Non è possibile curare la morte, ma è possibile prendersi cura del dolore che resta
Morte perinatale: quello che ancora si può fare e quello che è
importante sapere dalla diagnosi alla dimissione.
Questo articolo è pensato per chiunque abbia appena perso un figlio durante la gravidanza o
dopo la nascita: contiene alcune informazioni importanti sul lutto, e sulle cose da sapere in quei
difficili, confusi e dolorosi momenti passati in ospedale, dopo che ti è stata comunicata la morte del
tuo bambino (in utero, durante il parto o dopo la nascita).
Le informazioni contenute in questo articolo sono frutto di centinaia di esperienze di altri
genitori come te, e di decine di studi che abbiamo svolto in questi anni, insieme a genitori, medici,
psicologi ed ostetriche.
Tutte le cose menzionate sono risultate utili, importanti e significative per la maggior parte dei
genitori della nostra associazione (quasi duemila famiglie) e sono del tutto sovrapponibili alle
esigenze dei genitori in lutto di tutto il mondo.
Ogni passo menzionato nell’elenco è perfettamente lecito e può essere fatto in ogni ospedale:
sarebbe opportuno che tu potessi chiedere chiarimenti e sostegno al personale che ti assiste. In caso
di necessità, contattaci per mail o per telefono, uno dei nostri operatori potrà esserti d’aiuto.
La diagnosi di morte
La morte dei nostri bambini è un evento drammatico e difficile da affrontare: in pochi istanti tutto
cambia, e ci troviamo costretti a prendere tante decisioni impreviste e sofferte.
Appena ti hanno comunicato la notizia mille emozioni potrebbero esserti passate per la testa:
incredulità, confusione, paura, rabbia, dolore, sia fisico che psicologico (tante mamme raccontano
di avere sentito come un macigno schiacciare loro il petto, o come un coltello nel cuore).
Molti genitori si sentono in colpa nei confronti del bambino: potresti pensare di non essere
riuscito a proteggerlo, di non esserti accorto in tempo di cosa stava accadendo, e/o di avere
commesso qualche errore che ha causato la sua morte. Tutte queste emozioni, o anche la totale
incapacità di provare qualcosa oltre ai mille perchè senza risposta, sono una parte normale del
trauma psicologico correlato al lutto perinatale. E’ molto importante riconoscere queste emozioni
come parte del percorso, perchè nonostante il dolore sono ancora molte le cose importanti da
sapere, da discutere, e da fare quando muore un bambino, e ogni genitore dovrebbe poter prendere
tutte le decisioni necessarie in questo difficile momento.
Associazione CiaoLapo Onlus
Presidente: dott.ssa Claudia Ravaldi
CF: 92070250482
Via Molino di Filettole 8 59100 Prato
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Non è possibile curare la morte, ma è possibile prendersi cura del dolore che resta
Dopo la diagnosi
Se ti hanno diagnosticato la morte del tuo bambino, a qualsiasi epoca gestazionale, o dopo la
nascita, e sei sola/solo (talvolta le cattive notizie vengono date ai papà, in assenza della mamma),
chiedi subito di poter chiamare qualcuno che può darti conforto in un momento così difficile.
Che sia un parente o un amico, ha poca importanza, l’essenziale è che voi genitori non siate lasciati
soli a fronteggiare questo difficile momento.
Se siete andati all’ospedale per un controllo di routine ed avete portato con voi gli altri figli, è
possibile accordarsi con il personale per tornare a casa (in assenza di situazioni acute e gravi,
come ad esempio il distacco di placenta o un’infezione, o la preeclampsia), accompagnare i bambini
in un luogo sicuro, e magari prendere con voi la cartella della gravidanza e tutte le informazioni
necessarie.
In assenza di necessità imminenti, valutabili con un prelievo di sangue, un’ecografia e una visita,
voi genitori potete decidere di passare la notte a casa, se lo desiderate, e recarvi in ospedale il
mattino seguente. Così come potreste decidere di partorire in un altro ospedale rispetto a dove vi è
stata fatta diagnosi. Prendete tempo per valutare cosa è meglio per voi.
Il ricovero
Quando il bambino muore prima della nascita, e non per patologie acute che compromettono la
salute della mamma (distacco di placenta, gestosi), i genitori e lo staff possono decidere il modo
migliore per programmare la “nascita” del bambino.
La stanza di degenza
Per ragioni amministrative le madri sono quasi sempre ricoverate in ostetricia, solo talvolta in
ginecologia, lontano dalle altre puerpere, a seconda della disponibilità dell’ospedale. La presenza di
altre mamme, con i loro bambini vivi può essere davvero penosa per le mamme in lutto, e sarebbe
opportuno trovare la soluzione migliore possibile per venire incontro a questo problema. Se non è
possibile uscire dall’ostetricia, è sempre consigliabile avere una camera con pochi letti, ed è
opportuno che il reparto si attivi per trovare il posto letto più riparato e protetto del reparto. La
degenza prevista è solitamente di un giorno e mezzo- due per i parti normali, di tre quattro giorni
dopo un parto cesareo, in assenza di complicazioni.
Poter avere uno spazio adeguato alle vostre esigenze è molto importante. Potete chiedere e ottenere
di far restare qualcuno con la mamma, se la mamma lo desidera, per tutta la durata della
degenza. In alcuni ospedali predispongono una camera in reparti attigui, dove disponibile. Parlate
con l’ostetrica e il medico per capire cosa è meglio per voi.
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Quale parto?
Se il bambino è morto nel primo trimestre di gravidanza, i genitori e i medici possono decidere di
attendere qualche giorno e provare ad evitare la procedura di raschiamento: discuti col ginecologo
di cosa è meglio per te, sia fisicamente che psicologicamente, prima di prendere una decisione.
Se il bambino è morto dalla sedicesima settimana di gravidanza in poi, solitamente si procede
all’induzione del parto spontaneo.
Il parto di un bambino morto sembra una crudele beffa, ed è sempre una decisione molto critica da
affrontare. Tuttavia, rispetto ad interventi di altro tipo, come il cesareo, il parto naturale quando
possibile (escluse le situazioni di emergenza dette in precedenza) ha migliori garanzie per la
salute della mamma, permette un miglior recupero psicofisico, e, attraverso la produzione di
specifici ormoni, permette una maggiore reazione di “distacco” dalla gravidanza stessa (come se
chiudesse idealmente il cerchio di quella gravidanza, in un modo il più fisiologico possibile).
Potete decidere i tempi e i modi del parto parlandone coi medici e con le ostetriche, in modo da
stabilire cosa è meglio per voi. Per la mamma, specialmente se alle prese con la prima gravidanza, è
molto importante trascorrere le ore di questo travaglio con una persona fidata accanto
(marito, mamma, sorella, amica), in modo da poter affrontare questa esperienza, struggente e
preziosa insieme, nel miglior modo possibile. La maggior parte delle mamme riferiscono che la
scelta del parto naturale si è rivelata vincente perché ha permesso loro di “fare qualcosa di
concreto”, “un gesto da mamma”, per i loro bambini, e riportano una grande soddisfazione
nell’essere state presenti e vigili durante tutte le fasi.
L’analgesia epidurale
Le linee guida italiane sulla morte in utero stabiliscono l’indicazione all’analgesia durante il
travaglio e il parto, per cui potete chiedere, se lo desiderate, l’analgesia epidurale. Tenete
presente che il dolore per la morte del bambino molto spesso si traduce in dolore fisico, ed alcune
donne hanno sentito un profondo e sordo dolore nonostante l’epidurale. In ogni caso, anche in base
alla vostra storia personale, di gravidanze e parti, potete scegliere cosa è meglio per voi.
Potreste sentirvi molto in ansia e molto spaventati per questa esperienza così lontana da quanto era
stato previsto e sognato: potrebbero proporvi dei farmaci tranquillanti, soprattutto dopo il parto.
Discutetene approfonditamente anche in relazione a come vi sentite: è normale sentirsi
confusi/disperati/impauriti/tristi, e vivere questi momenti in piena presenza mentale e con il
supporto dei vostri cari e dello staff può essere una grande opportunità per la vostra elaborazione
del lutto. La sedazione, lieve o profonda, è in genere sconsigliata, a meno che non ci siano
precise indicazioni cliniche (attacchi di panico, storia di precedente patologia psichiatrica etc).
Potete richiedere un colloquio con uno specialista e discutere con lui di cosa è meglio per voi.
Dove iniziare e portare a termine il travaglio
Potete accordarvi con l’ostetrica e il medico di fare il travaglio in camera (se siete in una camera
protetta o singola), per evitare la compresenza e la vicinanza con altre donne in travaglio. Se questo
non è possibile, potete chiedere allo staff di sistemarvi in una sala travaglio lontana dalla sala
parto, in modo da rimanere più tranquille possibile. Il travaglio indotto o spontaneo ha una durata
variabile, è dunque opportuno che l’ambiente in cui vi trovate sia adatto a questa fase così
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particolare. Accordatevi con le ostetriche in caso di esigenze particolari o particolari desideri
relativi al travaglio, o al momento del parto. Il fatto che il vostro bambino non sia più in vita non
significa che si meriti minori accortezze, così come non significa che il vostro parto sia un
momento meno intenso e ricco di significati del parto di un bambino vivo. Nell’esperienza di
numerose mamme dell’associazione, un buon supporto da parte dello staff, e una buona vicinanza di
coppia, o tra la madre e il suo accompagnatore, ha permesso un buon travaglio e un’esperienza di
parto sovrapponibile ai parti normali. E anche l’incontro col bambino, di conseguenza, è stato
importante e prezioso.
Il parto
Al parto è possibile e consigliabile che sia presente il papà, o un parente stretto della donna, o
un’amica, se la mamma lo desidera; solitamente c’è tutto il tempo per prendere accordi, trovare una
propria vicinanza con l’ostetrica e discutere con lei delle cose da fare dopo la nascita del bambino.
La nascita di un bambino che non piange, è un momento carico di dolore, per i genitori, e spesso
anche per il personale ospedaliero. Queste piccole vite lasciano una grande impronta, e noi genitori
non dimenticheremo mai il loro passaggio. E’ per questo motivo che può essere di grande
importanza “celebrare” questo passaggio in modo opportuno, senza paure o falsi pregiudizi.
Dopo il parto… il bambino
E’ importante prendere il tempo per leggere queste poche righe e riflettere insieme su cosa è meglio
per la vostra coppia. Talvolta i genitori per proteggersi l’un l’altro, pur avendo idee completamente
opposte tra loro, tendono a decidere in automatico e tentano di imporre all’altro la propria
decisione, senza riflettere su cosa è veramente importante per loro.
Sarebbe opportuno parlare tra voi in coppia, o con altri parenti, o con altri genitori in lutto, per fare
chiarezza sulle vostre reali necessità.
Il dopo parto è uno dei momenti più importanti e preziosi, e molti genitori a distanza di anni
hanno molti rimpianti per non aver potuto/voluto fare alcuni piccoli gesti per conoscere e
salutare il loro bambino.
Nulla è obbligatorio per nessuno, quindi non abbiate paura di prendere la vostra decisione, in
un senso o nell’altro, ma discutetene prima insieme, a più riprese e per qualche ora, per evitare
altro dolore in un secondo momento. Nell’esperienza di altri genitori che hanno affrontato come voi
oggi, parti prematuri, morti in utero, interruzioni terapeutiche di gravidanza, o morti intraparto,
l’incontro col bambino è stato di assoluta importanza per il benessere del papà, della mamma
e di tutta la famiglia, e i pochi genitori che non hanno voluto incontrare il bambino, spesso perchè
non hanno trovato sostegno nello staff ospedaliero in questa delicata fase, hanno poi durato più
fatica a elaborare il lutto.
Tuttavia ci sono ragioni personali che potrebbero spingerti a rifiutare questo incontro, e vanno prese
in considerazione e accolte con rispetto.
Perché potresti voler dire NO all’incontro con il bambino: alcune mamme e alcuni papà provano
paura, rifiuto o fastidio, talvolta rabbia nei confronti del bambino che è andato via, e spesso
all’inizio rifiutano di vederlo. Queste emozioni sono legate ai primissimi momenti della diagnosi, e
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quasi sempre nelle ore e nei giorni successivi cambiano, anche radicalmente, lasciando le
mamme con una brutta e desolante sensazione di vuoto e di nostalgia per il loro bambino.
Molte mamme hanno detto che si sentivano come “su un altro pianeta” e non pensavano “stesse
accadendo proprio a loro”: questa emozione mista di confusione e dolore non permette di essere
pienamente consapevoli sul da farsi, e può capitare di non capire cosa è meglio per noi, e in
contemporanea di avere una grande paura. Questo senso di paura è amplificato dall’imbarazzo o dal
timore del personale ospedaliero, non sempre preparato ad affrontare le situazioni come le nostre.
Perché potresti voler dire SI all’incontro con il bambino: perché è il vostro bambino! Per quanto sia
doloroso ammetterlo, per quanto sia emotivamente molto difficile, anche se non è fisicamente più
con voi, il vostro bambino è e resterà il vostro bambino, di quella gravidanza e di quella parte
della vostra vita, sia che lo conosciate, sia che decidiate di non vederlo. Ciò che potrebbe venire a
mancare, in un secondo momento, sono i ricordi di lui, della sua fisicità, del vostro condividere. E’
per questo che sarebbe importante che almeno qualcuno della famiglia incontrasse il bambino.
Idealmente, i genitori, i fratellini se presenti, i parenti stretti e gli amici più intimi dovrebbero poter
incontrare e rendere omaggio al piccolo bambino.
L’incontro con il bambino
Nonostante il dolore estremo, la perdita di tuo figlio non cancella i momenti che avete condiviso
insieme, che assumeranno nel tempo un grande valore per il tuo processo di lutto: potrebbe essere di
grande conforto per te, per il tuo partner e per gli altri familiari, incontrare e poter salutare
adeguatamente il tuo bambino, in modo da avere ricordi appropriati della sua presenza tra voi.
Se voi genitori lo desiderate, ci sono molte cose che si possono fare dopo la nascita del vostro
bambino, anche quando è molto piccolo, come nella prima metà della gravidanza, o gravemente
malato. Tenete inoltre presente che dopo il parto il bambino si presenta caldo e morbido per
almeno mezz'ora, quindi c’è tutto il tempo per conoscerlo con il massimo della naturalezza.
Chiedete al personale come potrebbe essere l’aspetto del bambino, anche a seconda dell’età
gestazionale: tenete presente che se il bambino è morto da qualche giorno, la sua pelle potrebbe
avere un colore diverso dal normale. Se il bambino è molto piccolo, quindi nel primo trimestre di
gravidanza, o la sua crescita si è fermata a molte settimane prima, potrebbe non essere possibile
vedere il suo piccolo corpo. In questo caso è possibile comunque richiedere la sepoltura, con
semplici moduli disponibili in ogni azienda ospedaliera, e svolgere alcuni piccoli riti di passaggio,
come ad esempio riempire una piccola scatola con dei ricordi simbolo della sua presenza (vedi più
avanti la sezione Memory Box).
Prenditi tempo per pensare a tutto questo e per decidere cosa è meglio fare. Ricorda che puoi farti
aiutare dal personale nell’“incontro” con tuo figlio; se non riesci a guardarlo, o se hai paura di
prenderlo in braccio, non sentirti obbligata, ma chiedi che ti venga dato un po’ di tempo per
riflettere e cerca di parlare con qualcuno che possa rassicurarti su questo. In alternativa, chiedi al
personale di raccogliere per te alcuni ricordi del tuo bambino.
Chiedete all’ostetrica di guidarvi nella conoscenza del bambino, e di fare da tramite tra voi e lui.
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Tra i ricordi che potrebbero farvi piacere ci sono: le impronte dei piedini e delle manine, alcune
foto del vostro bambino (che possono scattare anche le ostetriche, se i familiari non ce la fanno), il
braccialetto identificativo, una ciocca di capelli, il certificato di nascita, una cartellina con il suo
peso e l’altezza.
Provate a comunicare cosa sentite e cosa pensate al personale curante, ricordando che in un
momento così difficile è normale essere confusi e avere molte cose da chiedere, cambiare idea e
sentire il bisogno di essere informati e rassicurati. In molti ospedali è disponibile un libretto per
raccogliere i ricordi che abbiamo chiamato “I ricordi di un Piccolo Principe-I ricordi di una
Piccola Principessa”, che permette di avere molte informazioni raccolte tutte insieme.
Fare una o più foto del vostro bambino è un modo per creare dei ricordi, e imprimere nella
mente non solo la sua assenza, ma anche le sue caratteristiche principali. Molti genitori trovano un
grandissimo beneficio nell’avere scattato o fatto scattare foto al bambino, o insieme al bambino, con
il bambino in braccio o accanto alla sua culla. Avere un ricordo permette di rendere meno amaro e
più elaborabile questo lutto, e creare piccoli ricordi è un’occasione preziosa.
Solitamente in Italia il bambino può stare in camera coi genitori per qualche ora al massimo. E’
importante informarsi sulle usanze del reparto e concordare con il personale le vostre effettive
necessità.
Una volta effettuati alcuni prelievi diagnostici sul bambino dopo la nascita, non c’è alcuna fretta
di portare il bambino in anatomia patologica o all’obitorio. E’ importante che ne parliate insieme
al personale, anche considerando che potreste voler far vedere il bambino a parenti stretti che
vengono da fuori città.
Anche i fratellini dovrebbero poter salutare il bambino, soprattutto da una certa età gestazionale
in poi, e portare a lui disegni o doni se lo desiderano, in modo da prendere atto dell’evento e al
tempo stesso conoscere i lineamenti del bambino per poterselo poi rappresentare al meglio quando
necessario. I bambini hanno molto bisogno di conoscere le cose per come sono e di dare loro il
giusto nome e il giusto peso, e dunque non abbiate timore a chiedere aiuto allo staff nel facilitare
l’incontro tra i vostri bambini.
Potete lavare, vestire, avvolgere il vostro bambino con una coperta. Potete svolgere questi
compiti da soli, o farvi aiutare dall’ostetrica o dall’infermiera.
Prendersi cura del corpo del bambino è un modo per esercitare la propria funzione di genitori, per
alcuni è molto importante poter fare questo.
Se il vostro bambino è troppo piccolo per una tutina standard, l’associazione mette a disposizione
piccole coperte di lana o di pile, pensate per i bambini molto prematuri.
Una volta salutato il bambino, chiedete all’ostetrica o al medico come e quando potrete rivederlo
dopo gli esami autoptici, e riflettete se desiderate o meno organizzare una piccola cerimonia di
commiato.
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Sull’autopsia
Quando muore un bambino in utero, durante il parto o dopo la nascita molto spesso è necessario
fare approfondimenti diagnostici sulla madre, sulla placenta e sul corpo del bambino, per
poter identificare ciò che ha provocato la morte, la causa scatenante e eventuali altri fattori
contribuenti.
Studiare questi meccanismi è fondamentale per definire esattamente gli eventi accaduti nella
gravidanza e anche per poterli prevenire nella gravidanze successive.
Molte morti intrauterine e perinatali avvengono senza una causa apparente. Tuttavia un corretto
riscontro diagnostico permette di arrivare a identificare una causa almeno nel 70% dei casi.
Questo risultato è possibile solo quando il lavoro avviene in maniera multidisciplinare, e si
svolgono appropriati esami sulla madre, sul padre, sulla placenta e sul bambino. E’ opportuno che
tutti i genitori possano usufruire di questa possibilità diagnostica
In genere gli esami sulla mamma vengono effettuati in tempi diversi: alcuni al momento del
ricovero, altri due mesi dopo il parto.
Anche gli esami sul bambino e sulla placenta hanno tempistiche diverse: alcuni esami vengono
effettuati immediatamente dopo la nascita (ad esempio prelievo di alcune cellule della cute, prelievo
di sangue), altri nelle settimane successive.
Solitamente il riscontro diagnostico avviene dopo pochi giorni dalla morte del bambino, e mira a
esaminare tutto il corpo del bambino, al fine di individuare le possibili cause della morte, e ad
analizzare la placenta, spesso implicata in molte patologie.
Dopo l’autopsia i genitori possono riprendere il corpo del bambino, che viene sistemato con cura
dal personale tecnico dell’anatomia patologica e svolgere se lo desiderano la cerimonia religiosa o
laica per la sepoltura o per la cremazione.
A cosa serve l’autopsia perinatale:
 A confermare un precedente dubbio diagnostico
 A identificare situazioni non ancora diagnosticate
 Può escludere fattori quali malformazioni, infezioni, ritardo di crescita non evidenziabili
durante la gravidanza
 Se il bambino è morto prima della nascita, può dirci approssimativamente quanto tempo
prima è morto.
 Può permettere di identificare una patologia genetica, e quindi essere utile anche per altri
membri della famiglia.
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La normativa in Italia
Il decreto del 9 luglio 1999 (pubblicato in GU 170 del 22/7/1999) impone l’autopsia su tutti i
bambini morti in utero; il suo scopo è di ricercare la presenza di malformazioni o di alcune
malattie genetiche. È importante sapere che il corpo del bambino viene sempre rispettato e trattato
con cura da tutto il personale; ogni dubbio può essere discusso con il personale curante.
Le tempistiche
Solitamente occorrono circa otto settimane per completare tutti gli approfondimenti
diagnostici. Questo tempo può essere maggiore in caso di approfondimenti ulteriori; in ogni caso
sarà cura del personale rispettare i tempi e fissare un appuntamento con i genitori per discutere degli
esiti, ed i genitori possono comunque rimanere in contatto con i ginecologi e con gli anatomo
patologi per capire come stanno procedendo le cose.
Sulla sepoltura
La legge italiana regolamenta la sepoltura dei bambini nati morti entro le 27 settimane più sei giorni
e quelle dei bambini nati vivi e nati morti dalla 28 settimana in poi con precise istruzioni. In questa
pagina del sito di CiaoLapo Onlus sono riassunte e spiegate le leggi italiane sulla sepoltura dei
bambini morti in epoca prenatale.
E’ sempre possibile procedere alla sepoltura/cremazione del bambino a qualunque età
gestazionale, purchè i genitori ne facciano richiesta su apposito modulo (vedi link); al di sotto delle
28 settimane, la legge italiana dice che l’azienda ospedaliera può seppellire d’ufficio tutti i bambini
nati morti o smaltirli come rifiuti ospedalieri, a seconda del regolamento interno. Informarsi della
prassi vigente nella propria azienda ospedaliera e nelle regioni (esclusa la Lombardia, dove tutti i
bambini vengono seppelliti) permette di fare una scelta veramente consapevole su cosa preferite
come genitori.
Sulla memory box - i ricordi che curano
La memory box è una scatola utilizzata per conservare ricordi importanti (scatola dei ricordi è
la traduzione letterale), un “luogo” utile a ricordare e a onorare la memoria di vite piccole e
preziose.
Ogni memory box appartiene alla sua famiglia e soprattutto al bambino che si vuole ricordare, e
ogni famiglia la sceglie della misura e del colore più appropriato. Nella nostra associazione ci sono
memory box piccole ed essenziali, memory box piene di peluche, memory box di legno e di
cartone... ci sono memory box piene di vita, e memory box che raccontavano una storia bellissima,
e altre semplicemente piene d'amore, o di fotografie, o di lettere.
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A cosa serve la memory box?
Fare spazio ai ricordi, e mettere insieme quelli più significativi del periodo trascorso coi nostri figli
è un'operazione che può essere davvero terapeutica; arriva un momento, nel lutto, in cui i genitori si
sentono pronti a riaprire cassetti e valigie, e a creare uno spazio personale per quella gravidanza e
per quel bambino, in cui raccogliere oggetti, pensieri, e piccoli doni.
Un esempio di memory box
Racconta una mamma: "Io ho impiegato circa un anno e mezzo per fare la mia (fare la memory box
per me significava accettare definitivamente che le cose erano andate così, e cioè MALE), e quando
mi sono sentita pronta di aprire cassetti, scegliere oggetti, e riporre numerosi regali ho capito che
avevo fatto un piccolo scatto in avanti nel mio lutto. Dunque, io ho scelto di fare la memory box,
l'ho pensata, ho cercato una scatola sufficientemente grande e ho allestito la scatola di Lapo, che
ora sta nell'armadio dei suoi fratelli, a portata di mano. Nella scatola ho scelto di mettere tre tutine
(le mie preferite, scelte apposta per lui), i suoi body, il ciuccio, il test, la cartella con gli esami,
l'album vuoto per le foto che non ho, il fiocco del baby loss e i regali delle altre mamme.
Quando la guardo, provo sollievo perchè è frutto del mio percorso, ed è arrivata in un momento in
cui io ero pronta a fare un buonuso dei ricordi.
Non ho bisogno di nasconderla, o di sfuggirne la vista, posso guardarla e spolverarla ed aprirla,
senza sentirmi morire dentro. La apro, penso ancora che avrei voluto vederlo sgambettare nelle
tute, sorrido pensando che ciccione come era, non gli sarebbero state per molto, e rimetto tutto a
posto. Mi piace pensare che questi pochi oggetti siano "suoi" e indichino cosa lui è stato per me e
la mia famiglia."
La memory box: un modo per riempire il vuoto
Nell'esperienza dei genitori della nostra associazione, l'emozione che più spesso ci accompagna nei
primi lunghi mesi di lutto è l'opprimente senso di vuoto e la mancanza fisica di tracce tangibili del
passaggio dei nostri bambini.
Per alcuni genitori questo vuoto è persino più insopportabile della malattia e della morte,
perchè, come spesso accade, queste nostre perdite diventano un nulla da scordare. Nessuno ci
chiede se desideriamo ricordare, nessuno ci fornisce un aiuto per ricostruire i ricordi in modo
adeguato, ancora in molti posti viene ritenuto bizzarro svolgere il rito funebre o scattare fotografie.
Così, molti di noi si trovano pieni di ricordi tragici e bruttissimi, legati alla morte, ma privi di
ricordi tangibili (e amorevoli) delle vite, ancorchè piccole o in utero e basta, dei loro figli.
E così, capita, che questo vuoto nel cuore e tra le mani, urli disperato e chieda di essere almeno in
parte riempito.
Collezionare, coi propri tempi, i ricordi di questo passaggio, ricostruendo il piccolo percorso
esistenziale dei nostri figli potrebbe servire in primo luogo a permettere a noi stessi di cominciare
a lavorare sulla morte e dunque sul lutto.
Puoi trovare altre informazioni sulla memory box in questa pagina.
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Alle dimissioni
Il rientro a casa, alla “routine”, è molto difficile. Ognuno di noi, ricorda nitidamente la fatica
psicologica e fisica, di ritornare nel mondo normale, con la sensazione di avere perduto tutto.
I genitori spesso descrivono questo rientro a casa a braccia vuote, come il momento in cui si
affaccia nitido per la prima volta il dolore del lutto: è tutto vero, è tutto finito, il mio bambino è
morto.
I primi mesi dopo la perdita sono molto delicati, anche perché poche persone conoscono il lutto e le
sue manifestazioni e anche senza volervi ferire, potrebbero forzarvi a reagire e “a tornare come
prima”, senza mostrare alcuna comprensione per voi, e senza darvi il giusto tempo per orientarvi
dopo lo tsunami.
Se avete voglia, potete scaricare gratuitamente e leggere la prima edizione del librettino Piccoli
Principi, scritto alcuni anni fa da Claudia Ravaldi, qualche mese dopo la morte di Lapo, che
ripercorre tutti i passaggi del lutto, in una sorta di “mappa” per orientarsi.
Inoltre sul sito dell’associazione, sono presenti numerose testimonianze che possono essere un aiuto
in più per non sentirsi soli e per riuscire a riflettere sugli aspetti più importanti del vostro dolore.
Cosa fare adesso
Questa pagina è solo una guida sintetica, un pronto soccorso pratico ed emotivo per i primi
momenti di dolore e disorientamento. Per ulteriori informazioni, per scaricare materiale utile e per
leggere le esperienze degli altri genitori e condividere con loro le vostre potete visitare il sito
www.ciaolapo.it.
Nella speranza di esservi stati d’aiuto,
un abbraccio, ed un bacio al vostro bambino.
L'Associazione CiaoLapo Onlus
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