Spedizione in abbonamento postale Roma, conto corrente postale n. 649004
Copia € 1,00 Copia arretrata € 2,00
L’OSSERVATORE ROMANO
POLITICO RELIGIOSO
GIORNALE QUOTIDIANO
Non praevalebunt
Unicuique suum
Anno CLIII n. 137 (46.381)
Città del Vaticano
domenica 16 giugno 2013
.
Papa Francesco a parlamentari della Repubblica francese
Berlino chiede una riunione urgente del Consiglio di sicurezza
Un’anima per le leggi
L’Onu ripete no
all’invio di armi in Siria
Il principio di laicità non deve significare ostilità alla realtà religiosa
Proporre, emendare o anche abrogare leggi per infondere in esse quel
supplemento d’anima necessario a
far sì che esse non riflettano solo le
idee del momento. È il pensiero
espresso da Papa Francesco rivolgendosi a una delegazione di parlamentari francesi del gruppo di Amicizia
Francia Santa Sede, ricevuti in
udienza sabato mattina, 15 giugno,
nella Sala Clementina. Dopo aver
sottolineato le relazioni di fiducia
che esistono generalmente in Francia
tra i responsabili della vita pubblica
e quelli della Chiesa cattolica, sia a
livello nazionale, sia a livello regionale o locale, Papa Francesco ha voluto ribadire che «il principio di laicità che governa le relazioni tra lo
Stato francese e le diverse confessioni religiose non deve significare in sé
un’ostilità alla realtà religiosa, o
un’esclusione delle religioni dal campo sociale e dai dibattiti che lo animano».
Dal canto suo «la Chiesa — ha assicurato il Pontefice — desidera così
offrire il proprio contributo specifico
su questioni profonde che impegnano una visione più completa della
persona e del suo destino, della società e del suo destino. Questo contributo non si situa solamente nell’ambito antropologico o sociale, ma
anche negli ambiti politico, economico e culturale».
PAGINA 8
La giornata
dell’Evangelium vitae
Djess, «Per la vita» (2004, Brazzaville, Galleria dell’Accademia)
Una comune testimonianza del
valore sacro della vita, di ogni vita
umana. È il senso della Giornata
dell’Evangelium vitae così come ha
sintetizzato l’arcivescovo Rino
Fisichella, presidente del Pontificio
Consiglio per la Promozione della
Nuova Evangelizzazione, nel
presentare l’evento, il cui momento
centrale è la messa presieduta da
Papa Francesco domenica 16
giugno alle 10.30, sul sagrato della
basilica di San Pietro. A scorrere
l’elenco dei gruppi e delle
associazioni che hanno aderito
all’iniziativa si intuisce il valore
della manifestazione a sostegno
della vita, dal concepimento al suo
termine naturale. «La nostra
speranza — scrive l’arcivescovo
Fisichella — è che il numero dei
fedeli in piazza San Pietro sia così
grande da far sentire a tutto il
mondo la nostra corale espressione
del vero cuore della missione
redentrice di Gesù: “Io sono venuto
perché abbiano la vita”». Oggi, 15
giugno, molti pellegrini hanno
pregato sulla tomba di san Pietro.
Sei soldati delle forze speciali uccisi a Bengasi nell’assalto di manifestanti armati a sedi dell’esercito e della polizia
Una bambina siriana superstite della battaglia di Qusayr (Afp)
NEW YORK, 15. L’annuncio che
Washington intende fornire armi ai
ribelli siriani è, in queste ore, al
centro del confronto internazionale. Esplicita contrarietà ha espresso
il segretario generale dell’Onu, Ban
Ki-moon: «Le Nazioni Unite e io
stesso — ha dichiarato — abbiamo
più volte detto chiaramente che
fornire armi a una qualsiasi delle
due parti non aiuta a risolvere la
situazione». Ban Ki-moon ha inoltre confermato di essere stato informato dagli Stati Uniti sulle presunte prove che dimostrerebbero l’uso
di armi chimiche da parte dell’esercito siriano. A questo proposito Mosca ha parlato di menzogne
strumentali da parte di Washington.
La Germania ha chiesto una riunione urgente del Consiglio di si-
Instabilità e violenze in Libia
TRIPOLI, 15. La Libia non riesce a
girare pagina e fatica a fare piazza
pulita delle milizie armate che, non
tenendo conto del potere costituito e
legittimo, hanno reso il Paese un terreno di battaglia quotidiana. Torna
alta la tensione a Bengasi, la seconda città libica che fu uno dei centri
della rivolta anti-Gheddafi. Almeno
sei soldati sono rimasti uccisi negli
scontri avvenuti nella notte tra le
forze speciali e un gruppo armato.
Secondo fonti locali, manifestanti
hanno attaccato le sedi di esercito e
polizia. Il capo ad interim dell’esercito, Salem Al Konidi, aveva avvertito nella tarda serata di ieri del pericolo di un bagno di sangue.
Testimoni hanno riferito di esplosioni e colpi d’arma da fuoco vicino
al quartier generale delle forze speciali intorno alle 4 di mattina. Gli
scontri sono avvenuti poco dopo che
decine di manifestanti avevano attac-
cato una brigata composta da ex
combattenti contro il regime di
Gheddafi, nel 2011, costringendoli
ad abbandonare la loro caserma. La
caserma presa di mira sarebbe quella
occupata da miliziani che hanno
combattuto contro Gheddafi e che
poi sono stati integrati nelle forze
armate o di sicurezza libiche. Come
quelli dello «Scudo della Libia»,
presi di mira sabato scorso con un
sanguinoso attacco alla loro caserma
in cui sono morte 31 persone e oltre
cento sono rimaste ferite.
A rendere incandescente la situazione c’è la decisione di mandare
davanti a un tribunale tutti gli esponenti dell’ex regime di Gheddafi, a
cominciare dal figlio Saif Al Islam.
L’annuncio è venuto dall’ufficio del
procuratore generale della Repubblica, secondo il quale, tra le decine di
imputati presenti al processo ci saranno anche il capo dei servizi se-
Numero speciale
a cinquant’anni dall’elezione di Paolo VI
y(7HA3J1*QSSKKM( +%!z!]!#!.
Il 21 giugno 1963 il cardinale Giovanni Battista Montini veniva eletto Papa e prendeva il nome di Paolo VI. Quasi sessantaseienne, il porporato era da oltre otto anni arcivescovo di Milano e aveva servito
la Santa Sede in Segreteria di Stato
sotto Pio XI e Pio XII per tre de-
cenni. Papa Montini succedeva a
Giovanni XXIII, il Pontefice che
l’aveva voluto come primo dei suoi
cardinali poche settimane prima di
annunciare la convocazione del
concilio Vaticano II.
A norma del diritto canonico il
concilio era sospeso, ma il nuovo
Papa subito lo riconvocò per l’autunno successivo, guidandolo con
fermo e prudente equilibrio fino alla conclusione, e poi portandone
avanti con tenacia la prima applicazione. Iniziava così un quindicennio esaltante e drammatico, che
lo stesso Paolo VI ripercorse quando celebrò per l’ultima volta la festa dei santi Pietro e Paolo.
Per ricordare Montini «L’O sservatore Romano» ha realizzato uno
speciale di cento pagine a colori,
con fotografie e immagini rare, un
profilo biografico, alcuni suoi testi
e un inedito del cardinale Joseph
Ratzinger.
La rivista sarà disponibile in italiano dal 21 giugno al prezzo di
cinque euro più le spese di spedizione ([email protected]).
greti, Abdelah El Senoussi, l’ex primo ministro, Baghdadi Al Mahmoudi, e anche il capo della sicurezza
interna, Mansour Dhou. Per altri,
riusciti a scampare alla cattura, il
giudizio sarà in contumacia.
Il processo è destinato a creare
una grande attenzione da parte
dell’opinione pubblica, anche perché, proprio nelle ultime settimane,
in Libia sta prevalendo una deriva
giustizialista. Senza neanche guardare all’interesse del Paese che sarà decapitato della sua classe dirigente, il
Parlamento ha di recente votato una
legge, chiamata di “isolamento”, che
mette di fatto fuori dalla vita pubblica tutti coloro che hanno avuto, anche per brevissimi periodi, qualche
responsabilità in seno al regime.
Scontri nella notte nella città di Bengasi (Reuters)
curezza «affinché si prenda una
posizione comune», come ha detto
il ministro degli Esteri tedesco,
Guido Westerwelle. Ma appare improbabile che il sistema di veti incrociati consenta tale esito.
La Casa Bianca, comunque, ha
frenato sull’ipotesi di imporre una
no-fly zone nei cieli siriani. Il vice
consigliere per la Sicurezza nazionale, Ben Rhodes, ha dichiarato
che una tale misura, costosa e difficile da realizzare, non è nell’interesse degli Stati Uniti. Rhodes, pur
senza fornire dettagli sul modo in
cui si vuole armare i ribelli siriani,
ha precisato che in ogni caso
Washington non invierà truppe.
La questione siriana sarà il primo argomento in discussione al
vertice del G8, lunedì e martedì a
Lough Erne, in Irlanda del Nord.
Udienza al presidente
della Commissione Europea
Oggi, sabato 15 giugno 2013, il Santo Padre Francesco ha ricevuto in udienza, nel
Palazzo
Apostolico
Vaticano, il presidente
della
Commissione
Europea, sua eccellenza il signor José Manuel Durão Barroso, il
quale ha successivamente incontrato il
cardinale Tarcisio Bertone, segretario di Stato, accompagnato da
monsignor Dominique
Mamberti, segretario
per i Rapporti con gli
Stati.
I cordiali colloqui hanno permesso un utile scambio di opinioni
sulla situazione internazionale con
particolare attenzione al processo
di integrazione europea, come pure
alla perdurante crisi economica che
ha conseguenze gravissime sull’occupazione, soprattutto giovanile, e
riflessi negativi sulla vita delle famiglie. Nel prosieguo dei colloqui
ci si è soffermati sul contributo positivo che la Chiesa cattolica può
offrire nell’attuale congiuntura per
il benessere materiale e spirituale
dell’Europa. Infine, particolare attenzione è stata data alla promozione dei diritti umani, in special
modo alla libertà religiosa, e alla
tutela delle minoranze cristiane nel
mondo.
NOSTRE INFORMAZIONI
Il Santo Padre ha ricevuto questa mattina in
udienza le Loro Eminenze Reverendissime i
Signori Cardinali:
— Marc Ouellet, Prefetto della Congregazione per i Vescovi;
— Stanisław Dziwisz, Arcivescovo di Kraków (Polonia).
Il Santo Padre ha ricevuto questa mattina
in udienza Sua Eccellenza il Signor José
Manuel Durão Barroso, Presidente della
Commissione Europea, e Seguito.
Il Santo Padre ha nominato Sua Eminenza
Reverendissima il Signor Cardinale Jaime
Lucas Ortega y Alamino, Arcivescovo di San
Cristóbal de La Habana (Cuba), Suo Inviato
Speciale alla celebrazione conclusiva del 1°
centenario dell’elevazione ad Arcidiocesi me-
tropolitana di San Salvador e dell’erezione
delle Diocesi di Santa Ana e di San Miguel,
nonché alla cerimonia di chiusura del Congresso Eucaristico nazionale di El Salvador,
in programma l’11 agosto 2013.
Il Santo Padre ha nominato Sua Eminenza
Reverendissima il Signor Cardinale Audrys
Juozas Bačkis, Arcivescovo emerito di Vilnius
(Lituania), Suo Inviato Speciale alle celebrazioni del 1025° anniversario del “battesimo”
della Rus’ (Ucraina), previste a Kyiv nei
giorni 17-18 agosto 2013.
Provvista di Chiesa
In data 15 giugno, il Santo Padre ha nominato Vescovo della Diocesi di Gweru in Zimbabwe il Reverendo Monsignore Xavier
Munyongani, del clero di Masvingo, attuale
Cappellano della Comunità Cattolica Zimbabwena a Londra.
Nomine di Vescovi Ausiliari
In data 15 giugno, il Santo Padre ha nominato Vescovo Ausiliare della Diocesi di
Hung Hoá in Vietnam il Reverendo Padre
Alphonse Nguyên Huu Long, della Compagnia dei Sacerdoti di San Sulpizio, attualmente Rettore del Seminario Maggiore di
Hué, assegnandogli la sede titolare vescovile
di Gummi di Bizacena.
In data 15 giugno, il Santo Padre ha nominato Vescovo Ausiliare della Diocesi di Vinh
in Vietnam il Reverendo Pierre Nguyên Văn
Viên, Vicario Generale della Diocesi di Vinh,
assegnandogli la sede titolare vescovile di
Megalopoli di Proconsolare.
L’OSSERVATORE ROMANO
pagina 2
A causa delle procedure automatiche di riduzione della spesa pubblica
L’Fmi taglia
le stime sul pil statunitense
WASHINGTON, 15. Gli Stati Uniti
cresceranno meno del previsto: nel
2013 il pil salirà dell’1,9 per cento e
l’anno prossimo solo del 2,7 per
cento, meno del tre per cento atteso
solo qualche mese fa. E la “responsabilità” è dei tagli automatici alla
spesa, che hanno causato una stretta
«eccessivamente rapida e mal disegnata». Un rallentamento che alimenta la pressione sulla Fed, alle
prese con un’exit strategy che presenta molti rischi.
A scattare la fotografia dello stato
di salute dell’economia americana è
il Fondo monetario internazionale
(Fmi), in un rapporto sull’andamento economico. L’allentamento monetario della Fed, con acquisti per
85 miliardi di dollari al mese, andrà
avanti almeno fino alla fine dell’anno, poi sarà «leggermente» rivisto
al ribasso, prevede il Fondo. «La
politica monetaria della Fed era necessaria» ha detto il direttore generale del Fmi, Christine Lagarde, sottolineando che «non c’è fretta» per
il ritiro delle misure straordinarie
messe in campo, i cui benefici restano «superiori ai costi».
Comunque — avverte il Fmi — la
Fed deve continuare a prepararsi a
«un’uscita dolce: ha gli strumenti
per farlo ma il ritiro presenterà delle
sfide». La comunicazione è quindi
«essenziale» così come il calibrare i
tempi del ritiro per ridurre «il rischio di forti e sostenuti movimenti
nei tassi di interesse di lungo termine e per evitare un’eccessiva volatili-
Il direttore generale dell’Fmi, Christine Lagarde (Afp)
tà che potrebbe avere implicazioni
avverse a livello globale».
L’Fmi interviene così ad alimentare il dibattito sulle prossime mosse
della Banca centrale, dopo le affermazioni nelle settimane scorse del
presidente della Fed, Ben Bernanke,
che hanno instillato dubbi sul mercato. Mercato che sembrava dare
per scontato anche un aumento dei
tassi di interesse prima del previsto.
La Fed — secondo il «Wall Street
Journal» — cercherà di rassicurare
nella prossima riunione sulla gradualità dell’uscita dalle misure di
Detroit
sconta l’amaro
prezzo
della crisi
WASHINGTON, 15. Detroit «sull’orlo
della rovina finanziaria» sospende i
pagamenti su due miliardi di debiti
non assicurati: è il primo vero default della capitale dell’auto e un ulteriore passo verso la bancarotta.
Kevyn Orr, il manager d’emergenza
scelto dal governatore del Michigan,
di fatto commissariando la città, ha
presentato ieri un piano di «sacrifici
per tutti» con il quale far voltare
pagina a Detroit, città simbolo dell’America industriale e delle auto,
che ha risentito della crisi globale,
soprattutto quella delle quattro ruote, con la bancarotta di General
Motors e di Chrysler. «La strada
della ripresa può iniziare oggi; cattiva gestione finanziaria, un calo della
popolazione e altri fattori negli ultimi 45 anni hanno portato Detroit
sull’orlo della rovina finanziaria e
operativa» ha detto Orr.
Politica
ed economia
al G8
LONDRA, 15. Accanto alle principali
crisi in atto, dalla Siria, all’Afghanistan all’Africa subsahariana, saranno
i temi economici a dominare il vertice del G8 di lunedì e martedì a
Lough Erne, in Irlanda del Nord.
Un importante scambio di vedute è
avvenuto ieri in una videoconferenza alla quale hanno partecipato il
presidente
statunitense,
Barack
Obama, insieme al presidente del
Consiglio italiano, Enrico Letta, il
cancelliere tedesco, Angela Merkel,
il presidente francese, François
Hollande, e il premier britannico,
David Cameron. Nel colloqui è stato fatto il punto sui principali problemi che saranno affrontati nel
summit. Restano sul tappeto — dicono gli analisti — divisioni persistenti su varie questioni, da quelle
del commercio a quelle sulle politiche per uscire dalla crisi finanziaria
globale. La Russia, in particolare,
ha sottolineato la necessità di una
riforma radicale del Fondo monetario internazionale.
L’OSSERVATORE ROMANO
GIORNALE QUOTIDIANO
Unicuique suum
POLITICO RELIGIOSO
Non praevalebunt
00120 Città del Vaticano
[email protected]
http://www.osservatoreromano.va
stimolo dell’economia e sul fatto
che una potenziale riduzione degli
acquisti non si tradurrà in una stretta dei tassi di interesse.
Il Fondo suggerisce agli Stati
Uniti di rallentare l’aggiustamento
di bilancio quest’anno per sostenere
la crescita e l’occupazione, ma, allo
stesso tempo, di mettere in atto una
Road Map di medio termine per ripristinare la sostenibilità dei conti
pubblici nel lungo termine. Da qui
l’invito del Fmi a eliminare i tagli
automatici alla spesa e sostituirli
con un risanamento graduale.
domenica 16 giugno 2013
Intervento della Santa Sede a Ginevra
Il diritto alla pace
Pubblichiamo in una nostra traduzione
l’intervento pronunciato il 7 giugno, a
Ginevra, dall’arcivescovo Silvano M.
Tomasi, Osservatore Permanente della
Santa Sede presso l’Ufficio delle Nazioni Unite ed Istituzioni Specializzate
a Ginevra, sul diritto alla pace, in occasione della XXIII Sessione Ordinaria
del Consiglio dei Diritti dell’Uomo.
Signor Presidente!
Essendo uno dei desideri più profondi del cuore umano, la pace è un
diritto di cui ogni persona dovrebbe
beneficiare e una situazione che rende possibile lo sviluppo umano integrale. La pace è la condizione che
fa sì che tutti gli altri diritti siano
possibili e la realizzazione dei diritti
fondamentali porta a una vera pace
basata sulla libertà, sulla giustizia e
sulla fraternità. La Carta delle Nazioni Unite, la Dichiarazione universale dei diritti dell’uomo e molti
altri strumenti internazionali esprimono in una dialettica virtuosa questo legame profondo e necessario tra
pace e diritti dell’uomo. Di conseguenza, la minaccia di guerra deve
essere eliminata e giustamente la
Carta africana dei diritti dell’uomo
e dei popoli dichiara: «I popoli
hanno diritto alla pace e alla sicurezza sia a livello nazionale sia sul
piano internazionale» (n. 23, 1).
Definire la pace come l’assenza di
guerra sarebbe ridurla a un valore
negativo. La pace si costruisce giorno dopo giorno nella famiglia, a
scuola e nella società. Senza fondamenta economiche, politiche, culturali e spirituali solide, la pace sarebbe un miraggio per menti ingenue.
Quanti vogliono fondarla esclusiva-
mente sulla forza e sull’equilibrio
delle forze si sbagliano. Non devono fare altro che leggere la storia
del XX secolo e osservare la realtà
dei recenti conflitti che questo stesso Consiglio esamina così spesso.
La pace non s’impone con la quantità di armi ammassate e neppure
con la loro sofisticazione o la loro
crudeltà. Se la pace fosse condizionata dalla forza militare, i diversi
popoli non avrebbero subito tante
guerre, morti, rovine e odio distruttore. L’altro nome della pace è lo
sviluppo. Essa viene servita meglio
dalle scuole costruite, dalle strutture
sanitarie create, dalle prospettive di
futuro aperte alle giovani generazioni.
Signor Presidente!
È banale dire che il nostro mondo è più che mai interdipendente.
Ma ciò rafforza la nostra convinzione che la famiglia umana è una e
che tutti gli uomini e tutte le donne
condividono la stessa dignità. La
violenza, l’ingiustizia e la volontà di
potenza all’interno delle società e
tra le nazioni non fanno che moltiplicare i rischi di guerre e di conflitti. La pace e la sicurezza degli uni
non possono essere assicurati senza
la pace e la sicurezza degli altri. Il
nostro mondo non è privo di risorse, ma soffre d’ingiustizia. I divari
appaiono sempre più profondi e la
ricerca della pace sempre più sfuggente. Il contrario della pace, più
che la guerra, è la paura. In tal senso, la paura diviene il denominatore
comune tra ricchi e poveri, tra paesi
sviluppati e paesi in via di sviluppo,
tra potenze militari e quanti sono
meno avvantaggiati.
Signor Presidente!
La guerra è il fallimento degli
umani e dell’umano. La guerra è
l’illusione che si possa difendere o
costruire una società sana o migliore
infliggendo sofferenze indescrivibili
a persone innocenti. Distruggendo
l’altro si distrugge l’umano in sé.
Nessuno esce indenne da un conflitto o da un’esperienza di violenza.
La pace è meno spettacolare, più
paziente, più rispettosa dell’alterità,
più modesta. Ma questi valori sono
i soli in grado di costruire delle società veramente umane.
L’istituzione di un gruppo di lavoro intergovernativo aperto, con il
compito di dare avvio alla codificazione ufficiale del diritto umano alla
pace, è stata una decisione saggia
che si spera rechi i suoi frutti in una
dichiarazione efficace e condivisa da
tutti.
Nella costruzione o nel ripristino
della pace, esempi storici e contemporanei c’insegnano che la non-violenza, come dottrina e come metodo, era e continua a essere il cammino più appropriato della mediazione
e della riconciliazione, al fine di
riallacciare i legami umani, sociali e
politici a beneficio del bene comune
e di una pace duratura.
Washington
fornirà a Bruxelles
informazioni
sulla sicurezza
DUBLINO, 15. Gli Stati Uniti hanno hanno accettato di fornire
all’Unione europea le informazioni riguardo al controverso
programma Prism per il controllo
delle comunicazioni telefoniche e
di internet. L’annuncio è stato
dato
dal
commissario
dell’Unione europea per gli Affari
Interni, Cecilia Malmström, in
occasione di un incontro, ieri a
Dublino, con esponenti dell’Amministrazione statunitense, tra i
quali il segretario alla Giustizia,
Eric Holder. «È stato stabilito
con gli Stati Uniti di istituire un
gruppo di esperti transatlantici
per ricevere più informazioni sul
programma Prism e valutare le
protezioni» ha dichiarato il commissario Ue per gli Affari Interni.
Attraverso questo programma,
creato nel 2007, è possibile aver
accesso, tra l’altro, ai server dei
giganti del web, nell’ambito del
piano di controllo, in nome della
sicurezza, di telefoni e rete internet. È un programma, spiegano gli esperti, molto simile a
quello voluto dal presidente
George W. Bush dopo gli attacchi terroristici dell’11 settembre
2001. Nel frattempo sia l’Amministrazione Obama sia l’Fbi continuano a ribadire che ogni misura di controllo, condotta per garantire la sicurezza del singolo e
della collettività, è praticata nel
pieno rispetto della legge.
E lunedì prossimo è atteso
proprio un intervento delle autorità dell’Fbi le quali, come annunciato in questi giorni, forniranno la lista dei numerosi attacchi terroristici che il programma
Prism ha permesso di sventare.
Il settore degli audiovisivi escluso dal mandato della Commissione Ue per negoziare il trattato di libero scambio
Compromesso europeo
sul commercio con gli Stati Uniti
BRUXELLES, 15. Alla Commissione
europea è stato dato mandato di negoziare con gli Stati Uniti per arrivare a un trattato di libero scambio.
Dopo dodici ore di discussione, i
ministri del Commercio riuniti a
Lussemburgo hanno raggiunto un
compromesso per un mandato che
escluderà dalle liberalizzazioni, come
richiesto dalla Francia, il settore della cultura e in particolare degli audiovisivi. Il ministro francese del
Commercio, Nicole Bricq, aveva annunciato all’inizio delle trattative che
Parigi avrebbe rifiutato il progetto di
mandato «in assenza di una esclusione chiara ed esplicita del settore
audiovisivo». Anche altri Paesi, in
particolare Austria, Belgio, Italia e
Polonia, avevano sottolineato la necessità di proteggere la cosiddetta
eccezione culturale europea, chiedendo garanzie che la protezione del
settore non sia annacquata. Ma nessuno aveva mai sposato la linea oltranzista di Parigi.
Il commissario europeo al Commercio, Karel De Gucht, in una conferenza stampa tenuta dopo la riunione, sottolineando che tutte le decisioni sono state finora prese
all’unanimità, ha comunque specificato che «i servizi audivisivi non sono per il momento compresi nel
mandato, ma vi potrebbero essere
aggiunti più tardi».
Un mese fa, anche il Parlamento
europeo aveva approvato a larga
maggioranza una risoluzione secondo la quale non potrà essere superata questa barriera volta a salvaguardare l’industria culturale del vecchio
continente. «L’esclusione dei servizi
culturali e audiovisivi compresi quelli forniti on line — recita l’articolo 11
della risoluzione in questione — sia
dichiarata esplicitamente nel mandato negoziale». In effetti, secondo il
Parlamento di Strasburgo, la proprietà intellettuale deve essere riconosciuta come «uno dei motori
dell’innovazione e della creazione»
per cui «è indispensabile» che gli
Stati membri possano continuare a
preservare e sviluppare le proprie
politiche culturali secondo le leggi
di ogni Paese
Gli eurodeputati avevano altresì
invitato i negoziatori con Washington ad esercitare il loro mandato secondo il principio di precauzione
per la sicurezza alimentare, in particolare per gli organismi geneticamente modificati, e di difendere il
sistema delle denominazioni di origine. Attenzione era stata chiesta anche per non svalutare le norme sociali, ambientali e sulla protezione
dei dati personali, argomento tornato sensibile dopo le polemiche sulle
intercettazioni che hanno investito il
Governo di Washington.
La Casa Bianca (Afp)
Livelli record
per il debito spagnolo
MADRID, 15. Prospettive negative
per l’economia spagnola, che si
trova a fronteggiare conti difficili.
Il debito pubblico ha toccato un
nuovo record nel primo trimestre,
salendo all’88,2 per cento del pil
(prodotto interno lordo). Lo ha
annunciato ieri la Banca di Spagna. Si tratta di un incremento del
15,2 per cento rispetto al primo trimestre del 2012. A indebitarsi di
più è l’amministrazione centrale,
passata da un debito di 655,365
miliardi di euro nel primo trimestre del 2012 a 796,817 miliardi nello stesso periodo del 2013, pari al
76,1 per cento del pil. Intanto,
l’agenzia di rating americana Standard&Poor’s ha confermato a BBB
meno, un gradino sopra il livello
considerato «spazzatura», il rating
di Madrid. «Crediamo che l’economia spagnola si stia riequilibrando» afferma l’agenzia di classificazione, citando miglioramenti nella
competitività e nelle esportazioni.
L’outlook è però negativo, anche a
causa dei molti problemi che affliggono il mercato del lavoro e soprattutto il circuito del credito alle
imprese, due dei gangli fondamentali su cui agire per far ripartire
l’economia del Paese iberico.
GIOVANNI MARIA VIAN
direttore responsabile
TIPO GRAFIA VATICANA
EDITRICE L’OSSERVATORE ROMANO
Carlo Di Cicco
don Sergio Pellini S.D.B.
vicedirettore
Piero Di Domenicantonio
caporedattore
Gaetano Vallini
segretario di redazione
direttore generale
Sostegno alle imprese dopo il vertice di Roma
Agire subito sull’emergenza del lavoro giovanile
ROMA, 15. «Non abbiamo più tempo, dobbiamo agire subito per contrastare l’emergenza occupazionale e
in particolare la disoccupazione giovanile». Così il presidente del Consiglio dei ministri italiano, Enrico
Letta, ha introdotto i lavori del vertice a quattro dei ministri delle Finanze e del Lavoro di Italia, Spagna, Francia e Germania, che si è
tenuto ieri a palazzo Chigi.
Letta ha sottolineato l’importanza
e la novità del formato utilizzato:
riunire intorno a un tavolo sia i ministri delle Finanze che quelli del
Lavoro per affrontare il dramma
della disoccupazione. Il formato La-
Servizio vaticano: [email protected]
Servizio internazionale: [email protected]
Servizio culturale: [email protected]
Servizio religioso: [email protected]
Segreteria di redazione
telefono 06 698 83461, 06 698 84442
fax 06 698 83675
[email protected]
Servizio fotografico: telefono 06 698 84797, fax 06 698 84998
[email protected] www.photo.va
voro-Finanze è il cuore dell’Europa
che risponde alla crisi. In vista del
vertice europeo, ha spiegato Letta,
si attendono due importanti successi: il completamento dell’unione
bancaria e misure concrete per la disoccupazione giovanile. Dal prossimo Consiglio Ue, che si terrà il 27 e
28 giugno, «non si potrà uscire con
parole — ha detto Letta — ma con
fatti concreti».
Il ministro dell’Economia spagnolo, Luis de Guindos, ha spiegato
che l’obiettivo di Madrid «ma anche di tutta l’Unione europea» è
quello di «varare misure per favorire
il finanziamento delle imprese; il
Tariffe di abbonamento
Vaticano e Italia: semestrale € 99; annuale € 198
Europa: € 410; $ 605
Africa, Asia, America Latina: € 450; $ 665
America Nord, Oceania: € 500; $ 740
Ufficio diffusione: telefono 06 698 99470, fax 06 698 82818,
[email protected]
Ufficio abbonamenti (dalle 8 alle 15.30): telefono 06 698 99480,
fax 06 698 85164, [email protected]
Necrologie: telefono 06 698 83461, fax 06 698 83675
Governo spagnolo ha messo a disposizione delle imprese 22 milioni
di euro attraverso diverse linee di finanziamento e le banche centralizzate sono riuscite ad aumentare i
propri capitali per più di 11 milioni
di euro». In ambito europeo, dunque, ha proseguito de Guindos, «c’è
bisogno di un’unione bancaria».
Sulla stessa linea il ministro
dell’Economia italiano, Fabrizio
Saccomanni, secondo il quale l’aumento di capitale della Bei di dieci
miliardi farà da moltiplicatore di risorse fino a sessanta miliardi di euro
«per finanziare le imprese, soprattutto le piccole e medie imprese».
Concessionaria di pubblicità
Il Sole 24 Ore S.p.A
System Comunicazione Pubblicitaria
Aziende promotrici della diffusione de
«L’Osservatore Romano»
Intesa San Paolo
Alfonso Dell’Erario, direttore generale
Romano Ruosi, vicedirettore generale
Ospedale Pediatrico Bambino Gesù
Sede legale
Via Monte Rosa 91, 20149 Milano
telefono 02 30221/3003, fax 02 30223214
Società Cattolica di Assicurazione
[email protected]
Banca Carige
Credito Valtellinese
L’OSSERVATORE ROMANO
domenica 16 giugno 2013
pagina 3
Tensione tra Egitto ed Etiopia sulla gestione delle acque
Dal 9 al 12 giugno
Sul Nilo tornano
a navigare i contrasti
Visita dell’arcivescovo Mamberti
a Capo Verde
di PIERLUIGI NATALIA
La ratifica, questa settimana, da
parte dell’Etiopia dell’accordo quadro tra i Paesi del bacino del Nilo
che contestano il diritto di veto
dell’Egitto su tutti i progetti relativi alle acque del fiume sembra destinata ad alimentare le tensioni tra
Il Cairo e Addis Abeba. A riportare d’attualità il contrasto è il progetto della Diga del Rinascimento,
un colosso idroelettrico per cui
l’Etiopia ha disposto e avviato i lavori di modifica del corso del Nilo
Azzurro.
L’accordo quadro in questione,
firmato nel 2010 da sei dei dieci
Paesi rivieraschi membri dell’Iniziativa del bacino del Nilo, prevede
l’abolizione delle intese di epoca
coloniale che garantiscono ad Egitto e Sudan lo sfruttamento di circa
il novanta per cento delle acque
del più grande fiume d’Africa.
Le regole, infatti, nonostante i
tentativi di revisione, sono tuttora
quelle fissate dal trattato concluso
nel 1929 tra Il Cairo e Londra
(quest’ultima a nome delle allora
colonie britanniche, oggi Stati indipendenti) in base al quale i Paesi
attraversati dal fiume non possono
in alcun modo incrementare l’utilizzo di tali acque se ciò ne diminuisce la portata che giunge in
Egitto. Il trattato fu in parte rinegoziato nel 1959, prima dell’inizio
dei lavori per la grande diga di
Assuan, da Egitto e Sudan ormai
indipendente, dando ai due Stati
rispettivamente 55,5 e 18,5 miliardi
di metri cubi d’acqua all’anno. Ma
tutti gli altri Paesi non parteciparono alla nuova spartizione e da allora continuano a chiedere, in particolare Tanzania e Etiopia, di poter
riaprire la partita negoziale per stabilire quote più eque di utilizzo
delle acque.
Quello legato al Nilo è da sempre uno dei maggiori rischi di conflitto in Africa. Nel giugno del
1980 si arrivò a un passo dalla
guerra tra Egitto ed Etiopia, che si
opponeva alla decisione del Cairo
di far confluire parte delle acque
del fiume verso il deserto del Sinai.
Per tutto il Novecento la posizione
egiziana è stata assolutamente rigida. All’inizio di questo secolo, invece, il Governo del Cairo ha più
volte partecipato a tavoli negoziali.
Ciò nonostante, sul punto cruciale,
cioè il suo diritto di veto, non ha
mai fatto passi indietro e non ha
mai nascosto di essere pronto a
usare la forza.
Anche questa settimana, di fronte alle iniziative dell’Etiopia, il presidente egiziano Mohammed Mursi
ha dichiarato che «tutte le opzioni
sono al vaglio» e che l’Egitto «non
ammetterà la perdita di una sola
goccia della sua acqua». Il Governo di Addis Abeba ha risposto che
tanta acqua entrerà nell’invaso della diga e tanta ne uscirà, ma ciò
non è servito a stemperare i contrasti con quello del Cairo.
In ogni caso, l’Egitto rischia un
ulteriore isolamento. Lo stesso Sudan, infatti, ha sposato le ragioni
dell’Etiopia e degli altri Paesi rivieraschi. A questo ha contribuito la
secessione sudsudanese, che da
quasi due anni vede un nuovo soggetto internazionale, il Sud Sudan
appunto, coinvolto nella questione.
Si tratta oltretutto di un nuovo
Paese non arabo (la popolazione
del Sud del Sudan è diversa da
quella del Nord) e quindi non legato a quel mondo arabo del quale
l’Egitto è uno degli Stati leader.
Quello del Nilo è solo l’esempio
più eclatante, non certo l’unico, del
rischio che si avveri la minaccia secondo la quale nel XXI secolo l’acqua avrà lo stesso ruolo di causa di
conflitti avuto nel XX secolo dal
petrolio.
L’emergenza idrica già si configura, infatti, come una catastrofe.
La maggioranza dell’umanità è vessata da una situazione che provoca
— direttamente e per le malattie
collegate al consumo di acqua non
pulita — cinque milioni di morti
all’anno, compresi due milioni di
bambini sotto ai cinque anni di
età. E la situazione, lungi dal migliorare, si aggrava continuamente.
Senza misure immediate e concrete
per invertire la tendenza, i rapporti
dell’Onu stimano che nel 2025 due
persone su tre soffriranno in varia
misura di mancanza di acqua.
Mantenere l’integrità degli ecosistemi d’acqua dolce costituisce
dunque una priorità in diverse zone del mondo, soprattutto nelle
più povere, dove la sicurezza alimentare dipende in gran parte dalle risorse dei fiumi.
Questo vale in quasi ogni parte
del pianeta, ma ha conseguenze
particolarmente drammatiche in
Africa, dove ogni Stato condivide
almeno un fiume con altri Stati,
determinando un contesto geopolitico segnato da attriti continui.
Il continente, che conta circa un
settimo della popolazione mondiale, dispone del nove per cento delle risorse di acqua dolce, ripartite
però in modo diseguale, male utilizzate e minacciate da inquinamento e in qualche caso da accaparramenti a beneficio di interessi
privati, locali e internazionali. Secondo i dati delle Nazioni Unite,
solo il 64 per cento della popolazione africana ha accesso all’acqua
potabile.
Tuttavia, in situazioni nel passato spesso sfociate in conflitti armati
comincia ora a farsi largo la volontà di percorrere la strada maestra
della cooperazione. Ma si tratta di
una strada ancora irta di ostacoli e
di un’impostazione tutt’altro che
consolidata. Gli sviluppi politici e
diplomatici di alcune tra le più annose e cruente crisi africane, infatti,
aprono o riaprono contenziosi solo
all’apparenza marginali e che sarebbe miope sottovalutare da parte
della comunità internazionale.
Giunto all’aeroporto internazionale
Nelson Mandela di Praia nella tarda
serata del 9 giugno, S.E. Mons.
Dominique Mamberti, Segretario
per i Rapporti con gli Stati, ha compiuto una visita ufficiale a Capo
Verde, su invito del Governo nazionale, per firmare l’Accordo sullo Statuto giuridico della Chiesa cattolica in
Capo Verde. A ricevere Sua Eccellenza, oltre al Direttore Generale del
Cerimoniale e del Protocollo, il
Dott. Emanuel Duarte, e all’Ambasciatore presso la Santa Sede, il
Dott. Domingos Mascarenhas, erano
presenti il Ministro degli Affari Esteri, S.E. Ing. Jorge Borges, il Nunzio
Apostolico, S.E. Mons. Luis Mariano Montemayor, il Vescovo di Santiago de Cabo Verde, S.E. Mons.
Arlindo Furtado, e il Vescovo di
Mindelo, S.E. Mons. Ildo dos
Santos Lopes Fortes.
La mattinata di lunedì 10 giugno
è iniziata con una visita presso il
Ministero degli Affari Esteri. Il
Ministro degli Affari Esteri ha ricevuto privatamente S.E. Mons. Dominique Mamberti; successivamente
sono state presentate le due
Delegazioni: quella di Capo Verde
era composta dal Ministero degli
Esteri, dall’Ambasciatore Domingos
Mascarenhas, dall’Ambasciatore Fernando Wahnon, Direttore per la
Cooperazione internazionale, e da
altri funzionari dello stesso ministero. La Delegazione della Santa Sede
L’arcivescovo Mamberti e il Ministro degli Esteri di Capo Verde, subito dopo la firma dell’accordo
era integrata da: S.E. Mons. Mariano Montemayor; S.E. Mons. Arlindo Furtado; S.E. Mons. Ildo dos
Santos Lopes Fortes; Mons. Giuseppe Laterza, Consigliere di Nunziatura presso la Sezione per i Rapporti
con gli Stati; Rev. Joã Augusto M.
Martins, Vicario Generale della Diocesi di Santiago; Rev. Boaventura
Lopez, Vicario Giudiziale della Diocesi di Santiago. Durante l’incontro
Valutazioni del comandante dell’Isaf
Alta affluenza alle urne
L’Afghanistan
non è il Vietnam
Nelle presidenziali iraniane
in testa
il riformista Rohani
KABUL, 15. «Non paragonerei l’Afghanistan al Vietnam»: è la valutazione espressa ieri dal generale Joseph Dunford, comandante supremo della Forza internazionale di assistenza alla sicurezza (sotto l’egida
della Nato). Parlando nella sala riunioni del quartier
generale a Kabul, il generale ha detto che la differenza tra le due guerre è «profonda».
Dunford ha ricordato che «qui siamo stati chiamati dal Governo e dal popolo afghani». E nello stesso
tempo ha ammesso che la violenza, nel territorio afghano, «non è ancora sradicata». I talebani, che recalcitrano di fronte a ogni offerta di dialogo, proseguono infatti nella loro azione destabilizzante, fatta
di attentati suicidi e di imboscate. Si è dunque di
fronte a uno scenario molto critico, che potrebbe, si
teme, ulteriormente aggravarsi dopo il 2014, quando
sarà stato completato il ritiro del contingente internazionale.
Al riguardo il comandante dell’Isaf ha detto che,
grazie anche a un lavoro paziente e qualificato da
parte dei soldati della coalizione, sono state create le
condizioni per cui le forze afghane sono ora in grado
di garantire un sufficiente livello di sicurezza. Certo,
ha ammesso il generale Dunford, esistono ancora
ampi margini di miglioramento. In particolare ha
posto l’accento sul fatto che bisogna fare di più
nell’ambito dei servizi di intelligence per prevenire
gli attentati.
Anche sul piano della logistica vanno apportate
modifiche ed eliminate pecche. «Insomma non siamo ancora al punto in cui vorremmo» ha dichiarato
il generale, il quale ha tenuto a sottolineare che
«senza un impegno internazionale continuo» tutti i
progressi compiuti finora, pur tra mille difficoltà, rischierebbero di essere vanificati. Un impegno che riconosce, tra le priorità, il contributo al consolidamento delle istituzioni afghane.
TEHERAN, 15. Il candidato riformista moderato nelle
elezioni presidenziali iraniane, Hassan Rohani,
avrebbe superato, seppur di poco, il cinquanta per
cento dei voti validi necessari per vincere al primo
turno; si tratta però ancora di risultati parziali resi
noti questa mattina dal ministero dell’Interno. Rohani comunque al momento ha un numero di voti che
è tre volte quello del suo principale rivale.
Rohani — che ha promesso di recuperare i rapporti
dell’Iran con la comunità internazionale — ha ottenuto oltre cinque milioni di voti (50,8 per cento) sui
circa dieci milioni di schede valide scrutinate. Dietro
di lui, il sindaco di Teheran, il conservatore
Mohammad Baqer Qalibaf, che ha avuto poco più di
un milione di voti, il 16,1 per cento, seguito dall’altro
candidato conservatore, l’attuale capo negoziatore sul
programma nucleare iraniano, Saeed Jalili. Più distaccati gli altri tre candidati, tutti conservatori. Se si
confermasse il risultato, Rohani — che è sostenuto
dagli ex presidenti riformisti, Akbar Hashemi
Rafsanjani e Mohammad Khatami — avrebbe ottenuto un netto successo evitando il voto di ballottaggio.
L’affluenza alle presidenziali iraniane è stata di circa l’ottanta per cento dei 50,5 milioni di aventi diritto. Nelle precedenti elezioni del 2009, avevano registrato un tasso di partecipazione dell’85 per cento.
Alle elezioni parlamentari della primavera dell’anno
scorso la partecipazione era stata invece del 64,2 per
cento. A causa dell’elevata affluenza, ieri sera la
chiusura delle urne è stata prorogata di cinque ore
prima dell’avvio dello spoglio. Il ministro dell’Interno iraniano, Mostafa Mohammad Majjar, ha annunciato che lo spoglio sarà concluso oggi e i risultati
definiti verranno annunciati in giornata. Inoltre, il
ministro dell’Interno ha sottolineato che rappresentanti dei candidati erano presenti in tutti i seggi, in
linea con nuove misure prese per aumentare la trasparenza.
La polizia disperde una manifestazione di protesta per i rincari nel trasporto pubblico
Disordini a San Paolo del Brasile
Una fase dei disordini a San Paolo del Brasile (The Wall Street Journal)
BRASILIA, 15. Alta tensione a San
Paolo del Brasile. Gravi disordini
sono scoppiati nella notte tra giovedì e venerdi, dopo che la polizia
militare aveva disperso una manifestazione contro l’aumento del prezzo dei biglietti del trasporto pubblico. Gli agenti hanno sparato pallottole di gomma e lacrimogeni contro
i manifestanti, che hanno reagito
scagliando pietre. Il sindaco di San
Paolo del Brasile, Fernando Haddad, ha criticato l’eccessivo uso della forza da parte degli agenti: «La
polizia — ha detto — non ha agito
correttamente». Il sindaco, che appartiene al partito dei lavoratori attualmente al Governo in Brasile, ha
ricordato che la polizia militare «è
sotto il comando del Governo dello
Stato» di San Paolo, che invece è
guidato dall’opposizione a livello
nazionale. Il governatore Gerardo
Alckmin ha risposto che non intende tollerare «atti di vandalismo».
sono stati affrontati temi di comune
interesse nelle relazioni bilaterali ed
è stato sottolineato il considerevole
apporto offerto dalla Chiesa cattolica alla società capoverdiana, soprattutto nel campo dell’educazione e
della promozione sociale. Entrambe
le Parti hanno riconosciuto l’eccellenza dei rapporti esistenti, così come la coincidenza di vedute su molti
dei temi dell’agenda internazionale,
in particolare per quanto riguarda la
situazione politica nella sub-regione
dell’Africa occidentale, la salvaguardia della pace, la promozione del rispetto dei diritti umani e la tutela
della dignità umana in Africa, e su
scala mondiale la necessità di uno
sviluppo sostenibile.
In seguito, nella stessa sede del
Ministero degli Affari Esteri, si è
proceduto alla Cerimonia della consegna all’Ambasciatore Domingos
Mascarenhas dell’onorificenza della
Gran Croce dell’Ordine di San Gregorio Magno. Oltre ai familiari
dell’Ambasciatore, erano presenti alcuni membri del Ministero degli
Esteri. Subito dopo, alla presenza
del Primo Ministro, S.E. il Signor
José Maria Neves, e con l’assistenza
del Corpo Diplomatico residente a
Praia, presso il Palazzo del Governo
si è proceduto alla firma dell’Accordo, che viene a sancire il quadro
giuridico del secolare rapporto esistente tra Capo Verde e la Chiesa
cattolica. Alla cerimonia ha fatto seguito una colazione d’onore offerta
dall’Ecc.mo Primo Ministro nella
medesima sede governativa.
Nell’immediato pomeriggio la Delegazione della Santa Sede è stata ricevuta dal Presidente dell’Assemblea
Nazionale, il Signor Basilio Mosso
Ramos, e dal Presidente della Repubblica, S.E. il Signor Jorge Carlos
Fonseca, rispettivamente nella sede
del Parlamento Nazionale e nello
storico Palazzo del Governatore, oggi residenza presidenziale. Durante i
cordiali colloqui, le Autorità statali
hanno evidenziato le eccellenti relazioni da sempre esistenti tra le Istituzioni nazionali e la Chiesa cattolica, che ha contribuito molto
all’identità nazionale della giovane
Repubblica (1975). Da parte sua, il
Presidente della Repubblica ha ricordato con viva gratitudine il recente incontro avuto in Vaticano con
Sua Santità Papa Francesco, reite-
Sanguinoso attacco
a un commissariato
in Guatemala
CITTÀ DEL GUATEMALA, 15. Otto
poliziotti sono stati uccisi e un
ufficiale è stato sequestrato in
Guatemala, dove un gruppo di
uomini armati ha fatto irruzione
ieri in un commissariato a Salcajá,
una cittadina della regione nordorientale di Quezaltenango. Il ministro dell’Interno, Mauricio López Bonilla, ha detto alla stampa
che il gruppo armato è arrivato al
commissariato a bordo di due camioncini e che gli uomini erano
pesantemente armati. Gli agenti
uccisi erano tutti disarmati, giacché si trovavano in un momento
di riposo. L’ufficiale sequestrato è
Cesar Augusto García. Secondo
le autorità, il violento attacco sarebbe una risposta a una serie di
operazioni di polizia lanciate nei
giorni scorsi contro bande locali
di narcotrafficanti.
randoGli l’invito a visitare il Paese.
Stesso invito unanimemente è arrivato da tutte le altre Autorità di governo. In tutti gli incontri, il Segretario
per i Rapporti con gli Stati ha profittato nuovamente dell’occasione
speciale per sottolineare alcuni
aspetti delle relazioni tra Stato e
Chiesa in Capo Verde, come l’importanza del ruolo della Chiesa nella
società, il sostegno statale per le
opere ecclesiali di carattere sociale,
nonché l’opportunità di ulteriori accordi bilaterali per una più proficua
collaborazione nel quadro del documento firmato.
Alle 19.00 dello stesso giorno, Sua
Eccellenza ha partecipato ad una solenne Concelebrazione eucaristica
nella pro-Cattedrale di Praia ed ha
trasmesso i saluti del Santo Padre,
impartendo la Benedizione Apostolica. La giornata si concludeva con
una cena presso il Seminario di
Praia, dove erano presenti la quasi
totalità del clero diocesano e religioso, e dove il Nunzio Apostolico ha
spiegato a grandi linee il contenuto
dell’Accordo e le prospettive giuridiche che si aprono.
Nella mattinata di martedì 11 la
Delegazione della Santa Sede è stata
accompagnata a Santa Catarina, comune al centro dell’Isola di Santiago, dove c’è stato un momento di
preghiera con la comunità parrocchiale locale. Subito dopo, il Segretario per i Rapporti con gli Stati è
stato ricevuto dal Presidente dell’Assemblea municipale e dal suo Consiglio. Con gli illustri interlocutori,
Mons. Mamberti ha ribadito l’importanza dell’Accordo appena firmato ed ha sottolineato la buona intesa
collaborativa esistente tra la Comunità cristiana e le Istituzioni statali a
beneficio dell’intera popolazione capoverdiana.
Nel pomeriggio, dopo una breve
visita di cortesia al Presidente della
Municipalità di Praia, c’è stata la visita ai resti dell’antica cattedrale della Cidade Velha, prima sede episcopale nell’Africa occidentale istituita
nel XVI secolo, e alla chiesa di San
Francesco, che custodisce importanti
reperti architettonici e lapidari del
periodo coloniale. La giornata si
concludeva con la Concelebrazione
eucaristica presso la cappella del Seminario diocesano. Mons. Mamberti
ha portato alla giovane comunità il
saluto del Santo Padre e ha impartito, a Suo nome, la Benedizione
Apostolica. Mercoledì 12 giugno,
Mons. Mamberti si è recato nei
quartieri più poveri della città di
Praia ed ha fatto visita a due scuole
cattoliche: la scuola “do Amor de
D eus” (delle omonime suore) e il
collegio “Miraflores” (delle Suore
“Schiave della SS.ma Eucarestia”).
Visitando gli ambienti ed incontrando le varie rappresentanze di alunni,
docenti e personale educativo,
Mons. Mamberti ha sottolineato
l’importanza che l’istruzione ha nella
formazione delle nuove generazioni
per lo sviluppo integrale della persona umana e per una società più giusta. A tutti, il Segretario per i Rapporti con gli Stati ha portato il saluto benedicente di Papa Francesco ed
ha assicurato la vicinanza del Santo
Padre soprattutto ai più poveri ed
emarginati. Nella serata della stesso
giorno, a conclusione della visita,
Mons. Mamberti ha incontrato il
Vescovo emerito di Santiago e poi la
comunità delle Suore Missionarie
Spiritane, nella cui casa ha celebrato
l’Eucarestia ed ha condiviso la tavola. Alle 23.55 del 12 giugno, Mons.
Mamberti lasciava Praia per far rientro in Vaticano.
L’OSSERVATORE ROMANO
pagina 4
domenica 16 giugno 2013
Giuseppe Camadini ricordato a Brescia
«Concert au Casino
de Deauville»
(1865)
La semina
di Beppe
di MARCO RONCALLI
poco meno di un anno
dalla scomparsa — il 25
luglio scorso — Brescia,
ma non solo, non dimentica il notaio Giuseppe Camadini, ricordato venerdì
14 giugno all’Istituto Paolo VI di
Concesio. «Non un atto dovuto, e
neppure un rito, ma l’omaggio sincero a un uomo e a un cristiano che
ha colorato d’immenso la sua stagione terrena e che ha sempre seminato cose buone», così ha detto
Michele Bonetti, il presidente della
Fondazione
Giuseppe
Tovini,
aprendo l’incontro, svoltosi nel segno della «fedeltà alle radici». È
stata l’occasione per esprimere gratitudine, ma, soprattutto, per riflettere su uno dei tratti più significativi di una complessa parabola uma-
A
Giuseppe Camadini
na, quello speso nel servizio alla
causa dell’educazione dei giovani:
almeno un paio di generazioni alle
quali Camadini ha continuato a indicare, come punti di riferimento,
modelli e percorsi della tradizione
cattolica bresciana: da Giuseppe
Tovini a Giovanni Battista Montini,
convinto della loro fecondità anche
— come ha detto il vicario generale
della diocesi di Brescia, monsignor
Gian Franco Mascher, recando un
messaggio del vescovo Luciano
Monari — «a fronte di un trapasso
culturale» e «nel difficile passaggio
di valori che ha provocato nella società incertezze diffuse e di incoerenze palesi».
Ai progetti educativi sviluppati da
Camadini, alla sua rete di relazioni,
anche personali, al suo ruolo nelle
istituzioni fondate e guidate in tutta
la vita sono stati dedicati i tre interventi introduttivi. Quello del teologo don Angelo Maffeis presidente
dell’Istituto Paolo VI che ha auspicato un rinnovato sostegno a favore
della «creatura prediletta di Camadini»; quello di Gian Maria Seccamani Mazzoli alla guida dell’Associazione arte e spiritualità finalizzata
«alla crescita morale e culturale dei
giovani artisti attraverso la valorizza-
zione della Collezione Paolo VI»;
quello di Luciano Silveri che da pochi giorni ha lasciato la presidenza
dell’Editrice La Scuola, altra istituzione che ha tra le sue priorità «la
formazione delle nuove generazioni»
ed è ora affidata al presidente Elia
Zamboni.
Di Camadini è stato più volte evidenziato l’impegno in questo campo, tradotto anche nella sede bresciana della Cattolica, nella Famiglia
Universitaria per l’ospitalità dei giovani provenienti da fuori città, nelle
diverse associazioni e iniziative di
carattere formativo, di volontariato,
e così via. E se è toccato al cardinale
Giovanni Battista Re collocare la figura dell’amico nei perimetri della
testimonianza («ha ricercato il bene,
per tutti prima ancora che per sé») e
di una capacità propositiva piena di
fiducia (indirizzata a «guardare
avanti e a guardare in alto», nella
consapevolezza che «quanto si semina nel cuore della gioventù porta
sempre buoni frutti»), è stato il presidente dell’Opera per l’Educazione
Cristiana, Giovanni Bazoli, nel suo
intervento conclusivo, a fare la sintesi di tanti approcci al profilo
dell’«amico Beppe», fra memoria
appassionata ed ermeneutica di
un’eredità. A partire dal significato
di tante «attenzioni straordinarie» ai
giovani («li riteneva artefici del futuro e vedeva in loro quella grande
famiglia che la scelta di non sposarsi
gli aveva negato») sino alle scelte di
chi si sentiva chiamato a trasmettere
valori e certezze («diceva anche —
ha concluso Bazoli — che dobbiamo
rischiare sull’oggi avendo il passato
come riferimento»).
Come occorra farlo oggi, a Brescia, o altrove, alla luce di quel pluralismo — fatto acquisito dentro il
mondo cattolico — al quale Camadini talora ha guardato con qualche
preoccupazione, è traguardo di un
impegno che, pur declinato con diverse sensibilità, dovrà accomunare
quanti sono davvero interessati a vedere dietro il richiamo a una memoria, la spinta cristiana che ha suscitato tante iniziative. Nella certezza
che — ed è un’immagine richiamata
venerdì a Concesio da Bazoli — custodire una memoria significa avere
cura non delle ceneri del passato,
ma del suo fuoco, quello che ha acceso tante coscienze, nella gratuità
di un impegno, nella professione di
un Credo.
Sabato 15 si svolge un incontro in
ricordo di Camadini a Sellero, nella
sua Valle Camonica. Un appuntamento annunciato con i contributi
di Renata Bressanelli, Oliviero
Franzoni, Giacomo Scanzi, Michele
Bonetti. Battista Albertani, Graziano Tarantini. Ma anche una sosta
sulle orme di una presenza per tanti
anni familiare. Un altro omaggio,
più intimo, all’uomo e alle sue radici.
Il «Corriere della Sera» sull’eutanasia dei bambini
Come merce difettosa
In Olanda e in Belgio cresce, tra
proposte e progetti di legge, il fronte di quanti vorrebbero estendere
l’eutanasia ai bambini e ai minori
affetti da malattie o malformazioni
mortali. Si fa fatica già a capire la
notizia: medici e genitori che condannano a morte piccoli ritenuti
senza speranza.
«L’eutanasia — commenta Isabella Bossi Fedrigotti sul «Corriere
della Sera» del 15 giugno — è sempre la negazione della speranza,
motore della vita. Ma nel caso di
un bambino, di un ragazzo lo è a
maggior ragione. Si rinuncia alla
speranza in un miglioramento, in
una guarigione che per istinto di
padre e madre non si vorrebbe mai
abbandonare; si dispera in quel che
i credenti chiamano miracolo, gli
altri inspiegabile ripresa oppure
progresso della medicina. La cosiddetta morte dolce somministrata a
un piccolo malato cancella tutto
quanto».
E a proposito dei genitori si domanda la giornalista: «Ma chi sono, come sono quelli che poi diranno al dottor morte di turno di “procedere” senza esitazione? (...) Li si
capisce, ovviamente, e li si compiange dal profondo perché a loro
è capitato il peggiore degli incubi
di un genitore, ma è difficile sottrarsi all’idea che quell’aspirazione,
quel desiderio di voltare pagina
possano in qualche modo essere inquinati dall’egoismo». Quel «condannare a morte, sia pure dolce —
l’espressione è violenta, ma come
altro chiamare “l’operazione”? — il
bambino malformato, malriuscito —
conclude Bossi Fedrigotti — inevitabilmente suggerisce immagini di
merce uscita dalla fabbrica con un
difetto di costruzione che il negoziante si affretta a togliere dagli
scaffali per avviarla alla discarica».
A Parigi retrospettiva di Eugène Boudin
Impressionista
avant la lettre
di SANDRO BARBAGALLO
Cominciò a dipingerle nel 1863:
l’invenzione di rappresentare scene
di spiagge alla moda come
Deauville, Trouville, Honfleur, si
deve a Eugène Boudin. Durante il
secondo impero l’artista traduce
con la verità della cronaca l’ascesa
di una società di privilegiati a formare una nuova classe sociale. In
Concert au Casino de Deauville
(1865), ad esempio, la folla è raccontata dai vaporosi abiti di dame
confuse tra cagnolini scodinzolanti
e cicisbei galanti. Le signore, viste
da lontano, di spalle o di trequarti,
sembrano scandire il ritmo della
luce attraverso i toni pastello degli
abiti. Equivalgono a cespugli fioriti
in un paesaggio onirico, sorpresi
da una brezza leggera che crea un
mormorio di sottofondo. Nei quadri di Boudin c’è sempre il vento
che scompiglia le nuvole in cieli
grigio-azzurri, lasciando intuire romantiche gavotte come commento
musicale alla scena.
Fu lui a suggerire a Monet
di uscire dall’atelier
imparare a vedere e poi dipingere
Di disegnare molto
e poi dedicarsi al paesaggio
Alla produzione di Boudin è dedicata — fino al 22 luglio — la prima mostra che si tiene a Parigi da
più di un secolo dalla morte (a
Deauville l’8 agosto 1898). È stata
allestita presso il museo Jacquemart-André con lo scopo di rivalutare un pittore considerato il precursore misconosciuto degli impressionisti.
Ci si chiede perché, anche quando dipinge figure con nome e cognome, come La Princesse Pauline
de Metternick (1867), Boudin si concentri sul vestito, la cui seta scintilla al sole in contrasto con una visione quasi opaca di un mare sporco a calma piatta. Così accade che
il volto della principessa sia cancellato da una luce che lo divora,
quasi che l’artista volesse sottolineare che l’economia del quadro
non si concentra sulla persona, ma
sul suo contorno. Con questo tipo
di selezione visiva, Boudin incontrò il favore di un pubblico attento
alle novità dell’avanguardia, ma
venne ignorato proprio da quella
società di elegantoni e aristocratici
che lui non disdegnava di rappresentare. Ma a modo suo.
Boudin si afferma a poco a poco
come pittore sociale. Percorre le
spiagge della Normandia e della
Bretagna dipingendo borghesi e
aristocratici seduti in gruppo a respirare aria di mare. Così facendo
storicizza quel cambiamento economico-sociale in atto lungo le coste della Normandia durante il secondo impero.
Se dipinge il gran mondo visto
da lontano, senza alcuna empatia,
si mostra invece molto attento ai
dettagli della vita quotidiana di pescatori, lavandaie e operai intenti
alle proprie occupazioni. Esemplare l’opera Pecheuses sur la plage
(1881). Dopo aver ritratto, forse
troppo, la società parigina in villeggiatura, l’artista trova nell’osservazione di tante figure laboriose,
una nuova fonte di ispirazione. Se
le signore in crinolina diventavano
poco più che macchie di colore
quasi astratte, indifferenti e lontane, i pescatori e le lavandaie gli suscitano un interesse particolare per
la poesia del quotidiano.
Il pittore ammirava sia Millet
che Courbet da cui aveva ricevuto
qualche buon consiglio. Non a caso proprio i due maestri si erano
clamorosamente ribellati alla pittura accademica e mondana, aspirando a rendere soprattutto le infinite
possibilità della luce senza dimenticare però il realismo e il naturalismo.
La vita semplice ispira a Boudin
un giudizio severo su una società
che lui definisce «di parassiti dorati con l’aria trionfante». Specifica
anche che gli fanno pietà e che
prova vergogna nel dipingere la loro oziosa pigrizia. Al di là di queste dichiarazioni moraliste, traspare
spesso in Boudin un interesse tinto
di rispetto che tradisce un’involontaria tenerezza per quelle figure
anonime dipinte da lontano, come
nella Plage de Trouville (1864).
Si deve al poeta Baudelaire la rivelazione della sensibilità rara che
Boudin riesce a ottenere con i pastelli, illustrando le «bellezze meteorologiche» di paesaggi dipinti
in Normandia, Bretagna, Venezia,
Anversa fino alla Costa Azzurra.
Ripartiamo dall’inizio: all’incontro tra Eugène Boudin e Claude
Monet presso il corniciaio Gravier
a Le Havre. Nella vetrina di costui
Monet espone le sue caricature e
Boudin i suoi paesaggi. Claude
Monet ha appena diciassette anni
e disdegna Boudin che ne ha sedici più di lui. Il “vecchio” Boudin
però, intuisce il grande talento del
giovane e fa il primo passo, dandogli alcuni suggerimenti. Monet,
in quel periodo della sua vita, è infatti molto impregnato di leggi accademiche, mentre il pittore più
anziano gli suggerisce di imparare
a vedere e poi a dipingere, di disegnare molto e poi dedicarsi al paesaggio. Monet nella sua ingenua
arroganza giovanile non nasconde
di aver condiviso con il pubblico
«L'embarcadère à Trouville» (1864)
di Le Havre il disprezzo per l’opera di Boudin. Nonostante questo,
superata l’iniziale diffidenza, il giovane Monet si lascia convincere ad
accompagnare Boudin in giro per
la campagna a dipingere le motif.
Termine, questo, usato anche da
Cézanne per i suoi quadri en plein
air.
Attraverso queste passeggiate e
un continuo dipingere d’après nature, Monet impara a rispettare la
pittura chiara di Boudin e si innamora appassionatamente di un
mondo esterno all’atelier. Monet
confesserà nelle sue memorie che
Boudin dimostrò un’enorme generosità e disponibilità nel decidere
di occuparsi della sua formazione.
Mentre Boudin lavorava al cavalletto davanti a un paesaggio,
Monet racconta di essere stato folgorato da una profonda emozione.
Una sorta di illuminazione gli permise di capire cosa si poteva realizzare con la pittura. Del resto, oggi
Al Teatro della Pergola di Firenze
Ritorna il primo «Macbeth» di Verdi
Una pagina dell’autografo verdiano
del libretto di «Macbeth»
Nell’anno in cui ricorrono i duecento anni dalla nascita di Giuseppe Verdi, il Festival del
Maggio Musicale Fiorentino propone al Teatro della Pergola, dal 17 al 25 giugno, l’unico
titolo verdiano andato in scena in prima assoluta a Firenze: Macbeth, nell’edizione del 1847,
da allora mai più ripreso nelle stagioni e nei
teatri della città. La nuova produzione sarà firmata da Graham Vick e diretta da James
Conlon.
Ispirato all’omonima vicenda, narrata da
Shakespeare nel 1608, e successivamente tradotta da Schiller (entrambe fonti care al compositore), il dramma di Verdi — che rimase affascinato dalla spasmodica ambizione di Macbeth e della Lady — venne rivisto, nel libretto
e nella musica, quasi vent’anni dopo (1865) e
adeguato ai canoni previsti dal grand opéra.
Quasi tutte le differenze fra le due edizioni
possono essere ricondotte al personaggio principale: nell’edizione 1847 l’accento è posto su
Macbeth, nel 1865 sulla Lady. Nella prima versione il protagonista muore in scena, nella rivisitazione più tarda viene sostituita dal coro
si considera Eugène Boudin, il precursore dell’impressionismo, eppure era uno dei pochi pittori che
sfuggiva all’immagine letteraria che
andava di moda nella seconda metà del XIX secolo in Francia. I letterati lo consideravano una sorta di
timido insetto, niente di paragonabile con le battute sarcastiche di
Degas, né con Cézanne che fu a
lungo quasi un fratello per Zola.
La sua è la storia di un normanno, figlio di un povero marinaio e
di una onesta cameriera, nato a
Honfleur il 12 luglio del 1824. Se
quindi non riusciva a diventare
mondano lo doveva sia a una coscienza di classe, sia a un’inguaribile timidezza che gli faceva pensare che ognuno dovesse stare al
proprio posto. Arrivò al punto di
spedire un amico a visitare la sala
da pranzo di un castello in cui lui
avrebbe dovuto collocare alcuni
pannelli che gli erano stati ordinati. Episodi del genere ci fanno capire quanto poco parigino potesse
essere un artista come Boudin che,
infatti, confidava agli amici che a
Parigi si sentiva comme un exilé.
Nella capitale era andato grazie
a una borsa di studio, offertagli
dal comune di Le Havre. Pur essendo ancora molto giovane, conduce una vita austera, tutta dedita
alla pittura, suo unico piacere; raramente indugia con gli amici a
bere un boccale di birra a La Belle
Poule.
Quando
incontra
l’olandese
Johan
Barthold
Jongkind
a
Honfleur, nel 1862, impara la difficile arte di dare al quadro la stessa
freschezza dello schizzo preparato-
trionfale, che inneggia alla vittoria di Macduff
e all’incoronazione di Malcolm.
Si tratta dunque di un’occasione che fa rinascere il cosiddetto “dramma scozzese” esattamente nel luogo dove era stato concepito. Una
prima edizione storica, che vide Verdi impegnato anche nella regia, nell’allestimento e sul
podio.
rio. I due artisti si piacciono subito
e solidarizzano perché hanno lo
stesso mercante. Boudin, sempre
generoso, riconosce all’amico il
merito di avergli aperto una nuova
visione estetica. Dirà infatti: «Sono
entrato attraverso la porta che
Jongkind aveva sfondato, avrei forse potuto anche io avere la mia
piccola parte di influenza in quel
movimento che conduce la pittura
verso lo studio della grande luce
all’aria aperta e della autenticità
nel riprodurre gli effetti del cielo».
Boudin era stato un autodidatta
che a ventidue anni aveva deciso
di vivere solo per la pittura che diventa il suo primo e unico amore.
Il successo gli arriverà tardi, ma alla fine lo consacrerà come Roi des
Ciels. Interessante è anche la storia
del museo che ospita questa
mostra. Il grande collezionista
Edouard André sta per acquistare
un buon numero di opere di
Boudin quando si sposa con una
giovane pittrice Nelie Jacquemart
che ama moltissimo l’arte antica
italiana e nel 1872 aveva dipinto il
ritratto del futuro marito in stile rinascimentale. La giovane moglie
convince Eduard a concentrarsi
sulla pittura italiana antica. L’incontro con Boudin verrà dunque
rimandato per più di un secolo.
Tanto lungo è stato il tempo necessario perché le sue marine, le
scene di spiaggia, i cieli mossi dal
vento, del pittore di Honfleur potessero ornare i muri del palazzo,
secondo l’antico desiderio del suo
proprietario.
E Barenboim ripropone il «Ring»
A partire dal 17 giugno il Teatro alla
Scala inscrive nella sua stagione 20122013 una doppia Tetralogia che proporrà
al pubblico un’immersione totale nel
grande viaggio nel tempo e nell’uomo
realizzato da Wagner, del quale ricorrono i duecento anni dalla nascita. Quattro
allestimenti diversi, ma legati in uno
stesso progetto firmato dal regista Guy
Cassiers, sotto la direzione di Daniel Barenboim, con quattro cast di specialisti
che proporranno il Ring in sette giorni.
Das Rheingold, Die Walküre, Siegfried e
Götterdämmerung una dopo l’altra. Un
prologo e tre giornate. Quindici ore di
musica nella lunga ma concentrata unità
di tempo della stessa settimana. Lunedì,
martedì, giovedì, sabato. Per due volte.
L’OSSERVATORE ROMANO
domenica 16 giugno 2013
Il Vaticano
II
pagina 5
visto dal cardinale Giovanni Colombo
Quella pioggerellina autunnale
che spiegava tutto
no felice espressione, si proclamava quest’ora complessa e travagliata
della storia. Ma ci voleva la mente
— “aggiornamento”.
La prima cura e il primo intento vasta, animatrice, sistematica, arditadi Colombo nel periodo conciliare mente aperta di Paolo VI per contifurono quelli di rendere i suoi stessi nuarlo» — di fatto Paolo VI resterà il
fedeli, da Milano, partecipi del- continuo e ammirato riferimento di
l’evento, e lo fece specialmente attra- Colombo, che da Montini era stato
verso le sue Lettere dal Concilio, che posto sulla cattedra di sant’Ambrosono, oltretutto, dei piccoli gioielli gio.
Ed esattamente secondo Montini,
di narrazione. In esse Colombo ofè da lui delineato il tema unificatore
friva — nella trascuranza di tutto
o il disegno organico intorno al quaquanto, ai margini del concilio, venile si aggirano i decreti e le discussiova rumoreggiando dalla pubblicistica ni del padri, ossia la Chiesa, e Gesù
dei vaticanisti, o dalla polemica dei Cristo. Scrive Colombo: «Le quattro
teologi e talora dalla stessa loquacità grandi linee che nel pensiero di Paodi qualche padre — non lo VI costituiscono l’architettura del
solo un’acuta e articolata Concilio e del suo tema unificatore
lettura teologica dei do- si congiungono in un vertice, Gesù
cumenti vaticani, ma, Cristo, il Capo della Chiesa, con espiù in generale, una niti- sa inseparabilmente congiunto, in esda sintesi della sostanza sa indefettibilmente presente e opeÈ appena uscito in libreria il volume
del mistero cristiano, col rante. Non appena nella mente del
Giovanni Colombo. Il concilio Vaticano II.
rilievo puntuale delle Papa appare, come sullo sfondo di
Discorsi e scritti (Milano, Jaca Book — Centro
novità che lungo il corso un’abside, la figura di Cristo, il suo
Ambrosiano, 2013, pagine 312, euro 25):
della riflessione ecclesia- animo “rapito e smarrito” erompe in
pubblichiamo alcuni brani della
le hanno segnato il tra- un fremente inno di adorazione, di
Presentazione scritta dall’autore e, in basso,
guardo del concilio.
lode, di amore: “Cristo! Cristo noalcuni stralci dei testi inediti
Al cardinale premeva stro principio; Cristo nostra vita e
che si trovano nel libro
anzitutto cogliere la ge- nostra guida; Cristo nostra speranza
attinti dall’«Archivio cardinale Colombo».
nesi del Vaticano II, sulla e nostro termine... Cristo da cui vequale afferma: «Ci vole- niamo, per cui viviamo, e a cui anva non meno di tutta la diamo”».
suo ministero: la chiarezza e la per- candida saggezza e l’afflato mistico
Tramite le Lettere, i fedeli ambrospicuità della parola, il giudizio luci- di Giovanni XXIII per trovare il co- siani sono tenuti al corrente di quel
do e penetrante, la capacità di co- raggio di indire e convocare con tan- che avviene ed è via via oggetto di
glierne e rilevarne i contenuti essen- ta celerità un Concilio Ecumenico in appassionata e libera discussione
ziali delle questioni, la singolare capacità di discernere le situazioni,
quindi la ponderatezza e l’equilibrio
delle decisioni.
E in questo Colombo era soccorso
dalla sua indole che lo premuniva
dai facili entusiasmi o dalle deliberazioni precipitose, da cui non sempre
furono preservati pastori meno zelanti, se non meno avveduti.
Esaminando il magistero e l’atteggiamento dell’arcivescovo Colombo
di fronte al concilio, possiamo distinguere due periodi, quello in cui
il concilio era in corso, e del quale
egli era attivamente partecipe, e
quello della temperie post-conciliare,
in cui si trattava di interpretare e di
applicare il dettato vaticano. Colombo fu intensamente presente in entrambi, recandovi il suo contributo
prima come padre conciliare e poi
come responsabile di una grande
Chiesa, che si trattava di introdurre
nella lettera e nello spirito del concilio, di mostrarne insieme la continuità con la non mutabile e non aggiornabile Tradizione, e le novità o —
Fiaccolata notturna per l'apertura del concilio a piazza San Pietro (11 ottobre 1962)
come, con felice e per certi versi medi INOS BIFFI
l concilio Vaticano II il
cardinale Giovanni Colombo ha dedicato una
parte importante e significativa del suo impegno
episcopale. Lo attestano i molteplici
interventi, intesi sia a illustrare i testi
conciliari sia a tradurli in precise
scelte pastorali. Possiamo osservare
subito che in questi documenti sul
Vaticano II, spiccano i tratti che contrassegnavano la personalità di Colombo e distinguevano la forma del
A
Inediti
Lo sciopero del medico
e quello dell’operaio
al primo principio conciliare
che abbiamo denominato
della supremazia dell’uomo,
unica creatura sulla terra voluta e
amata da Dio per se stesso, consegue anzitutto che non è lecito nessun trattamento che lo faccia strumento di qualcuno o di qualcosa
che non è lui stesso in persona, il
suo bene, il suo fine.
Non sarà, quindi, lecito che con
rischio di grave menomazione dal
medico venga considerato alla stregua di una cavia, anche quando la
posta finale della ricerca o della
sperimentazione è un progresso della scienza che alla fine ridonderà a
beneficio dell’umanità intera.
E neppure sarà lecito al medico
fare della vita di un uomo strumento per la vita di un altro uomo, anche quando è la salvezza della madre a invocare la soppressione del
feto che porta in seno (aborto diretto), e anche quando è il ricupero di
una vita umana a suggerire l’abbreviazione di un’altra vita umana di
cui pur si prevede la morte vicina e
fatale (trapianti di organi vitalmente indispensabili).
Del pari, il malato non può essere strumentalizzato come mezzo di
pressione per le rivendicazioni, pur
legittime, della categoria del medici. Ben diverso è il piano su cui si
svolge lo sciopero dell’operaio da
quello del medico.
Il primo ha rapporto con una
merce da produrre, sia pure a vantaggio dell’uomo; il secondo è in
contatto diretto con la persona
umana e non è facile evitare di lederne i diritti fondamentali. In ogni
caso nelle agitazioni dei medici per
una loro maggiore dignità e giustizia, si dovrà sempre salvaguardare
D
almeno la necessaria assistenza, dovuta alla persona malata.
E qui s’apre, e mi tenta, l’occasione di un più lungo discorso a
proposito
della
socializzazione
dell’assistenza sanitaria che, attraverso mutue e organizzazioni statali
sta diventando sempre più vastamente un’assicurazione sociale. Ma
lo sforzo di portare l’assistenza medica individuale nell’ambito dell’assistenza medica socializzata forse
non è stato accompagnato da un
correlativo impegno di creare una
deontologia normativa adeguata alla medicina socializzata. Si richiedeva un senso più approfondito
della responsabilità da parte di tutti, medici e mutuati; si richiedeva
per dirla con la nota espressione di
Bergson «un supplemento di anima». Per il valore di supremazia
della persona umana, la medicina,
anche quando è socializzata, non
potrà e non dovrà trasformarsi in
cura sanitaria di anonimato e di
massa. L’uomo è un assoluto instrumentabile, ha insegnato il concilio: legislatori, sindacalisti, e medici, tutti ne devono essere persuasi
e a ciascuno secondo la propria
competenza spetta escogitare l’opportuna attuazione.
Anche il medico è un uomo che
lavora per vivere, e come tutti ha
bisogno e ha diritto a una ricompensa adeguata al valore della sua
prestazione. Nessuno lo può disconoscere. Quello che non deve accadere è che il medico ceda alla tentazione di considerare il suo malato
semplicemente come una fonte di
cupido guadagno.
Infine un’altra considerazione è
da aggiungere. Il principio della supremazia ha un limite: riconosce
all’uomo il potere su tutte le creatu-
re della terra, ma non su se stesso
incondizionatamente. Tutte le cose,
infatti, sono per lui, ma lui non è
per se stesso, ma è per Cristo, e
Cristo è per Dio (cfr. 1 Cor 3, 22).
E ciò che vuole dall’uomo, Dio l’ha
espresso anche mediante le leggi
della natura umana, anche mediante la legge biologica del processo
generativo. L’uomo perciò è tenuto
a rispettare la verità originaria del
suo essere come volontà di Dio.
nell’assemblea conciliare, sulla quale, Colombo
sente che «aleggia uno
spirito di intensa e pacata religiosità». Egli è comunque persuaso che
«il protagonista invisibile del Concilio, lo Spirito Santo, sta inserendo
nei solchi della Chiesa,
scavati dalle discussioni
e dalle riflessioni dei Padri del Vaticano II semi
mirabili, di cui solo i
nostri posteri potranno
misurare tutto lo sviluppo».
L’arcivescovo di Milano è persuaso che «la
Chiesa è in travaglio
sotto l’azione misteriosa
dello Spirito Santo. Domani mostrerà al mondo
stupefatto il volto di una giovinezza
incomparabile e affascinante». Solo
che, insieme con l’azione dello Spirito, opereranno a Concilio finito, i
fraintendimenti e le alterazioni e allora l’arcivescovo Colombo sarà severo e determinato nel denunziarli e
stigmatizzarli.
Tra i suoi interventi nell’aula conciliare possiamo sottolineare quello
sull’educazione seminaristica: un argomento che egli ben conosceva e
gli stava molto a cuore per aver trascorso diversi decenni come docente
ed educatore nei seminari milanesi.
Egli afferma: «Nell’educazione seminaristica si riscontrano indubbiamente parecchie lacune e persino difetti.
Quanto ai difetti ne vanno in particolare menzionati due, per altro assai gravi e maggiormente deplorati e
cioè l’assenza di un’unità organica e
la mancanza di una formazione
umana». «Non dobbiamo dimenticare che nella formazione seminaristica non si dà valido progresso, se
questo non è unito al progresso nell’amore personale, sincero, virile, indiviso a Cristo: a chi lo avrà conseguito, tutto il resto sarà dato in aggiunta».
Colombo non mancherà di mettere in guardia i suoi fedeli contro le
idee false e le alterazioni della stampa sui contenuti e sulle discussioni
conciliari.
Scrive in una Lettera, col gusto
letterario a cui non seppe o non volle rinunciare: «Una di queste sere,
guardando da Piazza S. Pietro, scorgevo, bassa sul cielo in fondo a Via
della Conciliazione, una luna piena,
così strana e buffa che simile non
avevo mai vista: bislunga, di colore
arancione fosco, sembrava un uovo
enorme, ripieno di brace fumosa che
trasparisse attraverso il guscio. Tanto
al mio sguardo la luna appariva deformata dai densi vapori del tramonto d’ottobre. Così, pensavo non senza tristezza, il Concilio viene spesso
sfigurato agli occhi degli uomini
dalle nebbie della stampa. E ciò che,
vissuto nell’interno dell’aula conciliare è un’esperienza incomparabile
della presenza dello Spirito Santo
operante nella Chiesa, riflesso
all’esterno sui giornali che informano e deformano l’opinione pubblica,
immerso nella cronaca mondana,
viene fatto apparire come un conflitto di interessi partigiani e di passioni
terrestri. Potrei ricordare molti casi,
ma questa volta mi riferisco a uno
particolare, e cioè ai giudizi superficiali e inesatti che sui giornali hanno
Il cardinale arcivescovo di Milano
fatto molto chiasso attorno alla que- più esplicitamente affermato che il
stione del celibato ecclesiastico e ministero pastorale dei presbiteri
all’intervento diretto del Papa in non nasce soltanto dalla missione
proposito».
canonica, ma è congiunto con la pieTra i documenti approvati e pro- nezza sacramentale dello stesso samulgati nell’ultima sessione del con- cerdozio dei vescovi, da cui il sacercilio vi è la costituzione Gaudium et dozio dei presbiteri promana e a cui
spes. Colombo ritiene che «il docu- rimane connesso nel suo esercizio».
E così Colombo incomincia l’ultimento più che a una “costituzione”
assomiglia a una lettera stesa a cuore ma Lettera dal Concilio:
aperto, a eloquio effuso». Dunque,
«Il Concilio è finito. Da qualche
come si vede, un elogio della costi- giorno si respira aria di congedi. I
tuzione. Anche se, di fronte Padri dopo quattro autunni consecuall’espressione «eloquio effuso» della tivi di lavoro duro, irto di problemi
penna di Colombo, è legittimo qual- e gravido di responsabilità, si prepache sospetto.
rano a partire, si salutano a vicenda
Giacomo Biffi nelle sue Memorie non senza avvertire in cuore un’omricorda l’osservazione di Hubert bra di tristezza, promettono l’uno
Jedin: «Questa Costituzione fu salu- all’altro di non sciogliere nella lontatata con entusiasmo, ma la sua storia nanza gli amichevoli rapporti annoposteriore ha già dimostrato che al- dati durante le sessioni conciliari, e
lora il suo significato e la sua impor- prima di separarsi posano volentieri
tanza erano stati largamente soprav- per una fotografia di ricordo».
valutati e che non si era capito
E volgendo uno sguardo a tutto il
quanto profondamente quel “mon- concilio osserva che «è un controdo” che si voleva guadagnare a Cri- senso parlare di “progressisti” da
sto fosse penetrato nella Chiesa». una parte e di “immobilisti” dall’alAnche Karl Barth, ricorda sempre tra»: «L’opera del Concilio si risconGiacomo Biffi, aveva notato — ed tra in una sintesi coraggiosa e proera vero per «buona
parte della mentalità
Sul concilio diceva
del postconcilio» —
«Ci volle tutta la candida saggezza
che il concetto di
“mondo” della Gaue l’afflato mistico di Giovanni XXIII
dium et spes non era
per iniziarlo
quello del Nuovo Testamento.
E la mente vasta, animatrice e arditamente
Quanto al cardinale
aperta di Paolo VI per continuarlo»
Colombo,
Giacomo
Biffi riferisce la risposta che l’arcivescovo, «acuto e libero pulsiva di diversi aspetti, in un equicome sempre», aveva dato a monsi- librio ricostituito nella valorizzaziognor Carlo Colombo, soddisfatto ne armonica di verità complemendel risultato di tante discussioni: tari.
«Quel testo ha tutte le parole giuste;
Questo equilibrio dinamico e
sono gli accenti a essere sbagliati». aperto, capace di creare un nuovo
«Purtroppo — conclude Biffi — il stile di vita nella Chiesa, è la nota
postconcilio è stato influenzato e dominante di tutti i documenti proammaliato più dagli accenti che dal- mulgati dal Vaticano II».
le parole».
«Io non dico — conclude — che il
Durante l’ultima sessione, il cardi- Vaticano II abbia fatto tutto, ma cernale Colombo intervenne in aula, to ha fatto molto, più di quanto si
con singolare acutezza, su due fon- aspettava. Io dico che di là da ciò
damentali argomenti: «Matrimonio e che è stato scritto e condensato nei
famiglia» e «Ministero e vita sacer- documenti conciliari, il Vaticano II
dotale». Riguardo a quest’ultimo, da resterà nella storia per un nuovo
lui genialmente approfondito come vento pentecostale che spalanca pordocente di teologia spirituale, osser- te e finestre, che ravviva ogni stavava: «Il ministero sacerdotale sotto
gnante atmosfera, che abbatte murail profilo teologico sarebbe più feglie anguste e angustianti, che socondo se fosse ancor più chiaramenspinge la Chiesa verso l’avvenire inte e strettamente congiunto col mistero della Chiesa, e se soltanto me- contro a Cristo che ritorna».
Ma con la chiusura del concilio
diante la Chiesa fosse congiunto al
sacerdozio di Cristo Signore». E non finisce l’attività conciliare del
cardinale
Colombo. Essa continua
vorrebbe, inoltre, che «fosse ancor
assiduamente con tutta una serie di
interventi mirati a presentarne e ad
approfondirne il contenuto e a mettere in luce i suoi svariati campi di
applicazione.
Ne è così derivato un magistero
multiforme, splendido per profondità, chiarezza e concretezza; e, insieil progresso umano, di qualsiasi time, vigile nel mettere in luce le inpo e forma, scientifico o tecnico o
terpretazioni fedeli, discriminandole
manuale, individuale o collettivo,
prontamente, con estrema e lucida
deve essere ritenuto come una colfermezza, da quelle arbitrarie e altelaborazione con il Creatore e
ranti, che di fatto nel tempo postun prolungamento della sua
conciliare non mancavano di diffondersi e di propagarsi largamente.
opera, la quale risulta sempre
Nel 1987, frugando nella sua menon solo a utilità dei fratelli e a
moria, riandava all’ottobre del 1962,
perfezionamento di chi la comai compagni di banco nell’aula vatipie, ma anche a gloria di Dio.
cana, e «la pioggerellina autunnale
«I cristiani, quindi non si soche accolse la bianca processione dei
gnano nemmeno di contrapporPadri in piazza San Pietro, quasi
re i prodotti dell’ingegno e del“un presagio” del rinnovamento del
la potenza dell’uomo alla poconcilio che sarebbe dovuto penetratenza di Dio, quasi che la creare in noi, quieto e spontaneo, al motura razionale sia rivale del
do di umidore fecondo, e non come
Creatore; al contrario, piuttosto essi
uragano distruggitore».
sono persuasi che le vittorie
«Un ultimo ricordo — aggiungeva
dell’umanità sono segno della gran— non so tralasciare, ed è quello di
dezza di Dio e frutto del suo inefPapa Giovanni, assorto in preghiera
fabile disegno». Quanto più cresce
e trasparente di gaudio interiore dula potenza degli uomini, tanto più
rante la liturgia del mattino, e così
chiaramente l’invisibile onnipotenlirico e popolare a sera, quando parza divina si manifesta nella sua vilò alla folla rischiarata dalle fiaccole
sibile immagine che la rispecchia e
e guardata dal cielo da una luna piena e tutta splendente».
la rivela.
Quale immagine lo rispecchia
l concilio, riecheggiando le
espressioni bibliche, richiama e
riafferma l’insegnamento della
tradizione cristiana che l’uomo è
stato creato a immagine di
Dio. Si badi: non una immagine che si manifesti vana come riflesso di specchio, o che resti inerte come una riproduzione fotografica, bensì un’immagine
viva, che reca in sé «la presenza di un germe divino».
Un’immagine,
perciò,
che deve essere amata di un
amore simile a quello con
cui si ama Dio. Non si può,
infatti, amare realmente Dio invisibile, senza amare insieme la viva
immagine che lo rivela nel mondo
visibile.
Perciò l’uomo ha la capacità e il
dovere di imitare, per quanto consente la sua finitezza, il suo stesso
Creatore. E lo imita in verità,
quando con la sua intelligente in-
I
Andrea Pisano, «La creazione di Adamo»
(1337-1342)
dustriosità cerca di scrutare, sottomettere, governare il mondo nella
giustizia e nella santità. Il lavoro e
L’OSSERVATORE ROMANO
pagina 6
domenica 16 giugno 2013
I vescovi irlandesi contrari alla legge sull’interruzione volontaria di gravidanza
Campagna promossa dall’episcopato in Perú
Ogni vita è bella
Contro il traffico
di esseri umani
DUBLINO, 15. «Ogni vita umana è
preziosa, ogni vita umana è bella,
ogni vita umana è sacra. Scegli la
vita!». Con queste parole i vescovi
irlandesi hanno ribadito ancora una
volta, nel corso dell’assemblea generale svoltasi a Maynooth, la loro
contrarietà al disegno di legge
sull’aborto presentato dal Governo.
Durante i lavori, l’episcopato ha affrontato numerosi temi: matrimonio
e famiglia, l’aborto, il summit del
G8 che si terrà a Fermanagh, la
Giornata mondiale della gioventù di
Rio de Janeiro, il conflitto in Siria,
l’Anno della fede, l’enciclica Evangelium vitae e l’anniversario del cinquantesimo Congresso eucaristico
internazionale che si è svolto lo
scorso anno in Irlanda.
Riguardo all’aborto, la dichiarazione della Conferenza episcopale
sottolinea il «momento cruciale nel
quale si trova il Paese» e ricorda che
«il diritto alla vita è il più fondamentale di tutti i diritti. Nessun individuo ha il diritto di distruggere
la vita e nessuno Stato ha il diritto
di minare il diritto alla vita. Eppure
— si aggiunge — il Governo sta proponendo una legislazione sull’aborto che cambierà radicalmente la cultura della pratica medica in Irlanda.
Per la prima volta sarà promulgata
una legge che permetterà l’uccisione
deliberata e intenzionale di un bambino non ancora nato. Ciò rappresenta un cambiamento radicale.
Ogni cittadino, non solo le persone
di fede, dovrebbe essere profondamente preoccupato. La dottrina della Chiesa cattolica è chiara: laddove
una donna incinta gravemente malata ha bisogno di cure mediche che
possano mettere in pericolo la vita
del suo bambino, tali cure sono eticamente ammissibili purché sia fatto
ogni sforzo per salvare sia la madre
che il suo bambino. Questo — prosegue la dichiarazione dei presuli —
è diverso dall’aborto, che significa
togliere la vita innocente del nascituro in maniera diretta e intenzionale. Quale sia la legislazione appro-
vata in un Paese, l’aborto è, e sarà
sempre, gravemente sbagliato».
I vescovi sottolineano che le persone in questo caso vengono fuorviate. «Legalizzare la distruzione diretta e intenzionale della vita di un
bambino non ancora nato — spiegano — non può mai essere descritta
come “salva-vita” o “pro-vita”. Contrariamente alle chiare prove psichiatriche in questo campo, questa
legislazione propone l’aborto come
una risposta appropriata alle donne
che mostrano sentimenti suicidi durante la gravidanza. È possibile prevedere come conseguenza di tale
normativa l’uccisione deliberata di
un bambino, che altrimenti potrebbe essere salvato».
L’episcopato irlandese si è detto
convinto «che linee guida mediche
migliorate, che non prevedono l’uccisione diretta e intenzionale dei
non nati, potrebbero fornire chiarezza, oltre a rappresentare un passo in
avanti dal punto di vista morale, legale e clinico. La libertà di coscienza è un diritto umano fondamentale. Uno Stato che coltiva veramente
la libertà rispetterà la coscienza dei
suoi cittadini e dei suoi rappresentanti pubblici, su un importante valore umano quale il diritto alla vita.
È eticamente inaccettabile — spiegano i presuli — aspettarsi da medici,
infermieri che esercitano l’obiezione
di coscienza di chiedere ad altri di
prendere il loro posto. Né dovrebbe
qualsiasi istituzione con un’etica
pro-vita essere costretta a fornire
servizi abortivi».
I vescovi puntano la loro attenzione anche sull’importanza della
famiglia e del matrimonio come elemento fondante della società. Al riguardo, il prossimo 28 settembre si
svolgerà a Maynooth una conferenza dal titolo “Il matrimonio nel cuore della Chiesa”, con l’obiettivo di
esplorare la visione del matrimonio
e della famiglia dal punto di vista
della teologia cattolica. Nell’occasione singole persone e gruppi saranno
chiamati a collaborare maggiormen-
te con il Consiglio per il matrimonio e la famiglia.
Infine, i presuli hanno ricordato
l’importanza dell’enciclica Evangelium vitae di Giovanni Paolo II e la
processione che si svolge oggi, sabato, a Roma lungo via della Conciliazione per richiamare l’attenzione sul
valore della vita. Al riguardo i presuli irlandesi esortano sacerdoti e fedeli a continuare a recitare la “preghiera per la Vita” durante la messa
e a casa affinché «la dignità e il valore di ogni vita umana possano
continuare ad avere la loro importanza in questo Paese. Alcune madri
oggi si trovano ad affrontare gravidanze difficili o critiche. Altre persone che hanno avuto o praticato
un aborto, potrebbero rivivere ciò
che è accaduto in passato. Tutti —
concludono i presuli — meritano di
ricevere l’amore, il sostegno e le cure di cui hanno bisogno».
LIMA, 15. Culminerà con una colletta pubblica (dal 23 al 25 agosto
prossimo) l’iniziativa di solidarietà
«Condividere» promossa dalla pastorale della mobilità umana e dalla
Conferenza episcopale peruviana
(Cep) nell’ambito della campagna
contro la tratta di essere umani e il
traffico illegale dei migranti.
La missione della campagna
«Condividere» si concentra come
ogni anno su problemi diversi cercando di favorire nelle persone un
atteggiamento permanente di solidarietà e di aiuto fraterno e comunitario per la realizzazione di vari progetti sociali nel Paese sudamericano.
Secondo il rapporto «Estimación
mundial sobre el trabajo forzoso
2012» dall’Organizzazione internazionale del lavoro (Ilo) si stima che
20,9 milioni di persone siano vitti-
me di lavoro forzato in tutto il
mondo, di cui il 55 per cento sono
donne e bambini. In America latina
e nei Caraibi 1,8 milioni di persone
sono sfruttate. Il prossimo 23 settembre, come ogni anno, sarà celebrata la Giornata nazionale contro
la tratta di esseri umani, per sensibilizzare lo Stato e la società sulla necessità di combattere questo flagello.
Il presidente della commissione
episcopale per la pastorale sociale e
presidente della campagna di solidarietà «Condividere», monsignor
Héctor Eduardo Vera Colona, vescovo di Ica, ha sottolineato quanto
sia «importante vedere la realtà con
gli occhi di Gesù Cristo, con una
visione panoramica che va in profondità e che vede sempre nel dettaglio». Il vescovo ha anche invitato i
Un’allarmante analisi della fondazione Red Madre
Crescono gli aborti in Spagna
MADRID, 15. Il Paese in Europa con il maggior aumento del numero di aborti: è questa la “fotografia” della
Spagna che emerge da uno studio pubblicato dalla
fondazione Red Madre. Si tratta di una organizzazione, nata nel 2007, che offre il proprio sostegno psicologico e materiale a migliaia di donne nel Paese che
sono a rischio di esclusione sociale. Lo studio dal titolo La realidad estadística del aborto en España pone in
rilevo il fatto che, da quando sono disponibili dei dati
ufficiali, le interruzioni volontarie di gravidanza hanno
visto segnare una marcata linea ascendente. A riguardo si osserva che, mentre nel 1990 sono stati praticati
37.135 aborti, due decadi dopo, tale cifra è passata a
118.359, pari a un incremento del 68,62 per cento. In
particolare, negli ultimi dieci anni, gli aborti sono aumentati di 48.502 casi ogni anno.
La realtà spagnola contrasta con quella di altri Paesi
europei. In Portogallo, per esempio, l’aumento annuo
di interruzioni volontarie di gravidanza per anno, in
base all’analisi comparativa contenuta nello studio, è
pari a 16.685. Nel Regno Unito, invece, l’incremento
annuale è di 13.910. Anche in Francia — dove nel 2011
sono stati praticati 211.985 aborti — si osserva una leggera flessione negli ultimi dieci anni (-0,25 per cento).
A spiccare in senso positivo è soprattutto la Romania.
In questo Paese, riferendosi ai dati dell’Instituto de
Política Familiar di Madrid, gli aborti sono passati, tra
il 2000 e il 2011, da 257.865 a 101.915, pari a un 60 per
cento di flessione. Per il presidente della fondazione
Red Madre, Antonio Torres, il motivo dell’incremento
degli aborti sono le scarse politiche a sostegno della
maternità: «Mentre in Spagna è quasi triplicato il numero di aborti negli ultimi vent’anni, in altri Paesi europei esso è sceso gradualmente di oltre la metà per
gli effetti dell’adozione di politiche efficaci a favore
della maternità». Torres ha osservato che la crisi economica e finanziaria pone a rischio di esclusione sociale numerose donne. Le difficoltà economiche costringono molte persone a rivolgersi alle strutture che
offrono sostegno sociale.
cattolici a cercare il valore della dignità umana e a non accontentarsi
di una società consumistica e affamata del piacere: «Facciamo un uso
giusto della nostra ragione», ha
esortato il presule.
Il segretario generale del vicariato
della carità dell’arcivescovado di Lima, Jorge Armas Calasich, ha spiegato che «a differenza delle Ong, la
carità che si verifica nella Chiesa
non solo cerca giustizia adeguata
per le persone; la vera sfida è di
portare queste persone verso il Signore. In questo — ha detto — dobbiamo tutti insieme essere coinvolti
nelle opere di carità e cercare di
evangelizzare».
In occasione della presentazione
della campagna è stato pubblicato il
testo base dal titolo «Tratta di esseri
umani e traffico di migranti: sfida
per una nuova evangelizzazione».
Intanto, un accordo di cooperazione, della durata di due anni, volto alla promozione sociale delle fasce più svantaggiate della popolazione, è stato siglato nei giorni scorsi dalla Caritas del Perú e dal Centro per la formazione professionale
servizi e sviluppo (istituzione statale). L’intesa — riferisce l’agenzia Fides — prevede una serie di iniziative
come la formazione sul lavoro nei
programmi urbani e rurali, programmi di microcredito, formazione degli insegnanti, servizi per l’informazione sulle aree di lavoro, promozione del lavoro autonomo e prevenzione dell’uso di stupefacenti. Negli
ultimi mesi sono state numerose le
iniziative promosse dalla Chiesa e
da organizzazioni umanitarie volte a
migliorare le condizioni di vita della
popolazione, per impedire ai giovani peruviani di cadere nella rete di
bande criminali dedite al narcotraffico o alla tratta di esseri umani.
L’arcivescovo Müller a Varsavia e a Radom
Egoismo e materialismo
vie sbagliate per l’Europa
Dal 2 al 4 giugno il prefetto della
Congregazione per la dottrina
della fede, arcivescovo Gerhard
Ludwig Müller, ha compiuto una
visita in Polonia, recandosi a Varsavia e a Radom.
In occasione della festa del ringraziamento alla Divina provvidenza, il 2 giugno l’arcivescovo
Müller ha presieduto la messa davanti al tempio a essa dedicato a
Varsavia. La festa è stata istituita
per iniziativa dell’arcivescovo metropolita di Varsavia, cardinale
Kazimierz Nycz.
La messa è stata celebrata in
lingua polacca davanti alle reliquie di sant’Andrea Bobola, uno
dei patroni della Polonia. Alla celebrazione hanno preso parte il
nunzio apostolico in Polonia, arcivescovo Celestino Migliore, cardinali, vescovi, numerosi sacerdoti,
religiosi e oltre dodicimila fedeli.
Nell’omelia tenuta in polacco
Monsignor Müller ha detto fra
l’altro: «L’economia è importante,
ma non può essere il fondamento
di tutto. Il materialismo e l’autocompiacimento egoistico sono la
via sbagliata all’Europa e nell’Europa, sono la via che porta
nell’abisso. L’Europa potrà svilupparsi solo quando approfitterà del
suo potenziale spirituale». Il prelato ha terminato la sua omelia ricordando le parole dell’inno nazionale del Paese «la Polonia non
morirà finché noi vivremo» e ha
poi detto: «Oggi, con gratitudine
nei confronti della Polonia e dei
polacchi ripeto e aggiungo, qui a
Varsavia: la Polonia non morirà,
l’Europa non morirà finché noi viviamo, speriamo e amiamo!».
Il tempio della Divina provvidenza è in fase di costruzione e
realizza, grazie all’iniziativa del
cardinale Józef Glemp, l’opera intrapresa nel lontano 1791 dal re e
dai deputati polacchi come ex voto della popolazione, a seguito
dell’approvazione della Costituzione polacca, la prima di uno
Stato moderno in Europa. Farà
parte del complesso anche un museo dedicato a Giovanni Paolo II e
al cardinale Stefan Wyszyński, il
«primate del millennio» del battesimo della Nazione.
A Varsavia il 3 giugno l’arcivescovo Müller ha poi partecipato a
un convegno presso il Palazzo
Reale sul tema: «Soggetto o oggetto? Il posto dell’uomo nell’economia contemporanea» con una
relazione sul tema: «L’Europa nel
XXI secolo, fra la comunità dei valori e la zona del mercato libero»,
prendendo parte anche a una tavola rotonda.
La sera dello stesso giorno
monsignor Müller ha celebrato in
polacco nella chiesa del Bambino
Gesù a Varsavia, pronunciando
un’omelia durante la quale ha parlato tra l’altro del novantesimo anniversario della presenza in Polonia degli orionini.
Il 4 giugno l’arcivescovo Müller
si è infine recato a Radom per ricordare la visita di Giovanni Paolo II. Nell’omelia della messa celebrata nella cattedrale ha detto tra
l’altro: «Il Cristo aspetta la vostra
risposta di fede. Non lasciate la
sua domanda senza risposta. Datela con fiducia. Entrate in questo
grande dialogo con il Dio amore.
Non vergognatevi di Cristo e della sua croce! Abbiate il coraggio
di difendere il diritto di Dio al
cuore dell’uomo! Amate la Chiesa,
che è stata fondata da Cristo, che
è in essa presente! Fate che la vostra fede sia sempre più consapevole e possiate sempre più approfondirla! Approfittate del tesoro
della catechesi nella scuola e della
ricchezza dei movimenti e dei
gruppi di formazione presenti nelle vostre parrocchie! (...) Chiesa di
Radom, abbi il coraggio della fede e dell’amore!».
Dopo la celebrazione l’arcivescovo Müller si è incontrato con
moderatori, professori e seminaristi nel Seminario maggiore; ha risposto alle loro domande e ha
presieduto la preghiera innanzi al
monumento di Papa Wojtyła davanti al Seminario.
Per la diocesi di Radom la visita del prefetto della Congregazione per la dottrina della fede è stato l’avvenimento centrale delle celebrazioni previste nell’Anno della
fede. Va ricordato che negli ultimi
anni a Radom si sono recati i due
predecessori di monsignor Müller
alla Congregazione per la dottrina
della fede: il cardinale Joseph
Ratzinger nel 2002 e il cardinale
William Levada nel 2009.
L’OSSERVATORE ROMANO
domenica 16 giugno 2013
pagina 7
A colloquio con l’arcivescovo Zygmunt Zimowski
A Carpi il cardinale Amato beatifica il martire Odoardo Focherini
Quelle continue minacce
alla persona umana
Il giornalista
che salvò ebrei e perseguitati
di MARIO PONZI
Resta a rischio l’inviolabilità della
persona umana e della sua vita. «Da
qui l’urgenza e per la Chiesa e per
ogni credente — dice l’arcivescovo
Zygmunt Zimowski, presidente del
Pontificio Consiglio per gli Operatori Sanitari — di riaffermare la propria fede come impegno che incide
direttamente, nell’ambito sia professionale sia privato, sulla promozione
e sulla difesa del valore della vita
umana e della sua intangibile dignità». L’arcivescovo, in questa intervista al nostro giornale, alla vigilia
della celebrazione in piazza san Pietro con il Papa Francesco, in programma domani, domenica 16 giugno, per ricordare l’Evangelium vitae
riflette sui principali punti del documento di Giovanni Paolo II.
tà. Il Pontificio Consiglio per gli
Operatori Sanitari è chiamato a farsi interprete e a testimoniare in modo eloquente e sempre attuale la
diaconia della carità nella verità, che
è centrale nella missione evangelizzatrice della Chiesa. Desidero infine
sottolineare come, nella presentazione della Carta degli Operatori Sanitari, pubblicata da questo Dicastero
nello stesso anno dell’Evangelium vitae, si rilevi che: «con umiltà, ma
anche con fierezza, possiamo quindi
ritenere che questa Carta degli Operatori sanitari si iscrive nell’impegno
della “nuova evangelizzazione” che,
nel servizio della vita, particolarmente in coloro che soffrono, ha,
sull’esempio del mistero di Cristo, il
suo momento qualificante».
L’«Evangelium vitae» sostanzialmente
Gino Severini, «Maternità» (particolare, 1927)
«Evangelium vitae» e Anno della fede: cosa lega questi due grandi eventi
della missione della Chiesa?
Sono due eventi che hanno il loro
centro unificante in Gesù Cristo, colui che la Chiesa è chiamata nei secoli ad annunciare, a celebrare e a
testimoniare nel mondo come Signore della vita. Al riguardo, ritengo illuminanti le espressioni contenute nella lettera enciclica Evangelium vitae e con le quali si riaffermava l’urgenza, per ogni credente, di
professare, con umiltà e coraggio, la
propria fede in Gesù Cristo, “il Verbo della vita”. Così al n. 29: «Il
Vangelo della vita è una realtà concreta e personale, poiché consiste
nell’annuncio della persona stessa di
Gesù. Gesù è il Figlio che dall’eternità riceve la vita dal Padre ed è venuto tra gli uomini per farli partecipi di questo dono: “Io sono venuto
perché abbiano la vita e l’abbiano
in abbondanza”». Da questa dimensione teologica deriva immediatamente anche una conseguenza pratica che investe la riflessione e l’operare concreto, in tutte le forme di
impegno nell’ampio e complementare spazio dell’azione socio-sanitaria
e assistenziale. La scienza e la pratica della medicina effettuano quotidianamente interventi sulla vita
umana dal concepimento fino alla
sua morte naturale; tuttavia la verità
circa il valore e l’inviolabilità della
persona umana e della sua vita sono
troppo spesso messe a rischio. Da
qui l’urgenza per la Chiesa e per
ogni credente di riaffermare la propria fede come impegno che incide
direttamente, nell’ambito sia professionale sia privato, sulla promozione
e sulla difesa del valore della vita
umana e della sua intangibile digni-
†
Il Dr. Ernst von Freyberg, Presidente,
il Comm. Paolo Cipriani, Direttore
Generale, ed il Dr. Massimo Tulli, Vice Direttore Generale, partecipano
commossi la morte di
GIORGIO LAMBERTI
Fratello del Dr. Lucio Lamberti, Dirigente dell’Istituto per le Opere di Religione, unendosi nella preghiera di
suffragio alla Famiglia con affetto.
cercava di mettere in guardia da certe
tendenze che portano a contrapporre da
un lato cultura e libertà e dall’altro
corpo, natura, legge naturale e poneva
al centro del discorso la verità e la dignità dell’uomo. Dal 1995, data del
documento pontificio, ad oggi cosa è
cambiato, se è cambiato qualcosa, in
questo rapporto?
A questo proposito vorrei evidenziare uno degli aspetti del mondo
contemporaneo che, apparentemente positivo al cento per cento, va invece gestito con grande attenzione e
tenendo sempre presente che la medicina ha come obiettivo l’essere
umano, la sua salus e, quando necessario e possibile, il suo risanamento. Nell’attuale panorama socioculturale dei Paesi industrializzati è
sempre più evidente una crescente
tecnicizzazione della medicina, che
si accompagna a un aumento esponenziale delle possibilità d’intervento della ricerca scientifica e della sua
applicazione tecnologica. Non si
potrebbe non essere entusiasti di
ciò, se non fosse che il privilegiare
gli strumenti rispetto all’obiettivo
del loro uso, la persona, porta alla
“disumanizzazione” delle cure. Le
risorse e le capacità terapeutiche,
cioè, non sono più al servizio della
persona, della sua dignità e del suo
vissuto unico e irripetibile e, perciò,
della vita umana. Esse diventano
autoreferenziali — la scienza per la
scienza! —, se non soggette a leggi
imposte dalla cultura dominante
che, oggi in special modo in occidente, esalta a dismisura l’efficienza
e la bellezza del corpo. Al contempo si finisce col diminuire o addirittura disconoscere il valore della vita,
in particolare quando questa si presenta con i segni della malattia, della debolezza o comunque della fragilità, quali l’handicap fisico o psichico.
E questo che ricaduta ha sulle politiche sanitarie?
Porta alla messa a punto di piani
di sviluppo economico che prevedono di favorire la crescita o, secondo
i casi, la decrescita della natalità;
porta a promuovere la legalizzazione o, quantomeno, a ipotizzare l’introduzione di soluzioni eutanasiche.
Riscontriamo una tragica espressione di tutto ciò nella diffusione
dell’eutanasia, mascherata e stri-
sciante o attuata apertamente e persino legalizzata. Essa, oltre che per
una presunta pietà di fronte al dolore del paziente, viene talora giustificata con una ragione utilitaristica,
per evitare spese improduttive troppo gravose per la società. E questo
fu denunciato con forza nell’enciclica. Si tratta di logiche aberranti,
strenuamente contrastate dal pensiero e dall’agire della Chiesa e di questo dicastero. Certamente dobbiamo
tutti noi, sostenitori della vita, impegnarci sempre più, individualmente e comunitariamente, affinché
le persone bisognose d’aiuto e di
conforto possano trovare la giusta
vicinanza e il sostegno, non solo
materiale.
L’enciclica segnala le iniziative di aiuto e di sostegno a favore delle persone
più deboli e indifese. In quale modo il
suo dicastero ha raccolto l’eredità?
Facendo risuonare la voce della
Chiesa in ogni consesso internazionale. Per esempio il mese scorso, a
Ginevra in occasione dell’Assemblea
Generale dell’Oms, alla quale ho
partecipato in rappresentanza della
Santa Sede, tra le raccomandazioni
definite “salvavita”, ho fatto notare
che ve ne sono alcune che davvero
meritano tale definizione, ma quella
della “contraccezione d’emergenza”
difficilmente potrebbe rientrare in
tale categoria. È infatti ben noto
che, quando il concepimento è già
avvenuto, alcune sostanze utilizzate
nella “contraccezione d’emergenza”
producono un effetto abortivo. È
perciò del tutto inaccettabile fare riferimento a un prodotto medico che
costituisce un attacco diretto alla vita del bambino in utero come a un
“prodotto salvavita” e, peggio ancora, incoraggiare un maggiore uso di
tali sostanze in tutte le parti del
mondo. Assicuriamo poi il sostegno
alle Conferenze episcopali e alle
diocesi che sono in prima linea
nell’attuazione dell’Evangelium vitae,
anche contribuendo alla preparazione e al continuo aggiornamento degli agenti della pastorale sanitaria.
Senza poi considerare le riflessioni
proposte nei molteplici incontri che
organizziamo a livello internazionale su diverse tematiche. In questi
giorni per esempio siamo impegnati
nel Convegno scientifico programmato proprio alla vigilia di questa
grande celebrazione su temi sociosanitari più specifici, che danno poi
modo anche di offrire aiuti concreti
in diverse parti del mondo tramite
l’opera della fondazione “Il Buon
Samaritano”, parimenti voluta dal
Papa Wojtyła. La fondazione ha già
contribuito a curare diverse decine
di migliaia di persone, non di rado
a salvare loro la vita perché permette alle realtà operanti sul terreno di
ricevere il sostegno concreto per poter avviare o continuare innumerevoli iniziative di aiuto umanitario.
«Esemplare testimone del Vangelo»,
che «non esitò ad anteporre il bene
dei fratelli all’offerta della propria
vita». Così Papa Francesco sintetizza la vita e l’opera del martire
Odoardo Focherini (1907-1944) beatificato sabato mattina, 15 giugno, a
Carpi, nella lettera apostolica per
l’occasione. Il rito è stato presieduto
dal cardinale Angelo Amato, prefetto della Congregazione delle Cause
dei Santi, in rappresentanza del
Pontefice.
Nell’omelia il porporato ha ripercorso i momenti principali della vita
del Focherini, a cominciare dalla
sua ardente carità, manifestata soprattutto nell’impegno «nel mettere
in salvo dalla persecuzione nazista
famiglie perseguitate», nell’«operosità nell’Azione Cattolica», nell’attività giornalistica presso «L’Avvenire
d’Italia», nella «fedeltà alla sua
identità battesimale», e nell’«adesione piena alla volontà divina fino ad
accettare l’umiliazione e la sofferenza dei campi di concentramento». Il
suo martirio, infatti, fu «la conclusione tragica di una vita virtuosa,
fondata sul trinomio preghiera, sacrificio, azione, che erano i cardini
della spiritualità laicale dell’Azione
Cattolica».
Focherini «amava Dio e amava il
prossimo fino all’olocausto della sua
vita. Faceva il possibile per venire
incontro a chi era in difficoltà, a suo
rischio assumeva per lavoro persone
politicamente perseguitate, aiutò i
feriti dopo il bombardamento di
Bologna, veniva incontro a don Zeno Saltini per i suoi ragazzi. Aveva
scelto di indossare l’abito della carità verso tutti e non si risparmiava».
Tra i suoi contemporanei si era
sparsa la voce che chi ricorreva a lui
trovava sempre piena accoglienza e
disponibilità. «Anche nei campi di
prigionia — ha detto il cardinale —
diffondeva ottimismo e speranza.
Quando gli perveniva del cibo lo
divideva con gli altri. Una signora
ebrea di Ferrara, che aveva perduto
Convegno del Pontificio Consiglio degli operatori sanitari
Il bambino
è sempre da proteggere
«Il bambino come persona e come
paziente. Approcci terapeutici a
confronto» è il tema trattato nella
due giorni del Convegno internazionale di studio svoltosi in questi
giorni a Roma, organizzato dal
Pontificio Consiglio per gli Operatori Sanitari. Obiettivo dell’incontro è stato sensibilizzare l’opinione pubblica internazionale sui
diritti di ogni bambino ad avere
massima cura e pieno rispetto.
Negli intenti del dicastero organizzatore anche la volontà di preparare in modo adeguato la celebrazione della giornata dell’Evangelium vitae il cui momento culminante sarà la messa presieduta domani, domenica 16 giugno, dal
Santo Padre in piazza San Pietro.
La salute del bambino è un argomento che, come affermano gli organizzatori del Convegno, porta
infatti direttamente a riflettere sull’insegnamento del beato Giovanni
Paolo II il quale, ancor prima di
porre mano alla stesura dell’enciclica, rivolgendosi ai membri del
Consiglio esecutivo dell’Unicef,
nell’udienza del lontano 1984, precisò che «la sollecitudine della
Chiesa per i bambini emerge dal
fatto che la Chiesa è dalla parte
della vita. La Chiesa considera
aspetto prioritario della sua missione nel mondo d’oggi proclamare il valore di ogni e ciascuna persona umana, specialmente di coloro che sono meno capaci di difendersi. Per questa ragione la Chiesa
non cesserà mai di levare la sua
voce profetica per proclamare che
la vita umana deve essere rispettata e protetta».
In questa due giorni — i lavori
si sono svolti tra venerdì e sabato,
14 e 15 giugno — personalità di primo piano a livello internazionale e
di diversificate esperienze e approcci, si sono confrontate per
tracciare le linee, necessariamente
generali, di una situazione in continuo sviluppo. Situazione che il
Pontificio Consiglio segue con
particolare attenzione, nell’assoluta
convinzione che il bambino, «individuo umano nella fase iniziale del
decorso vitale, compresa tra la fase
fetale e quella puberale», anche se
«non ancora in grado, o solo parzialmente capace di attività cognitive e volitive, è in sé stesso, nel
suo codice ontologico, un essere
razionale e libero» e perciò persona da tutelare in tutta la sua dignità e in tutti i suoi diritti inalienabili e inviolabili.
quattordici parenti, confessa di aver
avuto la forza di sopravvivere, per le
parole che le disse un giorno il nostro beato: “Avrei già fatto il mio
dovere se pensassi solo ai miei sette
figlioli, ma sento che non posso abbandonarvi, che Dio non me lo permette”».
Un secondo aspetto del nuovo
beato è quello della sua «coerenza
alla fede battesimale e al fondamentale codice umano-divino del decalogo». Ricordando l’impegno sociale del Focherini, il porporato ha fatto riferimento all’Italia che, «nel
confuso stradario contemporaneo,
ha bisogno di ritrovare la via retta
del vivere fraterno, operoso, solidale. È da san Paolo che ci proviene
questo invito a ritrovare i giusti atteggiamenti, che hanno guidato
l’esistenza del beato Focherini».
Nell’agosto del 1942, ha ricordato,
mette in salvo alcuni ebrei polacchi,
giunti in Italia in divisa da soldati e
da crocerossine, e inviati dall’arcivescovo di Genova a Raimondo Manzini a Bologna. «Nell’ottobre-novembre 1944 — ha aggiunto — si
adopera per aiutare altre famiglie
ebree, permettendo loro di riparare
in Svizzera». Per questa sua attività
umanitaria «i nazisti lo arrestarono
(11 marzo 1944) e lo trasferirono prima nelle carceri di San Giovanni in
Monte presso Bologna, poi nel campo di concentramento di Fossoli, in
provincia di Modena, e successivamente nei campi di Gries (sobborgo
di Bolzano), di Flossenburg e di
Hersbruck, in Germania, dove morì,
il 27 dicembre 1944, per setticemia
nell’infermeria del campo». Come
dice la lingua canonica della Chiesa:
propter aerumnas carceris. «La causa
della sua morte furono le torture e i
tormenti subiti in carcere. Fece,
cioè, la morte di un martire».
Purtroppo, ha fatto notare il cardinale, i cristiani, «anche oggi, soffrono persecuzione, non solo culturale, ma anche fisica. In alcune nazioni europee spesso vivono in un
clima di intolleranza, subendo insulti, minacce, discriminazioni sul lavoro e nei luoghi pubblici. È quanto
rivela l’Osservatorio europeo di
Vienna sull’intolleranza e la discriminazione verso i cristiani». È del 4
giugno scorso, ha ricordato, «la notizia sconvolgente di un cristiano indiano, che, rifiutandosi di convertirsi all’induismo, è stato attirato in
una trappola e decapitato dal suocero. Il suo nome era Tapas Bin e il
fatto di sangue è avvenuto nel villaggio di Teliamura (West Tripura),
nella zona nordorientale dell’India».
Ancora oggi, ha sottolineato, «in
moltissime regioni del mondo i cristiani non solo non sono protetti ma
mancano di libertà religiosa, di libertà di coscienza e spesso vengono
costretti con la forza a rinnegare la
propria fede».
Queste poche indicazioni, ha aggiunto, «ci fanno comprendere meglio il valore della testimonianza cristiana del nostro beato, difensore
dei fratelli perseguitati e quindi difensore della vera umanità, che ha
nel suo codice genetico di creatura
di Dio l’amore alla verità, alla bontà
e alla fraternità». In questo anno
della Fede, ha ricordato il porporato, la Chiesa ha glorificato alcuni di
questi testimoni generosi e fedeli al
loro battesimo. Tra questi, gli ottocento martiri d’Otranto, «uccisi in
odio alla fede nel 1480 perché non
vollero rinnegare il loro battesimo e
canonizzati da Papa Francesco il 12
maggio scorso». Ma anche don Pino Puglisi, sacerdote «anch’egli ucciso per difendere il suo apostolato
di educazione dei giovani alla vita
buona del Vangelo. Il prossimo ottobre vedrà la beatificazione di un
gruppo di martiri spagnoli, uccisi
durante la persecuzione religiosa degli anni Trenta del secolo scorso.
Ancora in ottobre ci sarà la beatificazione, a Modena, del giovanissimo seminarista Rolando Rivi, di
quattordici anni, ucciso in modo
brutale solo perché voleva diventare
sacerdote e apostolo del Vangelo.
Con la loro bontà, i martiri cristiani
sono il più efficace antidoto alla
metastasi del male».
Il beato offre a tutti noi anche
un’ultima lezione: il suo martirio,
infatti, «ricorda che la nostra esistenza terrena è solo un pellegrinaggio verso la patria eterna. Costretto,
per la cattiveria umana a lasciare la
sposa e i suoi sette figli, il nostro
beato ci invita ad alzare gli occhi
verso l’alto, verso il paradiso, che
non è una realtà vuota, arida e triste, ma la patria della felicità e della
gioia divina dei beati». Abbandonando questa terra piena di desola-
zione e di odio fraterno, ha concluso, «Odoardo ha avuto la nostalgia
del cielo, dove abitano in eterno verità, giustizia, bontà e gioia senza fine. Forgiato dalla Parola di Dio,
egli sapeva che, dalla prima all’ultima pagina, la Bibbia contiene il
canto a più voci dei beati. Le corde
del Salterio non si stancano di innalzare inni di lode al Signore. La
Parola di Dio si conclude con la rivelazione della Gerusalemme celeste, il cielo e la terra nuova, dove
confessori e martiri cantano a Dio
l’inno della gioia eterna».
Nomine
episcopali
Le nomine di oggi riguardano la
diocesi di Gweru, nello Zimbabwe, e due diocesi del Vietnam.
Xavier Munyongani
vescovo della diocesi di Gweru
(Zimbabwe)
Nato il 1° gennaio 1950 a Mutero
Mission, nel distretto di Gutu, in
diocesi di Masvingo, nello Zimbabwe, dopo aver completato le
scuole primarie nel distretto di
Gutu, ha compiuto gli studi secondari nel seminario minore di
Gweru. Ha poi frequentato il seminario maggiore di Chishawasha. È stato ordinato sacerdote il
20 agosto 1977, incardinato prima
nella diocesi di Gweru è passato
poi alla sede di Masvingo nel
1999. Dopo l’ordinazione ha ricoperto vari incarichi, tra i quali,
dal 1977 al 1981, vicario parrocchiale della St. Anthony’s Mission a Zaka; dal 1982 al 1983 parroco di St. Alois Mission. Negli
anni 1985-1989 ha compiuto gli
studi a Roma per conseguire la
licenza in liturgia. Dal 1990 al
1998 è stato professore nel seminario maggiore regionale di Chishawasha; dal 1998 al 2004 è vice-rettore del medesimo seminario maggiore.
Pierre Nguyen Van Vien
vescovo ausiliare di Vinh
(Vietnam)
Nato l’8 gennaio 1965 a Huong
Phuong, in diocesi di Vinh, dopo
gli studi elementari e superiori,
ha frequentato l’Università di
Hué, conseguendo la licenza in
scienze economiche (1987-1992).
Nel 1993 è entrato nel seminario
maggiore di Vinh Thanh ed è
stato ordinato sacerdote il 3 ottobre 1999, incardinato nella diocesi di Vinh. Dopo l’ordinazione
sacerdotale, ha compiuto gli studi (2000-2009) presso l’Istituto
Cattolico di Sydney, in Australia,
conseguendo il dottorato in teologia e prestandosi per il servizio
pastorale della comunità vietnamita locale. Dal 2009 è vice-rettore e professore di dogmatica
nel seminario maggiore di Vinh
Thanh e dal 2010 è anche vicario
generale della diocesi di Vinh.
Alphonse Nguyen Huu
Long
vescovo ausiliare di Hung Hoa
(Vietnam )
Nato ad Hanoi il 25 gennaio
1953, ha ricevuto la formazione
sacerdotale, dal 1965 al 1972, nel
seminario minore San Giovanni
di Da Nang e dal 1972 al 1978,
nel seminario maggiore Hoa Binh. È stato ordinato sacerdote il
29 dicembre 1990, incardinato
nella diocesi di Da Nang, ed è
entrato a far parte della compagnia dei sacerdoti di San Sulpizio. Dopo l’ordinazione sacerdotale, ha svolto vari incarichi, tra i
quali, dal 1990 al 1994, vicario
parrocchiale di Tam Ky, in diocesi di Da Nang. Dal 1994 al 1998
ha compiuto gli studi per la licenza in Diritto canonico. Dal
1999 al 2001 è stato parroco di
Hà Lam, in diocesi di Da Nang;
dal 2001 al 2003 è stato parroco
di Trà Kieu, in diocesi di Da
Nang; e dal 2003 al 2011 è stato
professore di Diritto canonico, di
storia della Chiesa e di catechesi
nel seminario maggiore di Hué.
Dal 2011 ne è anche rettore.
L’OSSERVATORE ROMANO
pagina 8
Il Pontefice a parlamentari francesi
Messa del Papa a Santa Marta
Oltre le idee del momento
Proporre, emendare o anche abrogare
leggi per infondere in esse
quel supplemento d’anima necessario
a far sì che esse non riflettano solo le
idee del momento. È l’auspicio rivolto
da Papa Francesco a una delegazione
di parlamentari francesi del gruppo
di Amicizia Francia Santa Sede,
ricevuti in udienza sabato mattina,
15 giugno, nella Sala Clementina.
Questo il discorso del Papa.
Signor Presidente, cari
Parlamentari,
accogliendo la vostra richiesta, sono
lieto di ricevervi stamani, membri
del Senato e dell’Assemblea nazionale della Repubblica francese. Al
di là delle diverse sensibilità politiche che voi rappresentate, la vostra
presenza manifesta la qualità delle
relazioni tra il vostro Paese e la Santa Sede.
Questo incontro è per me l’occasione di sottolineare le relazioni di
fiducia che esistono generalmente in
Francia tra i responsabili della vita
pubblica e quelli della Chiesa cattolica, sia a livello nazionale, sia a livello regionale o locale. Il principio
di laicità che governa le relazioni tra
lo Stato francese e le diverse confessioni religiose non deve significare
in sé un’ostilità alla realtà religiosa,
o un’esclusione delle religioni dal
campo sociale e dai dibattiti che lo
animano. Ci si può rallegrare del
fatto che la società francese riscopra
proposte fatte dalla Chiesa, tra le altre, che offrono una certa visione
della persona e della sua dignità in
vista del bene comune. La Chiesa
desidera così offrire il proprio contributo specifico su questioni profonde che impegnano una visione
più completa della persona e del
suo destino, della società e del suo
destino. Questo contributo non si
situa solamente nell’ambito antropologico o sociale, ma anche negli ambiti politico, economico e culturale.
In quanto eletti da una Nazione
verso la quale gli occhi del mondo
si rivolgono spesso, è vostro dovere,
ritengo, contribuire in modo efficace e costante al miglioramento della
vita dei vostri concittadini che voi
conoscete particolarmente attraverso
gli innumerevoli contatti locali che
coltivate e che vi rendono sensibili
alle loro vere necessità. Il vostro
compito è certamente tecnico e giuridico, e consiste nel proporre leggi,
nell’emendarle o anche nell’abrogarle. Ma è anche necessario infondere
in esse un supplemento, uno spirito,
direi un’anima, che non rifletta solamente le modalità e le idee del momento, ma che conferisca ad esse
domenica 16 giugno 2013
l’indispensabile qualità che eleva e
nobilita la persona umana.
Formulo pertanto a voi il mio incoraggiamento più caloroso a proseguire la vostra missione, cercando
sempre il bene della persona e promuovendo la fraternità nel vostro
bel Paese. Che Dio vi benedica.
La fretta del cristiano
La vita cristiana deve essere sempre
inquieta e mai tranquillizzante e
certo non è «una terapia terminale
per farci stare in pace fino al cielo».
Allora bisogna fare come san Paolo
e testimoniare «il messaggio della
vera riconciliazione», senza preoccuparsi troppo delle statistiche o di fare proseliti: è «da pazzi ma è bello», perché «è lo scandalo della croce». Il Papa è tornato a parlare di
riconciliazione e di ardore apostolico nell’omelia della messa celebrata
questa mattina, sabato 15 giugno,
nella cappella della Domus Sanctae
Marthae.
Base della riflessione del Pontefice sono state, come di consueto, le
letture del giorno, in particolare la
seconda lettera di san Paolo ai Corinzi (5, 14-21), «brano — ha detto —
un po’ speciale perché sembra che
Paolo parta in quarta. È accelerato,
va proprio con una certa velocità.
L’amore di Cristo ci possiede, ci
spinge, ci preme. È proprio questa
la velocità che ha Paolo: quando vede l’amore di Cristo non può rimanere fermo». Così san Paolo è davvero un uomo che ha fretta, con
Nominato dalla commissione cardinalizia di vigilanza
Monsignor Ricca prelato dello Ior
La Commissione cardinalizia di vigilanza dell’Istituto per le Opere di
Religione (Ior), con l’approvazione del Santo Padre, ha nominato ad interim monsignor Battista Mario Salvatore Ricca prelato dell’istituto stesso. Lo ha dichiarato oggi, sabato 15 giugno, il direttore della Sala Stampa della Santa Sede. Monsignor Ricca svolgerà il ruolo di segretario della Commissione cardinalizia e assisterà agli incontri del Consiglio di sovrintendenza secondo gli statuti dello Ior, e assicurerà l’assistenza spirituale dei dipendenti dell’istituto e delle loro famiglie. Cinquantasettenne, il prelato è nato a Offlaga (Brescia), fa parte del servizio diplomatico
della Santa Sede e dirige la Domus Sanctae Marthae, la Domus Internationalis Paulus VI, la Domus Romana Sacerdotalis e la Casa San Benedetto. Dal 2006 al 2010 prelato era stato monsignor Piero Pioppo, ora
nunzio apostolico in Camerun e in Guinea Equatoriale. Nominando Ernst von Freyberg presidente e monsignor Ricca prelato, la commissione
cardinalizia ha occupato le due importanti posizioni previste dagli statuti dello Ior, rimaste vacanti per diverso tempo. La nomina di monsignor
Ricca ha effetto immediato.
«l’affanno per dirci qualcosa d’importante: parla del sì di Gesù,
dell’opera di riconciliazione che ha
fatto Gesù e anche dell’opera di riconciliazione» di Cristo e dell’apostolo.
Papa Francesco ha fatto anche
notare come nella pagina paolina
«per cinque volte si ripeta la parola
riconciliazione. Cinque volte: è come un ritornello». Per dire con
chiarezza che «Dio ci ha riconciliati
con lui in Cristo». San Paolo «parla
anche con forza e con tenerezza
quando dice: io sono un ambasciatore in nome di Cristo». Poi Paolo,
nel proseguire il suo scritto, sembra
quasi inginocchiarsi per implorare:
«Vi supplichiamo in nome di Cristo:
lasciatevi riconciliare con Dio» ed è
come se dicesse «abbassate la guardia» per lasciarvi riconciliare con
lui.
«La fretta, la premura di Paolo —
ha affermato ancora il Pontefice —
mi fa pensare a Maria quando, dopo aver ricevuto l’annuncio dell’angelo, parte in fretta per aiutare sua
cugina. È la fretta del messaggio
cristiano. E qui il messaggio è proprio quello della riconciliazione». Il
senso della riconciliazione non sta
semplicemente nel mettere insieme
parti diverse e lontane tra loro. «La
vera riconciliazione è che Dio in
Cristo ha preso i nostri peccati e si
è fatto peccato per noi. E quando
noi andiamo a confessarci, per
esempio, non è che diciamo il peccato e Dio ci perdona. Noi troviamo
Gesù Cristo e gli diciamo: questo è
tuo e io ti faccio peccato un’altra
volta. E a lui piace, perché è stata la
sua missione: farsi peccato per noi,
per liberarci».
È questo «il mistero che faceva
andare avanti Paolo con zelo apostolico, perché è una cosa tanto meravigliosa: l’amore di Dio che ha
consegnato suo figlio alla morte per
me. Quando Paolo si trova davanti
a questa verità dice: ma lui mi ha
amato, è andato alla morte per me.
È questo il mistero della riconciliazione». La vita cristiana — ha spiegato ancora il Pontefice — «cresce
su questo pilastro e noi un po’ la
svalutiamo» quando la riduciamo al
fatto che «il cristiano deve fare questo e poi deve credere in quello». Si
tratta invece di arrivare «a questa
verità che ci muove, a questo amore
che è dentro la vita cristiana: l’amore del Padre che in Cristo riconcilia
il mondo. È Dio infatti che riconcilia a sé il mondo in Cristo, non imputando agli uomini le loro colpe e
affidando a noi la parola di riconciliazione. Cristo ci ha riconciliato. E
questo è l’atteggiamento del cristiano, questa è la pace del cristiano».
I filosofi «dicono che la pace è
una certa tranquillità nell’ordine.
Tutto ordinato, tranquillo. Quella
non è la pace cristiana. La pace cristiana — ha insistito Papa Francesco
— è una pace inquieta, non è una
pace tranquilla. È una pace inquieta
che va avanti per portare questo
messaggio di riconciliazione. La pace cristiana ci spinge ad andare
avanti e questo è l’inizio, la radice
dello zelo apostolico».
E secondo Papa Francesco «lo zelo apostolico non è andare avanti
per fare proseliti e fare statistiche:
quest’anno sono cresciuti i cristiani
in tal Paese, i movimenti. Le statistiche sono buone, aiutano, ma fare
proseliti non è quello che Dio più
vuole da noi. Quello che il Signore
vuole da noi — ha precisato — è proprio l’annuncio della riconciliazione,
che è il nucleo del suo messaggio:
Cristo si è fatto peccato per me e i
peccati sono là, nel suo corpo, nel
suo animo. Questo è da pazzi, ma è
bello: è la verità. Questo è lo scandalo della croce».
Il Papa ha concluso la sua omelia
chiedendo la grazia che il «Signore
ci dia questa premura per annunciare Gesù; ci dia la saggezza cristiana,
che nacque proprio dal suo fianco
trafitto per amore». E «ci convinca
anche che la vita cristiana non è una
terapia terminale per stare in pace
fino al cielo. La vita cristiana è sulla
strada, sulla vita, con questa premura di Paolo. L’amore di Cristo ci
possiede, ci spinge, ci preme. Con
questa emozione che si sente quando uno vede che Dio ci ama».
Scarica

l`osservatore romano