale in tutte le chiese della Regione Campania, si dice che sia divenuto la cassa
del vescovo, particolarmente in questo periodo che, essendo entrato nel 75° anno di
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vita e prossimo alla pensione il vescovo Illiano, ha deciso, nella sua funesta testolina,
di distruggere la cattedrale e di ricostruirla anche con ingenti somme che preleva da
bilanci non dichiarati del Capitolo. Mi chiede don Osvaldo: “don Diodato, tu che sei
stato il presidente di questo Capitolo Cattedrale, cosa ci puoi dire di queste voci che
corrono?”. Ti risponderò con ampia documentazione che troverai sul mio sito a
cominciare dalla settimana prossima.
10 Luglio 2009: Recapito di molte copie a sacerdoti e fedeli del presente opuscolo.
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Don Egidio mi chiede perché mai il vescovo ha permesso che, dietro le spalle del
Santo Padre Benedetto XVI, nella fotografia-ricordo della sua visita ad limina, ci
fosse un giovane sacerdote che nel luglio dell‟anno precedente, di notte, fu fermato
dalla polizia e nella sua lussuosa macchina portava una bella donna. Di questo
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sacerdote si dice pure che prenda continuamente schiaffi da fidanzati gelosi, e che sia
stato in quel momento storico, il segretario del Vescovo Illiano.
Caro don Egidio io ti rispondo con una mia personale considerazione. Tutti i vescovi
e gli alti prelati che appartengono al clan dei focolarini, ed anche il nostro vescovo è
un focolarino, tengono le redini in mano della Gerarchia. Ti voglio raccontare come il
Nunzio Apostolico Mons. Paolo Romeo, portava a braccetto il “confocolarino”
vescovo Illiano – e questo mi fu detto da un altro vescovo della C.E.C., ed il vescovo
Illiano riuscì a strappargli il benestare di vescovo per un normale sacerdote, che,
visitato in profondità, dovrebbe vergognarsi di aver accettato, mentre il Nunzio
Romeo non diede il benestare a S.E. Rev.ma Mons. Tarcisio Bertoni per
l‟archidiocesi di Genova. Il clan focolarino, così facendo, avrebbe voluto privare la
chiesa cattolica di questo grande, colto ed esperto Segretario di Stato di papa
Benedetto XVI, ed avrebbe offeso la sacra Gerarchia, nel sottovalutare il grande
arcivescovo di Vercelli, l‟infaticabile e fedelissimo segretario della congregazione
per la dottrina cattolica. Il clan focolarino è famosissimo nelle affermazioni
affaristiche, e così sta facendo il vescovo Gioacchino Illiano, che il 27 Luglio 2009,
entrerà nel 75° anno di vita, che è quello della pensione per i vescovi: spendendo e
sciupando soldi, molti soldi, e diffondendo questo libretto “descritto in copertina”, in
moltissime copie, crede di convincere la Gerarchia vaticana a farlo restare ancora
nella diocesi di Nocera Inferiore – Sarno come vescovo attivo. In questo libretto non
viene riportato alcun bilancio economico a riguardo delle nuove chiese costruite da
ditte edili non dell‟Agro ma delle parti di Castel San Giorgio, andando verso Siano.
Dicono tutti che, con le tangenti del ribasso, abbia costruito le sue case vistose, a
Siano, sulla strada che porta a Bracigliano ed abbia successivamente intestato al
fratello, molto noto alle fiamme gialle, così come si fa nella camorra, le sue
costruzioni, un tempo frequentate da lui e da suor Federica, di sabato. A riguardo
informammo anche l‟arcivescovo metropolita di Salerno, nel cui territorio, insiste il
paese di Siano. In più l‟ambiente della curia nocerina e di quelli che sono stati
plagiati dal vescovo Illiano e che appartengono anche a famiglie ambigue, sembra
riprodurre la realtà di alcuni versi “Dei Sopolcri” di Ugo Foscolo e particolarmente
quelli che iniziano a cominciare dai versi 62 e che riguardano il grande sacerdote e
poeta Parini: “…A lui non ombre pose / tra le sue mura la città, lasciva / d‟evirati
cantori allettatrici…”, questi versi vogliono dire che la città di Milano preferiva i
“ricchioni” al grande sacerdote, poeta e moralista Parini. I quali ricchioni quando si
attaccano ad un‟idea e quando si tratta di adulare un maschio, diventano caparbi e
arroganti ammantando queste loro confusioni mentali e fisiologiche con una deriva
verso l‟arte che il Parini definiva l‟”arte” degli elefanti. In questo libretto mancano le
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tristi vicissitudini di aver rotto al cattedrale di San Prisco, già recentemente
ristrutturata e riaperta al culto con la presenza del Card. Pericle Felici, s.m., di averla
chiusa per distruggere l‟ultima presenza del Vescovo Jolando Nuzzi, s.m., suo
predecessore, per vendicarsi dei cristiani nocerini che non la frequentavano, per
raccontare, attraverso i ricchioni, marito e moglie, di aver scoperto reperti
archeologici che noi tutti conoscevamo bene; e se non avesse fracassato la cattedrale
con l‟unico scopo di restare ancora come vescovo sfruttatore nella diocesi di Nocera
– Sarno, avrebbe dovuto pensare alla ristrutturazione della cattedrale come alla prima
chiesa da ricostruire con l‟8 per mille, che non sono soldi del Vaticano ma sono soldi
di povera gente che ama la Chiesa e che non vorrebbe che si sciupassero al punto che,
mentre i vescovi si arricchiscono con l‟8 per mille, il Vaticano, come si dice in questi
giorni, ha il suo bilancio in rosso. È chiaro che il clan focolarino, con i suoi affari e
con le sue nomine nella gerarchia, conta moltissimo e dà consigli al focolarino Illiano
di tentare il tutto per tutto e restarsene ancora nella diocesi di Nocera - Sarno. Noi
sappiamo però che già ci ha pensato il Signore Onnipotente. Il Santo Padre, in Aosta,
ha rilevato che il Signore è tanto onnipotente quanto misericordioso. Né viene detto
in questo libretto che, il vescovo, ha distrutto il Capitolo Cattedrale e ha reso i beni
capitolari sua cassa privata per tutti i suoi sfizi. Le alte cariche del Capitolo hanno
rubato elemosine di messe di cui il Capitolo Cattedrale dei canonici di Nocera
Inferiore è ricchissimo. Attualmente il vescovo focolarino mantiene il Capitolo
Cattedrale, raccontando bugie alle Congregazioni Vaticane, perché gli fa comodo
averlo – e lo ripetiamo ancora - come sua cassa cospicua e perspicua. L‟attuale
presidente, già amministratore dei beni del santuario di Pompei e non più a Pompei,
cosa strana!, ha pensato di prendere per il momento 380 mila euro del bilancio del
2007 (e non 500 mila euro sui quali non ci sarebbe stato subito il benestare del
Vaticano), e regalarli al Vescovo, il quale, come già fece con l‟altro bene del Capitolo
dei canonici, sito in Santa Croce, si è ripromesso di pagare interessi o di restituire
quei beni quando ci sarà un nuovo vescovo. Non comprendiamo il motivo per cui, il
vescovo Illiano, frappone ostacoli ad ostacoli al suo pensionamento da vescovo, a
meno che non c‟abbia pensato già il Padreterno. Nel libretto a pagina 85 si dice che
quando l‟alluvione colpì il rione Merichi e via Sant‟Anna a Nocera Inferiore
(7/10/2007), abbia fatto interventi in favore di quelle famiglie e che di questa
beneficenza non esiste alcuna documentazione fotografica. Stranamente questo
episodio avrebbe stravolto l‟opinione pubblica che sa che il vescovo e tutti i suoi
ruffiani non hanno mai dato niente a nessuno e che non hanno preso mai in
considerazione il capitolo 25 del Vangelo di San Matteo, a partire dal verso 31.
Nell‟ultimo bollettino diocesano, organo ufficiale per gli atti del vescovo e della curia
– aprile/giugno 2009, a pagina 405 dichiara di aver dato, per opere caritative
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diocesane, euro 39.769,08 in favore di extra-comunitari, di tossico dipendenti, di
anziani, di portatori di handicap, di altri bisognosi; noi che siamo continuamente in
giro per la carità concreta ed immediata, non abbiamo mai sentito dire che qualcuno
di questi nostri fratelli sofferenti ed emarginati, abbia avuto un centesimo di euro
dalle mani del vescovo Illiano e dei suoi segugi, né ci rendiamo conto perché,
essendoci un seminario interdiocesano a Salerno, il vescovo debba spendere 14.700
euro per rette di seminaristi e sacerdoti studenti a Roma o presso altre facoltà
ecclesiastiche; alcuni di questi sacerdoti sono focolarini da noi mai conosciuti. Questa
sua baldanza economica vuol coprire gli enormi sciupii di euro perpetrati dai suoi
segugi che per mettere in mostra il narcisismo apostolico del loro vescovo ne pensano
di tutti i colori mentre il popolo italiano paga l‟8 per mille.
Fatte queste riflessioni storiche su questo libretto che, minimamente potrebbe costare
3 euro e che moltiplicando questi soldi per 3000, come il vescovo stesso fa
propaganda attraverso Telenuova (ci domandiamo: “chi paga Telenuova?”), avremmo
avuto un prodotto di carità di almeno 9000 euro in favore dei bisognosi (Matteo
25,31). Rispondo alla seconda e-mail di don Egidio, al quale dico questa volta fa una
pesante insinuazione, nel farmi credere che in tutte le cartelle dei sacerdoti che il
vescovo Illiano odia perché non è riuscito a plagiare, sono continuamente immesse
lettere anonime feroci a futura memoria. Ricordo che mi diceva Mons. Tedesco
Vincenzo, s.m., per 7 mesi amministratore diocesano, che i vescovi del sud si
distruggono reciprocamente tra di loro proprio con le lettere anonime; io, però, don
Egidio, non credo proprio a questa tua insinuazione, perché a causa di diffamazioni
diffuse contro di me dagli amici del vescovo Illiano, questi amici, pur essendo stato
io pregato sommessamente dal vescovo di non far pagare loro quanto dovuto a me in
grazia di due sentenze dei tribunali di Nocera Inferiore e Salerno, io, dietro
suggerimento di altri sacerdoti eminenti, ho fatto saldare quanto dovuto alla giustizia,
devolvendo, con documentazioni (non fotografiche nelle mani), quei soldi agli
emarginati compresi anche i carcerati, previsti dal capitolo 25 del Vangelo di San
Matteo. I miei avvocati stanno preparando all‟”emerito” vescovo Illiano che, se non
avessi avuto la pensione dello stato, mi avrebbe fatto morire di fame, a cominciare
dal 1987, impadronendosi anche dei miei beni di Pecorari di Nocera Superiore (dove
sono finiti i banchi nuovi donati alla Chiesa dallo Stato italiano, e tutta la roba mia
che lasciai lì il 15 Agosto 1965 e dove è finito l‟organo elettrico Tamburrini, quando
il demonio mi fece allontanare dalla mia chiesa e questo demonio fetido e immorale,
dal 1987, è divenuto il più caro amico del vescovo Illiano, che il 15 Agosto 1965, era
parroco rurale di Siano e padre spirituale di alcuni miei parrocchiani, tra i quali il
descritto demonio), i miei avvocati stanno preparando la sorpresa della richiesta in
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tribunale di tutti i danni fisiologici e morali causatimi dalla perversa condotta di odio
del vescovo contro di me. Come il vescovo Illiano abbia fatto a perdere la testa, a
causa del potere, non riesco proprio a capirlo. Forse perché proveniva da una famiglia
nullatenente. Devo concludere don Egidio che il vescovo si è messo attorno per
amministrare i beni ecclesiastici, due avvocati, che stanno in pensione (uno di loro ha
definito il Capitolo “attività condominiale”), e che ricevono almeno 700 euro al mese
dal vescovo per la loro attività curiale e che qualche volta ricevono forfetariamente
anche 3000 e 5000 euro ciascuno, e che non denunciano il reddito all‟ufficio
competente delle entrate. Uno di questi avvocati che io conosco almeno da 30 anni,
già sindaco ed esperto liquidatore dei danni del terremoto dell‟ottanta, ha scoperto,
rivelando così la personalità del vescovo focolarino, che i beni del Capitolo
Cattedrale, nelle votazioni delle varie delibere, devono subire la stessa sorte di un
procedimento condominale. E di fatti uno dei padroni del Capitolo, don Ernesto
Giove, non ha mai consegnato il registro delle messe dei canonici, a me presidente
del Capitolo che glielo chiedeva, e degli assegni relativi all‟espletamento bancario dei
vari Capitoli di elemosine di sante messe, ed ancora oggi, sembra che abbia 88 anni,
va a Pompei, va a fare il cappellano in ospedale, va la sera a dire messa in una
congrega di Pagani e chiede ancora elemosine di messa, al suo buon amico, l‟attuale
presidente del Capitolo dei canonici. Da quel giorno in cui chiesi a questo capitolare
quanto dovevo chiedergli come presidente, mi sono piombate addosso, lettere
anonime, telefonate ricattatorie, atroci diffamazioni, venendo a scoprire recentemente
che il presidente, mio successore, P.S., era lo zio di un noto camorrista di Angri, ora
pentito e che sembra porti nome e cognome dello zio monsignore.
Giunge il 30 ottobre 2009 una sollecitazione e-mail non identificabile, perché si
riprenda il discorso in difesa di quelle due povere creature A.M. e V.G., perseguitate
dal “dimidiatus nasus” ed io scrivo subito la seguente lettera, datata 2 novembre 2009
al presidente degli avvocati di Salerno, in quanto dimidiatus nasus è passata a
completare la sua persecuzione presso uno studio legale di Salerno. Il testo della
lettera è il seguente: “Illustre presidente e caro avvocato Amerigo Montana, ho 76
anni e devo regolare, in tempo, in seno alla Giustizia e Carità, un caso grave creato
prima dalla cattiveria del mio vescovo nell‟aprile 1997 e poi dalla pertinacia e dalla
crudeltà dell‟avvocatessa Guacci Carmensita, messa fuori dal noto studio legale
dell‟avvocato professore Vincenzo Calabrese di Pagani(SA), per chiaro di difetto di
deontologia professionale, che fa interpretare all‟avvocatessa, i codici giuridici a
modo suo, servendosi di analfabeti in grado di scrivere lettere superlative, per
calunniare quelli che, a scopo di bene, e perché richiesti, hanno dato un contributo
51
concretissimo di lavoro e di protezione, secondo i dettami del capitolo 25 di San
Matteo.
Mi sono rivolto a lei, sig. presidente, per stanare questa serpe velenosa e farla
allontanare dall‟ordine forense. Per i fatti gravi da quella commessi, parlerò a voce
con lei, nel suo studio, se lo riterrà opportuno, quando lo riterrà opportuno e nella
forma che riterrà più opportuna. Apprezzerò anche economicamente il suo illuminato
lavoro, se ci sarà. Rinunciai all‟avvocato Sabato Pappacena, mio stimatissimo alunno
e legale, per le conclusioni ridicole, a cui pervenne, dialogando con quella
avvocatessa. Ho saputo adesso, che anche l‟avvocatessa Brunella, da Lei delegata ad
ascoltare l‟insegnante Marmo Angelina, paventa le stesse conclusioni a riguardo delle
richieste sacrosante, proposte dall‟insegnante Marmo Angelina, più volte stesa a terra
dai violenti suoi parenti acquisiti ed esposta anche a varie forme di estorsione (in
quella famiglia esiste anche un sedicente camorrista), episodi che a me costano
personalmente e su cui potrei fornire in Tribunale prova testimoniale. Venni, a
Salerno, per affidare il caso personalmente a Lei, e Glielo ricordo nel giorno in cui
suffragherò l‟anima del suo Grande genitore, avv. Ludovico, mio carissimo amico,
che venne a mancare a tutti noi, il 21 agosto 1997, e che io , in fotografia ho collocato
nel novero dei miei benefattori, da me frequentemente suffragati presso l‟Onnipotente
Dio. Cordiali Saluti, F.to Sac. Diodato Ruggiero”.
Per far comprendere alla interlocutrice misteriosa, preciso che questa povera ragazza
M.A. fu portata da Polla a Pagani, sposata dopo un brevissimo fidanzamento e venne
subito a trovarsi in una famiglia in cui non contava proprio niente e stava in casa con
il fitto. Il marito, operatore ecologico se ne usciva di casa di buon mattino e offriva il
caffè a tutti i suoi colleghi, sciupando pacchetti interi di sigarette. Il suocero gli
regalò anche l‟automobile e di fronte alle gravi necessità economiche in cui versava
la figlia Angelina, per il fatto che suo marito sciupava lo stipendio in futili sfizi e che
era anche sopraggiunta la piccola Virginia, il padre di Angelina, sig. Giuseppe
Marmo, prese tutte le sue economie di una vita di lavoro dura, risparmi per 80 milioni
delle vecchie lire e venendo personalmente dal notaio a Pagani consegnò quegli 80
milioni acquistando un appartamentino in via Canger di Nocera Inferiore. Ad un certo
punto, Angelina Marmo e suo marito Umberto Giordano, furono presentati a me da
un bidello di scuola tale Bonfiglio perché dessi loro un appartamentino di mia
proprietà, in comodato, ricevendone in cambio assistenza quotidiana avendo io, nel
1997, 64 anni di età e non versando in buona salute. Preso possesso
dell‟appartamentino, si presentarono con violenza le nipoti della Marmo e la
percossero e la buttarono a terra dicendo di dover lasciare l‟appartamento di Nocera
Inferiore, messo da me a disposizione di quel nucleo familiare, economicamente
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bisognoso. In quella circostanza mi fu anche riferito, forse per intimidirmi che un
altro loro cugino, T.S., era in carcere per avere organizzato una rapina miliardaria a
un furgone portavalori della Supervigile di Nocera Inferiore. Io decisi subito
l‟allontanamento di quelle persone da casa mia e chiesi alla Marmo e a Umberto
Giordano di lasciarmi libero l‟appartamentino. Dopo un lungo periodo di crisi
gravissima che la Marmo trascorse presso i suoi genitori nel suo paese nativo, Marmo
e Giordano, con l‟aiuto economico della mamma di Angelina, signora Antonietta,
fittarono un appartamento in via Matteotti n° 30. Nel frattempo la Marmo Angelina
ebbe come insegnante dell‟infanzia un posto precario a Varese, mentre la figlia
Virginia, che aveva ormai 14 anni, restava con la nonna e da lei veniva sostenuta e
protetta in quanto il padre di Virginia si era allontanato da casa di via Matteotti e si
era rifugiato presso i suoi; pur sé durante le assenze della figlia e della suocera,
entrava furtivamente nell‟abitazione di via Matteotti e portava via televisore, mobili
ed altro. Insieme all‟avvocatessa Carmensita e ai parenti Cascetta e Disco questo
strano genitore, con testimonianze poco chiare in rapporto a quelle storiche secondo
le quali papà Giuseppe Marmo si mosse dal suo paese più su di Polla (SA), con
ottanta milioni di lire in tasca e venne dal notaio per completare l‟atto notarile di
acquisto di un‟abitazione dignitosa in via Canger di Nocera Inferiore e che poi figurò
come bene messo in comune tra U. G. e A.M., pretende di vendere quel appartamento
pur essendo abitato, per disposizione del Tribunale di Nocera Inferiore, oltre che da
lui anche dalla figlia Virginia, divenuta ragioniera di anni 23 che in seguito a tutte
queste “guappate”, si è profondamente ammalata dentro e sta sotto cura di un esperto
psichiatra, che in questi giorni ha stilato una relazione medico – legale e la giurata
anche dinanzi al Tribunale di Nocera Inferiore, per far capire il grave pericolo
psicologico in cui è caduta la povera Virginia, la quale si ritieni come erede,
proprietaria della casa donatale dal nonno materno, presso cui vorrebbe anche
allestire uno studio commercialista per cercare di guadagnare qualche cosa essendo
ancora disoccupata e ricevendo dalla mamma che percepisce uno stipendio di 1200
euro mensili, come stabilito dal Tribunale di Nocera Inferiore, euro 150 mensili su
cui il suo papà mese per mese quasi la tangente. È questa una vergogna grossa e
speriamo che la Magistratura competente comprenderà alla fine la violenza di questa
persecuzione iniziata da quando U. G. lasciò il tetto coniugale e A. M. si dichiarò
“separata fedele” (questa definizione non è stata creata dal sig. Cardinale Ennio
Antonelli, ma don Diodato che si sta prodigando al massimo perché la separazione
non degeneri in divorzio, istituto odiato a morte da tutta la famiglia Ruggiero), e in
quanto cattolica ha fatto capire a tutti che lei non firmerà mai, come vogliono le sacre
scritture, un libello di divorzio in favore di U. G. La situazione si presenta molto tesa
e pertanto, poiché sono informato dei fatti fin dal 6 Aprile 1997, quando la famiglia
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Guacci – Giordano mi andò a calunniare presso il Vescovo Illiano, che mi privò di un
beneficio parrocchiale già accordatomi, dietro suo proposta dal Consiglio
presbiterale, allora vigente e all‟unanimità (posso decidere di testimoniare, da vivo
come si può vedere nella “piovra” attraverso il commissario Cattani, su tutte le
calunnie affibbiatemi dalla penna scorrevole e dotta di U. G., analfabeta, presso il
Tribunale dei minori di Salerno, presso il mio Vescovo, presso un altro
psicoterapeuta che tenne in cura per qualche tempo V. G., portatavi dal padre; tutte le
estorsioni perpetrate contro A. M., in via Matteotti 30 di Nocera Inferiore, tutti i
ricatti perpetrati e premeditati dal “dimidiatus nasus” che ha mandato fino a San Rufo
il parente Cascetta, noto alle forze dell‟ordine, le cui figlie bastarono la cugina V.,
che prevalse in prima istanza presso la Procura del Tribunale di Nocera Inferiore e
che poi, in appello, a Salerno, Virginia Giordano, fu obbligata a negare tutta la
violenza che subì da parte dei suoi cugini Cascetta nella casa di via Canger di Nocera
Inferiore di cui aveva preso abusivo possesso il suo papà Umberto e non voleva che
in quella casa, comprata con i soldi del nonno materno di Virgina, si presentassero la
figlia e la moglie, mentre permetteva che tutta la sua famiglia occupasse e
proteggesse quell‟abitazione.
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