Burundi Camerun CIAD Congo R. D. Mozambico Sierra Leone Notizie testimonianze proposte per gli amici dei missionari Bangladesh Filippine Giappone Indonesia Taiwan amazzonia BRASILE COLOMBIA MESSICO CSAM Centro Saveriano Animazione Missionaria Via Piamarta, 9 - 25121 Brescia Tel. 030.3772780 – Fax 030.3772781 E-mail: [email protected] Direttore: Marcello Storgato Redazione: Diego Piovani Direttore responsabile: Marcello Storgato Regist. Trib. di PR 07-03-1967 - n. 400 Stampa: Tipografia Camuna S.p.A. - Brescia In caso di mancato recapito rinviare all’ufficio P. T. Brescia C.M.P., detentore conto per la restituzione al mittente, che si impegna a pagare la relativa tariffa 2010 LUGLIO/AGOSTO n. 7 “C’era... il bene comune” La teoria ingannevole di “un pollo a testa” foto archivio MS / Oprandi continuare a rifletV ogliamo tere su qualche idea centra- le dell’enciclica di papa Benedetto XVI “Caritas in veritate”. La dottrina sociale della chiesa è per tutti i cristiani, ma per noi missionari in particolare, la stella polare nel nostro servizio a ogni persona e all’umanità intera. Qualità di vita per tutti Tra le idee più frequentemente espresse dal papa c’è il principio del “bene comune”, una verità che in questi ultimi tempi sembra andata in eclisse. Il papa ne parla in modo esplicito almeno diciotto volte e, dopo aver detto che la dottrina sociale della chiesa si fonda sulla giustizia e sul bene comune (n.6), spiega che il bene comune è un valore che ci fa attenti non solo al benessere di ciascun individuo, ma anche alla qualità della vita di “noi tutti”. «Volere il bene comune e adoperarsi per esso è esigenza di giustizia e di carità» (n.7). Lo chiamiamo anche impegno politico, ossia un impegno per la comunità civile o politica, dalla parola greca polis che vuol dire la città ed è una logica deduzione del “comandamento nuovo” di Gesù. La carità politica «Si ama tanto più efficacemente il prossimo - scrive Benedetto XVI - quanto più ci si adopera per un bene comune… Ogni cristiano è chiamato a questa carità, nel modo della sua vocazione e secondo le sue possibilità d’incidenza nella polis» (n. 7). Questa è giustamente chiamata la carità politica, che non è TESORI DELLA CHIESA MISSIONARIA Perché non si può evadere la trasparenza p. MARCELLO STORGATO, sx la fine di una cena V erso famigliare, un giovane aspirante imprenditore mi aveva rivolto la domanda: “A Marcè, dicci la verità. Quanti soldi cià er Vaticano?”. Saperlo! Una domanda da cento milioni... Ma non potevo tirarmi indietro dalla provocazione. Gli avevo fatto anch’io una domanda: - “Te lo dico subito: tu quanto dai ar Vaticano?”. - “Io? Manco ‘na lira!”. - “Bene! Moltiplica un miliardo di cattolici per «manco ‘na lira» e avrai il totale del tesoro del Vaticano”. Evidentemente, non è proprio così. Ma se nessuno dà niente, da dove viene il “tesoro”? E se il tesoro c’è, perché non dirlo apertamente? Non posso dubitare della buona fede, della retta coscienza, della buona gestione di sua eminenza un cardinale, che deve sottoporre all’approvazione ogni atto di bilancio nella massima trasparenza. Credo anche sia abbastanza facile - almeno per chi è nel giro - fare tutto nei limiti della legalità. Ma l’eticità del bilancio è un’altra cosa, un po’ più difficile e complessa specialmente nel nostro mondo finanziario attuale. Eppure, è proprio qui che la chiesa può e deve distinguersi: nella sua “finanza etica”, seguendo i criteri evangelici, i principi della morale cristiana e della dottrina sociale, che la chiesa emana non solo per gli altri, ma prima di tutto per se stessa. Almeno per non dare consistenza al detto: “predica bene e razzola male”. Propaganda Fide è la congregazione che guida tutta l’attività della “evangelizzazione dei popoli” nel mondo. Tutti i missionari e le missionarie sono legati - nella buona e nella cattiva sorte - con questa venerabile istituzione della chiesa universale. In questi giorni è sulle prime pagine dei giornali (e non solo) non esattamente per ragioni di “propagazione della fede”, ma per storie intricate di palazzi venduti e case affittate... Ci dispiace. Tanta gente ci guarda, ci domanda, esprime dubbi: “ma allora anche voi...”. Ci fa sentire come quegli “effetti collaterali” nei bombardamenti, vittime di una bomba (tele)comandata. Fortunatamente, la nostra chiesa non ha ancora una “legge - bavaglio” che ci impedisca di esprimere ciò che abbiamo nel cuore e che ci preme più della vita. La vera trasparenza nell’etica finanziaria non teme di mettere tutto sul piatto, e di dare “a cesare ciò che è di cesare”, perché venga dato “a Dio ciò che è di Dio” e venga donato il vangelo di salvezza all’umanità intera. “Ecco i tesori della chiesa” - aveva esclamato Lorenzo, il diacono dell’antica chiesa di Roma. Gli avevano chiesto di consegnare “i tesori” di cui era amministratore. Lui in fretta distribuisce tutte le offerte ai poveri e ai malati, poi li mostra al tiranno, dichiarandoli “tesori della chiesa”. Fu messo sulla graticola, ma almeno aveva praticato il vangelo. Davvero, i nostri tesori sono i poveri - nel corpo e nell’anima - con i quali noi vogliamo condividere la fede, la speranza e la carità cristiana. Ci sentiamo responsabili di ogni lira che ci viene affidata. E vorremmo che tutti - proprio tutti - possano fidarsi, come ha scritto Mario nella “lettera al direttore” (pagina 7 di questo mese), dopo aver visto di persona: “ci pensano i missionari a trasformare le nostre piccole offerte in pane, ■ istruzione, medicine”. Abbonamento annuo € 8,00 Una copia € 0,80 - Contiene I. R. Poste Italiane. Sped. A.P. D.L. 353 03 (conv. L.27/02/04 n° 46) art. 2, comma 2, DCB Brescia. Envoi par Abonnement Postal - Taxe Perçue p. GABRIELE FERRARI, sx meno carità di quella che regola le relazioni interpersonali con il prossimo. Anzi, l’impegno per il bene comune «s’iscrive in quella testimonianza della carità divina che, operando nel tempo, prepara l’eterno e contribuisce all’edificazione di quella universale città di Dio verso cui avanza la storia della famiglia umana» (n. 7). Oggi però la ricerca del bene comune è diventata un bene tanto prezioso quanto raro. Per questo il titolo di questo editoriale assomiglia all’inizio di una favola: “C’era una volta il bene comune...”. Il libero mercato Purtroppo oggi ciò che vediamo attorno a noi contraddice spesso il bene comune. Molti neppure se ne rendono conto, vittime forse della logica del cosiddetto libero mercato che oggi è il sistema unico dominante. Il libero mercato parte dall’assunto che la molla dello sviluppo economico è la ricerca individualistica del proprio benessere e vantaggio, nella convinzione che la ricchezza così accumulata si riversi poi su tutta la società. Ha come metro di valutazione della ricchezza di un paese il famoso “pil” - prodotto interno lordo - che si ottiene sommando la ricchezza prodotta in un anno dalle imprese e dai singoli dividendola poi tra tutti i cittadini. Questa è la ricchezza pro capite. Ma lo vede anche un cieco che questo è un calcolo che nega il “bene comune”, immaginando una società dove tutti sarebbero ugualmente ricchi, ma solo per le statistiche. La realtà è ben diversa. È la solita storia dei polli: uno ne mangia quattro, un altro tre, un altro uno e uno non ne vede neppure le piume… Eppure, secondo la statistica, ciascuno ne ha mangiato due a testa: pro capite, appunto! Il “dono” condiviso La teoria del bene comune o della fraternità è invece misurata sulla condivisione o sul “principio del dono”. Questo è un altro punto forte dell’enciclica Caritas in veritate, un principio antico che viene da Gesù stesso. È lui che ce l’ha insegnato quel giorno lungo le rive del lago di Tiberiade, quando condividendo il poco che aveva trovato, diede da mangiare a tutti, sotto lo sguardo sbalordito dei discepoli, vittime già allora della logica del mercato: “Dovremmo andare a comprare il pane per tutti…, ma chi ci dà i soldi?”. Quel giorno è stato inaugurato anche lo stile missionario della chiesa. A partire di lì è cresciuta e si coltiva a tutt’oggi la spiritualità missionaria, che proviene ed è nutrita dalla logica del dono e della sovrabbondanza. Condividere tutto - dal pane alla fede e alla speranza - con i più bisognosi, è la base di quello sviluppo umano integrale che secondo Benedetto XVI è la missione della chiesa. In questa linea si iscrivono anche le vocazioni missionarie, il volontariato, l’accoglienza dei poveri e degli immigrati che approdano tra di noi. Ciò che ci meraviglia è che tutto ciò, purtroppo, non è percepito come un frutto normale di quelle radici cristiane che diciamo essere le nostre. ■ 7 2010 luglio/agosto n. ANNO 63° 2 Una rosa rossa per il Burundi 3 Ricevere e donare qualcosa 4/5 Tecnologia a due facce 6 Paradossi del vitello d’oro Ecologia del cuore e della testa Continuano la loro missione dopo la morte Storia illustrata della zanzara curiosa Messaggio: La Turchia è anche cristiana 2010 LUGLIO/AGOSTO m is sion e e spirito missione FAMIGLIA Paradossi del vitello d’oro Sarebbe più utile che avere un figlio! tempo fa, prima che M olto esistesse l’abbondanza di consumismo che oggi conosciamo, la saggezza popolare considerava la nascita di un bimbo come un dono senza prezzo. L’amore matrimoniale è da sempre impreziosito dalla nascita di un bimbo. Il figlio desiderato, o almeno generosamente accolto, spezza il circolo chiuso, spesso egocentrico della coppia, per aprire spazi immensi e imprevedibili, capaci di generare gratuità e gioia illimitate. Ma alcuni psicologi, sociologi e sapientoni da telenovela, pretendono di emancipare la famiglia dal compito di generare. Descrivono il possibile figlio come un di più che comporta sacrifici enormi, innumerevoli e penose attenzioni, gravi responsabilità e paure; sarebbe fonte di frustrazioni e sfiancamento dei genitori, oltre che di infelicità per i figli stessi... I bambini che nascono nei paesi impoveriti, poi, sono solo dei miserabili, i loro genitori degli incoscienti ignoranti, il loro futuro un peso per tutta l’umanità. Come dire: sarebbe meglio che mai nascessero. Quei bambini devono essere necessariamente rifiuti della società, mentre dai figli nostri ci si aspetta solo - se proprio devono nascere - che siano bambini prodigio, rivelando così ancora una volta l’ambizione egocentrica di noi adulti. Certi urbanisti, adoratori del benessere più materiale, ignorano la presenza dei bambini e costruiscono quartieri e piccole case a misura di adulti. Perché i figli sono un peso. Anzi, il figlio non-nato dovrebbe congratularsi con i suoi non-genitori che hanno raggiunto esiti professionali abbondanti, vivono confortevolmente la “dolce vita”, hanno auto sportive, casa al lago, mari e monti, ogni tipo di elettrodomestico, conti correnti bancari significativi... E tutto proprio grazie al fatto che lui è rimasto nella dimensione del nulla. Oggi una gravidanza viene MARIO, EGLE SBERNA spesso considerata come una vera e propria catastrofe. Molta gente preferirebbe la nascita di un vitellino a quella di un bambino. Il vitello è utile, si fa di tutto per farlo nascere. Un bambino non sempre è utile, e dunque si fa di tutto per non farlo nascere: dal contraccettivo alla sterilizzazione volontaria, all’aborto. I bambini oggi non sono i benvenuti: se insistono nel voler venire al mondo, è legalmente consentito sradicarli dall’utero fin dal concepimento. Come siamo riusciti ad arrivare a tanto? In parte la risposta viene dalla nostra storia recente: nel corso degli ultimi decenni, ci siamo trasformati in solidi materialisti. Tutto è diventato mercato, moneta, commercio. Il vitello è diventato d’oro e al soldo ci siamo convertiti facilmente. I nostri pensieri girano attorno a numeri: di bancomat, di crediti e debiti, di rate e bollette, di scontrini e magari di evasioni... Ci siamo fatti i calli sulle mani a forza di contare denaro e piacere. Anche i pochi bambini cui permettiamo di nascere - bontà nostra - sono frutto di calcoli: con certosina precisione, decidiamo in anticipo quando, come, dove, se. Non sembrano figli dell’amore. Sembrano figli dei conti: adesso no, è presto, più avanti forse; prima la casa, il lavoro, le ferie... E quanto lavoro ci daranno quando nasceranno? Quanto tempo ci faranno perdere (il tempo è denaro!)? Quanto bene dovremo (potremo) dargli? Quanto ci saranno utili? La cosa stupirebbe fino a un certo punto se, per paradosso, chi pone queste domande non fosse la stessa società che parla in continuazione di diritti umani e animali. Anzi, chi più si impegna a difendere i diritti umani (contro la pena di morte e l’infibulazione, contro la schiavitù delle donne e dei minori…), proprio costoro più si impegnano a difendere il diritto di non-farnascere i bambini. E - altro paradosso - chi più si impegna per i diritti degli animali, proprio a costoro poco importa dei diritti degli umani. Genitori e figli insieme in un villaggio del Bangladesh: poveri ma felici... Paradossi. Perché il diritto alla vita umana è il primo e fondamentale. Se non sappiamo difendere questo, come potremo essere credibili nel difendere gli altri diritti? Noi che contiamo denaro, legalizziamo l’aborto e parliamo di diritti umani e animali, al materialismo aggiungiamo null’altro che l’ipocrisia. E continuiamo a guardarci tranquillamente allo specchio, come se nulla fosse. ■ missione GIOVANI MISSIONE BAMBINI La TARTARUGA E LA CUGINA Dona il sorriso a chi ti sta vicino POF, sx P ian piano se ne andava Kobe, la tartaruga. Era così immersa nei suoi pensieri che non si accorgeva di chi le passava accanto. Doveva andare in fretta - si fa per dire - da sua cugina che le aveva mandato un messaggio urgente. Voleva un consiglio su certe cose che le stavano capitando, e non sapeva a chi rivolgersi. Kobe era molto saggia; conosceva le giuste strade della vita. Non poteva rifiutare l’invito. Mentre camminava, si chiedeva che cosa fosse successo alla cugina. Ogni tanto si fermava vicino a una pietra per scaldarsi e riprendere forza. Mangiava qualcosa e si dissetava con acqua fresca, perché sentiva fame e sete, e il viaggio era ancora lungo. Tutto per essere pronta, quando sarebbe arrivata, a fare quello che la cugina le aveva chiesto. Ormai il sole stava tramontando: quasi si tuffava, rosso rosso, laggiù in fondo al lago Tanganika. Anche lei stava per arrivare alla meta. Quando era vicina, Kobe sentì un grido festoso, un benvenuto allegro! Era sua cugina che l’accoglieva e l’ospitava nella sua casa. Si salutarono con gioia, guardandosi negli occhi, che parlavano meglio delle loro bocche. Si sedettero sulle radici di un baobab e la cugina cominciò il suo racconto. Ogni tanto Kobe l’interrompeva per avere spiegazioni. Si sentiva così vicina che quasi le pareva di vivere anche lei quello che era successo alla cugina. Alla fine, ci fu un po’ di silenzio... Poi Kobe, dolcemente, le rivolse la parola: “Ti ho ascoltato volentieri, cara cugina, e ho cercato di capire qual è il tuo problema. Prova a dimostrare simpatia e attenzione a chi ti è vicino. Se farai capire che sei disponibile, sarai benvoluta e desiderata. Ci vuole un po’ di pazienza. Ogni giorno getta un raggio della tua luce sugli altri, trasformandolo in dono. Allora il sorriso sarà il più bel grazie”. La cugina cominciò a sorridere, e non si fermò più. ■ • Osserva l’icona: chi vedi, cosa fanno? Cosa dicono, secondo te? • Sul vangelo di Luca, al capitolo 1, leggi i versetti da 39 a 45, 2 e il 56. • C’è qualcosa di simile tra i due racconti? Ti piace il consiglio di Kobe alla cugina? Ecologia del cuore e della testa F inalmente sono arrivati! Luglio e agosto per tanti di noi equivalgono alle sospirate vacanze. Brevi o lunghe che siano, quando il caldo fa la sua comparsa è inevitabile che la testa inizi il conto alla rovescia verso laghi, mare o montagna. Belle le vacanze, soprattutto se trascorse in posti diversi da quelli in cui si abita, a contatto con la natura e con le persone cui teniamo di più. E una volta tornati alla base, diventa un rito il racconto sui luoghi visitati, le esperienze vissute, le nuove amicizie… Spesso, però, le vacanze diventano il pretesto per esagerare, per fare qualcosa di più e di troppo. Quasi che il detto “semel in anno licet insanire - una volta all’anno è lecito impazzire”, passasse dal carnevale all’estate. È il festival dell’alcool e fumo, del divertimento senza regole e senza… testa. Tutto giustificato con un “tanto sono in vacanza”. Non è mio compito fare il “bacchettone”, anche perché senza divertimento che vacanze sono! Però, non sarebbe una cattiva idea affiancare alla spensieratezza un pizzico di sana ecologia. Per ecologia, mi riferisco a stili di vita che vanno al di là del senso letterale di questa parola, ormai diventata di moda. Anche noi giovani, lontani dalle preoccupazioni quotidiane, potremmo sfruttare il periodo di vacanza per curare di più quegli aspetti che di solito tralasciamo. L’ambiente. Prima di tutto, mi riferisco all’attenzione per l’ambiente in cui viviamo. Non è vacanza lasciare le spiagge sporche di rifiuti dopo un falò serale; non sono un bel vedere le pinete montane riempite di bottiglie di birra, perché comunque qualcuno (che in vacanza non è) provvederà a pulire. Recuperiamo il rispetto per chi ci ospita e alleniamoci a mantenere più belli il paese, il quartiere, la via dove di solito abitiamo. La sobrietà. Un altro aspetto che non fa rima con vacanza è lo spreco. Nessuno ci obbliga a scialacquare denaro inutilmente, a vivere con una marcia in più per forza, perché lo richiede il periodo. La luce, l’acqua, l’aria Un gavettone in spiaggia non passa mai di moda, ma usate l’acqua del mare! INTENZIONE MISSIONARIA E PREGHIERA DEL MESE I cristiani si impegnino a offrire dappertutto un valido contributo alla promozione della cultura, della giustizia, della solidarietà e della pace. La chiesa sia la “casa” di tutti, pronta ad aprire le porte a chi è costretto a emigrare dalle discriminazioni, dalla fame e dalle guerre. Conforti: “Essere fedele nelle piccole cose è una grande cosa”. DIEGO PIOVANI non sono solo un nostro diritto. Un corretto utilizzo delle risorse oggi significa un mondo migliore per i giovani domani. Quando in un ristorante vedo intere portate tornare in cucina, mi viene male a pensare che tutto finisce in un cassonetto! Non è un auspicio, è un consiglio: perché non fare un pensiero ai poveri del mondo, prima di ordinare e ...buttare? I rapporti. L’ecologia può essere applicata anche alle relazioni umane. Avendo più tempo per noi, possiamo dedicarne un po’ anche agli altri. Non c’è bisogno di diventare soccorritori o volontari in prima linea. Ad esempio, basterebbe stare un po’ più di tempo con i nonni, che magari ci hanno fatto da “badanti” e che, una volta cresciuti i nipoti, diventano utili quasi solo per la mancia della domenica. Ascoltare un po’ dei loro racconti (anche se non è la prima volta) fa bene a loro e a noi. E perché no, perfino genitori e zii, se sono più rilassati, potranno essere maggiormente predisposti ad ascoltarci e consigliarci. Apertura e attenzione verso gli altri non vanno in vacanza… Magari possiamo mandarci un po’ del nostro egoismo. Il tempo che passa sempre troppo in fretta, ogni tanto ci regala delle occasioni uniche. Tocca a noi sfruttarle al meglio. Chiamatela pure “ecologia del cuore”. Io però ci credo… più ■ che alla prova costume! 2010 LUGLIO/AGOSTO V ITA S AV ERIA NA Una rossa rossa per il Burundi Il ricordo di p. Victor Ghirardi e dei giovani Nato a Salò (Brescia) il 2 agosto 1931, p. Vittorino Ghirardi è stato missionario in Africa dall’inizio del 1967, prima in Zaire e poi in Burundi. È stato un grande animatore giovanile. Lo ricordano tre “vecchi amici”: p. Marano, direttore del centro giovani Kamenge dall’inizio, e i coniugi Petraglio, che lo hanno conosciuto dagli anni ‘80 e che dal 1993 si recano a Kamenge ogni estate. anno il 17 luglio ricorO gni diamo “Victor”. Si faceva chiamare così p. Vittorino Ghirardi, uno dei tre saveriani che hanno iniziato a Bujumbura il “Centre Jeunes Kamenge”, lasciandoci per primo. Era la nostra luce. Al centro giovani non si faceva niente senza programmarlo con lui. E lui c’era sempre, come un nonno che accompagna con la testimonianza e la parola, il conforto e la risata gioiosa. Se n’è andato il 17 luglio 1994, domenica mattina durante l’omelia, per un arresto cardiaco. Nella sala in cui celebrava l’Eucarestia c’erano anche due medici, le suore e oltre 500 giovani. L’ho trasportato all’ospedale e l’hanno subito attaccato alle macchine. Sono corso a telefonare ai suoi, al nunzio, ai superiori. Poi all’ospedale mi hanno detto che era morto. Il nunzio gli aveva dato gli oli santi. I giovani erano ancora là, davanti alla sala della Messa, seduti e impietriti. Cielo e terra s’intrecciano Avevo comunicato subito a tutti che l’avremmo sepolto in Africa, accanto a una palma, come lui voleva. E così abbiamo fatto, tre giorni dopo. C’era la guerra. Abbiamo affittato 25 bus, caricato tutti i giovani e abbiamo riempito la cattedrale e cantato i suoi canti, ricordandoci di lui. Presenti due vescovi, abbiamo celebrato l’Eucarestia e l’abbiamo sepolto al cimitero del seminario. Una folla di giovani ha testimoniato il ricordo e l’amore per “Victor”. Lo ricordiamo ogni anno, il 17 luglio. Andiamo al cimitero per cantare, pregare e ricordarci di lui con rose rosse, incenso e candele. La domenica seguente l’Eucarestia è in memoria di lui e dei 248 giovani morti in questi anni, per guerra, incidenti e malattie. Così ci mettiamo in contatto con il Centre Jeunes del cielo, là dove “Victor” è il superiore e i giovani che ci hanno lasciato gli iscritti, intrecciandosi con il Centre Jeunes della terra per fare un mondo di fratelli. a cura di p. CLAUDIO MARANO, sx pensano ancora p. Victor con grande ammirazione. “Lo ricordiamo seduto sotto il giovane mango, appena fuori casa, sul terreno ricoperto di ghiaia e pietre. Lì seduto, parlava con i giovani. Un amico, un confidente, una guida della quale ci si poteva fidare: così era p. Victor. A volte questi incontri avvenivano anche dopo cena, nella notte. Lui, Victor, era capace di aiutarti a trovare un senso per le tue preoccupazioni e i tuoi dubbi. Vederlo seduto a conversare con i giovani è stato per noi un incoraggiamento. Ci ha aiutato ad aprirci ai burundesi, a cercare insieme a loro qualche risposta agli interrogativi che la vita pone a ciascuno, agli africani e anche a noi. Certo, dall’estate del 1994, sotto il mango c’è uno spazio vuoto. Ma quel man- Ogni 17 luglio, a Bujumbura in Burundi, si ricordano p. Victor Ghirardi, iniziatore del centro giovani Kamenge, e gli altri giovani già in cielo go, allora giovanissimo, ha cominciato a portare frutti. Quanto a noi, ci siamo fermati mille volte davanti alle due mensole della biblioteca, in corridoio al primo piano. Abbiamo trovato un volumetto sul “Cantico dei cantici” con annotazioni scritte a mano da p. Victor, anche in ebraico, e un libro fatto da lui stesso sul Corano e l’islam. Chissà se p. Victor avrebbe previsto il moltiplicarsi di moschee e l’estendersi dell’islam anche a Bujumbura. In ogni caso, quei due libri sono per noi un invito ad affrontare la Bibbia in modo serio, per trarne nutrimento nella vita, e a pensare che il dialogo con l’islam sia una cosa importante. Anche queste sono parole e messaggi che p. Victor, solo apparentemente assente, continua a rivolgere ancora al suo centro Ka■ menge”. Due messaggi ancora attuali Maria Pia e Renzo Petraglio Recentemente il Signore della vita ha chiamato a sé ben quattro suoi missionari; prendono il posto preparato per loro nel regno dei cieli. Un dolore profondo per la famiglia saveriana, per i famigliari e gli amici. Diversamente vivi, “continuano la loro missione anche dopo essere stati sepolti, come il grano di frumento che muore per generare nuova vita”, come ha scritto p. Medici. P. EMILIO PALOSCHI: IL FRATELLO DI TUTTI P. Vittorino Ghirardi Salò (BS) 02.08.1931 Bujumbura 17-07-1994 LAICATO SAVERIANO Convegno giovanile saveriano A Foligno, dal 29 agosto al 2 settembre Da domenica 29 agosto pomeriggio al pranzo di giovedì 2 settembre, è in programma a Foligno il IV convegno giovanile missionario saveriano. Si tratta di una grande esperienza di aggregazione dove i giovani possono ascoltare le testimonianze di missionari provenienti da diversi continenti e i coetanei che hanno vissuto brevi esperienze in missione, possono interrogarsi sulle proprie scelte di vita e riflettere su cosa significa fare missione anche qui e ora. Il tutto, in un clima sereno e gioioso, davvero “giovanile”. Il tema del convegno di quest’anno è: “Volti e storie al crocevia della missione”. Perché un tema così? Perché alla domanda, “che cosa ti resta dell’esperienza in missione?”, la risposta del missionario è quasi sempre la stessa: “I volti e le storie delle persone con le quali ho camminato”. La missione, infatti, è prima di tutto condivisione di vita. Si parte, prima che per fare qualcosa, per condividere la propria vita con persone che in comune hanno l’umanità e il desiderio di felicità e di pace. L’incontro e la condivisione poi, avvengono all’insegna di un Volto e di una Storia che per ciascuno di noi hanno fatto la differenza: il Volto e la Storia di Gesù Cristo. L’organizzazione e la gestione del convegno vede la partecipazione dell’intera “famiglia saveriana”, composta dai missionari saveriani, le missionarie saveriane e i laici saveriani, in collaborazione con il movimento giovanile missionario (mgm). è davvero tutto pronto. Allora, ci diamo appuntamento a Foligno! E se conoscete dei giovani dai 18 ai 35 anni, sensibili alla missione (magari nella vostra parrocchia), o volete far vivere ai vostri figli e figlie un’esperienza diversa, sana, coinvolgente, divertente e allo stesso tempo arricchente, mettetevi in contatto con noi. Sicuramente torneranno a casa più ricchi e felici! Consultate il sito: www.saveriani.it, cliccando su “Convegno missionario giovanile”: troverete tutto l’occorrente, e tanto di più. Per informazioni: Andreoli Alessandro, cell. 349 0580330; e-mail: [email protected] Nato a S. Salvatore di Sospiro (Cremona) nel 1936, a vent’anni Emilio Paloschi entra nel seminario di Cremona, ma dopo tre anni decide di diventare saveriano. Completati gli studi a Parma, diventa sacerdote nel 1961. è in Sierra Leone nel 1964, ma vi resta solo un anno, perché colpito da una grave forma di malaria. Dal ‘66 al ’71 è in Scozia per lavorare nell’animazione missionaria e vocazionale. Nel 1973 parte per il Brasile con l’impegno nella formazione e nella pastorale parrocchiale. Lavora con successo alla trasformazione di varie “favelas” in villaggi con nuove case, chiese e scuole. Nel 1995, p. Emilio è ancora in Scozia con l’incarico di “Giustizia e pace”. Nel 2008 rientra a Parma per motivi di salute, fino al 23 maggio, domenica di Pentecoste, consumato dal tumore al pancreas, assistito dalla sorella Selene. Aveva confidato: “la malattia è per me un tempo di grazia”. ■ P. AGOSTINO CLEMENTINI: L’AMICO DEI MALATI Padre Agostino Clementini, maceratese di Urbisaglia, è spirato a Parma il 2 giugno 2010, per infarto, all’età di 84 anni. Entrato nella scuola apostolica a 13 anni, è diventato prete nel 1953 ed è stato missionario in Indonesia dal 1961 al 1968: pochi anni, utili per mantenere i contatti con i missionari e con le famiglie amiche, fino a voler festeggiare la “Messa d’oro” in Indonesia, insieme al compagno di ordinazione p. Pietro Grappoli. Tre impegni hanno caratterizzato la sua vita missionaria: il lavoro come “economo” nelle varie comunità saveriane in Italia; l’assistenza spirituale ai malati, come cappellano negli ospedali di Viareggio e Imola; il redattore della pagina locale di “Missionari Saveriani”, di cui conservava tutti gli articoli da lui scritti. Dopo i funerali nella storica abbadia di Fiastra, le spoglie di p. Agostino riposano nel cimitero di Urbisaglia. ■ P. LUIGI MEDICI: IL PIONIERE CORAGGIOSO Padre Luigi Medici è morto il 6 giugno, anch’egli a Parma, il mattino del Corpus Domini”, all’età di quasi 90 anni. Originario di Sassuolo (MO), studia nel seminario di Reggio Emilia, finché a 21 anni decide di diventare saveriano. Dopo l’ordinazione sacerdotale nel 1945, la sua vita missionaria si svolge quasi interamente in Brasi- le, eccetto alcuni anni di servizio in Italia, nelle comunità di Parma, Cagliari e Roma. In Brasile, p. Medici è spesso pioniere in situazioni anche difficili, rivelando grande intuizione e creatività: diffonde l’ideale missionario attraverso l’animazione, la preghiera e la stampa; fonda vari seminari per la formazione di giovani brasiliani alla missione; cura la crescita della pastorale missionaria nelle parrocchie. Dal 2007 era in cura nell’infermeria della casa madre. ■ P. GIUSEPPE CHIARELLI: IL CROCIFISSO E IL ROSARIO Padre Giuseppe Chiarelli, saveriano di Martina Franca (Taranto), ha terminato la sua vita terrena a Parma, il 12 giugno 2010, all’età di 66 anni, consumato dal tumore, stringendo tra le mani il Crocifisso e il rosario missionario. Si è così unito in cielo agli altri quattro saveriani ordinati sacerdoti il 27 settembre 1970: p. Renzo Vignato, p. Luigi Palagi, p. Giovanni Tumino e p. Ivaldo Casula. Terzo di sette figli, era alunno nei seminari di Taranto e Molfetta, quando a 18 anni ha deciso per la vita missionaria. In Italia ha lavorato a Salerno come formatore dei giovani (1971-’76) e a Parma per assistere i missionari malati (1993-’99). È stato missionario in Burundi (1976-’80) e poi per 24 anni in Brasile, dedicandosi alla formazione dei giovani aspiranti alla vita missionaria. Una vita seria e gioiosa, sempre esemplare e al servizio di tutti. ■ 3 P. Emilio Paloschi P. Agostino Clementini P. Luigi Medici P. Giuseppe Chiarelli 2010 LUGLIO/AGOSTO LA PARTENZA TANTI AMICI LUNGO IL VOLO Zic Zac e la famiglia Moscone E ra un pizzicotto piccolo piccolo, ma aveva reso felice ZIP, la zanza- ra che scoccia. Lei volava dappertutto ed era davvero una curiosona. Voleva conoscere tante cose. Ma quando aveva sete, nessuno la fermava più. Se vedeva una bella vena, zac!, si buttava a capofitto e via a succhiare e bere. A volte, beveva poco. Ma qualche volta si ubriacava. Il sangue, si sa, per le zanzare è... la fine del mondo. È il loro desiderio nascosto, e non possono farne a meno. A ognuno i suoi gusti, ma... Ma lei aveva anche un altro desiLa zanzara Zip, ria derio nascosto, disto lla de a ist protagon verso da tutte le altre zanzare. Loro si accontentavano di succhiare le vene ed erano contente. Zip no, lei voleva conoscere da dove veniva il sangue. Insomma, voleva andare alla fonte, al cuore. Le sue amiche la prendevano in giro, le dicevano di lasciar stare. Da che mondo è mondo, non si è mai vista una zanzara succhiare il cuore. Ma chi credeva di essere! ZIC ZAC e ZAC ZIC, la zanzara veloce e la nonna Ma lei, testarda, insisteva. Voleva raggiungere quel sogno. Finché un giorno non si decise a fare un lungo viaggio. Preparò il suo zainetto con le poche cose che aveva e una piccola borraccia con del sangue di riserva. Non si sa mai: è meglio essere previdenti! E cominciò a volare… Ogni tanto si fermava a chiedere informazioni, ma nessuno le sapeva dire dove trovare chi potesse aiutarla. Finché un giorno, stanca e assetata, si fermò su un fungo. Aprì la sua borraccia e bevve una goccia di sangue. Quando all’improvviso vide arrivare ZIC ZAC, la zanzara più veloce del mondo. Anche lei era assetata e chiese gentilmente da bere. Zip le diede la sua borraccia e Zic Zac si dissetò. Poi le chiese come mai era da quelle parti. Zip le spiegò il suo problema. Zic Zac batté le ali e disse: “Se vuoi, ti posso accompagnare da qualcuno che potrà darti la risposta. Abita nella foresta di Zan Zan. Si chiama ZAC ZIC ed è mia nonna. Lei, vedrai, ti aiuterà. Se ti sei riposata, possiamo andaL’incontro con l’amica Zic Zac re”. E così Zip e Zic Zac cominciarono il lungo viaggio insieme. MOSCONE e la sua famiglia Erano appena partite, che nel cielo apparvero dei grandi nuvoloni neri. Fra poco sarebbe arrivata la pioggia e le due amiche non sapevano dove ripararsi. Si guardarono intorno e videro che poco distante c’era una casetta. Si dissero che forse là qualcuno le avrebbe accolte. Volarono veloci, in tempo per non prendere le prime gocce che cadevano forti. Picchiarono ai vetri dell’unica finestra. 4 2010 LUGLIO/AGOSTO QUANDO OGNUNO RICEVE e dona QUALCOSA Qualcuno aprì e chiese: “Cosa volete? Chi siete?”. Ma non vedeva nessuno. Gli risposero che erano due zanzare in viaggio e che chiedevano di potersi riparare a causa della pioggia. Il signor MOSCONE, così si chiamava il proprietario, non era molto d’accordo, ma sua moglie MOSCA gli disse di farle entrare. “Insomma”, diceva, “tra insetti ci si deve aiutare!”. E così entrarono. Furono fatte accomodare vicino al camino. Erano stanche e volevano solo riposarsi. Ma arrivarono volando i MOSCHINI, figli di Mosca e Moscone, e cominciarono a tempestarle di domande. In poche parole, passarono tutta la notte a chiacchierare. Si erano dimenticate anche della fame e della sete. Ma mamma Mosca, premurosa, era andata in cantina a prendere una bottiglia di quello (sangue) buono, che tirava fuori solo per le grandi occasioni. Apparecchiò la tavola e condivisero con gioia quello che avevano. Poi stanche, ripiegarono le alette e si addormentarono. L’ARRIVO LA PICCOLA STORIA DI ZIP, LA ZANZARA CURIOSA Testo di p. OLIVIERO FERRO, sx LE SAGGE PAROLE DELLA NONNA Disegni di GIUSEPPE CAMPANA La rugiada, il fiore blu e le api P adre Oliviero Ferro, in arte «POF», è un saveriano di origine piemontese con formazione scout (lo si vede dalla foto), ma anche umanistica e teologica, evidentemente. È stato missionario in Zaire e in Camerun; ha una grande passione per l’Africa e per il racconto. Praticamente, inventa “storie”, imbrogliando le cose, dando parola agli animali più bizzarri, tirando fuori la saggezza degli anziani d’Africa... Questa storia a puntate l’ha composta in riva al lago d’Orta in un giorno di quiete al monastero dell’isola San Giulio, dove pregano e lavorano le monache benedettine. Desiderio dell’autore è che la storia venga rappresentata in forma teatrale dai bambini a scuola o negli oratori. Intanto, la proponiamo con le illustrazioni a fumetto dell’artista salernitano Giuseppe Campana - lo stesso che illustra la rubrica mensile “missione bambini” a pagina 2 di questo mensile - e che ringrazio sentitamente, anche a nome di tutti i nostri lettori e lettrici. “Ho preferito illustrare le dieci puntate con altrettanti disegni descrittivi. Senza scavalcare il fantastico testo di «POF», ho provato ad aiutare il lettore, a comprendere meglio il senso della storia”. I disegni sono arrivati in redazione all’una di notte, quando la sposa Lavinia e il piccolo Mattia erano in sonno profondo già da qualche ora... 1. Leggete voi stessi la storia, e fatela leggere ai bambini, o meglio, leggetela insieme a loro. 2. Ragionateci un po’ insieme: che senso ha creare una storia così lunga su una zanzara fastidiosa e antipatica, e che preferiremmo tutti far fuori con una bella manata? Zip incontra altri animali più o meno simpatici, ma tutti cortesi con lei: come mai? L’incontro finale con la nonna - zanzara anche lei! -, è riuscito a cambiare qualcosa? 3. Qual è la “morale della favola”? Si può applicare alla nostra vita? Buona lettura, con gusto! Grazie. p. Marcello, sx Fru Fru: “Allora, siete pronte? Ho voglia di farmi D isse una bella camminata”. E un salto di qua e uno di là, partì foto archivio MS GLI INCONTRI il viaggio si fa in tre... Il riccio rubacuori, il leprotto corridore Zip e Zic Zac a casa della famiglia Moscone, dove le due amiche hanno trovato ospitalità LIB, la libellula Il sole stava accarezzando con i suoi raggi i rami dell’abete che faceva ombra alla casa. Tutto il prato intorno si era già messo in movimento. Ma le nostre amiche volevano ancora dormire. Quando mamma Mosca, volando leggermente verso di loro, le risvegliò, fecero fatica ad aprire gli occhi. Ma quando videro in una scodellina delle gocce di rugiada, fresche fresche, si precipitarono a bere. Era buona, perché il sole l’aveva scaldata bene. Si sentivano pronte per il nuovo viaggio. Ringraziarono con gioia chi li aveva ospitate e volarono via allegre. Da lontano si vedeva il bosco, illuminato dal sole. Non sapevano bene dove passare, ma certamente avrebbero trovato qualcuno che avrebbe insegnato loro la direzione giusta. Volando volando, arrivarono all’entrata del bosco. Naturalmente si posarono su un bel fungo rosso. Mentre si chiedevano come fare per entrare, LIB, la libellula, si intromette nei loro discorsi. Aveva sentito che cercavano la casa di Zac Zic. Lei la conosceva bene. Anzi, tutti nel bosco avevano fiducia in lei. Quindi era facile trovare la via per arrivarci. Si offrì di accompagnarle. Controllarono se le alette erano ancora in buono stato. E poi via, facendo attenzione ai rami, ma aprendo gli occhi per vedere tutte quelLa terza compagna di viaggio: le meraviglie. ■ Lib, la Libellula I l sole giocava a rimpiattino tra i rami. Sembrava dare loro delle carezze di luce. Le nostre tre amiche erano felici di volare insieme. Guardavano dappertutto. Zip, oltre che scocciante, era molto curiosa. Voleva conoscere tutto e faceva tante domande Le altre due, con molta pazienza, le spiegavano le cose. “Perché questo sasso è verde? Perché questo fungo è così strano? Cosa sono questi frutti? Cosa dicono quegli uccelli sui rami? Perché gli scoiattoli si rincorrono sempre?...”. Insomma, era una domanda continua, tanto che Lib, la libellula, domandò a Zic Zac: “Ma la tua amica quando si riposa? Non ho mai conosciuto una zanzara così curiosa!”. E Zic Zac le rispose: “Anch’io pensavo di conoscerla, ma questo viaggio mi riserva tante sorprese. È veramente speciale. Sai, la chiamano Zip, la zanzara che scoccia”. “È vero che scoccio - disse Zip - ma io voglio conoscere e questo viaggio è un’occasione magnifica per imparare tante cose. Voi le conoscete, ma voglio saperle anch’io. Mi piace tanto!”. “Va bene, ma ogni tanto lascia riposare le nostre orecchie”, disse Lib. “Promesso… Però perché le formiche camminano in fila indiana e i grilli saltano sempre?”. Insomma Zip non voleva proprio tacere. Finalmente arrivarono a un piccolo laghetto e le tre amiche si fermarono per riposarsi. Zip, ormai, non sentiva più il bisogno di bere goccie di sangue. Aveva imparato a gustare l’acqua e se n’era innamorata. Era qualcosa di bello, di pulito, di fresco, che la faceva star bene. Chiuse i suoi occhi e si mise a sognare. Le sembrava di essere già arrivata alla casa della nonna di Zic Zac, quando sentì una voce forte che diceva: “Ehi, cosa fate nel mio prato? Chi vi ha dato il permesso?”. Era RIC, il riccio, che non era molto contento di quelle intruse. cuori” Ric, il riccio “ruba FRU FRU, il leprotto “Scusa”, gli dissero le tre amiche. “Ci stavamo riposando, perché stiamo facendo un lungo viaggio. A proposito, ci puoi indicare la strada per andare da Zac Zic? Sai, è mia nonna”. “Ah! Quella simpatica vecFru Fru, il leprotto corridore chietta che racconta tante storie”, disse Ric. “La conoscono tutti. E quando qualcuno va da lei, viene accolto bene, ma deve avere pazienza per ascoltarla. Racconta delle storie meravigliose. Se volete, vi accompagno per un pezzo di strada, fin dal mio amico FRU FRU, il leprotto. Ma, state attente! Lui è sempre di fretta”. E così si misero in cammino. Ric però non aveva detto che anche lui era un grande chiacchierone. Dopo qualche minuto, già sapevano le ultime notizie della foresta. Lui conosceva tutto e tutti. Sembrava che i suoi aculei attirassero le notizie, come il polline attira le api. Anzi, passando davanti a un alveare, furono invitate a prendere qualche goccia di miele. Veramente delizioso! Avrebbero voluto sapere qualcosa di più sulla vita delle api. Ma Ric le richiamò alla realtà. La strada era ancora lunga e non ci si poteva fermare troppo. A una svolta della strada, videro una piccola casetta e un tale che correva avanti e indietro, a tutta velocità. “Ehi, Fru Fru”, disse Ric al leprotto, “ti stai allenando per le olimpiadi del bosco?”. “Ciao Ric!”, disse Fru Fru, “non ti avevo visto. Ma chi sono quelle che ti accompagnano? Sono una tua nuova conquista?”. Sembra che Ric avesse la fama di conquistatore in tutto il bosco. Divenne un po’ rosso, ma poi rispose: “Non ti preoccupare. Sono delle amiche che cercano la casa di Zac Zic. Vogliono avere delle risposte. Naturalmente, tu puoi accompagnarle”, disse Ric. “Aspetta che faccio ancora una corsa e poi, dopo una doccia veloce, sarò pronto. Intanto, voi entrate in casa e bevete del succo di mirtillo. È delizioso, lo avete mai assaggiato?”. E così dicendo Fru Fru filò via velocissimo. Ma dopo qualche minuto era di ritorno, soddisfatto per il suo allenamento. ■ a tutta velocità. Le due amiche facevano fatica a seguirlo. Gli gridarono di andare più piano, ma lui non sentiva. Era tutto felice. Non si accorse neppure che stava per sbattere contro una roccia segnaletica. All’ultimo minuto riuscì a frenare. Ma che paura! “Te l’abbiamo detto”, ripeterono le due amiche, “va’ più piano! E adesso dove andiamo?”. “Un attimo, mi sono perso”, disse Fru Fru. “Ma c’è qualcuno che può aiutarci. Lo vedete quell’uccello là in alto, che picchia sempre? È PIC, il picchio. Lui sicuramente ci darà qualche indicazione giusta”. E rivolgendosi a lui: “Ehi Pic, come va? Ci puoi indicare la strada per andare da nonna Zac Zic?”. “Ah, sei tu, il solito confusionario”, disse Pic; “seguitemi pian piano e vi porterò sulla strada giusta”. E così Fru Fru dovette andare piano per accompagnare le sue amiche. La strada diventava sempre di più piena di fiori. Sembrava un viale che doveva portare da qualche parte. Finalmente sbucarono su una radura. Aveva qualcosa di speciale. Tutto intorno c’erano le panchine che sembravano aspettare qualcuno. In fondo c’era una casetta piena di fiori. Era un arcobaleno di colori. “Eccovi arrivati”, disse Pic. “Ma fate attenzione. È il momento della siesta della nonna. Aspettate un pochino. Poi tirate quella campanella e lei verrà ad aprirvi. Ciao a tutti. Sono stato contento di avervi conosciuto”. E se ne volò via. La vecchietta simpatica Pian piano Lib, Zip e Zic Zac si avvicinarono alla casetta di nonna Zac Zic. Pic, il picchio Tirarono la campanella e la casa della nonna e… una simpatica vecchietta aprì loro la porta. Riconobbe subito la nipote e accolse le sue amiche con gioia. Entrarono in punta di zampette in quel regno meraviglioso che era la casa della nonna. Non avevano mai visto nulla di simile. Tutto era in ordine, pulito. C’erano fiori dappertutto e alle pareti dei piccoli quadretti, fatti con le foglie del bosco. Era veramente bello stare lì. La nonna le fece accomodare. Andò a prendere del succo di lampone. Era la sua specialità. Lo mescolò con la rugiada. Era veramente delizioso. Ascoltò pazientemente le tre amiche. Le lasciò parlare a lungo. Aveva capito quello che cercavano. Ma voleva che da sole trovassero la risposta ai loro problemi. E fece finta di dormire... Ma Zip la risvegliò dicendole: “Allora, nonna, cosa dobbiamo fare? Abbiamo fatto un lungo viaggio per chiedere i tuoi consigli e tu ti metti a dormire? Lo sappiamo che sei stanca, perché lavori molto. Ma noi abbiamo bisogno del tuo aiuto. Per favore, dacci una mano!”. Nonna Zac Zic si aggiustò bene gli occhiali, le guardò con dolcezza e cominciò a parlare. La nonna Zac Zic con Zip Finché un giorno... Disse la nonna: “Sono contenta che siate venute a trovarmi. Lo sapevo che un giorno vi avrei viste. Grazie, cara nipote, che mi hai portato la il fiore blu La nonna e tua amica Zip. Grazie anche a Lib e a tutti gli amici della foresta che vi hanno accompagnato. Sapete, anch’io in tutti questi anni ho cercato delle risposte. Avevo tante domande da fare a qualcuno. Ma non ho mai trovato chi mi aiutasse. Finché un giorno… Stavo passeggiando intorno alla casa, vicino a quel grande fungo bianco che insieme ai suoi fratelli fanno corona alla casa. A un tratto, delle gocce di rugiada caddero dai rami del grande abete. Le vedevo ogni giorno. Era una cosa normale. Ma quella volta caddero su un fiore azzurro che le accolse tutto contento. Bevve con avidità, quando arrivò subito uno sciame d’api. Avevano l’acquolina in bocca e volevano fare festa anche loro. Il fiore azzurro le accolse tutto contento. Voleva condividere con altri quello che aveva ricevuto. Insomma, avevo capito: avevo finalmente trovato la risposta. Allora Zip chiese: “Ma quale risposta?”. “È semplice”, disse la nonna, “le gocce di rugiada si erano mescolate con il fiore e il fiore con le api. Ognuno aveva ricevuto e dato qualcosa. Per questo erano felici. Prova a farlo anche tu e vedrai. Ma ora è tardi. Andate a dormire, perché domani avrete un lungo viaggio”. “Buonanotte, nonna”, dissero in coro le tre amiche e si addormentarono. ■ BUON VIAGGIO ! Il sole si era appena alzato, quando la nonna svegliò le tre amiche. “Forza, venite a fare colazione. C’è della rugiada fresca e del succo di more. Buonissimo!”, disse la nonna. E le tre amiche si misero a tavola. Non sapevano più come dire grazie alla nonna per tutto quello che avevano ricevuto. “Il grazie ve lo dico io”, disse la nonna. “Voi avete condiviso con me un po’ della vostra vita, delle vostre difficoltà. Mi avete reso molto felice. Buon viaggio!”. E le tre amiche se ne volarono via. Incontrarono tutti quelli che avevano loro indicato un pezzetto di strada. Ormai Zip era arrivata a casa sua. Salutando le sue amiche, vide che sotto la finestra era cresciuto un fiore azzurro e intorno a lui uno sciame d’api. Chissà come era successo? 5 2010 LUGLIO/AGOSTO il m on do in casa SUD/NORD NOTIZIE Tecnologia a due facce Normale emergenza pagina a cura di DIEGO PIOVANI Discariche hi-tech. I rifiuti elettrici ed elettronici sono sempre di più e minacciano ambiente e salute. Ciò accade soprattutto nei paesi in rapida crescita economica (Cina, Sudafrica, Brasile e Senegal). Nei prossimi 10 anni, con le vendite di prodotti elettronici in nazioni emergenti aumenterà la quantità di rifiuti. Senza politiche per raccolta e riciclaggio di queste apparecchiature, molte nazioni si troveranno con rifiuti pericolosi e gravi conseguenze per ambiente e salute. La classifica degli inquinatori elettronici è guidata da Stati Uniti e Cina. I telefoni e i computer portatili consumano il 3% dell’oro e dell’argento, il 13% del palladio e il 15% del cobalto estratti ogni anno in tutto il mondo. sizione alla radioattività causa gravi problemi di salute, con tassi di mortalità doppi di quelli nel resto del Niger. ● Niger: il Paese radioattivo. La falda acquifera contaminata per anni, livelli di radioattività 500 volte superiori ai valori normali, metalli radioattivi venduti nei mercati locali: è la denuncia di Greenpeace, dopo uno studio nelle città minerarie di Arlit e Akokan, in Niger. Qui opera “Areva”, azienda francese leader mondiale nel campo dell’energia nucleare, secondo la quale nessun materiale contaminato proviene dalle miniere. Ma Greenpeace ha trovato diversi bidoni e materiali di provenienza mineraria che gli abitanti usano per costruire le case. L’espo- ● Oro rosso. Violando le sanzioni Onu, oro estratto dalle miniere del Congo RD è stato esportato in altri stati africani con falsi certificati. Il contrabbando delle risorse preziose del sottosuolo è tra le cause delle guerre civili. È un traffico ancora fiorente anche se l’industria dei gioielli ha messo al bando diamanti non certificati. E in Nigeria più di cento bambini sono morti per avvelenamento da piombo, utilizzato per separare l’oro dalla roccia. Gli scarti di lavorazione provenienti da miniere illegali sono finiti nei corsi d’acqua, contaminando attrezzi da lavoro e terreni. ● Cercatore d’oro in una miniera africana ● Etiopia: si coltiva di più. L’aumento delle superfici destinate alle coltivazioni, ha consentito all’Etiopia di incrementare le esportazioni agricole nei primi mesi del 2010. Negli ultimi anni il Paese, ha adottato una politica per estendere la superficie di terreni coltivati, cresciuti del 20%. La compagnia aerea etiope, inoltre, offre tariffe agevolate per i prodotti nazionali destinati all’esportazione. Eppure, è noto che la popolazione del Corno d’Africa soffra per fame. India: sentenza chock! A 26 anni dal disastro di Bhopal, capitale del Madhya, quando il gas sprigionato dall’impianto della multinazionale statunitense di insetticidi Union Carbide causò 20mila morti e centinaia di migliaia di malformazioni, il tribunale ha decretato che otto ex dirigenti tutti indiani siano colpevoli di negligenza fatale. La pena è di due anni di carcere e 1.800 euro di multa. Indignati gli abitanti e le famiglie delle vittime. Oggi l’impianto è abbandonato, l’area attorno è contaminata, ma abitata. Nessun dirigente americano fu mai condannato, così come non è stata mai imputata la multinazionale Usa, forse anche per una scelta diplomatica. ■ ● MISSIONI NOTIZIE Senza il bavaglio ● Operatori di pace e verità. Alcuni mass media cattolici di Burundi, Congo RD e Ruanda hanno lanciato un appello affinché “i giornalisti cattolici dei tre Paesi siano operatori di pace, evitando la cultura della menzogna, della violenza e della divisione”. L’invito è arrivato durante un incontro a Goma sul tema: “I media cattolici e la politica elettorale nell’area dei Grandi Laghi”. Infatti, i tre stati nei prossimi mesi sono chiamati alle urne. Per questo, i media devono riferire le informazioni in modo corretto, rispondendo alle sfide di riconciliazione e pace. I partecipanti si sono impegnati anche a lavorare insieme e hanno chiesto ai governanti dei tre Paesi di rispettare le regole della democrazia, inclusi il codice elettorale e la Costituzione. Burundi: un commento. Dal centro giovani Kamenge in Burundi, p. Marano fa il punto della situazione. “Siamo nel periodo elettorale e già abbiamo assistito a spettacoli inverosimili: gruppi di giovani messi in rivalità con altri, slogan, grida e pestaggi; non ● 6 sono mancati i morti. Finiti i periodi della guerra etnica sono arrivati quelli di altre divisioni. Anche questa volta hanno utilizzato i giovani, ricambiati con una maglietta del partito, un cappello o qualche altra cianfrusaglia elettorale. Il Paese sembra bloccato in attesa del responso politico. Lo sciopero delle scuole può riprendere a giorni, il governo promette aumenti che poi non arrivano e noi al centro andiamo avanti tra problemi e soddisfazioni: al momento siamo in 34mila di etnie e religioni diverse, insieme per costruire un futuro di pace”. Ucciso attivista per diritti umani. In Congo RD è stato assassinato Floribert Chebeya, militante dei diritti umani e direttore dell’ong “La voce dei senza voce”, a Kinshasa. La condanna è stata unanime così come la richiesta di un’inchiesta imparziale e indipendente per identificare esecutori e mandanti di questo atto ignobile. I vescovi congolesi hanno alzato la voce: “Va fatta giustizia, perché è impensabile costruire uno stato democratico spegnendo la voce di chi difende i diritti dell’uomo”. Chebeya seguiva vari casi importanti e scot- ● Invitiamo i lettori, dotati di computer e internet, a consultare la MISNA (Agenzia missionaria di informazione mondiale) per allargare la mente al mondo intero: www.misna.org Visitate anche il nostro sito www.saverianibrescia.com nel quale potete leggere tutte le notizie, le testimonianze e le proposte del nostro mensile, comprese le edizioni locali e la versione in formato pdf. tanti. Si vorrebbe collocare la sua tomba nel palazzo del Popolo, sede dell’assemblea nazionale. ■ La prima volta di... ● “Padri Bianchi”: superiore africano. Il ghanese Richard Baawobr è il nuovo superiore dei missionari d’Africa, noti come “Padri Bianchi”. È il primo africano ad assumere l’incarico di superiore generale della società missionaria fondata nel 1868 dall’arcivescovo di Algeri, il cardinale Lavigerie, che conta oggi 1541 membri originari di 42 nazioni e attivi in 21 paesi d’Africa. “è una tappa importante per il nostro istituto e rappresenta un punto di arrivo della scelta iniziata 20 anni fa, quella di aprirci alle vocazioni africane”, ha detto il superiore generale uscente Gérard Chabanon. Il neo eletto ha una specializzazione in Sacre Scritture e un’esperienza di missione in Congo RD. ● Donna bangladeshi in Parlamento. Una cittadina britannica di origine bangladeshi ha conquistato per la prima volta nella storia un seggio in Parlamento. Rushanara Ali, 35enne musulmana, è stata eletta fra le file dei laburisti. L’intera comunità di immigrati bangladeshi ha coronato il sogno di vedere un proprio rappresentante eletto nella Camera bassa del Regno Unito. La notizia della sua elezione ha ASL nel terzo mondo Cercasi medico per l’Africa. Uno degli obiettivi del millennio per lo sviluppo riguarda l’aspetto sanitario. Manca personale medico in dieci paesi africani. Alcuni esempi. Il Ciad ha meno di un dottore ogni 20mila persone e solo quattro letti ospedalieri ogni 10mila. In Burundi, dove la malaria è responsabile del 47% delle morti, il governo offre assistenza materna e infantile gratuita e cure mediche ai sieropositivi, ma manca personale qualificato. La Sierra Leone ha solo 3 medici ogni 100mila persone e fa ricorso a dottori cubani e nigeriani. Il Mozambico ha solo 548 medici per una popolazione di oltre 22 milioni di persone. ● ● Farmaci per pochi. Le realtà assistenziali operanti in comunità povere del mondo hanno evidenziato che i diritti previsti negli strumenti internazionali “sono lontani dall’essere assicurati”. Uno dei principali impedimenti è costituito dalla “mancanza di accesso ai medicinali a prezzi ragionevoli e agli strumenti diagnostici”. Le malattie dovute alla povertà rappresentano ancora il 50% delle malattie nei paesi in via di sviluppo. Nel complesso, quasi 2 miliardi di persone non possono accedere ai farmaci essenziali. Le prime vittime sono i bambini per i quali molti farmaci essenziali non sono stati prodotti. Il diritto alla salute non è per tutti. ■ mEssaggi dalle chiese LA TURCHIA è ANCHE CRISTIANA mons. LUIGI PADOVESE Da un’intervista del 2008 di mons. Padovese, vescovo dell’Anatolia in Turchia, ucciso il 3 giugno 2010. Il ruolo dei cristiani in Turchia è quello di congiungersi al passato e dare testimonianza in un mondo islamico. Mostrare, quindi, che la Turchia non è un Paese solo musulmano, ma c’è anche una presenza cristiana. Siamo una minoranza che dev’essere riconosciuta e rispettata. Se anche ci fosse un solo cristiano, bisognerebbe essere presenti. I cattolici sono pochi, ma ci sono cristiani di diverse confessioni che si radunano nelle piccole chiese che ancora esistono. Il nostro è un ecumenismo dal basso: ci ritroviamo là dove ci sono luoghi di culto. Questo ci permette di affermare la nostra identità. Tra la gente c’è voglia di sapere, perché si conosce poco del cristianesimo in Turchia. Uno dei servizi che offriamo è tenere aperte le chiese al pomeriggio per dare possibilità a chi lo vuole di vedere e parlare. L’islam in Turchia è molto articolato. I rapporti con le autorità religiose islamiche sono improntati alla cortesia. Anch’io ho buoni rapporti con i muftì. Ci sono attività che mi auguro continueranno, ma sono una goccia nel mare. Una parte dell’islam ricerca dialogo e armonia: chi fa rumore non costituisce la maggioranza della popolazione, non dobbiamo farci impressionare. Le diversità ci sono e non vanno taciute perché non aiuterebbero il dialogo. Il fatto di ascoltarsi è molto positivo, anche se difficilmente s’arriverà a un dialogo teologico perché le posizioni sono troppo differenti. Però, c’è il dialogo della vita, della condivisione e delle esperienze religiose. In Turchia, la chiesa cattolica formalmente non esiste, non ha alcun tipo di riconoscimento giuridico. Libertà di religione e di coscienza qui stentano. Tra le autorità politiche c’è volontà, ma i passi sono piccoli. conquistato le prime pagine dei giornali in Bangladesh. La 35enne, laureata ad Oxford in scienze politiche, si è trasferita all’età di 7 anni con la famiglia a Londra. Il padre era un operaio, ma ha permesso alla figlia di frequentare la prestigiosa università. ■ Una storia speciale ● Lolo, il giornalista beato. Manuel Lozano Garrido è il primo giornalista laico proclamato beato (12 giugno a Linares, in Spagna). Meglio noto come “Lolo”, Garrido era un giornalista e scrittore. Nonostante abbia trascorso 28 anni di vita su una sedia a rotelle, era un giovane allegro. Nato in Spagna nel 1920, aderì all’Azione cattolica a 11 anni; nel 1942 contrasse la spondilite e rimase paralizzato. Nel 1962 divenne cieco e perse l’uso della mano destra, imparò a scrivere con la sinistra fino alla paralisi totale. Da quel momento, dettò i suoi articoli alla sorella. Scriveva per quotidiani, periodici cattolici e agenzie di stampa. Fondò la rivista “Sinai” e nel 1969 vinse il prestigioso premio giornalistico “Bravo”. Lolo era un giornalista che lavorava senza pausa. Rendeva normale lo straordinario (il suo medico gli diceva: “sei l’infermo grave che gode della migliore salute”), vivendo come un uomo sano e forte! L’Eucaristia è stata la sua vera forza e il suo grande amore. Morì nel 1971. “I giornalisti - ha detto il Papa - potranno trovare un testimone eloquente del bene che si può fare quando la penna riflette la grandezza dell’anima e si mette al servizio della verità e delle cause nobili”. ■ 2010 LUGLIO/AGOSTO D I A L O G O E SO LID A RIETÀ lettere al direttore p. Marcello Storgato MISSIONARI SAVERIANI Via Piamarta 9 - 25121 Brescia E-Mail: [email protected] Pagina web: saveriani.bs.it/missionari_giornale MI SONO TUFFATO TRA LA GENTE Caro direttore, ho fatto una breve esperienza di missione, che non dimenticherò. L’età non è più verde, ma ho affrontato il viaggio per accertarmi di persona su quello che fanno i missionari. L’occasione mi è stata data dalla visita al centro giovani Kamenge e alle altre missioni dei saveriani a Bujumbura, in Burundi. Le mie aspettative non sono andate deluse. Ho visto iniziative e opere grandi, mandate avanti da missionari anche anziani, coadiuvati da volontari e da uno stuolo di animatori locali. Mi sono subito tuffato tra la gente: sono rispettosi e discreti; al saluto, rispondono con un inchino, mentre il viso si illumina di sorriso. Il primo giorno non vedevo altri che gente “di colore”, ma dal secondo giorno il colore è scomparso e incontravo solo persone, come noi e migliori di noi, perché nella loro povertà conservano la dignità e la solidarietà. Ho fatto un bagno di giovinezza. Dappertutto spuntano bambini sorridenti e festosi, maglietta e pantaloncini, le ciabatte ai piedi; non tendono la mano a chiedere; cercano solo un segno d’affetto. Basta poco: ci pensano i missionari a trasformare le nostre piccole offerte in pane, istruzione, medicine. Mario, Cagliari Caro Mario, il tuo messaggio mi ha dato un immenso piacere, come il racconto di un’esperienza sincera, di un desiderio pienamente soddisfatto: grazie a Dio! Ho gustato, leggendo, e vissuto con te questa breve esperienza per “vedere cosa fanno i missionari” e, più ancora, per “vedere come la gente vive”. Sono anch’io convinto che la missione fa bene. Non si tratta di stare meglio o peggio per quanto riguarda i soldi e i consumi. Si tratta di constatare e avere la conferma che la felicità è interiore, un modo di essere che il benessere economico e i consumi non possono regalarci né acquistarci. Credo sia questo il succo di quanto hai provato e raccontato, e di cui ti ringrazio sinceramente. La questione del “colore” sparito già al secondo giorno, poi, è davvero un bellissimo tocco di rapida guarigione interiore. Sono certo che continuerai a scorgere i bei colori anche in Italia e a Cagliari, per apprezzare le persone che li vestono nei loro volti e nelle loro anime. Il tuo racconto corrisponde ai racconti di tutti coloro che - giovani e adulti - sacrificano un pezzo delle loro vacanze e del loro tranquillo benessere per andare a vedere di persona... “cosa fanno i missionari”. Saluti fraterni e a te, ai missionari, a tutti i cari lettori, auguro una buona estate! p. Marcello, sx STRUMENTI D'ANIMAZIONE CONSIGLI PER LA VOSTRA ESTATE Tra i vantaggi dell’estate, ci sono le giornate più lunghe e più tempo da vivere “svegli”, in compagnia e in solitudine. Parte di questo tempo possiamo dedicarlo utilmente alla preghiera e alla lettura. Permettete, dunque, qualche consiglio per ...ammazzare bene il tempo. Anche voi foste stranieri (Attualità, Laterza € 16) - Il direttore di “Famiglia Cristiana”, don Antonio Sciortino, analizza il rapporto tra l’immigrazione, la chiesa e la società italiana: “Per un Paese come il nostro, è difficile capire come si possa discriminare gli stranieri e atteggiarsi poi a difensori del crocifisso”. Come rovinare un figlio in dieci mosse (Attualità, Exodus € 10). Don Antonio Mazzi “provoca”, con il suo stile caratteristico, i genitori un po’ distratti degli anni duemila. Il genocidio silenziato (Storico, Emi € 11) - Joseph Sagahutu, giovane prete ruandese scampato al genocidio, racconta la fuga in Congo RD, dove continua a essere braccato per anni. La sua testimonianza è raccolta in questo libro. In nome della madre (Spiritualità, Feltrinelli € 7,50) - Erri De Luca descrive una storia misteriosa e sacra, ma con le corde vocali di una ragazza-madre Miriàm/Maria, fabbrica di scintille, e dell’amore smisurato dello sposo Iosef. Il tulipano giallo (Spiritualità, Messaggero Padova € 9,50). Mons. GianCarlo Bregantini, arcivescovo metropolita di Campobasso-Bojano, ci regala racconti a colori perché “tutti i colori della vita confluiscono nella luce dei nostri occhi, lucerna del cuore”. I MISSIONARI SCRIVONO Dall’Amazzonia al Ciad, la felicità corre dietro al pallone Il primo a reagire è stato p. Filippo Rota Martir, saveriano bergamasco che vive in Amazzonia. È spesso in giro nelle missioni della vasta regione brasiliana, soprattutto per incontrare ragazzi e giovani e parlare loro della nostra bella vocazione missionaria. La foto scattata all’inizio di giugno in un villaggio vicino ad Abaetetuba, prova l’entusiasmo con cui i brasiliani hanno accompagnato i mondiali di calcio. Scrive p. Filippo: “Dovunque, anche nei quartieri più poveri, molte strade sono così: tutte verdi, con strisce e bandierine e... tanti auguri. Speriamo che vinca il Brasile!”. Ma anche i missionari sembrano non resistere al fascino del pallone, dall’Asia all’Africa. Spesso non hanno la tv né il maxi schermo. E allora? Basta una radiolina, come scrive p. Gabriel Arroyo, saveriano messicano che vive in Africa: “Pensate che anche qui in Ciad, in mezzo al niente, ho seguito insieme ai miei moretti la partita del Messico: alla radio d’onda corta, con la voce che va e viene. Ormai siamo passati agli ottavi e andremo in finale, con il tifo di tutti i miei ragazzi!”. La riconoscenza dell’asino e... del ladro ripescato di Bukavu Il nostro p. Luigi Stevanin, classe 1932, cappellano nel carcere di Bukavu, ha sempre qualcosa di nuovo da raccontare. Questa volta la notizia è andata a finire sulle radio della città. Alcuni sconosciuti gli fanno visita in piena notte (18 aprile). Entrati nella stanza da letto, lo pregano di star buono e continuare a sognare. Per sicurezza, lo chiudono a chiave, mentre in ufficio rovistano le carte e trovano qualche busta con soldi depositati dalla gente. Si dirigono poi verso la stanza di p. Riccardo Nardo, noto a tutti come “esorcista”. Trafficano nel buio per aprire la porta quando d’improvviso arriva la luce. Il cortile s’illumina, le sirene suonano, p. Riccardo si sveglia e si affretta a intervenire. I tre visitatori scoperti corrono verso l’uscita, rovesciano i vasi di fiori, saltano il muro e scappano. La notizia si diffonde per tutta la vallata di Kadutu e per la città. Tutti commentano, e interpretano l’arrivo della luce come un segno del cielo contro il potere delle tenebre. Anche i detenuti nella prigione sono preoccupati e diventano i primi investigatori. Hanno qualche sospetto...: un detenuto dello scorso anno, aiutato più volte dal missionario. Il poveraccio è preso, pestato dai soldati, riammesso nel club dei reclusi, e riceve il resto della lezione dai vecchi compagni di merenda. In una delle sue visite, p. Luigi lo incontra e lo saluta dicendo: “Shukrani ya punda… - la riconoscenza dell’asino…”; ma subito l’amico completa il proverbio: ni teke - è un calcio sul sedere”. Il padre mette la mano in tasca ed estrae… una caramella: la offre a chi l’aveva visitato quella notte nel buio. p. Giuseppe Dovigo, sx - Bukavu (Congo) Quando un ragazzo domanda... e riceve un bel ceffone Quando ero ragazzo, Gesù era il mio “Eroe”. Ma con la chiesa avevo un rapporto difficile, perché c’erano troppi comandamenti. Le cose che mi piacevano erano proibite; quelle spiacevoli erano comandate. Rivolgevo spesso domande a mia madre e alla nonna: “Perché dovrei confessarmi ogni settimana e raccontare i miei peccati al prete, quando lui non mi dice mai i suoi?”. In risposta, è arrivato un bel ceffone in testa! Anche a Dio rivolgevo molte domande: “Esisti davvero? È possibile conoscerti?”. Lui non ha mai risposto, fino al giorno in cui ho celebrato il 25° di sacerdozio. Entrato nella sacrestia di Reggello, il paese toscano in cui sono nato, ho visto la statua del Sacro Cuore davanti alla Padre quale pregavo da bambino. Mi è sembrato che mi dicesse: “Michele, Michele Davitti ho risposto alle tue tante domande?”. Per un momento, a 55 è parroco della “missione cinese” anni, ho rivisto tutta la mia vita passata, e gli ho detto: “Sì, Santa Teresa Signore, hai risposto ben oltre le mie aspettative”. a Chicago p. Michele Davitti, sx - Chicago (Usa) Potete trovare e ordinare questi e molti altri libri presso la “Libreria dei popoli”, via Piamarta 9 - 25121 Brescia. Potete consultare tutto (e anche ordinare online) sul link: http://www.saverianibrescia.com/libreria_dei_popoli.php Non esitate a telefonare: volentieri padre Gianni vi assisterà nella scelta. Tel 030 3772780; fax 030 3772781; e-mail: [email protected] Alfabeto della vita (Spiritualità, Paoline € 13). Meditazioni quotidiane dell’indimenticabile don Tonino Bello, con la presentazione di mons. Antonio Riboldi. Nina, la bambina della sesta luna (Fantasia, Giunti Junior € 7,90) - Una storia di fantasia per bambini e bambine fantasiose e con tanta voglia di sognare. Kaspar, il bravo soldato (Romanzo, Giunti Junior € 7,00) - Guido Sgardoli offre un romanzo di grande poesia, un inno alla pace sopra ogni cosa, per ragazzi e non solo. Un arcobaleno nella notte (Romanzo, il Saggiatore € 12). L’autore di “La città della gioia”, Dominique Lapierre, racconta la storia del Sudafrica di Nelson Mandela. Con il vento nei capelli (Romanzo, Giunti € 11,90). Salwa Salem, autrice palestinese scomparsa nel 1992, ha fatto in tempo a raccontare la sua storia, con l’aiuto di Laura Maritano. solidarietÀ piccoli progetti 6/2010 - BUKAVU Muro per il monastero Le suore “trappistine” del monastero di Murhesa, vicino a Bukavu, dopo l’uccisione di suor Dénise e un secondo assalto, sentono la necessità di costruire un “muro di clausura” di cento metri, nella parte più esposta. Chiedono un aiuto per 12.000 euro per materiale e manodopera. • Responsabile del progetto è il saveriano p. Antonio Trettel. 5/2010 - CAMERUN La scuola distrutta a Nefa Nella nuova missione di Nefa, in Camerun, l’annuncio del vangelo va insieme all’acqua potabile e alle scuole. Nel villaggio di Songa la scuola è stata distrutta da una tromba d’aria. Per ricostruire le sei aule occorrono € 3.500 ciascuna, per un totale di 21.000 euro. • Responsabile del progetto è il saveriano p. Gianni Abeni. Chi desidera partecipare alla realizzazione di questi progetti, può utilizzare l’accluso Conto corrente postale, oppure può inviare l’offerta direttamente al C/c.p. 00204438, intestato a: Procura delle Missioni Saveriane, Viale S. Martino 8 - 43100 PARMA oppure bonifico bancario su C/c 000072443526 CARIPR&PC - Ag. 6, via Farini 71, 43100 Parma IBAN IT86 P062 3012 7060 0007 2443 526 Si prega di specificare l’intenzione e il numero di Progetto sul C/c.p. Grazie. 2010 LUGLIO/AGOSTO ALZANO 24022 ALZANO L. BG - Via A. Ponchielli, 4 Tel. 035 513343 - Fax 035 511210 E-mail: [email protected] - C/c. postale 233247 La missione tra i seminaristi Bilancio dell’esperienza in Lombardia ed Emilia per la pontificia Q uest’anno unione missionaria (Pum), ho visitato 16 seminari di Lombardia ed Emilia Romagna per un totale di 695 seminaristi: 159 sono studenti delle superiori, 60 dell’anno propedeutico e 476 studenti di teologia. Le ordinazioni sacerdotali nelle due regioni per l’anno 2009-2010 sono state 67. Tanto interesse, poco tempo La mia visita durava da un minimo di due giorni a un massimo di una settimana. L’ultima settimana l’ho trascorsa nel seminario più popoloso: quello di Bergamo, con 181 seminaristi. Ho ricevuto sempre una cordiale accoglienza e un’attenta collaborazione da parte dei formatori. L’interesse dei seminaristi per tutto il mondo missionario è notevole, anche grazie alla presenza in tutte le diocesi di sacerdoti “fidei donum”, che tengono viva p. STEFANO BERTON, sx la sensibilità missionaria. Ho incontrato i seminaristi soprattutto nei momenti liturgici (lodi, meditazione, Eucaristia) o dopo cena, per parlare loro delle missioni e trattare temi e argomenti tipicamente missionari. Qualche altro incontro sarebbe stato auspicabile per presentare temi fondamentali e urgenti, ma questo desiderio si scontra spesso con gli orari e i tanti impegni, spesso imprevedibili. Padre Stefano Berton a colloquio con i seminaristi: la missione ha bisogno di giovani entusiasti! Viaggio in Bangladesh, atto terzo Incontri ed emozioni, tappa per tappa è la terza volta che vado in Bangladesh a trovare p. Enzo Valoti. Questa volta sono stato accompagnato da mia sorella Mariuccia e dalle nipoti Paola e Simona. A Dhaka abbiamo incontrato p. Alfio Coni, che ci ha accolto con grande ospitalità. Abbiamo conosciuto anche altri saveriani che si trovavano lì di passaggio. Una tazza di tè e una banana Dopo pranzo abbiamo fatto una passeggiata in città e il primo impatto è stato forte: marciapiedi gremiti di venditori ambulanti con merce di ogni tipo e mendicanti che chiedono elemosina nell’indifferenza dei passanti. Padre Enzo aveva preparato un programma denso di visite e spostamenti. Il mattino seguente siamo partiti per Satkhira, la missione dove lui lavora. Siamo arrivati verso se- 8 ra, dopo otto ore di viaggio avventuroso. Non ho visto grandi cambiamenti rispetto al 1982. La sorpresa è stata per i cento ragazzi, arrivati all’orfanatrofio per iniziare il nuovo anno scolastico: hanno trovato una nuova torre di tre piani, con servizi igienici e docce in abbondanza. Il problema è saldare il debito; ma - come dice p. Enzo - “c’è sempre la Provvidenza”. Il giorno dopo siamo partiti per un villaggio dove vive p. Luigi Paggi. A Borodol abbiamo incontrato p. Antonio Germano e i 60 ragazzi di diversa età e religione della sua scuola. A Baghachara abbiamo trovato p. Gabriele Spiga che gestisce una cooperativa-laboratorio per disabili. Naturalmente in ogni villaggio siamo accolti con tanta curiosità dai ragazzi. Un tè e una banana non mancano mai. Al ritorno, abbiamo visitato suor Filomena che lavora in Bangladesh da 35 anni Baghachara, con p. Enzo Valoti (cappellino) e p. Gabriele Spiga (barba bianca) i protagonisti del viaggio in Bangladesh: Lorenzo, Mariuccia, Paola e Simona LORENZO VALOTI e dirige un gruppo di donne che ricamano tovaglie e tessuti. Miseria e dignità Domenica 24 gennaio p. Enzo ha celebrato la Messa nel villaggio di Senergharti, dove 27 anni prima aveva celebrato il matrimonio di suo fratello Mino con Anna. Grandi preparativi e accoglienza straordinaria. Dopo la Messa siamo stati trascinati dagli abitanti per i sentieri del villaggio. Tutti hanno voluto mostrarci la loro abitazione: una vera processione, ma quanta miseria! Tuttavia la gente vive con serenità e dignità. Abbiamo constatato personalmente quanta differenza ci sia ancora tra il nostro e il loro livello di vita. A Khulna abbiamo incontrato il vescovo e visitato l’ospedale, dove a turno operano medici provenienti dall’Italia. Al termine dell’avventura, siamo tornati a Dhaka. Dopo la Messa, c’è stato ancora il tempo per un’ultima camminata con p. Arduino Rossi. Quante sorprese, quante emozioni, quanta povertà, ma anche quanta serenità e gioia di vivere la gente bengalese ci ha trasmesso. Certamente non potremo dimenticare il sorriso dei bambini e l’accoglienza ricevuta in ogni villag■ gio. Incontri di formazione e il convegno annuale Ai seminaristi ho presentato il fondamento biblico della missione, a partire dalla Parola di Dio e dai documenti del concilio Vaticano II; senza dimenticare i pronunciamenti più importanti del magistero della chiesa sulla natura dei missionari diocesani “fidei donum”. Quasi ovunque ho cercato di provocare la curiosità presentando una varietà di libri e pubblicazioni missionarie. Soprattutto negli incontri serali, mi sono servito di DVD per presentare alcuni testimoni della missione o situazioni attuali di alcune nazioni dove i missionari lavorano. In ogni visita ho dato priorità al gruppo Gamis (Gruppo di animazione missionaria), presente in tutti i seminari, incoraggiando i seminaristi a tenersi informati sui temi della missione anche attraverso fonti informatiche. Naturalmente i gruppi Gamis che sono guidati da un formatore del seminario sono molto più vivaci e attivi, rispetto agli altri che sono un po’... balbettanti. Nel mese di aprile si è tenuto il 54° convegno missionario nazionale dei seminaristi, organizzato dalla Pum e ospitato a Torino dall’istituto della Consolata. Gli appartenenti ai Gamis dei 33 seminari maggiori d’Italia, stimolati dagli interventi dei vari relatori, hanno sviluppato il tema del convegno: “Presbiteri, evangelizzatori senza confini”. Visita estiva in Bangladesh L’animazione missionaria nei seminari proseguirà con le visite estive alle missioni, che sono organizzate un po’ ovunque e sono molto apprezzate. È all’avanguardia il seminario di Vigevano che ha inserito l’esperienza missionaria per tutti nel curriculum formativo, prima del diaconato. Nelle esperienze missionarie estive hanno priorità le missioni dove sono presenti i “fidei donum” della diocesi stessa. In qualche caso, questo può nuocere all’ampiezza universale della missione. L’adozione di una o più parrocchie nelle giovani chiese, infatti, non deve esaurire la dimensione universale della chiesa locale nella responsabilità missionaria universale di tutta la chiesa. Per l’estate in corso, ho proposto la visita alle missioni saveriane del Bangladesh e alle opere di madre Teresa di Calcutta. Il numero di partecipanti che accompagnerò di persona in agosto ha già raggiunto il massimo. Speriamo e preghiamo perché il nostro impegno ed entusiasmo contribuiscano a creare nei futuri sacerdoti italiani la disponibilità a dilatare il regno di Dio fino agli estremi confini della terra. ■ UN’ACCOGLIENZA “ESPECTACULARE” Primo messaggio dopo l’arrivo in Colombia Cari amici, il primo messaggio dall’amata terra colombiana è comunitario, per tutti voi che fate parte della mia grande famiglia di famigliari, confratelli e amici. Il volo fino a Bogotà è stato ottimo, comodo e confortevole. Il primo impatto con la Colombia l’ho avuto viaggiando con la compagnia colombiana Avianca: un aereo nuovissimo e super tecnologico, con televisore individuale e la possibilità di vedere film, ascoltare musica e giocare con videogames a piacere. Il viaggio è stato lunghetto, ma lo sapevo. Sono partito da Milano alle 12,30 e, dopo uno scalo a Barcellona, sono arrivato a Bogotà alle 3 di notte (orario italiano), le 21 in Colombia. Il primo impatto è stato tipico... alla colombiana: un gruppo di parrocchiani con chitarre ha cantato “Eres mi amigo del alma”; su un cartello era scritto: “Un buen hijo siempre regressa a casa” - Un buon figlio torna sempre a casa! Insomma, l’avrete capito: l’accoglienza è stata davvero “espectaculare”, come dicono qui. Ora vi saluto, ringraziandovi di nuovo per l’affetto e l’amicizia che mi avete sempre dimostrato e che certamente resteranno. Un abbraccio. p. Leonardo Raffaini, sx Padre Leonardo Raffaini accolto all’aeroporto di Bogotà dal giovane superiore dei saveriani p. Mauro Loda 2010 LUGLIO/AGOSTO BRESCIA 25121 BRESCIA BS - Via Piamarta, 9 Tel. 030 3772780 - Fax 030 3772781 E-mail: [email protected] - C/c. postale 216259 Gianni Ghedi consegna un premio alla signora Fulgenzia Stesso spirito in casa e fuori Gli amici della stampa missionaria I l 6 giugno s’è tenuta la festa degli amici dei saveriani, atto conclusivo dell’iniziativa missionaria “Costruiamo insieme la città dell’uomo”, per sostenere la stampa missionaria, l’informazione sui popoli e paesi che spesso non entrano nei circuiti informativi della grande stampa. La partecipazione all’iniziativa è stata lusinghiera. Nella bella chiesa di “San Cristo”, dedicata proprio al “Corpus Domini” e nel giorno di questa festa liturgica, anche le nostre offerte e i gesti di collaborazione alle iniziative missionarie ricevono subito un respiro mondiale. Dopo la celebrazione della Messa, l’estrazione dei biglietti è stata animata da Diego, con l’aiuto della “valletta” Michela e del “notaio” Annalucia. Non poteva mancare Gianni, uno degli artefici dell’organizzazione, che ha fatto da “attore” nella consegna dei premi, provenienti dalle nostre missioni: dalla Cina, le cassapanche finemente scolpi- te; dal Giappone, i ricami di seta e i foulard; da Bali, i tavolini in legno di rosa e la statua del pescatore; dal Perù, l’arazzo di lana. Infine, il globo illuminato ha raccolto in un abbraccio ideale tutto il mondo, riassumendo l’impegno di chi ha risposto all’appello “Costruiamo insieme la città dell’uomo”. Il pomeriggio si è concluso con il rinfresco, preparato nel chiostro dalle zelanti volontarie. “È stato p. GESUINO PIREDDA, sx veramente bello, e spero che si ripeta”, ha detto una partecipante. “È stata una scoperta per me ha esclamato un’altra - ho il rammarico di avervi conosciuto solo ora; grazie per quello che fate”. Grazie lo diciamo noi a tutti coloro che hanno partecipato. Pubblichiamo qui di seguito la lista dei numeri premiati, con l’augurio di rinnovare questi nostri piccoli gesti di solidarietà a favore della “stampa missionaria”. ■ I numeri premiati 1° premio 2° premio 3° premio 4° premio 5° premio 6° premio 7° premio 8° premio 9° premio 10° premio 11° premio 12° premio 13° premio 14° premio 15° premio Braga Maddalena Filippini Paolo Delaini Cristina Schivalocchi Giuditta Andreoli Mauro Guardini Marialucia Farioli Paola Pasotti Luisa Togni Andrea Chiroli Tarantola Emma Storgato Stefano Corradini Samuele Barbato Lanfranco Rivadossi Bonvento Ivana Brescia Ghedi (BS) Brescia Concesio (BS) Desenzano (BS) Toscolano (BS) Brescia Brescia Trovo (PV) Guidonia (RM) Brescia Sparanise (CE) Rodengo-Saiano (BS) Brescia Amazzonia... ultimo atto Premiazione dei lavori degli studenti 14 maggio è stato V enerdì un giorno movimentato dai saveriani di Brescia! Quattrocento ragazzi con i loro insegnanti hanno affollato la chiesa di San Cristo. Erano rappresentate le classi elementari, medie, superiori e perfino l’università, che hanno ravvivato con la loro presenza la premiazione dei lavori da loro stessi presentati. Tanta gioventù proveniente da ogni parte del mondo ha colorato l’evento, con una partecipazione entusiasta e con la consapevolezza delle proposte educative recepite. Riflessioni, poesie, applausi I premi consistevano, oltre a 8 una medaglia ricordo, in volumi e buoni-libro offerti dalla “Libreria dei popoli” del centro saveriano di Brescia, insieme a un DVD ricordo della mostra. La giornata è iniziata con il benvenuto del superiore p. Mario; è seguita la proiezione di un gustoso filmato preparato da p. Fiorenzo, che ha ricreato in modo poetico uno scorcio dell’Amazzonia. Le volontarie hanno poi proceduto alla premiazione, individuale e di classe, consegnando anche una “pergamena” con le motivazioni del premio. Alcuni degli studenti premiati hanno voluto esprimere Padre Mario Menin ringrazia gli studenti bresciani che hanno partecipato al concorso, nell’ambito della mostra sull’Amazzonia La gita alla Venaria Reale di Torino p. MARCO VIGOLO, sx è passato un po’ di tempo da quella mattina del 16 maggio quando 99 persone sono partite alla volta del Piemonte. Abbiamo goduto di un ottimo clima meteorologico per tutta la gita, e questo mi fa dire un grandioso “grazie” al Padreterno che nei giorni precedenti aveva fatto piovere tanto. La nostra gita aveva un programma preciso, che però ha fatto i conti con un imprevisto. Dopo la prima sosta, al cellulare arriva la notizia: “Abbiamo dimenticato una persona all’autogrill”. Così siamo dovuti tornare indietro per recuperarla. E anche qui un altro grande “grazie” va al Padreterno perché la salute e la tranquillità di una persona è più importante anche del bel tempo. Arrivati a destinazione, abbiamo visitato la reggia di Venaria, percorrendo saloni e stanze della splendida residenza Sabauda, a cui si ispirò la reggia di Versailles. Dopo il pranzo, ci siamo diretti verso il centro di Torino, girovagando in libertà. Siamo contenti di aver realizzato questo piccolo sogno: visitare la Venaria Reale. Siamo disposti ad accogliere suggerimenti per le prossime mete. Penso che l’obiettivo di stare insieme gioiosamente sia stato raggiunto. Grazie a tutti i partecipanti e a quanti hanno collaborato per la riuscita dell’iniziativa. E così i “grazie” sono diventati almeno tre… ■ I gitanti all’ingresso della magnifica reggia di Venaria, a Torino GRAZIA DE GIULI al microfono le loro riflessioni sull’esperienza vissuta, mentre altri hanno letto una poesia da loro composta, per dimostrare amore e solidarietà per questa terra grandiosa e indifesa. Lunghi applausi hanno accompagnato ogni intervento. Un cammino laborioso Una premiazione ha coinvolto anche gli stessi saveriani per la loro attiva collaborazione e disponibilità: un riconoscimento scritto su pergamena. La conclusione è stata gestita da p. Marco, con l’invito alla prossima mostra sul Giappone. A cerimonia finita, la festa è proseguita nel chiostro, dove erano esposti tutti i lavori: un viavai disciplinato e composto di studenti e insegnanti che si scambiavano osservazioni e opinioni. Dulcis in fundo, tutti sono stati rifocillati con un rinfresco offerto dai volontari. Con questa giornata si è chiuso il capitolo “Amazzonia”, iniziato il 6 novembre 2009. È stato un cammino laborioso e gratificante da parte di tutti gli operatori, ma crediamo che abbia portato buoni frutti nel campo della conoscenza e comprensione fra i popoli. ■ IL CONVEGNO CEM è... “ADESSO!” Dal 26 al 29 agosto a San Marino BRUNETTO SALVARANI Da molto tempo si dice che abitiamo una società globale sempre più complessa, intrecciata, meticcia. Negli ultimi tre anni, il convegno del CEM (Centro di educazione alla mondialità) ha cercato di fornire qualche risposta in merito. In particolare, l’anno scorso abbiamo riflettuto sulla felicità. Quest’anno rifletteremo sulla paura, intesa come benzina per intolleranze di vario genere ma anche come realtà da vincere con coraggio civile. Se le città e i paesi in cui viviamo sono sempre più multi culturali, la nostra società ha l’obbligo di formare cittadini capaci di vivere con pienezza in questi nuovi contesti. Solo così saranno ricostruiti i legami sociali e la solidarietà che tengono assieme le nostre vite. Di questo e di molto altro ci occuperemo nel nostro 49° convegno, richiamando la parola d’ordine che don Primo Mazzolari, molti anni fa, si era dato nel proprio impegno quotidiano: “Adesso!”. Il programma è molto articolato e adatto a tutti: insegnanti, educatori, formatori; a chi è stanco di essere prudente e vuole partecipare alla sfida di ricostruire la cittadinanza. Si inizia giovedì 26 agosto con la relazione di don Luigi Ciotti, fondatore del gruppo Abele e di Libera, e si prosegue con conferenze e laboratori fino alla festa finale del 29 agosto, quando Mohamed Ba saluterà con il suo spettacolo teatrale “In canto dello spirito”. Per informazioni: tel. 030 3772780, interno 3 E-mail: [email protected] 2010 LUGLIO/AGOSTO CAGLIARI 08015 MACOMER NU - Via Toscana, 9 Tel. 340 0840200 E-mail: [email protected] - C/c. postale 207084 Pellegrinaggio missionario a Sanluri La collaborazione porta sempre buoni frutti I l 18 maggio si è svolto il pellegrinaggio annuale delle delegate missionarie del sud Sardegna. La meta era il convento dei cappuccini di Sanluri, che ospita il museo etnografico. Abbiamo ripercorso 400 anni di storia dei cappuccini in Sardegna e le attività lavorative dei frati: falegname, orologiaio, sarto, fabbro, cantiniere, calzolaio, mugnaio. Ci sono anche gli strumenti musicali dei frati appassionati di organetto sardo (launeddas), i barattoli di erboristeria, i piatti, bicchieri e boccali dei frati vivandieri o farmacisti. Interessante è pure il salone dell’arte sacra, che raccoglie quadri e reliquie, paramenti e statue, ex voto e collane, e una collezione di stampe con canti gregoriani miniati a mano. Il convento dei cappuccini Il cappuccino ottantenne p. Giulio è pittore, scrittore, predicatore e missionario. L’ho incontrato la prima volta durante le confessioni per le Quarant’ore a Cuglieri. L’ho invitato a parlare ai pellegrini della storia del convento, su cui ha scritto un libro. Padre Giulio è stato missionario in Congo e alle Seychelles: ha ricordato che la missione apre il cuore all’accoglienza degli altri. Il convento, fondato nel 1609, è stato anche lazzaretto per dare ricovero agli appestati del 1652: un gesto che causò la morte di cinque frati. La soppressione del 1875 ci ricorda la politica del Risorgimento dopo l’unità d’Italia, con l’esproprio dei beni agli ordini religiosi e la soppressione delle congregazioni religiose. Questo ha causato la diminuzione della carità sociale della chiesa verso i bisognosi e l’inizio dell’emigrazione delle popolazioni povere. p. DINO MARCONI, sx I frati dovettero pagare l’affitto al comune, fin quando un amico comprò il convento all’asta e lo ridonò loro. Il convento è ora un luogo di spiritualità e di accoglienza per i ritiri. La preghiera per ogni continente In chiesa abbiamo recitato la preghiera alla Madonna della strada perché ci accompagni nel nostro cammino della vita, nelle tribolazioni e nelle difficoltà, a tener viva la nostra fede. All’offertorio abbiamo fatto la processione con le bandiere di alcuni paesi dove lavorano i saveriani, pregando la Madonna per i cristiani e i missionari che vivono nei cinque continenti. Padre Daniele Targa ha letto la preghiera mariana alla Madonna di She shan, perchè sostenga l’impegno dei cristiani in Cina: Il Signore completi l’opera Nel mio cuore un ricordo indelebile Vi facciamo dono della lettera che la sorella saveriana Elena Loi ha scritto da Londrina, in Brasile, il 19 maggio 2010. È indirizzata alle sorelle, al parroco e comunità di San Giovanni Evangelista, e a tutti gli amici della Sardegna. Ci fa capire un po’ gli inizi della nostra comunità missionaria di Oristano. potendo partecipaN on re personalmente alla ri- correnza dei 25 anni di presenza delle saveriane a Oristano, vi raggiungo con questo scritto. Con il pensiero sono andata a rivisitare i preparativi per quella nuova avventura di 25 anni fa, quando insieme a Caterina Sias e a Giuliana Picci arrivammo a Oristano. Il viaggio in nave fino a Olbia e poi in treno, era accompagnato da sentimenti 8 di gratitudine per quel “sogno” che si realizzava, di speranza, ma anche di timore per un inizio così incerto. Sapevamo che don Muscas ci metteva a disposizione parte della sua casa di via Ponente e che i cappuccini avevano accettato che noi lavorassimo nella loro parrocchia. Alla stazione di Oristano la prima sorpresa: p. Silvio ci venne incontro per accompagnarci al convento. Subito dopo pranzo, don Muscas ci portò a casa sua. Cantammo il “Magnificat” per ringraziare il Signore, e poi cominciammo a guardarci attorno. Chiedevamo lumi allo Spirito Santo perché ci facesse capire in che direzione muoverci. Ci eravamo poste una sfida: vivere di Provvidenza. Infatti non avevamo alcuna entrata economica e nessuna di noi aveva un lavoro retribuito. Eppure la Con il parroco don Franco, le saveriane di Oristano e la direttrice generale sr. Ines Frizza (a destra) Gli amici della Sardegna meridionale in pellegrinaggio al santuario dei Cappuccini di Sanluri ELENA LOI, mM Provvidenza, attraverso tanti amici e famigliari, non ci lasciò mancare nulla. Abbiamo conosciuto la nuova realtà e le persone, attraverso visite alle famiglie e gruppi di riflessione nelle case. Seguivamo il cammino che la comunità parrocchiale stava facendo e allo stesso tempo prendevamo i contatti con i saveriani e altre parrocchie per l’animazione missionaria. Poi arrivò don Franco; la parrocchia fu smembrata e noi abbiamo partecipato all’organizzazione della nuova parrocchia. Rivedo i tanti volti di persone, giovani e adulti, che si sono dati da fare per le varie iniziative pastorali, per dare appoggio ai primi passi della comunità di San Giovanni Evangelista. Ricordo l’inizio del centro missionario diocesano, l’attività con i senegalesi, il coinvolgimento di Rosaria Garau nell’ufficio diocesano per la catechesi, l’attività con i missionari saveriani di Macomer e Cagliari... e tante altre attività. Sono passati 25 anni! Oggi mi trovo a Londrina, nel sud del Brasile, ma i dieci anni trascorsi in Sardegna hanno lasciato un solco profondo nel mio cuore. Per questo, con voi, ringrazio il Signore e gli chiedo di portare a compimento l’opera da lui iniziata 25 anni fa. A ciascuna e ciascuno, un abbraccio con grande affetto, Elena Loi, mM tra le quotidiane fatiche, continuino a credere, a sperare e a trovare la comunione ecclesiale. La saveriana messicana Olivia, come rappresentante dell’America latina, ha letto la preghiera alla Madonna di Guadalupe, perché continui a manifestare il suo amore per gli indio e la sua protezione per l’evangelizzazione dei popoli delle Americhe. Padre Virginio Simoncelli, per 22 anni in Congo, ha recitato la preghiera per la riconciliazione, la giustizia e la pace in Africa con la protezione di Maria, come suggerito dall’ultimo sinodo dei vescovi africani. Padre Giuseppe Marzarotto, vissuto in Indonesia, ha pregato Maria affinché guidi i cristiani dell’Oceania al porto sicuro dell’incontro con Gesù. Estrazione… benefica Dopo il pranzo in fraternità nel refettorio dei frati, l’incontro si è concluso con l’estrazione dei premi della sottoscrizione pro “Yos Sudarso”, l’ospedale cattolico di Padang in Indonesia, danneggiato dal terremoto del 30 settembre 2009. Nell’ospedale sarà costruita la sala da parto “Edelweis” (stella alpina). Alla generosità sarda si sono unite anche le offerte raccolte dagli amici del “Bar Sport” di Gatteo (Forlì) per la morte improvvisa di mio nipote Davide, avvenuta durante la preparazione dell’iniziativa di sottoscrizione di beneficenza. È un bel messaggio per le delegate e gli amici: la collaborazione porta sempre i suoi buoni frutti. ■ 24 - 27 agosto: ritiro estivo Ricordiamo a tutte le delegate saveriane e agli amici della Sardegna che il ritiro estivo 2010 si tiene nella casa di Macomer da martedì 24 a venerdì 27 agosto. Lo guidano gli ultimi saveriani arrivati: il rettore padre Virginio Simoncelli e l’animatore padre Daniele Targa. UN COMPLEANNO SPECIALE Le saveriane in Sardegna da 25 anni PIERA GRANDI, mM Domenica 23 maggio abbiamo celebrato il “sì” di madre Celestina Bottego: il 24 maggio 1944 ha dato inizio alle missionarie di Maria saveriane, insieme a p. Giacomo Spagnolo. Nello stesso giorno abbiamo festeggiato anche i 25 anni di presenza delle saveriane in Sardegna, nella comunità di Oristano. In preparazione a questa ricorrenza, abbiamo vissuto tre giorni di spiritualità con tutta la comunità parrocchiale di S. Giovanni Evangelista, con incontri belli e profondi, di comunione e di respiro missionario: giovedì l’adorazione Eucaristica; venerdì la recita del rosario missionario; sabato la veglia di Pentecoste in cattedrale. Domenica, dopo la celebrazione Eucaristica presieduta da don Franco e da p. Daniele Targa, il gruppo giovani ci ha presentato un bel recital missionario, “La coperta del mondo”. Il recital ci ha condotto in alcune parti del mondo sulle tracce della “visita di Maria alle varie Elisabette di oggi…”. Lo spettacolo si è chiuso con una danza con “la coperta del mondo”, fatta da tanti pezzi di stoffa annodati tra loro: insieme per riscaldare il mondo, insieme per realizzare il progetto che Dio ha sull’umanità. La nostra gratitudine va al Signore che si serve delle persone per riscaldarci e farci guardare al futuro con serenità. Ricordiamo con gioia ogni gesto, ogni presenza, ogni provvidenza. E chiediamo al Signore che ci faccia essere - a nostra volta provvidenza, presenza e gioia per tutti. 2010 LUGLIO/AGOSTO CREMONA 26100 CREMONA CR - Via Bonomelli, 81 Tel. 0372 456267 - Fax 0372 39699 E-mail: [email protected] - C/c. postale 00272260 Il saveriano dal volto sereno Ricordiamo il cremonese p. Emilio Paloschi grave lutto ha colU npitoaltrola comunità saveriana di Cremona. Dopo la morte di p. Gianni Lazzari a fine gennaio, domenica 23 maggio ci ha lasciato anche p. Emilio Paloschi, nato a San Salvatore di Sospiro il 26 aprile 1936. Era stato ordinato sacerdote il 15 ottobre 1961 insieme ad altri quattro saveriani cremonesi: p. Luigi Brioni, p. Franco Fiori, p. Carlo Lucini e p. Sandro Parmiggiani. Ha lavorato in Sierra Leone, Gran Bretagna e Brasile. Da vari mesi era nell’infermeria della casa madre di Parma per curare una grave malattia al pancreas. “Un tempo di grazia” Per due anni circa, p. Emilio è stato nella comunità saveriana di via Bonomelli. Qui conobbe la gravità del suo male e capì che non avrebbe potuto vivere a lungo, ma non ne era spaventato. Un giorno mi disse, con mio grande stupore: “Per me è un tempo di grazia!”. Conoscevo da mezzo secolo il suo carattere allegro, amante della musica e della danza. Mi piaceva scherzare con lui chiamandolo il saveriano ballerino. Ma non avrei mai immaginato una simile definizione della malattia, che per la maggioranza degli uomini è un tempo di disgrazia. Padre Emilio è morto il giorno di Pentecoste, che conclude il tempo pasquale con la discesa dello Spirito Santo, il Consolatore, lo Spirito della vita senza fine. Il funerale si è svolto in due tappe: il mattino del 25 maggio a Parma, nel santuario dove riposa il beato Conforti, alla presenza di tanti saveriani anziani e malati che spesso p. Emilio serviva e incoraggiava; il pomeriggio nella chiesa gremita di San Salvatore, al paese natale, con tanti sacerdoti e numerosi saveriani provenienti da varie comunità p. SANDRO PARMIGGIANI, sx d’Italia e tre anche dalla Scozia. Ci sono ancora i santi... Il “dulcis in fundo” vale anche per un funerale. Infatti, con dolci parole don Antonio Censori, un saveriano scozzese e due donne della parrocchia hanno messo in luce le virtù di p. Emilio: la sua capacità di ascolto e di dialogo, di vicinanza ai poveri e agli emarginati, perfino ai drogati e alcolizzati. Padre Emilio aveva sempre serenità e dolcezza, calma e pazienza, anche nelle varie prove e sofferenze della vita, sopportate senza lamenti o ribellioni. Grazie, padre Emilio, per i tuoi esempi: ci hai fatto capire che nella chiesa ci sono ancora i santi, più numerosi di quanto pensiamo! Il “grazie” degli amici “Caro p. Emilio, per noi sei sempre stato un grande amico. Caro fratello universale... Un amico saveriano ricorda p. Emilio E milio, ti ricordi quando Selene, tua sorella ancora sedicenne, ti ha accompagnato a Ravenna per iniziare il tuo noviziato e diventare missionario? Al momento di tornare a casa senza di te è crollata a terra svenuta. L’hai vista invece oggi? Selene è venuta a leggere, al tuo funerale: ha proclamato il paradiso e la vita eterna per te. Ti ha lasciato andare e, come tu le avevi suggerito, ha posto la sua fiducia nelle cose che “verranno”. Noi tre saveriani della Gran Bretagna Jim, Tom and John - ammiriamo la sua fede e la ringraziamo. Fratello di tutti e con tutti Ricordi Emilio, quante volte mi hai parlato del tuo “San Salvatore” e quante volte mi hai 8 Padre Emilio Paloschi, a sinistra, con il cognato e la sorella Selene in Scozia, a metà anni novanta detto che amavi profondamente i tuoi compaesani? Oggi però, voglio dir loro che anche noi della Gran Bretagna ti diciamo “nostro”, perché sei venuto tra noi per amore e con cuore sincero ci hai amati. Anche quando hai dovuto trasferirti in Italia a causa della malattia, hai chiesto di rimanere nell’elenco dei saveriani della Gran Bretagna. Come i grandi missionari - Patrizio, Damiano, Ricci - che si sono identificati talmente con il popolo che servivano da dire: “noi irlandesi, noi lebbrosi, noi cinesi...”. Credo che anche tu potresti dire “noi scozzesi, noi brasiliani, noi poveri...”, perché ovunque sei andato, hai saputo diventare loro, fratello universale! Vorrei che tu venissi fuori da p. GIOVANNI ZAMPESE, sx quella cassa per stare ancora in mezzo a noi. Sei stato capace di dialogare con tutti e spronarli a vivere in pienezza la loro vita. Direttore di un’orchestra vivente Ti ricordi di p. Peter Dolan, parroco di Ingol? Ti ha supplicato d’insegnargli l’arte di far dialogare la gente. Diceva: “Basta che padre Emilio si sieda, dopo aver letto il vangelo, e tutte le bocche sembrano aprirsi e dialogare tra loro; e lui diventa il direttore di un’orchestra vivente”. Come dimenticare le innumerevoli feste missionarie quando, scendendo dal pulpito e camminando in mezzo ai fedeli, li aprivi alla verità di essere figli del Padre e tutti responsabili della sua famiglia umana? Tutti missionari, tutti impegnati per il regno di Dio! In Scozia abbiamo finalmente costruito il nuovo centro per incontri e dialogo. Più ci penso e più tu ci appari come colui che ce l’aveva indicato tanto tempo fa come il nostro futuro. Questa che è stata sempre la tua visione sta diventando ora la nostra nuova forza. Ma ci occorre il tuo stile, la tua eleganza nell’accogliere e la tua capacità di guidare al dialogo con tutte le fedi e le culture. Stacci vicino, fratello Emilio, in questa nostra attività di ■ animazione missionaria. Padre Emilio Paloschi, a sinistra, immortalato con un amico di famiglia durante una vacanza a Rimini Abituati a pensarti lontano a compiere la tua missione, il nostro cuore era sempre in attesa di un tuo rientro. Ogni volta era per noi un avvenimento speciale. Sul piazzale della chiesa sapevi ascoltare ognuno di noi che ti raccontava il susseguirsi degli avvenimenti brutti e belli della propria vita e del paese; a ciascuno donavi una parola buona e un consiglio, affiancati sempre dal sorriso. Ora da lassù, vicino al Padre celeste, ci stai ascoltando e noi vogliamo dirti: grazie per l’amore verso il tuo paese, che non hai mai dimenticato. Grazie per le tue preghiere e per tutto quello che avresti desiderato fare per noi”. (i compaesani) Grazie anche a Selene “Caro p. Emilio, grazie per il bene che hai fatto, per come lo hai fatto e a chi lo hai fatto. Hai scelto i più poveri e fra questi i più deboli, cioè i bambini delle favelas. Per loro hai pensato al dono più difficile da offrire: insegnare a leggere e a scrivere. Dicevi: «Solo così sapranno difendere i loro diritti e quelli dei loro fratelli». Grazie a tua sorella Selene, hai saputo coinvolgere e aggregare tanti amici che per anni, insieme anche al gruppo missionario di Cristo Re, ti hanno dato una mano, garantendo una continuità nell’alfabetizzazione di questi ragazzi. Cara Selene, tu eri il “ponte” tra padre Emilio e noi; senza di te non sarebbe stato possibile nulla di ciò che è stato fatto. Tu, per Emilio, sei stata non solo la sorella, ma anche l’amica e la madre”. (Pierina Beltrami e gruppo missionario ■ “Cristo Re” di Cremona) LA FESTA DEI BENEFATTORI 2010 p. SANDRO PARMIGGIANI sx Domenica 30 maggio si e conclusa con la tradizionale festa dei benefattori l’iniziativa missionaria “Battere la fame si deve”. Noi missionari ci sentiamo sempre in prima linea, usando tutte le nostre energie, risorse e strumenti di comunicazione, per “ridimensionare questa triste realtà” - come raccomanda il Papa. La festa è iniziata con la Messa in onore della Santissima Trinità, in suffragio dei nostri cari benefattori e dei nostri confratelli defunti, che hanno consumato tutta la loro vita per la diffusione del vangelo e per la salvezza dei poveri. Certamente continueranno da lassù a collaborare con noi per far conoscere e amare Dio. Premi e premiati 1° premio Zelioli Lanzini - Cremona; 2° premio Fiora Francesca - Pizzighettone (CR); 3° premio Zanesi Corda - Soresina (CR); 4° premio Grulli Rina - Cremona; 5° premio Rossini Rita - Manerbio (BS); 6° premio Tagliasacchi Lucia - Soresina (CR); 7° premio Bignami Renato Pizzighettone (CR); 8° premio Angioletti Gildo - Bergamo; 9° premio Aporti Renato - Solarolo Monasterolo (CR); 10° premio Lazzari Luisa Persichello (CR); 11° premio Anglois Giovanni - Cremona; 12° premio Brambilla Luca - Concorezzo (MI); 13° premio Paggi Giovanna - Trigolo (BG); 14° premio Belli Gino - Cremona; 15° premioPapa Angelo Castelleone (CR) L’elenco dei vincitori sarebbe più lungo per i tanti premi di consolazione che sono stati distribuiti ai presenti. È doveroso ringraziare anche chi non ha vinto nulla, o non ha potuto partecipare alla festa. Abbiamo manifestato la nostra riconoscenza con il rinfresco finale e un gioioso fraterno arrivederci all’anno prossimo! 2010 LUGLIO/AGOSTO DESIO 20033 DESIO MI - Via Don Milani, 2 Tel. 0362 630591 - Fax 0362 301980 E-mail: [email protected] - C/c. postale 00358200 L’umanità che sogniamo A Desio, la festa dei popoli 2010 è stata davvero la festa dei popoli, delle famiglie, dei bambini, degli immigrati, delle associazioni di volontariato e dei giovani quella che si è svolta il 15 e 16 maggio nel cortile dei missionari saveriani, in via Don Milani a Desio. “Il sogno dei popoli, l’umanità che sogniamo” era il titolo scelto per questa edizione, che ha visto la partecipazione di tanti stranieri. “La nostra festa - ha spiegato p. Rosario Giannattasio, retto- L’altare e il palco per la Messa della “Festa dei popoli” 2010 immortalati… dall’alto! PAOLA FARINA re della comunità saveriana di Desio - non è una sagra, ma un momento di incontro e di riflessione sull’importanza del dialogo tra culture e religioni diverse”. Il programma delle due giornate è stato intenso. Sabato sera si è esibito il gruppo “Gobar”, con brani musicali e letture. Domenica mattina è stata celebrata la Messa all’aperto, presieduta da p. Filippo Rondi, che per molti anni ha lavorato a Desio nell’animazione giovanile ed è ora missionario in Bangladesh. Nel pomeriggio, ci sono stati i giochi per i bambini, le danze popolari e il gesto della pace organizzato insieme dai giovani cristiani e musulmani. In serata, lo spettacolo “Sharg Uldusù Stella d’Oriente”, con musiche dal Caspio alla Grecia. Sono rimaste aperte le mostre “I giusti dell’Islam”, sui musulmani che hanno salvato gli ebrei perseguitati nel periodo nazista, e “Dudal Jam”, il progetto promosso da Cem Mondialità a favore del Burkina Faso. Sono stati allestiti gli stand delle associazioni di volontariato e per tut- ta la manifestazione è rimasto a disposizione il servizio ristoro gestito dall’associazione “Rete Speranza”. Con un’attenzione particolare ai prodotti equo solidali e all’acqua, rigorosamente di rubinetto, fornita dall’azienda dei servizi Brianza Acque. ■ Gli stand della “Festa dei popoli” 2010 nel giardino dei saveriani di Desio Tornare per... ritornare Quando una figlia missionaria è a casa in tante circostanU siamo ze la parola “ritornare”: ritornare dal lavoro o dalle vacanze, ritornare indietro nel tempo ricordando il passato, e così via… Ma non ho mai riflettuto così tanto su questa parola come adesso, perché per me ha avuto un significato tutto speciale e con un sapore particolare. Siamo i genitori di Elena Conforto, saveriana da sette anni in Brasile, nella periferia di San Paolo. Lavora nella pastorale giovanile, a contatto con situazioni di forte degrado, aiutando gli emarginati e gli esclusi. Tutto ciò è molto bello. Siamo fieri che il Signore abbia voluto benedire con questa chiamata la nostra famiglia. Anche la “nube islandese”... Ogni giorno lo ringraziamo per il grande dono che ci ha fat- 8 to. Certo non è stato tutto così semplice per noi. La sofferenza della lontananza alcune volte riempie il nostro cuore e così ci abbandoniamo nelle braccia del Signore mettendo nelle sue mani tutta la nostra debolezza. Dopo quattro anni, ecco che Elena è ritornata a casa per un periodo di riposo. Quando ci ha comunicato la notizia del suo rientro, la gioia è stata grande. Abbiamo preparato la sua camera, pronti ad accoglierla con trepidazione e calore. Più si avvicinava il giorno del ritorno e più l’ansia aumentava. Ma a sconvolgere i nostri piani ci ha pensato la nube islandese che l’ha bloccata a San Paolo per altri dieci giorni. Poi, finalmente, eccola ritornare a casa. Elena ha portato una ventata di gioventù. La nostra casa è stata La saveriana Elena Conforto con i genitori Tina e Giovanni, felici per il... “ritorno” mamma TINA spesso visitata da amici e conoscenti che si sono fatti vicini a Elena in questo cammino, accompagnandola e sostenendola. Il nostro piccolo “sì” I giorni sembravano passare troppo in fretta. Abbiamo trascorso una settimana in montagna dove, per tanti anni, quando l’età per noi era più verde, abbiamo condiviso tante belle salite, zaino in spalle, su fino anche a tremila metri, da dove si poteva godere un panorama mozzafiato con lo Stelvio, il Cevedale e il Bernina. Tutto molto bello, ma… in fondo al cuore spesso aleggiava la fatidica parola ritornare. Elena è sì ritornata a casa, ma si avvicinava anche la data del suo ritorno in Brasile. Cercavamo di godere ogni piccolo momento, senza perdere nessuna occasione di gioia, condividendo tutto il più possibile. Dopo due mesi di permanenza con noi, ecco che Elena è ritornata tra i suoi giovani. Certo per noi questo ritorno non è stato indenne. Siamo tornati… a rimetterci nelle braccia del Signore. Non che con Elena a casa ci fossimo dimenticati di lui, anzi, lo ringraziavamo sempre per i momenti di gioia trascorsi insieme. Ora gli chiediamo di aiutarci perché ancora ci dia la forza per ribadire il nostro piccolo “sì” alla chiamata di ■ Elena. I volontari della “Festa dei popoli” 2010 al lavoro in cucina… GLI ALTRI: OSPITI O STRANIERI? p. STEFANO DELLA PIETRA, sx Il 14 maggio scorso, nell’ambito dell’annuale “festa dei popoli” presso la casa dei saveriani di Desio, si è svolta la seconda conferenza del ciclo “Religioni a confronto”. Il tema era molto interessante e di grande attualità: “Le religioni e l’altro: ospite o straniero?”. Hanno parlato tre relatori: un rappresentante dei sufi, un esperto di migrazioni e una docente universitaria. Il sufi Mouelhi Mohsen ha ricordato che noi siamo portati a classificare gli altri in base al colore della pelle, alla lingua e alla religione, anziché vederlo semplicemente come un “essere umano”. Ma valutare gli altri in modo discriminante è andare contro la volontà di Dio, che non fa queste distinzioni. I credenti di tutte le religioni verranno giudicati sulla base del bene che hanno fatto agli altri. Il prof. Franco Valenti ha citato il racconto biblico della torre di Babele, dove gli uomini erano impegnati a edificare un solo popolo, con un unico intento e un’unica lingua. Ma Dio scompiglia i piani e dà origine alla molteplicità dei popoli e delle lingue. Oggi gli immigrati nelle nostre strade e piazze sono come un segno dei tempi: possiamo dire che la chiesa è diventata veramente cattolica, cioè universale. La prof.ssa Patrizia Pozzi, docente all’università di Milano ed esperta in ebraismo, ha ricordato il comandamento che Dio ha dato al popolo eletto di amare lo straniero come se stesso. Sui grandi interrogativi dell’uomo, le tre fedi monoteiste dovrebbero aprirsi e proporre quei valori individuali e universali che possono facilitare la convivenza, nel rispetto di tutti. I relatori della conferenza su “le religioni e l’altro”, con il moderatore Diego Tanderini, il 14 maggio dai saveriani di Desio 2010 LUGLIO/AGOSTO FRIULI 33100 UDINE UD - Via Monte S. Michele, 70 Tel. 0432 471818 - E-mail: [email protected] - C/c. postale 210336 Ripartenza a settant’anni Un desiderio covato nel cuore caratteristica del nostro U nafondatore, il beato Guido Conforti, emersa dagli studi recenti sulla sua vita è stata quella delle “ripartenze”. Davanti alle molteplici difficoltà che ha incontrato sul suo cammino fin da giovane, e poi come fondatore dei missionari saveriani e perfino da vescovo di Ravenna e di Parma, non si è mai scoraggiato, ma è sempre “ripartito” con nuovi tentativi e tanto coraggio, cercando nuove soluzioni. Mi sento ancora utile Io non posso certo paragonarmi al beato Conforti, ma ciò che ho sempre covato nel profondo del cuore è stato il desiderio di ripartire per l’Amazzonia, dove ho già lavorato per 15 anni. Ora che mia mamma è andata in cielo, voglio cercare di rendermi ancora utile in qualcosa. Sono consapevole che ripartire a settant’anni non è la stessa cosa di quando ne avevo 35, come è accaduto la prima volta. Qualche acciacco c’è, ma i medici mi hanno dato il “via libera” per la partenza. Ritornando nello stesso ambiente, spero di non fare tanta fatica a inserirmi nuovamente nel contesto missionario. Sono consapevole che il passo che sto per fare è duro, ma con l’aiuto del Signore desidero tentare. Sì, più volte mi sono chiesto se sono “mezzo pazzo”, un incosciente, o uno che ha la voglia di provare a ripartire, di dare ancora qualche anno di vita per la missione. Il tempo darà la risposta giusta. Come i perni della bicicletta Ho confidato alcune mie perplessità a un confratello che lavora a Taipei, capitale dell’isola p. DOMENICO MENEGUZZI, sx Taiwan. Lui mi ha risposto così: “Per il ritorno in Amazzonia, a botta calda, mi viene da dire che fai benissimo, che ci vuole, che è profetico. Vedrai quanto utile sarai: forse non per le energie fisiche, ma per il fatto di esserci, di ascoltare, di fare il tifo, di sostenere, di condividere... I perni delle biciclette si muovono solo su se stessi, non toccano la strada, ma sono indispensabili alle ruote. C’è un livello di servizio missionario che solo gli anziani possono dare, ed è appunto quello spirituale. Se la salute tiene un po’, credo che sarà un’esperienza bellissima, molto ricca e soprattutto molto utile per tanti”. L’esperienza che ho fatto nella chiesa di Udine è stata certamente preziosa per me, anche se non sono mancate le difficoltà. Ringrazio e saluto di cuore tutti coloro che il Signore ha messo sul mio ‘Dinsi une man’ è bello p. CARMELO BOESSO, sx Comunità di volontariato... diversamente abile di volontariaL’ associazione to “Dinsi une man” (Dia- moci una mano), riconosciuta come onlus dal 1988, lavora da diversi anni nel territorio regionale del Friuli per aiutare persone con handicap fisici. Trova le sue origini nella “Comunità Piergiorgio” di Udine che, fra le altre attività, nel 1972 iniziò a Lignano Sabbiadoro (UD) i soggiorni marini per i diversamente abili. Ospiti dei saveriani di Udine Nel 1988 la “Comunità Piergiorgio” ha voluto affidare questa iniziativa ai disabili coinvolti, che divennero in tal modo i primi protagonisti nell’organiz- 8 zazione dei loro soggiorni, e ai volontari, che già da anni erano impegnati a condividere e collaborare in tale esperienza. Così si è costituita la comunità di volontariato “Dinsi une man’”. La sua sede legale è situata a Tolmezzo (UD) che trovandosi però un po’ decentrata rispetto all’attività che si sviluppa in tutta la regione, ha chiesto di poter usufruire di alcuni ambienti della casa dei saveriani in via San Michele a Udine. Già sono state svolte varie attività in diverse occasioni, con il desiderio di continuare a dare la nostra disponibilità. La principale attività dell’associazione sta nell’organizzare e gestire i soggiorni estivi al ma- Alcuni rappresentanti dell’associazione di volontariato “Dinsi une man” che si riunisce anche dai saveriani di Udine re, che coinvolgono circa 200 persone fra diversamente abili e volontari. Queste persone non provengono solo dal Friuli Venezia Giulia, ma anche da altre regioni italiane e da alcuni stati confinanti, come Austria, Slovenia e Germania. Attualmente il soggiorno si svolge a Bibione in una sede messa a disposizione dal C.I.F. di Venezia, la colonia marina Pio XII. Un’opportunità per tanti Quest’esperienza permette di entrare a contatto con il mondo dei diversamente abili e le loro famiglie, di conoscerne le problematiche nelle diverse sfaccettature e di sviluppare relazioni significative con tutti i partecipanti. Infatti, l’esperienza dei soggiorni ha favorito la nascita di varie iniziative di volontariato, oggi consolidate e che lavorano nei vari territori: gruppi e associazioni di volontariato, comunità di vita e gruppi di famiglia, cooperative sociali, famiglie aperte... Per molti giovani è stata un’occasione per orientare concretamente le proprie scelte di vita. Nel corso dell’anno, inoltre, l’associazione è impegnata in attività di sensibilizzazione ai temi dell’handicap e in quelli per il reperimento e la formazione dei volontari, con incontri nelle scuole e nei gruppi giovanili delle parrocchie e degli scout. ■ Padre Domenico Meneguzzi è tornato in Brasile, per provare l’effetto della missione all’età di settant’anni; nella foto, quando gli anni erano la metà... cammino: sacerdoti, laici giovani e adulti. Li porto tutti nel cuore. Una lettera tanto… sudata Cari amici, questa ultima parte ve la scrivo da Belém dove sono arrivato il 27 maggio alle 13 (ora locale). Il viaggio è stato buono, senza nessun disguido. Ora mi trovo provvisoriamente a Belém, capitale dello stato del Pará, in Amazzonia. Mentre vi scrivo, in stanza sono completamente circondato da 33 gradi. Spalancando porta e finestre, ogni tanto arriva uno spiffero di vento. Molti vecchi amici, saputo che sono arrivato, mi cercano per telefono o vengono a trovarmi. Nella prossima settimana, dopo aver terminato le formalità con la polizia federale, mi trasferirò ad Abaetetuba. Da là vi darò notizie più precise circa l’indirizzo e il numero telefonico. Per il momento mi fermo qui, anche per asciugarmi per la terza volta il sudore che cade dalla fronte e dalle spalle. Ma fra qualche giorno mi sarò abituato e anche questo disagio si farà sentire di meno. Grazie a tutti voi per il sostegno e le preghiere. Alla prossima. ■ “COPPIE PER CRISTO” Associazione per la famiglia e la vita p. LORENZO MATTIUSSI, sx In questi mesi l’associazione cattolica “Coppie per Cristo”, nata nelle Filippine, si è radunata varie volte nella casa dei saveriani di Udine e ha programmato un nuovo incontro il 15 agosto prossimo. È un movimento fondato dai coniugi Francisco e Geralda Padilla nel giugno 1981. Propone alle famiglie cristiane un cammino di formazione ai valori evangelici, perché siano di ispirazione e guida nella loro vita famigliare e nella società. Gli incontri di formazione e di preghiera per gli sposi e i figli, ovviamente sono organizzati con modalità, dinamiche e contenuti diversi. “Coppie per Cristo” ha diversi gruppi non solo in Italia, ma anche in Austria, Francia, Germania e Svizzera, dove si trovano immigrati filippini. Accoglie volentieri anche coppie di altre origini e di diversa religione, inclusi i musulmani. Con un documento della segreteria di Stato del 10 settembre 2009, il Vaticano ha ufficialmente approvato lo statuto del movimento. Il prossimo incontro nella nostra comunità riunisce gli aderenti al movimento provenienti dall’Austria, dal Veneto e dal Friuli Venezia Giulia. La giornata classica di ritiro prevede momenti di preghiera e di formazione per le coppie e per i figli separatamente, alternati a momenti di convivialità. Gli organizzatori desiderano rendere questi incontri più frequenti (con un ritmo mensile), ma le distanze rendono difficile la realizzazione di questo desiderio. I saveriani di Udine sono comunque pronti ad accoglierli a braccia aperte. L’associazione filippina “Coppie per Cristo” si ritrova dai saveriani di Udine; con loro, da buon padrone di casa, p. Lorenzo Mattiussi 2010 LUGLIO/AGOSTO MACOMER 08015 MACOMER NU - Via Toscana, 9 Tel. 0785 70120 - Fax 0785 70706 E-mail: [email protected] - C/c. postale 207084 La “Madonnina nera” di Valverde Il pellegrinaggio missionario ad Alghero amici e le delegate misG lisionarie di Macomer e del nord Sardegna il 1° giugno sono stati in pellegrinaggio al santuario Nostra Signora di Valverde, ad Alghero. In una bella giornata di sole, ci siamo avvicinati al santuario ammirando un paesaggio verde, di nome e di fatto, per l’insolita stagione piovosa e per la presenza di oliveti e vigneti ben coltivati. Ritornare alla fonte Ricorre il 75° anniversario della solenne incoronazione della statua della Madonna di Valverde, avvenuta il 26 maggio del 1935 alla presenza di tutti i vescovi della Sardegna. Le statue e le immagini della Madonna venivano solennemente incoronate dopo eventi miracolosi a favore della popolazione, come vediamo in diversi santuari mariani per rico- noscenza alla divina protezione. La pergamena esposta in sagrestia ricorda che nel 1949 Pio XII ha proclamato Nostra Signora di Valverde co-patrona della città e della diocesi di Alghero. Il pellegrinaggio mariano non è solo un ricordo della fede popolare del tempo passato, ma deve continuare a indicarci “la fonte” della grazia e della religiosità anche per le generazioni attuali e per ciascuno di noi. Maria è la via privilegiata per accostarci all’amore del Padre e alla volontà salvifica di Gesù Redentore. Il suo sguardo di Madre spirituale ci guida ancora in questo difficile cammino della vita. Un culto di lunga tradizione La piccola “Madonnina nera” tiene in braccio Gesù che a sua volta tiene in mano il mondo. Questo particolare ricorda il p. DINO MARCONI, sx bambino Gesù della Madonna di Gonare. La devozione alla Madonna di Valverde ha una lunga storia ed è molto sentita. Nel Medioevo la zona era certamente luogo di ritiro di eremiti che hanno costruito varie chiesette. L’origine della statuetta in terracotta scura, alta circa 40 centimetri, è sconosciuta. La tradizione parla di un provvidenziale ritrovamento: era stata nascosta sotto terra, ai piedi di una colonna che si vede sul piazzale, per sottrarla alla profanazione dei pirati saraceni, che distruggevano i segni cristiani e portavano via gli uomini per farli schiavi (come è accaduto nel 1530 nel villaggio di Valverde). Si racconta che verso la fine del 1300 un eremita - ispirato in sogno dalla Vergine - trovò la piccola statua nascosta sotto una colonna accanto all’antica chiesa Il Signore completi l’opera Nel mio cuore un ricordo indelebile Vi facciamo dono della lettera che la sorella saveriana Elena Loi ha scritto da Londrina, in Brasile, il 19 maggio 2010. È indirizzata alle sorelle, al parroco e comunità di San Giovanni Evangelista, e a tutti gli amici della Sardegna. Ci fa capire un po’ gli inizi della nostra comunità missionaria di Oristano. potendo partecipaN on re personalmente alla ri- correnza dei 25 anni di presenza delle saveriane a Oristano, vi raggiungo con questo scritto. Con il pensiero sono andata a rivisitare i preparativi per quella nuova avventura di 25 anni fa, quando insieme a Caterina Sias e a Giuliana Picci arrivammo a Oristano. Il viaggio in nave fino a Olbia e poi in treno, era accompagnato da sentimenti 8 di gratitudine per quel “sogno” che si realizzava, di speranza, ma anche di timore per un inizio così incerto. Sapevamo che don Muscas ci metteva a disposizione parte della sua casa di via Ponente e che i cappuccini avevano accettato che noi lavorassimo nella loro parrocchia. Alla stazione di Oristano la prima sorpresa: p. Silvio ci venne incontro per accompagnarci al convento. Subito dopo pranzo, don Muscas ci portò a casa sua. Cantammo il “Magnificat” per ringraziare il Signore, e poi cominciammo a guardarci attorno. Chiedevamo lumi allo Spirito Santo perché ci facesse capire in che direzione muoverci. Ci eravamo poste una sfida: vivere di Provvidenza. Infatti non avevamo alcuna entrata economica e nessuna di noi aveva un lavoro retribuito. Eppure la Con il parroco don Franco, le saveriane di Oristano e la direttrice generale sr. Ines Frizza (a destra) ELENA LOI, mM Provvidenza, attraverso tanti amici e famigliari, non ci lasciò mancare nulla. Abbiamo conosciuto la nuova realtà e le persone, attraverso visite alle famiglie e gruppi di riflessione nelle case. Seguivamo il cammino che la comunità parrocchiale stava facendo e allo stesso tempo prendevamo i contatti con i saveriani e altre parrocchie per l’animazione missionaria. Poi arrivò don Franco; la parrocchia fu smembrata e noi abbiamo partecipato all’organizzazione della nuova parrocchia. Rivedo i tanti volti di persone, giovani e adulti, che si sono dati da fare per le varie iniziative pastorali, per dare appoggio ai primi passi della comunità di San Giovanni Evangelista. Ricordo l’inizio del centro missionario diocesano, l’attività con i senegalesi, il coinvolgimento di Rosaria Garau nell’ufficio diocesano per la catechesi, l’attività con i missionari saveriani di Macomer e Cagliari... e tante altre attività. Sono passati 25 anni! Oggi mi trovo a Londrina, nel sud del Brasile, ma i dieci anni trascorsi in Sardegna hanno lasciato un solco profondo nel mio cuore. Per questo, con voi, ringrazio il Signore e gli chiedo di portare a compimento l’opera da lui iniziata 25 anni fa. A ciascuna e ciascuno, un abbraccio con grande affetto, Elena Loi, mM Delegate missionarie e amici, accompagnati dai saveriani, in pellegrinaggio al santuario Nostra Signora di Valverde, ad Alghero del Pilar, dove poi venne portata. L’attuale chiesa risale invece al 1600 ed è dedicata anche alla Madonna della Freccia, pure venerata nella parte superiore dell’altare maggiore. I “gemellaggi mariani” La chiesa in stile neoclassico prende il nome dalla statua in terracotta della Madonna di Valverde. Nei secoli, le pareti del piccolo santuario sono state ricoperte da quadri e tele di santi. Gli ex voto di ringraziamento dei devoti nelle cappelle laterali sono suddivisi secondo il genere delle grazie ricevute: in mare, in campagna, in malattia, in guerra... Una specie di “gemellaggio mariano” è ricordato dalle statue e immagini poste sugli altari laterali: Nostra Signora di Meritxell del santuario di Andorra; la Madonna di Montserrat donata dall’abbazia presso Barcellona; l’immagine della Madonna di Pompei; la statua della Lauretana; l’icona di Cze˛stochowa... Anche noi abbiamo fatto parte del coro di tutte le genti che cantano “beata te, o Maria, per la tua maternità umana e divina di Gesù, figlio di Dio!”. Abbiamo concluso la giornata con la visita a Capo Caccia per contemplare le meraviglie naturali di questo nostro mondo, a cui Gesù tiene così tanto da aver dato la propria vita per salvarlo. ■ 24 - 27 agosto: ritiro estivo Ricordiamo a tutte le delegate saveriane e agli amici della Sardegna che il ritiro estivo 2010 si tiene nella casa di Macomer da martedì 24 a venerdì 27 agosto. Lo guidano gli ultimi saveriani arrivati: il rettore padre Virginio Simoncelli e l’animatore padre Daniele Targa. UN COMPLEANNO SPECIALE Le saveriane in Sardegna da 25 anni PIERA GRANDI, mM Domenica 23 maggio abbiamo celebrato il “sì” di madre Celestina Bottego: il 24 maggio 1944 ha dato inizio alle missionarie di Maria saveriane, insieme a p. Giacomo Spagnolo. Nello stesso giorno abbiamo festeggiato anche i 25 anni di presenza delle saveriane in Sardegna, nella comunità di Oristano. In preparazione a questa ricorrenza, abbiamo vissuto tre giorni di spiritualità con tutta la comunità parrocchiale di S. Giovanni Evangelista, con incontri belli e profondi, di comunione e di respiro missionario: giovedì l’adorazione Eucaristica; venerdì la recita del rosario missionario; sabato la veglia di Pentecoste in cattedrale. Domenica, dopo la celebrazione Eucaristica presieduta da don Franco e da p. Daniele Targa, il gruppo giovani ci ha presentato un bel recital missionario, “La coperta del mondo”. Il recital ci ha condotto in alcune parti del mondo sulle tracce della “visita di Maria alle varie Elisabette di oggi…”. Lo spettacolo si è chiuso con una danza con “la coperta del mondo”, fatta da tanti pezzi di stoffa annodati tra loro: insieme per riscaldare il mondo, insieme per realizzare il progetto che Dio ha sull’umanità. La nostra gratitudine va al Signore che si serve delle persone per riscaldarci e farci guardare al futuro con serenità. Ricordiamo con gioia ogni gesto, ogni presenza, ogni provvidenza. E chiediamo al Signore che ci faccia essere - a nostra volta - provvidenza, presenza e gioia per tutti. 2010 LUGLIO/AGOSTO MARCHE 60129 ANCONA AN - Via del Castellano, 40 Tel. 071 895368 - Fax 071 2812639 E-mail: [email protected] - C/c. postale 330605 SAVERIANI MARCHE Un grande esempio di umanità Il cappellano speciale: p. Agostino Clementini Padre Agostino Clementini, saveriano maceratese di Urbisaglia, ci ha lasciati il 2 giugno 2010. Dopo il rito funebre in casa madre dei saveriani a Parma, la salma è stata trasportata all’abbadia di Fiastra per la santa Messa di commiato e la sepoltura nel cimitero di Urbisaglia, sabato 5 giugno. Mercoledì 9 giugno il vescovo di Imola ha celebrato, insieme ai saveriani e vari sacerdoti della diocesi, la santa Messa di suffragio nel settimo giorno della morte del missionario. Erano presenti anche alcuni dottori e le “donne” che collaboravano con lui nel servizio pastorale ai malati dell’ospedale. Al termine, la signora Vittoria ha voluto ricordare il missionario con le parole che pubblichiamo. avuto la fortuna di coH onoscere p. Agostino Cle- mentini subito dopo il suo arrivo come cappellano all’ospedale di Imola, il 22 gennaio del 2007. Il missionario cercava “donne” disposte a collaborare, che lo aiutassero a visitare i malati. Non molti sanno che qui a Imola egli aveva impostato il suo lavoro di cappellano in modo del tutto nuovo: non da solo, bensì con la collaborazione di alcune persone, che lui scherzosamente soleva definire come “le mie donne”. Padre e guida per tanti Nella sua bella età, era un uomo lucido, volitivo, capace di cogliere lo stato d’animo di chi gli stava davanti. Mi hanno colpito la sua serenità e chiarezza nei rapporti con le persone, nonché la VITTORIA PALMONARI profonda umanità che emergeva anche dai racconti, spesso piacevoli, della sua vita di missionario o dell’esperienza fatta in altri ospedali a Viareggio e a Genova. Sin dall’inizio del lavoro svolto con lui, l’ho sentito come padre e guida: il dialogo era possibile anche quando le idee erano divergenti e il confronto riguardo ai problemi incontrati durante le visite in corsia era costruttivo. Padre Agostino ha lasciato un grande rimpianto in coloro che l’hanno conosciuto: la chiarezza di idee, la determinazione, l’indipendenza di giudizio, unite alla dolce fermezza del suo carattere non potevano non colpire. Con spirito missionario La profonda sensibilità di cui Il bene dei corpi e delle anime La passione di p. Agostino Clementini P adre Agostino Clementini ci ha lasciati così inaspettatamente da farci pensare alle parole di Gesù: “Vegliate, perché non sapete in quale giorno il Signore verrà…” (Mt 24, 42-44). La morte arriva all’improvviso, ma per lui, forse, non è stata così inaspettata, perché il Signore spesso dà dei presentimenti. Era preparato e si è presentato in cielo come uno di quei servi che l’evangelista Matteo descrive nella scena del giudizio finale: “Venite, benedetti dal Padre mio, perché avevo fame e mi avete dato da mangiare, ero malato e mi avete visitato…”. 8 Diligente e capace Agostino era nato a Urbisaglia, in provincia di Macerata, il 6 agosto 1926. A tredici anni era entrato nella scuola apostolica di Poggio San Marcello (AN) ed era stato ordinato prete il 21 marzo 1953, a 27 anni. Aveva avuto vari incarichi nelle comunità saveriane d’Italia, spesso come economo. Anch’io l’ho avuto come economo per sette anni, prima a Parma e poi a Roma. Era diligente e capace, provvedeva sempre alle necessità dei confratelli con premure fraterne e sapeva conquistare la simpatia e l’affetto dei benefattori. Ha servito bene nell’obbedienza, ma non era questa l’aspirazione del suo cuore. Egli viveva di nostalgia per la missione dell’Indonesia dove era stato per tre anni dal 1961, e poi di nuovo nel 1968, costretto però a tornare in Italia per ragioni di salute. Aveva nel cuore la passione per il bene delle anime. Perciò, trovava sempre il tempo p. AUGUSTO LUCA, sx per dedicarsi ai ministeri più vari, soprattutto visitando le famiglie e i malati. Vi portava il dono dell’amicizia e una parola buona che si depositava nel cuore delle persone, specie se afflitte da qualche dolore. Padre Agostino davanti all’abbadia di Fiastra, dove è cresciuto con la sua famiglia A servizio dei malati Quando, in anni recenti, fu mandato a Genova - Pegli, non trovò sufficiente prestarsi per qualche ministero domenicale, ma scelse un apostolato fisso in ospedale. Ricordo con quale soddisfazione raccontava la risposta spirituale dei malati. Sentiva che era un grande apostolato, tanto che, trasferito a San Pietro in Vincoli (Ravenna), trovò il modo dedicarsi a pieno ritmo all’assistenza dei malati nell’ospedale di Imola. Risiedeva all’ospedale e tornava in comunità un giorno la settimana. Quando me ne parlava, ho avuto l’impressione che abusasse un po’ delle sue forze, tenuto conto dell’età e dei vari acciacchi. Caro padre Agostino, tu sei arrivato alla meta e già contempli il volto di Dio. Prega per noi, per i tuoi parenti che ti hanno voluto bene, per noi che ti abbiamo sentito fratello e ci siamo edificati per la tua vita e la ■ tua pietà. Padre Agostino con due collaboratrici era dotato lo rendeva partecipe dei problemi e delle sofferenze di ciascuno, soprattutto dei malati, cui si dedicava senza risparmiarsi. Ha svolto il suo servizio con vero spirito missionario, con totale disponibilità per tutto l’arco della giornata. Conquistava i pazienti al punto che molti sono arrivati a dire “è un mio amico”. Ma la cosa più grande è che il Signore gli ha dato la consolazione di convertire non poche persone giunte al termine della loro vita, o di preparare adeguatamente la famiglia e ottenere il permesso di somministrare l’olio santo. Numerose anche le comunioni che venivano distribuite in giorni stabiliti o quotidianamente. Una carezza, un bacio... Perché la luce di Dio è pene- trata in tanti cuori? La profonda umanità di quest’uomo è stato il mezzo di cui il Signore si è servito. Padre Agostino si avvicinava ai malati ponendosi sullo stesso piano, colloquiando con giovani e anziani, dando una carezza e anche un bacio. Se non era nei reparti, lo si trovava in cappella in preghiera, sempre disponibile per colloqui e confessioni. Quando le forze hanno cominciato a venirgli meno e la malattia ha avuto il sopravvento, ha cercato di combatterla, pur nel disagio fisico e psicologico, con quella determinazione che lo contraddistingueva; ma negli ultimi tempi del padre Agostino che avevamo conosciuto non era rimasta neppure la voce. Mi piace pensare che le schiere degli angeli lo abbiano accolto, per portarlo nella pace di Dio. ■ MATTEO RICCI E L’ AGGIORNAMENTO p. AGOSTINO CLEMENTINI, sx Questi pensieri del missionario scomparso, ripresi dal numero di gennaio 2010 (edizione Romagna), sono stati letti al termine della Messa all’abbadia di Fiastra. Come missionario e ancor più come maceratese, sto vivendo con interesse il 4° centenario della morte di p. Matteo Ricci, il gesuita matematico, astronomo, filosofo e letterato, detto il “Colombo dell’oriente”. Padre Ricci nel 1577, dopo sei mesi di navigazione, giunse a Goa in India; da qui proseguì per Macao e il 24 gennaio 1601 mise piede a Pechino. Qui morì e fu sepolto, dopo aver creato in nove anni di intensa attività un ponte tra la Cina e il resto del mondo. Nel 1961 la sua grande storia mi aiutò a capire la mia. Nel salpare da Venezia con il mercantile “Isarco” verso l’Indonesia (dove sarei giunto dopo 24 giorni), la cerimonia più sentita non fu il canto di “Mamma, addio” e di “Ave maris Stella”, ma la sostituzione della veste nera con quella bianca. Indossando quella veste sentivo di entrare in un altro mondo. Ricordo che negli anni ‘50 fece epoca la richiesta di un missionario che, dovendo rimpatriare dalla Cina dopo oltre 30 anni, scriveva ai suoi fratelli: “Potete venire a prendermi alla stazione con un asino?”. I fratelli non sapevano come accontentarlo, perché l’asino con cui era stato accompagnato alla stazione non c’era più. Una volta ci si accorgeva del passare degli anni dalla crescita dei bambini e dall’invecchiamento degli adulti. Oggi si invecchia più lentamente, grazie a Dio. Non sono gli anni che ci sfuggono, ma il mondo in cui viviamo che cambia da un giorno all’altro. E chi per lavoro ha a che fare con il mondo, deve continuamente aggiornarsi. Da questo dovere non possiamo Padre Agostino Clementini, esimerci noi missionasaveriano marchigiano di Urbisaglia (MC), ri, sia nel conservare la 8.8.1926 - 2.6.2010, in veste di cappellano fede sia nel proporla. dell’ospedale di Imola (2007) 2010 LUGLIO/AGOSTO PARMA 43100 PARMA PR - Viale S. Martino, 8 Tel. 0521 920511 - Fax 0521 920502 E-mail: [email protected] - C/c. postale 153437 P. Luigi Medici intervistato per la radio della parrocchia di Santa Mariana in Brasile Il Brasile palmo a palmo L’opera missionaria di p. Luigi Medici P adre Luigi Medici ha trascorso quasi cinquant’anni in Brasile e scriverne la vita ne verrebbe fuori un romanzo. È quello che ha cercato di fare un nipote, Giuseppe Botti, che ha raccolto i racconti dalla viva voce dello zio missionario, componendo una specie di piccolo romanzo storico di poco più di 150 pagine, intitolato “Santa Flora”. Il protagonista è lui, padre Luigi, ma compare con il nome di “padre Marco”. Il cardinale Camillo Ruini, in una breve prefazione, afferma: “Ciascuno dei brevi scritti che compongono questo libro è ricco di un’esperienza di vita tanto semplice e immediata, quanto significativa e profonda”. “Il Signore mi ha preso in parola” Luigi Medici era nato a Sassuolo il 13 gennaio 1920, terzo di sei fratelli. Il padre Vincenzo morì che egli aveva nove anni e la madre Ida portò avanti la numerosa famiglia con grande spirito di sacrificio e tanta fede. Luigi voleva farsi prete e la mamma chiese aiuti a conoscenti e amici per mantenerlo in seminario. Quando Luigi ebbe terminato il liceo, entrò nell’istituto dei saveriani per studiare la teologia e andare in missione. Sua madre accettò con fede questo distacco e gli scrisse: “Quand’eri ancora nel mio grembo ti offrii al Signore perché fossi tutto suo. Oggi mi accorgo che il Signore mi ha preso in parola” (lettera del 18 giugno 1941). Divenuto prete il 29 giugno 1945, rimase alcuni anni in Italia, poi nel 1954 ebbe il via libera per il Brasile. La mamma gli scrisse ancora: “Caro Gigi, non ti nasconderò che ho pianto tutto il giorno. Piango, però credo che il Signore sia padrone dei nostri figli. Il Signore ti accompagni ovunque tu vada”. Dalla catapecchia al seminario Il primo compito che gli fu affidato, quando non sapeva ancora molto la lingua portoghese, fu di andare a San Paolo per chiede- p. AUGUSTO LUCA, sx re a un vescovo di fare servizio in una parrocchia. Il vescovo lo mandò in una parrocchia alla periferia della città, ma il parroco non lo fece nemmeno entrare in casa, perché la parrocchia aveva molti immigrati russi e p. Luigi non sapeva parlare il russo. Era sera e lui non sapeva dove andare. Si trovò, per caso, a passare davanti alla porta di un convento di cappuccini e chiese ospitalità. Dormì in una catapecchia, destinata ai poveri. Il giorno dopo, il vescovo gli offrì un’alternativa, dove p. Luigi esercitò il primo ministero, per due o tre anni. A San Paolo, in quel periodo egli iniziò un centro di animazione missionaria, con la distribuzione del rosario missionario e di statuette sacre. Una vera comunità cristiana Nel 1958, il superiore lo inviò nella città di Jaquapità per fare il parroco e fondarvi un seminario saveriano. Con l’aiuto dei cristiani, il seminario fu costruito e cominciò a funzionare nell’agosto 1960. Fu poi mandato a Laran- Il premio di Dio e della gente Riconoscenza e affetto senza tempo storia saveriana in BraN ella sile, p. Medici sarà ricorda- to per aver fondato il primo centro di animazione missionaria, per aver costruito il seminario principale a Jaquapità e altri tre piccoli seminari, ma ciò che lo ha distinto è stata l’attività pastorale, portata avanti con grande zelo e spirito di iniziativa. I suoi parrocchiani lo ricordano con riconoscenza e affetto. Se ne è avuta una prova quando celebrò il sessantesimo di ordinazione presbiterale. L’ultimo incarico carioca Erano 25 anni e più che egli aveva lasciato Santa Mariana, 8 ma i fedeli di quella parrocchia lo ricordavano con affetto e vollero festeggiarlo nella loro chiesa. Lo fecero il 2 giugno 2005. Siccome si prevedeva che i fedeli sarebbero stati molto numerosi, la celebrazione fu organizzata nello stadio con una capienza di circa cinquemila persone. Poi padre Luigi fu costretto a tornare di nuovo in Italia con il cuore gravemente in disordine. Ma dopo i vari tentativi e rimedi, pareva che i medici non sapessero più cosa fargli. Allora egli chiese di tornare in Brasile, pur conoscendo le sue precarie condizioni di salute. Disse che Nel 2005 p. Luigi Medici, a destra, ha festeggiato in Brasile il 60° di ordinazione sacerdotale: ha presieduto l’Eucaristia il cardinale Evaristo Arns, arcivescovo emerito di San Paolo p. A. LUCA, sx se non poteva dedicarsi all’apostolato, sarebbe rimasto nella casa religiosa a ordinare l’archivio saveriano. Così fece con diligenza e grande capacità. Gli anni più difficili Quando le sue condizioni fisiche si deteriorarono ancor più, nel 2007 p. Luigi tornò in Italia. Questi ultimi anni sono stati assai penosi per lui, perché il male avanzava inesorabile. Il Signore ha voluto farlo passare attraverso il dolore per purificarlo come l’oro e prepararlo così all’incontro gioioso con il Padre. Questo incontro è avvenuto la mattina di domenica 6 giugno 2010, partendo dalla casa madre e dal santuario del beato Conforti, fondatore dei saveriani. Ringraziamo padre Medici per tutto quello che ha fatto per la chiesa brasiliana, per l’amore che ha sempre dimostrato per la congregazione, e lo raccomandiamo alla misericordia di Dio, perché gli dia il premio per il suo zelo e le sue fatiche. Caro p. Luigi, dal cielo prega per noi, per i tuoi familiari e per la tua e nostra congregazione. Non dimenticare il tuo Brasile per il quale hai la■ vorato e sofferto tanto. jeira do Sul, ancora con il compito di costruirvi un seminario. Trovò una chiesa bella e grande, sempre piena; la corrispondenza dei fedeli dava soddisfazione. Qui p. Luigi fondò la “Legione di Maria”, un’associazione che ha fatto del bene. Poi altri cambiamenti: fondazione della parrocchia di Santa Mariana e costruzione di un piccolo seminario saveriano. “La gioia più grande - diceva - l’ho vissuta nella parrocchia di santa Mariana”. Là si è fermato più a lungo e ha avuto la consolazione di vedere trasformarsi la città in una vera comunità che viveva intensamente la vita cristiana. Nel 1978 p. Luigi è stato eletto per tre anni superiore dei saveriani in Brasile, prima di approdare a Curitiba. ■ (continua a lato) “NellA vita ci vuole coraggio” GABRIELLA MEDICI L’8 giugno nel santuario “Beato Conforti”, al termine dell’Eucaristia di commiato, la nipote Gabriella ha voluto salutare padre Medici con parole affettuose e sincere. Caro zio, non potevo lasciare questa chiesa senza darti il mio ultimo saluto. Sei mancato alle 6.30 nel giorno del Corpus Domini. Alla stessa ora mi ero alzata, ho guardato l’orologio, era presto, sono tornata a letto. Dopo ho capito, eri venuto a salutarmi. Caro zio, quanto mi mancherai! Non dovrei essere triste perché tu non avresti voluto, per te così ispirato nel portare avanti la missione, tu che ritenevi la morte un passaggio, l’anticamera di qualcosa di più grande. Ma sono triste lo stesso, perché mi mancheranno le nostre chiacchierate, le tue sonore risate, le tue barzellette, i tuoi consigli e grandissimi insegnamenti. Anche quando la malattia cominciava a prenderti e le tue facoltà ti stavano abbandonando, riuscivi a rimanere l’uomo ispirato e illuminante quale sei stato. Ricordo la fatica a comunicare con te, perché eri sordo come una campana e ci sentivi poco e male, e noi dovevamo urlare, con dispiacere forse dei missionari che assistevano ai nostri colloqui quasi surreali. I tuoi sorrisi, la tua innata allegria, la tua voglia di scherzare nella vita e sulla vita ci accompagneranno nei ricordi. Entusiasta della vita, dicevi: “La vita è bella perché è un dono. Il sole, la pioggia, la tempesta, il venticello sono le pennellate dell’amore di Dio e tutte hanno il loro fascino e mi modellano per l’eternità”. Chiunque ti abbia conosciuto ricorderà la tua tenacia, il tuo ottimismo, l’impegno nella missione e la forza d’animo che hai dimostrato fino all’ultimo anelito. Mi porterò sempre nel cuore una frase che amavi ripetermi: “Nella vita ci vuole coraggio”. Il coraggio dei forti, come tu hai saputo essere. In questi anni, visitando la casa madre dei saveriani, ho respirato un sentimento che è patrimonio comune per coloro che si sono dedicati alla missione che il beato Conforti ha indicato loro: “la serenità”. Scrivevi in uno dei tuoi diari, riferendoti ai missionari scomparsi: “continuano la loro missione anche dopo essere stati sepolti, come il grano di frumento che muore per generare nuova vita”. Riposa in pace, zio. Padre Medici nell’ufficio dell’archivio regionale dei saveriani a San Paolo, in Brasile 2010 LUGLIO/AGOSTO PIACENZA 25121 BRESCIA BS - Via Piamarta, 9 Tel. 030 3772780 - Fax 030 3772781 E-mail: [email protected] - C/c. postale 216259 La missione tra i seminaristi Bilancio dell’esperienza in Lombardia ed Emilia per la pontificia Q uest’anno unione missionaria (Pum), ho visitato 16 seminari di Lombardia ed Emilia Romagna per un totale di 695 seminaristi: 159 sono studenti delle superiori, 60 dell’anno propedeutico e 476 studenti di teologia. Le ordinazioni sacerdotali nelle due regioni per l’anno 2009-2010 sono state 67. Tanto interesse, poco tempo La mia visita durava da un minimo di due giorni a un massimo di una settimana. L’ultima settimana l’ho trascorsa nel seminario più popoloso: quello di Bergamo, con 181 seminaristi. Ho ricevuto sempre una cordiale accoglienza e un’attenta collaborazione da parte dei formatori. L’interesse dei seminaristi per tutto il mondo missionario è notevole, anche grazie alla presenza in tutte le diocesi di sacerdoti “fidei donum”, che tengono viva p. STEFANO BERTON, sx la sensibilità missionaria. Ho incontrato i seminaristi soprattutto nei momenti liturgici (lodi, meditazione, Eucaristia) o dopo cena, per parlare loro delle missioni e trattare temi e argomenti tipicamente missionari. Qualche altro incontro sarebbe stato auspicabile per presentare temi fondamentali e urgenti, ma questo desiderio si scontra spesso con gli orari e i tanti impegni, spesso imprevedibili. Padre Stefano Berton a colloquio con i seminaristi: la missione ha bisogno di giovani entusiasti! Viaggio in Bangladesh, atto terzo Incontri ed emozioni, tappa per tappa è la terza volta che vado in Bangladesh a trovare p. Enzo Valoti. Questa volta sono stato accompagnato da mia sorella Mariuccia e dalle nipoti Paola e Simona. A Dhaka abbiamo incontrato p. Alfio Coni, che ci ha accolto con grande ospitalità. Abbiamo conosciuto anche altri saveriani che si trovavano lì di passaggio. Una tazza di tè e una banana Dopo pranzo abbiamo fatto una passeggiata in città e il primo impatto è stato forte: marciapiedi gremiti di venditori ambulanti con merce di ogni tipo e mendicanti che chiedono elemosina nell’indifferenza dei passanti. Padre Enzo aveva preparato un programma denso di visite e spostamenti. Il mattino seguente siamo partiti per Satkhira, la missione dove lui lavora. Siamo arrivati verso se- 8 ra, dopo otto ore di viaggio avventuroso. Non ho visto grandi cambiamenti rispetto al 1982. La sorpresa è stata per i cento ragazzi, arrivati all’orfanatrofio per iniziare il nuovo anno scolastico: hanno trovato una nuova torre di tre piani, con servizi igienici e docce in abbondanza. Il problema è saldare il debito; ma - come dice p. Enzo - “c’è sempre la Provvidenza”. Il giorno dopo siamo partiti per un villaggio dove vive p. Luigi Paggi. A Borodol abbiamo incontrato p. Antonio Germano e i 60 ragazzi di diversa età e religione della sua scuola. A Baghachara abbiamo trovato p. Gabriele Spiga che gestisce una cooperativa-laboratorio per disabili. Naturalmente in ogni villaggio siamo accolti con tanta curiosità dai ragazzi. Un tè e una banana non mancano mai. Al ritorno, abbiamo visitato suor Filomena che lavora in Bangladesh da 35 anni Baghachara, con p. Enzo Valoti (cappellino) e p. Gabriele Spiga (barba bianca) i protagonisti del viaggio in Bangladesh: Lorenzo, Mariuccia, Paola e Simona LORENZO VALOTI e dirige un gruppo di donne che ricamano tovaglie e tessuti. Miseria e dignità Domenica 24 gennaio p. Enzo ha celebrato la Messa nel villaggio di Senergharti, dove 27 anni prima aveva celebrato il matrimonio di suo fratello Mino con Anna. Grandi preparativi e accoglienza straordinaria. Dopo la Messa siamo stati trascinati dagli abitanti per i sentieri del villaggio. Tutti hanno voluto mostrarci la loro abitazione: una vera processione, ma quanta miseria! Tuttavia la gente vive con serenità e dignità. Abbiamo constatato personalmente quanta differenza ci sia ancora tra il nostro e il loro livello di vita. A Khulna abbiamo incontrato il vescovo e visitato l’ospedale, dove a turno operano medici provenienti dall’Italia. Al termine dell’avventura, siamo tornati a Dhaka. Dopo la Messa, c’è stato ancora il tempo per un’ultima camminata con p. Arduino Rossi. Quante sorprese, quante emozioni, quanta povertà, ma anche quanta serenità e gioia di vivere la gente bengalese ci ha trasmesso. Certamente non potremo dimenticare il sorriso dei bambini e l’accoglienza ricevuta in ogni villag■ gio. Incontri di formazione e il convegno annuale Ai seminaristi ho presentato il fondamento biblico della missione, a partire dalla Parola di Dio e dai documenti del concilio Vaticano II; senza dimenticare i pronunciamenti più importanti del magistero della chiesa sulla natura dei missionari diocesani “fidei donum”. Quasi ovunque ho cercato di provocare la curiosità presentando una varietà di libri e pubblicazioni missionarie. Soprattutto negli incontri serali, mi sono servito di DVD per presentare alcuni testimoni della missione o situazioni attuali di alcune nazioni dove i missionari lavorano. In ogni visita ho dato priorità al gruppo Gamis (Gruppo di animazione missionaria), presente in tutti i seminari, incoraggiando i seminaristi a tenersi informati sui temi della missione anche attraverso fonti informatiche. Naturalmente i gruppi Gamis che sono guidati da un formatore del seminario sono molto più vivaci e attivi, rispetto agli altri che sono un po’... balbettanti. Nel mese di aprile si è tenuto il 54° convegno missionario nazionale dei seminaristi, organizzato dalla Pum e ospitato a Torino dall’istituto della Consolata. Gli appartenenti ai Gamis dei 33 seminari maggiori d’Italia, stimolati dagli interventi dei vari relatori, hanno sviluppato il tema del convegno: “Presbiteri, evangelizzatori senza confini”. Visita estiva in Bangladesh L’animazione missionaria nei seminari proseguirà con le visite estive alle missioni, che sono organizzate un po’ ovunque e sono molto apprezzate. È all’avanguardia il seminario di Vigevano che ha inserito l’esperienza missionaria per tutti nel curriculum formativo, prima del diaconato. Nelle esperienze missionarie estive hanno priorità le missioni dove sono presenti i “fidei donum” della diocesi stessa. In qualche caso, questo può nuocere all’ampiezza universale della missione. L’adozione di una o più parrocchie nelle giovani chiese, infatti, non deve esaurire la dimensione universale della chiesa locale nella responsabilità missionaria universale di tutta la chiesa. Per l’estate in corso, ho proposto la visita alle missioni saveriane del Bangladesh e alle opere di madre Teresa di Calcutta. Il numero di partecipanti che accompagnerò di persona in agosto ha già raggiunto il massimo. Speriamo e preghiamo perché il nostro impegno ed entusiasmo contribuiscano a creare nei futuri sacerdoti italiani la disponibilità a dilatare il regno di Dio fino agli estremi confini della terra. ■ UN’ACCOGLIENZA “ESPECTACULARE” Primo messaggio dopo l’arrivo in Colombia Cari amici, il primo messaggio dall’amata terra colombiana è comunitario, per tutti voi che fate parte della mia grande famiglia di famigliari, confratelli e amici. Il volo fino a Bogotà è stato ottimo, comodo e confortevole. Il primo impatto con la Colombia l’ho avuto viaggiando con la compagnia colombiana Avianca: un aereo nuovissimo e super tecnologico, con televisore individuale e la possibilità di vedere film, ascoltare musica e giocare con videogames a piacere. Il viaggio è stato lunghetto, ma lo sapevo. Sono partito da Milano alle 12,30 e, dopo uno scalo a Barcellona, sono arrivato a Bogotà alle 3 di notte (orario italiano), le 21 in Colombia. Il primo impatto è stato tipico... alla colombiana: un gruppo di parrocchiani con chitarre ha cantato “Eres mi amigo del alma”; su un cartello era scritto: “Un buen hijo siempre regressa a casa” - Un buon figlio torna sempre a casa! Insomma, l’avrete capito: l’accoglienza è stata davvero “espectaculare”, come dicono qui. Ora vi saluto, ringraziandovi di nuovo per l’affetto e l’amicizia che mi avete sempre dimostrato e che certamente resteranno. Un abbraccio. p. Leonardo Raffaini, sx Padre Leonardo Raffaini accolto all’aeroporto di Bogotà dal giovane superiore dei saveriani p. Mauro Loda 2010 LUGLIO/AGOSTO PIEMONTE e liguria 20033 DESIO MI - Via Don Milani, 2 Tel. 0362 630591 - Fax 0362 301980 E-mail: [email protected] - C/c. postale 00358200 Un grande esempio di umanità Il cappellano speciale: p. Agostino Clementini Padre Agostino Clementini, saveriano maceratese di Urbisaglia (MC), ci ha lasciati il 2 giugno 2010. Dopo il rito funebre in casa madre dei saveriani a Parma, la salma è stata trasportata all’abbadia di Fiastra per la santa Messa di commiato e la sepoltura nel cimitero di Urbisaglia, sabato 5 giugno. Mercoledì 9 giugno il vescovo di Imola ha celebrato, insieme ai saveriani e vari sacerdoti della diocesi, la santa Messa di suffragio nel settimo giorno della morte del missionario. Erano presenti anche alcuni dottori e le “donne” che collaboravano con lui nel servizio pastorale ai malati dell’ospedale. Al termine, la signora Vittoria ha voluto ricordare il missionario con le parole che pubblichiamo. avuto la fortuna di coH onoscere p. Agostino Cle- mentini subito dopo il suo arrivo come cappellano all’ospedale di Imola, il 22 gennaio del 2007. Il missionario cercava “donne” disposte a collaborare, che lo aiutassero a visitare i malati. Non molti sanno che qui a Imola egli aveva impostato il suo lavoro di cappellano in modo del tutto nuovo: non da solo, bensì con la collaborazione di alcune persone, che lui scherzosamente soleva definire come “le mie donne”. Padre e guida per tanti Nella sua bella età, era un uomo lucido, volitivo, capace di cogliere lo stato d’animo di chi gli stava davanti. Mi hanno colpito la sua serenità e chiarezza nei rapporti con le persone, nonché la profonda umanità che emergeva anche dai racconti, spesso piace- VITTORIA PALMONARI voli, della sua vita di missionario o dell’esperienza fatta in altri ospedali a Viareggio e a Genova. Sin dall’inizio del lavoro svolto con lui, l’ho sentito come padre e guida: il dialogo era possibile anche quando le idee erano divergenti e il confronto riguardo ai problemi incontrati durante le visite in corsia era costruttivo. Padre Agostino ha lasciato un grande rimpianto in coloro che l’hanno conosciuto: la chiarezza di idee, la determinazione, l’indipendenza di giudizio, unite alla dolce fermezza del suo carattere non potevano non colpire. Con spirito missionario La profonda sensibilità di cui era dotato lo rendeva partecipe dei problemi e delle sofferenze di ciascuno, soprattutto dei malati, cui si dedicava senza rispar- MISSIONE E PREGHIERA / 5 Lo sguardo verso il cielo Il segreto che Maria ci insegna I n piena estate, la chiesa celebra la più grande e antica festa mariana: l’Assunzione o “Dormizione” - come dicono i cristiani d’Oriente - della beata vergine Maria. Una festa che ci invita a guardare in alto: “Un segno grandioso apparve nel cielo: una donna vestita di sole, con la luna sotto i suoi piedi e, sul capo, una corona di dodici stelle” (Ap 12,1). 8 Un segno inconfondibile Come la chiesa nascente mosse i primi passi sotto la materna guida e tutela di Maria (cf. At 2,14; Gv 19,26-27), così anche oggi, in questo tempo di nuova evangelizzazione, la chiesa ha particolarmente bisogno di affidarsi alla vergine Madre. Ad opera del mistero di iniquità - sempre presente nel mondo - una grande foschia tenta di ostacolare ai credenti la visibilità della strada da percorrere, ma questa dolcissima luce si apre costantemente un varco e brilla come segno inconfondibile tra molti falsi bagliori che potrebbero farci disorientare. Qual è il segreto del sicuro cammino che Maria ci insegna? Quello della preghiera, da cui scaturisce la forza di mettere in atto ogni virtù cristiana. Chi prega, infatti, si unisce intimamente al Signore, conosce i “pensieri di pace del suo cuore” (cf. Ger 29,11), aderisce con amore al suo volere, si conforma a lui nella bontà misericordiosa verso ogni creatura, sperimenta la santa gioia insita nel sacrificio, nel generoso impegno di fa- Madonna Assunta tra S. Rocco e S. Sebastiano Padre Agostino con due collaboratrici miarsi. Ha svolto il suo servizio con vero spirito missionario, con totale disponibilità per tutto l’arco della giornata. Conquistava i pazienti al punto che molti sono arrivati a dire “è un mio amico”. Ma la cosa più grande è che il Signore gli ha dato la consolazione di convertire non poche persone giunte al termine della loro vita, o di preparare adeguatamente la famiglia e ottenere il permesso di somministrare l’olio santo. Numerose anche le comunioni che venivano distribuite in giorni stabiliti o quotidianamente. Una carezza, un bacio... Perché la luce di Dio è penetrata in tanti cuori? La profonda umanità di quest’uomo è stato il mezzo di cui il Signore si è servito. Padre Agostino si avvicinava ai malati ponendosi sullo stesso piano, colloquiando con giovani e anziani, dando una carezza e anche un bacio. Se non era nei reparti, lo si trovava in cappella in preghiera, sempre disponibile per colloqui e confessioni. Quando le forze hanno cominciato a venirgli meno e la malattia ha avuto il sopravvento, ha cercato di combatterla, pur nel disagio fisico e psicologico, con quella determinazione che lo contraddistingueva; ma negli ultimi tempi del padre Agostino che avevamo conosciuto non era rimasta neppure la voce. Mi piace pensare che le schiere degli angeli lo abbiano accolto, per portarlo nella pace di Dio. ■ M. ANNA MARIA CàNOPI, osb [email protected] re della propria vita un servizio a tempo pieno per gli altri. Stare alla presenza di Dio Il segreto che Maria ci insegna è dunque quello di aprirci totalmente a Dio, alle sue chiamate - sia quelle quotidiane, sia quelle esistenziali, definitive, vocazionali - senza timore di perderci, ma anzi, conoscendo la gioia della vera libertà. Chi prega scopre l’altra dimensione del mondo, quella interiore spirituale, e supera la soglia dell’ansia che nasce dall’incapacità di decisione. La preghiera, infatti, è l’attività dello Spirito Santo in noi. Per pregare bisogna semplicemente togliere gli ostacoli delle nostre resistenze, dei nostri progetti; bisogna stare alla presenza di Dio, rimanere nel suo amore, finché il nostro cuore diventa tutto un grido: “Abbà, Padre!”. È grido di riconoscenza e di gioia, di lode e di supplica. È il grido di Gesù sulla croce - il grido che dà voce a tutti i “crocifissi della storia” - da cui è scaturito poi quel grido del Risorto: “Alleluja! Pace a voi! Andate dunque e fate discepoli tutti i popoli!” (cf. Gv 20,21; Mt ■ 28,20). IL BENE DEI CORPI E DELLE ANIME p. AUGUSTO LUCA, sx Agostino era nato a Urbisaglia, in provincia di Macerata, il 6 agosto 1926. A tredici anni era entrato nella scuola apostolica di Poggio San Marcello (AN) ed era stato ordinato prete il 21 marzo 1953, a 27 anni. Aveva avuto vari incarichi nelle comunità saveriane d’Italia, spesso come economo. Anch’io l’ho avuto come economo per sette anni, prima a Parma e poi a Roma. Era diligente e capace, provvedeva sempre alle necessità dei confratelli con premure fraterne e sapeva conquistare la simpatia e l’affetto dei benefattori. Ha servito bene nell’obbedienza, ma non era questa l’aspirazione del suo cuore. Egli viveva di nostalgia per la missione dell’Indonesia dove era stato per tre anni dal 1961, e poi di nuovo nel 1968, costretto però a tornare in Italia per ragioni di salute. Aveva nel cuore la passione per il bene delle anime. Perciò, trovava sempre il tempo per dedicarsi ai ministeri più vari, soprattutto visitando le famiglie e i malati. Vi portava il dono dell’amicizia e una parola buona che si depositava nel cuore delle persone, specie se afflitte da qualche dolore. Quando, in anni recenti, fu mandato a Genova - Pegli, non trovò sufficiente prestarsi per qualche ministero domenicale, ma scelse un apostolato fisso in ospedale. Ricordo con quale soddisfazione raccontava la risposta spirituale dei malati. Sentiva che era un grande apostolato, tanto che, trasferito a San Pietro in Vincoli (Ravenna), trovò il modo dedicarsi a pieno ritmo all’assistenza dei malati nell’ospedale di Imola. Risiedeva all’ospedale e tornava in comunità un giorno la settimana. Quando me ne parlava, ho avuto l’impressione che abusasse un po’ delle sue forze, tenuto conto dell’età e dei vari acciacchi. Caro padre Agostino, tu sei arrivato alla meta e già contempli il volto di Dio. Prega per noi, per i tuoi parenti che ti hanno voluto bene, per noi che ti abbiamo sentito fratello e Padre Agostino Clementini, ci siamo edificati per saveriano marchigiano di Urbisaglia (MC), la tua vita e la tua 8.8.1926 - 2.6.2010, in veste di cappellano pietà. dell’ospedale di Imola (2007) 2010 LUGLIO/AGOSTO PUGLIA 74100 LAMA TA - Via Tre Fontane, 15 Tel. 099 7773186 - Fax 099 7772558 E-mail: [email protected] - C/c. postale 10423747 “Sono pronto e mi affido a Lui” P. Chiarelli, saveriano di Martina Franca P artecipiamo al dolore della famiglia Chiarelli, di Martina Franca (Taranto), per la morte di padre Giuseppe, avvenuta a Parma il 12 giugno 2010 all’età di 66 anni, dopo un anno e mezzo di malattia e sofferenza, sopportate con grande serenità. Scriveremo più diffusamente di lui nel numero prossimo, ma intanto vogliamo ricordare questo santo missionario pugliese che ha speso la sua vita per Cristo in Italia, in Burundi e soprattutto in Brasile. All’inizio dell’Eucaristia di commiato nel santuario “Beato Conforti” di Parma, presenti i fratelli e famigliari Chiarelli e tanti confratelli saveriani, p. Ermanno Ferro ha letto un breve profilo di padre Giuseppe, compilato dai compa- a cura di p. MARCELLO STORGATO, sx gni di classe in vista dell’ordinazione sacerdotale (27 settembre 1970). È un anticipo di ciò che p. Giuseppe è stato nella sua vita missionaria. Missionario serio ed entusiasta “Dicono che le prime impressioni siano quelle che contano. La prima volta che incontrai Padre Giuseppe Chiarelli (al centro), saveriano di Martina Franca, con il fratello Tonino (a destra) e p. Michele D’Erchie Il bene dei corpi e delle anime La passione di p. Agostino Clementini P adre Agostino Clementini ci ha lasciati il 2 giugno 2010, così inaspettatamente da farci pensare alle parole di Gesù: “Vegliate, perché non sapete in quale giorno il Signore verrà…” (Mt 24, 42-44). La morte arriva all’improvviso, ma per lui, forse, non è stata così inaspettata, perché il Signore spesso dà dei presentimenti. Era preparato e si è presentato in cielo come uno di quei servi che l’evangelista Matteo descrive nella scena del giudizio finale: “Venite, benedetti dal Padre mio, perché avevo fame e mi avete dato da mangiare, ero malato e mi avete visitato…”. 8 Diligente e capace Agostino era nato a Urbisaglia, in provincia di Macerata, il 6 agosto 1926. A tredici anni era entrato nella scuola apostolica di Poggio San Marcello (AN) ed era stato ordinato prete il 21 marzo 1953, a 27 anni. Aveva avuto vari incarichi nelle comunità saveriane d’Italia, spesso come economo. Anch’io l’ho avuto come economo per sette anni, prima a Parma e poi a Roma. Era diligente e capace, provvedeva sempre alle necessità dei confratelli con premure fraterne e sapeva conquistare la simpatia e l’affetto dei benefattori. Ha servito bene nell’obbedienza, ma non era questa l’aspirazione del suo cuore. Egli viveva di nostalgia per la missione dell’Indonesia dove era stato per tre anni dal 1961, e poi di nuovo nel 1968, costretto però a tornare in Italia per ragioni di salute. Aveva nel cuore la passione per il bene delle anime. Perciò, trovava sempre il tempo Le lettrici e i lettori non dimenticheranno p. Agostino Clementini; per 12 anni ha vissuto e lavorato nella comunità saveriana di Taranto ed è stato responsabile della pagina di “Missionari Saveriani” p. AUGUSTO LUCA, sx per dedicarsi ai ministeri più vari, soprattutto visitando le famiglie e i malati. Vi portava il dono dell’amicizia e una parola buona che si depositava nel cuore delle persone, specie se afflitte da qualche dolore. A servizio dei malati Quando, in anni recenti, fu mandato a Genova - Pegli, non trovò sufficiente prestarsi per qualche ministero domenicale, ma scelse un apostolato fisso in ospedale. Ricordo con quale soddisfazione raccontava la risposta spirituale dei malati. Sentiva che era un grande apostolato, tanto che, trasferito a San Pietro in Vincoli (Ravenna), trovò il modo dedicarsi a pieno ritmo all’assistenza dei malati nell’ospedale di Imola. Risiedeva all’ospedale e tornava in comunità un giorno la settimana. Quando me ne parlava, ho avuto l’impressione che abusasse un po’ delle sue forze, tenuto conto dell’età e dei vari acciacchi. Caro padre Agostino, tu sei arrivato alla meta e già contempli il volto di Dio. Prega per noi, per i tuoi parenti che ti hanno voluto bene, per noi che ti abbiamo sentito fratello e ci siamo edificati per la tua vita e la tua pietà. ■ Giuseppe quando giunse tra noi, lo trovai un giovane serio, perfino di poche parole, ma entusiasta della sua scelta missionaria. La diocesi gli sembrava troppo angusta per i suoi desideri; pensava che non avrebbe potuto donarsi così totalmente agli altri come in missione. Originario di Martina Franca, dalla sua gente, da quella terra assolata e asciutta, da quel cielo luminoso e chiaro, sembra aver ereditato la corporatura robusta, la volontà tenace e la semplicità nei modi. Con notevoli doti intellettuali, il nostro Giuseppe pone il suo motto nell’attività. Con disinvoltura passa dai lavori di fatica (vanga, badili, allevamento polli), a quelli di precisione (falegnameria, ciclostile). Se hai un favore da chiedergli, sta’ certo che non si fa aspettare e te lo fa con un bel sorriso e… senza suonare le trombe. Una generosità fattiva che, unita alla sua serietà, lo rende ben accetto a tutti. Sportivo, preferisce l’atletica, le ascensioni in montagna, le lunghe gite a piedi che gli fanno sognare i safari nella savana africana. Serio, generoso, impegnato, Giuseppe è pronto per il lavoro missionario”. Il suo testamento: il Crocifisso e il rosario Il rito delle esequie è stato presieduto da p. Carlo Pozzobon, superiore dei saveriani in Italia, che ha ricordato alcuni momenti confidenziali degli ultimi mesi di vita del caro confratello. “Dopo gli accertamenti medici fatti all’ospedale e saputa la diagnosi, padre Giuseppe è venuto subito da me e mi ha detto: «La volontà di Dio si manifesta negli eventi della nostra vita: ho un tumore al fegato - mi disse con serenità - mi resta poco tempo di vita… Sono pronto e mi affido a Lui». Ci siamo lasciati con un grosso nodo alla gola. Pochi minuti dopo è tornato portando un computer comprato pochi giorni prima per portarlo in missione. Mi disse: «Ecco, disponi di questo arnese, fanne dono a un confratello che ne ha bisogno». Nei giorni seguenti, abbiamo pregato per ottenere il miracolo… Lui non guariva, ma procedeva nella vita quotidiana con serenità e forza, senza disturbare nessuno. Per me, padre Giuseppe aveva già vinto il tumore Alla fine della scorsa settimana, padre Giuseppe mi ha mostrato dove stava il suo testamento prezioso, non scritto. Mi ha detto di aprire il cassetto del comodino: «Guarda in fondo, c’è il Crocifisso della professione; quando morirò mettimelo in mano e così pure il rosario». Padre Giuseppe ha voluto che noi confratelli e famigliari avessimo la sua fotografia più espressiva: la sua croce e la sua corona, pregata per essere, come Maria, servitore con umiltà e dolcezza”. La nostra fede ci assicura che p. Giuseppe è ora presso il Signore, nel posto che Egli ha preparato per lui, servo fedele e buo■ no. HO MESSO LA BIBBIA “IN TRONO” p. AGOSTINO CLEMENTINI, sx Ripubblichiamo questo breve articolo, ripreso dal numero di luglio/ agosto 2007: rivela lo spirito missionario con cui p. Agostino viveva il suo servizio pastorale ai malati nell’ospedale di Imola. Di una cosa sono convinto: la storia della salvezza non si ferma mai. Per questo, appena iniziato il servizio come cappellano nell’ospedale di Imola, mi sono proposto di “mettere in trono” la Bibbia. Ci sono riuscito subito, grazie a don Giovanni Zardi che mi ha fornito il leggio e, per Pasqua, anche il candelabro con cui ho potuto far “risorgere” il cero pasquale che giaceva sepolto dal 1993. Nella chiesa dell’ospedale passano molte persone; la porta è sempre aperta. Chi entra o esce, difficilmente tira dritto, senza volgere uno sguardo alla Bibbia. La presenza di quel librone (il Lezionario della Messa) sembra non sia sfuggita a nessuno. Molti non si accontentano di un segno di croce o di un’occhiata fugace, ma entrano per una breve visita. Lo dico con commozione: non avrei mai immaginato che quasi tutti si fermassero anche davanti a quella Bibbia. Giorni fa, una persona mi ha chiesto: “Quel libro è il volume di un’enciclopedia? Mi sa dire quanti volumi sono e dove posso comprarli?”. L’aspetto non sembrava quello di un grande intellettuale... Gli ho spiegato e consigliato di acquistare la Bibbia, in un solo volume. Ma lui ha risposto: “No, voglio prendere proprio quei volumi, voglio regalarli al mio Padre Agostino Clementini, parroco, perché anche saveriano marchigiano di Urbisaglia (MC), lui li esponga nella no8.8.1926 - 2.6.2010, in veste di cappellano stra chiesa”. dell’ospedale di Imola 2010 LUGLIO/AGOSTO REGGIO CALABRIA 89135 GALLICO SUPERIORE RC - Via Rimembranze Santuario Madonna della Grazia Tel. 0965 370304 - Fax 0965 373137 - E-mail: [email protected] - C/c. postale 10444891 I fedeli amici del nostro parco Il luogo in cui tutti diventano bambini I bravi economisti e dirigenti fanno a intervalli un censimento dell’indice di gradimento di un prodotto o di un servizio pubblico. Per il “parco della mondialità” non serve farlo per iscritto: la numerosa frequenza di tanti “utenti” è il miglior indice eloquente di gradimento. Dai piccolissimi, che con tanta spontaneità ed esuberanza condividono la gioia delle giostrine, agli anziani, che siedono di fronte all’area dedicata all’infanzia e si godono lo spettacolo dei piccoli. A volte perfino gli adulti sono tentati di partecipare di persona a tanta gioia, e salgono sulle giostrine. Così, alla mia osservazione che le giostrine sono per i bambini, non per gli adulti…, mi sento rispondere con tanta spontaneità e cando- re: “Eh, quando veniamo qui, diventiamo tutti bambini!”. Non so cosa replicare! Mi sembra crudele negare agli adulti, magari amareggiati da tante vicende della vita, di poter rivivere anche per breve tempo la spontaneità e l’esuberanza dell’infanzia, come l’abbiamo vissuta o l’abbiamo sognata. Però… quelle povere giostrine hanno ragione di lamentarsi e scricchiolare sotto il peso esagerato! Donazioni... pesanti C’è chi esprime il suo apprezzamento e riconoscenza per il parco della mondialità anche con gesti concreti e donazioni... pesanti. Come la “Edil Calcestruzzi”, gestita dalla gentile Patrizia Scarpell, e la “Canali Trasporti” sempre disponibili a fornire materiali necessari al p. MARIO GUERRA, sx restauro e consolidamento delle strutture del parco. Ai generosi benefattori va il nostro cordiale “grazie”, ricordando a tutti che ciò che seminiamo è ciò che anche raccoglieremo: “chi semina bene, raccoglierà bene”! La natura e la vita felice Che dire del movimento “scout”, che trova straordinario vivere - anche per pochi giorni - in un ambiente naturale esotico con la natura, grande maestra di vita in armonia e benessere? Questa natura esuberante di vegetazione e animali, di laghetti e monumenti, si trova proprio a pochi chilometri dalla foresta del cemento cittadino. La natura resta sempre la grande maestra di una vita felice. E nel nostro parco ce n’è in abbondanza: di natura, di vita e di felicità. ■ Bambini sulle altalene nell’affollata area per l’infanzia, creata all’interno del parco della mondialità di Gallico. Alcuni amici e collaboratori dei saveriani… Il parco della mondialità non ha età: accoglie tutti, anche sulle giostrine che sarebbero vietate agli over 10. Il diavolo e lo zampino Una storia vera, finita bene per caso... è ospiti finiscono la loro seduta ed escono nel corridoio davanti all’ascensore. Richiamo la loro attenzione e spiego la situazione. Che Dio li benedica! Come se avessi messo il piede su un formicaio! Qualcuno ha sentito e sparge la voce... È il putiferio! Quante voci, quante grida: “il padre muore! È bloccato nell’ascensore! Chiamate subito i pompieri! eccetera eccetera!”. Qualche muscoloso cerca di forzare la porta. Niente da fare. Da fuori, arrivano alla povera vittima (che ero io) tanti premurosi consigli: “Padre, stia calViva Dio e la Calabria mo... Respiri adagio... Abbiamo E mo’ che faccio ? Devo anche chiamato i pompieri... Vedrà che celebrare la santa Messa per gli In trappola nell’ascensore ne uscirà vivo...”! ospiti! Ammazza il diavolo! Gli Perciò avevo deciso di saliInfatti, i pompieri arrivano in re in camera e prendere la 15 minuti e, con una semplice macchina fotografica per chiavetta (quella giusta!) aproraccogliere evidenza e poi no la porta e io esco tra il granscrivere un articolo per “Misde giubilo dei soccorritori. Absionari Saveriani”: un’opera bracci, baci, congratulazioni, certamente buona agli occhi auguri, un bicchiere d’acqua... di Dio, e quindi appetitosa Io partecipo al grande tripudio, per lo zampino del diavolo... ringrazio i miei salvatori: i Inoltre, era quasi tempo per pompieri e la grande folla. la seconda fase dell’incontro: Come se niente fosse, io la celebrazione Eucaristica, urgo tutti alla Messa: “Svelti, che dovevo presiedere io: alsiamo 20 minuti in ritardo!”. tra opera buona agli occhi di All’omelia è stato il momenDio e quindi appetitosa per lo to della mia riscossa: il diavozampino del diavolo... lo si è preso una strigliata taInsomma, mi precipito le che certamente lo zampino all’ascensore per salire in camepuzzava di bruciato e i miei ra e fare quanto mi ero proposto salvatori davano grandi cenni e ho appena descritto. Si chiude automaticamente la porta, Padre Mario Guerra è rimasto boccato in ascensore, di assenso. Viva Dio e la Calabria! ■ ma poi è riuscito a celebrare Messa schiaccio il bottone appropriato successo a marzo, e mi ha confermato la convinzione che già avevo: il diavolo c’è e ha pure gli zampini, che ogni tanto allunga per rovinare i bei piani e le buone intenzioni di qualche ben pensante. Prova ne è che quel giorno, rientrato in casa dopo una celebrazione, ho trovato i nostri amici dell’associazione “Pace e Bene” radunati per il loro incontro settimanale. L’oratore di turno era ormai alla fine della sua testimonianza. Ho ascoltato per qualche minuto e mi era piaciuto molto quello che diceva. 8 p. MARIO GUERRA, sx e... scatta la trappola dello zampino! L’ascensore si blocca. Faccio appello a tutte le mie conoscenze tecniche: schiaccio tutti i bottoni, cerco di forzare la porta. Niente da fare! Sono in trappola! Tutti i missionari sono assenti per i loro impegni. Batto forte e ripetutamente sulla porta per richiamare l’attenzione di qualche ospite... Niente! Il rumore della mia porta è solo uno dei tanti rumori che fanno tutte le porte, perché tira un gran vento di tramontana! Ditta Calcestruzzi... e ditta trasporti. “ma il signore capisce!” p. LUIGI PAGGI, sx Cara mamma Delfina, quante volte vi ho visto leggere un libretto dalla copertina nera e dalle pagine ormai sgualcite… Era il libro per l’ufficio dei defunti che si usava ai tempi della vostra gioventù. Nel libro c’erano i salmi in latino. Una volta vi chiesi: “Ma capite quello che leggete?”. La vostra risposta fu: “Io non capisco, ma il Signore capisce!”. La lettura di quel libretto dalla copertina nera divenne vostro pane quotidiano specialmente dopo la morte del papà Giuseppin: lo leggevate al mattino, al pomeriggio e alla sera. E con il libretto dalla copertina nera pregavate e per i morti e per i vivi! Pregavate per le vostre figlie e le loro famiglie, per i vostri nipoti e pronipoti, di cui avevate le fotografie sul muro della cucina e di cui sapevate i nomi a memoria. E chiaramente pregavate per me. Pregavate la Madonna e San Miro perché potessi godere di buona salute e potessi svolgere degnamente il lavoro che il Padrone della messe mi ha affidato in questi villaggi sperduti tra le paludi del Gange, tra queste pecore sperdute senza Pastore! Il libretto dalla copertina nera ormai non vi serve più! Mamma Delfina, riposate in pace! Dal lontano Bangladesh, vostro figlio Luigi La signora Delfina Paggi è morta il 10 maggio 2010. Il figlio missionario in Bangladesh, non ha potuto essere presente al funerale, ma ha inviato una lettera affettuosa e riconoscente. Mamma Delfina Rossi Paggi, 93 anni, di Sorico (Como) 2010 LUGLIO/AGOSTO ROMA 00165 ROMA RM - Via Aurelia, 287 Tel. 06 39366929 - Fax 06 39366925 E-mail: [email protected] - C/c. postale 45206000 Un grande esempio di umanità Il cappellano speciale: p. Agostino Clementini Padre Agostino Clementini, saveriano maceratese di Urbisaglia (MC), ci ha lasciati il 2 giugno 2010. Dopo il rito funebre in casa madre dei saveriani a Parma, la salma è stata trasportata all’abbadia di Fiastra per la santa Messa di commiato e la sepoltura nel cimitero di Urbisaglia, sabato 5 giugno. Mercoledì 9 giugno il vescovo di Imola ha celebrato, insieme ai saveriani e vari sacerdoti della diocesi, la santa Messa di suffragio nel settimo giorno della morte del missionario. Erano presenti anche alcuni dottori e le “donne” che collaboravano con lui nel servizio pastorale ai malati dell’ospedale. Al termine, la signora Vittoria ha voluto ricordare il missionario con le parole che pubblichiamo. avuto la fortuna di coH onoscere p. Agostino Cle- mentini subito dopo il suo arrivo come cappellano all’ospedale di Imola, il 22 gennaio del 2007. Il missionario cercava “donne” disposte a collaborare, che lo aiutassero a visitare i malati. Non molti sanno che qui a Imola egli aveva impostato il suo lavoro di cappellano in modo del tutto nuovo: non da solo, bensì con la collaborazione di alcune persone, che lui scherzosamente soleva definire come “le mie donne”. Padre e guida per tanti Nella sua bella età, era un uomo lucido, volitivo, capace di cogliere lo stato d’animo di chi gli stava davanti. Mi hanno colpito la sua serenità e chiarezza nei rapporti con le persone, nonché la profonda umanità che emergeva anche dai racconti, spesso piace- VITTORIA PALMONARI voli, della sua vita di missionario o dell’esperienza fatta in altri ospedali a Viareggio e a Genova. Sin dall’inizio del lavoro svolto con lui, l’ho sentito come padre e guida: il dialogo era possibile anche quando le idee erano divergenti e il confronto riguardo ai problemi incontrati durante le visite in corsia era costruttivo. Padre Agostino ha lasciato un grande rimpianto in coloro che l’hanno conosciuto: la chiarezza di idee, la determinazione, l’indipendenza di giudizio, unite alla dolce fermezza del suo carattere non potevano non colpire. Con spirito missionario La profonda sensibilità di cui era dotato lo rendeva partecipe dei problemi e delle sofferenze di ciascuno, soprattutto dei malati, cui si dedicava senza rispar- Il bene dei corpi e delle anime La passione di p. Agostino Clementini P adre Agostino Clementini ci ha lasciati così inaspettatamente da farci pensare alle parole di Gesù: “Vegliate, perché non sapete in quale giorno il Signore verrà…” (Mt 24, 42-44). La morte arriva all’improvviso, ma per lui, forse, non è stata così inaspettata, perché il Signore spesso dà dei presentimenti. Era preparato e si è presentato in cielo come uno di quei servi che l’evangelista Matteo descrive nella scena del giudizio finale: “Venite, benedetti dal Padre mio, perché avevo fame e mi avete dato da mangiare, ero malato e mi avete visitato…”. 8 Diligente e capace Agostino era nato a Urbisaglia, in provincia di Macerata, il 6 agosto 1926. A tredici anni era entrato nella scuola apostolica di Poggio San Marcello (AN) ed era stato ordinato prete il 21 marzo 1953, a 27 anni. Aveva avuto vari incarichi nelle comunità saveriane d’Italia, spesso come economo. Anch’io l’ho avuto come economo per sette anni, prima a Parma e poi a Roma. Era diligente e capace, provvedeva sempre alle necessità dei confratelli con premure fraterne e sapeva conquistare la simpatia e l’affetto dei benefattori. Ha servito bene nell’obbedienza, ma non era questa l’aspirazione del suo cuore. Egli viveva di nostalgia per la missione dell’Indonesia dove era stato per tre anni dal 1961, e poi di nuovo nel 1968, costretto però a tornare in Italia per ragioni di salute. Aveva nel cuore la passione per il bene delle anime. Perciò, trovava sempre il tempo p. AUGUSTO LUCA, sx per dedicarsi ai ministeri più vari, soprattutto visitando le famiglie e i malati. Vi portava il dono dell’amicizia e una parola buona che si depositava nel cuore delle persone, specie se afflitte da qualche dolore. Padre Agostino davanti all’abbadia di Fiastra, dove è cresciuto con la sua famiglia A servizio dei malati Quando, in anni recenti, fu mandato a Genova - Pegli, non trovò sufficiente prestarsi per qualche ministero domenicale, ma scelse un apostolato fisso in ospedale. Ricordo con quale soddisfazione raccontava la risposta spirituale dei malati. Sentiva che era un grande apostolato, tanto che, trasferito a San Pietro in Vincoli (Ravenna), trovò il modo dedicarsi a pieno ritmo all’assistenza dei malati nell’ospedale di Imola. Risiedeva all’ospedale e tornava in comunità un giorno la settimana. Quando me ne parlava, ho avuto l’impressione che abusasse un po’ delle sue forze, tenuto conto dell’età e dei vari acciacchi. Caro padre Agostino, tu sei arrivato alla meta e già contempli il volto di Dio. Prega per noi, per i tuoi parenti che ti hanno voluto bene, per noi che ti abbiamo sentito fratello e ci siamo edificati per la tua vita e la ■ tua pietà. Padre Agostino con due collaboratrici miarsi. Ha svolto il suo servizio con vero spirito missionario, con totale disponibilità per tutto l’arco della giornata. Conquistava i pazienti al punto che molti sono arrivati a dire “è un mio amico”. Ma la cosa più grande è che il Signore gli ha dato la consolazione di convertire non poche persone giunte al termine della loro vita, o di preparare adeguatamente la famiglia e ottenere il permesso di somministrare l’olio santo. Numerose anche le comunioni che venivano distribuite in giorni stabiliti o quotidianamente. Una carezza, un bacio... Perché la luce di Dio è penetrata in tanti cuori? La profonda umanità di quest’uomo è stato il mezzo di cui il Signore si è servito. Padre Agostino si avvicinava ai malati ponendosi sullo stesso piano, colloquiando con giovani e anziani, dando una carezza e anche un bacio. Se non era nei reparti, lo si trovava in cappella in preghiera, sempre disponibile per colloqui e confessioni. Quando le forze hanno cominciato a venirgli meno e la malattia ha avuto il sopravvento, ha cercato di combatterla, pur nel disagio fisico e psicologico, con quella determinazione che lo contraddistingueva; ma negli ultimi tempi del padre Agostino che avevamo conosciuto non era rimasta neppure la voce. Mi piace pensare che le schiere degli angeli lo abbiano accolto, per portarlo nella pace di Dio. ■ MATTEO RICCI E L’ AGGIORNAMENTO p. AGOSTINO CLEMENTINI, sx Questi pensieri del missionario scomparso, ripresi dal numero di gennaio 2010 (edizione Romagna), sono stati letti al termine della Messa all’abbadia di Fiastra. Come missionario e ancor più come maceratese, sto vivendo con interesse il 4° centenario della morte di p. Matteo Ricci, il gesuita matematico, astronomo, filosofo e letterato, detto il “Colombo dell’oriente”. Padre Ricci nel 1577, dopo sei mesi di navigazione, giunse a Goa in India; da qui proseguì per Macao e il 24 gennaio 1601 mise piede a Pechino. Qui morì e fu sepolto, dopo aver creato in nove anni di intensa attività un ponte tra la Cina e il resto del mondo. Nel 1961 la sua grande storia mi aiutò a capire la mia. Nel salpare da Venezia con il mercantile “Isarco” verso l’Indonesia (dove sarei giunto dopo 24 giorni), la cerimonia più sentita non fu il canto di “Mamma, addio” e di “Ave maris Stella”, ma la sostituzione della veste nera con quella bianca. Indossando quella veste sentivo di entrare in un altro mondo. Ricordo che negli anni ‘50 fece epoca la richiesta di un missionario che, dovendo rimpatriare dalla Cina dopo oltre 30 anni, scriveva ai suoi fratelli: “Potete venire a prendermi alla stazione con un asino?”. I fratelli non sapevano come accontentarlo, perché l’asino con cui era stato accompagnato alla stazione non c’era più. Una volta ci si accorgeva del passare degli anni dalla crescita dei bambini e dall’invecchiamento degli adulti. Oggi si invecchia più lentamente, grazie a Dio. Non sono gli anni che ci sfuggono, ma il mondo in cui viviamo che cambia da un giorno all’altro. E chi per lavoro ha a che fare con il mondo, deve continuamente aggiornarsi. Da questo dovere non possiamo Padre Agostino Clementini, esimerci noi missionasaveriano marchigiano di Urbisaglia (MC), ri, sia nel conservare la 8.8.1926 - 2.6.2010, in veste di cappellano fede sia nel proporla. dell’ospedale di Imola (2007) 2010 LUGLIO/AGOSTO ROMAGNA 48100 S. PIETRO in VINCOLI RA - Via Angaia, 7 Tel. 0544 551009 - Fax 0544 551811 E-mail: [email protected] - C/c. postale 13591482 Un grande esempio di umanità Il cappellano speciale: p. Agostino Clementini Mercoledì 9 giugno a Imola il vescovo mons. Tommaso Ghirelli ha celebrato, insieme ai saveriani e vari sacerdoti della diocesi, la santa Messa di suffragio per p. Agostino Clementini, nel settimo giorno della morte. Erano presenti anche alcuni dottori e le “donne” che collaboravano con lui nel servizio pastorale ai malati dell’ospedale. Al termine, la signora Vittoria ha voluto ricordare il missionario con le parole che pubblichiamo. avuto la fortuna di coH onoscere p. Agostino Cle- mentini subito dopo il suo arrivo come cappellano all’ospedale di Imola, il 22 gennaio del 2007 (si veda anche il breve articolo “Un «primario» speciale”, su Missionari Saveriani aprile 2007, pagina Romagna - ndr). Il missionario cercava “donne” disposte a collaborare, che lo aiutassero a visitare i malati. Non molti sanno che qui a Imola egli aveva impostato il suo lavoro di cappellano in modo del tutto nuovo: non da solo, bensì con la collaborazione di alcune persone, che lui scherzosamente soleva definire come “le mie donne”. Padre e guida per tanti Nella sua bella età, era un uomo lucido, volitivo, capace di cogliere lo stato d’animo di chi gli stava davanti. Mi hanno colpito la sua serenità e chiarezza nei rapporti con le persone, nonché la profonda umanità che emergeva anche dai racconti, spesso piacevoli, della sua vita di missionario o dell’esperienza fatta in altri ospedali a Viareggio e a Genova. Sin dall’inizio del lavoro svolto con lui, l’ho sentito come padre e guida: il dialogo era possibile anche quando le idee erano divergenti e il confronto riguardo ai problemi incontrati durante le visite in corsia era costruttivo. Padre Agostino ha lasciato un grande rimpianto in coloro che l’hanno conosciuto: la chiarezza di idee, la determinazione, l’indipendenza di giudizio, unite alla dolce fermezza del suo carattere non potevano non colpire. VITTORIA PALMONARI Con spirito missionario La profonda sensibilità di cui era dotato lo rendeva partecipe dei problemi e delle sofferenze di ciascuno, soprattutto dei malati, cui si dedicava senza risparmiarsi. Ha svolto il suo servizio con vero spirito missionario, con totale disponibilità per tutto l’arco della giornata. Conquistava i pazienti al punto che molti sono arrivati a dire “è un mio amico”. Ma la cosa più grande è che il Signore gli ha dato la consolazione di convertire non poche persone giunte al termine della loro vita, o di preparare adeguatamente la famiglia e ottenere il permesso di somministrare l’olio santo. Numerose anche le comunioni che venivano distribuite in giorni stabiliti o quotidianamente. Una carezza, un bacio... Perché la luce di Dio è penetrata in tanti cuori? La profonda umanità di quest’uomo è stato il mezzo di cui il Signore si è servito. Padre Agostino si avvicinava ai malati ponendosi sullo stesso Il bene dei corpi e delle anime La passione di p. Agostino Clementini P adre Agostino Clementini ci ha lasciati così inaspettatamente da farci pensare alle parole di Gesù: “Vegliate, perché non sapete in quale giorno il Signore verrà…” (Mt 24, 42-44). La morte arriva all’improvviso, ma per lui, forse, non è stata così inaspettata, perché il Signore spesso dà dei presentimenti. Era preparato e si è presentato in cielo come uno di quei servi che l’evangelista Matteo descrive nella scena del giudizio finale: “Venite, benedetti dal Padre mio, perché avevo fame e mi avete dato da mangiare, ero malato e mi avete visitato…”. 8 Diligente e capace Agostino era nato a Urbisaglia, in provincia di Macerata, il 6 agosto 1926. A tredici anni era entrato nella scuola apostolica di Poggio San Marcello (AN) ed era stato ordinato prete il 21 marzo 1953, a 27 anni. Aveva avuto vari incarichi nelle comunità saveriane d’Italia, spesso come economo. Anch’io l’ho avuto come economo per sette anni, prima a Parma e poi a Roma. Era diligente e capace, provvedeva sempre alle necessità dei confratelli con premure fraterne e sapeva conquistare la simpatia e l’affetto dei benefattori. Ha servito bene nell’obbedienza, ma non era questa l’aspirazione del suo cuore. Egli viveva di nostalgia per la missione dell’Indonesia dove era stato per tre anni dal 1961, e poi di nuovo nel 1968, costretto però a tornare in Italia per ragioni di salute. Aveva nel cuore la passione per il bene delle anime. Perciò, trovava sempre il tempo per dedicarsi ai ministeri più va- Le lettrici e i lettori non dimenticheranno p. Agostino Clementini, per tanti anni responsabile della pagina di Romagna del mensile “Missionari Saveriani” p. AUGUSTO LUCA, sx ri, soprattutto visitando le famiglie e i malati. Vi portava il dono dell’amicizia e una parola buona che si depositava nel cuore delle persone, specie se afflitte da qualche dolore. A servizio dei malati Quando, in anni recenti, fu mandato a Genova - Pegli, non trovò sufficiente prestarsi per qualche ministero domenicale, ma scelse un apostolato fisso in ospedale. Ricordo con quale soddisfazione raccontava la risposta spirituale dei malati. Sentiva che era un grande apostolato, tanto che, trasferito a San Pietro in Vincoli (Ravenna), trovò il modo dedicarsi a pieno ritmo all’assistenza dei malati nell’ospedale di Imola. Risiedeva all’ospedale e tornava in comunità un giorno la settimana. Quando me ne parlava, ho avuto l’impressione che abusasse un po’ delle sue forze, tenuto conto dell’età e dei vari acciacchi. Caro padre Agostino, tu sei arrivato alla meta e già contempli il volto di Dio. Prega per noi, per i tuoi parenti che ti hanno voluto bene, per noi che ti abbiamo sentito fratello e ci siamo edificati per la tua vita e la tua pietà. ■ Padre Agostino con due collaboratrici piano, colloquiando con giovani e anziani, dando una carezza e anche un bacio. Se non era nei reparti, lo si trovava in cappella in preghiera, sempre disponibile per colloqui e confessioni. Quando le forze hanno cominciato a venirgli meno e la malattia ha avuto il sopravvento, ha cercato di combatterla, pur nel disagio fisico e psicologico, con quella determinazione che lo contraddistingueva; ma negli ultimi tempi del padre Agostino che avevamo conosciuto non era rimasta neppure la voce. Mi piace pensare che le schiere degli angeli lo abbiano accolto, per portarlo nella pace di ■ Dio. Un redattore fedele e costante DIEGO PIOVANI Padre Agostino parlava sempre con voce calma e dal tono basso. Quando l’ho conosciuto, era il redattore della pagina della Romagna per “Missionari Saveriani”. All’inizio, mi è sembrato un po’ scorbutico; ma poi, una volta sintonizzati sulla stessa lunghezza d’onda, siamo riusciti a instaurare una collaborazione davvero proficua. La fiducia e la stima sono diventate reciproche e bastava poco per capire le intenzioni sue e nostre. Era sempre puntuale nel preparare e inviare il materiale per la “sua” pagina e non mancavano mai le fotografie dei vari gruppi che utilizzavano la casa saveriana di S. Pietro in Vincoli per i loro incontri di formazione e spiritualità. Ci teneva che ogni evento, ritiro, convegno venisse immortalato e raccontato. Ma non era solo cronaca. A lui piaceva scrivere per donare qualcosa di importante e interessante a tutti i numerosi e affezionati lettori. Speriamo d’averlo accontentato e ci promettiamo di continuare a farlo, nonostante qualche inevitabile rimbrotto che già sentiamo arrivare da Lassù. Grazie p. Agostino! HO MESSO LA BIBBIA “IN TRONO” p. AGOSTINO CLEMENTINI, sx Ripubblichiamo questo breve articolo, ripreso dal numero di luglio/ agosto 2007: rivela lo spirito missionario con cui p. Agostino viveva il suo servizio pastorale ai malati nell’ospedale di Imola. Di una cosa sono convinto: la storia della salvezza non si ferma mai. Per questo, appena iniziato il servizio come cappellano nell’ospedale di Imola, mi sono proposto di “mettere in trono” la Bibbia. Ci sono riuscito subito, grazie a don Giovanni Zardi che mi ha fornito il leggio e, per Pasqua, anche il candelabro con cui ho potuto far “risorgere” il cero pasquale che giaceva sepolto dal 1993. Nella chiesa dell’ospedale passano molte persone; la porta è sempre aperta. Chi entra o esce, difficilmente tira dritto, senza volgere uno sguardo alla Bibbia. La presenza di quel librone (il Lezionario della Messa) sembra non sia sfuggita a nessuno. Molti non si accontentano di un segno di croce o di un’occhiata fugace, ma entrano per una breve visita. Lo dico con commozione: non avrei mai immaginato che quasi tutti si fermassero anche davanti a quella Bibbia. Giorni fa, una persona mi ha chiesto: “Quel libro è il volume di un’enciclopedia? Mi sa dire quanti volumi sono e dove posso comprarli?”. L’aspetto non sembrava quello di un grande intellettuale... Gli ho spiegato e consigliato di acquistare la Bibbia, in un solo volume. Ma lui ha risposto: “No, voglio prendere proprio quei volumi, voglio regalarli al mio Padre Agostino Clementini, parroco, perché anche saveriano marchigiano di Urbisaglia (MC), lui li esponga nella no8.8.1926 - 2.6.2010, in veste di cappellano stra chiesa”. dell’ospedale di Imola 2010 LUGLIO/AGOSTO SALERNO 84135 SALERNO SA - Via Fra G. Acquaviva, 4 Tel. 089 792051 - Fax 089 796284 E-mail: [email protected] - C/c. postale 00205849 Adesso tocca proprio a noi Alla vigilia dei viaggi missionari di agosto C hi l’avrebbe mai detto che quest’estate sarebbe toccato proprio a noi! Dopo tanti anni passati a vivere in maniera indiretta le emozioni di un’esperienza inenarrabile, eccoci qui a preparare i nostri attrezzi per affrontare una nuova avventura, forse la più grande e sicuramente la più arricchente della nostra vita. Chi siamo? Iniziamo dicendo che siamo un gruppo di giovani, provenienti da diverse parti d’Italia. Ognuno di noi lavora o studia, e siamo accomunati dal trasporto verso gli ideali e lo spirito degli “stravaganti” missionari saveriani. Da un po’ di tempo a questa parte, viene concessa ad alcuni giovani l’opportunità di recarsi per un breve periodo nei luoghi dove i saveriani hanno le missioni. L’obiettivo è rendersi conto di cosa significhi concretamente essere vicini a persone appartenenti a un mondo completamente diverso dal nostro. Le nazioni in cui avremo l’onore di essere ospitati quest’anno, con realtà completamente differenti l’una dall’altra, sono: Bangladesh, Colombia e RD Congo. Noi cinque - Alessandra, Andrea, Francesca, Sara & Sara - andremo in Congo. Perché partiamo? Le motivazioni che ci spingono ad andare sono tante e variano per ogni persona. A volte non sono proprio chiare e immediate neanche a noi stessi. In tutti c’è il desiderio di toccare con mano ciò che in questi anni ci è stato ANDREA & C. sempre raccontato: incrociare lo sguardo di chi racconta vite sicuramente diverse dalla nostra, e pian piano arrivare a veri e propri confronti che saranno preziosi per la nostra crescita umana e spirituale. In venti giorni non sarà possibile contribuire ad aiutare concretamente persone molto meno fortunate di noi, ma ciò che ci preme dimostrare con tutto il cuore è testimoniare che, in un mondo fondato ormai sugli interessi e sull’assenza di valori, c’è ancora la speranza e la voglia di sentirsi tutti fratelli, di sostenere anche con la sola presenza persone con situazioni difficili, fermandosi semplicemente ad ascoltare ciò che c’è da imparare da gente con tradizioni e culture differenti. Abbiamo raccontato l’incontro Un successo la festa dei popoli a Salerno A Salerno la “festa dei popoli” sta diventando una bella tradizione. È un modo simpatico e interessante per conoscere tante culture, tutte in un giorno. Ne abbiamo molte qui a Salerno, come nel resto dell’Italia: Marocco, Filippine, Moldavia, Polonia, Romania, Senegal, Sri Lanka, Cuba, India, Ucraina… Un immenso atlante reso vivo da tante persone simpatiche, che incontriamo ogni giorno nei nostri quartieri e che ci danno il meglio della loro cultura. Alcune parole chiave Il tema di quest’anno era, “Dall’incontro al racconto”. Domenica 23 maggio ci siamo trasferiti in un mondo di fiabe, in cui ogni cultura fa sognare. I 8 sogni sono diventati realtà attraverso storie, rappresentazioni, stand colorati, senza dimenticare la cucina. Tutto è stato preparato con tanti incontri, tanta pazienza e tanta voglia di conoscersi e ascoltarsi. È doveroso spiegare però cosa s’intende con la frase, “Dall’incontro al racconto”. Seguiteci con attenzione. C’è racconto nella musica: danze e canti comunicano gli stati d’animo e i messaggi. Nei giochi c’è comunicazione perché mettono in relazione e fanno confronto. Nelle tradizioni religiose c’è conoscenza: il senso di Dio è presente in tutte le culture. Nelle fiabe e nelle feste c’è tradizione, perché si condivide un passato che è vissuto ancora oggi. Uno dei tanti momenti dedicati alla danza, durante la “festa dei popoli” che s’è tenuta il 23 maggio a Salerno p. OLIVIERO FERRO, sx Sfilata di colori, musica e danze La festa è cominciata con una preghiera ecumenica, un vero dialogo interreligioso. L’Ucraina ha aperto le danze con una fiaba: ci ha detto che insieme si possono vincere le difficoltà. La Polonia ci ha descritto l’origine della capitale Varsavia e ci ha trasportato nelle loro terre. Le comunità di Romania e Moldavia ci hanno deliziato con un ballo “Hora”. Gli amici dello Sri Lanka, dopo un ballo tradizionale, ci hanno ricordato che sono intervenuti in tante situazioni difficili qui a Salerno per risolvere qualche problema. Del Marocco, una new entry, abbiamo apprezzato i dolci e i vestiti tradizionali. Da Cuba sono arrivati i ritmi sudamericani… E allora tutti a bailar. Il Magreb ha messo in mostra i suoi vestiti e oggetti colorati. Il Senegal ci ha fatto muovere al ritmo dei tamburi. Mentre la comunità delle Filippine ci ha fatto danzare e sognare con i loro canti. Infine, l’Italia ci ha ricordato che la storia di “S. Francesco e il lupo” è sempre attuale. Una cosa è leggere un libro di geografia, un’altra è vederla, toccarla con le nostre mani. Ci siamo conosciuti, apprezzati e forse… ora ci vogliamo un po’ più bene. Basta poco. Non possiamo dimenticare chi ha lavorato duramente e con fantasia. Grazie per il vostro impegno! Non aspettiamo il 2011: ogni giorno sia “festa ■ dei popoli”. Ci sentiamo preparati! Questa non è certo un’esperienza da sottovalutare e necessita di un po’ di preparazione. Durante questi mesi, guidati dai saveriani, abbiamo partecipato a incontri mensili nei quali abbiamo riflettuto sul senso della missione e della sua importanza al giorno d’oggi. Sono stati incontri molto utili: ci sono state esposte le possibili difficoltà che incontreremo nei paesi a noi sconosciuti. Senza cadere in allarmismi, ci è stato presentato anche il comportamento migliore da assumere in tali circostanze. E per la diversità della lingua come faremo? I saveriani anche su questo sono all’avanguardia. È stato organizzato un corso di lingua francese e di swahili in modo da saper perlomeno comunicare in maniera essenziale con le persone. Un dono da condividere Armati di questo semplice bagaglio, sospinti dalla curiosità di affrontare questa nuova grande emozione, aspettando trepidanti che giunga il mese di agosto, siamo pronti per partire, ognuno alla volta della propria meta. Sentiamo il desiderio di lasciarci coinvolgere e travolgere da tutto ciò che le missioni ci offriranno, di guardare con i nostri occhi come i missionari sono Alcuni dei giovani che in agosto vivranno un’esperienza missionaria in Africa, Asia e America latina impegnati in queste realtà, e la luce e la fede che c’è negli occhi della gente, nonostante le sofferenze della vita. Il mondo non si ferma al nostro paese, alla nostra casa, alle nostre confortanti abitudini. È grande e vale la pena conoscerlo, anche nei suoi aspetti più duri. Ovviamente, la missione non è solo intesa come partire per terre lontane, ma anche essere missionari nel piccolo mondo quotidiano. Dopo aver finalmente visto tutto ciò, avremo sicuramente voglia di testimoniarlo, perché un dono diventa ancor più bello se è condiviso. ■ ECHI DEL 50° IL BORSELLINO DEL VESCOVO BUONO In ricordo di mons. Cammarota, vescovo di Vallo della Lucania (da un articolo di p. Eugenio Morazzoni, pubblicato su “Lucania Missionaria” del gennaio 1937). …E le medicine, padre! - Ci penserà il Signore! Anche il vescovo però!”. E fece per prendere qualche cosa. Ma quale non fu il suo rincrescimento quando non riuscì a trovare niente, né nel cassetto, né nel suo portafoglio! Era in procinto di partire e aveva già spedito tutto. Non poco addolorato disse: “Padre, vorrei aiutare ancora, ma mi trovo ormai sprovvisto. Questi pochi centesimi”. E in così dire consegnò al padre il suo borsellino e ordinò di vuotarlo. In verità c’era davvero poco: ma v’era anche molto, giacché v’era tutto il cuore del vescovo buono. Di medicine non s’ebbe più bisogno, perché in giornata quasi tutti s’alzarono. Valeva forse più una santa benedizione! Ma l’episodio non termina qui. Dopo qualche giorno un signora invia da Policastro un vaglia di lire 200 “per incarico di una pia persona che si raccomanda alle preghiere dei missionari”. A dir la verità, pensammo che “la pia persona” non fosse altro che la stessa signora già abituata a santamente mentire verso noi per mettere in pratica il consiglio evangelico. Ma quale non fu la sorpresa del rettore qualche settimana dopo, durante i solenni funerali celebrati nella cattedrale di Policastro. Venne a sapere che la “pia persona” era proprio Sua Eccellenza, il quale voleva riparare con l’aggiungere la somma generosa ai “pochi centesimi” del borsellino. Padre Agostino Clementini, saveriano marchigiano, che da poco ci ha lasciato, a Vallo della Lucania nel 1947-48 2010 LUGLIO/AGOSTO 22038 TAVERNERIO CO - Via Urago, 15 Tel. 031 426007 - Fax 031 360304 E-mail: [email protected] C/c. postale 267229; Banca Raiffeisen, Chiasso C/c.p. 69-452-6 TAVERNERIO Lettera a mamma Delfina Sul fiume Mera il castagno longevo Pubblichiamo la commovente lettera che dal Bangladesh ha inviato il figlio p. Luigi Paggi, e che è stata letta durante il funerale della mamma, morta il 10 maggio 2010. C ara mamma Delfina, la notizia della vostra improvvisa partenza per il grande viaggio è arrivata come un fulmine a ciel sereno! Sapevo che ultimamente il vostro stato di salute aveva subito un leggero deterioramento, ma nessuno pensava che la vostra “ora” fosse così vicina. Negli ultimi anni di vita, papà Giuseppin parlava spesso della sua “ora”. L’ultima volta che lo salutai mi disse: “Vieni poi a seppellirmi quando arriverà la mia ora”. La sua ora è arrivata e suo figlio a seppellirlo non c’era... L’ora è arrivata anche per voi e anche questa volta vostro figlio non era presente a darvi l’estremo saluto. La salute “campestre” Nelle quattro righe che avevo mandato per il funerale di papà Giuseppin, avevo paragonato la sua vita al fiume Mera che scorre davanti alla nostra casa ai Preorini. La vostra vita la paragonerei invece a una di quelle piante forti e robuste che ancora oggi possiamo trovare nei nostri boschi. Inizialmente avevo pensato alla quercia, ma poi mi è sembrato che il castagno sia più adatto, perché è una pianta longeva... La vostra vita non è stata breve. Infatti, siete arrivata alla bella età di 93 anni. Il castagno è una pianta forte e robusta; così è stata la vostra persona. Avete vissuto la vostra vita tenacemente legata alla terra: il grano turco da seminare, il fieno da tagliare, l’orto p. LUIGI PAGGI, sx da zappare, la vigna da potare, la stalla da governare... Tutti questi lavori li svolgevate sempre assieme al papà Giuseppin che seguivate dappertutto, sia nei campi nel pian di Spagna che nella vigna e i boschi della Pizza. Il segreto della vostra perfetta salute lo si deve cercare proprio nella vita “campestre”. L’aria salubre della vigna, del bosco, dell’erba, dei campi, hanno contribuito a farvi diventare per qualche mese la cittadina più anziana di Sorico. Quei frutti senza tempo Il castagno produce frutti in grande quantità. Tutti coloro che sono riuniti attorno a voi avranno notato i frutti che la vostra lunga vita ha maturato. In particolare, i frutti della sobrietà e dell’austerità, che oggi sono poco apprezzati, ma sono virtù che hanno Lutto nelle nostre famiglie Quando una persona cara ci lascia di poco tempo N eltrevolgere “donne missionarie”, famigliari di tre saveriani, hanno raggiunto la casa del Padre: la signora Maria, sorella di p. Alfredo Spigarolo; la signora Delfina, mamma di p. Luigi Paggi; la signorina Antonia, consacrata nell’Opera della Regalità dell’università Cattolica, sorella di p. Gabriele Ferrari. I primi due saveriani erano assenti ai funerali, essendo impegnati in terra di missione: il primo in Messico e il secondo in Bangladesh. Questa assenza può essere considerata da alcuni come un atto eroico, da altri come mancanza di sensibilità. Più semplicemente, per noi missionari si tratta di sacrifici che fanno parte della nostra vocazione. La comunità saveriana ha partecipato alle esequie, sentendosi vicina con la preghiera e 8 Maria Spigarolo, 83 anni, di origine padovana, deceduta a Parabiago, Milano l’affetto. Infatti, ognuno di noi sente come proprie la mamma o la sorella degli altri confratelli. Maria: tutta casa e chiesa Maria Spigarolo ci ha lasciato il 16 aprile 2010, all’età di 83 anni. Gli Spigarolo sono originari di Cittadella (Padova), ma la famiglia di Maria risiede da 40 anni a Ravellodi di Parabiago (Milano). Ha sempre lavorato, dedicandosi all’educazione dei figli e nipoti. Era tutta “casa e chiesa”. Il 17 marzo 1996, le quattro sorelle Spigarolo, insieme a padre Alfredo, erano a Roma per partecipare alla gioia della famiglia saveriana in occasione della beatificazione del fondatore mons. Guido Conforti. È stata davvero una festa famigliare, intensa di gioia e di fede. Colpita da Alzheimer, negli ultimi sette anni la signora Maria ha sofferto molto, offrendo il suo dolore per la famiglia e per i missionari. Delle quattro sorelle Spigarolo, ora vive solo la signora Adelina, che passa il suo tempo tra la famiglia naturale e la famiglia saveriana, estesa fino al Messico, dove padre Alfredo lavora dal 1964. Antonia: laica consacrata Così si è espresso p. Gabriele Ferrari, al termine della Messa di commiato alla sorella Antonia, 73 anni, nella chiesa di San Marco a Rovereto. “Antonia era a cura di p. FRANCO BERTAZZA, sx una donna ricca di qualità umane e di sentimenti, una cristiana coraggiosa che si era consacrata a Dio fin dalla sua prima età adulta, una donna non di mezze misure. Aveva messo le sorti della sua vita nella mani di Dio e da lui si lasciava guidare nella fede e nella speranza. Aveva certo anche qualche difetto di cui non si vantava, ma che riconosceva e che forse un po’ coltivava… e per questo volentieri la riconosciamo nostra sorella e compagna di viaggio. Il Signore l’ha provata nella vita. Ma lei è riuscita a tenere la lampada accesa fino alla fine. E nella notte, il 5 giugno scorso, è scoccata l’ora dell’incontro con Dio. Antonia era pronta ed è entrata nella festa della comunione eterna, dopo questi lunghi mesi di sofferenza e di umiliazione. Ringraziamo Dio per averci dato Antonia; ringraziamo anche tutti voi, che l’avete amata e assistita”. ■ Antonia Ferrari, laica consacrata di Rovereto I saveriani di Tavernerio, e non solo, al funerale di mamma Delfina hanno rappresentato idealmente il figlio p. Luigi Paggi, missionario in Bangladesh un valore inestimabile. Se vivo felice da ormai 35 anni tra gente che non ha niente, è perché voi - papà Giuseppin e mamma Delfina - mi avete insegnato questi valori fin dalla culla... E poi ci sono laboriosità e operosità. Non ho mai visto mamma Delfina con le mani in mano. Anche negli ultimi anni della vostra vita, quando ormai non eravate più in grado di andare nell’orto, in casa sferruzzavate all’uncinetto e, in occasione delle feste di San Miro e dell’Immacolata o di San Biagio, i vostri cuscini all’incanto dei canestri andavano a ruba! Nessuno con cui far pace Il castagno del bosco ha poi altre belle caratteristiche. Quando fa caldo, sotto l’ombra dei suoi rami frondosi ci si sta bene, e d’inverno un pezzo di legno di castagno nel caminetto riscalda gli animi oltre che i corpi. Così eravate voi nei rapporti con le persone; comunicavate freschezza e calore umano. Negli altri vedevate sempre i loro aspetti positivi. E non mi pare di avere mai sentito che eravate in collera o in inimicizia con qualcuno. Non dovevate mai fare pace con nessuno. Forse per questo il Padrone della vita vi ha preso con Mamma Delfina Rossi Paggi, 93 anni, di Sorico (Como) sé così in fretta! A quest’ora avrete ormai incontrato i vostri antenati e coetanei Sgarlin: dal nonno Cristoforo ai cugini Domenico, Erminia, Saule, dalle tre zie del Vallate alle vostre quattro sorelle. Con la vostra scomparsa la nostra famiglia sperimenta il suo secondo lutto. Come ci è mancato molto papà Giuseppin, così ci mancherà molto anche mamma Delfina. Ma siamo sicuri che adesso abbiamo due angeli custodi che dal cielo continueranno a guidarci e a proteggerci. ■ (continua nel riquadro) “ma il signore capisce!” p. LUIGI PAGGI, sx La signora Anna Maria Copes, mandandomi le sue condoglianze via telefono, mi ha detto queste testuali parole: “Tua mamma è morta senza soffrire minimamente. Il Signore l’ha premiata per le sue costanti preghiere”. Il frutto della fede in Dio, una fede di quelle semplici ma profonde, che si nutrono di preghiera continua e assidua. Cara mamma Delfina, quante volte vi ho visto leggere un libretto dalla copertina nera e dalle pagine ormai sgualcite… Era il libro per l’ufficio dei defunti che si usava ai tempi della vostra gioventù. Nel libro c’erano i salmi in latino. Una volta vi chiesi: “Ma capite quello che leggete?”. La vostra risposta fu: “Io non capisco, ma il Signore capisce!”. La lettura di quel libretto dalla copertina nera divenne vostro pane quotidiano specialmente dopo la morte del papà Giuseppin: lo leggevate al mattino, al pomeriggio e alla sera. E con il libretto dalla copertina nera pregavate e per i morti e per i vivi! Pregavate per le vostre figlie e le loro famiglie, per i vostri nipoti e pronipoti, di cui avevate le fotografie sul muro della cucina e di cui sapevate i nomi a memoria. E chiaramente pregavate per me. Pregavate la Madonna di Gallivaggio e San Miro perché potessi godere di buona salute e potessi svolgere degnamente il lavoro che il Padrone della messe mi ha affidato in questi villaggi sperduti tra le paludi del Gange, tra queste pecore sperdute senza Pastore! Il libretto dalla copertina nera ormai non vi serve più! Mamma Delfina, riposate in pace! Dal lontano Bangladesh, vostro figlio Luigi 2010 LUGLIO/AGOSTO VICENZA 36100 VICENZA VI - Viale Trento, 119 Tel. 0444 288399 - Fax 0444 288376 E-mail: [email protected] - C/c. postale 13616362 Missionario fin dalla culla Mai sentito parlare di tal “padre Foresta”? P adre Giuseppe Lorenzato è nato a Madonna delle Grazie - Costabissara il 6 febbraio 1933. Secondo di 12 figli, fin da piccolo ha sempre manifestato il desiderio di diventare missionario. A Madonna delle Grazie c’è appunto la famosa chiesetta, meta di pellegrinaggio di molti missionari dell’istituto saveriano di Vicenza. Lì per la prima volta conobbe i saveriani. “Nella, metti sì!” Un giorno durante il catechismo, la maestra ha presentato una letterina inviata dai saveriani di Vicenza, per far conoscere un po’ i missionari ai bambini delle parrocchie. C’erano dieci domande a cui rispondere e una di queste era: “Cosa vuoi fare da grande? Il professore, il medico, l’artista, il contadino, il musicista, il missionario...”. Questa domanda colpisce molto il pic- colo Giuseppe e la sua risposta è pronta e decisa: “Voglio diventare missionario!”. Siccome non sapeva ancora scrivere, Giuseppe dice alla sorella maggiore seduta accanto: “Nella, metti «sì»”. Terminate le scuole elementari nel 1945, chiede di entrare nell’istituto. Ma non viene accolto perché non aveva fatto l’esame di ammissione alle medie; a causa della guerra poche scuole avevano potuto farlo. L’anno successivo ai primi di marzo entra presso i “paolini” di Sacile per la 1ª ginnasio. Finalmente, nell’estate del 1947, si presenta all’istituto dei saveriani con mamma Maria e chiede nuovamente di poter entrare. Questa volta la risposta è affermativa. L’approdo in Sierra Leone A Vicenza frequenta 2ª e 3ª ginnasio, a Zelarino la 4ª e la 5ª, per poi proseguire con il novizia- Padre Giuseppe Lorenzato a Kamanca, in Sierra leone, con i bambini del villaggio BARBARA PERIN to a San Pietro in Vincoli (Ravenna). Per gli studi filosofici viene mandato a Desio e nel 1958 va a Parma per studiare teologia. Il 28 ottobre del 1962 è ordinato sacerdote e il suo sogno diventa realtà: finalmente è missionario. Per due anni lavora in Italia, prima a Udine poi nel noviziato di Nizza Monferrato (Asti), come animatore missionario. Finalmente nel maggio 1965 arriva la destinazione per la Sierra Leone. Così, un altro sogno si avvera: infatti, fin da studente, p. Giuseppe voleva fare il missionario... in foresta. Proprio per questo lo avevano soprannominato “padre Foresta”. Va in Scozia per tre mesi per imparare un po’ d’inglese e a settembre parte per l’Africa. Al suo arrivo in missione la cosa che lo impressiona di più è proprio la foresta: incantevole e fantastica, come lui l’aveva sempre immaginata. Formare i giovani a Belém Un’altra tappa di vita missionaria C ari amici e amiche, prima di tutto grazie per il sostegno che continuamente date a tutti i missionari nell’arduo compito dell’evangelizzazione, che Cristo ha affidato alla chiesa. Siamo tutti parte di questo grande Corpo, che è la Chiesa: in modi diversi siamo chiamati a far conoscere il grande amore che Dio ha verso tutti. Tanti testimoni della fede Fino a poco tempo fa mi trovavo nella grande parrocchia di Acarà nel nord del Brasile, composta da circa 80 comunità cristiane sparpagliate in un’area territoriale con più di quattromila chilometri quadrati. Posso dire con tutta sincerità che questi primi nove anni di missione in 8 p. VALTER PARISE, sx Amazzonia hanno segnato profondamente la mia vita spirituale e religiosa con i saveriani. Mi sono accorto ancora più profondamente che l’amore di Dio ci sostiene, ci guida e ci precede sempre nel nostro ministero sacerdotale e missionario. Questo suo amore si fa visibile, concreto ed efficace attraverso l’azione di tante persone generose che ogni giorno offrono il proprio contributo affinché si realizzi il sogno di Dio: “fare del mondo una sola famiglia cristiana”. Spesso mi vengono in mente i ragazzi, i giovani, gli adulti e gli anziani che ho avuto la grazia di conoscere e che nella loro vita, pur tra tante sofferenze e difficoltà, vivono il vangelo e danno una grande testimonianza di Padre Valter Parise, vicentino di Sandrigo, tra le sorelle Emanuela e Mirka, anch’esse animatrici missionarie fede. Prego il Signore affinché, nella sua infinità misericordia, continui ad accompagnarli e a custodirli. Come un fratello maggiore Ora inizierò un’altra tappa della mia vita missionaria. Mi è stato chiesto di dedicarmi alla formazione dei giovani brasiliani aspiranti alla vita missionaria a Belém. Per prepararmi, ho partecipato a un breve corso per formatori e animatori vocazionali a Roma, all’università Salesiana. Sappiamo che la formazione è un servizio offerto a quei giovani che scoprono su di loro un disegno che viene dall’alto. Considero il formatore come un fratello maggiore, che condivide con i giovani un tratto di strada e di vita, perché questi possano meglio conoscere se stessi e il dono di Dio, e decidano di rispondervi in libertà e con senso di responsabilità. Di fronte a un compito così arduo e pensando alla mia debolezza, sento la necessità di chiedere a Dio che mi aiuti a vivere questa nuova tappa della mia vita con spirito di viva fede e di servizio, confidando sempre nel suo aiuto. Ricordatemi nella preghiera, affinché io possa stare al fianco di questi giovani in ricerca vocazionale e contribuire alla loro formazione missionaria in modo adeguato ed efficace. ■ Due ananas e un treno Per ambientarsi un po’ il primo periodo p. Giuseppe rimane a Makeni come aiutante del parroco della cattedrale; poi va a Lunsar, cittadina mineraria, per aiutare nell’attività scolastica. Finalmente come lui desiderava, viene destinato a Yele, una parrocchia in mezzo alla foresta. Padre Giuseppe vive con la gente che si distingue per cordialità, ospitalità e rispetto verso i missionari, sempre pronti a servirli in qualsiasi momento. Ecco un esempio. Un giorno “padre Foresta” parte con l’aiutante Agostino per la visita alle scuole di un villaggio lontano. Percorrono circa 30 miglia con il camioncino, ma le ultime sette miglia devono farle a piedi, lungo un sentiero a fianco delle rotaie dell’unica ferrovia in Sierra Leone. Arrivano stremati e il capovillaggio subito offre loro due grandi ananas per rifocillarsi un po’. Padre Giuseppe fa la sua visita alla scuola, saluta i maestri, interroga gli studenti sul catechismo e guarda i registri. Al ritorno, sentono arrivare un treno (ne passava uno ogni due mesi!). Vedendoli, il macchinista ferma il treno e li fa salire. Padre Giuseppe si commuove per questo gesto; non si sarebbe mai aspettato che il treno si fermasse apposta per farli salire. ■ (continua nel riquadro) CON IL CUORE IN SIERRA LEONE B. PERIN Nel 1998 p. Giuseppe torna in Italia per cure mediche e lavora per alcuni anni come animatore missionario ad Ancona, a Reggio Calabria e a Cagliari, in Sardegna. Finalmente nel 2007 riparte per la Sierra Leone, ma a causa della sua salute cagionevole vi può rimanere poco più di un anno. Trascorre qualche tempo nella casa madre dei saveriani a Parma per curarsi. Poi viene di nuovo nella comunità di Vicenza, dove tuttora risiede. Qui si presta volentieri per qualsiasi lavoro: aiuta l’economo e gli altri saveriani della casa, va a prestare servizio nelle parrocchie, soprattutto a Costabissara, suo paese d’origine, dove è molto “richiesto” e stimato. I suoi compaesani lo considerano “il missionario della Sierra Leone”. Infatti, fin dall’inizio della sua missione lo hanno sempre aiutato e sostenuto, anche economicamente, per realizzare progetti in missione. Uno degli ultimi è stata la costruzione di una chiesetta dedicata alla Madonna “Nostra Signora, Stella dell’evangelizzazione”, nel villaggio di Maburé, vicino a Makeni. Anche se fisicamente è qui a Vicenza, p. Giuseppe ha il cuore ancora... in foresta. Con l’aiuto di amici benefattori, sta realizzando la costruzione di una scuola elementare per i suoi bambini sierraleonesi. Un bel primo piano di “padre Foresta”, alias p. Giuseppe Lorenzato, che attualmente vive nella comunità saveriana di Vicenza 2010 LUGLIO/AGOSTO ZELARINO 30174 ZELARINO VE - Via Visinoni, 16 Tel. 041 907261 - Fax 041 5460410 E-mail: [email protected] - C/c. postale 228304 Una gran bella festa all’aperto Solidarietà e divertimento non hanno età C os’è stata la festa all’aperto per le missioni? Per i bambini, nuove scoperte e nuove emozioni; per i genitori, un aggiornamento vicendevole e informale sulla crescita in età, sapienza e grazia dei propri figli; per i nonni, la possibilità di ammirare con gioia la nuova primavera. E per i volontari? Dalle 8 alle 22, ben quattordici ore di servizio generoso e gratuito, con tanti meriti… per il paradiso e con il “grazie!” nostro e di tutti. Tutto questo e ancora di più è stata la festa all’aperto per le missioni, organizzata dai saveriani di Zelarino domenica 16 maggio. Animali e animazione Chi ha faticato molto sono stati i cavalli, al piccolo trotto, che hanno trainato le carrozze cariche di bambini divertiti, assieme a qualche adulto. I più gettonati e ammirati sono stati gli animali: i pony, un asinello, le ochette, i pulcini, i coniglietti e gli anatroccoli, disturbati e guardati con meraviglia da tanti bambini che li vedevano, forse, per la prima volta! Beh, in compenso, almeno per un giorno hanno avuto cibo e acqua in abbondanza e anche qualche affettuosa carezza. Le missioni erano ben rappresentate da vari poster esposti alle finestre della casa e dalle numerose bandiere di nazioni diverse che sventolavano nei locali dove si è svolta la festa. Le sante Messe in parrocchia sono state animate dai saveriani, che hanno raccontato l’esperienza di missione non come un fatto personale, ma come manifestazione dell’azione di Dio, che vuole tutti salvi. È questa azione del Signore che, attraverso i protagonisti della missione, ci fa capire quanto anche noi abbiamo bisogno di migliorare la nostra pratica cristiana. Feste nella festa Al pranzo in gran forma erano presenti tanti amici di Zelarino e dintorni. Alcuni sono arrivati apposta anche da una distanza di 40 chilometri. Tutti hanno gustato i cibi e il buon vino, hanno partecipato a una ricca tombola amiche- p. FRANCO LIZZIT, sx vole e hanno preso dal mercatino oggetti e regali, lasciando un’offerta volontaria per le missioni. Tra i presenti c’erano anche i signori Gamba Camillo e Clara, una coppia che aveva festeggiato il giorno prima le nozze d’oro nella nostra cappella: battimani e foto d’obbligo. A quel punto si sono fatti avanti altri due sposini, i coniugi Niero Bruno e Luigina con figli, nipoti e pronipote: loro festeggiavano 64 anni di fedeltà, tutti ancora freschi, con la promessa di essere fedeli ancora per tanto tempo. La cena è stata meno formale, ma molto famigliare. Vi hanno partecipato anche don Daniele, parroco di Zelarino, tanti membri del consiglio parrocchiale e altri amici che non erano potuti venire per il pranzo. A tutti quanti, visitatori, ospiti e volontari abbiamo donato un segnalibro con le finalità della giornata: “costruire persone” in Sierra Leone, Camerun e Ciad. Grazie per la partecipazione e la collaborazione, e arrivederci alla ■ prossima edizione! La missione in clausura Una testimonianza interessante Q uale apporto danno le suore di clausura alla missione? Ce ne ha parlato madre Damiana, delle suore clarisse cappuccine, superiora del monastero San Giuseppe a Mestre. Via telefono, abbiamo ascoltato la sua testimonianza missionaria giovedì 20 maggio, nell’incontro di preghiera per le vocazioni. 8 Le clarisse cappuccine “È proprio lo Spirito Santo che scende sugli apostoli e sulla chiesa ad aprirla al mondo intero”, ha esordito la monaca. “Lo Spirito anzitutto opera la nostra conversione e ci mette in un rapporto intimo e personale con Gesù. La missione comincia proprio da noi, spingendoci alla preghiera e al sacrificio, perché Gesù sia conosciuto e amato anche dagli altri. Questo è avvenuto per santa Teresa del Bambin Gesù, ma anche per santa Chiara e san Francesco d’Assisi”. Madre Damiana ha poi parlato delle clarisse cappuccine, fondate nel 1535 da Maria Lorenza Longo (Catalogna 1463 - Napoli 1549). La nobildonna spagnola seguì il marito a Napoli a servizio nella corte di Ferdinando II. Rimasta vedova e inferma, si recò a Loreto e ottenne dalla Madonna il miracolo della guarigione. Tornata a Napoli, vi fondò l’ospedale degli incurabili. Nel 1535, seguendo il consiglio di san Gaetano da Thiene, fondò l’ordine delle clarisse cappuccine, che ebbe grande diffusione in Italia e all’estero. Unite a tutti i missionari “Da giovane - ha spiegato madre Damiana - ero impiegata in un ufficio di pratiche per patenti e facevo parte dell’Azione cattolica, collaborando alle attività missionarie. Nel 1976 il mio di- La chiesa del monastero delle clarisse cappuccine di Mestre a cura di p. FRANCO LIZZIT, sx rettore spirituale mi consigliò di passare una settimana di preghiera in questo monastero, costruito nel 1960, da dove alcune monache stavano partendo per aprire una nuova comunità in Brasile. Quando nel ’78 vi tornai per fare il noviziato, le monache erano già partite e io rimasi missionaria da questo luogo per tutta la vita. Il nostro legame con le missioni si basa sulla preghiera, ma abbiamo anche stretti legami con altre fondazioni in America latina e Africa. Il nostro ordine sta aprendo nuovi monasteri in nazioni dove i cattolici sono una piccola minoranza, spesso perseguitata, con consorelle di diversa nazionalità. Noi, da questo monastero di Mestre, siamo vicine ai saveriani, che hanno studiato a Zelarino: ci sentiamo per telefono e ne aspettiamo la visita. Prossimamente verrà p. Faustino Turco, missionario in Congo; siamo ansiose di vederlo e ascoltarlo. Ci sentiamo unite anche a voi in questa preghiera per le vocazioni e le missioni. Per intercessione della Madonna, Gesù possa regnare nel nostro cuore e nel cuore di tutte le persone del ■ mondo”. Scene da un 50° di matrimonio: Gamba Camillo e Clara hanno festeggiato l’anniversario anche durante la festa per le missioni… …mentre Niero Bruno e Luigina con tutta la famiglia ne hanno festeggiati 64! 19 settembre: festa dei famigliari Domenica 19 settembre si terrà il tradizionale incontro con i famigliari e i benefattori dei missionari. Ci sarà con noi p. Luigi Menegazzo, vicario generale dei saveriani. Il programma prevede l’accoglienza alle 10, la conversazione sulle missioni di p. Menegazzo, l’Eucaristia e il pranzo. Segnate subito questa data sul vostro calendario. Vi aspettiamo numerosi! Vi preghiamo di segnalare la vostra adesione entro il 15 settembre, al numero 041 907261 UNA LAPIDE MISSIONARIA p. FRANCO LIZZIT, sx Il 22 agosto 1960, festa del Cuore Immacolato di Maria, il vescovo saveriano mons. Assuero Bassi consacrava la chiesa dei missionari saveriani costruita con le offerte di tanti benefattori e in particolare di Antonio Bertoli, allora medico condotto di Zelarino, e la sua signora Carolina Crepet. Nell’ultimo decennio le strutture, eccetto una piccola parte, sono passate alla diocesi di Venezia, che ha diviso la chiesa in due piani, ricavando l’auditorium nella parte inferiore e la chiesa in quella superiore. La lapide che ricorda la consacrazione avvenuta 50 anni fa è stata ora collocata nella nuova chiesa. Resterà a ricordo del vescovo saveriano consacrante, dei benefattori, di centinaia di giovani che qui si sono formati alla vita missionaria. Tra tutti ricordiamo p. Ottorino Maule, martire in Burundi. La lapide diventi ispirazione a quanti, pregando in questo luogo, faranno proprie le ultime parole di Gesù: “Andate in tutto il mondo e predicate il mio vangelo a ogni creatura”. Una santa Messa per i benefattori è stata celebrata in giugno con la partecipazione dei nipoti Bertoli - Crepet e alcuni degli operai che hanno costruito l’edificio. La lapide collocata per ricordare la consacrazione della chiesa dei saveriani a Zelarino, avvenuta 50 anni fa “Al Cuore Immacolato di Maria, nel mistico preludio del suo profetato trionfo, S.E. Assuero T. Bassi , vescovo di Loyang - Cina -, della ferocissima persecuzione comunista perseguitato ed esiliato testimone in trepidazione di apostoliche speranze, questo sacro tempio eretto per la generosa oblazione di Antonio e Carolina Bertoli - Crepet, oggi 22.8.1960 solennemente consacrava. La quotidiana ardente preghiera dei giovani apostoli, implorante qui la salvezza del mondo infedele, salga in benedizione perenne per i fondatori del tempio e per tutti i benefattori dell’istituto”.