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Rassegna
T U R I S M O
C O M M E R C I O
Sindacale
S E R V I Z I
© M. D’OTTAVIO/BUENAVISTA
Il nostro domani
Cofferati: “Un errore fare
del centro commerciale
il modello del tempo libero”
L’EDITORIALE
La persona
come priorità
l 4 marzo si terrà la giornata
europea per le domeniche
libere dal lavoro. L’iniziativa
promossa dall’European Sunday
Alliance intende richiamare tutti
gli Stati all’importanza di
salvaguardare la domenica quale
giornata principale di riposo dal
lavoro e da dedicare alla
valorizzazione della qualità
della vita e delle relazioni
umane e familiari.
Può apparire strano, ma è proprio
nel momento in cui il Vecchio
Continente è impegnato nella
difficile impresa di individuare vie
di uscita dalla crisi che sta
attanagliando l’economia
mondiale, che l’idea di
fronteggiare tale sfida
assumendo la persona quale
valore primario della civiltà
moderna diventa la discriminante
che separa il progresso dalla
regressione. Per che cosa
dovremmo salvare l’Europa e
risanare l’economia se non per
mettere la persona nella
condizione di poter realizzare se
stessa nel lavoro e nella vita?
Il 4 marzo sarà l’ennesima
domenica sacrificata al totem
delle liberalizzazioni inutili degli
orari commerciali. Non vi sarà più
occupazione, non cresceranno i
consumi, questo ormai è chiaro e
sono le stesse grandi aziende
distributive a sostenerlo. La crisi
non consente fughe in avanti.
Eppure, si è voluto piantare una
bandierina, come nuovamente si
sta cercando di fare con l’articolo
18. Sarà l’occasione per ribadire
che realizzare se stessi significa
affermare il diritto alla
conciliazione dei tempi di vita e di
lavoro e che tale diritto non può
essere considerato subalterno
alle logiche di mercato.•
I.R. al numero 6/2012 di Rassegna Sindacale
I
Franco Martini
I
si decide oggi
l mondo del lavoro sta
cambiando velocemente:
la crisi economica, le
difficoltà lavorative dei
giovani, la perdita di tanti posti
di lavoro (nel 2011 secondo
l’Istat i disoccupati sono
aumentati di circa 220 mila
unità). Le priorità della Cgil in
questa fase sono occupazione
e precarietà, ma qualcuno ne
contesta la posizione, come se
fosse chiusa e poco attenta alle
vere esigenze del paese.
Chiediamo a Sergio Cofferati,
ex sindaco di Bologna, dal
2009 membro del Parlamento
europeo per il Partito
democratico, ma prima di tutto
ex segretario generale della
Cgil, cosa ne pensi.
“Gli attacchi alla Cgil sono
strumentali e privi di
argomentazioni valide –
afferma –. Il mondo del lavoro
si è molto articolato negli
ultimi 10 anni, nei settori
produttivi le grandi fabbriche
sono scomparse, e si sono
trasformate in fabbriche più
piccole. Nei servizi c’è stata
un’esplosione di forme di
lavoro piccole o individuali, e
sono aumentate
smisuratamente le forme di
lavoro legate al mondo del
web.
Queste trasformazioni hanno
modificato il modo di fare
sindacato e la Cgil, prima fra
tutte, ha cercato di adeguarsi”.
Secondo Cofferati i
cambiamenti sono stati epocali
e la Cgil è stata la prima che ha
cercato di stare al passo con i
tempi e affrontare le novità.
Un esempio fra tutti è il Nidil
Cgil (Nuove identità di lavoro),
categoria nata nel 1998, per
dare sostegno ai lavoratori in
Roberta Manieri
somministrazione e atipici, ai
precari. “Sono cambiati anche i
modelli contrattuali, sono nate
nuove forme di lavoro, siamo
arrivati a ben 46 tipologie
contrattuali, e non è facile
organizzarle. Il mercato del
lavoro italiano è tra i più
frantumati.” Un sindacato che
punta sul rilancio
dell’occupazione e la
diminuzione della precarietà
quindi, è molto più al “passo
con i tempi” di quanto
qualcuno vuole far credere, e la
sua azione è indispensabile:
“Anche se molto più
complessa, diventa
fondamentale l’attività
contrattuale, soprattutto
L'INIZIATIVA
perché i lavoratori sono soli, in
piccoli aggregati ed è più
difficile riuscire ad avere
contatti e tutelarli”.
Sergio Cofferati è al fianco
della Cgil e sostiene la battaglia
del sindacato che pone tra le
priorità di questa fase la
riduzione delle forme di
lavoro, quindi: “Al massimo 4 o
5 tipi di contratti, un numero
che sarebbe in grado anche di
garantire la flessibilità”.
In questi giorni governo e
sindacati si stanno incontrando
per definire una riforma del
mercato del lavoro, ed è stato
nuovamente preso di mira
l’art.18 dello Statuto dei
lavoratori, che regola la
reintegrazione sul posto di
lavoro e disciplina le
conseguenze in caso di
licenziamento illegittimo.
Ancor prima di avviare il
dibattito, si è diffusa una
polemica tra chi ne vuole
l’abolizione per rilanciare
mercato ed economia e chi,
come la Cgil, non ha
intenzione di discuterne.
Era il 23 marzo 2002 quando
quasi 3 milioni di persone si
radunarono al Circo Massimo
per protestare contro
l’abolizione dell’articolo 18.
Sergio Cofferati, allora a capo
della Cgil, era lì, a guidare una
delle manifestazioni più
••• SEGUE A PAGINA 18
IL 4 MARZO GIORNATA EUROPEA
I
Che sia domenica davvero
I
l 4 marzo sarà la
giornata Europea per
le domeniche libere
dal lavoro promossa dalla
European Sunday Alliance,
una rete di organizzazioni
sindacali, associazioni civili
e religiose che puntano le
loro attività sul rispetto dei
tempi di vita e di lavoro.
“Call for Action” (invito
all’azione) è lo slogan
della giornata e la
European Sunday Alliance
invita tutti i membri a
organizzare eventi,
iniziative volte a mettere
in risalto l’importanza
della domenica come
R. M.
giorno libero dal lavoro e
riposo sociale.
“Noi crediamo – afferma in
una nota la European
Sunday Alliance – che tutti i
cittadini dell’Unione europea
abbiano diritto di beneficiare
di orari di lavoro dignitosi
che, per una questione di
principio, escludano il lavoro
tardo serale, notturno,
durante le festività pubbliche
e le domeniche. Solo i servizi
essenziali dovrebbero essere
operativi la domenica. Oggi,
le leggi e le pratiche esistenti
a livello Ue e di Stati Membri
devono proteggere
••• SEGUE A PAGINA 19
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F
| IL CASO FNAC
© S. CALEO/IMAGOECONOMICA
FOCUS
I
ncertezza, dubbi e
preoccupazione
sono le sensazioni
che il messaggio
dell’amministratore
delegato di Fnac
Alexandre Bompard, ha
lasciato in tutti i 200
dipendenti italiani.
Era il 13 gennaio quando
la Fnac, la catena francese
di libri e multimedia, ha
diffuso un comunicato
rivolto a tutti i
collaboratori, in cui, con
estrema semplicità, veniva
presentato un piano di
riorganizzazione che
prevede il taglio di costi
di ben 80 milioni di euro,
e una riduzione della
forza-lavoro di 500 unità
circa, 310 in Francia e le
restanti tra gli altri paesi.
Un breve accenno
all’Italia “dove non
sussistono più le
condizioni per continuare
con la stessa gestione, si
stanno studiando tutte le
opzioni e una decisione
verrà presa nel corso
dell’anno”; quanto basta
ad allarmare le
organizzazioni sindacali e
i lavoratori.
La Fnac in Italia non ha
raggiunto gli obiettivi che
erano legati alla sua
permanenza sul territorio
e dopo 11 anni e 8 negozi
aperti (Verona, Milano,
Genova, Napoli, Roma,
due a Torino e l'ultimo 2
anni fa a Firenze) è in
perdita.
È passato più di un mese,
da quella comunicazione
e nonostante una
riunione tra Filcams Cgil,
Fisascat Cisl, Uiltucs Uil e
I
•••
Appesi
a decisioni
che non arrivano
Roberta Manieri
L’azienda francese dice
di voler tagliare i costi
ma non chiarisce nulla
su eventuali piani
di riorganizzazione.
Deciso lo stato d’agitazione
la direzione aziendale
italiana, le informazioni
restano vaghe. Non è
stata fornita nessuna
certezza né su eventuali
piani di riorganizzazione
o commerciali, né di
possibili tagli o esuberi e
le organizzazioni sindacali
hanno proclamato lo stato
di agitazione.
“Lo stato di incertezza in
cui l’azienda sta lasciando
i propri dipendenti,
aggiunta alla perdita di
clienti conseguente alle
comunicazioni di
Contratti a tempo
indeterminato e generali
comportamenti che
potremmo definire
virtuosi in Italia, anche se
in realtà semplicemente
corretti. Molti in base a
questo hanno scelto di
mettere su famiglia o
avviare dei mutui”.
Fnac, un’isola felice. Poco
più di un anno fa era
stato siglato
unitariamente il primo
contratto integrativo
aziendale che ampliava le
tutele delle pari
opportunità e il diritto
allo studio, valorizzava le
relazioni sindacali e
l’organizzazione del
lavoro, nonché una
maggiorazione economica
per il lavoro domenicale.
Un risultato importante
soprattutto in
considerazione del
contesto generale, per lo
più poco attento ai diritti
dei lavoratori.
A Napoli è allarme tra i
Manieri
DALLA PRIMA
Cofferati. Il nostro domani si decide oggi
importanti e
coinvolgenti degli ultimi
anni.
Dopo dieci anni, come se il
tempo si fosse fermato e come
se non fosse evidente la
precarietà in costante aumento,
viene nuovamente tirato in ballo
l’articolo 18, come se la sua
eliminazione fosse l’antidoto a
tutti i problemi del mercato del
lavoro, dall’aumento della
disoccupazione e della
precarietà alle difficoltà
economiche delle aziende di
fronte alla crisi.
“Gli attacchi all’art 18 non hanno
né capo né coda. L’art. 18 non ha
mai limitato gli investimenti
e se oggi le cose vanno male non
è certo per colpa dell’art.18. Per
avere nuova occupazione
bisogna migliorare gli
investimenti, farli mirati e
soprattutto combattere
l’evasione fiscale. Non si crea
18
imminenti chiusure dei
punti vendita, sta
rendendo sempre più
difficile la prosecuzione
della normale attività,
nonostante l’elevato
senso del dovere che le
lavoratrici e i lavoratori
stanno dimostrando” è
quanto ha affermato
Daria Banchieri della
Filcams Cgil nazionale
dopo un incontro
assolutamente vago e
aleatorio.
Il problema è che, tra
l’altro, nell’incertezza, le
voci corrono,
rimbalzando da Nord a
Sud e, come nel gioco del
telefono senza fili, si
trasformano
continuamente: vendita
del marchio, cessione dei
punti vendita o chiusura
definitiva, vendita dei
singoli negozi, chiusura
della sede.
Napoli, Roma, Torino,
Verona: in tutti i punti
vendita le lavoratrici e i
lavoratori stanno
aspettando di sapere cosa
ne sarà di loro,
continuando a svolgere il
loro lavoro con
professionalità.
Enrico Calligari lavora nel
punto vendita di Fnac di
Roma da 4 anni e mezzo,
cioè dall’apertura, ed è
diventato rappresentante
sindacale da neanche un
anno. “Il rapporto che
Fnac ha avuto con i
propri dipendenti,
almeno fino a 2 anni fa, è
stato quasi esemplare.
sessanta lavoratori della
Fnac di via Luca
Giordano, via
commerciale molto
importante del Vomero
zona residenziale di
Napoli. Nella stessa via
già un precedente,
un’altra famosa libreria,
Guida, ha chiuso i
battenti qualche mese fa.
La stampa si è molto
interessata al problema
seguendo più volte la
vicenda, ma dando vita a
ipotesi che hanno
confuso ancor di più.
“È dall’inizio dell’anno
che viviamo nel limbo –
spiega Pippo De Masi di
Torino – non sappiamo
cosa succederà da qui a
fine anno. Il marchio non
sta andando cosi male,
noi riceviamo sempre il
nostro salario, ma senza
extra, o straordinari, e
stiamo continuando a
lavorare dimostrando che
il problema di Fnac non
sono i lavoratori. Ma
chiediamo chiarezza
all’azienda”. “Quello che
crediamo sia nostro
diritto sapere a questo
punto, riguarda le
modalità e le intenzioni di
questa operazione,
nonché le alternative in
caso di suo fallimento.” È
la voce di Enrico Calligari
che con molta probabilità
rispecchia i sentimenti di
tutti i dipendenti, “Altri
mesi in questa situazione,
per noi paradossale,
sarebbero come
un’agonia, in cui c'è il
rischio che Fnac faccia
terra bruciata intorno a
sé. E intorno a noi.” •
lavoro togliendo diritti alle
persone.” Lapidario, Cofferati
respinge come un falso alibi il
concetto che affascina molti,
secondo il quale basterebbe la
libertà di licenziare per
sbloccare le assunzioni.
Anche l’art.31 del decreto salva
Italia del governo Monti che
autorizza la totale
liberalizzazione degli orari e
delle aperture commerciali, non
incrementerà, come sostengono
i fautori, i consumi in drastica
contrazione, né aumenterà i
posti di lavoro.
Qualcuno sostiene che la
deregulation darà una spinta a
economia e occupazione.
Sarà davvero così?
Quali sono rischi per la
contrattazione, e per il ruolo del
sindacato?
La flessibilità, secondo l’ex
leader della Cgil, nasconde
l’aumento del carico di lavoro
per il personale: “Se passi da 5 a
7 giorni di lavorativi, con lo
stesso personale, i dipendenti
devono lavorare di più.
Maggiori aperture si possono
fare di fronte a una comprovata
necessità, l’idea di fare la stessa
cosa ovunque è sbagliata.
Bisognerebbe regolamentare le
forme della flessibilità
dove serve e quando
serve, e assegnare al sindacato
una funzione di controllo
dei processi.
Ma non mi pare che ci sia
intenzione di fare questo,
anzi si tende a rimuovere ogni
forma di controllo, affinché il
lavoro flessibile diventi
sfruttamento indisturbato.”
Secondo la Filcams Cgil, la
liberalizzazione degli orari e
delle aperture commerciali avrà
delle forti ripercussioni sulle
condizioni di lavoro dei
dipendenti del settore, rendendo
sempre più difficile la
conciliazione con i tempi di vita.
Il provvedimento, però ha
riscosso molto successo, (e
molte poche opposizioni): il
consumismo ha preso il
sopravvento sulle esigenze
personali e sulla cultura.
“Che l’outlet diventi un luogo
della nostra sosta settimanale mi
mette solo tristezza – commenta
Cofferati –.“Non nascondo che
anche a me è capitato, come
consumatore, di avere delle
esigenze, di avere necessità di
comprare qualcosa di domenica
o nei giorni di festa. Ma ora non
si tratta più del soddisfacimento
di un bisogno: è un nuovo
modello sociale proposto.
È cambiato l’uso del tempo
da parte dei singoli e viene
sempre più sollecitato un uso
del tempo libero orientato al
consumo, senza più tempo
da dedicare a se stessi.”
L’interesse quindi è solo quello
di creare input e sollecitazioni
per orientare il tempo libero
verso centri commerciali e
quant’altro, senza creare e
proporre alternative, che siano
culturali, sociali o di svago.
È una fase storica delicata,
le difficoltà economiche stanno
modificando radicalmente
la società, i modelli di
riferimento, oltre che le
abitudini delle tante famiglie
italiane.
Chissà come questi cambiamenti
si tramuteranno nella realtà di
domani
Sergio Cofferati, che è anche una
grande appassionato di fumetti,
paragona la fase che stiamo
vivendo, a una striscia di
fantascienza: “Nei fumetti la
fantascienza viene trattata con
colori cupi, forme distorte, e il
futuro non è positivo, ma
inquietante”. •
Terziario02_ok 27/02/12 15:19 Pagina 19
F
FORMAZIONE | FILCAMS
Gli esami non finisconomai
I
•••
Parole d’ordine: Formazione Continua, Monitorata,
Valutata e Certificata, Progettazione, Format,
Materiale, Banca Dati, Attestato, Libretto Formativo.
© G. GRILLO
“L
a formazione come vincolo
di accesso e di permanenza
nel gruppo dirigente di
categoria”. È uno stralcio
del documento congressuale Filcams Cgil
approvato nell’ormai lontano aprile 2010.
Nato dall’analisi di un contesto di
riferimento in continua evoluzione, alla
luce di una crisi che ha investito il mondo
del lavoro, la società, e il mestiere del
sindacalista, ammetteva finalmente la
complessità della rappresentanza e della
contrattazione; leggeva come positivi il
rinnovamento generazionale dei gruppi
dirigenti, che apportavano alla categoria
nuove tecnologie, pensieri e metodi e
dovevano quindi essere ascoltati, ma
soprattutto guidati proprio attraverso la
formazione sindacale.
Oggi il concetto viene ulteriormente
ribadito grazie al varo di un Piano
nazionale di formazione (Pnf), che verrà
presentato al prossimo Comitato direttivo
nazionale del 5 e 6 marzo.
Il piano ha una struttura complessa ed
articolata e risulta molto ambizioso,
soprattutto negli obiettivi e nella
programmazione; è questa tuttavia una
condizione imprescindibile per
recuperare le situazioni di stallo o di
semplice arretratezza nell’esperienza
formativa, e condividere linee e metodi
comuni a tutte le strutture.
Gli obiettivi principali punteranno ad
assicurare la continuità della formazione,
inserita in un sistema di interrelazione, sia
come occasione di scambio all’interno
della Filcams, sia come costruzione di un
sistema capillare, strutturato e di qualità,
che comunichi anche a livello
intercategoriale e confederale.
La costruzione di tale sistema è connessa
alla realizzazione di una vera e propria
anagrafe dei partecipanti alla formazione
a ogni livello, che verranno monitorati,
valutati e certificati nei loro percorsi
formativi in qualità di corsisti
o esperti interni specializzati in
determinate tematiche.
Tale certificazione si baserà
sull’attribuzione di crediti a seguito delle
attività formative svolte, concessi con
sistema univoco, avviando la
sperimentazione di una Banca dati
Filcams, con l’inserimento di una serie di
elementi prestabiliti direttamente nel
sistema informatico centrale Cgil, creato
ad hoc per l’attività formativa al fine di
creare un personale libretto formativo.
Il compito di monitorare l’attività
formativa verrà affidato al Dipartimento
nazionale di formazione e ricerca, nato
Loredana Colarusso
Preparato
un piano nazionale
di formazione.
Un progetto
ambizioso
CALENDARIO
Formazione formatori
senior/junior
28-30 marzo; 18-20 aprile;
9-11 maggio 2012
con l’intento a lungo termine di
connettere i due campi e creare
un’interrelazione e un condizionamento
reciproci. Il Dipartimento è costituito
dalla responsabile nazionale della
Formazione, Francesca Mandato,
supportata da alcuni dirigenti della
struttura nazionale.
A cascata verrà poi costituita la Consulta
nazionale formazione, costituita dai
responsabili di formazione regionali, dagli
esperti interni e dai formatori nazionali,
con il compito di monitorare l’attività
e di discutere dei programmi, carpire i
limiti e avanzare proposte.
Questa struttura capillare sottolinea
l’intento della Filcams Cgil di creare una
rete e un sistema che, a partire dalla
struttura nazionale, ramifichi le sue
Formazione formatori migranti
11-13 aprile; 16-18 maggio 2012
Corso quadri studi professionali
19-20 marzo (nord); 3-4 aprile
(centro); 16-17 aprile (sud)
Master Filcams III Edizione
colloqui motivazionali 2-3-4
maggio; giornata motivazionale 28
maggio 2012
Seminari nazionali e corsi diffusi
per quadri e delegati
a partire da ottobre 2012
risorse, capacità e modelli organizzativi,
per rendere la formazione sempre più
diffusa e sviluppata nei territori.
Operativamente sono previsti
una serie di appuntamenti che riguardano
il prossimo biennio 2012-13. Si parte con
la ricostituzione della squadra dei
formatori nazionali, richiesti in numero di
uno per Regione (due nel caso di realtà
più vaste), i quali saranno impegnati per
primi in un corso che fornisca loro gli
strumenti di gestione di aula e
progettazione, per poi organizzare e
avviare corsi base per delegate/i.
Contemporaneamente, ma distinta dalla
prima aula per ragioni di opportunità
numerica, verrà sperimentata
un’esperienza di formazione formatori
migranti, specifica sui temi della tutela del
lavoro migrante, che avrà medesimi scopi
e obiettivi della precedente.
Gli stessi formatori verranno suddivisi
successivamente in micro-equipe che si
specializzeranno in una delle sei
tematiche oggetto di seminari nazionali
destinati principalmente a dirigenti, che
avranno luogo a partire dal prossimo
autunno. Le tematiche fino ad ora
individuate riguardano: Mercato del
lavoro, Bilateralità e welfare contrattuale,
Sicurezza, Lavoratori migranti,
Contrattazione di secondo livello,
Politiche di genere, con ampia possibilità
di modifica o integrazione.
Un corso specifico sul rinnovo del
Contratto studi professionali partirà
dal prossimo mese, destinato
ai funzionari territoriali.
E infine il Master Filcams III edizione.
La categoria ha deciso di investire
ulteriormente nell’alta formazione,
con criteri e modalità che verranno
specificate ulteriormente e che
tenderanno sempre più a far convogliare
nel corso coloro che avranno seguito un
iter formativo di frequentazione
corsi base e avanzati, per arrivare in
ultimo a quello specialistico.
Scorrendo le pagine del Pnf ci si rende
conto di quanto sia ambizioso, soprattutto
nella progettazione delle attività, che si
spinge fino a tutto il 2014.
È però altrettanto netta la sensazione che
non ci si trovi di fronte a un progetto
spot, che nonostante i grandi proclami sia
lasciato a sé stesso e alla buona volontà di
chi si dedica alla formazione sindacale: la
programmazione a lungo termine vuole
proprio offrire certezze ed è l’impegno
che la categoria si pone nei confronti
delle strutture, dei dirigenti e soprattutto
delle lavoratrici e dei lavoratori. •
R. M.
DALLA PRIMA
Rassegna Sindacale
Che sia domenica davvero
maggiormente la salute,
la sicurezza e la dignità di
tutti e dovrebbero
promuovere con più decisione la
riconciliazione della vita professionale
con quella famigliare.
La Filcams Cgil, insieme a Fisascat Cisl
e Uiltucs Uil, ha aderito alla giornata,
dando mandato alle strutture regionali
e territoriali di dare vita unitariamente
a qualsiasi attività o evento.
Una battaglia che i sindacati del
commercio portano avanti già da un
po’ di tempo: contrastare la totale
liberalizzazione degli orari e delle
aperture domenicali e festive nel
commercio. E l’introduzione da parte
del governo Monti di un
provvedimento in favore delle
aperture ha totalmente aggravato lo
scenario. Se prima infatti le
organizzazioni regionali e territoriali
cercavano di pianificare e
programmare le aperture con le
istituzioni e le parti datoriali locali,
l’art.31 del decreto Salva Italia che
Settimanale della Cgil
permette il “sempre aperto”
ha dato il via ad un fenomeno di
deregulation autorizzato.
“La domenica non ha prezzo. Il tempo
libero è prezioso per tutti anche per i
lavoratori e le lavoratrici del
commercio” è il messaggio lanciato
dalla campagna di comunicazione che
sarà diffusa a livello nazionale.
Mentre in un volantino distribuito i
tutti i punti vendita e centri
commerciali, le lavoratrici e i
lavoratori del commercio invitano i
consumatori a non fare acquisti
sabato 4 marzo: “Il tempo è prezioso,
il tempo libero ancora di più
(visto che ne abbiamo sempre meno):
una sua equa gestione diventa
essenziale per il nostro benessere
e quello di tutti.
Oggi non fare shopping! Libera
dal lavoro le domeniche.”
Vengono chieste regole certe, che
rispettino le esigenze dei cittadini
consumatori, ma anche i diritti dei
dipendenti, per la maggior parte
donne, con forti difficoltà a trovare
tempi e modi per conciliare
concretamente vita privata e lavoro.
Le liberalizzazioni non creano nuovi
posti di lavoro, ma esauriscono
chi già c’è con turni pesanti e
richieste eccessive di flessibilità.
Purtroppo in questi giorni
in questi giorni si susseguono i
pronunciamenti dei Tribunali regionali
amministrativi che nella maggiora
parte dei casi, deliberano in favore
delle aperture senza limiti.
Solo il Tar di Trento, regione a Statuto
speciale, ha dato il suo parere
negativo al ricorso di alcuni marchi
della grande distribuzione.
La lotta continua, sui territori, nelle
città e a livello nazionale, una
battaglia che vuole rendere giustizia ai
tanti dipendenti del settore e il 4
marzo è solo uno dei primi passi per
dare slancio e visibilità alla lotta.
Un problema così vicino
alla gente e così poco considerato
dall’opinione pubblica.•
Direttore responsabile Paolo Serventi Longhi
Grafica e impaginazione Massimiliano Acerra
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LA CAMPAGNA
|
C
TESSERAMENTO
Primo, il lavoro
Daria Banchieri
I
l tesseramento è un
argomento da molti
considerato noioso ma
basilare per impostare il
lavoro dell’anno da poco
iniziato. A maggior ragione in
questo periodo caratterizzato da
un’insieme di criticità che
investono il mondo del lavoro in
maniera devastante.
Il tesseramento può essere
analizzato da più punti
di vista: quello numerico
e quello politico.
Attraverso l’analisi numerica si
osservano gli andamenti, le
crescite o le decrescite delle
nostre strutture, le risorse
economiche che ne derivano, i
settori in cui cresciamo e quelli
in cui soffriamo, le fasce di età
più affezionate e quelle più
lontane dal sindacato, così come
la provenienza delle iscrizioni
(servizi, pratiche di
disoccupazione ecc.).
L’analisi politica ci permette di
approfondire il tema della
rappresentanza, di studiare le
strategie di sviluppo del
tesseramento, i settori su cui
investire, le tipologie di
lavoratori su cui concentrare
azioni mirate.
Questo tipo di elaborazione,
indispensabile per la costruzione
quotidiana dell’attività sindacale,
ha il suo punto debole nella fase
iniziale: la raccolta dei dati.
Se il problema è genericamente
La precarietà non paga
La flessibilità “spreme” inutilmente
diffuso in tutte le categorie della
Cgil, sicuramente per la Filcams
è aggravato dalla composizione
stessa degli iscritti. La precarietà
tipica di molti dei settori che la
Filcams rappresenta, unita alla
frammentazione delle realtà
aziendali, fa sì che il turn over, se
così si può chiamare, degli iscritti
sia elevatissimo. Ogni anno
infatti si stima che circa il 35%
degli iscritti siano nuovi.
La difficoltà è evidente se si
considera che a oggi la categoria
nazionale non è ancora in
possesso del dato definitivo
degIi iscritti del 2011, in quanto
molti territori non li hanno
ancora inviati. Questo ritardo,
che ogni anno si ripete,
comporta ovvie difficoltà di
elaborazione delle strategie e dei
programmi di lavoro, compresi
anche i progetti territoriali
finanziati dal nazionale.
Nel corso degli anni la
confederazione ha messo a
punto un programma
informatico per la gestione delle
banche dati degli iscritti e delle
pratiche svolte dal sistema
servizi che, oltre a dare la
possibilità di raccogliere molti
dati importanti sugli inscritti,
mette in relazione la banca dati
degli iscritti con quelle dei sevizi.
Questo supporto informatico,
introdotto ormai da anni, sembra
essere per alcune realtà di
difficile applicazione tanto che
nonostante la chiara indicazione
del segretario organizzativo della
Cgil, Panini, molte strutture
ancora non lo usano, creando un
danno notevole rispetto alla
raccolta dei dati.
“Questo problema – afferma
Andrea Righi, segretario
organizzativo della Filcams
nazionale – dovrà trovare una
soluzione rapida non solo per
risolvere le questioni operative
interne, ma a maggior ragione
rispetto alla prospettiva di cui si
è più volte parlato di arrivare alla
certificazione degli iscritti.
L’accordo sulla rappresentatività
– prosegue Righi – mette al
centro il tema della trasparenza
e rende indispensabile
l’utilizzo di un sistema
omogeneo e condiviso.”
Oltre al dato numerico è
fondamentale anche
l’omogeneità dei dati raccolti per
la realizzazione di analisi e
statistiche attendibili su cui
impostare riflessioni politiche e
contrattuali oltre che strategia
di crescita.
Da una prima analisi dei dati
parziali raccolti dalla Filcams
nazionale appare chiaro che la
crescita che anche quest’anno
caratterizza la categoria è legata
alla crisi e alla precarietà dei
nostri settori, come dimostrano
le tante iscrizioni derivanti dalle
pratiche di disoccupazione.
Secondo Righi questa riflessione
rilancia più forte che mai il tema
di come il nostro paese possa
tornare a crescere creando
nuova occupazione e quello del
mercato del lavoro su cui in
questi giorni il governo si sta
confrontando con i sindacati.
La Filcams nazionale ha lanciato
una campagna di comunicazione
sul tesseramento che si
concentrerà nella settimana dal
27 febbraio al 4 marzo. Video,
manifesti, comunicati radio
dovranno “infestare” i siti della
Cgil, i luoghi di lavoro e tutti gli
spazi che i territori riusciranno a
occupare. Il messaggio che si
vuole diffondere è chiaro:
ripartiamo dal lavoro! Questa è la
leva su cui concentrare tutte le
nostre forze per riattivare un
paese sull’orlo del baratro.
CONTAMINAZIONI | INTERNET
l mondo dei blog (o la blogosfera per
alcuni) ha prodotto in questi anni forme
anche interessanti di letteratura, di
contaminazione fra social network e
informazione tradizionale e ha creato
tendenze e personaggi ormai noti anche al
grande pubblico televisivo.
Il termine blogger è spesso usato come
sottopancia televisivo per collocare
opinionisti in grado di esternare più o meno
su ogni argomento dello scibile umano.
Ormai esistono blog di tutti i tipi, per le
mamme, per gli attivisti politici, per i fotografi
e per le cuoche, per le giardiniere e per i
tifosi, blog di giornalisti, cantanti,
attori e personaggi strani.
Alla ricerca di uno stimolo che potesse dare
indizi su come la blogosfera sta vivendo il
tema delle liberalizzazioni nel commercio, è
spuntato fuori un blog intitolato “Shops and
the city” dedicato al mondo dei negozi di
abbigliamento, curato da una ragazza, Valeria
Volponi, che si definisce “scrittrice,
viaggiatrice e shop-addicted”.
Uno dei suoi post è dedicato alle commesse
di Zara, e alla “customer insatisfaction” che
l’autrice ha sperimentato in una delle visite al
negozio di Corso Buenos Aires a Milano.
Era l’ora di pranzo e a detta di Valeria Volponi,
il negozio era poco presidiato (solo due
commesse, una in cassa e una alla vendita).
Avendo bisogno di assistenza, l’autrice si
rivolge alla cassiera, che le risponde (cit
testuale) “con fare scazzato”.
Poi racconta un paio di situazioni, sempre
descritte con espressioni colorite come:
“La cassiera alza gli occhi al cielo, si volta e
comincia ad aprire e chiudere
rumorosamente gli armadi alle sue spalle.
[…]. Nel frattempo, alle mie spalle, qualcuno
rumoreggia ad alta voce: “Scusate, ma io
devo rientrare in ufficio, non potete aprire
un’altra cassa?”. La cassiera risponde:
“andate al reparto bambino” e inizia a
I
Scusate il disturbo...
punto vendita in poche, con il carico di lavoro
che aumenta senza fine e con la prospettiva
di lavorare sempre, tutti i giorni e a tutte le
ore, per garantire pause pranzo gradevoli ai
cosiddetti “shop addicted” che magari
lavorano in un posto che la domenica è
chiuso e che permette di pranzare e cenare
in un orario decente, e che per soddisfare la
loro voglia compulsiva di acquisti sono
disposti a dimenticare che chi li assiste
dentro a un negozio è una persona, non un
dispositivo automatico.
BLOG
http://shopsandthecity.blogosfere.it
C
chiamare con l’interfono un sostegno. Arriva
una collega e lei comincia a raccontarle:
“Senti, io oggi non ce la faccio. Sono qui sino
a stasera alle sette e ho avuto solo problemi.
Prima una signora che doveva cambiare una
cosa, poi quella che sbraita perchè è in fila,
adesso questo che dice che non c’è la
cintura”. E l’altra cassiera: “Guardi, non
possiamo aiutarla, chieda al reparto bambino
se hanno una cintura che avanza da qualche
parte”. Mi fa cenno con la mano di avanzare
e comincia a battere le mie cose. E la
conversazione prosegue: “Cioè comunque
qui diamo i numeri, quello fa i cavoli suoi, io
sono qui a morire, ma ti pare possibile” “No,
guarda è allucinante”...senza neanche
guardarmi mi porge sacchetto e scontrino. E
fa di nuovo cenno al cliente successivo
agitando la mano in modo seccato...Poveri
noi. E scusate il disturbo.
Dispiace constatare che il “poveri noi” non
includa le commesse di Zara.
Che forse non sono maleducate o scortesi,
ma semplicemente stanche.
Forse precarie, forse costrette a gestire un
on ci sentiamo anacronistici,
conservatori o patetici a sostenere le
ragioni di una battaglia ormai culturale e di
civiltà. Anzi, siamo convinti che i meccanismi
sociologici che si instaurano fra cliente e
commessa abbiano una portata più ampia,
che vale la pena rievocare e introdurre in
questa discussione. Non sono concetti nuovi,
li ha ben descritti nel 2002 Renato Curcio, nel
suo studio intitolato “L’Azienda Totale” dove
si evoca il “potere
disciplinare del
cliente”, messo in
condizione di
esercitare un potere
sanzionatorio nei
N
R. Curcio (a cura di):
L’Azienda Totale,
Casa ed. Sensibili
alle foglie 2002,
Il Dominio Flessibile,
Casa ed. Sensibili
alle foglie 2003
La precarietà non paga, la
flessibilità spreme i lavoratori
senza portare valore aggiunto
alle aziende. La Filcams si fa
portavoce di questi messaggi e si
pone l’obiettivo di rappresentare
l’intera platea di lavoratori,
giovani e non, donne e uomini,
precari e stabili, perché solo
ricreando il senso della
collettività e rimettendo il lavoro
al centro di ogni confronto si
può sperare di fare passi avanti.
Questa sarà pero solo una delle
campagne sul tesseramento che
la Filcams nazionale insieme a
tutte le sue strutture metterà in
campo nel corso di quest’anno.
In programma infatti ci sono
altre campagne mirate che,
sempre utilizzando come
strumento principale la
comunicazione ma non solo,
verranno lanciate su temi e
settori specifici. L’obiettivo è
quello di utilizzare messaggi
diversi per tipologie di lavoratori
diversi in modo da essere più
efficaci e più vicini alle persone.
Alla comunicazione verranno
affiancati progetti territoriali che
avranno obiettivi ben precisi e
bilanci finali per verificarne
il risultato. •
C
confronti dei lavoratori, merce fra le merci e
assolutamente subalterni al suo volere, così
come il mito dell’azienda totale prevede.
Il cliente, dal canto suo, come sotto effetto di
una sospensione temporanea della
razionalità, all’ingresso del negozio
sprofonda in una dimensione in cui
lavoratore e merce si confondono.
Non sempre si ha la capacità o la possibilità
di filtrare la realtà con strumenti obbiettivi.
Tuttavia non sempre il cliente si trasforma da
Dottor Jekyll in Mister Hyde, sarebbe
ingeneroso verso quanti invece hanno
dimostrato e stanno dimostrando sensibilità
verso le ragioni della nostra lotta.
È interessante però riflettere su quanto si
stiano trasformando in non-luoghi i templi del
commercio, i santuari della merce che ormai
circondano e affollano le nostre città.
Ed è interessante rileggere oggi, a 10 anni di
distanza, gli studi sull’azienda totale di
Curcio: pur con qualche elemento
che li rende datati, sono da un certo
punto di vista profetici.
Il potere disciplinare del cliente infatti si è
trasformato in un coro collettivo, fatto da
giornalisti, politici, pensatori a vario titolo, che
invece di sanzionare come in passato la
commessa segnalandola al direttore del
negozio, usano i mezzi dell’informazione, del
dibattito televisivo, dell’editoriale e della
provocazione populista, costruendo un tam
tam mediatico che, nel ribadire milioni
di volte lo stesso concetto, convince molti
della sua bontà. E alla fine chissà se ci
sentiremo come il lavoratore intervistato
ne “L’Azienda Totale”che raccontava:
“Io stesso sono stato più volte colto dal
dubbio che l’alieno fossi io in un mondo di
sani, quando molto più spesso ero forse
l’unico sano in un mondo di alieni”.•
Giuliana Mesina
20
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Febbraio 2012 - Filcams Cgil