PAROLA DI... / IN THE WORD OF…
GENTILI CREDITORI…
DEAR CREDITORS…
Have you ever received a letter which begins like this?
Lucky you if the answer is no. Unfortunately it has happened to
me. And in this period, actually more than once. If I’m a creditor
of someone writing to me, this means I’ve supplied them material,
products, or services in exchange for a payment. So being a creditor
is a fact, rather than a problem. But why the “dear”? Reading on,
it’s clear that the sender has cash flow problems and cannot pay his
suppliers. The debtor has therefore requested an arrangement with
creditors which ensures the company’s continuity by fully satisfying
preferential creditors (which obviously include the State) and to a
lesser extent unsecured creditors. We evidently fall into the second
category and therefore will not be paid, given that the sum available
for “normal” credit will be more or less equal to zero. So why the
“dear”? Are they poking fun? They’re obviously trying to be polite
to the supplier, letting him know that to go on working, the debtor
needs this agreement and that “dear but ordinary” creditors will
not get paid anything. Creditors must please be good, not take
legal action (for whatever it is worth and to whatever extent we are
protected by the law) and kindly bite the bullet. Reading on, the
letter continues that only after this agreement will the company go
on working. A double mockery… the letter “kindly” reminds you
that money is outstanding; it assures you you’ll never receive a bean
and it gives you a chance to go on serving them. Certainly, with the
prerogative of that “dear”, how could you refuse? How could you
not go on serving them, perhaps with an expiring cash order?! I have
no idea how many companies in this situation have managed to
survive. Even if just 1%, maybe the game would be worth the candle.
In fact, by cancelling all debts in this way, the company has become
at least briefly the healthiest around and perhaps will manage
to carve itself out some space on the market, maybe by offering
exaggerated extensions, to the detriment of healthy companies who
still pay their debts. As far as I’m concerned though, I have never
been lucky enough to be a creditor of a company which has made it.
But you can also view the situation from another perspective, from
the viewpoint of someone who has been left stony broke, even though
what he remains with is the fruit of good honest work. Is it right? Is
the possibility of legally cancelling out all debts politically correct?!
Might it not be an invitation to easily reach this point, running
the company superficially and imprudently, given that the worst
you risk is having to send a letter which begins “dear creditors”?
In the times of the Venice Republic, there was a job known as the
“pittima”. Someone was appointed by the creditor to follow the
debtor in public places and, where allowed and without harming
him, shame them by shouting to everyone that the person concerned
was in default and a debtor. The person would be so ashamed, he
almost always paid up quickly. Could it be that today, hiding behind
that “dear creditor..” we have lost all sense of shame?
di Nereo Marzaro
Presidente Sirman
Spa
45
Vi è mai capitato di ricevere una lettera con questa intestazione?
Beati voi se la risposta è negativa, a me, purtroppo, è capitato. E in questo periodo addirittura più di una volta. Se sono
un creditore di chi mi scrive, sicuramente ho fornito del materiale, dei prodotti, dei servizi in cambio di un pagamento.
Essere creditore quindi non è un problema, è un dato di fatto.
Ma perché “gentile?”Leggendo il seguito si capisce che il mittente è in mancanza di liquidità e non riesce a pagare i fornitori. Tale debitore ha chiesto quindi il concordato preventivo
che prevede la continuità aziendale soddisfacendo integralmente i creditori privilegiati (tra cui ovviamente lo Stato), e
in una misura ridotta i creditori chirografari. Noi ovviamente facciamo parte dei secondi e di conseguenza non verremmo pagati dato che la cifra a disposizione dei crediti “normali” sarà all’incirca pari a zero. Ma allora perché “gentile”?
Non è una presa per i fondelli? Sicuramente si vuole essere
cortesi col fornitore informandolo che, per continuare il lavoro, il debitore ha bisogno di questo concordato e che i creditori “gentili ma ordinari” non incasseranno niente. I creditori devono gentilmente star buoni, non agire per vie legali (per
quel che contano e per quel che ci difende la nostra legislatura)
e devono gentilmente mandar giù il rospo. Leggendo il seguito
si evince che, solo dopo tale concordato, la ditta sarà pronta
con il proseguo del lavoro. Tripla presa in giro: “gentilmente”
ti ricorda che avanzi dei soldi; ti assicura che non riceverai un
bel fico secco; hai la possibilità di continuare a servirli. Certo
che con questa prerogativa di “gentile”, come si fa a dire di
no e a non continuare a servirli, magari con RIBA a scadenza ?!? Non ho esperienza di quante aziende in questa situazione siano riuscite a farcela. Se fosse anche l’1% il gioco, forse,
varrebbe la candela. Di fatto, azzerando in questo modo tutti
i debiti, tale azienda diventa, almeno per un po’ di tempo, la
più sana in circolazione e magari riesce a farsi spazio nel mercato concedendo dilazioni spropositate ai danni delle aziende
sane che i loro debiti li pagano ancora. Per quanto mi riguarda
però non ho mai avuto la fortuna di essere creditore di quelle
che ce l’hanno fatta. Si può però vedere la situazione da altra
angolazione, dalla parte di chi è rimasto senza un becco di un
quattrino, malgrado quanto avanzasse fosse frutto di buono
e onesto lavoro. È giusto? E’ “politically correct” questa facilità di azzerare legalmente tutti i debiti?! Non potrebbe essere
un invito ad arrivare facilmente a questo punto gestendo l’azienda in modo superficiale e scriteriato, tanto cosa si rischia
se non al massimo di mandare una letterina che inizia con
“gentili creditori”? Ai tempi della Repubblica di Venezia esisteva un lavoro, quello della “pittima”, che veniva ingaggiata
dal creditore per seguire il debitore nei luoghi pubblici e, ove
consentito e senza nuocere allo stesso, farlo vergognare urlando a tutti che il soggetto era moroso e debitore. La vergogna
del soggetto era tale che quasi sempre pagava in breve tempo.
E’ possibile che ai giorni nostri, nascondendoci dietro quel
“Gentile creditore…” abbiamo perso ogni senso del pudore?
1
INDICE / INDEX
27
1
5
6
8
12
13
14
16
18
20
44
45
23
2
24
PAROLA DI...
IN THE WORD OF…
di Nereo Marzaro
L’OSSERVATORIO
THE OBSERVATORY
di Carlo Mocci
I CONSIGLI DELLO CHEF
THE CHEF RECOMMENDS
di Stefano Baiocco
di Giuseppe Daddio
di Luigi Ferraro
di Gregori Nalon
di Giorgio Nardelli
di Terry Giacomello
di Paolo Gioacchini
e Massimo Bomprezzi
di Alberto Fol
di Luca Romeo
di Fabio Momolo
di Nicola Vizzarri
di Sergio Moronato
di Fabio Mancuso
di Paolo Antinori
39
42
43
NEWS SIRMAN
di Andrea Balestra
CUCINA MODERNA
THE MODERN KITCHEN
di Paolo Rossetti
52
57
BEVUTI PER VOI
di Giovanni Di Stanislao
I SEGRETI DEL BARMAN
THE BARMAN’S SECRETS
di Angelo Borrillo
di Stefano Renzetti
51
56
PASTICCERIA
CONFECTIONERY
di Luigi Biasetto
AIBES
47
55
STAR BENE
KEEPING HEALTHY
di Mirella Giuberti
L’ANGOLO DEI VINI
di Luigino Bruni
46
54
GASTROSOFIA
GASTROSOPHY
di Sergio G. Grasso
ARTE DOLCIARIA
THE ART OF CONFECTIONARY
di Andrea Voltolina
45
44
RISTORANTI E MENÙ
RESTAURANTS & MENUS
di Ferruccio Ruzzante
di Pierluigi Vacca
di Hamiza Abdessadeq
di Andrea Angeletti
58
59
NUOVE TECNOLOGIE
NEW TECHNOLOGIES
di Marco Fattorel
60
SISTEMI DI COTTURA
INTELLIGENTI
INTELLIGENT COOKING
SYSTEMS
di Guido Ongaro
62
BANQUETING
BANQUETING
di Ottaviano Pellini
64
CULTURA GASTRONOMICA
di Bruno Mambelli
ORRORI D’ITALIA
CLUB DEI MIGLIORI
THE BEST
A TUTTA BIRRA!
MAKE MINE A BEER!
di Michele Gilebbi
e Alberto Assi
RELAZIONI INTERNAZIONALI
INTERNATIONAL
RELATIONSHIP
di Maurizio Forte
IN FIERA
AT THE FAIR
di Lorenzo Destro
CELIACHIA E
ALIMENTAZIONE
A cura di Elisa Canepa
LA PAGINA DEI FINGER FOOD
THE FINGER FOOD PAGE
di Gianluca Tomasi
RIFLESSIONI
di Stefano Pepe
RISTORAZIONE COLLETTIVA
CATERING
di Marco Sabatini
LA PAGINA DEL PACOJET
THE PACOJET PAGE
di Matteo Ciarimboli
TRADIZIONI
GASTRONOMICHE
di Alfredo Pelle
di Renato Ganeo
SPERIMENTAZIONI
EXPERIMENTATIONS
di Marco Valletta
di Mariagrazia Dammicco
e Marisa Saggiotto
SPECIALITA’
di Piera Genta
INDICE / INDEX
67
CURIOSITA’
di Angela Ruzzante
ASSOCIAZIONI E CONSORZI
CONSORTIUMS AND
NEW INITIATIVES
Ristoranti del Buon Ricordo
Friuli Venezia Giulia
LA VIA DEI SAPORI
A cura di Giulia Coronaro
Arte in Tavola
di Albino Zoccarato
Giovani Ristoratori Europei
A cura di Marco Parizzi
e KiKa events
Team Venezia Chef
A cura di Alessandro Silvestri
Amira
di Valerio Beltrami
82
83
84
85
86
87
88
Wigwam Corner
di Efrem Tassinato
90
Chaîne Des Rôtisseurs
di Romolo Cacciatori
91
Euro Toques
di Luigi Sartini
92
Associazione Nazionale
Cuochi Italiani
di Sonia Re
81
SICUREZZA ALIMENTARE
di Luigi Tonellato
NEL MONDO
AROUND THE WORLD
di Laura Bizzotto
“I golosi di tutte le epoche
non hanno mai pronunciato
il nome del tartufo
senza portare la mano
al cappello”
Alexandre Dumas
Team Veneto Chef
di Stefano Pepe
Federazione Italiana Cuochi
di Marco Valletta
CUCINA ITALIANA NEL MONDO
ITALIAN CUISINE IN THE WORLD
di Donato Sinigaglia
93
PASSIONE PREPARATI
PREPARED PASSION
di Francesca Santin
ECONOMIA
di Maurizio Favaro
PIZZA E PANIFICAZIONE
PIZZAS AND BREADMAKING
di Alessandro Negrini
LA RUBRICA DELL’OLIO
EXTRAVERGINE D’OLIVA
THE EXTRA VIRGIN OLIVE
OIL PAGE
di Renzo Ceccacci
DIRITTO ALIMENTARE
di Annalisa Case
LA CUCINA DEI GRANDI
di Cristina Mocci
RACCONTI
IL CIBO RACCONTA
di Flavio Bisson
IN BREVE
95
IN LIBRERIA
97
Alexandre Dumas
BIRRE DI QUALITÀ
QUALITY BEERS
di Alberto Assi
94
96
“No gourmet in any era has
ever said the name truffle
without doffing their hat”
Cover photo:
foto di Matteo Bevilacqua
ricetta di Alberto Fol
L’AGENDA
DIARY
IN VETRINA
IN THE SHOP WINDOW
45
65
3
L’OSSERVATORIO / THE OBSERVATORY
COSÌ APICIO TENTAVA I POTENTI
THUS APICIUS TEMPTED THE POWERFUL
Tubera radis, elixass, sale aspergis, et surculo infiges…
(scrape the tubers, blanch them, sprinkle them with salt and
pierce them with a skewer…). This is the beginning of one of
the recipes dedicated to the truffle by Apicius, compatriot of
some of Imperial Rome’s greatest gourmets. In his famous
and only book, he proposes them in a further four recipes, plus
a couple of rather laborious sauces. A long history, that of the
truffle, a precious tuber which owes its culinary fortune not
just to its unmistakable flavour, but also to the sense of smell
of certain pigs (fitted with a muzzle as they are gluttonous for
them) and more recently dogs, specially trained to hunt them
out in the woods where they grow wild in symbiosis with certain
species of tree, the oak in particular, but also the poplar, silver
birch, hornbeam, pine, etc. Without going into the numerous
less common and appreciated varieties (in Tuscany, Molise,
Istria and Croatia), I would like to make special mention of the
top quality white truffle from Alba and Asti, object of eagerly
awaited auctions, and the black truffle, beloved by the French
who began cultivating it in the early 19th century, but
also common in Spain and in the woods of
the former Yugoslavia, without looking
further afield. In 1825, Brillat-Savarin
notes that truffles were already so
expensive in gourmet France that
few could afford them. Not much
is known about the origin of this
tuber. Passing quickly over
the usual wise guys from
ancient times from the
ever-present Apicius
to certain gourmet
historians, it is
known that the Romans
played around with terfez, a fungus
coming from Libya with much the same
appearance as the truffle, but a different
taste. We need to come up to the Middle
Ages when Platina (papal chef) noted the
ability of the sows from Notza to hunt out
truffles, then more recently to the spread in Europe of the
French cuisine which had adopted it. Given that even in
those areas with a particular vocation, gastronomic tradition
delegates use of the truffle, particularly white truffles, to just a
few carefully prepared dishes, in this number, we challenge our
chefs, their professional skills, their knowledge of the product
and above all their imagination to correct certain limitations
inherent in our gastronomic history.
di Carlo Mocci
Direttore
responsabile
45
Tubera radis, elixass, sale aspergis, et surculo infiges …
(raschia i tuberi, scottali, cospargili di sale e infilzali…).
È l’inizio di una delle ricette per il tartufo che Apicio, conterraneo dei maggiori crapuloni della Roma imperiale,
dedica al tartufo. E ne propone altre quattro di ricette, nel
suo famoso e unico libretto, più un paio di salse piuttosto laboriose. Una lunga storia quella del tartufo, prezioso tubero che deve la sua fortuna culinaria oltre che al suo
inconfondibile sapore anche al fiuto di certi maiali (provvisti di museruola visto che ne sono golosi) e più recentemente dei cani, appositamente addestrati, che sanno scovarlo nei boschi dove cresce spontaneo in simbiosi con
molte specie arboree, quercia, soprattutto, ma anche pioppo, betulla carpino, pino ecc.
Tralasciando le molte varietà meno diffuse e apprezzate (in Toscana, in Molise in Istria e Croazia) ricordiamo il pregiato tartufo bianco di Alba e Asti, oggetto da
aste attesissime e quello nero, lo scorzone, tanto caro ai
francesi che hanno cominciato a riprodurlo nel primo
Ottocento, ma diffuso anche il Spagna e nei boschi della
ex Jugoslavia, senza andare troppo lontani. Erano già allora costosissimi nella Francia dei gourmet che pochi potevano permetterselo, come aveva osservato Brillat-Savarin
nel 1825. Sulle origini di questo tubero, non si sa molto.
Lasciando perdere i soliti sapientoni dell’antichità dall’immancabile Apicio a qualche storico goloso,
si sa che i romani pasticciavano con il terfez,
fungo venuto dalla
Libia, dall’aspetto
ma non dal sapore simile al tartufo. Bisogna arrivare al Medioevo
quando al Platina,
cuoco dei Papi,
che tra l’altro rilevò la capacità delle
scrofe di Notza nello
scovare i tartufi e poi
molto più recentemente
con la diffusione in Europa della cucina francese che lo
aveva adottato. In questo numero, visto che la tradizione gastronomica anche delle zone “vocate”, delega a poche
accurate elaborazioni la valorizzazione del tartufo, di quello bianco soprattutto, sfidiamo i nostri chef, le loro capacità professionali, la conoscenza del prodotto e soprattutto
e la loro fantasia per correggere certe limitazioni che pure
appartengono alla storia della nostra gastronomia.
5
GASTROSOFIA / GASTROSOPHY
L’ILLUSTRE AMBIGUITÀ
DEL TARTUFO
45
di Sergio
G. Grasso
Gastrosofo,
Antropologo
alimentare
6
In base al principio che più un articolo è raro e costoso più
è redditizio truffare il consumatore, sui prodotti di lusso si
scatenano le perverse fantasie dei gastro-furbi. Come nel
caso del Tartufo Bianco, il re incontrastato della mensa, il
più prezioso, raro, desiderato e profumato frutto della terra.
Truffe, in lingua italiana significa “raggiri” ma in francese
la stessa parola indica il soave tubero. Il significato di frode
è collegato alla rappresentazione teatrale del “Tartufo” di
Molière (1664) in cui il protagonista si avvale dell’ipocrisia per raggiungere i suoi scopi. Ma il Tartufo gastronomico non è affatto ipocrita e impostore come quello letterario.
Anzi, brilla per sincerità, trasparenza e lealtà almeno fino
a quando non entra nelle mire dei disonesti e dei criminali. Lui, l’ineffabile Tartufo Bianco (Tuber magnatum Pico) è
prodotto esclusivo della natura d’Italia. I francesi si logorano d’invidia a non poterne vantare l’esclusività. Sostengono
che “puzzi” di aglio (proprio loro che sull’aglio hanno
costruito una cucina…) salvo poi farne scorpacciate e incetta ogni volta che vengono in Italia. Perché per loro esiste
solo il “Diamant Noir”, discreto vezzeggiativo che affibbiano al “loro” Truffes du Périgord (Tuber melanosporum) che
però comprano in Italia dove più modestamente si chiama
“Tartufo Nero di Norcia” (anche se è diffuso in tutta la zona
appenninica, dall’Emilia alla Calabria). Seri colleghi d’oltralpe mi assicurano che la Francia ne importa persino l’acqua di cottura in bottiglia. Dai “truffes” francesi alle truffe
italiane, il passo in termini di dizionari è breve. Ed ecco sui
mercati nazionali alcuni Tartufi neri immaturi candeggiati, aromatizzati artificialmente e venduti come Tartufi bianchi pregiati d’Alba che fruttano al truffatore un guadagno di
300 volte il costo. Di 400 volte è il ricarico applicato sui “Tartufi” comprati in Cina come mangime per i cani e venduti in Italia come
Tartufo nero di Norcia. Si accontentano solo di un misero
10.000 x 100 di guadagno quelli che vendono un olio d’oliva – ma potrebbe essere anche di qualsiasi altra cosa - a cui
un aroma artificiale conferisce effluvi di Tartufo pregiato. Il
merito del miracolo dell’olio al Tartufo va ad un idrocarburo, il bismetiltiometano, notoriamente tossico ma più stabile
THE ILLUSTRIOUS AMBIGUITY OF THE TRUFFLE
According to the principle that the rarer and more expensive
the article, the more profitable it is to swindle the consumer,
luxury products incite the perverse fantasies of gastronomic
charlatans. Such is the case of the white truffle, undisputed
king of the table, the most precious, the rarest, the most sought
after and most fragrant fruit of the earth. Truffe in Italian
means trickery or deception, the same word as used in French to
indicate the pleasant-tasting tuber. The meaning of deception is
associated with the play “Tartuffe” by Molière (1664) in which
the protagonist uses hypocrisy to achieve his ends. But unlike its
literary counterpart, the gastronomic truffle is neither hypocrite
nor impostor. Quite the opposite, it stands out for its sincerity,
transparency and loyalty… at least until it falls into the hands
of conmen and criminals. The ineffable white truffle (Tuber
magnatum Pico) is the exclusive product of Italian nature. The
fact that the French cannot boast exclusivity makes them green
with envy. They claim it “smells” of garlic (and that coming from
the French whose entire cuisine is based on garlic!), but then go
on to glut themselves on it and buy up hoards every time they
come to Italy. Because all they have is the “Diamant Noir”, the
modest pet name they give to “their” Truffes du Périgord (Tuber
melanosporum), which however they buy in Italy where it is
more modestly known as the “Norcia black truffle” (although
common throughout the Apennines from Emilia to Calabria).
Serious colleagues from the other side of the Alps assure me
that in France, they even import the bottled water in which it is
cooked. In the dictionary, little separates the French “truffes”
from the Italian “truffe”... And so on international markets you
may come across some snowy white immature black truffles,
artificially flavoured and sold as top quality white
Alba truffles, earning the conman a profit 300
times the cost. When applied to “truffles”
bought in China as dog food and sold in Italy
as Norcia black truffles, the markup is 400
times. Those selling olive oil (but it could
be oil made from just about anything else)
artificially flavoured to give it a waft of the
fragrance of top quality truffles make
do with a paltry profit of 10,000%.
Taking the merit for the miracle of
truffle flavoured oil is a hydrocarbon,
2,4-Dithiapentane, notoriously toxic, but
cheaper and more stable than natural truffle or its
extracts. And this is partly thanks to the negligence (?) of the law
makers who passed (and have no intention of correcting) a law
allowing use of the wording “truffle flavour” on labels, even if the
product use is synthesised chemically. In short, many “truffle”
flavoured oils, butters, cheeses, creams and sauces are authorised
with impunity to trick those without a sufficiently experienced
e molto meno costoso rispetto al Tartufo naturale o ai suoi
estratti. E qui entra in ballo la negligenza (?) del legislatore
che ha fatto – e non ha intenzione di correggerla - una legge
che consente di utilizzare sulle etichette la dicitura “aroma
di tartufo” anche se il prodotto usato proviene da sintesi chimica. Insomma, molti oli, burri, formaggi, creme, salse “al
tartufo” sono impunemente autorizzati ad ingannare chi
non ha naso e palato preparati a sufficienza. È bello sapere
come ci considerano i nostri rappresentanti politici!
Torniamo agli equivoci. Gli antichi non sapevano mettersi d’accordo se fosse una pianta o un animale. E l’ambiguità continua nel nome. Il mondo conosce il bianco come
“Tartufo d’Alba”, tuttavia il Tuber Magnatum Pico è gloria e vanto non solo di Langa e Monferrato ma anche di
molte altre zone d’Italia, dalle Marche alla Calabria, dalla
Toscana all’Irpinia e alla Romagna. Anche il nome latino
non è un grande esempio di chiarezza linguistica: “Tuber”
per noi è sinonimo di patata e suona un po’ riduttivo ricondurre alle patate quello che è invece un fungo ipogeo, che
nasce cioè sottoterra... Potrebbe anche suonare cafone il termine “Magnatum” che non è il participio passato del verbo
romanesco “magnare” ma la corretta forma latina per dire
“dei ricchi e dei magnati”. Sul gusto non esistono dilemmi:
o piace, oppure (purtroppo) no! Nel XIII secolo era usanza di chiamare i Tartufi “terrae tufolae” (gobbe della terra)
perché maturando e ingrossando sollevano un po’ il terreno.
Dal quattrocentesco “tartuffole” discenderà Tartufo in italiano, “trifola” in piemontese, “truffle” in inglese e “truffe”
in francese. All’epoca di Re Sole i Tartufi bianchi servivano
a corrompere i potenti della corte di Versaillles e tale rimarrà il loro uso per ingraziarsi anche altri sovrani come Luigi
XV e Maria Teresa d’Austria. Nel 1826 il Conte Villèle si
comprò la carica di Ministro con regalìe di Tartufi a senatori e deputati: da qui nacque l’espressione “ministero tartufato”. D’altra parte Tartufi (saprofiti) e politici (parassiti) sembrano fatti l’uno per gli altri e traggono da altri organismi
le sostanze necessarie al loro sviluppo. L’attrazione umana
verso il Tartufo è dovuta a composti steroidei (delta-16-steroidi) e a ormoni simili a quelli sessuali (5-alfa androst-16cn-3-alfa-olo) secreti tanto dalle ghiandole salivari dei maiali (eccellenti cercatori di tartufi) quanto da quelle ascellari dell’uomo. Pare che la semplice inalazione di questi profumi muschiati scateni un maggior interesse verso il sesso
opposto. Ciò potrebbe spiegare l’attribuzione di virtù afrodisiache al Tartufo. Anche se a me piace pensare che a predisporre al piacere del sesso dopo una scorpacciata di Tartufi
bianchi in un romantico tête-à-tête contribuisca molto di
più la disinibizione dovuta all’appagamento sensoriale e al
fascino della preziosità. E se non fossero realmente afrodisiaci aiutano a rendere le donne più tenere e gli uomini più
amabili.
nose and palate. It’s just as well to know what our politicians
think of us!
Let’s get back to ambiguities. In ancient times, there was
disagreement about whether it was a plant or an animal. And
the ambiguity continues in the name. The world knows the white
truffle as the “Alba truffle”, but the Tuber magnatum Pico is the
glory not just of the Langa and Monferrato, but also of many
other parts of Italy from the Marches to Calabria and from
Tuscany to Irpinia and Romagna. Even the Latin name is not a
great example of linguistic clarity. For us, “tuber” means potato
and the association with potatoes is somewhat reductive for this
hypogean fungus (in other words, growing underground). The
word “Magnatum” could also sounds a bit loutish, although
the term is not the past participle of the Roman dialect word
“magnare” (to eat), but the correct Latin form meaning “of the
rich and of magnates”. There are, however, no dilemmas about
the taste - either you love it, or (unfortunately) you don’t! In the
13th century, truffles were known as “terrae tufolae” (humps of
soil) because as they matured and swelled, they lifted the ground
up a little. From the 15th century “tartuffole” comes “tartufo”
in Italian, “trifola” in Piedmont dialect, “truffle” in English and
“truffe” in French. At the time of the Sun King, white truffles were
served to corrupt the powerful at the Court of Versailles and this
practice continued to buy the favours of other sovereigns such as
Louis XV and Maria Theresa of Austria. In 1826, Count Villèle
bought himself the post of Minister with gifts of truffles to senators
and deputies, giving rise to the Italian expression “ministero
tartufato” meaning “a corrupt ministry”. On the other hand,
truffles (saprophytes) and politicians (parasites) seem made for
each other, both taking from other organisms the substances they
need to develop. The human attraction for truffles derives from
steroid compounds (delta-16-steroids) and hormones similar to
the sex hormones (5alpha-androst-16-en-3alpha-ol) secreted by
both the saliva glands of pigs (excellent truffle seekers) and the
glands in the human armpit. It seems that the simple inhalation of
these musky fragrances stimulates an interest in the opposite sex.
This could explain why the truffle is thought to have aphrodisiac
virtues. Although I like to think that after feasting on white truffles
in a romantic tête-à-tête, a predisposition for the pleasures of sex
derives more from the lack of inhibition resulting from sensorial
satisfaction and the fascination of the precious. And if not actually
aphrodisiac, they nevertheless contribute to making women more
tender and men more lovable.
45
GASTROSOFIA / GASTROSOPHY
7
STAR BENE / KEEPING HEALTHY
CARATTERISTICHE
E PROPRIETÀ NUTRIZIONALI
45
di Mirella Giuberti
Nutrizionista
docente
presso l’Istituto
d’istruzione
superiore
“Vergani-Navarra”
di Ferrara
8
Il tartufo, chiamato anche tubero di terra dal latino tardo
terrae tuber, è un fungo ipogeo appartenente alla classe
Ascomiceti, famiglia Tuberaceae, genere Tuber. Secondo
lo storico Giordano Berti il termine con cui si designa il
fungo deriverebbe in realtà da “terra tufulae tubera” (titolo di una illustrazione del Tacuinium sanitatis) e sarebbe
riconducibile alla somiglianza del fungo con una pietra
porosa, il tufo; la successiva contrazione in “terra tufide”
avrebbe dato origine ai termini dialettali tartùfola, trìfula,
tréffla, trifola, acquisiti dalle dizioni francese (truffe), inglese (truffle) e tedesca (trüffel). La raccolta e l’utilizzazione
alimentare risale sicuramente al XIV secolo, ma le descrizioni degli storici greci e romani possono far ritenere che
i tartufi fossero apprezzati e consumati fin dall’antichità. Le incertezze sulla loro natura botanica sono perdurate fino a tempi recenti: alla metà del 1800 vi era ancora chi
sosteneva derivassero dalla puntura di una speciale mosca
sulle radici della quercia. Il tartufo cresce naturalmente nei
boschi in simbiosi micorrizica con le radici di piante superiori, soprattutto querce e castagni. Poiché i funghi non
producono clorofilla, traggono nutrimento da un ospite
con cui vivono in comunità biologica: le radici delle piante
vengono invase dalle ife fungine (cellule filiformi di colore
variabile) che penetrano negli spazi intercellulari dei primi
strati corticali. Quando il tartufo è ancora giovane origina
cellule femminili e maschili, dalla cui fecondazione prende
origine l’ascoma, ovvero il corpo fruttifero, che può avere
forma più o meno rotonda, spesso irregolare, con protuberanze e cavità correlabili sia alla specie che al terreno
di crescita. La polpa (gleba) è carnosa, di colore variabile (bianco, marrone, grigio, nero violaceo, talvolta roseo o
macchiato di rosso vivo sfumato); la scorza esterna (peridio) può essere rugosa o liscia, giallastra, rossiccia o nera;
all’interno i fasci miceliari (le cosiddette vene) che percor-
CHARACTERISTICS
AND NUTRITIONAL PROPERTIES
Known in late Latin as terrae tuber or “soil tuber”, the truffle
is an underground fungus belonging to the Ascomycetes
class, Tuberaceae family and Tuber genus. According to
the historian Giordano Berti, the word used to describe the
fungus in fact comes from “terra tufulae tubera” (the title of
an illustration from the Tacuinium sanitatis), deriving from
the resemblance of the fungus to a porous stone, tufa. The
subsequent contraction to “terra tufide” is said to have given
rise to the dialect words tartùfola, trìfula, tréffla, trifola,
reflected by the French “truffe”, the English “truffle” and
the German “trüffel”. We know for certain that truffles were
gathered and eaten in the 14th century, but descriptions by
Greek and Roman historians suggest that they had been
appreciated and consumed since ancient times. Uncertainty
about their botanical nature lasted until recent times. In
fact, in the mid-19th century, some people still thought
they originated from the puncture of a particular fly on oak
roots. The truffle grows naturally in woods in mycorrhizal
symbiosis with the roots of higher plants such as oak and
chestnut trees. As fungi do not produce chlorophyll, they
take their nutriment from a host with which they live in a
biological association. The roots of the plants are invaded
by the fungal hyphae (variably coloured filiform cells) which
penetrate the intercellular spaces of the first cortical layers.
While still young, the truffle produces female and male cells.
Fecundation of these produces the ascoma, or fruiting body,
which may be more or less rounded in shape, often irregular,
with protuberances and cavities depending on the species and
the soil it grows in. The pulp (gleba) is fleshy, variable in
colour (white, brown, grey, violet black, sometimes pinkish
or with bright red nuances); the external skin (peridium) may
rono la polpa possono avere maggiore o minore grossezza e possono divergere per colore, aspetto o sinuosità. In
Italia la raccolta dei tartufi (regolamentata dalla Legge 16
dicembre 1985, n. 752) è consentita per:
Tuber Magnatum Pico, tartufo bianco pregiato, trifola bianca. Tuber melanosporum Vitt., tartufo nero pregiato. Tuber brumale Vitt., tartufo nero invernale, trifola nera. Tuber brumale, var. moschatum De Ferry, tartufo moscato. Tuber aestivum Vitt., tartufo nero estivo, scorzone, maggengo. Tuber uncinatum Chatin, tartufo uncinato, scorzone d’autunno. Tuber macrosporum Vitt., tartufo nero liscio. Tuber borchii Vitt. (Tuber
albidum Pico), tartufo bianchetto, marzolino, marzuolo.
Tuber mesentericum Vitt., tartufo nero ordinario, tartufo comune, tartufo di Bagnoli. Tuber excavatum Vitt.
Tuber puberulum Berk. & Broome. Tuber oligospermum Vitt. Tuber rufum Pico, tartufo rossetto, patatella, fratone, rapino.
be rough or smooth, yellowish, reddish or black. Inside, the
mycelial bundles (the so-called veins) running through the
pulp vary in thickness and may differ in colour, appearance
and sinuosity. In Italy, the following types of truffle can be
gathered (regulated by Law no. 752 of 16 December 1985):
Tuber magnatum Pico, top quality white truffle, trifola
bianca. Tuber melanosporum Vitt., top quality black truffle. Tuber brumale Vitt., winter black truffle, trifola nera .
Tuber brumale, var. moschatum De Ferry, musky truffle.
Tuber aestivum Vitt., black summer truffle, scorzone, maggengo. Tuber uncinatum Chatin, barbed truffle, scorzone
d’autunno. Tuber macrosporum Vitt., smooth black truffle. Tuber borchii Vitt. (Tuber albidum Pico), white truffle,
marzolino, marzuolo. Tuber mesentericum Vitt., ordinary
black truffle, common truffle, Bagnoli truffle. Tuber excavatum Vitt. Tuber puberulum Berk. & Broome . Tuber
oligospermum Vitt. Tuber rufum Pico, red truffle, patatella, fratone, rapino.
Tuber melanosporum (o Tuber nigrum) appartiene
al gruppo dei tartufi a peridio verrucoso; ha in genere
forma rotondeggiante, scorza nera, talvolta con macchie
ferruginose, polpa nero-violacea a maturità, vene bianche ben definite, rosseggianti all’aria. Vegeta nei terreni
calcarei derivanti dal disfacimento di rocce del Cretaceo,
del Giuras o del Lias; può spingersi anche a 30 cm sotto
terra; cresce bene dai 400 ai 1000 m. s/m ed è in simbiosi soprattutto con quercia, carpino, leccio, nocciolo e ginepro. Viene raccolto in quantità rilevanti nelle regioni francesi del Périgord; in Italia è diffuso soprattutto in Umbria,
Marche e Molise: la produzione inizia a metà novembre e
si prolunga fino a metà marzo.
Tuber magnatum, che fa parte dei tartufi a peridio
liscio, è quello – tra i tartufi commestibili – con le maggiori dimensioni (il peso varia tra i 250 ed i 500 grammi);
ha più spesso forma irregolare e lobata, con cavità e sporgenze; il colore della polpa varia dal bianco, al rosato, al
marrone, al rosso vivo sfumato; le vene sono fini, bianche, sinuose; il peridio giallo, biancastro, grigio-verdastro o giallo-verdiccio. Emana un forte profumo gradevole; è tenero e digeribile; ha breve conservazione. Vive
in simbiosi con pioppo, salice, quercia, tiglio, cerro, farnia, in terreni marnoso-argillosi del Terziario (colline fino
agli 850 m. s/m ma anche golene dei grandi fiumi). È diffuso in Piemonte, Romagna, Toscana, Marche, Umbria,
Molise, Campania, ecc. dove viene raccolto tra ottobre e
fine dicembre. Sono particolarmente apprezzati i tartufi bianchi di Alba, di Acqualagna, dei Colli Bolognesi. Vi
sono inoltre alcune specie velenose, come Balsamia vulgaris (tartufo rosso o russo) che emana odore nauseabondo
e penetrante e, quando consumato in abbondanza, provoca nausea, vomito e diarrea; e Choiromyces meandriformis
(tartufo dei maiali, trifola bianca matta, rapone) che con-
Tuber melanosporum (or Tuber nigrum) belongs to the
group of truffles with a warty peridium. They are usually
round, black skinned, sometimes with rust-coloured marks,
the pulp is violet black when ripe, the veins are white and
well-defined, turning reddish on exposure to air. They grow
in lime-rich soils deriving from the breakup of rocks from the
Cretaceous, Giuras or Lias. They can reach as far as 30 cm
below ground, grow well from 400 to 1000 m a.m.s.l. and are
in symbiosis with the oak, hornbeam, holm oak, hazelnut and
juniper in particular. They are gathered in great quantities
in the French regions of the Périgord, while in Italy they are
common above all in Umbria, Marche and Molise. Production
begins in mid-November and continues until mid-March.
Belonging to the group of truffles with a smooth peridium,
Tuber magnatum is the largest of the edible truffles (often
weighing between 250 and 500 g). It often has an irregular
lobed shape with cavities and protuberances. The
flesh varies in colour from white to pinkish and
brown with bright red nuances. The
veins are fine, white and sinuous
and the peridium is yellow,
whitish, greenish grey or
greenish yellow. It gives
out a strong pleasant
fragrance and is
tender, digestible and
perishable. It grows in
loamy-clayey tertiary
soils (hills up to 815
m a.m.s.l., but also
the floodplains of
large rivers), in
symbiosis with
the poplar, willow
45
STAR BENE / KEEPING HEALTHY
9
STAR BENE / KEEPING HEALTHY
Composizione chimica
e valore energetico
per 100 g di parte
edibile
(Fonte: Tabella
di Composizione
degli Alimenti, INRAN)
TARTUFO
nero
45
acqua: 75.8 (g)
proteine: 6.0 (g)
lipidi: 0.5 (g)
glucidi disponibili: 0.7 (g)
energia: 31 (kcal)
sodio: - (mg)
potassio: - (mg)
ferro: 3.5 (mg)
calcio: 24 (mg)
fosforo: 62 (mg)
tiamina: 0.05 (mg)
riboflavina: 0.09 (mg)
niacina: 2.00 (mg N.E.)
vitamina A: 0 (μg R.E.)
vitamina C: 1 (mg)
10
tiene sostanze tossiche termolabili. La crescita del fungo è
strettamente correlata alla vita del bosco: le caratteristiche
pedologiche del terreno; l’altitudine; la piovosità; la presenza di piante simbiotiche e di animali che, nutrendosi dei
tartufi, consentono la disseminazione delle spore; le tecniche colturali antropiche. Essendo noto come alimento prelibato ma assai costoso, ha sempre stimolato la ricerca di
un sistema di coltivazione, la tartuficoltura, da anni oggetto di studi ed approfondimenti. Dopo la raccolta, il tartufo si conserva per un tempo limitato; posto in acqua fresca
corrente (o acqua rinnovata ogni 5-6 ore) può durare alcune settimane; per periodi maggiori sotto sabbia, crusca o
segatura. La conservazione industriale fa ricorso alla sterilizzazione, che riduce inevitabilmente aroma e sapore. I
tartufi possono essere conservati al naturale o in un liquido di governo (salamoia, vino, grassi). La raccolta viene
effettuata con l’impiego di cani addestrati, in grado di individuare la presenza dei funghi grazie all’aroma intenso,
riconducibile a varie sostanze aromatiche (aldeidi, esteri,
alcoli, chetoni) e soprattutto composti solfo-organici: bismetiltio-metano, dimetil sulfide, dimetil trisulfide, trismetiltio-metano, ecc. Nel Tuber magnatum è prevalente il
bis-metiltio-metano; nel Tuber melanosporum è prevalente
il dimetil sulfide. Il bis-metiltio-metano ottenuto per sintesi chimica può essere usato come aromatizzante al posto
del tartufo; sono in corso ricerche che, avvalendosi della
spettrometria di massa, potranno consentire di distinguere la forma naturale da quella sintetica e sventare eventuali frodi commerciali.
Sotto il profilo nutrizionale il tartufo apporta pochissime
calorie; presenta un interessante contenuto proteico, con
un buona percentuale di alanina, acido glutammico ed
acido aspartico. Il contenuto vitaminico è irrilevante; piuttosto elevato quello di ferro. Va peraltro posto in risalto
come il consumo sia decisamente limitato in termini quantitativi, sia per l’aroma intenso che per il costo della commercializzazione.
and lime and various species of oak including the Turkey
oak and English oak. It is common in Piedmont, Romagna,
Tuscany, Marche, Umbria, Molise, Campania etc., where it
is gathered from October to the end of December. Particularly
appreciated are the white truffles from Alba, Acqualagna and
the Colli Bolognesi. There are also a number of poisonous
species such as Balsamia vulgaris (red or Russian truffle) with
a nauseous penetrating smell, causing nausea, vomiting and
diarrhoea when eaten in large quantities, and Choiromyces
meandriformis (pigs’ truffle, trifola bianca matta, rapone)
which contains thermolabile toxins. Growth of the fungus is
strictly correlated to the life of the wood - the characteristics
of the soil, altitude, rainfall, presence of symbiotic plants
and animals which feed on the truffles, thus distributing the
spores and cultivation techniques. The fact that it is known
as a delicacy, but is very expensive has always stimulated
research into a truffle growing system, the subject of study and
investigation for some time. Once gathered, the truffle can be
kept for a limited period of time only. Placed in fresh running
water (or water changed every 5-6 hours) it can last a number
of weeks; for longer periods under sand, bran or sawdust. The
food processing industry uses sterilisation which inevitably
reduces the aroma and flavour. Truffles can be kept in the
natural state or in a liquid such as brine, wine, oil or fat. They
are gathered using dogs trained to identify the presence of the
fungi by their strong aroma deriving from aromatic substances
(aldehydes, esters, alcohols, ketones) and in particular organicsulphur compounds: bis(methylthio)methane, dimethyl
sulphide, dimethyl trisulphide, tris(methylthio)methane, etc.
In Tuber magnatum, bis(methylthio)methane is prevalent;
while in Tuber melanosporum dimethyl sulphide predominates.
Bis(methylthio)methane obtained by chemical synthesis can be
used as a flavouring in place of the truffle. Research is being
carried out into the use of mass spectrometry to distinguish the
natural form from the synthetic form and thus avoid possible
commercial fraud. From a nutritional point of view, the truffle
contributes very few calories. It has an interesting protein
content, with a good percentage of alanine, glutamic acid and
aspartic acid. The vitamin content is irrelevant while the iron
content is quite high. It should also be borne in mind that it
is eaten in decidedly limited quantities, due to both its very
strong aroma and cost on the market.
Thanks to the exquisite organoleptic characteristics
of the truffle, culinary art has created numerous
recipes in which it flavours first courses, meat,
eggs and cheese, but also numerous dishes in
which the truffle is the uncontested ingredient.
There is also a flourishing industry which
uses truffles to flavour oils, sauces, grappas,
liqueurs and even fruit (such as the dwarf
green peaches from Abruzzo). As it stimulates
gastric secretion, the truffle is not recommended
STAR BENE / KEEPING HEALTHY
for gastritis or ulcer sufferers. Finally, mention must be made
of its supposed aphrodisiac effects, originating from numerous
historic testimonies and apparently confirmed to a certain
extent by scientific research. The poet Juvenal believed that
the truffle originated from a bolt of lightning thrown down by
Jove near an oak tree. As Jove was said to have prodigious
sexual abilities, the truffle was believed to have acquired his
characteristics. The physician Galen defines the truffle as
“very nourishing” (!?) and able to “stimulate a predisposition
for carnal pleasure”. In the Tacuinium sanitatis (whose
illustrations are accompanied by captions associated with the
medical-alchemical theory of the humours), truffles are thus
described: “Nature: cold and wet in the second degree. Benefit:
as they absorb all flavours, they have a positive influence on
coitus. Harm: to melancholic diseases. Remedy for harm:
with pepper, oil and honey”. In 1474, in his book “De honesta
voluptate et valetudine”, Bartolomeo Sacchi (known as
Platina) defines truffles as “a stimulus to licentiousness”. And
indeed, science has now confirmed that these fungi contain
steroid pheromones (including 5alpha-androst-16-en-3alphaol), in other words, volatile molecules similar to sex hormones
produced by the glands and thus able to influence sexual
behaviour through the sense of smell. Steroid pheromones are
produced by various animals, including boars. It is therefore
not hard to understand why sows were used in the past to look
for truffles, attracted by the presence of compounds similar to
those synthesised by the sex glands of the male and transferred
with the blood to the saliva glands. The steroid pheromones are
found in a number of plants (such as celery and parsnip) and
also truffles where they can reach quite high concentrations
of between 20 and 60 ng/g. Similar substances have also been
found in humans, produced by the sex glands, secreted by the
glands in men’s armpits and found
in women’s urine. So a number of
researchers have documented in
men a greater sexual attraction
after inhaling 5alpha-androst16-en-3alpha-ol.
Chemical composition
and energy value per
100 g of edible part
(Source: Banca Dati di
Composizione degli
Alimenti, INRAN)
TARTUFO
nero
water: 75.8 (g)
proteins: 6.0 (g)
fats: 0.5 (g)
available carbohydrates:
0.7 (g)
energy: 31 (kcal)
sodium: - (mg)
potassium: - (mg)
iron: 3.5 (mg)
calcium: 24 (mg)
phosphorous: 62 (mg)
thiamine: 0.05 (mg)
riboflavin: 0.09 (mg)
niacin: 2.00 (mg N. E.)
Vitamin A: 0 (μg R.E.)
Vitamin C: 1 (mg)
45
L’arte culinaria ha generato, grazie alle prelibate caratteristiche organolettiche del tartufo, moltissime ricette per
condire primi piatti, carni, uova e formaggi, ma anche
numerose preparazioni in cui il tartufo è ingrediente incontrastato. Vi è poi una fiorente industria che utilizza i tartufi per insaporire oli, salse, grappe, amari e persino frutta (come le pesche verdi nane abruzzesi). Il tartufo, stimolante della secrezione gastrica, è controindicato per i soggetti affetti da gastrite ed ulcera. Non si possono infine trascurare i presupposti effetti afrodisiaci, che traggono origine da numerose antiche attestazioni e che sembrano trovare una qualche conferma nella ricerca scientifica. Il poeta
Giovenale riteneva il tartufo originato da un fulmine scagliato da Giove in prossimità di una quercia; ed essendo
Giove dotato di prodigiose capacità sessuali, il tartufo ne
avrebbe assunto le caratteristiche. Il medico Galeno definiva il tartufo “molto nutriente” (!?) e in grado di “disporre
alla voluttà”. Nel Tacuinium sanitatis (in cui le illustrazioni
erano accompagnate da didascalie legate alla teoria medico-alchemica degli umori) si legge del tartufo: “Natura:
fredda e umida in secondo grado. Giovamento: poiché riceve tutti i sapori, influisce positivamente sul coito.
Danno: alle malattie malinconiche. Rimozione del danno:
con pepe, olio e miele”. Nel 1474 Bartolomeo Sacchi (detto
il Platina) nella sua pubblicazione “De honesta voluptate
et valetudine” definisce il tartufo “un eccitante della lussuria”. Ebbene, oggi la scienza attesta la presenza in questi funghi di feromoni steroidei (tra cui il 5-_-androst-16-en3_-olo), ovvero molecole volatili, simili agli ormoni sessuali, di produzione ghiandolare, in grado di influenzare il
comportamento sessuale per mezzo dell’olfatto. I feromoni
steroidei sono prodotti da diversi animali, tra cui il verro: si
comprende quindi come in passato la ricerca dei
tartufi si avvalesse della scrofa, attratta dalla
presenza di composti simili a quelli sintetizzati dalle ghiandole sessuali del maschio e trasferiti con il sangue a quelle salivari. I feromoni steroidei si trovano in alcune piante (come sedano e pastinaca) ed, appunto,
nei tartufi, dove possono raggiungere concentrazioni piuttosto elevate, variabili tra
20 e 60 ng/g. Sostanze analoghe sono
state individuate anche nel genere
umano: prodotte dalle ghiandole
sessuali e secrete da quelle ascellari nel maschio e rinvenute nelle
urine femminili. Ebbene, alcuni
ricercatori hanno documentato
nell’uomo una maggiore attrazione sessuale dopo l’inalazione
del 5-_-androst-16-en-3_-olo.
11
PASTICCERIA / CONFECTIONERY
45
di Luigi Biasetto
Chef Pasticcere
e titolare della
Pasticceria
“Biasetto”
di Padova
12
Tartufo al cioccolato fondente
dell’Equador
Ecuadorian dark chocolate
truffle
Gelato alla vaniglia:
Vanilla ice cream:
Latte fresco 1.000; vaniglia Bourbon Messico 1; tuorlo
d’uovo fresco 300; panna fresca 550; glucosio 70; albume
d’uovo 60; destrosio 60; zucchero 300.
Mettere tutti gli ingredienti insieme nel Pacojet, pastorizzare a 72°C e abbattere. Mantecare con il Pacojet la quantità di gelato necessaria, formare delle palline, disporle su
teglia fredda e mettere in abbattitore.
1000 ml fresh milk; the seeds scraped out of ¼ pod Mexican
Bourbon vanilla; 300 g fresh egg yolks; 550 g fresh cream; 70
g glucose; 60 g egg white; 60 g dextrose; 300 g sugar
Place all the ingredients in the Pacojet, pasteurize at 72°C then
blast-chill. Churn the necessary quantity of ice cream in the
Pacojet, form small balls of ice cream and place on a cold tray,
then place in the blast-chiller.
Gelato al cioccolato dell’Equador:
Ecuadorian chocolate ice cream: 210 g 72% cocoa
Cioccolato Equador 72% 210; latte fresco 775; glucosio 21;
zucchero 142; latte magro in polvere 18; destrosio 28.
Ecuadoran chocolate; 775 ml fresh milk; 21 g glucose; 142 g
sugar; 18 g skim milk powder; 28 g dextrose
Nel frattempo mettere nel Pacojet tutti gli ingredienti del
gelato al cioccolato e pastorizzare a 90°C, quindi versare nelle vaschette e abbattere. Mantecare la
quantità desiderata, formare delle palline con
la pinza di 6 cm di diametro e inserire al centro la pallina piccola di gelato alla vaniglia formata in precedenza e ben solidificata. Scaricare
il contenuto della pinza nelle scaglie di cioccolato e
arrotolare la pallina delicatamente per finire di formare il tartufo. Mettere in abbattitore e, prima di servire, dare una spruzzata di cioccolato creando l’effetto velluto poi spolverare leggermente con
del cacao. Impiattare come da
esempio.
In the meanwhile, place all the ingredients for the chocolate
ice cream in the Pacojet, pasteurise at 90°C, pour into tubs
and blast-chill. Churn the desired quantity, form balls with the
6 mm diameter scoop, then push the well-hardened smaller
ball of vanilla ice cream made previously into the centre of
the chocolate ice cream ball. Eject the ice cream ball from the
scoop directly onto chocolate flakes, then roll the ball gently in
the flakes to coat and form a truffle. Place in the blast-chiller,
then just before serving, apply a light coat of chocolate spray
to create a velvety effect and dust lightly with cocoa.
Present as shown in the example.
ARTE DOLCIARIA / THE ART OF CONFECTIONARY
di Andrea
Voltolina
Consulente
di pasticceria
www.andreavoltolina.com
Porzione di Bavarese
alla vaniglia con gelée
al mango
Vanilla Bavarian cream
pudding with mango
jelly
Bavarese alla vaniglia
Vanilla Bavarian cream pudding
g 500 latte; n° 1 bacca di vaniglia; g 180 tuorli; g 180 zucchero; g 20 colla di pesce; g 750 panna montata.
Portare a ebollizione con il Mycook il latte con la bacca
di vaniglia, mescolare i tuorli con lo zucchero, versare il
composto nel latte, portare il tutto a 80°. Quando la soluzione raggiunge i 40° aggiungere la colla di pesce. Una
volta fredda, alleggerire con la panna montata. Colare in
stampi rettangolari inserendo nel mezzo la gelée, chiudere con bisquit.
500 ml milk; 1 vanilla pod; 180 g egg whites;
180 g sugar; 20 g fish glue; 750 g whipped cream.
Bring the milk to the boil with the vanilla pod in the
Mycook. Beat the whites with the sugar, pour into the
milk, heat to 80°C, then turn the heat off. Once the
mixture has cooled to 40°C, add the fish glue. Once cold,
lighten with the whipped cream. Pour into rectangular
moulds, place the jelly in the centre and top with bisquit.
Mycook, Sirman
Mango jelly
Gelée al mango
g 500 polpa di mango; g 125 zucchero; g 15 colla di pesce.
Bollire con il Mycook la polpa di frutta con lo zucchero,
poi il tutto quando ha raggiunto la temperatura di 60°.
Unire la colla di pesce ammorbidita, colare in stampo.
500 g mango pulp; 125 g sugar; 15 g fish glue.
Bring the fruit pulp and sugar to the boil in the Mycook,
turn the heat off, add the softened fish once the mixture
has cooled to 60°C, then pour into the mould.
Crema di zabaione g 300 marsala uovo; g 700 latte; g 250
tuorli; g 560 uova intere; g 500 zucchero; g 140 farina.
Bollire il latte e versarlo sopra le uova, i tuorli e mescolare con zucchero, farina e marsala, rimettere sul fuoco e
portare a cottura.
Biscotto alle nocciole g 250 farina; g 250 burro; g 250 zucchero; g 250 farina nocciole; g 50 albumi.
Impastare tutti gli ingredienti assieme, fare riposare l’impasto per tre ore, stendere allo spessore di 2-3 mm, cuocere 20 minuti a 180°. Una volta freddo, farcire con crema
allo zabaione intervallato con pandispagna. Da congelato, tagliare a triangolini.
Zabaglione custard 300 g Marsala eggnog; 700 ml milk;
250 g egg yolks; 560 g whole eggs; 500 g sugar; 140 g
flour. Bring the milk to the boil, pour over the eggs and
yolks, stir in the sugar, flour and Marsala, put back on the
heat and finish cooking.
Hazelnut biscuit 250 g flour; 250 g butter; 250 g sugar;
250 g hazelnut flour; 50 g egg whites.
Mix all the ingredients together to make a dough, leave to
rest for three hours, roll out to a thickness of 2 to 3 mm,
then bake at 180°C for 20 minutes. Once cooled, form
a sandwich with two outer layers of biscuit, a layer of
zabaglione custard on the inner side of each biscuit layer,
and a middle layer of sponge cake. Freeze and cut into
small triangles.
45
Zabaglione triangle with hazelnut biscuit
Triangolo allo zabaione e biscotto di nocciole
13
L’ANGOLO DEI VINI
TARTUFO & VINO
45
di Luigino Bruni
Sommelier
professionista
e docente
Superiore (IIS)
“Panzini”
di Senigallia
14
La quiete del bosco è interrotta dal raspare frenetico del
cane fedele: il tartufo/tesoro è rinvenuto, l’emozione ha
affratellato l’uomo e l’animale...Nell’abbinare un vino al
tartufo dobbiamo tenere in massima considerazione il tipo
di alimento a cui vogliamo accostarlo; diverse infatti sono
le variabili da considerare nell’accostamento cibo-vinotartufo. Ovviamente, la principale è l’equilibrio tra le sensazioni organolettiche, olfattive e gustative del vino e della
preparazione a base di tartufo; nelle preparazioni col tartufo si evidenziano infatti la complessità aromatica, l’intensità e la persistenza olfattiva, elementi sempre presenti anche se possono variare a seconda della specie di tubero utilizzato. Il bianchetto spicca per note agliacee, di scalogno e cipolla; il bianco pregiato ricorda leggermente l’aglio e il formaggio grana; il tartufo nero emana sentori di
nocciola. Nei piatti in cui sono presenti tartufi con note
agliacee ci si deve orientare verso vini con note floreali e
fruttate, se possibile evitando quelli con note erbacee, che
aumenterebbero troppo la percezione dei sentori agliacei.
Il nero pregiato e lo scorzone sono caratterizzati dalla presenza di una nota amarognola, pertanto ci si rivolgerà a
vini decisamente morbidi. Se volessimo abbinarli a un vino
bianco, questo non dovrà presentare un retrogusto molto
amarognolo, bensì morbido, con una buona freschezza
e con note aromatiche piuttosto decise e mature, magari
che abbia avuto un brevissimo passaggio in barrique. Per
le preparazioni nelle quali sia presente il bianco pregiato si cercheranno vini rossi, morbidi, con tannino rotondo, a perfetta maturazione e con sentori di sottobosco. Gli
abbinamenti alimentari col tartufo possono essere tanti,
ma uno di quelli che esalta maggiormente il tubero sono le
semplici (per alcuni solo apparentemente...) uova al tegamino con una grattugiata sottile di tartufo bianco, a cui abbinerei, considerando la perfetta simbiosi tra burro, tuorlo
d’uovo e tartufo, un bianco molto morbido con aromi di
frutta matura e fiori, come un Piemonte Chardonnay, la
Passerina di Offida, la Malvasia istriana, la Ribolla gialla o un grande Riesling alsaziano. Un altro piatto facile
da preparare, ma che proprio per questo necessita di una
materia prima di altissima qualità, è il carpaccio di carne
cruda all’Albese dove delicata grassezza, speziatura e dolcezza ben si sposano con un vino morbido, appena tannico, di buona freschezza, con aromi di sottobosco, come un
Franciacorta Rosé. Una prelibatezza è la fonduta e tartufo
bianco, cioè fontina e panna cotta a bagnomaria a cui viene
aggiunto il tuorlo d’uovo, il tutto servito con crostini di
pane e abbondante tartufo bianco in superficie. Le intense sensazioni gusto-olfattive di dolcezza, delicata grassezza, succulenza e aromaticità richiederanno un vino rosso
morbido, caldo di alcol, poco tannico, con sentori di frutta e fiori; proporrei quindi una Barbera, un Dolcetto, un
Rosso Conero, un Montepulciano d’Abruzzo o un Inferno
della Valtellina. Un abbinamento che esalta le qualità del
tartufo bianco sono le tagliatelline o Tajarin, tipico piatto
delle Langhe, da gustare con un buon Chianti Colli Senesi,
un Sagrantino di Montefalco, un Alto Adige Pinot Nero o
un Gattinara, tutti vini di buon corpo e olfatto, di buona
struttura, morbidi ed eleganti al naso. E per finire: ovuli e
tartufo, una prelibatezza per le papille da gustarsi con un
Verdicchio Brut millesimato. Last but not least...
Di seguito un piatto proposto dallo chef Igles Corelli
del ristorante Atman di Pescia. Il piatto dolce e delicato,
con una base olfattiva molto intrigante e quella gustativa piuttosto interessante necessita di un vino dolce come
il Moscato rosa DOC dell’Abbazia Muri Gries in Alto
Adige.
Fagotto di castagne e tartufo,
salsa di saba
Tempo: 40 minuti
L’ANGOLO DEI VINI
Farcia: Sbucciate e spellate le castagne. Lessatele
in un litro di latte, aromatizzato con la vaniglia.
Scolatele, conservando il latte rimasto, che servirà
per preparare la crema. Spezzate grossolanamente le castagne.
Crema: Semi-montate i tuorli con lo zucchero,
unite la farina setacciata, continuando a mescolare. Portate a bollore il latte rimasto (aggiungendone altro, se necessario) e versatelo, mescolando,
sulle uova. Cuocete la crema per 5 minuti dal bollore, senza smettere di mescolare, poi lasciatela raffreddare. Aggiungete alla crema l’uva passa, precedentemente ammollata in acqua tiepida, il cioccolato tritato grossolanamente, la
scorza d’arancia e una grattata di noce moscata. Fate ridurre la saba, fino a renderla sciropposa. In un padellino, caramellate in 2 cucchiai di zucchero dodici acini di uva passa,
che userete come guarnizione. Tagliate la pasta fillo, ricavando 4 rettangoli da ciascun
foglio. Incrociateli due a due e
foderate 4 stampi monoporzione, precedentemente imburrati.
Tagliate il panettone a cubetti e
distribuiteli sul fondo. Farcite
con la crema e chiudete i fagotti. Cuoceteli sulla griglia a calore diretto, per i primi 5 minuti
dentro gli stampi, poi estraeteli
e continuate a cuocerli per altri
5 minuti. Disponete i fagotti nei
piatti, spolverateli con lo zucchero a velo, decorate con la
salsa di saba e completate con
l’uvetta caramellata.
FORTE VILLAGE
Nel mese di giugno ho avuto l’occasione, in quanto docente dell’Istituto Panzini di
Senigallia, di recarmi al Fortevillage. Tale struttura, infatti, ha avviato una collaborazione con la nostra scuola da alcuni anni e offre ai nostri studenti la possibilità di
fare esperienze di stage durante il periodo estivo. Situato a Santa Margherita di Pula,
in provincia di Cagliari, il Fortevillage è un Resort o, meglio, un angolo di paradiso,
che comprende diverse strutture: dal classico bungalow all’albergo 5 stelle, “Villa Del
Parco”. All’interno del Resort sono presenti inoltre più di venti ristoranti che, puntando sulla qualità, offrono ai propri clienti i sapori di una cucina internazionale ma
anche tradizionale, tramite la reinterpretazione di piatti tipici italiani e, ovviamente, sardi. Tra i diversi ristoranti spiccano quello di Gordon Ramsey, di Perbellini e di
Iannone, nomi noti in tutto il mondo per la loro esperienza culinaria. Da non dimenticare è anche lo splendido buffet offerto agli ospiti dall’albergo “Il Castello”; un buffet molto ricco dove, nell’angolo rustico, spicca l’affettatrice Anniversario Sirman, un
connubio di eleganza classica e funzionalità moderna, creata in occasione dei 60 anni
del fondatore. Un altro punto molto suggestivo, situato all’interno del lussuoso albergo “Villa del parco”, è il ristorante “Belvedere” che propone una reinterpretazione
creativa di piatti tradizionali italiani e in particolare sardi, grazie alla professionalità
dello chef Antonello Arrus e a un ottimo servizio in sala coordinato dal maître Marco
Murroni. Durante la permanenza nel Resort, ho avuto il piacere di assaggiare alcuni meravigliosi piatti dello chef, tra cui alcuni tipici sardi, come la Fregola. In tutti i
piatti ho apprezzato l’equilibro degli ingredienti utilizzati e la ricercatezza dei prodotti, sempre freschi
e perfetti nella loro
consistenza; i sapori
di ogni singolo piatto sono abilmente
combinati e risultano
decisi ma allo stesso tempo delicati. Il
risultato è inevitabilmente meraviglioso.
Fregola in coccio di frutti
e crostacei con sentori
di zafferano selvaggio
Panzerotto di sfoglia
alle cipolle rosse brasate
su filante pecorino tartufato
Piccata di San Pietro
su crema bouillabaisse
e pepite di frutti di mare
Sfogliatina di pera al lampone con crema
allo stracchino ed il suo sorbetto
45
Ingredienti per 4 persone: 2 fogli di pasta fillo; 2
cucchiai di zucchero; 4 cucchiai di zucchero a velo;
1 noce di burro.
Per la farcia: 1 fetta di panettone; 150 g di castagne; 20 g di tartufo; 100 g di cioccolato fondente 70% a scaglie; 600 g di crema pasticcera; scorza
grattugiata di 1/2 arancia; noce moscata; 2 bacelli di vaniglia.
Per 1,5 kg di crema pasticcera: 1 l di latte intero
(utilizzato per lessare le castagne); 10 tuorli; 200 g
di zucchero; 80 g di farina 00. Per la salsa: 2 dl di
saba Metodo: cottura diretta
15
BEVUTI PER VOI
IL VINO È VIVO E
LOTTA CON NOI!
45
di Giovanni
Di Stanislao
Maître al ristorante
“La Grotta
di Tufo”
(PU)
16
A partire dagli anni settanta i più grandi produttori di ogni
regione hanno imposto una versione chimicamente e tecnologicamente alterata dei vini storici del loro territorio.
Queste industrie del vino commercializzano l’idea di un
passato bucolico, ma sono totalmente dipendenti dall’industria chimica e dalla tecnologia che prosperano grazie
al fatto che ormai da decenni gran parte dei consumatori
ha dimenticato che sapore ha il vero vino. Di conseguenza è perfettamente logico che la rivoluzione dei vini naturali, con la tutela del “terroir” e della salute (sia della terra
sia di chi beve) rappresenti una minaccia intollerabile. La
mancata certificazione doc non è l’unica arma nelle mani
dell’industria del vino per intimidire i liberi pensatori.
L’inquietante divisione del ministero dell’agricoltura dedita alla “Repressione delle frodi” è stata strumentalizzata per colpire i produttori e i commercianti di vini naturali. Forse il più perseguitato dalla Repressione frodi – e non
a caso – è l’irriverente e brillante pioniere del movimento
dei vini naturali, Stefano Bellotti di Cascina degli Ulivi,
a Novi Ligure, nel sud del Piemonte. Tra i primi vignaioli a scegliere l’agricoltura biodinamica all’inizio degli anni
ottanta, Bellotti è il punto di riferimento italiano della
pratica agricola progressista dei nuovi viticoltori naturali. Rispettando le tecniche olistiche dell’agricoltura biodinamica, l’azienda di Bellotti pratica da anni
la policoltura. La policoltura è essenziale per l’equilibrio ambientale della comunità agraria intorno a
Novi Ligure, e inoltre permette di produrre vini più
complessi ed espressivi. Tuttavia, dopo aver individuato in una foto satellitare alcuni peschi tra
le vigne di Bellotti, gli agenti di Torino della
Repressione frodi hanno fatto irruzione a
sorpresa nell’azienda, hanno fatto una
multa di decine di migliaia di euro e
hanno declassato il lotto provocando una perdita di 200.000 euro in
sussidi per l’agricoltura. Per Bellotti
non c’è dubbio che questi persecuzioni non sono arrivate per caso. Ma
perché gli agenti del ministero se la
prendono con i piccoli artigiani (nonché cittadini modello) come Bellotti,
Antonuzzi, Dottori e Tiezzi mentre
le aziende miliardarie vengono ignorate? Consapevole del fatto che i naturalisti stanno alimentando una pressione avvolgente (a Parigi, per esempio,
ci sono più di cinquanta locali che servono esclusivamente vini naturali a una
clientela giovane e sempre in crescita) la
lobby dell’industria del vino ha deciso di
passare all’azione a livello europeo. Intanto
però molti vignaioli naturali chiedono che le
etichette dei vini comprendano tutti gli ingredienti usati nella produzione, come è già obbligatorio per tutti gli alimenti. Se così fosse emergerebbe immediatamente il contrasto tra la trasparenza delle
loro procedure e quelle del 99,9 per cento dei produttori
europei, la cui lista degli ingredienti occuperebbe probabilmente mezza bottiglia. Oggi la legge permette l’utilizzo di oltre 300 additivi chimici per i vini (detti) “normali”.
L’industria del vino, comunque, non si è fatta prendere alla
sprovvista. La lobby del settore, la Ceev (Comité Européen
des Entreprises Vins) ha distribuito in lungo e in largo a
Bruxelles un libretto di 36 pagine per spiegare perché i
produttori di vino non dovrebbero in nessun modo essere obbligati a elencare i composti usati. Involontariamente
ridicolo, il libretto porta a sostegno della sua tesi la storia
artigianale e pastorale del vino.
Chi invece è ansioso di provare un’esperienza diversa e
sorpendente può visitare i vignaioli naturali, per scoprire cosa sono capaci di fare, nonostante tutte le difficoltà
e l’ostracismo dei colleghi industriali e del governo nazionale ed europeo. A Cupramontana nelle Marche, Dottori
(-come già Antonuzzi a Gradoli ) ha affiancato al suo
trebbiano ed ai suoi due robusti verdicchi, un tonificante vino sfuso che gli abitanti del luogo e noi tutti, possiamo portarci a casa per 2 euro al litro. Sotto certi aspetti è
un visionario, ma come capita con tutte le forme di avanguardia, un po’ di curiosità e pazienza mi hanno permesso di espandere il mio senso del gusto e invaghirmi di questi vini bizzarri, con entusiasmo infantile e un senso magari maturo che i piaceri più profondi sono spesso quelli più
nascosti. Il verdicchio sfuso di Dottori viene venduto in
dame da 5 litri, non è filtrato, porta con se l’autenticità di
un territorio che rivendica la sua tipicità, grande complessità e purezza. Verace e franco, è un grande vino da cibo,
e si abbina perfettamente al re dei tuberi: il tartufo. Il tartufo essendo uno di quegli ingredienti capace di dominare
le ricette, ha bisogno di vivere liberamente, senza raggiungerlo con vini troppo imponenti. Meglio quindi un vino
che si dedichi alla struttura del piatto, lasciando intatta
tutta la ricchezza.
(Da un pezzo di Jonathan Nossiter)
Scarica

GENTILI CREDITORI…