Spedizione in abbonamento postale Roma, conto corrente postale n. 649004 Copia € 1,00 Copia arretrata € 2,00 L’OSSERVATORE ROMANO POLITICO RELIGIOSO GIORNALE QUOTIDIANO Non praevalebunt Unicuique suum Anno CLIII n. 137 (46.381) Città del Vaticano domenica 16 giugno 2013 . Papa Francesco a parlamentari della Repubblica francese Berlino chiede una riunione urgente del Consiglio di sicurezza Un’anima per le leggi L’Onu ripete no all’invio di armi in Siria Il principio di laicità non deve significare ostilità alla realtà religiosa Proporre, emendare o anche abrogare leggi per infondere in esse quel supplemento d’anima necessario a far sì che esse non riflettano solo le idee del momento. È il pensiero espresso da Papa Francesco rivolgendosi a una delegazione di parlamentari francesi del gruppo di Amicizia Francia Santa Sede, ricevuti in udienza sabato mattina, 15 giugno, nella Sala Clementina. Dopo aver sottolineato le relazioni di fiducia che esistono generalmente in Francia tra i responsabili della vita pubblica e quelli della Chiesa cattolica, sia a livello nazionale, sia a livello regionale o locale, Papa Francesco ha voluto ribadire che «il principio di laicità che governa le relazioni tra lo Stato francese e le diverse confessioni religiose non deve significare in sé un’ostilità alla realtà religiosa, o un’esclusione delle religioni dal campo sociale e dai dibattiti che lo animano». Dal canto suo «la Chiesa — ha assicurato il Pontefice — desidera così offrire il proprio contributo specifico su questioni profonde che impegnano una visione più completa della persona e del suo destino, della società e del suo destino. Questo contributo non si situa solamente nell’ambito antropologico o sociale, ma anche negli ambiti politico, economico e culturale». PAGINA 8 La giornata dell’Evangelium vitae Djess, «Per la vita» (2004, Brazzaville, Galleria dell’Accademia) Una comune testimonianza del valore sacro della vita, di ogni vita umana. È il senso della Giornata dell’Evangelium vitae così come ha sintetizzato l’arcivescovo Rino Fisichella, presidente del Pontificio Consiglio per la Promozione della Nuova Evangelizzazione, nel presentare l’evento, il cui momento centrale è la messa presieduta da Papa Francesco domenica 16 giugno alle 10.30, sul sagrato della basilica di San Pietro. A scorrere l’elenco dei gruppi e delle associazioni che hanno aderito all’iniziativa si intuisce il valore della manifestazione a sostegno della vita, dal concepimento al suo termine naturale. «La nostra speranza — scrive l’arcivescovo Fisichella — è che il numero dei fedeli in piazza San Pietro sia così grande da far sentire a tutto il mondo la nostra corale espressione del vero cuore della missione redentrice di Gesù: “Io sono venuto perché abbiano la vita”». Oggi, 15 giugno, molti pellegrini hanno pregato sulla tomba di san Pietro. Sei soldati delle forze speciali uccisi a Bengasi nell’assalto di manifestanti armati a sedi dell’esercito e della polizia Una bambina siriana superstite della battaglia di Qusayr (Afp) NEW YORK, 15. L’annuncio che Washington intende fornire armi ai ribelli siriani è, in queste ore, al centro del confronto internazionale. Esplicita contrarietà ha espresso il segretario generale dell’Onu, Ban Ki-moon: «Le Nazioni Unite e io stesso — ha dichiarato — abbiamo più volte detto chiaramente che fornire armi a una qualsiasi delle due parti non aiuta a risolvere la situazione». Ban Ki-moon ha inoltre confermato di essere stato informato dagli Stati Uniti sulle presunte prove che dimostrerebbero l’uso di armi chimiche da parte dell’esercito siriano. A questo proposito Mosca ha parlato di menzogne strumentali da parte di Washington. La Germania ha chiesto una riunione urgente del Consiglio di si- Instabilità e violenze in Libia TRIPOLI, 15. La Libia non riesce a girare pagina e fatica a fare piazza pulita delle milizie armate che, non tenendo conto del potere costituito e legittimo, hanno reso il Paese un terreno di battaglia quotidiana. Torna alta la tensione a Bengasi, la seconda città libica che fu uno dei centri della rivolta anti-Gheddafi. Almeno sei soldati sono rimasti uccisi negli scontri avvenuti nella notte tra le forze speciali e un gruppo armato. Secondo fonti locali, manifestanti hanno attaccato le sedi di esercito e polizia. Il capo ad interim dell’esercito, Salem Al Konidi, aveva avvertito nella tarda serata di ieri del pericolo di un bagno di sangue. Testimoni hanno riferito di esplosioni e colpi d’arma da fuoco vicino al quartier generale delle forze speciali intorno alle 4 di mattina. Gli scontri sono avvenuti poco dopo che decine di manifestanti avevano attac- cato una brigata composta da ex combattenti contro il regime di Gheddafi, nel 2011, costringendoli ad abbandonare la loro caserma. La caserma presa di mira sarebbe quella occupata da miliziani che hanno combattuto contro Gheddafi e che poi sono stati integrati nelle forze armate o di sicurezza libiche. Come quelli dello «Scudo della Libia», presi di mira sabato scorso con un sanguinoso attacco alla loro caserma in cui sono morte 31 persone e oltre cento sono rimaste ferite. A rendere incandescente la situazione c’è la decisione di mandare davanti a un tribunale tutti gli esponenti dell’ex regime di Gheddafi, a cominciare dal figlio Saif Al Islam. L’annuncio è venuto dall’ufficio del procuratore generale della Repubblica, secondo il quale, tra le decine di imputati presenti al processo ci saranno anche il capo dei servizi se- Numero speciale a cinquant’anni dall’elezione di Paolo VI y(7HA3J1*QSSKKM( +%!z!]!#!. Il 21 giugno 1963 il cardinale Giovanni Battista Montini veniva eletto Papa e prendeva il nome di Paolo VI. Quasi sessantaseienne, il porporato era da oltre otto anni arcivescovo di Milano e aveva servito la Santa Sede in Segreteria di Stato sotto Pio XI e Pio XII per tre de- cenni. Papa Montini succedeva a Giovanni XXIII, il Pontefice che l’aveva voluto come primo dei suoi cardinali poche settimane prima di annunciare la convocazione del concilio Vaticano II. A norma del diritto canonico il concilio era sospeso, ma il nuovo Papa subito lo riconvocò per l’autunno successivo, guidandolo con fermo e prudente equilibrio fino alla conclusione, e poi portandone avanti con tenacia la prima applicazione. Iniziava così un quindicennio esaltante e drammatico, che lo stesso Paolo VI ripercorse quando celebrò per l’ultima volta la festa dei santi Pietro e Paolo. Per ricordare Montini «L’O sservatore Romano» ha realizzato uno speciale di cento pagine a colori, con fotografie e immagini rare, un profilo biografico, alcuni suoi testi e un inedito del cardinale Joseph Ratzinger. La rivista sarà disponibile in italiano dal 21 giugno al prezzo di cinque euro più le spese di spedizione ([email protected]). greti, Abdelah El Senoussi, l’ex primo ministro, Baghdadi Al Mahmoudi, e anche il capo della sicurezza interna, Mansour Dhou. Per altri, riusciti a scampare alla cattura, il giudizio sarà in contumacia. Il processo è destinato a creare una grande attenzione da parte dell’opinione pubblica, anche perché, proprio nelle ultime settimane, in Libia sta prevalendo una deriva giustizialista. Senza neanche guardare all’interesse del Paese che sarà decapitato della sua classe dirigente, il Parlamento ha di recente votato una legge, chiamata di “isolamento”, che mette di fatto fuori dalla vita pubblica tutti coloro che hanno avuto, anche per brevissimi periodi, qualche responsabilità in seno al regime. Scontri nella notte nella città di Bengasi (Reuters) curezza «affinché si prenda una posizione comune», come ha detto il ministro degli Esteri tedesco, Guido Westerwelle. Ma appare improbabile che il sistema di veti incrociati consenta tale esito. La Casa Bianca, comunque, ha frenato sull’ipotesi di imporre una no-fly zone nei cieli siriani. Il vice consigliere per la Sicurezza nazionale, Ben Rhodes, ha dichiarato che una tale misura, costosa e difficile da realizzare, non è nell’interesse degli Stati Uniti. Rhodes, pur senza fornire dettagli sul modo in cui si vuole armare i ribelli siriani, ha precisato che in ogni caso Washington non invierà truppe. La questione siriana sarà il primo argomento in discussione al vertice del G8, lunedì e martedì a Lough Erne, in Irlanda del Nord. Udienza al presidente della Commissione Europea Oggi, sabato 15 giugno 2013, il Santo Padre Francesco ha ricevuto in udienza, nel Palazzo Apostolico Vaticano, il presidente della Commissione Europea, sua eccellenza il signor José Manuel Durão Barroso, il quale ha successivamente incontrato il cardinale Tarcisio Bertone, segretario di Stato, accompagnato da monsignor Dominique Mamberti, segretario per i Rapporti con gli Stati. I cordiali colloqui hanno permesso un utile scambio di opinioni sulla situazione internazionale con particolare attenzione al processo di integrazione europea, come pure alla perdurante crisi economica che ha conseguenze gravissime sull’occupazione, soprattutto giovanile, e riflessi negativi sulla vita delle famiglie. Nel prosieguo dei colloqui ci si è soffermati sul contributo positivo che la Chiesa cattolica può offrire nell’attuale congiuntura per il benessere materiale e spirituale dell’Europa. Infine, particolare attenzione è stata data alla promozione dei diritti umani, in special modo alla libertà religiosa, e alla tutela delle minoranze cristiane nel mondo. NOSTRE INFORMAZIONI Il Santo Padre ha ricevuto questa mattina in udienza le Loro Eminenze Reverendissime i Signori Cardinali: — Marc Ouellet, Prefetto della Congregazione per i Vescovi; — Stanisław Dziwisz, Arcivescovo di Kraków (Polonia). Il Santo Padre ha ricevuto questa mattina in udienza Sua Eccellenza il Signor José Manuel Durão Barroso, Presidente della Commissione Europea, e Seguito. Il Santo Padre ha nominato Sua Eminenza Reverendissima il Signor Cardinale Jaime Lucas Ortega y Alamino, Arcivescovo di San Cristóbal de La Habana (Cuba), Suo Inviato Speciale alla celebrazione conclusiva del 1° centenario dell’elevazione ad Arcidiocesi me- tropolitana di San Salvador e dell’erezione delle Diocesi di Santa Ana e di San Miguel, nonché alla cerimonia di chiusura del Congresso Eucaristico nazionale di El Salvador, in programma l’11 agosto 2013. Il Santo Padre ha nominato Sua Eminenza Reverendissima il Signor Cardinale Audrys Juozas Bačkis, Arcivescovo emerito di Vilnius (Lituania), Suo Inviato Speciale alle celebrazioni del 1025° anniversario del “battesimo” della Rus’ (Ucraina), previste a Kyiv nei giorni 17-18 agosto 2013. Provvista di Chiesa In data 15 giugno, il Santo Padre ha nominato Vescovo della Diocesi di Gweru in Zimbabwe il Reverendo Monsignore Xavier Munyongani, del clero di Masvingo, attuale Cappellano della Comunità Cattolica Zimbabwena a Londra. Nomine di Vescovi Ausiliari In data 15 giugno, il Santo Padre ha nominato Vescovo Ausiliare della Diocesi di Hung Hoá in Vietnam il Reverendo Padre Alphonse Nguyên Huu Long, della Compagnia dei Sacerdoti di San Sulpizio, attualmente Rettore del Seminario Maggiore di Hué, assegnandogli la sede titolare vescovile di Gummi di Bizacena. In data 15 giugno, il Santo Padre ha nominato Vescovo Ausiliare della Diocesi di Vinh in Vietnam il Reverendo Pierre Nguyên Văn Viên, Vicario Generale della Diocesi di Vinh, assegnandogli la sede titolare vescovile di Megalopoli di Proconsolare. L’OSSERVATORE ROMANO pagina 2 A causa delle procedure automatiche di riduzione della spesa pubblica L’Fmi taglia le stime sul pil statunitense WASHINGTON, 15. Gli Stati Uniti cresceranno meno del previsto: nel 2013 il pil salirà dell’1,9 per cento e l’anno prossimo solo del 2,7 per cento, meno del tre per cento atteso solo qualche mese fa. E la “responsabilità” è dei tagli automatici alla spesa, che hanno causato una stretta «eccessivamente rapida e mal disegnata». Un rallentamento che alimenta la pressione sulla Fed, alle prese con un’exit strategy che presenta molti rischi. A scattare la fotografia dello stato di salute dell’economia americana è il Fondo monetario internazionale (Fmi), in un rapporto sull’andamento economico. L’allentamento monetario della Fed, con acquisti per 85 miliardi di dollari al mese, andrà avanti almeno fino alla fine dell’anno, poi sarà «leggermente» rivisto al ribasso, prevede il Fondo. «La politica monetaria della Fed era necessaria» ha detto il direttore generale del Fmi, Christine Lagarde, sottolineando che «non c’è fretta» per il ritiro delle misure straordinarie messe in campo, i cui benefici restano «superiori ai costi». Comunque — avverte il Fmi — la Fed deve continuare a prepararsi a «un’uscita dolce: ha gli strumenti per farlo ma il ritiro presenterà delle sfide». La comunicazione è quindi «essenziale» così come il calibrare i tempi del ritiro per ridurre «il rischio di forti e sostenuti movimenti nei tassi di interesse di lungo termine e per evitare un’eccessiva volatili- Il direttore generale dell’Fmi, Christine Lagarde (Afp) tà che potrebbe avere implicazioni avverse a livello globale». L’Fmi interviene così ad alimentare il dibattito sulle prossime mosse della Banca centrale, dopo le affermazioni nelle settimane scorse del presidente della Fed, Ben Bernanke, che hanno instillato dubbi sul mercato. Mercato che sembrava dare per scontato anche un aumento dei tassi di interesse prima del previsto. La Fed — secondo il «Wall Street Journal» — cercherà di rassicurare nella prossima riunione sulla gradualità dell’uscita dalle misure di Detroit sconta l’amaro prezzo della crisi WASHINGTON, 15. Detroit «sull’orlo della rovina finanziaria» sospende i pagamenti su due miliardi di debiti non assicurati: è il primo vero default della capitale dell’auto e un ulteriore passo verso la bancarotta. Kevyn Orr, il manager d’emergenza scelto dal governatore del Michigan, di fatto commissariando la città, ha presentato ieri un piano di «sacrifici per tutti» con il quale far voltare pagina a Detroit, città simbolo dell’America industriale e delle auto, che ha risentito della crisi globale, soprattutto quella delle quattro ruote, con la bancarotta di General Motors e di Chrysler. «La strada della ripresa può iniziare oggi; cattiva gestione finanziaria, un calo della popolazione e altri fattori negli ultimi 45 anni hanno portato Detroit sull’orlo della rovina finanziaria e operativa» ha detto Orr. Politica ed economia al G8 LONDRA, 15. Accanto alle principali crisi in atto, dalla Siria, all’Afghanistan all’Africa subsahariana, saranno i temi economici a dominare il vertice del G8 di lunedì e martedì a Lough Erne, in Irlanda del Nord. Un importante scambio di vedute è avvenuto ieri in una videoconferenza alla quale hanno partecipato il presidente statunitense, Barack Obama, insieme al presidente del Consiglio italiano, Enrico Letta, il cancelliere tedesco, Angela Merkel, il presidente francese, François Hollande, e il premier britannico, David Cameron. Nel colloqui è stato fatto il punto sui principali problemi che saranno affrontati nel summit. Restano sul tappeto — dicono gli analisti — divisioni persistenti su varie questioni, da quelle del commercio a quelle sulle politiche per uscire dalla crisi finanziaria globale. La Russia, in particolare, ha sottolineato la necessità di una riforma radicale del Fondo monetario internazionale. L’OSSERVATORE ROMANO GIORNALE QUOTIDIANO Unicuique suum POLITICO RELIGIOSO Non praevalebunt 00120 Città del Vaticano [email protected] http://www.osservatoreromano.va stimolo dell’economia e sul fatto che una potenziale riduzione degli acquisti non si tradurrà in una stretta dei tassi di interesse. Il Fondo suggerisce agli Stati Uniti di rallentare l’aggiustamento di bilancio quest’anno per sostenere la crescita e l’occupazione, ma, allo stesso tempo, di mettere in atto una Road Map di medio termine per ripristinare la sostenibilità dei conti pubblici nel lungo termine. Da qui l’invito del Fmi a eliminare i tagli automatici alla spesa e sostituirli con un risanamento graduale. domenica 16 giugno 2013 Intervento della Santa Sede a Ginevra Il diritto alla pace Pubblichiamo in una nostra traduzione l’intervento pronunciato il 7 giugno, a Ginevra, dall’arcivescovo Silvano M. Tomasi, Osservatore Permanente della Santa Sede presso l’Ufficio delle Nazioni Unite ed Istituzioni Specializzate a Ginevra, sul diritto alla pace, in occasione della XXIII Sessione Ordinaria del Consiglio dei Diritti dell’Uomo. Signor Presidente! Essendo uno dei desideri più profondi del cuore umano, la pace è un diritto di cui ogni persona dovrebbe beneficiare e una situazione che rende possibile lo sviluppo umano integrale. La pace è la condizione che fa sì che tutti gli altri diritti siano possibili e la realizzazione dei diritti fondamentali porta a una vera pace basata sulla libertà, sulla giustizia e sulla fraternità. La Carta delle Nazioni Unite, la Dichiarazione universale dei diritti dell’uomo e molti altri strumenti internazionali esprimono in una dialettica virtuosa questo legame profondo e necessario tra pace e diritti dell’uomo. Di conseguenza, la minaccia di guerra deve essere eliminata e giustamente la Carta africana dei diritti dell’uomo e dei popoli dichiara: «I popoli hanno diritto alla pace e alla sicurezza sia a livello nazionale sia sul piano internazionale» (n. 23, 1). Definire la pace come l’assenza di guerra sarebbe ridurla a un valore negativo. La pace si costruisce giorno dopo giorno nella famiglia, a scuola e nella società. Senza fondamenta economiche, politiche, culturali e spirituali solide, la pace sarebbe un miraggio per menti ingenue. Quanti vogliono fondarla esclusiva- mente sulla forza e sull’equilibrio delle forze si sbagliano. Non devono fare altro che leggere la storia del XX secolo e osservare la realtà dei recenti conflitti che questo stesso Consiglio esamina così spesso. La pace non s’impone con la quantità di armi ammassate e neppure con la loro sofisticazione o la loro crudeltà. Se la pace fosse condizionata dalla forza militare, i diversi popoli non avrebbero subito tante guerre, morti, rovine e odio distruttore. L’altro nome della pace è lo sviluppo. Essa viene servita meglio dalle scuole costruite, dalle strutture sanitarie create, dalle prospettive di futuro aperte alle giovani generazioni. Signor Presidente! È banale dire che il nostro mondo è più che mai interdipendente. Ma ciò rafforza la nostra convinzione che la famiglia umana è una e che tutti gli uomini e tutte le donne condividono la stessa dignità. La violenza, l’ingiustizia e la volontà di potenza all’interno delle società e tra le nazioni non fanno che moltiplicare i rischi di guerre e di conflitti. La pace e la sicurezza degli uni non possono essere assicurati senza la pace e la sicurezza degli altri. Il nostro mondo non è privo di risorse, ma soffre d’ingiustizia. I divari appaiono sempre più profondi e la ricerca della pace sempre più sfuggente. Il contrario della pace, più che la guerra, è la paura. In tal senso, la paura diviene il denominatore comune tra ricchi e poveri, tra paesi sviluppati e paesi in via di sviluppo, tra potenze militari e quanti sono meno avvantaggiati. Signor Presidente! La guerra è il fallimento degli umani e dell’umano. La guerra è l’illusione che si possa difendere o costruire una società sana o migliore infliggendo sofferenze indescrivibili a persone innocenti. Distruggendo l’altro si distrugge l’umano in sé. Nessuno esce indenne da un conflitto o da un’esperienza di violenza. La pace è meno spettacolare, più paziente, più rispettosa dell’alterità, più modesta. Ma questi valori sono i soli in grado di costruire delle società veramente umane. L’istituzione di un gruppo di lavoro intergovernativo aperto, con il compito di dare avvio alla codificazione ufficiale del diritto umano alla pace, è stata una decisione saggia che si spera rechi i suoi frutti in una dichiarazione efficace e condivisa da tutti. Nella costruzione o nel ripristino della pace, esempi storici e contemporanei c’insegnano che la non-violenza, come dottrina e come metodo, era e continua a essere il cammino più appropriato della mediazione e della riconciliazione, al fine di riallacciare i legami umani, sociali e politici a beneficio del bene comune e di una pace duratura. Washington fornirà a Bruxelles informazioni sulla sicurezza DUBLINO, 15. Gli Stati Uniti hanno hanno accettato di fornire all’Unione europea le informazioni riguardo al controverso programma Prism per il controllo delle comunicazioni telefoniche e di internet. L’annuncio è stato dato dal commissario dell’Unione europea per gli Affari Interni, Cecilia Malmström, in occasione di un incontro, ieri a Dublino, con esponenti dell’Amministrazione statunitense, tra i quali il segretario alla Giustizia, Eric Holder. «È stato stabilito con gli Stati Uniti di istituire un gruppo di esperti transatlantici per ricevere più informazioni sul programma Prism e valutare le protezioni» ha dichiarato il commissario Ue per gli Affari Interni. Attraverso questo programma, creato nel 2007, è possibile aver accesso, tra l’altro, ai server dei giganti del web, nell’ambito del piano di controllo, in nome della sicurezza, di telefoni e rete internet. È un programma, spiegano gli esperti, molto simile a quello voluto dal presidente George W. Bush dopo gli attacchi terroristici dell’11 settembre 2001. Nel frattempo sia l’Amministrazione Obama sia l’Fbi continuano a ribadire che ogni misura di controllo, condotta per garantire la sicurezza del singolo e della collettività, è praticata nel pieno rispetto della legge. E lunedì prossimo è atteso proprio un intervento delle autorità dell’Fbi le quali, come annunciato in questi giorni, forniranno la lista dei numerosi attacchi terroristici che il programma Prism ha permesso di sventare. Il settore degli audiovisivi escluso dal mandato della Commissione Ue per negoziare il trattato di libero scambio Compromesso europeo sul commercio con gli Stati Uniti BRUXELLES, 15. Alla Commissione europea è stato dato mandato di negoziare con gli Stati Uniti per arrivare a un trattato di libero scambio. Dopo dodici ore di discussione, i ministri del Commercio riuniti a Lussemburgo hanno raggiunto un compromesso per un mandato che escluderà dalle liberalizzazioni, come richiesto dalla Francia, il settore della cultura e in particolare degli audiovisivi. Il ministro francese del Commercio, Nicole Bricq, aveva annunciato all’inizio delle trattative che Parigi avrebbe rifiutato il progetto di mandato «in assenza di una esclusione chiara ed esplicita del settore audiovisivo». Anche altri Paesi, in particolare Austria, Belgio, Italia e Polonia, avevano sottolineato la necessità di proteggere la cosiddetta eccezione culturale europea, chiedendo garanzie che la protezione del settore non sia annacquata. Ma nessuno aveva mai sposato la linea oltranzista di Parigi. Il commissario europeo al Commercio, Karel De Gucht, in una conferenza stampa tenuta dopo la riunione, sottolineando che tutte le decisioni sono state finora prese all’unanimità, ha comunque specificato che «i servizi audivisivi non sono per il momento compresi nel mandato, ma vi potrebbero essere aggiunti più tardi». Un mese fa, anche il Parlamento europeo aveva approvato a larga maggioranza una risoluzione secondo la quale non potrà essere superata questa barriera volta a salvaguardare l’industria culturale del vecchio continente. «L’esclusione dei servizi culturali e audiovisivi compresi quelli forniti on line — recita l’articolo 11 della risoluzione in questione — sia dichiarata esplicitamente nel mandato negoziale». In effetti, secondo il Parlamento di Strasburgo, la proprietà intellettuale deve essere riconosciuta come «uno dei motori dell’innovazione e della creazione» per cui «è indispensabile» che gli Stati membri possano continuare a preservare e sviluppare le proprie politiche culturali secondo le leggi di ogni Paese Gli eurodeputati avevano altresì invitato i negoziatori con Washington ad esercitare il loro mandato secondo il principio di precauzione per la sicurezza alimentare, in particolare per gli organismi geneticamente modificati, e di difendere il sistema delle denominazioni di origine. Attenzione era stata chiesta anche per non svalutare le norme sociali, ambientali e sulla protezione dei dati personali, argomento tornato sensibile dopo le polemiche sulle intercettazioni che hanno investito il Governo di Washington. La Casa Bianca (Afp) Livelli record per il debito spagnolo MADRID, 15. Prospettive negative per l’economia spagnola, che si trova a fronteggiare conti difficili. Il debito pubblico ha toccato un nuovo record nel primo trimestre, salendo all’88,2 per cento del pil (prodotto interno lordo). Lo ha annunciato ieri la Banca di Spagna. Si tratta di un incremento del 15,2 per cento rispetto al primo trimestre del 2012. A indebitarsi di più è l’amministrazione centrale, passata da un debito di 655,365 miliardi di euro nel primo trimestre del 2012 a 796,817 miliardi nello stesso periodo del 2013, pari al 76,1 per cento del pil. Intanto, l’agenzia di rating americana Standard&Poor’s ha confermato a BBB meno, un gradino sopra il livello considerato «spazzatura», il rating di Madrid. «Crediamo che l’economia spagnola si stia riequilibrando» afferma l’agenzia di classificazione, citando miglioramenti nella competitività e nelle esportazioni. L’outlook è però negativo, anche a causa dei molti problemi che affliggono il mercato del lavoro e soprattutto il circuito del credito alle imprese, due dei gangli fondamentali su cui agire per far ripartire l’economia del Paese iberico. GIOVANNI MARIA VIAN direttore responsabile TIPO GRAFIA VATICANA EDITRICE L’OSSERVATORE ROMANO Carlo Di Cicco don Sergio Pellini S.D.B. vicedirettore Piero Di Domenicantonio caporedattore Gaetano Vallini segretario di redazione direttore generale Sostegno alle imprese dopo il vertice di Roma Agire subito sull’emergenza del lavoro giovanile ROMA, 15. «Non abbiamo più tempo, dobbiamo agire subito per contrastare l’emergenza occupazionale e in particolare la disoccupazione giovanile». Così il presidente del Consiglio dei ministri italiano, Enrico Letta, ha introdotto i lavori del vertice a quattro dei ministri delle Finanze e del Lavoro di Italia, Spagna, Francia e Germania, che si è tenuto ieri a palazzo Chigi. Letta ha sottolineato l’importanza e la novità del formato utilizzato: riunire intorno a un tavolo sia i ministri delle Finanze che quelli del Lavoro per affrontare il dramma della disoccupazione. Il formato La- Servizio vaticano: [email protected] Servizio internazionale: [email protected] Servizio culturale: [email protected] Servizio religioso: [email protected] Segreteria di redazione telefono 06 698 83461, 06 698 84442 fax 06 698 83675 [email protected] Servizio fotografico: telefono 06 698 84797, fax 06 698 84998 [email protected] www.photo.va voro-Finanze è il cuore dell’Europa che risponde alla crisi. In vista del vertice europeo, ha spiegato Letta, si attendono due importanti successi: il completamento dell’unione bancaria e misure concrete per la disoccupazione giovanile. Dal prossimo Consiglio Ue, che si terrà il 27 e 28 giugno, «non si potrà uscire con parole — ha detto Letta — ma con fatti concreti». Il ministro dell’Economia spagnolo, Luis de Guindos, ha spiegato che l’obiettivo di Madrid «ma anche di tutta l’Unione europea» è quello di «varare misure per favorire il finanziamento delle imprese; il Tariffe di abbonamento Vaticano e Italia: semestrale € 99; annuale € 198 Europa: € 410; $ 605 Africa, Asia, America Latina: € 450; $ 665 America Nord, Oceania: € 500; $ 740 Ufficio diffusione: telefono 06 698 99470, fax 06 698 82818, [email protected] Ufficio abbonamenti (dalle 8 alle 15.30): telefono 06 698 99480, fax 06 698 85164, [email protected] Necrologie: telefono 06 698 83461, fax 06 698 83675 Governo spagnolo ha messo a disposizione delle imprese 22 milioni di euro attraverso diverse linee di finanziamento e le banche centralizzate sono riuscite ad aumentare i propri capitali per più di 11 milioni di euro». In ambito europeo, dunque, ha proseguito de Guindos, «c’è bisogno di un’unione bancaria». Sulla stessa linea il ministro dell’Economia italiano, Fabrizio Saccomanni, secondo il quale l’aumento di capitale della Bei di dieci miliardi farà da moltiplicatore di risorse fino a sessanta miliardi di euro «per finanziare le imprese, soprattutto le piccole e medie imprese». Concessionaria di pubblicità Il Sole 24 Ore S.p.A System Comunicazione Pubblicitaria Aziende promotrici della diffusione de «L’Osservatore Romano» Intesa San Paolo Alfonso Dell’Erario, direttore generale Romano Ruosi, vicedirettore generale Ospedale Pediatrico Bambino Gesù Sede legale Via Monte Rosa 91, 20149 Milano telefono 02 30221/3003, fax 02 30223214 Società Cattolica di Assicurazione [email protected] Banca Carige Credito Valtellinese L’OSSERVATORE ROMANO domenica 16 giugno 2013 pagina 3 Tensione tra Egitto ed Etiopia sulla gestione delle acque Dal 9 al 12 giugno Sul Nilo tornano a navigare i contrasti Visita dell’arcivescovo Mamberti a Capo Verde di PIERLUIGI NATALIA La ratifica, questa settimana, da parte dell’Etiopia dell’accordo quadro tra i Paesi del bacino del Nilo che contestano il diritto di veto dell’Egitto su tutti i progetti relativi alle acque del fiume sembra destinata ad alimentare le tensioni tra Il Cairo e Addis Abeba. A riportare d’attualità il contrasto è il progetto della Diga del Rinascimento, un colosso idroelettrico per cui l’Etiopia ha disposto e avviato i lavori di modifica del corso del Nilo Azzurro. L’accordo quadro in questione, firmato nel 2010 da sei dei dieci Paesi rivieraschi membri dell’Iniziativa del bacino del Nilo, prevede l’abolizione delle intese di epoca coloniale che garantiscono ad Egitto e Sudan lo sfruttamento di circa il novanta per cento delle acque del più grande fiume d’Africa. Le regole, infatti, nonostante i tentativi di revisione, sono tuttora quelle fissate dal trattato concluso nel 1929 tra Il Cairo e Londra (quest’ultima a nome delle allora colonie britanniche, oggi Stati indipendenti) in base al quale i Paesi attraversati dal fiume non possono in alcun modo incrementare l’utilizzo di tali acque se ciò ne diminuisce la portata che giunge in Egitto. Il trattato fu in parte rinegoziato nel 1959, prima dell’inizio dei lavori per la grande diga di Assuan, da Egitto e Sudan ormai indipendente, dando ai due Stati rispettivamente 55,5 e 18,5 miliardi di metri cubi d’acqua all’anno. Ma tutti gli altri Paesi non parteciparono alla nuova spartizione e da allora continuano a chiedere, in particolare Tanzania e Etiopia, di poter riaprire la partita negoziale per stabilire quote più eque di utilizzo delle acque. Quello legato al Nilo è da sempre uno dei maggiori rischi di conflitto in Africa. Nel giugno del 1980 si arrivò a un passo dalla guerra tra Egitto ed Etiopia, che si opponeva alla decisione del Cairo di far confluire parte delle acque del fiume verso il deserto del Sinai. Per tutto il Novecento la posizione egiziana è stata assolutamente rigida. All’inizio di questo secolo, invece, il Governo del Cairo ha più volte partecipato a tavoli negoziali. Ciò nonostante, sul punto cruciale, cioè il suo diritto di veto, non ha mai fatto passi indietro e non ha mai nascosto di essere pronto a usare la forza. Anche questa settimana, di fronte alle iniziative dell’Etiopia, il presidente egiziano Mohammed Mursi ha dichiarato che «tutte le opzioni sono al vaglio» e che l’Egitto «non ammetterà la perdita di una sola goccia della sua acqua». Il Governo di Addis Abeba ha risposto che tanta acqua entrerà nell’invaso della diga e tanta ne uscirà, ma ciò non è servito a stemperare i contrasti con quello del Cairo. In ogni caso, l’Egitto rischia un ulteriore isolamento. Lo stesso Sudan, infatti, ha sposato le ragioni dell’Etiopia e degli altri Paesi rivieraschi. A questo ha contribuito la secessione sudsudanese, che da quasi due anni vede un nuovo soggetto internazionale, il Sud Sudan appunto, coinvolto nella questione. Si tratta oltretutto di un nuovo Paese non arabo (la popolazione del Sud del Sudan è diversa da quella del Nord) e quindi non legato a quel mondo arabo del quale l’Egitto è uno degli Stati leader. Quello del Nilo è solo l’esempio più eclatante, non certo l’unico, del rischio che si avveri la minaccia secondo la quale nel XXI secolo l’acqua avrà lo stesso ruolo di causa di conflitti avuto nel XX secolo dal petrolio. L’emergenza idrica già si configura, infatti, come una catastrofe. La maggioranza dell’umanità è vessata da una situazione che provoca — direttamente e per le malattie collegate al consumo di acqua non pulita — cinque milioni di morti all’anno, compresi due milioni di bambini sotto ai cinque anni di età. E la situazione, lungi dal migliorare, si aggrava continuamente. Senza misure immediate e concrete per invertire la tendenza, i rapporti dell’Onu stimano che nel 2025 due persone su tre soffriranno in varia misura di mancanza di acqua. Mantenere l’integrità degli ecosistemi d’acqua dolce costituisce dunque una priorità in diverse zone del mondo, soprattutto nelle più povere, dove la sicurezza alimentare dipende in gran parte dalle risorse dei fiumi. Questo vale in quasi ogni parte del pianeta, ma ha conseguenze particolarmente drammatiche in Africa, dove ogni Stato condivide almeno un fiume con altri Stati, determinando un contesto geopolitico segnato da attriti continui. Il continente, che conta circa un settimo della popolazione mondiale, dispone del nove per cento delle risorse di acqua dolce, ripartite però in modo diseguale, male utilizzate e minacciate da inquinamento e in qualche caso da accaparramenti a beneficio di interessi privati, locali e internazionali. Secondo i dati delle Nazioni Unite, solo il 64 per cento della popolazione africana ha accesso all’acqua potabile. Tuttavia, in situazioni nel passato spesso sfociate in conflitti armati comincia ora a farsi largo la volontà di percorrere la strada maestra della cooperazione. Ma si tratta di una strada ancora irta di ostacoli e di un’impostazione tutt’altro che consolidata. Gli sviluppi politici e diplomatici di alcune tra le più annose e cruente crisi africane, infatti, aprono o riaprono contenziosi solo all’apparenza marginali e che sarebbe miope sottovalutare da parte della comunità internazionale. Giunto all’aeroporto internazionale Nelson Mandela di Praia nella tarda serata del 9 giugno, S.E. Mons. Dominique Mamberti, Segretario per i Rapporti con gli Stati, ha compiuto una visita ufficiale a Capo Verde, su invito del Governo nazionale, per firmare l’Accordo sullo Statuto giuridico della Chiesa cattolica in Capo Verde. A ricevere Sua Eccellenza, oltre al Direttore Generale del Cerimoniale e del Protocollo, il Dott. Emanuel Duarte, e all’Ambasciatore presso la Santa Sede, il Dott. Domingos Mascarenhas, erano presenti il Ministro degli Affari Esteri, S.E. Ing. Jorge Borges, il Nunzio Apostolico, S.E. Mons. Luis Mariano Montemayor, il Vescovo di Santiago de Cabo Verde, S.E. Mons. Arlindo Furtado, e il Vescovo di Mindelo, S.E. Mons. Ildo dos Santos Lopes Fortes. La mattinata di lunedì 10 giugno è iniziata con una visita presso il Ministero degli Affari Esteri. Il Ministro degli Affari Esteri ha ricevuto privatamente S.E. Mons. Dominique Mamberti; successivamente sono state presentate le due Delegazioni: quella di Capo Verde era composta dal Ministero degli Esteri, dall’Ambasciatore Domingos Mascarenhas, dall’Ambasciatore Fernando Wahnon, Direttore per la Cooperazione internazionale, e da altri funzionari dello stesso ministero. La Delegazione della Santa Sede L’arcivescovo Mamberti e il Ministro degli Esteri di Capo Verde, subito dopo la firma dell’accordo era integrata da: S.E. Mons. Mariano Montemayor; S.E. Mons. Arlindo Furtado; S.E. Mons. Ildo dos Santos Lopes Fortes; Mons. Giuseppe Laterza, Consigliere di Nunziatura presso la Sezione per i Rapporti con gli Stati; Rev. Joã Augusto M. Martins, Vicario Generale della Diocesi di Santiago; Rev. Boaventura Lopez, Vicario Giudiziale della Diocesi di Santiago. Durante l’incontro Valutazioni del comandante dell’Isaf Alta affluenza alle urne L’Afghanistan non è il Vietnam Nelle presidenziali iraniane in testa il riformista Rohani KABUL, 15. «Non paragonerei l’Afghanistan al Vietnam»: è la valutazione espressa ieri dal generale Joseph Dunford, comandante supremo della Forza internazionale di assistenza alla sicurezza (sotto l’egida della Nato). Parlando nella sala riunioni del quartier generale a Kabul, il generale ha detto che la differenza tra le due guerre è «profonda». Dunford ha ricordato che «qui siamo stati chiamati dal Governo e dal popolo afghani». E nello stesso tempo ha ammesso che la violenza, nel territorio afghano, «non è ancora sradicata». I talebani, che recalcitrano di fronte a ogni offerta di dialogo, proseguono infatti nella loro azione destabilizzante, fatta di attentati suicidi e di imboscate. Si è dunque di fronte a uno scenario molto critico, che potrebbe, si teme, ulteriormente aggravarsi dopo il 2014, quando sarà stato completato il ritiro del contingente internazionale. Al riguardo il comandante dell’Isaf ha detto che, grazie anche a un lavoro paziente e qualificato da parte dei soldati della coalizione, sono state create le condizioni per cui le forze afghane sono ora in grado di garantire un sufficiente livello di sicurezza. Certo, ha ammesso il generale Dunford, esistono ancora ampi margini di miglioramento. In particolare ha posto l’accento sul fatto che bisogna fare di più nell’ambito dei servizi di intelligence per prevenire gli attentati. Anche sul piano della logistica vanno apportate modifiche ed eliminate pecche. «Insomma non siamo ancora al punto in cui vorremmo» ha dichiarato il generale, il quale ha tenuto a sottolineare che «senza un impegno internazionale continuo» tutti i progressi compiuti finora, pur tra mille difficoltà, rischierebbero di essere vanificati. Un impegno che riconosce, tra le priorità, il contributo al consolidamento delle istituzioni afghane. TEHERAN, 15. Il candidato riformista moderato nelle elezioni presidenziali iraniane, Hassan Rohani, avrebbe superato, seppur di poco, il cinquanta per cento dei voti validi necessari per vincere al primo turno; si tratta però ancora di risultati parziali resi noti questa mattina dal ministero dell’Interno. Rohani comunque al momento ha un numero di voti che è tre volte quello del suo principale rivale. Rohani — che ha promesso di recuperare i rapporti dell’Iran con la comunità internazionale — ha ottenuto oltre cinque milioni di voti (50,8 per cento) sui circa dieci milioni di schede valide scrutinate. Dietro di lui, il sindaco di Teheran, il conservatore Mohammad Baqer Qalibaf, che ha avuto poco più di un milione di voti, il 16,1 per cento, seguito dall’altro candidato conservatore, l’attuale capo negoziatore sul programma nucleare iraniano, Saeed Jalili. Più distaccati gli altri tre candidati, tutti conservatori. Se si confermasse il risultato, Rohani — che è sostenuto dagli ex presidenti riformisti, Akbar Hashemi Rafsanjani e Mohammad Khatami — avrebbe ottenuto un netto successo evitando il voto di ballottaggio. L’affluenza alle presidenziali iraniane è stata di circa l’ottanta per cento dei 50,5 milioni di aventi diritto. Nelle precedenti elezioni del 2009, avevano registrato un tasso di partecipazione dell’85 per cento. Alle elezioni parlamentari della primavera dell’anno scorso la partecipazione era stata invece del 64,2 per cento. A causa dell’elevata affluenza, ieri sera la chiusura delle urne è stata prorogata di cinque ore prima dell’avvio dello spoglio. Il ministro dell’Interno iraniano, Mostafa Mohammad Majjar, ha annunciato che lo spoglio sarà concluso oggi e i risultati definiti verranno annunciati in giornata. Inoltre, il ministro dell’Interno ha sottolineato che rappresentanti dei candidati erano presenti in tutti i seggi, in linea con nuove misure prese per aumentare la trasparenza. La polizia disperde una manifestazione di protesta per i rincari nel trasporto pubblico Disordini a San Paolo del Brasile Una fase dei disordini a San Paolo del Brasile (The Wall Street Journal) BRASILIA, 15. Alta tensione a San Paolo del Brasile. Gravi disordini sono scoppiati nella notte tra giovedì e venerdi, dopo che la polizia militare aveva disperso una manifestazione contro l’aumento del prezzo dei biglietti del trasporto pubblico. Gli agenti hanno sparato pallottole di gomma e lacrimogeni contro i manifestanti, che hanno reagito scagliando pietre. Il sindaco di San Paolo del Brasile, Fernando Haddad, ha criticato l’eccessivo uso della forza da parte degli agenti: «La polizia — ha detto — non ha agito correttamente». Il sindaco, che appartiene al partito dei lavoratori attualmente al Governo in Brasile, ha ricordato che la polizia militare «è sotto il comando del Governo dello Stato» di San Paolo, che invece è guidato dall’opposizione a livello nazionale. Il governatore Gerardo Alckmin ha risposto che non intende tollerare «atti di vandalismo». sono stati affrontati temi di comune interesse nelle relazioni bilaterali ed è stato sottolineato il considerevole apporto offerto dalla Chiesa cattolica alla società capoverdiana, soprattutto nel campo dell’educazione e della promozione sociale. Entrambe le Parti hanno riconosciuto l’eccellenza dei rapporti esistenti, così come la coincidenza di vedute su molti dei temi dell’agenda internazionale, in particolare per quanto riguarda la situazione politica nella sub-regione dell’Africa occidentale, la salvaguardia della pace, la promozione del rispetto dei diritti umani e la tutela della dignità umana in Africa, e su scala mondiale la necessità di uno sviluppo sostenibile. In seguito, nella stessa sede del Ministero degli Affari Esteri, si è proceduto alla Cerimonia della consegna all’Ambasciatore Domingos Mascarenhas dell’onorificenza della Gran Croce dell’Ordine di San Gregorio Magno. Oltre ai familiari dell’Ambasciatore, erano presenti alcuni membri del Ministero degli Esteri. Subito dopo, alla presenza del Primo Ministro, S.E. il Signor José Maria Neves, e con l’assistenza del Corpo Diplomatico residente a Praia, presso il Palazzo del Governo si è proceduto alla firma dell’Accordo, che viene a sancire il quadro giuridico del secolare rapporto esistente tra Capo Verde e la Chiesa cattolica. Alla cerimonia ha fatto seguito una colazione d’onore offerta dall’Ecc.mo Primo Ministro nella medesima sede governativa. Nell’immediato pomeriggio la Delegazione della Santa Sede è stata ricevuta dal Presidente dell’Assemblea Nazionale, il Signor Basilio Mosso Ramos, e dal Presidente della Repubblica, S.E. il Signor Jorge Carlos Fonseca, rispettivamente nella sede del Parlamento Nazionale e nello storico Palazzo del Governatore, oggi residenza presidenziale. Durante i cordiali colloqui, le Autorità statali hanno evidenziato le eccellenti relazioni da sempre esistenti tra le Istituzioni nazionali e la Chiesa cattolica, che ha contribuito molto all’identità nazionale della giovane Repubblica (1975). Da parte sua, il Presidente della Repubblica ha ricordato con viva gratitudine il recente incontro avuto in Vaticano con Sua Santità Papa Francesco, reite- Sanguinoso attacco a un commissariato in Guatemala CITTÀ DEL GUATEMALA, 15. Otto poliziotti sono stati uccisi e un ufficiale è stato sequestrato in Guatemala, dove un gruppo di uomini armati ha fatto irruzione ieri in un commissariato a Salcajá, una cittadina della regione nordorientale di Quezaltenango. Il ministro dell’Interno, Mauricio López Bonilla, ha detto alla stampa che il gruppo armato è arrivato al commissariato a bordo di due camioncini e che gli uomini erano pesantemente armati. Gli agenti uccisi erano tutti disarmati, giacché si trovavano in un momento di riposo. L’ufficiale sequestrato è Cesar Augusto García. Secondo le autorità, il violento attacco sarebbe una risposta a una serie di operazioni di polizia lanciate nei giorni scorsi contro bande locali di narcotrafficanti. randoGli l’invito a visitare il Paese. Stesso invito unanimemente è arrivato da tutte le altre Autorità di governo. In tutti gli incontri, il Segretario per i Rapporti con gli Stati ha profittato nuovamente dell’occasione speciale per sottolineare alcuni aspetti delle relazioni tra Stato e Chiesa in Capo Verde, come l’importanza del ruolo della Chiesa nella società, il sostegno statale per le opere ecclesiali di carattere sociale, nonché l’opportunità di ulteriori accordi bilaterali per una più proficua collaborazione nel quadro del documento firmato. Alle 19.00 dello stesso giorno, Sua Eccellenza ha partecipato ad una solenne Concelebrazione eucaristica nella pro-Cattedrale di Praia ed ha trasmesso i saluti del Santo Padre, impartendo la Benedizione Apostolica. La giornata si concludeva con una cena presso il Seminario di Praia, dove erano presenti la quasi totalità del clero diocesano e religioso, e dove il Nunzio Apostolico ha spiegato a grandi linee il contenuto dell’Accordo e le prospettive giuridiche che si aprono. Nella mattinata di martedì 11 la Delegazione della Santa Sede è stata accompagnata a Santa Catarina, comune al centro dell’Isola di Santiago, dove c’è stato un momento di preghiera con la comunità parrocchiale locale. Subito dopo, il Segretario per i Rapporti con gli Stati è stato ricevuto dal Presidente dell’Assemblea municipale e dal suo Consiglio. Con gli illustri interlocutori, Mons. Mamberti ha ribadito l’importanza dell’Accordo appena firmato ed ha sottolineato la buona intesa collaborativa esistente tra la Comunità cristiana e le Istituzioni statali a beneficio dell’intera popolazione capoverdiana. Nel pomeriggio, dopo una breve visita di cortesia al Presidente della Municipalità di Praia, c’è stata la visita ai resti dell’antica cattedrale della Cidade Velha, prima sede episcopale nell’Africa occidentale istituita nel XVI secolo, e alla chiesa di San Francesco, che custodisce importanti reperti architettonici e lapidari del periodo coloniale. La giornata si concludeva con la Concelebrazione eucaristica presso la cappella del Seminario diocesano. Mons. Mamberti ha portato alla giovane comunità il saluto del Santo Padre e ha impartito, a Suo nome, la Benedizione Apostolica. Mercoledì 12 giugno, Mons. Mamberti si è recato nei quartieri più poveri della città di Praia ed ha fatto visita a due scuole cattoliche: la scuola “do Amor de D eus” (delle omonime suore) e il collegio “Miraflores” (delle Suore “Schiave della SS.ma Eucarestia”). Visitando gli ambienti ed incontrando le varie rappresentanze di alunni, docenti e personale educativo, Mons. Mamberti ha sottolineato l’importanza che l’istruzione ha nella formazione delle nuove generazioni per lo sviluppo integrale della persona umana e per una società più giusta. A tutti, il Segretario per i Rapporti con gli Stati ha portato il saluto benedicente di Papa Francesco ed ha assicurato la vicinanza del Santo Padre soprattutto ai più poveri ed emarginati. Nella serata della stesso giorno, a conclusione della visita, Mons. Mamberti ha incontrato il Vescovo emerito di Santiago e poi la comunità delle Suore Missionarie Spiritane, nella cui casa ha celebrato l’Eucarestia ed ha condiviso la tavola. Alle 23.55 del 12 giugno, Mons. Mamberti lasciava Praia per far rientro in Vaticano. L’OSSERVATORE ROMANO pagina 4 domenica 16 giugno 2013 Giuseppe Camadini ricordato a Brescia «Concert au Casino de Deauville» (1865) La semina di Beppe di MARCO RONCALLI poco meno di un anno dalla scomparsa — il 25 luglio scorso — Brescia, ma non solo, non dimentica il notaio Giuseppe Camadini, ricordato venerdì 14 giugno all’Istituto Paolo VI di Concesio. «Non un atto dovuto, e neppure un rito, ma l’omaggio sincero a un uomo e a un cristiano che ha colorato d’immenso la sua stagione terrena e che ha sempre seminato cose buone», così ha detto Michele Bonetti, il presidente della Fondazione Giuseppe Tovini, aprendo l’incontro, svoltosi nel segno della «fedeltà alle radici». È stata l’occasione per esprimere gratitudine, ma, soprattutto, per riflettere su uno dei tratti più significativi di una complessa parabola uma- A Giuseppe Camadini na, quello speso nel servizio alla causa dell’educazione dei giovani: almeno un paio di generazioni alle quali Camadini ha continuato a indicare, come punti di riferimento, modelli e percorsi della tradizione cattolica bresciana: da Giuseppe Tovini a Giovanni Battista Montini, convinto della loro fecondità anche — come ha detto il vicario generale della diocesi di Brescia, monsignor Gian Franco Mascher, recando un messaggio del vescovo Luciano Monari — «a fronte di un trapasso culturale» e «nel difficile passaggio di valori che ha provocato nella società incertezze diffuse e di incoerenze palesi». Ai progetti educativi sviluppati da Camadini, alla sua rete di relazioni, anche personali, al suo ruolo nelle istituzioni fondate e guidate in tutta la vita sono stati dedicati i tre interventi introduttivi. Quello del teologo don Angelo Maffeis presidente dell’Istituto Paolo VI che ha auspicato un rinnovato sostegno a favore della «creatura prediletta di Camadini»; quello di Gian Maria Seccamani Mazzoli alla guida dell’Associazione arte e spiritualità finalizzata «alla crescita morale e culturale dei giovani artisti attraverso la valorizza- zione della Collezione Paolo VI»; quello di Luciano Silveri che da pochi giorni ha lasciato la presidenza dell’Editrice La Scuola, altra istituzione che ha tra le sue priorità «la formazione delle nuove generazioni» ed è ora affidata al presidente Elia Zamboni. Di Camadini è stato più volte evidenziato l’impegno in questo campo, tradotto anche nella sede bresciana della Cattolica, nella Famiglia Universitaria per l’ospitalità dei giovani provenienti da fuori città, nelle diverse associazioni e iniziative di carattere formativo, di volontariato, e così via. E se è toccato al cardinale Giovanni Battista Re collocare la figura dell’amico nei perimetri della testimonianza («ha ricercato il bene, per tutti prima ancora che per sé») e di una capacità propositiva piena di fiducia (indirizzata a «guardare avanti e a guardare in alto», nella consapevolezza che «quanto si semina nel cuore della gioventù porta sempre buoni frutti»), è stato il presidente dell’Opera per l’Educazione Cristiana, Giovanni Bazoli, nel suo intervento conclusivo, a fare la sintesi di tanti approcci al profilo dell’«amico Beppe», fra memoria appassionata ed ermeneutica di un’eredità. A partire dal significato di tante «attenzioni straordinarie» ai giovani («li riteneva artefici del futuro e vedeva in loro quella grande famiglia che la scelta di non sposarsi gli aveva negato») sino alle scelte di chi si sentiva chiamato a trasmettere valori e certezze («diceva anche — ha concluso Bazoli — che dobbiamo rischiare sull’oggi avendo il passato come riferimento»). Come occorra farlo oggi, a Brescia, o altrove, alla luce di quel pluralismo — fatto acquisito dentro il mondo cattolico — al quale Camadini talora ha guardato con qualche preoccupazione, è traguardo di un impegno che, pur declinato con diverse sensibilità, dovrà accomunare quanti sono davvero interessati a vedere dietro il richiamo a una memoria, la spinta cristiana che ha suscitato tante iniziative. Nella certezza che — ed è un’immagine richiamata venerdì a Concesio da Bazoli — custodire una memoria significa avere cura non delle ceneri del passato, ma del suo fuoco, quello che ha acceso tante coscienze, nella gratuità di un impegno, nella professione di un Credo. Sabato 15 si svolge un incontro in ricordo di Camadini a Sellero, nella sua Valle Camonica. Un appuntamento annunciato con i contributi di Renata Bressanelli, Oliviero Franzoni, Giacomo Scanzi, Michele Bonetti. Battista Albertani, Graziano Tarantini. Ma anche una sosta sulle orme di una presenza per tanti anni familiare. Un altro omaggio, più intimo, all’uomo e alle sue radici. Il «Corriere della Sera» sull’eutanasia dei bambini Come merce difettosa In Olanda e in Belgio cresce, tra proposte e progetti di legge, il fronte di quanti vorrebbero estendere l’eutanasia ai bambini e ai minori affetti da malattie o malformazioni mortali. Si fa fatica già a capire la notizia: medici e genitori che condannano a morte piccoli ritenuti senza speranza. «L’eutanasia — commenta Isabella Bossi Fedrigotti sul «Corriere della Sera» del 15 giugno — è sempre la negazione della speranza, motore della vita. Ma nel caso di un bambino, di un ragazzo lo è a maggior ragione. Si rinuncia alla speranza in un miglioramento, in una guarigione che per istinto di padre e madre non si vorrebbe mai abbandonare; si dispera in quel che i credenti chiamano miracolo, gli altri inspiegabile ripresa oppure progresso della medicina. La cosiddetta morte dolce somministrata a un piccolo malato cancella tutto quanto». E a proposito dei genitori si domanda la giornalista: «Ma chi sono, come sono quelli che poi diranno al dottor morte di turno di “procedere” senza esitazione? (...) Li si capisce, ovviamente, e li si compiange dal profondo perché a loro è capitato il peggiore degli incubi di un genitore, ma è difficile sottrarsi all’idea che quell’aspirazione, quel desiderio di voltare pagina possano in qualche modo essere inquinati dall’egoismo». Quel «condannare a morte, sia pure dolce — l’espressione è violenta, ma come altro chiamare “l’operazione”? — il bambino malformato, malriuscito — conclude Bossi Fedrigotti — inevitabilmente suggerisce immagini di merce uscita dalla fabbrica con un difetto di costruzione che il negoziante si affretta a togliere dagli scaffali per avviarla alla discarica». A Parigi retrospettiva di Eugène Boudin Impressionista avant la lettre di SANDRO BARBAGALLO Cominciò a dipingerle nel 1863: l’invenzione di rappresentare scene di spiagge alla moda come Deauville, Trouville, Honfleur, si deve a Eugène Boudin. Durante il secondo impero l’artista traduce con la verità della cronaca l’ascesa di una società di privilegiati a formare una nuova classe sociale. In Concert au Casino de Deauville (1865), ad esempio, la folla è raccontata dai vaporosi abiti di dame confuse tra cagnolini scodinzolanti e cicisbei galanti. Le signore, viste da lontano, di spalle o di trequarti, sembrano scandire il ritmo della luce attraverso i toni pastello degli abiti. Equivalgono a cespugli fioriti in un paesaggio onirico, sorpresi da una brezza leggera che crea un mormorio di sottofondo. Nei quadri di Boudin c’è sempre il vento che scompiglia le nuvole in cieli grigio-azzurri, lasciando intuire romantiche gavotte come commento musicale alla scena. Fu lui a suggerire a Monet di uscire dall’atelier imparare a vedere e poi dipingere Di disegnare molto e poi dedicarsi al paesaggio Alla produzione di Boudin è dedicata — fino al 22 luglio — la prima mostra che si tiene a Parigi da più di un secolo dalla morte (a Deauville l’8 agosto 1898). È stata allestita presso il museo Jacquemart-André con lo scopo di rivalutare un pittore considerato il precursore misconosciuto degli impressionisti. Ci si chiede perché, anche quando dipinge figure con nome e cognome, come La Princesse Pauline de Metternick (1867), Boudin si concentri sul vestito, la cui seta scintilla al sole in contrasto con una visione quasi opaca di un mare sporco a calma piatta. Così accade che il volto della principessa sia cancellato da una luce che lo divora, quasi che l’artista volesse sottolineare che l’economia del quadro non si concentra sulla persona, ma sul suo contorno. Con questo tipo di selezione visiva, Boudin incontrò il favore di un pubblico attento alle novità dell’avanguardia, ma venne ignorato proprio da quella società di elegantoni e aristocratici che lui non disdegnava di rappresentare. Ma a modo suo. Boudin si afferma a poco a poco come pittore sociale. Percorre le spiagge della Normandia e della Bretagna dipingendo borghesi e aristocratici seduti in gruppo a respirare aria di mare. Così facendo storicizza quel cambiamento economico-sociale in atto lungo le coste della Normandia durante il secondo impero. Se dipinge il gran mondo visto da lontano, senza alcuna empatia, si mostra invece molto attento ai dettagli della vita quotidiana di pescatori, lavandaie e operai intenti alle proprie occupazioni. Esemplare l’opera Pecheuses sur la plage (1881). Dopo aver ritratto, forse troppo, la società parigina in villeggiatura, l’artista trova nell’osservazione di tante figure laboriose, una nuova fonte di ispirazione. Se le signore in crinolina diventavano poco più che macchie di colore quasi astratte, indifferenti e lontane, i pescatori e le lavandaie gli suscitano un interesse particolare per la poesia del quotidiano. Il pittore ammirava sia Millet che Courbet da cui aveva ricevuto qualche buon consiglio. Non a caso proprio i due maestri si erano clamorosamente ribellati alla pittura accademica e mondana, aspirando a rendere soprattutto le infinite possibilità della luce senza dimenticare però il realismo e il naturalismo. La vita semplice ispira a Boudin un giudizio severo su una società che lui definisce «di parassiti dorati con l’aria trionfante». Specifica anche che gli fanno pietà e che prova vergogna nel dipingere la loro oziosa pigrizia. Al di là di queste dichiarazioni moraliste, traspare spesso in Boudin un interesse tinto di rispetto che tradisce un’involontaria tenerezza per quelle figure anonime dipinte da lontano, come nella Plage de Trouville (1864). Si deve al poeta Baudelaire la rivelazione della sensibilità rara che Boudin riesce a ottenere con i pastelli, illustrando le «bellezze meteorologiche» di paesaggi dipinti in Normandia, Bretagna, Venezia, Anversa fino alla Costa Azzurra. Ripartiamo dall’inizio: all’incontro tra Eugène Boudin e Claude Monet presso il corniciaio Gravier a Le Havre. Nella vetrina di costui Monet espone le sue caricature e Boudin i suoi paesaggi. Claude Monet ha appena diciassette anni e disdegna Boudin che ne ha sedici più di lui. Il “vecchio” Boudin però, intuisce il grande talento del giovane e fa il primo passo, dandogli alcuni suggerimenti. Monet, in quel periodo della sua vita, è infatti molto impregnato di leggi accademiche, mentre il pittore più anziano gli suggerisce di imparare a vedere e poi a dipingere, di disegnare molto e poi dedicarsi al paesaggio. Monet nella sua ingenua arroganza giovanile non nasconde di aver condiviso con il pubblico «L'embarcadère à Trouville» (1864) di Le Havre il disprezzo per l’opera di Boudin. Nonostante questo, superata l’iniziale diffidenza, il giovane Monet si lascia convincere ad accompagnare Boudin in giro per la campagna a dipingere le motif. Termine, questo, usato anche da Cézanne per i suoi quadri en plein air. Attraverso queste passeggiate e un continuo dipingere d’après nature, Monet impara a rispettare la pittura chiara di Boudin e si innamora appassionatamente di un mondo esterno all’atelier. Monet confesserà nelle sue memorie che Boudin dimostrò un’enorme generosità e disponibilità nel decidere di occuparsi della sua formazione. Mentre Boudin lavorava al cavalletto davanti a un paesaggio, Monet racconta di essere stato folgorato da una profonda emozione. Una sorta di illuminazione gli permise di capire cosa si poteva realizzare con la pittura. Del resto, oggi Al Teatro della Pergola di Firenze Ritorna il primo «Macbeth» di Verdi Una pagina dell’autografo verdiano del libretto di «Macbeth» Nell’anno in cui ricorrono i duecento anni dalla nascita di Giuseppe Verdi, il Festival del Maggio Musicale Fiorentino propone al Teatro della Pergola, dal 17 al 25 giugno, l’unico titolo verdiano andato in scena in prima assoluta a Firenze: Macbeth, nell’edizione del 1847, da allora mai più ripreso nelle stagioni e nei teatri della città. La nuova produzione sarà firmata da Graham Vick e diretta da James Conlon. Ispirato all’omonima vicenda, narrata da Shakespeare nel 1608, e successivamente tradotta da Schiller (entrambe fonti care al compositore), il dramma di Verdi — che rimase affascinato dalla spasmodica ambizione di Macbeth e della Lady — venne rivisto, nel libretto e nella musica, quasi vent’anni dopo (1865) e adeguato ai canoni previsti dal grand opéra. Quasi tutte le differenze fra le due edizioni possono essere ricondotte al personaggio principale: nell’edizione 1847 l’accento è posto su Macbeth, nel 1865 sulla Lady. Nella prima versione il protagonista muore in scena, nella rivisitazione più tarda viene sostituita dal coro si considera Eugène Boudin, il precursore dell’impressionismo, eppure era uno dei pochi pittori che sfuggiva all’immagine letteraria che andava di moda nella seconda metà del XIX secolo in Francia. I letterati lo consideravano una sorta di timido insetto, niente di paragonabile con le battute sarcastiche di Degas, né con Cézanne che fu a lungo quasi un fratello per Zola. La sua è la storia di un normanno, figlio di un povero marinaio e di una onesta cameriera, nato a Honfleur il 12 luglio del 1824. Se quindi non riusciva a diventare mondano lo doveva sia a una coscienza di classe, sia a un’inguaribile timidezza che gli faceva pensare che ognuno dovesse stare al proprio posto. Arrivò al punto di spedire un amico a visitare la sala da pranzo di un castello in cui lui avrebbe dovuto collocare alcuni pannelli che gli erano stati ordinati. Episodi del genere ci fanno capire quanto poco parigino potesse essere un artista come Boudin che, infatti, confidava agli amici che a Parigi si sentiva comme un exilé. Nella capitale era andato grazie a una borsa di studio, offertagli dal comune di Le Havre. Pur essendo ancora molto giovane, conduce una vita austera, tutta dedita alla pittura, suo unico piacere; raramente indugia con gli amici a bere un boccale di birra a La Belle Poule. Quando incontra l’olandese Johan Barthold Jongkind a Honfleur, nel 1862, impara la difficile arte di dare al quadro la stessa freschezza dello schizzo preparato- trionfale, che inneggia alla vittoria di Macduff e all’incoronazione di Malcolm. Si tratta dunque di un’occasione che fa rinascere il cosiddetto “dramma scozzese” esattamente nel luogo dove era stato concepito. Una prima edizione storica, che vide Verdi impegnato anche nella regia, nell’allestimento e sul podio. rio. I due artisti si piacciono subito e solidarizzano perché hanno lo stesso mercante. Boudin, sempre generoso, riconosce all’amico il merito di avergli aperto una nuova visione estetica. Dirà infatti: «Sono entrato attraverso la porta che Jongkind aveva sfondato, avrei forse potuto anche io avere la mia piccola parte di influenza in quel movimento che conduce la pittura verso lo studio della grande luce all’aria aperta e della autenticità nel riprodurre gli effetti del cielo». Boudin era stato un autodidatta che a ventidue anni aveva deciso di vivere solo per la pittura che diventa il suo primo e unico amore. Il successo gli arriverà tardi, ma alla fine lo consacrerà come Roi des Ciels. Interessante è anche la storia del museo che ospita questa mostra. Il grande collezionista Edouard André sta per acquistare un buon numero di opere di Boudin quando si sposa con una giovane pittrice Nelie Jacquemart che ama moltissimo l’arte antica italiana e nel 1872 aveva dipinto il ritratto del futuro marito in stile rinascimentale. La giovane moglie convince Eduard a concentrarsi sulla pittura italiana antica. L’incontro con Boudin verrà dunque rimandato per più di un secolo. Tanto lungo è stato il tempo necessario perché le sue marine, le scene di spiaggia, i cieli mossi dal vento, del pittore di Honfleur potessero ornare i muri del palazzo, secondo l’antico desiderio del suo proprietario. E Barenboim ripropone il «Ring» A partire dal 17 giugno il Teatro alla Scala inscrive nella sua stagione 20122013 una doppia Tetralogia che proporrà al pubblico un’immersione totale nel grande viaggio nel tempo e nell’uomo realizzato da Wagner, del quale ricorrono i duecento anni dalla nascita. Quattro allestimenti diversi, ma legati in uno stesso progetto firmato dal regista Guy Cassiers, sotto la direzione di Daniel Barenboim, con quattro cast di specialisti che proporranno il Ring in sette giorni. Das Rheingold, Die Walküre, Siegfried e Götterdämmerung una dopo l’altra. Un prologo e tre giornate. Quindici ore di musica nella lunga ma concentrata unità di tempo della stessa settimana. Lunedì, martedì, giovedì, sabato. Per due volte. L’OSSERVATORE ROMANO domenica 16 giugno 2013 Il Vaticano II pagina 5 visto dal cardinale Giovanni Colombo Quella pioggerellina autunnale che spiegava tutto no felice espressione, si proclamava quest’ora complessa e travagliata della storia. Ma ci voleva la mente — “aggiornamento”. La prima cura e il primo intento vasta, animatrice, sistematica, arditadi Colombo nel periodo conciliare mente aperta di Paolo VI per contifurono quelli di rendere i suoi stessi nuarlo» — di fatto Paolo VI resterà il fedeli, da Milano, partecipi del- continuo e ammirato riferimento di l’evento, e lo fece specialmente attra- Colombo, che da Montini era stato verso le sue Lettere dal Concilio, che posto sulla cattedra di sant’Ambrosono, oltretutto, dei piccoli gioielli gio. Ed esattamente secondo Montini, di narrazione. In esse Colombo ofè da lui delineato il tema unificatore friva — nella trascuranza di tutto o il disegno organico intorno al quaquanto, ai margini del concilio, venile si aggirano i decreti e le discussiova rumoreggiando dalla pubblicistica ni del padri, ossia la Chiesa, e Gesù dei vaticanisti, o dalla polemica dei Cristo. Scrive Colombo: «Le quattro teologi e talora dalla stessa loquacità grandi linee che nel pensiero di Paodi qualche padre — non lo VI costituiscono l’architettura del solo un’acuta e articolata Concilio e del suo tema unificatore lettura teologica dei do- si congiungono in un vertice, Gesù cumenti vaticani, ma, Cristo, il Capo della Chiesa, con espiù in generale, una niti- sa inseparabilmente congiunto, in esda sintesi della sostanza sa indefettibilmente presente e opeÈ appena uscito in libreria il volume del mistero cristiano, col rante. Non appena nella mente del Giovanni Colombo. Il concilio Vaticano II. rilievo puntuale delle Papa appare, come sullo sfondo di Discorsi e scritti (Milano, Jaca Book — Centro novità che lungo il corso un’abside, la figura di Cristo, il suo Ambrosiano, 2013, pagine 312, euro 25): della riflessione ecclesia- animo “rapito e smarrito” erompe in pubblichiamo alcuni brani della le hanno segnato il tra- un fremente inno di adorazione, di Presentazione scritta dall’autore e, in basso, guardo del concilio. lode, di amore: “Cristo! Cristo noalcuni stralci dei testi inediti Al cardinale premeva stro principio; Cristo nostra vita e che si trovano nel libro anzitutto cogliere la ge- nostra guida; Cristo nostra speranza attinti dall’«Archivio cardinale Colombo». nesi del Vaticano II, sulla e nostro termine... Cristo da cui vequale afferma: «Ci vole- niamo, per cui viviamo, e a cui anva non meno di tutta la diamo”». suo ministero: la chiarezza e la per- candida saggezza e l’afflato mistico Tramite le Lettere, i fedeli ambrospicuità della parola, il giudizio luci- di Giovanni XXIII per trovare il co- siani sono tenuti al corrente di quel do e penetrante, la capacità di co- raggio di indire e convocare con tan- che avviene ed è via via oggetto di glierne e rilevarne i contenuti essen- ta celerità un Concilio Ecumenico in appassionata e libera discussione ziali delle questioni, la singolare capacità di discernere le situazioni, quindi la ponderatezza e l’equilibrio delle decisioni. E in questo Colombo era soccorso dalla sua indole che lo premuniva dai facili entusiasmi o dalle deliberazioni precipitose, da cui non sempre furono preservati pastori meno zelanti, se non meno avveduti. Esaminando il magistero e l’atteggiamento dell’arcivescovo Colombo di fronte al concilio, possiamo distinguere due periodi, quello in cui il concilio era in corso, e del quale egli era attivamente partecipe, e quello della temperie post-conciliare, in cui si trattava di interpretare e di applicare il dettato vaticano. Colombo fu intensamente presente in entrambi, recandovi il suo contributo prima come padre conciliare e poi come responsabile di una grande Chiesa, che si trattava di introdurre nella lettera e nello spirito del concilio, di mostrarne insieme la continuità con la non mutabile e non aggiornabile Tradizione, e le novità o — Fiaccolata notturna per l'apertura del concilio a piazza San Pietro (11 ottobre 1962) come, con felice e per certi versi medi INOS BIFFI l concilio Vaticano II il cardinale Giovanni Colombo ha dedicato una parte importante e significativa del suo impegno episcopale. Lo attestano i molteplici interventi, intesi sia a illustrare i testi conciliari sia a tradurli in precise scelte pastorali. Possiamo osservare subito che in questi documenti sul Vaticano II, spiccano i tratti che contrassegnavano la personalità di Colombo e distinguevano la forma del A Inediti Lo sciopero del medico e quello dell’operaio al primo principio conciliare che abbiamo denominato della supremazia dell’uomo, unica creatura sulla terra voluta e amata da Dio per se stesso, consegue anzitutto che non è lecito nessun trattamento che lo faccia strumento di qualcuno o di qualcosa che non è lui stesso in persona, il suo bene, il suo fine. Non sarà, quindi, lecito che con rischio di grave menomazione dal medico venga considerato alla stregua di una cavia, anche quando la posta finale della ricerca o della sperimentazione è un progresso della scienza che alla fine ridonderà a beneficio dell’umanità intera. E neppure sarà lecito al medico fare della vita di un uomo strumento per la vita di un altro uomo, anche quando è la salvezza della madre a invocare la soppressione del feto che porta in seno (aborto diretto), e anche quando è il ricupero di una vita umana a suggerire l’abbreviazione di un’altra vita umana di cui pur si prevede la morte vicina e fatale (trapianti di organi vitalmente indispensabili). Del pari, il malato non può essere strumentalizzato come mezzo di pressione per le rivendicazioni, pur legittime, della categoria del medici. Ben diverso è il piano su cui si svolge lo sciopero dell’operaio da quello del medico. Il primo ha rapporto con una merce da produrre, sia pure a vantaggio dell’uomo; il secondo è in contatto diretto con la persona umana e non è facile evitare di lederne i diritti fondamentali. In ogni caso nelle agitazioni dei medici per una loro maggiore dignità e giustizia, si dovrà sempre salvaguardare D almeno la necessaria assistenza, dovuta alla persona malata. E qui s’apre, e mi tenta, l’occasione di un più lungo discorso a proposito della socializzazione dell’assistenza sanitaria che, attraverso mutue e organizzazioni statali sta diventando sempre più vastamente un’assicurazione sociale. Ma lo sforzo di portare l’assistenza medica individuale nell’ambito dell’assistenza medica socializzata forse non è stato accompagnato da un correlativo impegno di creare una deontologia normativa adeguata alla medicina socializzata. Si richiedeva un senso più approfondito della responsabilità da parte di tutti, medici e mutuati; si richiedeva per dirla con la nota espressione di Bergson «un supplemento di anima». Per il valore di supremazia della persona umana, la medicina, anche quando è socializzata, non potrà e non dovrà trasformarsi in cura sanitaria di anonimato e di massa. L’uomo è un assoluto instrumentabile, ha insegnato il concilio: legislatori, sindacalisti, e medici, tutti ne devono essere persuasi e a ciascuno secondo la propria competenza spetta escogitare l’opportuna attuazione. Anche il medico è un uomo che lavora per vivere, e come tutti ha bisogno e ha diritto a una ricompensa adeguata al valore della sua prestazione. Nessuno lo può disconoscere. Quello che non deve accadere è che il medico ceda alla tentazione di considerare il suo malato semplicemente come una fonte di cupido guadagno. Infine un’altra considerazione è da aggiungere. Il principio della supremazia ha un limite: riconosce all’uomo il potere su tutte le creatu- re della terra, ma non su se stesso incondizionatamente. Tutte le cose, infatti, sono per lui, ma lui non è per se stesso, ma è per Cristo, e Cristo è per Dio (cfr. 1 Cor 3, 22). E ciò che vuole dall’uomo, Dio l’ha espresso anche mediante le leggi della natura umana, anche mediante la legge biologica del processo generativo. L’uomo perciò è tenuto a rispettare la verità originaria del suo essere come volontà di Dio. nell’assemblea conciliare, sulla quale, Colombo sente che «aleggia uno spirito di intensa e pacata religiosità». Egli è comunque persuaso che «il protagonista invisibile del Concilio, lo Spirito Santo, sta inserendo nei solchi della Chiesa, scavati dalle discussioni e dalle riflessioni dei Padri del Vaticano II semi mirabili, di cui solo i nostri posteri potranno misurare tutto lo sviluppo». L’arcivescovo di Milano è persuaso che «la Chiesa è in travaglio sotto l’azione misteriosa dello Spirito Santo. Domani mostrerà al mondo stupefatto il volto di una giovinezza incomparabile e affascinante». Solo che, insieme con l’azione dello Spirito, opereranno a Concilio finito, i fraintendimenti e le alterazioni e allora l’arcivescovo Colombo sarà severo e determinato nel denunziarli e stigmatizzarli. Tra i suoi interventi nell’aula conciliare possiamo sottolineare quello sull’educazione seminaristica: un argomento che egli ben conosceva e gli stava molto a cuore per aver trascorso diversi decenni come docente ed educatore nei seminari milanesi. Egli afferma: «Nell’educazione seminaristica si riscontrano indubbiamente parecchie lacune e persino difetti. Quanto ai difetti ne vanno in particolare menzionati due, per altro assai gravi e maggiormente deplorati e cioè l’assenza di un’unità organica e la mancanza di una formazione umana». «Non dobbiamo dimenticare che nella formazione seminaristica non si dà valido progresso, se questo non è unito al progresso nell’amore personale, sincero, virile, indiviso a Cristo: a chi lo avrà conseguito, tutto il resto sarà dato in aggiunta». Colombo non mancherà di mettere in guardia i suoi fedeli contro le idee false e le alterazioni della stampa sui contenuti e sulle discussioni conciliari. Scrive in una Lettera, col gusto letterario a cui non seppe o non volle rinunciare: «Una di queste sere, guardando da Piazza S. Pietro, scorgevo, bassa sul cielo in fondo a Via della Conciliazione, una luna piena, così strana e buffa che simile non avevo mai vista: bislunga, di colore arancione fosco, sembrava un uovo enorme, ripieno di brace fumosa che trasparisse attraverso il guscio. Tanto al mio sguardo la luna appariva deformata dai densi vapori del tramonto d’ottobre. Così, pensavo non senza tristezza, il Concilio viene spesso sfigurato agli occhi degli uomini dalle nebbie della stampa. E ciò che, vissuto nell’interno dell’aula conciliare è un’esperienza incomparabile della presenza dello Spirito Santo operante nella Chiesa, riflesso all’esterno sui giornali che informano e deformano l’opinione pubblica, immerso nella cronaca mondana, viene fatto apparire come un conflitto di interessi partigiani e di passioni terrestri. Potrei ricordare molti casi, ma questa volta mi riferisco a uno particolare, e cioè ai giudizi superficiali e inesatti che sui giornali hanno Il cardinale arcivescovo di Milano fatto molto chiasso attorno alla que- più esplicitamente affermato che il stione del celibato ecclesiastico e ministero pastorale dei presbiteri all’intervento diretto del Papa in non nasce soltanto dalla missione proposito». canonica, ma è congiunto con la pieTra i documenti approvati e pro- nezza sacramentale dello stesso samulgati nell’ultima sessione del con- cerdozio dei vescovi, da cui il sacercilio vi è la costituzione Gaudium et dozio dei presbiteri promana e a cui spes. Colombo ritiene che «il docu- rimane connesso nel suo esercizio». E così Colombo incomincia l’ultimento più che a una “costituzione” assomiglia a una lettera stesa a cuore ma Lettera dal Concilio: aperto, a eloquio effuso». Dunque, «Il Concilio è finito. Da qualche come si vede, un elogio della costi- giorno si respira aria di congedi. I tuzione. Anche se, di fronte Padri dopo quattro autunni consecuall’espressione «eloquio effuso» della tivi di lavoro duro, irto di problemi penna di Colombo, è legittimo qual- e gravido di responsabilità, si prepache sospetto. rano a partire, si salutano a vicenda Giacomo Biffi nelle sue Memorie non senza avvertire in cuore un’omricorda l’osservazione di Hubert bra di tristezza, promettono l’uno Jedin: «Questa Costituzione fu salu- all’altro di non sciogliere nella lontatata con entusiasmo, ma la sua storia nanza gli amichevoli rapporti annoposteriore ha già dimostrato che al- dati durante le sessioni conciliari, e lora il suo significato e la sua impor- prima di separarsi posano volentieri tanza erano stati largamente soprav- per una fotografia di ricordo». valutati e che non si era capito E volgendo uno sguardo a tutto il quanto profondamente quel “mon- concilio osserva che «è un controdo” che si voleva guadagnare a Cri- senso parlare di “progressisti” da sto fosse penetrato nella Chiesa». una parte e di “immobilisti” dall’alAnche Karl Barth, ricorda sempre tra»: «L’opera del Concilio si risconGiacomo Biffi, aveva notato — ed tra in una sintesi coraggiosa e proera vero per «buona parte della mentalità Sul concilio diceva del postconcilio» — «Ci volle tutta la candida saggezza che il concetto di “mondo” della Gaue l’afflato mistico di Giovanni XXIII dium et spes non era per iniziarlo quello del Nuovo Testamento. E la mente vasta, animatrice e arditamente Quanto al cardinale aperta di Paolo VI per continuarlo» Colombo, Giacomo Biffi riferisce la risposta che l’arcivescovo, «acuto e libero pulsiva di diversi aspetti, in un equicome sempre», aveva dato a monsi- librio ricostituito nella valorizzaziognor Carlo Colombo, soddisfatto ne armonica di verità complemendel risultato di tante discussioni: tari. «Quel testo ha tutte le parole giuste; Questo equilibrio dinamico e sono gli accenti a essere sbagliati». aperto, capace di creare un nuovo «Purtroppo — conclude Biffi — il stile di vita nella Chiesa, è la nota postconcilio è stato influenzato e dominante di tutti i documenti proammaliato più dagli accenti che dal- mulgati dal Vaticano II». le parole». «Io non dico — conclude — che il Durante l’ultima sessione, il cardi- Vaticano II abbia fatto tutto, ma cernale Colombo intervenne in aula, to ha fatto molto, più di quanto si con singolare acutezza, su due fon- aspettava. Io dico che di là da ciò damentali argomenti: «Matrimonio e che è stato scritto e condensato nei famiglia» e «Ministero e vita sacer- documenti conciliari, il Vaticano II dotale». Riguardo a quest’ultimo, da resterà nella storia per un nuovo lui genialmente approfondito come vento pentecostale che spalanca pordocente di teologia spirituale, osser- te e finestre, che ravviva ogni stavava: «Il ministero sacerdotale sotto gnante atmosfera, che abbatte murail profilo teologico sarebbe più feglie anguste e angustianti, che socondo se fosse ancor più chiaramenspinge la Chiesa verso l’avvenire inte e strettamente congiunto col mistero della Chiesa, e se soltanto me- contro a Cristo che ritorna». Ma con la chiusura del concilio diante la Chiesa fosse congiunto al sacerdozio di Cristo Signore». E non finisce l’attività conciliare del cardinale Colombo. Essa continua vorrebbe, inoltre, che «fosse ancor assiduamente con tutta una serie di interventi mirati a presentarne e ad approfondirne il contenuto e a mettere in luce i suoi svariati campi di applicazione. Ne è così derivato un magistero multiforme, splendido per profondità, chiarezza e concretezza; e, insieil progresso umano, di qualsiasi time, vigile nel mettere in luce le inpo e forma, scientifico o tecnico o terpretazioni fedeli, discriminandole manuale, individuale o collettivo, prontamente, con estrema e lucida deve essere ritenuto come una colfermezza, da quelle arbitrarie e altelaborazione con il Creatore e ranti, che di fatto nel tempo postun prolungamento della sua conciliare non mancavano di diffondersi e di propagarsi largamente. opera, la quale risulta sempre Nel 1987, frugando nella sua menon solo a utilità dei fratelli e a moria, riandava all’ottobre del 1962, perfezionamento di chi la comai compagni di banco nell’aula vatipie, ma anche a gloria di Dio. cana, e «la pioggerellina autunnale «I cristiani, quindi non si soche accolse la bianca processione dei gnano nemmeno di contrapporPadri in piazza San Pietro, quasi re i prodotti dell’ingegno e del“un presagio” del rinnovamento del la potenza dell’uomo alla poconcilio che sarebbe dovuto penetratenza di Dio, quasi che la creare in noi, quieto e spontaneo, al motura razionale sia rivale del do di umidore fecondo, e non come Creatore; al contrario, piuttosto essi uragano distruggitore». sono persuasi che le vittorie «Un ultimo ricordo — aggiungeva dell’umanità sono segno della gran— non so tralasciare, ed è quello di dezza di Dio e frutto del suo inefPapa Giovanni, assorto in preghiera fabile disegno». Quanto più cresce e trasparente di gaudio interiore dula potenza degli uomini, tanto più rante la liturgia del mattino, e così chiaramente l’invisibile onnipotenlirico e popolare a sera, quando parza divina si manifesta nella sua vilò alla folla rischiarata dalle fiaccole sibile immagine che la rispecchia e e guardata dal cielo da una luna piena e tutta splendente». la rivela. Quale immagine lo rispecchia l concilio, riecheggiando le espressioni bibliche, richiama e riafferma l’insegnamento della tradizione cristiana che l’uomo è stato creato a immagine di Dio. Si badi: non una immagine che si manifesti vana come riflesso di specchio, o che resti inerte come una riproduzione fotografica, bensì un’immagine viva, che reca in sé «la presenza di un germe divino». Un’immagine, perciò, che deve essere amata di un amore simile a quello con cui si ama Dio. Non si può, infatti, amare realmente Dio invisibile, senza amare insieme la viva immagine che lo rivela nel mondo visibile. Perciò l’uomo ha la capacità e il dovere di imitare, per quanto consente la sua finitezza, il suo stesso Creatore. E lo imita in verità, quando con la sua intelligente in- I Andrea Pisano, «La creazione di Adamo» (1337-1342) dustriosità cerca di scrutare, sottomettere, governare il mondo nella giustizia e nella santità. Il lavoro e L’OSSERVATORE ROMANO pagina 6 domenica 16 giugno 2013 I vescovi irlandesi contrari alla legge sull’interruzione volontaria di gravidanza Campagna promossa dall’episcopato in Perú Ogni vita è bella Contro il traffico di esseri umani DUBLINO, 15. «Ogni vita umana è preziosa, ogni vita umana è bella, ogni vita umana è sacra. Scegli la vita!». Con queste parole i vescovi irlandesi hanno ribadito ancora una volta, nel corso dell’assemblea generale svoltasi a Maynooth, la loro contrarietà al disegno di legge sull’aborto presentato dal Governo. Durante i lavori, l’episcopato ha affrontato numerosi temi: matrimonio e famiglia, l’aborto, il summit del G8 che si terrà a Fermanagh, la Giornata mondiale della gioventù di Rio de Janeiro, il conflitto in Siria, l’Anno della fede, l’enciclica Evangelium vitae e l’anniversario del cinquantesimo Congresso eucaristico internazionale che si è svolto lo scorso anno in Irlanda. Riguardo all’aborto, la dichiarazione della Conferenza episcopale sottolinea il «momento cruciale nel quale si trova il Paese» e ricorda che «il diritto alla vita è il più fondamentale di tutti i diritti. Nessun individuo ha il diritto di distruggere la vita e nessuno Stato ha il diritto di minare il diritto alla vita. Eppure — si aggiunge — il Governo sta proponendo una legislazione sull’aborto che cambierà radicalmente la cultura della pratica medica in Irlanda. Per la prima volta sarà promulgata una legge che permetterà l’uccisione deliberata e intenzionale di un bambino non ancora nato. Ciò rappresenta un cambiamento radicale. Ogni cittadino, non solo le persone di fede, dovrebbe essere profondamente preoccupato. La dottrina della Chiesa cattolica è chiara: laddove una donna incinta gravemente malata ha bisogno di cure mediche che possano mettere in pericolo la vita del suo bambino, tali cure sono eticamente ammissibili purché sia fatto ogni sforzo per salvare sia la madre che il suo bambino. Questo — prosegue la dichiarazione dei presuli — è diverso dall’aborto, che significa togliere la vita innocente del nascituro in maniera diretta e intenzionale. Quale sia la legislazione appro- vata in un Paese, l’aborto è, e sarà sempre, gravemente sbagliato». I vescovi sottolineano che le persone in questo caso vengono fuorviate. «Legalizzare la distruzione diretta e intenzionale della vita di un bambino non ancora nato — spiegano — non può mai essere descritta come “salva-vita” o “pro-vita”. Contrariamente alle chiare prove psichiatriche in questo campo, questa legislazione propone l’aborto come una risposta appropriata alle donne che mostrano sentimenti suicidi durante la gravidanza. È possibile prevedere come conseguenza di tale normativa l’uccisione deliberata di un bambino, che altrimenti potrebbe essere salvato». L’episcopato irlandese si è detto convinto «che linee guida mediche migliorate, che non prevedono l’uccisione diretta e intenzionale dei non nati, potrebbero fornire chiarezza, oltre a rappresentare un passo in avanti dal punto di vista morale, legale e clinico. La libertà di coscienza è un diritto umano fondamentale. Uno Stato che coltiva veramente la libertà rispetterà la coscienza dei suoi cittadini e dei suoi rappresentanti pubblici, su un importante valore umano quale il diritto alla vita. È eticamente inaccettabile — spiegano i presuli — aspettarsi da medici, infermieri che esercitano l’obiezione di coscienza di chiedere ad altri di prendere il loro posto. Né dovrebbe qualsiasi istituzione con un’etica pro-vita essere costretta a fornire servizi abortivi». I vescovi puntano la loro attenzione anche sull’importanza della famiglia e del matrimonio come elemento fondante della società. Al riguardo, il prossimo 28 settembre si svolgerà a Maynooth una conferenza dal titolo “Il matrimonio nel cuore della Chiesa”, con l’obiettivo di esplorare la visione del matrimonio e della famiglia dal punto di vista della teologia cattolica. Nell’occasione singole persone e gruppi saranno chiamati a collaborare maggiormen- te con il Consiglio per il matrimonio e la famiglia. Infine, i presuli hanno ricordato l’importanza dell’enciclica Evangelium vitae di Giovanni Paolo II e la processione che si svolge oggi, sabato, a Roma lungo via della Conciliazione per richiamare l’attenzione sul valore della vita. Al riguardo i presuli irlandesi esortano sacerdoti e fedeli a continuare a recitare la “preghiera per la Vita” durante la messa e a casa affinché «la dignità e il valore di ogni vita umana possano continuare ad avere la loro importanza in questo Paese. Alcune madri oggi si trovano ad affrontare gravidanze difficili o critiche. Altre persone che hanno avuto o praticato un aborto, potrebbero rivivere ciò che è accaduto in passato. Tutti — concludono i presuli — meritano di ricevere l’amore, il sostegno e le cure di cui hanno bisogno». LIMA, 15. Culminerà con una colletta pubblica (dal 23 al 25 agosto prossimo) l’iniziativa di solidarietà «Condividere» promossa dalla pastorale della mobilità umana e dalla Conferenza episcopale peruviana (Cep) nell’ambito della campagna contro la tratta di essere umani e il traffico illegale dei migranti. La missione della campagna «Condividere» si concentra come ogni anno su problemi diversi cercando di favorire nelle persone un atteggiamento permanente di solidarietà e di aiuto fraterno e comunitario per la realizzazione di vari progetti sociali nel Paese sudamericano. Secondo il rapporto «Estimación mundial sobre el trabajo forzoso 2012» dall’Organizzazione internazionale del lavoro (Ilo) si stima che 20,9 milioni di persone siano vitti- me di lavoro forzato in tutto il mondo, di cui il 55 per cento sono donne e bambini. In America latina e nei Caraibi 1,8 milioni di persone sono sfruttate. Il prossimo 23 settembre, come ogni anno, sarà celebrata la Giornata nazionale contro la tratta di esseri umani, per sensibilizzare lo Stato e la società sulla necessità di combattere questo flagello. Il presidente della commissione episcopale per la pastorale sociale e presidente della campagna di solidarietà «Condividere», monsignor Héctor Eduardo Vera Colona, vescovo di Ica, ha sottolineato quanto sia «importante vedere la realtà con gli occhi di Gesù Cristo, con una visione panoramica che va in profondità e che vede sempre nel dettaglio». Il vescovo ha anche invitato i Un’allarmante analisi della fondazione Red Madre Crescono gli aborti in Spagna MADRID, 15. Il Paese in Europa con il maggior aumento del numero di aborti: è questa la “fotografia” della Spagna che emerge da uno studio pubblicato dalla fondazione Red Madre. Si tratta di una organizzazione, nata nel 2007, che offre il proprio sostegno psicologico e materiale a migliaia di donne nel Paese che sono a rischio di esclusione sociale. Lo studio dal titolo La realidad estadística del aborto en España pone in rilevo il fatto che, da quando sono disponibili dei dati ufficiali, le interruzioni volontarie di gravidanza hanno visto segnare una marcata linea ascendente. A riguardo si osserva che, mentre nel 1990 sono stati praticati 37.135 aborti, due decadi dopo, tale cifra è passata a 118.359, pari a un incremento del 68,62 per cento. In particolare, negli ultimi dieci anni, gli aborti sono aumentati di 48.502 casi ogni anno. La realtà spagnola contrasta con quella di altri Paesi europei. In Portogallo, per esempio, l’aumento annuo di interruzioni volontarie di gravidanza per anno, in base all’analisi comparativa contenuta nello studio, è pari a 16.685. Nel Regno Unito, invece, l’incremento annuale è di 13.910. Anche in Francia — dove nel 2011 sono stati praticati 211.985 aborti — si osserva una leggera flessione negli ultimi dieci anni (-0,25 per cento). A spiccare in senso positivo è soprattutto la Romania. In questo Paese, riferendosi ai dati dell’Instituto de Política Familiar di Madrid, gli aborti sono passati, tra il 2000 e il 2011, da 257.865 a 101.915, pari a un 60 per cento di flessione. Per il presidente della fondazione Red Madre, Antonio Torres, il motivo dell’incremento degli aborti sono le scarse politiche a sostegno della maternità: «Mentre in Spagna è quasi triplicato il numero di aborti negli ultimi vent’anni, in altri Paesi europei esso è sceso gradualmente di oltre la metà per gli effetti dell’adozione di politiche efficaci a favore della maternità». Torres ha osservato che la crisi economica e finanziaria pone a rischio di esclusione sociale numerose donne. Le difficoltà economiche costringono molte persone a rivolgersi alle strutture che offrono sostegno sociale. cattolici a cercare il valore della dignità umana e a non accontentarsi di una società consumistica e affamata del piacere: «Facciamo un uso giusto della nostra ragione», ha esortato il presule. Il segretario generale del vicariato della carità dell’arcivescovado di Lima, Jorge Armas Calasich, ha spiegato che «a differenza delle Ong, la carità che si verifica nella Chiesa non solo cerca giustizia adeguata per le persone; la vera sfida è di portare queste persone verso il Signore. In questo — ha detto — dobbiamo tutti insieme essere coinvolti nelle opere di carità e cercare di evangelizzare». In occasione della presentazione della campagna è stato pubblicato il testo base dal titolo «Tratta di esseri umani e traffico di migranti: sfida per una nuova evangelizzazione». Intanto, un accordo di cooperazione, della durata di due anni, volto alla promozione sociale delle fasce più svantaggiate della popolazione, è stato siglato nei giorni scorsi dalla Caritas del Perú e dal Centro per la formazione professionale servizi e sviluppo (istituzione statale). L’intesa — riferisce l’agenzia Fides — prevede una serie di iniziative come la formazione sul lavoro nei programmi urbani e rurali, programmi di microcredito, formazione degli insegnanti, servizi per l’informazione sulle aree di lavoro, promozione del lavoro autonomo e prevenzione dell’uso di stupefacenti. Negli ultimi mesi sono state numerose le iniziative promosse dalla Chiesa e da organizzazioni umanitarie volte a migliorare le condizioni di vita della popolazione, per impedire ai giovani peruviani di cadere nella rete di bande criminali dedite al narcotraffico o alla tratta di esseri umani. L’arcivescovo Müller a Varsavia e a Radom Egoismo e materialismo vie sbagliate per l’Europa Dal 2 al 4 giugno il prefetto della Congregazione per la dottrina della fede, arcivescovo Gerhard Ludwig Müller, ha compiuto una visita in Polonia, recandosi a Varsavia e a Radom. In occasione della festa del ringraziamento alla Divina provvidenza, il 2 giugno l’arcivescovo Müller ha presieduto la messa davanti al tempio a essa dedicato a Varsavia. La festa è stata istituita per iniziativa dell’arcivescovo metropolita di Varsavia, cardinale Kazimierz Nycz. La messa è stata celebrata in lingua polacca davanti alle reliquie di sant’Andrea Bobola, uno dei patroni della Polonia. Alla celebrazione hanno preso parte il nunzio apostolico in Polonia, arcivescovo Celestino Migliore, cardinali, vescovi, numerosi sacerdoti, religiosi e oltre dodicimila fedeli. Nell’omelia tenuta in polacco Monsignor Müller ha detto fra l’altro: «L’economia è importante, ma non può essere il fondamento di tutto. Il materialismo e l’autocompiacimento egoistico sono la via sbagliata all’Europa e nell’Europa, sono la via che porta nell’abisso. L’Europa potrà svilupparsi solo quando approfitterà del suo potenziale spirituale». Il prelato ha terminato la sua omelia ricordando le parole dell’inno nazionale del Paese «la Polonia non morirà finché noi vivremo» e ha poi detto: «Oggi, con gratitudine nei confronti della Polonia e dei polacchi ripeto e aggiungo, qui a Varsavia: la Polonia non morirà, l’Europa non morirà finché noi viviamo, speriamo e amiamo!». Il tempio della Divina provvidenza è in fase di costruzione e realizza, grazie all’iniziativa del cardinale Józef Glemp, l’opera intrapresa nel lontano 1791 dal re e dai deputati polacchi come ex voto della popolazione, a seguito dell’approvazione della Costituzione polacca, la prima di uno Stato moderno in Europa. Farà parte del complesso anche un museo dedicato a Giovanni Paolo II e al cardinale Stefan Wyszyński, il «primate del millennio» del battesimo della Nazione. A Varsavia il 3 giugno l’arcivescovo Müller ha poi partecipato a un convegno presso il Palazzo Reale sul tema: «Soggetto o oggetto? Il posto dell’uomo nell’economia contemporanea» con una relazione sul tema: «L’Europa nel XXI secolo, fra la comunità dei valori e la zona del mercato libero», prendendo parte anche a una tavola rotonda. La sera dello stesso giorno monsignor Müller ha celebrato in polacco nella chiesa del Bambino Gesù a Varsavia, pronunciando un’omelia durante la quale ha parlato tra l’altro del novantesimo anniversario della presenza in Polonia degli orionini. Il 4 giugno l’arcivescovo Müller si è infine recato a Radom per ricordare la visita di Giovanni Paolo II. Nell’omelia della messa celebrata nella cattedrale ha detto tra l’altro: «Il Cristo aspetta la vostra risposta di fede. Non lasciate la sua domanda senza risposta. Datela con fiducia. Entrate in questo grande dialogo con il Dio amore. Non vergognatevi di Cristo e della sua croce! Abbiate il coraggio di difendere il diritto di Dio al cuore dell’uomo! Amate la Chiesa, che è stata fondata da Cristo, che è in essa presente! Fate che la vostra fede sia sempre più consapevole e possiate sempre più approfondirla! Approfittate del tesoro della catechesi nella scuola e della ricchezza dei movimenti e dei gruppi di formazione presenti nelle vostre parrocchie! (...) Chiesa di Radom, abbi il coraggio della fede e dell’amore!». Dopo la celebrazione l’arcivescovo Müller si è incontrato con moderatori, professori e seminaristi nel Seminario maggiore; ha risposto alle loro domande e ha presieduto la preghiera innanzi al monumento di Papa Wojtyła davanti al Seminario. Per la diocesi di Radom la visita del prefetto della Congregazione per la dottrina della fede è stato l’avvenimento centrale delle celebrazioni previste nell’Anno della fede. Va ricordato che negli ultimi anni a Radom si sono recati i due predecessori di monsignor Müller alla Congregazione per la dottrina della fede: il cardinale Joseph Ratzinger nel 2002 e il cardinale William Levada nel 2009. L’OSSERVATORE ROMANO domenica 16 giugno 2013 pagina 7 A colloquio con l’arcivescovo Zygmunt Zimowski A Carpi il cardinale Amato beatifica il martire Odoardo Focherini Quelle continue minacce alla persona umana Il giornalista che salvò ebrei e perseguitati di MARIO PONZI Resta a rischio l’inviolabilità della persona umana e della sua vita. «Da qui l’urgenza e per la Chiesa e per ogni credente — dice l’arcivescovo Zygmunt Zimowski, presidente del Pontificio Consiglio per gli Operatori Sanitari — di riaffermare la propria fede come impegno che incide direttamente, nell’ambito sia professionale sia privato, sulla promozione e sulla difesa del valore della vita umana e della sua intangibile dignità». L’arcivescovo, in questa intervista al nostro giornale, alla vigilia della celebrazione in piazza san Pietro con il Papa Francesco, in programma domani, domenica 16 giugno, per ricordare l’Evangelium vitae riflette sui principali punti del documento di Giovanni Paolo II. tà. Il Pontificio Consiglio per gli Operatori Sanitari è chiamato a farsi interprete e a testimoniare in modo eloquente e sempre attuale la diaconia della carità nella verità, che è centrale nella missione evangelizzatrice della Chiesa. Desidero infine sottolineare come, nella presentazione della Carta degli Operatori Sanitari, pubblicata da questo Dicastero nello stesso anno dell’Evangelium vitae, si rilevi che: «con umiltà, ma anche con fierezza, possiamo quindi ritenere che questa Carta degli Operatori sanitari si iscrive nell’impegno della “nuova evangelizzazione” che, nel servizio della vita, particolarmente in coloro che soffrono, ha, sull’esempio del mistero di Cristo, il suo momento qualificante». L’«Evangelium vitae» sostanzialmente Gino Severini, «Maternità» (particolare, 1927) «Evangelium vitae» e Anno della fede: cosa lega questi due grandi eventi della missione della Chiesa? Sono due eventi che hanno il loro centro unificante in Gesù Cristo, colui che la Chiesa è chiamata nei secoli ad annunciare, a celebrare e a testimoniare nel mondo come Signore della vita. Al riguardo, ritengo illuminanti le espressioni contenute nella lettera enciclica Evangelium vitae e con le quali si riaffermava l’urgenza, per ogni credente, di professare, con umiltà e coraggio, la propria fede in Gesù Cristo, “il Verbo della vita”. Così al n. 29: «Il Vangelo della vita è una realtà concreta e personale, poiché consiste nell’annuncio della persona stessa di Gesù. Gesù è il Figlio che dall’eternità riceve la vita dal Padre ed è venuto tra gli uomini per farli partecipi di questo dono: “Io sono venuto perché abbiano la vita e l’abbiano in abbondanza”». Da questa dimensione teologica deriva immediatamente anche una conseguenza pratica che investe la riflessione e l’operare concreto, in tutte le forme di impegno nell’ampio e complementare spazio dell’azione socio-sanitaria e assistenziale. La scienza e la pratica della medicina effettuano quotidianamente interventi sulla vita umana dal concepimento fino alla sua morte naturale; tuttavia la verità circa il valore e l’inviolabilità della persona umana e della sua vita sono troppo spesso messe a rischio. Da qui l’urgenza per la Chiesa e per ogni credente di riaffermare la propria fede come impegno che incide direttamente, nell’ambito sia professionale sia privato, sulla promozione e sulla difesa del valore della vita umana e della sua intangibile digni- † Il Dr. Ernst von Freyberg, Presidente, il Comm. Paolo Cipriani, Direttore Generale, ed il Dr. Massimo Tulli, Vice Direttore Generale, partecipano commossi la morte di GIORGIO LAMBERTI Fratello del Dr. Lucio Lamberti, Dirigente dell’Istituto per le Opere di Religione, unendosi nella preghiera di suffragio alla Famiglia con affetto. cercava di mettere in guardia da certe tendenze che portano a contrapporre da un lato cultura e libertà e dall’altro corpo, natura, legge naturale e poneva al centro del discorso la verità e la dignità dell’uomo. Dal 1995, data del documento pontificio, ad oggi cosa è cambiato, se è cambiato qualcosa, in questo rapporto? A questo proposito vorrei evidenziare uno degli aspetti del mondo contemporaneo che, apparentemente positivo al cento per cento, va invece gestito con grande attenzione e tenendo sempre presente che la medicina ha come obiettivo l’essere umano, la sua salus e, quando necessario e possibile, il suo risanamento. Nell’attuale panorama socioculturale dei Paesi industrializzati è sempre più evidente una crescente tecnicizzazione della medicina, che si accompagna a un aumento esponenziale delle possibilità d’intervento della ricerca scientifica e della sua applicazione tecnologica. Non si potrebbe non essere entusiasti di ciò, se non fosse che il privilegiare gli strumenti rispetto all’obiettivo del loro uso, la persona, porta alla “disumanizzazione” delle cure. Le risorse e le capacità terapeutiche, cioè, non sono più al servizio della persona, della sua dignità e del suo vissuto unico e irripetibile e, perciò, della vita umana. Esse diventano autoreferenziali — la scienza per la scienza! —, se non soggette a leggi imposte dalla cultura dominante che, oggi in special modo in occidente, esalta a dismisura l’efficienza e la bellezza del corpo. Al contempo si finisce col diminuire o addirittura disconoscere il valore della vita, in particolare quando questa si presenta con i segni della malattia, della debolezza o comunque della fragilità, quali l’handicap fisico o psichico. E questo che ricaduta ha sulle politiche sanitarie? Porta alla messa a punto di piani di sviluppo economico che prevedono di favorire la crescita o, secondo i casi, la decrescita della natalità; porta a promuovere la legalizzazione o, quantomeno, a ipotizzare l’introduzione di soluzioni eutanasiche. Riscontriamo una tragica espressione di tutto ciò nella diffusione dell’eutanasia, mascherata e stri- sciante o attuata apertamente e persino legalizzata. Essa, oltre che per una presunta pietà di fronte al dolore del paziente, viene talora giustificata con una ragione utilitaristica, per evitare spese improduttive troppo gravose per la società. E questo fu denunciato con forza nell’enciclica. Si tratta di logiche aberranti, strenuamente contrastate dal pensiero e dall’agire della Chiesa e di questo dicastero. Certamente dobbiamo tutti noi, sostenitori della vita, impegnarci sempre più, individualmente e comunitariamente, affinché le persone bisognose d’aiuto e di conforto possano trovare la giusta vicinanza e il sostegno, non solo materiale. L’enciclica segnala le iniziative di aiuto e di sostegno a favore delle persone più deboli e indifese. In quale modo il suo dicastero ha raccolto l’eredità? Facendo risuonare la voce della Chiesa in ogni consesso internazionale. Per esempio il mese scorso, a Ginevra in occasione dell’Assemblea Generale dell’Oms, alla quale ho partecipato in rappresentanza della Santa Sede, tra le raccomandazioni definite “salvavita”, ho fatto notare che ve ne sono alcune che davvero meritano tale definizione, ma quella della “contraccezione d’emergenza” difficilmente potrebbe rientrare in tale categoria. È infatti ben noto che, quando il concepimento è già avvenuto, alcune sostanze utilizzate nella “contraccezione d’emergenza” producono un effetto abortivo. È perciò del tutto inaccettabile fare riferimento a un prodotto medico che costituisce un attacco diretto alla vita del bambino in utero come a un “prodotto salvavita” e, peggio ancora, incoraggiare un maggiore uso di tali sostanze in tutte le parti del mondo. Assicuriamo poi il sostegno alle Conferenze episcopali e alle diocesi che sono in prima linea nell’attuazione dell’Evangelium vitae, anche contribuendo alla preparazione e al continuo aggiornamento degli agenti della pastorale sanitaria. Senza poi considerare le riflessioni proposte nei molteplici incontri che organizziamo a livello internazionale su diverse tematiche. In questi giorni per esempio siamo impegnati nel Convegno scientifico programmato proprio alla vigilia di questa grande celebrazione su temi sociosanitari più specifici, che danno poi modo anche di offrire aiuti concreti in diverse parti del mondo tramite l’opera della fondazione “Il Buon Samaritano”, parimenti voluta dal Papa Wojtyła. La fondazione ha già contribuito a curare diverse decine di migliaia di persone, non di rado a salvare loro la vita perché permette alle realtà operanti sul terreno di ricevere il sostegno concreto per poter avviare o continuare innumerevoli iniziative di aiuto umanitario. «Esemplare testimone del Vangelo», che «non esitò ad anteporre il bene dei fratelli all’offerta della propria vita». Così Papa Francesco sintetizza la vita e l’opera del martire Odoardo Focherini (1907-1944) beatificato sabato mattina, 15 giugno, a Carpi, nella lettera apostolica per l’occasione. Il rito è stato presieduto dal cardinale Angelo Amato, prefetto della Congregazione delle Cause dei Santi, in rappresentanza del Pontefice. Nell’omelia il porporato ha ripercorso i momenti principali della vita del Focherini, a cominciare dalla sua ardente carità, manifestata soprattutto nell’impegno «nel mettere in salvo dalla persecuzione nazista famiglie perseguitate», nell’«operosità nell’Azione Cattolica», nell’attività giornalistica presso «L’Avvenire d’Italia», nella «fedeltà alla sua identità battesimale», e nell’«adesione piena alla volontà divina fino ad accettare l’umiliazione e la sofferenza dei campi di concentramento». Il suo martirio, infatti, fu «la conclusione tragica di una vita virtuosa, fondata sul trinomio preghiera, sacrificio, azione, che erano i cardini della spiritualità laicale dell’Azione Cattolica». Focherini «amava Dio e amava il prossimo fino all’olocausto della sua vita. Faceva il possibile per venire incontro a chi era in difficoltà, a suo rischio assumeva per lavoro persone politicamente perseguitate, aiutò i feriti dopo il bombardamento di Bologna, veniva incontro a don Zeno Saltini per i suoi ragazzi. Aveva scelto di indossare l’abito della carità verso tutti e non si risparmiava». Tra i suoi contemporanei si era sparsa la voce che chi ricorreva a lui trovava sempre piena accoglienza e disponibilità. «Anche nei campi di prigionia — ha detto il cardinale — diffondeva ottimismo e speranza. Quando gli perveniva del cibo lo divideva con gli altri. Una signora ebrea di Ferrara, che aveva perduto Convegno del Pontificio Consiglio degli operatori sanitari Il bambino è sempre da proteggere «Il bambino come persona e come paziente. Approcci terapeutici a confronto» è il tema trattato nella due giorni del Convegno internazionale di studio svoltosi in questi giorni a Roma, organizzato dal Pontificio Consiglio per gli Operatori Sanitari. Obiettivo dell’incontro è stato sensibilizzare l’opinione pubblica internazionale sui diritti di ogni bambino ad avere massima cura e pieno rispetto. Negli intenti del dicastero organizzatore anche la volontà di preparare in modo adeguato la celebrazione della giornata dell’Evangelium vitae il cui momento culminante sarà la messa presieduta domani, domenica 16 giugno, dal Santo Padre in piazza San Pietro. La salute del bambino è un argomento che, come affermano gli organizzatori del Convegno, porta infatti direttamente a riflettere sull’insegnamento del beato Giovanni Paolo II il quale, ancor prima di porre mano alla stesura dell’enciclica, rivolgendosi ai membri del Consiglio esecutivo dell’Unicef, nell’udienza del lontano 1984, precisò che «la sollecitudine della Chiesa per i bambini emerge dal fatto che la Chiesa è dalla parte della vita. La Chiesa considera aspetto prioritario della sua missione nel mondo d’oggi proclamare il valore di ogni e ciascuna persona umana, specialmente di coloro che sono meno capaci di difendersi. Per questa ragione la Chiesa non cesserà mai di levare la sua voce profetica per proclamare che la vita umana deve essere rispettata e protetta». In questa due giorni — i lavori si sono svolti tra venerdì e sabato, 14 e 15 giugno — personalità di primo piano a livello internazionale e di diversificate esperienze e approcci, si sono confrontate per tracciare le linee, necessariamente generali, di una situazione in continuo sviluppo. Situazione che il Pontificio Consiglio segue con particolare attenzione, nell’assoluta convinzione che il bambino, «individuo umano nella fase iniziale del decorso vitale, compresa tra la fase fetale e quella puberale», anche se «non ancora in grado, o solo parzialmente capace di attività cognitive e volitive, è in sé stesso, nel suo codice ontologico, un essere razionale e libero» e perciò persona da tutelare in tutta la sua dignità e in tutti i suoi diritti inalienabili e inviolabili. quattordici parenti, confessa di aver avuto la forza di sopravvivere, per le parole che le disse un giorno il nostro beato: “Avrei già fatto il mio dovere se pensassi solo ai miei sette figlioli, ma sento che non posso abbandonarvi, che Dio non me lo permette”». Un secondo aspetto del nuovo beato è quello della sua «coerenza alla fede battesimale e al fondamentale codice umano-divino del decalogo». Ricordando l’impegno sociale del Focherini, il porporato ha fatto riferimento all’Italia che, «nel confuso stradario contemporaneo, ha bisogno di ritrovare la via retta del vivere fraterno, operoso, solidale. È da san Paolo che ci proviene questo invito a ritrovare i giusti atteggiamenti, che hanno guidato l’esistenza del beato Focherini». Nell’agosto del 1942, ha ricordato, mette in salvo alcuni ebrei polacchi, giunti in Italia in divisa da soldati e da crocerossine, e inviati dall’arcivescovo di Genova a Raimondo Manzini a Bologna. «Nell’ottobre-novembre 1944 — ha aggiunto — si adopera per aiutare altre famiglie ebree, permettendo loro di riparare in Svizzera». Per questa sua attività umanitaria «i nazisti lo arrestarono (11 marzo 1944) e lo trasferirono prima nelle carceri di San Giovanni in Monte presso Bologna, poi nel campo di concentramento di Fossoli, in provincia di Modena, e successivamente nei campi di Gries (sobborgo di Bolzano), di Flossenburg e di Hersbruck, in Germania, dove morì, il 27 dicembre 1944, per setticemia nell’infermeria del campo». Come dice la lingua canonica della Chiesa: propter aerumnas carceris. «La causa della sua morte furono le torture e i tormenti subiti in carcere. Fece, cioè, la morte di un martire». Purtroppo, ha fatto notare il cardinale, i cristiani, «anche oggi, soffrono persecuzione, non solo culturale, ma anche fisica. In alcune nazioni europee spesso vivono in un clima di intolleranza, subendo insulti, minacce, discriminazioni sul lavoro e nei luoghi pubblici. È quanto rivela l’Osservatorio europeo di Vienna sull’intolleranza e la discriminazione verso i cristiani». È del 4 giugno scorso, ha ricordato, «la notizia sconvolgente di un cristiano indiano, che, rifiutandosi di convertirsi all’induismo, è stato attirato in una trappola e decapitato dal suocero. Il suo nome era Tapas Bin e il fatto di sangue è avvenuto nel villaggio di Teliamura (West Tripura), nella zona nordorientale dell’India». Ancora oggi, ha sottolineato, «in moltissime regioni del mondo i cristiani non solo non sono protetti ma mancano di libertà religiosa, di libertà di coscienza e spesso vengono costretti con la forza a rinnegare la propria fede». Queste poche indicazioni, ha aggiunto, «ci fanno comprendere meglio il valore della testimonianza cristiana del nostro beato, difensore dei fratelli perseguitati e quindi difensore della vera umanità, che ha nel suo codice genetico di creatura di Dio l’amore alla verità, alla bontà e alla fraternità». In questo anno della Fede, ha ricordato il porporato, la Chiesa ha glorificato alcuni di questi testimoni generosi e fedeli al loro battesimo. Tra questi, gli ottocento martiri d’Otranto, «uccisi in odio alla fede nel 1480 perché non vollero rinnegare il loro battesimo e canonizzati da Papa Francesco il 12 maggio scorso». Ma anche don Pino Puglisi, sacerdote «anch’egli ucciso per difendere il suo apostolato di educazione dei giovani alla vita buona del Vangelo. Il prossimo ottobre vedrà la beatificazione di un gruppo di martiri spagnoli, uccisi durante la persecuzione religiosa degli anni Trenta del secolo scorso. Ancora in ottobre ci sarà la beatificazione, a Modena, del giovanissimo seminarista Rolando Rivi, di quattordici anni, ucciso in modo brutale solo perché voleva diventare sacerdote e apostolo del Vangelo. Con la loro bontà, i martiri cristiani sono il più efficace antidoto alla metastasi del male». Il beato offre a tutti noi anche un’ultima lezione: il suo martirio, infatti, «ricorda che la nostra esistenza terrena è solo un pellegrinaggio verso la patria eterna. Costretto, per la cattiveria umana a lasciare la sposa e i suoi sette figli, il nostro beato ci invita ad alzare gli occhi verso l’alto, verso il paradiso, che non è una realtà vuota, arida e triste, ma la patria della felicità e della gioia divina dei beati». Abbandonando questa terra piena di desola- zione e di odio fraterno, ha concluso, «Odoardo ha avuto la nostalgia del cielo, dove abitano in eterno verità, giustizia, bontà e gioia senza fine. Forgiato dalla Parola di Dio, egli sapeva che, dalla prima all’ultima pagina, la Bibbia contiene il canto a più voci dei beati. Le corde del Salterio non si stancano di innalzare inni di lode al Signore. La Parola di Dio si conclude con la rivelazione della Gerusalemme celeste, il cielo e la terra nuova, dove confessori e martiri cantano a Dio l’inno della gioia eterna». Nomine episcopali Le nomine di oggi riguardano la diocesi di Gweru, nello Zimbabwe, e due diocesi del Vietnam. Xavier Munyongani vescovo della diocesi di Gweru (Zimbabwe) Nato il 1° gennaio 1950 a Mutero Mission, nel distretto di Gutu, in diocesi di Masvingo, nello Zimbabwe, dopo aver completato le scuole primarie nel distretto di Gutu, ha compiuto gli studi secondari nel seminario minore di Gweru. Ha poi frequentato il seminario maggiore di Chishawasha. È stato ordinato sacerdote il 20 agosto 1977, incardinato prima nella diocesi di Gweru è passato poi alla sede di Masvingo nel 1999. Dopo l’ordinazione ha ricoperto vari incarichi, tra i quali, dal 1977 al 1981, vicario parrocchiale della St. Anthony’s Mission a Zaka; dal 1982 al 1983 parroco di St. Alois Mission. Negli anni 1985-1989 ha compiuto gli studi a Roma per conseguire la licenza in liturgia. Dal 1990 al 1998 è stato professore nel seminario maggiore regionale di Chishawasha; dal 1998 al 2004 è vice-rettore del medesimo seminario maggiore. Pierre Nguyen Van Vien vescovo ausiliare di Vinh (Vietnam) Nato l’8 gennaio 1965 a Huong Phuong, in diocesi di Vinh, dopo gli studi elementari e superiori, ha frequentato l’Università di Hué, conseguendo la licenza in scienze economiche (1987-1992). Nel 1993 è entrato nel seminario maggiore di Vinh Thanh ed è stato ordinato sacerdote il 3 ottobre 1999, incardinato nella diocesi di Vinh. Dopo l’ordinazione sacerdotale, ha compiuto gli studi (2000-2009) presso l’Istituto Cattolico di Sydney, in Australia, conseguendo il dottorato in teologia e prestandosi per il servizio pastorale della comunità vietnamita locale. Dal 2009 è vice-rettore e professore di dogmatica nel seminario maggiore di Vinh Thanh e dal 2010 è anche vicario generale della diocesi di Vinh. Alphonse Nguyen Huu Long vescovo ausiliare di Hung Hoa (Vietnam ) Nato ad Hanoi il 25 gennaio 1953, ha ricevuto la formazione sacerdotale, dal 1965 al 1972, nel seminario minore San Giovanni di Da Nang e dal 1972 al 1978, nel seminario maggiore Hoa Binh. È stato ordinato sacerdote il 29 dicembre 1990, incardinato nella diocesi di Da Nang, ed è entrato a far parte della compagnia dei sacerdoti di San Sulpizio. Dopo l’ordinazione sacerdotale, ha svolto vari incarichi, tra i quali, dal 1990 al 1994, vicario parrocchiale di Tam Ky, in diocesi di Da Nang. Dal 1994 al 1998 ha compiuto gli studi per la licenza in Diritto canonico. Dal 1999 al 2001 è stato parroco di Hà Lam, in diocesi di Da Nang; dal 2001 al 2003 è stato parroco di Trà Kieu, in diocesi di Da Nang; e dal 2003 al 2011 è stato professore di Diritto canonico, di storia della Chiesa e di catechesi nel seminario maggiore di Hué. Dal 2011 ne è anche rettore. L’OSSERVATORE ROMANO pagina 8 Il Pontefice a parlamentari francesi Messa del Papa a Santa Marta Oltre le idee del momento Proporre, emendare o anche abrogare leggi per infondere in esse quel supplemento d’anima necessario a far sì che esse non riflettano solo le idee del momento. È l’auspicio rivolto da Papa Francesco a una delegazione di parlamentari francesi del gruppo di Amicizia Francia Santa Sede, ricevuti in udienza sabato mattina, 15 giugno, nella Sala Clementina. Questo il discorso del Papa. Signor Presidente, cari Parlamentari, accogliendo la vostra richiesta, sono lieto di ricevervi stamani, membri del Senato e dell’Assemblea nazionale della Repubblica francese. Al di là delle diverse sensibilità politiche che voi rappresentate, la vostra presenza manifesta la qualità delle relazioni tra il vostro Paese e la Santa Sede. Questo incontro è per me l’occasione di sottolineare le relazioni di fiducia che esistono generalmente in Francia tra i responsabili della vita pubblica e quelli della Chiesa cattolica, sia a livello nazionale, sia a livello regionale o locale. Il principio di laicità che governa le relazioni tra lo Stato francese e le diverse confessioni religiose non deve significare in sé un’ostilità alla realtà religiosa, o un’esclusione delle religioni dal campo sociale e dai dibattiti che lo animano. Ci si può rallegrare del fatto che la società francese riscopra proposte fatte dalla Chiesa, tra le altre, che offrono una certa visione della persona e della sua dignità in vista del bene comune. La Chiesa desidera così offrire il proprio contributo specifico su questioni profonde che impegnano una visione più completa della persona e del suo destino, della società e del suo destino. Questo contributo non si situa solamente nell’ambito antropologico o sociale, ma anche negli ambiti politico, economico e culturale. In quanto eletti da una Nazione verso la quale gli occhi del mondo si rivolgono spesso, è vostro dovere, ritengo, contribuire in modo efficace e costante al miglioramento della vita dei vostri concittadini che voi conoscete particolarmente attraverso gli innumerevoli contatti locali che coltivate e che vi rendono sensibili alle loro vere necessità. Il vostro compito è certamente tecnico e giuridico, e consiste nel proporre leggi, nell’emendarle o anche nell’abrogarle. Ma è anche necessario infondere in esse un supplemento, uno spirito, direi un’anima, che non rifletta solamente le modalità e le idee del momento, ma che conferisca ad esse domenica 16 giugno 2013 l’indispensabile qualità che eleva e nobilita la persona umana. Formulo pertanto a voi il mio incoraggiamento più caloroso a proseguire la vostra missione, cercando sempre il bene della persona e promuovendo la fraternità nel vostro bel Paese. Che Dio vi benedica. La fretta del cristiano La vita cristiana deve essere sempre inquieta e mai tranquillizzante e certo non è «una terapia terminale per farci stare in pace fino al cielo». Allora bisogna fare come san Paolo e testimoniare «il messaggio della vera riconciliazione», senza preoccuparsi troppo delle statistiche o di fare proseliti: è «da pazzi ma è bello», perché «è lo scandalo della croce». Il Papa è tornato a parlare di riconciliazione e di ardore apostolico nell’omelia della messa celebrata questa mattina, sabato 15 giugno, nella cappella della Domus Sanctae Marthae. Base della riflessione del Pontefice sono state, come di consueto, le letture del giorno, in particolare la seconda lettera di san Paolo ai Corinzi (5, 14-21), «brano — ha detto — un po’ speciale perché sembra che Paolo parta in quarta. È accelerato, va proprio con una certa velocità. L’amore di Cristo ci possiede, ci spinge, ci preme. È proprio questa la velocità che ha Paolo: quando vede l’amore di Cristo non può rimanere fermo». Così san Paolo è davvero un uomo che ha fretta, con Nominato dalla commissione cardinalizia di vigilanza Monsignor Ricca prelato dello Ior La Commissione cardinalizia di vigilanza dell’Istituto per le Opere di Religione (Ior), con l’approvazione del Santo Padre, ha nominato ad interim monsignor Battista Mario Salvatore Ricca prelato dell’istituto stesso. Lo ha dichiarato oggi, sabato 15 giugno, il direttore della Sala Stampa della Santa Sede. Monsignor Ricca svolgerà il ruolo di segretario della Commissione cardinalizia e assisterà agli incontri del Consiglio di sovrintendenza secondo gli statuti dello Ior, e assicurerà l’assistenza spirituale dei dipendenti dell’istituto e delle loro famiglie. Cinquantasettenne, il prelato è nato a Offlaga (Brescia), fa parte del servizio diplomatico della Santa Sede e dirige la Domus Sanctae Marthae, la Domus Internationalis Paulus VI, la Domus Romana Sacerdotalis e la Casa San Benedetto. Dal 2006 al 2010 prelato era stato monsignor Piero Pioppo, ora nunzio apostolico in Camerun e in Guinea Equatoriale. Nominando Ernst von Freyberg presidente e monsignor Ricca prelato, la commissione cardinalizia ha occupato le due importanti posizioni previste dagli statuti dello Ior, rimaste vacanti per diverso tempo. La nomina di monsignor Ricca ha effetto immediato. «l’affanno per dirci qualcosa d’importante: parla del sì di Gesù, dell’opera di riconciliazione che ha fatto Gesù e anche dell’opera di riconciliazione» di Cristo e dell’apostolo. Papa Francesco ha fatto anche notare come nella pagina paolina «per cinque volte si ripeta la parola riconciliazione. Cinque volte: è come un ritornello». Per dire con chiarezza che «Dio ci ha riconciliati con lui in Cristo». San Paolo «parla anche con forza e con tenerezza quando dice: io sono un ambasciatore in nome di Cristo». Poi Paolo, nel proseguire il suo scritto, sembra quasi inginocchiarsi per implorare: «Vi supplichiamo in nome di Cristo: lasciatevi riconciliare con Dio» ed è come se dicesse «abbassate la guardia» per lasciarvi riconciliare con lui. «La fretta, la premura di Paolo — ha affermato ancora il Pontefice — mi fa pensare a Maria quando, dopo aver ricevuto l’annuncio dell’angelo, parte in fretta per aiutare sua cugina. È la fretta del messaggio cristiano. E qui il messaggio è proprio quello della riconciliazione». Il senso della riconciliazione non sta semplicemente nel mettere insieme parti diverse e lontane tra loro. «La vera riconciliazione è che Dio in Cristo ha preso i nostri peccati e si è fatto peccato per noi. E quando noi andiamo a confessarci, per esempio, non è che diciamo il peccato e Dio ci perdona. Noi troviamo Gesù Cristo e gli diciamo: questo è tuo e io ti faccio peccato un’altra volta. E a lui piace, perché è stata la sua missione: farsi peccato per noi, per liberarci». È questo «il mistero che faceva andare avanti Paolo con zelo apostolico, perché è una cosa tanto meravigliosa: l’amore di Dio che ha consegnato suo figlio alla morte per me. Quando Paolo si trova davanti a questa verità dice: ma lui mi ha amato, è andato alla morte per me. È questo il mistero della riconciliazione». La vita cristiana — ha spiegato ancora il Pontefice — «cresce su questo pilastro e noi un po’ la svalutiamo» quando la riduciamo al fatto che «il cristiano deve fare questo e poi deve credere in quello». Si tratta invece di arrivare «a questa verità che ci muove, a questo amore che è dentro la vita cristiana: l’amore del Padre che in Cristo riconcilia il mondo. È Dio infatti che riconcilia a sé il mondo in Cristo, non imputando agli uomini le loro colpe e affidando a noi la parola di riconciliazione. Cristo ci ha riconciliato. E questo è l’atteggiamento del cristiano, questa è la pace del cristiano». I filosofi «dicono che la pace è una certa tranquillità nell’ordine. Tutto ordinato, tranquillo. Quella non è la pace cristiana. La pace cristiana — ha insistito Papa Francesco — è una pace inquieta, non è una pace tranquilla. È una pace inquieta che va avanti per portare questo messaggio di riconciliazione. La pace cristiana ci spinge ad andare avanti e questo è l’inizio, la radice dello zelo apostolico». E secondo Papa Francesco «lo zelo apostolico non è andare avanti per fare proseliti e fare statistiche: quest’anno sono cresciuti i cristiani in tal Paese, i movimenti. Le statistiche sono buone, aiutano, ma fare proseliti non è quello che Dio più vuole da noi. Quello che il Signore vuole da noi — ha precisato — è proprio l’annuncio della riconciliazione, che è il nucleo del suo messaggio: Cristo si è fatto peccato per me e i peccati sono là, nel suo corpo, nel suo animo. Questo è da pazzi, ma è bello: è la verità. Questo è lo scandalo della croce». Il Papa ha concluso la sua omelia chiedendo la grazia che il «Signore ci dia questa premura per annunciare Gesù; ci dia la saggezza cristiana, che nacque proprio dal suo fianco trafitto per amore». E «ci convinca anche che la vita cristiana non è una terapia terminale per stare in pace fino al cielo. La vita cristiana è sulla strada, sulla vita, con questa premura di Paolo. L’amore di Cristo ci possiede, ci spinge, ci preme. Con questa emozione che si sente quando uno vede che Dio ci ama».