GATTACA VIAGGI – Via Vico, 4 - MI
ITINERARIO
COMPLETO DI
11 gg.
Primo giorno Milano – Istanbul
Volo TURKISH AIRLINES 245
• MXP 1100 IST 1445
All’arrivo, i Clienti saranno accolti dall’autista con un cartello riportante il loro nome. Trasferimento all’Hotel
SUMENGEN Mimar Mehmet Aga Caddesi Amiral Tafdil Sokak No 21 Sultanahmet 34400 Istanbul - TURKEY
Tel : +90 (212) 517 68 69. Resto della serata a disposizione.
Secondo giorno - Istanbul
Prima colazione in albergo. Inizio del tour alle 0900 per la città antica con la visita al Palazzo imperiale del Topkapi,
includendo anche la sezione della Tesoreria.
Topkapı (turco Topkapı, letteralmente "Porta del Cannone"), sito sul Promontorio del Serraglio, ovvero Sarāyburnu,
tra il Corno d'Oro e il mar di Marmara, è il nome di una porta del Serraglio (palazzo sultanale) ottomano di
Costantinopoli (oggi Istanbul), che tra il 1455 e il 1458 crebbe inglobando il sito dell'antico Palazzo imperiale bizantino
che rispetto al Serraglio era peraltro di minor superficie.
La costruzione palaziale era protetta – come tante
altre costruzioni dalle medesime destinazioni – da
un muro di cinta, e l'accesso era garantito da varie
porte, affidate ad appositi corpi armati di guardia.
Una di esse si affacciava nel punto in cui il Corno
d'Oro si apre sul Mar di Marmara. Altre porte
erano: La Porta della Pace (Bāb ŭl-Selām), la
Porta di Mezzo (Orta Kapı), la Porta della Maestà
(Bāb-ı Hŭmāyūn), la Porta delle Vetture (Araba
Kapısı) e la Porta della Felicità (Bāb ŭl-Sa‘ādet).
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Il palazzo contiene una preziosa esposizione di tesori, le stanze dello Harem e la stanza del Consiglio, al quale il Sutano
poteva partecipare nascosto da una grata, in modo da poter sorvegliare le decisioni della corte senza essere visto.
Il palazzo è stato utilizzato come sede del governo Ottomano fino all’inizio del secolo scorso. Abbandonato dopo la
formazione della Repubblica, è stato poi trasformato in museo.
La Moschea Blu
Dopo la Pace di Zsitvatorok e gli sfortunati risultati della guerra con la Persia, il sultano Ahmed I decise di costruire una
grande moschea a Istanbul per placare Allah. Questa fu la prima moschea imperiale costruita ad Istanbul dopo la
Moschea di Solimano, eretta quarant'anni prima. Mentre i suoi predecessori innalzarono moschee con il proprio
patrimonio personale, Ahmet I utilizzò denaro pubblico, dal momento che non aveva ottenuto consistenti vittorie
militari, provocando il dissenso degli ulema. La moschea fu edificata su parte del sito del Gran Palazzo di
Costantinopoli, di fronte ad Hagia Sophia (a quel tempo la più venerata moschea di Istanbul) e all'Ippodromo, un altro
sito di grande valenza simbolica.[1] La costruzione della moschea iniziò nel 1609: lo stesso sultano diede avvio ai lavori.
Era, infatti, sua intenzione che questa moschea divenisse il luogo di culto più importante dell'Impero. Scelse per
sovraintendere ai lavori il suo architetto Sedefkar Mehmet Ağa, prima allievo e poi assistente di Sinan.
L'organizzazione della costruzione fu meticolosamente descritta in otto volumi ora conservati nella biblioteca del
Topkapi. La cerimonia di apertura avvenne nel 1617 (benché il cancello della moschea ricordi l'anno precedente) e il
sultano poté pregare nel proprio spazio (hünkâr mahfil). I lavori di completamento si conclusero sotto il successore di
Ahmet Mustafa I.
L'immagine della moschea venne stampata sulle banconote da 500 lire in corso negli anni 1953-1976
La mosche a deve il suo nome alle 21.043 piastrelle di questo colore che ricoprono le sue paresti
Tra la Moschea Blu e la cattedrale di Santa Sofia si apre l’ingresso della grande Cisterna.
Scoperta sul finire del XIX secolo, la grande
cisterna
rappresenta
probabilmente
il
monumento più impressionante di Istanbul.
Costruita sotto il regno Giustiniano I (527-565),
il periodo più prospero dell'Impero romano
d'Oriente, nel 532. oggi si presenta come un
enorme spazio sotterraneo di circa 140 metri per
70, in cui trovano spazio dodici file di 28
colonne alte 9 metri e distanziate l'una dall'altra
di 4,90 m. I capitelli sono un misto tra gli stili
Ionico e Corinzio, con alcune eccezioni di
Dorico o addirittura di colonne non decorate.
I muri perimetrali sono di mattoni ed hanno uno
spessore di 4 metri. La malta utilizzata nella
costruzione è speciale ed impermeabile.
Buona parte dei materiali e delle colonne sono
elementi di riuso, ne sono testimonianza in
particolare due enormi teste di gorgone provenienti da qualche edificio monumentale, che fanno da base (rovesciate) a
due delle colonne di sostegno della volta.
La cisterna era alimentata da un acquedotto che portava acqua fin
dalla foresta di Belgrado, distante 19 chilometri dalla città.
La cisterna è stata sottoposta a ristrutturazione nel 1985 ed è stata
restituita alle visite nel settembre del 1987. L'ambiente è ancora in
ottimo stato conservativo, tanto da mantenere sul fondo acqua
sufficiente a far sopravvivere numerosi pesci.
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Basilioca di Santa Sophia
Prima chiesa
La prima chiesa era conosciuta come la Μεγάλη Ἐκκλησία (Megale ekklēsía,
"Grande Chiesa"), o in latino "Magna Ecclesia",[1] a causa delle sue dimensioni
più grandi rispetto alle altre chiese contemporanee già presenti in città.[2] La
chiesa fu dedicata al Logos, la seconda persona della Santissima Trinità[3], la
cui festa cadeva il 25 dicembre, l'anniversario della nascita dell'incarnazione
del Logos in Cristo.[3] Inaugurata il 15 febbraio 360 (durante il regno di
Costanzo II) da parte del vescovo ariano Eudossio di Antiochia,[2] fu edificata
vicino alla zona dove era in costruzione il palazzo imperiale. La vicina Santa
Irene (Αγία Ειρήνη in greco, dedicata cioè alla "Santa Pace") fu completata
precedentemente ed aveva servito come cattedrale fino a quando Santa Sofia
non fu completata. Entrambe le chiese svolsero poi il ruolo di chiese principali
dell'Impero bizantino.
Nel 440, Socrate di Costantinopoli, sostenne che la chiesa fosse stata costruita
da Costanzo II.[2] La tradizione riferisce che l'edificio fu invece costruito da
Costantino il grande.[2] Zonara concilia le due opinioni documentando che
Costanzo aveva riparato l'edificio consacrato da Eusebio di Nicomedia, dopo
che era crollato.[2] Poiché Eusebio fu vescovo di Costantinopoli tra il 339 e il
341 e Costantino morì nel 337, sembra possibile che la prima chiesa fosse
eretta da quest'ultimo.[2] L'edificio fu progettato come una tradizionale basilica
latina con colonnato e gallerie e dotata di un tetto in legno. L'ingresso era
preceduto da un doppio nartece (una sorta di doppio atrio).
Il Patriarca di Costantinopoli Giovanni Crisostomo entrò in un conflitto con
l'imperatrice Elia Eudossia, moglie dell'imperatore Arcadio, e per questo fu
mandato in esilio il 20 giugno 404. Durante gli scontri che avvennero
successivamente, questa prima chiesa fu in gran parte distrutta da un
incendio.[2] Nulla di essa rimane oggi.
Seconda chiesa
Una seconda chiesa fu costruita per volere di Teodosio II, il quale la inaugurò
il 10 ottobre 415. La basilica, dotata ancora di un tetto in legno, fu progettata
dall'architetto Rufino. Incendiata durante la rivolta di Nika, scoppiata nel 532
contro l'imperatore Giustiniano, la chiesa bruciò quasi completamente.
Diversi blocchi di marmo appartenenti all'edificio sono stati scoperti nel 1935 sotto il cortile occidentale da A.M.
Schneider: tra questi quello raffigurante 12 agnelli (i quali rappresentano metaforicamente i 12 apostoli).
Originariamente parte del monumentale ingresso principale, i blocchi sono visibili in uno scavo adiacente all'ingresso
dell'edificio. Scavi ulteriori sono stati abbandonati per paura di pregiudicare l'integrità della basilica.
Terza chiesa (attuale struttura)
Il 23 febbraio 532, pochi giorni dopo la distruzione della seconda basilica, l'imperatore Giustiniano I decise di costruire
una nuova basilica completamente diversa, più grande e più maestosa rispetto a quelle dei suoi predecessori.
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Giustiniano scelse come architetti Isidoro di Mileto e il fisico e matematico Antemio di Tralle, Antemio, tuttavia, morì
nel primo anno dei lavori. L'edificio venne descritto dallo storico bizantino Procopio nella sua opera "Sulle Costruzioni"
(Peri Ktismatōn, in latino: De Aedificiis). L'Imperatore aveva fatto procurare il materiale da tutto l'impero: colonne
ellenistiche dal tempio di Artemide di Efeso, grandi pietre dalle cave di porfido egiziane, marmo verde dalla Tessaglia,
pietra nera dalla regione del Bosforo e pietra gialla dalla Siria. Più di diecimila persone vennero impiegate nel cantiere.
Questa nuova chiesa fu riconosciuta già all'epoca come la basilica più grande della cristianità.[4] Le teorie di Erone di
Alessandria potrebbero essere state la base su cui si sono svolti i calcoli necessari per affrontare le sfide presentate dalla
realizzazione di una cupola di tali dimensioni. L'imperatore, insieme al patriarca Eutichio, inaugurò la nuova basilica il
27 dicembre 537 con una celebrazione in pompa magna. I mosaici all'interno della chiesa vennero, comunque,
completati solo sotto il regno dell'imperatore Giustino II (565-578).
Santa Sofia fu così la sede del patriarca ortodosso di Costantinopoli e il luogo principale per le cerimonie imperiali dei
reali bizantini, come le incoronazioni.
Terremoti accaduti nel mese di agosto 553 e il 14 dicembre 557 causarono fessurazioni nella cupola centrale e nella
semicupola orientale. La cupola principale crollò completamente durante un terremoto successivo, avvenuto il 7 maggio
558,[5] distruggendo l'ambone, l'altare e il ciborio.
L'incidente fu dovuto principalmente alla portante troppo
alta e al carico enorme della cupola che era troppo piatta.
Questi fattori hanno provocato la deformazione dei
piloni che sostenevano la cupola.[6] L'imperatore ordinò
un immediato ripristino. Egli affidò i lavori a Isidoro il
Giovane, nipote di Isidoro di Mileto, che utilizzò
materiali più leggeri ed elevò la cupola di altri 6,25
metri.[7], conferendo all'edificio la sua altezza interna
attuale di 55,6 metri.[6] Questa ricostruzione, che dette
alla chiesa il suo attuale aspetto, terminò nel 562. Il
poeta bizantino Paolo Silenziario compose un lungo
poema epico, noto come Ekphrasis e tuttora esistente,
per la riconsacrazione della basilica, cerimonia
presieduta dal Patriarca Eutichio il 23 dicembre 562.
Nel 726, l'imperatore Leone III di Bisanzio emise una
serie di editti contro la venerazione delle immagini,
ordinando all'esercito di distruggere tutte le icone, inaugurando il periodo di iconoclastia bizantina. A quel tempo, tutte
le immagini religiose e le statue furono rimosse dalla Basilica di Santa Sofia. Dopo una breve tregua, sotto l'imperatrice
Irene (797-802), gli iconoclasti hanno continuato il loro tentativo di riforma.
La basilica subì in seguito altri gravi danni, prima in un grande incendio nel 859 e di nuovo in un terremoto avvenuto l'8
gennaio 869 che fece quasi collassare nuovamente la cupola. L'imperatore Basilio I ordinò che la chiesa fosse riparata.
Dopo un nuovo grande terremoto avvenuto il 25 ottobre 989, che rovinò la grande cupola, l'imperatore bizantino Basilio
II chiese all'architetto armeno Trdat, creatore delle grandi chiese di Ani e Argina, di riparare la cupola.[8] I suoi
principali lavori riguardarono l'arco occidentale e una parte della cupola. L'entità del danno richiese sei anni di
riparazioni, la chiesa fu riaperta il 13 maggio 994.
Nel suo libro De ceremoniis ("Libro delle Cerimonie"), l'imperatore Costantino VII (913-919) scrisse un resoconto
dettagliato delle cerimonie che si tenevano a Santa Sofia con l'imperatore e il patriarca.
Al momento della presa di Costantinopoli, durante la Quarta
Crociata, la chiesa fu saccheggiata e profanata dai cristiani latini. Lo
storico bizantino Niceta Coniata descrisse come fossero state rubate
dalla chiesa molte reliquie come una pietra della tomba di Gesù, il
latte della Vergine Maria, il sudario di Gesù e le ossa di alcuni santi,
che furono trafugate verso le chiese dell'ovest. Durante
l'occupazione latina di Costantinopoli (1204-1261) la chiesa
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divenne una cattedrale cattolica romana. Baldovino I di Costantinopoli fu incoronato imperatore il 16 maggio 1204 a
Santa Sofia. Enrico Dandolo, doge di Venezia, che comandò l'invasione della città da parte dei Crociati fu sepolto
all'interno della chiesa. Tuttavia, restauri effettuati durante il periodo 1847-1849, hanno gettato alcuni dubbi
sull'autenticità della tomba del doge.
Dopo la riconquista della città da parte dei Bizantini nel 1261, la chiesa si trovava in uno stato fatiscente. Nel 1317,
l'imperatore Andronico II ordinò la costruzione di quattro nuovi contrafforti Un nuovo terremoto arrecò danni alla
struttura che dovette essere chiusa fino al 1354, quando terminarono le riparazioni effettuate dagli architetti Astras e
Peralta.
Moschea (1453-1935)
Nel 1453 Sultano Maometto II assediò Costantinopoli guidato in parte dal
desiderio di guadagnare la città all'Islam.[9] Il sultano promise ai suoi
soldati tre giorni di libero saccheggio se la città fosse caduta, dopo di che
avrebbe rivendicato per sé stesso le ricchezze.[10][11] La Basilica di Santa
Sofia non fu esentata dal saccheggio, diventandone il punto focale, in
quanto gli invasori ritenevano che vi fossero contenuti i più grandi tesori
della città.[12] Poco dopo il crollo delle difese della città, molti dei
saccheggiatori si diressero verso Santa Sofia e abbatterono le sue porte.[13]
Durante l'assedio, venivano spesso celebrate liturgie e preghiere dentro la
basilica che era diventata il rifugio per molti di coloro che non erano in
grado di contribuire alla difesa della città.[14][15] Intrappolati nella chiesa, la congregazione e i rifugiati divennero bottino
da dividere fra gli invasori. L'edificio fu profanato e saccheggiato e gli occupanti resi schiavi o uccisi.[12][13] Quando il
Sultano e la sua corte entrarono nella chiesa egli ordinò che essa venisse immediatamente trasformata in una moschea.
Uno degli Ulama salì così sul pulpito e recitò la Shahada.[16][17]
Come scritto sopra, subito dopo la conquista di Costantinopoli,
Maometto II convertì la Basilica di Santa Sofia nella moschea di Aya
Sofya.[18][19][20][17] Come descritto da numerosi visitatori occidentali
(come il nobile cordovano Pero Tafur[21] e il fiorentino Cristoforo
Buondelmonti[22]) la chiesa si trovava al momento della conquista in
uno stato fatiscente; il sultano ne ordinò allora la pulizia e la sua
riqualificazione aggiungendo i minareti e intonacando i mosaici
parietali. Intorno al 1481 un piccolo minareto venne eretto all'angolo
sud-ovest dell'edificio, sopra la torre delle scale. [14] In seguito, il
successivo sultano, Bayezid II (1481-1512), fece costruire un altro
minareto nell'angolo nord-est.[17] Uno di questi cadde a causa del
terremoto del 1509[17] e intorno alla metà del XVI secolo entrambi
furono sostituiti da due nuovi minareti, posti agli angoli est e ovest
dell'edificio.[17]
Nel XVI secolo il sultano Solimano il Magnifico (1520-1566) riportò
dalla sua conquista dell'Ungheria due colonne colossali. Esse furono
collocate su entrambi i lati del mihrab. Durante il regno di Selim II
(1566-1577) l'edificio iniziò a mostrare segni di cedimento e si
dovette provvedere a rinforzarlo con l'aggiunta di supporti
strutturali al suo esterno ad opera del grande architetto ottomano
Mimar Sinan[23] Oltre a rafforzare la struttura storica bizantina,
Sinan costruì i due grandi minareti supplementari all'estremità
occidentale del palazzo e il mausoleo del sultano. Inoltre, una
mezzaluna d'oro fu installata sulla sommità della cupola,[17] mentre
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una zona di rispetto 35 arşın (circa 24 m) di larghezza fu imposta intorno all'edificio, abbattendo tutte le case che nel
frattempo erano state edificate attorno ad esso.[17] In seguito la sua türbe arrivò ad ospitare altre 43 tombe di principi
ottomani.[17]
In seguito furono aggiunte la galleria del sultano, un minbar decorato con marmi, una pedana per il sermone e una
loggia per il muezzin. Nel 1717, con il sultano Ahmed III (1703-1730), fu ristrutturato l'intonaco degli interni.[24]
Il restauro più famoso di Aya Sofya fu però quello ordinato dal sultano Abdul Mejid I e completato da 800 lavoratori tra
il 1847 e il 1849, sotto la direzione dell'architetto ticinese Gaspare Fossati, assistito dal fratello Giuseppe, ingegnere. I
due fratelli consolidarono la cupola e le volte, raddrizzarono le colonne e rinnovarono la decorazione degli esterni e gli
interni dell'edificio. I mosaici bizantini superstiti vennero scoperti e ricoperti con uno strato d'intonaco, ed i vecchi
lampadari vennero sostituiti da nuovi, del tipo a goccia. Alle colonne vennero appesi quattro giganteschi medaglioni
circolari, opera del calligrafo Kazasker İzzed Effendi (1801-1877). Essi riportano i nomi di Allah, del profeta
Maometto, dei primi quattro califfi (Abu Bakr, Umar, Uthman e Ali) e dei due nipoti di Maometto: Hassan e Hussein. Il
13 luglio 1849, alla fine del restauro, la moschea venne riaperta al culto con una cerimonia solenne.
Museo (1943-oggi)
Nel 1935, il primo presidente turco e fondatore della Repubblica di
Turchia, Mustafa Kemal Atatürk, trasformò l'edificio in un museo. I
tappeti vennero rimossi e le decorazioni del pavimento di marmo
riapparvero per la prima volta dopo secoli mentre l'intonaco bianco
che copriva molti dei mosaici fu rimosso. Tuttavia, le condizioni
della struttura erano deteriorate.
Con l'aiuto di società di servizi finanziari American Express, il
World Monuments Fund fissò una serie di sovvenzioni per il 19972002 al fine del restauro della cupola. La prima fase del lavoro fu la
stabilizzazione strutturale e la riparazione del tetto rotto, ciò fu
realizzato con la partecipazione del Ministero della Cultura turco.
La seconda fase, la conservazione degli interni della cupola, offrì
l'opportunità di impiegare e addestrare giovani restauratori turchi nella cura dei mosaici. Entro il 2006, il progetto del
WMF fu completato, anche se altre aree di Santa Sofia continuano a richiedere manutenzione.[25]
Oggi, l'uso del complesso come luogo di culto (moschea o chiesa) è severamente proibito.[26] Tuttavia, nel 2006, subito
prima della visita del Papa Benedetto XVI[27] è stato segnalato che il governo turco ha permesso l'assegnazione di una
piccola stanza del complesso museale per essere utilizzato come una sala di preghiera per chiunque lo voglia.]
L'architettura e la decorazione interna
Le sue gigantesche proporzioni ne fanno uno dei monumenti chiave dell'architettura di tutti i tempi. La basilica ha una
pianta che fonde armoniosamente il rettangolo entro il quadrato (71x77 m), con tre navate, arcate divisorie in doppio
ordine, ed un'unica abside opposta all'ingresso, che all'esterno si presenta poligonale. La pianta ha probabilmente
ricalcato quella della basilica costantiniana. L'ingresso è preceduto da un doppio nartece. Gli interni sono arricchiti con
mosaici, marmi pregiati e stucchi: colonne in costoso porfido o marmo verde della Tessaglia sono impreziosite da
capitelli finemente scolpiti. Nel corso degli anni sono stati aggiunti alcuni mausolei laterali. All'interno, alcuni corridoi
laterali riccamente decorati (che hanno ispirato la Basilica di San Marco a Venezia) conducono al grande vano della
navata centrale, dominato dalla mastodontica cupola, che poggia su
pennacchio ed archi, che scaricano il loro peso su quattro enormi
pilastri. Questi pilastri sono costruiti con pietre lavorate, legate tra
di loro tramite colate di piombo, mentre le volte, gli archi e le pareti
sono in laterizi. Nelle zone verso l'abside e verso l'ingresso due
semicupole digradano da quella principale e poggiano su esedre a
colonne. Nella fascia superiore della grande cupola sono state aperte
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numerose finestre, ed in seguito parzialmente murate per aumentare la stabilità dell'edificio, che inondano di luce
l'interno dell'edificio in qualsiasi ora della giornata. Sulle navate laterali corrono i matronei, destinati alla corte
imperiale che vi assisteva alla messa da una posizione rialzata. Al di sopra dei matronei la muratura è perforata da due
file sovrapposte di finestre di dimensioni variabili (più ampie al centro, più piccole verso i lati e nella fila inferiore).
L'impianto non differiva molto da quello di altre chiese a pianta longitudinale già esistenti, ma per la prima volta lo
spazio appare dominato dalla grande cupola, che focalizza verso l'alto tutto l'ambiente architettonico. L'effetto è quello
di uno spazio incommensurabile e di leggerezza della copertura, che sembra come sospesa nell'aria. La decorazione
interna, inizialmente aniconica con motivi persiani (in pratica, ci si atteneva già all'Iconoclastia del VII secolo), fu
integrata da Giustino II con cicli evangelici e con scene divenute poi canoniche del Dodecaorto, il sistema di 12 feste
bizantine. La cupola riporta un Cristo Pantocratore benedicente, a mezzo busto. Per l'anatomia dei visi di Cristo e dei
santi sembra siano state utilizzate le descrizioni contenute
in un libretto di Ulpius Romano: un esempio, San
Gregorio ritratto con la barba fumosa e l'occhio destro
menomato da un incidente.
L'abside è stato rinforzato all'esterno da alcuni
contrafforti. Uno di questi contiene una cappella con
mosaici frammentari realizzati col sistema della doppia
linea. Alcune chiese bizantine e le moschee imperiali
ottomane hanno preso a modello la grande cupola
affiancata da due semicupole. L'apparato decorativo
originale è conservato solo in parte, ma continua tuttavia
a rappresentare una profonda testimonianza dell'arte
bizantina. I capitelli presentano trine, trafori, giochi
d'ombra e chiaro-scuro, e compare lo stemma
giustinianeo.
Procopio di Cesarea, nel suo trattato De aedificiis, ci ha
tramandato una descrizione risalente al periodo di
Giustiniano I: egli notò come la luce, filtrata dalle finestre
disposte a diversi livelli, ma soprattutto dalle aperture che
coronano la base della cupola, sembrasse come generata
all'interno della basilica stessa, e riverberandosi sui
mosaici dorati e sui preziosi paramenti murari, annullasse
irrealmente la consistenza e il peso delle strutture. Questo
effetto è dovuto anche al fatto che la parte centrale della
chiesa sia quella più ampia a maggiormente illuminata rispetto alle zone laterali, che contrastano con ambienti più scuri
e con la netta divisione in più piani dello spazio che invece al centro è slanciato verso l'alto.
Paolo Silenziario invece, compose un poemetto o ecphrasis richiamando soluzioni letterarie tipiche dell'epoca
giustinianea. La descrizione della chiesa si districa attraverso alcune tappe che l'autore rende obbligatorie e stimola il
lettore ad immergersi in toto nell'immaginario di ciò che fu il tempio all'epoca di Giustiniano iniziando il viaggio dalla
parte esterna fino a raggiungere le zone più intime della chiesa soffermandosi in una descrizione dettagliata di ogni
particolare decorativo o architettonico come ad esempio l'elencazione delle varietà di marmo presenti oppure alle
particolari forme di lampadari o polycandelia.
Architettura
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La basilica di Santa Sofia è uno dei più grandi esempi superstiti di architettura bizantina. Il suo interno, decorato con
mosaici e pannelli marmorei, è di grande valore artistico. Il tempio stesso era così riccamente e artisticamente decorato
che Giustiniano, una volta completati i lavori, esclamò: "Salomone, ti ho superato!" (Νενίκηκά σε Σολοµών).
Giustiniano stesso curò la realizzazione di quella che era la più grande cattedrale mai costruita fino a quel momento, e
tale rimase per quasi 1000 anni e cioè al completamento della cattedrale di Siviglia in Spagna.
La basilica voluta da Giustiniano è al tempo stesso la realizzazione architettonica culmine della tarda antichità e il
primo capolavoro dell'architettura bizantina. La sua influenza, sia architettonica che liturgica si diffuse nella chiesa
ortodossa orientale, in quella cattolica romana e nel mondo musulmano. Le colonne più grandi sono di granito,
raggiungono una altezza di circa 19 o 20 metri con un diametro di 1,5 metri, la più grande pesa oltre 70 tonnellate. Sotto
gli ordini di Giustiniano, otto colonne corinzie vennero prelevate da Baalbek, in Libano e spedite a Costantinopoli per la
costruzione della chiesa.[29]
Il vasto interno presenta una struttura assai complessa. La navata centrale è sormontata da una cupola centrale alta 55,6
metri dal livello del pavimento, traforata da 40 finestre ad arco e sostenuta da quattro pennacchi. Le varie riparazioni
effettuate nel corso del tempo, hanno reso la cupola leggermente elittica, con un diametro variabile tra i 31,24 m e i
30,86 m.
I quattro pennacchi triangolari concavi servono per la transizione
struttura circolare della cornice a quella rettangolare della navata.[30]
Il peso della cupola si scarica, attraverso i pennacchi, su quattro
massicci pilastri posti agli angoli. Questi sono stati rinforzati con
contrafforti, edificati parte durante il periodo bizantino e parte
durante quello ottomano, sotto la guida del famoso architetto Sinan.
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Le superfici interne sono rivestite di pannelli marmorei di diversi colori, verde e bianco con viola porfido e da mosaici a
fondo, d'oro.
L'esterno, rivestito di stucco, è stato colorato di giallo e rosso durante un restauro avvenuto nel XIX secolo sotto la
direzione degli architetti Fossati.
Cupola
Vista dell'interno di Santa Sofia, si notino gli elementi islamici ai lati della cupola.
La cupola di Santa Sofia ha suscitato un particolare interesse fra gli storici d'arte, gli architetti e gli ingegneri, per le sue
caratteristiche innovative e grandiose. La cupola è sostenuta da quattro pennacchi, una soluzione mai utilizzata prima. Il
loro utilizzo permette una transizione elegante dalla forma quadrata della base dei piloni a quella emisferica della
cupola. L'utilizzo dei pennacchi non è soltanto una scelta di carattere estetico, ma permette anche di frenare le forze
laterali della cupola e permette di scaricare il peso di essa verso il basso.[31][32]
Anche se questa scelta architettonica permise di stabilizzare la cupola, il muro di cinta e gli archi, l'effettiva costruzione
delle mura di Santa Sofia indebolì la struttura complessiva. I muratori utilizzarono più malta che mattoni, ciò indebolì le
pareti. La struttura sarebbe stata molto più stabile se i costruttori avessero lasciato asciugare la malta, prima di iniziare il
livello successivo. Quando la cupola fu posta in opera, il suo peso portò le pareti sottostanti a piegarsi verso l'esterno a
causa della malta ancora bagnata. Quando Isidoro il Giovane ricostruì la
cupola, nel frattempo crollata a causa di un terremoto, dovette prima
riportate a piombo le mura sottostanti rinforzandone l'interno in modo che
queste fossero in grado di sostenere il peso della nuova copertura. Inoltre,
l'architetto innalzò la nuova cupola di circa sei metri rispetto alla precedente
in modo da diminuire le forze laterali e da scaricare più facilmente il suo
peso lungo le pareti.
L'edificio è famoso per l'effetto mistico della luce che si riflette in tutto
l'interno della navata, con la cupola che dà l'apparenza di librarsi al di sopra
di quest'ultima. Quest'effetto fu reso possibile grazie all'inserzione di
quaranta finestre nella cupola stessa, sopra la cornice. Inoltre, la stabilità
della cupola fu aumentata da Isidoro il Giovane grazie all'introduzione di
costoloni longitudinali che innervano la struttura passando fra le finestre.
Questi permettono al peso della cupola di scaricarsi in basso lungo la cornice
e verso i pennacchi e, infine, lungo le pareti e verso le fondazioni.
Il carattere unico del progetto di Santa Sofia rende questa struttura uno dei
monumenti più avanzati e ambiziosi realizzati nella tarda antichità.
Urne per lustratio
Due enormi urne per la lustratio di marmo vennero portate da Pergamo
durante il regno del sultano Murad III. Originarie del periodo ellenistico,
sono scolpite su blocchi di marmo.[17]
Nartece e portali
La Porta Imperiale era l'ingresso principale tra l'interno e l'esterno del nartece. Esso era riservato esclusivamente
al'imperatore. Il mosaico bizantino sopra il portale raffigura Cristo e l'imperatore Leone VI di Bisanzio.
Una lunga rampa, posta nella parte settentrionale del nartece
esterno, conduce alla galleria superiore.
Galleria superiore
La galleria superiore è disposta a ferro di cavallo e racchiude la
navata centrale fino all'abside. Diversi mosaici sono conservati in
questa galleria, in uno spazio tradizionalmente riservato per
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l'imperatrice e la sua corte. I mosaici meglio conservati si trovano nella parte meridionale della suddetta galleria.
Logge dell'Imperatrice
La Loggia dell'Imperatrice si trova nel centro della galleria superiore di Santa Sofia. Da qui l'imperatrice e la sua corte
potevano seguire la cerimonia che si svolgeva più in basso. Una pietra verde segna il punto in cui sorgeva il trono.
Porta di marmo
La Porta di marmo, posta all'interno della Basilica di Santa Sofia, si trova nella galleria superiore, verso sud. Fu
utilizzata dai partecipanti a sinodi che entravano e lasciavano la camera dell'incontro attraverso questa porta.
Decorazioni
Originariamente, sotto il regno di Giustiniano, le decorazioni interne consistevano in disegni astratti su lastre di marmo
poste sulle pareti e sulle volte con mosaici curvilinei. Di questi, si possono ancora vedere i due arcangeli Gabriele e
Michele. Vi erano anche un paio di decorazioni figurative, come ci è stato riportato dall'elogio di Paolo Silenziario. I
pennacchi della galleria sono realizzati tramite la tecnica dell'Opus sectile e mostrano schemi, figure di fiori e uccelli. In
fasi successive sono stati aggiunti dei mosaici figurativi, che vennero però distrutti durante la controversia iconoclasta
(726-843). I mosaici tuttora presenti provengono dal periodo post-iconoclasta. Il numero di tesori, reliquie e icone
crebbe progressivamente in ricchezza, realizzando una sorprendente collezione, sino alla dispersione in seguito al
saccheggio durante la quarta crociata.
Oltre ai mosaici, un gran numero di decorazioni figurative vennero aggiunte nel corso della seconda metà del IX secolo:
un'immagine di Cristo nella cupola centrale, alcuni santi ortodossi, Profeti e Padri della Chiesa. Vi sono anche
raffigurazioni di personaggi storici connessi con la basilica, come il patriarca Ignazio I e alcune scene tratte dal
Vangelo. Basilio II fece rappresentare in mosaico su ciascuno dei quattro pennacchi un Hexapterygon (angelo con sei
ali).[33] Due di essi scomparvero e vennero riprodotti in affresco durante il restauro di Gaspare Fossati, che fece ricoprire
il loro viso con un alone d'oro.[33] Nel 2009 uno di loro è stato riportato allo stato originale.[34]
A metà pomeriggio, il tour viene interrotto per
permettere di assistere nel Museo Militare al
concerto dei Giannizzeri. In questo concerto si
possono osservare splendidi costumi di parata
dell’esercito Ottomano ed ascoltare gli strumenti e
le musiche in uso nelle principali manifestazioni
dell’Impero.
Serata libera.
Terzo giorno - Istanbul
La giornata inizia con una passeggiata nel
famosissimo Gran Bazaar, paradiso di ogni amante
dello shopping con i suoi più di 4000 negozi. Il
nucleo del mercato, chiamato Iç Bedesten, venne
realizzato sotto il Sultano Maometto II e fu
completato intorno al 1461. L'area del Bazar è
molto estesa e regolare. Misura 300.700 m², e può
considerarsi unica nel suo genere. Tutta l'area è coperta e, infatti, il Grande Bazar è chiamato, in lingua turca, Kapalı
Çarşı, letteralmente Mercato coperto.
All’uscita del Grand Bazaar si prosegue per il Mercato delle
Spezie, uno dei più grandi bazar della città. Detto anche Mercato
Egiziano e situato nel distretto di Fatih, nel quartiere di Eminönü, è
il secondo più grande complesso commerciale coperto all'interno
della penisola storica di Istanbul dopo il Gran Bazar, ed è dedicato
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in gran parte appunto alla vendita delle spezie. con i suoi
frangenti aromi.
Accanto al Mercato delle Spezie si trova la Moschea
Rustempasa, splendido esempio di Architettura Ottomana
del periodo classico (secoli XV/XVI/XVII) ma per
importanza secondaria alle grandi moschee imperiali
cittadine (come la Süleymaniyye Camii, la moschea
imperiale del sultano Sulaiman I). Viene annoverata tra le
moschee per i Vizir, meno imponente e grande di quelle
imperiali, ma non per questo priva di valore, spesso è
accostata a un'altra moschea di Sinan (costruita una decina
d'anni dopo), la Sokollu Mehmet Pasha Camii, con cui le
analogie sono molte.
La moschea è stata costruita su una alta terrazza sopra un
complesso di negozi voltati e han (magazzini di deposito e
vendita della merce), così è separata dal trambusto e caos della zona commerciale. Due scale, strette e serpentine, a
ovest e ad est conducono alla terrazza, che ha una forma a C. A differenza delle altre moschee di Sinan, questa è priva
del cortile esterno, probabilmente per via della mancanza di spazio nell'area. La fontana per le abluzioni rituali (in turco
şadırvan) si trova al piano terra, presso la scala a est.
La peculiarità di questa moschea sono le splendide maioliche di Iznik, del XVI° secolo (epoca d'oro per la loro
produzione), presenti in gran numero sia esternamente che internamente. Esse presentano una grande varietà disegni
floreali (soprattutto il motivo del tulipano, in gran numero e molto vario) e geometrici, mostrando particolarmente una
tonalità molto forte di rosso (tipica della scuola di Iznik in quel secolo)
Esterno
La moschea presenta un doppio porticato colonnato, con cinque campate
cupolate. Gli archi del porticato esterno presentano nello spandrel (lo
spazio che li separa l'uno dall'altro) dei dischi di maiolica (o Faience), con
iscrizioni in arabo e poggiano su capitelli Baklava. Gli archi dei capitelli
del porticato interno invece poggiano su capitelli a stalattiti, tipici
dell'architettura Ottomana dell'epoca. Il muro della facciata della moschea
è interamente ricoperto di maioliche, fino all'altezza degli archi, alcune
delle quali, in seguito ai terremoti, sono state rimpiazzate con altre del
XVII secolo, di qualità inferiore. Ai lati della porta principale ci sono due
finestre rettangolari, molto larghe, che partono dal terreno e raggiungono
gli archi, precedute da un'inferriata.
Interno
La pianta della moschea è rettangolare con due navate gallerie laterali e un
grande ambiente cupolato centrale. La sala centrale della moschea presenta
una pianta ottagonale, sul modello della istanbuliota Chiesa dei Santi
Sergio e Bacco (ora Küçük Aya Sofya Camii). La cupola centrale è sorretta
da quattro semi cupole
non sugli assi ma sulle
diagonali dell'edificio.
Queste a loro volta
sono sorrette da quattro
massicci
pilastri
ottagonali e da coppie
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di contrafforti incassati sui muri nord e sud. L'ottagono non è marcato visualmente perché i supporti degli archi sono
distanziati e gli stessi archi, con le loro piccole esedre, riflettono il movimento circolare della cupola. Le gallerie a est e
a ovest della sala principale sono ampie e coperte ciascuna da tre piccole cupole. Entrambe sono sostenute da tre volte e
tre paia di archi sotto le loro balaustre. La galleria est si raggiunge tramite un'ampia scala dalla terrazza esterna, mentre
quella ovest tramite la scala del minareto. L'unico minareto, alto e sottile, dovette essere ricostruito a causa delle sue
deboli fondazioni, che poggiano sopra in negozi sottostanti. Le pareti, i pilastri, il mihrab sono in gran parte ricoperti da
maioliche. Quelle della parete della kibla (la direzione alla Mecca) sono le più ricche, mostrando le tonalità di rosso più
profonde, mentre quelle a destra e sinistra della porta principale sono eccezionalmente eleganti, prevalendo il tema
floreale, molto variato al suo interno. Sulle pareti non coperte dalle maioliche sono presenti pitture, in prevalenza di
tematica floreale, risalenti al diciannovesimo secolo. La nicchia del mihrab presenta quattro pannelli in correlazione,
che sembrano derivare da modelli Persiani; sopra essi un meraviglioso pannello di maioliche calligrafiche, in cui la
parole sono poste su uno sfondo bianco.
San Salvatore in Chora (turco: Kariye Müzesi) è considerata uno dei più importanti esempi di architettura bizantina
sacra ancora esistenti. L'edificio, nato come chiesa ortodossa, è situato nel distretto occidentale di Istanbul, detto
Edirnekapı. Nel XVI secolo la chiesa fu trasformata in moschea dai Turchi Ottomani, e divenne museo statale nel 1948.
L'interno è decorato con mosaici e affreschi, considerati fra le massime espressioni dell'arte bizantina.
La chiesa fu edificata in origine, nel V secolo, fuori dalle mura di Costantinopoli, all'esterno delle mura Costantiniane,
costruite nel IV secolo. Il nome greco della basilica è ἡ Ἐκκλησία τοῦ Ἅγιου Σωτῆρος ἐν τῇ Χώρᾳ (hē Ekklēsia tou
Hagiou Sōtēros en tē Chōra, "chiesa del Santo Salvatore fuori città"), en tē Chōra significa letteralmente «in
campagna». Quest'ultima locuzione divenne poi il nome della chiesa. Quando furono costruite le mura teodosiane tra il
413 e il 414, la chiesa si trovò inserita entro il sistema difensivo della città ma mantenne il nome di Chora. Il termine,
infatti, può aver preso un significato di tipo spirituale: chora, assimilabile al grembo della Vergine, come suggerisce
un'epigrafe sul mosaico del nartece:
«Luogo
d'incarnazione
di
Dio
Incommensurabile».
La maggior parte dell'alzato oggi
visibile data tra il 1077 e il 1081,
quando Maria Ducas, suocera di
Alessio I Comneno, fece ricostruire la
chiesa con pianta a croce greca inscritta,
stile comparso nell'XI secolo, che
servirà da modello alle chiese ortodosse
fino al XVIII secolo. All'inizio del XII
secolo subì ingenti danni, forse a causa
di un terremoto. Fu ricostruita da Isacco
Comneno, terzo figlio di Alessio. La
chiesa assunse la forma attuale con
l'ultima ristrutturazione di due secoli
più tardi. Il potente logoteta Teodoro
Metochite arricchì la decorazione
interna con mosaici e affreschi, tra il
1315 e il 1321, creando una tra le
migliori testimonianze della rinascenza
paleologa.
Dopo la conquista ottomana, la chiesa fu trasformata in moschea nel
1511 da Hadim Ali Pascià, gran visir di Bayezid II. A causa della
contrarietà islamica nei confronti della rappresentazione di figure
umane, i mosaici e gli affreschi furono ricoperti di calce, ma non
distrutti.
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Nel 1948, Thomas Whittemore e Paul A. Underwood, del Byzantine Institute of America e del Dumbarton Oaks Center
for Byzantine Studies, hanno sponsorizzato un programma di restauro. In questi anni fu chiuso al culto. Nel 1958
l'edificio sacro fu trasformato in museo.
I mosaici e gli affreschi presenti sono tra le produzioni più importanti della pittura bizantina. Il tema principale di questi
mosaici è l'Incarnazione e la Salvezza, nella cappella funeraria il motivo iconografico è centrato sulla Resurrezione.
Da San Salvatore in Chora si ritorna dall’altra parte del Corno d’Oro per visitare il Palazzo Beyerbegli, affacciato da
una splendida posizione lungo il Bosforo, verso il quartiere moderno di Besiktas.
Il palazzo venne commissionato dal sultano Abdülaziz (1830–1876) e costruito fra il 1861 ed il 1865 come residenza
estiva e di rappresentanza per ricevimento di capi di stato in
visita. L'imperatrice Eugenia di Francia visitò Beylerbeyi nel
viaggio che la condusse all'inaugurazione del Canale di Suez
nel 1869. In quell'occasione l'imperatrice venne schiaffeggiata
dalla madre del sultano per aver osato entrare nel palazzo al
braccio di Abdulaziz. (Nonostante la sua prima accoglienza,
l'imperatrice Eugenia di Francia fu così ammirata
dell'eleganza del palazzo che ne mise una copia nella sua
camera da letto al Palazzo delle Tuileries a Parigi.) Fra gli
altri ospiti del palazzo vi furono il duca e la duchessa di
Windsor.
Il palazzo fu l'ultimo luogo di detenzione del deposto sultano
Abdul-Hamid II, dal 1912 fino alla sua morte nel 1918.
Il palazzo
Disegnato in stile secondo impero da Sarkis Balyan, il palazzo
Beylerbeyi ha delle dimensioni piuttosto contenute rispetto agli eccessi dei precedenti palazzi Dolmabahçe o Kucuksu.
La vista migliore del palazzo la si ha dal Bosforo, da dove si ammirano i suoi due padiglioni di balneazione, uno per
l'harem (solo donne) e l'altro per la selamlik (solo uomini). Una delle stanze più interessanti è la sala di ricevimento, che
ha una piscina e una fontana. L'acqua corrente era molto popolare nelle case ottomane per il suo suono piacevole e
l'effetto di raffreddamento contro il caldo.
Stuoie di cannicci egiziane vennero usate sul pavimento come isolamento. I lampadari sono di cristallo di Baccarat ed i
tappeti di Hereke.
Serata libera
Quarto giorno - Istanbul - Safranbolu
Inizio del circuito verso il centro dell’Anatolia, attraversando il Bosforo su uno degli impressionanti ponti che ne
collegano le due rive e percorrendo in gran parte la strada veloce che collega Istanbul alla Capitale amministrativa della
Turchia, Ankara.
Il percorso totale è di 410 km e richiede circa 4 ore e ½, che ovviamente saranno intervallate da soste nei punti più
panoramici. Arrivati a Safranbolu nel pomeriggio, sistemazione al
KARDELEN KONAKLARI Hotel Kaya Erdem CaddesiNo.21,
78600, Safranbolu e tempo libero per una visita individuale della
cittadina.
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Safranbolu è una delle città più
interessanti dell’ Anatolia settentrionale.
Classificata
Patrimonio
Mondiale
dell’Unesco, si trova sul percorso delle Via
della Seta e per questo conserva alcuni
caravanserragli, in parte trasformati in
affascinanti Boutique Hotels.
La città è suddivisa in tre quartieri
principali, la Città Vecchia, il Centro
Moderno e la cosiddetta Città Alta, che un
tempo costituiva il rifugio ideale nelle
torride giornate estive. Il primo e l’ultimo
di questi quartieri sono caratteristici per il
grande numero di case tradizionali, dalla caratteristica struttura
costituita da un piano terra di pietra sovrastato de uno due piani
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leggermente in aggetto fatti da una intelaiatura di legno riempita da un mortaio fatto di materiale di recupero. La
presenza di queste case dà a Safranbolu una gradevole atmosfera medievale e la fa rassomigliare ad un grande museo
all’aria aperta.
Lq città è sovrastata da una fortezza del tempo dei Selciudisci (XI° secolo) dalla quale si gode un bellissimo panorama
sulla regione.
Pernottamento a Safranbolu
Quinto giorno - Safranbolu - Cappadocia
In prima mattinata, dopo una ultima passeggiata nella città, partenza per la Cappadocia. Questa tappa di circa 515 km è
una delle più lunghe dell’itinerario. Durante il percorso si effettuerà una breve sosta ad Ankara, città priva di un vero
interesse turistico se non per alcuni dei suoi musei, peraltro complemento di quelli di Istanbul e dell’Asia Monore.
All’arrivo, sistemazione allo STONE CAVE HOUSE Hotel
Iceridere sok. - Goreme 50180, Turkey -Tel: +903842713020
Serata libera
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Sesto giorno - Cappadocia
Colazione in hotel. Visita del Museo all’aria aperta di
Zelve presso la Valle di Devrent; a seguire visita alla Valle
di Pasabag, famosa per i suoi camini di fata e per i suoi
coni di tufo sormontati da massi di granito. Si prosegue
son un giro ad Avanos, famoso per le sue ceramiche di
terracotta. Dopo pranzo, sarà possibile partecipare ad un
processo di lavorazione di ceramica in bottega.
Proseguimenti con la visita al Museo all’aria aperta di
Gӧreme. Per finire, visita al villaggio di Uchisar situato in
prossimità di una rocca naturale.
In serata, spettacolo tradizionale Sufi.
Il Sufismo o Tasawwuf (arabo: ‫ّف‬
- taṣawwuf) è la forma
di ricerca mistica (da Mysticos, cioè "pertinente l'iniziazione")
tipica della cultura islamica.Il Sufismo viene a volte definito
come l'unione antica del Cristianesimo e del neoplatonismo, che
diede vita ad una forma di ricerca interiore, il misticismo
dell'Islam.Il Sufismo è la scienza della conoscenza diretta di
Dio; le sue dottrine e i suoi metodi sono derivati dal Corano,
anche se il Sufismo utilizza concetti derivati da fonti tanto
greche come persiane antiche e indù.
Gli spettacoli Sufici sono costituiti da danze con un
caratteristico andamento rotante ed accompagnate generalmente
da strumenti a percussione. Il ricavato dei biglietti di ingresso è
interamente devoluto alle associazioni che si occupano di conservare le tradizioni sufiche.
Pernottamento .
Settimo giorno - Cappadocia
Prima colazione in albergo.
Proseguimento del tour in Cappadocia con la visita alla Valle
Rossa, famosa per le sue rocce di formazione vulcanica, e
possibilità di fare un’escursione in campagna tra paesaggi
favolosi e case scavate nella roccia. Proseguimento verso la
Valle
Rosa, con
i
suoi
canyons
dal
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caratteristico colore. Visita all’antico villaggio cristiano di Cavusin. Dopo pranzo, visita alla Vallata del Piccione. A
seguire si procederà per la città sotterranea di Kaymakli, visitando il castello di Ortahisar e Mustafapasa.
Pernottamento
Ottavo giorno - Cappadocia – Konya
Dopo colazione, inizio della tappa verso Konya (250 km – circa 4 ore ½ in totale)
Durante il percorso, sosta a l
caravanserraglio di Sultanhami
(visita in autonomia – guida non
necessaria)
Il Caravanserraglio fu fondato nel
1229 da un Signore Selciudico come
tappa su uno dei rami della Via della
Seta ed è tuttora uno dei più grossi
Caravanserragli conservati nell’Asia
Minore. L’edificio si trova nel
centro del villaggio di Sultanhami, a
metà strada tra Aksaray e Konya..
Le stalle sono coperte da una volta
sorretta da 32 colonne. Queste stalle
venivano utilizzate per ospitare gli
animali da soma e- durante l’inverno
– anche gli equipaggi delle
carovane, mentre nei mesi caldi
questi ultimi trascorrevano le notti
sul tetto, che si raggiunge con una
scala lungo il muro di cinta.
Nel complesso c’è una piccola moschea ed uno Hammam, oltre ad alcuni magazzini per lo stoccaggio delle merci.
Seriamente danneggiato dal terremoto del 1950, il caravanserraglio è stato completamente restaurato.
All’arrivo a Konya, sistemazione al SELCUK HOTEL – Mevlana Caddesi – Konya – Tel 0332 -353 3525 e tempo
libero
per
una
breve
visita
della
città
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Konya è la settima città in ordine di grandezza della Turchia moderna. Centro amministrativo importante, le sue origini
risalgono ai tempi ellenistici. La città è anche legata al viaggio dell’Apostolo Paolo verso Roma
Importante centro commerciale lungo la Via della Seta è diventata anche una meta turistica molto frequentata per le
manifestazione dei Dervisci e per la vicinanza dei più bei centri della Cappadocia. Particolarmente interessante la
medievale Moschea di Alaeddin e due Madrasse
Nono giorno - Konya - Pamukkale
Tappa di 420 km nell’altipiano del centro dell’Asia Minore (circa 6 ore e ½ di percorso) per raggiungere il sito
naturalistico di Pamukkale.
Pamukkale, che in turco significa "castello di cotone", è uno dei
siti naturali più noti del mondo.. L’antica città di Hierapolis venne
costruita sulla sommità del bianco castello che copre un'area di
2700 metri di lunghezza e 160 d'altezza. Il castello può essere visto
da grande distanza, perfino quando ci si trova sul lato opposto della
vallata, a circa 20 km dalla città di Denizli. Pamukkale si trova nella
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regione interna Egea, nella valle del fiume Menderes, che crea un clima temperato per buona parte dell'anno.
Pamukkale, in coppia con Hierapolis, è uno dei Patrimoni dell'umanità dell'UNESCO. Esistono pochi luoghi al mondo
simili a questo, ad esempio le Mammoth Hot Springs negli USA, le terme di Saturnia in Italia, e Huanglong nella
provincia cinese di Sichuan (altro sito dell'UNESCO).
Sfortunatamente Pamukkale venne abusata nel tardo ventesimo secolo, alcuni hotel furono costruiti sopra al sito,
distruggendo parte delle rovine di Hierapolis. L'acqua calda fu incanalata allo scopo di essere sfruttata in stabilimenti
termali ed il sito ha rischiato la sua completa scomparsa.. Un pesante intervento dell’UNESCO e di associazioni
ambientalistiche ha evitato il peggio ed il sito sta progressivamente recuperando il suo splendore
La visita del sito – che non richiede guida – è fatta in autonomia. Al termine, pernottamento al RICHMOND
THERMAL Hotel di Pamukkale con trattamento di Mezza Pensione..
Decimo giorno - Pamukkale Canakkale
E’ la tappa più lunga del viaggio (520 km – oltre 9 ore) ma
probabilmente la più bella dal punto di vista paesaggistico, in
quanto per buona parte si svolge lungo la frastagliata costa dell’Asia
Minore di origine Greca.
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Durante questo trasferimento sono previste parecchie soste nei punti più panoramici ed in particolare la visita guidata
del sito archeologico di Pergamo.
Pergamo è probabilmente il sito archeologico più
importante dell’Asia Minore, con un interesse
paragonabile a quello all’Acropoli di Atene. La
città è situata a poca distanza dalla costa, non
lontana da Izmir, in una posizione invidiabile.
Il mito vede la città fondata da Grino, nipote di
Telefo, che avrebbe onorato l'amico Pergamo,
nipote di Achille, intitolando a lui la città. La città
viene citata per la prima volta da fonti intorno al
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400 a.C., ma l'acropoli doveva già essere abitata in età arcaica. Presso la città aveva sede un importantissimo santuario
di Esculapio, rinomato per la capacità taumaturgiche dei suoi sacerdoti ed importante sede di pellegrinaggi provenienti
da tutta la Grecia. Sia in epoca Greca che Romana, Pergamo era un centro culturale che rivaleggiava in importanza con
Atene.
Distrutta durante l’invasione Araba e trascurata nel periodo Ottomano, Pergamo gode ora di una cura costante da parte
del Ministero Turco dei Beni Culturali. Le parti più interessanti sono l’acropoli ellenistica ed il tempio di Trajano di
epoca Romana.
All’arrivo a Canakkale, pernottamento al BUYUK TRUVA Hotel Cevatpaşa Mah. Mehmet Akif Ersoy Cad. No:2
Çanakkale / Türkiye - Tel : +90 (286) 2171024 - 2171886 - 2130046 - 2130047.
La cittadina si trova all’imboccatura dello stretto dei Dardanelli e gode di una bellissima vista su questo braccio di
mare.
Undecimo giorno - Canakkale – Istanbul - Milano
Ultima tappa prima dell’imbarco in serata per il volo di ritorno. Il percorso si svolge lungo il lato asiatico del Mar di
Marmara per un totale di quasi 400 km, prima di riprendere lo stesso ponte sul Bosforo percorso all’andata.
All’arrivo all’aeroporto Ataturk di Itsanbul, imbarco sul volo
Turkish Airlines 1877 delle 2040 per Milano Malpensa.
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NOTA BENE
•
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La sequenza delle tappe può subire variazioni per ragioni operative o di forza maggiore
Orari dei voli da verificare in fase di prenotazione definitiva
Gli alberghi sono riportati come riferimento solamente e dovranno essere confermati
INFORMAZIONI UTILI
Documenti
Carta d’identità valida per l’espatrio o passaporto.
Informazioni sanitarie
Non è richiesta nessun tipo di vaccinazione o precauzione sanitaria
Lingua
La lingua ufficiale è il Turco, ma in Turchia sono presenti diverse minoranze compresi i Curdi per i
quali la prima lingua è il curdo.
Valuta
La moneta ufficiale è la Lira Turca.
Fuso Orario
Rispetto all’orario italiano si trovano un’ora avanti.
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