Le terapie HI-LUX LABORATORIO ODONTOTECNICO di Martello Francesco Via Modena, 191/A – 44122 Ferrara – Italy – Tel 0532771296 – Cell 3483919876 www.hiluxsoluzionidentali.it - [email protected] CCIAA 36269 – REA 131569 – R.I. FE53469 – INPS 18888681YK – INAIL 1879690/40 P.IVA 01101830386 – C.F. MRTFNC64T15E974I – REG.MIN.SALUTE ITCA01026556 HI-LUX Pagina 1 07/06/2012 Il contenuto delle pagine che seguono è pensato come spunto per essere trasferito al paziente. Esso non vuole assumere alcun tono cattedratico nei confronti della singola preparazione odontoiatrica. Nel contempo, non deve sembrare banale. Bisogna ricordarsi di non dare tutto per scontato perché spesso ciò che sembra molto chiaro non lo è per il paziente. ABALZIONE DEL TARTARO Spesso l’integrità delle strutture portanti dell’elemento dentario è compromessa dalla placca e dal tartaro. È, quindi, realmente indispensabile provvedere alla loro asportazione, per ristabilire quell’igiene orale che resta la migliore protezione per un buono stato di saluto del cavo orale. Il sistema più in uso per tale scopo è l’impiego di un ablatore che, tramite ultrasuoni, è in grado di sgretolare le formazioni calcaree presenti sui denti. Nei casi in cui la normale ablazione con ultrasuoni risultasse – ad un controllo radiologico – insufficiente, si può ricorrere al curettaggio ed alla levigatura delle superfici radicolari, al fine di ottenere una buona adesione tra dente e gengiva, tenendo però presente che tale procedimento, storicamente conosciuto, è stato di recente maggiormente indagato e grazie ai nuovi sistemi ingranditori sono emerse mancanze di continuità sulle superfici trattate con le curette. Un apposito spazzolino montato sul micromotore, con l’aggiunta di pasta moderatamente abrasiva, serve solitamente per detergere lo smalto pigmentato, così come l’impiego di particelle di bicarbonato veicolate con appositi strumenti. È della massima importanza tenere presente che qualsiasi intervento nella bocca del paziente non preceduto da una cultura d’igiene, è inevitabilmente destinato al fallimento. APICECTOMIA (ENDODONZIA CHIRURGICA) Questo tipo di intervento rappresenta una delle ultime possibilità per salvare un dente affetto da un’infezione apicale. L’intervento di apicectomia consiste in una vera e propria pulizia chirurgica, con amputazione della parte terminale del dente (non obbligatoria) per ottenere la massima rimozione possibile dei batteri presenti. Nel maggior numero dei casi, questa operazione viene fatta su denti precedentemente devitalizzati. Alla fine dell’intervento si chiude il canale dentale con appositi materiali, atti ad una perfetta sigillatura del canale radicolare. Sensibilizzare sempre il paziente che si tratta di un intervento chirurgico supportato da molta letteratura e che rappresenta una delle ultime possibilità di recupero di quell’elemento. Va infatti sempre preferita, quando è possibile, la via ortograda. La via retrograda va intrapresa come ultima risorsa di recupero o, in alcuni casi particolarmente complessi, come arma di riserva per completare la terapia ortograda. Il consiglio è quindi, nei casi complessi, di spiegare con chiarezza al paziente che il recupero di un elemento tanto compromesso può rendere necessario un doppio intervento sullo stesso, sfruttando al massimo le performance ottenibili, sia dalla via anterograda che da quella retrograda. HI-LUX Pagina 2 07/06/2012 AVULSIONE DEL TERZO MOLARE Il terzo molare, specialmente se mal posizionato, può essere responsabile di quadri complessi che vanno da semplici infiammazioni locali ad altre patologie come: l’erosione del dente vicino, disturbi di masticazione, d’occlusione ed altre patologie con sintomi vaghi e saltuari, spesso capricciosi e di non facile diagnosi. Per questo ed altri motivi, si ricorre alla sua asportazione. Tale intervento comporta l’esecuzione di un taglio gengivale per scoprire l’osso sottostante (lembo) e, spesso, la separazione dell’elemento per facilitarne l’estrazione. Dopo di che, si riposiziona il lembo con la sutura chirurgica. Anche se l’argomento è delicato, non ci si deve esimere dall’informare il paziente sul rischio di lesione del nervo alveolare in caso di interventi complessi sulla mandibola. Essere chiari e sereni nell’enunciare la cosa è molto meglio che prenderla alla larga. TERAPIA CONSERVATIVA DELLA CARIE La carie può svilupparsi su differenti superfici del dente e viene, infatti, classificata in base alla sua localizzazione. La terapia consiste nell’asportazione della parte malata creando una cavità, perfettamente detersa, da riempire successivamente con un idoneo materiale. L’impiego della dia di gomma è indispensabile per ottenere un ambiente idoneo nel quale eseguire il restauro. Vi sono rari casi in cui il paziente è infastidito dalla diga, e si tratta molto spesso di uno stato ansioso facilmente dominabile, specie se si ricorda al paziente che con tale presidio non corre il rischio di ingoiare corpi estranei. La metodica più diffusa è rappresentata dall’impiego di strumenti rotanti (turbine e micromotori), anche se esistono tecniche alternative, come il getto ad alta velocità di particelle microscopiche, l’impiego del laser odontoiatrico, e la lisi chimica delle parti interessate. Il fine resta in ogni caso lo stesso, ovvero, l’asportazione meccanica, luminosa o chimica, della parte malata. La ricostruzione della parte mancante del dente è realizzata mediante impiego di materiali appositi, al fine di ricostruire l’anatomia precedente. Lo spettro merceologico è oggi veramente vasto (amalgama, intarsi diretti ed indiretti, in resina o ceramica, ecc). Sta al professionista optare per la scelta più corretta dei materiali per una riabilitazione che porti al miglior ripristino estetico-funzionale. CORONA SINGOLA Quando un dente risulta molto danneggiato da una patologia cariosa o da un trauma, è indispensabile ricoprirlo totalmente con una corona. Questo intervento diviene improrogabile quando un elemento sopporta un’otturazione così vasta da comportare il rischio di frattura. Particolarmente sensibili a tale eventualità sono i premolari e molari con estese ricostruzioni di tipo mesio-occlusodistali (M.O.D.). HI-LUX Pagina 3 07/06/2012 Ricorrere prontamente o preventivamente al totale rivestimento cuspidale con una corona salva, nella maggioranza dei casi, il destino del dente. Di fronte a questi termini, anche il paziente solitamente più reticente comprende la necessità di tale procedura terapeutica. DEVITALIZZAZIONE O TERAPIA CANALARE In questo atto terapeutico, ricerca clinica e letteratura danno per scontato l’impiego della diga di gomma, dell’ipoclorito (possibilmente al 5% e riscaldato) e di una radiologia altamente diagnostica. Con tale premessa si può descrivere un corretto atto terapeutico. Infatti, quando la carie è così profonda da entrare in contatto con il nervo, è necessario ricorrere alla sua asportazione – devitalizzazione onde evitare dolorose conseguenze e complicanze che possono portare, nei casi più gravi, alla perdita dell’elemento. All’interno di ogni dente sono presenti uno o più canali contenenti le terminazioni nervose responsabili delle note sensazioni di caldo e freddo e relativi dolori. Con appositi strumenti, tali terminazioni vengono asportate dai canali e successivamente con particolari alesatori si da agli stessi una forma più conica possibile per agevolarne il riempimento. Quando la cavità è perfettamente pulita si ottura tridimensionalmente con un apposito materiale derivato dal caucciù, creando una valida barriera ai batteri. La ricostruzione di un elemento devitalizzato dipende, in massima parte, dalla percentuale di dente sano rimasto, anche se si consiglia di ricoprire sempre con una corona il dente trattato endodonticamente. Può accadere che, considerato il residuo di sostanza, si valuti come accettabile il rischio di frattura e si proceda con una semplice otturazione intercettava. Nel caso in cui la percentuale di dente residuo sia veramente modesta, con scarso sostegno smalto-dentinale, si può sfruttando i canale precedentemente devitalizzato, ricorrere ad un perno utilizzato come struttura di sostegno, per procedere successivamente ad una ricopertura con una corona. Si ritiene che in questo capitolo sia doverosa una breve considerazione sulla diga di gomma, usata da tutti ma acquisita da pochi. Di fatto non esiste paziente che non si riesca a motivare: i casi di non accettazione di questo indispensabile presidio sono sinceramente molto rari. In ogni caso, illustrata la sua assoluta indispensabilità anche il paziente si convincerà all’impiego, non solo, ma quei pochi reticenti, diventeranno, dopo poche sedute con campo isolato, dei veri e propri partigiani. Per chi si occupa principalmente di endodonzia è veramente difficile pensare di compiere un tale atto terapeutico senza l’isolamento del campo. Purtroppo avviene la stessa cosa per chi non è abituato al suo uso e crede impensabile riuscire ad impiegarla in modo sistematico. Non esiste una ricetta sicura per vincere l’inerzia mentale all’impiego, se non fare leva sugli indiscussi vantaggi e sulla discriminante culturale per chi si arroga raffinata qualità odontoiatrica senza l’isolamento del campo operatorio, cosa universalmente riconosciuta come un binomio impossibile. RITRATTAMENTO CANALARE Un discorso a parte meritano i trattamenti canalare, ovvero la necessità di rifare una devitalizzazione procedente. Quando, per diversi motivi, una terapia canalare risulta in qualche modo contaminata da batteri compare, nella zona apicale del dente, un alone di differente densità, facilmente individuabile con un radiografia. HI-LUX Pagina 4 07/06/2012 Si ricorre al ritrattamento, anche senza evidenza radiologica di lesione, quando è necessaria una nuova protesizzazione di un elemento trattato da tempo. Radiografia che si consiglia sempre di spiegare al paziente. In questi casi è opportuno privilegiare, quando possibile, la via ortograda, cioè una nuova terapia, percorrendo la direzione corono-apicale, sostituendo completamente il vecchio materiale presente nel canale. Nei casi più complessi può diventare indispensabile ricorrere ai sistemi ingranditori (microscopio endodontico, lenti, telecamere macro) che permettono di risolvere ritrattamento altrimenti difficilmente realizzabili. Se la via ortograda risultasse impraticabile, una delle ultime possibilità per il recupero dell’elemento è rappresentata dalla terapia endodontica per via retrograda (micro chirurgia endodontica). FACCETTE O VENEERING Se un dente presenta dei difetti senza avere una struttura particolarmente compromessa, una faccetta vestibolare è in grado di risolvere i problemi d’estetica senza ricorrere ad una corona completa. Vi è anche un grosso vantaggio in termini di “prezzo biologico”: infatti, la terapia, in questo caso, è sicuramente più rispettosa nei confronti dei tessuti smaltodentinali residui. La faccetta è un manufatto di spessore molto modesto, che può essere utile paragonare nella descrizione ad un’unghia, che viene applicata sopra il dente, sulla superficie preventivamente pulita e preparata, grazie alle tecniche di odontoiatria adesiva. È un intervento superficiale con il quale si ottiene un risultato estetico di ottima qualità. IMPIANTO SINGOLO Per rimpiazzare un elemento mancante senza intervenire su quelli vicini con l’applicazione di un ponte tradizionale, si ricorre sempre più frequentemente all’impianto dentale. Esso consiste in due parti: una vite che viene chirurgicamente inserita nell’osso ed il palastro che crea la connessione fra la vite e la corona protesica. Dopo aver praticato, con appositi strumenti, un foro nell’osso, l’impianto è inserito avvitandolo sino ad ottenere una notevole stabilità: questo è un presupposto da ricercare tutte le volte che sia tecnicamente possibile. Dopo un periodo di osteo-integrazione, che varia da due a sei mesi, a seconda di vari fattori, fra cui la zona d’inserzione, il tipo di impianto, la qualità dell’osso stesso, ecc, l’impianto diviene praticamente parte integrante dell’osso stesso. A questo punto viene avvitato il pilastro per l’applicazione del supporto protesico. Negli ultimi anni la ricerca ha dato nuovi impulsi al mercato offrendo l’opportunità di impiegare impianti appositamente studiati per ridurre i tempi di protesizzazione. Si tratta dei post-estrattivi immediati, in grado di essere inseriti, subito dopo l’estrazione, nell’alveo disabitato (vantaggiosi nel gruppo frontale). La loro particolare conformazione, permette di ottenere una buona stabilità primaria così da supportare un provvisorio immediato evitando i lunghi tempi di attesa. HI-LUX Pagina 5 07/06/2012 IMPIANTI PER TOTALE (OVERDENTURE AD ANCORAGGIO IMPLANTARE) Questi impianti sono molto utilizzati nei casi di edentulia (mancanza parziale o totale di denti) per aumentare la stabilità delle protesi totali. In una mandibola priva di denti si possono inserire due impianti nella posizione dei canini, o in altra idonea. Trascorso il tempo necessario per l’osteo-integrazione, sugli impianti vengono fissati degli appositi bottoni (come gli automatici degli abiti) che, incastrandosi nelle femmine degli attacchi inseriti nella protesi mobile, ne consentiranno una maggiore stabilità. Attualmente, la percentuale di successo di questi impianti è molto alta, come sottolineato dalla recente letteratura, anche grazie alla semplificazione delle fasi d’intervento per il loro posizionamento. Ovviamente, i casi devono essere selezionati dal dentista che deve accertarsi dei presupposti adatti per un buon fine del lavoro: l’età del paziente, l’assenza di gravi malattie, la presenza della necessaria quantità d’osso ed altri requisiti. INTARSIO L’intarsio è una forma di restauro che prevede, dopo l’asportazione della parte malata a mezzo di strumenti rotanti, la chiusura della cavità con materiale modellato su misura in laboratorio. Negli anni passati l’intarsio era quasi sempre di materiale aureo. La richiesta dei pazienti e la ricerca hanno portato oggi ad avere materiali alternativi all’oro, come le ceramiche di sintesi e le resine. L’intarsio, cementato sul dente, garantisce, in casi selezionati dal dentista, una maggiore resistenza e durata nel tempo rispetto alle normali ricostruzioni con resine composite o amalgama. LEMBO MUCOSO Il lembo è il sollevamento del tessuto mucoso che consente di vedere al disotto la situazione ossea e dentale. Viene praticato per diversi scopi terapeutici fra i quali: la pulizia dell’osso intaccato da batteri, nel caso di malattia parodontale profonda, ed in tutti i tipi di chirurgia atti al raggiungimento dell’osso (impiantologia, chirurgia endodontica, asportazione di cisti, ecc). Con un apposito strumento, si discosta la parte malata dall’osso e, al pulizia avvenuta, il lembo viene fermato con i punti di sutura. In tutti questi interventi è vantaggioso dare al paziente un modulo prestampato su tutto ciò che potrà e non potrà fare nel corso del decorso post-operatorio. LEMBO CON MEMBRANA OSTE-INDUCENTE L’utilizzo della membrana oste-inducente è indicato quando necessita una maggiore presenza d’osso in un determinato settore della bocca. La membrana, posta dopo aver praticato un lembo nella zona interessata, resta sospesa sull’osso, per mezzo di un’armatura metallica, come un tendone da circo. Grazie alla sua proprietà di permeabilità HI-LUX Pagina 6 07/06/2012 selettiva, lascia passare un certo tipo di cellule che consentono nel tempo la crescita dell’osso sottostante fino al punto più alto del “tendone da circo”. Secondo altri ricercatori, è invece in grado di proteggere al meglio la zona interessata creando le condizioni più favorevoli per la ricrescita di osso. Ottenuta tale crescita, la membrana viene rimossa. Da qualche anno sono disponibili anche le membrane con analoga funzione, ma riassorbibili. Queste ultime evitano così la riapertura, ovvero il re-intervento di rimozione: con il tempo la ricerca ci dirà se la loro efficacia è uguale alle membrane non riassorbibili ma resta comunque il grosso vantaggio clinico del non rientro chirurgico. PONTE Il ponte, come dice il nome stesso, è una struttura che si estende su due sponde. I denti che devono accoglierlo – chiamati pilastri – vengono monoconizzati, cioè ridotti di volume in tutta la loro circonferenza, in modo da poter accogliere la travata metallica che supporterà il ponte stesso. A seconda del loro stato e/o della loro forma si deve, in alcuni casi, ricorrere al trattamento canalare per poterli protesizzare. Le caratteristiche dei materiali impiegati garantiscono un ottimo risultato estetico e funzionale. Le regole di protesizzazione sono assai complesse e non vanno assolutamente trascurate: ogni caso andrà valutato dal professionista al fine di garantire un risultato costante nel tempo. In proposito, non dimentichiamo di precisare che ogni tipo di riabilitazione protesica “fissa” sia su pilastri naturali che supportata da impianti, comporterà una “manutenzione” e “cura” su cui è fondamentale sensibilizzare il paziente. Ovvero, si fornisca il “libretto di istruzioni e d’uso”: un elenco di alimenti da evitare che sottoporrebbero la riabilitazione ad uno sforzo bio-meccanico inutile. Quindi, come non ci stupiamo che il collega ortopedico raccomandi prudenza assoluta al paziente operato di protesi all’anca, altrettanto deve fare il dentista. PROTESI MOBILE TOTALE Nei pazienti privi di denti, o con denti tanto compromessi da non poter essere impiegati come supporti, si ricorre alla protesi totale. È un manufatto resinoso, realizzato seguendo al meglio l’anatomia boccale del paziente, sul quale sono stati montati degli elementi finti rassomiglianti il più possibile a quelli della dentatura originale. Si cerca sempre di non modificare né la linea del sorriso ne le pieghe fisionomiche del paziente per non alterare il suo aspetto. La componente fisionomica è spesso l’arma vincente per la soddisfazione del professionista e, soprattutto, del paziente che se soddisfatto del risultato estetico è più propenso ad una accettazione psicologia. Si ricordi al paziente che tale manufatto necessiterà di una sorta di manutenzione (ribasatura) e che all’inizio potranno essere necessari piccoli ritocchi. HI-LUX Pagina 7 07/06/2012 RICOSTRUZIONE CON PERNO Quando la carie è molto estesa, si è costretti ad un’asportazione cospicua di parte malata, cosicché il dente residuo diviene particolarmente debole e quindi inadatto ad una normale otturazione. Per ridare la corretta funzione e la naturale estetica ad un elemento tanto compromesso, esso deve essere ricoperto con una corona in oro, ceramica o altro materiale. Per fare questo, è necessaria una ricostruzione di quanto è residuato dell’anatomia del dente. Ciò richiede una fase preparatoria: ovvero il trattamento endodontico atto ad ottenere un canale idoneo per l’inserimento di un perno in fibra di carbonio, o di altro materiale idoneo. Questo consente di creare una struttura che funga da impalcatura al materiale da restauro. Ottenuto un moncone si può procedere alla realizzazione, previe impronte di precisione, di un manufatto protesico, realizzato dal laboratorio odontotecnico. Per quanto riguarda l’impiego di un materiale piuttosto che un altro, si sottolinea che la ricerca scientifica, universalmente accettata, si orienta su materiali con caratteristiche meccaniche simili alla dentina. Questo per garantire una realizzazione dell’unità ricostruita il più simile possibile al complesso lavoro fatto da “madre natura”. SCHELETRATO CON ATTACCHI La protesi scheletrata è utilizzata quando l’area priva di denti è estesa e non è possibile, per svariati motivi anatomici e dei tessuti circostanti, ricorrere ad una protesi fissa. Oppure in altri casi come riabilitazione temporanea, in attesa di soluzioni di tipo fisso. Ed in altri ancora, quando le possibilità economiche del paziente entrano d’ufficio in un’odontoiatria sociale, che è sempre bene considerare. L’apparecchio viene costruito dall’odontotecnico su un modello di gesso ricavato dall’impronta orale del paziente. Esso è costituito da un’anima di metallo molto resistente e da una parte in resina di colore simile a quello della gengiva, sulla quale sono fissati i denti finti. Sul primo dente dello scheletrato viene inserito un supporto ad incastro destinato ad attaccarsi in bocca con il dente pilastro, portatore dell’attacco ricevente. Normalmente viene costruita una corona apposita con l’attacco già saldato. SCHELETRATO CON GANCI La protesi scheletrata con ganci è utilizzata nei medesimi casi in cui è impiegato lo scheletrato con attacco, ed anche la sua realizzazione è uguale, salvo che per il sistema di ancoraggio in bocca. HI-LUX Pagina 8 07/06/2012 Infatti la protesi è ancorata ai denti residui a mezzo di ganci integrati nella sua stessa struttura. Ovviamente si impiega in quei casi in cui un gancio è occultabile in una zona che non viene interessata dalla linea del sorriso del paziente. In casi selezionati può essere una valida alternativa, per tempi e costi, nei confronti di riabilitazioni assai più complesse. IMPIANTO OMOLOGO DI OSSO Con questa definizione si intende un atto terapeutico che ripristina l’osso che è stato danneggiato o perso a seguito di insulti patogeni. Poiché l’osso è il supporto della dentatura, un suo degrado od una sua riduzione compromette inevitabilmente la stabilità dei denti e, talvolta, rende impossibile il rimpiazzo di denti persi. In questo caso, l’unica soluzione è il trapianto di osso omologo, consistente in un prelievo da un punto intraorale od extraorale del paziente stesso, della quantità di osso necessaria per posizionarlo nella zona vuota. Il sito donatore intraorale è solitamente la zona sinfisiaria del mento, lo spazio retromolare, o la branca montante della mandibola. I prelievi extraorali, solitamente spina iliaca e tibia, richiedono una struttura protetta, mentre quelli intraorali sono effettuati nello studio dentistico stesso. Nei casi meno gravi, si ricorre spesso all’impiego di osso totalmente o parzialmente sintetico in grado di fungere da riempitivo, ricordando però che dalle valutazioni istologiche risulta assai diverso rispetto all’osso omologo. HI-LUX Pagina 9 07/06/2012