I costi connessi alla proprietà
•
•
Sia l’esercizio del potere di controllo
Sia il diritto al supero netto di liquidazione
comportano dei costi che possono essere suddivisi
in 3 categorie:
1. I costi connessi al controllo del management che si
dividono in 2: costi connessi al controllo e costi di
opportunismo (associata al potere di controllo)
2. I costi connessi all’assunzione di decisione collettive
(associata al potere di controllo)
3. I costi legati al rischio di impresa (associata al
supero netto di liquidazione)
Quale classe di patron?
• L’ammontare di tutti questi costi può variare
considerevolmente da una classe di patron
all’altra
• Vediamo in dettaglio questi costi
I costi di controllo del management
•
Quando si rende necessaria la divisione tra proprietà e
controllo?
quando i proprietari sono numerosi e difficoltà a coordinarsi
divengono insormontabili (azionariato diffuso, grandi
cooperative) il potere è esercitato dal CDA il quale delega la
maggior parte delle operazioni decisionali all’organo
esecutivo (amministratore delegato).
• Questo genera i “costi di agenzia”:
1. Costi di controllo del management in senso stretto
2. Costi connessi al rischio di condotte opportunistiche dello
stesso management
Il monitoraggio
Se i patron proprietari volessero monitorare in
modo veramente efficace il management,
dovrebbero sostenere:
a) Costi necessari per acquisire informazioni
riguardanti le attività dell’impresa
b) Costi legati a una comunicazione finalizzata allo
scambio di informazioni (fra i diversi
proprietari) e all’assunzione di decisioni comuni
c) Costi necessari per fare in modo che quelle
stesse decisioni vengano fatte proprie dalla
dirigenza
Cosa incide sui costi di monitoraggio
(costi di acquisizione delle
informazioni)
• La difficoltà con cui si accumulano informazioni
sull’impresa:
Quindi, per ciascuna classe di patron, sono
inversamente proporzionali all’importanza, alla
frequenza e alla durata delle operazioni poste in
essere con l’impresa (infatti i patron possono
accumulare informazioni con l’impresa
semplicemente intessendo relazioni commerciali con
essa)
Cosa incide sui costi di monitoraggio
(costi legati a scambio di informazioni e
decisioni comuni)
• Variano a seconda della maggiore o minore difficoltà
per i patron di organizzarsi ai fini di una azione
congiunta, difficoltà che è funzione di vari fattori:
- Distanza dei patron tra loro e rispetto alla sede
dell’impresa
ad esempio, gli inquilini di un condominio non vivono
i costi di monitoraggio legati alla distanza, il loro
rapporto con gli amministratori è costante e ripetuto
ne tempo. La vicinanza rende semplice l’azione
congiunta. Lo stesso vale per i lavoratori di
un’impresa che ha un’unica sede
Cosa incide sui costi di monitoraggio
Sono influenzati anche dal numero di patron che
risultano essere proprietari dell’impresa.
• Infatti, avere molti proprietari riduce l’incentivo di
ciascuno a fare un monitoraggio approfondito (il
monitoraggio diviene un bene pubblico con ovvi
problemi di free-riding)
• Avere molti proprietari riduce l’opportunità e la
facilità di scambio delle informazioni tra i
proprietari stessi
• Essere in molti complica l’assunzione di decisioni
collettive una volta che le informazioni siano state
Cosa incide sui costi di monitoraggio - III
Per questo, teoricamente, dati i costi di monitoraggio, la
soluzione sarebbe un numero ristretto di proprietari (al
limite uno solo).
Se ciò non accade, ossia se spesso le imprese sono invece di
proprietà di classi di patron molto numerose che delegano a
manager, allora significa 2 cose:
1. O che altri costi compensano i costi di monitoraggio legati
a tanti soggetti proprietari. Cioè che la riduzione di
possibili costi connessi alla contrattazione di mercato più
che compensa questi costi di monitoraggio collegati alla
presenza di tanti soggetti nel patron proprietario
2. Che i costi connessi all’opportunismo dirigenziale sono
comunque così bassi che fare o non fare monitoraggio non
è così rilevante (e dunque di fatto i costi di monitoraggio
incidono comunque in misura marginale)
Considerazione
•
Spesso le imprese sono di proprietà di numerosi
azionisti dispersi e distanti tra loro il che
costi
di monitoraggio elevati.
• Perché ciò può verificarsi?
1. O perché i costi di contrattazione in questo caso
più che compensano i costi di monitoraggio
2. O perché i costi di opportunismo legati al mancato
monitoraggio possono non essere eccessivi
L’opportunismo dirigenziale - I
• Se i proprietari non svolgono un adeguato
monitoraggio, i manager potrebbero svolgere
azioni in conflitto di interesse con la società
• Naturalmente ciò rappresenta un costo per la
società
L’opportunismo dirigenziale - II
•
•
Tuttavia, la condotta dei manager è
condizionata da una serie di vincoli e
incentivi che comunque riducono il rischio di
opportunismo a prescindere dal fatto che i
proprietari svolgano monitoraggio (e si
affidino a premi o sanzioni per i manager)
Quali sono i principali comportamenti
opportunistici dei manager e cosa può
ridurre l’opportunismo dirigenziale oltre al
monitoraggio?
Principali comportamenti
opportunistici
1. Appropriazione del supero netto di
liquidazione
2. Erogazione di uno sforzo minore rispetto a
quello richiesto
3. Azioni non direttamente volte a massimizzare
il profitto, ma altre variabili
I vincoli all’opportunismo dirigenziale
1. Le azioni necessarie per appropriarsi del surplus (del
supero netto di liquidazione che è uno dei rischi
principali di opportunismo dirigenziale) da parte dei
manager sono spesso difficili da nascondere.
per di più sono spesse vietate per legge e punite non
solo da sanzioni legali, ma anche morali:
biasimo dei colleghi, della famiglia, degli amici, della
collettività in generale, sono a rischio di azioni legali da
parte di singoli azionisti (o in america da avvocati –
class action), a procedimenti civili e penali da parte
dello stato – es. autorità fiscali
I vincoli all’opportunismo dirigenziale
2. I manager possono anche erogare poco sforzo, o
non prendere decisioni efficaci per scarso impegno.
Di nuovo esistono incentivi materiali e non, che sono
slegati dal monitoraggio.
Se l’impresa prospera i manager acquistano più
importanza, prestigio, sono alla guida di una impresa
rilevante, rischiano meno di perdere il lavoro e di
trovare un lavoro remunerativo dopo che lasceranno
l’impresa
I vincoli all’opportunismo dirigenziale
3. Proprio la volontà di “costruirsi un impero” può però
portare i manager a compiere azioni “contrarie” ai
proprietari, in particolare legate alla non
distribuzione degli utili, trattenendone in società una
porzione eccessiva (prassi non facile da scoprire e
proibire) e spesso è controproducente per l’impresa
stessa
Gli utili non distribuiti incrementano le dimensioni e
aumentano il “potere” dei manager. Tuttavia
rappresentano un costo per i proprietari che
potrebbero investire gli utili anche in altre attività
più remunerative ecc. e possono non essere
favorevoli al prosperare dell’impresa
I costi di agenzia
• Derivano quindi dalla somma dei costi di
monitoraggio e di quelli di opportunismo dei
manager.
Se, senza monitoraggio, i costi di
opportunismo sono sopportabili, il
monitoraggio potrebbe divenire non efficiente
da svolgersi.
I costi connessi alle decisioni
collettive
• Quando la proprietà di un’impresa è
frazionata fra molti soggetti, è possibile
sorgano divergenze di opinione circa le
politiche e i programmi che essi desiderano
l’impresa adotti
2 tipi di divergenze
• Meno gravi: riguardano la scelta degli
strumenti necessari per raggiungere un
obiettivo comune condiviso
• Più gravi: quando la decisione assunta si
ripercuote in modo differente sui diversi
proprietari
Quando accade la seconda?
1) Per differenze relative agli effetti che certe
decisioni possono avere sui diversi soggetti
proprietari (differenze nel modo in cui i patron
contrattano con l’organizzazione). Es. una impresa
con 2 stabilimenti deve ridurre la produzione e
chiudere uno dei due stabili. Quale? I lavoratori
delle due aree avranno opinioni divergenti in
merito
Es.: la decisione se riparare o meno un ascensore in
un condominio di 4 piani costituito in forma di
cooperativa fra gli abitanti giova agli abitanti del
primo piano molto mjeno che a quelli del quarto.
2) La decisione relativa alle scelte dell’impresa
può essere influenzata da elementi personali
dei proprietari dipendenti dalle loro
preferenze
Es. Una impresa deve decidere se avviare una
campagna e una strategia fortemente
rischiosa (o va bene o fallimento). I lavoratori
più anziani potrebbero essere meno propensi
di quelli più giovani
Scelta collettiva
• Per prendere scelte in situazioni simili, ossia
quando gli interessi dei proprietari divergono
(supponiamo che i lavoratori fossero i proprietari
dell’impresa), i proprietari devono ricorrere a
qualche meccanismo di scelta collettiva.
Quali possibili?
- Votazione (a seconda del contributo o una testa
un voto)
Nelle situazioni in cui gli interessi dei proprietari
divergono, tali meccanismi di scelta collettiva
generano costi (contribuiscono ai costi anche
discussioni, proteste, ecc.)
• Questi costi sono costi connessi appunto ai
processi decisionali collettivi
• Questi costi sono quei costi dovuti
all’eterogeneità degli interessi dei proprietari
e svolgono un ruolo cruciale nel determinare
l’efficienza nella proprietà (non sono
necessariamente legati ai costi di agenzia:
potrebbero esserci molti proprietari ma con
interessi molto omogenei che hanno solo costi
di agenzia e non costi di decisione collettiva)
Scelta collettiva
• I processi di scelta collettiva avvengono in
modo tanto più indolore e non costoso,
quanto più i proprietari hanno interessi
omogenei.
•
I costi connessi all’assunzione di decisione
collettive hanno un ruolo rilevante anche se spesso
trascurati.
I meccanismi collettivi di scelta impiegati nelle
imprese sono essenzialmente meccanismi politici e
generano due principali costi:
1. Costi generati da decisioni non efficienti (che non
max il surplus complessivo dei proprietari intesi
come gruppo)
2. O costi legati al processo decisionale stesso
(frizioni, scontri che implicano rallentamenti ecc.)
Costi generati da decisioni non efficienti
• Legati al meccanismo di voto:
1. Il voto a maggioranza privilegia il socio mediano anziché il
socio medio.
Ad esempio se in un palazzo organizzato in forma di
cooperativa si deve scegliere se far riparare un ascensore.
Gli abitanti dei primi due piani sono più numerosi dei
quelli del 3° e 4° piano e non vogliono l’ascensore che
quindi non viene riparato. Tuttavia, il costo generato negli
inquilini dei due piani superiori è maggiore del ricavo che
essi trarrebbero dalla riparazione. Il meccanismo di scelta
collettiva non ha funzionato efficacemente (anche se vi
sarebbero possibilità di compensazione da attuare ecc.)
Costi generati da decisioni non efficienti
• Legati al meccanismo di voto:
2. Potrebbe accadere che minoranze prendano il
potere (anche solo per il semplice motivo che
hanno più tempo da dedicare alle assemblee
ecc.). Ad esempio i pensionati in un condominio
organizzato in forma di cooperativa. Essi
potrebbero privilegiare certi interventi anziché
altri ma non essere rappresentativi di tutti. Anche
senza essere disonesti, semplicemente seguendo
le proprie preferenze
Costi legati al processo decisionale
• Costi di partecipazione alle assemblee (se
ciascuno vuole partecipare perché sa che i
suoi interessi sono in conflitto con quelli di
ciascun altro, ciascuno dovrà cercare di essere
presente, informarsi sulle scelte su cui si deve
decidere, sulle preferenze degli altri ecc.)
I benefici dei processi decisionali collettivi
• La possibilità di partecipare nei processi
decisionali comporta anche benefici non solo
di tipo materiale perché si possono far
rispettare i propri interessi.
• La partecipazione democratica è un valore in
sé stesso, da cui gli individui traggono
soddisfazione a prescindere dalle decisioni
prese. 3 motivi
1. Prendere parte a incontri, assumere incarichi è una
attività sociale che può dare soddisfazione in sé
(specie se avviene in modo non conflittuale come
nelle nonprofit spesso)
2. Beneficio psicologico legato alla percezione di
poter influire sul controllo
3. Permette di acquisire capacità relazionali e capacità
strettamente legate alla gestione di processi
decisionali politico-democratici (spesso dirigenti di
cooperative o altre organizzazioni passano in
politica)
• Dato che questi benefici connessi alla
partecipazione potranno essere goduti
solamente da una classe di patron, allora si
tratta di valutare se esistono classi di patron i
cui componenti siano particolarmente in
grado di percepire i benefici di questa
partecipazione
Contro una logica multi-stakeholder
• Teoricamente sarebbe possibile far partecipare tutte le classi di
stakeholder ai processi decisionali collettivi (questa è l’idea di chi
sostiene opportuno di avere seduti in CDA rappresentanti di tutte le
categorie di patron)
• Questa soluzione avrebbe il vantaggio di vedere ridotti alcuni costi di
contrattazione di mercato per numerose categorie di patron
• Tuttavia, poiché è probabile che i partecipanti abbiano interessi
radicalmente differenti, rendere ciascuno di questi soggetti
proprietario dell’impresa vuol dire rischiare di aumentare a
dismisura i costi connessi alle decisioni collettive (questo punto
sembra avvalorato dalla quasi totale assenza di imprese con più
patron proprietari)
Logica multi-stakeholder nelle
decisioni collettive
• Effetti positivi: benefici del controllo (anche
non materiali); riduzione di costi di
contrattazione di mercato
• Effetti negativi: aumentare a dismisura i costi
connessi ai processi decisionali di scelte
collettive (si aumenterebbe al massimo
l’eterogeneità fra i decisori).
I costi legati al rischio di impresa
• Il rischio di impresa consiste nel fatto che il
proprietario non riceve una diretta
remunerazione per il conferimento del proprio
fattore produttivo, (sia esso il capitale, il lavoro
ecc.), ma questo è legato all’andamento
dell’impresa e ciò comporta un rischio.
• Alcune classi di patron potrebbero avere
maggiore propensione ad assumersi tali rischi
rispetto ad altre
Quando sono minori i rischi?
• Quando si può diversificare l’investimento.
Questo può valere ad esempio per chi
conferisce capitale che può dividere il proprio
capitale fra varie forme di investimento. Può
valere anche per i consumatori se i beni che
acquistano tramite l’impresa non
rappresentano l’intera loro spesa.
Difficilmente vale per i lavoratori, ma
potrebbe valere per i consumatori.
La struttura proprietaria dell’impresa
• La struttura proprietaria dell’impresa deriverà
quindi dal confronto fra questi costi.
• Se la classe di patron per cui i costi di
contrattazione di mercato sono più elevati è
quella per cui i costi di proprietà sono più
bassi, allora sarà quella a detenere la
proprietà dell’impresa
Esempio: le aziende agricole che coltivano cereali.:
• Il costo per ottenere i capitali è basso (terra attrezzature ecc. possono
essere oggetto di ipoteche)
• Vendere i prodotti sul mercato non comporta costi elevati nel senso
che sono beni semplici e facilmente valutabili (no asimmetrie
informative)
• La maggior parte dei fattori produttivi sono facilmente reperibili in
situazioni non di monopolio
• Al contrario: l’assunzione della manodopera genera gravi inefficienze
dovute a difficoltà di monitorare il lavoro all’interno dell’azienda
(azzardo morale) che non può essere risolta dando l’azienda in mano
ai lavoratori, mentre può essere risolta se la proprietà è della famiglia
che eroga la maggior parte del lavoro e assume dipendenti (che è
incentivata a controllare e può farlo lavorando a contatto con loro)
• Per le famiglie, poi i costi di proprietà (monitoraggio, decisioni
collettive) sono bassi; mentre il rischio d’impresa che può essere
elevato ma può essere ridotto, ad esempio tramite assicurazioni (sul
raccolto)
Non sempre è così lineare
• Tuttavia spesso è complesso definire quale classe di patron
è efficiente sia alla guida dell’impresa perché costi di
contrattazione di mercato e costi connessi alla proprietà
sono correlati
Es. i clienti di assicurazioni che sono proprietari delle
assicurazioni stesse lo sono perché hanno elevati costi di
mercato, ma molto alti sono anche i costi connessi alla
proprietà (monitorare i manager e prendere attivamente
decisioni). Infatti questi proprietari erano spessi proprietari
che scarsamente partecipavano. Tuttavia, il solo fatto di
essere loro i proprietari escludendo altre classi di patron
dalla proprietà li garantisce maggiormente rispetto ai loro
costi di contrattazione di mercato (anche se non svolgono
un monitoraggio attivo) che il non essere proprietari
• Quando sia i costi di contrattazione sia i costi
di proprietà sono tali che non è possibile
identificare alcuna classe di patron in grado di
esercitare la proprietà, allora si avranno
organizzazioni senza scopo di lucro.
Le imprese in mano agli investitori
• Partiamo dalla contrattazione di mercato:
• Quali costi e benefici associati alla
contrattazione di mercato sono connessi alla
proprietà dell’impresa da parte degli
investitori?
Potere di mercato
• Le ragioni che possono portare le imprese a essere
proprietà degli investitori non sono da ricercarsi in
costi particolari connessi alla difficoltà di reperire
altrimenti il capitale finanziario di cui si ha
bisogno.
• Non ci sono infatti rischi di potere monopsonistico
(un solo intermediario che offre i servizi a costi
non di mercato) perché mercato finanziario
sufficientemente frammentato
• Occorre ricercare le ragioni in altri costi:
asimmetrie informative e fenomeno del lock-in
Asimmetrie informative
• Quando patron diversi da chi conferisce
capitale sono al comando dell’impresa
emergono seri rischi per chi conferisce
capitale:
1. Rischio di essere abusati attraverso salari
gonfiati (se patron controllori sono i
lavoratori) o attraverso varie manovre per
sottrarre i fondi
2) Rischio di vedere utilizzati i soldi prestati in
progetti altamente rischiosi (vantaggiosi se
vanno a buon fine, ma con alto rischio di
fallimento)
L’incentivo per i proprietari (che non
conferiscono capitale) a porre in essere questi
comportamenti può essere ridotto in che
modo:
Come tutelarsi
1. Chiedere adeguate garanzie: fattibile se impresa usa
soldi per comprare beni che sono facilmente
rivendibili e non sono utilizzabili solo in
quell’organizzazione, ma in molti casi non è così
2. Chiedere garanzie personali: pressoché impraticabile
per le imprese di dimensioni grandi (più frequente per
le imprese piccole o medie) perché è complesso per
chi vede non restituito il prestito rivalersi su un gran
numero di proprietari o seguire il passaggio delle
garanzie dai diversi (e tanti) proprietari che si
succedono
3. Fissare clausole nel contratto di prestito (es. nei mutui
o prestiti obbligazionari) che impediscano uso
eccessivamente rischioso dei soldi (ma in genere si
corre il rischio di “ingessare” l’impresa)
Effetto lock-in
• I problemi precedenti di asimmetrie
informative sono ingigantiti dall’effetto lock-in:
• Se coloro che investono i capitali nell’impresa
potessero chiedere la restituzione del capitale
quando preferiscono il problema precedente
sarebbe meno serio
molto spesso, tuttavia, non è possibile ritirare
agevolmente il capitale conferito nell’impresa
(perché in molti casi il capitale è investito in
beni utilizzabili in gran parte da quella specifica
impresa (investimenti specifici))
Inoltre
• Investimenti a breve non sono praticabili perché
aumenterebbero i costi di transazione connessi al continuo
rifinanziamento e comunque una minaccia continua da
parte dei creditori di ritirare il capitale appena non si
sentissero sufficientemente tutelati (di nuovo impresa non
libera di agire secondo strategie di lungo periodo). E gli
investimenti a lungo, oltre a essere soggetti ai rischi di cui
sopra (impresa che applica strategie rischiose) sono
soggetti ai rischi di tutti gli invetsimenti di lungo periodo
(cosa accade se investo in una obbligazione di lungo
periodo a un certo tasso e dopo un anno l’inflazione cresce
a ritmi vertiginosi?)
• Dunque i costi di contrattazione di mercato
connessi al conferimento di capitale sono
decisamente significativi… e possono essere
evitati se a conferire il capitale è colui che è
anche proprietario dell’impresa (perché evita
il rischio di “salari gonfiati” e di investimenti
non nell’interesse di chi ha conferito il capitale
stesso)
I costi connessi alla proprietà
Assunzione del rischio:
Normalmente, coloro che conferiscono capitale
sono maggiormente capaci di sopportare il rischio
d’impresa:
1) è possibile che essi abbiano in generale maggiore
disponibilità e minore avversione al rischio
2) soprattutto, il capitale si presta a essere
facilmente diviso e quindi favorisce la
diversificazione del rischio (molto più complessa per
altre categorie di patron)
I costi connessi alla proprietà
• Il monitoraggio dei manager: In generale è
problema complesso. Specie nelle grandi società,
in genere gli azionisti sono così tanti e diffusi che
nessuno di loro (nemmeno quelli che possiedono
quote relativamente significative del capitale (es in
GM i 5 maggiori azionisti posseggono il 6% del
capitale)) può significativamente ritenere di poter
controllare i manager (che infatti spesso di
autonominano)
(negli Stati Uniti il frazionamento è frutto di una
legislazione da sempre avversa alla concentrazione
del capitale nelle mani di singoli gruppi o
conferitori di capitale potenti quali banche ecc.)
Cosa provvede a questa situazione? (ossia
alla difficoltà di monitoraggio dei manager)
• Rischio di take over ostile cui è soggetta
l’impresa (e conseguentemente i manager che
rischiano di essere destituiti) se è gestita male
• E’ tutto spiegabile con l’opportunità del take
over? No perché l’impresa ad azionariato
diffuso esiste da molto prima delle Opa che
sono il mezzo principale con cui si può fare il
take over
Altre “soluzioni” connesse al controllo dei
manager
• Esistono vincoli legali che potrebbero essere sufficienti
(varie norme finalizzate a tutelare il rapporto
stakeholder controllante/manager (eccone la ratio)
soprattutto perché:
• Soprattutto: in ogni caso per chi “mette il capitale” è
molto più rischioso essere soggetto all’opportunismo
di altre categorie di patron che non dei singoli
manager (che comunque potrebbero avere meno
incentivi a “sfruttare” opportunisticamente i chi
conferisce capitale rispetto agli altri patron)
Processi decisionali collettivi
• Sono un punto a favore dell’attribuzione della proprietà agli
investitori:
• Facilitati e ridotti dal fatto che esiste un chiaro e unico
obiettivo dei proprietari:
massimizzare il valore netto attuale degli utili dell’impresa
(anche se ovviamente alcune differenze di strategie possono
sussistere)
• Questo inoltre favorisce di molto anche la riduzione dei costi
di agenzia in quanto con un chiaro obiettivo è anche più facile
“controllare” i manager
• In confronto i costi dei processi decisionali collettivi dovuti a
differenze di visione da parte degli altri eventuali patron
dell’impresa sono sicuramente più rilevanti
• Tra l’altro questa “uniformità” di obiettivi è
“voluta” (non è un caso se solo i possessori di
certi titoli es. azioni e non obbligazioni) ha
diritto di voto
• La sempre più facile possibilità di raccogliere
denaro sul mercato finanziario con strumenti
sempre diversi e ad hoc sulla volontà di rischio
dell’investitore (non proprietario in questo
caso) e la diffusione di imprese che fanno
rating e controllo ha reso in una qualche
misura meno problematici i costi di
contrattazione di mercato associati a questa
risorsa rendendo possibile in alcuni casi che
anche la proprietà di grandi imprese industriali
passasse in mano ai dipendenti
Scarica

LEZIONE 09_22 FEBBRAIO - Dipartimento di Sociologia