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Iistituzioni della storia della lingua italiana
Università : Università degli studi Firenze
Facoltà : LettereFilosofia
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Storia della lingua italiana – Bruno Migliorini
Capitolo I: dal latino al volgare
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Parlato/scritto: nei cinque secoli di Impero romano, sia periodo pagano (pre-editto di Milano del 313 DC) sia
cristiano, il latino parlato ha subito notevoli modificazioni.
All’inizio c’è poca differenza fra parlato e scritto, ma vi via aumenta: nel mondo antico non esiste l’idea “si
parla come si scrive”, ma la lingua scritta ha regole e schemi precisi; resta sempre legata alla tradizione
scolastica anche col trionfo del cristianesimo e l’emergere di nuovi strapi plebei. La lingua parlata, invece,
tende alla disgregazione e alla penetrazione linguistica con i vivaci scambi all’interno dell’Impero.
Fonti del parlato: sono di due ordini:
1) scritti: che siano testi dal tono colloquiale (linguaggi di alcuni personaggi del Satyricon, epistole
ecc.), di carattere pratico (agronomia, veterinaria ecc.), iscrizioni su lapidi di persone normali, sui
muri di Pompei e Ercolano ecc.
2) riscontro con i risultati neolatini.
Distinguiamo il latino parlato (insieme di varietà del parlato più o meno colte o volgari) e il latino volgare
(quello basso della plebe, che è rimasto nelle lingue neolatine).
Lingue prelatine: le spinte alla diffusione del latino venivano sia dal basso che dall’alto. Spinte dal basso: i
latini che si stanziavano nelle colonie per coltivare (la colonizzazione greca era di carattere commerciale,
quella romana agricola) e i soldati che imparavano il latino plebeo nell’esercito. Spinte dall’alto: la scuola e
l’organizzazione burocratica.
Prima del latino nell’Impero c’erano:
- non indoeuropee: ligure (poi intaccato dal celtico e dal latino), etrusco (che perduta fino al IV CD),
lingua dei Reti (fino ad Adriano), paleosardo (fino agli Antonimi) ecc.
- indoeuropee: celtico (in Gallia e sulle Alpi fino al V DC), osco, umbro ecc. e anche il greco
(considerato lingua dota e ufficiale nell’Impero d’Oriente)
Il cristianesimo: l’espansione del latino non è propaganda conscia ma conseguenza del prestigio di cui gode
Roma (poi facilitata dalle sempre migliori vie di comunicazione). Dagli Antonimi e specie dalla Constitutio
Antonina (212 DC) di Caracolla, esso recede a favore delle province. Segue un periodo di disordine in cui
arrivano influenze dalla Gallia; poi con Diocleziano (tetrarchia) e Costantino (Costantinopoli), Roma assume
di nuovo importanza come centro della cristianità occidentale, e con l’espansione della cristianità si espande
anche il latino, però diverso da quello imperiale: è un latino più popolareggiante, il latino “cristiano”. Anche
la liturgia, prima in greco, inizia ad essere fatta in latino.
Fattori di differenziazione: perché le lingue neolatine e i dialetti italiani sono così diversi?
 Interferenze con la lingua di sostrato. Per i popoli delle province c’erano tre fasi:
1) apprendimento del latino
2) bilinguismo
3) abbandono della lingua natia.
Durante queste tre fasi si introducevano particolarità di pronuncia, vocaboli e peculiarità fonetiche
(magari represse in principio e poi riemerse con la decadenza di Roma).
 Diversi modi di colonizzazione, che determinano diversi livelli di interferenza; ad esempio il toscano è
più conservativo perché l’etrusco per troppo diverso dal latino per mescolarvisi, tutt’al più troviamo
particolarità fonetiche come l’aspirazione intervocalica della [k]; o la Sardegna, dove il latino classico
fa più fatica a adeguarsi al parlato per via dell’isolamento geografico.
 Diversa data di colonizzazione (anche se ci sono eccezioni)
 Maggiore o minore circolazione linguistica
 Influenza delle lingue dei popoli invasori.
Questi fattori sono variamente assommati.
Distacco dalla lingua letteraria: era sempre più lontana dalla lingua parlata. Gli scrittori cristiano si dividono
fra chi vuole imitare l retorica classica e chi si vuol piegare a quelle masse. La lingua letteraria comunque,
a) continua a influenzare la lingua parlata
b) crea nuovi vocaboli soprattutto legati alla religione.
Principali fenomeni grammaticali:

l’accento, che diventa intensivo anziché lunghe/brevi

i dittonghi terminano: ae diventa e (breve), oe diventa e (lunga); au diventa o, prima nel latino
plebeo, poi molto lentamente nel letterario

sincope delle vocali atone: tegula = teglia, fabula = fiaba
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
trattamento delle finali M (già debole prima – elisione metrica), T (vedi iscrizioni di Pompei; ne
restano tracce nel rafforzamento dopo et, aut ecc.), S (rafforzamento dopo plus, tres ecc. e trasformazione
in –i in noi, voi ecc.)

palatalizzazione di ci/e gi/e (prima pronunciati ki/e ghi/e)

sparizione dell’H aspirata specie in mezzo alla frase (prehendo)

assimilazione dei nessi consonantici (pt, ct = tt, ps, cs = ss)

semplificazione della sintassi: meno flessioni nominali e verbali, sostituite da morfemi nuovi; sparisce
il neutro

scompare il deponente e habeo diventa sempre più ausiliare; nascono i tempi composti

paratassi, anche più semplificata, prevale sull’ipotassi.
Lessico, voci che sopravvivranno: le parole uguali fra le lingue romanze e il latino classico sono quelle che
erano uguali anche nel latino parlato (pater, mater, homo ecc.). Alcune altre sono sopravvissute solo
nell’italiano (spacus, notarius, agrestis), altre solo a livello regionale o nella toponomastica (fluvium = Fiuggi,
viculus = Vicchio).
Relitti: parole della lingua preindoeuropea esistenti prima del latino in Italia (etrusco, ligure ecc.), non
“prestate” ma sempre rimaste; sono soprattutto riferite a fauna e flora.
Imprestiti: parole delle altre lingue indoeuropee penetrate con le conquiste (celtico, osco-umbro, germanico
più tardi).
Grecismi: il greco ha molte influenze sul latino classico, specie sul lessico: a noi interessano quelli penetrati
nella lingua parlata e arrivati fino a noi (circa 100). Sono nomi di piante/frutti (melo, ciliegio), animali
soprattutto marini (tonno, balena), oggetti domestici o di lavoro (ampolla, borsa, trapano), cucina (olio,
burro), corpo umano (braccio, stomaco), malattie (cancrena, spasimo). Alcuni si sono diffusi col
cristianesimo; il latino cristiano ha ripreso molto da greco, ex lingua liturgica (chiesa, prete); alcune parole
greche erano a loro volta riprese dall’ebraico (angelo ecc.).
Nuove formazioni: ne nascono molte, spesso in concorrenza con le vecchie. Ad esempio nome di mestiere in
–arius, nomi femminili in –itta ……
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Circolazione linguistica al tempo dei Longobardi: solo col Risorgimento si saldò la frattura fra Nord e Sud;
comunque c’era una certa circolazione a causa del “corridoio bizantino” che seguiva la via Flaminia (Venezia,
Bari, Amalfi, Napoli). Il lessico germanico entrò nella romanità in due modi: 1. influenza del superstrato: i
sudditi le imparavano e ripetevano ai padroni, 2. influenza del sostrato: come relitti linguistici (molte di più).
Franchi: diversamente dagli altri, essi si insediarono nel Nord e nel centro (773) per restarci e per
conquistare posizioni di comando e guadagno. Le loro influenze linguistiche sono poche perché erano già
molto romanizzati, comunque le parole nuove di questo periodo riferite ai ceti alti erano sicuramente franche
e non barbare.
I Franchi portano il sistema feudale che accentua la frammentazione dialettale.
Bizantini e Musulmani: a contrasto col Nord franco c’era il Sud, colonizzato e ricolonizzato dai Bizantini ed
ellenofoni. M il contrasto non è solo linguistico m anche religioso, politico e commerciale; comunque
l’influenza germanica è più forte di quella bizantina, anche perché i musulmani che arrivarono in Sicilia per
religione e per rispetto dei sottomessi non si mescolarono né influenzarono molto i siciliani.
Le latinità medievali: nel medioevo la conoscenza del latino scritte decade enormemente. Tuttavia il “latino
medievale” è una miscela delle norme della lingua parlata (ancora consuetudine inconscia) e di quella scritta
che, fuori dalle scuole di retorica, arrivava in forma pallida e larvale. Inoltre, la tradizione orale esisteva
sicuramente in tutte le zone dell’ex Impero; la tradizione colta non i sa e non si sa quanto.
L’apparire del volgare: verso l’800 si comincia ad insegnare meglio il latino classico: si fa così meno
confusione fra latino e volgare, e quest’ultimo sembra sempre più distinto e autonomo. Solo nel ‘900, però,
abbiamo i primi indizi di uso pubblico del volgare; il termine è fissato al 960.
L’indovinello veronese: è una metafora aratura/scrittura risalente a fine 700/inizio 800; non si sa se fu scritto
in volgare o risistemato dall’originale latino. Anche se ci sono varie ambiguità (ad es. non si capisce se
pareva è da parare – mettere innanzi – o parere – apparire), si sente che un nuovo idioma sta prorompendo.
Influenza linguistica dei dominatori: più che alla diretta influenza della lingua dei dominatori, i mutamenti
fonologici e morfologici sono dovuti all’inselvatichirsi della lingua parlata, ora che è allentato il freno della
lingua colta scritta.
Mutamenti fonologici:
o caduta delle vocali atone (più forte al nord vicino alla Francia e meno al Sud più legato al latino) es.
dal gotico: haribergo – albergo
o dittongamento di e in ie e o in uo (8° secolo)
o passaggio da e protonica in i (de – di)
o palatalizzazione di ci, ce, gi, ge
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