Federazione italiana bancari e assicurativi
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RASSEGNA STAMPA
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Un aforisma al giorno ......................................................... 2
 Conti correnti e titoli: arriva il bollo ......................................................................... 3
 «Le banche si rafforzino tagliando i dividendi» ............................................................... 5
 Lo spread torna a sfiorare quota 500........................................................................... 7
 In asta titoli semestrali per 9 miliardi........................................................................ 8
 Alla lotteria Bce vincono solo le banche .................................................................... 9
 FonSai verso l’aumento di capitale da 750 milioni Ligresti ridurrà la quota............. 12
 UniCredit, salgono a 26 le banche del consorzio ....................................................... 13

 L’uomo che misura lo spread «È come ai mercati generali».......................................... 14
 Fonsai verso un maxi aumento bis ............................................................................ 16
 Mediobanca, sui doppi incarichi attesa per le regole di attuazione ........................... 17
 «Noi del convertendo Bpm, peggio dei Tango bond» ........................................................ 18
 Una
vera patrimoniale sui più ricchi nel 2013
conti correnti esenti da bollo fino a 5000 euro ....................................................... 19
 Mercati ancora freddi sulla mossa Bce ...................................................................... 20
 I giovani e gli immigrati prime vittime del credit crunch........................................... 21
 Fondiaria-Sai verso l’aumento da 750 milioni ........................................................... 22
Rassegna Stampa del giorno 23 Dicembre 2011
Comunicato di informazione a cura della Federazione Italiana Bancari e Assicurativi
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UN AFORISMA AL GIORNO
a cura di “eater communications”
“
SANTO NATALE
”
A TUTTI VOI!!!
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Il risparmio
Conti correnti e titoli: arriva il bollo
Franchigia fino a 5mila euro per i depositi e i buoni postali, nel mirino anche le attività all'estero
ROMA
La manovra che ieri è stata approvata in via definitiva prevede per quel che riguarda la tassazione dei
conti correnti qualche modifica a favore dei contribuenti. Finora infatti si pagava un bollo pari a 34,20
euro sull'estratto conto, indipendentemente dal fatto che in conto fosse in rosso o in nero. Con l'entrata
in vigore della nuova legge, invece l'onere dei 34,20 euro si paga solo se il conto corrente è positivo e
se la giacenza media è superiore ai 5.000 euro e considerando che secondo alcune stime i contribuenti
in rosso sono 8 milioni, il vantaggio c'è. Lo stesso vale per i conti correnti postali: il bollo di 34,20 è
solo per i conti in attivo e per un giacenza media superiore ai 5.000 euro.
Per questi ultimi peraltro la stessa relazione al provvedimento ipotizza che la quasi totalità dei libretti
di risparmio rientri nella soglia d'esenzione (la stima è che la giacenza media si di 4 mila euro). Quanto
ai conti correnti intestati alle persone non fisiche si passa a 100 euro invece di 73,80 euro. Per i titoli in
passato si pagava un'imposta di bollo fissa; la manovra dell'estate scorsa aveva stabilito un'imposta
proporzionale con scaglioni e con la normativa approvata ieri, invece si passa a un'imposta proporzionale pari allo 0,1% nel 2012 e allo 0,15% nel 2013. In precedenza l'imposta si applicava solo ai titoli e
agli strumenti finanziari per i quali l'articolo 118 del testo unico bancario prevedeva l'obbligo di comunicazione; d'ora in poi, invece la tassazione si estende a qualunque tipo di strumenti finanziario (comprese quindi anche le quote di fondi comuni d'investimento, le assicurazioni e il comparto postale). Per
i buoni fruttiferi postali la normativa prevede che siano tassati alla scadenza con l'applicazione dell'aliquota dello 0,1 per cento nel 2012 e dello 0,15% nel 2013 con una soglia minima pari a 34,2 euro e limitatamente al 2012 un tetto massimo a 1200 euro; è previsto inoltre che restino esenti al di sotto di
una giacenza di 5.000 euro.
A partire dal 2013 è invece abrogato il tetto dei 1.200 euro per tutta l'imposizione proporzionale sugli
strumenti finanziari, che è dunque a tutti gli effetti una sorta di minipatrimoniale. Del resto, l'intervento
fiscale si preoccupa anche di garantire che non siano tassati soltanto i fondi depositati in Italia: la manovra prevede anche l'introduzione, a decorrere dal 2011, di un'imposta sulle attività finanziarie detenute all'estero da persone fisiche detenute all'estero da persone fisiche residenti nel territorio: la tassazione, anche in questo caso sarà pari allo 0,1 per cento del valore delle attività finanziari e nel biennio
2011 2012 e allo 0,15% a decorrere dal 2013. Dalla cifra dovuta si deduce un credito d'imposta pari all'ammontare dell'eventuale patrimoniale versata nello stato in cui si detengono i prodotti e gli strumenti
in questione.
Tra le nuove disposizioni c'è anche una nuova normazione per le modalità di remunerazione complessiva degli affidamenti e degli sconfinamenti sui conti correnti. Si stabilisce Che i contratti di apertura
di credito possono prevedere come unici oneri a carico del cliente una commissione onnicomprensiva
(fino allo 0,5% trimestrale), calcolata in maniera proporzionale rispetto alla somma messa a disposizione del cliente e alla durata dell'affidamento, e un tasso di interesse debitore sulle somme prelevate.
Per gli sconfinamenti in assenza di affidamento o compiuti oltre il limite di fido, si stabilisce che i contratti possono prevedere, quali unici oneri a carico del cliente, una "commissione di istruttoria veloce"
in misura fissa, espressa in valore assoluto, commisurata ai costi e un tasso di interesse debitore sull'ammontare dello sconfinamento.
QUANDO SCATTA L’IMPOSTA
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Si paga solo se il conto corrente è in attivo, anche sui depositi postali In Italia i conti
in rosso sono 8 milioni
IN SINTESI
I CONTI CORRENTI
Il bollo sui conti correnti (34,2 euro) si pagherà solo se la giacenza media annua è
superiore a 5 mila euro; sotto questa cifra, o per i conti in rosso, il bollo non si pagherà
IL CONTO TITOLI
La manovra prevede che l'imposta sul conto titoli si calcoli su una base imponibile
più ampia: su questa si pagherà lo 0,1% nel 2012 che salirà allo 0,15% nel 2013
Il gettito atteso
I depositi di famiglie e imprese
LE NOVITÀ PER I CONTI CORRENTI
Le novità sui conti correnti
L'imposta di bollo sui conti corrente viene semplificata: i 34,20 euro sono richiesti solo ai titolari di conto corrente a condizione che la giacenza media annua sia superiore
a 5 mila euro. Sotto questa cifra, e anche per i conti in passivo, i conti correnti sono
esenti dal pagamento del bollo.Viceversa, per i conti correnti intestati a soggetti diversi dalle persone fisiche è previsto l'incremento dell'imposta di bollo di 26,2 euro (da
73,8 a 100 euro).
MODIFICHE AL DEPOSITO TITOLI
Viene applicato un prelievo proporzionale al valore indicato nella comunicazione inviata dalla banca. È prevista un'imposta pari allo 0,1% annuo per il 2012 che salirà
allo 0,15% nel 2013. Esiste un limite minimo (34,2 euro l'anno) mentre viene abrogato a decorrere dal 2013 il limite massimo di 1.200 euro previsto.
I CONTI CORRENTI “SALVI”12 milioni
CHE COSA CAMBIA PERIL RISPARMIO POSTALE
Le novità sui libretti di risparmio postale
Prevista la modifica dell'imposta di bollo anche sui libretti di risparmio postale, che
sono equiparati ai conti correnti bancari: sotto i 5mila euro, e per i libretti in "rosso",
non si paga nulla. Sopra questa cifra, si pagano 34,2 euro.
CHE COSA CAMBIA SUI BUONI FRUTTIFERI POSTALI
I buoni fruttiferi saranno tassati alla scadenza con l'applicazione sul valore dello
strumento finanziario dell'aliquota dello 0,1 per cento per il 2012 e dell'aliquota dello
0,15 per cento a partire dal 2013. È previsto che il bollo abbia un importo minimo di
34,2 euro e, solo per il 2012, un importo massimo di 1.200 euro. I Buoni fruttiferi postali sono esentati dal pagamento del bollo se il valore complessivamente investito dal
singolo soggetto non supera i 5mila euro.
L'ALIQUOTA 0,1%
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LE MOSSE DELLE ISTITUZIONI
«Le banche si rafforzino
tagliando i dividendi»
La raccomandazione di Enria, presidente dell'Eba
FRANCOFORTE.
Le autorità di vigilanza europee chiedono alle banche di limitare i dividendi per raggiungere l'obiettivo
del capitale core tier 1 al 9% entro la metà del 2012 e aprono uno spiraglio a una revisione di questo
livello, molto contestato dal settore, solo una volta che tutte le misure promesse a livello europeo siano
messe in atto e le condizioni del sistema migliorino. Per ora, i criteri dettati dalla European banking
authority, devono essere applicati strettamente. Intanto la crisi finanziaria sta avendo ripercussioni sull'economia reale.
La situazione del sistema finanziario in Europa è da "allarme rosso", ha detto ieri il governatore della
Banca d'Inghilterra, Mervyn King, dopo una riunione a Francoforte dello European systemic risk
board, che raccoglie le autorità di supervisione bancaria e dei mercati e di cui è vicepresidente. King ha
osservato che le condizioni sono peggiorate rispetto all'ultimo meeting di tre mesi fa, quando già l'Esrb
aveva decretato che la stabilità del sistema era minacciata. Si sono intensificati i legami negativi fra il
debito sovrano e l'incertezza sulla solidità del sistema finanziario e si è assistito a un deterioramento
delle prospettive di crescita. I mercati dei titoli di Stato sono bloccati, il clima è di avversione estrema
al rischio, gli investitori non si fidano a continuare a finanziare le banche, la dipendenza dalle banche
centrali è aumentata.
Un segnale si è avuto con l'operazione di rifinanziamento a tre anni condotta dalla Banca centrale europea, alle quale si sono presentate oltre 500 banche che hanno richiesto 489 miliardi di euro, al di là
di ogni aspettativa. King osserva che «lo stress delle condizioni finanziarie si sta trasmettendo all'economia reale». Gli interventi delle banche centrali per alleggerire le pressioni sulla raccolta delle banche
possono avere un effetto nel breve termine, osserva la nota diffusa dall'Esrb al termine della riunione,
ma nel lungo periodo bisogna rivitalizzare i mercati dei capitali privati.
Una delle strade, secondo il foro delle autorità europee, è la riapertura del mercato delle cartolarizzazioni, «in modo trasparente e prudente», per evitare la ripetizione di quanto è avvenuto prima della crisi finanziaria globale, di cui la degenerazione delle securitisation viene condierato una delle cause.
Le autorità di vigilanza non fanno concessioni per il momento sull'aumento del capitale delle banche in
forma temporanea fino al 9% (quantificato dalla stessa Eba in 114 miliardi di euro), con l'applicazione
di valutazioni di mercato al portafoglio di titoli del debito pubblico. La robustezza del settore finanziario va aumentata, secondo l'Esrb e l'applicazione stretta dei criteri dell'Eba «per evitare un processo di
deleveraging disordinato o eccessivo può sostenere la fornitura di credito all'economia reale». Al 9%
bisogna arrivare con l'aumento del capitale, non con la cessione di attivo o il blocco del credito, se necessario con limiti ai dividendi, ha osservato il presidente dell'Eba, Andrea Enria.
Le autorità di vigilanza aspettano la piena implementazione di tutte le decisioni prese a livello europeo,
compresa la piena operatività del fondo salva-Stati Efsf, e una normalizzazione delle condizioni del sistema, prima di rivedere le proprie disposizioni.
Le richieste dell'Eba sono state oggetto di vivaci polemiche da parte delle asscoiazioni che rappresentano le banche in diversi Paesi, fra cui Germania e Italia, e ne è stata domandata una revisione immediata che le autorità non sono evidentemente intenzionate a concedere. Enria, nella conferenza stampa
di ieri a Francoforte ha notato la sua delusione per il fatto che le decisioni prese a livello politico in Eu-
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ropa non abbiano ancora trovato piena attuazione. Il comunicato chiede una «rapida e coordinata implementazione» di queste decisioni.
Il presidente dell'Eba ha affermato anche che le disposizioni dell'autorità che egli guida non incidono
sulla possibilità che le banche acquistino titoli di Stato dei Paesi dell'area euro in difficoltà, in quanto
le valutazioni dell'Eba sono basate sullo stock di debito pubblico detenuto dalle banche alla fine del
settembre scorso.
L'Esrb è presieduto da Mario Draghi, presidente della Bce. Nel consiglio è entrato ieri Ignazio Visco,
che appunto ha sostituito Draghi come governatore della Banca d'Italia.
L'ALLARME DI MERVYN KING
Secondo il governatore della Banca d'Inghilterra lo stress finanziario si sta ormai trasferendo all'economia reale
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MERCATI IN TENSIONE
Lo spread torna a sfiorare quota 500
Il differenziale con il Bund si porta a 499 punti - Borse positive grazie al rally dei titoli bancari
MILANO L'effetto dell'asta di rifinanziamento del sistema bancario da parte della Bce non allenta la
tensione sui titoli decennali: se da una parte il fiume di denaro raccolto dalle banche rassicura sulla capacità del sistema di garantire le scadenze del 2012, dall'altro preoccupa il mercato per la richiesta oltre le previsioni di fondi fatta dalle banche, letta come un segnale di scarsa liquidità in circolazione. Lo
segnala lo spread tra BTp e Bund che si è avvicinato di un soffio alla soglia psicologica dei 500 punti
base, chiudendo a 499 centesimi contro 491 di mercoledì. Gli operatori avvertono che almeno 50 centesimi sono da ascrivere alla nuova scadenza del BTp, tuttavia il differenziale di 120 centesimi con
l'omologo spagnolo resta ancora troppo elevato, a un livello tornato su quelli toccati prima dell'insediamento del governo Monti. Hanno reagito meglio gli spread della Francia a 110 e del Belgio a 220
che ieri hanno ristretto i rispettivi differenziali.
Seduta prefestiva per le Borse europee che si sono trascinate durante una seduta di scarsi volumi, ma in
grado di riportare l'indice Ftse Mib sopra quota 15 mila punti (+1,40%), non sufficiente a ridimensionare la perdita che da inizio anno è del 25 per cento. Gli acquisti sono stati favoriti, secondo gli operatori, per esigenze di chiusura dei bilanci dell'esercizio 2011. Positive anche le altre Borse europee che
sembrano avere attenuato le paure che circondavano il comparto bancario, ieri tra i settori più rialzisti.
Con lo Stoxx Europe 600 in progresso dell'1%, Parigi ha chiuso a +1,36%, Francoforte a +1,05%,
Londra a +1,25 per cento. Tra i bancari, Bnp Paribas è salita del 3,4% mettendo a segno in una settimana un guadagno del 9%, Deutsche Bank del 3,2%, Ing del 4,3%, Lloyds del 3,7%, Royal Bank of
Scotland del 4 per cento. Tra le italiane svetta Bpm, con un rialzo del 5,08%, Intesa Sanpaolo ha guadagnato il 2,53%, UniCredit l'1,06%, Mps il 3,05 per cento.
A Wall Street, il Dow Jones ha chiuso a +0,51%, S&P 500 e Nasdaq entrambi a +0,83 per cento. In
chiaroscuro i dati economici arrivati dagli Usa che mostrano a novembre il Superindice Usa salire dello 0,5%, meglio delle previsioni degli economisti, mentre il Pil del terzo trimestre è stato rivisto al ribasso da +2% a +1,8% su base annuale: i contributi positivi sono venuti dall'andamento dei tassi di interesse e dalle concessioni edilizie, quelli negativi dal settore manifatturiero, ma «sono rientrati i rischi
di una contrazione economica e i numeri sembrano anticipare anche una accelerazione del ciclo nel
corso dell'inverno», scrive il Conference Board. Segnali positivi che vanno ad aggiungersi al calo di
4mila richieste di sussidio di disoccupazione della scorsa settimana, oltre al balzo della fiducia dei
consumatori misurata dall'Università del Michigan dai 64,1 punti di fine ottobre ai 69,9 di fine novembre al punto che gli economisti cominciano a scommettere sulla dissolvenza dei rischi di «double dip».
In attesa dell'asta italiana di titoli di Stato in calendario la prossima settimana, l'ultima dell'anno, da più
parti si fa notare come la massiccia iniezione di liquidità nel sistema bancario per 489 miliardi al tasso
dell'uno per cento a tre anni, la più elevata da quando l'euro è divenuta la valuta comune, non abbia entusiasmato il mercato. L'interrogativo che si pongono analisti e trader è come questa liquidità verrà utilizzata, perché il quantitative easing all'europea adottato dalla Bce non si è posto alcun obiettivo, né se
la liquidità possa essere utilizzata a garanzia del credito alle imprese, oppure per facilitare l'acquisto di
titoli di Stato nazionali. È più probabile che sarà impiegata per riacquistare bond bancari emessi dagli
stessi istituti a tassi elevati, una strategia che aiuterebbe a migliorare i bilanci degli istituti.
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L’attenzione del mercato puntata sui rendimenti dopo il maxi-tasso del 6,5%
pagato a novembre
In asta titoli semestrali per 9 miliardi
ROMA
Il Tesoro tornerà sul mercato il prossimo mercoledì con un'asta di BoT a sei mesi da 9 miliardi e di
CTz tra 1,5 e 2,5 miliardi: sarà l'ultima asta con l'accoppiata di queste tipologie di titoli che dall'anno
prossimo avranno giorni di emissione diversi. L'importo dell'offerta sul breve termine del Mef è pesante, per fine anno, ma a supporto del collocamento giocheranno due fattori: andranno in scadenza 8,8
miliardi di Buoni semestrali e 2,5 miliardi di Buoni flessibili, garantendo una buona iniezione di liquidità; la data di regolamento delle nuove emissioni slitta al 2 gennaio, rastrellando la liquidità in circolazione per le prime operazioni di investimento targate 2012. Quel che potrebbe pesare in negativo è
invece l'ultima asta a medio-lungo del 2011 (ma sempre con regolamento 2 gennaio) che si terrà il
giorno successivo, il 29 dicembre, con l'offerta dei BTp a 3 anni, del nuovo benchmark decennale BTp
marzo 2022, il BTp off-the-run scadenza settembre 2021 e il CcT a sette anni indicizzato all'Euribor.
Sebbene la crisi del debito sovrano europeo da questa estate si sia aggravata con la perdita di fiducia
sui mercati del rischio-Italia - segnata dall'avvio l'8 agosto degli acquisti di titoli di Stato italiani sul
secondario da parte delle 17 banche centrali dell'Eurosistema - da agosto il Tesoro italiano ha comunque condotto 36 aste, portandole tutte a buon fine per quanto riguarda gli importi incassati rispetto alla
forchetta dell'ammontare minimo-massimo programmata. La raccolta complessiva per le casse dello
Stato è stata superiore a 136 miliardi di euro tramite la vendita di BoT, CTz, BTp e CcT. Il messaggio
recepito dal mercato è stato quello di un'Italia che, pur colpita duramente dai massicci disinvestimenti
della comunità finanziaria internazionale, riesce a rifinanziarsi per gli importi richiesti.
Le aste in arrivo la prossima settimana, stando al parere dei traders, non dovrebbero deludere le aspettative sul fronte della domanda e della raccolta. Quel che più interesserà il mercato, tuttavia, saranno i
rendimenti. In novembre, il Tesoro ha dovuto strapagare per finanziarsi: i tassi di assegnazione dei
BoT semestrali per esempio sono saliti al 6,5% (dal 2,14% di agosto), il CTz è schizzato al 7,81%, il
BTp triennale al 7,89% e il BTp decennale al 7,28% e 7,56 per cento. Finanziarsi a brevissima scadenza sopra il 6% e a media-lunga scadenza sopra il 7% è insostenibile, a lungo andare, e il mercato la
prossima settimana si aspetta di chiudere il 2011 con una nota positiva e un calo vistoso dei rendimenti
nelle aste italiane. Anche se non spettacolare come quello registrato dalle Letras spagnole nei giorni
scorsi.
La speranza dei traders è che un misto di buone notizie dell'ultim'ora - la manovra Monti approvata alla Camera e al Senato da un lato e l'operazione di finanziamento LTRO della Bce a 36 mesi al tasso
dell'1% dall'altro lato - riescano a rafforzare la domanda per i titoli italiani. Il processo di recupero della fiducia sui mercati da parte dell'Italia sarà lungo: l'importante è che già nelle prossime aste si possa
cogliere un primo passo in quella direzione.
IL TREND
Da agosto a dicembre l'Italia ha messo a segno 36 collocamenti di titoli per una raccolta complessiva di 136 miliardi di euro
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I MAXI-PRESTITI DI FRANCOFORTE
Alla lotteria Bce
vincono solo le banche
La liquidità ora non manca, ma la priorità è ripagare i bond: quanto resterà per l'economia?
È un po' come avere vinto alla lotteria: le banche italiane hanno ottenuto mercoledì dalla Banca centrale europea 116 miliardi di euro di finanziamenti triennali al tasso agevolato dell'1%. Ovvio che questi
non sono tutti soldi "nuovi", dato che in parte vanno a sostituire precedenti linee di credito con la stessa Bce, ma una fetta consistente lo è di certo: si tratta di decine di miliardi che gli istituti italiani, grandi e piccoli, potranno utilizzare nei prossimi mesi. La domanda è: per fare cosa?
Per finanziare le imprese e le famiglie? Per comprare BTp e BoT? Oppure, più banalmente, per rimborsare i propri debiti in scadenza nel 2012? Solo il prossimo anno potrà dare una risposta. Ma una cosa è certa. La "lotteria", per ora, l'hanno vinta solo le banche: se i benefici di questo jackpot si riverseranno sullo Stato e sull'economia reale è tutto da vedere. «Il Sole 24 Ore» –interpellando banchieri,
operatori obbligazionari e analisti –ha cercato di rispondere a questa banale domanda: dove andranno
questi soldi? Ecco le previsioni.
Ridurre i debiti
La direzione principale di questa liquidità sarà una: le banche la useranno per rimborsare le loro obbligazioni in scadenza nel 2012. Almeno quelle collocate agli investitori istituzionali. Nell'opacità generale (poche banche hanno comunicato il proprio "prelievo" in Bce), si può usare l'esempio di Intesa
Sanpaolo, che ha dichiarato ufficialmente l'ammontare del finanziamento. L'istituto ha "prelevato" in
Bce 12 miliardi di euro. Sarà un caso, ma l'anno prossimo dovrà rimborsare agli investitori istituzionali
proprio 12 miliardi di euro di obbligazioni: con una mossa, insomma, l'istituto si è tolto dall'"imbarazzo" di dover chiedere questi soldi in prestito agli investitori. Restano i bond collocati ai piccoli risparmiatori: ma questo è un canale che difficilmente si chiuderà.
È presumibile che la stessa strategia sarà seguita dalle altre banche italiane: solo le prime cinque nel
2012 dovranno rifinanziare 88 miliardi di euro di obbligazioni. Tante di loro hanno già più o meno fatto pre-raccolta per coprire quelle scadenze (Intesa per esempio aveva già le disponibilità), ma ora che è
intervenuta la Bce si può stare più tranquilli. Anche perché a fine febbraio la Bce organizzerà una nuova immissione di liquidità a tre anni. Alcune banche –confessa il direttore generale di un medio istituto –useranno la liquidità anche per un altro motivo: «Ricomprare sul mercato le loro stesse obbligazioni a prezzi di saldo».
Imprese e famiglie
Se le banche sono più tranquille è certamente un bene. Ma ci si potrebbe chiedere: l'economia reale,
cioè le imprese che producono e le famiglie che consumano, trarranno qualche beneficio da questa situazione? In parte sì: lo dicono un po' tutti. Ma, dietro le quinte, tanti ammettono che i benefici saranno
probabilmente minimi. Vediamo perché. Il fatto che le banche si siano finanziate per una durata triennale al tasso dell'1%, riduce il costo medio del loro debito. Questo, in teoria, dovrebbe ridurre il costo
che le stesse banche applicano alla clientela quando erogano prestiti. In teoria, però. La pratica rischia
di essere un po' diversa.
Tre sono i motivi che suggeriscono cautela. Uno: i 116 miliardi prelevati dalla Bce rappresentano solo
il 5% del totale della raccolta delle banche italiane. La riduzione del costo, dunque, è minima nel mare
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magnum delle passività bancarie: minimo, di conseguenza, sarà anche il beneficio per gli istituti stessi
e minimo sarà il beneficio per l'economia reale. Due: le banche oggi hanno un crescente problema di
crediti deteriorati. Nel 2008 i primi dieci istituti italiani –secondo i dati dell'Osservatorio Tam dell'Università Liuc –avevano crediti dubbi per 48,4 miliardi: si trattava del 3% del totale impieghi. Ora la
situazione è ben peggiore: al 30 settembre 2011, secondo le ultime trimestrali, i crediti deteriorati risultavano 103,4 miliardi, pari al 12% degli impieghi. Insomma: in pochi anni il peso di sofferenze e incagli è quadruplicato. Ovvio che, stando così i bilanci, difficilmente gli istituti potranno elargire credito
con leggerezza. Tre: le banche oggi hanno un problema di carenza di capitale. E anche questo va a ridurre la loro possibilità di manovra. Insomma: i buoni propositi (a parole) ci sono. Ma la realtà rischia
di essere un po' meno buona.
Salvare lo Stato
Nella speranza della Bce, le banche dovranno usare almeno parte dei denari raccolti all'1% per comprare titoli di Stato: questo darebbe agli istituti un utile (perché si finanziano all'1% e investono in titoli
che hanno un rendimento più elevato) e agli Stati un sollievo. Ma accadrà veramente? C'è chi prevede
di sì. Ubs prevede che dei 489 miliardi prelevati in Europa mercoledì, circa 320 verranno investiti in
titoli di Stato. Intermonte stima che le banche italiane impegneranno in questo modo circa 50 miliardi.
Eppure, a sentire chi sul mercato obbligazionario ci lavora, lo scetticismo è elevato.
«Non è così semplice aumentare gli acquisti di BTp o BoT –osserva il capo di una sala operativa –. I
libri di trading hanno dei limiti, stabiliti in base alla rischiosità dei titoli, per cui non si può acquistare
più di tanto». Stesso discorso lo fa il tesoriere di una banca italiana: «Le capacità di assorbimento del
sistema italiano non saranno così elevate, perché i bilanci sono già pieni». Anche qui: il problema è
che le banche hanno attualmente una carenza di capitale. L'Eba (Autorità bancaria europea) ha già
chiesto agli istituti di ripatrimonializzarsi in base ai BTp che hanno in bilancio: «Questo scoraggia ulteriori acquisti di titoli di Stato», osserva l'amministratore delegato di una banca italiana.
URGENZA 2012
Lo scopo dell'asta illimitata è fornire risorse da destinare alle imprese e alle famiglie: i banchieri
hanno detto sì, ma le scelte saranno diverse
IL GRANDE FIUME DI LIQUIDITÀ: DOVE ANDRÀ A FINIRE?
RIFINANZIARE I DEBITI IN SCADENZA
Una parte importante dei finanziamenti agevolati ottenuti dalla banche italiane sarà usata dagli istituti di credito per rimborsare i debiti obbligazionari in scadenza nel 2012. Alcune banche avevano
già raccolto i denari sufficienti per farlo, ma ora è certo che tutte sono a posto. Il problema che la
Bce ha risolto è noto: le banche italiane (e non solo) negli ultimi mesi hanno trovato molti canali di
finanziamento chiusi. Questo aveva aumentato i timori che alcune di esse potessero avere problemi
a reperire i denari per far fronte alle scadenze del 2012. Ora questi timori sono venuti meno.
I VANTAGGI
Questo permette alle banche di non avere problemi di scadenze nel 2012. Si eliminano dunque i rischi di rifinanziamento: se l'anno prossimo gli investitori non volessero sottoscrivere obbligazioni
bancarie, gli istituti sarebbero comunque coperti e non andrebbero in affanno.
I RISCHI
Da questo punto di vista i rischi sono minimi: il fatto che sia stato eliminato il problema del rifinanziamento per il 2012 è un passo avanti. Certo è che questo intervento cura l'effetto, ma non le cause:
di fatto la Bce si sostituisce artificialmente al mercato per rifinanziare i debiti bancari.
PIÙ CREDITO A IMPRESE E FAMIGLIE
I finanziamenti a tassi agevolati, erogati dalla Bce, daranno un beneficio importante alle banche:
ridurranno il costo medio del loro debito. Questo perché la Bce ha erogato credito al tasso dell'1%:
interesse decisamente inferiore rispetto a quello che le banche avrebbero dovuto sopportare finanziandosi sul mercato. Questo dovrebbe permettere agli istituti di credito di erogare prestiti a imprese
e famiglie a tassi un po' meno onerosi. Questo in teoria. Nella pratica, però, questo potrebbe accadere solo in minima parte: i bilanci bancari restano appesantiti.
I VANTAGGI
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Se effettivamente le banche riusciranno a far arrivare i benefici dell'operazione Bce anche a imprese e famiglie, il successo sarà concreto. La crisi degli istituti, negli ultimi mesi, ha infatti ridotto il
credito all'economia reale: questo sta strozzando numerose famiglie e imprese. La speranza è che
ora il trend possa invertirsi.
I RISCHI
Il timore è che il flusso di liquidità si fermi nel sistema bancario, portando pochi reali benefici a imprese e famiglie. Le banche hanno infatti molti problemi, a partire dall'enorme mole di crediti deteriorati: questo limiterà il loro spazio di manovra. Anche la carenza di capitale le limiterà.
«CARRY TRADE» SUI BTP
I denari arrivati dalla Bce potrebbero essere utilizzati per fare quello che i tecnici chiamano «carry
trade». Funziona così: le banche ottengono finanziamenti dalla Bce pagando un tasso dell'1% e poi
investono questi soldi in titoli con rendimenti più elevati. Per esempio in BTp. Questo permette alle
banche di incassare un utile, derivante dalla differenza tra i due tassi. Le banche, poi, potrebbero
usare i BTp come garanzia da dare alla Bce: in questo modo potrebbero ottenere ulteriori finanziamenti agevolati. Se questo accadesse, i benefici sarebbero duplici: le banche realizzerebbero utili, i
BTp ridurrebbero i rendimenti. Ma i rischi sono elevati.
I VANTAGGI
Finanziandosi all'1% e comprando BTp che rendono il 6,5%, le banche realizzerebbero facili utili.
Se lo facessero, anche lo Stato avrebbe un beneficio: perché gli acquisti di BTp avrebbero l'effetto
di ridurne i rendimenti. Insomma, i risultati sarebbero due. Le banche realizzerebbero utili, gli Stati
ridurrebbero il costo del debito.
I RISCHI
Da mesi le banche italiane crollano in Borsa perché sono piene di BTp: se tornassero ad acquistarli,
il mercato potrebbe non prenderla bene. Inoltre l'Eba (Autorità bancaria europea) potrebbe chiedere ulteriori aumenti di capitale alle banche, in base all'ammontare di BTp che hanno in bilancio.
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Assicurazioni. Oggi il consiglio sul piano di rafforzamento patrimoniale
FonSai verso l’aumento
di capitale da 750 milioni
Ligresti ridurrà la quota
Al vaglio l'ingresso di nuovi azionisti
FonSai chiede nuovamente soldi ai propri azionisti e questa volta per una cifra, 750 milioni, pari ad oltre il
doppio della la propria capitalizzazione di Borsa. Oggi si riunisce il cda della società per approvare il piano
di ripatrimonializzazione del gruppo, messo a punto con l'assistenza dell'advisor Goldman Sachs. Scartate
le soluzioni più soft prospettate inizialmente, alla fine ha prevalso l'idea più radicale. Quella, appunto, di un
aumento di capitale fino a 750 milioni la cui dimensione supera non soltanto quella della ricapitalizzazione
di inizio estate (450 milioni) ma anche le stime, 600 milioni, contenute nella lettera di Mediobanca al gruppo. L'anticipazione, ieri, ha nuovamente colpito i titoli della compagnia giunti ai minimi (a 0,7, - 3,51%).
A quanto si sà anche la famiglia di controllo, i Ligresti (con una quota di oltre il 35% detenuta attraverso
Premafin), alla fine avrebbe dato il suo assenso all'aumento. Un orientamento assunto già da qualche giorno
e che, tra mercoledì e giovedì, è stato comunicato all'Isvap e (ieri) alla Consob in incontri con i vertici delle
due autorità.
La ricapitalizzazione rappresenta una forte discontinuità della vita della società poiché i Ligresti non hanno
le risorse finanziarie per prendervi parte. Se non esercitassero i diritti, la loro quota potrebbe diluirsi addirittura tra il 5 ed il 10 per cento, in relazione alle condizioni dell'aumento. Chi prenderà il loro posto al comando del secondo gruppo italiano del ramo danni(dopo Generali)? È il maggiore interrogativo ancora aperto della vicenda, non essendo ancora noto se all'operazione verranno associati partner industriali o soltanto finanziari (vedi articolo a fianco).
L'aumento di capitale, per il quale è lecito attendersi l'offerta di nuovi titoli a forte sconto (non inferiore al
40%), dovrebbe essere eseguito al più presto, nei primi mesi del prossimo anno. Non tutte le tessere del
mosaico sono già al loro posto. Oggi al termine del Cda, in cui gli uomini dei Ligresti sono ancora in maggioranza, si capirà meglio perchè è necessaria un'iniezione di capitale così ingente.
L'obiettivo che i manager della società si sono dati e che l'Isvap reclama, è di raggiungere un margine di
solvibilità "di sicurezza" del 120% del livello minimo. Nel caso di Fonsai 20 milioni equivalgono all'incirca ad un punto di margine e qui c'è già questione da chiarire perchè 750 milioni rappresentano circa 36
punti che esuberano le necessità esposte a novembre quando la compagnia annunciò un ratios al 111 per
cento.
Va osservato che, dopo quella data, gli effetti della crisi dei mercati (con relative minusvalenze di asset)
sono divenuti più acuti e, pertanto è lecito immaginare un abbassamento ulteriore del margine. Oltre a ciò
occorre considerare la partita, varrebbe oltre 15 punti del margine, relativa alle minusvalenze dei titoli di
stato disinnescate ai fini dei ratios di vigilanza con i provvedimento dell'Isvap dei mesi scorsi.
C'è poi da considerare il capitolo degli impairment (svalutazioni) da effettuare su asset importanti. Ad esempio sulla joint venture assicurativa Popolare Vita o sulle azioni proprie Fonsai in portafoglio (3,9%).
Infine si annuncia il completamento del rafforzamento delle riserve in aggiunta ai 300 milioni decisi con
l'ultima trimestrale e degli oltre 600 archiviati con il bilancio del 2010. Insomma le partite sono diverse, ed
ora arriva il conto per gli azionisti.
LA DILUIZIONE
Se la famiglia dell’Ingegnere non sottoscrivesse, la quota scenderebbe al 5-10% Le attese per i partner
industriali o finanziari
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Credito. Maxi-aumento da 7,5 miliardi: verso la sub-sindacazione della garanzia
UniCredit, salgono a 26
le banche del consorzio
Si aggiungono altri dodici istituti: nella lista Agricole, Bbva e Nomura
Si ingrossano le fila del consorzio di garanzia per l'aumento di capitale da 7,5 miliardi di UniCredit.
Alle 14 banche già parte della partita, se ne sta aggiungendo un'altra decina. Segno che l'andamento dei
mercati richiede spalle più larghe per affrontare una maxi ricapitalizzazione di un gruppo bancario italiano. Le banche già al lavoro sul dossier sono quasi tutte internazionali, ad eccezione di Mediobanca,
che con Bofa-Merrill Lynch guida il consorzio, e di Banca Imi. Nel novero sono entrate Bnp Paribas,
Credit Suisse, Deutsche Bank, Hsbc, Jp Morgan, Société Générale, Ubs, Ing, Rbc, Royal Bank of Scotland e Santander. Ora, secondo indiscrezioni, il consorzio di garanzia è stato aperto ad altre dodici
banche, metà italiane e metà estere. Delle italiane fanno parte Banca Mps, Equita, Intermonte, Banca
Akros, Carige e Aletti, fra le straniere ci sono Credit Agricole, Bbva, Nomura, Mizuho Bank, Kbw e
Lloyds.
Intanto ieri l'istituto di Piazza Cordusio ha incassato l'adesione all'operazione della Fondazione Manodori, che ha deliberato di sottoscrivere in modo parziale l'aumento di capitale di UniCredit, di cui è attualmente azionista per lo 0,79%. La Fondazione aderirà finanziando l'operazione con la vendita di
parte dei diritti di opzione di propria pertinenza, senza alcun esborso aggiuntivo per l'Ente. Un'operazione, quindi, "a costo zero", che porterà a una riduzione della quota della Fondazione nell'istituto intorno allo 0,50% circa. La quota di adesione, però, verrà stabilita solo dopo la definizione dei valori
dell'operazione d'aumento, che verranno fissati dal cda di UniCredit previsto entro la metà del gennaio
prossimo. Lunedì scorso, era stata la volta della Fondazione Crt, che ha deliberato all'unanimità di impegnarsi a sottoscrivere l'aumento di capitale di UniCredit nell'ammontare di 316 milioni, pari ai diritti
di opzione di propria pertinenza (4,21%). Ora si aspetta la decisione della Fondazione Banco di Sicilia.
In Borsa il titolo ieri ha recuperato l'1,06% a 0,715 euro per azione, per una capitalizzazione complessiva di 13,8 miliardi. Peraltro, il prossimo 27 dicembre diventerà effettivo il raggruppamento di azioni
ordinarie e di risparmio nella ragione di una nuova zione ogni dieci esistenti. Di conseguenza il capitale sociale di UniCredit sarà suddiviso in 1.929.849.069 azioni, di cui 1.927.425.171 azioni ordinarie e
2.423.898 azioni di risparmio, entrambe prive di valore nominale.
Un miliardo per le imprese
Da Unicredit un miliardo di euro per il rafforzamento patrimoniale e la ripresa delle imprese italiane. Il
gruppo, guidato da Federico Ghizzoni, ha annuncaito ieri un plafond e una gamma di prodotti dedicati
per favorire la ricapitalizzazione delle aziende e la loro crescita. Il rilancio dello sviluppo economico
dell'Italia passa anche attraverso il rafforzamento della solidità finanziaria delle imprese, sottolinea la
banca, che in coerenza con le iniziative di Legge proposte e proseguendo il cammino di supporto alle
imprese italiane intrapreso negli ultimi anni, mette ora a disposizione nuove risorse e prodotti dedicati
da affiancare a progetti di ricapitalizzazione delle Pmi e grandi imprese.
IN BORSA
1 miliardo La somma per le imprese
UniCredit ha messo a disposizione un miliardo di euro per il rafforzamento patrimoniale
e la ripresa delle imprese italiane. Il gruppo ha annunciato ieri un plafond e una gamma
di prodotti dedicati per favorire la ricapitalizzazione delle aziende e la loro crescita, un
passaggio ritenuto necessario per il rilancio dello sviluppo economico dell'Italia intera.
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L’uomo che misura lo spread
«È come ai mercati generali»
Ciro Pietroluongo, 51 anni, e la sua rete di computer
MILANO — Lo spread: chi era costui? Fino a pochi mesi fa quasi nessuno ne parlava, tantomeno si
preoccupava del suo andamento, a parte i tecnici della finanza. Dallo scorso agosto invece quella cifra,
che esprime la differenza di rendimento tra i titoli di Stato italiani e quelli tedeschi, ha cominciato a
crescere sempre di più: prima 300 punti, poi 400, fino alla vertigine di 500 punti. Ed è diventato il misuratore della febbre del Paese e forse il parametro più noto della finanza. Non è invece altrettanto nota
la «casa» dello spread, il luogo nel quale esso viene deciso: come tutte le cose della finanza, è un luogo
virtuale chiamato Mts, ovvero «Mercato dei titoli di Stato», una rete di computer sparsa fra Roma, Milano e Londra — visto che Mts è della Borsa Italiana a sua volta controllata dall'inglese London Stock
Exchange — nel quale ogni giorno compratori e venditori del debito pubblico trattano Bot, Btp Ctz e
così via.
Al di là delle sofisticazioni della finanza, il mercato dei titoli di Stato funziona né più né meno di un
qualsiasi mercato all'ingrosso di frutta e verdura: non vi accedono i piccoli risparmiatori ma solo le
grandi banche, i grandi investitori e le banche centrali. In questo particolare mercato ogni giorno vengono scambiati titoli per 60-80 miliardi di euro di controvalore, e in giornate di grande volatilità si arriva anche a 100 miliardi di euro, decisi attraverso computer ad altissima frequenza di calcolo, precisi
al centesimo di secondo, che arrivano a «sparare» fino a 22 milioni di proposte di prezzo al giorno, tra
domanda e offerta.
È dall'incrocio dei prezzi offerti (per acquistare il bond, in gergo «denaro» o «bid») e richiesti (per
vendere il bond, in gergo «lettera» o «ask») che si fissa il rendimento del bond, e da lì lo spread. «Essendo il nostro un mercato regolamentato e vigilato, il prezzo che si forma qui serve da riferimento per
la vendita dei titoli di Stato sugli altri mercati del mondo», spiega Ciro Pietroluongo, 51 anni, direttore
generale di Mts. Il prezzo servirà alle banche per rivendere i bond alla clientela finale, «esattamente
come i mercati generali di frutta e verdura servono a definire il prezzo sul quale il negoziante applicherà il proprio ricarico».
Pietroluongo è la memoria storica di Mts: è nella società dalla fondazione, nel 1988, quando la piattaforma venne creata con un decreto del ministro del Tesoro di allora, Giuliano Amato; ne ha vissuto la
privatizzazione nel 1997 e il passaggio sotto un gruppo di 55 banche italiane e internazionali, poi da lì
l'acquisto da parte di Borsa Italiana, quindi l'approdo all'interno del Lse.
Cuore del Mts è una piattaforma dedicata espressamente alla formazione del prezzo: a questo banco
principale, chiamato Mts Cash, operano una trentina di clienti particolari: sono le più importanti banche del mondo, americane, canadesi, europee, giapponesi. Due le italiane, Unicredit e BancaImi (gruppo Intesa Sanpaolo). Questi intermediari propongono sui terminali, in maniera anonima, ciascuno i
propri prezzi «ask» e «bid». Il sistema individua la più alta offerta di acquisto e la più bassa offerta di
vendita: dal loro incrocio nasce il prezzo ufficiale del titolo, e di conseguenza lo spread. Non si può però affermare che siano trenta persone a fissare lo spread, visto che a loro volta le banche determinano
le loro offerte sulla base delle richieste di migliaia di clienti. A questo banco accedono poi altre 120
banche, per acquistare e vendere, senza però potere incidere sul prezzo. In sostanza, su Mts Cash operano 150 grossisti di Btp, che garantiscono la liquidità dei titoli stessi in ogni momento. Lo scorso 14
dicembre il mercato ha vissuto un passaggio delicato: il cambio del bond di riferimento («benchmark»)
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sul quale costruire lo spread, abbandonando il Btp decennale a settembre 2021 per adottare quello in
scadenza a marzo 2022. In quel giorno lo spread Btp-Bund ha vissuto una fiammata oltre i 500 punti:
solo un fatto tecnico, legato al fatto che il nuovo bond benchmark era meno in circolazione del precedente. Tanto è vero che poi il dato è rientrato sotto quota 500: ieri ha chiuso a 494 punti base.
A un secondo banco, più ampio, chiamato Bond Vision, accedono invece circa 350 investitori istituzionali, banche, assicurazioni, fondi, e anche le banche centrali. Qui non c'è anonimato: il potenziale
acquirente vede le varie offerte e può così individuare 5 potenziali venditori, con i quali può trattare sul
prezzo per cercare di strappare uno sconto. Una terza piattaforma, sempre più importante in questo periodo di grande prudenza sulla liquidità, è quella dove si chiudono le operazioni di «pronti contro termine», chiamata Mts Repo. Qui i titoli vengono venduti a breve termine, anche pochi giorni: si guadagna poco sul margine di interesse ma il titolo comunque gira.
Gli uomini di Mts ogni giorno monitorano il sistema affinché l'infrastruttura sia funzionante ed efficiente. Perché passa anche da qui il controllo sul debito italiano: «Non ci potrebbe essere mercato efficiente se non ci fosse un debito ben gestito da parte del Tesoro. Che ha provveduto negli anni a creare
un debito liquido, di lunga durata e di grande efficienza», continua Pietroluongo. Che cosa cambierebbe di Mts? «Niente, mi piacerebbe solo vedere lo spread un po' più ristretto, e che se ne parlasse un po'
meno. Significherebbe che tutto va bene».
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Fonsai verso un maxi aumento bis
Ricapitalizzazione da almeno 750 milioni. In campo un socio industriale
MILANO — Per Fonsai si profila un maxi aumento di capitale bis da almeno 750 milioni. Oggi il consiglio della compagnia dei Ligresti si riunirà alle 15 e dovrebbe deliberare l'operazione che, in base ai
tempi tecnici, potrebbe essere realizzata in marzo.
Ieri il piano è stato presentato in Consob dall'amministratore delegato della società Emanuele Erbetta,
probabilmente con il direttore generale Piergiorgio Peluso in conference call. C'è stato anche un nuovo
incontro fra l'advisor Goldman Sachs e i consiglieri indipendenti, sempre in vista del board decisivo di
oggi.
Alla fine la necessità di intervenire in modo forte e non rinviabile su Fonsai avrebbe convinto i Ligresti
ad accettare una nuova operazione in equity, archiviando le diverse ipotesi di capital management come l'emissione di un prestito convertendo o la costituzione di un veicolo per le partecipazioni strategiche. Opzioni peraltro non gradite dall'Isvap che ha sollecitato un intervento strutturale in grado di riportare stabilmente in sicurezza il margine di solvibilità e quindi la solidità della compagnia.
Per i Ligresti, che oggi controllano Fonsai attraverso la Premafin con il 35% (in pegno presso le banche), l'operazione potrebbe significare un'importante diluizione. Con la holding di famiglia Sinergia in
bilico fra liquidazione e conversione debiti-asset, e Premafin con oltre 300 milioni di debiti congelati e
covenant in tensione, i Ligresti non sarebbero in grado di sottoscrivere la loro parte: scenderebbero così anche al di sotto del 10%. Una svolta: Premafin diventerebbe in sostanza un socio «finanziario».
Sempre oggi sul tavolo del consiglio ci sarà anche il destino del 33% detenuto in Igli, la società che
controlla il 29% di Impregilo: Gavio ha offerto 3,6 euro per azione e oggi scadono i tempi per aderire o
no. Ma all'interno del consiglio c'è dialettica, perché se c'è chi punta alla cessione, non manca chi vorrebbe cogliere le opportunità di un'aggregazione (ipotesi Salini). È possibile, ma non è scontata, una
delibera anche su questo punto.
Il maxi aumento fa scattare diversi interrogativi, che riceveranno risposte in tempi successivi. Con
l'aumento, che come si è visto potrebbe portare al decisivo passo indietro dei Ligresti, entreranno nuovi soci di un certo rilievo? In caso affermativo saranno finanziari (come il fondo di private equity Clessidra, che non ha negato interesse per l'iniziativa) o nella partita entrerà anche un socio industriale, cioè
una compagnia di assicurazioni? In questi giorni sono circolati nomi di gruppi esteri (come Zurich, Allianz e altri) e soprattutto italiani (come Unipol o Cattolica), ma al momento qualsiasi ipotesi appare
prematura. L'ingresso comunque potrebbe essere graduale con l'obiettivo di «pilotare» una ristrutturazione che alla fine potrebbe sfociare in un'aggregazione.
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Mediobanca, sui doppi incarichi
attesa per le regole di attuazione
MILANO — Prospettive del sistema bancario e la normativa sui doppi incarichi in imprese concorrenti. Di questi temi ha discusso ieri il consiglio di amministrazione di Mediobanca, che si è riunito ieri
come di consueto prima della pausa di fine anno.
Riguardo alle prospettive del sistema creditizio, è stato in particolare toccato il punto della liquidità,
con i conseguenti risvolti relativi al sostegno all'economia. Anche Piazzetta Cuccia ha partecipato mercoledì per un importo di 4 miliardi all'asta a 36 mesi lanciata dalla Bce proprio per distribuire liquidità
a basso costo (l'1%) e arginare la stretta sul credito. Asta che ha visto assegnati complessivamente 500
miliardi, 116 dei quali a istituti italiani.
La banca d'affari guidata da Alberto Nagel non ha però problemi o tensioni sotto questo profilo: a fine
settembre indicava una liquidità di 17 miliardi e la raccolta ha registrato un forte incremento grazie all'apporto di CheBanca!, che sempre a fine settembre aveva raggiunto quota 10 miliardi, saliti secondo i
dati più recenti a 10,8. Dopo aver attinto alla Bce, Mediobanca ha dunque uno stock di liquidità superiore ai 21 miliardi.
Nel corso del board di ieri, pur non essendo il punto all'ordine del giorno, si è discusso anche della
nuova normativa relativa al divieto di doppi incarichi in imprese concorrenti che operano nello stesso
settore (banche, assicurazioni, finanza). Nel caso di Piazzetta Cuccia il divieto potrebbe scattare in teoria per chi siede anche nel consiglio di Unicredit (Dieter Rampl, Fabrizio Palenzona, Carlo Pesenti) o
in quello di Mediolanum (Ennio Doris). Prima però di eventuali decisioni, si attendono i regolamenti
attuativi per capire come dovrà essere applicata la norma nel dettaglio.
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«Noi del convertendo Bpm,
peggio dei Tango bond»
MILANO - «Chi aveva i bond dell'Argentina ha ripreso il 30%. A noi nemmeno il 10%». Si sentono
traditi. Hanno sempre avuto fiducia nella «loro» banca, «la banca non di Milano ma dei milanesi». Alla Bpm hanno il conto personale, della moglie, dei figli. Molti sono azionisti e hanno sottoscritto anche
l'ultimo aumento di capitale. Come d'altronde hanno sempre fatto ogni volta che serviva una mano.
Anche nel 2009, con il maledetto «convertendo», emesso per 475 milioni in abbinata con la richiesta di
500 milioni di Tremonti Bond. La banca lo aveva piazzato a 15 mila correntisti, spesso inconsapevoli
di acquistare non una normale obbligazione ma un derivato, per giunta non quotato. Ieri i bondholder
sono stati convocati in assemblea per decidere se accettare di anticipare alla prossima settimana la
chiusura del prestito a un prezzo di conversione non di 6 ma di 2,71 euro. A decidere se perdere subito
l'80% dell'investimento o lasciare tutto così fino al 2013. Nella sala delle Colonne di Piazza Meda ne
sono arrivati un centinaio. Pensionati, qualche professionista, donne di casa. Tutti con una gran voglia
di riversare la rabbia su chi quel prodotto l'ha pensato e venduto. Di chiedere le dimissioni dei responsabili. E di non essere messi con le spalle al muro. «Meritiamo una punizione. Abbiamo sbagliato a fidarci di un tranello concepito proprio perché la banca andava male. Dobbiamo dire no» ha esordito un
obbligazionista ultraottantenne, accompagnato sul podio dal badante. «Li ho sottoscritti — spiega un
altro — perché me la proponeva la persona a cui ho affidato i miei risparmi. E invece mi ha portato a
perdere l'80% in due anni. È vergognoso». C'è chi ha investito i denari della suocera «classificata con
profilo di rischio basso», racconta, quasi vergognandosi di aver seguito i consigli del bancario di fiducia: «Lui chissà se le ha sottoscritte. Qui di dipendenti Bpm non ne vedo».
Uno però c'era. L'unico tra i vertici a presentarsi all'assemblea: il direttore generale Enzo Chiesa, all'epoca del convertendo condirettore generale. In platea era seduto anche Piero Lonardi, consigliere di
sorveglianza di Bpm che ieri ha proposto di rinviare a giugno l'assemblea e migliorare la proposta. Per
le modalità con cui il convertendo è stato collocato Chiesa è stato multato dalla Consob per 377 mila
euro insieme ad altri due manager di Bpm. Sempre sulle modalità della vendita è in corso anche un'inchiesta della Procura di Milano, e le associazioni dei consumatori hanno annunciato esposti e class
action per chiedere i danni. «Dire che provo imbarazzo è poco» ha esordito Chiesa, prendendo la parola con un'ammissione di colpa che per un attimo sembrava poter stemperare il clima. «Non è tanto per
la multa, che pagherò, e per la perdita registrata dal convertendo e dalle azioni Bpm — ha poi aggiunto, però — . Ma perché si mette in dubbio la mia buona fede all'inizio». Il manager ha spostato sulla
crisi di mercato, che pure ha avuto un ruolo nelle maxiperdite sul convertendo, la colpa di tutto. Non
ha motivo per farsi da parte: «Le dimissioni sono una cosa mia, personale». Lui stesso ha sottoscritto
100 mila euro di bond convertibili, racconta rispondendo alla richiesta di un obbligazionista. Che come
molti altri alla fine si è dovuto rassegnare. I risparmiatori-clienti-obbligazionisti hanno fatto quel che
potevano, votando compatti in 121, con 101.394 obbligazioni, contro la proposta fermandosi però sotto
il 2,5%. Il voto per delega, come nelle migliori tradizioni della Bpm, con il 53,78% ha cancellato le incertezze facendo passare la delibera.
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Una vera patrimoniale sui più
ricchi nel 2013 conti correnti
esenti da bollo fino a 5000 euro
La tassa si abbatterà praticamente su tutte le forme di ricchezza mobiliare degli italiani. Anche il risparmio postale
I Paperoni con 5 milioni verseranno prima 1.200 euro, poi 7.500. Poche le eccezioni: fondi
pensione e sanitari
Nel 2012 si pagherà lo 0,1% sulle attività finanziarie, ma fino a un massimo di 1.200 euro.
Poi, l´anno dopo, si pagherà lo 0,15 per cento e sparirà il limite. Sui depositi 34,2 euro
all´anno
La scure della "patrimonialina", così come previsto dall´articolo 19 della manovra appena varata, si
abbatterà praticamente su tutte le forme di ricchezza mobiliare degli italiani. Anche nelle forme detenute all´estero. Il prelievo prevede un´aliquota fissa, da applicare sui valori di mercato dei depositi titoli e su tutte le attività finanziarie, anche non soggette a deposito (come i fondi comuni di investimento). Inoltre, si pagherà anche il bollo sui conti correnti: in questo caso l´imposta è fissa, di 34,20 euro
l´anno.
Aliquote e tetti
Per il 2012 il prelievo si applicherà sui valori di mercato, con un minimo di 34,20 euro l´anno e un
massimo di 1.200 euro. Per il primo anno l´aliquota sarà dell´1 per mille, nel 2013 salirà all´1,5 per
mille; resterà il valore minimo di 34,20 euro mentre nel secondo anno non ci sarà più il tetto massimo.
Su un "tesoretto" non particolarmente ricco si pagherà percentualmente di più: ad esempio su 20.000
euro si pagheranno 34,2 euro invece dei 20 euro previsti dall´aliquota. Al contrario, per i veri "Paperoni", dal 2013 scatterà la mannaia vera, con il venir meno del tetto al prelievo.
Le poche eccezioni
Pochissime le esenzioni al balzello. Confermato che non si paga su fondi pensione e fondi sanitari, il
nuovo testo chiarisce definitivamente invece che l´imposta annuale di 34,2 euro si paga sui conti correnti inviati dalle banche, ma anche su quelli postali e sui rendiconti dei libretti di risparmio. Dunque,
anche il risparmio postale paga pegno alla manovra.
Lo scaglione minimo
Tuttavia, per chi ha una giacenza davvero contenuta, entro i 5.000 euro, l´imposta di bollo sui conti
correnti non si paga. Non si paga nemmeno se la giacenza del conto corrente e del libretto di risparmio è al di sotto della soglia di 5.000 euro, ma attenzione: l´esenzione scatta solo se "complessivamente" non si hanno più di 5.000 euro su c/c e libretto di risparmio. Dunque, avere due o più conti con
giacenze medie singolarmente molto basse, non salva dal pagamento.
I Buoni postali
I Buoni postali sono a loro volta "graziati" se la giacenza media resta al di sotto dei cinquemila euro.
Insomma, questa forma di risparmio, molto diffusa anche per tagli molto ridotti, ha ricevuto un trattamento di favore.
Qualche esempio
Tra il 2012 e il 2013 cambierà l´aliquota sulla ricchezza finanziaria, ma quello che farà la differenza
vera, per i Paperoni, sarà il venir meno del tetto massimo. Ad esempio chi ha attività finanziarie pari a
800 mila euro, pagherà 800 euro nel 2012 e 1.200 euro l´anno dopo; chi ha 5 milioni investiti, pagherà
subito 1.200 euro ma verserà 7.500 euro nel 2013.
Rassegna Stampa del giorno 23 Dicembre 2011
Comunicato di informazione a cura della Federazione Italiana Bancari e Assicurativi
Tribunale di Roma - Registro della stampa n. 73/2007
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Mercati ancora freddi
sulla mossa Bce
Piccolo rimbalzo delle Borse, ma gli spread restano ad alta quota. Pil Usa rivisto al rialzo
Debito ungherese tagliato a "junk" Esrb: "Su banche, debiti e Pil le cose sono peggiorate"
MILANO - Le Borse compiono un rimbalzo sfiatato, gli spread salgono un altro po´, il Comitato europeo rischi sistemici (Esrb) lancia un «allarme abbastanza rosso» dicendo: «La situazione generale è
peggiorata per l´intreccio dei legami negativi tra rischi sovrani, incerta resistenza del sistema finanziario e deteriorate prospettive di crescita». Il day after dell´asta del secolo - 490 miliardi di euro prestati
per tre anni dalla Bce a 523 istituti a un tasso dell´1% - è senza squilli; e chi sperava in risalite vigorose di listini e prezzi dei bond resta deluso. Frattanto in Europa si apre un altro fronte: l´Ungheria va
verso la crisi finanziaria, ieri S&p ha tagliato il rating a "spazzatura", e la Bce vede «minata
l´indipendenza della banca centrale», perché il governo di Budapest studia un´infornata di nuovi vicedirettori e consiglieri nella Mnb.
Anche l´economia degli Usa manda segnali discordanti. Da una parte la rettifica del Pil del terzo trimestre, cresciuto dell´1,8% rispetto allo stimato 2%, dall´altra i sussidi di disoccupazione sono ai minimi da aprile 2008 e la fiducia dei consumatori ai massimi da sei mesi. Il tono rialzista di Dow Jones
e Nasdaq, però, si è limitato alla frazione di punto. Forse perché Pimco, leader mondiale nei bond che
non ha apprezzato l´asta di liquidità della Bce, stima una crescita 2012 tra zero e 1% negli States.
Meglio dell´Europa, dove Pimco stima un calo tra l´1 e l´1,5% del Pil.
Le Borse europee, vendute alla vigilia, sono rimbalzate al traino del settore bancario, ma poco ispirate. Piazza Affari è tra le migliori, con l´indice Ftse Mib in rialzo dell´1,4%, il Dax di Francoforte sale
dell´1,05%, Londra +1,25%, Parigi +1,36%, Madrid +1%. Va peggio agli scarti tra Bund tedeschi e
debiti periferici: lo spread con i Btp decennali è rimasto elevato per tutta la seduta, aprendo a 490
punti e chiudendo a quota 500,4 pari a un rendimento annuo del 6,9%, vicino al drammatico 7%. In
rialzo anche lo spread sui Bonos spagnoli, poco sotto 350 punti base. «Lo spread sale perché la liquidità Bce servirà a più rifinanziare i debiti bancari in scadenza e sostenere il credito, che a comprare altri titoli sovrani - dice Davide Serra, gestore del fondo Algebris - i soldi per tutto non ci sono, se
non si taglia il debito. Inoltre il mercato vede che il governo Monti ha un supporto emergenziale più
che politico, e ne puntella l´azione tenendo alti gli spread».
Ieri a Francoforte il Comitato Esrb presieduto da Mario Draghi ha dato nuovi "messaggi" alle banche
europee. Uno, che conferma le voci della vigilia, fa sperare che l´Eba riveda gli alti livelli del patrimonio bancario: «man mano che l´azione dell´Ue diviene più efficace e le condizioni sistemiche migliorano, le autorità di vigilanza possono rivedere le necessità patrimoniali chieste alle banche», ha scritto
l´Esrb. Tuttavia sarebbe stato ribadito il limite del 30 giugno 2012 per colmare i deficit patrimoniali delle banche. Mentre Andrea Enria, presidente dell´Eba e membro del comitato ha detto: «L´accordo fiscale europeo va implementato, siamo un po´ delusi dai ritardi nell´azione politica».
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I giovani e gli immigrati
prime vittime del credit crunch
Crif: nel 2011 fermi al palo prestiti e mutui
La quota degli stranieri nei finanziamenti per la casa ha perso il 2,5% dal 2007
ROMA - Se negli ultimi mesi è diventato sempre più difficile ottenere un mutuo o un prestito in banca,
per immigrati e giovani le difficoltà sono doppie, per via dell´aumento della disoccupazione, dei salari
bassi e della precarietà sul lavoro. Ma mentre i giovani hanno alle spalle le famiglie, gli immigrati non
possono contare su nessuno, e sono soprattutto loro a sentirsi dire di no da funzionari sempre più
preoccupati dalla riduzione della liquidità per il sistema creditizio. Dalle analisi di Crif Decision Solutions emerge una riduzione del 2,5% della quota degli stranieri nelle erogazioni dei nuovi mutui immobiliari dal 2007 a oggi; per il credito al consumo il calo è dell´1,2%, e per le carte rateali dell´1%.
«Sebbene con intensità diverse in base alle varie etnie e aree geografiche di residenza, gli stranieri
hanno risentito più degli italiani del deterioramento delle condizioni lavorative», ricorda Daniela Bastianelli, Research & Innovation di Crif Decision Solutions. E quindi sono i primi a trovare gli sportelli
chiusi, in uno scenario che per Crif è ancora di sostanziale «stabilità» (gli effetti peggiori del credit
crunch si avvertiranno nei primi mesi del 2012, assicura Bastianelli) ma che per Federabitazione ha
già portato all´esito negativo per il 40% delle richieste di mutuo avanzate negli ultimi mesi.
Se ai giovani va un po´ meglio, è solo perché alle spalle hanno famiglie che garantiscono per loro.
Dalle rilevazioni di Crif infatti emerge nei primi nove mesi del 2011 addirittura un modesto recupero
delle quote di mercato in mutui e prestiti da parte degli under 34. Questo riguarda però i finanziamenti
ottenuti. Se si guarda alla domanda di credito, invece, nei primi nove mesi del 2011 le richieste di mutui da parte dei giovani hanno rappresentato una quota pari al 32% del totale, in diminuzione rispetto
al 32,8% dello stesso periodo del 2010. In generale, osserva Bastianelli, «l´analisi per flussi finanziati
riflette uno scenario prudente, dove le classi maggiormente coinvolte in nuovi flussi di finanziamento
sono quelle più solide». Cioè più anziane, possibilmente con un contratto di lavoro a tempo indeterminato.
In questa situazione la minore "solidità" degli immigrati emerge ancora più drammaticamente. Il reddito delle famiglie con stranieri, emerge da un´indagine Istat diffusa ieri, è poco più della metà di quello
delle italiane. Nel 2008 le famiglie con stranieri residenti in Italia disponevano, in media, di un reddito
netto pari a 18.254 euro, e di un reddito mediano pari a 14.469 euro, 1205 euro al mese. E infatti il
43,9% delle persone che vivono in una famiglia con stranieri è a rischio di povertà (per le famiglie di
soli italiani la percentuale scende al 17,4%).
L´analisi di Crif riscontra per gli immigrati in generale «una domanda più contenuta ed erogazioni più
controllate». Ma molto dipende dalla provenienza geografica: «Per la clientela africana la quota dei
finanziamenti complessivi continua a ridursi a favore della componente asiatica e dell´Europa Orientale». Infatti per i mutui la quota degli africani è scesa dal 13,5% del 2008 all´8,6% del settembre di
quest´anno, mentre nello stesso periodo quella degli asiatici è salita dal 30,4% al 39,5%.
Si riducono gli importi medi finanziati. Per il credito al consumo erogato agli italiani si va dagli 8.000
euro del 2008 ai 7.000 attuali; per gli stranieri dai 7000 euro di quattro anni fa ai 6.400 attuali. Per i
mutui l´importo medio erogato è sceso solo per gli stranieri: 125.000 euro, contro i 129.000 del 2008.
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Fondiaria-Sai verso l’aumento
da 750 milioni
Nuove svalutazioni per un miliardo. I Ligresti sotto il 10% se non trovano nuove risorse
Oggi il cda e prima nuova riunione tra Goldman Sachs e i consiglieri indipendenti
MILANO - Il dado è tratto. Salvo colpi di scena davvero improbabili a questo punto, ma pur sempre
possibili, oggi il consiglio di amministrazione di Fonsai si troverà sul tavolo un´ipotesi di aumento di
capitale da 750-800 milioni. Secondo alcune fonti, potrebbe già deliberarlo, altri invece propendono
per una soluzione appena più soft, che rimandi ad un successivo consiglio di inizio gennaio la delibera formale. Di sicuro invece sarà affrontata la possibile cessione di Impregilo, per quanto all´interno
del cda non ci sia identità di vedute.
Di certo c´è poco tempo per tirare le fila: a quanto trapela il solvency margin sarebbe al pelo di quota
100, cioè al limite del richiamo obbligatorio dell´Isvap per il ripristino dei margini. Un elemento che dovrebbe comunque mettere al riparo dal rischio di lanciare un´opa, per qualsiasi nuovo socio che entrasse, in Fonsai o in Premafin medesima: a questo punto, insomma, si parla chiaramente di salvataggio. Per Ligresti si prospetta una situazione in cui Premafin si diluisce al 5-8%, forse di più. In ogni
caso, nettamente sotto il 10%.
Oggi, prima del consiglio, si terrà un nuovo incontro tra l´advisor Goldman Sachs e i consiglieri indipendenti. Ma si tratta di mettere a punto gli ultimi dettagli, di un impianto che ormai nella sostanza è
già deciso. Anche perché secondo voci di mercato il gruppo si appresta ad effettuare, con il bilancio di
fine anno, svalutazioni su immobili, strumenti finanziari e maggiori accantonamenti per riserve sinistri
per un totale di un miliardo di euro. Una cifra enorme, dopo quelle già rilevanti fatte in passato: solo le
riserve sinistri sono state già aumentate di 1,4 miliardi tra il 2009 e i primi nove mesi del 2011 (479
milioni di maggiori accantonamenti sui sinistri solo da gennaio a fine settembre). Da altre parti si pensa che anche il capitolo immobiliare sia destinato a vivere una profonda cura dimagrante: su un valore di 3,5 miliardi, anche solo svalutazioni lievi si rivelerebbero molto "importanti" in termini di numeri;
per non parlare degli impairment sulle partecipazioni finanziarie.
Forse queste cifre aiutano a spiegare la fretta di mettere mano ad un altro aumento di capitale, per
riportare in sicurezza i conti del gruppo. Complessivamente, l´operazione dovrebbe partire a marzo.
Ben prima di quella data, però, sarà stata fatta chiarezza su un possibile ingresso di soci nuovi - industriali o finanziari - a livello di Fonsai o forse di Premafin. Si vedrà; chiaramente Mediobanca, principale creditore di Fonsai con oltre un miliardo in prestiti subordinati, sta lavorando ad una soluzione,
mentre Premafin nelle settimane scorse ha chiesto a Leonardo e co. di assisterla come advisor
nell´ipotesi - diventata nel frattempo certezza - di un aumento di capitale.
Ieri l´amministratore delegato Emanuele Erbetta è stato chiamato in Consob, come spesso avviene
alla vigilia di un cda importante. Nell´audizione l´ad ha fatto il punto della situazione, mentre nei prossimi giorni, settimana prossima, dovrebbero arrivare comunicazioni formali sulla catena di controllo a
monte, da parte di Ever Green Security Trust, sui dettagli dei singoli intestatari dell´acquisto del
7,85% di Premafin. Insieme all´altro fondo delle Bahamas, amministrato da Giancarlo de Filippo, il
20% di Premafin ha sede in paradisi fiscali.
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La Fiba-Cisl
Vi augura di trascorrere
un Santo Natale
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Arrrriivveeddeerrccii aa
Martedì 27 Dicembre
ppeerr uunnaa nnuuoovvaa
rraasssseeggnnaa ssttaam
mppaa!!
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