PAROLA DI... / IN THE WORD OF… GENTILI CREDITORI… DEAR CREDITORS… Have you ever received a letter which begins like this? Lucky you if the answer is no. Unfortunately it has happened to me. And in this period, actually more than once. If I’m a creditor of someone writing to me, this means I’ve supplied them material, products, or services in exchange for a payment. So being a creditor is a fact, rather than a problem. But why the “dear”? Reading on, it’s clear that the sender has cash flow problems and cannot pay his suppliers. The debtor has therefore requested an arrangement with creditors which ensures the company’s continuity by fully satisfying preferential creditors (which obviously include the State) and to a lesser extent unsecured creditors. We evidently fall into the second category and therefore will not be paid, given that the sum available for “normal” credit will be more or less equal to zero. So why the “dear”? Are they poking fun? They’re obviously trying to be polite to the supplier, letting him know that to go on working, the debtor needs this agreement and that “dear but ordinary” creditors will not get paid anything. Creditors must please be good, not take legal action (for whatever it is worth and to whatever extent we are protected by the law) and kindly bite the bullet. Reading on, the letter continues that only after this agreement will the company go on working. A double mockery… the letter “kindly” reminds you that money is outstanding; it assures you you’ll never receive a bean and it gives you a chance to go on serving them. Certainly, with the prerogative of that “dear”, how could you refuse? How could you not go on serving them, perhaps with an expiring cash order?! I have no idea how many companies in this situation have managed to survive. Even if just 1%, maybe the game would be worth the candle. In fact, by cancelling all debts in this way, the company has become at least briefly the healthiest around and perhaps will manage to carve itself out some space on the market, maybe by offering exaggerated extensions, to the detriment of healthy companies who still pay their debts. As far as I’m concerned though, I have never been lucky enough to be a creditor of a company which has made it. But you can also view the situation from another perspective, from the viewpoint of someone who has been left stony broke, even though what he remains with is the fruit of good honest work. Is it right? Is the possibility of legally cancelling out all debts politically correct?! Might it not be an invitation to easily reach this point, running the company superficially and imprudently, given that the worst you risk is having to send a letter which begins “dear creditors”? In the times of the Venice Republic, there was a job known as the “pittima”. Someone was appointed by the creditor to follow the debtor in public places and, where allowed and without harming him, shame them by shouting to everyone that the person concerned was in default and a debtor. The person would be so ashamed, he almost always paid up quickly. Could it be that today, hiding behind that “dear creditor..” we have lost all sense of shame? di Nereo Marzaro Presidente Sirman Spa 45 Vi è mai capitato di ricevere una lettera con questa intestazione? Beati voi se la risposta è negativa, a me, purtroppo, è capitato. E in questo periodo addirittura più di una volta. Se sono un creditore di chi mi scrive, sicuramente ho fornito del materiale, dei prodotti, dei servizi in cambio di un pagamento. Essere creditore quindi non è un problema, è un dato di fatto. Ma perché “gentile?”Leggendo il seguito si capisce che il mittente è in mancanza di liquidità e non riesce a pagare i fornitori. Tale debitore ha chiesto quindi il concordato preventivo che prevede la continuità aziendale soddisfacendo integralmente i creditori privilegiati (tra cui ovviamente lo Stato), e in una misura ridotta i creditori chirografari. Noi ovviamente facciamo parte dei secondi e di conseguenza non verremmo pagati dato che la cifra a disposizione dei crediti “normali” sarà all’incirca pari a zero. Ma allora perché “gentile”? Non è una presa per i fondelli? Sicuramente si vuole essere cortesi col fornitore informandolo che, per continuare il lavoro, il debitore ha bisogno di questo concordato e che i creditori “gentili ma ordinari” non incasseranno niente. I creditori devono gentilmente star buoni, non agire per vie legali (per quel che contano e per quel che ci difende la nostra legislatura) e devono gentilmente mandar giù il rospo. Leggendo il seguito si evince che, solo dopo tale concordato, la ditta sarà pronta con il proseguo del lavoro. Tripla presa in giro: “gentilmente” ti ricorda che avanzi dei soldi; ti assicura che non riceverai un bel fico secco; hai la possibilità di continuare a servirli. Certo che con questa prerogativa di “gentile”, come si fa a dire di no e a non continuare a servirli, magari con RIBA a scadenza ?!? Non ho esperienza di quante aziende in questa situazione siano riuscite a farcela. Se fosse anche l’1% il gioco, forse, varrebbe la candela. Di fatto, azzerando in questo modo tutti i debiti, tale azienda diventa, almeno per un po’ di tempo, la più sana in circolazione e magari riesce a farsi spazio nel mercato concedendo dilazioni spropositate ai danni delle aziende sane che i loro debiti li pagano ancora. Per quanto mi riguarda però non ho mai avuto la fortuna di essere creditore di quelle che ce l’hanno fatta. Si può però vedere la situazione da altra angolazione, dalla parte di chi è rimasto senza un becco di un quattrino, malgrado quanto avanzasse fosse frutto di buono e onesto lavoro. È giusto? E’ “politically correct” questa facilità di azzerare legalmente tutti i debiti?! Non potrebbe essere un invito ad arrivare facilmente a questo punto gestendo l’azienda in modo superficiale e scriteriato, tanto cosa si rischia se non al massimo di mandare una letterina che inizia con “gentili creditori”? Ai tempi della Repubblica di Venezia esisteva un lavoro, quello della “pittima”, che veniva ingaggiata dal creditore per seguire il debitore nei luoghi pubblici e, ove consentito e senza nuocere allo stesso, farlo vergognare urlando a tutti che il soggetto era moroso e debitore. La vergogna del soggetto era tale che quasi sempre pagava in breve tempo. E’ possibile che ai giorni nostri, nascondendoci dietro quel “Gentile creditore…” abbiamo perso ogni senso del pudore? 1 INDICE / INDEX 27 1 5 6 8 12 13 14 16 18 20 44 45 23 2 24 PAROLA DI... IN THE WORD OF… di Nereo Marzaro L’OSSERVATORIO THE OBSERVATORY di Carlo Mocci I CONSIGLI DELLO CHEF THE CHEF RECOMMENDS di Stefano Baiocco di Giuseppe Daddio di Luigi Ferraro di Gregori Nalon di Giorgio Nardelli di Terry Giacomello di Paolo Gioacchini e Massimo Bomprezzi di Alberto Fol di Luca Romeo di Fabio Momolo di Nicola Vizzarri di Sergio Moronato di Fabio Mancuso di Paolo Antinori 39 42 43 NEWS SIRMAN di Andrea Balestra CUCINA MODERNA THE MODERN KITCHEN di Paolo Rossetti 52 57 BEVUTI PER VOI di Giovanni Di Stanislao I SEGRETI DEL BARMAN THE BARMAN’S SECRETS di Angelo Borrillo di Stefano Renzetti 51 56 PASTICCERIA CONFECTIONERY di Luigi Biasetto AIBES 47 55 STAR BENE KEEPING HEALTHY di Mirella Giuberti L’ANGOLO DEI VINI di Luigino Bruni 46 54 GASTROSOFIA GASTROSOPHY di Sergio G. Grasso ARTE DOLCIARIA THE ART OF CONFECTIONARY di Andrea Voltolina 45 44 RISTORANTI E MENÙ RESTAURANTS & MENUS di Ferruccio Ruzzante di Pierluigi Vacca di Hamiza Abdessadeq di Andrea Angeletti 58 59 NUOVE TECNOLOGIE NEW TECHNOLOGIES di Marco Fattorel 60 SISTEMI DI COTTURA INTELLIGENTI INTELLIGENT COOKING SYSTEMS di Guido Ongaro 62 BANQUETING BANQUETING di Ottaviano Pellini 64 CULTURA GASTRONOMICA di Bruno Mambelli ORRORI D’ITALIA CLUB DEI MIGLIORI THE BEST A TUTTA BIRRA! MAKE MINE A BEER! di Michele Gilebbi e Alberto Assi RELAZIONI INTERNAZIONALI INTERNATIONAL RELATIONSHIP di Maurizio Forte IN FIERA AT THE FAIR di Lorenzo Destro CELIACHIA E ALIMENTAZIONE A cura di Elisa Canepa LA PAGINA DEI FINGER FOOD THE FINGER FOOD PAGE di Gianluca Tomasi RIFLESSIONI di Stefano Pepe RISTORAZIONE COLLETTIVA CATERING di Marco Sabatini LA PAGINA DEL PACOJET THE PACOJET PAGE di Matteo Ciarimboli TRADIZIONI GASTRONOMICHE di Alfredo Pelle di Renato Ganeo SPERIMENTAZIONI EXPERIMENTATIONS di Marco Valletta di Mariagrazia Dammicco e Marisa Saggiotto SPECIALITA’ di Piera Genta INDICE / INDEX 67 CURIOSITA’ di Angela Ruzzante ASSOCIAZIONI E CONSORZI CONSORTIUMS AND NEW INITIATIVES Ristoranti del Buon Ricordo Friuli Venezia Giulia LA VIA DEI SAPORI A cura di Giulia Coronaro Arte in Tavola di Albino Zoccarato Giovani Ristoratori Europei A cura di Marco Parizzi e KiKa events Team Venezia Chef A cura di Alessandro Silvestri Amira di Valerio Beltrami 82 83 84 85 86 87 88 Wigwam Corner di Efrem Tassinato 90 Chaîne Des Rôtisseurs di Romolo Cacciatori 91 Euro Toques di Luigi Sartini 92 Associazione Nazionale Cuochi Italiani di Sonia Re 81 SICUREZZA ALIMENTARE di Luigi Tonellato NEL MONDO AROUND THE WORLD di Laura Bizzotto “I golosi di tutte le epoche non hanno mai pronunciato il nome del tartufo senza portare la mano al cappello” Alexandre Dumas Team Veneto Chef di Stefano Pepe Federazione Italiana Cuochi di Marco Valletta CUCINA ITALIANA NEL MONDO ITALIAN CUISINE IN THE WORLD di Donato Sinigaglia 93 PASSIONE PREPARATI PREPARED PASSION di Francesca Santin ECONOMIA di Maurizio Favaro PIZZA E PANIFICAZIONE PIZZAS AND BREADMAKING di Alessandro Negrini LA RUBRICA DELL’OLIO EXTRAVERGINE D’OLIVA THE EXTRA VIRGIN OLIVE OIL PAGE di Renzo Ceccacci DIRITTO ALIMENTARE di Annalisa Case LA CUCINA DEI GRANDI di Cristina Mocci RACCONTI IL CIBO RACCONTA di Flavio Bisson IN BREVE 95 IN LIBRERIA 97 Alexandre Dumas BIRRE DI QUALITÀ QUALITY BEERS di Alberto Assi 94 96 “No gourmet in any era has ever said the name truffle without doffing their hat” Cover photo: foto di Matteo Bevilacqua ricetta di Alberto Fol L’AGENDA DIARY IN VETRINA IN THE SHOP WINDOW 45 65 3 L’OSSERVATORIO / THE OBSERVATORY COSÌ APICIO TENTAVA I POTENTI THUS APICIUS TEMPTED THE POWERFUL Tubera radis, elixass, sale aspergis, et surculo infiges… (scrape the tubers, blanch them, sprinkle them with salt and pierce them with a skewer…). This is the beginning of one of the recipes dedicated to the truffle by Apicius, compatriot of some of Imperial Rome’s greatest gourmets. In his famous and only book, he proposes them in a further four recipes, plus a couple of rather laborious sauces. A long history, that of the truffle, a precious tuber which owes its culinary fortune not just to its unmistakable flavour, but also to the sense of smell of certain pigs (fitted with a muzzle as they are gluttonous for them) and more recently dogs, specially trained to hunt them out in the woods where they grow wild in symbiosis with certain species of tree, the oak in particular, but also the poplar, silver birch, hornbeam, pine, etc. Without going into the numerous less common and appreciated varieties (in Tuscany, Molise, Istria and Croatia), I would like to make special mention of the top quality white truffle from Alba and Asti, object of eagerly awaited auctions, and the black truffle, beloved by the French who began cultivating it in the early 19th century, but also common in Spain and in the woods of the former Yugoslavia, without looking further afield. In 1825, Brillat-Savarin notes that truffles were already so expensive in gourmet France that few could afford them. Not much is known about the origin of this tuber. Passing quickly over the usual wise guys from ancient times from the ever-present Apicius to certain gourmet historians, it is known that the Romans played around with terfez, a fungus coming from Libya with much the same appearance as the truffle, but a different taste. We need to come up to the Middle Ages when Platina (papal chef) noted the ability of the sows from Notza to hunt out truffles, then more recently to the spread in Europe of the French cuisine which had adopted it. Given that even in those areas with a particular vocation, gastronomic tradition delegates use of the truffle, particularly white truffles, to just a few carefully prepared dishes, in this number, we challenge our chefs, their professional skills, their knowledge of the product and above all their imagination to correct certain limitations inherent in our gastronomic history. di Carlo Mocci Direttore responsabile 45 Tubera radis, elixass, sale aspergis, et surculo infiges … (raschia i tuberi, scottali, cospargili di sale e infilzali…). È l’inizio di una delle ricette per il tartufo che Apicio, conterraneo dei maggiori crapuloni della Roma imperiale, dedica al tartufo. E ne propone altre quattro di ricette, nel suo famoso e unico libretto, più un paio di salse piuttosto laboriose. Una lunga storia quella del tartufo, prezioso tubero che deve la sua fortuna culinaria oltre che al suo inconfondibile sapore anche al fiuto di certi maiali (provvisti di museruola visto che ne sono golosi) e più recentemente dei cani, appositamente addestrati, che sanno scovarlo nei boschi dove cresce spontaneo in simbiosi con molte specie arboree, quercia, soprattutto, ma anche pioppo, betulla carpino, pino ecc. Tralasciando le molte varietà meno diffuse e apprezzate (in Toscana, in Molise in Istria e Croazia) ricordiamo il pregiato tartufo bianco di Alba e Asti, oggetto da aste attesissime e quello nero, lo scorzone, tanto caro ai francesi che hanno cominciato a riprodurlo nel primo Ottocento, ma diffuso anche il Spagna e nei boschi della ex Jugoslavia, senza andare troppo lontani. Erano già allora costosissimi nella Francia dei gourmet che pochi potevano permetterselo, come aveva osservato Brillat-Savarin nel 1825. Sulle origini di questo tubero, non si sa molto. Lasciando perdere i soliti sapientoni dell’antichità dall’immancabile Apicio a qualche storico goloso, si sa che i romani pasticciavano con il terfez, fungo venuto dalla Libia, dall’aspetto ma non dal sapore simile al tartufo. Bisogna arrivare al Medioevo quando al Platina, cuoco dei Papi, che tra l’altro rilevò la capacità delle scrofe di Notza nello scovare i tartufi e poi molto più recentemente con la diffusione in Europa della cucina francese che lo aveva adottato. In questo numero, visto che la tradizione gastronomica anche delle zone “vocate”, delega a poche accurate elaborazioni la valorizzazione del tartufo, di quello bianco soprattutto, sfidiamo i nostri chef, le loro capacità professionali, la conoscenza del prodotto e soprattutto e la loro fantasia per correggere certe limitazioni che pure appartengono alla storia della nostra gastronomia. 5 GASTROSOFIA / GASTROSOPHY L’ILLUSTRE AMBIGUITÀ DEL TARTUFO 45 di Sergio G. Grasso Gastrosofo, Antropologo alimentare 6 In base al principio che più un articolo è raro e costoso più è redditizio truffare il consumatore, sui prodotti di lusso si scatenano le perverse fantasie dei gastro-furbi. Come nel caso del Tartufo Bianco, il re incontrastato della mensa, il più prezioso, raro, desiderato e profumato frutto della terra. Truffe, in lingua italiana significa “raggiri” ma in francese la stessa parola indica il soave tubero. Il significato di frode è collegato alla rappresentazione teatrale del “Tartufo” di Molière (1664) in cui il protagonista si avvale dell’ipocrisia per raggiungere i suoi scopi. Ma il Tartufo gastronomico non è affatto ipocrita e impostore come quello letterario. Anzi, brilla per sincerità, trasparenza e lealtà almeno fino a quando non entra nelle mire dei disonesti e dei criminali. Lui, l’ineffabile Tartufo Bianco (Tuber magnatum Pico) è prodotto esclusivo della natura d’Italia. I francesi si logorano d’invidia a non poterne vantare l’esclusività. Sostengono che “puzzi” di aglio (proprio loro che sull’aglio hanno costruito una cucina…) salvo poi farne scorpacciate e incetta ogni volta che vengono in Italia. Perché per loro esiste solo il “Diamant Noir”, discreto vezzeggiativo che affibbiano al “loro” Truffes du Périgord (Tuber melanosporum) che però comprano in Italia dove più modestamente si chiama “Tartufo Nero di Norcia” (anche se è diffuso in tutta la zona appenninica, dall’Emilia alla Calabria). Seri colleghi d’oltralpe mi assicurano che la Francia ne importa persino l’acqua di cottura in bottiglia. Dai “truffes” francesi alle truffe italiane, il passo in termini di dizionari è breve. Ed ecco sui mercati nazionali alcuni Tartufi neri immaturi candeggiati, aromatizzati artificialmente e venduti come Tartufi bianchi pregiati d’Alba che fruttano al truffatore un guadagno di 300 volte il costo. Di 400 volte è il ricarico applicato sui “Tartufi” comprati in Cina come mangime per i cani e venduti in Italia come Tartufo nero di Norcia. Si accontentano solo di un misero 10.000 x 100 di guadagno quelli che vendono un olio d’oliva – ma potrebbe essere anche di qualsiasi altra cosa - a cui un aroma artificiale conferisce effluvi di Tartufo pregiato. Il merito del miracolo dell’olio al Tartufo va ad un idrocarburo, il bismetiltiometano, notoriamente tossico ma più stabile THE ILLUSTRIOUS AMBIGUITY OF THE TRUFFLE According to the principle that the rarer and more expensive the article, the more profitable it is to swindle the consumer, luxury products incite the perverse fantasies of gastronomic charlatans. Such is the case of the white truffle, undisputed king of the table, the most precious, the rarest, the most sought after and most fragrant fruit of the earth. Truffe in Italian means trickery or deception, the same word as used in French to indicate the pleasant-tasting tuber. The meaning of deception is associated with the play “Tartuffe” by Molière (1664) in which the protagonist uses hypocrisy to achieve his ends. But unlike its literary counterpart, the gastronomic truffle is neither hypocrite nor impostor. Quite the opposite, it stands out for its sincerity, transparency and loyalty… at least until it falls into the hands of conmen and criminals. The ineffable white truffle (Tuber magnatum Pico) is the exclusive product of Italian nature. The fact that the French cannot boast exclusivity makes them green with envy. They claim it “smells” of garlic (and that coming from the French whose entire cuisine is based on garlic!), but then go on to glut themselves on it and buy up hoards every time they come to Italy. Because all they have is the “Diamant Noir”, the modest pet name they give to “their” Truffes du Périgord (Tuber melanosporum), which however they buy in Italy where it is more modestly known as the “Norcia black truffle” (although common throughout the Apennines from Emilia to Calabria). Serious colleagues from the other side of the Alps assure me that in France, they even import the bottled water in which it is cooked. In the dictionary, little separates the French “truffes” from the Italian “truffe”... And so on international markets you may come across some snowy white immature black truffles, artificially flavoured and sold as top quality white Alba truffles, earning the conman a profit 300 times the cost. When applied to “truffles” bought in China as dog food and sold in Italy as Norcia black truffles, the markup is 400 times. Those selling olive oil (but it could be oil made from just about anything else) artificially flavoured to give it a waft of the fragrance of top quality truffles make do with a paltry profit of 10,000%. Taking the merit for the miracle of truffle flavoured oil is a hydrocarbon, 2,4-Dithiapentane, notoriously toxic, but cheaper and more stable than natural truffle or its extracts. And this is partly thanks to the negligence (?) of the law makers who passed (and have no intention of correcting) a law allowing use of the wording “truffle flavour” on labels, even if the product use is synthesised chemically. In short, many “truffle” flavoured oils, butters, cheeses, creams and sauces are authorised with impunity to trick those without a sufficiently experienced e molto meno costoso rispetto al Tartufo naturale o ai suoi estratti. E qui entra in ballo la negligenza (?) del legislatore che ha fatto – e non ha intenzione di correggerla - una legge che consente di utilizzare sulle etichette la dicitura “aroma di tartufo” anche se il prodotto usato proviene da sintesi chimica. Insomma, molti oli, burri, formaggi, creme, salse “al tartufo” sono impunemente autorizzati ad ingannare chi non ha naso e palato preparati a sufficienza. È bello sapere come ci considerano i nostri rappresentanti politici! Torniamo agli equivoci. Gli antichi non sapevano mettersi d’accordo se fosse una pianta o un animale. E l’ambiguità continua nel nome. Il mondo conosce il bianco come “Tartufo d’Alba”, tuttavia il Tuber Magnatum Pico è gloria e vanto non solo di Langa e Monferrato ma anche di molte altre zone d’Italia, dalle Marche alla Calabria, dalla Toscana all’Irpinia e alla Romagna. Anche il nome latino non è un grande esempio di chiarezza linguistica: “Tuber” per noi è sinonimo di patata e suona un po’ riduttivo ricondurre alle patate quello che è invece un fungo ipogeo, che nasce cioè sottoterra... Potrebbe anche suonare cafone il termine “Magnatum” che non è il participio passato del verbo romanesco “magnare” ma la corretta forma latina per dire “dei ricchi e dei magnati”. Sul gusto non esistono dilemmi: o piace, oppure (purtroppo) no! Nel XIII secolo era usanza di chiamare i Tartufi “terrae tufolae” (gobbe della terra) perché maturando e ingrossando sollevano un po’ il terreno. Dal quattrocentesco “tartuffole” discenderà Tartufo in italiano, “trifola” in piemontese, “truffle” in inglese e “truffe” in francese. All’epoca di Re Sole i Tartufi bianchi servivano a corrompere i potenti della corte di Versaillles e tale rimarrà il loro uso per ingraziarsi anche altri sovrani come Luigi XV e Maria Teresa d’Austria. Nel 1826 il Conte Villèle si comprò la carica di Ministro con regalìe di Tartufi a senatori e deputati: da qui nacque l’espressione “ministero tartufato”. D’altra parte Tartufi (saprofiti) e politici (parassiti) sembrano fatti l’uno per gli altri e traggono da altri organismi le sostanze necessarie al loro sviluppo. L’attrazione umana verso il Tartufo è dovuta a composti steroidei (delta-16-steroidi) e a ormoni simili a quelli sessuali (5-alfa androst-16cn-3-alfa-olo) secreti tanto dalle ghiandole salivari dei maiali (eccellenti cercatori di tartufi) quanto da quelle ascellari dell’uomo. Pare che la semplice inalazione di questi profumi muschiati scateni un maggior interesse verso il sesso opposto. Ciò potrebbe spiegare l’attribuzione di virtù afrodisiache al Tartufo. Anche se a me piace pensare che a predisporre al piacere del sesso dopo una scorpacciata di Tartufi bianchi in un romantico tête-à-tête contribuisca molto di più la disinibizione dovuta all’appagamento sensoriale e al fascino della preziosità. E se non fossero realmente afrodisiaci aiutano a rendere le donne più tenere e gli uomini più amabili. nose and palate. It’s just as well to know what our politicians think of us! Let’s get back to ambiguities. In ancient times, there was disagreement about whether it was a plant or an animal. And the ambiguity continues in the name. The world knows the white truffle as the “Alba truffle”, but the Tuber magnatum Pico is the glory not just of the Langa and Monferrato, but also of many other parts of Italy from the Marches to Calabria and from Tuscany to Irpinia and Romagna. Even the Latin name is not a great example of linguistic clarity. For us, “tuber” means potato and the association with potatoes is somewhat reductive for this hypogean fungus (in other words, growing underground). The word “Magnatum” could also sounds a bit loutish, although the term is not the past participle of the Roman dialect word “magnare” (to eat), but the correct Latin form meaning “of the rich and of magnates”. There are, however, no dilemmas about the taste - either you love it, or (unfortunately) you don’t! In the 13th century, truffles were known as “terrae tufolae” (humps of soil) because as they matured and swelled, they lifted the ground up a little. From the 15th century “tartuffole” comes “tartufo” in Italian, “trifola” in Piedmont dialect, “truffle” in English and “truffe” in French. At the time of the Sun King, white truffles were served to corrupt the powerful at the Court of Versailles and this practice continued to buy the favours of other sovereigns such as Louis XV and Maria Theresa of Austria. In 1826, Count Villèle bought himself the post of Minister with gifts of truffles to senators and deputies, giving rise to the Italian expression “ministero tartufato” meaning “a corrupt ministry”. On the other hand, truffles (saprophytes) and politicians (parasites) seem made for each other, both taking from other organisms the substances they need to develop. The human attraction for truffles derives from steroid compounds (delta-16-steroids) and hormones similar to the sex hormones (5alpha-androst-16-en-3alpha-ol) secreted by both the saliva glands of pigs (excellent truffle seekers) and the glands in the human armpit. It seems that the simple inhalation of these musky fragrances stimulates an interest in the opposite sex. This could explain why the truffle is thought to have aphrodisiac virtues. Although I like to think that after feasting on white truffles in a romantic tête-à-tête, a predisposition for the pleasures of sex derives more from the lack of inhibition resulting from sensorial satisfaction and the fascination of the precious. And if not actually aphrodisiac, they nevertheless contribute to making women more tender and men more lovable. 45 GASTROSOFIA / GASTROSOPHY 7 STAR BENE / KEEPING HEALTHY CARATTERISTICHE E PROPRIETÀ NUTRIZIONALI 45 di Mirella Giuberti Nutrizionista docente presso l’Istituto d’istruzione superiore “Vergani-Navarra” di Ferrara 8 Il tartufo, chiamato anche tubero di terra dal latino tardo terrae tuber, è un fungo ipogeo appartenente alla classe Ascomiceti, famiglia Tuberaceae, genere Tuber. Secondo lo storico Giordano Berti il termine con cui si designa il fungo deriverebbe in realtà da “terra tufulae tubera” (titolo di una illustrazione del Tacuinium sanitatis) e sarebbe riconducibile alla somiglianza del fungo con una pietra porosa, il tufo; la successiva contrazione in “terra tufide” avrebbe dato origine ai termini dialettali tartùfola, trìfula, tréffla, trifola, acquisiti dalle dizioni francese (truffe), inglese (truffle) e tedesca (trüffel). La raccolta e l’utilizzazione alimentare risale sicuramente al XIV secolo, ma le descrizioni degli storici greci e romani possono far ritenere che i tartufi fossero apprezzati e consumati fin dall’antichità. Le incertezze sulla loro natura botanica sono perdurate fino a tempi recenti: alla metà del 1800 vi era ancora chi sosteneva derivassero dalla puntura di una speciale mosca sulle radici della quercia. Il tartufo cresce naturalmente nei boschi in simbiosi micorrizica con le radici di piante superiori, soprattutto querce e castagni. Poiché i funghi non producono clorofilla, traggono nutrimento da un ospite con cui vivono in comunità biologica: le radici delle piante vengono invase dalle ife fungine (cellule filiformi di colore variabile) che penetrano negli spazi intercellulari dei primi strati corticali. Quando il tartufo è ancora giovane origina cellule femminili e maschili, dalla cui fecondazione prende origine l’ascoma, ovvero il corpo fruttifero, che può avere forma più o meno rotonda, spesso irregolare, con protuberanze e cavità correlabili sia alla specie che al terreno di crescita. La polpa (gleba) è carnosa, di colore variabile (bianco, marrone, grigio, nero violaceo, talvolta roseo o macchiato di rosso vivo sfumato); la scorza esterna (peridio) può essere rugosa o liscia, giallastra, rossiccia o nera; all’interno i fasci miceliari (le cosiddette vene) che percor- CHARACTERISTICS AND NUTRITIONAL PROPERTIES Known in late Latin as terrae tuber or “soil tuber”, the truffle is an underground fungus belonging to the Ascomycetes class, Tuberaceae family and Tuber genus. According to the historian Giordano Berti, the word used to describe the fungus in fact comes from “terra tufulae tubera” (the title of an illustration from the Tacuinium sanitatis), deriving from the resemblance of the fungus to a porous stone, tufa. The subsequent contraction to “terra tufide” is said to have given rise to the dialect words tartùfola, trìfula, tréffla, trifola, reflected by the French “truffe”, the English “truffle” and the German “trüffel”. We know for certain that truffles were gathered and eaten in the 14th century, but descriptions by Greek and Roman historians suggest that they had been appreciated and consumed since ancient times. Uncertainty about their botanical nature lasted until recent times. In fact, in the mid-19th century, some people still thought they originated from the puncture of a particular fly on oak roots. The truffle grows naturally in woods in mycorrhizal symbiosis with the roots of higher plants such as oak and chestnut trees. As fungi do not produce chlorophyll, they take their nutriment from a host with which they live in a biological association. The roots of the plants are invaded by the fungal hyphae (variably coloured filiform cells) which penetrate the intercellular spaces of the first cortical layers. While still young, the truffle produces female and male cells. Fecundation of these produces the ascoma, or fruiting body, which may be more or less rounded in shape, often irregular, with protuberances and cavities depending on the species and the soil it grows in. The pulp (gleba) is fleshy, variable in colour (white, brown, grey, violet black, sometimes pinkish or with bright red nuances); the external skin (peridium) may rono la polpa possono avere maggiore o minore grossezza e possono divergere per colore, aspetto o sinuosità. In Italia la raccolta dei tartufi (regolamentata dalla Legge 16 dicembre 1985, n. 752) è consentita per: Tuber Magnatum Pico, tartufo bianco pregiato, trifola bianca. Tuber melanosporum Vitt., tartufo nero pregiato. Tuber brumale Vitt., tartufo nero invernale, trifola nera. Tuber brumale, var. moschatum De Ferry, tartufo moscato. Tuber aestivum Vitt., tartufo nero estivo, scorzone, maggengo. Tuber uncinatum Chatin, tartufo uncinato, scorzone d’autunno. Tuber macrosporum Vitt., tartufo nero liscio. Tuber borchii Vitt. (Tuber albidum Pico), tartufo bianchetto, marzolino, marzuolo. Tuber mesentericum Vitt., tartufo nero ordinario, tartufo comune, tartufo di Bagnoli. Tuber excavatum Vitt. Tuber puberulum Berk. & Broome. Tuber oligospermum Vitt. Tuber rufum Pico, tartufo rossetto, patatella, fratone, rapino. be rough or smooth, yellowish, reddish or black. Inside, the mycelial bundles (the so-called veins) running through the pulp vary in thickness and may differ in colour, appearance and sinuosity. In Italy, the following types of truffle can be gathered (regulated by Law no. 752 of 16 December 1985): Tuber magnatum Pico, top quality white truffle, trifola bianca. Tuber melanosporum Vitt., top quality black truffle. Tuber brumale Vitt., winter black truffle, trifola nera . Tuber brumale, var. moschatum De Ferry, musky truffle. Tuber aestivum Vitt., black summer truffle, scorzone, maggengo. Tuber uncinatum Chatin, barbed truffle, scorzone d’autunno. Tuber macrosporum Vitt., smooth black truffle. Tuber borchii Vitt. (Tuber albidum Pico), white truffle, marzolino, marzuolo. Tuber mesentericum Vitt., ordinary black truffle, common truffle, Bagnoli truffle. Tuber excavatum Vitt. Tuber puberulum Berk. & Broome . Tuber oligospermum Vitt. Tuber rufum Pico, red truffle, patatella, fratone, rapino. Tuber melanosporum (o Tuber nigrum) appartiene al gruppo dei tartufi a peridio verrucoso; ha in genere forma rotondeggiante, scorza nera, talvolta con macchie ferruginose, polpa nero-violacea a maturità, vene bianche ben definite, rosseggianti all’aria. Vegeta nei terreni calcarei derivanti dal disfacimento di rocce del Cretaceo, del Giuras o del Lias; può spingersi anche a 30 cm sotto terra; cresce bene dai 400 ai 1000 m. s/m ed è in simbiosi soprattutto con quercia, carpino, leccio, nocciolo e ginepro. Viene raccolto in quantità rilevanti nelle regioni francesi del Périgord; in Italia è diffuso soprattutto in Umbria, Marche e Molise: la produzione inizia a metà novembre e si prolunga fino a metà marzo. Tuber magnatum, che fa parte dei tartufi a peridio liscio, è quello – tra i tartufi commestibili – con le maggiori dimensioni (il peso varia tra i 250 ed i 500 grammi); ha più spesso forma irregolare e lobata, con cavità e sporgenze; il colore della polpa varia dal bianco, al rosato, al marrone, al rosso vivo sfumato; le vene sono fini, bianche, sinuose; il peridio giallo, biancastro, grigio-verdastro o giallo-verdiccio. Emana un forte profumo gradevole; è tenero e digeribile; ha breve conservazione. Vive in simbiosi con pioppo, salice, quercia, tiglio, cerro, farnia, in terreni marnoso-argillosi del Terziario (colline fino agli 850 m. s/m ma anche golene dei grandi fiumi). È diffuso in Piemonte, Romagna, Toscana, Marche, Umbria, Molise, Campania, ecc. dove viene raccolto tra ottobre e fine dicembre. Sono particolarmente apprezzati i tartufi bianchi di Alba, di Acqualagna, dei Colli Bolognesi. Vi sono inoltre alcune specie velenose, come Balsamia vulgaris (tartufo rosso o russo) che emana odore nauseabondo e penetrante e, quando consumato in abbondanza, provoca nausea, vomito e diarrea; e Choiromyces meandriformis (tartufo dei maiali, trifola bianca matta, rapone) che con- Tuber melanosporum (or Tuber nigrum) belongs to the group of truffles with a warty peridium. They are usually round, black skinned, sometimes with rust-coloured marks, the pulp is violet black when ripe, the veins are white and well-defined, turning reddish on exposure to air. They grow in lime-rich soils deriving from the breakup of rocks from the Cretaceous, Giuras or Lias. They can reach as far as 30 cm below ground, grow well from 400 to 1000 m a.m.s.l. and are in symbiosis with the oak, hornbeam, holm oak, hazelnut and juniper in particular. They are gathered in great quantities in the French regions of the Périgord, while in Italy they are common above all in Umbria, Marche and Molise. Production begins in mid-November and continues until mid-March. Belonging to the group of truffles with a smooth peridium, Tuber magnatum is the largest of the edible truffles (often weighing between 250 and 500 g). It often has an irregular lobed shape with cavities and protuberances. The flesh varies in colour from white to pinkish and brown with bright red nuances. The veins are fine, white and sinuous and the peridium is yellow, whitish, greenish grey or greenish yellow. It gives out a strong pleasant fragrance and is tender, digestible and perishable. It grows in loamy-clayey tertiary soils (hills up to 815 m a.m.s.l., but also the floodplains of large rivers), in symbiosis with the poplar, willow 45 STAR BENE / KEEPING HEALTHY 9 STAR BENE / KEEPING HEALTHY Composizione chimica e valore energetico per 100 g di parte edibile (Fonte: Tabella di Composizione degli Alimenti, INRAN) TARTUFO nero 45 acqua: 75.8 (g) proteine: 6.0 (g) lipidi: 0.5 (g) glucidi disponibili: 0.7 (g) energia: 31 (kcal) sodio: - (mg) potassio: - (mg) ferro: 3.5 (mg) calcio: 24 (mg) fosforo: 62 (mg) tiamina: 0.05 (mg) riboflavina: 0.09 (mg) niacina: 2.00 (mg N.E.) vitamina A: 0 (μg R.E.) vitamina C: 1 (mg) 10 tiene sostanze tossiche termolabili. La crescita del fungo è strettamente correlata alla vita del bosco: le caratteristiche pedologiche del terreno; l’altitudine; la piovosità; la presenza di piante simbiotiche e di animali che, nutrendosi dei tartufi, consentono la disseminazione delle spore; le tecniche colturali antropiche. Essendo noto come alimento prelibato ma assai costoso, ha sempre stimolato la ricerca di un sistema di coltivazione, la tartuficoltura, da anni oggetto di studi ed approfondimenti. Dopo la raccolta, il tartufo si conserva per un tempo limitato; posto in acqua fresca corrente (o acqua rinnovata ogni 5-6 ore) può durare alcune settimane; per periodi maggiori sotto sabbia, crusca o segatura. La conservazione industriale fa ricorso alla sterilizzazione, che riduce inevitabilmente aroma e sapore. I tartufi possono essere conservati al naturale o in un liquido di governo (salamoia, vino, grassi). La raccolta viene effettuata con l’impiego di cani addestrati, in grado di individuare la presenza dei funghi grazie all’aroma intenso, riconducibile a varie sostanze aromatiche (aldeidi, esteri, alcoli, chetoni) e soprattutto composti solfo-organici: bismetiltio-metano, dimetil sulfide, dimetil trisulfide, trismetiltio-metano, ecc. Nel Tuber magnatum è prevalente il bis-metiltio-metano; nel Tuber melanosporum è prevalente il dimetil sulfide. Il bis-metiltio-metano ottenuto per sintesi chimica può essere usato come aromatizzante al posto del tartufo; sono in corso ricerche che, avvalendosi della spettrometria di massa, potranno consentire di distinguere la forma naturale da quella sintetica e sventare eventuali frodi commerciali. Sotto il profilo nutrizionale il tartufo apporta pochissime calorie; presenta un interessante contenuto proteico, con un buona percentuale di alanina, acido glutammico ed acido aspartico. Il contenuto vitaminico è irrilevante; piuttosto elevato quello di ferro. Va peraltro posto in risalto come il consumo sia decisamente limitato in termini quantitativi, sia per l’aroma intenso che per il costo della commercializzazione. and lime and various species of oak including the Turkey oak and English oak. It is common in Piedmont, Romagna, Tuscany, Marche, Umbria, Molise, Campania etc., where it is gathered from October to the end of December. Particularly appreciated are the white truffles from Alba, Acqualagna and the Colli Bolognesi. There are also a number of poisonous species such as Balsamia vulgaris (red or Russian truffle) with a nauseous penetrating smell, causing nausea, vomiting and diarrhoea when eaten in large quantities, and Choiromyces meandriformis (pigs’ truffle, trifola bianca matta, rapone) which contains thermolabile toxins. Growth of the fungus is strictly correlated to the life of the wood - the characteristics of the soil, altitude, rainfall, presence of symbiotic plants and animals which feed on the truffles, thus distributing the spores and cultivation techniques. The fact that it is known as a delicacy, but is very expensive has always stimulated research into a truffle growing system, the subject of study and investigation for some time. Once gathered, the truffle can be kept for a limited period of time only. Placed in fresh running water (or water changed every 5-6 hours) it can last a number of weeks; for longer periods under sand, bran or sawdust. The food processing industry uses sterilisation which inevitably reduces the aroma and flavour. Truffles can be kept in the natural state or in a liquid such as brine, wine, oil or fat. They are gathered using dogs trained to identify the presence of the fungi by their strong aroma deriving from aromatic substances (aldehydes, esters, alcohols, ketones) and in particular organicsulphur compounds: bis(methylthio)methane, dimethyl sulphide, dimethyl trisulphide, tris(methylthio)methane, etc. In Tuber magnatum, bis(methylthio)methane is prevalent; while in Tuber melanosporum dimethyl sulphide predominates. Bis(methylthio)methane obtained by chemical synthesis can be used as a flavouring in place of the truffle. Research is being carried out into the use of mass spectrometry to distinguish the natural form from the synthetic form and thus avoid possible commercial fraud. From a nutritional point of view, the truffle contributes very few calories. It has an interesting protein content, with a good percentage of alanine, glutamic acid and aspartic acid. The vitamin content is irrelevant while the iron content is quite high. It should also be borne in mind that it is eaten in decidedly limited quantities, due to both its very strong aroma and cost on the market. Thanks to the exquisite organoleptic characteristics of the truffle, culinary art has created numerous recipes in which it flavours first courses, meat, eggs and cheese, but also numerous dishes in which the truffle is the uncontested ingredient. There is also a flourishing industry which uses truffles to flavour oils, sauces, grappas, liqueurs and even fruit (such as the dwarf green peaches from Abruzzo). As it stimulates gastric secretion, the truffle is not recommended STAR BENE / KEEPING HEALTHY for gastritis or ulcer sufferers. Finally, mention must be made of its supposed aphrodisiac effects, originating from numerous historic testimonies and apparently confirmed to a certain extent by scientific research. The poet Juvenal believed that the truffle originated from a bolt of lightning thrown down by Jove near an oak tree. As Jove was said to have prodigious sexual abilities, the truffle was believed to have acquired his characteristics. The physician Galen defines the truffle as “very nourishing” (!?) and able to “stimulate a predisposition for carnal pleasure”. In the Tacuinium sanitatis (whose illustrations are accompanied by captions associated with the medical-alchemical theory of the humours), truffles are thus described: “Nature: cold and wet in the second degree. Benefit: as they absorb all flavours, they have a positive influence on coitus. Harm: to melancholic diseases. Remedy for harm: with pepper, oil and honey”. In 1474, in his book “De honesta voluptate et valetudine”, Bartolomeo Sacchi (known as Platina) defines truffles as “a stimulus to licentiousness”. And indeed, science has now confirmed that these fungi contain steroid pheromones (including 5alpha-androst-16-en-3alphaol), in other words, volatile molecules similar to sex hormones produced by the glands and thus able to influence sexual behaviour through the sense of smell. Steroid pheromones are produced by various animals, including boars. It is therefore not hard to understand why sows were used in the past to look for truffles, attracted by the presence of compounds similar to those synthesised by the sex glands of the male and transferred with the blood to the saliva glands. The steroid pheromones are found in a number of plants (such as celery and parsnip) and also truffles where they can reach quite high concentrations of between 20 and 60 ng/g. Similar substances have also been found in humans, produced by the sex glands, secreted by the glands in men’s armpits and found in women’s urine. So a number of researchers have documented in men a greater sexual attraction after inhaling 5alpha-androst16-en-3alpha-ol. Chemical composition and energy value per 100 g of edible part (Source: Banca Dati di Composizione degli Alimenti, INRAN) TARTUFO nero water: 75.8 (g) proteins: 6.0 (g) fats: 0.5 (g) available carbohydrates: 0.7 (g) energy: 31 (kcal) sodium: - (mg) potassium: - (mg) iron: 3.5 (mg) calcium: 24 (mg) phosphorous: 62 (mg) thiamine: 0.05 (mg) riboflavin: 0.09 (mg) niacin: 2.00 (mg N. E.) Vitamin A: 0 (μg R.E.) Vitamin C: 1 (mg) 45 L’arte culinaria ha generato, grazie alle prelibate caratteristiche organolettiche del tartufo, moltissime ricette per condire primi piatti, carni, uova e formaggi, ma anche numerose preparazioni in cui il tartufo è ingrediente incontrastato. Vi è poi una fiorente industria che utilizza i tartufi per insaporire oli, salse, grappe, amari e persino frutta (come le pesche verdi nane abruzzesi). Il tartufo, stimolante della secrezione gastrica, è controindicato per i soggetti affetti da gastrite ed ulcera. Non si possono infine trascurare i presupposti effetti afrodisiaci, che traggono origine da numerose antiche attestazioni e che sembrano trovare una qualche conferma nella ricerca scientifica. Il poeta Giovenale riteneva il tartufo originato da un fulmine scagliato da Giove in prossimità di una quercia; ed essendo Giove dotato di prodigiose capacità sessuali, il tartufo ne avrebbe assunto le caratteristiche. Il medico Galeno definiva il tartufo “molto nutriente” (!?) e in grado di “disporre alla voluttà”. Nel Tacuinium sanitatis (in cui le illustrazioni erano accompagnate da didascalie legate alla teoria medico-alchemica degli umori) si legge del tartufo: “Natura: fredda e umida in secondo grado. Giovamento: poiché riceve tutti i sapori, influisce positivamente sul coito. Danno: alle malattie malinconiche. Rimozione del danno: con pepe, olio e miele”. Nel 1474 Bartolomeo Sacchi (detto il Platina) nella sua pubblicazione “De honesta voluptate et valetudine” definisce il tartufo “un eccitante della lussuria”. Ebbene, oggi la scienza attesta la presenza in questi funghi di feromoni steroidei (tra cui il 5-_-androst-16-en3_-olo), ovvero molecole volatili, simili agli ormoni sessuali, di produzione ghiandolare, in grado di influenzare il comportamento sessuale per mezzo dell’olfatto. I feromoni steroidei sono prodotti da diversi animali, tra cui il verro: si comprende quindi come in passato la ricerca dei tartufi si avvalesse della scrofa, attratta dalla presenza di composti simili a quelli sintetizzati dalle ghiandole sessuali del maschio e trasferiti con il sangue a quelle salivari. I feromoni steroidei si trovano in alcune piante (come sedano e pastinaca) ed, appunto, nei tartufi, dove possono raggiungere concentrazioni piuttosto elevate, variabili tra 20 e 60 ng/g. Sostanze analoghe sono state individuate anche nel genere umano: prodotte dalle ghiandole sessuali e secrete da quelle ascellari nel maschio e rinvenute nelle urine femminili. Ebbene, alcuni ricercatori hanno documentato nell’uomo una maggiore attrazione sessuale dopo l’inalazione del 5-_-androst-16-en-3_-olo. 11 PASTICCERIA / CONFECTIONERY 45 di Luigi Biasetto Chef Pasticcere e titolare della Pasticceria “Biasetto” di Padova 12 Tartufo al cioccolato fondente dell’Equador Ecuadorian dark chocolate truffle Gelato alla vaniglia: Vanilla ice cream: Latte fresco 1.000; vaniglia Bourbon Messico 1; tuorlo d’uovo fresco 300; panna fresca 550; glucosio 70; albume d’uovo 60; destrosio 60; zucchero 300. Mettere tutti gli ingredienti insieme nel Pacojet, pastorizzare a 72°C e abbattere. Mantecare con il Pacojet la quantità di gelato necessaria, formare delle palline, disporle su teglia fredda e mettere in abbattitore. 1000 ml fresh milk; the seeds scraped out of ¼ pod Mexican Bourbon vanilla; 300 g fresh egg yolks; 550 g fresh cream; 70 g glucose; 60 g egg white; 60 g dextrose; 300 g sugar Place all the ingredients in the Pacojet, pasteurize at 72°C then blast-chill. Churn the necessary quantity of ice cream in the Pacojet, form small balls of ice cream and place on a cold tray, then place in the blast-chiller. Gelato al cioccolato dell’Equador: Ecuadorian chocolate ice cream: 210 g 72% cocoa Cioccolato Equador 72% 210; latte fresco 775; glucosio 21; zucchero 142; latte magro in polvere 18; destrosio 28. Ecuadoran chocolate; 775 ml fresh milk; 21 g glucose; 142 g sugar; 18 g skim milk powder; 28 g dextrose Nel frattempo mettere nel Pacojet tutti gli ingredienti del gelato al cioccolato e pastorizzare a 90°C, quindi versare nelle vaschette e abbattere. Mantecare la quantità desiderata, formare delle palline con la pinza di 6 cm di diametro e inserire al centro la pallina piccola di gelato alla vaniglia formata in precedenza e ben solidificata. Scaricare il contenuto della pinza nelle scaglie di cioccolato e arrotolare la pallina delicatamente per finire di formare il tartufo. Mettere in abbattitore e, prima di servire, dare una spruzzata di cioccolato creando l’effetto velluto poi spolverare leggermente con del cacao. Impiattare come da esempio. In the meanwhile, place all the ingredients for the chocolate ice cream in the Pacojet, pasteurise at 90°C, pour into tubs and blast-chill. Churn the desired quantity, form balls with the 6 mm diameter scoop, then push the well-hardened smaller ball of vanilla ice cream made previously into the centre of the chocolate ice cream ball. Eject the ice cream ball from the scoop directly onto chocolate flakes, then roll the ball gently in the flakes to coat and form a truffle. Place in the blast-chiller, then just before serving, apply a light coat of chocolate spray to create a velvety effect and dust lightly with cocoa. Present as shown in the example. ARTE DOLCIARIA / THE ART OF CONFECTIONARY di Andrea Voltolina Consulente di pasticceria www.andreavoltolina.com Porzione di Bavarese alla vaniglia con gelée al mango Vanilla Bavarian cream pudding with mango jelly Bavarese alla vaniglia Vanilla Bavarian cream pudding g 500 latte; n° 1 bacca di vaniglia; g 180 tuorli; g 180 zucchero; g 20 colla di pesce; g 750 panna montata. Portare a ebollizione con il Mycook il latte con la bacca di vaniglia, mescolare i tuorli con lo zucchero, versare il composto nel latte, portare il tutto a 80°. Quando la soluzione raggiunge i 40° aggiungere la colla di pesce. Una volta fredda, alleggerire con la panna montata. Colare in stampi rettangolari inserendo nel mezzo la gelée, chiudere con bisquit. 500 ml milk; 1 vanilla pod; 180 g egg whites; 180 g sugar; 20 g fish glue; 750 g whipped cream. Bring the milk to the boil with the vanilla pod in the Mycook. Beat the whites with the sugar, pour into the milk, heat to 80°C, then turn the heat off. Once the mixture has cooled to 40°C, add the fish glue. Once cold, lighten with the whipped cream. Pour into rectangular moulds, place the jelly in the centre and top with bisquit. Mycook, Sirman Mango jelly Gelée al mango g 500 polpa di mango; g 125 zucchero; g 15 colla di pesce. Bollire con il Mycook la polpa di frutta con lo zucchero, poi il tutto quando ha raggiunto la temperatura di 60°. Unire la colla di pesce ammorbidita, colare in stampo. 500 g mango pulp; 125 g sugar; 15 g fish glue. Bring the fruit pulp and sugar to the boil in the Mycook, turn the heat off, add the softened fish once the mixture has cooled to 60°C, then pour into the mould. Crema di zabaione g 300 marsala uovo; g 700 latte; g 250 tuorli; g 560 uova intere; g 500 zucchero; g 140 farina. Bollire il latte e versarlo sopra le uova, i tuorli e mescolare con zucchero, farina e marsala, rimettere sul fuoco e portare a cottura. Biscotto alle nocciole g 250 farina; g 250 burro; g 250 zucchero; g 250 farina nocciole; g 50 albumi. Impastare tutti gli ingredienti assieme, fare riposare l’impasto per tre ore, stendere allo spessore di 2-3 mm, cuocere 20 minuti a 180°. Una volta freddo, farcire con crema allo zabaione intervallato con pandispagna. Da congelato, tagliare a triangolini. Zabaglione custard 300 g Marsala eggnog; 700 ml milk; 250 g egg yolks; 560 g whole eggs; 500 g sugar; 140 g flour. Bring the milk to the boil, pour over the eggs and yolks, stir in the sugar, flour and Marsala, put back on the heat and finish cooking. Hazelnut biscuit 250 g flour; 250 g butter; 250 g sugar; 250 g hazelnut flour; 50 g egg whites. Mix all the ingredients together to make a dough, leave to rest for three hours, roll out to a thickness of 2 to 3 mm, then bake at 180°C for 20 minutes. Once cooled, form a sandwich with two outer layers of biscuit, a layer of zabaglione custard on the inner side of each biscuit layer, and a middle layer of sponge cake. Freeze and cut into small triangles. 45 Zabaglione triangle with hazelnut biscuit Triangolo allo zabaione e biscotto di nocciole 13 L’ANGOLO DEI VINI TARTUFO & VINO 45 di Luigino Bruni Sommelier professionista e docente Superiore (IIS) “Panzini” di Senigallia 14 La quiete del bosco è interrotta dal raspare frenetico del cane fedele: il tartufo/tesoro è rinvenuto, l’emozione ha affratellato l’uomo e l’animale...Nell’abbinare un vino al tartufo dobbiamo tenere in massima considerazione il tipo di alimento a cui vogliamo accostarlo; diverse infatti sono le variabili da considerare nell’accostamento cibo-vinotartufo. Ovviamente, la principale è l’equilibrio tra le sensazioni organolettiche, olfattive e gustative del vino e della preparazione a base di tartufo; nelle preparazioni col tartufo si evidenziano infatti la complessità aromatica, l’intensità e la persistenza olfattiva, elementi sempre presenti anche se possono variare a seconda della specie di tubero utilizzato. Il bianchetto spicca per note agliacee, di scalogno e cipolla; il bianco pregiato ricorda leggermente l’aglio e il formaggio grana; il tartufo nero emana sentori di nocciola. Nei piatti in cui sono presenti tartufi con note agliacee ci si deve orientare verso vini con note floreali e fruttate, se possibile evitando quelli con note erbacee, che aumenterebbero troppo la percezione dei sentori agliacei. Il nero pregiato e lo scorzone sono caratterizzati dalla presenza di una nota amarognola, pertanto ci si rivolgerà a vini decisamente morbidi. Se volessimo abbinarli a un vino bianco, questo non dovrà presentare un retrogusto molto amarognolo, bensì morbido, con una buona freschezza e con note aromatiche piuttosto decise e mature, magari che abbia avuto un brevissimo passaggio in barrique. Per le preparazioni nelle quali sia presente il bianco pregiato si cercheranno vini rossi, morbidi, con tannino rotondo, a perfetta maturazione e con sentori di sottobosco. Gli abbinamenti alimentari col tartufo possono essere tanti, ma uno di quelli che esalta maggiormente il tubero sono le semplici (per alcuni solo apparentemente...) uova al tegamino con una grattugiata sottile di tartufo bianco, a cui abbinerei, considerando la perfetta simbiosi tra burro, tuorlo d’uovo e tartufo, un bianco molto morbido con aromi di frutta matura e fiori, come un Piemonte Chardonnay, la Passerina di Offida, la Malvasia istriana, la Ribolla gialla o un grande Riesling alsaziano. Un altro piatto facile da preparare, ma che proprio per questo necessita di una materia prima di altissima qualità, è il carpaccio di carne cruda all’Albese dove delicata grassezza, speziatura e dolcezza ben si sposano con un vino morbido, appena tannico, di buona freschezza, con aromi di sottobosco, come un Franciacorta Rosé. Una prelibatezza è la fonduta e tartufo bianco, cioè fontina e panna cotta a bagnomaria a cui viene aggiunto il tuorlo d’uovo, il tutto servito con crostini di pane e abbondante tartufo bianco in superficie. Le intense sensazioni gusto-olfattive di dolcezza, delicata grassezza, succulenza e aromaticità richiederanno un vino rosso morbido, caldo di alcol, poco tannico, con sentori di frutta e fiori; proporrei quindi una Barbera, un Dolcetto, un Rosso Conero, un Montepulciano d’Abruzzo o un Inferno della Valtellina. Un abbinamento che esalta le qualità del tartufo bianco sono le tagliatelline o Tajarin, tipico piatto delle Langhe, da gustare con un buon Chianti Colli Senesi, un Sagrantino di Montefalco, un Alto Adige Pinot Nero o un Gattinara, tutti vini di buon corpo e olfatto, di buona struttura, morbidi ed eleganti al naso. E per finire: ovuli e tartufo, una prelibatezza per le papille da gustarsi con un Verdicchio Brut millesimato. Last but not least... Di seguito un piatto proposto dallo chef Igles Corelli del ristorante Atman di Pescia. Il piatto dolce e delicato, con una base olfattiva molto intrigante e quella gustativa piuttosto interessante necessita di un vino dolce come il Moscato rosa DOC dell’Abbazia Muri Gries in Alto Adige. Fagotto di castagne e tartufo, salsa di saba Tempo: 40 minuti L’ANGOLO DEI VINI Farcia: Sbucciate e spellate le castagne. Lessatele in un litro di latte, aromatizzato con la vaniglia. Scolatele, conservando il latte rimasto, che servirà per preparare la crema. Spezzate grossolanamente le castagne. Crema: Semi-montate i tuorli con lo zucchero, unite la farina setacciata, continuando a mescolare. Portate a bollore il latte rimasto (aggiungendone altro, se necessario) e versatelo, mescolando, sulle uova. Cuocete la crema per 5 minuti dal bollore, senza smettere di mescolare, poi lasciatela raffreddare. Aggiungete alla crema l’uva passa, precedentemente ammollata in acqua tiepida, il cioccolato tritato grossolanamente, la scorza d’arancia e una grattata di noce moscata. Fate ridurre la saba, fino a renderla sciropposa. In un padellino, caramellate in 2 cucchiai di zucchero dodici acini di uva passa, che userete come guarnizione. Tagliate la pasta fillo, ricavando 4 rettangoli da ciascun foglio. Incrociateli due a due e foderate 4 stampi monoporzione, precedentemente imburrati. Tagliate il panettone a cubetti e distribuiteli sul fondo. Farcite con la crema e chiudete i fagotti. Cuoceteli sulla griglia a calore diretto, per i primi 5 minuti dentro gli stampi, poi estraeteli e continuate a cuocerli per altri 5 minuti. Disponete i fagotti nei piatti, spolverateli con lo zucchero a velo, decorate con la salsa di saba e completate con l’uvetta caramellata. FORTE VILLAGE Nel mese di giugno ho avuto l’occasione, in quanto docente dell’Istituto Panzini di Senigallia, di recarmi al Fortevillage. Tale struttura, infatti, ha avviato una collaborazione con la nostra scuola da alcuni anni e offre ai nostri studenti la possibilità di fare esperienze di stage durante il periodo estivo. Situato a Santa Margherita di Pula, in provincia di Cagliari, il Fortevillage è un Resort o, meglio, un angolo di paradiso, che comprende diverse strutture: dal classico bungalow all’albergo 5 stelle, “Villa Del Parco”. All’interno del Resort sono presenti inoltre più di venti ristoranti che, puntando sulla qualità, offrono ai propri clienti i sapori di una cucina internazionale ma anche tradizionale, tramite la reinterpretazione di piatti tipici italiani e, ovviamente, sardi. Tra i diversi ristoranti spiccano quello di Gordon Ramsey, di Perbellini e di Iannone, nomi noti in tutto il mondo per la loro esperienza culinaria. Da non dimenticare è anche lo splendido buffet offerto agli ospiti dall’albergo “Il Castello”; un buffet molto ricco dove, nell’angolo rustico, spicca l’affettatrice Anniversario Sirman, un connubio di eleganza classica e funzionalità moderna, creata in occasione dei 60 anni del fondatore. Un altro punto molto suggestivo, situato all’interno del lussuoso albergo “Villa del parco”, è il ristorante “Belvedere” che propone una reinterpretazione creativa di piatti tradizionali italiani e in particolare sardi, grazie alla professionalità dello chef Antonello Arrus e a un ottimo servizio in sala coordinato dal maître Marco Murroni. Durante la permanenza nel Resort, ho avuto il piacere di assaggiare alcuni meravigliosi piatti dello chef, tra cui alcuni tipici sardi, come la Fregola. In tutti i piatti ho apprezzato l’equilibro degli ingredienti utilizzati e la ricercatezza dei prodotti, sempre freschi e perfetti nella loro consistenza; i sapori di ogni singolo piatto sono abilmente combinati e risultano decisi ma allo stesso tempo delicati. Il risultato è inevitabilmente meraviglioso. Fregola in coccio di frutti e crostacei con sentori di zafferano selvaggio Panzerotto di sfoglia alle cipolle rosse brasate su filante pecorino tartufato Piccata di San Pietro su crema bouillabaisse e pepite di frutti di mare Sfogliatina di pera al lampone con crema allo stracchino ed il suo sorbetto 45 Ingredienti per 4 persone: 2 fogli di pasta fillo; 2 cucchiai di zucchero; 4 cucchiai di zucchero a velo; 1 noce di burro. Per la farcia: 1 fetta di panettone; 150 g di castagne; 20 g di tartufo; 100 g di cioccolato fondente 70% a scaglie; 600 g di crema pasticcera; scorza grattugiata di 1/2 arancia; noce moscata; 2 bacelli di vaniglia. Per 1,5 kg di crema pasticcera: 1 l di latte intero (utilizzato per lessare le castagne); 10 tuorli; 200 g di zucchero; 80 g di farina 00. Per la salsa: 2 dl di saba Metodo: cottura diretta 15 BEVUTI PER VOI IL VINO È VIVO E LOTTA CON NOI! 45 di Giovanni Di Stanislao Maître al ristorante “La Grotta di Tufo” (PU) 16 A partire dagli anni settanta i più grandi produttori di ogni regione hanno imposto una versione chimicamente e tecnologicamente alterata dei vini storici del loro territorio. Queste industrie del vino commercializzano l’idea di un passato bucolico, ma sono totalmente dipendenti dall’industria chimica e dalla tecnologia che prosperano grazie al fatto che ormai da decenni gran parte dei consumatori ha dimenticato che sapore ha il vero vino. Di conseguenza è perfettamente logico che la rivoluzione dei vini naturali, con la tutela del “terroir” e della salute (sia della terra sia di chi beve) rappresenti una minaccia intollerabile. La mancata certificazione doc non è l’unica arma nelle mani dell’industria del vino per intimidire i liberi pensatori. L’inquietante divisione del ministero dell’agricoltura dedita alla “Repressione delle frodi” è stata strumentalizzata per colpire i produttori e i commercianti di vini naturali. Forse il più perseguitato dalla Repressione frodi – e non a caso – è l’irriverente e brillante pioniere del movimento dei vini naturali, Stefano Bellotti di Cascina degli Ulivi, a Novi Ligure, nel sud del Piemonte. Tra i primi vignaioli a scegliere l’agricoltura biodinamica all’inizio degli anni ottanta, Bellotti è il punto di riferimento italiano della pratica agricola progressista dei nuovi viticoltori naturali. Rispettando le tecniche olistiche dell’agricoltura biodinamica, l’azienda di Bellotti pratica da anni la policoltura. La policoltura è essenziale per l’equilibrio ambientale della comunità agraria intorno a Novi Ligure, e inoltre permette di produrre vini più complessi ed espressivi. Tuttavia, dopo aver individuato in una foto satellitare alcuni peschi tra le vigne di Bellotti, gli agenti di Torino della Repressione frodi hanno fatto irruzione a sorpresa nell’azienda, hanno fatto una multa di decine di migliaia di euro e hanno declassato il lotto provocando una perdita di 200.000 euro in sussidi per l’agricoltura. Per Bellotti non c’è dubbio che questi persecuzioni non sono arrivate per caso. Ma perché gli agenti del ministero se la prendono con i piccoli artigiani (nonché cittadini modello) come Bellotti, Antonuzzi, Dottori e Tiezzi mentre le aziende miliardarie vengono ignorate? Consapevole del fatto che i naturalisti stanno alimentando una pressione avvolgente (a Parigi, per esempio, ci sono più di cinquanta locali che servono esclusivamente vini naturali a una clientela giovane e sempre in crescita) la lobby dell’industria del vino ha deciso di passare all’azione a livello europeo. Intanto però molti vignaioli naturali chiedono che le etichette dei vini comprendano tutti gli ingredienti usati nella produzione, come è già obbligatorio per tutti gli alimenti. Se così fosse emergerebbe immediatamente il contrasto tra la trasparenza delle loro procedure e quelle del 99,9 per cento dei produttori europei, la cui lista degli ingredienti occuperebbe probabilmente mezza bottiglia. Oggi la legge permette l’utilizzo di oltre 300 additivi chimici per i vini (detti) “normali”. L’industria del vino, comunque, non si è fatta prendere alla sprovvista. La lobby del settore, la Ceev (Comité Européen des Entreprises Vins) ha distribuito in lungo e in largo a Bruxelles un libretto di 36 pagine per spiegare perché i produttori di vino non dovrebbero in nessun modo essere obbligati a elencare i composti usati. Involontariamente ridicolo, il libretto porta a sostegno della sua tesi la storia artigianale e pastorale del vino. Chi invece è ansioso di provare un’esperienza diversa e sorpendente può visitare i vignaioli naturali, per scoprire cosa sono capaci di fare, nonostante tutte le difficoltà e l’ostracismo dei colleghi industriali e del governo nazionale ed europeo. A Cupramontana nelle Marche, Dottori (-come già Antonuzzi a Gradoli ) ha affiancato al suo trebbiano ed ai suoi due robusti verdicchi, un tonificante vino sfuso che gli abitanti del luogo e noi tutti, possiamo portarci a casa per 2 euro al litro. Sotto certi aspetti è un visionario, ma come capita con tutte le forme di avanguardia, un po’ di curiosità e pazienza mi hanno permesso di espandere il mio senso del gusto e invaghirmi di questi vini bizzarri, con entusiasmo infantile e un senso magari maturo che i piaceri più profondi sono spesso quelli più nascosti. Il verdicchio sfuso di Dottori viene venduto in dame da 5 litri, non è filtrato, porta con se l’autenticità di un territorio che rivendica la sua tipicità, grande complessità e purezza. Verace e franco, è un grande vino da cibo, e si abbina perfettamente al re dei tuberi: il tartufo. Il tartufo essendo uno di quegli ingredienti capace di dominare le ricette, ha bisogno di vivere liberamente, senza raggiungerlo con vini troppo imponenti. Meglio quindi un vino che si dedichi alla struttura del piatto, lasciando intatta tutta la ricchezza. (Da un pezzo di Jonathan Nossiter)