ll ao lo to giov er i ns L’istituzione dell’Eucaristia nell’arte lauretana i an POSTE ITALIANE SPA Spedizione in abbonamento postale D.L. 353/2003 (conv. in L. 27/02/2004 n. 46) art. 1, comma 1, CN/AN La visita di Vittorio Emanuele II a Loreto, 150 anni fa Ce dal n. 4 - APRILE 2011 nt ro G anni P iov INDIC AZIONI UTILI ORARI TELEFONI IL MESSAGGIO DELLA SANTA CASA Basilica della Santa Casa ore 6.15-20 (aprile-settembre) ore 6.45-19 (ottobre-marzo) La Santa Casa rimane chiusa tutti i giorni dalle 12.30 alle 14.30. Sagrestia Basilica tel. e fax 071.9747.155 Sante Messe Sabato e giorni feriali ore 7, 8, 9, 10 ,11 (7.30 in S. Casa) ore 17 e 18.30 (aprile-settembre) ore 16.30 e 18 (ottobre-marzo) Rosario: ore 18 (17.30 ottobre-marzo) Domenica e giorni festivi ore 7, 8, 9, 10, 11, 12 ore 17, 18, 19 (aprile-settembre) ore 16, 17, 18 (ottobre-marzo) Congregazione Santa Casa tel. 071.970104 - fax 071.9747.176 Confessioni Giorni feriali ore 7-12.10 ore 16.00-19 (aprile-settembre) ore 15.30-18.30 (ottobre-marzo) Giorni festivi ore 7-12.30 ore 16-19.30 (aprile-settembre) ore 15.30-18.30 (ottobre-marzo) Adorazione eucaristica quotidiana Lunedì - Venerdì: 9.30-18; Sabato: 9.30-12 Sagrestia Basilica Dalle ore 7 alle 12; dalle ore 16 alle 19. Prenotazioni Sante Messe, stesso orario. Celebrazione Battesimo Prima domenica di ogni mese: ore 17 (Basilica Santa Casa). Celebrazione Cresima Primo sabato di ogni mese: ore 18 (ore 18.30 aprile-settembre) Presentarsi un’ora prima per la registrazione dei documenti. Celebrazione Matrimonio Informazioni presso il Parroco della Santa Casa: ore 10-12. Congregazione Santa Casa-Negozio (a sinistra della facciata della basilica). Ufficio accoglienza pellegrini e informazioni, prenotazione guide turistiche, con negozio ricordi e stampe del santuario, abbonamento alla rivista e iscrizioni alle Messe Perpetue. Ore 8.30-12.30; 14.3018.30 (15-19 giugno-settembre). Ufficio Postale Loreto Orario: 8-13.30; sabato 8-12.30. QUOTA ASSOCIATIVA A “IL MESSAGGIO della SANTA CASA” Ordinario …………………… Euro 20,00 Sostenitore ………………… Euro 35,00 Benemerito ………………… Euro 40,00 Estero …………………………… Euro 25,00 Mensile del santuario di Loreto Delegazione Pontificia Congregazione Universale della Santa Casa P.zza della Madonna, 1 - 60025 Loreto (AN) Parroco della Santa Casa tel. 071.977130 Segreteria arcivescovile tel. 071.9747.173 - fax 071.9747.174 Curia Prelatura Santa Casa tel. 071.9747.242 Registrazione Tribunale di Ancona n. 7 del 12/08/1948 Iscritto nel ROC con il numero 2120 Direttore responsabile ed editoriale Padre Giuseppe Santarelli Redattore Padre Ferdinando Montesi Rettore Basilica tel. e fax 071.9747.154 Consiglio di redazione Padre Stefano Vita Don Giacomo Ruggeri Suor Barbara Anselmi Dott. Vito Punzi Archivio-Biblioteca Santa Casa tel. 071.9747.160 Imprimi potest + Mons. Giovanni Tonucci, Delegato Pontificio Loreto, 15 marzo 2011 Libreria Santa Casa tel. 071.9747.178 Casa accoglienza malati e pellegrini tel. 071.9747.200 Albergo Madonna di Loreto tel. 071.970298 - fax 071.9747.218 Museo-Antico Tesoro tel. 071.9747.198. Dal 4 novembre al 9 aprile chiuso da lunedì a venerdì, aperto sabato e domenica con orario 10-13; 15-18. Dal 9 aprile al 4 novembre aperto tutti i giorni, tranne il lunedì, con orario: 9-13; 16-19. E-MAIL [email protected] [email protected] Questo periodico è associato all’USPI (Unione Stampa Periodica Italiana) La collaborazione alla rivista è gratuita Stampa Aniballi Grafiche s.r.l., Ancona Tel. 071.2861583 - Fax 071.2861735 [email protected] - www.aniballi.it “Il Messaggio” esce anche in inglese: THE SHRINE OF THE HOLY HOUSE SITI INTERNET www.santuarioloreto.it ore 7.30: messa in diretta dalla Santa Casa su www.santafamigliatv.it COME RAGGIUNGERCI… Autostrade Bologna-Ancona-Bari e Roma-Pescara-Ancona: uscita Loreto. Linee ferroviarie Milano-Bologna-Ancona-Lecce con discesa Loreto alle stazioni di Loreto e Ancona, e Roma-Falconara-Ancona, con servizio di autocorriere da Ancona *. Aeroporto “R. Sanzio” di Ancona-Falconara, 30 km da Loreto. * Servizio Autobus ANCONA PER LORETO Feriale: 5.45 - 6.45 - 7.45 - 8.45 - 9.45 - 10.15 - 11.15 - 12.10 13.15 - 14.15 - 15.30 - 16.45 - 17.30 - 18.30 - 19.30 - 22.15 Festivo: 8.00 - 10.20 - 12.40 - 15.00 - 17.45 - 20.15 Servizio Autobus LORETO PER ANCONA Feriale: 5.40 - 6.35 - 7.05 - 7.45 - 8.30 - 9.30 - 10.45 - 12.00 13.00 - 13.45 - 15.00 - 16.00 - 17.05 - 18.15 - 20.25 Festivo: 6.55 - 9.20 - 11.40 - 14.00 - 16.40 - 19.15 Servizio Autobus Loreto stazione per Loreto Feriale: 6.45 - 7.00 - 7.55 - 8.25 - 8.45 - 10.40 - 11.35 - 14.15 15.00 - 16.10 - 17.20 - 18.15. Festivo: 7.55 - 8.15 - 10.55 - 11.45 - 14.15 - 16.20 - 17.05 - 18.15 Servizio Autobus Loreto per Loreto stazione Feriale: 6.30 - 6.50 - 7.15 - 8.10 - 8.30 - 10.30 - 11.10 - 13.50 14.30 - 15.35 - 16.28 - 17.55. Festivo: 7.35 - 8.00 - 10.35 - 11.10 - 13.50 - 15.35 - 16.30 - 17.55 S 124 EDITORIALE Parlando di Congresso Eucaristico Nazionale… … ricordiamo che la sua X edizione si tenne proprio a Loreto, nel 1930 p. Giuseppe Santarelli In copertina: Guido Reni (15751642), attribuzione, Cristo Risorto, Loreto, MuseoAntico Tesoro. Probabile sezione di un più ampio dipinto raffigurante “Noli me tangere”. OMMARIO 125 LA PAROLA DELL’ARCIVESCOVO Betsabea, la pecorella piccina mons. Giovanni Tonucci 126 LETTERE AL “MESSAGGIO” SPIRITUALITÀ 127 L’Eucaristia e la vita quotidiana: il cammino della santità fr. Stefano Vita 129 Jeshua, dolcemente, la chiamava “Immah” Valentino Salvoldi 130 “Il coraggio” sor. Francesca Entisciò 132 N come Nome sr. Maria Elisabetta Patrizi 136 n. 4 - APRILE 2011 SIMBOLOGIA MARIANA La Porta del Cielo Filippo Di Cuffa “Loreto, dopo Nazaret, è il luogo ideale per pregare meditando il mistero dell’Incarnazione del Figlio di Dio.” Benedetto XVI 137 OGNI SANTITÀ PASSA A LORETO Enrico Medi, servo di Dio (1911-1974) p. Marcello Montanari 139 inserto giovani 143 IL “MESSAGGIO” INTERVISTA… dal Centro Giovanni Paolo ll Luigi Accattoli Vito Punzi 125 143 STORIA ARTE E CULTURA LAURETANA 144 L’istituzione dell’Eucaristia nell’arte lauretana /3 p. Giuseppe Santarelli 147 144 149 Mostra del Lotto al Quirinale, Loreto presente con due tele 148 SEGNALAZIONI BIBLIOGRAFICHE 149 PERSONAGGI ILLUSTRI A LORETO Pubblicazione sulla Sala del Pomarancio a Loreto Vittorio Emanuele II, primo re d’Italia, a Loreto Giuseppe Santarelli 151 152 156 LORETO NEL MONDO VITA DEL SANTUARIO NOTIZIE FLASH IL MESSAGGIO DELLA SANTA CASA - LORETO • Aprile 2011 EDITORIALE Parlando di Congresso Eucaristico Nazionale... P. GIUSEPPE SANTARELLI - DIRETTORE … ricordiamo che la sua X edizione si tenne proprio a Loreto, nel 1930. 124 I l XXV Congresso Eucaristico Nazionale, che si celebrerà ad Ancona nei giorni 3-11 del prossimo settembre, non è il primo a svolgersi nelle Marche, perché nei giorni 10-14 settembre 1930 ne fu tenuto un altro a Loreto con grande solennità e con un articolato programma. Il vescovo Angelo Bartolomasi, presidente del Comitato Permanente dei Congressi Eucaristici in Italia, e mons. Aluigi Cossio, vescovo di Recanati-Loreto e presidente di quel Congresso, in un messaggio congiunto rivolto il 10 dicembre 1929 a tutti i vescovi delle diocesi d’Italia, mettevano in evidenza come nella Santa Casa, «Maria, Vergine Madre, divenne primo tabernacolo di quel Gesù, che per mezzo di lei si comunicò alla umanità, ed eucaristicamente, mediante la santa Comunione, fa degli umani petti i suoi tabernacoli». Collegavano così quella celebrazione eucaristica alla Casa dell’Incarnazione. In considerazione del fatto che la Santa Famiglia abitò nella dimora di Nazaret, gli organizzatori scelsero per il Congresso questo tema di riflessione: «L’Eucaristia, la famiglia e l’educazione cristiana». Una serie di relazioni e di scritti illustrarono il tema, nella specifica temperie ecclesiale e sociale di quegli anni, con illuminanti prospettive e sapienti orientamenti pastorali. Mons. Bartolomasi, in un altro scritto, metteva in evidenza che il Congresso Eucaristico Nazionale di Loreto era il primo celebrato dopo la Conciliazione tra Chiesa e Stato in Italia, in forza del Concordato dell’11 febbraio 1929. E, in qualche modo, collegava l’evento religioso con i destini della Patria. Il Congresso di Ancona si celebra nel 150° anniversario dell’Unità d’Italia e potrebbe essere propiziatore di un rinnovamento morale e religioso della nazione. Mons. Bartolomasi faceva un cenno significativo anche alla Madonna di Loreto, che da dieci anni era venerata Patrona universale dei viaggiatori in aereo. Ad ogni modo, la vera ragione per cui fu scelta Loreto quale sede del X Congresso Eucaristico fu il carattere mariano del suo santuario, quasi una esemplificazione del motto Ad Jesum per Mariam (A Gesù per mezzo di Maria) che era stato sottolineato nel Congresso del 1920 svoltosi a Bergamo. A celebrazioni compiute, furono pubblicati gli Atti del X Congresso Eucaristico Nazionale di Loreto, un ponderoso volume che raccoglie tutte le notizie della preparazione e dello svolgimento degli eventi e numerose relazioni. Si tratta di una doviziosa documentazione che dà la misura di quanto fu operato in quella circostanza. Un ignoto pittore, sensibile allo stile liberty floreale, elaborò il manifesto del X Congresso, immaginando due angeli che portano nelle mani la Santa Casa, come un tabernacolo, sulla quale si eleva un ampio ostensorio radiante con l’Ostia santa nel mezzo, segnata dal trigramma JHS, sormontato da una croce. Un aereo sorvola nello spazio contiguo, a richiamo del patronato della Vergine Lauretana sugli aviatori. Sotto gli angeli, ai lati si vedono grappoli d’uva e spighe di grano in un ricamo di rose. Sono i simboli eucaristici del pane e del vino. Una bella ideazione che coniuga efficacemente il tema dell’Eucaristia con la Santa Casa. Una scritta all’interno del fregio recita: X Congresso / Eucaristico Nazionale / Loreto 10-14 settembre 1930 (vedi foto accanto). LA PAROLA DELL’ARCIVESCOVO Betsabea, la pecorella piccina MONS. GIOVANNI TONUCCI I - ARCIVESCOVO DI LORETO l profeta Natan definì così Betsabea, quando parlò di lei a Davide. In quel momento, il re pensava di aver ormai nascosto i suoi misfatti. Il capitolo 11 del secondo libro dei Re descrive il cinismo di Davide, che, per coprire la sua prima colpa, ne commette tante altre e tradisce la sua dignità di uomo e di sovrano, la fedeltà alla sua missione e al suo popolo. Alla fine, un matrimonio riparatore ha chiuso lo squallido affare. Resta solo un dettaglio, ricordato con una breve annotazione alla fine del capitolo: “Ma ciò che Davide aveva fatto era male agli occhi del Signore”. Dio era stato il grande assente nella storia del peccato. Ora Natan riceve da Dio l’incarico di richiamare il re sulla gravità della sua colpa. Per fare questo, adopera un esempio in cui si presenta un caso di giustizia: c’è un ricco arrogante che ha rubato la pecorella piccina, unica proprietà del povero suo vicino. Tale era stata la povera Betsabea, sposa di uno dei fedeli soldati di Davide, che, mentre il re rivolgeva il suo sguardo impuro su sua moglie, era al campo di battaglia, a rischiare la vita per il suo re e il suo popolo. La donna era proprio una “pecorella piccina”, innocente e indifesa, nelle grinfie di chi era invece arrogante e prepotente. Leggendo attentamente la narrazione biblica, vediamo che non si parla di violenza: Davide mandò semplicemente dei messaggeri a prenderla. Ma quale possibilità poteva avere la donna di negare al re quello che lui stava esigendo? Ed è anche vero che non si parla di un eventuale compenso per lo squallido servizio. Ma quale bisogno poteva avere allora il potente di pagare, quando aveva ogni possibilità di compensare in altro modo la preda, che poteva essere fiero di aver conquistata? È triste dover constatare che, a distanza di secoli, la mentalità del maschio conquistatore rimane la stessa, e la donna continua ad essere umiliata nello stesso modo, prima ancora di essere toccata. Betsabea, nel suo primo incontro con Davide, è una vittima sacrificata alla lussuria del potente. Umiliata in tutti i modi, perché attorno a lei tutti sapevano quello che era accaduto e quindi quello che sarebbe accaduto poi. Non dobbiamo fare un grande sforzo di fantasia per immaginare le chiacchiere sparse nell’ambiente di corte proprio da quei messaggeri che avevano compiuto l’ignobile missione di essere mezzani nella faccenda; poi da chi dovette comunicare a Davide l’avvenuto concepimento di un figlio; poi da chi dovette chiamare il povero Uria, marito inizialmente ignaro ma poi quasi sicuramente cosciente di quello Lucas Cranach (1472-1553), Betsabea dopo il bagno mentre un’ancella le asciuga i piedi, Berlino, Museo. IL MESSAGGIO DELLA SANTA CASA - LORETO • Aprile 2011 125 LETTERE AL “MESSAGGIO” 126 che stava accadendo e di quello che il re voleva da lui; e infine da chi dovette eseguire l’ordine del re, che esigeva la morte di quell’innocente, per coprire le proprie responsabilità. In tutta questa agitazione, Betsabea, l’unica innocente, era vista invece da tutti come se fosse lei la responsabile del disagio del re, della perdita di favore da parte di Uria e infine della sua uccisione. Anche se qualcuno avesse voluto essere benevolo verso di lei, avrebbe comunque detto che, in fondo, era lei che aveva provocato tutte queste drammatiche conseguenze. Perché si sa come sono gli uomini e lei avrebbe dovuto stare più attenta a quello che faceva e a dove lo faceva. Insomma, la colpa non poteva che essere la sua. Pensiamo anche a quello che dovettero dire tra loro i servi di Davide, quando Betsabea, ormai vedova, entrò nella casa del re e divenne sua moglie: giudizi pieni di rancore e di disprezzo, per una donna leggera, che aveva provocato prima la propria vergogna e poi la morte di suo marito. Il pentimento di Davide aprì infine il cammino alla misericordia di Dio. Quello che l’uomo aveva compiuto nel peggiore dei modi, aveva provocato una terribile catena di peccato e di morte. Una concentrazione di cattiveria aveva dato origine ad una concentrazione di sofferenza per tanti. Ma Dio infine offre anche alla vittima di tutto questo male la possibilità di risorgere e di superare l’umiliazione, attraverso un trionfo conquistato con amore e pazienza. Passano gli anni, e l’unica donna a fianco di Davide è proprio lei, Betsabea, la moglie amata e la madre di Salomone, il principe designato a succedere nel trono a suo padre. Per questo Betsabea, la pecorella piccina, diventerà la regina, amorosa e potente, capace, come vedremo, di conquistare il trono per suo figlio, al di là e al di sopra dei complotti di corte per favorire altri candidati. IL MESSAGGIO DELLA SANTA CASA - LORETO • Aprile 2011 Loreto… che sorpresa! Gli annali del santuario registrano innumerevoli testimonianze, lungo i secoli, di visitatori e di pellegrini che a Loreto hanno scoperto un mondo colmo di sorprese. I visitatori laici vi hanno trovato mirabili e insospettate opere d’arte; i fedeli pellegrini vi hanno sperimentato il mistico fascino della Casa di Nazaret. Un esempio. Santa Teresa del Bambin Gesù, pellegrina a Loreto nel novembre 1887, ha scritto nella sua «Storia di un’anima»: «Loreto mi ha rapita»! Pubblichiamo una lettera giunta alla redazione che conferma questo straordinario fenomeno. Rev.do Padre, per la prima volta sono stata a Loreto con mio marito, il 1° maggio. Quel mattino presto eravamo partiti per un’altra direzione ma, per vari ostacoli inaspettati, siamo andati a fare una visita a un monastero benedettino, dove conoscevo una monaca da anni, e vi siamo rimasti per il pranzo. I nostri progetti per quel giorno erano di andare a visitare i luoghi dintorno, ma ecco che la madre badessa, dopo il pranzo, ci ha invitato a prendere la direzione di Loreto. Un’esclamazione e alcuni interrogativi si susseguirono: «La Casa… a Loreto! È lontano? Dobbiamo rientrare questa sera»! Beh, sentivo nascere dentro di me una sensazione, come una trepidazione, una spinta ad andare. E così abbiamo obbedito. Non trovo parole per esprimere la mia gioia, che è gioia e quiete, silenziosa e dolce, e per dire un incessante grazie a Maria Santissima. Grazie per questa giornata e per il ricordo che sempre resterà vivo in me. Grazie di questo incontro. Vergine Lauretana, sii sempre nel mio cuore e guida sempre me e tutti coloro che sono nel mio cuore. Lettera firmata SPIRITUALITÀ FR. STEFANO VITA FFB Verso il Congresso Eucaristico Nazionale L’Eucaristia e la vita quotidiana: il cammino della santità 127 La vocazione cristiana: essere Eucaristia vivente U n giorno un vescovo concluse la santa messa in modo insolito. Invece di congedare l’assemblea con la formula “la messa è finita, andate in pace”, disse: “la pace è finita, andate alla messa”. Queste parole esprimono una grande verità. Esse ci dicono che la nostra vita è chiamata ad essere una continua santa messa e che le strade della nostra esistenza sono chiamate ad essere come altari, nei quali Dio desidera ardentemente spezzare, in senso eucaristico, la nostra persona per farne dono per gli altri. Questa vocazione trova conferma nel miracolo della prima moltiplicazione dei pani, riportataci dall’evangelista Matteo. Gesù, in questo episodio, rispondendo ai discepoli che lo invitano a congedare la folla, affinché si recasse nei villaggi l’Ufficio divino. Così recita il testo: vicini per procurarsi il cibo, dice: Frumento di Cristo noi siamo “Non occorre che vadano: voi stessi date cresciuto nel sole di Dio, loro da mangiare” (Mt 14,16). “Voi nell’acqua del fonte impastati, stessi date loro da mangiare”. Il senso segnati dal crisma divino. letterale di questo versetto è chiaro: date loro il cibo che avete a disposiIn pane trasformaci o Padre, zione. Il senso spirituale ci richiama per il sacramento di pace: invece il farsi pane per gli altri: voi un Pane, uno Spirito, un Corpo stessi date loro da mangiare; in altre la Chiesa una - santa, o Signore. parole, siate voi il cibo che soddisfa la sete d’amore, di verità, di libertà, Le parole di questo inno liturgico di gioia, di pace, di consolazione, di accoglienza, di casa, di famiglia, di ci rivelano che noi siamo stati creati amicizia che vive nel cuore dell’uo- da Dio per essere pane per gli altri. mo. È come se il Signore ci dicesse: Questa è la nostra vocazione fondala vostra esistenza sia questo pane mentale. La nostra vita è chiamata a crescere in età, sapienza che dona vita, la vera vita. e grazia penetrata dai Un’ulteriore conferma di Sopra: Giovanni raggi del sole dell’amore questa chiamata la trovia- Lanfranco di Dio, impastata e cioè mo, espressa in modo molto (1582-1634), plasmata dall’acqua delchiaro e bello, in una pre- Moltiplicazione la volontà divina, e seghiera liturgica, tratta dal- dei pani. IL MESSAGGIO DELLA SANTA CASA - LORETO • Aprile 2011 128 gnata dal criprio stato di sma divino, vita e la provale a dire dalpria vocaziola grazia dei ne. San Luca ci sacramenti. riporta queste Così Dio Padre parole di Gesù può trasfornell’Ultima marci in pane Cena: “Questo per quel sacraè il mio corpo, mento di pace che è dato per che è la Chievoi; fate questo sa, corpo miin memoria di stico di Cristo; me” (Lc 22,19b; così egli può cfr. anche 1Cor renderci vera11,23-25). “Famente Chiesa. «Frumento di Cristo noi siamo…». te questo in meLa vocazione moria di me”. fondamentale di ogni cristiano è Questo memoriale del suo gesto si dunque: essere Eucaristia vivente. realizza sacramentalmente nella ceLa santità del cristiano pertanto de- lebrazione eucaristica, come ben ve realizzarsi secondo la forma del- sappiamo, ma poi è chiamato a prol’Eucaristia, deve essere una santità seguire in senso spirituale nell’altaeucaristica. Questa è la vera realiz- re della nostra vita quotidiana. E cozazione della vita. L’Eucaristia dun- me? Vivere con la consapevolezza que è il cuore, la fonte, il culmine e la che lui, Gesù, è sempre accanto a scuola della nostra vita, sia come noi, dentro di noi. Vivere dialogansingoli, sia come comunità. “Senza do con lui e domandandogli: tu col’Eucaristia non possiamo vivere”, dis- me agiresti in questa circostanza? sero i martiri di Abitene nel IV seco- Vivere facendo della sua Parola lo. “Senza essere Eucaristia non possia- realmente la lampada che illumina i mo vivere veramente il Vangelo”, conti- nostri passi, le nostre scelte, i nostri nuiamo ad affermare oggi. sentimenti e pensieri. Vivere lasciandoci interrogare e interpellare profondamente e con sincerità di La vita quotidiana: cuore dalla Parola, lasciandoci metaltare per fare “memoria” tere in discussione da essa come di Cristo Gesù spada a doppio taglio che “penetra Nella misura in cui la nostra vita fino al punto di divisone dell’anima e ha questo orizzonte spirituale, si dello spirito, fino alle giunture e alle può realizzare in noi l’esortazione midolla, e discerne i sentimenti e i penche san Paolo rivolge ai Tessalonice- sieri del cuore” (Eb 4,12). “Fate questo si: “Pregate ininterrottamente” (1Tess in memoria di me”. Questa è la vita di 5,17). Questo pregare sempre, infatti, ogni cristiano. Gesù per noi non non ha a che fare con i tempi della può essere solo il senso della vita. preghiera, ma si riferisce al fare me- Non basta! Gesù deve essere la nomoria continua di Dio nella quoti- stra stessa vita, ad imitazione della dianità della vita. Una memoria che vita di san Paolo che esclama “non però non vuol essere e non può es- vivo più io, ma Cristo vive in me” (Gal sere semplice ricordo, ma memoria 2,20). Questo è stato il cammino dei nel senso eucaristico, cioè ri-attua- santi. Se volgiamo lo sguardo sul lizzazione nella nostra vita della vi- poverello di Assisi, san Francesco, ta di Gesù, ciascuno secondo il pro- constatiamo proprio questo. Egli è IL MESSAGGIO DELLA SANTA CASA - LORETO • Aprile 2011 stato un uomo eucaristico. Tommaso da Celano, suo biografo, così lo descrive: “Non era tanto un uomo che pregava quanto era diventato lui stesso la preghiera” (2Cel. 94:681). San Francesco, quindi, fu un uomo tutto trasformato in preghiera. Questa sua continua preghiera, questa preghiera vivente, frutto dell’incontro con Gesù povero e crocifisso e del desiderio di stare con lui, di seguire le sue orme, l’ha reso uomo eucaristico, Eucaristia vivente. Egli, infatti, ha ricevuto da Dio il dono delle stimmate che visibilmente lo hanno manifestato tale. Questo è stato il cammino anche di un grande figlio di san Francesco: san Pio da Pietrelcina. Egli soleva dire di sé: “Sono un povero frate che prega”. Sappiamo bene che in lui la preghiera era continua, incessante, frutto di un amore grande, vitale e appassionato per Gesù e, come in san Francesco, questa continua preghiera l’ha reso Eucaristia vivente. Anch’egli ha ricevuto il dono delle stimmate, rendendolo fisicamente e visibilmente uomo eucaristico. Questo cammino di conformazione a Cristo si è realizzato, in quanto la loro preghiera incessante trovava nella celebrazione eucaristica la fonte e il culmine. Conclusione L’Eucaristia, ci insegna il Concilio Vaticano II, è “fonte e culmine della vita cristiana” (LG 11). Dall’Eucaristia scaturisce il nostro cammino spirituale, il nostro desiderio di imitare Gesù sempre più profondamente, di seguire le sue orme, e all’Eucaristia questo cammino deve tornare. In questa circolarità spirituale (Eucaristia – vita quotidiana, vita quotidiana – Eucaristia) si realizza quel cammino di preghiera incessante che fa della nostra vita un altare vivente, che fa delle nostre persone uomini e donne eucaristici, segno eloquente della presenza di Cristo risorto. SPIRITUALITÀ VALENTINO SALVOLDI Sull’onda della devota immaginazione… Jeshua, dolcemente, la chiamava “Immah” “E hi, tu, dove vai?”. Con voce roca il soldato apostrofò quella donna che, col favore delle tenebre, cercava di avvicinarsi al sepolcro. I suoi commilitoni dormivano, mentre egli non riusciva a prendere sonno, pensando a quell’uomo appeso alla croce e a quelle sue parole: “Padre, perdona loro. Non sanno quello che fanno”. Non solo l’aveva perdonato, ma anche scusato… “Pilato ha comandato che nessuno si accosti a quella tomba”. “Sono la mamma di Jeshua”. “Jeshua, Jeshua… Dio salva! Se Dio esistesse, non l’avrebbe lasciato morire così”. “Lasciami andare, pregherò anche per te”. “Che cosa mi dai?”. “Ho qui solo un po’ di aromi, per ungere quella grande pietra, visto che non posso toccare il corpo di mio Figlio”. “Tuo figlio, il crocifisso… ‘Maledetto chi pende dal legno’ ”. Maria porse gli unguenti al soldato. Quanti denari si potrebbero ricavare? Ma al soldato venne in mente sua madre, nell’atto di ungere il corpo di suo fratello, morto lui pure in giovane età. “Vai, vai! Ma se capita qualche cosa, io non ti ho visto!”. Trepidante Maria corse alla tomba. Posò il capo sulla fredda pietra. La baciò. La unse e la baciò ancora, sussurrando dolcemente: “Jeshua. Jeshua. Jeshua”. E mentre così lo chiamava, pensò a Gabriele, l’arcangelo che dopo quell’ “Ave” le aveva predetto come si sarebbe chiamato suo Figlio: “Jeshua: Dio salva”. Ma chi mai Dio ha salvato? Non ha ascoltato suo Figlio nel Getsemani, né quando tutti lo sfidavano: “Scendi dalla croce e noi crederemo in te”. Jeshua non ha salvato se stesso… E riandò al momento del parto. Le doglie. Che fatica mettere al mondo un figlio! Ma con molta più fatica si muore. Forse l’essere Jeshua, Figlio di Dio, gli ha reso ancora più straziante l’agonia. Chi mai il Signore ha salvato? Non certo quei bambini innocenti che a causa sua furono ammazzati da Erode. Maria si rivide con la Sacra Famiglia in fuga verso l’Egitto, mentre nel suo animo risuonavano le parole, pesanti come pietre, del vecchio sacerdote Simeone: “E a te una spada trafiggerà l’anima”. E là, in Egitto, aveva sussurrato mille e mille volte alle orecchie del suo piccolo: “Jeshua”, perché facesse del suo nome un atto di fede: “Dio salva”. E lui, tra una poppata e l’altra, rispondendo alla mamma con ineffabile sorriso, aveva appreso a chiamarla con il dolce nome di “Immah”, “mamma”. Jeshua, vinta l’iniziale fatica di emettere i primi suoni, non cessava mai di chiamarla: “Immah. Immah. Immah”. Tre, quattro, cinque volte al minuto: “Immah!”. Nome che estasiava Maria. Lì, con la testa appoggiata alla fredda pietra, lei, la donna del Sabato Santo, attendeva il grande risveglio. Non una speranza, ma una certezza rendeva luminose le sue lacrime: “Jeshua, Figlio mio, sve- Modesto Faustini, Madonna con il Bambino, particolare dal Ritorno dall’Egitto, Loreto, Cappella Spagnola (1890). «E là in Egitto, aveva sussurrato mille volte alle orecchie del suo piccolo: “Jeshua”… E lui aveva appreso a chiamarla con il dolce nome di “Immah”, “mamma”». IL MESSAGGIO DELLA SANTA CASA - LORETO • Aprile 2011 129 SPIRITUALITÀ 130 gliati dai morti. Torna dal Padre e chiamami presto con te. Per tutta l’eternità accanto a te invocherò il tuo nome, intercedendo per quanti mi hai lasciato come figli”. Figli che avevano ignorato, deriso, insultato, schiaffeggiato, flagellato e crocifisso suo Figlio. Che scarnificante scambio: il più bello tra i figli dell’uomo scambiato così con un’umanità che non sollevò Jeshua da terra, anzi… “lo schiacciò come un verme”, in accordo con le antiche profezie. Maria lo rivede nelle sue cadute mentre saliva il Calvario con quella croce che solo un Dio poteva portare, dopo quella barbara flagellazione. Le cadute… Quando il piccolo Jeshua cadeva a terra sugli incerti suoi piedini, lei, la mamma, correva subito a sollevarlo e lo consolava, inondandolo di baci. Ma sulla via del Calvario ella era stata impotente a soccorrerlo. Ogni caduta la straziava. E ogni sacrilego ghigno degli aguzzini rendeva ancora più disumano il dolore. Aguzzini… ora suoi figli! Soprattutto per loro una preghiera. Passarono tutte le stelle sopra il capo di Maria. E lei era lì, presso la muta tomba, a ricordare gioie e dolori, condivisi con Giuseppe e con Jeshua che, se non fosse stato Figlio di Dio, sarebbe ancora suo, ancora vivo. Lui, vita della sua vita. Passarono tutte le stelle sopra il suo capo ed ecco, spuntò l’alba del primo giorno dopo il sabato. Quel sepolcro non poté restare indifferente alle lacrime di una madre e all’amore che, invano, la fredda pietra cercava di occultare. Terremoto. Esplosione di luce. Palingenesi. E tutto quel fulgore si fece sussurro: “Immah”. “Il coraggio” SOR. FRANCESCA ENTISCIÒ FFB “Il primo ufficiale del Pequod era Starbuck, nativo di Nantucket. Era un uomo lungo e severo e, sebbene venuto al mondo su di una costa di ghiacci, pareva ben adattato a sopportare le latitudini calde, avendo una pelle dura come le gallette biscottate. Un uomo fermo, saldo, la cui vita era in massima una rivelatrice sceneggiata di azione e non un addomesticato capitolo di parole. Diceva spesso: «Io non voglio nella lancia nessuno che non abbia paura della balena». Con questo pareva intendesse non soltanto che il coraggio più sicuro e più utile è quello che nasce da un giusto apprezzamento del pericolo che si affronta, ma che un compagno totalmente privo di paura è un compagno molto più pericoloso di un vigliacco. Forse pensava anche che il coraggio è uno dei grandi generi essenziali per la nave, come la carne e il pane, e che non si deve sprecarlo scioccamente. Non era un crociato alla ricerca di pericoli: in lui il coraggio non era un sentimento, ma semplicemente una cosa utile e sempre disponibile in tutte le occasioni pratiche della vita”. (H. Melville, “Moby Dick”) I Gesù risorto appare alla Madre, miniatura del secolo XV, Parma, Biblioteca Palatina, ms 169. IL MESSAGGIO DELLA SANTA CASA - LORETO • Aprile 2011 l coraggio degli avventurieri continua ad affascinare generazioni e generazioni di lettori. Quando si parla di eroi subito l’attenzione cresce e nel cuore nasce un non so che di strano che è un misto tra desiderio e ammirazione per gesta che richiedono una forza e una determinazione incredibili. È una virtù da tanti ricercata e sinonimo spesso di approvazione e di fama. Questo vale anche nella vita spirituale: ci vuole del coraggio per farsi santi, un coraggio e una determinazione fuori dal comune, eppure tutti i santi sono passati attraverso quella debolezza che si chiama paura. Un binomio strano, ma imprescindibile. Non si affrontano grandi battaglie se non si comprende che la forza, quella vera, non viene da noi, ma da Colui che ha vinto prima di tutti il peccato e la morte. In questo tempo che ci separa dalla Pasqua proviamo a riflettere sul nostro desiderio di seguire Cristo fino in fondo, anche dove la paura di affrontare la croce fa sudare sangue e la solitudine ci rende vulnerabili agli attacchi del nemico. Valutare il pericolo La prima domanda che ci dobbiamo porre è questa: chi siamo disposti ad accogliere sulla nostra lancia? Una domanda semplice ma essenziale, perché l’errore che spesso commettiamo è quello di circondarci di persone che vedono in ogni cosa un pericolo e questo diventa in realtà il più grande dei pericoli! Di fronte a situazioni difficili che richiedono un discernimento particolare, davvero a volte ci sentiamo soli, senza nessuno con cui parlare e allora è facile accogliere il consiglio di chi ci dice che è meglio non pensarci e lasciar perdere: la santità è un affare troppo complicato e quindi è meglio non avventurarsi. Così come quando si cercano come compagni coloro che il pericolo non lo avvertono mai e così eccedono all’opposto, buttandosi in esperienze estreme che non sono da santi, ma da veri pazzi. Percorrere la strada del Vangelo è un’esperienza che non è affatto esente dalla paura e dal pericolo, ma proprio il giusto apprezzamento di quest’ultimo consente di mettere in pratica quella parola di Gesù che invita a valutare il nemico che ci viene incontro con una truppa ingente: se possiamo affrontarla, bene; altrimenti, prima che le perdite siano più dei guadagni, è meglio inviare messi di pace per accordarsi prima della battaglia. Questo non è un indietreggiare, ma calibrare con maturità le proprie forze e soprattutto lasciare a Dio ogni merito e conquista nel campo della vita spirituale. Il cristiano coraggioso è colui che ama senza misura, ma non spreca il suo coraggio in azioni che non portano a Dio solo la gloria e il merito della vittoria. Coraggio di accogliere Ecco allora la seconda domanda che ci poniamo: consideriamo il coraggio un genere essenziale per il nostro equipaggiamento spirituale? Si parla di coraggio e si pensa ad azioni eroiche, ma non è forse coraggio affrontare col sorriso una giornata di duro lavoro, accogliere con gioia le piccole sofferenze fisiche o morali come possibili offerte da donare al Signore? Non è coraggio credere senza misura nei giovani e preparare per loro un futuro degno di essere vissuto o continuare a confidare nell’amore anche quando è bistrattato, violentato e ridicolizzato dai media? Il coraggio non è questione di sentimento, ma un habitus da vestire ogni giorno con pazienza attraverso le scelte quotidiane della nostra vita semplice. Sì, ci vuole coraggio ad essere semplici, ma nella luce della Pasqua possiamo ritrovare la risposta, nuova per ciascuno di noi, e cioè che Dio ci ama, ci ha donato Gesù sapendo come lo avremmo accolto e trattato, e lui per salvarci non si è tirato indietro. Ora sta a ciascuno di noi accoglierlo nella propria vita e affrontare con coraggio la strada luminosa della santità. «Io non voglio nella lancia nessuno che non abbia paura della balena». (Foto Sbrascini) 131 SPIRITUALITÀ SR. MARIA ELISABETTA PATRIZI SFM L’alfabeto della cultura cristiana, dalla A alla Z L’URGENZA DEL NOME N N ome di Dio, nome degli uomini e delle donne: oggi questo tema è urgente. Esso non richiede un “excursus” storico, ad es. “quando nasce l’uso di dare un nome proprio alle persone?”. Esso sollecita, piuttosto, un approfondimento teologico, antropologico e sociale. Infatti, l’uso appropriato del nome ha conseguenze psicologiche, esistenziali, culturali e vitali. Vediamo perché. QUEL NOME CHE DÀ LA SALVEZZA 132 Ecco un esempio salvifico: quando Gesù ci insegna a chiedere al Padre suo e nostro: «sia santificato il tuo Nome» (Mt 6,9) ne va della sua gloria e della nostra vita! «Nell’acqua del Battesimo siamo stati “lavati… santificati… giustificati nel Nome del Signore Gesù Cristo e nello Spirito del nostro Dio (1Cor 6,11)”. Lungo tutta la nostra vita il Padre nostro ci chiama “alla santificazione” (1Ts 4,7) (1) e (…) ne va della sua Gloria e della nostra vita che il suo Nome sia santificato in noi e da noi»(2). IL NOME È COME UN “PORTALE” Il nome è come un portone d’ingresso. Oggi, forse, si direbbe un “portale”, in senso telematico, oppure è come un PIN, o codice, che ci consente di accedere all’altro per comunicare, dare e ricevere… Però è sempre più a rischio se a quel “nome” corrisponda verità o menzogna. Non basta la soggettività egocentrata! Il nome è anche “una chiave interpretativa” di sé e degli altri… della loro realtà individuale (= chi sono). Tradizionalmente, il nome era anche un “dato referenziale” (su di te) e radicale (le tue radici o “background” socio-culturale): aveva un contenuto epistemologico e valoriale, descrittivo e operativo, assai importante. Era come “un biglietto da visita” piuttosto serio ed affidabile… ma oggi, su “Facebook”, scrivono ciò che vogliono. E il codice a barre? Altri lo leggono… ma tu non sai cosa dice! Fino ad ora il nome e il cognome non erano avulsi dalla realtà e solo gli “pseudonimi” entravano nel criptico o nell’immaginario. Nell’Antico Testamento, il nome era una realtà importante, addirittura vitale, come lo era il Nome di Dio per il suo popolo. Nel Nuovo Testamento lo è ancor più IL MESSAGGIO DELLA SANTA CASA - LORETO • Aprile 2011 come Nome per quanti, in Cristo, sono i «familiari di Dio» (Ef 2,19). In Cristo, infatti, la rivelazione del Nome di “Padre” e del suo amore «svela anche pienamente l’uomo all’uomo e gli fa nota la sua altissima vocazione»(3). OGGI, DOVE ANDIAMO? Oggi, invece, da quando la relazionalità «non è più accostata secondo il canone di strutture oggettive, ma lasciata alla libera scelta del soggetto in tutto e per tutto»(4), si auto-creano “monadi fluttuanti”, sempre più avulse dalla realtà, in una storia dove la maleducazione e l’incomunicabilità imperano, e preludono già al “manicomio collettivo” nel quale ognuno si crede l’unico attore e signore, in una libertà senza contenuti oggettivi, perché ormai privata delle relazioni autentiche che “costruiscono” la persona. Un esempio, sempre più diffuso e alienante, è l’essere uomo o donna a proprio piacimento… come se tutto ciò che è implicato nella sessualità dipendesse esclusivamente da fattori sociali! Scrive don Francesco Pilloni, esperto in spiritualità nuziale: oggi «la cultura stessa si pone come “creatrice” del concetto di uomo e di donna, trasferendolo al potere del singolo mediante la teorizzazione del “gender” [= genere], patrimonio elaborabile, reimpastabile, perennemente riorientabile»(5). Il che è gravemente alienante. VERSO LA PAZZIA COLLETTIVA? Oggi il nome varia, anche più volte nella vita, per es. nella scelta di un “avatar”. Fin dalla nascita è facilmente svuotato dei riferimenti storico-culturali e genealogici. Con l’esaltazione della soggettività del “mi piace” e del delirio d’onnipotenza, i nomi vengono a significare solo “ciò che voglio, finché lo voglio, perché lo voglio” e posso cambiarli quando voglio, creandomi un nuovo personaggio, virtuale o no, ma sempre più spesso “onirico”. Stiamo diventando un mondo di camaleonti dove alla tinta del momento si vuol dare un nome fugace, quasi che “il soggetto sottostante” non fosse, in realtà, uno solo. Così «l’uo- mo non si trova più “collocato” e “posto” nel mondo, ma sembra egli stesso il creatore»(6). È un po’ come un bimbo che gioca con una realtà tanto più grande di sé… mentre un adulto perverso lo lascia fare… per poi allettarlo in giochi sempre più rischiosi e alienanti. Un grande massmediologo scriveva: «Le Rete non invita la gente all’introspezione, al contrario incoraggia all’estrospezione»(7). ANTICA POLIVALENZA STORICO-SOCIALE E RELIGIOSA DEL NOME Un bimbo nato in incognito e subito abbandonato non ha nome fintanto che qualcuno non lo soccorra e lo “adotti”. «Razza senza nome» (Gv 30,8) è un epiteto amaro che Giobbe dà ai suoi nemici. Avere più di un nome, invece, poteva significare l’importanza d’un uomo che ha più di un LA SOLITUDINE ruolo da svolgere o in cui, per nozze, «Fin d’ora siamo chiamati ad esseÈ in atto un vero smarrimento gno- re abitati dalla Santissima Trinità». erano confluiti due casati illustri, di seologico e valoriale: fonte di estrecui non si voleva perdere memoria, ma solitudine dovuta anche all’incertezza referenziale anche perché confluivano “in uno” pure i beni immobiche ci aliena dagli altri, da noi stessi e da Colui che ci ha li relativi alle due famiglie. Così il nome dato alla nascicreati per una appartenenza precisa: famiglia dei figli di ta esprimeva l’attività familiare o il destino di chi lo Dio. Spesso l’uomo d’oggi vive lontano da una vera fa- portava. Talvolta, invece, “agire sul nome” era aver presa miglia e dalla Casa del Padre, dalla sorgente dell’amore sull’essere personale, attraverso Dio o gli idoli e i demoe della libertà, che è Dio stesso(8). ni, fino a volerne esaltare, o cancellare, l’esistenza. Cambiare il nome, invece, quando uno veniva accolto “per sempre” in un dato ambiente, religioso o politico, poL’AMORE DIVINO teva significare l’assunzione di un nuovo titolo di apSolo l’amore-carità, o almeno un’alta filantropia, può partenenza, una “rinascita” che si rifletteva onorevolmenrenderci capaci di rispondere a Dio, essendo attenti an- te sulla personalità. Ma è soprattutto Dio che, prendenche al prossimo e all’universo. L’amore vero, infatti, ci do possesso della vita d’un uomo o di una donna (con il rende simili a Colui che ci ha creati: dotati d’intelligenza loro consenso), la trasforma e perciò cambia il nome e volontà perché sapessimo “leggere” il creato, stupirci dell’eletto/a adeguandolo alla missione eternamente della sua armoniosa bellezza e risalire al Creatore. Egli stabilita. Così Abraham (Gen 17,5)… Così Pietro (Mt poi ci ha anche rivelato il suo Nome (= la propria intima 16,18-19). Ciò vale anche per “il nome nuovo” di carattere essenza dinamica), restaurando l’uomo fatto «a immagine profetico o escatologico: ad es. nel caso di Gerusalemme, del suo Creatore» (Col 3,10) e innalzandolo a vero figlio nel che diviene la “Desiderata” (Is 62,12) e “Mia gioia” (Is 62,4), Figlio. Ma l’uomo, resosi schiavo del peccato e delle sue esprimendo la piena conformità, ormai raggiunta, col cupidigie (cfr. Rm 5,12), è ammalato e bisognoso d’una progetto d’amore del suo Dio… Come per Maria, la «pieprofonda guarigione. Cristo gliela dona, per volontà del na di grazia» (Lc 1,28)(11). Pure noi, se fedeli dell’Agnello diPadre e l’azione dello Spirito. In Lui, l’uomo ritrova la vino, saremo contrassegnati col suo Nome «e col nome del rettitudine primitiva e giunge alla vera conoscenza mo- Padre suo» (Ap 14,1) e gli apparterremo per sempre! rale (Col 1,9; Eb 5,14), per non mentire più a sé e agli altri. DIO RIVELA IL SUO NOME «I DONI E LA CHIAMATA DI DIO SONO IRREVOCABILI» (Rm 11,29) In effetti, «il fine ultimo dell’intera Economia divina è che tutte le creature entrino nell’unità perfetta della Beata Trinità (Gv 17,21-23). Ma fin d’ora siamo chiamati ad essere abitati dalla Santissima Trinità: “Se uno mi ama”, dice il Signore, “osserverà la mia parola e il Padre mio lo amerà e noi verremo a lui e prenderemo dimora presso di lui” (Gv 14,23)(9)». Capire la cultura cristiana del Nome, quindi, ci aiuta ad entrare in una relazione stabile, umano-divina, perché il nostro Dio «è unico ma non solitario»!(10) Sull’Oreb, detto “il monte di Dio”, l’angelo del Signore apparve a Mosè «in una fiamma di fuoco dal mezzo di un roveto» (Es 3,2). E Dio lo chiamò per nome: «Mosè, Mosè!». E disse: «Io sono il Dio di tuo padre, il Dio di Abramo, il Dio di Isacco, il Dio di Giacobbe» (Es 3,5-6). La citazione di quei nomi propri non poté lasciare alcun dubbio sull’identità di Colui che gli parlava. Ma Mosè volle una “credenziale”, il Nome preciso di Colui che lo mandava dal faraone e nel cui nome avrebbe parlato. Voleva dire: “per conto di chi sono qui e chiedo questo e quello?”. Infatti, fino a questo preciso momento, il Dio IL MESSAGGIO DELLA SANTA CASA - LORETO • Aprile 2011 133 di Israele era conosciuto solo come “il Dio dei nostri padri” e quindi in modo abbastanza generico. Ma che ne poteva sapere il faraone di quei “padri”? Ed eccoci all’epicentro della storia religiosa d’Israele: Dio si rivela. Dice a Mosè: «Io son colui che sono» (Es 3,14). È come se dicesse: «Sono colui che è. Sono l’esistente», o «La mia fedeltà è perenne». IL NOME DEL PADRE 134 Alla rivelazione del Nome di Dio, fatta nell’Antico Testamento, nel Nuovo corrisponde la rivelazione che Gesù fa ai suoi discepoli del Nome del Padre(12) suo con questo unico scopo: «perché l’amore con il quale mi hai amato sia in essi e io in loro» (Gv 17,26). Gesù, pertanto, ci rivela il nome che esprime più profondamente l’essere di Dio e ci insegna ad invocarlo, a chiedere di poterlo santificare, nel senso di riconoscerne la santità e di farla conoscere. Così, nella preghiera del “Padre nostro”, insegnataci da Gesù stesso, questa prima petizione esprime un ottativo, cioè «un desiderio e un’attesa in cui sono impegnati Dio e l’uomo (…). «Chiedendogli che il suo Nome sia santificato ci coinvolge nel Disegno che “nella sua benevolenza aveva… prestabilito”, “per essere santi e immacolati al suo cospetto nella carità” (Ef 1,9 e 1,4)»(13). I cristiani, infatti, hanno il dovere di lodare Dio e di vigilare affinché la loro condotta non induca altri a bestemmiare il Nome di Dio (cfr. Rm 2,24). IL NOME DEL SIGNORE GESÙ unigenito che viene dal Padre, pieno di grazia e di verità» (Gv 1,14). Perciò, per avere la vita eterna è necessario credere nel Nome (= nella divinità e potenza) del Figlio unigenito di Dio (Gv 3,16-17) consustanziale al Padre. Ma è anche necessario non amare «di più le tenebre che la luce (…) Chiunque, infatti fa il male odia la luce e non viene alla luce perché le sue opere non vengano riprovate» (ivi, 19-20). Dunque: bisogna credere nel Nome di Gesù – almeno implicitamente(14) - e amare la Luce, aderendo a Lui nella verità e nella carità. Molte persone oneste e buone, servendo il prossimo, hanno servito Dio che non conoscevano. I PRIMI CRISTIANI I primi cristiani non esitano a riferire a Gesù una delle denominazioni più caratteristiche del giudaismo, nel parlare di Dio “il Nome” di Gesù. Infatti si autodefiniscono volentieri con questo titolo: «quelli che invocano il nome del Signore» (At 9,14.21) e lo riconoscono come Dio, dicendo: «Chiunque invocherà il nome del Signore sarà salvato» (Rm 10,13). Per i primi cristiani il Nome di Gesù è inseparabile dalla sua persona (cfr. At 3,16). Vi sono poi due espressioni, fra loro equivalenti, che possiamo considerare “il cuore” dell’annuncio di fede: «Gesù è il Signore!» e «Dio lo ha risuscitato dai morti» (Rm 10,9). BATTEZZATI NEL NOME DEL SIGNORE Con questo sacramento veniamo lavati, santificati, «giustificati nel nome del Signore Gesù Cristo e nello Spirito del nostro Dio» (1Cor 6,11). Da “terreni”, resi “spirituali”, e Dio «ci permette di partecipare alla gloria divina, di essere figli ed eredi del Padre, di renderci conformi all’immagine del Figlio suo (…) destinati ad essere un giorno glorificati e regnare con lui»(15). Il neofita invoca il nome del Signore (At 22,16) e il nome del Signore è invocato su di lui (Gc 2,7). Egli viene, così, a porsi sotto il potere di Colui che liberamente riconosce come suo Signore. Ne diviene la “proprietà” e “membro” del suo Corpo mistico. Ora è “di Cristo”, cioè “cristiano”, per «camminare in una vita nuova» (Rm 6,4). Sant’Ambrogio ci ricorda: «In Lui tu sei redento, in Lui tu sei salvato»(16). Nel risuscitare Gesù dai morti e nel farlo sedere alla sua destra, Dio gli ha donato «il Nome che è al di sopra di ogni altro nome» (Fil 2,9), cioè il nome “Signore”, fino allora riservato a Dio, il suo «nome nuovo» (Ap 3,12), che Gesù stesso, «il Santo, il Veritiero, Colui che ha la chiave di Davide» (ivi, 7) inciderà sugli eletti, resi partecipi della sua vita nuova e del suo trionfo glorioso. Questo nome ineffabile trova l’espressione più adeguata nell’appellativo: Signore. Esso conviene a Gesù Risorto allo stesso titolo che a Dio, poiché a Cristo compete la preziosa designazione di Figlio e ciò in modo fontale, originario, oltre che meritorio. Inoltre, Gesù Cristo è «l’α e l’ω» (Ap 1,8), il principio e la fine, nonché “il fine”, Filippo Bellini (secolo XVI), San o il compimento, di tutto. Egli stesso, Bernardino da Siena (part.), Lorein principio, era «presso il Padre» (1Gv to, Cappella del Nome di Gesù, 1,2) e «tutto è stato fatto per mezzo di lui decorata nel 1592. San Bernardino è stato un grande apostolo e senza di lui nulla è stato fatto di ciò che della devozione del Nome di esiste» (Gv 1,3). Di lui l’Apostolo pre- Gesù, anche con la diffusione diletto – quasi nuovo Mosè – contem- del suo trigramma, che nel diplò la gloria: «gloria come del Figlio pinto indica con la mano destra. IL MESSAGGIO DELLA SANTA CASA - LORETO • Aprile 2011 ANNUNCIARE IL NOME DI GESÙ Per essere battezzati occorre la fede, ma questa esige l’annuncio ascoltato ed accolto. È necessario proclamare che Gesù è il Signore, testimoniarlo, parlare «in quel nome» (At 4,17), cioè nella potenza dello Spirito Santo, come Gesù stesso ha comandato (cfr. Lc 24,47). PATIRE PER IL NOME DEL SIGNORE Gli apostoli e i discepoli di Gesù – in ogni epoca – dovranno patire per il suo Nome (Mc 13,9), ma essi non dovranno preoccuparsi di ciò che dovranno dire «davanti a governatori e re» (ivi) a causa sua, perché sarà lo Spirito Santo, in loro, a parlare. Sì, «voi sarete odiati da tutti a causa del mio nome, ma chi avrà perseverato fino alla fine sarà salvato» (Mc 13,13). Gli apostoli sono detti “felici” (o beati) per «essere stati giudicati degni di subire oltraggi per il nome di Gesù» (At 5,41). RIUNITI NEL NOME DEL SIGNORE Nel “giorno del Signore”, quando i cristiani si riuniscono per «la frazione del pane» e per rendere grazie a Dio nel nome di Gesù, si ha la vera sorgente della comunione con Dio e tra di noi(17). Poi dobbiamo vivere ed irradiare l’amore ricevuto nell’àgape. VERSO LA PATRIA IN COMPAGNIA DEI SANTI Questa è la via: credere, amare, operare il bene, “in Cristo, con Cristo, per Cristo”, con tenacia, mitezza, umiltà, rimanendo «saldi nel Signore» (Fil 4,1) affinché anche il nostro nome sia iscritto «nel libro della vita» (ivi, 4,3). In questo pellegrinaggio terreno è anche importante essere affidati ad un santo e riceverne il nome al Battesimo (anziché quello di una pietra, d’un luogo, d’un personaggio inventato!) Ricevere il nome di un santo significa essere affidato ad un amico sicuro che conosce “la via”, ha percorso il difficile cammino della vita ed è stato giudicato meritevole vincendo il premio eterno! Inoltre, conoscendo il nostro santo patrono, potremo invocarlo e cercare di imitarlo. «Il contemplare infatti la vita di coloro che hanno seguito fedelmente Cristo, è un motivo in più per sentirsi spinti a ricercare la Città futura (cfr. Eb 13,14; 11,10); nello stesso tempo impariamo la via sicurissima per la quale (…) potremo arrivare alla perfetta unione con Cristo, cioè alla santità» (LG, 50). Infatti, il mio santo patrono desidera ardentemente che anch’io divenga discepolo e fedele collaboratore di Gesù perché, nel suo Nome, «allontanato ogni ostacolo nel no- stro cammino verso il Padre, possiamo dedicarci liberamente al suo servizio»(18). Perciò è «sommamente giusto che amiamo questi amici e coeredi di Gesù Cristo, che sono anche nostri fratelli e insigni benefattori» (LG, 50). Note La santità è la perfezione della carità (cfr. CCC, 1709), raggiungibile nel vivere uniti a Cristo e al Padre nostro, nello Spirito Santo. (2) CATECHISMO DELLA CHIESA CATTOLICA (= CCC), LEV, Città del Vaticano, 1992, n. 2813. (3) CONCILIO ECUMENICO VATICANO II, Cost. pastorale “Gaudium et Spes”, n. 22. (4) F. PILLONI, “Centro Studi P. Enrico Mauri”, in: «La Voce della Madonnina», anno LXXXI, 1, 2010, p. 19. (5) Ibidem. (6) Ibidem. (7) D. DE KERCKHOVE, “Web tra magia e religione”, in «Avvenire», 21/04/2010, p. 27. (8) M. E. PATRIZI, L’alfabeto dei valori cristiani, dalla A alla Z - “A” come Amore, in: «Il Messaggio della Santa Casa - Loreto», n. 1, anno 2010, pp. 9-10. (9) CCC, n. 260. (10) Fides Damasi: DENZ.-SCHÖNM., 71. (11) Cfr. M. E. PATRIZI, L’alfabeto dei valori cristiani, dalla A alla Z - ”I” come Immacolata, in: «Il Messaggio della Santa Casa - Loreto», n. 9, anno 2010, pp. 329-332 ed “M” come Maria, in: «Il Messaggio della Santa Casa - Loreto», n. 3, anno 2011, pp. 91-95. (12) Cfr. Gv 17, vv. 5.11.21.24.25 e l’invocazione in Gv 12,28 con la risposta dal Cielo. (13) CCC, n. 2807. (14) Cosa intendiamo dicendo “almeno implicitamente”? Quanto Gesù dice in Mt 25,31-40: «Quando il Figlio dell’uomo verrà nella sua gloria (…) Davanti a lui saranno radunati tutti i popoli (…) Allora il re dirà a quelli che saranno alla sua destra: “Venite (…) perché ho avuto fame e mi avete dato da mangiare (…) ero straniero e mi avete accolto”, ecc. Alla domanda di questi: “Quando mai ti abbiamo visto affamato e ti abbiamo dato da mangiare, o assetato e ti abbiamo dato da bere? Quando ti abbiamo visto straniero e ti abbiamo accolto?”, Gesù risponderà loro: “In verità vi dico: tutto quello che avete fatto a uno solo di questi miei fratelli più piccoli, l’avete fatto a me”» (Mt 25,40). (15) DIDIMO DI ALESSANDRIA, “Sulla Trinità”, Lib. 2,12; PG 39, 667. (16) SANT’AMBROGIO, De Sacramentis, 2,6: PL 16, 425C. (17) Cfr. M. E. PATRIZI, L’alfabeto dei valori cristiani, dalla A alla Z - “E” come Eucaristia”, in: «Il Messaggio della Santa Casa - Loreto», n. 5, anno 2010, p. 169. (18) Nostra rielaborazione della colletta della 32a domenica (cfr. Messale Romano). (1) IL MESSAGGIO DELLA SANTA CASA - LORETO • Aprile 2011 135 SIMBOLOGIA MARIANA FILIPPO DI CUFFA C 136 e ne sono di legno impiallaczione a Maria”. ciato e di legno li“Gesù è venuto al stellato. mondo per mezzo di Le più scadenti Maria; per mezzo di son fatte di compenMaria deve regnare sato; quelle robuste, nel mondo”. Questo invece, sono di legno lapidario “incipit” è massello e i più fail biglietto da visita coltosi le impreziosidelle riflessioni di scono di vetrate ricsan Luigi Maria de che di rilievi, immaMontfort, che spiegini e colori. Sono le gano in maniera porte, che riempiono esauriente il ruolo le nostre case, i nodella Madonna nel stri uffici, le nostre disegno di Dio. scuole. Ci consentoMaria, dunque, no di passare da un porta del Cielo anambiente all’altro, che su questa terra. È da un luogo all’altro, grazie a lei che, perdall’esterno all’intersino su queste polveno e viceversa. rose strade, dissestaEsiste, tuttavia, te dal peccato e dal una porta che non è male, possiamo scorrealizzata in legno, gere il Regno di Dio che non appare coe contribuire a edifime un complemencarlo col nostro picto d’arredo, ma è colo mattoncino. addirittura una perIn questa opera architettonica di costruzione spirisona. C’è una porta che è in grado di condurci in un’altra dimensione, di portarci (verbo appropriato…) dalla tuale, Maria ci prende per mano anche quando cominciamo ad avvertire il profumo del Cielo attraversando terra al Cielo. È Maria la nostra porta celeste, quella “ianua Coeli” un’altra porta, anzi un vero portale: il portale delle chieche invochiamo, alla fine del Rosario, nelle meraviglio- se, anch’esso “ianua Coeli”. Entrando in chiesa (tutte le chiese, dalla disadorna se Litanie Lauretane. parrocchia di campagna alla più sontuosa cattedrale goPorta del Cielo, prega per noi… “Ianua”, in latino, vuol dire per l’appunto “porta”. “Ia- tica), attraversiamo un portale, più o meno scolpito, che nuarius”, gennaio, è denominato in tal guisa proprio per- ci introduce al cammino verso Dio. È il cammino che ché rappresenta il mese che ci conduce al nuovo anno, che ogni fedele compie lungo la navata centrale, il cammino ci fa immergere in un nuovo contesto cronologico, in un che lo conduce all’altare, verso il mistero dell’Eucaristia. Entriamo così in uno spicchio di Cielo, accompagnati nuovo tempo. Anche Maria ci rinnova, nel tempo e nello spazio, ma ci conduce anche in un’altra realtà, la realtà del da Maria. Ecco, allora, la vera e decisiva missione, comune a Cielo: è la porta che lei ci chiede di attraversare per giungere a Gesù. Ed è la porta più semplice, più accogliente, Maria ed alla Chiesa (non a caso, nell’iconografia, enpriva di lussi e di orpelli. Ma, paradossalmente, l’ “umiltà” trambe rappresentate dal simbolo della Luna, illuminata dal Sole-Cristo): farci lasciare alle spalle le vanità del di questa porta è proprio il suo aspetto più prezioso. “Per Mariam ad Jesum”: attraverso Maria, solo attraver- mondo e spingerci ad oltrepassare il varco, la soglia che conduce a Dio. so di lei, arriviamo a Gesù. Su questo tema, ardiMaria, insomma, è il vero “gennaio”, Ianuato e affascinante, san Luigi Maria Grignon de In alto: portale Montfort, nel XVIII secolo, scrisse il libro più caro della Cattedrale rius Celeste, il “mese” che vuole portarci nel calendario dell’eternità. di Chartres. a Giovanni Paolo II, il “Trattato della vera devo- La Porta del Cielo IL MESSAGGIO DELLA SANTA CASA - LORETO • Aprile 2011 OGNI SANTITÀ PASSA A LORETO P. MARCELLO MONTANARI Enrico Medi, servo di Dio (1911-1974) È nato cento anni fa, il 26 aprile 1911, a Porto Recanati (MC), nei pressi del santuario di Loreto. Compì gli studi superiori a Roma, dove ricevette anche una solida formazione cristiana e fu tra i fondatori della Lega Missionaria Studenti. Laureatosi in Fisica Pura sotto la guida di Enrico Fermi nel 1932, fu docente di Fisica Terrestre. Formò una famiglia profondamente cristiana unendosi in matrimonio (1938) con Enrica Zanini, dalla quale ebbe sei figlie. Nel 1942 vinse la cattedra di Fisica Sperimentale all’Università di Palermo. Durante la Seconda Guerra Mondiale si prodigò per alleviare le sofferenze di persone e famiglie. Nel 1946 venne eletto all’Assemblea Costituente per la Democrazia Cristiana e nel 1948 deputato al Parlamento. Tre anni dopo divenne presidente dell’Istituto di Geofisica e nel 1952 fu chiamato alla cattedra di Fisica Terrestre all’Università di Roma. Rinunziò alla carriera politica per dedicarsi completamente alla scienza e all’apostolato. Dal 1958 al 1965 fu vicepresidente dell’EURATOM e poté organizzare vari centri per la ricerca scientifica. Nel 1970 si ammalò di tumore e morì a Roma il 26 maggio del 1974. È sepolto nella tomba di famiglia a Belvedere Ostrense (AN). Nel 1995 si è aperto nella diocesi di Senigallia il processo per la sua beatificazione. Enrico Medi a Loreto, a fianco di mons. Aurelio Sabattani, delegato pontificio, il 22 gennaio 1966, in occasione dell’inaugurazione dell’Istituto Cattolico di Cultura, mentre tiene la sua relazione su «Le virtù sociali di Maria e il Concilio Vaticano II». Brillante scienziato e grande cristiano Enrico Medi, oltre ad essere un genio della scienza, è stato un grande uomo di fede, impegnato a testimoniare con gioioso ardore la propria fede nella vita e nella cultura. La prima tesi sul neutrone è opera sua e pure le prime esperienze sul radar, non capite all’inizio ma confermate dalle scoperte degli anni successivi. Aveva anche spiccate doti di scrittore e di oratore. Sapeva trasmettere la sua fede ardente attirando folle di ascoltatori con il suo linguaggio poetico e suasivo. Con chiarezza e semplicità di espressione sapeva proporre al pubblico l’esistenza di Dio e le verità della fede, intrecciando mirabilmente le prove razionali con le argomentazioni scientifiche che possedeva a menadito. Il professor Medi era fermamente convinto che scienza e fede fossero in continuo dialogo. Da qui il suo stupore davanti all’ateismo, che considerava una vera e propria follia. Non vedere infatti nella scienza la suprema manifestazione del Divino era assolutamente impossibile per qualunque essere umano sano di mente e dotato di raziocinio: ”L’uomo fa della vera scienza quando dimentica se stesso e si affida interamente alla luce che dalla natura promana: egli sa di non essere creatore di nulla e che la sua grandezza è solo nella fedeltà con cui accetta il vero”. Fu un vero messaggero di fede e d’amore, servendosi anche della televisione. Restò famoso il suo commento in diretta, il 21 luglio 1969, dello sbarco del primo uomo sulla Luna. Colpivano il suo sorriso e il suo ottimismo, segno di fede viva e profonda. Lo manifestava soprattutto attraverso le innumerevoli conferenze, i dibattiti, gli scritti e gli interventi televisivi e radiofonici. Nel suo apostolato aveva due punti di riferimento: l’Eucaristia e la Madonna, e due categorie gli stavano soprattutto a cuore: i giovani e i sacerdoti. Famoso il seguente appello in un discorso ai sacerdoti: “Sacerdoti, io non sono un prete e non sono mai stato degno di poterlo diventare. Come fate a vivere dopo aver celebrato la messa? Ogni giorno avete il Figlio di Dio nelle vostre mani. Ogni giorIL MESSAGGIO DELLA SANTA CASA - LORETO • Aprile 2011 137 no avete una potenza, che l’arcangelo Michele non ha. Con la vostra bocca voi trasformate la sostanza del pane in quella del Corpo di Cristo; voi obbligate il Figlio di Dio a scendere sull’altare. Siete grandi. I più potenti che possono esistere. Sacerdoti, ve ne scongiuriamo, siate santi! Se siete santi voi, noi siamo salvi. Se non siete santi voi, siamo perduti…”. Ebbe un grande amore per la Madonna Nella spiritualità di Enrico Medi la Madonna occupava un posto privilegiato. Lo testimonia anche il fatto che le sei figlie del professore portano tutte il nome di Maria come primo nome. Per lui la Madonna era la “Bella Signora” e a lei dedicava preghiere 138 soavi e bellissime. “Il Signore ha creato Maria, e in lei ha raccolto tutto ciò che di bello e di grande, di meraviglioso, di stupendo e di armonico, può essere nel disegno di una creatura umana” ha scritto in “Astronauti di Dio”. Lei è per eccellenza la Madre che ci accompagna, la mediatrice di tutte le grazie, e soprattutto la mediatrice della misericordia: “Lasciamo nelle sue mani la libertà di tessere la tela del mondo; essa che legge negli occhi di Dio, saprà trarre il più meraviglioso disegno d’amore e di gioia”. La Madonna era per lui una sorta di riassunto universale, in lei tutto era spiegato e chiaro, e per poter vivere nella luce si doveva far riferimento a lei, alla sua presenza vera e luminosa, pura e radiosa, sempre NOVITÀ EDITORIALI Una monografia sul pittore loretano Arturo Gatti ancava una monografia documentata sul pittore loretano Arturo Gatti, autore, tra l’altro, degli affreschi nella Cappella del Sacro Cuore o Polacca della basilica di Loreto. Su interessamento di Carla Berardi, nipote dell’artista, hanno egregiamente colmato questa lacuna padre Floriano Grimaldi, archivista emerito della Santa Casa, e Massimo Mascii, storico dell’arte. Nella premessa viene messo in risalto che il Gatti è l’unico artista di Loreto che abbia eseguito nella basilica della Santa Casa un’opera impegnativa. Questo perché, lungo i secoli, i Papi committenti hanno inviato a Loreto artisti famosi, attivi a Roma alle loro dipendenze. Il saggio storico-monografico si compone di due parti. La prima,dovuta al padre Grimaldi,è una rassegna biografica del pittore sulla base di numerosi documenti; la seconda, dovuta al Mascii, propone un’analisi dell’opera artistica del Gatti realizzata a Loreto e della tecnica pittorica che vi ha impiegato. Il pittore fu artista meticoloso, dai tempi lunghi di esecuzione e dai continui ripensamenti, per cui ebbe con i committenti rapporti talora non facili. Ciò emerge chiaramente dalla sua ricca corrispondenza epistolare, reperita dal padre Grimaldi. La rara abilità tecnica del Gatti quale freschista, appresa alla scuola di Cesare Maccari, autore dei dipinti nella cupola lauretana, è ben messa in risalto dallo storico dell’arte Mascii in tutti i suoi risvolti. Questi ripercorre anche tutte le fasi dei lavori della Cappella Polacca e le fonti storiche che stanno a supporto delle scene dipinte dal Gatti, soprattutto la Battaglia di Vienna e il Miracolo della Vistola. Questa monografia, integrata con i contributi apparsi sul volume Cantiere Loreto Arte sacra europea del 1995, a cura di Mariano Apa, consente finalmente di conoscere in profondità un artista meritevole di maggiore considerazione e fama. M IL MESSAGGIO DELLA SANTA CASA - LORETO • Aprile 2011 pronta a indicare la strada e a schiarire la mente, liberandola da dubbi e tormenti. Fin dall’infanzia, vissuta a Porto Recanati, vicino al santuario della Santa Casa di Loreto, aveva sviluppato con la Madonna una familiarità sconvolgente e commovente. La Madonna era per lui il simbolo della perfezione di Dio incarnata in un essere simile a lui in tutto e per tutto, e quindi più possibile da raggiungere e avvicinare. Per questo recitava il Rosario con passione, anche più volte al giorno, per godere della sua presenza. I cari ricordi della Santa Casa di Loreto Nato a pochi chilometri da Loreto, visitò più volte, fin da piccolo, la Santa Casa di Maria; ma le cronache ricordano le sue visite quando era ormai un uomo famoso: nel 1952, nel 1957 e nel 1966. Nel 1966 tenne una brillante conferenza sulle virtù sociali della Madonna e il Concilio Vaticano II (foto a lato): tratteggiò l’immagine di Maria con afflato lirico, illustrando le virtù della Madonna riferite alla sua vita trascorsa nella casa di Nazaret. Al termine invitò tutti a recarsi nella Santa Casa di Maria “per palpitare del suo stesso mistico respiro, per gioire del sorriso della mamma, per meritare la sua carezza, in attesa di essere accolti tra le sue braccia materne nella gioia dei cieli”. Questo invito a mettersi in ‘ascolto’ delle pietre della Santa Casa nasceva dalla sua cultura scientifica. Parlando confidenzialmente, da uomo di scienza, con alcuni frati cappuccini del santuario di Loreto durante una delle sue visite alla Santa Casa, disse che il progresso scientifico un giorno forse ci avrebbe dato la possibilità di ascoltare le parole e i colloqui tra Gesù, Maria e Giuseppe rimasti registrati negli atomi delle pietre della Santa Casa di Nazaret. ao lo ll i ns i an Ce dal to giov er nt ro G anni P iov Tradurre EDITORIALE DON GIACOMO RUGGERI [email protected] erché parlare di Giovanni Paolo II. Gli uomini e le donne che la Provvidenza del Padre ha posto nella storia come persone definite successivamente «grandi», sono il segno di una santità destinata ad espandersi. Oserei dire: incarnarsi. Per mezzo dei santi, Dio continua la sua opera di salvezza nella storia dell’umanità. La forza della santità consiste proprio nella debolezza dell’uomo che accoglie la Grazia di Dio. Le testimonianze che seguono, del card. Angelo Comastri e di Lorena Bianchetti, sono due voci che raccontano il passaggio significativo nella loro vita, con ruoli e compiti diversi. Una domanda, però, va posta: come declinare la grandezza e lo spessore di Giovanni Paolo II nella vita personale, nella nostra vita quotidia- P la santità nel quotidiano na? Il santo, per suo “statuto” potremmo dire, viene definito come colui che è irraggiungibile, troppo lontano per la vita di tutti i giorni e per i poveri mortali! Ma è una concezione sbagliata, distorta della santità e del santo. Egli è colui che nella sua vita, dall’infanzia all’anzianità, ha cercato di accogliere il seme buono del Vangelo e della vita, seminandolo nella sua esistenza; e il frutto, nel tempo, è stato abbondante. Santi non ci si nasce, ci si diventa. La scelta di Dio, e la storia della Chiesa lo insegna, sarà sempre quella di incarnare la sua divinità nelle pieghe dell’umanità. Il santo ha il profumo della terra. Declinare Giovanni Paolo II nella vita ordinaria e personale significa cogliere quelle intuizioni che ha avuto nella sua vita di adolescente, giovane, sacerdote e poi vescovo, cardina- le; porle come interrogativo nella propria vita perché stimolino il tanto bene presente in ogni uomo. Significa, inoltre, far emergere doni e talenti che Dio ha seminato in ogni persona, perché la bellezza della santità consiste nello stupirsi dell’agire di Dio, giorno dopo giorno. La santità non è un premio, una conquista, un merito, un riconoscimento. Pensare questo significa non aver capito il cristianesimo e la logica, semplice, del Vangelo e di lo accoglie con cuore buono e sincero. L’augurio che rivolgo ad ogni lettrice e lettore è quello di non voler essere la fotocopia di altri, nemmeno dei santi. Imitare Cristo e i santi significa orientare cuore, mente, azioni sull’esempio da loro tracciato, consapevoli, poi, che a ciascuno è chiesto di trovare la propria modalità e forma per dare gloria a Dio. dal Centro Giovanni Paolo ll • Aprile 2011 A G de ST E l R LO I te st im C D. oni O A an M N za R A C della famiglia: era necessario questo contributo di dolore da parte del Papa a difesa della famiglia”. Penso che Giovanni Paolo II abbia provato una lacerante ferita al cuore, quando si sparse la notizia che il Parlamento Europeo non era riuscito a trovarsi d’accordo nel dare una definizione della famiglia: il fatto era gravissimo ed era un indice dello smarrimento della coscienza europea. “Un uomo coraggioso” 2004 È Giovanni Paolo II in visita al Centro Giovanile a lui dedicato… possibile delineare le linee portanti della santità di Giovanni Paolo II? A me sembra cha a Giovanni Paolo II debba essere riconosciuto un merito non piccolo: è stato un uomo coraggioso nell’epoca delle grandi paure; è stato un uomo deciso e coerente… nell’epoca dei compromessi e della indecisione programmatica e dei camaleontismi diffusi. È stato coraggioso nel difendere la pace, mentre soffiavano venti di guerra. Chi non ricorda il coraggio dei suoi ripetuti e accorati appelli, anche quando non venivano ascoltati? Talvolta sembrava un profeta che parlava nel deserto dell’indifferenza: eppure Giovanni Paolo II non si è lasciato scoraggiare, ma ha continuato a dire ciò che lo Spirito di Gesù gli suggeriva nel santuario della coscienza. Il giorno di Natale del 1990 il Papa esprime la sua preoccupazione e la sua sofferenza per la partecipazione di tante nazioni cristiane alla “concetrazione massiccia di uomini e armi” nel Golfo Persico. E nel messaggio natalizio rivolto al mondo si esprime così: “La luce di Cristo è con le nazioni tormentate del Medio Oriente. Per l’area del Golfo, trepidanti, aspettiamo il dileguarsi della minaccia delle armi. Si persuadano i responsabili che la guerra è avventura senza ritorno”. Giovanni Paolo II non venne ascoltato, ma la storia gli sta dando ragione: oggi più di ieri! E chi non ricorda con emozione e ammirazione il grido del 16 marzo 2003, al termine del corso di Esercizi Spirituali, con i quali egli abitualmente iniziava la santa Quaresima? Affacdal Centro Giovanni Paolo ll • Aprile 2011 ciandosi dalla finestra del suo appartamento, senza paura esclamò: “Io so, io so che cosa è la guerra! Io ho il dovere di dire a costoro (= a coloro che credono nella guerra!) che la guerra moltiplica l’odio e non risolve i problemi”. Che coraggio! In quel momento questo linguaggio era assolutamente controcorrente, ma Giovanni Paolo II ha sfidato più volte l’impopolarità per restare tenacemente fedele al suo compito di servo della verità: quella verità che Gesù ha consegnato alla Chiesa e, in particolare, ha consegnato a colui che Egli ha soprannominato “pietra”. Giovanni Paolo II è stato un uomo coraggioso nel difendere la famiglia in un’epoca in cui si è persa la consapevolezza dell’ineliminabile dualità sposo-sposa e padre-madre. Papa Wojtyla, con occhio profetico, aveva nitidamente percepito che oggi è in pericolo l’umanità dell’uomo, cioè il costitutivo progetto dell’umanità come famiglia, come uomo e donna che, attraverso l’amore fedele, diventano culla della vita e luogo insostituibile di crescita e di educazione della vita umana. Nella notte tra il 28 e il 29 aprile 1994, Giovanni Paolo II ebbe la caduta che gli procurò la frattura del femore. Il giorno dopo doveva recarsi in Sicilia al santuario della Madonna delle Lacrime; il viaggio saltò, con grande rammarico del Papa. A chi lo soccorse nella notte, Giovanni Paolo II disse: “Forse era necessaria questa sofferenza per l’anno Forse, spinto da questo allarmante dato, il Papa si buttò, come un atleta, a difendere la famiglia. Le Giornate Mondiali della Famiglia, il Giubileo delle Famiglie, i continui messaggi agli sposi e alle famiglie sono il frutto di un amore tenace e, nello stesso tempo, sono un’azione intelligente per rieducare i popoli e i parlamenti delle nazioni ai valori che formano un’autentica civiltà. Se cade la famiglia, che cosa resta di una società? Se si smarrisce la famiglia, quale segnaletica guiderà i figli nel cammino della vita? Giovanni Paolo II capiva tutto questo e, pertanto, dal suo cuore è partito un insistente e qualificato magistero sul valore e sul significato della famiglia. Forse, fra qualche anno o fra qualche decennio, potremo meglio apprezzare l’opera svolta da Giovanni Paolo II per ricostruire il senso della famiglia, nell’annebbiamento dell’intelligenza dei nostri contemporanei. Col passare del tempo capiremo sempre di più la verità di questa affermazione di Giovanni Paolo II: “Quanto più la famiglia è sana ed unita, tanto più lo … e sul palco di Montorso, per la Festa dell’Azione Cattolica Italiana. za n A TI ia N T on im RE E H st te LO NC IA B di è la società.Al contrario, lo sfacelo della società ha inizio con lo sfacelo della famiglia. È una convinzione espressa da uno dei maggiori scrittori spagnoli del Novecento, Miguel de Unamuno, il quale disse: l’agonia della famiglia è l’agonia del cristianesimo”. Ed è anche l’agonia dell’umanità. Egli è stato un uomo coraggioso nel cercare i giovani e nel parlare ai giovani. All’inizio del suo pontificato sembrava che la Chiesa non riuscisse più a intercettare il linguaggio dei giovani e non avesse più la credibilità presso le nuove generazioni. Giovanni Paolo II non ha accettato la fuga o la politica dello struzzo. Egli sapeva che i giovani, senza Cristo, non avrebbero mai potuto trovare il senso della vita e non avrebbero mai potuto assaporare la verità affascinante dell’amore, che è dono di sé e non capriccio che tutto e tutti piega a sé. Il Papa ha cercato i giovani e i giovani l’hanno sentito amico: amico vero, amico sincero, amico che non scende a compromessi per avere audience, amico che non annacqua la proposta evangelica per diventare popolare, amico che non usa la demagogia per strappare gli applausi giovanili. E i giovani… l’hanno applaudito con calore, con spontaneità, con manifestazioni di simpatia, che spiazzavano tutti coloro che avevano già previsto il funerale della Chiesa e l’estinzione del nome cristiano. Una tappa decisiva fu l’incontro con i giovani al Parco dei Principi, a Parigi, il 1° giugno 1980: la veglia durò tre ore, fu una grande festa e un dialogo serrato con ragazzi e ragazze che facevano domande e il Papa rispondeva. Ma erano testi preparati, come quasi sempre.Tra gli altri andò al microfono un giovane e, con totale spontaneità, parlò così:“Io sono ateo, rifiuto ogni credenza e ogni dogmatismo.Voglio dire inoltre che non combatto la fede di nessuno, però non comprendo la fede, Santo Padre: in che credete? Perché credete? Che vale il dono della nostra vita e com’è quel Dio che adorate?”. Dirà Giovanni Paolo a Frossard d’essersi subito accorto che le domande di quel giovane “non figuravano nella lista” che gli era stata consegnata. Le memorizzò e si propose di rispondere come poteva, improvvisando. Ma poi il “dialogo a cinquantamila voci” di quella serata lo distrasse ed egli non rispose a quel ragazzo, che aveva detto le cose più impegnative. Tornato a Roma, Giovanni Paolo, “desolato per quella omissione”, scrive al cardinale Marty “per chiedergli di ritrovare quel giovane e di 1995 presentargli le mie scuse”. Il giovane viene rintracciato, le scuse sono accettate. Ma il Papa non dimentica quella sfida e praticamente fa di ogni suo incontro con i giovani un tentativo di risposta a quelle domande fondamentali, perché “oggi non è più possibile parlare della fede senza tener conto dell’incredulità”. I giovani hanno amato intensamente Giovanni Paolo II e l’hanno cercato come si cerca un padre che, all’opportunità, sa anche correggere, perché sa amare veramente e lealmente. Mi vengono i brividi, quando ripenso a come accolse i giovani in Piazza San Pietro all’inizio della Giornata Mondiale della Gioventù, nell’agosto caldo dell’anno 2000! Li apostrofò con la sua voce ancora robusta e disse: “Chi cercate?”. Ricordo che anche noi vescovi restammo sorpresi e catturati dalla forza di questa domanda. E il Papa subito chiarì che non voleva abbassare la proposta per conquistare i giovani, ma coraggiosamente li invitava ad alzarsi per dare dignità e significato alla loro vita. E i giovani capirono che quel “vecchio” conosceva il segreto della vita giovanile e si fecero attenti e divennero pensosi. E la sera della lunga veglia di preghiera, nella spianata immensa di Tor Vergata, accadde un altro fatto che non va dimenticato, perché è un segno del singolare rapporto che si era stabilito tra il Papa e i giovani. Mentre l’assemblea dei giovani dei cinque continenti riempiva di canti il cielo sereno di Roma, improvvisamente un giovane saltò come una gazzella, superò le linee di guardia, sfuggì alla presa di un robusto poliziotto… e riuscì ad avvicinarsi al Papa: il Vecchio e il Giovane si guardarono per un istante e poi si abbracciarono con un’intensità con cui un padre abbraccia il proprio figlio. L’emozione si diffuse come un’onda nel cuore di tutti! Io piansi! Nella grande piana di Montorso, per “EurHope”. Card.Angelo Comastri “Voce vera per le donne del mondo” “La crescita di una donna e di un’artista come te e il contributo in questa maturazione di Giovanni Paolo II”. iovanni Paolo II è stato un faro, un papà e soprattutto un testimone dell’amore. In un’epoca in cui non si sa più scegliere, in un tempo in cui ci vogliono far credere che il cattivo è quello che ha la meglio, il “Globetrotter di Dio” è stato esempio di coerenza, di virtù, di bellezza. I suoi occhi erano luce calda, il suo sorriso abbraccio incondizionato. E come non sentire addosso quella voce capace ogni volta di leggere il cuore della gente! Come non plasmare la coscienza di fronte alla proposta di essere sentinelle del mattino! Giovanni Paolo II ha vissuto ogni pagina del Vangelo. Ha trasmesso un amore capace di cambiare le cose, un amore non negoziabile ma da applicare ovunque, in una fabbrica come in una banca, in politica come in televisione. “I mezzi della comunicazione sociale devono essere al servizio della verità”, “devono promuovere la giustizia e la solidarietà nelle relazioni, a tutti i livelli della società”. Le ricordo ancora queste parole, erano parte del messaggio rilasciato in occasione della 37esima Giornata delle Comunicazioni Sociali. Non potevo non accettare quella sfida, la bellezza di essere al servizio, con il mio lavoro, del bene comune, della promozio- G ne della dignità della persona umana a prescindere dai contesti in cui io mi misuro, trasmissioni di approfondimento o intrattenimento. Ha insegnato a perdonare, il Papa, ha ricordato che non c’è pace senza giustizia e non c’è giustizia senza solidarietà. Ha sottolineato la gratuità della carità da vivere non come obolo umiliante ma come condivisione. Ha sofferto, il Papa. Ha trasmesso che il dolore ha un significato, è redentivo, avvicina al volto di Cristo; e negli incontri con i gio- vani, che lui ha tanto amato, ha ribadito che sopra il male c’è una legge che vince sempre: è quella dell’amore. Nel corso di questi anni, nella vita come nella professione, mi ha ricordato che l’interezza d’animo, quella trasparenza che lui quotidianamente ha respirato, è la via da percorrere per essere veramente liberi. “Cosa ha saputo cogliere Giovanni Paolo II del genio ed intuito femminile delle donne di oggi?” Le prossime iniziative… 25 APRILE - 2 MAGGIO 2011 Pellegrinaggio sul tratto Assisi-Loreto della Via Lauretana 1° MAGGIO “Dalla Casa alle piazze!” Un momento di festa per la beatificazione di Giovanni Paolo II L’“Associazione Amici del Centro Giovanni Paolo II e del Santuario Lauretano” in collaborazione con il Centro “Giovanni Paolo II - Ecco la vostra casa”, la Delegazione Pontificia per il Santuario della Santa Casa di Loreto, con il patrocinio e il sostegno della Conferenza Episcopale Marchigiana, dell’Associazione “Via Lauretana”, dell’Anci - Marche, della Fondazione Cassa di Risparmio di Loreto e della Fondazione Cassa di Risparmio di Macerata, nell’ambito del recupero, valorizzazione e riattivazione dell’antica via di pellegrinaggio «Via Lauretana», organizza il Pellegrinaggio Assisi-Loreto da lunedì 25 aprile a lunedì 2 maggio 2011. Domenica 1° maggio i pellegrini parteciperanno alla festa della Beatificazione di Giovanni Paolo II al Centro Giovanni Paolo II. Domenica 1° maggio 2011 la comunità del Centro invita tutti coloro che lo desiderano ad un momento di festa per la beatificazione di Giovanni Paolo II presso questo Centro, da lui stesso voluto per i giovani italiani ed europei. Al mattino condivideremo la celebrazione della beatificazione in Piazza S. Pietro a Roma attraverso un maxischermo e, dopo il pranzo insieme, continueremo a ricordare questo grande Papa attraverso testimonianze, spettacoli e preghiere. Nel pomeriggio mons. Giovanni Tonucci, arcivescovo di Loreto, presiederà una celebrazione eucaristica di ringraziamento sulla spianata di Montorso, da dove Giovanni Paolo II ci ha detto: “Ecco la vostra casa”. L’iniziativa vuole sensibilizzare le varie realtà stimolandole ad organizzare proposte simili per coinvolgere chi fosse impossibilitato a raggiungere Roma: affinché “Dalla Casa si raggiungano le piazze!”. Per chi volesse c’è la possibilità di pernottare al Centro. Si è pregati di avvisare la segreteria entro il 26 aprile al numero 071.7501552. Puoi scaricare il programma e la scheda di iscrizione da inviare al Centro Giovanni Paolo II. Per informazioni puoi rivolgerti a: • segreteria del Centro tel. 071.7501552, fax 071.7504305; [email protected]; www.giovaniloreto.it; • don Francesco, tel. 333.9771270. Campo ecumenico (27 LUGLIO - 3 AGOSTO) “Il cristiano, uomo delle beatitudini” Giovanni Paolo II ha saputo parlare alle donne e delle donne con verità. Ha parlato a quelle famose e a quelle semplici, a quelle che agiscono nel quotidiano. Ha riconosciuto il contributo che esse hanno dato alla storia dell’umanità, un’umanità che le ha spesso emarginate. Ha ribadito il debito che la storia ha nei loro confronti. Le ha difese dunque, le ha protette, le ha considerate figlie, amiche, sorelle. Ha denunciato la disuguaglianza che esse vivono nei contesti professionali, la violenza sessuale e psicologica che continuano a subire, la schiavitù fisica e psicologica alla quale sono spesso sottoposte. E in una società che con la maschera della parola progresso inietta loro il veleno del non rispetto di loro stesse e del loro corpo, Giovanni Paolo II ha espresso ammirazione per le donne di buona volontà, per quelle che hanno pieno rispetto della propria dignità. Ha saputo essere padre, Giovanni Paolo II, le ha sapute ascoltare. Ha dato voce alla forza che le contraddistingue, al ruolo centrale che hanno nella Chiesa e ne ha ribadito la bellezza espressa nelle Sacre Scritture. Non le ha giudicate, ne ha riconosciuto il genio e ha parlato della loro complementarietà con l’uomo. Apertura, rispetto, accoglienza: ecco cosa hanno avvertito le donne da Giovanni Paolo II.A loro è arrivato un amore che la società, con la spregiudicatezza che a volte la contraddistingue, non sempre è in grado di dare. La donna oggi deturpa spesso la sua interiorità in nome di una falsa emancipazione che rappresenta soltanto il brutto dell’universo maschile. Volgarità, scorciatoie che in realtà portano solo ad un deserto interiore, sono proposte loro come segni di forza. Ma è alla loro bellezza spirituale che Giovanni Paolo II si è rivolto, una bellezza capace di trasformare il mondo, e per la quale le ha volute ringraziare. Lorena Bianchetti Volete scriverci? Volete mettervi in comunicazioPOINT ne coi vostri coetanei attraverso questo giornale? Allora mettetevi in contatto con noi. La nostra Comunità: Don Francesco Pierpaoli [email protected] Don Gianpaolo Grieco [email protected] Suore Oblate di Maria Vergine di Fatima:sr.Michela,sr.Alfonsina,sr.Cecilia [email protected] Editoriale a cura di Don Giacomo Ruggeri parroco e direttore dell’Ufficio Comunicazioni Sociali - Fano [email protected] CENTRO GIOVANNI PAOLO II INFO Via Montorso n. 3 - 60025 Loreto (AN) tel. 071.7501552 [email protected] Per saperne di più, visitate il sito www.giovaniloreto.it IL “MESSAGGIO” INTERVISTA… VITO PUNZI UFFICIO STAMPA SANTUARIO DI LORETO Luigi Accattoli Lei ha seguito Giovanni Paolo II durante tutto il suo lungo pontificato, dunque anche nelle visite che fece a Loreto: che ricordi ha di quelle visite e del forte attaccamento di papa Wojtyla al santuario lauretano? Giovanni Paolo II è venuto cinque volte a Loreto e io c’ero sempre. La prima volta nel 1979, a meno di un anno dall’elezione, e l’ultima volta nel 2004: il suo ultimo viaggio in assoluto. Credo che il motivo del forte attaccamento lo possiamo cogliere già nella prima visita, quando andò a pregare anche nel cimitero polacco e lo vedemmo piangere su quei morti a vent’anni che erano suoi coetanei. Ma non va ovviamente trascurato il fatto che ogni santuario mariano era una meta ambita per il Papa polacco e Loreto ha una posizione preminente – dal punto di vista storico e di storia del Papato – su ogni altro. Come giudica il libro-intervista del giornalista tedesco Peter Seewald a Benedetto XVI, “Luce del mondo”? È un ottimo strumento per imparare ad amare Benedetto XVI. Un po’ come il libro Gesù di Nazaret (Rizzoli 2007), del quale tra poco arriverà in libreria un secondo volume e poi un terzo. Trattandosi di un Papa teologo, timido per indole, razionale e controllato in ogni suo atto, alcuni osservatori hanno parlato a più riprese di una sua freddezza, o difficoltà di comunicazione. Il libro su Gesù e ora questo libro-intervista ce lo avvicinano e lo rendono comunicativo al suo proprio livello, che è quello della parola e dell’argomentazione. Con queste pubblicazioni egli scende dal trono e si avvicina alla comune umanità. Si spoglia quasi del ruolo magisteriale per dire la sua, come testimone, sulla figura di Cristo e sul lavoro del Papa. Questo avvicinamento è utile per imparare ad amarlo. Di quali novità è portatore il libro-intervista nel rapporto tra l’autorità della Chiesa cattolica e il mondo contemporaneo, sempre più condizionato dagli strumenti di comunicazione? Questo è il primo vero libro-intervista di un Papa, dal momento che non potevano essere considerati tali i tre volumi di ‘colloqui’ con Papi che si erano avuti in precedenza: uno di Jean Guitton con Paolo VI e due di Andrè Frossard e Vittorio Messori con Giovanni Paolo II. Stavolta l’intervista è diretta e dal vero, non come quella di Messori che fu fatta per iscritto. A differenza poi dei volumi di Guitton e Frossard, questo è tratto dalla registrazione, non è liberamente rielaborato dall’autore dopo alcune ore di conversazione. La scelta di farsi intervistare da un giornalista secondo le regole proprie di questo genere giornalistico, sta a dire la modernità del Papa teologo e il suo desiderio di parlare a tutti, azzardandosi a un passo che nessun altro Papa aveva tentato fino a oggi. La vera intervista è accattivante per il fruitore esigente dell’attuale comunicazione di massa; il Papa lo sa e ha deciso di mettersi alla prova. Abbiamo in questo libro, infatti, tutta la ricchezza, l’umore, l’intelligenza dell’uomo Ratzinger e anche qualche suo scatto polemico. Chi lo considera un professore ingessato avrà da ricredersi”. Lei è di origini marchigiane e torna spesso nella sua terra: al di là delle radici e dei rapporti familiari, che cosa ha rappresentato e rappresenta per lei il santuario della Santa Casa, delle pietre che ricordano il mistero dell’Incarnazione? Sono nato nel comune di Recanati, a dieci chilometri dal santuario, e non ho mai avuto difficoltà a immaginare Giuseppe, Maria e Gesù tra quelle mura annerite, così simili a quelle della casa contadina in cui ho vissuto i miei primi undici anni. La vigilia di Natale, quando uscivamo per andare alla messa della notte, lasciavamo un lume acceso su un davanzale che dava sulla strada maestra. Quel lume stava a dire – spiegava la mamma – che offrivamo la nostra casa a Maria e Giuseppe, se avessero voluto fermarsi da noi, in quella notte in cui non trovavano posto nell’albergo. Siccome la strada – da cui si intravedeva il lume, tremolante tra gli stecchi della siepe – era la stessa che portava a Loreto, noi bambini immaginavamo che Maria e Giuseppe non lo vedevano, il nostro piccolo lume, e continuavano a cercare fino a quando arrivavano alla Casa di Loreto e lì si fermavano. Ma se l’avessero visto, Gesù avrebbe potuto benissimo nascere nella nostra casa e noi ve l’avremmo trovato tornando a piedi dalla chiesa. È con questa familiarità che ho sempre pensato a Loreto. IL MESSAGGIO DELLA SANTA CASA - LORETO • Aprile 2011 143 STORIA ARTE E CULTURA LAURETANA P. GIUSEPPE SANTARELLI Verso il Congresso Eucaristico Nazionale di Ancona (3-11 settembre 2011) L’istituzione dell’Eucaristia nell’arte lauretana /3 N el santuario di Loreto esistono tre dipinti che raffigurano l’istituzione dell’Eucaristia. Si tratta di tre raffigurazioni dell’Ultima Cena, ciascuna con una specifica connotazione biblico-teologica. Qui i tre dipinti vengono illustrati secondo l’ordine cronologico di esecuzione. L’“Ultima Cena” dipinta dal Damiani: il “Tradimento di Giuda” e l’“Agnello pasquale” 144 Nella Sala del Tinello - oggi intitolata a Pasquale Macchi - subito dopo la decorazione della volta ad opera di Gaspare Gasparini, fu collocata una tela raffigurante l’Ultima Cena, commissionata nel 1585 dall’amministrazione del santuario a Felice Damiani di Gubbio (1530-1608). Il dipinto (cm 215x390) era esposto in un locale destinato alla refezione dei pellegrini e aveva quindi una sua specifica funzione devozionale. Restò nella Sala fino al secolo XVII-XVIII. Attualmente IL MESSAGGIO DELLA SANTA CASA - LORETO • Aprile 2011 è custodito nel Museo-Antico Tesoro. La scena, che ha sviluppo orizzontale, presenta al centro la figura di Gesù, sul cui petto reclina il capo Giovanni l’evangelista. Questo particolare fa intendere che il pittore ha voluto fissare il momento in cui Gesù fa allusione al tradimento di Giuda, secondo il quarto Vangelo. Ivi infatti si legge che Giovanni, «chinandosi sul petto di Gesù, gli disse: Signore, chi è?» (Gv 13,23-24). Dietro Giovanni si scorge un apostolo che dovrebbe identificarsi con Pietro, il quale lo invitò a chiedere a Gesù chi fosse il traditore. Giuda è raffigurato sulla destra, in primo piano, rivolto verso l’osservatore, con volto scuro, come crucciato per essere stato smascherato dal Maestro. Con la mano sinistra nasconde il sacchetto dei trenta denari, prezzo e simbolo inquietante del suo tradimento. Due degli apostoli accanto al Signore - Felice Damiani (1530-1608), uno dei-quali dovrebbe esUltima Cena, Loreto, sere Pietro - sembrano riMuseo-Antico Tesoro. volgergli la domanda: “Sono forse io il traditore?” Gli altri, in due gruppi di quattro, ai lati della scena, simmetricamente distribuiti, discutono concitatamente sul tradimento di Giuda. Un altro tema emergente di questo dipinto è l’agnello pasquale, raffigurato con icastica evidenza al centro della mensa, su un vassoio. È l’agnello della Pasqua ebraica, confezionato e pronto per la manducazione. Esso ha una forte valenza figurale nel Vangelo di Giovanni, che fa esclamare al Battista con riferimento a Gesù: «Ecco l’Agnello di Dio, ecco colui che toglie il peccato del mondo» (Gv 1,29). L’Agnello di Dio è uno dei simboli principali della cristologia giovannea (vedi Apocalisse 5,6-12). Esso fonde in una sola realtà l’immagine del Servo del profeta Isaia (cap. 53) che porta il peccato degli uomini e soffre come «agnello di espiazione» (Levitico 14) e il rito, appunto, dell’agnello pasquale (Esodo 12; Giovanni 19,36). L’antico rito dell’agnello pasquale era connesso con l’istituzione stessa della Pasqua ebraica. Il sacrificio di quell’agnello è diventato figura tipica del sacrificio redentore di Cristo sulla croce, di cui l’Eucaristia è rinnovazione incruenta. Nella tela si colgono due aspetti di tepore familiare e conviviale: uno nell’inserviente che si affaccia sulla porta e l’altro nel cagnolino sotto la mensa. Sul piano stilistico la tela del pittore eugubino sembra riecheggiare modulazioni venete e romane ben raccordate, ma denuncia fissità nei volti e durezza nei panneggi delle vesti. 145 Simon Vouet (1590-1649), Ultima Cena, Loreto Museo-Antico Tesoro. L’“Ultima Cena” del Vouet: la “Comunione” La confraternita del Sacramento, istituita nel santuario di Loreto nel 1528, un secolo dopo, nel 1627, volle ornare il proprio altare con una tela raffigurante l’Ultima Cena, commissionandola al celebre pittore francese Simon Vouet (1590-1649), dimorante per lungo tempo in Italia e convinto seguace del naturalismo caravaggesco. Al 1630 risale l’ultima rata di pagamento al pittore, che firmò la tela sullo scanno di un apostolo, a sinistra: Simon Vouet. Nel 1792 il dipinto (cm 318x210) fu trasferito a Roma negli Studi Vaticani per essere riportato su un mosaico delle stesse dimensioni che poi, nel 1830, sostituì nella stessa cappella il dipinto, finito, dopo vari passaggi, nel Museo-Antico Tesoro. L’artista francese imposta verticalmente la scena dell’Ultima Cena, conferendole così una maggiore concentrazione, con gli apostoli stretti e raggruppati intorno a Cristo, fulcro della raffigurazione. Il tema è quello della Comunione che Gesù distribuisce agli apostoli, prima ancora della manducazione dell’agnello che si scorge integro su un vassoio, sopra il tavolo. Il Signore è raffigurato infatti nell’atto di porgere un frammento di pane consacrato a un apostolo che si protende verso di lui. Il particolare è desunto dal racconto evangelico: «Mentre mangiavano, prese il pane e recitò la benedizione, lo spezzò e lo diede loro dicendo: Prendete, queIL MESSAGGIO DELLA SANTA CASA - LORETO • Aprile 2011 146 sto è il mio corpo… » (Mc 14,22). La consacrazione del vino avviene in un secondo momento, dopo la comunione con il pane consacrato, come lascia intendere la figura dell’apostolo in primo piano, che con la mano sinistra tiene un orcio e con la destra solleva una coppa colma di vino rosso, non ancora consacrato. Nello stesso Vangelo si legge che Gesù «poi prese un calice e rese grazie, lo diede loro e ne bevvero tutti» (Mc 12,23). Nella raffigurazione si notano atteggiamenti diversi negli apostoli, che per lo più sono intenti a discutere tra loro o sono presi da faccende, quasi distratti e poco partecipi al mistico rito. La critica d’arte da tempo ha messo in evidenza, in questo eccellente dipinto, il realismo caravaggesco, evidente nella scelta luministica che genera efficaci chiaroscuri. Esso si coglie in special modo nel personaggio in primo piano, ritratto nell’atteggiamento di un crudo verismo con il piede nudo e rozzo rivolto verso l’osservatore, e nel cane, sulla sinistra, che lecca un piatto, in stridente contrasto con la ieraticità del rito e così diverso dal mite cagnolino che si vede nel dipinto del Damiani. L’“Ultima Cena” della Sala del Tinello: la “Benedizione” Sulla parete frontale della Sala del Tinello - decorata nel 1584 da Gaspare Gasparini e ora intitolata a Pasquale Macchi - si scorge un affresco raffigurante l’Ultima Cena, che nel secolo XVII o, secondo altri, nel secolo XVIII, IL MESSAGGIO DELLA SANTA CASA - LORETO • Aprile 2011 Pittore del secolo sostituì la tela di Felice DaXVII-XVIII, Ultima Cena, miani, sopra illustrata. Sala del Tinello Non si conosce l’autore di «Pasquale Macchi». dell’affresco, che sembrerebbe opera di un pittore locale. Nel tempo in cui esso fu eseguito era attivo in zona Pier Simone Fanelli (1641-1703), nato ad Ancona e vissuto per lungo tempo a Recanati. Non escluderei a priori che il dipinto possa essere uscito dal suo pennello. L’analisi stilistica non sembra smentirlo. Solo però un raffronto rigoroso con le altre sue opere può confermare l’ipotesi. L’ideazione scenica è simile a quella dell’Ultima Cena del Damiani, con Gesù al centro della mensa e con san Giovanni reclinato sul suo petto, con due gruppi di apostoli ai lati, consapevolmente partecipi del rito, pur nella diversificazione dei gesti, e con Giuda in primo piano, sul lato destro, che dà di tergo allo spettatore. Le varianti compositive e tematiche però sono notevoli. Qui Gesù è nell’atto di benedire con tre dita spiegate della mano destra. Forse il richiamo è al passo evangelico che dice: «Ora, mentre mangiavano, Gesù prese il pane, pronunciò la benedizione… » (Mt 26,26). Si può osservare che il vassoio sulla mensa è vuoto, senza l’agnello pasquale, che si scorge invece nei dipinti del Damiani e del Vouet. La scena quindi è priva di riferimenti simbolici e si concentra essenzialmente sul gesto benedicente di Gesù, anche se non esclude il tema del tradimento di Giuda. STORIA ARTE E CULTURA LAURETANA Mostra del Lotto al Quirinale, Loreto presente con due tele I l 2 marzo, presso le Scuderie del Quirinale, è stata inaugurata una prestigiosa mostra delle opere di Lorenzo Lotto (14801556), il quale ha trascorso gli ultimi suoi anni di vita - come oblato della Madonna - nel santuario di Loreto, dove ha chiuso i suoi giorni, lasciandovi otto pregevoli tele. Due di esse, custodite come le altre nel Museo-Antico Tesoro, sono state date in prestito dalla Delegazione Pontificia per la mostra del Quirinale. Si tratta dell’ampia tela raffigurante i Santi Cristoforo, Sebastiano e Rocco (cm 275x235) e di quella raffigurante la Presentazione del Signore al Tempio (cm 172x176). Ambedue, prima di essere esposte, sono state sapientemente restaurate a spese dello Stato e sono tornate al primitivo splendore. La prima tela con i Santi Cristoforo, Sebastiano e Rocco è firmata ed è stata eseguita dal pittore intorno agli anni 1532-1533. Per lungo tempo ha ornato un altare laterale della basilica che era dedicato proprio a san Cristoforo. Ciò spiega l’imponente figura del titolare che torregLorenzo Lotto (1480gia sugli altri due santi. Dipinto comples1556), Santi Criso, dai molteplici simboli, si fa ammirare, stoforo, Sebastiano e oltre che per la sapiente composizione a Rocco, Loreto, Museo-Antico Tesoro. piramide, per la luminosa colorazione che costruisce e definisce le splendide forme. La Presentazione è stata dipinta dal Lotto a Loreto dopo il suo atto di oblazione alla Madonna, negli ultimi tempi della sua vita, quando era diventato ormai quasi cieco. Ispirata al Vangelo dell’infanzia di Gesù (Lc 2,22-28), è considerata la sua ultima opera e un autentico capolavoro, quasi un «testamento» artistico e spirituale. Il famoso critico d’arte Berenson, che ha riscoperto e rivalutato il genio del Lotto, ha definito quest’opera «la più moderna pittura che mai antico maestro abbia dipinto» e ne ha esaltate talune suggestive anticipazioni di segno impressionistico. Altri vi sottolineano il fascino dell’incompiuto per le immagini sbozzate, in un impiego nuovissimo di luce resa a colpi improvvisi, a macchia. Ha scritto recentemente Antonio Paolucci che il pittore «nei suoi anni tardi ha dato immagine alla fantasmatica e quasi pregoyesca Presentazione al Tempio» (L’Osservatore Romano, 22 febbraio 2011). C’è chi scorge nella figura Lorenzo Lotto (1480del vecchio che, nel piano superiore, a 1556), Presentazione destra, si affaccia sulla porta, lo stesso del Signore al Tempittore quasi ormai pronto a uscire dalla pio, Loreto, MuseoAntico Tesoro. scena di questa vita. 147 IL MESSAGGIO DELLA SANTA CASA - LORETO • Aprile 2011 SEGNALAZIONI BIBLIOGRAFICHE bibliografiche I 148 n vista dei restauri della decorazione della Sala del Tesoro, padre Giuseppe Santarelli, per conto delle Edizioni Santa Casa, ha curato una pregevole pubblicazione che ne ripercorre le vicende, ne illustra i dipinti e l’arredo con dovizia di notizie e di illustrazioni. La Sala del Pomarancio o del Tesoro del santuario di Loreto costituisce un raro esempio di pittura, di scultura a stucchi e di ebanisteria, ideato e concluso in uno stesso periodo secondo un gusto prevalentemente tardo manierista di derivazione romana. Per il suo grande pregio e il suo splendore è stata denominata la «Cappella Sistina delle Marche». La Sala fu costruita per volontà di Clemente VIII per raccogliervi gli ex-voto di inestimabile valore provenienti da molte corti reali e da numerose famiglie principesche di tutta Europa. La storia del santuario ricorda con particolare risalto il dono dei reali di Francia Luigi XIII e Anna d’Austria che, nel 1638, per ringraziare la Vergine Lauretana della nascita del sospirato erede Luigi XIV, inviarono al santuario due corone d’oro tempestate di diamanti del valore astronomico di 75 mila scudi e un regio bambino d’oro del peso del neonato. Cristina di Svezia, nel 1655, dopo l’abdicazione al regno, portò IL MESSAGGIO DELLA SANTA CASA - LORETO • Aprile 2011 Una pubblicazione delle Edizioni Santa Casa sulla decorazione della Sala del Pomarancio a Loreto personalmente in dono alla Vergine Lauretana il suo scettro d’oro. Napoleone Bonaparte, nell’invasione del 1797, depredò il Tesoro portando via, secondo le cronache, 97 chili d’oro e 17 quintali d’argento! La Sala (alta m 11,80, larga m 14 e lunga m 24) fu costruita con una volta a carena dagli architetti Muzio Oddi, Giambattista Cavagna e Ventura Venturi e fu portata a termine nel 1603. A lavori compiuti, fu indetto a Roma il concorso per la decorazione pittorica, al quale, secondo le fonti archivistiche, parteciparono Lionello Spada, Cristoforo Roncalli, detto il Pomarancio, Guido Reni e, secondo il biografo Giovanni Baglione, Michelangelo da Caravaggio. La presenza a Loreto del Caravaggio è testimoniata tra la fine del 1603 e gli inizi del 1604 anche da alcuni segni di una porta del Rivestimento marmoreo della Santa Casa, riportati dal pittore nel suo celebre dipinto La Madonna di Loreto o dei Pellegrini di Sant’Agostino a Roma. La letteratura del tempo narra il concorso con toni romanzeschi, mettendo in risalto la rivalità tra il Caravaggio e il Pomarancio. Secondo il Baglione, il Pomarancio vinse il concorso per l’appoggio del potente ecclesiastico Pier Paolo Crescenzi, che PERSONAGGI ILLUSTRI A LORETO «con larghezza e vari pretesti tutti ne escluse». La critica d’arte odierna però fa notare che a quel tempo il Pomarancio a Roma era considerato il numero uno per committenze ecclesiastiche e gentilizie e che il Caravaggio veniva dopo di lui. Il Pomarancio ha raffigurato nella volta a carena, negli anni 16051610, le «istorie» della Beata Vergine tra Sibille e Profeti: Natività di Maria, Sposalizio, Presentazione al Tempio, Annunciazione, Visitazione, Fuga in Egitto, Ritrovamento di Gesù nel Tempio, Transito della Madonna, Assunzione, Traslazione della Santa Casa e Incoronazione della Vergine. Una copiosa serie di figure allegoriche e di emblemi mariani, sostenuti da putti alati, si insinua nelle intersezioni della volta, mentre una fantasiosa decorazione a stucchi e a rilievo dipinto percorre la volta per mille alacri svolgimenti. Gli armadi della Sala, lavorati dal bolognese Andrea Costa e messi in opera nel 1614, costituiscono una straordinaria opera di ebanisteria. Nel complesso, si tratta di un autentico capolavoro di pittura, di decorazione e di ebanisteria. Il ciclo degli affreschi del Pomarancio è oggi giudicato il più importante del tardo manierismo romano, ai cui canoni il pittore si attenne, coniugando lo stile di Michelangelo con quello di Raffaello, in una suggestiva propensione verso il barocco. Si tratta di una decorazione di altissima qualità, resa piacevole dai colori chiari e iridescenti e sostenuta da un sapiente e vigoroso disegno e da un’eccezionale tecnica di affresco, che ha consentito l’intatta conservazione del ciclo dopo quattrocento anni. Il restauro prevede interventi sugli affreschi, sulle ornamentazioni pittoriche, sugli stucchi e sui voluminosi armadi che custodiscono gli ex-voto. Si auspicano sponsor che possano rendere possibile l’impegnativa opera di restauro. Nel 150° dell’Unità d’Italia Vittorio Emanuele II, primo re d’Italia, a Loreto GIUSEPPE SANTARELLI U n posto di rilievo occupa nella storia del santuario la visita a Loreto di Vittorio Emanuele II, primo re d’Italia, uno dei protagonisti del Risorgimento e dell’Unità d’Italia. Vittorio Emanuele nacque da Carlo Alberto nel 1820 e fin dalla giovinezza si rivelò avverso all’Austria, partecipando alle campagne militari del 1848 e 1849, dove si distinse per fierezza e valore. Il 23 marzo 1849, dopo la sconfitta di Novara, successe al padre sul trono di Sardegna, prendendo a cuore la causa dell’Unità d’Italia. Mostrò determinazione ed equilibrio nel convegno di Vignale con il generale Radetzky. Mantenne piena fede allo Statuto, confortato dall’aiuto di persone illuminate, come Massimo D’Azeglio, e diede inizio all’importante decennio di preparazione (1849-1859) all’Unità d’Italia. Si avvalse in special modo dell’opera del grande statista Camillo Benso, conte di Cavour, che con la sua freddezza e oculatezza di diplomatico seppe temperare l’impulsività del sovrano. Con l’appoggio della Francia, sotto Vittorio Emanuele II furono condotte le campagne vittoriose che aprirono all’annessione di una gran parte dell’Italia del nord. Con l’impresa poi dei «Mille», condotta da Garibaldi, seguì l’annessione del Regno di Napoli e, contemporaneamente, con la vittoriosa battaglia di Castelfidardo, quella di una parte dello Stato Pontificio. Dopo la conquista di Venezia e di Roma, nel 1870, l’impresa unitaria era sostanzialmente attuata e il re, nella prima convocazione del Parlamento a Roma, nuova capitale d’Italia, poteva asserire: «L’opera a cui consacrammo la nostra vita è compiuta». Tra i vari contrasti politici che attraversarono il suo regno, Vittorio Emanuele II si mantenne sempre leale e determinato, tanto da meritare dal D’Azeglio l’appellativo di «Re galantuomo». Morì nel 1878. IL MESSAGGIO DELLA SANTA CASA - LORETO • Aprile 2011 Carlo Filippo Boni, Ingresso di Vittorio Emanuele II ad Ancona dalla Scalo di Lamoricière, Ancona, Pinacoteca Comunale. 150 La visita del primo re d’Italia al santuario di Loreto si ricollega alla battaglia di Castelfidardo, combattuta il 18 settembre 1860 tra le truppe pontificie, comandate dai generali francesi Cristophe Léon Louis Lamoricière e Georges de Pimodan, e l’esercito piemontese, agli ordini del generale Enrico Cialdini. È noto che la vittoria arrise ai piemontesi e che le Marche e l’Umbria furono annesse al Regno d’Italia. Il combattimento sul piano militare fu modesto, ma la portata politica fu grande anche per la risonanza internazionale dell’evento. Il 10 ottobre successivo, Vittorio Emanuele II, proveniente da Macerata e diretto al Regno di Napoli per incontrare Garibaldi, giunse a Loreto entrando da Porta Romana e attraversando la Via dei Coronari, attuale Corso Boccalini. Sotto i portici del Palazzo Apostolico gli andarono incontro alcuni ecclesiastici e il penitenziere conventuale padre Serra, sardo, gli spiegò che il vescovo era fuori Loreto per un improrogabile impegno e si dichiarava pronto ad accompagnarlo. Il re entrò in basilica per ammirare le opere d’arte, ma restò male impressionato per il grave stato di degrado e di abbandono in cui versava il santuario. Salì poi nel Palazzo dove incontrò la Giunta provvisoria del governo municipale. Qui consumò un pasto frugale e quindi si recò a visitare i soldati feriti nella battaglia di Castelfidardo, sistemati nel Palazzo Illirico. Era una giornata piovosa. Quando il tempo si rimise al bello, il sovrano partì alla volta di Civitanova, ma prima volle firmare un decreto del seguente tenore: «Abbiamo decretato e decretiamo. Art. 1. È assegnata sulla nostra cassetta particolare la somma di Italiane Lire cinquantamila per restauri e decorazioni della Chiesa della S. Casa di Loreto. Art. 2. Il nostro Commissario Generale Straordinario per le Provincie delle Marche è incaricato a fare eseguire gli studi relativi. Art. 3. Fatti gli studi, il Ministero della nostra Casa dovrà porre a disposizione del predetto Nostro Commissario Generale la somma preannunciata. Art. 4. I lavori dovranno intraprendersi nel corrente anno. Dato da Loreto addì 10, Ottobre 1860». IL MESSAGGIO DELLA SANTA CASA - LORETO • Aprile 2011 In una stampa diffusa a mo’ di manifesto per quella circostanza, si legge: «Vittorio Emanuele ha visitato il Santuario di Loreto, lo trovò ben sucido (sic) e in modo indegno della B. Vergine. Ha perciò ordinato di farlo più bello in ogni parte. Viva il nostro Re cristiano. Viva l’annessione». Anche se la cospicua somma fu versata molto più tardi, solo nel 1889, al tempo di Umberto I, tramite il ministro Rattazzi, a lavori ormai avviati, si deve sottolineare che il regio commissario delle Marche Lorenzo Valerio subito diede disposizioni per l’erogazione della stessa, e incaricò Domenico Ferri, architetto decoratore dei Regi Palazzi di Torino, di recarsi a Loreto per ispezionare la basilica e preparare un duplice progetto di ripristino edilizio e di restauro decorativo. Per merito di Vittorio Emanuele II, così, partiva la grandiosa e lunga opera di ristrutturazione architettonica e di abbellimento pittorico della basilica, che nell’arco di qualche decennio, tra Otto e Novecento, avrebbe rinnovato il volto del santuario. Il re perpetuava in tal modo la tradizione di Casa Savoia, che sempre ebbe devozione verso la Santa Casa, arricchendola con cospicue donazioni. Il 28 dicembre 1860 Vittorio Emanuele II, di ritorno dal felice incontro con Garibaldi a Teano, ripassò a Loreto, ancora in una giornata battuta dalla pioggia. Non scese neppure dalla carrozza. Ivi però diede udienza al marchese Girolamo Solari, capo della Giunta municipale, e al padre Serra. Questi approcci, come quelli del 10 ottobre, ebbero i loro benefici effetti, perché il cospicuo patrimonio del santuario di Loreto non fu espropriato, come lo furono gli altri beni ecclesiastici in esecuzione delle «leggi eversive». I beni e le rispettive risorse restarono tutti a Loreto e furono amministrati dal Pio Istituto della Santa Casa e utilizzati per la manutenzione, i restauri e gli abbellimenti della basilica e per opere di utilità sociale. LORETO NEL MONDO Pregevole dipinto lauretano nel Messico UNA SOLENNE PROCESSIONE CON L’IMMAGINE DELLA MADONNA DI LORETO L a rivista messicana Encrucijada ha pubblicato nel 2010 un interessante saggio su una “Solenne processione con l’immagine di nostra Signora di Loreto; l’epidemia del Sarampiò nel 1727” (pp. 22-51). Il dipinto è legato storicamente al Collegio di San Gregorio a Città del Messico, che fu costruito nel 1573 per l’insegnamento della dottrina cristiana ai figli della nobiltà indigena. I gesuiti, che diffusero capillarmente il culto della Vergine di Loreto nell’America di colonizzazione spagnola, introdussero la devozione lauretana anche nel Collegio ad opera di padre Giovan Battista Zappa e di padre Giovanni Maria Salvatierra. Il primo, nel 1675, portò dall’Italia una statua della Madonna di Loreto, che era stata messa a contatto con l’originale, e introdusse nel Messico la novità di una cappella costruita nelle forme della Santa Casa. Questa fu edificata e annessa al Collegio di San Gregorio e inaugurata nel 1680. Quella replica purtroppo non esiste più. Nel 1727 fu organizzata una solennissima processione con la statua della Madonna di Loreto per scongiurare gli effetti esiziali di una terribile pestilenza che devastava Città del Messico. Nell’ottobre di quell’anno, la statua fu trasferita nella cattedrale della capitale, dove fu celebrata una solenne novena, e di qui, il giorno 28, fu riportata processionalmente nel Collegio di San Gregorio con una straordinaria partecipazione di clero e di popolo. L’evento è stato raffigurato da un pittore anonimo in un vasto dipinto a olio su tela (cm 290x380). Un recente studio di Luisa Elena Alcalà, Patricia Dìaz Cayeros e Gabriele Sànchez Reyes, pubblicato sulla rivista Encrucijada, offre notizie abbondanti sulla processione e sul quadro che la rappresenta. Il dipinto, conservato nella località di San Pietro Zacatenco, è restato per lungo tempo in oblio, nonostante la sua importanza messa in evidenza dalle tre studiose, relativamente alla struttura urbana del tempo, compre- 151 sa la facciata della cattedrale, alle caratteristiche delle processioni di allora e all’intensa devozione verso la Madonna di Loreto in quelle regioni. L’immagine della Vergine Lauretana, al centro della rappresentazione, cattura immediatamente l’attenzione dell’osservatore. Nel suo gesto, con la testa leggermente volta verso sinistra, la Vergine ispira fiducia nella sua potente intercessione presso il popolo che la accompagna. Si tratta di un recupero iconografico lauretano di notevole valore, sia per il luogo e sia per il tema, e conferma la grande devozione verso la Vergine Lauretana nel Messico, introdottavi dai gesuiti, soprattutto nel secolo XVII. (G. S.) IL MESSAGGIO DELLA SANTA CASA - LORETO • Aprile 2011 VITA DEL SANTUARIO Presentati gli atti sulle l 2 febbraio, nella Sala Paolo I VI, sono stati presentati gli «Nuove forme di vita consacrata» Atti del I Convegno Interna- 152 zionale sulle «Nuove forme di vita consacrata», promosso dalla Fraternità Francescana di Betania e dal “Coordinamento Storici Religiosi” (CSR Roma). Il Convegno si è svolto a Roma il 5-6 ottobre 2007 presso la Pontificia Università Urbaniana, che ha offerto il suo patrocinio. Davanti a un folto pubblico di religiosi e religiose, dopo il saluto e le parole introduttive dell’arcivescovo Giovanni Tonucci, gli autori della pubblicazione hanno illustrato il contenuto degli Atti. Padre Roberto Fusco, della Fraternità Francescana di Betania, docente di Teologia spirituale, ha illustrato l’iter del censimento delle nuove comunità, mentre padre Giancarlo Rocca, direttore del «Dizionario degli istituti di perfezione» e docente di Storia delle istituzioni di vita consacrata, si è soffermato sulle caratteristiche delle nuove forme degli anni 1911-2009 (soprattutto dell’ultimo cinquantennio), sorte in numero di circa 775, delle quali 80 già scomparse. Ha moderato l’incontro p. Stefano Vita, della Fraternità Francescana di Betania, vicario generale della Delegazione Pontificia. Gli Atti sono raccolti in due volumi di grande interesse per l’argomento, pubblicati dall’Università Urbaniana (Via Urbano VIII, 16 - 00120 Città del Vaticano; tel. 06.69889652). Nella foto, sul tavolo della presidenza, da sinistra a destra: l’arcivescovo Tonucci, padre Vita, padre Fusco e padre Rocca. (Foto Stefanelli) Convegno in preparazione del 25° Congresso Eucaristico Nazionale L’ Associazione Laicale Eucaristica Riparatrice ha organizzato un convegno in preparazione al Congresso Eucaristico Nazionale che si terrà ad Ancona dal 3 all’11 settembre prossimo. Il convegno - rivolto a quanti nelle parrocchie si impegnano quali catechisti, ministri straordinari della comunione e operatori pastorali - si è tenuto nel Tinello «Pasquale Macchi» il 19 febbraio. Dopo il saluto di Paolo Baiardelli, presidente dell’Associazione, e dell’arcivescovo Giovanni Tonucci, sono seguite le relazioni. La dott.ssa Paola Bignardi, componente del Comitato Progetto Culturale della CEI, ha trattato il tema: «Dall’emergenza educativa all’impegno quotidiano»; mons. Domenico Sigalini, vescovo di Palestrina e assistente nazionale dell’Azione Cattolica, ha parlato della «Chiesa e l’impegno educativo»; la prof.ssa Laura Boccati, preside di Liceo Classico, ha parlato su «L’arte di sperare, il coraggio di educare»; mons. Edoardo Menichelli, arcivescovo di Ancona, ha dettato una riflessione su «L’Eucaristia per la vita quotidiana». Ha moderato l’incontro il cappuccino padre Franco Nardi, assistente nazionale dell’Associazione. Nella foto, sul tavolo della presidenza, da sinistra a destra: Paolo Baiardelli, Paola Bignardi, l’arcivescovo Giovanni Tonucci e padre Franco Nardi. (Foto Montesi) IL MESSAGGIO DELLA SANTA CASA - LORETO • Aprile 2011 VITA DEL SANTUARIO Adamo Volpi Un grande musicista da ricordare l 18 febbraio, nel Teatro Comunale di Loreto, è stato ricordato, nel trentennio della morte. Adamo Volpi, per lunghi anni organista della basilica di Loreto. La cerimonia è stata organizzata dal Comune, con il contributo della Fondazione Cassa di Risparmio di Loreto e il patrocinio della Delegazione Pontificia. Si sono esibiti Andrea Nespi, Alessando Mugnoz e Claudia Menghi (fisarmonica e pianoforte), e Valentino Lorenzetti alla fisarmonica elettronica. Gervasio Marcosignori, rinomato fisarmonicista, ha rievocato la figura del Volpi, di cui fu caro amico ed estimatore, notando fra l’altro che il maestro fu uno dei primi in Italia a scrivere musica originale per fisarmonica. Angelo Biancamano ha presentato al pubblico l’inno popolare dei fisarmonicisti composto da Adamo Volpi. Nel contesto dell’incontro, è stato presentato il volume «Adamo Volpi organista, concertista e compositore», scritto da Sandro Strologo. Ha fatto seguito l’inaugurazione della mostra fotografica e I documentale, allestita nelle sale espositive Sangallo. Grande è stata la soddisfazione del sindaco Paolo Niccoletti e dell’assessore alla Cultura M. Teresa Schiavoni. Il 20 febbraio, in basilica, ha avuto luogo una solenne celebrazione eucaristica, presieduta dall’arcivescovo Tonucci, nella quale sono stati ricordati i fratelli Remo e Adamo Volpi, l’uno maestro della Cappella Lauretana e l’altro organista del santuario. Ha animato la messa la Cappella della Santa Casa, diretta dal m° Giuliano Viabile. Sopra: presentazione del libro su Adamo Volpi, curato da Sandro Strologo; in basso: i partecipanti alla messa celebrata in basilica in memoria dei fratelli Volpi. (Foto Montesi) Rassegna Internazionale di Musica Sacra «Virgo Lauretana» 27 aprile - 1° maggio 2011 I cori selezionati tra 87 domande d’ammissione pervenute sono dodici: Belgrado (Serbia), Bratislava (Slovacchia), Matera (Italia), Minsk (Bielorussia), Mosca (Russia), Praga (Rep. Ceka), Quezon City (Filippine), Sliven (Bulgaria), Taipei City (Taiwan), Trier (Germania), Varsavia (Polonia), Vilnius (Lituania). Nel contesto della Rassegna saranno tenuti due concerti straordinari: uno il 28 aprile, ore 21.00, dal Coro «Blagovest» di Minsk, e l’altro il 29 aprile, alla stessa ora, dal Coro della Fondazione Domenico Bartolucci, ora cardinale, direttore dell’esibizione. La Rassegna si chiuderà con la messa delle ore 11 di domenica 1° maggio, presieduta dall’arcivescovo Giovanni Tonucci con esecuzione collettiva dei cori. IL MESSAGGIO DELLA SANTA CASA - LORETO • Aprile 2011 VITA DEL SANTUARIO Giornata del Malato a Loreto L’ 11 febbraio, memoria della Madonna di Lourdes, nella basilica di Loreto, alle ore 18, si è tenuta una solenne celebrazione eucaristica, presieduta da mons. Decio Cipolloni, vicario della Prelatura della Santa Casa e responsabile della pastorale sanitaria della Conferenza Episcopale delle Marche. Alla celebrazione sono intervenuti gli operatori sanitari e i volontari unitalsiani e di altre associazioni impegnate nell’assistenza degli infermi. Suggestiva è stata la cerimonia della luce con l’accensione delle fiaccole, mentre nella basilica venivano spente tutte le lampade. (Foto Stefanelli) 154 Giornata della Vita A Loreto la Giornata della Vita viene celebrata ogni anno con particolare solennità, soprattutto con una messa del pomeriggio, alla quale sono invitate a partecipare le donne che nell’ultimo anno sono diventate mam- me, portando i loro bambini. Il 6 febbraio, dopo la celebrazione eucaristica presieduta dal rettore padre Giuliano Viabile, le mamme sono passate in Santa Casa, mettendo i loro figlioletti sotto la protezione della Madonna, che, proprio nella Casa di Nazaret, ha portato nel grembo il Bambino Gesù e, dopo il ritorno dall’esilio in Egitto, lo ha cresciuto con ineffabile amore. (Foto Montesi) VITA DEL SANTUARIO I vigili urbani festeggiano il loro patrono a Loreto I l 29 gennaio, si sono dati appuntamento a Loreto circa 150 vigili urbani della provincia di Ancona per celebrare il loro patrono, san Sebastiano. L’arcivescovo Giovanni Tonucci ha presieduto la celebrazione eucaristica, alla quale, oltre ai numerosi vigili, hanno partecipato i sindaci di 49 municipalità, il consigliere regionale Moreno Pieroni, il questore di Ancona Maurizio Piccolotti e altre autorità del mondo politico e amministrativo. Sono intervenuti anche i gruppi comunali di Protezione Civile, guidati dal presidente regionale Roberto Oreficini. L’arcivescovo ha sottolineato l’importanza di celebrare i santi patroni, perché ci aiutano con il loro esempio a bene operare, e ha ricordato l’importante compito svolto dai vigili urbani per l’ordine dei cittadini. Nel Teatro Comunale il comandante Fulgi ha tenuto un’importante relazione sugli aspetti inerenti all’attività dei vigili urbani. (Foto Montesi) I neo-presidenti unitalsiani a convegno N ei giorni 18, 19, 20 febbraio i neo-eletti presidenti delle sezioni e sottosezioni dell’Unitalsi si sono dati appuntamento a Loreto per tre giorni di riflessione e di dibattiti. Sono giunti al santuario in 650 circa e, nella serata del 18, hanno partecipato a un tempo di preghiera nella basilica inferiore. Le riunioni si sono svolte al Palacongressi. Vi ha preso parte anche il presidente nazionale Diella. Sono state messe in evidenza le difficoltà inerenti del momento, causate anche dal fatto che le Ferrovie mettono a disposizione solo treni con non meno di undici carrozze, da pagare per intero anche se non sono completamente utilizzate. È stata studiata la programmazione per l’anno corrente, con una particolare attenzione alla Giornata del Malato di tutte le sezioni che si terrà a Loreto il 7 settembre prossimo, nel contesto del Congresso Eucaristico Nazionale di Ancona. Nel pomeriggio del 19 hanno partecipato ai lavori anche l’arcivescovo Giovanni Tonucci e il rettore del santuario p. Giuliano Viabile, mettendo in risalto la situazione dei pellegrinaggi unitalsiani a Loreto. È stato presente costantemente ai lavori mons. Decio Cipolloni, già assistente nazionale dell’Unitalsi. (Foto Montesi) IL MESSAGGIO DELLA SANTA CASA - LORETO • Aprile 2011 155 NOTIZIE FLASH Appello per la Sala del Pomarancio 156 Conferenze stampa, tavole rotonde e servizi televisivi hanno sensibilizzato il pubblico sul progetto di un urgente restauro degli affreschi del Pomarancio, nella Sala del Tesoro di Loreto. Numerosi giornali e riviste ne hanno dato l’annuncio. Piace qui menzionare la segnalazione dell’autorevole «Corriere della Sera», il quale, il 30 gennaio scorso, a p. 41, tra l’altro ha scritto che l’arcivescovo Giovanni Tonucci ha rivolto a tutte le istituzioni pubbliche e private, ma anche a singoli pellegrini, un appello, «destinato al restauro della Sala del Pomarancio nella basilica della Santa Casa di Loreto. A rischio è la volta con ciclo di affreschi sulla Vita di Maria (uno dei capolavori del tardo manierismo), eseguiti tra il 1605 e il 1610 dal Pomarancio (che venne preferito a Guido Reni e a Caravaggio)». Un servizio su Loreto al TG2 Il 1° febbraio, alle ore 18.30, nella rubrica «Sì viaggiare» del TG2, condotta da Bruna Fattenotte, è andato in onda un servizio sul santuario di Loreto, all’interno del telegiornale, durato circa cinque minuti, con interviste all’arcivescovo Giovanni Tonucci, al padre Giuseppe Santarelli e alla guida turistica Loredana Papi. Anche in questo servizio si è parlato del restauro del Pomarancio. Sottoscrizione per i restauri degli affreschi della Sala del Pomarancio ontinuano a giungere i contributi per i lavori di restauro degli affreschi della Sala del Tesoro o del Pomarancio, propiziati anche dai mass media che ne hanno parlato e ne parlano, trattandosi di un importante capolavoro di arte italiana degli inizi del Seicento. Offerente anonimo € 20,00; Michele Ramello (Torino) € 600,00; offerente anonimo € 20,00; M. G. di Gravina € 500,00; offerente anonimo € 20,00; prof. Italo D’Angelo e famiglia (Ancona) € 650,00; offerente anonimo € 20,00; offerente anonimo € 10,00. C IL MESSAGGIO DELLA SANTA CASA - LORETO • Aprile 2011 Sede dell’Aeronautica: dalla Scuola per Allievi Sottufficiali a quella di Lingue Estere Il 2 febbraio la Scuola per Sottufficiali della sede dell’Aeronautica di Loreto, dopo venti anni, ha chiuso i battenti con una cerimonia alla presenza del generale Pasquale Preziosa. L’attività è passata alla Scuola Marescialli di Viterbo, mentre a Loreto è stata conservata e potenziata la Scuola di Lingue Estere, che ha lo scopo di fornire al personale una conoscenza linguistica professionale per l’impiego in organismi e staff internazionali o in reparti della Nato di carattere internazionale. Si prevede che nell’anno corrente saranno più di duemila le unità che transiteranno nelle strutture didattiche e linguistiche della Scuola. A dirigere questa Scuola resterà il colonnello Angelo Balestrino. Alla cerimonia di chiusura della Scuola per Sottufficiali sono intervenuti l’arcivescovo Tonucci, il prefetto di Ancona Orrei, il sindaco di Loreto Niccoletti e altre autorità. Il generale Preziosa ha assicurato che «Loreto resta un punto di riferimento dell’Aeronautica, una vera punta di diamante nell’insegnamento delle lingue straniere». In memoria di Pietro Zampetti Missioni mariano-lauretane Il 26 gennaio, all’età di 98 anni, è morto a Treviso Pietro Zampetti, anconetano, forse il più insigne storico dell’arte marchigiana della seconda metà del Novecento, docente universitario e autore di importanti studi, tra i quale eccelle l’opera Pittura nelle Marche, in quattro ponderosi volumi (Firenze, 1988-1991), dove egli ha dedicato numerose e approfondite pagine sulle opere d’arte nel nostro santuario. Il suo nome, in ambito lauretano, è legato anche all’edizione critica de Il Libro di spese diverse di Lorenzo Lotto, relativo agli anni 15381556 (Venezia-Roma, 1969). I funerali si sono svolti nella chiesa di San Bartolomeo a Treviso. Scolaresche al santuario e al Museo-Antico Tesoro Si moltiplicano i gruppi di scolari che, guidati dai loro insegnanti, visitano il santuario e il Museo-Antico Tesoro. Per loro sono state approntate dalle Edizioni Santa Casa due pubblicazioni specifiche che facilitano la comprensione della storia e dell’arte fiorite intorno alla Santa Casa: A volo d’angelo sul Santuario di Loreto, opera di diversi autori, con tavole didattiche che coinvolgono gli alunni in un’avvincente e proficua ricerca; e Quello strano viaggio a Loreto, una storia a fumetti curata da Francesco Rizzato intorno a una visita affascinante di una scolaresca al santuario, accompagnata da una guida turistica. Numerose sono le missioni già effettuate e programmate per l’anno in corso con la statua della Madonna di Loreto. Dopo la missione nella parrocchia di San Paolo di Ravona (Bologna) nei giorni 11-26 gennaio, il parroco mons. Ivo Manzoni ci scrive: «La Beata Vergine Lauretana è sempre la prima missionaria! Quanto bene e quante grazie in questi giorni. Mai tanti giovani, tanta assiduità all’adorazione eucaristica, e enormi i frutti di penitenza, in confessionale. Deo gratias». Il 28 gennaio la statua è passata nella parrocchia di San Venanzio in Gallura, sempre in diocesi di Bologna. Inoltre, la diocesi di Palestrina, su iniziativa del vescovo Domenico Sigalini, tramite don Luois Armando, ha organizzato una missione mariana con la statua della Vergine Lauretana nelle varie parrocchie, in preparazione del prossimo Congresso Eucaristico Nazionale (Ancona, 3-11 settembre) durante tutta la Quaresima, fino alla Domenica in albis. Gruppo di Studio sulla Via Lauretana Il 23 febbraio si è riunito a Loreto il Gruppo di Studio sulla Via Lauretana, che ha preso in esame il tratto AssisiLoreto, da rivitalizzare con un progetto concreto. Dopo una breve relazione storica sulla Via Laretana di p. Giuseppe Santarelli, ha preso la parola mons. Paolo Giulietti, vicario generale dell’arcidiocesi di Perugia, il quale ha proposto un primo itinerario peregrinatorio a piedi da Assisi a Loreto lungo antichi percorsi che toccano centri di interesse storico, artistico e devozionale. Il Gruppo si è diviso il lavoro per la redazione di un documento ufficiale da presentare alle autorità competenti, introdotto dalle lettere dell’arcivescovo di Loreto mons. Giovanni Tonucci e del vescovo di Assisi mons. Domenico Sorrentino. Ha moderato l’incontro padre Stefano Vita, vicario generale della Delegazione Pontificia. IN MEMORIA DI… Romolo Appignanesi l 22 gennaio, colpito da infarto, è passato al Signore Romolo Appignanesi, all’età di 64 anni. Distintosi per la sua militanza politica in ambito cattolico, si è dedicato generosamente al volontariato. Negli ultimi anni ha prestato il suo generoso e qualificato servizio, quale volontario, anche nella basilica di Loreto. Ai funerali, insieme ad altri cappuccini, è intervenuto anche il rettore padre Giuliano Viabile, che ha espresso alla vedova e alla famiglia, a nome del santuario, i sentimenti della più viva gratitudine per quanto Romolo ha fatto per il buon funzionamento della basilica nei giorni festivi. I IL MESSAGGIO DELLA SANTA CASA - LORETO • Aprile 2011 157 PUBBLICAZIONI promosse dalla Delegazione Pontificia del Santuario della Santa Casa di Loreto - c.c.p. 311605 - Tel. 071970104 GUIDE E TESTI SPIRITUALI G. SANTARELLI, Loreto - Guida storica e artistica, Ancona 1996, edizioni italiana, spagnola, inglese, francese, tedesca e portoghese; € 5,00. G. SANTARELLI, Guida illustrata in polacco, 1992, € 10,00. G. SANTARELLI, Loreto nella storia e nell’arte (formato grande), Ancona 1997, edizioni italiana, spagnola, inglese, francese, tedesca e portoghese; € 10,00. G. SANTARELLI, L’arte a Loreto, edizioni Aniballi, Ancona, 2ª edizione 2005, pp. 406, ill. a colori 375; in brossura € 46,50. I prezzi indicati non comprendono la spedizione postale Il Santuario di Loreto nella parola di Giovanni Paolo II e del cardinale Joseph Ratzinger ora Benedetto XVI, pp. 288, foto a colori 140, copertina cartonata, € 19,00. G. SANTARELLI, Gli affreschi della Sala del Pomarancio a Loreto, Loreto 2010, pp. 102, € 20,00. S. VITA, Il Sacerdote alla scuola di Maria, Quaderni de «Il Messaggio», n° 3, pp. 36, ill. a colori 15, € 5,00. Edizioni Santa Casa - serie di studi e testi AA.VV., La Congregazione Universale della S. Casa - Atti del convegno per il centenario, Loreto 1985, pp. 355, € 10,35. N. MONELLI - G. SANTARELLI, Le Fortificazioni di Loreto, pp. 150, ill. 50, € 15,00. G. SANTARELLI, Tradizioni e Leggende Lauretane, Loreto 1990, pp. 190, illustrazioni 45, € 6,00. AA.VV., I pellegrini alla Santa Casa di Loreto - Indagine socio-religiosa, 1992 pp. 268, € 9,30. G. SANTARELLI, La Santa Casa di Loreto, 4ª ediz., Loreto 2006, pp. 505, illustrazioni 111, € 12,00. M. E. PATRIZI, Il mistero della Sacra Sindone, Quaderni de «Il Messaggio», n° 1, pp. 56, ill. a colori 40, € 4,00. N. MONELLI, La S. Casa a Loreto - La S. Casa a Nazareth, 2ª ediz., Loreto 1997, pp. 205, € 10,35. S. VITA, In cammino con Maria per incontrare Gesù, pp. 104, ill. a colori 22, € 5,00. G. SANTARELLI, I graffiti nella Santa Casa di Loreto, Loreto 1998, pp. 121, fotocolors 66, € 12,20. PUBBLICAZIONI VARIE N. ALFIERI - E. FORLANI - F. GRIMALDI, Contributi archeologici per la storia della S. Casa, Loreto 1977, pp. 69, tavole 25, € 2,60. V. SALVOLDI, La Madonna del sì. Lodi a Maria e arte in suo onore, Loreto 2010, pp. 224, € 18,00. IL MESSAGGIO DELLA SANTA CASA - LORETO • Aprile 2011 LUCA DA MONTERADO, Mons. Tommaso Gallucci, Loreto 1997, pp. 238, € 12,00. Ludovico Seitz e la Cappella Tedesca a Loreto, Loreto 2008, pp. 470, illustrazioni a colori 331, € 50,00. G. SANTARELLI, Personaggi d’autorità a Loreto, Loreto 2010, pp. 240, € 35,00. N. MONELLI - G. SANTARELLI, La Basilica di Loreto e la sua reliquia, Loreto 1999, pp. 195, illustrazioni 54, € 12,90. STAMPE DEVOZIONALI Novena alla Madonna di Loreto - € 1,00, edizioni italiano, tedesco, inglese, portoghese e polacco. N. MONELLI, Architettore e architetture per la S. Casa di Loreto, Loreto 2001, pp. 160, illustrazioni 47, € 9,00. N. MONELLI, Prime architetture picene per la Camera di Maria a Loreto, pp. 125, illustrazioni 44, € 15,00. M. RANUCCI - M. TENENTI, Sei riproduzioni della S. Casa in Italia, Loreto 2003, pp. 232, illustrazioni 212, € 15,00. M. MONTANARI - A. SCHIAROLI, Santi e Beati a Loreto, Loreto 2005, pp. 492, con numerose illustrazioni, € 9,00. G. SANTARELLI, Loreto Santuario della Santa Casa - Guida spirituale - € 1,00, edizioni italiano, inglese, tedesco, francese, spagnolo, portoghese, polacco, olandese, ceko, croato, ungherese, rumeno, slovacco, russo, giapponese, cinese, coreano, bulgaro, sloveno, esperanto, arabo. Immaginetta con coroncina - € 2,90. N. MONELLI - G. SANTARELLI, L’altare degli apostoli nella Santa Casa di Loreto, Loreto 2006, pp. 77, illustrazioni 35, € 6,50. G. SANTARELLI, Le origini del Cristianesimo nelle Marche, Loreto 2009, 2a ediz., pp. 430, illustrazioni 39, € 20,00. Immaginetta con medaglietta - € 0,60. Pagelline con preghiere varie - € 0,10. SOUVENIR E VIDEO Pagelline con rosario e con preghiere lauretane - € 0,20. Albumino con vedute di Loreto - € 2,00. Santini con preghiere lauretane. Audiocassetta “Canti lauretani” (con libretto) - € 5,20. Dvd “Loreto - Fede Storia Arte” - € 11,00. B. ANSELMI, G. VIABILE, Salmi Responsoriali, Anno B e C, pp. 120 € 25,00 cadauno. € 0,10 € 0,25 Ai sensi del d.lgs 196 del 30/06/2003 la informiamo che i dati personali che verranno forniti saranno oggetto di trattamento a mezzo di sistemi informatici. La Redazione, nella persona del responsabile del trattamento dei dati, garantisce che le informazioni saranno trattate unicamente allo scopo di inviare agli associati e/o benefattori le pubblicazioni nel pieno rispetto delle norme del D.L. 30/06/2003. Rispetto a tali dati potranno essere esercitati i diritti a cui all'art. 7 del d.lgs 196/2003; in particolare il soggetto interessato potrà richiederne la cancellazione e/o rettifica scrivendo alla redazione. IL MESSAGGIO DELLA SANTA CASA - LORETO • Aprile 2011 CONGREGAZIONE UNIVERSALE DELLA SANTA CASA Fondata nel 1883, ha le seguenti finalità: • Diffondere la conoscenza e la devozione verso la Madonna e la sua Santa • • Casa, dove ha avuto inizio la storia della nostra salvezza con l’Annunciazione e l’Incarnazione; Curare la promozione e il decoro del santuario con offerte e lasciti vari; Accogliere i pellegrini orientandoli a vivere i messaggi del santuario, la vita della S. Famiglia, le feste della Madonna. L’ISCRIZIONE alla Congregazione è aperta a quanti desiderano collaborare alle sue finalità. Con l’iscrizione si partecipa in perpetuo ai benefici spirituali delle preghiere e di una Messa che si celebra ogni giorno alle ore 8 nel santuario (Messe Perpetue); agli iscritti è concessa inoltre l’indulgenza plenaria alle solite condizioni nel giorno dell’iscrizione e nella festa della Madonna di Loreto (10 dicembre). NORME PER L’ISCRIZIONE • Farne richiesta, anche con lettera, alla Direzione. Possono essere iscritti vivi e defunti, persone singole e famiglie. Viene rilasciato un diploma di iscrizione. • La partecipazione ai beni spirituali, comprese le Messe perpetue, è perpetua, cioè per sempre. • Gli iscritti non hanno obblighi particolari, tranne l’impegno di vivere cristianamente. • Si raccomanda la recita dell’Angelus tre volte al giorno e la recita frequente del Rosario e delle Litanie Lauretane. • La quota d’iscrizione è di € 10,00 (per l’iscrizione individuale) o di € 16,00 (per l’iscrizione di più persone o di una famiglia). La Congregazione Universale pubblica la rivista mensile “IL MESSAGGIO DELLA SANTA CASA”, che informa sulla vita del santuario e funge da collegamento con gli animatori e gli iscritti. Promuove inoltre gli studi e le pubblicazioni sulla storia della S. Casa e del santuario. Chi desidera collaborare più intensamente agli scopi della Congregazione Universale può chiedere di far parte del gruppo degli AMICI DELLA SACRA FAMIGLIA che riunisce gli Zelatori e le Zelatrici della Santa Casa. Essi riceveranno particolari incarichi insieme ad un nostro tesserino d’iscrizione. Per l’invio di corrispondenza e di offerte servirsi del seguente indirizzo: DELEGAZIONE PONTIFICIA - CONGREGAZIONE UNIVERSALE DELLA SANTA CASA 60025 Loreto (AN), Italia - Tel. 071.97.01.04 - Fax 071.97.47.176 - C.C.P. n. 311605 MESSE PERPETUE Iscrivi te stesso e i tuoi familiari alla Congregazione Universale della Santa Casa. Potrai usufruire di vari benefici spirituali, in primo luogo delle messe perpetue: cioè, di una messa celebrata ogni giorno nel santuario della Santa Casa alle ore 8. Puoi iscrivere te stesso o altra persona singola, viva o defunta (offerta € 10,00) Puoi iscrivere la tua famiglia o altre famiglie, per vivi e/o defunti (offerta € 16,00) Invia la tua offerta tramite C.C.P. n. 311605 intestato a: Delegazione Pontificia - Congregazione Universale Santa Casa - 60025 Loreto (AN) oppure tramite bonifico bancario: Banca delle Marche cod. IBAN: IT70O0605537380000000000941 BIC: BAMAIT3A • • Chi intende inviare l’offerta tramite bonifico bancario è pregato di comunicare il proprio recapito tramite lettera, fax o e-mail per consentire una risposta. Per contattarci: tel. 071.970104 - fax 071.9747176 Sito: www.santuarioloreto.it e-mail: [email protected]