● ● ● BOLLETTINO N° 11 MESE DI APRILE 2011 ARTICOLI CONTENUTI: MANUS COGITANS ● LA FILOSOFIA DELLE PICCOLE COSE I SAPERI DELLA MANO E DELLA BOCCA VISIBILI CONCETTI DAI DIAMANTI NON NASCE NIENTE, DAL LETAME NASCONO I FIOR ● CONSIDERAZIONI SULLA MOSTRA ''SOGNO, IL MIO CORPO VOLA'' ● LEIBNIZ E IL SISTEMA BINARIO: LEZIONE di MATEMATICA ● ● ● .-.-.-.-.-.-.-.-.-.-.-.-.-.-.-. ● MANUS COGITANS : LA FILOSOFIA DELLE COSE '' Consideri ognuno quanto valore, quanto significato è racchiuso anche nelle piu' piccole nostre abitudini quotidiane, nei cento oggetti nostri che il piu' umile mendicante possiede. Un fazzoletto, una vecchia lettera, la fotografia di una persona cara. Queste cose sono parte di noi, quasi come membra del nostro corpo; né è pensabile di venirne privati , nel nostro mondo, ché subito ne ritroveremmo altri a sostituire i vecchi, altri oggetti che sono nostri in quanto custodi e suscitatori di memorie nostre''. Da 'Se questo è un uomo', di Primo Levi Fare cose colle cose; mescolare cose ai concetti; fluidificare austere nozioni con esplicative analogie cosali; rovistare nell'identità degli oggetti, per asportarne significati primitivi e inusitati e per depositarvi, nel contempo, acrobatiche accezioni; deformare categorie e ammaccare dottrine, per trapiantarle, poi, nella duttile ospitalità delle cose; le quali cose, ora trasmutate ed evolute, proferiscono -- alle cognizioni -- esclusiva visibilità e comprensibilità meno impervia I concetti si possono toccare, possedere, prendere e com-prendere; attorno alle spazialità tridimensionali, i saperi disciplinari sembrano ammorbidire gli ingranaggi linguistici e i sofistici impianti, senza, tuttavia, rendere anemiche le informazioni; al contrario, rinvigorendole agli sguardi curiosi e agli interessi insospettati. Quante cose possono fare le cose! Le cose, nel Laboratorio Montessori -- oggetti in disuso, contenitori, abiti dismessi, vetro, stoffa, legno, carta, ferro, lana, ceramica, sassi, semi, pastelli --, confluiscono in un' alchemica officina; vengono amalgamate cogli elementi informativi e ricomposte in ' aggregazioni molecolari ', per raggiungere 'cambiamenti di stato' . Nel Laboratorio, le cose sono fuse, condensate, mutate nella loro prospettiva: le azioni degli studenti -- su di esse -- schiudono a un tipo di apprendimento che lega le teorie possedute al compimento di azioni effettive, in qualche dominio particolare. Pertanto, l'imparare mette in moto l'agire e l'agire mette in moto l'imparare; l'intelligenza di ognuno si fa nella possibilità di accedere ad azioni condivise, a una federazione del saper fare, costituita sia da errori, incompetenze, ipotesi, sfaldamenti, imprevisti e incertezze; sia da sorprese, da ipotesi originali e dall'applicazione di saperi pregressi; ciò dà l'avvio a nuovi comportamenti e coordinazioni mentali, a una maggiore duttilità del pensiero, in un rassicurante sfondo emotivo e relazionale. Inoltre, le cose, in laboratorio -- soprattutto quelle dismesse e accantonate --, vengono ecologicamente salvate, restituite a una seconda vita e riconsiderate in forme culturali, evolvendo verso l'etica e l'estetica. Desideriamo, questa volta, riflettere sul senso delle cose, secondo diverse direttrici complementari: -- secondo lo sguardo filosofico (La filosofia delle piccole cose- I saperi della mano e della bocca) -- nell'accezione della didattica inclusiva: creare competenze e 'saper fare' (Visibili concetti) -- nella valutazione intorno all'uso ecologico ed estetico delle cose ( 'Dai diamanti non nasce niente, dal letame nascono i fior') Le considerazioni provengono dalle letture svolte dagli studenti del Laboratorio Montessori e dal contributo di una gradita ospite, Manuela Sarzana, la quale recupera -- in modo creativo -materiali semplici, con spirito salvifico, rispetto alla salute del Pianeta, e secondo logiche alternative al consumo delle cose. ● LA FILOSOFIA DELLE PICCOLE COSE Abbiamo arricchito le nostre conoscenze con l'interessante lettura di un libro scritto dalla filosofa Francesca Rigotti (docente di Diritto e Istituzioni politiche all'università di Lugano), dal titolo ''La filosofia delle piccole cose''. Le cose, per la scrittrice, sono evidenti metafore dell'esistenza, non solo semplici oggetti d'uso, non silenziosi e neutrali arnesi che accompagnano la nostra vita. Nelle cose si deposita la nostra storia, il nostro tempo triste o felice: prova ne è quando dobbiamo separarci dagli oggetti, quando essi si rompono o si deteriorano, o quando abbiamo premura di preservarli (anche quelli di minor valore). Le cose possono essere toccate, annusate, ascoltate, guardate, rivalutate metaforicamente. Un ferro da stiro, per esempio, non è solo il semplice ferro da stiro, un anonimo oggetto che serve solo per stirare gli abiti. Il ferro da stiro, se osservato filosoficamente, va oltre il semplice ferro da stiro: ''andare dentro le cose e non fermarci alle apparenze'' è l'invito che ci rivolge la filosofia. Nel nostro caso, il ferro da stiro, 'metaforicamente', spiana le pieghe e rende il tutto uniforme: un po' come fa la nostra ragione, quando dispone i problemi, quando riflette, quando dà un senso e quando interpreta una serie di piccoli questioni. Inoltre, quante emozioni conserva il ferro da stiro: ha stirato il nostro grembiulino della scuola elementare, il vestito indossato durante l'incontro col nostro primo amore; il ferro da stiro ha ordinato il nostro modo di essere; ha raccolto, in modo riservato, tutte le riflessioni svolte mentre si stirava; quando lo guardiamo inattivo, posto su uno scaffale della credenza, siamo sicuri che i nostri pensieri più intimi sono lì dentro custoditi. Ovviamente, tutto il rapporto tra noi e questo oggetto è inconscio; e diventa conscio quando l'oggetto magari si rompe e dobbiamo cambiarlo: allora diciamo, senza pudore, “mi ero tanto affezionata”, e, magari, prima di buttarlo via, lo teniamo ancora per un po', come se dovesse cedere il passo lentamente al nuovo. Avviene così con le forbici: quante cose hanno tagliato e rifinito; un po' come si tagliano i fatti della vita, si rifiniscono i rapporti; tagliare è rompere, modificare, sistemare. La brocca, la scopa, il sapone da bucato, la matita, un biglietto del cinema, un tappo dello spumante, e così via: è come se gli oggetti ci spronassero a riflettere sulla vita che abbiamo depositato su di essi; come se le cose avessero, in nostra compagnia, assunto dignità simile a quella del pensiero. L'autrice ci fa notare, al tempo stesso, che le cose da lei considerate sono, per lo più, oggetti usati dal mondo femminile, nel suo ruolo domestico. In questo senso, la donna è colei che maggiormente coltiva l'interiorità, proprio perché ha storicamente e tradizionalmente occasione di usare gli oggetti e, quindi, di non perdere queste possibilità di filosofare. Quanto, allora, è costretto a perdere chi non usa gli oggetti, chi si ritiene superiore ai semplici lavori femminili; la possibilità di filosofare nasce così dal basso, dalle azioni ritenute di lieve profilo, dal manipolare le cose del mondo, dal fare colle mani. In un suo successivo libro, dal titolo '' Partorire con il corpo e con le mente'' , l'autrice attribuisce alle donne la possibilità di essere pensatrici, proprio perché le donne hanno maggiore confidenza con l'aspetto pratico: non solo partoriscono, quindi danno la vita e se ne prendono cura, ma trasmettono, anche, valori e modi di essere. La Rigotti , con le sue riflessioni, ci consente di entrare a fondo nei momenti della vita quotidiana, quella semplice e domestica, che quasi nessuno apprezza. Per filosofare, basta poco, non bisogna andare lontano; basta avere maggiore consapevolezza del mondo che sta vicino a noi. Noi riteniamo che anche i bambini possano essere aiutati a riflettere sulle cose, e non solo a usare le cose. Lo scorso anno scolastico, nel primo anno di studio della Filosofia, nella Biblioteca di Letteratura Giovanile di Trento, abbiamo visitato una sezione dedicata alla filosofia per bambini. Abbiamo compreso come -- per stimolare il pensiero dei piccoli e aiutare questi a porre domande -- gli autori partano sempre dalle cose e dai fatti concreti, dalle semplici cose della vita quotidiana. Anche nel Laboratorio Montessori, partiamo dalle cose semplici, per arrivare, poi, a quelle più complesse; partiamo con lo scomporre e il ricostruire le cose, costruendo simboli, per giungere,infine, alla ricostruzione cooperativa dei saperi e dei concetti. La lettura del libro della Rigotti ci ha permesso di legare concettualmente vari aspetti: le tematiche filosofiche, la riflessione sul mondo oggettivo che ci circonda e l'utilizzo degli strumenti che usiamo in Laboratorio. LINDA CONT E classe 4^ bA ● NICOL TAIT I SAPERI DELLA MANO E DELLA BOCCA Il filosofo Carlo Sini, docente di Filosofia all'università di Milano, in questo libretto dal titolo '' I saperi della mano e della bocca'' (sintesi di una sua lezione magistrale, al Festival della filosofia di Modena) parla dell'evoluzione dell'uomo, dall'acquisizione della postura eretta, allo sviluppo dell'alluce e del pollice (opponibile e integrante la capacità della parola). Egli parte col considerare l'opera, di Nietzsche, 'Umano, troppo umano', in cui l'autore sostiene che non esistono verità assolute, ma che tutto è divenuto ed è in divenire; la conoscenza è una relazione con noi stessi e con il mondo, poiché conoscere significa rapportarsi con il divenire del mondo e di noi stessi. Cita, inoltre, un pensiero del filosofo Merleau-Ponty, in cui si dice: “Io non ho che il mio corpo per andare al centro delle cose”. Sini, quindi , si chiede cosa sia il corpo in relazione alle cose. Il corpo è un risultato e l'io è il risultato del corpo; l'io viene dopo il corpo, un corpo che ha già in sé alcune risposte vitali e un orientamento. Il corpo si è evoluto nel tempo e con esso tutta la società umana. Accogliendo la teoria evoluzionistica, che afferma che, 5 o 6 milioni di anni fa, ci sarebbe stata la separazione tra ominidi e primati, Sini sostiene che questa differenziazione sia stata determinata dalla progressiva acquisizione della postura eretta da parte degli antichi progenitori dell'umanità. Reperti archeologici risalenti a tre milioni e mezzo di anni fa mostrano una posizione dell'alluce che comincia a conferire al piede dell'ominide la forma di un piede umano: ciò avrebbe consentito al primate di ergersi su due arti, permettendogli di uscire dalla foresta e di vivere nella savana. Dal momento in cui questo ominide acquisisce la postura eretta, si hanno numerosi effetti: le sue mani possono compiere funzioni che prima erano riservate alla bocca; egli comincia a fare esperienza di un mondo che prima ignorava; ''realizza l'esistenza del cielo e della morte''; inoltre, impara a seppellire i propri defunti. Tutta la storia dell'umanità potrebbe essere inscritta nella specificità dell'alluce e del pollice opponibile, la quale dà origine all'homo habilis, capace di ricevere, attraverso le mani, informazioni che gli consentono di conoscere il mondo; inoltre, l'ominide diventa in grado di costruire oggetti e strumenti, di smontare e rimontare le cose, di creare cose utili e belle anche dalla umile creta o da un semplice pezzo di legno. Ora, il saper fare, manipolare e creare, attraverso le mani, modifica, nell'uomo, la struttura del pensiero. Inizia, così, l'evoluzione esosomatica dell'uomo, uno sviluppo culturale che procede in parallelo colla trasformazione somatica; il momento più significativo della storia dell'umanità è l'acquisizione del linguaggio: la capacità di riferirsi alle cose create e manipolate, la capacità di nominare le cose. Nel momento in cui l'uomo comincia a parlare, raggiunge un livello di conoscenza superiore, diviene capace di inscrivere nella voce il significato delle cose, passando dal livello del saper fare a quello del saper dire e scrivere. L'evoluzione dell'uomo ha segnato la sua visione del mondo; afferma Nietzsche, a tal proposito, che il difetto dei filosofi consiste nell'ignorare questa evoluzione e nel trarre conclusioni a partire dall'uomo nel presente. Spesso, accade di dimenticare che i saperi della mente sono legati ai saperi della mano; si sostengono tesi che non considerano la processualità dell'evoluzione culturale umana, che come abbiamo visto passa per lo sviluppo delle capacità manuali. Sini si avvia verso la conclusione, affermando che il compito della filosofia è la continua interrogazione: nessuno deve proclamarsi possessore della verità; ma, pur non possedendo la verità, possiamo continuare a parlare di essa, senza giungere mai a posizioni definitive; aggiunge, inoltre, che il filosofare include tutte le parti storicamente determinanti l'umanità, il corpo come la mente. Ho riconsiderato questa lettura anche alla luce di quanto abbiamo appreso e sperimentato in classe, circa la possibilità di far camminare insieme il sapere teorico e quello pratico, di come , cioè, questi due ambiti siano estremamente interconnessi. L'articolo seguente delle mie compagne proseguirà proprio su questo assunto. CLARISSA ZENI classe 4^bA ● VISIBILI CONCETTI La formazione dello studente, per essere maggiormente efficace, secondo noi, deve prevedere, generalmente, un insegnamento costituito da una parte teorica e accompagnato, dov'è possibile, da una parte pratica; teoria e pratica devono essere sapientemente ben intrecciate. Ossia, accanto alla classica lezione cattedratica e frontale, si deve cercare di rendere ''visibili i concetti'', tramite attività grafiche, artistiche e pratiche, per favorire la completa comprensione dei contenuti. Si cattura, così agendo, l'interesse anche di quegli studenti che incontrano maggiori difficoltà o che sono demotivati; e si restituisce loro una maggiore fiducia nell'affrontare il percorso didattico. Inoltre, l'uso di diversi linguaggi e metodi facilita la trasmissione dei concetti disciplinari, rendendo più interessato lo studente, il quale sarà, poi, in grado di portare, su un piano più teorico, i saperi dapprima appresi in forme più visibili e pratiche. Sperimentando la realtà da un punto di vista pratico, si sviluppa un pensiero più creativo ed elastico, senza tuttavia sacrificare l'aspetto scientifico delle discipline. Nei laboratori del Museo di Scienze, ad esempio, abbiamo appreso la geometria delle ellissi manipolando alcuni calici, riempiti di un liquido rosso, che abbiamo, poi, misurato, con l'ellissografo, antico strumento, da noi stessi ricostruito, partendo da materiale povero (titolo della lezione: ''La matematica in un calice''); sempre nel Museo di Scienze Naturali, nel corso di una lezione intitolata ''Sballo al Museo'', alcuni passi di danza flamenca ci hanno aiutato a comprendere la fisica del suono; nel Museo di Arte contemporanea, abbiamo appreso le tecniche di scultura di alcuni artisti del nostro tempo attraverso l'utilizzo di carta, cartone e altri materiali poveri. Secondo noi, queste modalità di formazione risultano più efficaci e affascinanti per gli studenti, proprio perché, ad essere utilizzato, non è solo il linguaggio verbale, ma una serie di altri linguaggi, che stimolano la curiosità e agevolano il percorso di apprendimento dal pratico al teorico. Ricordiamo un aforisma pedagogico di cui condividiamo lo spirito: ''Se ascolto dimentico; se vedo ricordo; se faccio imparo''. Il nostro Liceo sta sperimentato tale tipo di didattica cogli allievi disabili, al Laboratorio Montessori, luogo, questo, dove si sperimentano strategie educative nuove e diverse. Tutti insieme, studenti e docenti, cerchiamo di tradurre le complesse nozioni liceali in forme maggiormente fruibili; con forza, ci ingegniamo a rendere ''visibili i concetti'', a trasferirli in ambiti di più facile assimilazione per tutti, maneggiando oggetti, drammatizzando storie, creando quadri sinottici, esemplificando, con validi disegni, concetti e saperi complessi, ossia, creando simboli, ove rappresentare (come la parola ''simbolo' suggerisce) l'unione dell'ambito teorico e pratico del sapere. Così facendo, tutti possono comprendere tutto (come afferma Comenio); le conoscenze vengono rese adatte ad ogni tipo di intelligenza, favorendo, nel contempo, il potenziamento dell'identità personale di ciascuno e affermando il principio di pari uguaglianza tra gli studenti. Nel Laboratorio, gli studenti normodotati fungono da tutor per gli studenti disabili; quindi, noi dobbiamo essere in grado di portare le conoscenze su un piano più semplice, senza tuttavia infantilizzare o banalizzare i contenuti. Alle volte, oltre che nel Laboratorio, anche in classe sperimentiamo tali didattiche; abbiamo introdotto lo studio del razionalismo cartesiano creando delle figure tridimensionali in cartoncino; abbiamo riassunto il percorso della Filosofia Moderna creando dei disegni esemplificativi (noi studenti stessi ci siamo stupiti della fantasia e delle intuizioni dei nostri compagni); altre volte, abbiamo drammatizzato il pensiero e le vite dei filosofi con semplici burattini costruiti da noi stessi; altre volte, ancora, abbiamo soluzionato parole crociate e rebus filosofici. Questi percorsi d'insegnamento alternativo sono per noi attraenti e divertenti; ci motivano maggiormente allo studio e mettono in moto – in noi -- un pensiero critico, plastico e divergente; inoltre, contribuiscono a infondere, in tutti gli studenti, sentimenti di collaborazione e di rispetto verso i vari tipi di personalità e di intelligenza. VALENTINA SOMMA e VINCENZA GRAZIUSO classe 4^bA ● 'DAI DIAMANTI NON NASCE NIENTE, DAL LETAME NASCONO I FIOR' Partecipo volentieri al vostro interessante progetto, offrendo il mio piccolo contributo, ossia narrando l'esperienza creativa che nutre le mie giornate, mentre mi cimento dalle possibilita' estetiche insospettabili: i rifiuti. Chissà quando e come è nato il primo gioiello: sogniamolo insieme. Forse , in un'epoca antica, qualcuno, un uomo e una donna primitiva, si sarà imbattuto in un enorme mucchi d'ossa, una gigantesca carcassa di dinosauro, un nemico terribile, sul quale la morte aveva finalmente trionfato, come avviene di tutti gli esseri viventi; superando il ribrezzo e l'innata diffidenza, al ricordo di quell'essere vivo che per tante notti aveva terrorizzato la tribù, derubandola dei piccoli e degli uomini adulti per cibarsene, si sarà avvicinato o avvicinata a quel mucchio d'ossa, le avrà soppesate con le mani, avrà notato la forma circolare di alcune di esse ( le vertebre) e le piccole dimensioni di quelle della cosa, e con un movimento spontaneo lui o lei ne avrà indossata una sul braccio, e l'avrà girata e rigirata ammirandola. Uno strano sorriso sarà nato su quel volto primitivo, dagli alti zigomi. Il sorriso stupito di chi ha appena inventato qualcosa. I bracciali-vertebra sono annoverati tra i più antichi ritrovamenti archeologici con valenza estetica, sono i più antichi gioielli che conosciamo. Come avvine l'invenzione di un gioiello? Come mai un oggetto comune o trovato per caso diviene ornamentum , caricandosi di una valenza estetica che prima non aveva? E' necessaria una decontestualizzazione dell'oggetto e una sua nuova ricontestualizzazione con funzione estetica; occorre un occhio che sia in grado di sorprendere il bello ( sorprendendosi a sua volta) in ciò che abitualmente o per convenzione sociale non è ritenuto tale; occorre un occhio primitivo e ingegnoso che gioisca di sperimentare. La mia esperienza di recupero del tetrapack, delle buste dei biscotti, del cartoncino da imballaggio per le creazioni di gioielli è nata qualche anno fa dall'applicazione dell'antica arte giapponese dell'origami, a materiali diversi, dalla carta per origami, a carte vegetali, come la carta di riso, a carta da rilegatoria, come la carta martellata,dalla superficie simile alla pelle, a carte stampate italiane di antica tradizione, come la carta Varese, e perchè no? Agli scarti come il tetrapack e affini. L'idea di usare questi materiali è nata, ancor più precisamente, da una questione di ordine morale. Vivo a Palermo, una città meravigliosa e difficile, una città del Sud Italia dove, come a Napoli, per una precisa volontà politica, ancora non si affronta seriamente il problema dello smaltimento dei rifiuti. Da pochi mesi è stato avviato dal comune il programma di raccolta differenziata dei rifiuti ordinari, e non sappiamo quando e se mai sarà avviato il problema di raccolta differenziata del tetrapack e affini , che è stato avviato, ad oggi, solo da pochissimi comuni italiani. Cosa rende il tetrapack così difficile da riciclare? Sicuramente la sua composizione : è un cartone poli-accoppiato, formato dall'unione di plastica, carta e alluminio, materiali che è necessario separare per poterli riciclare a dovere. Lo stesso dicasi delle buste salva-freschezza dei biscotti, composta da carta alluminio e polietilene, che è un tipo di plastica. La mia esperienza con questi meravigliosi materiali è iniziata, dicevo, da una questione morale: dall'idea che sarebbero finiti in discarica nell'indifferenziato, , semplicemente non ho avuto cuore di buttarli. Occorreva poi trovare una soluzione per questi rifiuti non rifiutati, per queste buste del latte amorosamente ritagliate e lavate che si accumulavano a casa mia ; e così questi rifiuti che mi sono tenuta vicino , piano piano divenuti quasi familiari e amici per la loro prossimità, si sono trovati ad essere riscattati dalla loro identità di rifiuti,un'identità che solo le convenzioni sociali e la visione comune aveva loro attribuito ed hanno cominciato a divenire altro ai miei occhi , sempre alla ricerca di nuovi materiali. Ecco un nuovo materiale da lavoro: il tetrapack , tanto detestato dagli ambientalisti, le buste dei biscotti, il cartoncino rigato. Imballaggio dei grissini; ho applicato le tecniche che avevo già sperimentato con la carta, ossia l'origami e il quilling (arrotolamento) , che ho adoperato per il cartoncino rigato . Sono venute fuori strane cose, sgorbi bisognosi di fiducia e sono stati nutriti con la fiducia. Sono migliorati, i miei amici hanno riso di meno ed hanno cominciato a rivalutarli. Tutta la famiglia ha collaborato alla nascita di queste creature :mio marito con i suoi commenti obiettivi e i suoi incoraggiamenti e mia figlia Matilde di tre anni, che ha testato una collana fatta con le buste del latte, che ho battezzato ''Double face', introducendola clandestinamente nella tasca del suo pigiamino, che è poi finito, com'era suo destino, in lavatrice. Ho avuto un insospettabile e non richiesto collaudo dei miei gioielli all'alta temperatura e alla centrifuga. Hanno retto splendidamente; che materiali resistenti e durevoli...e che peccato sarebbe buttarli! MANUELA SARZANA ( Per le immagini dei gioielli rimando al seguente sito: www.manufactacarta.blogspot.com ) -.-.-.-.-.-.-.-.-.-.-.-.-.-.-.-.-.-.-.-.-.-.-.-.-.-.-.-.-.-.-.-.-.-. ● CONSIDERAZIONI SULLA MOSTRA '' SOGNO, IL MIO CORPO VOLA'' Il pomeriggio dell'undici marzo, come annunciato nel precedente numero del Bollettino, si è inaugurata la mostra collettiva ''Sogno, il mio corpo vola'', alla presenza della Preside del Liceo Rosmini, professoressa Carollo, del signor Bonvecchio, presidente dell'Anmic, del signor Gruber, consigliere dell'associazione stessa, del professor Bonomi e della professoressa Orsingher, del dipartimento di Arte della nostra scuola, i quali hanno illustrato il senso della mostra e il contributo che essa può offrire all'investigazione e alla riflessione intorno al rapporto tra arte e disabilità. A un gruppo di studenti della classe 3^ e 4^ bA è stato affidato il compito di illustrare -agli ospiti convenuti -- il significato e il messaggio delle opere, nonché il profilo degli autori. Sono proprio gli studenti che, qui di seguito, raccontano le emozioni della serata. .-.-.-.-.-.-.-.-. A noi studenti del Laboratorio Montessori è stato proposto di partecipare a questo evento, con l'obiettivo di svelare ai visitatori i contenuti e i messaggi delle opere. Abbiamo ricevuto, preventivamente, il catalogo della mostra dal signor Gruber, dell'ANMIC di Trento. Egli ci ha mandato, inoltre, alcuni scritti degli autori e le considerazioni che una classe delle scuole elementari aveva compiuto visitando una precedente esposizione della mostra, tenutasi sempre in Trentino. Abbiamo così proceduto nel lavoro di preparazione: ognuno di noi ha selezionato a piacere un'opera , secondo la propria sensibilità e collegandola al particolare modo di interiorizzare e cogliere la diversità e il pensiero dell'altro. Abbiamo letto con attenzione il volume donatoci : da questo utile sussidio siamo venuti a conoscenza delle biografie degli artisti, delle caratteristiche specifiche del loro linguaggio artistico, sorprendendoci per la loro fama e al tempo stesso per la loro umiltà. Abbiamo saputo che molti degli autori hanno esposto le loro opere in importanti città europee e qualcuno anche alla Biennale di Venezia. Ci siamo anche stupiti degli scritti dei bambini: il loro animo sincero aveva colto molto bene il messaggio che la mostra intendeva e intende dare. Nei giorni precedenti avevamo studiato, ma quel pomeriggio eravamo particolarmente emozionati: nessuno di noi aveva mai partecipato all'inaugurazione di una mostra d'arte; in un'aula, adiacente alla sala, cercavano di ripetere i concetti appresi e le note biografiche, dandoci coraggio a vicenda. Ci siamo rilassati quando, insieme ai docenti e a qualche battuta di spirito, abbiamo preparato il buffet per gli ospiti, accanto alla sala espositiva. Giungevano, così, i primi visitatori e qualche macchina fotografica incominciava a fotografarci; quindi, toccava a noi. Non è stato semplice riuscire a trovare le parole adatte per trasmettere ai visitatori il profondo significato che ogni autore intendeva comunicare: in quei momenti eravamo noi a parlare dell'interiorità degli artisti , cercando di non tradire il loro messaggio. Abbiamo, quindi, provato ad immedesimarci , offrendo la nostra emotività e lanciandoci in interpretazioni personali. Dalle opere, realizzate con vari linguaggi ( pittura, scultura, cinematografia e fotografia), risultava – per chiunque -- impossibile cogliere la differenza fisica degli autori ; capire, cioè , se gli autori delle opere fossero persone disabili o no: proprio perchè l'arte parla un linguaggio universale. Infatti, dalla presentazione, tenuta dal signor Gruber e dai docenti, abbiamo condiviso come non esiste un'arte per i disabili e una per i normali: l'arte esprime il mistero che è in ogni uomo e il risultato del senso della vita che ognuno ricerca a suo modo e secondo la propria storia e le proprie esperienze. Noi studenti, frequentando le lezioni al Laboratorio Montessori, stiamo a contatto con i ragazzi, i quali sono della nostra stessa età, ma diversi , perchè sono meno fortunati di noi, in alcuni aspetti. Lavorando accanto a loro abbiamo inteso come la parola ''diversità'' sia una parola vuota e ingiusta; abbiamo capito come la 'diversità' sia sinonimo di 'normalità', in quanto l'essere diversi non è un limite alla loro condizione di essere liberi e capaci , secondo forme particolari e uniche. Al termine della giornata, eravamo stanchi per la tensione accumulata; siamo tornati a casa raccontando tutto ai nostri familiari e il giorno seguente anche ai nostri amici. E' stata un'esperienza che ha migliorato il nostro modo di concepire l'altro e speriamo di recarci ad Innsbruck per avere l'unica e irripetibile occasione di vedere la mostra al completo e di conoscere qualche autore di persona. Nei giorni seguenti, ci sono giunti i complimenti della preside, che era presente e che ha ascoltato attentamente i nostri interventi; anche i docenti si sono complimentati con noi e ci hanno invitato a scrivere questo articolo. Qui di seguito, riportiamo le opinioni che alcuni ospiti , di quella sera, hanno gentilmente espresso. ''Il video dell'austriaco Martin Bruck , introduttivo alla mostra , è stato stupefacente per l'intensità, l'originalità e le emozioni che ha saputo trasmettere. Dalle opere esposte non è emersa nessuna differenza tra normalità e disabilità. L'evento ci ha reso maggiormente sensibili e disponibili ad ascoltare l'altro, il quale ,seppur diverso, ci fa capire che la vita è un dono meraviglioso e va vissuta intensamente. Un grazie particolare agli studenti, i quali hanno saputo raccontare, con trasporto, i contenuti e i significati delle opere esposte''. -- Da Grazia Spinelli, insegnante in pensione -'' E' stato bellissimo quel pomeriggio. Mi sono molto emozionato a vedere le mie opere sistemate su un fondo scuro e illustrarle agli ospiti. Ho visto un' interessante e bellissima mostra; e ho avuto anche il piacere di parlare con la professoressa Orsingher e di gustare il buon buffet. -- Da Francesco Ober, del Liceo Rosmini -''Amo molto l'arte; cerco di essere presente agli eventi culturali cittadini e questo è stato veramente un evento singolare, includente varie espressioni artistiche e accompagnato, in modo discreto e incisivo, dagli studenti del Liceo. Mi sono emozionata ascoltando le loro parole e la loro esperienza svolta al Laboratorio''. -- Da Carmen Miele, insegnante di Scuola Media -'' Noto con piacere che le iniziative del Dipartimento di Arte continuano a essere interessanti e continuano a stimolare al riflessione su temi molto importanti''. --Da Giovanna Bove, docente del Liceo Rosmini in pensione -- CHIARA ZENDRON, ANTONELLA D'ACUNTO ROSSELLA FILIPPI .-.-.-.-.-.-.-.-.-.-.-.-.-.-.-.-.-. Classe 4^ BA E ● LEIBNIZ E IL SITEMA BINARIO: LEZIONE di MATEMATICA