n° 2 del 4 settembre 2001 (anno XX) di Cittadino e Provincia - Sped. in a. p. - Art. 2 Comma 20/c legge 662/96 - Filiale di Perugia - 11/5/99
Comune di Città di Castello
Comunità Montana Alto Tevere Umbro
con il patrocinio di:
A.N.P.A.
Regione dell’Umbria
Camera di Commercio di Perugia
Ministero dell’Ambiente
Provincia di Perugia
Ministero per i Beni e le Attività Culturali
Giornale
della Fiera delle
Utopie Concrete
OCCHIOVISTAVISIONE
Q UA L I S E N S I P E R L A C O N V E R S I O N E E C O L O G I C A E L A C O N V I V E N Z A
FACCIA A FACCIA
di Tiziana Luciani
La faccia è stata considerata la mappa del
tesoro del carattere. Per secoli ci sono stati
“cercatori di tesori” che hanno esplorato i
visi. Praticavano la fisiognomica, l’arte di
capire chi siamo dai lineamenti del volto.
Aristotele in “Storia degli animali” le ha
dedicato sei capitoli. Polemone, Avicenna e
Alberto Magno la affrontarono nei loro studi.
Michael Scot scrisse il primo libro a stampa
sull’argomento nel 1272. Ma il maggior
rappresentante di quest’arte fu lo svizzero
Lavater (1741-1801), che si diceva capace di
indovinare il carattere anche da un profilo di
carta nera. Amico di Goethe, pubblicò
un’opera in quattro tomi: “Frammenti di
fisiognomica: per promuovere la conoscenza
e l’amore dell’uomo”, dove si sosteneva che
“una fronte piatta un po’ sfuggente denota
una persona grossolana”, si deduceva la
sincerità dal collo, la moralità dal naso e dalle
guance. Questa voluminosa opera, arrivò ben
presto a venti edizioni inglesi, sedici tedesche,
quindici francesi e due americane. Fu spinto
da altre motivazioni Cesare Lombroso (18331907), direttore del manicomio di Pavia,
professore di psichiatria, di antropologia
criminale, di medicina legale ed igiene. Egli
utilizzò una sintesi di filosofia, psicologia,
Città di Castello
11-14 Ottobre 2001
Undicesima Fiera
delle Utopie Concrete
INVITO
patologia, teoria dell’evoluzione e
fisiognomica, per dare una spiegazione a un
fenomeno sociale molto diffuso nell’Italia
post-unitaria: la delinquenza. Dall’esame del
cranio del brigante Vilella (1871), Lombroso
ritenne di trovare una conferma delle sue tesi
e cioè che la delinquenza è determinata dalla
costituzione fisica dell’individuo, per cui il
delitto è un fenomeno naturale. La lista delle
particolarità somatiche dei delinquenti
includeva i capelli scuri e il mento sfuggente.
Gli esperimenti e le intuizioni documentarie
di scienziati come Lombroso, Mantegazza,
Duchenne, Darwin e di criminologi come
Bertillon, Reiss, Ellero, testimoniano il grande
dibattito ottocentesco e positivistico sul
rapporto tra essere e apparire, tra anima e
volto che guida le scienze (specie la psicologia)
all’incontro con Freud, egli stesso molto
interessato alla fisiognomica.
L’altro fondamentale appuntamento fu quello
con la fotografia. Antropologi positivisti
(Mantegazza fu eletto presidente della Società
Fotografica Italiana) e criminologi videro nel
ritratto fotografico la possibilità di dare alla
fisiognomica una precisione incontestabile e
moderna.
segue a pag 4
Una nuova edizione della Fiera delle Utopie
Concrete. Potete leggere il programma in
questo giornale e sarà già un bel passatempo.
La Fiera delle Utopie Concrete è un evento
autunnale dal 1987. Il primo ciclo: gli
"Elementi classici". Acqua, Terra, Fuoco, Aria.
Poi Ricchezze e povertà e Lavoro e conversione
ecologica.
E poi si è dato il via al ciclo sui sensi sempre
sotto il raggio illuminante della conversione
ecologica e della convivenza: "Quali sensi per
la conversione ecologica e la convivenza ?".
L'udito e l'ascolto, Il gusto, Olfatto e memoria,
Tatto e contatto - rischio e fiducia. E
quest'anno tocca all'ultimo senso con Occhio
- vista - visione.
E poi abbiamo buone idee per le prossime
edizioni, ma perché queste idee diventino
migliori mandateci un messaggio, diteci la
vostra su questa edizione, su quelle passate o
future. Son di moda le e-mail, il fax, gli SMS
usateli o …. mandateci un biglietto.
Nella città dei camalli, del pesto e di Fabrizio
De André abbiamo imparato che in pochi
(per esempio in 8) non si pensa bene:
pensiamo in tanti, pensiamo tutti.
Arrivederci a Città di Castello.
Simonetta Nanni
Vicepresidente Agenzia Utopie Concrete
MOTIVAZIONI DELL’ATTRIBUZIONE DEL PREMIO LANGER
A SAMI ADWAN E DAN BAR-ON
È stato attribuito il Premio Alexander Langer 2001 a Sami Adwan e Dan Bar-On, che da poco più di un anno hanno fondato a Beit
Jala (territori autonomi palestinesi), presso la scuola cristiana (ma frequentata per più del 90% da musulmani) Talitha Kumi, il “Peace
Research Institute in the Middle East” (PRIME), quale organizzazione non governativa israelo-palestinese e hanno salvaguardato la
cooperazione tra israeliani e palestinesi, nonostante il conflitto presente. Lavorano attualmente insieme, nonostante la situazione si faccia
sempre più difficile, specialmente al progetto “Organizzazioni ambientali israelo-palestinesi nel processo di pace del vicino Oriente”.
Si tratta di un contributo alle possibilità di azione della società civile in un contesto di consolidamento della pace, che è partito da un
anno e che durerà perlomeno sino a giugno di quest’anno, e che ha trovato fonti di finanziamento perlopiù grazie a fondazioni straniere.
Accanto a questo progetto sono stati portati avanti, unitamente ad una schiera di altri colleghi israeliani e palestinesi, altri dieci progetti
e iniziative per la democratizzazione e la costruzione della pace, contenuti in una documentazione del PRIME del gennaio 2000 che
intanto vi presento.
segue a pag 12
UTOPIE CONCRETE settembre 2001
Giornale
della Fiera delle
Utopie Concrete
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LAVORARE PER COSTRUIRE LA PACE
… ciò che stiamo facendo, nel futuro, sarà più importante di quello che sta succedendo attualmente
Intervista a Sami Adwan e Dan Bar-On
Il conflitto tra palestinesi ed ebrei israeliani è
in questi giorni più intenso che in qualsiasi
altro momento dal negoziato di pace a Oslo nel
1993. Perché in questo periodo i costruttori di
guerra e di conflitto hanno avuto tanto più
successo che non i costruttori di pace?
Sami Adwan Noi stiamo testimoniando tanto
odio e la situazione è peggiorata rispetto a
prima, peggio addirittura del 1948 perché i
palestinesi non possono tollerare che
l’occupazione continui e non hanno la
sensazione che l’accordo di pace abbia portato
ai palestinesi una pace vera. L’occupazione da
parte degli israeliani si è spostata da una formula
ad un’altra, i palestinesi sono lontani dalla
costruzione di uno stato indipendente, mentre
gli israeliani non hanno veramente guadagnato
una percezione di sicurezza. Nel contempo il
coinvolgimento internazionale non prende una
forma adeguata per la situazione attuale,
dovrebbe essere più neutro, non favorire nessuna
delle due parti. La gente in questo momento
non ha fiducia in un futuro migliore e cresce
la tendenza di ritornare al conflitto come unico
mezzo di soluzione.
Dan Bar-On Bisogna aspettarsi delle curve
sinusoidali di alti e bassi proprio in conflitti
così difficili. Quando infatti si arriva molto
vicini alla soluzione di un conflitto e quando
i leader non hanno un sostegno abbastanza
forte nella loro comunità per poter spingere un
accordo, si può andare indietro, poiché le
formazioni più estreme in ognuna delle società
diventano più forti. Ed è questa la nostra
situazione: la debolezza della nostra leadership
e di quella dei palestinesi. Poi mi pare che, da
Oslo in poi, per il palestinese medio non ci sia
stata la sensazione di un cambiamento vero
della situazione, vedeva crescere gli insediamenti
dei coloni, molto spesso vi era chiuso dentro
con i punti di transito chiusi e la sua situazione
economica non sembrava migliorare. Non vi
era la sensazione di un serio processo di pace.
E questo aveva a che vedere con il modo in cui
l’accordo era strutturato perché l’idea della
delegazione di Oslo era che si doveva cominciare
da qualche punto e che poi il momento, la
stessa forza del processo avrebbe prodotto
l’energia necessaria per affrontare in seguito le
questioni più complicate. Sono convinto che
se dovessimo arrivare in futuro ad una situazione
paragonabile, dobbiamo sapere che così non si
può procedere. Alcuni dei problemi più difficili
devono essere affrontati e risolti subito, per
esempio subito devono essere smantellati alcuni
degli insediamenti dei coloni israeliani, per
dimostrare che ci sono delle intenzioni serie e
i palestinesi veramente devono arrestare le
persone che cercano di sabotare il processo di
pace. Temo anche che alcune persone da parte
israeliana, non vogliono fare commenti sui
palestinesi, come Netanyahu e Barak non siano
stati veri partner in questo processo come lo fu
invece Rabin. Rabin ha vissuto un processo
personale molto più profondo, era convinto
2
UTOPIE CONCRETE settembre 2001
Sami Adwan e Dan Bar-On, Premio Alexander Langer 2001
che era giunto il momento per arrivare a degli
accordi. Temo che non esiste un impegno
paragonabile da parte di Netanyahu, Barak e
Sharon. E questo dimostra che ci sono dei
problemi nella società israeliana e in quella
palestinese che non vengono veramente
affrontati ed elaborati e questo rende a sua volta
i leader più deboli perché non hanno la
sensazione di avere abbastanza sostegno. Sono
convinto che, anche oggi, vi sia una maggioranza
tra il popolo israeliano a favore di un ritorno
delle frontiere alla situazione precedente il 1968
e favorevole alla creazione di uno stato
palestinese con Gerusalemme come capitale,
ma che non accetterà il rientro di milioni di
palestinesi in Israele. Esiste un consenso nella
società israeliana che ciò non sia possibile,
quindi se i palestinesi saranno d’accordo su
questo io sono convinto che ci sarà una
maggioranza chiara per una tale soluzione in
Israele.
Ogni azione da un lato provoca una reazione
ancora più dura dall’altro; l’esercito israeliano
attacca il leader palestinese Marwan Barguti
e un attivista palestinese, il giorno dopo, spara
su dieci persone dalla sua macchina davanti al
Ministero della Difesa a Tel Aviv. Come si può
rompere questo ciclo di vendetta che chiama
vendetta?
Dan Bar-On Né Sharon né Arafat si sono
realmente dedicati a un vero processo di pace.
Tutti e due stanno giocando un gioco a somma
zero. Ognuno pensa a come vincere, facendo
perdere l’altro e dimostrando in tal modo di
essere il più forte e questa è una strada senza
uscita. Solo qualcuno da fuori potrebbe
smuovere questo blocco, ma io non vedo gli
americani o più in generale la comunità
internazionale agire in modo sufficientemente
deciso.
Sami Adwan E’ vero, questo ciclo di vendette
continua. La saggezza della pace sta per svanire
e la “saggezza” del conflitto sta aumentando ad
alta velocità. Penso che ci dovrebbe essere il
coraggio, da entrambi i lati o almeno da uno
dei due, di dire: va bene adesso ci fermiamo,
così non si può continuare, ma non siamo
ancora a questo punto. Gli F15, gli elicotteri
stanno attaccando i palestinesi sulla strada,
mentre ci sono le esplosioni in pieno centro di
Gerusalemme e Tel Aviv, quindi quello cui
stiamo assistendo è che se tu mi attacchi qui io
ti attacco lì e nel contempo non c’è nessun
progresso nelle negoziazioni di pace. L’uso del
potere peggiora solamente la situazione e non
saranno mai le strategie di potere che
risolveranno il conflitto. L’unica strada sono le
negoziazioni, i discorsi e i compromessi.
Voi state lavorando alla costruzione della pace
nel vostro istituto PRIME. In quali condizioni
state lavorando in questo periodo di escalation
della violenza?
Sami Adwan Prendiamo la nostra energia dalla
sensazione che almeno stiamo lavorando per
costruire la pace e che riusciamo a mantenerla
all’interno del nostro gruppo. Stiamo lavorando
in condizioni molto difficili, per mantenere e
per dare continuità allo spirito di PRIME.
Infatti, recentemente abbiamo portato a termine
una ricerca che prevedeva il lavoro autonomo
di ogni gruppo e si occupava delle organizzazioni
non governative palestinesi ed israeliane e il
loro ruolo nella costruzione della pace. La ricerca
è stata divulgata sotto forma di pubblicazione
e questo ci ha dato un qualche incoraggiamento:
anche sotto condizioni estreme si può lavorare
insieme. Attualmente stiamo lavorando ad un
libro che documenta un incontro tra israeliani
e palestinesi avvenuto a Betlemme due anni fa,
ma nella situazione attuale non sono pensabili
riunioni congiunte di israeliani e palestinesi.
Dan Bar-On Il nostro impegno non si è
indebolito in tutti questi mesi. Certamente è
Giornale
della Fiera delle
Utopie Concrete
stato uno stress serio, ma io non ho la sensazione
che sia diventato più debole. Noi siamo convinti
che ciò che stiamo facendo, nel futuro, sarà più
importante di quello che sta succedendo
attualmente. In un’associazione come questa
tu devi semplicemente continuare, devi cercare
di incontrarti regolarmente, devi trovare fondi
per la tua ricerca, devi reclutare della gente che
ti dia una mano ed è questo che noi stiamo
facendo. Infatti più lavoriamo più si consolida
la convinzione che questa sia la strada giusta.
Penso che per Sami questo sia ancora più difficile
che non per me, perché lui in certe occasioni
è proprio in pericolo fisico, rischia di essere
attaccato da parte di altri palestinesi che gli
dicono di non lavorare con gli israeliani. Ma
nel frattempo lui è riuscito ad avere abbastanza
sostegno per poter continuare questo lavoro e
così altre persone con lui.
Questo significa che ognuno sta lavorando
prevalentemente con il proprio gruppo di
appartenenza etnica. Nelle parole di Alexander
Langer voi potreste essere visti come traditori
della compattezza etnica; che cosa fate o che
cosa potere fare per non essere percepiti come
transfughi? Che cosa potete fare per mantenere
le radici nella propria comunità?
Sami Adwan Io mantengo attivamente un buon
rapporto con la mia comunità, discuto con loro
il lavoro che faccio e cerco di dimostrare che
questa è una strada per cercare di risolvere il
conflitto. Naturalmente c’è gente che è d’accordo
con te, ci sono alcuni che pensano che tu sia
un po’ pazzo, altri invece rifiutano quello che
stai facendo, ma complessivamente il popolo
palestinese a questo punto della propria storia
ha sviluppato una diversità di pensiero. La gente
ha diritto di avere propri pensieri, fin quando
questi pensieri sono a beneficio del proprio
popolo. Naturalmente in questo periodo questo
non è facile perché a volte ci sono delle domande
difficili che mi vengono poste, particolarmente
dai miei figli. Io ho un figlio di cinque anni
che per esempio mi chiede “Perché ci sparano,
loro non hanno figli? Perché ci sparano, non ci
amano?” E quindi entrare in dialogo con lui
non è cosa facile. L’altro giorno la mia casa è
stata colpita da quindici pallottole, il serbatoio
per l’acqua è stato colpito due volte. Mantenere
la propria integrità e le proprie convinzioni e,
al tempo stesso, vivere la vita quotidiana con
il proprio popolo in questi giorni è diventata
anche per me una lotta.
Dan Bar-On Io penso di essere ben radicato
nella mia società e questo mi pare vero anche
per Sami, che ha dei buoni contatti nella società
palestinese. Lui è stato coinvolto nel primo
movimento dell’Intifada ed è stato nelle prigioni
israeliane. Noi non siamo delle persone che si
possono emarginare facilmente. Sarebbe molto
difficile emarginare uno di noi due.
Chiaramente c’è della gente a cui non piace
quello che noi stiamo facendo, ma questo
succedeva anche prima nella mia vita. Penso
che ci siano delle occasioni in cui tu devi essere
convinto che quello che stai facendo fa bene
alla tua società, anche se questa società non
capisce quello che stai facendo. Puoi solo sperare
che in futuro vi sia un cambiamento di spirito.
Le questioni ambientali, l’idea di uno sviluppo
sostenibile giocano un ruolo nel vostro lavoro
in questa situazione estremamente conflittuale,
oppure l’ambiente deve attendere fino a quando
ci sarà una situazione più pacifica?
Dan Bar-On Abbiamo terminato poco tempo
fa una ricerca sulle organizzazioni non
governative che si occupano di ambiente, le
ONG israeliane, palestinesi e quelle che
collaborano con noi, sfortunatamente un gran
numero di collaborazioni si sono interrotte
dall’ottobre 2000 in poi. Purtroppo è vero che
quando la gente viene uccisa si dice che
l’ambiente può aspettare, ma io temo che
l’ambiente già in questo momento cominci a
pesare su di noi. Potrebbe essere che in un
qualche futuro sarà l’ambiente che ci riunirà,
perché la mancanza d’acqua e l’inquinamento
delle falde acquifere è diventato molto grave
negli ultimi anni. Questo è vero per noi, per i
palestinesi, ma anche per la Giordania, quindi
l’ambiente e in particolare la questione dell’acqua
potrebbe diventare un elemento fondamentale
tale da costringerci a fare qualcosa insieme. Ma
questo è solo un esempio, mi pare che ci sono
anche altre questioni che devono essere
affrontate, non le possiamo trascurare
ulteriormente anche se il conflitto non si è
ancora risolto. Quindi la risposta è mista.
Probabilmente voi sapete che c’è anche un
sabotaggio reciproco, loro ci mandano le acque
reflue, infestate dalle zanzare e noi perpetriamo
delle azioni di inquinamento ambientale, ma
la mia unica speranza è che vi siano elementi
ragionevoli in entrambi i gruppi così da farci
riprendere il senso delle cose, per non perdere
completamente la nostra mente, perché
attualmente c’è molta distruzione, molta
autodistruzione.
Sami Adwan Ho sempre detto che le donne, i
bambini e l’ambiente sono quelli più colpiti
dalla guerra e sfortunatamente la lotta per
l’ambiente in questo periodo non è tra le
priorità. Senza dubbio quello che stanno facendo
gli israeliani, con la costruzione di strade e di
nuovi insediamenti, distruggendo aree
coltivabili, è una chiara distruzione
dell’ambiente. Noi non abbiamo i carri armati
e le ruspe per fare questo, se li avessimo forse
faremmo la stessa cosa. Io non credo che
l’ambiente sia disposto ad aspettare, a non essere
curato. Sono convinto che l’ambiente gridi ogni
giorno: fermate questa pazzia, quello che fate
mi sta distruggendo. Molta gente adesso è
arrivata allo stadio della sopravvivenza e quando
si tratta di garantire la propria sopravvivenza,
di mantenere la propria sicurezza e quella della
famiglia non rimangono molti pensieri per
l’ambiente.
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uscita ORTE, raccordo con la superstrada E45 (direzione
CESENA) uscita Città di Castello. Km. 220
Da Pesaro Urbino. Seguire la S.S. n. 423 e S.S. 73 bis Km.
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colazione e verranno applicati - in base agli accordi presi con gli
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collina).
Monte S. Maria Tiberina, Tel. 0758 570 010 - Km 12 (In
collina).
AGRITURISMO
In zona ci sono molte aziende agrituristiche ed è impossibile
segnalarle tutte:
potete fare riferimento alle Guide in commercio oppure
alla Azienda Promozione Turistica Alta Valle del Tevere.
INFORMAZIONI TURISTICHE
Azienda Promozione Turistica Alta Valle del Tevere
Piazza Matteotti (Logge Bufalini) 06012 Città di Castello.
Telefono 0758 554 817 – 0758 554 922 - Fax 0758 552 100
UTOPIE CONCRETE settembre 2001
3
Giornale
della Fiera delle
Utopie Concrete
THE
EXPRESSION OF THE EMOTIONS
IN
MAN AND ANIMALS.
BY CHARLES DARWIN, M.A., F.R.S., &C.
WITH PHOTOGRAPHIC AND OTHER ILLUSTRATIONS
LONDON
JOHN MURRAY, ALBEMARLE STREET.
1872.
The rights of Traslation is reserved
Frontespizio della prima edizione
I gruppi che siano ritenuti diversi si penserà, e
si farà in modo, che abbiano una apparenza
diversa. L’antropologo Keith ha proposto una
scala di visibilità tra le diverse razze (ceppi
umani, tipi e stirpi) a seconda della percentuale
dei membri immediatamente identificabili:
pandiacritico = ogni individuo riconoscibile;
macrodiacritico =riconoscibili per l’80% o più;
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compreso o circoscritto. Se il volto – cioè il
volto dell’altro – rimane per me estraneo, esso
sfugge alla mia capacità di comprensione e di
controllo. L’espressione dell’altro manda un
messaggio che io sono in grado di decodificare
ma comunica altresì qualcosa che va aldilà della
comprensione. Nel rapporto faccia a faccia tra
gli esseri umani c’è qualcosa che io come ego
Uno studio sulla memoria delle fisionomie dimostra che gli individui più
fortemente prevenuti contro i neri non riescono a distinguere le facce di individui
neri visti in fotografia, mentre riconoscono assai bene le facce dei bianchi
mesodiacritico = riconoscibili per il 30-80%;
microdiacritico = riconoscibili per meno del
30%.
Gli ebrei sono risultati un tipo mesodiacritico,
e circa il 55% sono stati identificati in base alla
sola apparenza esterna. Questo risultato
conferma inoltre quanto le persone prevenute
siano più abili a riconoscere i membri di un
gruppo esterno non gradito, o percepito come
pericoloso. Anche il non riconoscere ha un
senso preciso: un ricercatore americano chiese
ad alcuni studenti bianchi di separare le
soggettivo, non sono in grado di controllare,
che mi mette in discussione o in pericolo. Se
i rapporti faccia a faccia comportano un
coinvolgimento emotivo, qualunque volto
esterno, la faccia di qualunque persona esige
qualcosa da me. Mi chiede di riconoscere
un’altra persona, e ciò che non è pienamente
assimilabile esige il mio rispetto. Questo
riconoscimento mi richiama ad una sorta di
responsabilità. Questa responsabilità etica può
essere vista come l’esigenza di una risposta,
poiché il volto dell’altro esige che io risponda
segue da pag 1
Il ritratto fotografico poteva fissare nero su
bianco, l’impronta del volto umano, dell’anima
del soggetto. “L’inventario fotografico delle
espressioni del volto, come possibile misura
delle passioni, legittime o criminali, dell’uomo
fu un’ipotesi rigorosamente sostenuta e
accanitamente difesa da medici e fisiologi,
psichiatri e giuristi, artisti e commissari di
polizia” (Ando Gilardi, Storia sociale della
fotografia, 1976). Risale al 10 settembre 1854
il primo documento di fotografia giudiziaria.
Da quel momento si avranno la professione del
fotografo di polizia, la Scuola di Fotografia
Giudiziaria e il laboratorio fotografico della
Prefettura di Parigi, fondato nel 1875 per
definire un codice fotografico segnaletico dei
volti. L’esigenza di catalogare visi ed espressioni
fu presente anche in Darwin, che pubblicò nel
1872 “The Expression of the Emotions in Man
and Animals” e in Duchenne che presentò, nel
1862, i due album fotografici su “Mécanisme
de Physionomie Umaine ou Analyse
Electrophysiologique des passions”. A Duchenne
interessava verificare le reazioni muscolari e la
mimica facciale della sorpresa, del terrore, della
felicità, … indotte mediante stimolazioni
elettriche sui volti di prostitute, oppiomani,
pazienti psichiatrici. Nel suo fondamentale
studio su “La natura del pregiudizio” (“The
Nature of Prejudice”, 1954), lo psicologo
americano G.W. Allport analizza i meccanismi
attraverso i quali un gruppo, che si
autopercepisce come “interno”, crea i gruppi
ad esso “esterni”. Primo fra tutti la percezione
della diversità degli altri da noi. Mentre certe
differenze sono personali ed uniche (ogni viso
ha una particolare conformazione ed
espressione), molte altre differenze possono
essere tipizzate. Tra queste: colore della pelle,
lineamenti, espressioni prevalenti del viso,
gesti, … Alcune fra queste differenze sono
fisiche e innate, altre sono acquisite o scelte
come distintive di un gruppo di appartenenza.
I gruppi che appaiono diversi spesso finiscono
per essere creduti tali, più di quanto non lo
siano in realtà.
4
UTOPIE CONCRETE settembre 2001
Dalle illustrazioni di “Man and animals”, l’orrore e il terrore
fotografie di coetanei cinesi e giapponesi. Gli
studenti non riuscirono nel compito. Tanto è
predominate l’importanza del colore sul nostro
senso percettivo, che spesso non ci permette di
procedere nell’analisi della fisionomia. Un
orientale è un orientale.
Uno studio sulla memoria delle fisionomie
dimostra che gli individui più fortemente
prevenuti contro i neri non riescono a
distinguere le facce di individui neri visti in
fotografia, mentre riconoscono assai bene le
facce dei bianchi.
La fisiognomica è presente in tanti pre-concetti
e pre-visioni che facciamo gli uni sugli altri. Le
pre-visioni che ci impediscono di vedere l’altro,
o di essere visti, si nutrono di pregiudizi, di
paure, di semplificazioni. Quando guardiamo
qualcuno negli occhi, la percezione dell’altro
non si traduce semplicemente in una serie di
pensieri, intenzioni, desideri o reticenze, ma
per prima cosa abbiamo a che fare con le nostre
emozioni. Di queste si è occupato il filosofo
francese Emmanuel Levinas. L’unicità di una
volta –afferma- sta nel suo essere sempre quello
di un altro, il che vuol dire che non può mai
essere completamente assimilato a sé. Per me
un volto è sempre estraneo, e questa estraneità
comporta che non può mai essere totalmente
ed entri in rapporto con lui, in un rapporto
che nessuno dei due può pienamente
controllare…
Ogni epoca ha la sua faccia di moda. Quella
attuale è la cosiddetta faccia transfrontale.
La parte media e bassa si trovano davanti
alla linea frontale verticale. La Barbie
rappresenta bene questo modello.
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della Fiera delle
Utopie Concrete
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PROGRAMMA X1 Fiera delle Utopie Concrete Città di Castello [PG] 11/14 Ottobre 2001
Giovedì, 11 ottobre
Ore 10.30, Circolo degli Illuminati - Palazzo Bufalini
Inaugurazione
Saluti
Fernanda Cecchini, sindaco di Città di Castello
Fiorello Cortiana, Senato della Repubblica
Gaia Grossi, assessore alle Politiche Formative, del Lavoro e Sociali, Regione Umbria
Katia Mariani, assessore all’Ambiente, Provincia di Perugia
Alviero Moretti, presidente Camera di Commercio di Perugia
La Fiera delle Utopie Concrete (1987-2001)
tra conversione ecologica e sviluppo sostenibile
Saverio Tutino, direttore culturale dell’Archivio autobiografico
di Pieve Santo Stefano
Franco Lorenzoni, Casa Laboratorio di Cenci
Venerdì, 12 ottobre
Sabato, 13 ottobre
Domenica, 14 ottobre
Ore 12.30, Logge Bufalini - Piazza Matteotti
Inaugurazione esposizione (vedi p. 6)
Ore 15.00, Circolo degli Illuminati - Palazzo Bufalini
Seminario
Progettare la natura, progettare il paesaggio
Introduce e coordina: Wolfgang Sachs, Wuppertal Institut
Intervengono: John e Nancy Todd, eco designer, Ocean Arks, Vermont
Alberto Magnaghi, urbanista, Università di Firenze
Massimo Bastiani, Ecoazioni
Ore 8.30 - 9.30, Parco Palazzo Vitelli a Sant’Egidio
Guardare fuori, guardare dentro
Una meditazione di visualizzazione
Ore 8.30, Sede Agenzia Utopie Concrete, Via Marconi 8
Registrazione laboratori
Ore 9.00 - 13.30, luoghi vari
Laboratori - prima parte (vedi p. 7)
Ore 9.00 - 19.00, Logge Bufalini - Piazza Matteotti
Esposizione (vedi p. 6)
Ore 10.00 - 13.30, Villa Montesca
Conferenza
Innovazione, qualità e ambiente (vedi p. 9)
Ore 15.00, Circolo degli Illuminati - Palazzo Bufalini
Seminario
Bellezza, funzionalità ed ecologia
Introduce e coordina: Wolfgang Sachs, Wuppertal Institut
Intervengono: Carlo Vezzoli, Politecnico di Milano
Ursula Tischner, designer
Dieter Schempp, architetto
John e Nancy Todd, eco designer, Ocean Arks, Vermont
Ore 15.00, dall’Agenzia Utopie Concrete, Via Marconi 8
O Thiasos - TeatroNatura
Il fluire dell’orizzonte (vedi p. 6)
Ore 8.30 - 9.30, Parco Palazzo Vitelli a Sant’Egidio
Guardare fuori, guardare dentro
Una meditazione di visualizzazione
Ore 9.00 - 13.30, luoghi vari
Laboratori - seconda parte (vedi p. 7)
Ore 9.00 - 19.00, Logge Bufalini - Piazza Matteotti
Esposizione (vedi p. 6)
Ore 10.00 - 13.30, Circolo degli Illuminati
Palazzo Bufalini
Conferenza
Costruire ponti, mantenere radici
“Traditori della compattezza etnica” ma non “transfughi”
Con: Sami Adwan, Premio Alexander Langer 2001
Vjosa Dobruna e Natasa Kandic, Premio Alexander Langer 2000
e Aydeh Adwan
Ore 15.00, Circolo degli Illuminati - Palazzo Bufalini
Seminario
Una società sostenibile può essere una società più bella?
Introduce e coordina: Wolfgang Sachs, Wuppertal Institut
Intervengono: Melania Cavelli, Università di Roma, La Sapienza
Beppe Grillo, attore
Ruggero Pierantoni, assessore alla Cultura, Comune di Genova
John e Nancy Todd, eco designer, Ocean Arks, Vermont
Ore 15.00, dall’Agenzia Utopie Concrete, Via Marconi 8
O Thiasos - TeatroNatura
Il fluire dell’orizzonte (vedi p. 6)
Ore 8.30 - 9.30, Parco Palazzo Vitelli a Sant’Egidio
Guardare fuori, guardare dentro
Una meditazione di visualizzazione
Ore 9.00 - 19.00, Logge Bufalini - Piazza Matteotti
Esposizione (vedi p. 6)
Ore 10.00, Circolo degli Illuminati - Palazzo Bufalini
Assegnazione del V Premio Internazionale Alexander Langer
a Sami Adwan e Dan Bar-On
Coordina e conclude: Renzo Imbeni, vicepresidente Parlamento Europeo
Introduce: Fernanda Cecchini, sindaco di Città di Castello
Laudatio: Vjosa Dobruna e Natasa Kandic
Relazione di ringraziamento: Sami Adwan e Dan Bar-On
Ore 15.00, dall’Agenzia Utopie Concrete, Via Marconi 8
O Thiasos - TeatroNatura
Il fluire dell’orizzonte (vedi p. 6)
UTOPIE CONCRETE settembre 2001
5
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L’ESPOSIZIONE
Logge Bufalini – Piazza Matteotti, 11 - 14 ottobre, ore 9.00-19.00
Ecodesign - Gestione integrata
del ciclo di produzione e di vita del prodotto
Con la partecipazione di: ANPA, GESENU, Refri Srl
La mostra espone soluzioni di progettazione di oggetti durevoli e facilmente riparabili, di
smaltimento/riciclaggio mediante la trasformazione con processi tecnologici avanzati e sostenibili dei
materiali presenti sul mercato delle merci in nuovi oggetti.
Saranno allestiti in mostra anche esempi concreti di trasformazione di un elettrodomestico con il
supporto di immagini e testi per illustrare come avviene lo smaltimento senza contaminazione ambientale.
Illusioni visive
“Le illusioni costituiscono la più forte dimostrazione del fatto che la percezione è legata solo indirettamente
al mondo degli oggetti ed è più una descrizione che un campionamento della realtà fisica.”
Le illusioni visive serviranno come punto di partenza per dimostrare le capacità costruttive dell'occhio
che in ogni dato momento costruisce, a partire dalla immensa varietà di stimoli, la nostra realtà visiva.
Serviranno inoltre come punto di partenza per esplorare le nostre abitudini di vedere la natura e di
vedere l’altro, per analizzare la nostra percezione sociale.
Giocare la faccia
a cura di Tiziana Luciani
La mostra si articola in postazioni interattive dove il gruppo dei visitatori si confronterà con le
considerazioni teoriche proposte. In una, in particolare, ci si potrà “giocare la faccia” dando, a turno,
in visione una nostra foto al gruppo, e raccogliendo le deduzioni su di noi che il nostro volto “autorizza”
negli altri. Per questo si pregano i partecipanti di venire a Città di Castello con un proprio ritratto
fotografico. Magari la quarta foto, quella che ci resta sempre inutilizzata, quando, con le altre tre,
rinnoviamo i documenti di identità.
Sul già visto
Un’installazione di Koiné presentata dalla Regione Emilia Romagna
Postazioni telematiche dove il visitatore in interazione con un attore può creare una "visione" sulla
sostenibilità.
Punti di vista
Installazione di Eraldo Ridi
L’installazione si presenta come una immersione nelle suggestioni di luci ed ombre create dalle “macchine
luminose” realizzate assemblando materiale di scarto industriale.
Immagine - Mondo - Visione
Installazione a cura di Karl Böhmer, Ildiko Dornbach e Ingrid Thiel
L’occhio che guarda è il luogo tranquillo del corpo o esiste il vedere che respira? Il guardare è una teoria?
Un percorso che invita lo spettatore a fare certi passi di avvicinamento a un’opera d’arte.
Visualizzazione e comunicazione dell’ambiente
Salvare il clima insieme
Mostra realizzata dall'Alleanza per il Clima
in collaborazione con la Regione Lombardia e Alpe Adria
Arte e tecnologie solari
Mostra presentata da ISES Italia
Un percorso informativo di carattere storico, artistico e tecnico-scientifico che ha come filo conduttore
e protagonista l’energia del sole.
Lo sguardo che non vede
Mostra pittorica con opere di Simone Farfanelli
Camper oculistico
In collaborazione con L'Unione Italiana Ciechi - sezione umbra
Una postazione ambulante per visite oculistiche.
SARANNO PRESENTI
AAM Terranuova, Re Nudo, Legambiente
O Thiasos TeatroNatura
presenta
Il fluire dell’orizzonte
ideato e interpretato da Sista Bramini,
Francesca Ferri e Maria Mazzei
testo e narrazione Sista Bramini
canto e vocalità a cura di Francesca Ferri
Quando l'ombra della notte sta per coprire
l'orizzonte, cosa accade nel paesaggio intorno
a noi? E dentro di noi? Come rispondere al
suono del vento negli alberi, alle voci degli
animali notturni che escono dalla tana, quali
parole per accogliere questo dispiegarsi del
tempo?
E' possibile respirare spazi più ampi, mentre
un piccolo canto si espande e una danza
silenziosa svanisce a poco a poco. La luna nel
lago trema al guizzo della trota, mentre i sensi
si acuiscono e si svegliano a un più intimo e
vasto 'vedere'.
N.B. Ricordarsi di portare abiti e scarpe comodi
e caldi.
Iscrizione £.20.000
6
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I LABORATORI EDUCATIVI
Qual è la nostra visione?
C’era un tempo in cui insegnare a leggere ad un bambino significava aprire una porta su altri mondi, mondi formati da parole che iniziava a decifrare,
mondi definiti in primo luogo da immagini nella sua mente. Oggi, con la televisione, video game e computer, i bambini arrivano a scuola con più
immagini che parole per definirle.
Cosa cambia nella mente di un bambino quando tante visioni sono generate da flash di immagini piuttosto che da flash di pensieri? Qual è la visione
del mondo di un adulto sottoposto alla continua tempesta di immagini e stimoli visivi? Siamo ancora in grado di prenderci la responsabilità del guardare,
o ci affidiamo sempre più a questi mezzi che guardano per noi?
I laboratori della Fiera rivolgono l’attenzione su come costruiamo le immagini e sul ruolo che queste costruzioni hanno sulla nostra visione del mondo.
Rifletteremo su quanto questa visione è data dalla percezione e quanto dall’immaginario. E l’immaginario gioca un ruolo fondamentale sulla formazione
della sensibilità ecologica e sulla capacità di pensare il futuro.
Insegnare a guardare significa dare il dono della vista.
Imparare a guardare significa conquistare il dono della visione.
Proposte per gli adulti:
1. Nell'ottica del gioco, conduce Mauro Speraggi (Artebambini, Brescia)
Quanto pesa il senso del magico, del misterioso nell'attuale era dell'immagine?
Verranno proposte attività che ci faranno trasgredire il reale apparente e ci porteranno ai confini tra visibile
e invisibile, nei labirinti della percezione, alla scoperta delle illusioni ottiche.
2. Il Tempo, grande pittore, conduce Tiziana Luciani (psicologa e psicoterapeuta, Perugia)
Il laboratorio è una possibilità per visualizzare il tempo vissuto, presente e futuro, attraverso forme, colori
e linee e per mettere in luce, realizzando un proprio autoritratto a grandezza naturale, le trasformazioni
che il tempo ci ha donato. Un’occasione per “ridisegnarsi”, dedicata anche a chi non ha mai preso un
pennello in mano!
3. La scrittura diventa immagine, la poesia visiva nella letteratura e nella vita quotidiana
conducono Jànos Petöfi e Terry Olivi (MCE)
Le poesie visive sono composizioni verbali in cui lettere e/o parole sono poste in modo tale da risultare
immagini. Questa tecnica negli ultimi tempi è usata anche nella creazione di alcune pubblicità molto
suggestive. Nel laboratorio saranno esaminate opere classiche e moderne di questo genere, si faranno esercizi
manipolatori con testi esistenti e si produrranno nuove composizioni.
4. Immagini, sviste, visioni, conduce Miri Vita (Laboratorio del Cittadino, Perugia)
Occorre tendere agguati alla vista, giocare con l’imprevisto e l’imprevedibile, per risvegliare i sensi e il senso
dell’interesse per quello che si vive – percepisce. Se non c’è modo di confrontarsi con le proprie sensazioni,
lasciando loro spazio, non c’è modo di vedere realmente. Il laboratorio propone, in palestra, un percorso
sul nostro sguardo interiore e sul modo di guardare gli altri.
5. Cosa guardiamo quando guardiamo la natura?,
conducono Franco Lorenzoni e Oreste Brondo (Casa laboratorio di Cenci)
Il laboratorio in tre tempi (due mattine e un’escursione notturna).
Proposte per le classi:
1. Prima dei Lumière, conduce Paola Ciarcià (Artebambini, Brescia)
A cavallo tra magia e scienza verrà proposta alle classi la costruzione delle prime cinemacchine anticipatrici
dell'odierno cinema.
Tra le attività:
il fenachistoscopio e la scomposizione delle immagini;
zootropio e taumatropio gli anticipatori del proiettore;
la persistenza retinica nei libri con le immagini in movimento.
Il laboratorio è rivolto a classi del secondo ciclo della scuola elementare e media.
2. Ap… punti di vista, conduce Roberta Socci (Laboratorio del Cittadino, Perugia)
Una porzione di paesaggio assume aspetti diversi secondo i punti di vista intesi non solo come posizione
dello spettatore rispetto all’oggetto, ma soprattutto come rielaborazione mentale di un proprio vissuto. Si
cercherà di fermare, attraverso macchine fotografiche costruite artigianalmente, immagini e impressioni
suscitate da un paesaggio che costituiranno i nostri “appunti di viaggio”.
Il laboratorio è rivolto all’ultimo anno della scuola materna e alla scuola elementare.
3. Non l’ho visto … era lì? – conduce Daniele Iavicoli (Laboratorio del Cittadino, Perugia)
Il laboratorio propone una serie di esperienze sensoriali all’aperto lungo percorsi prestabiliti alla ricerca di
oggetti naturali e artificiali per imparare a guardare la natura e gli esseri viventi consapevoli che l’essenziale
è spesso invisibile agli occhi.
Il laboratorio è rivolto alle classi delle scuole elementari.
4. L’oggetto ritrovato, conduce Marcela Barros (Laboratorio del Cittadino, Perugia)
Giocheremo a trasformare oggetti di uso comune, riciclandoli, assemblandoli, mescolandoli ed eserciteremo
la vista a guardare le cose non solo per quello che sono, ma anche per ciò che potrebbero diventare creando
i presupposti per un viaggio nel mondo della fantasia e della creatività linguistica.
Il laboratorio è rivolto a classi della scuola elemetare e media.
Le iscrizioni ai laboratori debbono pervenire alla segreteria (tel. e fax: 075-8554321 o e-mail: [email protected]) entro il 4 ottobre.
Quota di iscrizione a ciascun laboratorio lire 40.000
UTOPIE CONCRETE settembre 2001
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LA QUALITÀ DEL MODO DI PRODURRE E LA QUALITÀ DEL PRODOTTO
Intervista a Giovanni Damiani
1. Quale contributo può dare la
certificazione ambientale alla soluzione
della crisi ecologica? Fino a che punto si
dimostra uno strumento valido per
alleggerire il nostro peso sulla biosfera?
Secondo me, la certificazione ambientale è
uno strumento innovativo, recente e di
grande importanza per il mondo delle
imprese e delle amministrazioni del futuro.
Noi abbiamo vissuto un’era in cui
l’inquinamento veniva sostanzialmente
controllato e combattuto con i limiti sulle
emissioni, alla fine di un tubo che versa
acqua sporca oppure di una ciminiera. Si
installavano filtri, impianti di abbattimento,
ecc. I risultati c’erano ma questo approccio
“end of the pipe” spesso spostava solo il
problema da un elemento – l’inquinamento
atmosferico – ad un altro inquinamento
della terra. Poi si è visto invece che si può
ottenere di più dal mettere mano ai cicli
produttivi e a tutta la filiera, a tutto il ciclo
di vita del prodotto, fino a quando diventa
rifiuto incluso.
La certificazione ambientale di qualità cerca
di fare proprio questo: indirizzare e
controllare l’intero ciclo produttivo di beni
e servizi per minimizzare gli effetti distruttivi
sull’ambiente e sulla salute umana. Mentre
solo pochi anni fa tutti gli imprenditori
dicevano che la questione ambientale era
un peso, un orpello, che non ce la facevano
a sostenere tutte queste nuove incombenze,
minacciavano i licenziamenti dei lavoratori,
a scusa per non adeguarsi, con la
certificazione ambientale di qualità, oggi la
situazione è cambiata qualitativamente.
Avendo registrato un vantaggio economico
e competitivo, cresce l’adesione volontaria
8
UTOPIE CONCRETE settembre 2001
e anzi c’è una vera e propria escalation
positiva nelle richieste di certificazione.
Praticamente l’ambiente non viene visto più
come un peso, ma come un’opportunità
competitiva.
Visto che nel mondo in cui viviamo, dove
il lavoro fisico più brutale è svolto dalle
macchine, e anche molto lavoro che prima
intende competere e vivere in maniera
dignitosa dal punto di vista imprenditoriale
deve adeguarsi. Infatti in molte gare il
possesso di uno di questi marchi è
condizione per poter partecipare. Prima era
un vantaggio competitivo, oggi in molte
gare è obbligatorio.
si può ottenere di più dal mettere mano ai cicli produttivi e a tutta
la filiera, a tutto il ciclo di vita del prodotto, fino a quando diventa
rifiuto incluso
si svolgeva con l’intelligenza si affida sempre
di più ai computer, il fattore di competizione
principale diventa la qualità del produrre e
del prodotto.
I consumatori di beni e servizi vogliono
sempre di più prodotti sicuri, prodotti
atossici, prodotti anallergici, prodotti
affidabili. Le imprese hanno trovato nel
marchio di qualità una opportunità di
competere sotto il profilo della qualità.
Credo che sia una contraddizione da non
ignorare all’interno dei fenomeni di
globalizzazione. Chi oggi vuol rimanere a
produrre in un mondo molto industrializzato
e molto avanzato, deve competere sul piano
della qualità. La quantità è garantita dalle
macchine o purtroppo dai bassi salari dei
Paesi dell’est o addirittura del Terzo mondo.
Molte ditte si rendono conto di questa
trasformazione e siccome ci sono dei profitti
vanno avanti.
2. Visto che si tratta di uno strumento così
potente e vantaggioso, come si spiega la sua
diffusione lenta ed esitante in Italia?
La lenta diffusione della certificazione si
spiega con il fatto che in effetti è un impegno
molto gravoso. Ci vogliono investimenti
iniziali, obiettivi concreti e programmi che
vanno poi rispettati. Ci vuole innovazione
nella formazione professionale di tutti gli
operatori e questo è uno dei costi più grossi
per le aziende, cambiare non solo i cicli
produttivi, ma anche fare addestramento
professionale, aggiornamento continuo. A
fronte di queste spese, chi è abituato a vedere
il profitto in termini immediati, tarda ad
adeguarsi. Però le esperienze europee ed
anche italiane hanno mostrato di dare un
vantaggio competitivo, per cui oggi la
richiesta è crescente. I protagonisti capiscono
che se investono dei fondi oggi, se li
ritroveranno domani. Si sta prefigurando
uno scenario, soprattutto nell’Unione
Europea, dove chi non acquisisce questi
marchi di qualità e non entra in un minimo
di qualità ecologica è destinato a un mercato
residuale, locale, domestico; chi invece
3. La certificazione ambientale interessa
soprattutto la grande industria, le grandi
unità produttive?
No, è molto interessante per la piccola e
media industria, proprio perché questa
verrebbe stritolata dai bassi salari dei Paesi
dell’est, difficilmente camperebbe e quindi
è costretta a una fortissima innovazione.
Infatti le grandi richieste, almeno in Italia,
vengono soprattutto dalla piccola e media
industria. La certificazione ambientale è un
modo sempre più importante di promozione
del proprio prodotto. Evidentemente ci sono
altri filoni di pubblicità, se un’industria di
LA NORMA ISO 14001
Le norme della serie ISO 14000 si
riferiscono ai diversi aspetti della gestione
ambientale; tali norme, riconosciute a livello
internazionale, sono state realizzate per
essere applicate ad organizzazioni di qualsiasi
tipo e dimensione. La norma di riferimento
per l’applicazione e la certificazione di un
Sistema di Gestione Ambientale (SGA) è
la ISO 14001; essa indica i requisiti che
un’impresa o un’organizzazione deve
rispettare, tenendo conto delle disposizioni
legislative e degli impatti ambientali
significativi collegati alle proprie attività di
competenza. Tale norma, pubblicata nel
1996 e recepita in Italia come UNI EN
ISO 14001 – “Sistemi di Gestione
Ambientale”, produce svariati benefici per
le aziende. I vantaggi riguardano la
diminuzione dei costi per gli smaltimenti,
le materie prime e l’energia, la riduzione
dei rischi di sanzioni amministrative e penali
e un deciso calo nei costi assicurativi. Altri
benefici legati all’ottenimento del certificato
sono il miglioramento dell’immagine
aziendale e dei rapporti con la società,
l’accesso ai mercati in precedenza preclusi
e ai finanziamenti pubblici, agevolazioni
per l’ottenimento della registrazione EMAS.
Giornale
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Utopie Concrete
IL REGOLAMENTO EMAS
La certificazione ISO 14001 non è l’unico
schema di certificazione ambientale che
un’azienda può utilizzare. Al 1993 risale
infatti il “Regolamento CEE n°1836/93
sull’adesione volontaria delle imprese del
settore industriale a un sistema comunitario
di eco-gestione e audit (EMAS - Eco
Management and Audit Scheme)”, sostituito
recentemente da EMAS II. L’adesione a
questo sistema è possibile per ogni
organizzazione e comporta la scelta di una
politica ambientale che comprenda un
continuo miglioramento, il rispetto delle
leggi e l’applicazione concreta di tale politica,
attraverso un sistema di gestione ambientale.
L’organizzazione che aderisce a questo
regolamento deve, inoltre, redigere la
“Dichiarazione Ambientale” e sottoporsi ad
un esame da parte di verificatori ambientali
accreditati. Il sito produttivo che ottiene la
registrazione EMAS riceve un
riconoscimento pubblico, che conferma la
validità dell’organizzazione adottata e dei
mezzi disposti per la tutela dell’ambiente e
il rispetto delle leggi ambientali.
gomme sponsorizza i gran premi per lanciare
un’automobile o se la Fiat si affida a grandi
battage pubblicitari. Ma proprio la piccola
e media impresa che non può farsi pubblicità
a questi livelli ha bisogno di essere certificata.
Quello che chiedono le imprese certificate
a questo punto è che questa certificazione
sia riconosciuta non solo dal pubblico, dal
consumatore, ma anche dallo stato,
favorendo soprattutto nell’ambito dei
controlli e delle procedure la snellezza della
burocrazia statale nei loro riguardi.
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4. E qual è a questo punto la situazione
della certificazione dei servizi e degli enti
pubblici?
Per i servizi già con EMAS II si stanno
facendo passi da gigante, si sta pensando ai
servizi turistici, sia di aree alpine che per il
turismo costiero. Ci sono molte attenzioni
in questo momento a delle conversioni verso
un turismo dolce. Siamo solo agli inizi, ma
sono segnali importanti, perché il modello
di turismo intensivo che c’è stato fino a
questo momento non piace più ai fruitori
e quindi devono essere trovate nuove forme
di vivere i luoghi di vacanza. Sui servizi
turistici si stanno muovendo in molti, ora
si sta pensando ai servizi comunali, per
esempio trasporti, licenze varie, e quindi di
mettere in qualità perfino la pubblica
amministrazione.
5. Perché ci sono tanti sistemi di
certificazione ambientale che rendono
difficile capire i singoli marchi e la
differenza tra di loro?
Le certificazioni di processo più comuni
sono la ISO 14000 e l’EMAS, l’ISO vale in
tutto il mondo, l’EMAS in Europa. Poi ci
sono molti marchi nazionali che hanno
avuto tutti una grande fortuna se fatti con
serietà. C’è in effetti oltre all’Ecolabel, quindi
l’etichetta ecologica, una proliferazione di
marchi nazionali che in genere vengono
dati, finalizzati, all’ottenimento di
determinati obiettivi. Se un governo per
esempio vuole ridurre i suoi consumi
energetici incomincia a dare marchi di
certificazione di qualità ai prodotti che sono
effettivamente più risparmiosi di energia
elettrica. Oggi un salto di qualità nel campo
della certificazione ambientale potrebbe
essere fondere l’EMAS con l’Ecolabel e di
arrivare ad una certificazione di prodotto
che ci dica che è stato realizzato in maniera
più eco-compatibile e che esso stesso come
risultato è più eco-compatibile perché
riciclabile, perché biodegradabile, perché
consiste di terminati materiali, escludendo
altri, ecc.
La cosa importante è che si vuole dichiarare
nell’etichetta la motivazione per cui è stato
dato il marchio di qualità, la certificazione.
Per esempio: questa bottiglia è certificata
con la qualità europea in quanto: nella sua
produzione è stato impiegato tot. per cento
in meno di energia, è atossica e così via fino
a quando diventa rifiuto e speriamo che
non lo divenga. Il futuro della certificazione
ambientale quindi sta nel fondere la qualità
del modo di produrre con la qualità del
prodotto.
CONFERENZA
Innovazione, qualità e ambiente
ECOLABEL
Venerdì, 12 ottobre, ore 10.00-13.30
Villa Montesca
(In collaborazione con l’ARPA Umbria a con il sostegno dell’ANPA, della GESENU e della SOGEPU)
La certificazione ambientale come strumento di controllo, di competitività e di compatibilità ambientale.
Coordina:
Dario Bianconi, assessore all’Ambiente, Comune di Città di Castello
Con:
Giovanni Damiani, Commissione VIA Grandi Strutture, Ministero dell’Ambiente
Dinamiche della certificazione ambientale in Italia
Carlo Vezzoli, Politecnico di Milano
Progettare prodotti, servizi e sistemi per la sostenibilità ambientale
Laura Beneventi, ARPA Umbria
Avvicinare le imprese umbre alla certificazione ambientale
Renzo Santi, Colussi Spa
Il sistema di gestione ambientale nell'industria alimentare: motivazioni e prospettive
Fabrizio Fratini, Lonza
La certificazione ambientale nel settore chimico: la Lonza di San Giovanni Valdarno
Maurizio Caranza, sindaco di Varese Ligure (Sp)
Varese Ligure - Il primo Comune italiano a gestione ambientale
Azeglio Renzacci, presidente Associazione Industriali Perugia
Il mondo delle imprese e la certificazione ambientale
Conclusioni:
Ada Girolamini, assessore alle Attività Produttive e Commerciali, Regione Umbria
Il sistema Ecolabel è uno strumento di
politica ambientale ed industriale a carattere
volontario istituito per incentivare la
presenza sul mercato di prodotti “puliti”.
Si tratta di un’etichetta che l’Unione Europea
concede ai prodotti ecologicamente corretti
e che attesta il ridotto impatto ambientale
del prodotto nel suo intero ciclo di vita,
offrendo ai consumatori una diretta
informazione sulla conformità ai rigorosi
requisiti comunitari. L’Ecolabel rappresenta
una fonte di informazione valida in tutta
Europa e può rappresentare un apprezzabile
fattore di sviluppo e confronto
concorrenziale. L’uso dell’etichetta Ecolabel
viene concesso, in Italia, dal Comitato
Ecolabel-Ecoaudit - Sezione Ecolabel Italia
ed è assegnato per un periodo di produzione
determinato di un triennio.
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COME FARE ECODESIGN?
Ursula Tischner, designer
Imprese, prodotti e ambiente
Ogni impresa mette un carico sull’ambiente.
Tutti i prodotti (beni, infrastrutture e servizi)
hanno un impatto più o meno grande
sull’ambiente.
della fattibilità tecnica e non per ultimo
dell’estetica. Il termine “Ecodesign” esprime
direttamente anche il fatto che Ecologia ed
Economia devono essere legati
inseparabilmente in un buon design.
Come ridurre l’inquinamento ed il
consumo delle risorse naturali
Sono stati sviluppati vari metodi e strumenti
interessanti che possono servire a raggiungere
la meta di un’economia più sostenibile; per
esempio minimizzare il consumo delle risorse
naturali ed il carico potenziale sull’ambiente,
ottimizzando nel contempo i vantaggi per
l’uomo. In questo la progettazione dei
prodotti, lo sviluppo ed il design hanno una
funzione particolarmente importante. Più
dell’80% di tutti i costi legati ai prodotti e
al loro impatto sull'ambiente durante la sua
fabbricazione, l’uso e lo smaltimento sono
determinati durante la fase di progettazione.
Se si tiene conto degli aspetti ambientali fin
dalle prime fasi della progettazione dei
prodotti è più probabile che possano essere
“integrati” impatti ridotti sull’ambiente nel
prodotto finale. L’applicazione di metodi,
strategie e strumenti di Ecodesign aumenterà
a lunga scadenza il potenziale successo
economico dell’impresa (win-win-strategy).
I motori per l’Ecodesign
I motivi per le imprese di adottare l’Ecodesign
sono vari; l’elenco dimostra alcuni esempi.
Che cos’è l'Ecodesign?
Ecodesign significa lo sviluppo ed il design
di prodotti sensibili all’ambiente, ovvero
‘Design per l’Ambiente’. Si intende una
procedura sistematica che mira all’inclusione
di aspetti ambientali nella progettazione dei
prodotti, nello sviluppo e nel processo di
design prima possibile. Vuole dire che
“ambiente” diventa criterio integrale dello
sviluppo di prodotti accanto agli altri criteri
classici della funzionalità, del profitto, della
sicurezza, della durabilità, dell’ergonomia,
1. Dobbiamo farlo perché:
• la legge lo richiede da noi (obblighi di
prendere indietro il prodotto, leggi
sull’emissione, sul controllo e il
monitoraggio dell’inquinamento);
• i nostri clienti (clienti commerciali,
consumatori e clienti nel settore pubblico)
lo richiedono;
• noi vogliamo migliorare la nostra
immagine pubblica;
• un nostro prodotto potrebbe apparire nei
titoli dei giornali riguardo a problematiche
ambientali e mediche;
• il nostro target group è particolarmente
eco-sensibile.
2. Vale la pena perché:
• possiamo ridurre le spese riducendo il
consumo di materiali ed energie;
• possiamo evitare spese riducendo rifiuti e
sostanze inquinanti;
• la nostra posizione sul mercato può essere
migliorata con innovazioni ambientali;
• i nostri prodotti saranno più facilmente
vendibili su mercati esistenti e nuovi;
• l’attenzione nei mass media significa
pubblicità;
• riduciamo il rischio di risarcimenti
evitando sostanze inquinanti;
• occuparsi all’origine dei problemi
dell’ambiente è meno costoso che eliminare
i danni a posteriori;
• praticare una protezione ambientale proattiva riduce la necessità di misure
legislative.
3. Desideriamo farlo in quel modo perché:
• vogliamo salvare questo mondo per i nostri
figli e nipoti;
• vogliamo assumere responsabilità per le
nostre attività ed i nostri prodotti;
• ci impegniamo non solo per il successo a
breve scadenza, ma anche per una strategia
di benessere di lunga duarata;
• i nostri impiegati lavorano con più
entusiasmo ed impegno se la loro ditta è
sensibile all’ambiente e si assume la
responsabilità per le proprie attività.
Oltre alla protezione dell’ambiente naturale
ci sono quindi molte buone ragioni per
iniziare a praticare l’Ecodesign. Una volta
che la decisione è stata presa i passi da fare
sono:
• ricercare dove esistono problemi ambientali
nella ditta e nell’intero ciclo di vita di un
10
UTOPIE CONCRETE settembre 2001
prodotto (dall’estrazione di materie prime
alla produzione, al riciclaggio e allo
smaltimento);
• definire i passi necessari per risolvere quei
problemi e determinare gli obiettivi:
- definire aree di responsabilità
- iniziare un progetto pilota di Ecodesign
(e chiedere possibilmente contributi)
- organizzare collaborazioni con altri
operatori
- elaborare una strategia integrata di
Ecodesign sulla base del progetto pilota
e delle prime attività;
• comunicare i successi dell’Ecodesign
all’interno e all’esterno dell’azienda,
motivare ed aggiornare i dipendenti.
Elaborare miglioramenti ambientali è quindi
solo un primo passo nella linea di produzione
esistente (Eco-Redesign); l’obiettivo deve
essere di valutare sempre i prodotti
dell’impresa da un punto di vista ambientale
(Eco-innovazione, Innovazione dei sistemi
ambientali, Concetti di un servizio ecoefficiente).
Sull’autrice
Ursula Tischner ha studiato architettura e
design industriale. Ha istituito presso l’Istituto
di Wuppertal il dipartimento di Ecodesign.
Dirige Econcept, l'Agenzia per Consulenza
su Ecologia e Design a Colonia, Germania.
È coinvolta in vari network internazionali ed
attività come EUREKA, PREPARE,
International Standardisation Organisation
(ISO) e O2 international ecodesigners
network.
Giornale
della Fiera delle
Utopie Concrete
AGENZIA FIERA DELLE UTOPIE CONCRETE
via Marconi, 8 - 06012 Città di Castello [PG]
Tel/Fax 0758 554 321
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NUOVE RAPPRESENTAZIONI IDENTITARIE PER LA
VALORIZZAZIONE DEL PATRIMONIO TERRITORIALE
Alberto Magnaghi, urbanista, Università di Firenze
"PUNTI DI VISTA"
un'installazione di Eraldo Ridi
Il paesaggio è l’espressione, percepibile
sensorialmente, dei processi di coevoluzione fra
insediamento umano e natura (il territorio), le
cui regole virtuose di riproduzione nella lunga
durata si percepiscono come armonia, bellezza.
La rappresentazione identitaria del territorio
evidenzia queste regole come guida per il progetto
di futuro. Parafrasando Todd, direi: “progettare
secondo il territorio”.
Nella carta topografica convenzionale la
rappresentazione del territorio è assoggettata ai
principi della geometria descrittiva, “impersonale
ethos cartografico che prostra e schiaccia ogni
cosa nella bidimensionalità della superficie piana”
(Farinelli).
Questo appiattimento risponde in generale ad
una rappresentazione quantitativa e funzionale
dello spazio: il territorio dei luoghi è ridotto a
spazio isotropo, euclideo, supporto inanimato
di funzioni e di opere. Il sogno del dominio sulla
natura, la separazione di processi coevolutivi
verso la costruzione di una seconda natura
artificiale, è “ il mondo secondario” di queste
mappe. La rappresentazione di questo mondo
è ricondotta ad una descrizione quantitativa,
Nell’approccio ecologico, ma ancor più in quello
“territorialista”, i luoghi occultati dall’approccio
funzionalista, nella loro interazione complessa,
non deterministica fra insediamento e ambiente
che ne connota l’identità, sono l’oggetto della
raffigurazione e del racconto.
Nell’approccio territorialista è proprio la ricerca
delle qualità specifiche del luogo che alimenta
il rito fondativo di una nuova configurazione
dell’insediamento umano, che può scaturire
dall’incontro fra le energie della società locale
che reinterpretano o reinventano le potenzialità
future del patrimonio territoriale: è evidente
allora che la interpretazione, la descrizione e la
rappresentazione dei valori potenziali del
patrimonio diviene l’oggetto centrale della
mappa.
Il progetto non è predefinito dalle leggi esogene
della crescita economica, ma è immanente
all’autorealizzazione della società insediata,
quando questa si pone in relazione virtuosa e
sinergica con i valori del proprio ambiente; la
definizione degli obiettivi progettuali comporta
già una fase preliminare di interazione con i
soggetti locali e con il loro “sguardo” sul luogo.
Nell’approccio territorialista è proprio la ricerca delle qualità specifiche del luogo che
alimenta il rito fondativo di una nuova configurazione dell’insediamento umano, che
può scaturire dall’incontro fra le energie della società locale che reinterpretano o
reinventano le potenzialità future del patrimonio territoriale
astratta, dei caratteri estrinseci dei luoghi
(posizione, dimensione, funzioni), mentre
scompare ogni carattere intrinseco, capace di
connotare l’identità, il carattere, il tipo. Il disegno
del territorio è determinato dagli oggetti che lo
occupano come superficie; gli spazi aperti sono
il negativo, il “vuoto” del foglio bianco. La carta
urbanistica tradizionale disegna la distribuzione
delle funzioni e dei loro attributi quantitativi
(standard) su uno spazio areale. Poiché il territorio
è interpretato come supporto di attività
economiche e di opere che ne reificano le
funzioni, ciò che sta sotto al colore che designala
funzione (residenziale, produttiva,
commerciale...) con i suoi indici di edificabilità
non viene rappresentato.
La necessità di costruire progressivamente una
“descrizione densa” (Geerz) dei luoghi, delle
società e dei milieu locali, stratificata e vicina ai
mondi della vita, impone un dislocamento
continuo del punto di vista, un nomadismo
transdisciplinare dell’osservazione e della lettura,
l’incorporamento dello sguardo interpretativo
nella “struttura dei sentimenti” dei luoghi e dei
territori.
Testi di riferimento della relazione
-A. Magnaghi, Il progetto locale, Bollati
Boringhieri, Torino 2000
-A. Magnaghi (a cura di), Rappresentare i luoghi,
metodi e tecniche, Alinea Firenze 2001
Con l’occhio ognuno di noi stabilisce un
punto di osservazione originale, unico e
irrepetibile.
Così, si fa un “punto di vista” delle cose,
della vita, degli altri.
Perché, “il 'destino' è tutto una questione
di inquadratura”.
In questo senso gli “sguardi” che entrano
nelle macchine, osservano i disegni sulle
pareti, riconoscono i colori sono in realtà
le tappe di un viaggio nell’immaginario.
Proiezioni di visioni che una, uno ha di sé
e della realtà, dei voglio e dei vorrei.
Le luci e le ombre sono la grande metafora
dei “contrari” e dei “complementari”; disegni
effimeri da entrarci dentro, rappresentazione
delle “possibilità” e delle “diversità” che
abbiamo dentro di noi.
INNOVAZIONE, QUALITÀ
E AMBIENTE
La certificazione ambientale
come strumento di gestione
ecologica dell’azienda
L’Agenzia Utopie Concrete sta per pubblicare
un documento sulla certificazione ambientale
che risponde a tutte le domande che non si
sono mai potute fare per non dimostrare la
propria ignoranza!
Viene spiegato il sistema di gestione ambientale
in generale e i due tipi di certificazione
ambientale ISO 14000 e EMAS. Una piccola
indagine in Umbria dimostra che la conoscenza
della certificazione ambientale è ancora scarsa
e quali sono i principali ostacoli. L’esempio di
una ditta umbra certificata delinea il percorso
concreto della certificazione.
Il libretto, a cura di Silvia Palazzi, è stato
elaborato in collaborazione con l’ARPA Umbria
e con il sostegno dell’ANPA e della GESENU.
Si ottiene gratuitamente su richiesta.
IL SEMINARIO
Giovedì, venerdì, sabato, 11-13 ottobre, ore 15.00, Circolo degli Illuminati, Palazzo Bufalini
Il seminario coordinato da Wolfgang Sachs del Wuppertal Institut tornerà alla domanda chiave
della conversione ecologica: come progettare sistemi, processi e prodotti in modo tale che si
minimizzi il loro peso sulla biosfera? Giovedì 11 ottobre “Progettare la natura, progettare il
paesaggio". John e Nancy Todd presenteranno le loro riflessioni su un lavoro, partito negli anni
Sessanta, su come progettare secondo natura con le prime living machines. Alberto Magnaghi,
urbanista, esporrà a difesa del patrimonio culturale e paesaggistico dell’Italia Centrale i criteri
per una progettazione del paesaggio ecologicamente ed esteticamente soddisfacente. Massimo
Bastiani porterà l’esempio del piano paesaggistico di Gubbio.
Il secondo giorno del seminario darà voce alla teoria e alla prassi del design ecologico. Carlo
Vezzoli del Politecnico di Milano parlerà di una nuova cultura di progettare prodotti e servizi
più sostenibile e Ursula Tischner, eco designer di Colonia, Germania, racconterà della prassi
quotidiana di come fare eco design. Dieter Schempp, architetto solare di fama internazionale
presenterà suoi lavori che riuniscono in modo felice bellezza, funzionalità ed ecologia.
La tavola rotonda che concluderà il seminario Sabato, 13 ottobre, chiederà “Una società
sostenibile può essere una società più bella?” Wolfgang Sachs solleciterà delle risposte da Melania
Cavelli, urbanista che ha scritto su questo tema nella ricerca “Italia capace di futuro”, dall’attore
Beppe Grillo, dall’assessore alla cultura del Comune di Genova Ruggero Pierantoni e da John
e Nancy Todd. E’ vero che il piacere estetico può essere una forza produttiva per la conversione
ecologica? Anche l’inizio di una proposta potrebbe dare un contributo importante al tema
centrale della Fiera delle Utopie Concrete 2001 sul rapporto fra bellezza ed ecologia.
UTOPIE CONCRETE settembre 2001
11
Giornale
della Fiera delle
Utopie Concrete
segue da pag 1
Dan Bar-On insegna psicologia sociale
all’Università Ben Gurion di Beer
Sheva/Israele. E’ nato ad Haifa nel 1938,
figlio di emigrati ebreo/tedeschi.
Per 25 anni è stato membro del Kibbutz
Revivim è vi ha lavorato in ambito agricolo.
Nel frattempo studiava psicologia sociale e
lavorava nella clinica del Kibbutz.
Il suo libro “Legacy of Silence: Encounters
with Children of the Third Reich” è stato
pubblicato nel 1989 dalla Harvard
University Press e tradotto in francese,
tedesco, giapponese ed anche in ebraico.
All’Università Beer Sheva, dove mediamente
studiavano molti palestinesi, che
possedevano la cittadinanza israeliana, Dan
Bar-On aveva già sviluppato, ancor prima
dell’inizio degli accordi di pace di Oslo,
gruppi di dialogo tra studenti israeliani e
palestinesi e formato i così detti “facilitators”
(mediatori/moderatori) sulla base del
principio che l’Università e l’intero vivere
civile non potevano essere esclusi dal
conflitto, ma che queste sfere della vita
rappresentavano proprio il “caso
d’emergenza” dell’intreccio del conflitto
(lett.) e il suo possibile superamento.
Sami Adwan era ed è ancora docente di
pedagogia all’Università di Betlemme. Dan
e lui si erano conosciuti attraverso diverse
Organizzazioni Non Governative (in
particolar modo attraverso il Child and
Health Care Center a Gerusalemme Est), e
hanno approfondito la conoscenza durante
lo svolgimento di un comune lavoro sullo
studio empirico “Youth and History.
Historical Consciousness among Palestinian
and Israeli Adolescents”.
Che Sami Adwan e Dan Bar-On siano stati
e siano disposti e capaci di lavorare insieme,
è cosa che stupisce, vedendo la biografia di
Sami.
Sami Adwan è membro di una famiglia
musulmana praticante di Beit Sahur, presso
Betlemme, e negli anni 1991-1992 è stato
nelle prigioni israeliane come attivista
palestinese. Ha studiato dal 1972 al 1976
ad Amman, in Giordania, e ha conseguito
il suo diploma in Pedagogia, dal 1976 al
1979 ha lavorato in qualità di lettore ad
Amman. Nel 1979 è migrato assieme alla
moglie allora incinta (nel frattempo la
famiglia ha raggiunto il numero di 7 figli)
a San Francisco, avendo avuto entrambi la
possibilità di frequentare la California State
University, dove Sami ha conseguito il titolo
di M.A.
Dal 1982 al 1984 Sami ha lavorato come
lettore all’Università di Hebron.
Nel 1987 torna all’Università di San
Francisco dove consegue il Ph. D. in
Education Administration. Sin dall’inizio
dei colloqui di Oslo, Sami Adwan ha
lavorato con diverse Organizzazioni Non
Governative, specialmente su progetti di
revisione dei testi scolastici. Assieme a Ruth
Firer della Hebrew University ha lavorato
su di uno studio internazionalmente noto
dal titolo “Comparative Analysis of the
Palestinian/Israeli Conflict in the
Palestinian/Israeli History and civic
Textbooks”.
Negli scorsi anni si è specializzato, all’interno
del conflitto israelo/palestinese,
nell’educazione ambientale.
Dal 1997 è visiting professor presso l’ Arava
Institute for Environmental Studies. Alla
fine del 1999 ha fondato, nell’ambito di
VISUALIZZARE E COMUNICARE L’AMBIENTE
Salvare il clima insieme
Arte e tecnologie solari
La visualizzazione e comunicazione di problemi ambientali spesso non riesce a cogliere
l’attenzione e l’interesse o perché presenta il tema in tutta la sua complessità scientifica
o perché assume un tono di falsa familiarità tipo cartoni animati.
Questo è vero in particolar modo per le questioni energetiche e per l’effetto serra.
La politica energetica a livello nazionale e internazionale e i processi globali di
cambiamenti climatici sembrano lontano dall’agire quotidiano di ognuno di noi.
Però il consumo energetico e le emissioni dei gas di serra avvengono sul luogo. Ogni
singola macchina, ogni impianto di riscaldamento/raffreddamento, ogni lampada
contribuisce al problema. “Arte e tecnologie solari”, una mostra dell’ISES (International
Solar Energy Society) e “Salvare il clima insieme” (www.salvereilclima.it) dell’Alleanza
per il Clima in collaborazione con la Regione Lombardia fanno capire in modo
comprensibile e giocoso che cosa è l’effetto serra e come dobbiamo immaginarci l’era
solare come unica soluzione capace di futuro.
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UTOPIE CONCRETE settembre 2001
AGENZIA FIERA DELLE UTOPIE CONCRETE
via Marconi, 8 - 06012 Città di Castello [PG]
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www.utopieconcrete.it - [email protected]
una iniziativa di una ONG, assieme a Dan
Bar-On, l’indipendente PRIME, che viene
gestito in maniera completamente paritetica,
da Israeliani e Palestinesi.
I collaboratori di PRIME vogliono mostrare,
come scrivono in un documento del gennaio
2000, “come l’ambiente è stato trascurato
da entrambe le parti attraverso il crescente
conflitto”. Con Sami Adwan e Dan Bar-On
vengono premiati per il lavoro di PRIME
due persone che praticano nel suo significato
più pieno il superamento dei conflitti e il
lavoro ambientale, nello stesso modo in cui
Alex Langer lo ha richiesto e per il quale ha
vissuto.
CITTADINO E PROVINCIA
Agenzia Quotidiana di Informazione
Reg. Trib. di Perugia n. 385 del 23.10.1981
Direttore Responsabile: Alberto Giovagnoni
FIERA DELLE UTOPIE CONCRETE
La Fiera delle Utopie Concrete è promossa
dall’Agenzia Fiera delle Utopie Concrete, istituita
dal Comune di Città di Castello, dalla Provincia
di Perugia e dalla Regione Umbria. L’Agenzia, che
è affiancata per l’elaborazione e realizzazione del
programma dall’Associazione Fiera delle Utopie
Concrete, è guidata da un Consiglio di
amministrazione di cui fanno parte rappresentanti
della Provincia, della Regione, del Comune, delle
associazioni ambientaliste e dell’associazione Fiera
delle Utopie Concrete. Coordinatore della Fiera
è Karl Ludwig Schibel.
Per informazioni, iscrizioni e copie del giornale:
Agenzia Fiera delle Utopie Concrete
Via G. Marconi, 8 – 06012 Città di Castello PG
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Questo numero del giornale è stato realizzato
dall’Associazione Fiera delle Utopie Concrete.
Impaginazione: Ideazioni Stampa: Eurolito
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2001 - Occhio-Vista-Visione/Numero 2