Aprile 2014 - n. 1 Anno 24º Spedizione in abb. Postale (Poste Italiane) D.L. 353/2003 (conv. in L. 27/02/2004 n. 46) art. 1. comma 2. Lo-Co sommari 3 4 5 6 7 8 10 Non si tratta solo di vincere la fame e neppure di ricacciare indietro la povertà. La lotta contro la miseria, pur urgente e necessaria, è insufficiente. Si tratta di costruire un mondo in cui ogni uomo, senza esclusioni di razza, di religione, di nazionalità, possa vivere una vita pienamente umana. L’impegno? Che cos’è? In preghiera verso la Pasqua / Parliamo di Nina Gianetti Auguri Dossier: Il mondo e la sfida alimentare Biodiversità vegetale a Rungu Nutrire non basta / Coltivatori della cintura verde di Kinshasa Contadini nei villaggi della savana Aprile 2014- Anno 24 Registrazione Tribunale di Milano n. 245 dell’11 Aprile 1992 Bimestrale Spedizione in Abb. Postale (Poste Italiane) 11 Volontarie d’Europa 12 Un cammino nuovo per il Coe a Douala 14 Il centro di “Ascolto” Direttore responsabile Rosa Scandella 15 Ritorno a scuola: grazie all’adozione Redazione Gruppo di lavoro COE 16 Eccoci Guatemala Proprietà Associazione COE Resp. Rosa Scandella 17 Vent’anni “In Mongolfiera” Foto Archivio COE 18 Rapportino della solidarietà Disegno e impaginazione AnankeDesign 19 Sostieni l’Associazione Coe D.L. 353/2003 (conv. in L. 27/02/2004 n. 46) art. 1. comma 2. Lo-Co Stampa Molgora Print - Olgiate Molgora Strada dei Pioppi, 7 - Tel. 039.9910029 COE - Via Milano, 4 23816 Barzio (LC) Tel 0341.996453 - Fax 0341.910311 email: [email protected] www.coeweb.org 2 l’impegno? di Gigi Ci sono parole che entrano per qualche tempo nel nostro vocabolario quotidiano e poi, quasi senza che ce ne accorgiamo, pian piano si allontanano dall’uso e noi, che le avevamo accolte cordialmente le consideriamo non più funzionali ai nostri bisogni, alle nostre abitudini. Una di queste parole, che per qualche anno entravano in tutti i dibattiti, in tutte le discussioni politiche, in tutte le esortazioni morali fu impegno morali, impegno. L’impegno L impegno diventò (negli anni Settanta del secolo scorso?) una specie di passepartout: imperava o imperversava, a seconda dei punti di vista; cacciato dalla porta rientrava dalla finestra. Tutto era impegno e pareva che esso fosse l’ingrediente assolutamente indispensabile per tutte le minestre messe sui fornelli nella cucina della storia. Poi, quasi di colpo, l’impegno perdette il suo fascino (ne avesse mai avuto!) e finì, se ancora qualcuno lo invocava o lo rievocava, per suonare e sapere di vuoto: l’impegno? Che cosa era o era stato? Furono mol- tissimi coloro che mai ne avevano sentito parlare. Che cosa era stato, che cosa aveva rappresentato? Semplicemente l’intenzione o la volontà di adoperarsi per rendere migliore la vita, propria ed altrui, agendo con serietà nell’attività di lavoro, quale che fosse, poiché l’impegno considerava importante ogni tipo di lavoro. Poi subentrò una fase di distinzioni: il lavoro doveva essere quello per il quale l cii sii era preparati ti con llo studio t di e la l gioventù studiosa (come la si chiamava una volta) si aspettava che il solo fatto di aver scaldato il banco per un quinquennio desse il diritto di continuare a scaldare il fondo di qualche altra suppellettile: un banco o una poltroncina da ufficio. Ma l’impegno, dunque, consisteva nell’aver vivacchiato per un certo lasso di tempo nelle aule scolastiche, inventandosi lo sciopero per protestare contro i banchi cigolanti o preparando certi slogan “rivoluzionari” che da qualcuno furono intesi come un serio incitamento a muoversi contro le istituzioni cui si attribuivano tutti i malanni e i malesseri della società. Era tutto così nero come potrebbe apparire da queste parole? Lo sbandierato impegno non aveva anche un suo peculiare carattere di serietà, di preparazione coscienziosa, di giuste aspirazioni a edificare una società più equilibrata in cui il peso della fiscalità non fosse soprattutto sulle spalle dei ‘poveri’? Lo aveva; ma troppe confusioni inquinavano la limpidezza richiesta all’impegno e la capacità di distinguere un autentico slancio di generosità da quanto appariva (ed era) velleitario. Ad un tratto ci si accorse che l’impegno non era soltanto scendere in piazza. A mano a mano esso apparve qual era in realtà: il quotidiano lavoro fatto con la consapevolezza di far risplendere anche in esso la dignità dell’uomo. Di fronte a questa prospettiva cominciarono le defezioni. Se ne valutò l’opportunità e si trovò che esso richiedeva forze che non tutti possedevano. Le rinunce, dapprima fatte quasi di nascosto, divennero in breve tempo visibili. La tensione morale che aveva caratterizzato fervori f i e decisioni d i i i sii allentò ll ò tanto da d non esprimere alcuna tensione. Passarono gli anni, l’impegno fu messo nel deposito delle cianfrusaglie. A che cosa serviva, dopotutto? Ad alimentare nuove illusioni? Se qualcuno cercava di scoprire dove l’impegno si fosse cacciato, non riusciva a scovarlo d a n e s su na parte. Forse era morto, e nessuno ne aveva avuto notizia. 3 in preghiera verso Pasqua Il cristianesimo al suo sorgere non propose una rivoluzione politica, ma quella dei cuori. L’uguaglianza radicale dei figli di Dio non ha nulla a che fare, per Gesù e i suoi discepoli, con i sistemi politici e sociali. A chi vuole seguire il vangelo di Gesù, porsi alla sua sequela è richiesta una conversione, un cambiamento di mente e di cuore che deve partire dall’umile invocazione d’aiuto affidato alla preghiera. Questa non è confinata al cuore, alla mente, ma deve investire tutta la persona; la nostra stessa carne deve essere preghiera, come titola un capitolo di un libro di papa Francesco: “La nostra carne in preghiera”. Di fronte a Dio non possono esserci dicotomie, separazioni fra carne e spirito: egli è unità. In un ritiro dettato nel gennaio 1990 a La Plata, l’allora monsignor Bergoglio diceva: “Preparare la nostra carne alla contemplazione – oltre a servire il prossimo – implica metterla alla presenza di Dio, sottoporla all’azione del Verbo e dello Spirito per la gloria del Padre; avviarla verso il servizio che logora e stanca, ren- parliamo di di Carla Airoldi Nina Gianetti… “Parliamo di una Mamma..”, così aveva scritto don Francesco Pedretti commemorando la morte della sig.ra Nina Gianetti, di cui quest’anno ricorre il 40° anniversario il 21 marzo. Tre anni prima era stata cooptata nell’associazione ed è stata la prima ad essere chiamata dal Signore. “Nessuno meglio di Lei ha il diritto di essere parte del Centro perché ne è sempre stata parte viva: noi La includiamo ufficialmente tra i membri del Centro di Orientamento Educativo per dirLe che riconosciamo questa Sua presenza materna e, come noi ci arricchiamo dei Suoi meriti e del Suo affetto, così desideriamo che 4 Ella senta come suoi i nostri programmi, le nostre attività, i nostri sacrifici, la nostra preghiera”. Nina Biffi Gianetti, una mamma che ha sofferto moltissimo per la morte prematura delle sue due figlie, vedova e rimasta sola alla responsabilità di una delle più antiche e importanti ditte di Saronno, non si era chiusa nel suo dolore, ma era diventata il riferimento per tutte le situazioni difficili che affrontava con grande riservatezza, rispetto e generosità. Grande benefattrice di Saronno, aveva realizzato una Casa di riposo intitolandola al nipote Giulio Gianetti, un Nido d’Infanzia dedi- candolo alla figlia Pina, morta di parto con la sua creatura, una Fondazione per la cultura e tanto aveva fatto per ospedali, chiese e istituzioni religiose. La cittadinanza l’ha voluta riconoscere segnalandola per l’onorificenza di Commendatore conferitale nel 1971 dal Presidente della Repubblica senza che questo evento abbia mai scalfito la sua umiltà e il suo riserbo. La sig.ra Nina è stata vicina al COE, attenta alle attività che si svolgevano e partecipe dei suoi sviluppi, particolarmente all’avvio della esperienza in Cameroun con l’accoglienza nel 1969 di tre giovani camerunesi a Barzio per gli studi e la partenza AUGURI derla povera, in cammino, in esodo: tutto questo, che implica il mettere la nostra Ricordo di aver letto questa espressione: Non mi interessa sapere chi sia carne alla presenza di Dio, Dio. Mi basta sapere da che parte sta. Noi oggi ci stiamo fatalmente atè pregare”. Quindi, per riconoscere tardando nello spiegare al mondo secolarizzato e indifferente chi è Dio. Dio, per preparare i noSe invece sapessimo mostrare, con scelte comunitarie e personali, che Dio stri occhi a contemplare sta dalla parte degli ultimi sempre, il sogno di cieli nuovi e di terra nuova la persona del Verbo fatto carne dobbiamo pregare. diventerebbe presto gaudiosa realtà. (Mons. Tonino Bello) È la preghiera che apre i nostri occhi a riconoscerlo, L’augurio che ci scambiamo per questa Pasqua e la freschezza del Vangelo come lo spezzare il pane per i pellegrini di Emmaus. che vorremmo condividere con tutti, porta con sé l’auspicio che nella noOcchi, mani, cuore protesi stra vita associativa e di singoli possa brillare la gioiosa luce del Risorto, verso Dio: “A te, Signore, che nelle nostre scelte personali e comunitarie si intravveda la bellezza innalzo l’anima mia”, cioè la mia vita. della vita di Dio e la sua folle passione per tutti gli uomini. Il COE c’è per La preghiera investe la questo, e don Francesco l’ha pensato per questo e perché nell’incontro tra vita, ferisce la car ne, fratelli e culture diverse i cieli nuovi e la terra nuova fossero anticipati e perché ci tocca il cuore, ci fa percepire la nostra il sogno di Dio diventasse gaudiosa realtà. fragilità: “Come terra deserta, arida, senz’acqua”; Che questa celebrazione della Pasqua ci veda lieti testimoni della parte gli anni della nostra vita “settanta, ottanta per i per la quale Dio si è speso. più robusti”, ci spoglia dal nostro egoismo superbo: “Che cos’è l’uomo perché tu te ne ricordi?”. Pregare è dare spazio a Dio, lasciarsi guidare da lui, è rileggere, alla luce della fede, la nostra cui Gesù ha pregato nei “giorni della sua carne”: “Affinché tutti storia, quella del mondo inquieto in cui viviamo, la storia della siano una cosa sola, perché il mondo creda”. salvezza cantata dai salmi. Il cammino quaresimale che ci porta alla Pasqua è così segnato Perseverare nella preghiera, bussare, cercare Dio con tutto l’es- dalla preghiera, intensa, frequente, silenziosa, personale e cosere, tutti insieme per arrivare a quella unione universale per munitaria, in comunione alla preghiera del Signore. Don Angelo delle prime volontarie nel 1970 nella diocesi di Mbalmayo, chiamate dal vescovo mons. Paul Etoga. Un epistolario iniziato nel marzo 1955 da don Francesco e interrotto poco prima della morte testimonia un assiduo accompagnamento degli avvenimenti della vita della sig.ra Nina e un costante interesse da parte sua di tutte le attività del COE in una grande intimità spirituale. La sig.ra Nina ha lasciato scritto nel suo testamento: “Desidero che attraverso l’attività del Centro Orientamento Educativo, di cui ho la gioia di far parte, continui la mia vita e il mio cuore possa ancora amare e fare del bene a tante persone. Prego le Signorine del Centro di fare tanto bene per me e per le mie figliole che sono in cielo e faccio conto sulle loro preghiere per i miei cari e per me”. Per ricordarne a Mbalmayo la figura, nel 1977 le è stata intitolata la scuola tecnica, la prima della zona aperta in particolar modo alle ragazze, il Collège Nina Gianetti, ed è stato subito sorprendente il diffondersi del nome “Nina” per indicare luoghi, istituzioni e persone che ancora oggi operano sulla collina di Mbog Kulu. All’occasione di questo anniversario M. Joseph Atangana, cui va il merito di aver fatto conoscere il COE al vescovo di Mbalmayo, ha voluto iniziare un percorso per approfondire e far conoscere la sig.ra Nina Gianetti e i suoi meriti nella creazione del Centre de Promotion Sociale di Mbalmayo, di cui fa parte il Collège, lanciando presso gli alunni ed ex alunni un concorso d’arte che prevede lavori letterari o plastici il cui tema è: “Omaggio a una grande donna di cuore “Mamma” di don Francesco e benefattrice del COE, Mme NINA Gianetti”. 5 DOSSIER il mondo e la sfida alimentare Manca poco più di un anno all’Expo di Milano, l’esposizione universale che aprirà i battenti il 1° maggio 2015. Poiché nel nostro Paese sembra ormai insopprimibile la tendenza a concentrarsi sul proprio ombelico, in questi anni di avvicinamento il dibattito si è focalizzato perlopiù su questioni e polemiche non certo di respiro universale: la scelta del luogo in cui realizzare l’esposizione, la decisione su chi dovesse gestire e finanziare l’evento, l’individuazione delle infrastrutture necessarie... In realtà, il tema prescelto ha un orizzonte globale e strategico per l’intera umanità: il cibo, il modo di produrlo e distribuirlo, le sue dimensioni economiche e tecnologiche, ma anche quelle culturali ed etiche. Un tema trasversale, multidisciplinare, con al cuore una sfida precisa: nutrire il pianeta (come dice il titolo stesso dell’esposizione), sapendo che la fame nel mondo non è certamente un problema di quantità complessiva di cibo (che sarebbe sufficiente per sfamare tutti), quanto piuttosto di meccanismi di produzione, equità nella sua distribuzione, ostacoli nell’accesso, predominanza di interessi privati che hanno ormai trasformato il cibo da bene comune a merce privata. Expo 2015, dunque, chiama in causa il mondo del terzo settore, quello della cooperazione internazionale, così come i cristiani impegnati nella promozione dello sviluppo e nella costruzione di un mondo più giusto. Inutile negarlo, il rischio che la manife- di Stefano Femminis* stazione si trasformi in una fiera commerciale lunga sei mesi, lasciando il nulla dopo di sé, è dietro l’angolo. Ma è anche compito nostro, della società civile ed ecclesiale, scongiurare questo pericolo. Non a caso, e meritoriamente, la Santa Sede ha deciso di avere un proprio padiglione dentro Expo e diverse iniziative - coordinate in particolare da Caritas Internationalis e dalle varie Caritas nazionali - sono già avviate in molti Paesi per sensibilizzare l’opinione pubblica e offrire occasioni formative e informative sui temi dell’alimentazione, del cibo, della fame. Altrettanto felice è la scelta fatta dall’Onu, che ha deciso di istituire, nel 2014, l’Anno internazionale dell’Agricoltura familiare, per porre in risalto l’enorme potenziale degli agricoltori a livello familiare nella lotta alla fame e per la preservazione delle risorse naturali. Una questione, come si intuisce subito, strettamente legata a Expo. Sia nel mondo industrializzato che nei Paesi in via di sviluppo, oltre 500 milioni di aziende agricole a conduzione familiare producono cibo per sfamare miliardi di esseri umani. In molti Paesi in via di sviluppo, quelle a conduzione familiare rappresentano l’80% del totale delle aziende agricole. Eppure questa realtà è minacciata dalla voracità di poche multinazionali e dal fenomeno crescente del landgrabbing. Ci troviamo quindi in un biennio che potrebbe davvero rappresentare una svolta nella lotta alla fame, che colpisce ancora oltre 840 milioni di persone e, complice la crisi economica, si affaccia ormai anche nelle ricche società occidentali. Una sfida enorme ma che si può vincere, se manterremo la consapevolezza che, al di là dei megaeventi, ciò che è davvero decisivo sono le nostre scelte personali e quotidiane. Diceva Papa Francesco il 10 dicembre, in occasione del lancio della campagna globale di Caritas Internationalis contro la fame: «Dobbiamo smettere di pensare che le nostre azioni quotidiane non abbia n o un im pat to sulle vite di chi, vicino o lontano, la fame la soffre sulla propria pelle». *Direttore di Popoli www.popoli.info 6 Biodiversità vegetale a RUNGU di Fabio Castronovo Nel territorio di Rungu e Niangara in Congo R.D.l’agricoltura è soprattutto di tipo familiare di sostentamento. Quasi tutti hanno accesso a un piccolo campo dove coltivano piante annuali associate a piante a ciclo mensile come i fagioli ma spesso quello che producono non è sufficiente a colmare i bisogni della famiglia. Malgrado la grande ricchezza in termini di diversità di specie vegetali e animali (il villaggio si trova immerso nella foresta tropicale) si coltivano solo 2-3 specie di piante e l’alimentazione è povera soprattutto in vitamine e proteine con le ovvie conseguenze anche sul piano della salute. Per cercare di migliorare la situazione e far conoscere alla gente le caratteristiche botaniche e nutrizionali delle piante e propagarle è in corso un progetto relativo alla biodiversità vegetale. Anzitutto è stato realizzato un orto botanico ed un semenzaio delle principali colture orticole e forestali locali (in tutto 30), trovate in foresta, facilmente coltiva- bili perché già adattate a questo territorio e che forniscono cibo anche nei periodi di secca quando c’è carenza di altre piante. Attraverso il semenzaio abbiamo fornito a circa 500 famiglie il materiale di propagazione soprattutto semi di fagioli locali. Abbiamo realizzato anche un erbario per permettere di conservare, descrivere e catalogare le specie vegetali di grande importanza nutrizionale e commerciale e un video che raccoglie tutte le interviste ai conoscitori locali e ai responsabili del progetto su tutte le principali attività agronomiche. In seguito ci siamo dedicati alla formazione delle donne, degli agricoltori e degli insegnanti. Venti donne hanno seguito un corso sull’identificazione e sulle tecniche di domesticazione di alcune piante importanti, la preparazione semplice e veloce di rimedi naturali per le più comuni malattie (malaria, dolori muscolari, diarrea, epatite) e le preparazioni alimentari con le piante locali come gombo, pois ailé, moringa stenotepala, miglio, sorgo e con piante poco coltivate come la soia. A ciascuna donna sono stati forniti il materiale didattico e le sementi di piante alimentari importanti come pois ailé, pois cajan, soia, moringa e medicinali come il neem, utile contro la malaria. Con gli agricoltori si è trattato in particolare dei temi inerenti all’ecologia agraria, alla valorizzazione della biodiversità vegetale e alle nozioni generali di agronomia oltre alla pratica delle più diffuse operazioni orticole e della propagazione di colture erbacee ed arboree. Anch’essi hanno ricevuto il materiale didattico e di propagazione: semi di sorgo, miglio, pois ailé, pomodoro, amaranto, una piantina di moringa e una dell’albero del pane. Anche gli insegnanti delle scuole primarie sono stati interessati sull’importanza della biodiversità locale e delle pratiche orticole più comuni. Queste persone cominciano a trarre vantaggio e a propagare sementi di amaranti, pomodori, pois ailé e piante arboree e le donne preparano rimedi naturali e ricette culinarie per le loro famiglie, divulgando le loro conoscenze alle altre donne del villaggio. In definitiva si constata che la gente è interessata alla valorizzazione della biodiversità vegetale ma è necessario che conosca e sperimenti i differenti preparati alimentari e capisca l’importanza di una dieta varia e completa. 7 nutrirenon BASTA di Valerio Fullin Perché i genitori privilegiano i figli maschi nell’invio agli studi e le figlie femmine non sanno come allevare i loro figli? Perché le famiglie invece di coltivare solo un quarto di ettaro non ne fanno dieci metri in più? Perché i coltivatori invece di distillare il mais per farne una bevanda alcolica non lo mettono sul mercato per l’alimentazione? Perché, invece di lasciare le capre a divagare liberamente e devastare anche i loro campi, non le tengono in un recinto? Perché certi capi villaggio quando vedono uno che fa meglio degli altri lo ostacolano? perché...? Perché nel 2014 c’è ancora gente che ha fame su questo pianeta? All’apertura dell’ospedale St. François di Tshimbulu, in febbraio 2008, ci siamo confrontati subito con un problema ben più complesso di qualsiasi altra problematica legata all’attività sanitaria: la malnutrizione. Se dal punto di vista clinico esistono protocolli ben determinati, modificati ben tre volte in sei anni, dal punto di vista preventivo, nessuno è ancora riuscito a trovare soluzione al problema. Non mancano però le iniziative volte al contenimento della malnutrizione, come la distribuzione di viveri ai centri nutrizionali da parte del Programma Alimentare Mondiale (WFP), l’aggiornamento degli operatori del settore ai nuovi protocolli da parte del Ministero della Sanità, vari programmi di rilancio del settore agropastorale promossi dal Ministero dell’Agricoltura e da quello dello Sviluppo Rurale... purtroppo tutti a tempo determinato che non durano più di tre anni se non solo qualche mese. Per quel che ci riguarda, oltre a creare il Coltivatori della cintura verde di Kinshasa di Valère Bakudila La fattoria Ezéchiel, una realtà agro-pastorale del COE-CENASC in periferia di Kinshasa ha avviato nel gennaio del 2013 il progetto KICASOBU; sigla che significa Kinshasa Catering Social Business. Un progetto che mette in moto partners sia italiani sia congolesi. Già il sostantivo Business in un ambito di agricoltura familiare, individuale o comunque piccola è tutto un programma. Infatti il progetto mira a uscire dai sentieri comuni e arrivare a promuovere, da una parte agricoltori che producono e dall’altra ragazzi e ragazze madri che, avendo usufruito di una formazione, diventano attori di cambiamento sociale. Si vuole favorire uno sviluppo sostenibile attraverso la promozione economica e sociale di novanta famiglie che si contano nelle cinque cooperative implicate in questa realtà, attraverso 8 formazioni e informazioni, sostegno nell’approvvigionamento degli inputs agricoli (trebbia di birra, sementi, scarti di biscotti, di pane,…), nell’introduzione delle piccole tecniche innovative e nella vendita in comune dei prodotti. Si tratta della creazione di una filiera corta, che si chiama COCO (Cooperazione Congolese), che ha da una parte i produttori e dall’altra parte i consumatori che sono un ristorante e le par- centro nutrizionale, con il settore animazione abbiamo subito aderito al “Reseau Congo Moringa”, un gruppo di associazioni impegnate nella diffusione e utilizzazione a scopi alimentari dell’albero di moringa. La Moringa oleifera è in effetti una pianta unica al mondo, in quanto le sue foglie contengono tutti gli elementi nutritivi necessari all’uomo, e in concentrazioni ben superiori alla frutta o al latte, un eccezionale integratore multivitaminico a disposizione di tutti. In sei anni siamo riusciti a dotare quasi ogni famiglia di Tshimbulu e dei villaggi vicini di almeno una pianta di moringa, accompagnando la distribuzione da una breve formazione sull’uso della pianta e sui principi nutrizionali di base e da un libretto esplicativo in lingua locale. Questo libretto è distribuito anche nelle scuole dove, oltre ai seminari sui temi d’esame, i nostri animatori fanno educazione nutrizionale. Abbiamo inoltre in corso un programma rivolto ai coltivatori che prevede tre attività principali: - la formazione su come aumentare la produttività dei suoli, la lotta antipa- rassitaria, le coltivazioni particolari, la legislazione agricola; - la facilitazione all’accesso a sementi di qualità, sia per colture stagionali, sia per piantagioni; rocchie di Kinshasa. La filiera deve curare la produzione delle verdure di qualità in condizioni sane a tutela dei produttori e soprattutto dei consumatori.Quindici ragazze madri, selezionate nella città di Kinshasa, hanno seguito presso il Centro della Congo Skill, una formazione professionale in cucina e catering. Queste ragazze sotto la guida dell’insegnante hanno in seguito formato una associazione per autogestirsi in ristorazione e catering usando i prodotti della Fattoria Ezechiel e delle cooperative. Nello stesso tempo alla fattoria Ezechiel, 16 ragazzi disadattati hanno seguito una formazione in vista dell’inserimento nel mondo agricolo specialmente nell’orticoltura e nell’allevamento di animali di piccola taglia. Si sta dunque creando una filiera corta che è basata sulle relazioni tra produttori e consumatori. - la meccanizzazione delle prime attività di trasformazione della produzione : sgranatura, pilatura, estrazione dell’olio. Si tratta di piccoli coltivatori con superfici lavorate per famiglia di meno di un ettaro, che talvolta sono sufficienti solo al consumo familiare e non resta nulla per la vendita. Dei risultati sono stati comunque ottenuti, soprattutto nell’applicazione delle tecniche di rifertilizzazione naturale tramite leguminose locali (mimosa pudica, titonia e mukuna) e nella razionalizzazione delle piantagioni di palma da olio e, ultimamente, di banane. Grazie a queste iniziative, anche nel trimestre nero per la malnutrizione dei mesi di ottobre-dicembre, siamo passati dagli 80 casi mensili di malnutrizione a meno di 30, anche se non riusciamo a scendere ancora sotto questo livello. Il problema è soprattutto culturale e a risolverlo non basta la formazione. In conclusione è in atto un processo di informazione e formazione per arrivare sia alla filiera dei produttorisia ai consumatori che sono la ristorazione e i gruppi di famiglie nelle parrocchie scelte a Kinshasa. I contadini imparano a coltivare bene, sano e razionale usando piccole tecniche innovative atte ad alleviare il peso del lavoro e aumentare la produzione. Numerosi incontri tra i contadini sono fatti in ogni cooperativa e tra le cooperative. La Fattoria Ezechiel diventa pian piano un riferimento per la sperimentazione di piccole tecniche. In questo momento, ad esempio l’irrigazione avviene mediante pompa funzionante con panelli solari e l’acqua scorre in caduta nei vari rubinetti installati nei campi. Le sfide sono tante e un piano di lavoro è stato redatto perché insieme e progressivamente si risolvano le diverse numerose difficoltà. 9 contadini nei villaggi della di Anna e Chicco Mainini Promuovere processi di sviluppo agricolo sostenibile, lotta alla desertificazione, salvaguardia della biodiversità, sostenere le comunità locali, valorizzare e potenziare le capacità del capitale umano, sono state le parole chiave delle attività del CFAP (Centro di formazione agro-pastorale) alla “ferme” di Hosséré Faourou, Nord Cameroun. Il centro svolge da circa venti anni una importante attività di sensibilizzazione e di sostegno alle popolazioni dei villaggi della regione della grande valle del fiume Bénoué ed è diventato un punto di riferimento per tutti gli agricoltori della zona. Si tratta di una zona agro-ecologica di tipo sudano-saheliano caratterizzata da una copertura vegetale tipica della savana con terreni argilloso sabbiosi e con precipitazioni annuali concentrate su cinque mesi (giugno-ottobre). E’ popolata da circa 61000 persone, riunite in circa 100 villaggi. Negli ultimi 10-20 anni la zona è diventata punto di arrivo per migranti, che provengono dall’Estremo Nord del Cameroun, oltre che dal Ciad. I grandi cambiamenti climatici, associati alla elevata pressione demografica, giocano una forte azione negativa sulle risorse naturali e innescano processi di degradazione degli ecosistemi sul territorio con l’avanzamento della desertificazione e con l a p e rd i t a della fer ti- 10 10 lità del suolo. Tutto questo ha portato ad un abbassamento della produttività delle terre coltivate con una ricaduta sulla popolazione stessa. Questo ci fa comprendere la precarietà in cui vivono le popolazioni ad alto rischio di povertà. Nel corso degli anni, tecnici camerunesi e volontari italiani hanno lavorato per sensibilizzare e formare i contadini di vari villaggi all’utilizzo di tecniche più adeguate per migliorare e aumentare la produzione agricola. Questo lavoro è stato possibile attraverso progetti finanziati da enti pubblici e da privati con l’obiettivo d’introdurre pratiche agricole sostenibili e con il fine di promuovere uno sviluppo rurale nel rispetto dell’ambiente. Punto forte dei progetti è stato la formazione dei contadini perché è uno strumento che permette una progressiva autosufficienza. Altra importante attività è stata la preparazione e la formazione dei contadini per la creazione di piccole cooperative, riconosciute dallo stato camerunese. Le cooperative consolidate sono state organizzate in unioni e successivamente in una Federazione la “FEPROCEN” (Federazione produttori di cereali del nord). Questo è stato un bel punto di arrivo ma anche di partenza per un cammino verso una sempre maggiore autonomia tuttora in corso. Il personale del CFAP continua il suo lavoro di accompagnamento e supporto tecnico alla federazione e alle cooperative attraverso corsi di formazione e nuove esperienze di produzione biologica e allevamento. Grazie ai finanziamenti ricevuti sono stati anche realizzati diversi magazzini e granai comunitari per lo stoccaggio e conservazione dei prodotti agricoli e numerosi pozzi per fornire alla popolazione un bene primario e fondamentale per la vita: l’acqua. Volontarie d’ EUROPA di Maria Monauni Il Servizio Volontario Europeo dà la possibilità ai giovani dai 18 ai 30 anni di fare esperienze di volontariato nel mondo nell’ottica di responsabilizzarli, farli crescere professionalmente e aiutarli a concretizzare il principio della cittadinanza attiva. Per me e Antonietta è stata un’occasione da non lasciar sfuggire. Siamo partite a settembre dopo un incontro con il COE a Barzio e uno con la FOCSIV a Roma, in cui siamo state preparate psicologicamente, per quanto possibile, a questa avventura. L’incontro con il villaggio è stato intenso ed emozionante sin dai primi attimi e la voglia di partecipare alla vita di Tshimbulu ci ha permesso di superare nel migliore dei modi anche le difficoltà iniziali di adattamento. I primi mesi sono serviti per comprendere un po’ la realtà del posto, capire dove e come il nostro intervento potesse essere utile, conoscere collaboratori e bambini e imparare a convivere e condividere le esperienze tra di noi, considerando che prima di settembre eravamo sconosciute l’una all’altra. Il villaggio ci ha accolto davvero bene e non è occorso tanto tempo per cominciare a vivere serenamente e sentirci come a casa. Conclusasi la formazione con Katia circa il lavoro da svolgere, la storia del Congo, un quadro generale sulla situazione del Paese, nonché una riflessione sul significato di cittadinanza europea, abbiamo stabilito l’orario di lavoro e cominciato attivamente la nostra esperienza. La mattina è dedicata al Centro nutrizionale Moyo, dove ci occupiamo principalmente di far giocare i bambini, stimolarli a riprendere una vita normale, controllare che mangino e tenere d’occhio le condizioni di salute. Il nostro obbiettivo è quello di elaborare un programma di otto settimane (tale è la permanenza prevista per ogni bambino) che comprenda giochi e attività utili allo sviluppo psico-fisico, nell’ottica di prepararli il più possibile al rientro in famiglia. Tante emozioni ci hanno sconvolto il cuore, a volte ci è sembrato di non riuscire a reggere l’ingiustizia di una creatura così piccola e così debole, altre invece abbiamo avuto le lacrime agli occhi a forza di ridere o ci siamo commosse per gesti di pura generosità tra i piccoletti, disposti davvero a condividere qualsiasi cosa. Non sono mancati gli addii strazianti, né attimi di nervoso, ma indubbiamente resta un’esperienza che ha segnato le nostre vite, impossibile da dimenticare. Il pomeriggio siamo occupate al CASC, il centro culturale. In particolare il lunedì e il giovedì sono interamente dedicati alle attività per i bambini, mentre martedì, mercoledì e venerdì seguiamo la biblioteca e le attività sportive. Non finisce mai di stupirci la creatività e l’intelligenza dei bambini che con veramente pochissimo riescono a costruire giochi e passatempi favolosi. Un esempio per tutti la facilità con cui sono comparsi dal nulla flauti e tamburi fatti di rami di papaya e materiale recuperato in strada. La musica è in effetti una componente costante, un continuo sorriso nel veder ballare i piccoletti o vederli salire sullo sgabello per suonare un tamburo più grande di loro. Incantate, ora come il primo giorno. Il CASC ci ha dato anche l’opportunità di conoscere abitudini, credenze e speranze dei giovani che collaborano con noi e di quelli che frequentano la biblioteca. Non poche le volte che ci hanno sorpreso per maturità e altrettante quelle in cui siamo rimaste incredule davanti a superstizioni e false sicurezze. Ogni giorno è una sorpresa, nonostante si cerchi di programmare le attività, non si è mai sicuri di quel che accadrà, vuoi per la pioggia o per qualche distrazione inattesa. E a noi piace davvero. In sei mesi di vita a Tshimbulu non c’è mai stato un giorno in cui ci siamo annoiate, mai uno in cui avremmo voluto essere da un’altra parte. Perse nel nulla della brousse congolese, impossibilitate ad uscire dal villaggio per mancanza di mezzi, siamo riuscite a trovare una serenità quotidiana che in 26 anni di vita europea abbiamo vissuto solo qualche volta. un cammino nuovo per il COE a DOUALA di Pina Airoldi “Douala è sempre una luce accesa nel mio cuore: segno che c’è altra strada da fare.” Ho trovato qualche tempo fa questa frase nel diario del penultimo viaggio in Cameroun di Don Francesco e sono rimasta di stucco. Ho pianto di gioia, di sorpresa e …..di angoscia. Gioia e sorpresa perché senza saperlo abbiamo iniziato a Douala un nuovo cammino, ma resta il dubbio se non l’angoscia se è il cammino che Don Francesco avrebbe voluto fare o avrebbe fatto. Scrive Don Francesco: “L’incontro con la città di Douala, la lunga e larga zona di capanne e baracche segno di miseria e di abbandono,, di ricerca accanita del PROPOSTA VIAGGIO ESTIVO sto Un viaggio dal 26 luglio al 16 ago n. eru 2014 in Cam che Per gio van i da 18 ann i in su o. vogliono mettersi in gioc con Un’esp erie nza di con osc enz a ti men mo e uale man ro lavo attività di ltà rea e di animazione, di ascolto dell e locali, delle tradizioni e della vita dell per o log dia e to fron per son e in con arricchire se stessi. Per informazioni: tel. 026696258 Paolo Caporali - COE [email protected] 12 necessario per non morire o per avere un poco più di fortuna, mi fanno male e mi interpellano…” Dopo quasi 20 anni la povertà, la miseria … e la ricchezza si sono moltiplicate per cento, come è aumentata la popolazione che arriva oggi a cinque milioni. Si sono moltiplicati, e in un certo senso anche cambiati, i bisogni. La gente, e in particolare i giovani che sono più di un terzo della popolazione, si muovono freneticamente come una girandola intorno all’unico interesse : il denaro, il denaro per vivere : sono i poveri, gli arrabbiati, che non hanno da mangiare a sufficienza,, che vivono da disperati p in catapecchie sottoposte a allagamenti e a tutte le intemperie di questo clima caldo, umido, ultrapiovoso. Il denaro per bere più birra possibile e dimenticare il senso e le responsabilità della vita … Il denaro per l’avidità della ricchezza e l’accumulo dei beni : case, terreni, palazzi, conti in banca per i ricchi panciuti in giacca e cravatta tutti i giorni… C’é anche chi vive discretamente nello sforzo costante per riuscire a mantenersi a galla. In questo ambiente noi ci sentiamo una piccolissima goccia d’acqua che cade in un mare tumultuoso. Aprendo il nostro CENTRE DE FORMATION ARTISTIQUE (CFART) a Deido, un quartiere del centro, abbiamo creduto che l’Arte potesse interessare i giovani. I giovani invece vogliono guadagnare e subito. Smettono la scuola, hanno magari già una laurea, inforcano una moto e fanno i taxisti. La città é strapiena di moto-taxi che sfrecciano come disperati, non hai un centimetro di spazio attorno a te e la circolazione é impressionante. Alla fine della giornata hanno qualche soldo per comprarsi una birra e qualcosa da mettere sotto i denti. Dopo tanta pubblicità con comunicati attaccati ai muri o nelle bacheche, proclamati nelle parrocchie, nelle scuole, alle Radio e TV locali e depliant distribuiti un po’ dappertutto, abbiamo l’impressione che la gente non capisca che cosa significa Arte o non ne é affatto interessata.. Quest’anno 8 sono i giovani che frequentano il Corso di Formazione Artistica: 4 nella specializzazione Ceramica e 4 in Pittura t ur contro i 5 dell’anno scorso che s co attualmente att stanno fast cendo due ce mesi di stage prast tico. Sono ti quasi tutti qu molto pom veri v e e bisogna cerso care delle c borse di studio per s sostenere s la l scuola. Gli G inse gnanti, due ex allievi dell’Istituto Artistico di Mbalmayo, attualmente in master alla Facoltà di Arti Plastiche e Storia dell’Arte dell’Università di Yaoundé, sono molto impegnati e competenti nelle loro materie di insegnamento : disegno dal vero, educazione visiva, anatomia, geometria descrittiva, tecnologia, storia dell’arte compresa quella africana, e nella pratica della pittura e della ceramica. La scultura non ha ancora alunni… La direttrice, Mme Bernadette Noumssi, che dà anche qualche lezione nelle materie di insegnamento generale, segue alunni e insegnanti e tiene i contatti con l’esterno. L’Arcivescovo di Douala, nostro partner, che ha messo a disposizione del COE l’edificio per la scuola e un appartamento per i Volontari che abbiamo ristrutturato alla meglio, ha consigliato di cominciare con un corso professionale della durata di 9 mesi più 2 mesi di stage pratico, al termine del quale gli allievi avranno un Certificato di Formazione Professionale approvato dal Ministero del Lavoro e della Formazione Professionale. In futuro si potrebbe pensare anche a un Istituto Superiore d’Arte che potrebbe essere il livello successivo dell’Istituto di Formazione Artistica di Mbalmayo. L’Arcivescovo ha già messo a disposizione il terreno per la costruzione! Nell’intento di far conoscere il Centro abbiamo lanciato delle formazioni che si svolgono nei Week-end e nelle vacanze estive. Quest’estate una cinquantina di bambini e adolescenti ha fatto l’esperienza di un mese di vacanze artistiche con grande entusiasmo e apprezzamento delle famiglie. Parecchi ex alunni dell’IFA di Mbalmayo vengono a trovarci, ad essi si uniscono giovani e non più giovani della parrocchia coi quali si collabora in un clima di fraternità cercando di superare ogni discriminazione di etnia e di razza per costruire come voleva don Francesco uomini nuovi per un mondo nuovo. Vorrei invitare qualche volontario o volontaria, giovane o non giovane, a venire per vivere un’esperienza di povertà e semplicità, un cammino nuovo nel cuore di una grande e tumultuosa città africana. 13 il Centro di “Ascolto” di Emma Montorfano Per le strade di Garoua, Cameroun, vivono all’incirca tre centinaia di bambini e ragazzi, dai 7 ai 22 anni, secondo le stime che ogni anno effettua il Programma “Enfants en difficulté”. C’è chi vive in strada ormai da anni, chi è di passaggio, chi si ferma per qualche mese e poi fortunatamente ritorna in famiglia. Ma tutti, almeno una volta, sono passati dal “Centre d’écoute”, il centro di ascolto e di prima accoglienza. 14 Come suggerisce facilmente il nome, il filo rosso delle attività è l’ascolto. In strada i bambini vengono allontanati, isolati, stigmatizzati, rifiutati e ignorati ma sanno che, due volte la settimana dalle 8 alle 15, le porte del Centro sono aperte per loro e solo per loro. Quasi una piccola soddisfazione, una sorta di rivincita, mi piace pensare. Gli educatori d i li ascoltano, l svolgono l un dettagliato lavoro di registrazione dei bambini, vanno ad indagare e scoprire i motivi della fuga, i dati anagrafici e tutte quelle informazioni che permettono di avere un quadro generale della situazione familiare e psicologica del bambino. Ogni bambino possiede un suo dossier che serve per comprendere quale sia l’azione educativa migliore da intraprendere. La mattinata al centro passa veloce. Si inizia con una attività ludico-sportiva, quasi sempre il calcio, non un semplice gioco, ma IL GIOCO per eccellenza. Vedo Alain, la testa tonda tonda come il pallone che reclama: sempre davanti alla porta, inveisce contro chi sbaglia ma ride di gusto quando è lui che non centra la porta. Si continua con un corso di alfabetizzazione elementare o una discussione, i cui argomenti spaziano dalle malattie, ai valori della vita in comunità, passando per l’i l’importanza del d l llavoro e d della ll ffamiglia. i li Vedo Sadou, una fossetta fra i denti che rende il suo sorriso sgangherato: si impegna a scrivere le lettere che l’educatore mostra alla lavagna, mi chiede conferma, si rigira orgoglioso quando gli rispondo che sì, ha scritto bene quella “F”, anche lei un po’ sga ngh e r at a , ma pazienza. Segue il momento “lavaggio in comunità”: ciascuno riceve un pezzo di sapone con cui lavarsi e lavare gli abiti che porta. Vedo Moustapha, le gambe come due stuzzichini: raccoglie i vestiti degli altri, li ispeziona alla ricerca di pulci, che ovviamente non manca di mostrare agli educatori, con fare alquanto accusatorio. Ma nemmeno il momento tanto bramato del pasto riesce ad ammutolirli. Li vedo che mangiano, parlano, litigano, si contendono l’ultimo pezzo di “cous cous” rimasto, barattano il boccone di carne con un po’ di salsa, scherzano, si stuzzicano amichevolmente, ridono e spettegolano ma soprattutto, sanno ringraziarti come solo loro potrebbero fare. Vedo Souley, ormai adolescente, due occhi intensi che si infiammano rapidamente quando subisce un torto: mi fa l’ hi li e fferma il moto-taxii per me. l’occhiolino E così, io torno a casa e loro ripartono in strada, ritornando alle loro occupazioni, qualcuno senza nient’altro che quello che ha indosso, qualcuno più fortunato con qualche spicciolo in tasca, pochi con un sacchetto di vestiti di ricambio (ma chiamiamoli anche stracci). Probabilmente, nell’ascoltarli, ho imparato sopratt u t to a “ v e derli”. Ritorno a scuola: grazie all’ ADOZIONE di Emma Montorfano Per raggiungere il villaggio di Ibrahim Garga, partendo da Garoua, bisogna percorrere con un “car” locale 200 km di strada asfaltata in direzione nord, attendere un numero imprecisato di minuti, accovacciati alla bene e meglio su dei sassi che fungono da panchine pubbliche, percorrere altri 50 km stipati in un piccolo furgoncino con altri venti passeggeri, sopportando caldo e odori e infine inoltrarsi a piedi lungo un sentiero sterrato fino a quando si intravede, tra i campi di miglio, il tetto di paglia della casa. Ma quando ti vede, Ibrahim sa come ricambiare tutta la fatica patita: ti sorride, denti bianchissimi su un volto “nero nero” perfino per i camerunesi. Ibrahim ha 14 anni. Rimasto orfano, si era allontanato dalla famiglia, diventando un ragazzo di strada; dopo aver passato un paio di anni al centro di rieducazione “Saaré Jabbaama”, è finalmente rientrato in famiglia ed attualmente vive con lo zio. Siamo andati a trovarlo a distanza di tre mesi dopo il rientro in famiglia, per valutare come procede il percorso di reinserimento. La prima preoccupazione che Ibrahim ci pone è la scuola: lo zio non ha i soldi per pagare l’iscrizione al liceo. Come per Ibrahim, anche per tanti altri bambini e ragazzi il diritto all’istruzione è ancora solo un concetto teorico. Infatti, l’indice di alfabetizzazione della popolazione camerunese è del 67,9%. Molte famiglie non hanno i mezzi economici per permettere ai figli di frequentare, altre considerano necessario l’aiuto della prole nel lavoro quotidiano, che sia esso nei campi, nelle botteghe o nei mercati, preferendo così insegnare loro la fatica del lavoro prima della scrittura e lettura, altri genitori, paradossalmente, non avendo loro avuto un’istruzione non comprendono quale sia l’importanza della scuola. E’ inoltre importante sottolineare che nelle città c’è una ampia offerta di strutture scolastiche, soprattutto primarie, che però risultano insufficienti per numero e qualità e spesso in stato di degrado per mancanza di progetti di manutenzione adeguati. Le scuole cosiddette pubbliche non sono soggette a regolamenti e sovvenzioni statali ma vengono gestite dai direttori che stabiliscono costi e tasse di iscrizione, facendo perdere così la loro gratuità.Probabilmente per noi il diritto all’istruzione risulta essere così intrinseco nella cultura e nel modo di pensare da divenire subito scontato e quindi non più soggetto ad attenzioni. Ma a ben rifletterci è fondamentale per la società, per formare i propri cittadini: se la democrazia è il potere del popolo è infat ti molto i m p o r ta nte che il popolo abbia un buon livello di istruzione. Avere una istruzione permette di pensare e ragionare, di conoscere tutto ciò che è al di fuori del tuo “piccolo mondo”, di scoprire i propri carismi e realizzare le proprie aspirazioni, assicurandosi un futuro. Studiare è importante, per questi bambini e ragazzi, perché pone le basi per trovare un lavoro e per uscire dal circolo vizioso che li porterà da adulti a rimanere in strada inciampando, probabilmente, nello sfruttamento o ancor peggio nella criminalità. Non di meno, se si tocca con mano l’importanza della scuola, si sarà anche più motivati a far intraprendere gli studi ai propri figli. E’ quindi in quest’ottica che, grazie anche all’impegno di alcune famiglie italiane che adottano un ragazzo o a una ragazza africana, ogni anno quaranta minori, le cui famiglie versano in difficoltà economiche, ricevono un contributo per sostenere le tasse d’iscrizione e per acquistare quaderni, penne e altro materiale scolastico. Gli educatori si occupano inoltre di responsabilizzare i genitori, sensibilizzandoli sull’importanza della scuola, affinché riescano in autonomia a sostenere l’educazione dei figli. I genitori vengono spronati ad occuparsi delle pratiche burocratiche e a contribuire, anche se in minima parte, alle spese. Il volto di Ibrahim si rasserena quando doniamo allo zio l’aiuto scolastico: finalmente potrà ritornare a scuola. 15 ECCOCI GUATEMALA di Mari con Marco, Elia e Giulio Una spaventosa situazione sociale attanaglia il Guatemala: il 78% della popolazione vive in condizioni di povertà o povertà estrema, con una incapacità in primis di vagliare le proprie necessità ed ecco le baracche di lamiera senza accesso all’acqua ma con l’impianto stereo, che perpetrano una sorta di schiavitù moderna che fa raccogliere caffè sulle montagne a uomini, donne e bambini per 3 euro al giorno; l’avvento della tv che ha in una manciata di anni colonizzato il tempo delle famiglie con il peggio delle immagini che possono arrivare via cavo dagli Stati Uniti, immagini di violenza e lusso che entrano come veleno nelle teste e nei cuori confusi di un popolo che è sempre più lontano dalle sue radici. E’ spaventoso, ma il 94% delle famiglie che abbiamo appena intervistato per il progetto di microcredito possiede un televisore...e molte volte non lo può usare perché in casa non c’è elettricità! La politica è a un livello di corruzione che ha pochi eguali al mondo. Ma l’elemento più preoccupante è l’avvento massivo delle “nuove chiese” degli Stati Uniti, che con un miscuglio diabolico di urla, false promesse di salvezza e minacce rende totalmente succube una percentuale sempre più alta di popolazione. Nella colonia in cui viviamo quasi tutti appartengono alla chiesa evangelica e sempre 16 più spesso fanno il “culto” (così lo chiamano) in strada, con altoparlanti da centinaia di euro sparati a tutto volume in cui un pazzo furioso urla minacce e promesse. Insomma un contesto tutt’altro che facile e sereno, in cui sopravvivono però isole di saggezza indigena, di povertà colta, di semplicità disarmante. Alma de de Colores va, piano, passo passo, sempre più conosciuta e sostenuta, tanto per il laboratorio di artigianato che per la panetteria. Sono entrate tre persone nuove nel mese di gennaio. Dapprima Joaquim, la cui avidità di fronte al cibo stringe il cuore. La mamma, durante il primo colloquio ci raccontava, con un sorriso incantevole, la strategia usata dalla famiglia quando non c’è cibo. Lei tiene sempre tre pomodori di riserva per le giornate critiche, e quando una di queste arriva, li passa sul fuoco e poi li dà da succhiare ai bimbi, i quali però non possono morderli: questo privilegio spetta ai due piccoli, sotto i due anni, che non possono capire la fame e, se non hanno qualcosa nella pancia, piangono tutta la notte. Poi è arrivato il signor Juan, un camionista di Santa Clara, che quando si è deciso ad andare dal medico a far vedere la ferita che aveva sulla gamba da tempo, ha scoperto di essere diabetico ed è stato amputato al ginocchio nello stesso giorno. Da allora 3 mesi di elemosina in strada finché Sergio, suo vicino di casa, e nostro meraviglioso lavoratore sordo, l’ha portato al centro. Ha iniziato a fare il pane con Marco, dimostrando una tenacia ed una gratitudine da cui solo c’è di che imparare. E poi Pablo, che, dopo l’anno di terapia riabilitativa intensa che ha avuto, ora è nel laboratorio 5 giorni alla settimana; cammina, e chi l’ha visto un anno fa proprio non ci può credere. L’altro giorno, a un gruppo di turisti in visita al laboratorio ha detto “ quando crediamo di perdere qualcosa, in realtà stiamo guadagnando qualcos’altro. Io non tornerò mai più a camminare e a correre come un tempo, eppure sono mille volte più grato e felice oggi dei miei passi incerti riconquistati di quanto lo fossi due anni fa dei miei passi sicuri.” E poi c’è la novità del progetto di microcredito per donne che abbiano un familiare con disabilità, che ci ha impegnati molto in questo inizio anno, che è tutto da inventare, da conoscere, ma che certo si sta rivelando una risorsa preziosissima per le 70 famiglie che potranno fruirne. Vent’anni IN MONGOLFIERA di Maria Rosa Longhi Da oltre vent’anni il Gruppo “In Mongolfiera” vola in alto. Questa proposta che avvicina i bambini e i ragazzi alle culture dei vari popoli è un’esperienza indimenticabile per tutti loro. E anche per me naturalmente. Affascina molto l’idea di immaginare di salire su una mongolfiera, di volare tutti insieme nei cieli del mondo e di volta in volta atterrare presso un popolo che ci accoglie e ci fa conoscere il suo modo di vivere e ci insegna le proprie tradizioni. Ricordo i primi anni quando partecipavo con i miei alunni che continuamente mi chiedevano: “Quale popolo conosceremo questa volta? Balleremo? Canteremo? Che laboratorio faremo? ….” E io rispondevo sempre: ”Stiamo preparando per voi delle iniziative che vi lasceranno un caro ricordo.” E loro mi guardavano curiosi cercando di capire quale segreto nascondevo. Quando rivedo qualcuno di loro mi fa ricordare subito quelle esperienze, ma soprattutto gli incontri di giugno , quando si dorme al Coe a Barzio. E’ coinvolgente questa iniziativa per loro e ricordo che già qualcuno si prenotava a dicembre per paura di non trovare più posto. Passare questi pochi giorni insieme per qualcuno è l’unica occasione in cui dorme fuori casa senza i genitori e gusta questo senso di indipendenza. Quando pass ssso ad ades esso es so da sc scuo uola uo la,, i ba la bamb mbin mb inii in mi chied don o o se ho gli avvisi degli incon ontr on trii de tr dell Co Coee e qu ques esto es to mi fa molto piacere, perché vuol dire che see lo se sent nton nt ono on o lo oro di pa part rteert cipare e non o sono io che li devo stimo olare re.. E’ re E’ pia iace cevo ce vole vo le per lor oro o ritrovarsi all’iincontro ogni due mesi, condi divi di vide vi dere de re le es espe p ri pe rien enze en ze ogni ni vol olta ta por orta tare ta re sempre ricche di qualcosa di accattivante e og a casa un lavoretto costruito durante l’attivi vità vi tà di laabo bora rato ra tori to rio.. E’ ri piacevolle per me incontrarmi con le altre peers rson onee de on dell gr grup uppo up po perr program mmare la giornatta. Ognuno di noi porrta il su suo o en entu tusi tu sias si asmo as mo,, mo la sua essperienza, la sua proposta e poi ins nsie ieme ie me si ce cerc rcca di ved eder eree er quale è più adatta t al tema della giorn rnat rn ataa e al gru at rupp ppo pp o di bam ambi bini bi ni e ragazzzi che abbiamo davanti. Ci dividiiam amo o le var arie ie att ttiv ivit iv itàà e it ciascuno prepara con cura il proprio “tass ssel ss ello el lo”” ch lo chee un unit ito it o ag agli li altri com mpone laa giornata. Fino a quallche anno o fa al Coe erano presentii ragazzi e ragazze di vari Paesi del mondo che entravano a far parte rte delle nostre attività, perché presentavano i saluti, i canti, i balli, i cibi, l’artigianato e come si viveva nella loro terra. I bambini si lasciavano coinvolgere, stringevano amicizia e speravano di trovarli ancora le volte successive. Anch’io ho imparato molto da loro e cerco di fare tesoro di questi insegnamenti per ttrasmetterli ai bambini adesso che al Coe è scarsa la presenza di questi ragazzi. Sentiamo la loro mancanza, perché ritengo che il q ccontatto diretto con una persona di un altro Paese arricchisce più di ogni lezione teorica e crea un rapporto di stima reciproca p e di apprezzamento per le altre culture. Speriamo che si possa ancora avere questi giovani in mezzo a noi S per continuare ad arricchire le nostre conoscenze e ad animare p lle nostre giornate. Milano 6-12 maggio 2014 Torna anche quest’anno il Festival del Cinema africano, d’Asia e America Latina. Sette giorni intensi di proposte per promuovere la conoscenza delle culture e dei popoli di altri continenti, per stimolare il dialogo interculturale, per capire le attese e i problemi degli immigrati e contribuire alla formazione di un tessuto sociale più accogliente e solidale. Attento al pubblico in generale, il Festival rivolge un’attenzione particolare ai giovani creando uno Spazio Scuola e uno Spazio Università, con proiezioni e interventi specifici per gli studenti. Vi aspettiamo a Milano dal 6 al 12 maggio 2014. 17 RAPPORTINO DELLA SOLIDARIETA’ Sposi U a de Un dell llee ri ll riso sors rsse de dell ll’a ll ’assoccia i zi z on one ne C CO OE è qu quan anto ogn anto an gnii an nno div iver e see perrer sone sone n , sc scuo uole le, as asso s ci so ciaz azio az ioni ni,, pa ni parr rroc rr occchie ch hie inv nvia iano ia no n o com omee co cont ntri ribu ri buto bu to a sos oste t gn te g o dell de llee at ll atti tivi vità tà nei ei paeesi dell sud dell mon ondo do o rac acco colg co lgon o o co come me fru me rutt tto tt o di d Annalisa Airoldi e Ivan Locainiz in izia iz iati ia tive ti ve,, ca camp mp paggne n , meerccat atin inii ec ecc. c c. telli a Barzio Anch An c e se que ch uest s o non st n baastta a pr prov o veede ov dere ree a tut utti ti glili imp mpeg eggni n non si tr trat attta t so olo o di un u a go gocc ccia cc ia,, maa è un ri ia rivo vo olo disscr cret eto et o ch c e in più i si al alim im meen nta ta di un u Mollìca e Shib Proshad Das gran gr ande de val alor orre di con o ondi divi di visi vi sion o e, par a teeciipa p ziion onee e am amic iciz ic izia iz ia,, pe ia perc rciò ci pa rc pare re in Bangladesh bell be l o daare un ri ll r sccon ontr tro o di qua u nt nto o è st stat ato at o ri rice cevu ce vuto vu to e dellllaa su de suaa de d st stin in naz a io ione ne e ancche rin ngr g az a ia iare re per la sen sense sibi si biililtà bili t , feede delt l à e geene lt nero rosi ro sità si tà quaant n i hann han o co ha c nt ntri ribu ri buit bu ito. it o o. Nell 20 013 abb bbia iaam mo o riccev evut uto ut o € 45 54. 4.90 9 0 da olttre 500 90 0 don do dona naazi zion on ni pr p ov oven enie ieent ntii da d ogn gnii pa part r e d’ rt d It I allia,, da per er-s ne so n in ggeeneere rag aggi giun unte te dall gio iorn rn nal alin in no CO COEE che ch he vi vien enee en diff di f us uso o in n cir irca c 250 ca 5 0 co opi pie. e Ed d ecc cco o lee mot otiv ivaz azzio oni per e le qu q al alii so sono o sta tati t inv ti nvia iati ia tii Monsignor Ramazzini: i co cont ntri nt r bu ri b ti ti:: Ado dozi z on zi onii di d raggaz azzi zi, cu zi cui si s dà il sosste tegn g o gn un vescovo in Guatemala scol sc olas ol asti as tiico e l’a ’aiu iuto to fam amililia iaare re,, se segn gnal allat atii da daii no ost stri ri volont lo ntar nt arri o coll ari co oll l ab abor orat ator orii in Ban ngl g ad a es e h,, Cam amer eroun e erou Daniela Sangalli - Aldo Corradi Cong Co nggo: o € 74. 4 06 65; 5 Paoline, Milano 2013 In Ban angl g ad gl ades essh: pp. 176 - All Dal alit i per sos oste tegn te gno gn o sc scuo uole uo le, e, fo f rm maz azio io ione one rag a az azze ze € 12,50 adol ad o essceent nti,i,i, eme merg rgen rg e za all en lluv u io uv one € 25.4 5.430; 0; ISBN 8831543828 In n Cam amer e ou er oun: n: - Al Cas a s di di Yao aoun oun u déé perr sos oste tteegn gno so gno s cial ciial a e e saani nita tari ta rio ri o Un libro per conoscere la storia sofferta e la complessa attualità e in parti ar ti ar t cola co ola l ree per la cco ost stru r zi ru zion on ne del del re de repa epa part rto rt o di di del Guatemala, attraverso gli occhi di mons. Alvaro Ramazzini, d geenzza po de post stt ope pera rato ra to ori rio o de dellllaa maate tern nità ittà € 20 2 ,600;; “ il vescovo dei senza terra”, uno dei vescovi centroamericani più - A Mb M al alma mayo ma yo a sos oste tegn te gno gn o deell llee attti t vi vità tà ed du ucative e impegnati nella salvaguardia dei diritti umani e dell’ambiente. saan niita t ri rie e de dell l ’ass ll ’aass ssiis iste iste t nz nzaa ai det eten enut en utii ne nell llee ca carceri Gli autori presentano gli ultimi venticinque anni di storia del € 20 20.2 .200 .2 00;; 00 Guatemala attraverso l’attività pastorale di mons. Ramazzini - A Ga Garo roua ro ua a fav avoree de dei ragazzzi di str trad ada da e peer un a partire dalle tematiche che costituiscono per lui una sfida: le p zz po zzo o € 7. 7.15 150; 15 0; migrazioni, la terra e la riforma agraria, la difesa della Natura - A Dou oual a a a so al sost s egno o del e nas asce centte Ce ce Cent ntro nt r di Fo F rm ma(in particolare la sua azione in difesa delle comunità indigene ziion ne Ar Arti tist ti sticca ne nel quar arti ar tier ti e e De er Deido € 11.0 000 0 danneggiate da una società mineraria canadese che estrae oro In Con o go R .D D.: . e argento devastando la natura) e alcuni dati sulla condizione - A Ki K ns n ha hasa s a fav avor o e de or d i raga gazz ga z i di strada ospiti os della la sociale del paese (malnutrizione, educazione, violenza, ecc). Bene Be needi dict ctaa € 31.500 ct 50 e deg eglili studenti un univ iver iv e sitari r pove po veri ve ri acccol olti ti al Foye y r St St.P .Pau .P a l € 25.400 00 0; Daniela Sangalli - A Tsh shim im mbu bulu lu a fav avor oree del or dee Ce d Cent ntro nt ro Nuttri rizi zion zi onal alee e pe al p r E’ stata volontaria in Ecuador. Nel 2008 ha pubblicato il libro Un la cos ostr truz tr uzio uz io one deell rep epar arto ar to di Pedi d atri r a € 40 ri 40.3 .350 5 ; 50 popolo di martiri. Testimoni della fede in Guatemala e curato la tradu- A Ru Rung ngu ng u pe perr il Cen e tr t o Nu Nutr triz izio iz ionalee, le io l scu uol ole, e i mal alat atii at zione in italiano del video La Biblia Enterrada, prodotto dalla Conferenza p ve po veri ri del ell’l’l’Os Ospe Os p da pe dale lee € 50. 0.03 030; 03 Episcopale del Guatemala. In Gua uate t mala te mala - Al A proge ro oge gett tttto Al A ma de Co Colo l rees a Stt. Ju lo Juan n La La Lagu guna gu n na Aldo Corradi peer l’l in inse seri rm ri meent nto o laavo v raati t vo v di di disa saabili bili € 42. bi 2.70 700 70 0. 0. Ha effettuato viaggi in Guatemala, incontrando realtà e persone che promuovono progetti di sviluppo sociale e cura rapporti di amicizia Peer ill Teerrzo P o Mo on ndo d in n geen nerral a e; e; ver erra rann ra n o diist nn s ri ribu buit uitti e solidarietà con quel paese e con gruppi italiani che vi operano. Ha s co se cond ndo nd o le pri rior o ità or ittà de deii pr prog oget oget etti ti € 106 06.4 .475 .4 75.. 75 collaborato con Daniela Sangalli per la versione italiana del video La Biblia Enterrada e per il libro Un popolo di martiri. N l 20 Ne 2014 114 4 giiàà inizi niizi ziiat ato at o il COE, OE, ol OE oltr tree a co tr cont nti tinuar nu arre a fa farr frron o te agl gli im mpe pegn ni an a ch c e qu q i rico ri co ord rdat atti, met ette te in co c nt nto to la la cos o tr os t uzzio ione ne a Rung Ru ngu ng u in Con ngo o di un all llog ogggi gio pe perr ac acco co og ieere i rag gl agaz a zi che az h fre requ qu uen enta taano tano n la sccuola uo ola peer sord so ord r om omut uti.i. ut Libri IN CAMMINO CON I MIEI POVERI A tu tutt ttii un tt GRA ZIE SENTITO ! La gioia ha riempito la casa Alex di Sara e Mattia Panzeri. Lo annuncia con gioia il fratellino Samuele. 18 8 Maria Angela Carla di Christine e André N’Tcha l’annunciano fratellini e sorelline. SOSTIENI L’ASSOCIAZIONE COE PERCHE’ SOSTENERLA Il COE è un’associazione di volontariato cristiano che vive e opera grazie al sostegno di soci, volontari, amici, collaboratori e persone sensibili all’intercultura, alla cittadinanza e alla solidarietà. In Italia realizza numerose attività che hanno come obiettivo il dialogo e lo scambio tra le culture. Nei paesi del Sud del mondo (Cameroun, Congo R.D., Bangladesh, Guatemala, Papua Nuova Guinea) ha in corso progetti educativi, rurali, sociali e sanitari che hanno come obiettivo la formazione all’autosviluppo. Tutti possono partecipare all’impegno del COE, scegliendo le diverse forme e causali, contribuendo così a fare un mondo più giusto e più bello. la fornitura di materiale didattico e sussidi per tutti); - BORSE DI STUDIO PER STUDENTI dell’IFA di Mbalmayo o del Foyer St. Paul di Kinshasa (favorire l’impiego attraverso una formazione professionale); - SOSTEGNO AI CENTRI N U T RIZI O N A LI di Tshimbulu o di Rungu in Congo (combattere la denutrizione nei bambini e formare i genitori a una corretta alimentazione); La Montanina di Esin aperta nei mesi di lu o Lario sarà glio e agosto. COME SOSTENERLA • facendola conoscere (il passa parola tra amici e conoscenti è la migliore pubblicità; segnalare un indirizzo per inviare il giornalino ecc.); - SOSTEGNO AI PROGETTI: - in Camerun: (Ampliamento della Maternità di Yaoundé; Ragazzi di strada di Garoua; Centro di Formazione Artistica di Douala); • collaborando alle attività (chi ha competenze e tempo può dare una mano nei diversi servizi presso le sedi del COE e nell’organizzazione delle campagne di solidarietà); • inviando contributi a sostegno dei singoli progetti: - in Congo: (Costruzione e allestimento della Pediatra a Tshimbulu; alloggio per i sordomuti che frequentano la scuola a Rungu); - ADOZIONI A DISTANZA (in Cameroun, Congo R.D., Bangladesh) (i bambini sono seguiti individualmente dai volontari sul posto); - ADOZIONE DI UN’INTERA CLASSE (in Cameroun, Congo R.D., Bangladesh) (migliorare il rendimento generale attraverso - in Bangladesh: (Sostegno educativo e sanitario dei fuori casta e prevenzione del matrimonio precoce delle ragazze nell’area di Khulna; formazione degli operatori); - in Guatemala: (Sostegno al progetto Alma De Colores per l’inserimento lavorativo di giovani disabili); Tutti ricordiamo nella preghiera Giuseppe Maroni, amico e collaboratore del COE, dalla cima della Grigna ha raggiunto il Cielo. Tonino Primiceri, fratello di Liana, una delle fondatrici del COE, è stato chiamato dal Signore dopo lunghi anni di sofferenza. Pierino Compagnoni fratello di Giusy, dopo una vita di dedizione al lavoro e alla famiglia, ha risposto generosamente alla chiamata del Signore. Due mamme: Bruna, la mamma di Oretta Canuti Ruggeri e Elda, la mamma di Luisella D’Ellena Colombo. - nei PVS: (Sostegno ai volontari e ai progetti in generale secondo le priorità che il COE ravvisa). Un gesto bello è quello di condividere gli eventi importanti (matrimonio, battesimo, cresima) mediante una piccola pergamena personalizzata e/o una bomboniera solidale con l’invito a sostenere un bambino o un progetto. Sono disponibili a questo scopo oggetti di artigianato provenienti da questi paesi. • destinando all’Associazione COE un lascito testamentario: (perché possa continuare la sua missione per migliorare le condizioni di vita di tante persone povere nel mondo). ANCORA EMERGENZA PROFUGHI Continua il dramma dei migranti che cercano asilo nel nostro paese, sfuggendo da conflitti e povertà. Il COE, interpellato ancora una volta, ha aperto le porte il 21 marzo a 15 nigeriani e a 3 maliani. A questi fratelli, che accogliamo con affetto, auguriamo che siano esaudite le loro speranze e che presto torni la pace nelle loro terre martoriate. 19 1 9 COME INVIARE IL TUO CONTRIBUTO: indica la causale IN BANCA* : cc. bancario n.4400 Intestato a Ass. Centro Orientamento Educativo presso la Deutsche Bank, filiale di Barzio IBAN IT55 B031 0450 9300 0000 0004 400 BIC: DEUTITM1007 (per bonifici dall’estero) N.B. Informaci del bonifico fornendoci il tuo indirizzo (Tel. 0341 996453 oppure con E mail coebarzio@ coeweb.org) 5 PER MILLE nella denuncia dei redditi (Mod. CUD, 730, UNICO) firma la casella “sostegno delle organizzazioni non lucrative di utilità sociale, delle associ c azioni di promozione sociale e delle asso oci c azio oni riconosciute” e indica il codice fiscale del COE: 92012290133 IN POSTA: cc. postale n.14528228 Intestato a Ass. Centro Orientamento Educativo Via Milano, 4 23816 Barzio (LC) CON CARTA DI CREDITO per il tuo dono cliccare www.coeweb.org BENEFICI FISCALI I contributi offerti da privati e da imprese all’ Associazione COE – Centro Orientamento Educativo, Organismo Non Governativo (ONG), riconosciuto nel 1974 dal Ministero degli Affari Esteri e di diritto ONLUS, godono dei benefici fiscali stabiliti dalla Legge. L’attestazione che invierà il coe, con l’originale dei versamenti è utile per il computo della detrazione. Per maggiori informazioni rivolgersi a: COE Barzio, tel. 0341.996453.