EDITORIALE
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GUIDA AL NUMERO
EDITORIALE
- Chi deve intendere…
di Giuseppe Caronia
- De bello gallico…
di Santino Fortino
FISCO LAVORO E CRESCITA
- Cipputi il pensionato e il giovane:
non possiamo più aspettare
di Camillo Benevento
PREVIDENZA DOMANI
- La previdenza complementare: criticità e sviluppo
di Max Colonna
- Simeone: è lunga la via per Tipperay
di C.B.
DEMOCRAZIA E SINDACATO
- Lacrime di coccodrillo
di Antonio Ascenzi
LE VIE DEL CIELO
- Trasporto aereo: vettori italiani ancora turbolenza
di Marco Veneziani
Lo stato degli Handlers di Fiumicino…
di Gian Carlo Serafini
LA FORMAZIONE
- Lavorare inFormati
di Giuliano Galluccio
LA SICUREZZA
- Un impegno del singolo… un obiettivo comune
di Paolo Collini
CONTRATTI DIFFICILI
- Il CCNL della mobilità
nella sezione attività ferroviarie
di Salvatore Ottonelli
LE VIE DEL MARE
- L’imposta sostitutiva del 10% e la gente di mare
di Angelo Patimo
UNA VICENDA “ESEMPLARE”
- Ora… diritti e regole per valorizzare il lavoro
di Marco Verzari
NELLA SOCIETA’ CIVILE
- L’ANCAM ha imboccato una strada obbligata
ma non voluta
di Santino Fortino
TEMPO LIBERO
- Confronto a tutto campo…
di S.F.
LE LEGGI
- La mediazione per la
conciliazione civile e commerciale
di Cleto Catalano
SOFFIA IL VENTO…
- ...e il cielo si tinge di rosa
di Carola Patriarca
LA UILT NEL TERRITORIO
- Dalle nostre redazioni regionali
Emilia Romagna; Lombardia (Chiari);
Veneto (Carraro); Campania (Gigli, Simeone,
Di Palma)
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Chi deve
intendere...
A
nziché perder tempo a di provvedimenti che si rendono
trastullarsi sul “dove met- necessari, utili e urgenti, possa estere i ministeri”, sarebbe sere anche un “rilancio” di fiducia
bene che in questo nostro Paese si per le forze del lavoro e della produzione il solo, unico
cominciasse a parlare
motore della ripresa da
seriamente del “coDI GIUSEPPE CARONIA
tutti auspicata.
me” risolvere i tanti
La UIL e la CISL han“veri” problemi che
no lanciato la loro
impediscono alla economia italiana di decollare, e alla “proposta” al Paese e non intencrescita generale di segnare il dono restare a guardare: lo hanno
passo a differenza di quanto av- detto a chiare lettere senza naviene in altri grandi Paesi del- scondersi dietro il paravento del
“non possumus” che da molti
l’U.E.
E, tanto per non restare nel vago, “saccenti” è stato innalzato nei
affrontare da subito, e non conti- confronti della proposta medenuare a parlarne solo in astratto, la sima.
“riforma” per eccellenza quella Si invoca la stabilità finanziaria: e
cioè del fisco. Una riforma che sia.
mettendo in agenda tutta una serie Nessuno, né la UIL né la CISL ne
PER LE STRADE D’EUROPA
EDITORIALE
2
mette in discussione il conseguimento. Ma tagliare in maniera pesante gli sperperi e gli sprechi della Pubblica Amministrazione, non
lede certo quella “stabilità”. Né la
mette in forse la riduzione della ridondante spesa della politica che
via via sta assumendo proporzioni
insostenibili. Così come non farebbe una grinza alla “stabilità ecc
ecc” l’abolizione delle province
(On. Ugo La Malfa, ci ricordiamo
di Lei…) strutture anacronistiche
in un organico “riassetto federale”
Direttore Responsabile
SANTINO FORTINO
Redazione:
Roma - Via di Priscilla, 101
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FINITO DI STAMPARE GIUGNO 2011
I manoscritti, anche se non pubblicati,
non si restituiscono
PER LE STRADE D’EUROPA
del Paese, e che “divorano” risorse che andrebbero altrimenti devolute. E per finire, alleggerire il
carico fiscale sul lavoro e le pensioni per accrescere quello sulle
rendite finanziarie non significherebbe “mettere le mani in tasca”
agli italiani come alcuni “lorsignori” si affannano a dire, ma sarebbe opera di alta equità sociale
perché è assurdo e profondamente ingiusto che chi lavora (e produce…) venga tassato in misura
assai più pesante di chi alimenta i
propri redditi attraverso operazioni finanziarie e speculative.
Che dire poi della “mostruosa”
per la sua entità, evasione fiscale?
(ci permettiamo di aggiungervi
l’altra “piaga” che si chiama “elusione, ma tant’è…)
Sono decine, forse centinaia di
miliardi: quanto a dire che lavoratori dipendenti e pensionati che
pagano tutti (e per forza…) le tasse dovute, si vedono “presi per i
fondelli” dai furbi (e ricchi…)
evasori, ed anzi, pagano anche per
loro i servizi della comunità.
Va detto, per amor di verità che va
anche sfatata la legenda dell’italiano evasore fiscale per indole e
predisposizione.
Una legislazione più equa e lungimirante che non costringesse in
casi non infrequenti il cittadino al
non rispetto dei suoi doveri civici,
darebbe respiro all’economia riducendo drasticamente gli spazi
di illegalità e inchiodando ancora
più pesantemente gli evasori alle
loro responsabilità.
Questo è dunque ciò che il sindacato democratico e riformista
chiede al Governo alla classe politica, alle istituzioni una riforma
fiscale equa e fatta rispettare.
E ancora: una legge quadro per la
non autosufficienza è una legge di
civiltà. E’ parte dell’agenda del
sindacato. Che, attraverso la sua
“spinta” vuole con i fatti dare concretezza alla crescita e più valore
al lavoro.
A Piazza del Popolo il 18 giugno,
a Roma c’era la voce e l’impegno
dei lavoratori, dei pensionaati, dei
precari, dei giovani in attesa di entrare nel mondo del lavoro.
Saremo ascoltati? Chi deve intendere…
Giuseppe Caronia
Il C.C.della Uiltrasporti
Convocato a Chianciano per i giorni 27 e 28 giugno il Comitato Centrale della Uiltrasporti con il seguente ordine del giorno:
Relazione e comunicazione del Segretario Generale;
Adempimenti statutari: sostituzioni e/o eventuali cooptazioni;
Varie ed eventuali.
Parteciperanno ai lavori il Segretario Generale della Uil Luigi Angeletti, il Segretario Organizzativo
Carmelo Barbagallo e il Segretario
Confederale Paolo Carcassi.
La nostra rivista và in stampa
mentre sono in corso i lavori del
Comitato Centrale.
Nel prossimo numero pubblicheremo un esauriente resoconto.
EDITORIALE
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De bello gallico...
L
a “Guerra gallica” fra il 58 e il
50 a,c, è l’opera più conosciuta
di Gaio Giulio Cesare, generale
romano, politico acuto, filosofo a suo
modo e scrittore.
Descrive minuziosamente la conquista
della Gallia… “Gallia est omnis divisa
in partes…” da parte dell’Impero Romano, narrando oltre le battaglie e le sue
strategie anche usi e costumi delle tribù
barbariche che risiedevano nell’attuale
nord Italia ed Europa alpina, con l’inttento di conferire una patina di oggettività alla propria condotta politico-militare tra l’altro non del tutto condivisa dal
“Senatus” di Roma.
Dopo tanti secoli ecco che quegli scritti
tornano di attualità specialmente nella
contesa tra la parte di quella che era la
Gallia Narbonensis , dell’Alvernia e
Gallia Cisalpina oggi autonominatasi
Padania e il centro del mondo oggi come
allora: Roma.
I rappresentanti di alcune tribù barbare
(nell’eccezione più buonista dell’etmologia della parola) riprendendo il vecchio e logoro antagonismo verso la Città
Eterna ci riprovano inseguendo l’assurdo disegno di far pagare il pedaggio ai
Romani che usano il Raccordo Anulare,
o far migrare al nord i Ministeri guarda
caso che più interessano ai ministri
leghisti, o smettere di bombardare Cartagine o…
Sui ministeri è inutile ricordare
che risiedono tutti nelle capitali,
a meno che nel nostro Paese non
si voglia pure trasferire con essi
anche la Capitale, ma risulta
improbabile e impossibile.
Sul bombardamento e la guerra
libica, premesso che ogni guerra
è un atto di debolezza della civiltà,bisognerebbe uscire dalla Nato
con tutte le conseguenze che ne
deriverebbero, per poter esaudire
le tribù di Pontida.
Sul pedaggio del G.R.A. e
dell’autostrada per Fiumicino che 160.000 romani al
giorno usano per studio,
lavoro o per spostarsi da
una parte all’altra del vasto
territorio, il Senatur, il leader o meglio il Vencirgetorige della Cisalpina e i suoi
capi guerrieri, non si arrendono davanti a nulla. Né
davanti alle sentenze del
TAR, né davanti alle proteste del popolo dell’Urbe,
tanto meno davanti al rifiuto compatto di
tutte le forze politiche della Capitale e
del Lazio. Centrodestra, ovviamente,
con i propri vessiliferi in testa.
L’assalto non si ferma. Perché il viceministro Castelli, autorevole colonnello
della Lega, si sia preso l’onere e nella
sua testa l’onore, di difendere a tutti i
costi l’imposizione dell’assurdo pedaggio romano, non è un mistero: rientra
nello stillicidio di attacchi che la Lega
conduce contro i presunti “privilegi2 di
chi abita nella Capitale.
I vecchi refrain di “Roma ladrona” erano
buoni quando queste tribù se ne stavano
al Nord o all’opposizione, ma nel
momento in cui hanno trasmigrato e
vivono costantemente a Roma, si sten-
di
SANTINO FORTINO
dono sui Lidi del Lazio, mangiano rigatoni con la pajata o trippa alla romana o
coda alla vaccinara, nel momento in cui
la sera passeggiano e pasteggiano a Trastevere o a Testaccio e di giorno siedono
e sonnecchiano negli scranni ministeriali o in Parlamento, è evidente che hanno
perso lo smalto. Del potere di Roma ne
hanno abbondantemente profittato anche
loro insieme a quelli che sono riusciti a
transumare, così come quelli che loro
“aborravano” e dipingevano come partiti avvoltoio o demoniaci annidati nella
Capitale.
Dovrebbe stupire che un partito o un
movimento popolare come la Lega non
colga questi problemi, il loro elettorato
non ha nulla da guadagnare da una polemica populista antiromana perché, quanto meno, si dovrebbe
rendere conto che la Lega Nord
sta al Governo in alleanza con
un partito che vanta profonde
radici e consensi proprio in quel
Sud che tanto disprezzano.
Si potrebbe dire che l’odioso
provvedimento del pedaggio
tocca anche altre tyratte che
hanno creato snodi a grande
scorrimento! Ma a che serve la
teoria del mal comune mezzo
gaudio?
Le strade di grande scorrimento,
PER LE STRADE D’EUROPA
4
specialmente se riferite alle metropoli,
servono per alleggerire la pressione del
traffico e la creazione di paurosi ingorghi
che le attanagliano, servono per ridurre
l’inquinamento, il maggior dispendio di
tempo negli spostamenti che non portano
certo produttività, l’irritabilità crescente
di chi è sottoposto allo stress del traffico,
la salute, la sicurezza, etc. etc.
Considerare quello che dovrebbe essere
un servizio al benessere della collettività
una sorta di “benefit” che si deve pagare
è quanto meno bizzarro.
Se serve ripianare le casse dell’Anas i
cui dirigenti sono quasi tutti del nord,
ammesso che si possa compiere il miracolo, perché farlo con misure odiose e
ricattatorie per i cittadini?
E non solo, perché a capo delle legioni
antipedaggio, ci risulta si siano schierati
alzando la voce,il Sindaco Gianni Ale-
PER LE STRADE D’EUROPA
EDITORIALE
manno, la Governatrice del Lazio Renata Polverini, che non sembrano essere nè
comunisti né sporchi, il Presidente della
Provincia di Roma Nicola Zingaretti, lui
si che possiede il peccato originale, ma
anche una schiera di politici che vanno
da Bontempo a Miccichè pronti a dare
battaglia su tutti i fronti e stante alle
dichiarazioni “gridate” alle proprie
legioni anche a varcare ancora il Rubicone ma questa volta in senso contrario.
Il GRA no è un osso da spolpare da parte
di vendicativi governanti e avvoltoi uniti
dal grido di “Roma ladrona”. Forse è
bene precisare che in Parlamento di
Romani ce ne sono una minima parte,
tutti gli altri andate a vedere da dove
vengono se proprio non riuscite a capire
i dialetti che rimbombano nei telegiornali o nelle trasmissioni pseudo politiche.
Dunque varrebbe la pena riconsiderare
il provvedimento pedaggi, visto che
non è ancora definitivamente convertito in legge, varrebbe la pena usare
raziocinio anziché soggiacere all’ideologismo populista o alla fame di quattrini degli amici dell’Anas, e se fosse
necessario regaliamo a Castelli il “de
bello gallico”.
Siamo seri, seri si riesce, sono momenti
delicati per il Paese e la Capitale non
merita avventurismi di questo tipo. Il
Governo si assuma le responsabilità, a
meno che non ce ne siano due in carica,
uno di centrodestra allocato a Roma e
uno della Lega che festeggia e girovaga
per i pratoni di Pontida.
Anche Cesare ha avuto il suo Bruto, ma
qui sembra che di Bruti ce ne siano
anche fin troppi.
Santino Fortino
FISCO LAVORO E CRESCITA
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Cipputi il pensionato e il giovane:
non possiamo più aspettare
C
ipputi, il pensionato e il giovane
precario non erano soli, quella
assolata mattina del 18 giugno a
Piazza del Popolo. Assieme a loro
89.997 cipputi pensionati e precari
affollavano la “storica” sede romana
delle manifestazioni popolari. Una
“forza tranquilla” come ama definirsi il
popolo del sindacato democratico e
riformista, accorsa al richiamo della UIL
e della CISL per ascoltare le parole di
Luigi Angeletti e di Raffaele Bonanni
che si era ripromessi di “dire qualcosa”
di molto serio, non soltanto alla Piazza
stracolma ma all’intero movimento sindacale ed al Paese tutto. Una “letterina”
al Governo e alle Istituzioni, alla classe
politica e ai mass media che cominciava
così: “Non ne possiamo più…”
Non ne possiamo più di pagare le tasse e
constatare che c’è un sacco di gente che
le tasse non le paga; non ne possiamo
più di assistere agli enormi sprechi della
spesa pubblica e del costo abnorme della
politica; non ne possiamo più del “privilegio” che gode la rendita finanziaria,
tassata molto di meno di quanto non lo
siano i redditi da lavoro e d’impresa;
non ne possiamo più di vedere l’indifferenza con la quale si affrontano i problemi dei non autosufficienti, comporta-
mento indegno per uno stato civile; non
ne possiamo più di sentirci dire che bisogna “tenere i conti a posto” e quindi non
si può porre mano a nessuna seria riforma; perché questo è un falso problema:
si possono tenere i conti a posto anche, e
soprattutto, facendo pagare le tasse agli
evasori fiscali, facendo pagare di più chi
fruisce di una rendita finanziaria e riducendo le tasse ai lavoratori e ai pensionati, avviando così anche un percorso
virtuoso di crescita
dei consumi e di
incremento occupazionale.
E’ la “madre di tutte
le riforme”, la riforma fiscale, punto di
svolta che Angeletti
e Bonanni hanno
chiesto dalla tribuna
di Piazza del Popolo.
Lo hanno chiesto,
come ha fatto Angeletti ricordando che
anche una “forza
tranquilla” può, se messa a dura prova
darsi “una mossa” e diventare un pò
“meno tranquilla” (il che ha fatto ricordare al vostro cronista il famoso “a volte
anche le formiche si incazzano”) e
magari, anzi che manifestare di sabato
per non turbare i ritmi di lavoro, potrebbe, in un domai, farlo di venerdì… con
un bello sciopero generale che “animasse” il discorso…
E, per dirla come Bonanni, “alle forze
politiche e alle istituzioni con le quali
non siamo certo alieni dal dialogare e a
confrontarci, diciamo che rifiutarci confronto e dialogo potrebbe spingerci a
dire andate a casa e passate la
mano…”.
Insomma qualcosa dovrà pur far seguito
a questo 18 giugno di UIL e di CISL Si
parla, a proposito (qualche volta anche a
sproposito) di “VENTO NUOVO” di un
clima diverso che si respira in queste
settimane nel nostro Paese.
Sarà… ma un consiglio va dato a chi
“conta”: attenti alle formiche…
Camillo Benevento
PER LE STRADE D’EUROPA
6
PREVIDENZA DOMANI
La Previdenza complementare:
criticità e sviluppo
di MAX COLONNA
L’
hanno chiamata “secondo pilastro” della previdenza, per
richiamare l’importanza strutturale e la solidità caratteristica dell’elemento costruttivo, la conosciamo più
comunemente come previdenza complementare.
Le criticità che la contraddistinguono, e
le sue prospettive future, sono state
oggetto di un importante convegno
organizzato il 13 Giugno scorso da Previambiente (Fondo Nazionale Pensione
a favore dei lavoratori del settore dell’igiene ambientale e dei settori affini),
cui hanno portato il proprio contributo
numerose personalità del mondo politico, universitario, sindacale ed esperti
del settore; tra questi: Monica Cerroni
(Presidente Previambiente), Alessandro
Ruggini (Direttore Generale Previambiente), On. Giuliano Cazzola (Vice
Presidente Commissione Lavoro della
Camera); On. Cesare Damiano (Componente della Commissione Lavoro
della Camera); Mauro Marè (Presidente
di Mefop); Luigi Simeone
(Segretario Nazionale Uiltrasporti); Angelo Pandolfo (Professore de La
Sapienza); Alberto Brambilla (Coordinatore del
nucleo valutazione della
spesa pubblica); Antonio
Finocchiaro (Presidente
COVIP).
Salvatore Bosco, Vice-Presidente del CNEL (che ha
ospitato i lavori) nel saluto
ai partecipanti non ha mancato di richiamare alcune
delle criticità della previdenza integrativa, ed in
particolare la bassa adesio-
PER LE STRADE D’EUROPA
ne dei giovani, soggetti ai quali è principalmente indirizzato lo strumento previdenziale complementare.
Come noto, infatti, il passaggio dal
sistema retributivo a quello contributivo
comporterà nei prossimi anni una progressiva riduzione percentuale della
pensione obbligatoria rispetto all’ultimo stipendio percepito, da qui l’esigenza di un secondo pilastro previdenziale
che “integri” e garantisca per tutti gli
anni della pensione una condizione di
vita accettabile.
Si tratta, per quando riguarda la “questione” giovanile, di un problema complesso che non riguarda solo la scarsa
adesione, ma anche il ritardo nell’ingresso nel mondo del lavoro e l’impiego
in attività lavorative atipiche e precarie
che non garantiscono nemmeno un’adeguata copertura dei versamenti contributivi per la pensione obbligatoria.
È comunque chiaro a tutti i relatori che
al centro della discussione debbano
esserci i lavoratori, i soggetti attivi nella
scelta di adesione alle forme pensionistiche complementari, in particolare con
la decisione del conferimento, ai relativi
fondi, del trattamento di fine rapporto,
indispensabile per consentire la maturazione di una rendita adeguata per le
finalità della previdenza complementare
stessa.
Ruggini nella sua relazione introduttiva,
ha introdotto nel dibattito altri importanti temi di discussione, ripercorrendo
la storia e delineando le prospettive
future dei fondi pensione contrattuali,
infatti, ha segnalato come la governance
dei fondi sia sostanzialmente riuscita
ma, per proseguire nel cammino di sviluppo, serve organizzazione, volontà,
umiltà, capacità di far aderire i lavoratori.
Non mancano i problemi, come l’eccessivo numero di fondi, spenso sottodimensionati come numero di aderenti o
di raccolta, che necessiterebbero di una
opera di fusione e semplificazione a cui
spesso alcune fonti istitutive hanno
posto una forte resistenza, facendo prevalere l’interesse particolare.
L’On. Cazzola nel rilanciare il ruolo
delle istituzioni nel campo della previdenza complementare, con
iniziative parlamentari
costruite sulla base della
indicazioni della COVIP,
ha indicato una prima criticità da risolvere: la possibilità dei fondi di poter agire
in giudizio per recuperare
le somme trattenute ma non
versate dalle aziende.
Come vice presidente della
commissione lavoro della
camera, Cazzola ha ricordato che la stessa ha promosso in passato l’audizione di alcuni fondi e ha ribadito l’importanza della previdenza complementare
PREVIDENZA DOMANI
nell’equilibrio sociale dei prossimi anni.
Mauro Marè ha riproposto l’esigenza di
rilanciare la previdenza complementare,
partendo da alcuni dati in merito alla diffusione delle previdenza complementare, se infatti l’accesso alla previdenza
complementare in generale nel corso
degli ultimi anni si è estesa, i fondi
negoziali (quelli costituiti per via contrattuale tra le parti sciali) sono sostanzialmente fermi, mentre si registra uno
sviluppo concorrente di altre forme pensionistiche private derivante da assicurazioni e banche.
Questo dimostra che esiste una richiesta
di strumenti previdenziali complementari, ma anche la difficoltà da parte dei
fondi negoziali di saperla raccogliere e
attrarre, contrariamente a quanto accade
per le forme pensionistiche private che,
nonostante una struttura di costi più
penalizzante, riescono a ottenere maggiore interesse.
Andando a un’analisi più accurata dei
dati, si nota inoltre come larga parte di
chi ne aveva la vera necessità non ha
aderito ed è rimasto fuori, ma è anche
da rilevare come le adesione siano a
macchia di leopardo sia nelle categorie
sia nelle singole imprese, evidentemente l’impegno profuso dai singoli fondi e
dalle fonti istitutive nell’informazione è
fondamentale per raccogliere adesioni.
È, infatti, chiara una maggior adesione
nelle grandi imprese, dove spesso la
rappresentanza sindacale è
più diffusa, mentre nelle
piccole imprese, complice
anche il malcelato interesse
del datore di lavoro a conservare nelle aziende sotto
i 50 dipendenti l’accantonamento del TFR, il livello
di adesione alle forma di
previdenza integrativa è
notevolmente inferiore.
Per ovviare a questa situazione potrebbe essere pensata una soluzione che preveda l’adesione automatica
al momento dell’assunzione, da stabilire per via contrattuale ed esclusivamente
con la quota aziendale, una soluzione
di questo tipo però
non risolverebbe la
“questione previdenziale” del singolo ma metterebbe lo
stesso in relazione
con il fondo e quindi nella condizione
di valutare l’adesione anche con la
quota individuale e
con il TFR.
Per On. Damiano è
bene riportare la
previdenza alle sue ragioni attuative,
esclusivamente previdenziali, senza
dimenticare che le risorse attuali di 83
miliardi di euro fanno gola a molti, che
tentano e tenteranno, con argomentazioni varie, di distogliere queste risorse
alle finalità proprie.
Sarebbe opportuno, invece, mantenere
la finalità pensionistica evitando pericolose commistioni con la previdenza
obbligatoria e con vari tentativi di utilizzare le risorse per finalità finanziarie
non legate alla previdenza.
Il problema resta anche per Damiano
quello dell’adesione, oggi notevolmente
più bassa rispetto ai paesi industrializzati, che a dire il vero possiedono da
questo punto di vista una più lunga tradizione in materia.
7
Sul tema giovani, è indispensabile
affrontare il problema della cultura
della previdenza anche per i lavoratori
precari e discontinui.
Secondo Angelo Pandolfo per raggiungere il risultato del coinvolgimento dei
giovani è decisiva la responsabilità di
tutto il potere politico e delle parti
sociali.
Se è strategico il tema della cultura sulla
previdenza complementare viene da
svolgere una attenta riflessione in merito
ad alcuni dati statistici rilevati; in una
indagine risulta che il 40% dei giovani
dichiara di essere informato in materia e
di aver appreso le informazioni da televisione e giornali.
Conoscendo la qualità della comunicazione televisiva in materia, dei frequenti
articoli sulla carta stampata, che talvolta compiono
forzature teoriche per
avvalorare tesi avverse
previdenza complementare, non c’è da stupirsi dei
dati di bassa adesione.
Nelle sue conclusioni il
presidente Finocchiaro, ha
affermato come la commissione che presiede
(COVIP) abbia perfettamente chiaro quali siano i
problemi della previdenza
complementare. Ora però
occorre passare ai fatti, che
spettano chiaramente solo
al potere politico e alle
PER LE STRADE D’EUROPA
8
parti sociali. La COVIP, infatti, resta un
organo di indirizzo e di controllo, che ha
il dovere di evidenziare le criticità e
individuare possibili soluzioni, la cui
implementazione però spetta a potere
politico e parti sociali.
A questo proposito non servono normative ex novo, quella italiana è particolarmente avanzata, quello che serve è
adeguarla al contesto sociale e del lavo-
PREVIDENZA DOMANI
ro. La normativa sulla previdenza complementare, infatti, per quanto aggiornata nel 2005, risale al decennio precedente e in questi anni il contesto economico e sociale è profondamente mutato, basti pensare all’introduzione della
flessibilità (e del precariato) nel mondo
del lavoro, non è cambiato invece, anzi
si è rafforzata, l’esigenza di uno strumento previdenziale che abbia la capa-
cità di garantire alle nuove generazioni
in percorso di vita con pensioni dignitose.
È necessario pertanto riportare la previdenza al centro della contrattazione, i
prossimi anni sono indispensabili per
comprendere quali prospettive attende
questo fondamentale strumento di tutela
sociale.
Max Colonna
Simeone: è lunga la via per Tipperay...
A
Luigi Simeone, Segretario
Nazionale della Uiltrasporti, uno dei relatori del
Convegno di Previambiente, di cui
riferiamo in queste stesse pagine,
abbiamo posto alcune domande
per così dire “politiche” su taluni
aspetti da lui stesso denunciati nel
suo intervento. A cominciare da
“che vuol dire” lo stato di criticità
denunciato dal settore della previdenza integrativa (o complementare che dir si voglia…) in questi
ultimi anni.
Il problema c’è, inutile nascondersi dietro un dito - ci ha
detto Simeone - se è vero che, dopo il forte incremento delle
adesioni tra il 2006 e il 2007 (+700.000) dovuto all’entrata
in vigore del Dlg 252/05 relativo alla previdenza complementare (1° gennaio 2007) che ha previsto il tacito conferimento del TFR ai fondi pensione, non c’è poi stato il boom che ci
sarebbe aspettato e l’andamento delle iscrizioni è sostanzialmente rimasto invariato, con, anzi, un sia pur piccolo decremento. Io non credo che tutto ciò sia dovuto a scarsità di
informazione: se il “silenzio assenso” avrebbe dovuto favorire la crescita delle adesioni, ciò significa che i potenziali
beneficiari della adesione alla pensione integrativa hanno
manifestato di fatto il loro rifiuto a “ entrare” nel sistema .
Abbiamo allora “incalzato” Simeone. Perché, a tuo avviso?
Ci sono due ordini di cause - ci ha detto il Segretario della
UILT - cause di origine endogena ed altre di origine esogena. Cominciamo dal temuto assetto interno che potrebbe
risentire della crescita esponenziale dei costi di gestione a
seguito della mancata crescita del tasso di adesione. Poi c’è
il problema che con un attivo destinato a prestazioni di 25
miliardi di euro i rappresentanti dei “legittimi proprietari”
di questa enorme cifra, non hanno nessun ruolo ne titolo
per gestirla, compito che svolgono a tutt’oggi altri Enti
“gestori” (al vostro cronista veniva da pensare alla vicenda
PER LE STRADE D’EUROPA
americana con i fondi pensione “
comproprietari” delle aziende….).
Che dire poi - ha continuato Simeone- della pletora dei fondi tutt’ora
in essere, qualcuno persino con un
numero irrisorio di iscritti, che con
una semplificazione della governance potrebbero costituire una realtà
assai più autorevole ed efficiente
anche sul mercato. Quanto al “soggetto” cui restituire questo mancato protagonismo dei diretti interessati mi viene da dire che potrebbe
essere Assofondipensione. Tu sai qual è oggi l’età media che
caratterizza gli attuali aderenti ai fondi? - prosegue Simeone con uno scatto di disappunto- È quella di 50 anni e sai
che vuol dire questo? (e siamo qui alle cause “esogene”…)
vuol dire che i nostri giovani non si sono iscritti ai fondi.
Non c’è fiducia, nemmeno speranza per giovani lavoratori
(quando possiamo chiamarli tali se non precari …) che oggi
percepiscono salari così bassi sui quali incide in negativo
pensino il costo di una pizza… e che considerano “pesante”
anche la quota eventuale di contribuzione previdenziale.
Che fare per questo? Abbiamo azzardato una domanda
Io penso che una clausola contrattuale che includa l’adesione al Fondo del lavoratori in via automatica al momento
stesso dell’assunzione, con il solo pagamento del contributo previdenziale a carico dell’azienda potrebbe essere una
“cura ricostituente” abbastanza valida. C’è da valutare una
diversa tassazione per i giovani, ipotizzando un sistema
EET al posto dell’attuale ETT , poi c’è l’aspetto della irreversabilità o meno della adesione al Fondo TFR compreso o
meno. Come vedi è lunga la via per Tipperay come direbbero gli scozzesi, ma dobbiamo percorrerla insieme, tutte le
forze del lavoro: se vogliamo qualcosa di “meglio” non
tanto per noi (ma anche per noi…) quanto per i nostri
ragazzi.
(C.B.)
DEMOCRAZIA E SINDACATO
9
Lacrime di coccodrillo!
di ANTONIO ASCENZI
I
n alcuni ambienti sindacali, sorpresa
e disappunto sembra aver suscitato
la recente iniziativa della UIL di procedere alla disdetta del Protocollo del 23
luglio 1993, quello che fino alla riforma
del 2009 sugli assetti contrattuali ha regolamentato la contrattazione e la rappresentanza sindacale, presentata come
un ulteriore arretramento della nostra organizzazione sul piano dell’impegno
unitario.
Nulla di tutto questo.
Infatti, premesso che non è ipotizzabile
l’inamovibilità nel tempo di un qualsiasi
sistema di relazioni sindacali dato che
queste non possono non tenere in debito
conto delle continue mutazioni del sistema produttivo, la scelta della UIL ha una
sua assoluta linearità.
Si è trattato, molto più semplicemente, di
sgombrare il campo da ulteriori possibili
equivoci sul modello contrattuale da applicare, dal momento che una associazione datoriale (l’ABI, Associazione Bancaria Italiana) intendeva applicare in sede di rinnovo del contratto di lavoro, non
le regole contrattuali sottoscritte nel
2009, ma quelle previste dal Protocollo
del ’93.
Ad essere maliziosi, verrebbe da pensare
che in un settore dove molto forte è il radicamento del sindacalismo autonomo vi
sia stato uno strano cedimento alle tesi di
quel sindacalismo, lo stesso, che a
suo tempo, contestò con forza il
Protocollo del 1993 soprattutto
nella parte che normava la rappresentanza sindacale nei luoghi di
lavoro tanto è vero che il settore
bancario è una delle pochissime
realtà in cui non si è proceduto ad
introdurre l’istituto delle RSU.
Sul piano concreto, la disdetta pone due soli ordini di problemi.
Intanto, la riaffermazione della
validità di un accordo, quello del
2009 sugli assetti contrattuali, firmato
dalla maggior parte delle associazioni
sindacali e legittimato nei rinnovi di oltre sessanta contratti di lavoro sottoscritti, peraltro unitariamente, dalla CGIL,
dalla CISL e dalla UIL.
Inoltre, riafferma la necessità di dare rapida e definitiva soluzione al problema
ancora aperto della piena attuazione del-
l’articolo 39 della Costituzione così da
risolvere l’applicazione “erga omnes”
dei contratti di lavoro.
In questo senso, la posizione della UIL
(definire un accordo con le organizzazioni imprenditoriali affinché le aziende comunichino all’INPS il numero degli
iscritti ai sindacati) sembra assolutamente in grado di conseguire il risultato di
stabilire quali sono le organizzazioni sindacali maggiormente rappresentative in base agli iscritti e,
conseguentemente, l’efficacia dei
contratti firmati.
Va rigettata al mittente, invece,
l’accusa che attraverso la disdetta
del Protocollo del luglio ’93 vengono privati i lavoratori dello
strumento di rappresentanza sindacale in ambito lavorativo previsto dal Protocollo e cioè le Rappresentanze Sindacali Unitarie.
PER LE STRADE D’EUROPA
10
DEMOCRAZIA E SINDACATO
In primo luogo, perché nell’accordo sui nuovi assetti
contrattuali non viene affatto
messa in discussione l’esistenza delle RSU ed in secondo luogo perché esistono sempre le RSA previste dalla legge 300/1970 e quindi perfettamente legittime all’esercizio
della rappresentanza aziendale dei lavoratori.
Ma proprio sulle RSU è opportuna una qualche riflessione aggiuntiva perché nel corso
degli anni questo istituto è stato oggetto di vere e proprie
manipolazioni che ne hanno
notevolmente affievolito la spinta innovativa che caratterizzò la loro introduzione nel sistema italiano di relazioni industriali.
Si trattava, allora, di passare da un modello di relazioni sindacali fondato sui
soli rapporti di forza, cui ben si addiceva
l’istituto dei Consigli di Fabbrica, ad un
sistema più maturo cui dovevano corrispondere nei luoghi di lavoro, organismi
che, proprio per il potere contrattuale loro attribuito, non potevano non possedere una forte stabilità organizzativa e la
capacità di rappresentare tutti i lavoratori oltre che tutte le articolazioni professionali presenti nell’unità produttiva.
Purtroppo le cose non sono andate esattamente in questa direzione.
Soprattutto da parte di quelle aree del movimento sindacale (sindacati di base e au-
PER LE STRADE D’EUROPA
tonomi nonché diversi settori della stessa
CGIL) che vedevano nella composizione
mista delle RSU (due terzi dei componenti eletti a suffragio universale ed un
terzo riservato alle associazioni sindacali
firmatarie del ccnl applicato nell’unità
produttiva) una vera e propria lesione
della democrazia oltre che un indebito
vantaggio per le tre grandi centrali sindacali si è fatto di tutto per frenare il cambiamento inserendo dannosi elementi di
continuità con il regime dei Consigli.
Da qui, anacronistiche divisioni dei lavoratori tra Operai e Impiegati mediante
la previsione di collegi separati; il non
riconoscimento, a volte, della specificità
dei Quadri e delle Alte Professionalità;
l’elezione di RSU senza la riserva dell’un terzo.
Ma soprattutto, in questi anni non sono
mancate le occasioni in cui gli
opportunismi organizzativi
hanno prevalso sulle stesse
esigenze di rappresentanza dei
lavoratori: quante volte, con
buona pace dei rapporti unitari, non accettando i risultati
delle elezioni o le decisioni
delle varie Commissioni Elettorali, si è preferito ricorrere
alla magistratura pur di affermare le proprie tesi, pratica
cui non è stata certamente
estranea la stessa CGIL!
Per non parlare poi di tutte
quelle realtà in cui le Rappresentanze Sindacali Unitarie
sono state una vera e propria chimera
non essendosi mai provveduto alla loro
costituzione (vedi il già citato caso dei
bancari o, per rimanere all’interno dei
settore Trasporti, il caso di Alitalia dove,
pur a fronte di precisi impegni contrattuali, si è preferito il comodo paravento
del rinvio con la scusa della “sempre precaria” situazione aziendale).
Alla luce di queste poche e succinte considerazioni, si può ragionevolmente affermare che le RSU sono state una grande occasione mancata e coloro che in
questi anni ne hanno deliberatamente
ostacolato la costituzione o laddove costituite ne hanno distorto la natura, potrebbero benissimo smettere di piangere
sull’amaro destino di questi organismi:
sarebbero solo lacrime di coccodrillo!
Antonio Ascenzi
12
LE VIE DEL CIELO
Trasporto Aereo:
Vettori Italiani, ancora turbolenze
di MARCO VENEZIANI*
L
e perturbazioni che hanno interessato negli ultimi tempi tutti i
Vettori italiani sembrerebbero
non essere ancora del tutto passate.
Lo scenario macroeconomico generato
dalla sommatoria tra gli effetti della crisi
economica generale, il calo del traffico
cosiddetto “premium”, l’aumento del
costo del greggio, la lenta ripresa del
mercato Giapponese ed il crollo dei flussi per i paesi Arabi e del Maghreb continua a mordere i conti economici dei Vettori italiani, i quali, sempre più, si trovano a fronteggiare situazioni finanziarie
difficili e non sostenibili sul breve periodo.
Le difficoltà, purtroppo, risultano equamente distribuite su tutti i tipi di mercato: linea, leisure, charter ed executive a
dimostrazione del fatto che quando la
recessione aggredisce le economie sviluppate la prima reazione di operatori e
cittadini è quella di tagliare ogni costo
non ritenuto necessario rimandandolo a
tempi migliori.
Le criticità del Comparto sono anche
strettamente connesse allo scenario economico Italiano, circa il
quale, proprio la Uil nella
giornata di sabato 18 giugno
u.s. ha rappresentato dissensi
ed istanze in una grande
manifestazione di piazza
mirata a richiedere al Governo una radicale e non più
procastinabile riforma fiscale, utile a liberare le risorse
necessarie per i lavoratori e
le imprese.
I Vettori, ovviamente, reagiscono alle difficoltà di scenario con politiche commerciali sempre più aggressive e
con misure sempre più strin-
PER LE STRADE D’EUROPA
genti di contenimento dei costi
aziendali.
Le prime, se per un verso generano un positivo, ancorchè temporaneo, effetto di abbassamento delle
tariffe per l’utenza, per l’altro
contribuiscono ad erodere ulteriormente i già esigui margini di
profitto aumentando le difficoltà
di conto economico delle Società.
Per quanto riguarda le misure di
contenimento dei costi operate dai
Vettori è opportuno un approfondimento.
Non è purtroppo una novità che la
prima area nella quale una Società
in difficoltà ricerca risparmi è
costituita dal costo del lavoro.
Tale politica, ampiamente utilizzata
negli anni scorsi, aggiunge un tassello
alla spirale della crisi macroeconomica
riducendo i redditi dei lavoratori che, in
qualità di consumatori, a loro volta
saranno costretti a ridurre le spese
aggravando la stagnazione economica
che è alla base della crisi delle imprese.
E’ quindi necessario uscire da questa
spirale al ribasso che, se non corretta,
porta inevitabilmente all’impoverimento
di tutti gli attori del sistema: i lavoratori
in primis ma, subito dopo, le Aziende.
In questo scenario il ruolo del Sindacato,
e soprattutto di un Sindacato riformista
qual’è la Uiltrasporti, è necessariamente
di operare al fine di invertire la tendenza
al ribasso negoziando con gli operatori
accordi ad hoc che, utilizzando tutti gli
strumenti previsti dal welfare, salvaguardino i posti di lavoro ed i salari
intervenendo anche sul fronte della flessibilità e della produttività.
La nostra Organizzazione
Sindacale si è mossa in questa direzione negli ultimi
mesi raggiungendo una serie
di accordi importanti con
svariati Vettori Italiani. Tra i
più significativi gli accordi
raggiunti con Alitalia nel
marzo u.s. e con MeridianaFly negli ultimi giorni.
Quest’ultimo, in particolare,
è esemplificativo di quanto
prima esposto.
A fronte di un dato di partenza di oltre 1000 esuberi in
tutte le aree aziendali, che
LE VIE DEL CIELO
avrebbero rappresentato un depauperamento di circa il 50% della forza lavoro
della Società con gravi ripercussioni sul
futuro dei lavoratori e delle loro famiglie, ed a seguito di un negoziato difficile ma proficuo, siamo giunti alla condivisione di modalità gestionali non traumatiche che privilegiano la volontarietà
e l’accompagnamento alla pensione,
offrendo ai Piloti, agli Assistenti di Volo
ed al Personale di Terra di MeridianaFly
adeguate garanzie di mantenimento dei
livelli occupazionali e reddituali con
l’applicazione, tra l’altro, della Cassa
Integrazione a rotazione.
Siamo quindi confortati nella nostra
convinzione di affrontare con un
approccio negoziale le criticità specifiche dei Vettori ma, allo stesso modo,
dobbiamo essere risoluti nell’esigere
che , una volta raggiunte e formalizzate,
le intese vengano rigorosamente applicate e rispettate dalla controparte.
Il caso di Alitalia è emblematico. A
fronte di un sofferto ma necessario
accordo, raggiunto il 4 marzo u.s. siamo,
nostro malgrado, stati costretti alla proclamazione del primo Sciopero dei Piloti della nuova Alitalia, a causa della
mancata e/o distorta applicazione delle
13
intese faticosamente raggiunte. Il messaggio che la nostra Organizzazione Sindacale sta inviando al mondo imprenditoriale del Trasporto Aereo è chiaro:
i lavoratori si sentono parte integrante
e produttiva delle Aziende, dimostrano
ogni giorno di essere persone affidabili, ragionevoli e disponibili ad affrontare i problemi ed individuare soluzioni condivise ma non possono essere gli
unici a pagare il conto di una crisi di
sistema e, soprattutto, non può essere
mai ed in alcun modo tradita la loro
fiducia.
*Segr. Naz. Uilt
Lo stato degli Handlers nello scalo
di Fiumicino
La liberalizzazione selvaggia
di GIANCARLO SERAFINI*
L
e società che si occupano dell’assistenza a terra nell’aeroporto di Fiumicino Leonardo da
Vinci continuano ad aumentare, con il
settimo operatore che ha iniziato le attività il 1° gennaio scorso (erano tre poco
più di un anno fa). E le
tariffe per i servizi offerti, dallo scarico e carico
bagagli al check-in passeggeri, calano a picco: la
gestione di un aereo nello
scalo romano costa fino
al 30-40% in meno
rispetto a due - tre anni
fa, con molte compagnie
aeree che passano con
facilità da una società
all’altra, attratte da sconti
anche minimi.
Gli handlers che perdono
clienti si ritrovano così
con esuberi da gestire,
creando dumping sociale.
Una situazione che ha portato nei mesi
scorsi all’avvio della procedura di mobilità per 242 persone da parte di Flightcare, principale operatore a Roma dopo
Alitalia.
Il sindacato, invoca il rispetto della clausola sociale (che in caso di rottura di un
accordo commerciale prevede che il per-
sonale passi dalla vecchia alla nuova
società). Questo è stato definito e siglato
dopo svariati solleciti nei confronti di
ENAC, che dopo aver siglato un accordo con tutte le Aziende del settore, è
stato ratificato nella sede della Prefettura
di Roma nel mese di Febbraio u.s., alla
presenza del Direttore dell’Enac, delle
Organizzazioni Sindacali
Regionali, delle Associazioni Datoriali di settore
(Assohandlers, Assaeroporti)che rappresentano
le Aziende di Handling e
del gestore (ADR) nello
scalo Romano.
Presenti all’incontro
anche le sette Aziende
compresa Alitalia-Cai,
dove hanno siglato la
decorrenza sulla “clausola sociale” fino a tutto il
2012.
Ma sull’handling a Roma
è in atto una liberalizzazione selvaggia. In nes-
PER LE STRADE D’EUROPA
14
LE VIE DEL CIELO
Gli operatori
nello scalo
di Fiumicino
ALITALIA
Compagnie servite: 20 tra cui, oltre
Alitalia, Air France-Klm, United
Airlines, Continental, Emirates
Dipendenti: 2.780
Proprietà: Alitalia Cai
sun grande scalo europeo c’è una situazione così. A Fiumicino, nel dettaglio,
Alitalia gestisce circa il 54% delle operazioni di full handling, a seguire si piazzano Flightcare e Aviapartner (circa il
20% ciascuna) e, poi, GlobeGround,
Aviation Services, Consulta e Ata (l’ultima entrata), che si spartiscono il resto.
La situazione sul fronte dell’assistenza a
terra a Fiumicino potrebbe essere legata
a diversi fattori:
L’operatore principale dell’handling,
Alitalia, che è anche vettore di riferimento, è meno forte rispetto a quanto
accade in altri hub europei. Resta così
sguarnita una fetta ampia di mercato. E
sono molte le società interessate a entrare nel primo aeroporto italiano. A pesare, inoltre, potrebbero essere le difficoltà
a creare economie di scala, in parte
riconducibili a carenze infrastrutturali, e
una minore tutela del lavoro.
Negli ultimi due-tre anni le tariffe sono
scese di almeno il 30%. La gestione di
un aereo medio, che si attestava sopra i
900 euro, ora viene proposta anche a
500. E bastano sconti minimi per convincere alcune compagnie a cambiare.
Essere in troppi significa lavorare in
spazi congestionati. L’adeguamento dell’aeroporto è in ritardo.
A Fiumicino la liberalizzazione è fuori
controllo. Si fanno offerte al ribasso e le
tariffe sono molto inferiori che altrove.
Ai vettori principali vengono proposte
riduzioni tra il 20 e il 50%. Mentre per le
low cost bastano anche 30-40 euro in
meno. La concorrenza spesso si fa utilizzando personale non esperto, mettendo a
rischio il fattore sicurezza. Su questo
argomento il sindacato è molto attento,
la formazione prima di tutto, oggi con i
finanziamenti di Regione e Provincia si
può accedere a corsi di formazione, ma
anche qui bisogna evidenziare poca
attenzione da parte degli operatori. Il
sindacato non è assolutamente contrario
alle liberalizzazioni, ma con regole
certe, se ci sono, è in questo caso si può
affermare che esistono, vanno rispettate
e soprattutto devono essere uguali per
tutti grandi e piccole Aziende.
*Dipartimento Nazionale Trasporto Aereo
PER LE STRADE D’EUROPA
FLIGHTCARE
Compagnie servite: 60 tra cui
British Airways, Lufthansa, Cathay
Pacific, Egypt Air, Wind Jet
Dipendenti: 1200*
Proprietà: Flightcare (Spagna)
*Per 242 dipendenti è stata avviata
la procedura di mobilità
AVIAPARTNER
Compagnie servite: 29 tra cui Iberia,
Blue Panorama, Brussels, Tap,
Aeroflot
Dipendenti: 550
Proprietà:Aviapartner (Belgio)
GLOBEGROUND
Compagnie servite: 9 tra cui
Meridiana, Sas, Air Malta,
Csa - Czech Airlines,Ural Airlines
Dipendenti: 130
Proprietà: Roberto Sartori
(1° azionista)
CONSULTA
Compagnie servite: 5:
Turkish Airlines, Darwin Airlines,
Blue Air, Israir, Italy Airlines
Dipendenti: 70
Proprietà: Daniele Azzarone
AVIATION SERVICE
Compagnie 2: EasyJet e Wizz Air
Dipendenti: 170
Proprietà: Nasten Sa (Lussemburgo)
ATA
Compagnie servite: 4: Russian,
Ukraina, Belair**, Transair**
Dipendenti: 20
Proprietà: Acquamarcia
LA FORMAZIONE
15
Lavorare inFormati
di G. GALLUCCIO
“N
on scholae sed vitae discimus”. Mai detto latino fu
più azzeccato visto il tema
che mi accingo a trattare. Francamente
non ricordo bene a quale autorevole
autore latino sia attribuibile tale citazione. Credo che conducendo una breve
ricerca sul web o su Wikpidia tale informazione sia facile da reperire ma ciò
non sarebbe propedeutico a quanto mi
accingo a dimostrare. Se non fossi stato
già colto dalla sindrome di Bayard,
come invece è probabile, direi che è tratto da non so quale opera di Seneca, ma
poco importa. Questa non vuole sembrare una divagazione ma è solamente un
esempio di come si possa facilmente
dimenticare una nozione acquisita
durante gli studi superiori e come sia
difficoltoso riacquisirla.
Se si cala pertanto questa mia provocazione nella vita lavorativa di un qualsiasi lavoratore si può ben comprendere
come sia necessaria una buona formazione nonché il continuo aggiornamento
delle competenze acquisite.
Questo ragionamento diventa poi ancora
più stringente se consideriamo il bisogno formativo di un lavoratore operante
in un ambiente caratterizzato da un uso
massiccio di tecnologia, e allo stesso
tempo ad alto rischio infortuni, come
può essere il porto.
E, se è vero che il numero di occupati
nei settori tecnologici e ad elevata intensità di conoscenza posiziona l’Italia tra
le realtà con maggiori potenzialità (rapporto ISFOL 2010), è altrettanto vero
che i lavoratori dei porti sono annoverati tra questi.
Tale inclusione è sicuramente riconducibile alla presenza di attività portuali
che necessitano un utilizzo costante di
nuove tecnologie sempre più performanti.
Veniamo ora alle dolenti note…
Dai dati Eurostat traspare un
profilo deficitario dell’Italia in
termini di formazione continua
in confronto agli altri paesi
Europei. Meglio quindi evitare
analisi comparative con Paesi
quali Francia e Germania e
anche Gran Bretagna.
Da sottolineare tra l’altro come
in quest’ultima la gran parte
della formazione sia lasciata
alla libera iniziativa dei privati, dove la
“componente pubblica” interviene unicamente tramite azioni di sostegno che
spesso consistono unicamente in forme
di prestito agevolato o nel finanziamento
di voucher formativi.
Ora che ho stimolato la curiosità tanto
vale svelare i dati, seppur datati, della
Francia, dove la media dei lavoratori
avviati alla formazione nel corso del
1999 è pari al 46% del totale degli occupati e il 49% della Gran Bretagna (indagine Eurostat 1999).
La situazione italiana dopo questo breve
excursus può sembrare pertanto contraddittoria.
Se infatti si è oramai consolidato un
trend di crescita dove nell’intervallo
temporale tra il 2004 e il 2008 si è registrato un aumento del 10% dei lavoratori avviati alla formazione continua, solo
il 42,8% è stato interessato da attività
formative collegate al proprio lavoro.
Questo dato purtroppo conferma la posizione dell’Italia negli ultimi posti della
graduatoria europea.
Mi perdonerete se non sono riuscito – e
non riuscirò - a “sciacquare i panni in
Arno” e a fornire dati disgregati relativi
ai lavoratori dei porti, ma gli unici dati
di cui si dispone sono compresi nella
macro area dei “trasporti e magazzinaggio”.
Da un’indagine più recente condotta
dall’ISFOL si evince come il 39,9% del
totale degli addetti dei trasporti e magazzinaggio sia stato avviato alla formazio-
ne nel corso del 2010. Dato che colloca
il settore nella media nazionale.
Nella indagine traspare inoltre come in
questi ultimi anni si sia assistito ad una
crescente domanda e utilizzo della formazione continua nelle imprese a fronte
di una sempre maggiore offerta di formazione.
Il dato allarmante che però traspare è
come fatichi l’impresa di medie dimensioni ad intercettare un’offerta formativa
efficace che tenga conto dei fabbisogni
aziendali e che sia in grado di tenere in
costante aggiornamento i lavoratori.
Questo fenomeno è spesso imputabile
all’inadeguatezza degli strumenti normativi nel promuovere l’offerta e ad
intercettare i bisogni e la domanda di
formazione (Osservatorio ISFOL 2004).
Tale situazione assume poi toni contraddittori se si pensa alla grande attenzione
e alle ingenti risorse che sono state destinati negli anni alla formazione. Si pensi
che nel corso del 2009 i soli fondi paritetici hanno stanziato risorse per un
ammontare di 670 milioni di euro.
Per poi non parlare dell’attenzione del
legislatore al tema. In Italia dagli anni
’90 attraverso leggi quali la 236/93, la
53/2000, la 388/2000, la 289/02 e da
ultimo anche tramite la legge 2/2009 si è
data sempre maggiore attenzione al
tema formazione e si è rafforzato il coinvolgimento delle parti sociali nel processo di formazione riconoscendo a questo un ruolo primario nella crescita professionale del lavoratore e dello svilup-
PER LE STRADE D’EUROPA
16
po dell’impresa e la gran parte della
formazione è infatti di carattere
adattativo e funzionale (ISFOL “La
formazione continua nella contrattazione collettiva”).
Appare oggi evidente come la crisi
economica abbia compromesso lo
stato di salute di molte imprese del
settore, ed è facile pertanto comprendere la diminuzione del numero di aziende che ha autofinanziato
le attività formative. Per contro tra
il 2009 il 2010 si è registrato un saldo
positivo di adesioni ai fondi interprofessionali (50 mila nuove adesioni a cui
corrispondono 860 mila lavoratori) tra
cui spiccano i dati relativi a Fondimpresa (+ 575000 lavoratori) e a For.Te (+
64000).
Alcuni settori, come quello dei trasporti,
hanno poi utilizzato la leva formativa
anche per il rilancio delle attività.
Si pensi, ad esempio, che nel solo settore portuale e retro portuale, nel corso
degli anni 2010 e 2011, stando ai dati in
mio possesso relativi a tre piani formativi, sono state destinatarie di formazione
finanziata circa 50 aziende e 1500 lavoratori.
Il vero dilemma è che se ad oggi è arduo
reperire dati quantitativi disaggregati,
non si dispone affatto di una analisi qualitativa dettagliata della formazione erogata.
Se è infatti un’incognita quanti portuali
sono stati avviati alla formazione continua nell’ultimo decennio, è del tutto
impossibile sapere quanta e quale tipo di
formazione hanno svolto. Da constatare
infatti che le imprese italiane ricorrono
PER LE STRADE D’EUROPA
LA FORMAZIONE
solo marginalmente alle analisi dei fabbisogni formativi (20,7 %).
I filoni maggiormente toccati dalla formazione appaiono essere l’acquisizione
di nuove competenze, sicurezza sul
lavoro, miglioramento della qualità dei
prodotti e dei servizi e produttività del
lavoro.
Peccato infine che solo il 22% delle
imprese di trasporto coinvolte in iniziative formative ha condotto valutazioni
sugli esiti degli interventi realizzati.
Non vorrei però condurre una sterile
analisi delle occasioni perdute, né tanto
meno fermarmi ad una lettura superficiale delle statistiche...
Se si conduce una breve ricerca, si possono notare alcune esperienze virtuose
che hanno messo il tema “formazione
continua” al centro della contrattazione
collettiva.
E se non passano inosservate esperienze
virtuose quali quella del contratto dei
Chimici, che ha orientato le Parti stipulanti alla costituzione di un sistema assai
sviluppato di regolazione bilaterale delle
attività formative, poiché vale sempre il
detto che l’erba del vicino è sempre più
verde, anche l’ente bilaterale
dei porti può, in previsione
futura, implementare il proprio
ruolo in campo di formazione.
Per procedere in questa direzione, e per poter meglio adattare l’attuale modello su cui si
fonda la formazione ai fabbisogni dei lavoratori e delle aziende, appare improcrastinabile
un’indagine sugli effetti che la
formazione ha prodotto negli
ultimi anni nel settore portuale.
Bisognerebbe poi sopperire ad un’altra grande carenza, ovvero alla mancanza di informazioni sulla carriera
formativa di ciascun lavoratore attraverso la creazione di una banca dati
dei lavoratori avviati alla formazione
con il relativo “curriculum formativo”.
E’ noto infatti come il libretto formativo sia stato attivato solo in alcune
Regioni italiane.
Inoltre sarebbe opportuno prevedere
una certificazione attestante le competenze professionali degli operatori portuali
attraverso l’azione dell’Ente Bilaterale e
il riconoscimento dell’ISFOL.
E’ così utopistico pensare ad un sistema
di verifica della formazione svolta, e
certificazione delle competenze acquisite, come già avviene in Francia?
Forse, a dieci anni dall’introduzione dei
fondi interprofessionali, occorrerebbe
un momento di riflessione…
Ricordo che nel 2004 il Governo britannico ha commissionato un’indagine per
comprendere quali fossero i livelli di
competenza da far conseguire ai lavoratori entro il 2020 per poter stare al passo
con il trend internazionale di sviluppo.
In Italia purtroppo si rintracciano interventi simili unicamente in Brianza e
nella Provincia autonoma di Trento.
Senza un’analisi dei risultati e dei fabbisogni non si può di certo esprimere valutazioni sull’attuale sistema della formazione.
Specialmente ora, in una situazione di
profondo mutamento degli scenari geo
economici, non si può lasciare al caso un
elemento di welfare, come la formazione, che fornisce alla popolazione uno
strumento per adattarsi ai cambiamenti.
Vorrei concludere con una nota di speranza, riportando un affermazione sicuramente autorevole:
“Le competenze erano una volta una
leva fondamentale per la prosperità e
l’equità. Le competenze rappresentano
oggi, sempre più, la leva chiave. E’
necessario un radicale cambiamento”
(UK Commission for Employment and
Skills).
G. Galluccio
LA SICUREZZA
17
Un impegno del singolo... un obiettivo comune
Prende il via il coordinamento RLS delle società autostradali
di PAOLO COLLINI
L
a lettura dei giornali ogni giorno
riserva un distratto trafiletto alle
morti bianche ovvero a quei
lavoratori che a fine giornata non torneranno a casa o ci torneranno da invalidi
iniziando un camino non solo personale
ma che coinvolgerà tutta la famiglia.
La sicurezza sui luoghi di lavoro (SSL)
assume quindi un momento centrale nell’organizzazione del lavoro che spinge
le aziende, a cui è affidata la
responsabilità gestionale dell’identificazione dei pericoli
presenti in azienda (valutazione dei rischi) per la realizzazione di adeguate misure di
prevenzione e protezione,
pieno coinvolgimento di tutti
gli interlocutori interessati:
lavoratori, rappresentanti dei
lavoratori(RLS), medico
competente, ruoli aziendali
preposti alla sicurezza.
Non sfugge certo che tra gli
elementi del sistema sicurezza l’evoluzione legislativa e
la trasformazione della contrattazione collettiva, la politica e il ruolo del sindacato rappresentino tasselli fondamentali per la concretizzazione di una sicurezza non di facciata
ma sostanziale. L’ammorbidimento
legislativo sulle responsabilità aziendali
introdotto dal dlg 81/2008, il ruolo di
“consultazione” degli RLS, la conseguente perimetrazione propositiva rendono arduo ed impegnativo il lavoro dei
rappresentanti dei lavoratori per la sicurezza a cui la legge assegna una preparazione a cura dell’azienda di meno di 40
ore. In questo contesto, nel Dipartimento Viabilità del settore Autostrade della
UILTRASPORTI il 7 giugno a Roma
nella sede di Via Priscilla si è costituito,
alla presenza di tutti gli RLS della nostra
organizzazione delle 25 concessionarie
autostradali e dei rispettivi segretari
delle RSA/RSU, il COORDINAMENTO NAZIONALE RLS UIL di Settore.
L’iniziativa, fortemente voluta e realizzata dal Coordinatore Paolo Collini,
prende il via dalle problematiche esposte dagli RLS nelle visite che hanno
caratterizzato i primi mesi dell’attività
del neo coordinatore anche in linea con
le scelte, in tema di Sicurezza, iniziate
da Enore Facchini.
L’analisi dei DVR, la verifica di congruità delle definizioni, dei ruoli di
responsabilità, dei documenti aziendali
(manuali, procedure, istruzioni operative, etc), le normative tecniche di riferimento ( Linee guida SGSL UNI INAIL,
OHSAS 18001, DM 9/08/2000, etc), gli
standards di Valutazione dei Rischi,
l’analisi aziendale dei flussi di trasferimento delle informazioni (Dirigenti
Responsabili al RSPP/RSG, al DL, etc),
implicano maggiori conoscenze e competenze multidisciplinari.
Il Coordinamento Nazionale degli RLS
è un organismo che deve svolgere un
attività finalizzata a dare ai rappresentanti sul territorio un concreto sostegno,
consapevoli che gli stessi devono operare e intervenire in contesti lavorativi
che, per la loro specificità e caratteristiche, hanno un fortissimo impatto sulla
sicurezza dei lavoratori e in particolare
per coloro che costantemente e quotidianamente operano sul nastro stradale.
In merito agli strumenti utili alla gestione ed alle funzioni del Coordinamento
degli RLS è stata realizzata in
www.pagineuil.it, grazie al prezioso
contributo del collega dell’AUTOBRENNERO
Emanuele
Franchetto, una specifica sessione RLS, che, assieme ad
una mailing list e un forum di
discussione, costituiranno
uno strumento per permette :
• di condividere le esperienze,
• di ricevere le informazioni,
• di essere aggiornati sulle
novità legislative e normative,
• di evidenziare le criticità,
• di avere risposte a specifici
quesiti,
• di poter condividere iniziative omogenee nei vari gruppi
societari,
Per realizzare e mantenere
tali obbiettivi è stato proposto che si
costituisse una figura di un responsabile
di questo nuovo organismo. Il Coordinamento Nazionale ha indicato il collega Maurizio Contò, che attualmente
svolge il ruolo di RLS presso la Direzione Generale di Roma di Autostrade
per l’Italia, il quale nel suo intervento
ha illustrato la propria “mission” finalizzata a:
• raccogliere i quesiti dei rappresentanti della sicurezza, fornendo “risposte
qualificate” attraverso audizioni degli
esperti istituzionali (INAIL), sindacali (di categoria e confederali), legali;
• raccogliere le esperienze degli Rls
monitorando le criticità emerse,
PER LE STRADE D’EUROPA
18
segnalando le positività organizzative delle varie concessionarie;
• indirizzare in sinergia con il
Coordinatore Paolo Collini un
percorso comune di “ azione”
degli Rls della Uil;
• ampliare con la pubblicazione sul
sito di documenti nella biblioteca
informativa;
• stimolare il forum dedicato.
I lavori del Coordinamento sono
stati caratterizzati da 2 momenti
molto importanti. Nella prima parte
della giornata c’è stato il saluto del
segretario nazionale con delega alla
Sicurezza Claudio Tarlazzi e del Segretario Nazionale Ubaldo Conti del Dipartimento Trasporto su Strada che hanno
fatto il punto sul tema Sicurezza, illustrando anche la situazione in altri settori lavorativi dell’area InfrastruttureLogistica e Porti.
A seguire è intervenuta la Dott.ssa Galli,
che non ha voluto mancare al battesimo
del Coordinamento nazionale degli RLS
autostradali. Nel suo intervento molto
seguito e partecipato ha ripercorso il travagliato iter che negli anni ha condotto
al testo Unico e, al suo depotenziamento, ha accennato all’appuntamento della
misurazione dello stress da lavoro correlato e alla distanza dell’applicazione italiana dalla direttiva europea. Preme
ricordare che Gabriella Galli ha dato un
determinate contribuito, insieme alla
struttura del Coordinamento, per essere
riusciti ad introdurre in ASPI il concetto
di rilevamento dei mancati infortuni.
Proprio sul tema dei mancato infortuni
si è incentrato il contributo del Dott.
Mauro Pellicci, membro del team Sorveglianza degli incidenti mortali INAIL ex
ISPESL, il quale si è felicitato con gli
organizzatori dell’iniziativa assicurando
la sua consulenza anche nel prossimo
futuro. Nello specifico il Dott. Pellici ha
approfondito il delicato tema degli
“infortuni”e dei “mancati infortuni”,
analizzando attentamente tutti gli aspetti
ad essi collegati. Ha sottolineato la
necessità di effettuare una completa
gestione ed analisi delle cause, soprattutto attraverso la ricostruzione delle
PER LE STRADE D’EUROPA
LA SICUREZZA
dinamiche di quanto accaduto. I risultati
di questa analisi devono determinare iniziative finalizzate alla modifica delle
procedure operative per coloro che operano in attività esposte a situazioni di
alto rischio. Preme evidenziare che gli
incidenti mortali sulle strade e autostrade italiane si sono ridotti con un aumento del numero dei feriti. Tra questi i
lavoratori che operano ogni giorno sul
nastro d’asfalto. La routine, l’operare in
situazioni d’emergenza sono elementi
che possono provocare incidenti con
conseguenze personali e collettive.
Da questi interventi si è determinato un
coinvolgente question time con risposte
affidate alla Dott.ssa Galli e il Dott. Pellicci che ha coinvolto molti dei partecipanti, i quali hanno potuto esporre le
proprie esperienze e testimonianze. Le
risposte ricevute hanno permesso a tutti
di acquisire nuovi elementi conoscitivi e
di ricevere importanti chiarimenti.
Sono seguiti molti interventi che hanno
messo in evidenza le criticità, in particolare di coloro che operano su strada nelle
varie concessionarie, sottolineando
alcune difficoltà ad operare in sicurezza
perché spesso le disposizioni operative
vengono impartite non in maniera uniforme per esigenze organizzative e non
sempre coincidono con il livello di sicurezza previsto dalle procedure.
Un tema emerso dagli interventi è stato
quello delle problematiche e dei livelli
di Sicurezza in cui operano le ditte
appaltate. Spesso per motivi di contenimento di costi dovuti alla politica “irresponsabile” del “massimo ribasso”, si
rischia di mettere i lavoratori in una
situazione di alto rischio. Sono spesso visibili sulla rete stradale situazioni che vedono lavoratori attraversare la sede stradale o risalire gli
svincoli senza alcun minima presegnalazione. Le condizioni di Sicurezza non possono e non devono
essere scambiate con logiche di profitto delle aziende soprattutto verso
coloro che risultano più deboli di
altri lavoratori come ad esempio
quelli delle ditte appaltate.
Il programma della giornata ha
anche previsto gli interventi di 2 esperienze di lavoratori che operano in settori operativi. Roberto Canegrati di Autostrada BS-PD, che lavora nel settore
Viabilità, ha descritto la collaborazione
tra operatori ed azienda che ha permesso
la realizzazione di un modello viabilità
tra i migliori del paese, mentre il collega
Rapone (RLs V tronco Aspi) ha ripercorso i progressi ottenuti sulla scelta dei
mezzi che operano su strada e della
segnaletica introdotta; pur riscontrando
tali progressi entrambi hanno sottolineato la necessità di garantire l’applicazione delle procedure operative e di uniformare i comportamenti di coloro che operano, controllando e garantendo, per
tutti gli interessati, lo stesso livello di
sicurezza rispetto ai rischi derivanti
dalla propria attività lavorativa.
Altro tema condiviso dai partecipanti è
stato quello della necessità di rafforzare
i momenti di Formazione e Informazione: Formazione per acquisire una maggiore capacità e quantità di conoscenze
utili ad avere un confronto con i referenti aziendali, i quali certamente hanno
maggiori possibilità di effettuare una
specifica formazione; Informazione per
permettere l’acquisizione e la consultazione di tutti i documenti, come ad
esempio il DUVRI, utili alla verifica ed
alla presa d’atto della situazione complessiva della Sicurezza nella propria
azienda.
Sempre nell’ambito della Sicurezza, il
Coordinamento Nazionale, insieme al
collega Claudio Mattei, è impegnato
nella Consulta della sicurezza di ASPI
CONTRATTI DIFFICILI
(di concerto con Enore Facchini che si è
occupato per il miglioramento del
manuale dell’operatore su strada utilizzato anche dalle ditte appaltatrici) e nel
tavolo interministeriale presso il Ministero del Lavoro per le integrazioni da
apportare, in tema di segnaletica al art
161 comma 2 del dlgs 81/2208. In particolare la UILTRASPORTI nella consulta alla Sicurezza in ASPI si è posta l’obbiettivo di inserire nelle procedure operative per chi opera su strada anche quelle relative alle operazioni di rimozione
autoveicoli incidentati o in avaria e di
come si deve operare nel caso in cui i
lavoratori si trovino in una zona di lavoro nella quale non ci sono “vie di fuga”
come ad esempio i presenza di viadotti,
di scarpate o di cantieri.
Il Testo Unico sulla Sicurezza enfatizza l’organizzazione del lavoro e le procedure relative. La mancata osservanza delle quali è causa del 60% degli
incidenti secondo quanto è affermato
da enti autorevoli.
La giornata di lavoro dedicata alla Sicurezza in Autostrada, per quanto esposto
dagli invitati e per quanto è stato espresso negli interventi, è stata importante e
positiva sotto tutti gli aspetti e lo sforzo
organizzativo della UILTRASPORTI è
stato ampiamente ripagato dai giudizi di
tutti gli intervenuti. Il Dipartimento
Nazionale si impegna a seguire con
grande partecipazione e collaborazione
il lavoro del Coordinamento degli RLS
in tutte le sue future evoluzioni. Per
mantenere un costante rapporto con le
realtà autostradali saranno organizzati
alcuni momenti di confronto tra la struttura Nazionale (Dipartimento Nazionale
e Coordinamento RLS) e gli RLS attraverso specifici incontri territoriali e/o per
gruppi societari (Atlantia o Gavio).
La costituzione del Coordinamento degli
RLS è solo il primo passo. A questo
deve seguire un grande impegno di tutti
perché questo “strumento” possa diventare un punto di riferimento importante e
strutturale per tutti i soggetti coinvolti
nella gestione e il controllo della Sicurezza nei luoghi di lavoro.
Paolo Collini
19
Il CCNL della mobilità nella
sezione attività ferroviarie
di SALVATORE OTTONELLI
S
e una notte d’inverno un viaggiatore… è il titolo e l’incipit di un
romanzo di Italo Calvino, tra i
grandi scrittori italiani del secolo scorso,
a cui il pensiero è volato riflettendo sulle
vicissitudini della nostra trattativa contrattuale. La storia narrativa si svolge
sullo schema di un viaggio accompagnato da un libro la cui lettura è sempre
interrotta, riparte da capo e non si sa mai
con certezza dove finirà e come finirà.
Nel libro la lettura parte e riparte snodandosi fra gli artifici del narratore che
ha come scopo il dissimulare la realtà
per impedirne la conoscenza.
Chiedo scusa per l’evidente e ardita
invasione di campo e, fatte le debite proporzioni fra una splendida costruzione
letteraria ed un più modesto intervento
contrattuale, la similitudine credo fotografi con esattezza il particolare momento della trattativa sul CCNL della Mobilità nella sezione Attività Ferroviarie.
Il nostro viaggio si sviluppa in una notte
che potrebbe essere “il” mercato senza
regole sul lavoro, molto competitivo e in
fase rioganizzativa. Il lettore/viaggiatore
quel lavoratore che chiede la tutela del
proprio lavoro e della propria condizione, l’agognata soluzione finale è la definizione finalmente attenta e positiva
della sua integrità non scambiata come
semplice merce tra offerte che non si
preoccupano di riconoscere il giusto ma
solo l’utile.
La fase attuale tenta di giungere al rinnovo dei capitoli caratteristici di tutti i contratti: classificazione, orario e retribuzione. Eppure su questo schema si articolano scorribande di diverso segno. Competitori che minacciano la disarticolazione
del segmento merceologico per alzare la
posta della propria adesione. Dall’altro
soggetti tradizionali che nel chiedere
tutele per le proprie aziende sono disponibili a comprimere ogni ragionevole
attestazione del lavoro dei propri dipendenti. Il risultato è che ogni tentativo di
trovare soluzioni viene sistematicamente
impedito da posizioni datoriali fra loro
PER LE STRADE D’EUROPA
20
contrapposte e mirate ad elidersi vicendevolmente.
NTV minaccia l’accordo con il commercio se non viene riconosciuta la particolarità dell’avvio di una impresa industriale di notevoli dimensioni economiche e finanziarie. FS sente minacciata la
propria leadership ed in nome della parità di trattamento avanza richieste non
giustificate in termini di inquadramenti e
orario di lavoro. Se poi, come è avvenuto in Piemonte con ArenaWays, si sottoscrive un’intesa nel solco della parità e
del contratto della mobilità ferroviaria,
invece che essere soddisfatti per aver
portato in “casa” un concorrente si chiede al sindacato il ritiro della firma dal
contratto aziendale appena siglato in
quell’azienda; quasi fosse una pregiudiziale al proseguimento del negoziato.
La chicca, però, è rappresentata dalle
proposte nel trasporto regionale avanzate nella neo-società mista TreNord. Sebbene FS/Trenitalia sia al 50% azionista
di quell’azienda lombarda, le richieste
contrattuali sono difformi e contraddittorie rispetto al quadro contrattuale che
si sta negoziando a Roma. E non si tratta
della contrapposizione Nord/Sud cara a
qualche leghista; è una diversa lettura
del trasporto regionale ferroviario che
non viene ipotizzato coerente fra il contratto nazionale e l’aziendale milanese.
Indubbiamente una fase molto delicata
PER LE STRADE D’EUROPA
CONTRATTI DIFFICILI
in cui il rischio che saltino le coordinate del
lavoro e il nervosismo
sia la bussola con cui
orientarsi sul percorso
sono elementi di
un’unica prospettiva.
La sensazione è che
qualcuno giochi le sue
carte per un contratto
aziendale molto forte e
articolato indipendentemente da un contratto
nazionale che verrebbe
accantonato o quantomeno depotenziato.
Non possiamo seguire tale strada delineata dai nostri interlocutori. Il CCNL
resta l’elemento strutturale di maggiore
rilevanza per la tutela del lavoro e per
governare i processi in atto. Al suo interno va valorizzata ed incrementata la
parte integrativa/aziendale in una logica
di corrispondenza fra il lavoro, il servizio che si svolge e le logiche di produttività. Abbiamo bisogno di esaltare il
lavoro specifico in un quadro di determinazioni comuni.
Per questo, i tentativi del maggior
imprenditore al tavolo (Federtrasporto)
di avere un contratto pesante, dimensionato sui “particolari” di un servizio
generalizzato non riteniamo possibile
assecondarli. Sarebbe come ripercorrere
strade che hanno già vanificato
l’universalità delle norme pattizie concordate.
In dettaglio le questioni oggi di
merito che ci differenziano al
tavolo sono sostanzialmente su
due grandi temi.
La polifunzionalità con la
quale le proposte avanzate
puntano a descrivere un universo indistinto fatto di figure
professionali uniche in grado
di fare tutto. La fine della specializzazione e per certi versi
anche un rischio per la sicurezza e la professionalità. Non
neghiamo spazi di multi utilizzazione, ma non possono essere esclusivi e unici. Come sot-
toarticolazioni rileviamo altri elementi
di difficoltà: i passaggi retributivi all’interno dei livelli, la discrezionalità delle
valutazioni aziendali, la qualificazione
del tempo di servizio intercorrente fra un
parametro e l’altro.
L’altro grande tema è l’orario. Su questo
capitolo le proposte delle controparti
pescano a piene mani in termini di flessibilità e di ampiezza dei regimi. Quello
che fin qui era conosciuto come flessibilità viene allargato ed elevato a norma
inderogabile (peraltro senza riferimenti
economici). In termini di utilizzazione la
richiesta è sempre al massimo grado
senza distinguere tra tipologia di servizio e complessità del volume produttivo.
Il risultato è che vengono richieste prestazioni identiche sia nel regionale che
nella lunga percorrenza; sia per aziende
che sviluppano dieci treni al giorno che
per aziende che ne sviluppano ottomila
al giorno.
Due elementi ulteriori da segnalare. Sul
rapporto di lavoro abbiamo notato un
appesantimento di norme che avrebbero
dovuto solo essere aggiornate al mutato
quadro normativo generale, mentre sull’aspetto retributivo il silenzio è assordante.
Abbiamo utilizzato un ossimoro per
chiudere queste brevi note in sintonia
con l’avvio della nostra riflessione. Il
viaggio è ancora lungo, ma abbiamo la
presunzione di aver chiara la direzione e
l’obiettivo per cui nessun “tranello”, linguistico o tattico che sia, potrà allontanarci dalla positiva conclusione.
Salvatore Ottonelli
LE VIE DEL MARE
21
L’imposta sostitutiva del 10%
e la gente di mare
di ANGELO PATIMO
I
l confronto dialettico, la discussione
sui grandi temi sociali, quelli specialmente sul lavoro e sulle problematiche inerenti le iniziative a sostegno
per l’incremento della redditività dei lavoratori dipendenti, cosi come pure per il
miglioramento della qualità della vita per
gli stessi, ha sempre costituito percorso
naturale, democratico, per obiettivi, alla
fine, comunque in qualche modo, conseguiti. Questo assunto vale per il lavoro in
genere, e per tutti i lavoratori. Vale molto meno, se non addirittura è assente, per
i lavoratori marittimi. Una carenza che si
è clamorosamente appalesata con la normativa sul riconoscimento dei benefici
previdenziali per il rischio amianto alla
Gente di Mare, categoria di fatto esclusa
dal suddetto riconoscimento.
Un problema, quello dell’applicazione al
settore marittimo di tutta la generale,
complessa, materia legislativa, che insorge poiché si vuole ignorare la specificità del lavoro marittimo.
Problema che, dalla legge 257 del lontano 27/3/1992, per la tutela dei rischi connessi alla esposizione all’amianto, si è
successivamente dispiegato in tutte le
occasioni in cui si è voluto intervenire
nel settore attraverso processi riformativi di carattere generale.
Cosi come pure si è successivamente
confermato, con la normativa sui lavori
usuranti. Dalla quale lista, i marittimi
imbarcati a bordo, come recitava il dl
374/93, sono stati esclusi con il decreto
attuativo DM 19/5/99, il cosi detto decreto Salvi.
Una legislazione generale, quindi, che,
calata sul lavoro marittimo, costituisce,
ormai, una vera e propria maledizione
per la Gente di Mare.
Gente di Mare che, per essere tale, viene,
attraverso norme codicistiche, rigorosamente immatricolata in appositi registri.
Va infatti precisato che, in considerazione della specificità del rapporto del lavoro nautico, per il personale imbarcato sui
natanti della Marina Mercantile Italiana,
è, storicamente, in vigore l’applicazione
di una legislazione speciale che trova nel
Codice della Navigazione e nel Regolamento della Navigazione Marittima, la
fonte primaria.
Una maledizione, quella della legislazione generale, che si perpetua, appunto per
la Gente di Mare, ancora una volta, con
l’entrata in vigore del dl 31/5/2010 n. 78,
convertito in legge 30/07/2010, n. 122.
Legge che prevede l’imposta sostitutiva
del 10% sulle somme erogate ai lavoratori per prestazioni correlate ad incrementi di produttività, qualità, redditività,
innovazione, efficienza organizzativa, e
collegate ai risultati riferiti all’andamento economico o agli utili di impresa o a
ogni altro elemento rilevante ai fini del
miglioramento della competitività aziendale.
Attività lavorative conferite ordinariamente per prestazioni in periodo festivo,
in periodo notturno, per prestazioni di lavoro straordinario forfetizzato e non e
per prestazioni di lavoro a turno.
Tutte prestazioni, appunto, assolutamente intrinseche nel lavoro nautico, poiché,
nella fattispecie, l’ attività lavorativa subordinata svolta a bordo viene conferita
per i servizi della nave.
Nave, che costituisce un vero e proprio
stabilimento galleggiante che necessita
di essere in produzione ininterrottamente 24 ore al giorno, sia quanto, la stessa
nave, è in porto, sia quanto è in navigazione.
Per la qual cosa, il personale imbarcato,
svolge il proprio servizio, nell’ambito
del proprio grado e della propria mansio-
ne, per la sicurezza della navigazione,
cosi come pure per la sicurezza del lavoro a bordo, anche relativamente alle operazioni commerciali, durante le ore ordinarie e quelle eccedenti l’orario normale
di lavoro, con prestazioni in periodo notturno, in periodo festivo, in turnazione.
Servizio che, nella sua ordinaria esecuzione, determina la efficienza organizzativa del lavoro nautico per la normale attività dello stabilimento galleggiante, garantendo cosi competitività al sistema
azienda/nave, all’intero del cluster marittimo, producendo redditività in via diretta per l’impresa armatoriale, ed in via
indiretta a tutto l’indotto.
Premesso quanto sopra, tanto per rimanere in tema di maledizione, è insorta nel
settore marittimo una approfondita discussione, appunto, sull’applicabilità o
meno, dell’imposta sostitutiva del 10%
di cui alla legge 30/07/2010, n. 122.
Questo, in considerazione del fatto che i
lavoratori marittimi sono ancorchè dipendenti di un sistema imprenditoriale,
l’industria armatoriale nazionale, che beneficia, tutta, della legge 27/2/98, n. 30,
“Conversione in legge, con modificazio-
PER LE STRADE D’EUROPA
22
UNA VICENDA “ESEMPLARE”
ni, del DL 30/12/97, n. 457 recanti disposizioni urgenti per lo sviluppo del settore
dei trasporti marittimi e l’incremento
dell’occupazione.” Il cosi detto Registro
Internazionale.
Trattasi di aziende armatoriali che beneficiano di agevolazioni sociali che abbattono considerevolmente il costo del lavoro.
Questo, attraverso lo sgravio contributivo e per effetto dell’attribuzione, si cita,
“ai soggetti che esercitano l’attività produttiva di reddito derivante dalla utilizzazione di navi iscritte nel Registro Internazionale” del, si cita ancora, “credito di
imposta in misura corrispondente all’imposta sul reddito delle persone fisiche dovuta sulle retribuzioni corrisposte al personale imbarcato di bordo su navi iscritte, ” appunto, “nel Registro Internazionale, da valere ai fini del versamento delle
ritenute alla fonte relativi a tali redditi.”
E’ facile intuire che, più è alta l’imposizione fiscale sul reddito del lavoratore
marittimo, più è produttivo lo sgravio.
Ma è anche vero che, in applicazione
della norma, per le aziende armatoriali
buona parte del credito di imposta si trasforma in debito nei confronti dei marittimi.
Un debito tanto più consistente quanto
più aumenta la forbice tra quello fiscalmente trattenuto per l’aliquota relativa al
reddito, e quello relativo all’imposta del
10%.
Differenza di imposta che le aziende armatoriali devono restituire al dipendente.
Questo è, fondamentalmente, il motivo
che impedisce l’applicazione della
norma.
La storia si ripete. Per l’amianto, il motivo per il quale ancora oggi il beneficio
previdenziale non si applica ai marittimi,
deriva dal fatto che le aziende armatoriali si rifiutano di rilasciare al lavoratore la
dichiarazione circa il curriculum lavorativo.
In quest’ultimo caso, invece, si aggrappano a disquisizioni interpretative, oltreché a macchinose procedure burocratiche, per sostenere la non applicabilità
della norma.
Angelo Patimo
PER LE STRADE D’EUROPA
Firmato l’accordo per il rinnovo del contratto
per i lavoratori delle pulizie/multiservizi
Ora... diritti e regole
per valorizzare il lavoro
di MARCO VERZARI
contrattazione di secondo livello.
Il contratto già prevedeva una parte spel 31 maggio u.s. è stata sottoscritta cifica su questo tema però, di fatto, si tratl’intesa per il rinnovo del Contratto tava di un impianto normativo poco inCollettivo Nazionale per il personale centivante e le condizioni presenti nel
delle imprese di pulizia e servizi integra- territorio sino ad ora non hanno quindi
ti/multiservizi.
agevolato uno sviluppo significativo di
La conclusione della trattativa è interve- questa opportunità di conseguenza, gli
nuta 17 mesi dopo la scadenza naturale accordi territoriali prodotti sono stati podel contratto (31 dicembre 2009) ma, è chissimi.
paradossalmente da ascrivere ad un “suc- Con il rinnovo del contratto si è inteso
cesso” per un settore che da oltre 30 anni sviluppare un modello in grado realmenha registrato mediamente, nelle trattative te di dare impulso al confronto territoriadi rinnovo dei contratti, ritardi di oltre le e dunque di far crescere il dibattito tra
trenta mesi.
le parti dove si svilupSe per esprimere delle
pano e si presentano le
problematiche dei lavalutazioni sui risultati
Un passo
voratori e delle impreottenuti dovessimo
per rendere
considerare le difficolse oltre a porre ulteriovisibili
tà, le condizioni di lari,concrete, condizioni
voro e gli stipendi esiper migliorare il reddigli “invisibili”
to delle lavoratrici e
gui delle lavoratrici e
dei lavoratori, prevedei lavoratori del settore, ovviamente dovremmo sostenere che dendo altresì, in caso di mancata definiè molto più grande il lavoro da fare che zione delle intese territoriali, un elemenquanto prodotto con questo rinnovo con- to di garanzia di 80 euro al secondo litrattuale.
vello.
Le difficoltà derivanti dalle condizioni Altra importante definizione è l’introduconsolidate negli anni e la estrema fram- zione dell’assistenza sanitaria integrativa
mentazione delle imprese sul territorio per le lavoratrici ed i lavoratori del settoche limita sensibilmente l’azione del sin- re. L’istituto, totalmente a carico delle
dacato ci impongono comunque una po- imprese, prevede una contribuzione di 4
litica di costanti passi in avanti anche se euro per i lavoratori con orario contratpiccoli nelle dimensioni, per ristabilite tuale pari o inferiore alle 28 ore settimauna dignitosa tutela del reddito ed un so- nali, e di 6 euro per i lavoratori con orastanziale miglioramento delle condizioni rio settimanale superiore alle 28 ore setlavorative per chi opera in questo settore. timanali.
Per molti versi però questo è un rinnovo Una delle richieste insistenti delle concontrattuale innovativo per il settore, in troparti consisteva nella eliminazione
primo luogo, lo abbiamo già detto, per la dell’EDAR (Elemento Distinto ed Ag“veloce” conclusione della vertenza, poi giuntivo della Retribuzione), poiché seanche nei contenuti stessi dell’accordo. condo le argomentazioni sostenute dalle
Un aspetto importante da evidenziare è imprese aveva terminato la sua funzione
nella nuova struttura dell’articolo sulla assunta nell’ultimo contratto relativa-
I
UNA VICENDA “ESEMPLARE”
mente al recupero dei 36 mesi di ritardo
rispetto la scadenza naturale del contratto precedente.
Ebbene, abbiamo colto l’occasione sia
per confermare che i 20 euro dell’EDAR
dovevano essere garantiti a tutti i lavoratori che per consolidarne il valore all’interno della retribuzione (questo istituto
aveva incidenza solo su 13ª, 14ª e Tfr).
Infatti, attraverso la soluzione raggiunta
tra le parti, che è stata utilizzare il valore
dell’EDAR per incrementare l’elemento
di anzianità forfettaria di settore previsto
dal CCNL, abbiamo aumentato l’incidenza dello stesso su tutti gli istituti contrattuali, abbiamo incrementato la base
di calcolo per i futuri aumenti contrattuali, ed in quanto già detto, abbiamo, di fatto, migliorato l’istituto dell’anzianità di
settore fermo da anni (tra l’altro questa
era una richiesta posta in piattaforma dalla Uiltrasporti).
È stato migliorato l’impianto normativo
sulla bilateralità destinando altresì il
70% delle risorse agli enti bilaterali territoriali anche per rendere la fruizione
dei servizi messi a disposizione dall’ente bilaterale più vicini al territorio e quindi ai lavoratori.
L’aumento economico previsto nel periodo di vigenza contrattuale è pari a 70 euro al secondo livello, il penultimo della scala parametrale di riferimento del CCNL.
Infine, nell’analisi dei contenuti del rinnovo contrattuale,
c’è da evidenziare che, anche
in questo caso, sono state respinte le richieste che le controparti reiterano ormai da anni quali ad esempio la terza ripresa lavorativa e l’assorbimento, in caso di lavoro supplementare nella sesta giornata, di una delle indennità previste dal CCNL (magg. 25% per
lavoro in 6ª giornata, magg.
28% per lavoro supplementare) con il principio che la percentuale maggiore assorbe la
minore.
Insieme all’accordo di rinnovo è stato
sottoscritto dalle parti anche un avviso
comune in cui vengono segnalate al
Governo, attraverso il Ministero competente, quello del Lavoro, alcune problematiche urgenti da risolvere per il
settore in tema di legalità, regolarità, trasparenza e garanzie per i lavoratori nel mercato in una realtà quella delle
pulizie, del multiservizi e dei
global-service investita nella
stragrande maggioranza dei
casi, da gare di appalto pubbliche e private.
Un settore in cui il costo del lavoro copre oltre l’80% dei costi complessivi, spesso a rischio di dumping, con una presenza sostanziosa di forme di
lavoro sommerso; un settore in
cui i lavoratori ad ogni cambio
di appalto,attraverso le assunzioni ex-novo si vedono spesso
annullare la propria storia lavorativa, le proprie mansioni, il
proprio livello di inquadramento; un settore che vive nei
territori di un’alta vertenzialità
per opporre, in molti casi, de-
23
nunce alle forme di sfruttamento che si
manifestano nei confronti dei lavoratori;
un settore che per tutto questo ha necessità indilazionabile di regole più forti e
cogenti.
Siamo convinti dunque della necessità di
migliorare e rafforzare il sistema di regole di questa realtà, per far emergere le imprese migliori, sane, ed in regola e, soprattutto, per migliorare le condizioni
economiche e di lavoro delle centinaia di
migliaia di lavoratrici e lavoratori che
quotidianamente vi operano.
Proprio per tutto ciò crediamo che una
delle regole, se non la più importante, sia
il Contratto Collettivo Nazionale di Lavoro: dare contenuti, tempi certi, risposte
in termini di miglioramenti economici,
di garanzia del reddito e di contenuti normativi in grado di rendere migliori le
condizioni delle lavoratrici e dei lavoratori impegnati in queste attività,significa
valorizzare il lavoro e dare a questi lavoratori una identità quindi non essere “ invisibili ”.
Questo è il fine per cui abbiamo lavorato
nel confronto sul rinnovo del Contratto e
questo rimane un obiettivo fondamentale per il futuro
M.V.
PER LE STRADE D’EUROPA
NELLA SOCIETA’ CIVILE
25
L’ANCAM ha imboccato una strada
obbligata ma non voluta
di SANTINO FORTINO
“L’
ANCAM è a un bivio”
così abbiamo titolato il
nostro articolo pubblicato
su “Per le Strade d’Europa” delle scorse
settimane. Articolo che, per la verità,
aveva destato non poche preoccupazioni tra gli addetti e tra i lavoratori del
TPL.
Con le conclusioni del Direttivo nazionale dell’ANCAM svoltosi il 13 e 14
aprile, il Presidente uscente Roberto
Bertocchi aveva infatti preannunciato le
sue irrevocabili dimissioni.
A seguito di un chiarimento politicoorganizzativo sul merito e le origini
delle dimissioni in parola, in una successiva riunione degli Organi Direttivi ed
Esecutivi dell’ANCAM medesima,
Luigi Grassi del Circolo ATC di La Spezia è stato eletto alla Presidenza, Luciano Campoli del Cral COTRAL/METRO
di Roma confermato alla Vice Presidenza e Giorgio Vannini del circolo ATAF
di Firenze alla Segreteria.
La vicenda personale di Bertocchi è nota
in tutto l’ambiente e sulla nostra rivista
di Aprile abbiamo tentato anche di analizzarla in tutte le sue sfaccettature al
fine di evitare di arrivare a quel famoso
“bivio”, ma è evidente che poco può
valere la ragione contro gli irrigidimenti
politici, contro le concesse e pericolose
intromissioni aziendali, contro le “piccinerie” di qualcuno del Circolo Dozza
delegante il Bertocchi in ANCAM, contro l’ignoranza che è sempre foriera di
difficoltà.
Per chiarire ai nostri iscritti e ai nostri
lettori la vicenda e per dovere di cronaca, abbiamo intervistato l’uscente Presidente che in un evidente stato di commozione ci ha così risposto alle nostre
domande:
Dom.: Presidente è da tempo che
ricopri questa carica in una Associazione in cui hai sempre creduto
e che hai accompagnato per quanti
anni?
Risposta: La data precisa non la
ricordo, dovrei fare una ricerca
negli archivi, ma sicuramente per
ben oltre 20 anni ho ricoperto il
ruolo di Presidente, anzi direi di
più, di coordinatore di un motivatissimo gruppo di persone che con
tantissima volontà e poche risorse
economiche, hanno saputo mantenere a livello nazionale l’Associazione e hanno saputo inserirla in un
riconosciuto contesto (Progetto)
Europeo.
di basso profilo, corporativa, basata su
ricordi e nostalgie del passato che non
sono sicuramente da dimenticare, ma da
sole non possono dare risposte ai lavoratori di oggi.
Il fatto più grave poi, è la perdita dell’autonomia gestionale, a tutto vantaggio dell’Azienda ATC.
Dunque dimissioni irrevocabili, perché
oggi quando hai il coraggio delle scelte e
delle prese di posizione, trovi i poteri
forti dell’Azienda e delle altre Organizzazioni che ti sottraggono senza scrupoli
ogni strumento di tempo e di lavoro per
potere proseguire con i tuoi ideali. Se
consideriamo poi che ANCAM è un’Associazione di Circoli, prima che di persone, la coerenza mi dice che non rappresentando più il circolo di Bologna, la
mia figura diventava inadeguata
a ricoprire anche tale ruolo, nonostante
il gruppo dirigente ANCAM mi pressava, mi dimostrava solidarietà e mi invitava a rimanere.
Dom.: ma le vere motivazioni delle
dimissioni vanno oltre quelle formali,
puoi sintetizzare per i lavoratori della
tua e nostra Uiltrasporti, che cosa ti ha
portato a renderle irrevocabili?
Risp.: E’ chiaro che dopo tanti anni non
si interrompe un progetto per semplice
stanchezza, purtroppo sono cambiate
una serie di situazioni politico-ambientali in maniera drastica che mi hanno
convinto dell’impossibilità di poter proseguire.
Dopo troppi anni (34) di militanza nella
CGIL ho scelto di uscirne perché, nonostante l’impegno nello svolgere un lavoro fatto soprattutto di volontariato anzi
esclusivamente di volontariato dedicato
al tempo libero, tutto passava nell’indifferenza e, a volte, pareva dare pure fastidio all’Organizzazione Sindacale.
Questa mia scelta di cambiamento e di
convinta adesione alla Uiltrasporti, mi
ha portato coerentemente all’opposizione all’interno del Consiglio Direttivo del Dom.: l’azienda ATC, dunque, ha avuto
Circolo Dozza ATC, dove viene tenuta un ruolo determinante, ci sono motivi di
una linea politica che critico ritenendola altra natura oltre quelli politici?
PER LE STRADE D’EUROPA
26
NELLA SOCIETA’ CIVILE
Risp.: Sì, come ho già anticipato,
l’Azienda oggi è determinante nelle
scelte gestionali del Circolo, come ha
palesemente dichiarato il Presidente del
Circolo di Bologna, Luigi Martino Torri
in occasione dell’ultima Assemblea
ANCAM.
L’Azienda si è inserita in un contesto di
difficoltà economica del Circolo Dozza,
decidendone poi una RIORGANIZZAZIONE dura e piena di sacrifici che personalmente ho dimostrato di non condividere né nel merito, né nel metodo.
per la loro disponibilità, solidarietà ed
amicizia.
Per l’Azienda invece, sono un conducente in più, che cerca di dimostrarsi
sempre il più professionale possibile nel
tempo di lavoro e il più autonomo e libero nel tempo di non lavoro e in futuro
un sindacalista volontario e pure rabbioso, impegnato per la difesa della dignità
e dei diritti dei lavoratori.
Dom.: tu sa bene che la UILTRASPORTI di Bologna, quella Regionale e
Nazionale hanno sempre sostenuto l’asDom.: tu sai che l’art. 11 della legge sociazionismo e la crescita dei CRAL
300 asserisce che il “Dopolavoro è una nella nostra e nelle altre categorie, perstruttura dei lavoratori”, come mai le
Organizzazioni Sindacali di Bologna
hanno abdicato al loro ruolo e alla loro
rappresentanza?
Risp.: Sì, conosco la legge 300, ed è proprio su questa che mi sono arroccato
rifiutando compromessi e mediazioni,
convinto così di difendere la mia dignità
e quella della UILT che rappresento;
considero di fatto le altre Organizzazioni che hanno abdicato al loro ruolo prive
di dirigenti sindacali preparati sulla ché secondo te le altre OOSS trascurano
materia del tempo libero e sulle sue questo vitale settore che è un indotto
importantissimo non solo per le stesse
grandi opportunità.
ma anche per le Aziende e soprattutto
Dom.: ti hanno ricollocato in servizio per i lavoratori?
nella tua vecchia qualifica, a prescinde- Risp.: In parte ti ho già risposto dichiare che professionalità come le tue randoti il mio pensiero sulla carenza culandrebbero utilizzate se non sfruttate, turale delle persone all’interno delle
come ti sei sentito, che emozioni hai altre OOSS, che spesso considerano il
tempo di non lavoro solo come un
provato, che prospettive vedi?
Risp.: emozioni forti, sono tornato in momento ludico aggregante (cene, gite,
guida dopo 12 anni nel giro di 10 gg. tornei sportivi etc.).
con solo 12 ore di corso di formazione, Oggi dove i contratti di lavoro si fanno
con la totalità dei mezzi a me sconosciu- sui recuperi di produttività, non capire
ti e che come i 18 m. autosnodati non che i Circoli possono essere fonte di
avevo mai guidato e con tutte le linee da salario differito (convenzioni, scontistiche, accordi etc.), servizi primari per le
memorizzare.
Sinceramente nei primi giorni qualche famiglie (turismo sociale, campi estivi
timore e paura sono emozioni che ho per i ragazzi, asili aziendali, vacanze
provato, ma via via che il tempo passava studio etc.), migliori condizioni di lavoho riacquisito la sicurezza necessaria per ro (gestione mensa/bar, zone sosta per i
svolgere quello che poi di fatto era ed è conducenti etc.) è inconcepibile.
Non pensare a tutte le opportunità che i
il mio mestiere primario.
L’emozione veramente positiva che sto Circoli nel tempo libero potrebbero
provando, è la ripresa di rapporti con i organizzare, mi fa pensare a una miopia
miei colleghi estremamente gratificante di queste OOSS, mentre è ormai certo
PER LE STRADE D’EUROPA
visti i comportamenti, l’invasione delle
Aziende che come a Bologna entrano
togliendo autonomia ai lavoratori.
Dom.: sai che Astra e Anav sono rimaste
sbalordite della tua decisione, quel
“feeling” che avevi saputo creare con le
Associazioni Datoriali e con le maggiori
Aziende Europee, ora che fine farà, ci
saranno le capacità e ancora la voglia
di continuare?
Risp.: sono felice di rispondere a questa
domanda, in quanto questa era la parte
più ambiziosa e innovativa del nostro
PROGETTO, ricordo con piacere il
Convegno alla Fiera di Verona, dove
abbiamo coinvolto le Associazioni
Datoriali nel tema “Il ruolo dei Circoli
negli anni 2000” o il Progetto “Il posto
guida che vorrei”, dove il test di una
trentina di autisti delle varie aziende italiane, ha potuto dare un contributo agli
ingegneri progettisti di Bus.
Iniziative nuove che attualizzano e
migliorano il rapporto tra lavoratore e
azienda . Mi auguro che questo progetto
possa essere condiviso e portato avanti
da altri ai quali eventualmente non sottrarrò la mia collaborazione.
Grazie Roberto, prendiamo tutto come
un augurio affinché si possa continuare
quel lavoro che faticosamente avevi
impostato e gestito e che ora per “piccinerie mentali” hai dovuto lasciare. La
UIL trasporti può contare su di te?
Risp.: Sicuramente sarò a disposizione
dell’Organizzazione che potrà contare
su di me, come spero che la Uiltrasporti
possa portare avanti alcune esperienze
da me e da ANCAM proposte.
Vorrei ricordare che nel 2012 ci sarà il
sesto FORUM internazionale da tenersi
in Croazia e che fa seguito a quelli tenuti a Roma, Parigi, Ginevra, Bologna e
ancora Parigi e, ove non ci fosse la possibilità di mantenere in essere le iniziative collettive già deliberate dai ANCAM,
spero che l’Organizzazione UILT si
impegni a partecipare, se lo dovesse ritenere necessario come credo.
Io sono sempre a disposizione.
Santino Fortino
TEMPO LIBERO
27
Confronto a tutto campo sulle tematiche
della componente della Uil della Fitel
di S.F.
N
ella sede Confederale di Via
Lucullo a Roma, martedì 14
giugno u.s. la componente sindacale UIL della FITEL Nazionale si è
incontrata e confrontata sulle tematiche
del tempo libero e su alcune recenti
vicende inerenti i rapporti che intercorrono tra i vari rappresentati delle confederazioni CGIL CISL e UIL, facenti
parte del Comitato di Presidenza Nazionale dell’associazione.
Provenienti da tutte le regioni del Paese i
responsabili degli organismi nazionali e
regionali, nella sessione mattutina svolta
alla presenza del Segretario Organizzativo Confederale Carmelo Barbagallo,
hanno affrontato il problema dei rapporti che negli ultimi tempi si sono acuiti al
punto da mettere in crisi quelli politici e
personali che intercorrono tra i nostri
rappresentanti Giovanni Ciarlone, Rita
Tommasini, Luigi Maiello e, soprattutto,
la componente CGIL con il Presidente
Luigi Pallotta in testa,
mentre la componente
CISL dimostra di agire in
maniera fin troppo opportunista.
Si potrebbe dire che ognuno fa il proprio gioco, e
questo sta nelle cose, ma è
opportuno rammentarsi
che la FILTEL è l’unica
organizzazione confederale dove si respira ancora
un’aria unitaria, che di
questi tempi è cosa rara e,
aggiungo, meritoria.
Essere radicali se non
addirittura prepotenti nei
meriti e nei metodi può
dare illusioni, ma alla
lunga non porta da nessuna parte.
Il decisionismo centralizzato, il mancato
confronto, l’arroganza, la non curanza
delle conseguenze sono difetti e non
pregi dello “stare insieme” che è la stella polare della Federazione Italiana Tempo Libero.
La FITEL, con la capillarità
delle sue strutture, con la partecipazione dei lavoratori e dei
cittadini, è garanzia di avanzamento culturale e civile, ma
anche di socializzazione, di
autorganizzazione e autogestione ed è una ricchezza non
solo individuale ma dell’intera
socialità del Paese.
Il Segretario Confederale Carmelo Barbagallo, ha registrato
le differenzializzazioni esistenti che riguardano sia le scelte
politiche e organizzative, sia le
conseguenti
ripercussioni
anche di ordine economico. Ha
dichiarato che la UIL Confederale farà quanto possibile e
necessario per risolvere il pro-
blema, con la piena soddisfazione di
tutti.
Nella sessione pomeridiana di questo
incontro, si è discusso di Bilateralità con
il Segretario Confederale Guglielmo
Loy, che ha introdotto l’argomento
facendo riferimento al contesto in cui
siamo oggi, sia dal punto di vista contrattuale che delle normative e della legislazione esistenti, al netto della titolarietà delle parti sociali.
La Bilateralità non può essere ricondotta
a una mera fornitura di servizi ma dovrà
creare i presupposti per essere un centro
di conciliazione, di concertazione, di
certificazione, di contrattualità e, perché
no, anche di sostegno ad un nuovo Welfare che sta sempre più prendendo
forma.
Giovanni Ciarlone ha chiuso poi i
lavori di questa interessante giornata di
confronto tra i responsabili territoriali
e nazionali della FITEL, i cui risultati e
decisioni saranno portati come contributo al prossimo Consiglio Nazionale
dell’Associazione del 22 giugno 2011.
PER LE STRADE D’EUROPA
CHI NON RISPETTA I LIMITI DI VELOCITÀ,
NON RISPETTA NIENTE.
LE LEGGI
29
LA MEDIAZIONE: UN IMPORTANTISSIMO
STRUMENTO PER LA CONCILIAZIONE DELLE
CONTROVERSIE CIVILI E COMMERCIALI
di CLETO CATALANO
I
l 20 marzo scorso è entrato in vigore
il decreto legislativo 4 marzo 2010,
n. 28, che, in ottemperanza alla
direttiva del Parlamento Europeo
2008/52/CE e del Consiglio del 21 maggio 2008, . introduce nel nostro sistema
giudiziario l’istituto della mediazione
obbligatoria per la conciliazione delle
vertenze civili e commerciali relative a
diverse materie, quale condizione di
procedibilità dell’azione giudiziaria.
Tale decreto legislativo ed il conseguente decreto ministeriale si muovono nella
stessa logica che ha guidato il legislatore
nel riformare il processo del lavoro, vale
a dire, valorizzare al massimo la giurisdizione volontari sia per accorciare i
tempi per la definizione delle controversie civili in varie materie, sia per ridurre
nel tempo gli organici della giustizia
civile ed , eventualmente, impiegare una
parte di essa in campo penale.
Il legislatore, per così dire, per invogliare o meglio dirottare i cittadini italiani
verso la giurisdizione volontaria, anzi-
ché quella ordinaria, si
serve del bastone e della
carota.
La carota è rappresentata
soprattutto dai tempi veramente ristretti occorrenti
per la definizione delle controversie civili, nonché da
agevolazioni fiscali (quali il
credito di imposta) e della
esenzione di alcune spese
di bollo e di registrazione
degli atti. Fino ad euro
50.000 è prevista l’esenzione, la eventuale eccedenza viene calcolata sempre
detraendo detti 50.000 euro.
Il bastone è rappresentato dalle conseguenze negative sul piano giudiziario,
qualora non si acceda al procedimento di
mediazione chiesto dalla parte che
intende far valere un qualche diritto o
qualora il giudizio intentato da parte
istante o dalla parte resistente si concluda completamente o parzialmente rispetto alla proposta formulata dal mediatore.
Sicuramente se ci si trova di fronte ad
una azione temeraria da parte dell’istante o ad un comportamento pretestuoso da parte del
resistente, il punto
di vista del legislatore è condivisibile
ed encomiabile,
ma se in entrambi i
contendenti sono
riscontrabili comportamenti
in
buona fede, ciò
significa una notevole limitazione al
diritto di agire in
giudizio, se una
delle parti in causa
ritiene di aver subito una lesione non
correttamente valutata dal mediatore. E’
ovvio che la limitazione non riguarda
solo la parte attrice ma anche quella convenuta.
Pur essendo per principio favorevole al
ricorso alla giurisdizione volontaria per
la definizione delle controversie, così
come disposto dal decreto legislativo n.
28/2010, o da altre norme previste dalla
attuale legislazione o, ancora, da norme
contrattuali, credo che il decreto avrebbe
dovuto tenere in maggior conto:
- della necessità di tenere i costi della
procedura di mediazione a livelli più per
le classi più deboli, che non sono solo
quelle con diritto al patrocinio gratuito;
- della opportunità di elevare il limite del
credito di imposta (500 euro nel caso la
mediazione riesca e 250 euro nel caso
abbia esito negativo), spalmandolo in
caso di incapienza in più di una annualità.
Va notato che il decreto non prevede
esplicitamente alcun rimedio nei confronti di un atto di conciliazione viziato
da errori materiali o peggio ancora da
errori commessi dal mediatore nella formulazione della proposta di conciliazione, poi accettata dalle parti, per cui si
deve dedurre che possano essere posti in
PER LE STRADE D’EUROPA
30
atto i rimedi relativi agli atti di transazione.
Ancora, il legislatore mentre, a giusta
ragione ha disposto che il verbale di
conciliazione non possa essere omologato se il suo contenuto è contrario
all’ordine pubblico o a norme imperative, nulla ha disposto circa la responsabilità del mediatore e dell’organismo di
mediazione. Anche in questo caso i
rimedi applicabili vanno ricercati nella
legislazione ordinaria.
Va anche osservato che mentre è stata
regolata e definita la procedura di
mediazione, nonché in maniera tassativa
la sua durata, non sono stati previsti i
tempi per la omologazione del verbale di
conciliazione, che nell’ottica in cui si è
mosso il legislatore dovrebbero essere
inderogabili.
L’accordo tra le parti che ponga fine ad
una controversia in tempi brevi ed in
maniera soddisfacente per tutte le parti
in causa è sicuramente da preferirsi ad
una definizione della lite in sede giudiziaria, non solo e non tanto per i tempi
eccessivamente lunghi con i quali arriva
la sentenza definitiva, quanto per le conseguenze di natura economica e psicologica che comporta un processo che dura
per un lungo arco della vita dei conten-
PER LE STRADE D’EUROPA
LE LEGGI
denti. Quindi si
può dire che il
decreto, almeno in
via teorica, va nella
direzione giusta,
salvo i nei sopra
evidenziati (facilmente emendabili)
resta da verificare
quali saranno i
risultati pratici, in
quanto si tratta di
intervenire non
solo sulla mentalità
delle parti in lite,
ma anche e soprattutto sui professionisti che operano nella
giustizia civile.
Molte controversie potrebbero essere
definite sol che si maturasse il convincimento che l’azione giudiziaria deve rappresentare “l’ultima ratio” Voglio dire
sommessamente che tutti gli operatori
del settore dovrebbero adoperarsi maggiormente presso i propri assistiti al fine
di arrivare ad una conciliazione della lite
attraverso una transazione stragiudiziale
senza dover ricorrere né ad organismi di
mediazione, né al giudice. Certo si tratta
di una nuova cultura del diritto che
andrebbe sollecitata e premiata.
Il decreto legislativo n. 28/2010, in
effetti, allorchè
pone a carico dell’avvocato l’obbligo di informare il
cliente che, prima
di iniziare l’azione
giudiziaria, è indispensabile, ovviamente per i casi
previsti dal decreto, chiedere ad uno
degli organismi
abilitati il tentativo
di mediazione, si
muove in questa
direzione.
Inoltre non bisogna
dimenticare che la
parte che ritiene di
aver subito una
lesione dei suoi diritti può direttamente,
senza l’assistenza legale, fare istanza per
chiedere, appunto, l’esperimento del
tentativo do mediazione.
Il ministero della Giustizia dovrebbe,
sempre a mio modesto parere, pubblicizzare di più e meglio le finalità alla base
delle novità normative introdotte nel
nostro sistema giudiziario, sia attraverso
spot mirati, sia attraverso sceneggiati
che, meglio di una attenta lettura del
testo, possano convincere i cittadini italiani non solo della convenienza di utilizzare lo strumento della mediazione od
ancor meglio quella transazione con o
senza l’assistenza legale.
In chiusura voglio esprimere i miei
dubbi e perplessità sulla opportunità che
collegi, albi, ordini professionali, alcuni
addirittura a semplice domanda, possano
costituire organismi di mediazione. Il
rischio di condizionamento di tipo psicologico- professionale può far perdere
di vista che la proposta di conciliazione
del mediatore si deve basare solo sul
principio di equità. Né va dimenticato al
riguardo che il mediatore per formulare
la proposta di mediazione può avvalersi
dell’ausilio di periti accreditati presso il
Tribunale locale.
Cleto Catalano
P.S. Sull’argomento affrontato da
questo articolo è in corso di pubblicazione un “quaderno d’informazione”
di cui daremo cognizione nel prossimo
numero.
SOFFIA IL VENTO...
31
...e il cielo
si tinge di rosa
di CAROLA PATRIARCA
N
on è semplicemente una brezza
quella che spira in questo momento in Italia. Sono mille refoli che pervadono ogni angolo dello Stivale, sono centinaia di folate che scompigliano la Penisola, sono raffiche che
scuotono il Bel Paese, è un vento vigoroso che stupisce e disorienta. Per il
momento non è poderoso come un uragano, ma la speranza è che lo diventi.
Che ci fosse del fermento qualcuno se
ne era accorto, ma con la manifestazione del 13 febbraio a Roma, tutti hanno
dovuto prendere coscienza che qualcosa stava cambiando. Al grido di “Se non
ora quando?” un milione di donne (ma
anche di uomini) si sono radunate in
tutta l’Italia. A piazza del Popolo, dopo
che nel silenzio è stato calato dal Pincio uno striscione con la scritta “Vogliamo un Paese che rispetti le donne”,
si sono susseguiti gli interventi: operaie, giornaliste, studentesse, insegnati,
scrittrici, sportive e migranti. Le “ec-
cellenze” e le donne comuni. Un universo perlopiù al femminile. Ma voglio
andare oltre la manifestazione, valsa
come presa di coscienza; che le donne
ce la possano fare, anche senza “le quote rosa” e “le pari opportunità”, lo vediamo tutti i giorni in mille occasioni.
Donne che hanno “bucato lo schermo”,
con grinta e sacrificio. La Sig.ra Montalcini ha sacrificato la sua vita privata
per donare al mondo la sua scienza e
intelligenza. Madre Teresa ha abbandonato gli agi della famiglia per assistere
i poveri di Calcutta, elargendo amore e
capacità a piene mani. La Marcegaglia
ha dovuto tirare fuori tutta la grinta
“umanamente” possibile, per farsi spazio in un ambiente maschile per eccellenza e arrivarne ai vertici. Alcune hanno spianato la strada ad altre, ma non
è con le “quote rosa” che la Camusso è
diventata il Segretario Generale della
CGIL, non è per “par condicio” che Concita de Gregorio dirige la testata “Uni-
tà”. Non è certo per il “lato b” che abbiamo la Bindi alla Camera. Non le vogliamo donne che si fanno strada né col
corpo né con le concessioni. E soprattutto non vogliamo le igieniste dentali, le subrettine, le attricette e le maggiorate al Governo. Non sono indignata per la mercificazione del corpo di
queste donne, ognuno secondo me,
può vivere la propria moralità come
vuole, tutto è lecito sin quando non si
valicano i confini degli altri. E non ci
importa nemmeno della campagna di
Ricci per difendere “le veline”. Non ci
scandalizziamo dei costumi più o meno
audaci, come nemmeno ci scandalizzano le pubblicità con donne svestite. Se
non ci piacciono, giriamo pagina o
cambiamo canale. Ci scandalizza invece
una Gelmini come Ministro della Pubblica Istruzione, che non conosce nemmeno l’italiano, come abbiamo appurato in diverse occasioni, e che definisce
“ inutili amenità” alcuni corsi di laurea
come “scienze della comunicazione” e
reputa ci siano dei “radical chic” nella
piazza della manifestazione “Se non
ora quando?”. Sono convinta che inve-
PER LE STRADE D’EUROPA
32
ce la maggior parte delle donne (e anche uomini) scese a manifestare sono
state mosse solo da una sana voglia di
rinnovamento, non solo di governo ma
anche di morale.
Suor Eugenia Bonetti ricorda che bisogna “dare voce a chi non ha voce, alle
nuove schiave che vengono nel nostro
Paese pensando di trovare un futuro migliore. E’ per loro e per tutte noi che faccio appello perché sia riconosciuta la dignità della donna. Di queste schiave siamo sorelle e madri, per noi e per loro
dobbiamo dire basta a questo indegno
mercato del mondo femminile, a quei diritti umani fondamentali che sono negati”.
Sul petto la Camusso esibisce lo slogan
“Non più disposte a farci consumare” e
dal palco spiega: “Vorrei abbracciare
simbolicamente tutte le donne giovani e
non che lottano contro la precarietà, e
vogliono lavorare e non vogliono sentire su di loro quello sguardo che svilisce
e offende. Vorrei che la giustizia fosse
uguale. Vorrei che quando si parla di
minorenni si pensasse allo studio, al
gioco, al futuro. Vorrei un Paese con
una sola morale, perché quella doppia
offende e nasconde la nostra dignità.
Vorrei, ma so che è così, che libertà, democrazia, sesso, donne, futuro, fossero
di nuovo parole pulite”.
Non parole al vento, ma un uragano di
parole. E che un vento nuovo sia partito dalla manifestazione ce ne siamo accorti anche alle ultime elezioni regionali. Rosalba Colombo è nuovo sindaco
PER LE STRADE D’EUROPA
SOFFIA IL VENTO...
di Arcore, donna e di sinistra. Il suo primo
commento è stato “La
mia vittoria ha un doppio valore. Sia perché ha
dimostrato in maniera
netta che i cittadini di
Arcore vogliono cambiare, credono in un programma condiviso e in
un nuovo stile di fare
politica. Ma è una doppia sfida vinta anche perché sono una donna”. Anche a
Milano c’è un vice sindaco donna e una
nuova giunta con il 50 percento al femminile. Si potrebbe obiettare che prima
c’era la Moratti, ma quello che vorremmo far capire è che importante non è
“essere donna”, ma agire e ragionare
“da donna”, con la concretezza che ci
contraddistingue, con i valori e con le
capacità. E, infatti, i voti sono arrivati.
Ora vorrei dire: non è che quando andiamo a votare scegliamo la prima donna che troviamo sulla lista, per bisogno
di corporazione. E non trovo giusto
nemmeno che gli uomini votino le candidate solo perché c’è l’indicazione del
partito per non fare brutta figura. Non
è d’immagine che parliamo, ma di sostanza. Nessuna si augurerebbe mai di
avere uno Scamarcio al Ministero dell’Economia o un Raul Bova alla Difesa.
Sono belli e di rappresentanza, saranno anche intelligenti, ma non ci comunicano nessuno spessore politico. Invece con le donne è accaduto, ma ora il
vento sta cambiando. Le nostre delegate ci rappresentano con
il cuore e con la testa.
Vorrei aggiungere che
anche i “meravigliosi”
risultati dei referendum
sono merito delle donne, ma per non essere
accusata di faziosità, dico che la vittoria è delle
donne e dei loro uomini.
Ho parlato sin ora di
“eccellenze”, ma anche i
refoli citati all’inizio
hanno la loro importanza. Nel nostro sindaca-
to, sotto uno strapotere maschile,
qualche donna si è affacciata. Magari
all’inizio non osteggiata dalla competitività, anzi aiutata proprio dal dovere
di inserire le famose “quote rosa”, ma
poi si sono fatte conoscere e apprezzare. Abbiamo una Panetta, che con caparbietà ha raccolto i consensi della
stragrande maggioranza degli Assistenti di Volo, anche a costo di essere vilipesa e ingiuriata. È sopravvissuta alle
maldicenze, ha studiato, si è dedicata
completamente al sindacato ed ha ottenuto il suo successo.
Abbiamo la Rossi, che forse entrata
nello stesso modo nella struttura, all’inizio sembrava eterea come la sua
professione, ma con caparbietà, passione e capacità si è fatta valere come
“Addetta Stampa”. Anche lei ha dovuto rinunciare a una vita, non dico più
tranquilla, ma sicuramente più pragmatica. E queste sono solo due delle
nostre “eccellenze”, ce ne sono tante
altre, ma poi ci siamo tutte noi, le mediocri, le ordinarie, che lavoriamo con
passione, dando tutto ciò che è alla nostra portata per far si che il vento cambi. Tutte noi donne che affrontiamo un
sociale che è maschile per eccellenza.
Che ci facciamo carico della casa, dei figli, del lavoro, del compagno, del traffico, delle bollette, della cucina e di
quant’altro facevano le nostre madri,
ma con dieci ore meno al giorno. E con
un impegno in più, rafforzare quel vento nuovo, in modo che se a nostro figlio, cresciuto nel rispetto per l’individuo, le capacità e la professionalità,
viene voglia di un caffè… chiami il bar
e non la segretaria!
Carola Patriarca
34
LA UIL NEL TERRITORIO: QUI PARMA
Un appunto di storia
dalla nostra redazione EMILIA-ROMAGNA
22 Novembre 2010 : Rinnovo ai vertici della Uiltrasporti di
Parma, viene eletto segretario generale Gianni Sciortino, unitamente ai tre segretari provinciali, Fabio Piccinini, Fabio
Galeotti, Alberto Ferrari.
Il percorso intrapreso fino ad oggi dalla
nostra segreteria, ha valorizzato e incentivato il processo comunicativo verso i
nostri tesserati e non, con un obiettivo
costituito dal fornire informazioni utili,
in tempo reale e comprensibili per tutti.
Nei mesi trascorsi, sono state attivate
diverse convenzioni ed agevolazioni per
i nostri iscritti. Nota di merito sicuramente da sottolineare è quella del servizio di compilazione del modello 730 ad
un costo irrisorio, tenuto conto dell’erogazione gratuita delle tessere ADOC e
UNIAT, inoltre attualmente la segreteria
si sta attivando per fornire un servizio di
consulenza legale tramite professionisti
dell’ordine, questo infatti permetterà di
fissare un appuntamento presso la nostra
sede con il legale convenzionato, fornendo la consulenza richiesta a titolo
gratuito per tutti gli iscritti che ne faranno domanda.
I risultati non si sono fatti attendere: da
segnalare in particolare, la crescita esponenziale nel settore degli ausiliari della
sosta, dove le competenze e professionalità della nostra delegata Maria Stella
Vannacci hanno segnato e segneranno
un percorso importante.
Sul trasporto pubblico locale di Parma
da mesi è stato avviato il procedimento
di gara a doppio oggetto, per la vendita
di parte delle quote societarie della locale azienda TEP S.p.A., che manterrà
comunque il capitale a maggioranza
pubblico, un delicato momento, non
elezioni 2011 RSU TEP S.p.A.
Grazie! A tutti i lavoratori che hanno
espresso fiducia ai
nostri delegati Alinovi Luca e Zanetti
Emilia e alla nostra
organizzazione.
PER LE STRADE D’EUROPA
I delegati Alinovi e
Zanetti hanno ottenuto una perfomance di tutta invidia con un bacino
di voti che è andato
oltre gli iscritti della segreteria aziendale, un risultato
che di sicuro risulta essere di buon
auspicio per il futuro e un serio impegno di lavoro nella
nuova RSU aziendale.
privo di tensioni, è stato ugualmente tradotto grazie all’impegno della segreteria
Uiltrasporti unitamente a Cisl, Cgil e
Faisa, in un protocollo a salvaguardia
della tutela occupazionale dei dipendenti, con elementi per gestire eventuali
ridondanze organizzative e con il pregio
di escludere eventuali ricorsi all’allegato
A art 26 del R.D. 148 per la gestione di
eventuali esoneri.
In questi giorni inoltre è stata recepita
notizia nel merito del probabile rientro
del capitale investito da TEP presso
l’istituto di credito MB banca in amministrazione controllata ed oggi in liquidazione: il buon fine di tale operazione
garantirebbe la tranquillità di sostenere
al meglio i futuri investimenti aziendali.
LA UIL NEL TERRITORIO: QUI MILANO
35
Da Roma a Milano ancora in treno
sulla via del rientro rifletto a voce alta
dalla nostra redazione LOMBARDA
di LUIGI CHIARI
I
l 7 e l’8 mettiamoci anche il 9 giugno - per cui lo stesso film di oggi
l’ho già rivisto.
Perché oggi dopo un’estenuante attesa
di ore, e dopo un notturno tour de force,
inizio ore 7 dell’8 giugno fino al mattino
del 9 giugno ore 7, i Segretari Nazionali
se ne vanno a schiacciare un pisolino di
pochissime ore al ritorno dopo un’ulteriore ristretta, tornano in plenaria per
comunicarci che non ci sono le condizioni per chiudere.
Allora, vediamo un po’: propongono e
fanno un grosso richiamo alla responsabilità politica per chiudere velocemente
un contratto, ormai si sfiora l’anno e più
di trattativa, le aziende pubbliche con
contratto Federambiente rischiano il fallimento come tali e ancora una volta non
ci sono le condizioni per chiudere. Ma
cosa vogliono ancora?
1. La parte economica ha, di fatto, una
possibile condivisione di arrivare ad
un aumento che è quasi in sintonia
con la piattaforma rivendicativa proposta.
2. Sull’assistenza sanitaria esiste un
possibile accordo per un capitolo di
spesa da inserire nel CCNL
3. Malattia: nella contrattazione di 2°
livello sulla produttività, sulla base di
4.
una media nazionale del settore, se si
supera il tetto che sarà stabilito,
saranno decurtate, economie legate al
premio di produttività. Il comparto
prolungato esiste di massima una
condivisione di non toccarlo, semmai
detto in parole povere deve essere
FISE a introdurre la regola di prolungato.
Esternalizzazioni: destinazione del
5% nazionale con possibilità di portare al 15% il livello territoriale, su
base gara, per la raccolta e spazzamento comunque legata al contratto
di servizio. L’eventuale accordo è
vincolato al rinnovo del CCNL FISE.
Orario multiperiodale, quasi condiviso, richiesta di alzare sino a una prestazione lavorativa a 46 ore settimanali nei 6 mesi, ma che comunque la
media è quella delle 36 ore settimanali con la possibile eliminazione delle
percentuali.
Tempo tutta; fuori dall’orario di lavoro.
Classificazione del personale; costituzione di una Commissione Nazionale
che entro dicembre corrente anno
dovrà dare il merito della Commissione trattante.
Rappresentanza: entro dicembre corrente anno una nuova normativa che
espliciti i compiti della RSU.
Per il resto delle normative contrattuali dovranno essere definiti dei
parametri minimi e massimi per le
eventuali modifiche e che non sia
oggetto dell’eventuale intesa contrattuale raggiunta.
Allora io dico: perché questo immobilismo, è perché siamo come sindacato
5.
incapaci? Oppure le controparti (FEDERAMBIENTE) ci prendono per i fondelli? Sono per la seconda affermazione.
La pazienza ha i suoi limiti, la voglia
sarebbe quella di urlare ai quattro venti e
non solo, ti verrebbe voglia di bloccare
tutto, di fare barricate di rifiuti, ma que6.
sto non si può fare, sei legato alla legge
146/90 e sue successive modifiche,
7.
quindi immobilismo totale.
Il giorno 14 giugno ci dicono che faranno il direttivo di Federambiente quindi
si pensa ad un deliberato, e se così fosse,
il 15, 16 e il 17 giugno, date già pro8.
grammate per una ulteriore fase di lavoro trattante, saranno determinanti ai fini
della chiusura contrattuale o della even9.
tuale sospensiva.
Lo spero, lo sperano i lavoratori e se non
concludi, bè credo debba essere data una
spallata forte ad un sistema sempre più
inaccettabile per non usare altri aggettivi. Ciao il Chiari è stanco, ma il mio
amico Milloni mi diceva: non mollare
Ma allora la primavera è arrivata ed è mai Luigi che siano pubbliche o private
già molto avanti, il 21 giugno si passa le aziende, sono sempre governate con
all’estate, di fatto le controparti non si la mentalità padronale
sono svegliate.
Aveva ragione ne farò tesoro di vita.
PER LE STRADE D’EUROPA
LA UIL NEL TERRITORIO: QUI VENEZIA
36
INDETTA DALL’AUTORITA’ PORTUALE E DAL CENTRO DI FORMAZIONE CFLI
Tavola rotonda Safety day
dalla nostra redazione VENETA
Introduzione:
Dr. Franco Sensini - Segretario Generale Autorità Portuale di Venezia
Tiberio Piattelli - Comandante del Porto di Venezia
Saluti: Elena Donazzan - Assessore all’istruzione, alla formazione ed al lavoro della Regione
Veneto
Paolino D’Anna - Assessore alle Politiche e Servizi per l’Occupazione e il lavoro
Giorgio Orsoni - Sindaco di Venezia
Tavola rotonda Oreste Tofani - Commissione parlamentare di inchiesta sulla sicurezza nei luoghi di lavoro
Nicola Torricella - Autorità Portuale di Venezia; Giancarlo Magarotto – Asl 12 Spisal Venezia
Alberto Pietrocola - Capitaneria di Porto; Stefano Marconi – Dir. Prov. del Lavoro di Venezia
Francesco Boella – Inail ex Ispesl Venezia; Luigi Robba – Ente bilaterale dei Porti
Davide Tassan – Compagnia Lavoratori Portuali; Gaetano Antonello Cisl;
Antonio Capiello, Cgil; Gianni Carraro. Uilt
L’INTERVENTO DEL SEGRETARIO REGIONALE UILTRASPORTI
I porti: realtà complessa.
Questa giornata di confronto tra tutti gli
attori presenti determina senza dubbi la
volontà degli enti preposti, dell’autorità
portuale e delle società che vi operano di
affrontare mettendo a fattor comune
esperienze e progetti tesi alla operatività
del sistema portuale salvaguardando con
l’intenzione in primis, di salvaguardare
l’incolumità degli addetti grazie anche
all’impegno formativo di C.F.L.I per la
sicurezza nell’ambito lavorativo.
Dopo il disastro di linate, con un bilancio finale di 118 vittime, il più grave
incidente aereo mai avvenuto in Italia
l’8 ottobre 2001, da quel momento ho
PER LE STRADE D’EUROPA
iniziato a sentire parlare seriamente di
sicurezza sui posti di lavoro.
Parlando di sicurezza nei porti, oggi
mi sono reso conto da esterno che i porti
sono ambiti di realtà complesse dove
vengono svolte operazioni sia a bordo
nave che a terra la loro particolarità
rende inevocabile la specificità del lavoro portuale, la molteplicità dei soggetti
presenti nei porti rende indispensabile
un’azione di coordinamento tra autorità
marittima, autorità portuale, ispettorato
del lavoro, INAIL ed altri organismi
preposti ai diversi tipi di controllo ed
anche alla individuazione delle responsabilità delle imprese, dei terminalisti,
degli armatori e di tutti i soggetti privati.
La realtà dei porti dimostra che il progresso tecnologico non ha portato con sè
quel miglioramento delle condizioni di
lavoro che ci si poteva attendere, anzi, i
porti sono divenuti via via sempre più
pericolosi fino ad oggi.
Le mansioni degli operatori sono cambiate in modo radicale, con un diffuso
utilizzo di attrezzature e mezzi di trasporto.
Ad aumentare i rischi congiurano le
stesse caratteristiche del lavoro portuale,
che muta di giorno in giorno a seconda
dei carichi, richiede ritmi elevati e mette
a confronto i lavoratori del posto con
LA UIL NEL TERRITORIO: QUI VENEZIA
quelli delle navi di altri paesi con lingue
e formazione diverse con risultati in termini di incidenti che fino a ieri erano
preoccupanti.
Il porto è ormai al terzo posto nei primati statistici degli infortuni sul lavoro
nel nostro paese, dopo le costruzioni e la
metallurgia, un primato che richiede
soluzioni e interventi ben mirati per
garantire al lavoratore il pieno diritto
all’incolumità, alla sicurezza e a una
dignitosa qualità di vita.
Dopo i tragici eventi avvenuti negli
anni scorsi con perdite di vite umane
avvenute in vari porti italiani tra i piu
tragici quello di ravenna, e di venezia, si
è condiviso a proprio venezia un percorso con le parti datoriali e l’autorità portuale per arrivare nel 2008 alla sigla di
un protocollo d’intesa sulla sicurezza
che ha prodotto un obbiettivo che riconosce la priorità della formazione quale
conoscenza del rischio nel posto di
lavoro.
Pertanto, come prevenzione, è necessaria una costante attività di informativa e
formativa degli addetti ai vari livelli da
parte dei rispettivi datori di lavoro delle
imprese portuali.
Per noi come UILT tutto questo non
basta in quanto, dopo l’aumento del
ricorso del lavoro temporaneo, si evidenzia la necessità che il lavoratore
portuale sia sempre più informato sui
rischi della propria attività e ne tragga il
massimo profitto dalla formazione che
riceve onde evitare quelle tragedie alle
quali abbiamo assistito in questi anni!,
penso alla luce della mia esperienza personale sia necessario che oltre alla formazione in aula si debba attivare anche
la formazione nei luoghi di lavoro simulando situazioni di emergenza nelle
quali gli addetti possono trovarsi ogni
giorno, una buona pratica può evitare
inutili perdite di vite umane.
Il nostro motto deve essere (conoscere
il rischio vuol dire evitarlo) crediamo
37
che la formazione e l’informazione
costante sia un impegno morale che
dobbiamo assumerci tutti a salvaguardia dell’incolumità dei lavoratori
addetti.
L’individuazione dei rappresentanti
dei lavoratori per la sicurezza di sito
produttivo r.l.s.s. questa recentissima
figura anticipata negli accordi di. Venezia, ravenna, genova e napoli, deve e
dovrà funzionare con l’obbiettivo auspicabile di arrivare utoa incidenti zero.
Nel ribadire che la formazione sulla
sicurezza sino ad oggi fatta dalla struttura cfli sia un pilastro da portare ad esempio anche per altre realtà lavorative non
ultime quelle di handling operanti nel
sedime aeroportuale, dobbiamo essere
tutti buone sentinelle che controllano
quotidianamente l’ambiente lavoro!
Solo cosi potremo dire di aver svolto il
nostro ruolo.
Segreteria UILT Reg. Veneto
Gianni Carraro
PER LE STRADE D’EUROPA
38
LA UIL NEL TERRITORIO: QUI NAPOLI
LA POLITICA DI FRONTE ALLE EMERGENZE: PROGRAMMARE IL FUTURO,
GESTIRE IL PRESENTE
Facciamo un bel passo in avanti
dalla nostra redazione CAMPANA
di FABIO GIGLI
M
entre scriviamo, gli echi della
campagna elettorale non si
sono ancora spenti e in molti
Comuni si attende di conoscere la
volontà dei cittadini. Si formeranno
nuove maggioranze e nuove opposizioni, nel ripetersi di un gioco democratico
in cui si riafferma il primo fra i diritti di
cittadinanza, quello di scegliere i propri
governanti locali e nazionali. Parlare di
diritti in questa nostra terra oltraggiata
da tante offese al vivere civile - come
giudicare altrimenti i rifiuti che invadono il Capoluogo e soffocano parte della
sua Provincia? – potrebbe sembrare un
paradosso. Lo abbiamo già scritto nelle
pagine di questo giornale e lo ripetiamo
ancora una volta, mentre ci accingiamo
a raggiungere i seggi elettorali per assolvere il dovere civico che ci viene così
ampiamente sollecitato da tutte le forze
politiche. Vorremmo che quei partiti e
movimenti mettessero i
cittadini al centro dei
loro programmi anche
quando le elezioni sono
lontane, nei momenti in
cui la politica dovrebbe
essere impegnata esclusivamente dal proprio
lavoro: programmare il
futuro e gestire il presente.
Non stiamo praticando
la comoda strada del
qualunquismo a tutti i
costi e non guardiamo
alle nuvole più grigie per
gridare ”piove, governo
ladro!”. Intendendo per
PER LE STRADE D’EUROPA
governo, com’è ovvio, l’autorità o istituzione nazionale, regionale, provinciale o
comunale che per prima vi viene in
mente. Ci limitiamo a sostenere che
diritti fondamentali come quelli alla
salute, alla mobilità, all’igiene pubblica,
debbano restare al centro di qualsiasi
agenda politica e che la lotta alla disoccupazione debba restare al centro di
qualsiasi strategia di sviluppo, soprattutto nel Mezzogiorno e soprattutto a
Napoli e in Campania.
Non ci sembrano pretese eccessive in
una terra che vorrebbe lasciarsi alle spalle le sue mille emergenze ripartendo,
magari, dal rinnovare la tutela dei diritti
ripensando il sistema dell’assistenza
sanitaria e socio-sanitaria, razionalizzando e completando il sistema di trasporto pubblico integrato, assicurando
una corretta gestione dei rifiuti.
Cose normali, verrebbe da pensare con
l’aria un pò sognante di chi tenta di
guardare oltre il triste orizzonte di disoc-
cupazione e ammortizzatori sociali, crisi
economica ed erosione dei valori di solidarietà, esasperazione e diffidenza diffuse nei confronti della politica e del sindacato.
Per ritornare con i piedi per terra basta
aprire uno dei quotidiani che riportano i
fatti locali. Leggiamo della querelle nata
tra Asia Napoli e Commissario di nomina regionale per il mancato affidamento
del termovalorizzatore cittadino, costruzione e gestione, all’azienda napoletana.
Sono in ballo interessi economici rilevanti, il livello del confronto è assolutamente alto. Per ora non entriamo nel
merito e non esprimiamo giudizi, ci
limitiamo a rilevare come trovi poco
spazio una necessaria riflessione sulla
sostenibilità economica del ciclo dei
rifiuti, questione centrale per lavoratori e
cittadini. Crediamo in una gestione dell’igiene ambientale magari non pubblica, ma che soddisfi esigenze eminentemente pubbliche di diffusione dei servizi e contenimento dei costi economici e sociali. Alla politica
chiediamo di conoscere i progetti che realizzano questa
aspettativa, gli ambiti delle
necessarie sinergie tra istituzioni, le caratteristiche del sistema
che si intende mettere in piedi.
Dopo anni di tasse salate per i
cittadini e aspre polemiche su
presunti esuberi tra i lavoratori,
sarebbe un bel passo in avanti.
E magari un bel segnale per chi,
come noi, crede ancora nel
valore della politica e nelle possibilità di riscatto che possono
venire da una buona politica per
Napoli e per la Campania.
LA UIL NEL TERRITORIO: QUI NAPOLI
39
DOPO MESI DI ATTESA VIENE RESTITUITA ALLA CITTÀ
LA STAZIONE DI MONTEDONZELLI
Metronapoli: riapre la stazione
in Via dell’Erba
di SIMONE SIMEONE
S
i “taglia” ma si restituisce. Si riduce ma si reintegra il servizio. È il 7
febbraio 2011 quando l’azienda
Metronapoli informa la sua clientela che
per mancanza di personale, per lavori di
manutenzione si chiudono due stazioni
secondarie della linea 1, quella di Rione
Alto e di Montedonzelli. Un disservizio
che ha creato non pochi disagi agli abituali fruitori della linea metropolitana,
quella definita la più funzionale della
rete. Le proteste incessanti della municipalità e dei cittadini consentono la riapertura della stazione di Rione Alto
dopo poco tempo, ma per quella di Montedonzelli non c’è nulla da fare: la stazione resta chiusa nonostante sia a servizio di un parcheggio di interscambio da
duecento posti, di un’ampia area residenziale e dello sportello Napoli Nord
dell’Agenzia delle Entrate. Viaggiatori,
quindi, che all’uscita della stazione sono
costretti a “scalare” la zona collinare per
raggiungere l’agognata meta, il tragitto è
breve, è vero, ma il disservizio c’è, resta
e danneggia l’utenza, irritata, avvilita e
convinta che ormai l’azienda Metronapoli, ad ogni necessità, è pronta a chiudere le seconde uscite della linea 1 senza
pensare ai danni procurati. Sarebbe stato
comprensibile il disagio se si fosse limitato a qualche settimana, ma i viaggiatori sottolineano l’assurdità della chiusura
della stazione protratta per circa tre
mesi. Ma oggi gli utenti sorridono.
Dal 4 maggio la stazione di Montedonzelli finalmente ha riaperto le porte,
sono state garantite quelle condizioni di
sicurezza e agibilità necessarie perché la
stazione di via dell’Erba fosse restituita
alla città, finalmente si è stati in grado di
limitare i disagi per i pendolari e per tutti
gli utenti del trasporto pubblico, anche
se uno sforzo enorme, durante questi
mesi, è stato chiesto ai viaggiatori nel
sostenere questa situazione: certamente i
tempi per ripristinare il regolare servizio
di trasporto pubblico sono stati troppo
lunghi. Ma questa è sicuramente una vittoria per i cittadini e per i comitati che si
sono battuti per la riapertura della stazione incriminata e vederla riaprire i battenti fa davvero piacere. Ed ora parrebbe
che la situazione sia risolta; il condizionale è d’obbligo visti i precedenti, visto
che gli utenti del servizio metropolitano
hanno una recondita paura: il metro collinare, ogni estate, è pronto a chiudere le
uscite di via dell’Erba, via Santacroce e
del Pascale.
Mancanza di personale, lavori di manutenzione, il motivo non sembrerebbe
essere importante. Sta di fatto che in
prossimità dell’estate i viaggiatori tre-
mano per la scelta aziendale che vede
sempre le stazioni sbarrare i loro accessi
agli utenti e questo non è proprio ciò di
cui vantarsi. Individuare le effettive criticità del sistema, in modo da poter elaborare, in breve tempo, un piano di ottimizzazione e di rilancio della linea,
dovrebbe essere il tracciato da percorrere per l’azienda Metronapoli. Bellissima
la notizia della riapertura della stazione
ma si spera che coincida anche con la
soluzione definitiva dei problemi che ne
hanno causato la chiusura, qualunque
essi siano. Il trasporto pubblico locale
rappresenta un diritto da garantire prima
che un servizio da erogare e l’azienda
Metronapoli deve essere sempre pronta
a disporre di un servizio metropolitano
degno di tale nome che potrà ospitare
sempre più utenti, liberando così la città
dalla congestione cui è quotidianamente
vittima.
PER LE STRADE D’EUROPA
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LA UIL NEL TERRITORIO: QUI NAPOLI
LA SORTE INCERTA DEI NUOVI SISTEMI DI INFORMAZIONE NELLE STAZIONI
Lo stallo dei teleindicatori in Circum
di FRANCESCO DI PALMA
C
he lo stato di abbandono sia in
azienda un dato di fatto non vi è
dubbio, ma che lo stesso possa
riguardare anche i servizi forniti ai
viaggiatori sotto il profilo delle informazioni, allora vuol dire che siamo
proprio arrivati alla frutta.
Molteplici possono essere i fattori di
criticità di un’azienda di trasporto, ma
tra i tanti disastri dal punto di vista di
scelta gestionale, non si può non parlare dei teleindicatori spenti all’interno
delle stazioni. Tanto più in un’epoca
dove l’informazione è considerata prioritaria, insieme alla sicurezza e alla
regolarità del servizio.
Quindi, se la diffusione sonora ed i
monitor possono aiutare i viaggiatori
ad avere indicazioni utili, i numerosi
teleindicatori in disuso e vandalizzati
sembrano uno dei tanti sprechi realiz-
PER LE STRADE D’EUROPA
zati dalla Circumvesuviana. Allo stato
attuale, in quasi tutta la rete ferroviaria, si può osservare il mancato funzionamento di gran parte delle apparecchiature con teleindicatore, tutte provenienti da diverse tecnologie e svariate ditte fornitrici, ma con una comune
caratteristica, appunto: lo stato di
abbandono.
È lecito chiedersi quali siano i fattori
contingenti che impediscono al management di provvedere alla messa in
funzione di decine di quadranti elettronici, con annessi computer (ormai
obsoleti), che garantirebbero quanto
meno un’informazione più chiara e
dettagliata sul servizio offerto.
E la risposta a questa domanda è ovvia:
niente soldi in cassa, perciò niente più
manutenzione dei sistemi installati o
acquistati dall’azienda!
Ecco allora che, mentre fino ad un anno
fa l’azienda, per essere al passo con
l’avanzamento tecnologico, proponeva
ai viaggiatori degli strumenti d’informazione all’avanguardia, oggi è
costretta a rinunciare alla loro stessa
manutenzione.
Se a ciò aggiungiamo il fatto che troppo
spesso c’è una insufficiente indicazione
dei binari nelle sale d’attesa, assieme a
quadri orari estremamente complessi
per la consultazione da parte dei viaggiatori, allora è difficile capire cosa
davvero voglia offrire l’azienda in termini di servizi.
A questo desolante quadro, possiamo
aggiungere certo un’attenuante: la
recente installazione di due prototipi di
teleindicatori interamente progettati da
capaci risorse aziendali, rispettivamente collocati nelle stazioni di San Giovanni a Teduccio e di Leopardi. E…
ironia della sorte: anche questi due prototipi sono in attesa di completamento,
per mancata consegna di materiale elettronico.
Ricorrere alla tecnologia non deve
essere solo un pretesto per lo sperpero
delle risorse economiche, ma un mezzo
per semplificare e migliorare un servizio reso agli utenti, che per quanto se
ne dica, rappresentano l’unica ragione
di vita del trasporto.
L’utilizzo dei nuovi sistemi di informazione richiede sicuramente una maggiore manutenzione, e probabilmente,
un dispendio di risorse per la loro
messa in funzione, ma se i teleindicatori ci sono, è indispensabile farli funzionare, altrimenti torniamo pure alla semplicità costruttiva delle cose, valorizzando quel poco che abbiamo nel
migliore dei modi, senza ulteriori sprechi. E magari a questo punto i teleindicatori potranno essere rimossi, lasciando spazio al vuoto… tanto ci sono gli
orari stampati!
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