A. JOOS (IEPCTC1A) (edizione 2010) L’INTENTO ECUMENICO. PREMESSE E CRITERI TEOLOGICI - BILANCIO E PROSPETTIVE CAPITOLO I IL CRITERIO TEOLOGICO FONDAMENTALE DELLA SVOLTA ECUMENICA: RISCOPRIRE INSIEME LA CHIESA COME MISTERO ▲▼▲▼▲▼▲▼▲▼▲▼▲▼▲▼▲▼▲▼▲▼▲▼▲▼▲▼ (nell'unico battesimo e nell'unica Parola di Dio) THE STARTING THEOLOGICAL CRITERIUM FOR THE ECUMENICAL INTENT: REDISCOVERING TOGETHER THE CHURCH AS GOD‘S MYSTERY INTRODUZIONE RISITUARE L’APPROCCIO ECCLESIOLOGICO Dopo aver considerato alcuni presupposti, o premesse dell‘intento ecumenico, occorre passare ai vari nodi teologici della promessa ecumenica, per prospettare –da essi- le chiavi metodologiche prioritarie verso la riconciliazione, partendo dall'esperienza stessa del movimento ecumenico. Il concilio Vaticano II non ha voluto –con il suo ‗decreto ―Unitatis redintegratio‖‘redigere una ‗Magna Charta‖ ecclesiologica del proprio ecumenismo (come taluni pensavano anche poter fare per le missioni (cfr infra)) e che avrebbe necessitato uno statuto di documento almeno parallelo a quello di ―Costituzione‖ ecumenica 1. Il primo obiettivo sarà di superare la polarizzazione delle ecclesiologie d‘ogni Chiesa ripiegata confessionalmente su se stessa 2, o le 'terminologie di lusso' (o modi di esprimersi dei soli 'specialisti') come le diciture d‘ecclesiologia di 'verticalità' o di 'orizzontalità' 'bricciolizzazione' del dialogo 1 3, 4, o anche parlando tra i ‗specialisti dell‘ecumenismo‘ di oppure trattando della tentazione di fare della teologia L. Jäger, Das Konzilsdekret über den Ökumenismus , Paderborn 1965, S. 84: «2. Das Dekret ―Über den Okumenismus‖ wendet sich an die Kattholischen Christen und hat eine pastorale Zielsetzung. Es will den katholischen Christen zeigen, wie sie an der weltumfassenden ökumenischen Bewegung teilnehmen können. In seiner römischen Pressekonferenz vom 11. November 1964 hat Dr. Lukas Vischer mit Recht gesagt: ―Der neue Text... weist im Vorwort ausdrücklich auf die Existenz der ökumenischen Bewegung hin und macht deutlich, daß nicht eine Magna Charta für die gesamte ökumenische Bewegung aufgestellt, sondern nur eine Stellungnahme der römisch-katholischen Kirche zur ökumenischen Bewegung gegeben werden solle. Diese Änderung scheint mir verheißungsvoll. Wenn diese Erkenntnis in die Tat umgesetzt wird, wird die Zusammenarbeit) der Kirchen wesentlich erleichtert warden‖». 2 H. Fries, Ökumenischer Stillstand? , in «Catholica», 1974 Nº 2, S. 110. 3 Ph. Potter, Den Konflikten nicht ausweichen, in «Lutherische Monatshefte», 1974 Nº 6, S. 287. 4 S. Bulgakov, Vers la réunion de l'Eglise, in «Istina», 1969 nº 2, p. 239. 1 ecclesiologica la sorgente inventiva (e non regolativa) del prospetto ecumenico 1, o ancora riducendo la qualità ecumenica della teologia ad 'un settore scientifico ecumenico' della teologia 2. La proposta ecumenica si delinea anche oltre e aldilà dei timori sulla non unitarietà (per alcuni 'terminologia confusa') del linguaggio teologico-ecumenico, carico di sensi diversi secondo le tradizioni cristiane 3, e dei timori che una riprospezione mentale possa significare 'rivoluzione' contro le Chiese stabilite 4. Gli osservatori più restii del processo ecumenico accuseranno gli ‗ecumenisti‘ di usare un ‗doppio linguaggio‘ come fanno i politici, dando con una mano ciò che riprendono con l‘altra 5. Dalle priorità ecclesiologiche, si risalirà 'oltre' la stretta impostazione ecclesiologica per intuire le dimensioni ulteriori della scommessa ecumenica. È stato notato da parte ortodossa, che la tradizione d‘oriente non si è focalizzata su una previa ‗definizione‘ della Chiesa per recusare o no l‘intento ecumenico, guardando meno alle formule che al mistero stesso della Chiesa 6. Si fa anche notare che accanto alla miopia ecclesiocentrica, vi potrebbe essere anche quella cristocentrica: cioè quella della ristrettezza di focalizzazione sulla formale 'fondazione da parte di Cristo di una unica Chiesa' (cfr infra) 7. Pertanto, si dirà che non viviamo ‗nell‘unità‘ ma ‗dalla‘ unità come sorgente del mistero 8. APRIRE L‘ECCLESIOLOGIA AL DI LÀ DI SE STESSA Il primo criterio tenterà innanzitutto di situare l‘intento ecclesiologico nel prospetto ecumenico-teologico più ampio. Si prende atto che il trattato specifico e recente del ‗de Ecclesia‘ nasce -infatti- in modo sbilanciato nella Chiesa cattolica di comunione romana (sistematizzazione ecclesiologica non presente in certe altre tradizioni), come una prevalente lotta contro vari ‗errori‘, 1 G. Pattaro, I fondamenti della pastorale ecumenica , in «Ut unum sint», 1971 nº 1, p. 10; cfr J. Willebrands, Bilan oecuménique, in «La documentation catholique», 1975 nº 1668, p. 68; cfr A. Bea, L'unione dei cristiani, Roma 1962, p. 91. 2 B. Lambert, Das ökumenische Problem, Basel 1963, B. I, S. 62-63. L. J. Suenens, L'oecuménisme contesté, in «La documentation catholique», 1971 nº 1590, p. 676; P. Lengfeld, Sind heute die traditionnellen Konfessionsdifferenzen noch von Bedeutung?, in «Una Sancta», 1971 Nº 1, S. 29-30. 4 N. Schiffers, Ökumenische Spiritualität, in «Ökumenische Rundschau», 1973 Nº 4, S. 483-484. 5 P. Barnes, The Ecclesiological Schizophrenia of the Orthodox Ecumenists. Ecumenist "Double Speak" , in «Orthodox Christian Information 3 Center», in «Internet» 2010, http://www.orthodoxinfo.com/ecumenism/doublespeak.aspx: «What many of those Orthodox Christians trying to make sense of the ecumenical movement do not realize is that the ecumenists—much like today's politicians—speak out of both sides of their mouths. The ecclesiological language of the ecumenical movement is highly contradictory: often what is given out with one hand is taken back two- or even ten-fold with the other. In this way they are frequently able to convince those who are not well-grounded in the Orthodox faith or who have only superficially studied the ecumenical movement that their words and deeds are not a violation of Holy Tradition—especially when Tradition as they understand it includes such wholly un-Orthodox pronouncements as the infamous Patriarchal Encyclical of 1920, by which the Church of Constantinople entered the ecumenical movement». 6 N. A. Jesson, Orthodox contributions to ecumenical ecciesiology , in «Internet» 2010, http://ecumenism.net/archive/jesson_orthodox.pdf (screen page 1): «Eastern Orthodox churches generally do not begin theological reflection with the doctrine of the church. Georges Florovsky‘s comment below is representative: «On the Orthodox side, it has been claimed more than once that no strict or formal ―definition‖ of the Church is possible and that no such definition is needed. Indeed, the Fathers of the ancient church did not care for f ormulas simply because they had an existential knowledge of the Church, an intuition or vision of her mysterious reality. One does not define what is selfevident 1». (1 G. Florovsky, Collected works of Georges Florovsky, Vaduz, Liechtenstein 1989, v. 14, p. 29. ) 7 D. Gill, Gathered for Life. Official Report of the VI Assembly of the World Council of Churches, Vancouver 1983, Geneva 1983, p. 20; cfr the WORLD CONFERENCE OF FAITH AND ORDER, cited in B. Leeming, The Vatican Council and Christian Unity, New York 1966, p. 34. 8 P. Michalon, Prière et unité, in «Pages documentaire ―Unité chrétienne‖», 1974 nº 33, p. 9: «A ce point de réflexion, nous sommes obligés de dire que c'est au mystère de l'être même de l'Eglise que les chrétiens doivent «communier», non pas seulement pour vivre dans l‘Unité, mais plus exactement: pour vivre de l'Unité. Chaque chrétien est dès lors contraint d'affirmer: l'Unité ne m'est pas étrangère. Elle n'est pas une richesse que j'acquerrai, avec joie de la partager entre frères. L'Unité! elle constitue mon être chrétien même, comme le leur; j'y suis engagé, comme eux! impossible de parfaitement l'objectiver pour la soumettre à mes prises et aux leurs. J'en vis; j'en veux vivre; comme je veux que les autres en vivent; comme les autres en veulent vivre. C'est pourquoi, chaque jour, l'Eglise catholique demande pour elle-même cette grâce de l'Unité». 2 e come la promozione quasi esclusiva della mediazione gerarchica tanto da diventare una ‗gerarcologia‘ 1. È stato chiarito da parte delle prime prese di coscienza ecumeniche, che l‘intento ecumenico non poteva legarsi a priori ad una particolareggiata definizione (confessionale, denominazionale) della Chiesa 2. Si pone, comunque inevitabilmente, la questione ecclesiologica nella quale si muove l‘intento ecumenico, con la richiesta di un approfondimento riguardo allo studio sulle prospettive ecumeniche dell‘ecclesiologia stessa 3. Non si prospetta –ovviamente- una 'ecclesiologia sincretista', ma si intende uscire dalla 'ipnosi ecclesiologica' 4 nella quale si è insabbiato il movimento ecumenico -come si avverte dalle varie panoramiche storiche sul cammino ecumenico 5- sotto pressione delle gerarchie strutturali delle Chiese 6. La svolta ecumenica non è il sostegno ideologico per arrivare alla costituzione di una 'terza confessione' di sapore semplicisticamente e vagamente 'cristiana' 7. L'insistenza sulla priorità 'ecclesiologica' (tra timori di scoraggiamento e speranze di coesione ritrovata dopo i conflitti mondiali 8), fino all''ecclesiocentrismo' è emblematico di una prima fase della maturazione ecumenica 9. Dire che 'tutti nelle Chiese' -il Popolo di Dio stesso dalla scommessa ecumenica 12 10, uomini e donne 11- sono coinvolti ed interpellati non vuol dire che tutto il movimento ecumenico si riduca a questioni 'di Chiese' o ecclesiologiche... Anzi, affermando che ‗l‘ecumenismo‘ non è una ‗entità autonoma‘ 13, occorre andare fino in questa prospettiva: o cioè l‘intento ecumenico non è autonomo dalla Chiesa e dalle Chiese, come le Chiese e l‘ecclesiologia non sono ‗autonome‘ da Y. Congar, Jalons pour une théologie du laïcat, Paris 1954, p. 68: «On voit comment le traité de l'Eglise, s'étant constitué comme traité 1 particulier en réponse au gallicanisme, au conciliarisme, à l'ecclésiologie purement spirituelle de Wycliff et de Hus, aux négations protestantes, puis, plus tard, à celles de l'étatisme laïc, du modernisme, etc., s'est aussi constitué en réaction contre des erreurs qui, toutes, mettaient en question la structure hiérarchique de l'Église. Le De Ecclesia fut principalement, parfois presque exelusivement, une défense et une affirmation de la réalité de l'Eglise comme appareil de médiation hiérarchique, des pouvoirs et de la primauté du Siège romain, bref une «hiérarchiologie»»; cfr A. Milano, Editoriale , in W. Kasper – G. Sauter, La Chiesa luogo dello Spirito. Linee di ecclesiologia pneumatologica, Brescia 1980, pp. 15-16. N. A. Jesson, Orthodox contributions to ecumenical ecciesiology , in «Internet» 2010, http://ecumenism.net/archive/jesson_orthodox.pdf 2 (screen page 1): «At the 1950 Toronto meeting of the World Council of Churches Central Committee, the Council foreswore any particular ecclesiology or concept of church unity 1». (1 The ‗Toronto Statement‘ includes five disclaimers under the heading: ―What the WCC is not.‖ The third and fifth of these are as follows: (3) ‗the: WCC cannot and should not be based on any one particular conception of the Church. It does not prejudge the ecclesiogyc al problem,‖ and (5) ―membership of the WCC does not imply the acceptance of a specific doctrine concerning the nature of church unity.‖ G. K. A. Bell (ed.), Documents on Christian Unity, 4° series, 1948-57 (London: Oxford University Press, 1958.) 3 Cfr il riferimento all‘intervento di J. Zizioulas a Compostella, in K. Raizer, Entre nos Eglises, quelle communion?, in «Unité des chrétiens», 1995 nº 99, pp. 4-6. 4 Cfr il contrasto -nella presentazione della situazione ecumenica- tra la panoramica delle vicende 'ufficiali' e lo sbocco verso una richiesta di "andare «oltre»", che però rientra subito su altri momenti ufficiali, in M. Vingiani, Il momento critico dell'ecumenismo, in AA. VV., Manderò il mio Spirito su tutti, Roma 1994, pp. 11-16. 5 G. Thils, Histoire doctrinale du mouvement oecuménique, Louvain 1955; G. Tavard, Petite histoire du mouvement oecuménique, Paris 1960; M. Villain, Introduction à l'oecuménisme, Tournai 1961; C. Boyer, Le mouvement oecuménique, les faits - le dialogue, Rome 1976; S. Spinsanti, Ecumenismo, Roma 1982; G. Pattaro, Corso di teologia dell'ecumenismo , Brescia 1985; B. Chenu, La signification ecclésiologique du Conseil oecuménique des Eglises, Paris 1972. 6 Cfr l'accentuazione della compenetrazione tra Spirito Santo e Chiese: "ove è lo Spirito, lì è la Chiesa... ove è la Chiesa, ivi è lo Spirito", in D. Papandreau, L'appello allo Spirito Santo nel movimento ecumenico , in AA. VV., Manderò il mio Spirito su tutti , Roma 1994, p. 29. Cfr W. Siebel, Aufgabe der ökumenischen Arbeit, in «Stimmen der Zeit», 1973 Nº 4, S. 217 (ref. K. Rahner); J. Grootaers,Crise et avenir de l'oecuménisme, in «Irénikon», 1971 nº 2, p. 185. 8 R. S. Bilheimer, The Significance of Amsterdam, in «The Ecumenical Review», 1988 nº 4, pp. 326-334. 9 S. Spinsanti, Ecumenismo spirituale , in AA. VV., Nuovo dizionario di spiritualità , Roma 1979, pp. 465-466; cfr l'impostazione ecclosiologica in: ROMAN CATHOLIC CHURCH, Baptism, Eucharist and Ministry: An Appraisal, in «Origins», 1987 nº 23, p. 404; COMMISSION OF FAITH AND ORDER, Baptism, Eucharist and Ministry: 1982-1990. Report on the Process and Responses , Geneva 1990, pp. 147-151. 10 R. Goldie, The Laity and the Ecumenical Activity after Uppsala , in «One in Christ» 1969 nº 2, p. 176. 11 WOMEN'S ECUMENICAL LIAISON GROUP (WELG), Review of Activity 1968-1972, and Recommandations for the Future, submitted to the RCC/WCC Joint Working Group , Rome 1967, p. 1. 12 H. Beck, Ecumenism, in AA. VV., Encyclopedia of Theology, London 1975, p. 423; E. Francis, Catholic Ecumenism, Washington 1953, 7 pp.45-46. 13 COLLOQUE INTERCONFESSIONNEL DE LIEBFRAUENBERG 8-13 MARS 1970, L‘avenir de l‘oecuménisme, in «Unité chrétienne», 1971 nº 21, p. 68. 3 tutto l‘intento della fede. Il rischio sarebbe di proseguire nei 'monologhi' delle Chiese (ognuna per conto suo), più o meno come nel passato 1, magari senza una violenta aggressività mutua. Viene dunque formulato l‘invito a superare le ‗anomalie ecclesiologiche del passato‘ 2. Il 'patto' (Covenant) e 'l'impegno' (Commitment) delle Chiese, che ha permesso la costituzione del Consiglio ecumenico delle Chiese, è certo indicativo in questo senso 3. In termini strettamente ecclesiologici, si teme sempre di ridurre la problematica tra 'ecclesiologia dell‘evento' ed 'ecclesiologia istituzionale' 4 (o anche 'protestante' e 'cattolica' oppure 'protestante' ed 'ortodossa' 5), di fronte alla quale si prospetterebbe la 'neutralità ecclesiologica' del Consiglio ecumenico 6. Il pontificato romano degli anni '80-'90 sembra –poi, secondo alcuni- iscrivere l'intento ecumenico ed ecclesiologico in un‘inquadratura 'esistenzialista', con al centro 'l'essere umano' 7. L'eccessivo peso ecumenico dato all‘ecclesiologia -dall'altra parte- è stato certo puntualizzato da tempo 8. Il paesaggio ristrettamente ecclesiologico spiega anche le diffuse lamentele sulle indelicatezze inter-ecclesiali, viste come ‗cattiva volontà‘ di una Chiesa di fronte all‘altra 9. Il rischio maggiore sarebbe di arrivare ad uno 'ecclesiomonismo', dove tutto si concentra esclusivamente su ‗problemi di Chiese‘? Un‘ecclesiologia unica che soddisfacesse ogni Chiesa non si trova 10. Il 'post- ecumenismo' –di cui si parla talvolta- potrebbe non essere altro che il disincanto che segue una controversia ecclesiologica a tutto campo verso una promessa di riconciliazione ri-prospettata, mettendoci davanti al dilemma: o si risolveranno i nodi ecclesiologici nel consenso ecumenico, o si dichiarerà -a un certo punto- irrilevante la questione ecclesiologica stessa 11. Si tratterebbe, insomma, di deconfessionalizzare l‘ecclesiologia stessa (ibidem). Se l'ecclesiologia rimane uno degli scogli maggiori sul cammino verso l'unità 12, potrebbe darsi che il superamente degli ostacoli si trovi anche 'a monte' di essa, ripartendo da Cristo stesso 13, o dal mistero della comunione con Dio 14, fino alla 'teo'logia e cristologia, e via dicendo facendo risalire le problematiche dall‘ecclesiologia 15... La 'ecclesiologia di comunione' doveva aiutare a superare le ristrettezze passate (vedere il capitolo VI sui vari modelli di Chiesa, tra cui il ‗modello 1 Cfr V. Benecchi, Le nuove frontiere dell'ecumenismo, in «Il Regno» 1971 nº 1, p. 9. 2 Metr. Bartholomew of Chalcedon, Speech to His Holiness Pope John Paul II , in «Information Service», 1991 nº 78, p. 198. 3 W. A. Visser't Hooft, The First Assembly of the World Council of Churches , New York 1949, p. 9. Cfr G. Pattaro, Corso di teologia dell'ecumenismo, Brescia 1985, p. 66; L. Vischer, La Chiesa, popolo unico in molti popoli, in E. Lanne, Le esigenze dell'unità. Saggi dopo Uppsala pubblicati dalla Commissione Fede e Costituzione del Consiglio ecumenico delle Chiese , Roma 1971, p. 105; W. A. Visser't Hooft, The First Assembly of the World Council of Churches , New York 1949, pp. 51-58, 68-69. 5 D. P. Gaines, The World Council of Churches. A Study of its Background and History, Peterborough 1966, p. 368; cfr per la priorità di impegno ortodosso ad opera del Patriarcato di Costantinopoli: J. -M. R. Tillard, Da Vancouver a Costantinopoli, in «Cristianesimo nella storia», 1984 nº 5, pp. 368-369; P. Florovskij, Une vue sur l'assemblée d'Amsterdam, in «Irénikon», 1949 nº 2, p. 13. 6 Cfr D. P. Gaines, The World Council of Churches. A Study of its Backgrounds and History , Peterborough 1966, pp. 372-374; G. K. A. Bell, Documents on Christian Unity. Fourth Series 1948-1957, Oxford 1958, pp. 216-223. 7 A. E. Gilles, The Evolution of Philosophy, New York 1987, p. 257. 8 J. Willebrands, Bilan de l'oecuménisme, in «La documentation catholique», 1975 nº 1668, p. 69. 4 9 Si nota questa accusa di creare delle ‗toppaie‘ nella grande costruzione ecumenica, da parte della commissione ecumenica dell‘episcopato francese, tutto incentrato su questioni di gestione lineare della iniziativa ecumenico-ecclesiologica, con una chiara tonalità di auto-difesa: in COMMISSION EPISCOPALE POUR L‘UNITE DES CHRETIENS, Un an après «Ut unum sint», introduzione, Une grande construction et des taupinières, in «Documents épiscopat», 1996 nº 12-13, pp. 1-14. 10 W. A. Visser't Hooft, Qu'est-ce que le Conseil oecuménique des Eglises?, in CONSEIL OECUMENIQUE DES EGLISES, Assemblée mondiale d'Amsterdam: "Désordre de l'homme et Dessein de Dieu" , Genève 1948, vol. I, p. 264. 11 Y. Congar, Les problèmes nouveaux du monde séculier rendent-ils l'oecuménisme superflu?, in «Concilium», 1970 nº 54, p. 17. 12 J. Bosc, Situation de l'oecuménisme en perspective réformée, Paris 1969, p. 76; J. M. Tillard, We are different, in «Mid-Stream», 1986 nº 25, p. 276; J. Grootaers, Crise et avenir de l'oecuménisme, in «Irénikon», 1971 nº 2, p. 174.. 13 WORLD COUNCIL OF CHURCHES, Apostolic Faith today, Geneva 1985, p. 76. 14 ANGLICAN - ROMAN CATHOLIC INTERNATIONAL COMMISSION, Church as Communion (ARCIC II), in «Catholic International», 1991 nº 2, pp. 327-338 (cfr nº 47, 50). 15 F. Bourdeau, Mission ist keine Einbahnstrasse. Zur Neuorientierung fer Weltmission, in «Theologie der Gegenwart», 1971, S. 179-182; Y. Congar, Les problèmes nouveaux du monde séculier rendent-ils l'oecuménisme superflu ?, in « Concilium «, 1970 nº 54, p. 17. 4 della Chiesa comunione‘ di fronte all‘‖ecclesiologia di comunione‖) 1. Si è chiesto anche di situare l'ecclesiologia in una 'cristianologia' (dal fatto che sono maggiormente i raggruppamenti a dividersi che i stessi cristiani accomunati nel battesimo) 2. Si è, talvolta, detto che la Chiesa romana aveva avuto una ‗teologia sostenuta dalla ecclesiologia‘ (davvero? somma perplessità!) 3. Ovviamente, si può parlare -oggi- di teologia ‗condizionata‘ dall‘ecclesiologia 4. Si indica, peraltro, che vi sono quattro vie ecclesiologiche trasversali nel mondo cristiano ecclesiologica esclusiva relatività convergente 8. 6, l'assolutezza inclusiva 7, 5: l'assolutezza l'assolutezza relazionale o convergente e la Si è anche ricordato che il problema ecumenico è meno di sapere se l'unità cambierebbe la Chiesa, ma invece se le Chiese vogliono davvero unirsi. In tal caso saprebbero adoperare i mezzi per arrivarci. Basta percorrere le argomentazioni più o meno minacciose sulle scelte delle varie Chiese per capire che tutto si gioca tuttora sempre sulle cosiddette 'ragioni ecclesiologiche'. A nome di quest‘ultime si accusano le altre Chiese di aggiungere 'altri ostacoli' all'intento ecumenico 9. Dietro queste esternazioni traspare (però) il punto fermo secondo il quale l'unico modo di risolvere una eventuale difficoltà tra le Chiese sarebbe di attenersi a quello che la propria Chiesa ha impostato come gestione sua articolatamente stabilita. Non sfugge, poi, che dietro a tutto ciò vi sia meno l‘interesse per il 'mistero della Chiesa' quanto -invece- per i 'poteri nella propria Chiesa'. Si è poi focalizzato il linguaggio ―ostacolativo‖ nella formulazione delle ‗differenze fondamentali‘ (Grunddifferenzen) che accentua l‘impedimento ecclesiologico in modo ulteriormente indurito 10. Solo nella sua fase più recente il consenso ecumenico si è interessato ad una possibile ecclesiologia ecumenica dalle promesse dell‘intento di comunione 1 11. Dall‘iniziale W. Kasper, Church as Communion, in «Communio», 1986 nº 13, p. 110; SYNOD OF BISHOPS 1985, Final Report, in «Origins», 1986 nº 15, pp. 444-453 (art. II, c, 2); JOINT WORKING GROUP BETWEEN THE ROMAN CATHOLIC CHURCH AND THE WORLD COUNCIL OF CHURCHES, Sixth Report, Geneva 1990, p. 30. 2 C. G. Patelos, L'Eglise orthodoxe et l'Eglise catholique après Vatican II, in «Analecta» (publications de l'Institut d'études orientales de la Bibliothèque patriarcale d'Alexandrie) 1970 nº 19, p. 21. 3 DIALOGUE PENTECÔTISTE - CATHOLIQUE ROMAIN, Rapport du troisième quinquennal (1985-1989), in «Information service», 1990 nº 75, p. 183 nº 11. 4 È interessante notare come l‘esortazione apostolica di Giovanni Paolo II, Ecclesia in Africa, Città del Vaticano 1995, nº 63, proponga una accentuazione ‗ecclesiologica‘ intorno al tema della ‗Chiesa-famiglia‘ allorché il movimento ecumenico nei suoi dialoghi aveva da tempo sviluppato ed approfondito la chiave della koinonia. Cfr COLLOQUIO DI CAMALDOLI, Ebrei e cristiani, chi siamo noi? - due identità a confronto, in «Vita monastica» 1991 nº 58; C. Molari, Identità di un cristiano ecumenico oggi, ibidem, pp. 63-77. 6 Cfr Ch. Journet, La Chiesa del Verbo incarnato , Parigi 1951, vol. II, p. 43. 7 H. Urs von Balthasar, Il cristianesimo e le religioni universali, Casale Monferrato 1987, pp. 22-23; idem, Chi è la Chiesa, in idem, Sponsa Verbi, Brescia 1969, p. 179; K. Rahner, Cristiani anonimi, in idem, Nuovi saggi, Roma 1969, pp. 758-772; idem Il cristianesimo e le religioni non cristiane , in idem, Saggi di antropologia sopranaturale, Roma 1965, pp. 553-555. 8 Cfr COLLOQUIO DI CAMALDOLI, Ebrei e cristiani, chi siamo noi? - due identità a confronto , in «Vita monastica» 1991 nº 58; C. Molari, Identità di un cristiano ecumenico oggi, ibidem, pp. 63-77. 5 9 Tra queste più recenti dichiarazioni si possono indicare quelle del ‗portavoce‘ G. Navarro Vals, commentando 'giornalisticamente' in modo aggressivo e a voce, nel 1994, l'accoglienza nel ministero ordinato di donne da parte della Comunione anglicana. 10 Cfr W. Beinert, Konfessionelle Grunddifferenz, Ein Beitrag zur ökumenischen Epistemologie, in «Catholica», 1980 nº 1, S. 37 ss. 11 N. A. Jesson, Orthodox contributions to ecumenical ecciesiology, in «Internet» 2010, http://ecumenism.net/archive/jesson_orthodox.pdf (screen page 2): «In 1991 at the WCC‘s Assembly in Canberra, Australia, the council initiated a study process towards an articulation of ecumenical ecclesiology. 1 As the Canberra Assembly noted, there is a growing need to study the ecclesiological assumptions that the churches bring to the dialogues in which they participate. Can such a study lead to the development of an ecumenical ecclesio logy, that is, an ecclesiology that points the way towards unity, and that the churches recognise as being consonant with their own faith experience? The primary theme for this study is koinonia, or communion. The study of the ‗church as communion‖ has found its way into all of the major bilateral dialogues, and has led to a surprising level of convergence, consensus and common agreement. 2 The concept of church as communion, though not unknown in western theology, is found with particular clarity in Orthodox theology and ecclesiastical discipline. It is perhaps too easy to give sole credit to Orthodox participants for contributing this theme to current ecumenical discourse». (1 ―Report of Section III ‗Spirit of Unity – reconcile your Peole‘‖ in Signs of the Spirit, Ed. Michael Kinnamon (Geneva, WCC Publications, 1991), 97. / 2 Of particular interest are the Anglican - Roman Catholic , International Commission‘s Church as Communion (1992), Life in Christ (1994) and The Gift of Authority (1999). Each reflects a consensus among Roman Catholics on the nature of the church as communion and teases out the implications of this consensus in particular areas of theology and church practice. The Lutheran-Catholic Commission on unity has also taken up the theme in its Church and Justification (1991 -where it explores the implications for ecclesiology of their subsequent Joint Declaration on the Doctrine of Justification by Faith (1999). The Methodist-Roman Catholic international Dialogue, the 5 disagio del movimento ecumenico riguardo al massimalismo ecclesiologico, si va in cerca di una possibile base per una chiave ecclesiologica nella quale le varie Chiese e Tradizioni si riconoscano. Il riferimento alla Chiesa come ‗mistero‘ sarà il perno di questa prospettiva ecumenica. DARE LA SUA PIENA VALENZA ALLA SORGENTE DEL MISTERO L‘unità trova la sua sorgente di riferimento nella stessa unità della Trinità divina 1. Di per se, l‘unità non si limita a quella ‗ecclesiale‘ o ‗ecclesiologica‘, ma risale fino alla vita stessa di Dio: ecco la sua densità ‗teo‘logica 2. D‘altra parte, si dirà che la Chiesa è innanzi tutto una ‗entità trinitaria‘: una storicizzazione della Trinità 3. Appare così l‘antica differenza tra oriente ed occidente nell‘approccio del mistero trinitario: partire dall‘unità prioritaria di Dio per poi evocare la configurazione delle ‗persone‘ o partire dalla specificità delle persone per poi evocare la loro unità divina 4. Partendo dall‘‖uniteismo‖ radicale, si concepirà la dinamica trinitaria come una –per così dire- ‗diversificazione sociologica‘ in seno a Dio (cfr la nota qui sopra). Dalla chiave trinitaria il riferimento prioritario della Chiesa come ‗mistero‘ si focalizzerà poi sulla sua sorgente espressiva in Dio: il Verbo stesso nella Sua valenza personalizzante 5. Non è dunque parlando di ‗mistero della Chiesa‘ che tutto si chiarisce e si risolve... Purtroppo, si nota anche che certi tentativi di Anglican-Orthodox international Commission and the Joint Working Group of the World Council of Churches and the Roman Catholic Church have all taken up the theme to their benefit. A more recent dialogue to consider the theme of ―Church as communion/koinonia‖ Is the World Evangelical Alliance-Roman Catholic Church Conversations. This group is currently studying the theme but has not yet issued any agreed statements.) 1 WORLD COUNCIL OF CHURCHES, World Assembly of New Delhi. The New Delhi Report, London 1962, p. 116: «1. The love of the Father and the Son in the unity of the Holy Spirit is the source and goal of the unity which the Triune God wills for all men and creation. We believe that we share in this unity in the Church of Jesus Christ, who is before all things and in whom all things hold together. In him a lone, given by the Father to be Head of the Body, the Church has its true unity»; p. 117: «4. The foregoing paragraph must be understood as a brief description of the sort of unity which would correspond to God's gift and our task. It is not intended as a definition of the Church and it does not presuppose any one particular doctrine of the Church. It is upon a statement worked out by the Commission on Faith and Order, accepted by the Central Committee at St Andrews in 1960 and sent to the member churches for consideration and comment. The ―Toronto Statement‖ was a landmark in the World Council‘s about itself and its relation to work for unity». 2 B. Lambert, Das ökumenische Problem, Basel 1963, B. I, S. 60: «Der Ökumenismus besitzt die gleiche Mystik, die gleiche Methode und Aktion wie die „Einheit―. Hier wird jedoch Einheit nicht nur als Merkmal der Kirche gemeint, sondern die Einheit wird in ihrem tiefsten Sinne verstanden; und hier trifft der Ökumenismus auf den Gegenstand der Theologie: Gott». 3 H. Schlier, Ecclesiologia del Nuovo Testamento, in AA. VV., Mysterium Salutis, Brescia 1972, p. 252. 4 Vedere il confronto tra la visione orientale e quella recepita in occidente sul mistero di Dio in: http://www.webalice.it/joos.a/, download http://cid-26c4cbbec1f8d9c1.skydrive.live.com/self.aspx/Pubblica/TESOLSP1A.pdf#resId/26C4CBBEC1F8D9C1!182; etiam in N. A. Jesson, Orthodox contributions to ecumenical ecciesiology , in «Internet» 2010, http://ecumenism.net/archive/jesson_orthodox.pdf (screen page 6): «III. Trinitarian ecclesiology. Both the polemical and the more recent irenical dialogues between 1 rthodox and Catholic churches have highlighted a major distinction in our conception of the Trinity. The stereotypical approach of the western churches is to af firm the perfect oneness of God (monotheism), and then to proceed to explain the persons of the Trinity in light of the principle of unity (unicity). This contrasts with the eastern approach, which affirms the divine equality of the three persons before proceeding to affirm the unity expressed in their mutual relations (koinonia). John Zizioulas cautions that ecclesiology is not a sociological study. e e alludes to a frequent eastern criticism of western theology: ―If we believe in a God who is primarily an individual who first is and then relates, we are not far from a sociological understanding of koinonia; the church in this case is not in its being communion, but only secondarily, i.e. for the sake of its bene esse‖ 1. Perhaps this distinction would not seem terribly significant were it not for its implications for further theological reflections. Both Orthodox and Catholics stress the church as the image of the Trinity, and thus the diverging understandings of the Trinity result in diverging ecclesiologies». ((1) John D. Zizioulas, ―The church as communion: A presentation on the world conference theme‖ in On the way to fuller koinonia: Official report of the Fifth World Conference on Faith and Order Santiago de Compostela, 1993. (Geneva: WCC Publications, 1994), 104.) 5 A. C. Calivas, The Sacramental Life of the Orthodox Church , in «Internet» 2007, http://www.goarch.org/en/ourfaith/articles/ article7106.asp: «The Meaning of the Word "Mystery". Each mystery is directly rooted in Christ. Christ himself is the primordial mystery (John 1:1-18), and the very celebrant of all the mysteries. The Orthodox Church uses the Greek word mysterion, instead of sacrament, to denote the divinely instituted rites which manifest and communicate sanctifying divine grace. The word mysterion essentially means anything hidden or incomprehensible. It has been applied by the Church to the essential beliefs and doctrines of the faith and appears several times in Holy Scripture; its chief meaning is linked to the hidden and secret will of God related to the salvation of the world, now manifest in Jesus Christ, the Incarnate Word (Logos). "And since the Church is to proclaim that mystery and communicate it to the people, the essential acts by which she is accomplishing this are also called mysteries. Through all these acts we are made participants and beneficiaries of the great mystery of salvation accomplished by Jesus Christ" (Rev. Al. Schmemann)». 6 evocare la problematica ecumenica del concilio Vaticano II hanno omesso la sorgente del mistero, restringendosi alla contestualità più immediata del ‗Corpo di Cristo‘ 1. Eppure, i commentatori autorevoli del Concilio non esitano su questo riferimento prioritario che non si accontenta di equiparare in modo frettoloso ‗mistero‘ e ‗sacramento‘ 2. Solo nel mistero stesso di Dio ‗l‘inumazione‘ di Dio può portare alla ‗divinizzazione‘ o ‗theosis‘ della persona umana 3. Il mistero di Dio –dunque- va fatto in un riferimento radicale all'iniziativa di Dio: sorgente primordiale e originaria che non identifica le radici della vita ecclesiale con l'uno o l'altro dei sistemi ecclesiologici di pensiero o d‘azione, e che, nel corso della storia, si sono succeduti nel formulare la dinamica profonda di vita della Chiesa' 4, partendo dalla stessa meditazione dei Padri 5. Il mistero è il centro nevralgico dal quale si può poi prospettare e interpretare il cammino di tutta la storia umana, nella quale la Chiesa vive e dalla quale irradia la luce di Cristo' 6. Nella visuale della Riforma d‘occidente, la ‗giustificazione‘ indica proprio che si crede innanzitutto al Padre che ci accoglie nella Sua compassione e alla Chiesa come mistero (si crede in Dio, mentre si crede la Chiesa) 7. Il dato ‗storico‘ della vita ecclesiale non potrà essere contestualizzato con discernimento se non fa parte dell‘antinomia (o paradosso) del mistero 8. Nel cuore del piano 1 Cfr J. Ratzinger, Kirche, Ökumene und Politik , Cisinello Balsamo 1987. 2 J. Grillmeyer, The Mystery of the Church, in AA. VV., Commentary on the Documents of Vatican II, New York 1971, vol. I, p. 140: «To understand the Church as ―the universal sacrament of salvation‖ we must have recourse to the biblical μυστήριον (mysterium), which is taken up significantly in Article 3: 1 as the whole economy of salvation, that is, the eternal plan and decree of God to bring the world into the fellowship of salvation with himself in Christ. From the Latin translations of the Bible, which rendered μυστήριον by sacramentum (1), it became usual in patristic theology ―to designate Christ himself, sacred Scripture, the rites and the Church as mysterion or sacramentum (2)». ((1) The African Bibles transiate μυστήριον almost exclusive]y by sacramentum./ (2) Cf. Mühlen, ―Die Kirche als die geschichtliche Erscheinung des übergeschichtlichen Geiste Christi‖, loc. cit ., p. 275, with the reference to C. Vagaggini, Theologie der Liturgie (1959), pp. 342—3 where many examples are given.) 3 K. P. Wesche, Eastern Orthodox spirituality: Union with God in Theosis , in «Theology Today», Apr 1999, etiam in «Internet» 2007, http://findarticles.com/p/articles/mi_qa3664/is_199904/ai_n8848698/pg_3: «Theosis is therefore the mystery of the divine Logos making himself one with humanity-"God becoming human"-in order to make humanity one with God-"that humanity might become God." Humanity "becomes God" in being made to live in God-"It is no longer I who live but Christ who lives in me"-and in union with the Christ, is granted to partake of the divine nature, that is, of all the properties, the riches, of divinity, and in particular Christ himself. As the mystery of union with God, theosis sets forth the evangelical experience of salvation in Christ as a nuptial mystery in which the two, God and humanity, become one as bridegroom and bride. The nuptial character of theosis introduces us to its properly native environment, that of the mysteries or the sacraments of the church; and it reveals the sacraments or the mysteries of Christ to be an embodiment of the mystery of theo sis and a transfiguration, a deification, of the archetypal symbol of the ancient hieros gamos (sacred marriage). THEOSIS AND THE MYSTERIES OF THE CHURCH. The church herself is the bride of Christ (see Eph 5:32) and she is one with him as his body (Eph 5:30). She is the "New Jerusalem, who comes down from out of heaven from God, made ready as a bride adorned for her husband" (Rev 21:2), an image in which the church appears as the pre-existent consort of Christ-and so she is introduced by Origen: You are not to think that it is only since the coming of Christ in the flesh that she has been called Bride or Church, but from the beginning of the human race and the very foundation of the world, or rather, to follow Paul's lead in seeking the origin of the mystery even earlier, even `before the foundation of the world' (Eph 1:4).14». 4 G. Philips, L'Eglise et son mystère au deuxième Concile du Vatican. Histoire, texte et commentaire de la constitution "Lumen gentium" , I vol., Paris 1967, pp. 77-88; M. Philippon, La très sainte Trinité et l'Eglise, in G. Barauna (éd), L'Eglise de Vatican II , 11 vol., Paris 1967, p. 277. 5 G. Philips, L'Eglise et son mystère au deuxième Concile du Vatican. Histoire, texte et commentaire de la constitution "Lumen gentium" , vol. I, Paris 1967, pp. 214. 6 G. Baum, The constitution of the Church, in «Journal of ecumenical studies», 1965 n° 2, p. 4. 7 COMMISSION INTERNATIONALE CATHOLIQUE - LUTHERIENNE, La compréhension de l‘Eglise à la lumière de la doctrine de la justification , in «La documentation catholique», 1994 nº 2101, p. 812 nº 5; cfr A. Joos, Temi centrali della teologia protestante (Teologia protestante), corso bi-annuale (Urbaniana, Teresianum) 1980-_____, pro manuscripto, Roma, dispense del corso presso le università, 500 pp., annualmente aggiornato. 8 G. Florovsky, The catholicity of the Church, in «Internet» 2007, http http://www.fatheralexander.org/booklets/english/catholicity _church_florovsky.htm: «Historical life and the task of the Church are an antinomy, and this antinomy can never be solved or overcome on a historical level. It is rather a permanent hint to what is "to come" hereafter. The antinomy is rooted in the practical alternative which the Church had to face from the very beginning of its historical pilgrimage. Either the Church was to be constituted as an exclusive and "totalitarian" society, endeavouring to satisfy all requirements of the believers, both "temporal" and "spiritual," paying no attention to the existing order and leaving nothing to the external world — it would have been an entire separation from the world, an ultimate flight out of it, and a radical denial of any external authority. Or the Church could attempt an inclusive Christianization of the world, subduing the whole of life to Christian rule and authority, to reform and to reorganize secular life on Christian principles, to build the Christian City. In the history of the Church we can trace both solutions: a flight to the desert and a construction of the Christian Empire. The fir st was practiced 7 salvifico, il Cristo salvatore è guida e si fa sorgente d‘unità per la fede cristiana 1. Il mistero include, nella sua rivelatività, una progressività di compimento 2. Con la chiave del 'mistero', ci si libera dall'approccio 'giuridistico': svolta decisiva della Chiesa di comunione romana dal Concilio Vaticano II in poi 3. In chiave ecumenica si sottolinea che solo dal mistero trinitario si riuscirà a prospettare una ‗riconciliazione‘ o ‗conciliazione‘ piena nella ‗insiemizzazione‘ (conciliarità e ‗cattolicità‘) senza ristrettezze ma nell‘antinomia specifica del mistero di Dio dall‘insiemità delle tre Persone 4. La ‗comunione trinitaria‘ sarà anche la piattaforma che permette di riconoscersi tutti uguali nel battesimo, che proprio rinvia a questa ‗comunione o consustanzialità d‘uguaglianza‘ 5. Senza questa mistero di consustanzialità ultima ognuno rimane isolato (anche ‗in Cristo‘) e non si diventa ‗una Persona sola‘ 6. È l‘unico modo di professare una unità di comunione senza subordinazione nella diversità di uguaglianza 7. La comunione ecclesiale diventa davvero ‗immagine‘ della Trinità nella personalizzazione massima di ognuno, dalla diversità stessa delle Persone trinitarie nella loro uguaglianza 8. not only in monasticism of various trends, but in many other Christian groups and denominations. The second was the main line taken by Christians, both in the West and in the East, up to the rise of militant secularism, but even in our days this solution has not lost its hold on many people. But on the whole, both proved unsuccessful. One has, however, to acknowledge the reality of their common problem and the truth of their common purpose». 1 M. Philippon, La très sainte Trinité et l'Eglise, in G. Barauna (éd.), L'Eglise de Vatican II, vol. 2, Paris 1967, p. 283. 2 Th. Strotman, L'Eglise comme mystère , in G. Barauna (éd.), L'Eglise de Vatican II, vol. 2, Paris 1967, pp. 260-261, 269. Cfr la letteratura su questa fondamentale modifica nell'intento cattolico di comunione romana: K. Barth, Thoughts on the Second Vatican Council, in «The Ecumenical Review», 1963 nº 4, p. 362; J. Bosc, Situation de l'oecuménisme en perspective réformée , Paris 1969, p. 80; idem, Vatican II points de vues de théologiens protestants, Paris 1967, p. 45; I. Karmiris, Zur Dogmatischen Konstitution über die Kirche, in D. Papandreou, Stimmen der Orthodoxie, Wien 1969, S. 83; G.A. Linbeck, Die Kirchenlehre des Konzils ist ein Übergang, in J. C. Hampe, Die Autorität der Freiheit , München 1967, B. I, S. 359; N. Nissiotis, Ecclesiology and ecumenism of Vatican Council ll , in «The Greek orthodox theological review», 1964 nº 1, pp. 24-27; A. Outler, Vatican II and the protestant theology in America , in J. H. Miller, Vatican II, an interfaith appraisal, New York 1975, p. 625; H. Ott, Réflexions d'un théologien réformé sur la Constitution dogmatique ''Lumen gentium" , in G. Barauna (éd.), L‘Eglise de Vatican II, Paris 1967, vol. 3, p. 132; K.-E. Skydsgaard, The Mystery of the Church, in «Journal of ecumenical studies», 1964 nº 3, p. 413, W. A. Visser't Hooft, Heel de Kerk voor heel de wereld , Utrecht 1968, blz. 440; idem, Rapport du Secrétaire Général, Comité central du C.OE.E., Rochester, in «Istina» (1963), n. 4, pp. 449-450; E. Schlink, Nach dem Konzil, München 1966, S. 74; E. Schlink, Zehn Bemerkungen zum Text, in J. C. Hampe, Die Autorität der Freiheit, München 1967, B. I, S. 314; J. Meyendorff, Vatican ll and the orthodox theology in America, in J. J. Miller, Vatican II, an interfaith appraisal, New York 1975, p. 334; W. B. Blakemore, Konsequenzen für das ökumenische Gespräch, in J. C. Hampe, Die Autorität der Freiheit , München 1967, S. 335; W. A. Visser't Hooft, Report of the General Secretary of the Central Comittee at Paris 1962, in «The Ecumenical Review», 1962 nº 1, p. 77. 4 M. Savich, Catholicity of the Church: "Sobornost" , in ―Orthodox Research Institute», in «Internet» 2007, 3 http://www.orthodoxresearchinstitute.org/articles/dogmatics/savich_catholicity.htm: «In order to be able to understand the idea of catholicity we must start from the center of all — i.e., Holy Trinity. The Holy Trinity is the ideal and crown of catholicity. It is the light of the doctrine of the Trinity that ―catholicity‖ becomes a uniquely meaningful quality. The first eight articles of the Creed speak about the Holy Trinity and the ninth article speaks about the Church, since the Church is an image, an icon of the Holy Trinity on the earth. The Church is the earthly aspect of the Holy Trinity. Therefore everything in Church is Trinitarian, holy and catholic, as we profess to believe in One, Holy, Catholic and Apostolic Church. Catholicity is that essential quality of the Church, that makes the church the Church. Prof. Lossky calls it ―the most wonderful attribute‖, which reflects the life and the mystery of the Trinitarian antinomy». 5 A. Ablondi, La comunione ecumenica in Italia: tappe di un cammino , in AA. VV., Il Regno come comunione, Torino 1980, p. 22: «Ma questa consustanzialità della Comunione Trinitaria, non è solo da contemplarsi; essa deve diventare anche straordinariamente impegnativa per i cristiani. Questi infatti, per il loro battesimo si scoprono tutti e ognuno coinvolti nella Comunione Trinitaria e quindi «consustanziali» anche fra loro. Questa influenza, questo riflesso della consustanzialità Trinitaria raggiunge i singoli uomini i quali in tale luce non saranno più solo dei simili: anzi ad essi non basterà più neppure lo scoprirsi o il chiamarsi fratelli; essi «consustanziali» e perciò «uni» dovranno essere visti nella espressione di Isacco il Siro il quale diceva: «Siano tutti uguali ai tuoi occhi per amarli e servirli. Procurerai perciò le stesse attenzioni e gli identici onori al fedele e all‘assassino; anche lui è fratello, perché egli consustanziale» Isacco il Siro, Sentenza 11». 6 O. Clément, I volti dello Spirito (trad. di L. Marino), Magnano (BI) 2004, p. 91: «Vivendo la comunione, la Chiesa, a sua volta, si fa testimone nel mondo del mistero trinitario, testimonia che in Cristo c‘è un ‗uomo unico‘ nella diversità delle persone, si presenta al mondo come l‘umanità riunificata da Cristo, dove la singola persona può vincere la sua solitudine ma non si dissolve, ―a Pentecoste tutti i fed eli sono insieme, ciascuno viene consacrato nel suo carattere unico da una lingua di fuoco dello Spirito distinta dalle altre. Lo Spirito che ci integra al corpo di Cristo è ‗uno‘ (…), ma nel medesimo tempo è colui che ‗distingue‘ individualizzando i carismi». 7 ORTHODOX-CATHOLIC CONSULTATION, An Agreed Statement on the Church, in «Origins», 1974 n° 75, 1, p. 2: «2. The church is the communion of believers living in Jesus Christ and the Spirit with the Father. It has its origin and prototype in the Trinity in which there is both distinction of persons and unity based on love, not subordination». 8 K. Ware: The Orthodox Church. Faith and Worship, in «Internet» 2007, http://orthodoxeurope.org/page/11/1/6.aspx: «1. The Image of the Holy Trinity. Just as each man is made according to the image of the Trinitarian God, so the Church as a whole is an icon of God the Trinity, reproducing on earth the mystery of unity in diversity. In the Trinity the three are one God, yet each is fully personal; in the Church a 8 Si lascia da parte -per situare la dinamica ecclesiale- l‘inquadratura storica del «corpus christianum» o del sistema di ‗cristianesimo‘ al centro della gestione di potere umano, per suscitare una nuova coscienza per l‘espressione del messaggio evangelico e della missione ecclesiale 1. Svanisce la «Chiesa carolingia», denominata anche «Chiesa constantiniana» 2. Un dubbio rimane -certo- che non si sia superato l‘intento ecclesiologico medievale in senso ristrettamente ‗occidentale‘ 3. L‘oriente cristiano ci richiama al rischio di un certo approccio al mistero –dal primato radicale dell‘‖unità‖ in Dio- che riproduce una chiave di unità sbilanciata dall‘affermazione unilaterale del ‗Filioque‘ che smorza l‘assetto prettamente trinitario del mistero ed incentra l‘unità in termini maggiormente ‗sociologici‘ 4. Per i Padri orientali, l‘unica ‗sociabilità‘ è quella che ci viene dal mistero trinitario e –come evoca Gregorio Nazianzeno- si estende all‘umanità ed al cosmo, celebrandola nell‘eucaristia 5. Questa dinamica è ben diversa di quella che sviluppa una sua chiave prevalentemente sociologica. La questione del ―Filioque‖ sembra essere un dibattito su come comprendere la natura dell‘unità di Dio: come ‗sostanza‘ o come ‗ipostasi del Padre‘ 6. Il rischio della formulazione sbilanciata del ‗Filioque‘, in questo senso, riguarda lo multitude of human persons are united in one, yet each preserves his personal diversity unimpaired. The mutual indwelling of the persons of the Trinity is paralleled by the coinherence of the members of the Church. In the Church there is no conflict between freedom and authority; in the Church there is unity, but no totalitarianism. When Orthodox apply the word ‗Catholic‘ to the Church, they have in mind (among other things) this living miracle of the unity of many persons in one. This conception of the Church as an icon of the Trinity has many further applications. ‗Unity in diversity‘ — just as each person of the Trinity is autonomous, so the Church is made up of a number of independent Autocephalous Churches; and just as in the Trinity the three persons are equal, so in the Church no one bishop can claim to wield an absolute power over all the rest. This idea of the Church as an icon of the Trinity also helps to understand the Orthodox emphasis upon Councils. A council is an expression of the Trinitarian nature of the Church. The mystery of unity in diversity according to the image of the Trinity can be seen in action, as the many bishops assembled council freely reach a common mind under the guidance of Spirit». 1 L. Newbigin, La Chiesa missionaria nel mondo moderno, Roma 1968, p. 10. 2 J.-J. Von Allmen, Remarks concerning the dogmatic Constitution of the Church , in «Journal of Ecumenical Studies», 1967 nº 4, p. 659; etiam in L. J. Suenens, La corresponsabilité dans l‘Eglise d‘aujourd‘hui, Bruges 1968, pp. 11-12. 3 J. Meyendorff, Orthodoxie et catholicité, Paris 1965, pp. 139-140. 4 N. A. Jesson, Orthodox contributions to ecumenical ecciesiology , in «Internet» 2010, http://ecumenism.net/archive/jesson_orthodox.pdf (screen pages 17/18): «There is a further distinction to note in the way in which east and west approach the Trinity. In the western churches, there is a tendency to avoid the pneumatological implications of various theological affirmations. The reason for this is a strong Christological priority in the west. From an eastern perspective, a balance must be found. As we have seen, the eucharistic notion of the church carries an obvious Christological flavour. However, eucharistic theology carries pneumatological and eschatological flavours as well, particularly in the eastern articulation. Zizioulas insists that the Pneumatology implied by the filioque manifests itself directly in an ―ecclesiological filioquism.‖ 1 By prioritising the Christological over the pneumatological, western theology breaks down the fundamental equality between the Son and the Spirit. The Son becomes, with the Father, the source of the Spirit‘s procession, and thus superior to the Spirit. ―If Pneumatology is not ontologically constitutive of Christology, this can mean that there is first one Church and then many churches.‖ 2 The Christological ecclesiology of the west emphasises the priority of one church, Rome, over other churches elsewhere. The Church of Rome becomes the very principle of ecclesial unity, just as -by the filioque- Christ becomes the principle of trinitarian unity. This tendency is at the root of the Orthodox objections to the current practice of papal primacy». (1 J. D. Zizioulas, ―The church as communion: A presentation on the world conference theme‖ in On the way to fuller koinonia: Official report of the Fifth World Conference on Faith and Order Santiago de Compostela, 1993. (Geneva: WCC Publications, 1994), 107. / 2 J. D. Zizioulas, Being as communion: studies in personhood and the church, New York 1985, 132.) 5 Park Seong Won, Ecumenical Vision. My view on the Ecumenical Movement and the WCC. 3. Renewing the Ecumenical Vision. 3-1. Unity of Oikoumene, in «Internet» 2010, http://www.parkwave.net/?page_id=462: «Here Patristic theology, particularly brought to the ecumenical movement by the Orthodox churches, is of eminent significance. Theologians like Gregory Nazanzius have linked the Trinitarian sociality of God with the sociality of the cosmos and of the human being. The reality of this sociality is celebrated first of all in the Eucharistic communion - not just as a ritual but with all our commitments to Justice, Peace and Integrity of Creation which, in recent times, has been called ―liturgy after the liturgy‖. Sharing around the Eucharistic table - followed by sharing in the human community in order to create an allembracing sharing community - is a visible sign and foretaste of the Kingdom of God. Representing this new reality in creation is the key mission of the Church as she participates in God‘s mission for life in fullness. Another Patristic theologian, Irenaeus of Lyon, expressed this in one sentence, often quoted by the late Archbishop Oscar Romero: ―Gloria Dei, homo vivens‖ - The glory of God is that humans may live». 6 G. Khodr, L'Esprit Saint dans la tradition orientale, in AA. VV., Credo in Spiritum Sanctum, Città del Vaticano 1983, vol. I, p. 383: «La controverse au sujet du Filioque était un débat sur la nature de l'unité de Dieu plutôt qu'une controverse sur La procession de l‘Esprit Saint. Tout le problème se ramène à savoir si l‘unité de Dieu signifie celle de sa substance ou si elle indique 1'hypostase du Père. Pour l'Orient la substance divine n'existe jamais ‗nue‘ (γ ) c'est-à-dire sans ‗mode d'existence‘ ( ). Et 1'unique substance divine est par conséquent «l‘être» de Dieu uniquement parce qu ‗elle possède trois modes d'existence. Pour les Pères grecs, l'unicité de Dieu ne consiste pas en la substance unique de Dieu mais en l'«hypostase», c'est-à-dire en la «personne» du Père. Ainsi lorsque nous disons que Dieu ‗est‘, 9 slittamento verso una priorità dell‘unità di Dio nella ‗natura‘, con la conseguenza di scivolare verso una comprensione astratta (della scolastica occidentale) di Dio stesso 1. Vedremo come questo ‗principio‘ dell‘unità -nel Padre e Figlio come ‗uno solo‘- può introdurre all‘affermazione di una Chiesa come sorgente unica dell‘unità tra tutte le Chiese (cfr infra, vedere anche la nostra ―Introduzione alla teologia orientale‖, la parte sulla pneumatologia orientale). Il ritorno alle sorgenti della fede comune dà la sua piena valenza all'inesprimibile nella prospettiva ecclesiologica, con le necessarie caratterizzazioni 'negative' che lo distinguono dalle impostazioni umanamente integrate e sistematizzate strutturali ripiegati su se stessi stesso' 5. 3, 2, nel 'trascendere' i 'limiti' ecclesiali aprendoli al 'trans' o 'verso oltre' 4, persino 'Dio al dilà di se I molti misteri si riferiscono -poi- sempre l'unico mistero ricapitolativo in Dio 6. Nell'unico mistero, la presenza diretta di Dio 'con noi' impedisce al prospetto ecclesiale di farsi auto-centro inclusivo di ogni riferimento a Dio 7. Esso non può ‗darsi in spettacolo‘, diventare oggetto di studio, struttura articolata 8. Il 'muein' del mistero chiude 'gli occhi' all'ipnosi ecclesiologistica e 'chiude la bocca' all'eccessiva puntigliosità ecclesiale centrata su se stessa 9, facendo invece diventare la Chiesa 'disponibilità' senza pretendere niente per se 10: continua nous ne limitons pas la liberté personnelle de Dieu. L‘être de Dieu n'est pas un ‗donné‘ ontologique ou une simple ‗réalité‘ pour Dieu. Cela signifie que Dieu, en tant que Père et non en tant que ‗substance‘, du fait qu‘il ‗est‘ perpétuellement, confirme Sa libre vo lonté d'exister. Et son existence trinitaire constitue précisément cette affirmation: le Père par amour - c'est-à-dire librement - engendre le Fils et spire l'Esprit (1). En dehors de la Trinité Dieu n'«existe» pas, car le principe ontologique de Dieu, c'est le Père. L'existence personnelle de Dieu (le Père) constitue, ‗hypostasie‘ sa substance. L'«être» de Dieu s'identifie à la Personne (2)». ((1) Le problème du Filioque est directement lié à ce thème. Comme on le constate en étudiant la théologie trinitaire d'Augustin et de Thomas d'Aquin, l‘occident n'éprouvait pas de difficulté à soutenir le Filioque précisément parce qu‘il identifiait l‘être, le principe ontologique de Dieu à sa substance, plutôt qu'à la personne du Père. Voir à ce sujet: Jean Zizioulas, L‘Etre Ecclésial, Labor et Fides, Genève, 1981, p. 34. / (2) Ibid p. 35. La thèse fondamentale de la théologie des Pères grecs pourrait être brièvement exposée ainsi: sans personne ou hypostase ou mode d'existence, il n'y a pas d‘ousia ou de nature, sans ousia ou nature, il n‘y a pas de personne; cependant le principe ou la cause ontologique de 1'être - à savoir, ce qui fait que quelque chose est – n‘est pas l'ousia ou la nature, mais la personne ou l‘hypostase. Ainsi l‘existence se ramène non pas à la substance mais è la personne.) V. Potapov, Orthodoxy and Heterodoxy. The "Filioque" , in «Internet» 2009, http://www.stjohndc.org/Russian/orthhtrdx/e_P05.htm: 1 «Bishop Kallistos (Ware), a prominent English Orthodox theologian, well acquainted with Western theology, writes: "Latin Scholastic theology, emphasizing as it does the essence at the expense of the persons, comes near to turning God into an abstract idea. He becomes a remote and impersonal being, whose existence has to be proved by metaphysical arguments a God of the philosophers, not the God of Abraham, Isaac, and Jacob. Orthodoxy, on the other hand, has been far less concerned than the Latin west to find philosophical proofs of God's existence: what is important is not that a man should argue about the deity, but that he should have a direct and living encounter with a concrete and personal God. "Such are some of the reasons why Orthodox regard filioque as dangerous and heretical. Filioquism confuses the persons, and destroys the proper balance between unity and diversity in the Godhead. The oneness of the deity is emphasized at the expense of His threeness; God is regarded too much in terms of abstract essence and too little in terms of concrete personality" (The Orthodox Church, page 222)». 2 P. Tillich, Systematic Theology , vol. 1, London 1968, p. 122; A. M. Ramsey, God, Christ and the World, London 1969, p. 28; cfr A. A. Vogel, The next Christian Epoch, New York 1966; S. Bulgakov, Die christliche Anthropologie, in AA. VV., Kirche, Staat und Mensch, Genf 1937, B. II, S. 210. 3 H. Mühlen, L'Esprit dans l'Eglise, vol. 1, Paris 1969, p. 32. R. Bultmann, Glauben und verstehen , München 1965, B. II, S. 244; P. Teilhard de Chardin, L'énergie humaine, Paris 1962, p. 88; idem, Science et Christ, Paris 1965, p. 71. 5 P. Tillich, Mut zum Sein, Hamburg 1965, S. 184. 6 F. Gogarten, Die Frage nach Gott, Tübingen 1968, S. 127. 7 K. Rahner, Mystery, in AA. VV., Sacramentum mundi , New York 1970, p. 134. 8 P. Michalon, Prière et unité, in «Pages documentaire ―Unité chrétienne‖», 1974 nº 33, p. 9: «Il en résulte que nous ne pouvons pas nous 4 donner à nous-mêmes l'Unité en spectacle, comme si nous l'étalons devant nous pour l'analyser, et, par là, en imaginer la future organisation. Elle nous est déjà donnée; car elle est le grand don de Dieu à l'Eglise. Elle est donc antérieure à la question que nous nous posons sur l'Unité des chrétiens. Mais il nous faut prendre conscience du mystère qu'elle est, de ce mystère qui nous enveloppe, où nous baignons. Nous (pas plus que nos aines) nous ne pouvons expulser l'Unité de l'histoire et de la réalité de l'Eglise; mais nous (comme nos aînés) nous avons été coupables de n'avoir pas vécu totalement d'elle». 9 P. Tillich, Systematic Theology, London 1968, vol. I, pp. 120-121. 10 M. D. Chenu, Peuple de Dieu dans le monde, Paris 1966, pp. 124-125, 149. 10 e 'sorpresa' di fronte all'imprevedibile e l'incomprensibile del divino 1. Il movimento ecumenico sorgerà da questa convergente presa di coscienza 2. Questo mistero di Dio, nel paradigma culturale del XXI secolo viene recepito in modo ‗partecipativo‘ ancora più che ‗relazionale‘, e questo vuol dire che Egli –pur nell‘essere ‗diverso‘- non è estraneo all‘intreccio di legami che costituiscono le persone 3. Dal non appartenere al mondo o non essere condizionato da esso relazionalità personalissima (non individualissima) dal 'noi' divino 'Padre e Madre' 6, 5, 4, il mistero si fa Dio nella simbolica dell'essere o -detto diversamente- indicibile 'lasciar essere' di Dio 7, senso sostanziale dell'"accogliere tutto dall'alto" da parte della Chiesa 8. L'iniziativa ecumenica -ispirandosi al mistero- è chiamata così a ri-'teo'logizzare l'intento ecclesiale, seguendo la via della depossessione suggerita dal 'lasciar essere' inaugurato dal mistero divino. L'impegno prioritario della scommessa ecumenica sarà di esplicitare questo nella non-identificazione tra mistero e Chiesa storicamente esistente oggi, con le proprie frontiere ecclesiali 9. Ovviamente, neanche il movimento ecumenico intende identificarsi con il Regno ma si presenta come un segno di esso 10. concilio Vaticano II -nella rielaborazione dello schema sulla Chiesa- evocherà questo riferimento ad un triplice livello: il fondamento, la rivelazione ed il compimento del mistero creazione del mondo che prepara la manifestazione della Chiesa dall‘inizio la via della riconciliazione universale 13. 12, 11. Dal Mistero la misericordia divina Non viene più riaffermata la priorità della dottrina ecclesiologica ‗ufficiale‘ formulata come ‗societas perfecta‘, che vigeva dopo il concilio di 1 P. Tillich, Systematic Theology , London 1968, vol. I, p. 123; S. Bulgakov, Dialog zwischen Gott und Mensch, Marburg an der Lahn 1961, S. 10; K. Rahner, Mystery, in AA. VV., Sacramentum mundi , New York 1970, pp. 134-135. 2 CONCILIO ECUMENICO VATICANO II, Decreto "Unitatis redintegratio", Città del Vaticano 1965, nº2. 3 D. Kampen, Intervento al culto della Riforma il 31-11-2004, Trieste (pro manuscripto) 2004, p. 3: «Insieme al primo attributo del nuovo paradigma vorrei nominare il secondo attributo che descrive la dimensione verticale, cioè il rapporto con Dio: l'approccio a Dio non è più relazionale, ma partecipativo. Nel protestantesimo classico, Dio era qualcuno che stava di fronte a me, con il quale mi mettevo in relazione. Nel nuovo paradigma invece, in cui tutto è uno, Dio, seppure trascende il mondo empirico, non può stare al di fuori, non può essere totalmente estraneo alla rete di legami che è il tutto, per cui io come singola persona sono già in legame con Dio, non sono del tutto diverso da Dio. Credere significa essere consapevole di questi legami e partecipare al divino, cioè al suo amore, alla sua pienezza, alla sua vita eterna, alla sua energia, al suo spirito ecc.». 4 R. Bultmann, Glauben und verstehen , München 1965, B. II, S. 204; P. Tillich, Systematic Theology, London 1968, vol. I, p. 263. J. A. T. Robinson, Honest to God , London 1963, p. 76; D. L. Edwards, The Honest to God Debate, London 1963, p. 203; S. Bulgakov, Le Paraclet, Paris 1944, p. 374. 6 Giovanni Paolo I, Angelus del 21 settembre, Nota, in «L'Osservatore romano», 21 settembre 1978, p. 6. 7 J. Macquarrie, Principles of Christian Theology, London 1970, p. 103. 8 R. Coffy, Mystère de l'Eglise et corresponsabilité dans l'Eglise , in «La documentation catholique», 1980 nº 1792, p. 837. 9 G. Philips, L'Eglise et son mystère au deuxième Concile du Vatican. Histoire, texte et commentaire de la constitution "Lumen gentium" , I vol., Paris 1967, pp. 30-34, 95-97, 104-107; G. Thils, L'Eglise et les Eglises, Louvain 1967, pp. 44-46; V. De Waal, L'Anglicanisme et la Constitution conciliaire "De Ecclesia", in «Irénikon», 1965 nº 3, p. 297; W. Dietzfelbinger, Ö kumenische Fragen an die Kirchenkonstitution, in J. C. Hampe, Die Autorität der Freiheit, München 1967, B. I, S. 328; W. Küppers, La doctrine de l'Eglise au deuxième Concile du Vatican, le point de vue vieux-catholique, in G. Barauna (éd.), L'Eglise de Vatican II , vol. III, Paris 1965, p. 1349; E. Schlink, Nach dem Konzil, München 1966, S. 112; J.-J. Von Allmen, Remarks concerning the dogmatic Constitution of the Church , in «Journal of Ecumenical Studies», 1967 nº 4, p. 655; cfr. N. Perrin, Jesus and the Language of the Kingdom, Philadelphia, 1976, pp. 217-219. 10 G. G. Williams, Le prospettive del Regno nell‘esperienza del Movimento Ecumenico , in AA. VV., Il Regno di Dio che viene , Torino 1977, p. 5 125: «Mi pare che vi sono almeno tre indicazioni per noi in questo contesto e cioè: se nel Movimento Ecumenico c‘è un segno del Regno; quale ci appare la struttura del Regno secondo il Movimento Ecumenico; quale relazione ha il Regno di Dio con l‘esperienza del Movimento Ecumenico. Da queste considerazioni una cosa appare chiara subito e bisogna sottolinearla: non c‘è identificazione tra Regna e Movimento Ecumenico. Anzi, ci sono cose nel Movimento Ecumenico che potrebbero essere segni di ben altro che del Regno di Dio. Dunque, dei due termini del tema «Regno» e «Movimento Ecumenico» il primo è concetto stabile, inamovibile, permanente; il secondo è realtà storica, mutevole, adattabile». 11 G. Philips, L'Eglise et son mystère au deuxième Concile du Vatican. Histoire, texte et commentaire de la constitution "Lumen gentium" , I vol., Paris 1967, pp. 77-78. M. Philippon, La très sainte Trinité et l'Eglise, in G. Barauna (éd), L'Eglise de Vatican II, 11 vol., Paris 1967, p. 283; G. Philips, L'Eglise et son mystère au deuxième Concile du Vatican. Histoire, texte et commentaire de la constitution "Lumen gentium" , I vol., Paris 1967, pp. 80-81. 13 Th. Strotman, L'Eglise comme mystère , in G. Barauna (éd.), L'Eglise de Vatican II, vol. 2, Paris 1967, pp. 260-261, 269. 12 11 Trento 1. Si sa che già nella riforma gregoriana dell‘XI secolo subentra l‘idea-guida di ‗società‘ 2. Si arriverà persino alla condanna di chi rifiuta questa concettualizzazione dottrinale (voluta anche per sottollineare il carattere ‗sui juris‘ della Chiesa di fronte allo Stato civile) 3. L‘ecclesiologia cattolica di comunione romana passa così -diranno certuni- da una cosidetta ‗biologia di salvezza‘ ad una ‗storia della salvezza‘ 4. Nel riferimento trinitario, l‘elemento più debole sembra essere la valorizzazione pneumatologica, con conseguente affievolimento della dinamica escatologica 5. Si sottollinea rinnovatamene la distinzione tra il 'già dato' ed il 'da compiere', o tra il 'germoglioinizio' ed il 'compimento' nella non identificazione dell'uno con l'altro 'estremo' del processo 6. Cristo non è più l'accentratore di ogni 'potere di salvezza', ma Egli è la 'via del Regno' 7. La prospettiva ecumenica innesca, pertanto, lo scioglimento di un Cristomonismo 'magneticamente' accentrato sull‘individualità cristica 8. Tutto diventa 'congregalità' cristiana 9: superamento delle visuali apocalittiche, rabbiniche o quûmraniane 10, 'perfezionistiche' o nazionalistiche o in una negazione quasi 'calcedonense' della non fusione tra Chiesa storicamente esistente e Regno di Dio 11. LA SIMBOLICA DEL REGNO DI DIO 1 K. Barth, Thoughts on the Second Vatican Council, in «The Ecumenical Review», 1963 nº 4, p. 362. 2 Y. Congar, L‘Eglise. De Saint Augustin à l‘époque moderne, Paris 1970, pp. 51-66, 89-122. 3 Cfr Pio IX, Syllabus, prop. XIX, in Denzinger-Benz, Enchyridion Definitionum, nº 2919 e Leo XIII, Lettera enciclica AImmortale Dei» , ibidem, nº 3167-3168. P. E. Persson, Der endzeitliche Charakter der pilgernden Kirche, ihre Einheit mit der himmlischen Kirche , in J. C. Hampe, Die Autorität der Freiheit, München 1967, B. I, S. 340. 5 P. Michalon, Monastère invisible de l‘Unité, in «Pages documentaire ―Unité chrétienne‖», 1974 nº 33, p. 30: «Notre réflexion spirituelle et 4 doctrinale doit partir de cette unité réalisée en tous lors de leur renaissance par l'Esprit-Saint et de leur incorporation à Jésus-Christ; il y eut alors une transformation ontologique opérée par le baptême, qui a donné naissance à cet être nouveau créé selon Dieu. De là chaque baptisé est en route, sous la motion de l'Esprit, vers un épanouissement plénier de communion personnelle au mystère du Père en JésusChrist qui trouvera sa consommation lorsque «Christ sera tout en tous» (Colossiens 3, 11). C'est pourquoi un regard sur l'Eglise comme mystère de communion au mystère trinitaire; comme mystère de communion de tous ses membres entre eux liée à la communion de chacun avec le Seigneur dans l'Esprit; comme mystère de communion à la plénitude du Christ qui revient et achèvera tout, apporte un éclairage de fond sur ce que doit être la Prière pour l'Unité et sur les dimensions qu'elle comporte» ; N. Nissiotis, Ecclesiology and ecumenism of Vatican Council ll , in «The Greek orthodox theological review», 1964 nº 1, p. 29; idem, Formen und Probleme des ökumenischen Dialogs , in «Kerygma und Dogma», 1966 nº 3, S.189-190. CONCILIO ECUMENICO VATICANO II, Costituzione dogmatica "Lumen gentium", Città del Vaticano 1965, nº 5; J. Bosc, Vatican II, points de vue de théologiens protestants, Paris 1967, p. 40; P. E. Persson, Der endweitliche Charakter der pilgernden Kirche, ihre Einheit mit der himmlischen Kirche, in J.-C. Hampe, in J. C. Hampe, Die Autorität der Freiheit , München 1967, B. I, S. 341; H. Ott, Réflexions d 'un théologien réformé sur la Constitution dogmatique "Lumen gentium" , in G. Barauna (éd.), L 'Eglise de Vatican II , vol. III, Paris 1965, p. 1333; H. Mühlen, Der Kirchenbegriff des Konz:ils, in J.-C. Hampe, Die Autorität der Freiheit, München 1967, B. I, S. 292; K. E. Skydsgaard, The mystery of the Church, in «Journal of ecumenical studies»", 1964 nº 3, pp. 419-420; J.-J. Von Allmen, Remarks concerning the dogmatic Constitution of the Church,, in «Journal of Ecumenical Studies», 1967 nº 4, p. 655; J.-J. Von Allmen, Le saint ministère, Neuchâtel 1968, pp. 236-237; W. B. Blakemore, Konsequenzen für das ökumenische Gespräch,, in J.-C. Hampe, Die Autorität der Freiheit, München 1967, B. I, S. 336; W. Dietzfelbinger, Ökumenische Fragen an die Kirchenkonstitution, in J.-C. Hampe, Die Autorität der Freiheit, München 1967, B. I, S. 330-331; H. Mühlen, Der Kirchenbegriff des Konzils, S. 292, 303-307; W. Küppers, La doctrine de l'Eglise au deuxième Concile du Vatican, le point de vue vieux-catholique, in G. Barauna, L'Eglise du Vatican II, vol. III, p. 1350; E. Schlink, Zehn Bemerkungen zum Text, in J. C. Hampe, Die Autorität der Freiheit, München 1967, B. I, S. 319; J.-J Von Allmen, Remarks concerning the dogmatic Constitution of the Church,, in «Journal 6 of Ecumenical Studies», 1967 nº 4, p. 655; cfr. anche G. Thils, L'Eglise et les Eglises, Louvain 1967, p. 42-46, 151-153. 7 J. Sobrino, Christology at the Crossroads, New York 1979, p. 37. 8 Y. Congar, Implicazioni cristologiche e pneumatologiche dell‘ecclesiologia del Vaticano II , in «Cristianesimo nella storia», 1981 nº 2, pp. 97-110. 9 H. Küng, Die Kirche , Freiburg 1967, S. 121-124. J. Carmignac, Règne de Dieu ou royaume de Dieu , in AA. VV., Foi et langage, Paris 1977, pp. 40-41; cfr R. Schnackenburg, Gottes Herrschaft und Reich, Freiburg i. Br. 1963; J. Sobrino, Christology at the Crossroad, New York 1979, p. 43 e 173; E. Schillebeeckx, Jesus, het verhaal van een levende , Bloemendaal 1975, pp.115, 121-122. 11 R. Bultmann, Jesus, München 1967, S. 42,109; W. Kasper, Jesus der Christus, Mainz 1975, S. 83, 92; G. Vahanian, The Death of God, New York 1961, p. 39; K. Adam, Le vrai visage du Catholicisme, Paris 1949, p. 200; A. Schweitzer, Geschichte der Leben Jesu Forschung, B. I, München 1966, S. 41; N. Perrin, Jesus and the Language of the Kingdom, Philadelphia 1976, pp. 15-32; S. Carile, Il Battesimo, segno di comunione del Regno, in AA. VV., Regno come comunione, Torino 1980, p. 155;H. Denzinger - A. Schönmetzer, Enchiridion Symbolorum, Definitionum et Declarationum de rebusfidei et morum, Roma 1963, p. 108, n. 302. 10 12 Dalla problematica ecclesiologica, il Patriarca Atenagoras ribadiva che la Chiesa non è il Regno di Dio ma il ‗sacramento‘ del Regno 1. Il Regno è 'simbolo in tensione' o -cioè- riassunto capovolto dell'esperienza 2. Anche in senso ecumenico-missionario, dal mistero siamo chiamati a testimoniare per il Regno di Dio 3. La tentazione –riguardo al Regno della vita nuova- è di ‗ingessarlo‘ o di ‗particolareggiarlo‘ in una tipologia religiosa o politica attraverso i tempi ed i luoghi, dalla prospettiva stessa delle tentazioni di Cristo nel deserto 4. Il ‗Regno‘ come grazia gratuita, fuori di una omologazione ‗religiosa‘ toglie ogni possibilità di auto-giustificazione o di garanzia riguardo all‘appartenenza alla via del Cristo 5. La ‗pienezza di totalità‘ del Regno si apre in avanti, escatologicamente, in una liberazione di cui le espressioni nel percorso umano sono solo una mediazione transitoria 6. Da questa prospettiva stessa si riconsidererà la prassi di proselitismo in favore di una denominazione o confessione storicamente configurata. Regno-per (non Regnocontro o Regno-su) l'umanità in Cristo 7, Regno o 'riferimento a Qualcuno' nella Persona nuova di Cristo 8, non superiorità lontana di Dio ma 'vicinanza in avanti' di una 'Presenza' 1: il suo paradosso 1 N. A. Jesson, Orthodox contributions to ecumenical ecciesiology , in «Internet» 2010, http://ecumenism.net/archive/jesson_orthodox.pdf (screen page 15): «A widely reported quote of Patriarch Athenagoras holds that ―the Church is not the kingdom of God; it is the sacrament of the kingdom.‖ 1 By this, we should understand that the church is not the end in itself, not the purpose for its own existence. Rather the church serves to point the way and to provide support in the journey to God‘s kingdom. The eucharist as well serves to strengthen the faithful pilgrim on the journey to God‘s kingdom». (1 Gennadios Limouris, ―Being as koinonia in faith: challenges, visions and hopes for the unity of the church today,‖ Ecumenical review 45 (1993), 89.) 2 N. Perrin, Jesus and the Language of the Kingdom, Philadelphia 1976, pp. 32-33, 78, 195-201; R. Bultmann, Jesus-Christ and Mythology, London 1960, pp. 11-14, cfr. A. Joos, Teologie a confronto, Vicenza 1982, vol. I, Sponde lontane, parte II, A (La de-simbolizzazione in Bultmann); C. H. Dodd, The Parables of the Kingdom, London 1961, pp. 7-15. 3 K. Whitfield, What is the Missional Gospel? Part 3: The Ecumenical Missional Church , in «btt – Between the times», in «Internet» 2010, http://betweenthetimes.com/2010/03/03/what-is-the-missional-gospel-part-3-the-ecumenical-missional-church/: «This view of the gospel and the kingdom of God emphasizes that Jesus entered human history with power to reign, and he reestablished kingdom life on the basis of redemptive power by way of a cross and the resurrection. Jesus introduces a new reality into human history, which is both a gospel reality and kingdom reality. The kingdom is the reigning presence of God, and the gospel is the means by which the reigning presence of God was established and continues to reign. They depend upon Peter Stuhlmacher‘s explanation of how the cross establishes the reign of God, who says: Jesus decides to do the utmost he is capable of doing on earth: to offer himself to spare his friends and foes from the judgment of death. By means of his death Jesus does not appease a vengeful deity; rather, on his way of the cross he is the embodiment of the love of God, as sketched in Isaiah 43:3-4, 25. This love wants to spare the impenitent daughters and sons of Israel, as well as his feeble disciples, from having to perish because of their doubts about his mission and the consequences of their reserve toward Jesus‘ message. (Quoted in Guder, The Continuing Conversion of the Church, 43; See Stuhlmacher, Jesus of Nazareth – Christ of Faith, 52)». 4 L. Boff, Salut en Jésus-Christ et Processus de Libération, in «Concilium» 1974, n° 9, p. 77: «Le Règne de Dieu représente la totalité du monde en Dieu. La tentation consiste à le 'régionaliser' et 'privatiser', c'est-à-dire à le réduire à un modèle politique, à une idéologie du bien-être commun, ou à une religion… Jésus vainc ses tentations, non en postulant un quatrième modèle, lui aussi 'sectorialisé', mais en vivant une continuelle et permanente référence au Père». 5 J. Sobrino, Christology at the Crossroads, New York 1978, p. 208: «Paradoxically enough, it is this teaching of God's kingdom as grace that proves to be the major obstacle for accepting Jesus. Jesus unmasks the effort of 'religious' people to ensure them selves against God. If God's approach is an act of grace, then no human disposition can force his coming. God does not aim primarily to recompense people according to their works but rather to re-create the situation of every human being. It is a wholly gratuitous action, and the 'religious' person feels insecure in the face of such a God. It is those who are legally 'just' that cannot accept a greater God, a God of surprise; it is sinners and non-religious people who are willing to put their hope in such a God». 6 L. Boff, Salut en Jésus-Christ et Processus de Libération, in «Concilium» 1974, n° 9, p. 83: «Le Règne se réalise, donc, dans le processus de libération. Il ne s'identifie pas avec lui, parce qu'il est une totalité eschatologique. Mais, justement parce qu'elle est eschatologique, cette totalité advient dans l'histoire, en étant son sens comme anticipation de la pleine libération et promesse de plénitude future. Dans le 'temps intense et urgent' (Assmann) dans lequel vit toute l'Amérique latine, la libération totale réalisée par Jésus Christ est médiatisée pour nous par la libération politique et économique, par 'l'hominisation' d'immenses masses marginalisées, la croissante solidarité et la participation de la grande majorité. Tout cela exprime plus un désir qu'une réalité. Pour que ce soit une réalité et pas seulement un 'desideratum', la foi envoie les chrétiens (à cause de la foi elle-même) à l'engagement concret dans une praxis libératrice». H. Küng, Die Kirche, Tübingen 1967, S. 81; K. Barth, Kirchliche Dogmatik, Zürich 1965, B. I, 1, S. 404-405; D. Bonhoeffer, Gesammelte Schriften, B. III, München 1966, S. 278, 282; E. Schillebeeckx, Jesus, het verhaal van een levende , Bloemendaal 1975, blz. 116-118, 221;W. Kasper, Jesus der Christus, Mainz 1975, S. 118. 8 C. Rijk, Gesú annuncia il Regno, in AA. VV., Il Regno di Dio che viene , Torino 1977, pp. 181-182; E. Brunner, Das Ewige als Zukunft und Gegenwart, München 1965, S. 175 ; N. Perrin, Jesus and the Language of the Kingdom, Philadelphia 1976, pp. 58-59; H. Küng, Die Kirche, Freiburg 1967, S. 109; L. Boff, Salut en Jésus-Christ et processus de libération, in «Concilium», 1974 nº 9, p. 81. 7 13 travolge il 'già dato' con il 'da compiere', nella libera radicalità del 'entweder - oder' (o l'uno o l'altro, senza mezze misure) 2. Il riferimento al ―Regno di Dio‖ nell‘intento ecumenico significa proprio la determinazione di non farne un movimento di trattative dove si lascia fuori causa Dio stesso ma di essere primario riferimento alla comunione recepita da Lui stesso 3. Communque sia, il Regno è ―più grande della Chiesa‖ 4. Il Regno -dall'"essere Dio di Dio" all'"essere umanamente umano dell'umanità"- supera il fondamentalismo delle 'frontiere' tra le due 'città' o dei due 'regni', o dei 'cerchi concentrici' della Chiesa, o dell''arcano nel mondo secolare' in una tipologia ecclesiologica che vuol essere cuore esauriente per tutto l'organismo 5. Il riferimento al 'Regno' impedisce di 'ecclesiologizzare' il mistero di Dio in un modo esclusivista, rinviando ogni ecclesiologia alle sue sorgenti 'teo'logiche. Anche per il riferimento a Cristo, l‘unico modo di non cadere nella miopia soteriologica sarà di partire dal Regno di Dio per situare il ‗Gesù storico‘ 6. Tale sarà la prima scommessa dell'intento ecumenico, uscendo da una confessionalizzazione ad oltransa della meditazione ecclesiale. Si preferirà mantenere la chiave ‗teo‘logica della sorgente ecumenica con la simbolica del ‗Regno di Dio‘, senza far confluire direttamente quest‘ultima in quella del ‗popolo di Dio‘, in un rapporto troppo operativo che abbina popolo, corpo e tempio (di Dio, di Cristo, dello Spirito Santo). Si lascia così tutta la sua ampiezza alla iniziativa e priorità divina 7. Riassumendo, l‘inserimento della Chiesa romana nel movimento ecumenico si radica nella sua ritrovata comprensione della Chiesa come ―mistero‖ (LG, cap. I): il mistero di salvezza e a monte il mistero trinitario d‘Amore. Il mistero ecclesiale sorge dalla 'fondazione da parte di Cristo di un‘unica Chiesa' (UR, 2). La ‗giustificazione‘ indica proprio la Chiesa come mistero (superamento del ‗cristianesimo‘, o «Chiesa constantiniana»), distinguendo tra il 'già dato' ed il 'da compiere', nella non identificazione dell'uno con l'altro (LG, 5), come iniziativa e priorità divina. Gesù non ha definito l‘unità, Egli pregò per essa lasciando ai discepoli il compito di attuarla: essa 1 O. Cullmann, Heil als Ceschichte , Tübingen 1965, S. 171; C. Rijk, Gesú annuncia il Regno, in AA. VV., Il Regno di Dio che viene , Torino 1977, pp. 189-190; D. Bonhoeffer, Dein Reich komme, Hamburg 1962, S. 12 ; Y. Congar, Esquisses du Mystère de l'Eglise, Paris 1959, p. 15. R. Bultmann, Jesus , München 1967, S. 32, 39; E. Schillebeeckx, Jesus, het verhaal van een levende, Bloemendaal 1975, p. 125; W. Kasper, Jesus der Christus, op. cit., S. 66, 113; L. Boff, Salut en Jésus-Christ et processus de libération , in «Concilium», 1974 nº 9, p. 75; J. Sobrino, Christology at the Crossroad, New York 1979, p. 65; O. Cullmann, Heil als Ceschichte, Tübingen 1965, S. 219-220; P. Tillich, Ultimate Concern, London 1962, p. 86; D. Bonhoeffer, Gesammelte Schriften, München 1965, B. III, S. 277, 279. 3 L. Sartori, Riflessioni conclusive sulla sessione , in AA. VV., Regno come comunione , Torino 1980, pp. 292-293: «Spesso, purtroppo, il 2 primo «lontano», il primo «emarginato»... nei discorsi e negli sforzi di fare unità e unione, è proprio Lui, Dio! Il tema del Regno di Dio non ci ha messo a confronto con una categoria vuota, solo formale. Regno di Dio è Dio! ci è stato più volte detto. Dio è personale! Ed invece si rischia di lascianlo fuori della comunione. Se l'ecumenismo è preoccupazione di avvicinare i «lontani», di riconvocare gli «emarginati», di dare spazio agli «ultimi»... ci impegna anzitutto a ridare il primo posto a Dio. La comunione intima di cui Dio Trinità vive deve essere recuperata come principio di ogni altra comunlone; da essa siamo immessi poi nella comunione con le dimensioni divine della sua sapienza, della sua giustizia, dci suo amore, che si sono rivelate nelle sue opere, quelle della creazione e quelle di tutta la storia della salv ezza». Giovanni Paolo II, Lettera enciclica ―Redemptoris Missio‖, Città del Vaticano 1999, n° 18; CONGREGAZIONE PER LA DOTTRINA DELLA FEDE, Dichiarazione ―Dominus Jesus‖, Città del Vaticano 1998, n° 19. 5 (Eventualmente individuato nell‘enciclica „Ecclesiam Suam―) cfr J. Moltmann, Theologie der Hoffnung, München 1964, S. 202 ; W. Kasper, Jesus der Christus, Mainz 1975, S. 85; S. Agustin, Obras de San Agustin: La Ciudad de Dios, voll. XVI-XVII, Madrid 1958 ; M. Luther, Von weltlicher Obrigkeit, Hamburg 1965, S. 18-22; H. Zahrnt, Die Sache mit Gott, München 1966, S. 228 ; J. A. T. Robinson, Exploration into God , London 1967, p. 91; E. Brunner, Das Ewige als Zukunft und Gegenwart, München 1965, S. 179 ; M. D. Chenu, Peuple de Dieu dans le monde , 4 Paris 1966, p. 112. 6 J. Sobrino, Christology at the Crossroads, New York 1978, p. 60: «To summarize this chapter briefly, we can say that any initial attempt to approach the historical Jesus must be done from the standpoint of the kingdom of God. This is our first basic thesis about Jesus: he did not preach about himself, or even simply about God, but rather about the kingdom of God. This thesis enables us to properly appreciate the activity of Jesus as liberation. It enables us to see the original unity of the horizontal and vertical dimensions in Christian faith, as well as the relationship of sin to it. It enables us to adopt the following of Jesus, understood as a praxis rather than as a theory, as the basic hermeneutic principle for comprehending who God is and, as we shall see later, who the Christ of faith is». 7 Lo slittamento di terminologia viene elaborato nel testo di convergenza luterano-cattolico: cfr COMMISSION INTERNATIONALE LUTHERIENNE - CATHOLIQUE, La compréhension de l‘Eglise à la lumière de la justification , in «La documentation catholique», 1994 nº 2101, p. 822 nº 72. 14 comincia con l‘entrare nella dinamica del mistero del Padre celeste 1. D‘altra parte si sa, oggi più che mai, che le strutture –anche ecumeniche- non realizzano di per se l‘unità 2. Il modo di lasciare ai discepoli e a ‗quelli che crederanno‘ (Gio 17, 20-21) il compito di dare un profilo alla comunione piena d‘unità nella diversità è di far vivere il ‗movimento‘ verso ‗l‘unum sint‘. La piena comunione entra così a far parte della scommessa mai pienamente portata a termine: percorso escatologico da lasciare aperto nelle sue promesse condivise, comuni e tese in avanti. A DAL MISTERO, SPINGERE FINO IN FONDO L'ACCETTAZIONE ECCLESIOLOGICA DI UN MOVIMENTO INTER-ECCLESIALE CHE NON CI APPARTIENE THE PRIORITARIAN IMPLICATION FROM THE CHURCH AS MYSTERY: TO ACCEPT ECCLESIOLOGICALLY AN INTERECCLESIAL MOVEMENT WHICH DOES NOT BELONG TO ANY HISTORICAL CHURCH AS SUCH La grande difficoltà del riferimento della Chiesa al mistero consiste nel bilanciare il significato della parola ‗Chiesa‘ come mistero e ‗Chiesa‘ come entità storica nelle Chiese esistenti oggi. La scorciatoia (corto-circuito) tra i due significati porta al fondamentalismo confessionale. Il movimento ecumenico è nato con l‘intento di superare questo fondamentalismo. La 'ricerca della piena comunione tra tutti i cristiani' veniva percepita, pertanto, come compito di tutte le Chiese storiche senza che esso sia gestito da una Chiesa in particolare 3. La questione-premessa che va posta oggi è senz'altro di chiedersi fino a che punto si accetta ancora, al nome del mistero ecclesiale, di inserirsi pienamente in un movimento ecclesiale non fondato e non gestito prevalentemente dalla propria Chiesa. "È sorto, per grazia dello Spirito Santo, un movimento ogni giorno più ampio..." 4. Con tale affermazione d‘apertura, si lascia da parte l'idea della creazione di 1 Nyambura J. Njoroge, Ecumenical Theological Education and the Church in Africa Today , in «Internet» 2006, http://www.sorat.ukzn.ac.za/ theology/bct/njoroge.htm: «First and foremost, the call for unity is one of the many instructions Jesus left for his disciples. Suzanne de Dietrich rightly states, "Jesus did not speak about it, he prayed". Among Christians, unity means entering into the mystery of the triune God: "I ask not only on behalf of these, but also on behalf of those who will believe in me through their word that they may all be one. As you, Father, are in me and I in you, may they also be in us so that the world may believe that you have sent me". (John 17:20-21) Elaborating on the task of church unity Dietrich writes: "To build unity on the human level by diplomatic conversations and compromise will always mean a shaky construction. The broken church can be restored only from above. This does not exclude our constant striving for mutual understanding, our common searching for truth. But to restore unity, more than this is needed. The work of Christ's Spirit, humbling and sifting, pruning and purifying, breaking through our stubborn oppositions and making all things new, is necessary" (1)». ((1) Suzanne de Dietrich, The Witnessing Community: The Biblical Record of God's Purpose , Philadelphia, The Westminster Press, 1955, p. 147. On Dietrich's life and ecumenical contribution see Hans-Ruedi Weber, The Courage to Live: A Biography of Suzanne de Dietrich , Geneva, WCC Publications, 1995.) 2 J. Dempsey Douglass, A Reformed Perspective on the Ecumenical Movement, «Internet» 2006, www.religion-online.org/ showarticle.asp?title=421: «Structures themselves, however, do not reconcile. Faithful Christians must design and inhabit those structures. While not losing the momentum of progress already made among churches active in the ecumenical movement, we must reach out to include churches now on the margins. We also need to identify and respect the vital voluntary reforming movements outside formal structures, asking what word of God they may have for the churches. It was the energy of movements like these that launched the modern ecumenical movement a century ago. Yet we must not lose our focus on the role of the churches themselves in expressing the mutual interdependence of the members of the body of Christ. All churches are constrained by the gospel to work for the full mutual recognition that will permit us to sit together at the table of our Lord». 3 CONCILIO ECUMENICO VATICANO II, Decreto "Unitatis Redintegratio", Città del Vaticano 1965, nº 1. 4 CONCILIO ECUMENICO VATICANO II, Decreto "Unitatis Redintegratio‖, Città del Vaticano 1965, nº 1. 15 un 'movimento ecumenico cattolico' per dare pieno valore al già operativo 'movimento ecumenico' 1. La prima formulazione del progetto di testo conciliare parlava di un ‗ecumenismo cattolico‘ poi riconsiderato nell‘attuale redazione del Decreto sull‘ecumenismo 2. Così, la Chiesa di comunione romana entra a far parte di un‘iniziativa che supera i suoi limiti strutturali. Anzi, la qualità d‘inserimento viene proposta molto sommessamente come intenzione di "proporre a tutti i cattolici gli aiuti, i metodi e i modi, con i quali possano essi stessi rispondere a questa vocazione e grazia divina" 3. È chiaro che le ragioni per un tale riconoscimento del movimento ecumenico non sono solo 'ecclesiologiche' ma bensi 'teologiche' nel senso più ampio e profondo di questo riferimento al mistero di Dio. La questione dell‘‖assolutezza‖ rivendicata da una Chiesa va interpretata meno dal rapporto tra le istituzioni religiose che invece dalla relazione tra la sorgente del mistero e la sua espressione 4. D‘altra parte, la progettazione stessa del Consiglio ecumenico delle Chiese, nell‘incontro preparatorio del 1938 a Utrecht focalizzava questa convergenza di non costituire una piattaforma vincolante dal criterio di autorità confessionale, ma come ‗fraternità di Chiese‘ con la sua autorità spirituale 5. DAL MISTERO DI RICONCILIAZIONE, RICONOSCERE E PARTECIPARE A UN MOVIMENTO UNICO TRA TUTTE LE CHIESE Il coinvolgimento ecumenico si attua dunque in un movimento 'che non appartiene alla Chiesa cattolica-romana' in quanto tale, né ad alcun'altra Chiesa. Riscoprendo che l'appartenenza alla Chiesa è inanzitutto una partecipazione al mistero ecclesiale tramite la 'propria Chiesa', il movimento ecumenico non è né 'di Pietro, né di Apollo, né di Paolo' (cfr 1 Cor 3, 22) ... esso non si aggrega, cioè, a nessuna Chiesa istituzionalmente o storicamente costituita. Ecco la sua CONCILIO ECUMENICO VATICANO II, Decreto "Unitatis Redintegratio‖, Città del Vaticano 1965, nº 1; cfr L. Jäger, Das Konzilsdekret über den Ökumenismus, Paderborn 1965, S. 84: «Statt des Titels der ersten Fassung De Oecumenismi Cattholici principiis ist der Titel der zweiten Fassung beibehalten De Catholicis Oecumenismi principiis . Es ist nur em Wort umgestellt mid diesem Wort em einziger Buchstabe beigefügt. 1 Aber diese Änderung ist sehr bedeutsam, wie oben schon gesagt wurde. Das Dekret anerkennt, daß es eine weitweite ökumenisdie Bewegung gibt und lädt die Katholiken ein, daran nach ihren katho1ischen Prinzipien tei1zunehmen». 2 J. Feiner, The Decree on Ecumenism, in AA. VV., Commentary on the Documents of Vatican II, London 1971, Vol. 21, p. 63: «In the schema which was laid before the second session of the Council the title of Chapter I was "The Principles of Catholic Ecumenism". The alteration requested by several Council Fathers, into the definitive title "Catholic Principles of Ecumenism", which in the Latin text required only the addition of a single letter s (De catholicis oecumenisrni principiis) is of fundamental importance. The earlier formula spoke of a Catholic ecumenism, and implied thereby that there were several or at least two ecumenical movements. Could not such a formula perhaps even provoke the impression that Rome now sought to set up its own ecumenical movement alongside that of "Geneva"? In reality there is only a single ecumenical movement, the goal of which is the union of Christianity. The Catholic Church found this movement already i n existence, when it decided at the Council to join it and to co-operate within it (albeit at least for the time being - without becoming a member of the World Council of Churches)». 3 4 CONCILIO ECUMENICO VATICANO II, Decreto "Unitatis Redintegratio‖, Città del Vaticano 1965, nº 1. Cfr la premessa sulle ragioni di richiamare la necessità di professare ‗l‘assolutezza‘ riguardo alla Chiesa, in CONGREGAZIONE PER LA DOTTRINA DELLA FEDE, Dichiarazione ―Dominus Jesus‖, Città del Vaticano 1998, n° 15: «Non rare volte si propone di evitare in teologia termini come ―unicità‖, ―universalità‖, ―assolutezza‖, il cui uso darebbe l‘impressione di enfasi eccessiva circa il significato e il valore dell‘evento salvifico di Gesù Cristo nei confronti delle altre religioni. In realtà, questo linguaggio esprime semplicemente la fedeltà al dato rivelato, dal momento che costituisce uno sviluppo delle fonti stesse della fede». 5 J. (Kallos) of Thermon, A Historical Sketch of the Ecumenical Movement , in «Orthodox Research Institute», in «Internet» 2010, http://www.orthodoxresearchinstitute.org/articles/ecumenical/john_thermon_history_ecumenism.htm: «The Utrecht Conference, which convened on May 9, 1938, laid the structural foundation of the W.C.C. It was decided at this Conference that the W.C.C. should not have any exterior authority, but that it would exercise ‗spiritual‘ authority. In no case was the W.C.C. to become a super Church. The basic formula for membership suggested was that ―the World Council of Churches is a fellowship of Churches which accept our Lord Jesus Christ as God and Saviour.‖ It was also decided that the representation to the Central Committee should be appointed according to regional system as opposed to the confessional system. A Provisional Committee was also created to serve during the interim period prior to the General Assembly of the W.C.C. Elected to this Committee were: Archbishop Temple of York as chairman; Archbishop Germanos of Thyateria; Dr. John R. Moth and Dr. Marc Boegner as Vice Chairman; Dr. W.A. Viss‘t Hooft as General Secretary; Dr. William Platon and Dr. Henry Smith Leiper as Associate General Secretaries. At the second meeting of this Provisional Committee at St. Germain in January 1939, it was decided that the first General Assembly of the W.C.C. be held in August 1941». 16 vulnerabilità ecumenica di fronte a chi vive nelle proprie 'gelosie' e di fronte a chi non disdegnerebbe di mutare lo stesso movimento in una appartenenza nuova (di fare -cioè- del movimento ecumenico una specie di struttura a se, parallela alle Chiese o al di sopra delle Chiese) 1!... La novità del movimento ecumenico è di aver scelto il discernimento sulla priorità dell‘unica carità da Dio nel Suo perdono invece che la combattività degli uni contro gli altri a nome della propria appartenenza ecclesiale a questo Dio 2. Ma si aggiunge anche un altro aspetto: il movimento ecumenico è uno come è una la verità di Dio (mentre il criterio della ‗verità‘ serviva tante volte a giustificare la conflittualità reciproca), verità che ci rinvia direttamente al mistero stesso di Dio 3. Infatti, non di rado appariva –nelle critiche al movimento ecumenico- quella di essere vagamente benevolo ma esposto a trascurare proprio l‘intento prioritario della ‗verità‘ per scivolare verso il relativismo svariatamente modulato. Prima di essere condizionata da un quadro mentale e strutturale storico, la verità appartiene al mistero inesauribile di Dio. In questo senso, essa non può essere ‗posseduta‘ da una entità limitatamente situata nei tempi e nei luoghi. Volendola recintare in questi termini, si arriverebbe a una verità soltanto ‗confessionale‘ che non darebbe la sua piena valenza alla dimensione riconciliativa di questa verità 4. Dal mistero indicibile della santità unica di Dio, si guarderà ad una verità che unisce in ultimo più che ad una verità che fa divergere: è un discernimento che sta a monte delle varie impostazioni mentali configurate, una scelta di fondo 5. Senz'altro, vi può essere chi fa fatica ad impegnarsi in una iniziativa che non sia 'sua' come organizzazione ecclesiale, e così via. Ma esiste un'altra ragione per la quale il movimento ecumenico non appartiene a nessuna Chiesa in particolare: ed è proprio perché sono le Chiese nella loro totalità storica che sono chiamate ad essere ognuna titolare della partecipazione 1 CONCILIO ECUMENICO VATICANO II, Decreto "Unitatis Redintegratio", Città del Vaticano 1965, nº 1; CENTRAL COMMITTEE OF THE WORLD COUNCIL OF CHURCHES, From Evanston to New Delhi, Geneva 1961, pp. 214-215; WORLD COUNCIL OF CHURCHES, The New Delhi Report, London 1962, p. 152. 2 W. H. Van de Pol, World Protestantism, New York 1964, p. 313: «The new ejement in the ecumenical thought, attitude and method consists in the radical change it hopes to achieve in the disposition of Christians toward one another. For centuries the leaders and adherents of the various churches and movements have found it obvious and necessary to fight one another as fiercely as possible, even with force. In contrast the ecumenical position is based on the consideration that all Christian faith and life should be built on the immense reality of God's love, mercy and forgiveness which have been revealed in Christ's sacrifice of love on the cross. It is also based on the consideration that Christ came into this world for no other purpose than to reconcile men to God and to one another through his cross and passion; on the consideration, finally, that we as Christians are standing in the way of the efficacy of Christ's work of reconciliation through our lovelessness, our lack of forgiveness and unwillingness to reconcile ourselves, and through our indifference toward one another». 3 C. Patelos, L‘Eglise orthodoxe et l‘Eglise catholique après Vatican II , in «Analecta» (publications de l‘Institut d‘études orientales de la bibliothèque patriarcale d‘Alexandrie), 1970 n° 19: «L'oecuménisme est un, comme est une la vérité. II n'existe pas un oecuménisme latin, à côté d'un oecuménisme orthodoxe ou protestant. Il existe un effort unique vers l'unité où chacun est partie prenante, pour chercher ensemble la coexistence, la croissance et la restauration du témoignage évangélique commun dans le monde. Les chrétiens ne constituent qu'un tiers de l'humanité et ils ont ensemble à rendre t6moignage du Christ, 1umière des Nations». 4 N. Nissiotis, Formen und Probleme des ökumenischen Dialogs , in «Kerygma und Dogma», 1966 nº 3, S. 201: «Das führt mich zu einer letzten Bemerkung im Blick auf die Möglichkeiten zur Übewindung von Problemen in unserem ökumenisdien Dialog und der Weise, in der wir dazu beitragen können. Ich glaube, dali keine einzelne Kirche ihren eigenen Ökumenismus haben kann. Gewiß hat sie ihre eigenen Prinzipien für ökumenisches Handeln und Verhalten. Sie hat ihre eigenen ekklesiologischen Grundlagen und sollte, im Blick auf die neuesten Entwicklungen, durch eine notwendige Neuinterpretation einen Beitrag zu leisten. Aber es sollte keine konfessionellen ökumenischen Bewegungen geben, die auf der Grundlage unterschiedlicher ekklesiologischer Überzeugungen miteinander wetteifern. Die Kirchen müssen miteinander an ihrem eigenen Ökumenismus Anteil haben und ihn formen und neugestalten und danach streben, ihn durch das Wachsen Verstehen und Respektieren zu vervollkommen». 5 B. Lambert, Das Ökumenische Problem, B. I, Basel 1963, S.59: «Man steht also im Grunde vor der entscheidenden Wahi: Will man eine Begegnung, oder will man sic nicht? Hat man den Glauben und die Hoffnung, daß sie sich eines Tages verwirklichen wird, oder h at man diesen Glauben und diese Hoffnung nicht? Wenn man mit Nein antwortet, führen die Verschiedenheiten der Überzeugungen, der Ziele und der Methoden ganz sicher nicht nur unvermeidlich zu einem Parallellaufen sondern immer mehr zu einer Entfremdung. Die christliche Welt wi rd gespalten bleiben, die Blöcke werden sich noch mehr verfestigen, sich fortentwicklen und sich so bis zum Weltende fremd gegenüberstehen». 17 comune al cammino verso la piena unità nel mistero di Dio 1. Come potrebbe un movimento essere disponibile per tutti se fosse già integrato in una delle Chiese? Ecco dove l'integralismo si dimostrerà insofferente in presenza di una non immediata 'integrabilità' ecclesiale, lasciando al mistero le sue promesse inafferabili. Questa promessa è la 'promessa del Regno di Dio': meta ed intento d‘ogni movimento verso la piena comunione ecclesiale nell'unità desiderata da Cristo per la sua Chiesa 2. L'impegno ecumenico irreversibile diventa una metodologia offerta alle Chiese per 'uscire' progressivamente dai loro stessi limiti, proprio nel coinvolgimento e nelle iniziative 'che non le appartengono'. Dal mistero d‘unità più grande di tutte le Chiese a quello della santità nella preghiera che supera le configurazioni delle Chiese, fino alla colpa condivisa da tutti e che accomuna le Chiese con la vulnerabilità di tutta l'umanità, il movimento ecumenico offre questa metodologia del non appartenersi al fine di portare avanti l'offerta del messaggio di speranza. LASCIARE CHE IL MEGLIO DEL ‗NOSTRO‘ SI COMPIA ATTRAVERSO CIÒ CHE NON CI APPARTIENE La ragione per la quale la nostra Chiesa può far parte di un movimento 'che non è "suo"', nel senso strutturale e gerarchico (giurisdizionale), è molto semplice: perché il movimento ecumenico sorge da ciò che è comune tra tutti i cristiani 3. Ma anche a livello esperienziale e fenomenologico, si osserva che sia la Chiesa romana sia le altre Chiese convergono verso una metodologia comune 4. Il timore rimaneva forte, anche tra i primi teologi romani ad interessarsi all‘intento ecumenico, che una partecipazione diretta ad un movimento non propriamente romano metesse a rischio l‘unità ‗posseduta‘ da questa Chiesa 5. È comune il Dono nella sua sorgente divina stessa, nel quale una 'casa' si fà ospitalità aperta ('ecumenico' implica che siamo tutti della stessa 'casa', cioè dello stesso "oikos") 6. Qualunque 'elemento' della fede –che sia riconosciuto 'comune'- lo è meno per quanto formulato o strutturato in modo 'comune' che invece per quanto 'dato' senza misura da Dio. Il "consenso" nel "dialogo", valorizzando o riscoprendo ciò che ci unisce, nel pieno rispetto dell'interlocutore e dell'Interlocutore non sfugge alla dinamica del dono: "quidquid recipitur, ad modum recipientis recipitur" 7. Il dono c‘introduce -poi- alla dinamica relazionale nella sua pienezza (gratuità dello scambio aldilà di 'ciò' che viene dato) 8. Da 'membri della stessa famiglia' imparare o re-imparare a vivere sotto 'lo stesso tetto', tale sarebbe la metodologia fondamentale del movimento ecumenico. Lo 'stesso tetto' sembra estendersi fino al senso di 'oikumenikos' che coinvolge l'intera umanità 9. Ma esiste una seconda e fondamentale ragione per la quale il movimento ecumenico non deve 'appartenere ad una o l'altra delle Chiese': e cioè perché esso vuol 1 CONCILIO ECUMENICO VATICANO II, Decreto "Unitatis redintegratio", Città del Vaticano 1965, nº 1. 2 Giovanni Paolo II, Partecipiamo con slancio all'opera ecumenica, in idem, Insegnamenti di Giovanni Paolo II, Città de Vaticano 1980, p. 173 (citato nell‘introduzione generale). 3 A. Bea, L'unione dei cristiani, Roma 1962, p. 113. 4 E. Schlink, Le décret sur l‘oecuménisme, in AA. VV., Le dialogue est ouvert. Le Concile vu par les observateurs luthériens, Neuchâtel 1965, p. 218: «5) Ces différences ne doivent pas faire oublier que l‘oecuménisme de Vatican II et celui du Conseil oecuménique des Eglises n'ont pas seulement une origine et des méthodes fondamentaIes communes, mais que, partis de positions de départ, opposées, ils convergent, en ce sens que les uns vont d'une unité centralisatrice et uniforme vers une communion dans la diversité et que les autres vont d'une coexistence assez lâche dans la diversité vers une communion structurée». 5 Y. Congar, Chrétiens désunis, Paris 1937, pp. 179-180: «L‘Eglise craint de plus que, en participant à un mouvemient de ce genre, l'unité qu'elle possède ne soit entraînée et ne courre un risque de contamination par Ia piuraIité; que l'unité ne se mette à l‘école de la p1uralité, ne s'affadisse à son contact, alors que ce doit être l'inverse, et que la mission de l'Eglise catholique est de faire que ce soit l'inverse qui arrive. II faut bien comprendre ici Ia grande différence de valeur, de logique et d'exigence qu'il y a entre l‘«oecuménisme» et la catholicité». 6 P. Kawerau, Die Ökumenische Idee seit der Reformation, Köln 1968, p. 7, 14; H. Jaspert, Ökumene, zum Verständnis eines Begriffes , in «Una Sancta», 1970 nº 1, p. 27. 7 C. Dumont, Unité des chrétiens, in «Unité des chrétiens», 1972 nº 1, p. 13. 8 A. Delzant, La communication de Dieu , Paris 1978, pp. 142-143. 9 G. Thils, Propos et problèmes de la théologie des religions non chrétiennes , Paris 1966, p. 169. 18 essere un richiamo a tutte le Chiese e comunità cristiane per ritrovare la piena comunione nel diretto riferimento al mistero della riconciliazione di Dio. Nel primo capitolo della costituzione dogmatica sulla Chiesa, il concilio Vaticano II aveva sanzionato questa possibilità -dal punto di vista della nostra Chiesa. Ogni Chiesa per conto proprio tende a reiterare l'identità formale delle sue affermazioni. Un movimento-non-suo permette ad ogni Chiesa di non partire da se stessa 1. La tentazione è grande di preferire la 'piccola unità' come Chiesa costituita che scommettere sulla tensione dell'unità 'non nostra' 2. La Chiesa cattolica di comunione romana, configurata ed articolata oggi come oggi, non si pone "al centro" e non pretende essere il riferimento ultimo di tutto (essendo questo invece il mistero della misericordia ed il Regno di Dio). Ma neanche le strutture ecumeniche, quale il Consiglio ecumenico delle Chiese, non si appartengono: esse non impegnano direttamente le Chiese affiliate a differenza della Chiesa romana che si trova impegnata da ciò che viene deciso o affermato nel suo seno 3. Si parlerà di un capovolgimento 'copernicano' o 'galileano' 4, nella misura in cui ci si rende conto che non tutto gira intorno alla Chiesa (come si pensava che tutto girava intorno alla terra, prima di Galileo...) ma che essa stessa 'è in cammino' verso una meta di compimento ultimo di pienezza 5. Ciò fa della prospettiva ecclesiologica una spirale prettamente escatologica (cfr infra). Perciò si dirà che il desiderio della piena comunione è suscitato direttamente ed autenticamente da Dio 6, e ancora: "queste esigenze per la ricerca dell'unità sono identiche a quelle richieste per la realizzazione del Regno di Dio: la Chiesa infatti è in cammino verso la pienezza del Regno" 7. Omettere l'impegno ecumenico «per qualsiasi ragione» implicherebbe negare la verità che è -in noi- grazia di Dio, né vana né vuota 8. Visto che il movimento ecumenico non è un movimento d‘individui ma di Chiese e comunità (se fosse soltanto un movimento d‘individui si capirebbe la prerogativa d‘ogni Chiesa e comunità di avere il suo 'ecumenismo' a vantaggio di ogni suo singolo membro), è il consesso delle Chiese che deve trovare una sua piattaforma comune. Questa piattaforma si trova per ogni Chiesa aldilà di se stessa, nella sua tensione verso il "Regno di Dio". Perciò, si precisa: "a questo movimento partecipano... non solo singole persone, ma anche riunite in comunità.... Chiesa loro di Dio" 9. Come itinerario comune delle Chiese verso il Regno, il movimento ecumenico supera i limiti ed anche la configurazione di una o l‘altra Chiesa tale quale esiste oggi. Pertanto, non si parlerà -nel decreto conciliare del concilio Vaticano II- di "principi dell'ecumenismo cattolico" ma di criteri (principi) cattolici dell'impegno ecumenico comune 10: le norme ecclesiali proposte intendono guidare il coinvolgimento della propria Chiesa nel movimento che le raccoglie tutte 11. Dato che il 1 L. Vischer, Rapport, in «La documentation catholique», 1973 nº 1639, p. 830. 2 L. Vischer, in AA. VV., Wandernde Horizonte, Frankfurt am Main 1974, S. 17. 3 J. Hamer, Rapport, in «Information service», 1969 n° 7, p. 12: «a) Perspectives d'avenir. Ce bilan des progrès, considérables et variés, ne serait pas complet sans quelque référence aux problèmes qui demeurent. Le principal d'entre eux vient de la différence de structure entre le C.OE.E. et l'E.C.R. Pour prendre un exemple: lorsque, d'une manière ou d'une autre, nous rédigeons un document commun (toujours modestement d'ailleurs) nous engageons 1'Eglise catholique, tandis que le C.OE.E. n'engage pas directement ses Eglises-membres. Cela exprirne tout simplement la différence de nature de nos deux institutions: le C.OE.E. n'est pas une Eglise, il ne peut 1'être et il ne desire pas l'être». 4 S. Spinsanti, Ecumenismo, Roma 1982, p. 86. 5 R. Latourelle, Dictionnaire de théologie fondamentale, Paris 1988, pp. 347-348. 6 Giovanni Paolo II, Ad una delegazione ortodossa, in idem, Insegnamenti di Giovanni Paolo II , Città del Vaticano 1979, vol. 1, p. 1645, cfr supra. 7 Giovanni Paolo II, Partecipiamo con slancio all'opera ecumenica, in idem, Insegnamenti di Giovanni Paolo II, 1980, p. 173, cfr supra. 8 Giovanni Paolo II, Enciclica "Redemptor hominis", in «Acta Apostolicae Sedis», 1979, p. 267, cfr supra. 9 CONCILIO ECUMENICO VATICANO II, Decreto "Unitatis redintegratio", Città del Vaticano 1965, nº 1. Vedere il titolo del I° capitolo del decreto Unitatis redintegratio, Città del Vaticano 1965, nº 2 (testata); J. Feiner, The Decree on Ecumenism, in AA. VV., Commentary on the Documents of Vatican II , London 1971, Vol. 21, p. 63; L. Jäger, Das Konzilsdekret über den Ökumenismus, Paderborn 1965, S. 84. 11 L. Jäger, Das Konzilsdekret über den Ökumenismus , Paderborn 1965, S. 121: «Das Dekret gibt in diesem Kapitel die fundamentalen 10 Prinzipien und die Normen fur die ökumenische Wirksamkeit. Der Grundgedanke ist folgender: Nachdem die Christen sich des gemeinsamen 19 movimento ecumenico si riferisce al cammino comune verso il Regno, esso non si sostituisce alle comunità ed istituzioni ecclesiali esistenti: esso non diventa una "Super-Chiesa" identificarsi con l‘unità finale compiuta 2. 1 e non intende Al massimo, il suo coordinamento potrà esprimersi come 'associazione fraterna' 3. Il "Consiglio ecumenico delle Chiese" si propone come organismo di tale tipo. Stranamente, esso non viene menzionato nel decreto del concilio Vaticano II sull‘intento ecumenico, facendo capire le difficoltà di maturazione ecumenica che vi erano in quell‘assise riguardo a una tale piattaforma interecclesiale già operativa 4. L‘unico mistero, l‘unico battesimo, l‘unica ‗base‘ per esprimere l‘adesione all‘intento ecumenico Nelle formulazioni del concilio Vaticano II, il battesimo costituisce il vincolo sacramentale di base dell‘appartenenza alla Chiesa, anche se esso è definito come ‗inizio ed esordio‘ 5. Ma esso rimane una autentica incorporazione nel Corpo mistico 6, con la connotazione prioriatria fondamentale di incorporazione a Cristo nella quale si attua l‘unità 7. I dialoghi ecumenici hanno specificato ulteriormente il senso del battesimo ‗unico‘: non solo irripetibile nella vita di ogni credente ma anche il sacramento che crea l‘unità fondamentale delle Chiese, la sacramentalità battesimale fa sì che l‘unità è data in esso 8. La lunga storia del riconoscimento del battesimo e christlichen Erbes bewußt geworden sind, das sie schon jetzt verbindet, sollen sie diese schon bestehende, unvollendete, aber reale Einheit besser kundgeben in den verschiedenen Arten gemeinsamen Betens und Handelns sowie des Dialogs über Glaubensfragen. Das Ziel ist, der vollkommenen Einheit nach dem Willen Christi näherzukommen». JOINT WORKING GROUP OF THE WORLD COUNCIL OF CHURCHES AND THE ROMAN CATHOLIC CHURCH, Patterns of Relationships between the Roman Catholic Church and the World Council of Churches , in «The Ecumenical Review», 1972 nº 3, p. 256 (nº 5); vedere accenni alla "super-chiesa": (e. g.) in Editorial, in «The Economist», July 14, 1973, p. 15. 2 N. Nissiotis, Formen und Probleme des ökumenischen Dialogs , in «Kerygma und Dogma», 1966 nº 3, S.189-190. 3 CENTRAL COMMITTEE OF THE WORLD COUNCIL OF CHURCHES, From Evanston to New Delhi, Geneva 1961, pp. 214-215. 4 E. Schlink, Le Décret sur l‘oecuménisme , in AA. VV., Le dialogue est ouvert. Le concile vu par des observateurs luthériens , Neuchâtel 1965, 1 p. 212 : «Il a été par ailleurs frappant que, dans la caractéristique donnée des Eglises orientales et occidentales séparées de Rome, ait été totalement passée sous silence leur appartenance au Conseil oecuménique des Eglises. De toutes manières, ce décret ne mentionne curieusernent à aucun moment cette communauté juridiquement constituée en 1948 à Amsterdam et comprenant actuellement plus de deux cents Eglises de toutes les confessions non romaines. Il est uniquement question du mouvement oecuménique et de sa confession du Dieu Triun. Or, on ne peut aujourd'hui rendre justice à la réalité des Eglises orientales et des Eglises occidentales non romaines si on les considère comme groupes isolés et fait abstraction du fait qu'elles participent, en tant qu'Eglises membres du Conseil oecuménique, à une communion d‘échanges mutuels qui a, de multiples manières, fait ses preuves et va s'approfondissant constamment, et découvrent par là-même des ouvertures, reçoivent des impressions nouvelles». 5 CONCILIO ECUMENICO VATICANO II, Decreto "Unitatis redintegratio", Città del Vaticano 1965, Città del Vaticano 1965, nº 22: (p. 396): «Il battesimo quindi costituisce il vincolo sacramentale dell‘unità, che vige tra tutti quelli che per mezzo di esso sono stati rigenerati. Tuttavia il battesimo di per sé è soltanto 1'inizio ed esordio, poiché esso tende interamente all'acquisto della pienezza della vita in Cristo. Pertanto il battesimo è ordinato all'integrale professione della fede, all'integrale incorporazione nell'istituzione della salvezza, come lo stesso Cristo ha voluto, e infine, alla totale inserzione nella comunione eucaristica»; L. Jäger, Das Konzilsdekret über den Ökumenismus, Paderborn 1965, S. 196. 6 CONCILIO ECUMENICO VATICANO II, Decreto "Unitatis redintegratio", Città del Vaticano 1965, Città del Vaticano 1965, nº 22: (p. 396): «Col sacramento del battesimo, ogni volta che secondo l'istituione del Signore è debitamente conferito e ricevuto con la debita disposizione di animo, l'uomo è veramente incorporato a Cristo crocifisso e glorificato e viene rigenerato per partecipare alla vita divina, secondo le parole dell'Apostolo: «sepolti insieme con Lui nel battesimo, nel battesimo insieme a lui siete risorti, mediante Ia fede nella potenza di Dio, che lo suscitato di tra i morti» (Col. 2, 12)». 7 L. Jäger, Das Konzilsdekret über den Ökumenismus, Paderborn 1965, S. 180: «Die ekklesialen Elemente mögen in manchen christlichen Gemeinschaftern auf ein Minimum reduziert sein, aber sie sind in allen großen Bekenntnissen vorhanden. Dies gilt ganz besonders von der Taufe, deren ekklesiale Bedeutung im Dekret stark betont wird. Der Glaube an Jesus Christus als Gottessohn und Erlöser schafft durch seine Verbindung mit dem sakramentalen Zeichen der Taufe eine sichtbare ekklesiale Gemeinschaft, so reduziert sie in manchen Fällen auch sein mag. Auf diese Weise entsteht eine elementare Einheit unter allen christlichen Konfessionen, die den eigentlichen Ökumenismus erst möglich macht. Die Taufe bewirkt die Eingliederung in Christus und schafft eine grundlegende Einheit der Christus, die nicht nur unsichtbar, sondern kraft des sakramentalen Zeichens dei Taufe auch sichtbar ist. Sie tendiert hin auf die vollkommene Einheit in der einen Kirch e Jesu Christi. Das Dekret spricht von diesen Zusammenhängen im 22. Artikel bei der Behandlung des sakramentalen Lebens dei von uns getrennte n abendländischen Christen». 8 DISCIPLES CHURCH – ROMAN CATHOLIC DIALOGUE, RICD, in «Information Service», 1982 n° 49, pp. 68-69: «IV. BAPTISM. 23. By its very nature, baptism impels Christians toward oneness. In baptism a person is incorporated into Christ Jesus and into his Body, the Church. The fundamental unity which God has given us is rooted in the sacrament and cannot be destroyed. We are called to the one baptism by the 20 della sua non ripetibilità risale fino alla discussione tra Stefano I di Roma e Cipriano di Cartagine, chiarita in favore della validità riconosciuta e poi assestato dal sostegno di Agostino in occidente 1. Da questi riconoscimenti del passato, le Chiese si trovono di fatto già coinvolte in accordi di lunga data. Nella sua carta costitutiva, il Consiglio ecumenico delle Chiese esprimò questo diretto riferimento al mistero della fede trinitaria nel battesimo come "base" d‘affiliazione 2. La formulazione succinta della 'carta di adesione al Consiglio ecumenico delle Chiese' sarà ripresa all'inizio del documento conciliare: "a questo movimento... ecumenico partecipano tutti quelli che invocano la Trinità e professano la fede in Gesù Signore e Salvatore..." 3. L‘assemblea mondiale di New Delhi del 1961 votò un testo di base in questo senso 4. La maturazione della base si aprì alla richiesta di una previa professione di fede delle Chiese che aderiscono al Consiglio ecumenico nettamente trinitaria, di fronte ad una anteriore professione di fede in Gesù Cristo Dio e Salvatore. La particolarità di questa ‗base‘ è proprio di non essere ‗confessionale‘ in quanto istituzione del Consiglio ecumenico: infatti sono le Chiese che confessano una tale qualità di fede per poter essere soggetti affiliati al Consiglio 5. È vero che diverse interpretazioni possono essere date della formulazione di questa ―base‖, ma non più di altre formulazioni dogmatiche del passato 6. Anche la qualifica di ‗Chiesa‘ rimane descrittiva e non ecclesiologicamente esauriente 7. Vi sarà una certa delusione che l'implicita convergenza non sia stata sancita dal decreto conciliare sotto forma di un riconoscimento esplicito del nascente riavvicinamento nell'ambito della affiliazione delle Chiese all'esordiente Consiglio ecumenico 8. Gospel that is the way of salvation for all humanity. Baptism is, therefore, the fundamental source of our oneness in Christ' s life, death and resurrection». 1 Fr. Krüger, Kriterium und Gnade einer Anerkennung kirchlicher Ämter, in «Ökumenische Rundschau», 1974 n° 3, p. 321 «Es ist vielleicht hilfreich, sich daran zu erinnern, daß in der Tauffrage nahezu alle christlichen Gemeinschaften durch gegenseitige Annerkennung miteinander verbunden sind. Dieses Datum öikumenischer Gegenwart und Praxis hat eine lange, wechselvolle Geschichte hinter sich. Sie reicht zurück bis zur Entscheidung Stephans I. von Rom gegen Cyprian im Kerzertaufstreit als Srephan die von Ketzern geleistere Taufe als gültig anerkannte.. Mit der Unrerstürzung Augustins hat sich dann diese Praxis Roms in der westlidien Kirdre durchg esetzt. Allerdings trennte Augustin noch Zeichen und Sache, die Spendung des Sakraments außerhalb der Kirdie durch Ketzer sah er als gülrig an, die Sache, d. h. die Gnade, konnte dem so Getauften aber nur innerhalb der Kirchie zuteil werden». 2 WORLD COUNCIL OF CHURCHES, The New Delhi Report, London 1962, p. 152. 3 CONCILIO ECUMENICO VATICANO II, Decreto "Unitatis redintegratio", Città del Vaticano 1965, nº 1. 4 WORLD COUNCIL OF CHURCHES, The New Delhi Report, London 1962, p. 152: «I. THE BASIS. Upon recommendation of the Policy Reference Committee, it was VOTED that the Assembly resolve that Section I of the Constitution of the World Council of Churches read as follows: ―I. Basis. The World Council of Churches is a fellowship of churches which confess the Lord Jesus Christ as God and Saviour according to the Scriptures and therefore seek to fulfil together their common calling to the glory of the one God, Father, Son and Holy Spirit». JOINT WORKING GROUP OF THE WORLD COUNCIL OF CHURCHES AND THE ROMAN CATHOLIC CHURCH, Patterns of Relationships between the Roman Catholic Church and the World Council of Churches , in «The Ecumenical Review», 1972 nº 3, p. 254: «The word ‗confess' is used 5 in it with reference to the individual churches. It is not the World Council of Churches which confesses but the member churches ‗which confess….‘. The basis is not intcrpreted in the same way by all the churches. The acceptance of the basis by the member churches does not imply theological uniformity about e.g. trinitarian theology or the authority of the Holy Scripture. It points however, unambiguously to the source of the Council's coherence and indicates the ground and the common calling on which fellowship is to be realised». 6 R. Bultmann, Glauben und verstehen, München 1965, B. II, S. 246: «Über das ehristologische Bekenntnis des Ökumenischen Rates der Kirchen in Amsterdam soll ich sprechen. Es lautet bzw. es ist enthalten in dem Satz: ―Der Okumenische Rat der Kirchen setzt sich zusammen aus Kirchen, die Jesus Christus als Gott und Heiland anerkennen." Mir ist nun die Aufgabe gestellt worden, zu prüfen, ob diese Bekenntnisfotmulierung dem Neuen Testament entspricht. Ich kann auf diese Frage gleich ganz kurz antworten: Das weiß ich nicht! Und zwar deshalb nicht, weil diese Formel ja keineswegs eindeutig ist. Ja, ich möchte fragen: Ist es nicht das Fatale bei allen oder doch wenigstens bei den meisten Bekenntnisformulierungen, die von theologischen oder kirchlichen Gremien besehlossen werden, daß sie möglichst viele Bekenner unter einen Hut bringen sollen und deshalb möglichst aligemein oder mehrdeutig sein müssen?». WORKING GROUP OF THE WORLD COUNCIL OF CHURCHES AND THE ROMAN CATHOLIC CHURCH, Patterns of Relationships between the Roman Catholic Church and the World Council of Churches , in «The Ecumenical Review», 1972 nº 3, p. 254: «The word chuch is used 7 descriptively. In practice it refers to autonomous ecclesial communities which fulfil certain criteria of stability and size and are able to subscribe to the contents of the Basis. These communities are frequently, though not always, organized on the basis of a particular geographical area and belong to a particular confessional tradition. The use of the word ‗church' does not imply that the individual churches recognize each other in the full ecciesiological sense of the word». 8 E. Schlink, Le décret sur l'oecuménisme , in AA. VV., Le dialogue est ouvert, Taizé 1972, p. 212. 21 Quale sarà l'inserimento pan-ecclesiale d‘ogni cristiano nell‘iniziativa ecumenica? Sarà il suo stesso battesimo: "giustificati nel battesimo dalla fede, sono incorporati a Cristo, ...a ragione insigniti del nome di cristiani, e ...giustamente riconosciuti quali fratelli nel Signore" 1. Il nuovo codice di diritto canonico romano dirà che, con il battesimo, si è 'incorporati' o 'costituiti' Popolo di Dio, o Chiesa di Cristo 2. Anzi, "dalla rigenerazione in Cristo‖ subentra l'uguaglianza di tutti nella dignità e nell'azione 3. Inoltre, si prescrive di seguire il criterio generale del riconoscimento del battesimo compiuto in altre Chiese e comunità cristiane 4. Le Federazioni ed i ―Councils‖ mondiali di Chiese ribadiranno questo criterio 5. Il battesimo va conferito una volta soltanto, essendo il sacramento dell‘ingresso nella Chiesa di Dio 6. L‘unicità del battesimo come ‗passaggio decisivo verso il Regno della vita nuova defluisce anche dalla sua dimensione escatologica 7. I SOSPETTI SULLA ‗SUPER-CHIESA‘ E L‘AFFILIAZIONE AL CONSIGLIO ECUMENICO DELLE CHIESE Riguardo all‘affiliazione (chiamata anche "membership") della Chiesa romana al Consiglio ecumenico delle Chiese, gli stessi rappresentanti della Segreteria ginevrina ne hanno sottolineato l'interesse 8. Il timore diffuso, negli anni della fondazione del Consiglio ecumenico delle Chiese, riguardava la sua natura ed il rischio che potesse diventare una struttura sovrastante le Chiese storiche, una ‗super Chiesa‘ 9. Si è anche commentato quanto una tale ‗super Chiesa‘ -di tipo 1 CONCILIO ECUMENICO VATICANO II, Decreto "Unitatis redintegratio",Città del Vaticano 1965, nº 3. 2 CHIESA CATTOLICA DI DIRITTO LATINO, Codex Iuris canonici, Città del Vaticano 1983, can. 96, 204 nº1. 3 CHIESA CATTOLICA DI DIRITTO LATINO, Codex Iuris canonici, c. 208. 4 CHIESA CATTOLICA DI DIRITTO LATINO Codex Iuris canonici , c. 869, 874 nº 2, 1183 nº 3. 5 WORLD METHODIST COUNCIL, A Resolution of Intent, in «Information Service», 1971 nº 13, p. 23: «1. All those who are baptized with water and in the Triune Name, who confess Jesus Christ as Lord and Savior, who congregate to hear God's Word rightly preached and to receive Christ's Sacraments duly administered, who serve the Great Commission ( Matthew 28:19-20) in word and deed, and whose lives manifest God's ministry of reconciliation in Christ (2 Corinthians 5: 18-20) are members of Christ's Body, the Church (1 Corinthians 12:27) and truly "members one of another" (Ephesians 4:25)». 6 J. Courvoisier, De la réforme au protestantisme (essai d ecclésiologie réformée), Paris 1977, p. 62: Le premier d'entre eux, le baptême, est le sacrement de l'entrée dans l'Eglise. C'est pourquoi l'on ne peut être baptisé qu'une seule fois. De ce fait, les anabaptistes, en rebaptisant ceux qui viennent à eux d'une église chrétiennne (traditionnelle ou réformée), sont obligés de déclarer nul et non avenu le baptême déjà reçu. Le baptême est, si l'on nous permet l'expression, le sacrement de la frontière. La lutte qui se poursuit à son sujet est donc une lutte avec l'étranger. On sait que pour les anabaptistes, ce qui n'est pas eux n'est pas chrétien. Lorsqu'il refusait de poursuivre la conversation avec eux à cause du rebaptême, Zwingli les dénonçait comme fondateurs d'une nouvelle église. Ce rebaptême est donc le signe qu'une nouvelle église est fondée, ce qui est impensable pour les réformateurs . 7 A. Schmemann, Church, World, Mission, New York 1979, p. 138: «Signs and symptoms of that deterioration are too many to be enumerated here. A few, however, ought to be mentioned. Take Baptism, for example. If today so many priests, not to speak of laymen, see no need whatsoever for the baptismal blessing of water and are perfectly satisfied with pouring some holy water into the baptismal font, it is because they do not experience this blessing as the sacramental re-creation of the cosmos so that it may become that which it was intended to be, a gift of God to man, a means of man‘s knowledge of God and communion with Him. Yet when deprived of this cosmical connotation, the understanding of Baptism itself begins to be altered, and this is exactly what we see in postpatristic theology as well as in post-patristic piety. From regeneration and re-creation, new birth and new life, attention shifts to original sin and justification, and thus to an altogether different theological and spiritual content. If the initial and organic connection of Baptism with Pascha and Eucharist has been all but forgotten, if Baptism has ceased to be a paschal sacrament and Pascha a baptismal celebration, it is because Baptism is not experienced as a fundamental act of passage from ―this world‖ into the Kingdom of God—an act which, making us die here ―in the likeness of Christ‘s death,‖ makes our life to be hidden with Christ in God. But again, deprived of this eschatological connotation, Baptism is less and less connected—in theology and piety—with Christ‘s death and resurrection, and indeed post-patristic manuals hardly even mention that connection, as well as the connection of Chrismation with the pentecostal inauguration of the ―new aeon‖». 8 C. Blake, Letter to Cardinal Willebrands, in «Information Service», 1971 nº 14, p. 3. JOINT WORKING GROUP OF THE WORLD COUNCIL OF CHURCHES AND THE ROMAN CATHOLIC CHURCH, Patterns of Relationships between the Roman Catholic Church and the World Council of Churches , in «The Ecumenical Review», 1972 nº 3, pp. 247-288, cfr pp. 250-251: «The Ecclesiological Significance of the World Council of Churches . The World Council of Churches does not claim any specific understanding of its 9 own ecciesiological significance. It explicitly disavows the idea of itself as a ―superchurch‖ (cf. the so-called Toronto statement on the Church, the churches and the World Council of Churches, 1950). Yet it is inevitab1e that the question be discussed what significance the fellowship of the churches in the World Council of Churches may have. A certain dilemma is apparent: an instrument created by the churches cannot be without any ecclcsiological significance. The Fourth World Conferenoe on Faith and Order in Montreal (1963) spoke of a ‗new dimension‘ received in the sustained fellowship of the World Council of Churches». 22 ‗democratico‘ a modo di coalizione tra partiti politici- potesse restringersi in una continua manovra di compromessi e dosaggi del tutto improbabili su verità religiose 1… Al contrario di questo timore, si è detto che il Consiglio ecumenico delle Chiese costituiva un insieme di attività interconfessionali, tra cui la ricerca dell‘unità, e dunque fondamentalmente diverso dalla Chiesa cattolica di comunione romana 2. Ciò non toglie che il Consiglio ecumenico delle Chiese ha un suo significato ecclesiologico che gli è dato dal sostegno delle sue Chiese-membri. Il Consiglio non è qualcosa ‗fuori‘ o ‗accanto‘ o ‗totalmente diverso dalle Chiese, ma è uno strumento dello Spirito Santo per attuare la volontà di Dio su tutta la Chiesa, le Chiese e in favore del mondo 3. Perciò è tanto più rilevante che la Chiesa romana diventi membro del Consiglio, proprio per sancire ed implementare ulteriormente la sua inidenza ecclesiologica. Una omissione di affiliazione potrebbe anche voler dire che si intende ridurre al minimo la valenza ecclesiologica del Consiglio, pur proclamando che si vuole cooperare al movimento ecumenico unico. Certi esponenti cattolici avevano adirittura la tendenza a non voler chiamare il Consiglio ―Consiglio ecumenico delle Chiese‖ ma ―Consiglio mondiale delle Chiese‖ nell‘intento di sminuirne la valenza ecumenicoecclesiologica. L‘argomentazione venne anche sviluppata nel senso che l‘affiliazione romana non sarebbe un effettivo interrogativo sentito a livello locale e nazionale da parte cattolica attraverso il mondo (nelle diocesi e nelle parrocchie) 4. Si giocava volentieri tra problematica pragmatica riguardo a ciò che conveniva e problematica ‗di principio‘ sulla legittimità ecclesiologica dell‘esistenza del Consiglio. La burocrazia ecumenica vaticana rinviava volentieri al livello ‗locale‘ la giustificazione di un atteggiamento strettamente di vertice. Anzi, questo modo di esprimersi potrebbe celare la preoccupazione riguardo ad un‘altra prospettiva non accennata, cioè il caso che esponente cattolico fosse a un certo punto eletto Segretario generale con tutta la dinamica aperta riguardo alla propria relazionalità con gli organi romani centrali. L‘atteggiamento restìo con i suoi ‗non detti‘ potrebbe far intuire una voglia di non dover affrontare ulteriori problemi indubbiamente complessi. Non senza ragione, il Segretario generale del Consiglio ecumenico richiamava le autorità romane –nel 1971- al coraggio di assumere le proprie responsabilità per quanto una scelta in favore della priorità ecumenica debba implicare. Tempo addietro, i teologi cattolici dell‘ecumenismo parlavano di ‗prudenza materna‘ abbinata a ‗motivi dottrinali‘ 5. Lo stesso Gruppo di lavoro tra il Consiglio ecumenico delle Chiese e la Chiesa cattolica di Roma –che nasce dopo la sospensione di una affiliazione romana diretta al Consiglio- riprende però il tema 1 EDITORIAL, in «The Economist», 14 july 1973, p. 15: «And yet there are serious objections to a movement to build a superchurch for all Christians. One is that it would make the component parts a bit like political parties in a coalition. In democratic countries much of the political proccss consists of bargaining meant to end in compromises. But compromises on economic and political matters are quantifiable: the interests concerned can be sliced, measured, portioned out. Compromises on religious truths, which are the currency of the churches, cannot.They are not material for settlement by a vote in committee. It is not easy to see how in the interests of unity a quart of Real Presence could be traded against two pints of Anglicari orders. But a Christian superchurch would require such super-bargains». 2 J. Hamer, Rapport, in «Information service», 1971 n° 13, p. 12: «a) Ii faut tenir compte de la nature du Conseil oecuménique qui est un organisme très différent de l'Eglise catholique. Le Conseil constitue un ensemble d'activités interconfessionnelles (inter-Egliess) qui ne sont pas finalisées par un but unique. Sa constitution est très claire sur ce point. La recherche de l'unité ecclésiale est une activité parmi d'autres. Cette position de base ne semble pas avoir été corrigée par la réforme des structures actuellement à l'étude et dont nous attendons avec intérêt les résultats. Parmi les activités interconfessionnelles qui n'ont aucune relation directe à l'unité ecclésiale je vo is, par exemple, le travail pour le développement et aussi celui pour les affaires internationales». 3 WORLD COUNCIL OF CHURCHES, The New Delhi Report, London 1962, p. 132: «49. At least we are able to say that the World Council is not something wholly other than the member churches. It is the churches in continuing council. It is not over or apart from the churches but next to them at all times. We should speak of the Council as ‗we‘ rather than ‗it' or ‗they'. Furthermore, many Christians are now aware that the Council is in some new and unprecedented sense an instrument of the Holy Spirit for the effecting of God's will for the whole Church, and through the Church for the world». 4 J. Hamer, Nos relations avec le Conseil oecuménique des Eglises (Etude du p. Hamer, Secrétaire du Secrétariat pour l‘Unité des Chrétiens), in «La Documentation catholique», 1971 n° 1580, p. 169: «Dans quelle mesure l‘appartenance éventuelle de 1'Eglise catholique an Conseil oecuménique constitue-t-elle aujourd'hui une question réelle et concrète pour les catholiques aux niveaux national et local? Répondrait-lle à un besoin actuellement ressenti? Pourrait-elle fournir un apport à Ia vie pastorale des diocèses et des paroisses?». 5 Y. Congar, Chrétiens désunis, Paris 1937, p. 117. 23 della unicità di affiliazione cattolica tramite la rappresentanza di vertice della Santa Sede come eventualità da prendere in seria considerazione, entrando anche nei particolari di una adesione formalizzata 1. Si sono poi evocato un insieme di ragioni come l‘ulteriore pesantezza da prevedere per i meccanismi romani nel caso di questa estensione curiale tramite l‘affiliazione anche se ciò potrebbe preludere a una revisione strutturale nel senso di una semplificazione burocratica 2. Traspare abbastanza limpidamente che il problema non è la irrelevanza a livello locale o regionale ma il tipo di coesione articolata che il vertice romano vuole salvaguardare nella strutturazione di una adesione al Consiglio ecumenico delle Chiese, tra l‘altro affrontando la diversità di Chiese con sinodi patriarcali o anche delle Conferenze episcopali del mondo 3. La questione dell‘affiliazione sembra sempre meno una questione di rinuncia alla propria identità ma soprattutto quella delle implicazioni di un membership sull‘autorità papale nell‘esercizio delle sue prerogative. La questione della gestione confessionale propria dell‘unità gerarchica richiederà delle precisazioni formali e giuridiche specifiche 4. Si indica però che il problema di fondo concerne l‘autocomprensione della Chiesa romana stessa formulata come superiorità da garantire di fronte al rischio di indifferentismo verso la religione rivelata e non come presa d‘atto che le religioni implicano una valenza positiva per quanto aprono delle vie verso il riconoscimento del riferimento a Dio (concilio Vaticano II, ―Nostra aetate‖) 5. Occorre pertanto sempre tornare alla riscoperta di ciò che sia la Chiesa per poter superare la posizione espressa nei tempi del Papa Pio XI. L‘adesione 1 Vedere tutto il documento del JOINT WORKING GROUP OF THE WORLD COUNCIL OF CHURCHES AND THE ROMAN CATHOLIC CHURCH, Patterns of Relationships between the Roman Catholic Church and the World Council of Churches , in «The Ecumenical Review», 1972 nº 3, pp. 247-288, cfr etiam p. 275: «(b) The Roman Catholic Church would apply for membership as one member church and would express this membership exclusively through ihe Holy Sec. This would emphasize the universal character of the Roman Caiholic Church and the unity it enjoys. However, it may nor be sufficient to represent the great variety which is also characteristic of it». 2 J. Grootaers,Crise et avenir de l'oecuménisme, in «Irénikon», 1971 nº 2, p. 182: «Du point de vue du dynamisme oecuménique qui nous préoccupe ici, on ne pent éprouver que des sentiments mélangés: on doit craidre que l‘adhésion de Rome ne vienne encore alourdir un appareil institutionnel déjà pesant et on pent espérer que cette adhésion oblige certaines structures de Rome à évoluer vers plus de souplesse. D'autre part, Les motifs du côté catholique pour rejeter l'idée d'une adhésion de Rome peuuvent être parfaitement contradictoires. Les uns peuvent estimer que Ia participation au véritable mouvement oecuménique ne passe plus par Genève (1). D'autres, an. contraire, s'opposent à une adhésion éventuelle pour sauvegarder les intérês institutionnels de 1'Eglise catholique». ((1) N‘oublions pas que dès 1966 I'officialisation des relations Rome-Genève a tout de suite renforcé le prestige et donc accentué le poids des organes centralisateurs de Rome dans le domaine des relations oecuméniques. D'antre part, il faudrait examiner si dans le passé l'intérêt de 1'Eglise catholique pour le mouvement oecuménique ne s'est pas accru dans la mesure précisément où ce mouvement se ―théologisait‖, ensuite s‘intitutionnalisait, finalement se clericalisait…».) JOINT WORKING GROUP OF THE WORLD COUNCIL OF CHURCHES AND THE ROMAN CATHOLIC CHURCH, Patterns of Relationships between the Roman Catholic Church and the World Council of Churches , in «The Ecumenical Review», 1972 nº 3, pp. 247-288, cfr pp. 275: «a) The 3 individual patriarchal synods and episcopal conferences would apply for membership, in which case membership in the World Council of Churches would rise from around 240 to around 330. Roman Catholic membership would thus be more comparable with that of the great majority of the present member churches. Such a form, however, would not take into account sufficiently the understanding the Roman Catholic Church has of itself as one universal fellowship nor of the relationships existing between the local churches and the Holy See or with each other, as described above». JOINT WORKING GROUP OF THE WORLD COUNCIL OF CHURCHES AND THE ROMAN CATHOLIC CHURCH, Patterns of Relationships between the Roman Catholic Church and the World Council of Churches, in «The Ecumenical Review», 1972 nº 3, pp. 247-288, cfr pp. 275: «(c) The 4 Roman Catholic Church would apply for membership as one member church and express her membership by actively engnging the patriarchal synods and episcopal conferences in its exercise. They might be expressly named as participants in the membership. Similar solutions have already been adopted for certain World Council of Churches member churches. In the case of the Roman Catholic Church it would need to be stated in a note attached to the document of admission what precisely the participation of the episcopal conferences would mean in practice. This form of membership seems to harmonize best with the twofold requirement mentioned above». JOINT WORKING GROUP OF THE WORLD COUNCIL OF CHURCHES AND THE ROMAN CATHOLIC CHURCH, Patterns of Relationships between the Roman Catholic Church and the World Council of Churches , in «The Ecumenical Review», 1972 nº 3, pp. 247-288, cfr pp. 261: «In 1928, 5 Pope Pius Xl wrote ‗it is clear that tne Apostolic Sec can by no means take part in these assemblies, nor is it in any way lawfui for Catholics to give to such enterprises their encouragement and support.' This negative attitude was based on the fear that the ecumenical movement would lead to indifferentism towards the religion revealed by God. Were its efforts not based on the assumption that all religions were more or less good and praiseworthy inasmuch as all expression, under various forms, to that innate sense which leads men to God and to the obedient acknowledgement of His rule? This conception seemed to require from the Roman Catholic Church that she abandon certa in of her doctrines and her understanding of herself». 24 rimarrà comunque una responsabilità da assumere da parte della Chiesa romana nell‘impegnarsi nel movimento fraterno di Chiese 1. Il Consiglio delle Chiese stesso si espresse nel senso che non era e non doveva mai diventare un qualunque tipo di ‗super Chiesa‘ 2. Esso non è un‘istituzione ecclesiale ma una ‗metodologia nelle mani del Signore‘ nel manifestare il dono dell‘unità volta per volta 3. La formulazione ulteriore del suo intento, presentandosi come ‗fellowship of Churches‘ –fraternità di Chiese-, implica anche, secondo il parere di commentatori ecumenici, che esso si riferisce maggiormente alle Chiese distaccate le une dalle altre che ad una visione organica dell‘unità 4. Potrebbe darsi che il Consiglio ecumenico delle Chiese soffra meno del difetto di appropriarsi una qualità ecclesiale eccessiva, che al contrario che esso manchi per difetto di sufficiente consistenza ecclesiale (cfr 1 C. Blake, Letter of Dr. Blake to Cardinal Willebrands, 25th January 1971, in «Information Service», 1971 n° 14, p. 3: «It is clear that the Central Committee hopes that the Roman Catholic Church one day will want to commit itself to the fellowship which is the World Council of Churches by accepting responsibilities of membership. All seemed to agree also that this is essentially a question which the Roman Catholic Church must decide upon». 2 WORLD COUNCIL OF CHURCHES, history, in «Internet» 2001, http://www.wcc-coe.org/wcc/who/histor-e.html: «NATURE AND PURPOSE. In 1948 the member churches understood that the WCC was not a church above them, certainly not the church universal or incipient "world church". They understood the council to be an instrument whereby the churches bear witness together in their common allegiance to Jesus Christ, search for that unity which Christ wills for his one and only church, and co-operate in matters which require common statements and actions. The assembly acknowledged Visser 't Hooft's description of the WCC: "an emergency solution, a stage on the road,... a fellowship which seeks to express that unity in Christ already given to us and to prepare the way for a much fuller and much deeper expression of that unity". What was not clear in 1948 was what this spiritual nature of the fellowship implied for the member churches' understanding of the nature and limits of the WCC or of their own relation as churches to other members. In short, did membership of a church in t he WCC have any consequences for the "self-understanding" or ecclesiological position of that church? To clarify positions, the WCC central committee in 1950 adopted the Toronto statement on "The Church, the Churches, and the World Council of Churches". It was forged in "a debate of considerable intensity" (Visser't Hooft), even though its contents "defined a starting point, and not the way or the goal" (Lesslie Newbigin). According to this statement, the WCC "is not and must never become a super-church". It does not negotiate union between churches. It "cannot and should not be based on any one particular conception of the church". Membership does not "imply that a church treats its own conception of the church as merely relative" or accepts a "specific doctrine concerning the nature of church unity". Nevertheless, the common witness of the members "must be based on the common recognition that Christ is the divine head of the body", which, "on the basis of the New Testament", is the one church of Christ. Membership of the church of Christ "is more inclusive" than the membership in one's own church body, but membership of the World Council "does not imply that each church must regard the other member churches as churches in the true and full sense of the word". Yet common WCC membership implies in practice that the churches "should recognize their solidarity with each other, render assistance to each other in case of need, and refrain from such actions as are incompatible with brotherly relationships". Over the years since the Toronto statement was adopted, the issues it addresses have remained on the agenda of the WCC, with continued attention being given especially by its Faith and Order commission to "the nature of the unity we seek". WCC assemblies have made major statements about the unity of the church – for the first time in New Delhi in 1961, subsequently in Nairobi (1975) and Canberra (1991). But active efforts to amend or replace the Toronto statement itself have not been fruitful. Indeed, many Orthodox churches have cited the Toronto statement as a sine qua non of their membership of the World Council of Churches». 3 M. Villain, Introduction à l‘oecuménisme , Paris 1964, p. 26: «Mais iI y a plus, et c'est le point délicat. S'il n'appartient pas au Conseil de construire l‘Unité - c'est l'oeuvre du seul Seigneur -, ne sera-t-il pas autorisé à rendre témoignage à l'unité dans le moment où le Seigneur la donne? C'est ce que pense le Dr Visser't Hooft quand il définit le Conseil : «un moyen de manifester l'unité de l'Église chaque fois que le Seigneur en fait don ». Et de même William Temple: Le Conseil est «une méthode grâce à laquelle l'Église universelle dispose trun moyen de se manifester d‘une plus stable et plus effective» qu'elle ne le fit jamais dans les siècles passés. Le Conseil se croit habi lité à remplir un ministère prophétique de témoignage, lorsqu'à des moments privilégiés les Églises-membres lui en confèrent le droit, et cela parce qu'elles reconnaissent en lui le commencement de l'EgÎise universelle». 4 A. M. Aagaard, In Defense of the Body. Writings on ―Being Church‖ in Ecumenical Conversation , in «Centro pro Unione», 2002 n° 61, p. 3: «The WCC and the churches. A fellowship of churches. The WCC is unique in bringing divided churches together from all over the globe, and the Council is unprecedented in nudging churches of both the Christian East and West towards common worship and witness. If the WCC was nothing more than a functional agency of service and socio-political advocacy, it would suffice to descnle the organization in sociological terms, but the features of the Council as a living reality point to a bonding that goes beyond the nature of secular agencies. The accumulated tradition of the WCC names this bonding a ―fellowship of churches‖. It is further described as ―a fellowship of churches whic h confess the Lord Jesus Christ as God and Savior according to the scriptures and therefore seeks to fulfil together their common calling to the glory of the one God, Father, Son and Holy Spirit‖ (1). A Trinitarian faith, a confession of Christ Jesus as Lord and Savior, and, inmost member churches, the rite of baptism in the name of God—Father, Son and Holy Spint: it is difficult to overlook the significance, indeed, ecclesial significance of a bonding that interns of faith and the gills of Spirit is ―not nothing.‖ But experience with the WCC in the fifty years of its existence demonstrates that the ―not nothing‖ of the bonding may be so elusive that it amounts to nothing more than a void far too easily labeled koinonia, the New Testament word for fellowship or conrmunion(2Cor 13:13)». ((1) For the ―Basis‖ of the WCC, cf M. Kinnamon and B.E.Cope, eds., The Ecumenical Movement. An Anthology of Key Texts and Voices , Geneva/Grand Rapids: WCC Publications/William B. Eerdmans, 1997, p. 468.) 25 infra, cap. 6, B: i ‗modelli di unità‘). Nel corso della visita dal Papa Paolo VI al Consiglio, nel 1969, egli parlò in termini di 'meraviglioso movimento' di cristiani in cerca della piena comunione tra le Chiese 1. Rispondendo all'interrogativo sulla partecipazione della Chiesa cattolica come membro del Consiglio, egli disse in tutta franchezza –insostituibile presupposto ecumenico- che la questione non sembrava matura al punto di poter ricevere una risposta affermativa, a causa delle sue implicazioni teologiche e pastorali 2. Lo studio di quest‘eventualità viene protratto come ipotesi negli scambi tra rappresentanti cattolici ed esponenti del Consiglio ecumenico delle Chiese 3. Oggi, si è detto che l‘attuale Gruppo misto di lavoro tra Roma e Ginevra sta progressivamente sostituendo l‘affiliazione della Chiesa romana al Consiglio ecumenico delle Chiese 4. D‘altra parte ci si chiede talvolta se il Gruppo misto di lavoro non rischia di diventare una piattaforma sostitutiva della Commissione Fede e Costituzione 5. La speranza che la questione dei rapporti tra la Roma ed il Consiglio si trovi a percorrere una svolta decisiva sorge proprio con riferimento all‘accoglienza esplicita nel suo seno della Chiesa di comunione romana, pur nella ‗dissimetria‘ e forse grazie ad essa 6. La preoccupazione ortodossa non metteva in dubbio la propria participazione al Consiglio ecumenico ma ricordava il suo timore de vedere ‗orizzontalizzarsi‘ l‘insieme dell‘intendimento e dell‘operato ginevrino a scapito della dimensione ‗verticale‘ della salvezza 7. Più recentemente, di fronte al disagio delle Chiese ortodosse, nel sentirsi in pesante minoranza nel Consiglio ed alla tentazione di abbandonare l‘organismo ecumenico mondiale, si penserebbe a una partecipazione non solamente proporzionale come numeri di aderenti alle Chiese, ma parallelamente secondo le maggiori configurazioni delle grandi famiglie cristiane (ortodosse, protestanti, anglicana, pentecostale e cattolica) 8. Voci ortodosse sottolineano il significato ‗ecclesiologico‘ del Consiglio 1 Paul VI, Visite au Conseil oecuménique des Eglises", in idem, Insegnamenti di Paolo VI, Città del Vaticano 1969, p. 395. 2 Paul VI, Visite au Conseil oecuménique des Eglises , in idem, Insegnamenti di Paolo VI, Città del Vaticano 1969, pp. 397-398. JOINT WORKING GROUP OF THE WORLD COUNCIL OF CHURCHES AND THE ROMAN CATHOLIC CHURCH, Patterns of Relationships between the Roman Catholic Church and the World Council of Churches , in «The Ecumenical Review», 1972 nº 3, pp. 247-288, cfr pp. 250-251: 3 «Since 1965, with the mutual agreement to form a Joint Working Group, the Roman Catholic Church and the World Council of Churches have supported various forms of official relations. At first the Joint Working Group limited itself to identifying and encouraging possibilities of cooperation between Roman Catholic individuals, groups and organizations and various units of the WCC as well as for Roman Catholic participation in the work of these units. Soon the Joint Working Group found that certain projects were best carried out under its own patronage (e.g. the studies on Catholicity and Apostolicity and Common Witness and Proselytism), or through the establishment of a special joint group (e.g. the Joint Committee on Society, Development and Peace—SODEPAX). — The Roman Catholic Church and the World Council of Churches have always recognized that the Joint Working Group was not a permanent structure for guiding the relationships b etween them; it was set up to explore future relationships. In its meeting at Gwatt in May 1969 it considered the future forms which these relationships could take». C. E. Clifford, The Joint Working Group between the World Council of Churches and the Roman Catholic Church: historical and ecclesiological Perspective, Fribourg 1987, p. 132. 5 K. Raiser, Thirty Years in the Service of the ecumenical Movement. The Joint Working Group between the Roman Catholic Church and the World Council of Churches, in «Centro pro Unione», 1995 nº 48, p.7. 6 K. Raiser, Discours d‘ouverture au Comité central di COE , in «ENI. Bulletin d‘information du Conseil oecuménique des Eglises», 11 avril 1995, pp. 3-4, 20-21 / etiam in «BSS: Bulletin français d‘information oecuménique», 27 septembre 1995, p. 5; idem, Interview au Dr. K. Raiser, in «La Croix», 27 septembre 1995, p. 4. 7 H. Georgiadis, Eastern Criticism of Western Ecumenism , in «Chrysostom», winter 1973-1974, p. 195: «The horizontal dimension. The 4 immediate point of dispute between the Orthodox and the WCC arises from the current preoccupation in West with what the Ortho dox call horizontalism. The Orthodox often use the symbol of the cross to describe man‘s true vocation as a Christian. The vertical shaft repr esents the first great commandment and symbolises man's vocation God-wards. The horizontal arm of the cross represents second commandment of Christ and symbolises man's to his fellow men. In Christ of course there is no dichotomy between the ‗vertical' and the ‗horizontal' but among men the danger of neglecting one in favour of the other is always present. The Orthodox Churches are therefore deeply disturbed by what Patriarch Pimen described as the neglect of the ‗vertical aspect of salvation' in present WCC policy». 8 G. de Turckheim, Où va le COE?, in «Actualité des religions», 2001 nº 26, p. 13: «Mise en place en 1998 à l'assemblée de Harare (Zimbabwe), la Commission spéciale protestants-orthodoxes a repris à son compte une revendication qui a fait son chemin mais se heurte encore à beaucoup de réticences. A une représentation tenant compte du nombre de fidèles de chaque Eglise membre, pourrait se substituer - ou se rajouter par le biais d'une «deuxième chambre» une représentation par familles d'Eglises : celles-ci seraient regroupées par appartenance confessionnelle et selon un mode paritaire. Chaque confession (orthodoxe, protestante, anglicane et, peut-être un jour, 26 ecumenico delle Chiese come ‗evento di comunione‘ (di fronte alle spinte che talvolta vorrebbero allentare l‘impegno ortodosso in seno o come affiliazione) 1. Spetta al movimento ecumenico portare a 'maturazione' l'intento di una partecipazione pienamente assunta fino alla piattaforma che concretizza la 'de-possessione' (o kenosis) di ogni Chiesa nel suo impegno ecumenico. Le 'ragioni' di una più diretta partecipazione si discernono non da una convenienza operativa, o da una accettabilità teorica dottrinale, ma da questa via di de-possessione che si rivela essere la via stessa della presenza divina nel suo mistero e tra noi. L'intento ecumenico ci mette -pertanto- in confronto con l'esito ultimo della scommessa ecclesiale: non esistere per se stessa ma per la manifestazione trasfigurativa e divinizzata del 'Regno di Dio'. Questo primo accenno ci ricollega dunque- con la prima premessa dell'intuito ecumenico: la priorità escatologica del futuro compimento... L‘AFFILIAZIONE (MEMBERSHIP) A UNA CHIESA SPECIFICA E L‘AFFILIAZIONE A TUTTO IL POPOLO DI DIO ED A TUTTO L‘INTENTO ECUMENICO Non s‘istaura –dunque- un 'movimento ecumenico cattolico' (ma solo ‗principi‘ cattolici) (UR, 1-2), movimento che non è "suo"' e che permette ad ogni Chiesa di non partire da se stessa: non la costituzione di una "Super-Chiesa" ma ‗metodologia nelle mani del Signore‘, come il "Consiglio ecumenico delle Chiese" con diretto riferimento al mistero trinitario come "base" di affiliazione. Con il battesimo, si è 'incorporati' o 'costituiti' Popolo di Dio (CIC, 96, 204 nº1), nell‘―l'uguaglianza di tutti nella dignità e nell'azione‖(CIC, 208), nel riconoscimento del battesimo compiuto in altre Chiese (CIC, 869, 874 nº 2, 1183 nº 3). Dall‘affiliazione cattolica non maturata nel 1969, a causa delle dissimetrie nella ‗mole‘ cattolica, sorge l‘attuale Gruppo misto di lavoro, in attesa ma non sostitutivo, verso l‘accoglienza esplicita nel suo seno nella ‗dissimetria‘ e forse grazie ad essa. C‘è chi ha voluto fare della Chiesa stessa un ‗movimento‘ escatologico, magari del ‗popolo di Dio‘ ed anche del movimento ecumenico o persino missionario, confondendo il movimento di riconciliazione ed il mistero divino-umano di pienezza sciolto nel ‗movimentalismo‘ 2. Di fonte a pentecôtiste et catholique) serait représentée à part égale au COE et pèserait ainsi d'un même poids lors des décisions. A l'évidence, la solution acceptable aux yeux de tous devra concilier une forte dose de paritarisme avec le maintien du principe des Eglises membres à titre individuel». 1 A. M. Aagaard, In Defense of the Body. Writings on ―Being Church‖ in Ecumenical Conversation , in «Centro pro Unione», 2002 n° 61, p. 3: «Ecciesiological significance? The most recent defense of the WCC as a body with an ―ecciesiological significance comes from metropolitan John (Zizioulas) of Pergamon. Ata 1995 inter-Orthodox consultation he described the Council as ―an event of communion‖ and substantiated his claim by reflecting on three marks that identify the Council as such ―an event of communion‖. It something to do with it stemming from faith inthe Triune God and from Baptism; there is some progress towards acceptance of the Nicene Creed as the creedal basis of ecclesial unity, and there are common social and ecological activities that may indicate the adumbrations of a common vision (1). To the esteemed ecumenist it follows that ―we cannot go on for ever and ever holding different or contradictory views of the Church. It was w ise to begin with the ecclesiological. ―laissez-faire‖ of Toronto but it would be catastrophic to end with it.. lit the process of ecumenical reception the ―fellowship‖ of member Churches will have to grow into a common vision and recognition of what the true Church is... The Toronto statement will have to be stripped of its ecciesiological pluralism. I do not agree with the view that the WCC should not develop an ecclesiology. On the contrary I believe this to be a priority for it‖. Metropolitan John revives the old question about the relation between the WCC‘s ‗fellowship ―and the member churches. Who is the primaiy agent, the ―we,‖ developing a common ecclesiology and thus growing into common recognition of the one, true church? Is the ―we‖ the institutionalized fellowship with an evanescent ―ecclesial‖ identity alongside or apart from the churches, or is the ―we‖ particular churches striving to adopt a common ecclesiology and thereby manifest the unity of the body of Christ?». ((1) Metropolitan John of Pergamon, The Self-understanding of the Orthodox and Their Participation in the Ecumenical Movement , in O. Lemopoulos, ed., The Ecumenical Movement, the Churches and the World Council of Churches. An Orthodox Contribution to the Reflection Process on ―The Common Understanding and Vision of the WCC‖ (Geneva: WCC Publications 1996), p. 42.) 2 W. Kasper, CONFERENCE ON THE 40th ANNIVERSARY OF THE PROMULGATION OF THE CONCILIAR DECREE "UNITATIS REDINTEGRATIO" (Rocca di Papa, MONDO MIGLIORE, 11,12 and 13 November 2004) INTERVENTION BY CARD. WALTER KASPER, PRESIDENT OF THE PONTIFICAL COUNCIL FOR PROMOTING CHRISTIAN UNITY, in «Internet» 2006, www.vatican.va/.../chrstuni/card-kasper-docs/rc_pc_chrstuni_doc_2004 1111_kasper-ecumenism_en.html: «The Council was able to embrace the ecumenical movement because it understood the church as a whole as movement, namely as the people of God on the move (Lumen gentium 2, Conclusion, 8, 9, 48-51; UR, 2, Conclusion and passim). 27 queste scorciatoie, dopo 40 anni si assiste –all‘inizio del XXI secolo- alla priorità ribadita delle ‗identità‘ affermate di fronte ad una affiliazione comune interecclesiale 1. Ma si osserva anche la spinta a una appartenenza cristiana non denominazionale 2. Si prende atto che l‘ambito denominazionale deve essere quello del pentimento e non dell‘auto-affermazione (autogiustificazione) 3. D‘altra parte, il Consiglio ecumenico delle Chiese si orienta sempre più verso una riduzione degli effettivi ed una maggiore operatività con un organico compatto 4. L‘avvenire sta nella capacità del Consiglio di promuovere accordi tra le Chiese più che al posto delle Chiese 5. La richiesta di ‗deconfessionalizzare‘ il battesimo unico e la via delle doppie appartenenze o diverse affiliazioni ecclesiali sulla base del riconoscimento dell‘unico battesimo Si pensa talvolta di poter arrivare ad un ‗battesimo ecumenico‘ o un battesimo ‗non confessionale‘, particolarmente nell‘esperienza dei matrimoni misti 6. Dall‘affiliazione della Chiesa romana al Consiglio ecumenico delle Chiese, si è posto anche la questione di una possibile appartenenza di singoli a diverse Chiese. Anzi, le Chiese potrebbero riconoscere mutuamente le affiliazioni dell‘una e dell‘altra Chiesa sulla base del battesimo unico dei credenti, come anticipato dalla Consultazione di Cincinati (novembre 1974) tra dieci Chiese protestanti degli Stati Uniti 7. Or to formulate it another way: the Council ascribed new relevance to the eschatological dimension of the church and described the church not as a static but as a dynamic entity, as the people of God undertaking a pilgrimage between ―already‖ and ―not yet‖. The Council integrated the ecumenical movement into this eschatological dynamic. Understood in this sense, ecumenism is the way of the church (UUS, 7). It is not an addendum or an appendix but forms an integral part of the very essence of the church and its pastoral activity (UUS, 20). From this eschatological perspective, the ecumenical movement is intimately connected with the mission movement. Ecumenism and mission belong together like twins [1]». ([1] J. Le Guillou, Mission et unité. Les exigences de la communion, Paris 1959; Y. Congar, Diversités et communion, Paris 1982, 239 ff. Pope John Paul II also stressed this connection in the Encyclical Redemptoris missio (1990) (Nos. 36 and 50).) 1 C. Ch. Epting, Episcopalians: Vatican's Cardinal Kasper says ecumenical movement is in 'crisis' (2002), in «Internet» 2006, http://www.edengrace.org/ knapp.html: «Secondly, there is a new emphasis on "identity." A great question for many today is, "who am I?" This finds its expression ecclesiastically in Orthodox churches regaining a sense of their own identity, post Communism. And we see it also in certain German Lutheran opposition to the Joint Declaration on Justification. It is important, in this context, to assert that ecumenism today does not mean a loss of identity, but a certain unity in diversity, Kasper said. Next, it is true today that all ecumenism cannot be done internationally and from a centralized location. Local churches must take up their responsibilities in the ecumenical dialogue». 2 WORLD COUNCIL OF CHURCHES, Changing Ecclesial and Ecumenical Context, in «Internet» 2006, www.wcc-assembly.info/fileadmin/files/ wccassembly/ documents/english/pb-11-ecclesialecumenicalcontext.pdf: «But this fellowship of churches is challenged today as never before. One challenge comes from the rise of new communities seeking a ―denominationfree‖ Christianity, something outside the historic forms of church life. Many such communities remain, by choice, outside any fellowship of churches. Others, including many rap idly growing churches, look for alternate ecumenisms, other experiences of common life outside the ―mainstream‖ ecumenical movement. All these developments test the limits of the present fellowship of churches as expressed in the WCC.». 3 Woranut Pantupong, Women and men in mission today. An ecumenical perspective, in «Studies from the World Alliance of Reformed Churches», volume 31 (1996), etiam in «Internet» 2006, www.warc.ch/dp/bs31/05.html: «On the other hand, denominationalism has no place in a new ecumenical vision except as the place of repentance and discernment of God's mission through our own brokenness. Is it out of the real sense of brokenness from within and of the centrality of the widow's mite, or is it simply a "compassionate" power structure reaching out to care for the widow whose place and contribution to the community of faith have still to be on the periphery of normal life?». 4 T. Kuschnerus, EKD, Common Understanding and Vision. Discussion of the EKD and WCC programme , in «EKD Bulletin. Visions on Ecumenism», n° 3 1998, etiam in «Internet» 2006, www.ekd.de/dialogue/3396.html: «Simultaneously, this CUV process was combined with reflections on the future shape of work and leadership structures of the WCC. For one thing was certain: At the General Assembly in Harare, the WCC must not only adopt its new common understanding and the associated vision but also a smaller, coherent and efficient work and leadership structures. This message has reached the member churches. The invitation of autumn 1996 to comment on the first draft of the new CUV text met with feedback from 150 churches, church alliances and WCC-associated organisations, including the EKD and eleven of its member churches». 5 H. Gafga, Frozen Dialogue. Interview with Bishop Rolf Koppe , in «EKD Bulletin. Visions on Ecumenism», n° 3 1998, etiam in «Internet» 2006, www.ekd.de/dialogue/3396.html - 20k -: «Has the entire ecumenical movement reached a crossroads now at Harare? Koppe: Yes. One key sentence of the recently published document Visions for a Joint Future says that, in future, the member churches should see the World Council more as their institution that enables them to reach agreements with each other. But the ecumenical movement should never become just a prestige event. Programmatic work would be impossible then». 6 Cfr la sintesi nella rivista «Unité des chrétiens», 1972 n° 7, p. 9. 7 A. Dulles, The resilient Church, New York 1977, pp. 148-149: «Proposals for plural simultaneous membership in several churches could be unhelpful in solving the general ecumenical problem unless accompanied by serious efforts on the part of the denominations themselves to 28 Una valutazione della Chiesa di Roma, sulla base del riconoscimento del battesimo e del fatto che esso incorpora nel Corpo mistico senza identificare ciò con l‘appartenenza esclusiva alla Chiesa cattolica di comunione romana potrà essere ipotizzata 1. B TRARRE LE DOVUTE CONSEGUENZE E SVILUPPARE LE IMPLICAZIONI ECUMENICHE CHE ESCLUDANO UNA 'ECCLESIOLOGIA DEL RITORNO' Con questo criterio si volevo inizialmente escludere ogni velleità di inscenare l'itinerario verso la piena comunione come "ritorno" dei ribelli dentro l'unica 'vera Chiesa' 2. Vi è poi la situazione specifica della Chiesa cattolica di comunione romana che si definisce come ‗Chiesa universale‘ di fronte alle famiglie confessionali nella visuale della Riforma. Nel momento della convocazione del concilio Vaticano II, il timore dei fratelli cristiani, di fronte all‘invito di Roma alle Chiese cristiane di mandare osservatori e delegati è stato subito manifestato da parte russa: il ―non possumus‖ in risposta alle velleità di sottomissione universale a Roma ed in risposta alla sete di potere del papato romano 3. Riguardo alla ‗unica vera Chiesa‘, i russi ortodossi introdurranno recognize the theological significance of faith and sacramental life among Christians of other groups. Perceiving this situation, the Consultation on Church Union -a movement among ten Protestant churches in the United States seeking to form a new "Church of Christ Uniting"-has come up with an important proposal. The Plenary Meeting of the Consultation in Cincinnati in November 1974 adopted an eighteen-point affirmation "Toward a Mutual Recognition of Members." (1) The Cincinnati Affirmation, as it is called, states that "all who are baptized into Jesus Christ are members of His universal Church" and that "membership in a particular church is membership in the whole People of Cod." Further, it acknowledges that in the present divided state of Christianity the word "membership" is used to refer to enrollment in a particular church and that incorporation into the one Church of Christ through baptism does not abolish membership in a particular church or imply simultaneous plural membership in several churches. Seeking to hasten the day when every member of each of the churches participating in the Consultation can be fully recognized as a member by all the participating churches, the Cincinnati Affirmation asks these churches to consider nine questions designed to bring out the implications of mutual recognition of membership with reference to baptism, confirmation, eucharistic sharing, and mutual recognition of ministries as well as with reference to the obligation to work together against social and racial injustices». 1 A. Dulles, The resilient Church, New York 1977, pp. 148-149: «Since the Cincinnati Affirmation concludes with the recomendation that churches outside the Consultation should be invited to share in the affirmation of mutual recognition of members, a response may eventually be sought from the Roman Catholic side. I cannot anticipate in detail what that response might be. On the basis of the documents of Vatican II, one may foresee a fundamentally positive response. The Constitution on the Church and the Decree on Ecumenism make it possible for Catholics today to distinguish between membership in the Church of Christ and membership in the Roman Catholic Church. The Catholic Church in practice already recognizes the baptism practiced in Protestant churches such as those presently involved in the Consultation on Church Union, and it understands baptism as the fundamental sacrament of incorporation into the Body of Christ». 2 Il principio del 'ritorno' rimane tuttora il sospetto di vari fratelli cristiani nei confronti della Chiesa cattolica di comunione romana; l'ultima menzione esplicita del 'ritorno' fu fatta nell'enciclica Ad Petri Cathedram, III, in Giovanni XXIII, Discorsi, messaggi, colloqui, Roma 1960, pp. 818-819; si indica come ‗ecclesiologia superata‘ quella del ‗ritorno‘ nel documento di Balamand: in ORTHODOX - ROMAN CATHOLIC COMMISSION, Balamand Statement, in «Origins», 1993 nº 10, p. 169 (nº 30 - cfr anche nº 10 sull‘unica vera Chiesa). 3 G. Florovskij, Il Patriarcato di Mosca e l‘unione dei cristiani, in «La civiltà cattolica», 1961 nº IV, p. 8: «È impossibile non tener conto del fatto che il futuro Concilio convocato nella situazione difficile creata dalla divisione del mondo e dalla corsa agli armamenti, non sarà in grado di elevarsi al di sopra delle contraddizioni del nostro tempo per esprimere all‘umanità la necessaria parola di pacificazione. Oltre a ciò vi sono molte ragioni storiche, politiche e psicologiche, per prevedere un orientamento dell‘attività del Concilio tale che ne possa fare un‘arma destinata a conseguire degli obiettivi politici incompatibili con lo spirito del cristianesimo. Così stando le cose, al non possurnus ben noto della Chiesa romana si oppone il non possumus della Chiesa ortodossa... Noi non possiamo essere d‘accordo con le condizioni romane di questa unità, concepita come unità mondiale dei cristiani sotto l‘autorità del Papa. E non siamo d‘accordo per il fatto che N.S.G.C. prima dell‘inizio della sua vita pubblica ha rifiutato la tentazione diabolica del potere... Non è il potere, è l‘amore che deve unire i cristiani. È sulla fede di questa convinzione, che esclude una partecipazione di qualsiasi specie da parte nostra ai lavori del nuovo Concilio Vaticano, che il patriarcato di Mosca, risponde al card. Bea: non possumus! (1)». 29 una distinzione tra ‗purely true‘ e ‗impurely true‘ –vera in senso puro, vera in modo non pienamente puro- (secondo il metropolita Filarete di Mosca) 1. L‘intento di ritorno viene escluso dal fatto che nessuna Chiesa oggi esistente (neanche quella romana) realizza la pienezza della comunità cristiana 2. Per quanto riguarda la Chiesa romana, due 'casi' recenti potrebbero iscriversi indirettamente in questo 'intento del ritorno': la pressione del proselitismo in ambito orientale cattolico o le espressioni di condanna da parte vaticana per l'imposizione delle mani alle donne, viste come contraria all‘assoluto ecclesiologico cattolico verso il quale tutti devono ‗ritornare‘. L'esempio orientale è eloquente 3. La ragione che traspare nelle argomentazioni sulle Chiese ortodosse è senz'altro la velata opinione che queste Chiese non offrono la "pienezza dei mezzi della salvezza" se non accettano l'integrazione amministrativa ed il 'ritorno' alle modalità 'romane'. Il dubbio sarebbe che le dottrine sulle due 'fonti parallele' della rivelazione non siano davvero ((1) Cfr Žurnal Moskovskoj Patriarchii, nº 5, pp. 73-75. Cfr anche A. Raes S. I., Un fragile «non possumus», in Rocca, lº ottobre 1961. La traduzione del documento moscovita si può leggere in La Croix, 29 agosto 1961 e Il nostro tempo, 14 settembre 1961.) 1 Cfr G. Florovsky, The Doctrine of the Church and the Ecumenical Problem , in «The Ecumenical Review», 1950 nº 2, p. 161. 2 WORLD METHODIST COUNCIL, A Resolution of Intent , in «Information Service», 1971 nº 13, p. 25: «4. We see in none of the existing churches as they now exist the perfect exemplar of the fullness of the Christian community we seek. This means that the path of ecumenical progress is not by "return" or absorption and even less by simple merger. Rather, we seek genuine further development on the part of all the communions, concerned, aimed at an eventual convergence at some point still hidden in God's providence when the divided churches will be enabled to combine their offerings to the common treasury and humbly abandon their erstwhile claims to self-sufficiency. But it also means that, in the interim, each church will move as directly and as far as possible toward such a convergence, so as to hasten the day of recovered unity and to prepare for its coming». Riassuntivamente, I nostri fratelli ortodossi richiamano la nostra attenzione sulla inaccettabilità ecclesiologica del Decreto sulle Chiese cattoliche orientali del concilio Vaticano II 1. Per essi, "l'uniatismo" costituisce lo scoglio maggiore tra oriente ed occidente romano 2. La Commissione mista ortodossa-cattolico-romana ha caratterizzato la non accettabilità del metodo dell' Unia 3. Si evidenzia l'impossibilità di 3 promuovere ecumenicamente i rapporti interecclesiali tramite questa strategia unilaterale 4. L'incontro ulteriore di Balamand con la sua dichiarazione riprende quello anteriore (da quello di Freising a quello preparatorio di Arriccia, 1990 e 1993), aggiungendovi orientamenti pratici. Sono apparse subito le suscettibilità degli uniati cattolici riguardo a questo documento 5. Un primo accenno sembra del tutto appropriato: la distinzione da fare tra 'metodo' e 'modello', anche se il metodo è strettamente legato al modello che si abbia in mente (un certo modello di 'unità' in funzione del quale si agisce seguendo il metodo che lo può attuare). La questione dell'uniatismo si cristalizza intorno alle comunità ucraine cattoliche dove l'aggressività mutua rimane assai viva 6. Lo stesso patriarca di Costantinopoli lo ricordava, richiamando al rischio di una interruzione definitiva dei rapporti 7. Il terrore della controparte cattolica uniata è di servire da 'moneta di scambio' nelle trattative con gli ortodossi, ostentando un esplicito cinismo per l'impegno ecumenico del concilio Vaticano II 8. Ma anche la questione interna della gestione uniata, in mano ai soli gerarchi e strettamente sotto censura di essi, ricorda assai trasparentemente i dubbi che i nostri fratelli ortodossi hanno da sempre espresso sul 'metodo' con cui la vita ecclesiale viene impostata dai responsabili uniati 9. Si fa notare che -aldilà di tutte le belle parole- il fatto stesso di aver elaborato un 'Codice di diritto canonico orientale' indica bene l'intento che vi sia di proseguire con certi 'metodi' e certi 'modelli' 10. Si riduce tutta la specificità orientale ecclesiale alla strutturazione di un 'rito' 11. Non è -poi- da trascurare il fatto che alcuni gerarchi 'latini' approfittano di questa situazione fluida per recintare più strettamente il campo degli 'orientali cattolici' (come e. g. in Polonia) assai sospetta 13 12. Tutto si risolve ad una questione 'amministrativa' ispirata ad una ecclesiologia ecumenicamente (e si sa che in materia amministrativa il 'polmone occidentale' è ben più efficace di quello 'orientale!!)... (1 S. Varnalidis, Come e perché l'uniatismo può bloccare il proseguimento del dialogo cattolico-ortodosso, in G. Locatelli, Atti del X Colloquio cattolico-ortodosso / Cattolici ed ortodossi a Bari / 10 anni di dialogo, in «Nicolaus», 1992 fasc. 1-2, pp. 207-208. / 2 S. Varnalidis, Come e perché l'uniatismo può bloccare il proseguimento del dialogo cattolico-ortodosso, in A. Locatelli, Atti del X Colloquio cattolico-ortodosso / Cattolici ed ortodossi a Bari / 10 anni di dialogo, in «Nicolaus», 1992 fasc. 1-2, p. 208. / 3 Commissione mista ortodossa-cattolico-romana, Dichiarazione comune, S. Varnalidis, Come e perché l'uniatismo può bloccare il proseguimento del dialogo cattolico-ortodosso, in G. Locatelli, Atti del X Colloquio cattolico-ortodosso / Cattolici ed ortodossi a Bari / 10 anni di dialogo , in «Nicolaus», 1992 fasc. 1-2, p. 210. / 4 S. Varnalidis, Come e perché l'uniatismo può bloccare il proseguimento del dialogo cattolico-ortodosso, in G. Locatelli, Atti del X Colloquio cattolico-ortodosso / Cattolici ed ortodossi a Bari / 10 anni di dialogo , in «Nicolaus», 1992 fasc. 1-2, pp. 211-212. / 5 Cfr Joint International Commission for the Theological Dialogue between the Roman Catholic Church and the Orthodox Church, The Balamand Statement, in «Eastern Churches Journal», 1993-1994 nº 1, pp. 17-28; M. I. Lubachivsky, Letter of Cardinal Lubachivsky to Cardinal Cassidy, in «Eastern Churches Journal», 1993-1994 nº 1, pp. 30-31. / 6 M. I. Lubachivsky, Letter of Cardinal Lubachivsky to Cardinal Cassidy ,»Eastern Churches Journal», 1993-1994 nº 1, pp. 30-31. / 7 S. Varnalidis, Come e perché l'uniatismo può bloccare il proseguimento del dialogo cattolicoortodosso, in G. Locatelli, Atti del X Colloquio cattolico-ortodosso / Cattolici ed ortodossi a Bari / 10 anni di dialogo , in «Nicolaus», 1992 fasc. 1-2, pp. 211-212. / 8 S. Keleher, Comments on Balamand, in «Eastern Churches Journal», 1993-1994 nº1, pp. 38-39. / 9 S. Keleher, Comments on Balamand, in «Eastern Churches Journal», 1993-1994 nº1, p. 40. / 10 S. Keleher, Comments on Balamand, in «Eastern Churches Journal», 1993-1994 nº1, p. 43. / 11 S. Varnalidis, Come e perché l'uniatismo può bloccare il proseguimento del dialogo cattolicoortodosso, in A. Locatelli, Atti del X Colloquio cattolico-ortodosso / Cattolici ed ortodossi a Bari / 10 anni di dialogo , in «Nicolaus», 1992 fasc. 1-2, pp. 212-213. / 12 S. Keleher, Comments on Balamand , in «Eastern Churches Journal», 1993-1994 nº1, pp. 43-44. / 13 S. Varnalidis, Come e perché l'uniatismo può bloccare il proseguimento del dialogo cattolico-ortodosso, in G. Locatelli, Atti del X Colloquio cattolico-ortodosso / Cattolici ed ortodossi a Bari / 10 anni di dialogo , in «Nicolaus», 1992 fasc. 1-2, p. 213.) 30 superate, nel peso iperbolico dato alle caratteristiche gestionali di una sola Chiesa 1. La riflessione ecumenica si interessa a vedere passo per passo come risanare le ultime implicazioni della premessa del 'ritorno', scoglio della suddetta ipnosi ecclesiologica. Si costata che non si sia superato ciò che veniva caratterizzato –nel concilio Vaticano II- come impostazione del primo schema sulla Chiesa, e di cui si denunciava il 'trionfalismo, clericalismo e giuridismo' (della 'societas perfecta') 2. L'avvio di un tale correttivo sorge dagli impegni della stessa autorità ecclesiale: recentemente, si è detto che "non si tratta, nella questione ecumenica, di uno sguardo occasionale e passaggero" 3, o si dice addirittura che "l'impegno della Chiesa cattolica nel movimento ecumenico qual‘è stato solennemente espresso nel concilio Vaticano II è irreversibile" (cfr supra) 4. L‘irreversibilità prende in considerazione la novità della problematica ecumenica 5, che viene sanzionata e codificata negli stessi canoni ecclesiali 6. Eppure, di fronte al lapidario "res nostra agitur" (o ―de re nostra agitur‖) ovvero "questo ci concerne e ci interessa" della prima accoglienza positiva dell‘abbozzo di schema ―Lumen gentium‖ da parte dei responsabili del Consigilio ecumenico delle Chiese 7, sono riapparsi tratti di 'imperialità' nella strutturazione ecclesiale (che si pensavano superati), riedizione degli intenti della cosidetta 'ecclesiologia costantiniana', o l'idea di Chiesa imperiale 8. Le sorgenti di questa priorità furono a suo tempo smascherate come una delle 'cinque piaghe' maggiori della nostra Chiesa 9. Si era parlato, da parte dei fratelli cristiani, disponibilmente attenti alla svolta conciliare, di una modificazione metodologia nell'esprimere ed attuare le sorgenti e le espressioni della fede 10. della Non svanisce il timore di un‘incambiabile intenzione 'reintegrativa-romana' sempre pronta a riaffiorare 11. PRIMA IMPLICAZIONE DELLA CHIAVE TEOLOGICA DEL MISTERO: TUTTE LE CHIESE VANNO RICONOSCIUTE TALI I cristiani impegnati nel comune movimento ecumenico non hanno dimenticato la bolla di Urbano VIII, che specifica la necessità di appartenere alla Chiesa cattolica di comunione romana per essere salvati 1 12. Una Chiesa ripiegata su se stessa nella sua autosufficienza 'ecclesiologica' Vedere la prospettiva della Costituzione 'Dei Verbum', con i commenti e la storia a riguardo: tra gli altri, R. Schutz -M. Thurian, La Parola viva nel concilio, Brescia 1967. Intervento di E. De Smedt, in Acta Synodalia Sacrosancti Concilii Oecumenici Vaticani II, vol. I, pars IV, Roma 1964, p. 156; Mgr Philips, L'Eglise et son mystère au deuxième concile du Vatican, histoire, texte et commentaire de la constitution "Lumen Gentium" , vol. 11, Paris 2 1967, pp. 77-78; cfr J. Bosc, "Situation de l'oecuménisme en perspective réformée", Paris 1969, p. 93. 3 Paolo VI, Discours du Saint Père au Secrétariat pour l'unité , in «Information Service», 1967 nº 2, p. 3. 4 Giovanni Paolo II, Ad aliarum Religionum christianorum Legatos", in "Acta Apostolicae Sedis , 1978, p. 977. 5 Giovanni Paolo II, Promulgazione del nuovo codice di diritto canonico , in «Acta Apostolicae Sedia», 1983, Vol. I, p. XII. Codex Iuris canonici, Roma 1983, can. 755, nº 1. W. A. Visser't Hooft, Report of the General Secretary to the Central Committee at Paris, in «The Ecumenical Review», 1962 nº 1, p. 77. 8 Cfr J.J. Von Allmen, Remarks concerning the dogmatic constitution of the Church , in «Journal of ecumenical Studies», 1967 nº 4, p. 659. 9 A. Rosmini, Delle cinque piaghe della santa Chiesa, in idem, Opere di Antonio Rosmini, vol. 26, Roma 1984, pp. 93-101, 143-147, 10 A. Brandenburg, Eucharistie und Ökumene, in «Lebendiges Zeugnis», 1974 nº 2, S. 51. 11 V. Benecchi, Dieci anni dopo, in «Voce metodista», 1973 nº 2, p. 2. 12 E. Coffman, From Swamped Creatures to Separated Brethren Non-Catholics' spiritual status improved dramatically from Unam Sanctam to Vatican II, but where are we now?, in «Internet» 2002, http://ChristianHistory.net/: «Exactly 700 years ago this week, on November 18, 1302, 6 7 Pope Boniface VIII made an extraordinarily bold statement: "Now, therefore, we declare, say, determine and pronounce that for every human creature it is necessary for salvation to be subject to the authority of the Roman pontiff." Even non-human creatures outside the pope's jurisdiction might be in trouble, for the bull in which Boniface's statement appears, Unam Sanctam, also calls up the image of the universal flood: "Urged by faith, we are obliged to believe and to maintain that the Church is one, holy, catholic, and also apostolic. We believe in her firmly and we confess with simplicity that outside of her there is neither salvation nor the remission of sins. ... There had been at the time of the deluge only one ark of Noah, prefiguring the one Church, which ark, having been finished to a single cubit, had only one pilot and guide, i.e., Noah, and we read that, outside of this ark, all that subsisted on the earth was destroyed." The bull almost sounds like a threat, which would not have been out of character for Boniface. He ascended to the papal throne when his predecessor, Celestine V, abdicated probably at Boniface's not-so-subtle suggestion. He sentenced the poet Dante to death for alleged financial misdeeds, though Dante escaped by going into exile (and got his revenge by consigning Boniface to the Inferno). When France's King Philip tried to assert autonomy from Rome, 31 potrà mai riconoscere sinceramente le altre Chiese in quanto tale, e non potrà neanche concepire un movimento di Chiese che non sia chiaro riferimento alla sua centralità esclusiva in qualità di 'Chiesa perfetta' (avendo tutti gli 'elementi' organicamente articolati dentro delle sue 'frontiere'). Da tempo si è superato il criterio dei 'vestigia ecclesiae' o del modo di considerare le altre Chiese come 'elementi' sconnessi e sparsi di 'ecclesialità' 1. Il decreto sull‘intento ecumenico del concilio Vaticano II afferma 3 criteri di discernimento riguardo agli allontanamenti verificatisi nel passato: 1° non si tratta della spartizione della Chiesa in diverse Chiese, 2° una pienezza di fede rimane presente nella Chiesa cattolica di comunione romana, 3° il distacco d‘altri gruppi non significa che essi cessano di essere Chiesa 2. Tra 'elementi' di Chiesa e 'Chiese sorelle', sembra che talune autorità ecclesiali non riescano ancora a superare il doppio linguaggio che fa considerare le comunità come 'elementi' o 'vestigia' a livello dottrinale e le fanno poi diventare 'Chiese sorelle' a livello della gestione dialogale 3. Le reticenze riguardo all‘uso del plurale ‗Chiese‘ sono state ribadite in vario modo, prima di arrivare ad un discernimento più trasparente 4. Il fondamentalismo non potrà che guardare gli altri come ‗non Chiese‘, nel rifiuto della maturazione ecumenica delle Chiese che sono consapevoli di non aver pienamente corrisposto al dono divino attraverso la storia. Lo scoglio del ‗tutto‘ o ‗niente‘, del ‗normativamente dentro‘ o ‗fuori‘ della Chiesa, sarà spesso difficile da superare. Al dilà della ‗Parola‘ fissata e formalizzata giuridicamente, la Chiesa sorge dalla Parola vissuta dal popolo di Dio nella sua organicità viva: questa Parola costituisce la Chiesa ed anzi ‗le‘ Chiese nella loro inevitabile incompiutezza storica 5. Peraltro, se il movimento ecumenico è riconosciuto da tutte le Chiese coinvolte come un ‗movimento di Chiese‘, la stessa Boniface replied, "Our predecessors have deposed these kings of France. Know -- we can depose you like a stable boy if it prove necessary."». 1 La tematica degli 'elementi sparsi' non è neppure superata nella enciclica di Giovanni Paolo II, Ut unum sint, Città del Vaticano 1995, nº 11- 14. 2 J. Feiner, The Decree on Ecumenism, in AA. VV., Commentary on the Documents of Vatican II, London 1971, Vol. 2°, p. 70: «In the brief description of schism in the Church which is provided by the first sentence of this paragraph, three expressions are characteristic of the vision of the Decree on Ecumenism. It must first be noted that it does not speak of the division of the one Church of Christ into several Churches, but of the separation of quite large communities from the Catholic Church. This is in accordance with the conviction of the Catholic faith that the Church of Christ, in spite of the divisions, has not ceased to have a continued existence in the Catholic Church, as the concrete form of its existence. But separation from the Catholic Church does not signify that separated communities simply cease to be Churches, as is made clear from the articles that follow in the text». 3 Cfr il doppio trattamento, d'una parte 'fondamentale' come 'elementi' e d'altra parte come intento dialogale come 'Chiese sorelle' d'oriente, in Giovanni Paolo II, Enciclica "Ut unum sint", Città del Vaticano 1995, nº 10-14 e 56-63. La questione diventa ancora più restrittiva a proposito delle tradizioni della Riforma d'occidente, ibidem, nº 64-73. 4 J. Goudet, Vocabulaire religieux et théologie, in «Foi et langage», 1977 n° IV, p. 270 : «Telle est l‘Eglise. Et si ta communauté s'éloigne de la transmission venue des apôtres? La chose est claire: elle n'est plus la communauté une, sainte, universelle et venue des apôtres. Il en résulte que l'on ne peut considérer comme Eglise que les communautés de transmission apostolique. Si on se servait de mots ayant un sens, on ne pourrait appeler communauté de transmission apostolique une communauté qui renie, fut-ce partiellement, cette transmission. Un Message est entier ou il est un autre message. La transmission apostolique augmentée ou diminuée n'est plus la transmission apostolique. Il est donc contradictoire d'appeler: Eglise ceux qui n'ont pas gardé l'intégralité de la Parole (une parole qui n'est pas entière n'étant qu‘un bruit). Cela change les données de 1'oecuménisme. Il ne s'agit pas, pour des églises, de se rasscmbler. Par definition, des églises, cela n‘existe pas. L'église est une. Même si les assemblées d'évêques sont plusieurs et si chacune a son propre primat, l'église est une. L'unité n'est pas physique: sinon le mot d'assemblée ou de communauté qui designe un groupe de gens physiquement présents ne pourrait pas, aussi, par la grâce de l‘unité, désigner des millions de gens absents. L unité n‘est ni physique ni administrative: elle est celle celle du credo. L'oecuménisme qui met ensemble des sectes aux croyances diverses et la communauté apostolique, l'oecuménisme n'est donc rien d'autre qu‘une mixtion de l'église et de non-églises». 5 JOINT WORKING GROUP (JOINT THEOLOGICAL COMMISSION) OF THE WORLD COUNCIL OF CHURCHES AND THE ROMAN CATHOLIC CHURCH, Catholicity and Apostolicity, in «One in Christ», 1970 n° 3, pp. 465-466: «The identity of the Church in spite and through all changes is to be found, basically, in the faith of its members, a faith which in all ages conforms to the unique and comprehensive truth of God in Jesus Christ. If God revealed himself in Christ, then the knowledge Christians have of their faith can never depart from the truth either completely or in all the Church's members, bowever far these may be from its fullness and however many the deviations resulting from this. It can sometimes happen, however, that the majority of Christians may be mistaken in their understanding of the faith. Here again, therefore, the problem arises of a criterion by which to determine the true understanding of the Church's living unity and identity, as presupposed by the content of the faith». 32 volontà ecclesiale di aderire pienamente (ed irreversibilmente, cfr supra) a questo intento implica la consapevolezza che vi sono ‗altre Chiese‘ 1. UN CASO ECUMENICO EMBLEMATICO SULLA DIFFICOLTÀ DI RICONOSCERE PIENAMENTE UN ALTRA CHIESA, L‘ADOZIONE E LA MESSA IN QUESTIONE DELL‘USO DELLA FORMULA ‗CHIESE SORELLE‘ IN AMBITO ROMANO Il riconoscimento delle altre Chiese come ‗Chiese‘ si ritrova in vario modo lungo la maturazione ecumenica reciproca, talvolta intralciata dalle direttive date a proposito della terminologia di ―Chiese sorelle‖. La formula ‗Chiese sorelle‘ era per il Papa Paolo VI l‘unico modo di non cadere nella via senza uscita dove la Chiesa cattolica e quella ortodossa si considerano come l‘unica Chiesa ‗vera‘ istituita da Cristo 2. Più recentemente, un documento riservato –poi reso pubblico da certi vescovi- della Congregazione romana per la dottrina della fede sull‘‖uso appropriato dell‘espressione «Chiese sorelle»‖ introduce una strettoia riguardo questo modo di indicare le altre Chiese, particolarmente le Chiese d‘oriente 3. La questione discussa potrebbe sembrare muoversi a livello più ‗subliminale‘ che esplicito, particolarmente dalla controversia suggerita sull‘assenza di questa formula dal Nuovo Testamento 4. Per chi conosce la storia delle polemiche anti-ortodosse l‘argomentazione più incisiva tra Roma e Costantinopoli è stata quella di aver ‗innovato‘ nella tradizione ecclesiale romana, e specificatamente riguardo al primato papale ed alle sue modalità di esercizio. Il documento introduce implicitamente la chiave della vecchia polemica nel tentativo di ribaltarla –come si faceva prima dell‘adesione della Chiesa cattolica di comunione romana al movimento ecumenico. Si noterà il tenore del tutto giuridico e verbale della argomentazione proposta nel seguito del documento. Subito, l‘offensiva focalizza ciò che si vuole 1 L. Jäger, Das Konzilsdekret über den Ökumenismus , Paderborn 1967, S. 105: «Ökumenismus ist eine Bewegung unter Christen und zielt in ersten Linie auf eine Begegnung von Kirchen und kirchlichen Gemeinschaften. Wenn die ökumenische Arbeit auch persönlicher Art ist, so haben alle, daran teilnebmen, doch immer die Kirchen in ihrem konkreten Zustand und in ihrer Treue zu Christus im Auge»; K. McDonnell, The Concept of ―Church‖ in the Documents of Vatican II as Applied to Protestant Denominations , in «Lutherans and Catholics in Dialogue», 1970 n° IV, p. 309: «The ‗relatio‘ of this section, however, rightly declares that the recognition of the ecclesial nature of groups other than the one to which one belongs is the operating principle of the ecumenical movement: It is precisely in this supposition that the underlying principle of the ecumenical movement is to be found." (1) In other words where elements of the church are to be found, such as love of scripture, belief in the Fatherhood of God, Christ as Son of God and Saviour, baptism and possibly other sacraments, in some cases episcopacy, eucharist and devotion to the Blessed Virgin, there one finds not only true Christians but there one finds what can be truly called a church in the theological sense». ((1) In hoc praecise situm est principium motionis oecumenicae.) 2 E. Lanne, Le mystère de l‘Eglise et de son unité, in «Irénikon», 1973 nº 3, p. 335: «En conséquence, cela pose deux questions à I'observateur oecuménique. La première, bien sûr, est celle de Ia contradiction apparente entre ces deux affirmations. Quelle est, de 1'Eglise Catholique ou de I'l~glise orthodoxe, celle qui a raison? A notre sens, poser ainsi la question est s'engager dans une impasse. La seule issue possible est dans Ia reconnaissance progressive du caractère réciproque d'Eglises-soeurs des deux Eglises, qui sont, comrne l'a dit Paul VI à plusieurs reprises, dans une communion presque parfaite». 3 Pubblicato in «Origins», 14 settembre 2000 ed in «La documentation catholique», 2000 nº 2233 («Avant la publication du document Dominus lesus, le 5 septembre dernier, la Congrégation pour la Doctrine de la Foi avait fait parvenir, fin juin, une note aux évêques du monde entier sur l'usage approprié de l'expression « Églises soeurs ». Ce document devait rester confidentiel et de fait n'a pas été rendu public par le SaintSiège. Cependant, dans plusieurs pays, à partir d'une version anglaise publiée fin août par l'agence américaine CNS, cette note, signée par le cardinal Joseph Ratzinger, Préfet de la Congrégation pour la Doctrine de la Foi, et Mgr Tarcisio Bertone, Secrétaire, a été l'objet de nombreux commentaires»). 4 CONGREGATION POUR LA DOCTRINE DE LA FOI, Sur l'usage approprié de l'expression «Eglises soeurs» , in «La documentation catholique», 2000 nº 2233, p. 823: «1. L'expression Églises soeurs revient souvent dans le dialogue oecuménique, surtout entre catholiques et orthodoxes. Elle est objet d'approfondissement des deux côtés du dialogue. Bien qu'il y ait un usage incontestablement légiti me de l‘expression, une manière ambiguë de l'utiliser s'est diffusée aujourd'hui dans la littérature oecuménique. Il est donc opportun de rappeler quel est l'usage propre et adéquat de cette expression, en conformité avec l'enseignement du Concile Vatican Il et le Magistère pontifical qui l'a suivi. Il semble utile, tout d'abord, de souligner quelques traits de son histoire. 1. Origine et développement de l‘expression. 2. L'expression Églises soeurs ne se trouve pas comme telle dans le Nouveau Testament: cependant, nombreuses indications qui manifestent fraternité qui existent entre les Églises locales de l'Antiquité chrétienne. Le passage néotestamentaire qui reflète de la manière la plus explicite la conscience de ce fait est la phrase finale de 2 jn 13: «Te saluent les enfants de ta soeur l'élue». Il s'agit de salutations envoyées d'une communauté ecclésiale à une autre; la communauté qui les envoie, se désigne elle-même comme «soeur» de l'autre». 33 contrastare: la ‗pentarchia‘ dei cinque antichi patriarcati 1. Si sa che le polemiche tra Roma e l‘oriente cristiano hanno giuridicamente focalizzato il fatto che Roma non ha mai riconosciuto la pentarchia e da questa non formalizzazione del consenso si trae la certezza del rifiuto. Ma l‘accentuazione si precisa ulteriormente nel riconoscere alla formula ‗Chiesa sorella‘ una sola valenza ‗particolare o locale‘ 2. Anche questo non è frutto di semplice ricerca scientifica storica (nel senso della ‗purificazione della memoria‘ del Giubileo del 2000): si tratta di anticipare eventuali sviluppi nella discussione sulle ‗Chiese regionali‘ anche al di dentro della comunione romana. Si passa poi all‘argomentazione basata sull‘uso pontificale della formula 3. La sottolineatura di ‗Chiese locali‘ rimane l‘argomento chiave. Si dice che i principali interventi di 1 CONGREGATION POUR LA DOCTRINE DE LA FOI, Sur l'usage approprié de l'expression «Eglises soeurs» , in «La documentation catholique», 2000 nº 2233, p. 823: «3. Dans la littérature ecclésiastique, l‘expression commence à être utilisée en Orient, quand, à partir du Ve siècle, se répand l'idée de la Pentarchie, d'après laquelle, à la tête de l'Église on trouverait les cinq Patriarches et l'Église de Rome aurait la première place parmi les Églises soeurs patriarcales. Il faut pourtant remarquer à ce sujet, qu'aucun Pontife romain n'a reconnu ce nivellement des sièges, ni accepté que l'on ne reconnaisse qu'un primat d'honneur au Siège romain. En outre, il faut remarquer que la structure patriarcale, typique de l'Orient, ne s'est pas développée en Occident. On sait que dans les siècles qui ont suivi, les divergences entre Constantinople et Rome ont porté à des excommunications mutuelles qui eurent des «conséquences dépassant, autant que l'on puisse juger, les intentions et les prévisions de leurs auteurs dont les censures portaient sur les personnes visées et non sur les Églises, et qui n'entenda ient pas rompre la communion ecclésiastique entre les sièges de Rome et de Constantinople» (1). 4. L'expression apparaît de nouveau dans deux lettres où le Métropolite Nicetas de Nicomedia (en l'an 1136) et le Patriarche Jean X Camateros (en charge de 1198 à 1206), protestaient contre Rome qui, se présentant comme mère et maîtresse, aurait annulé leur autorité. Selon eux, Rome est seulement la première entre des soeurs égales en dignité». ((1) Paul VI et Athénagoras ler. Déclaration commune Pénétrés de reconnaissance (7 déc. 1965), 3: AAS 58 (1966) 20 (in DC 1966, n. 1462, col. 68. NDLR). Les excommunications ont été réciproquement supprimées en 1965: « Le Pape Paul VI et le patriarche Athênagoras ler, en son synode déclarent d'un commun accord: (...). Regretter également et enlever de la mémoire et du milieu de l'Église, les sentences d'excommunication » (ibid. 4): voir aussi Paul VI, Lett. apost. Ambulate in dilectione (7 déc. 1965): AAS 58 (1966) 40-41: Athénagoras ler. Tomos Agapis (7 déc. 1965), VaticanPhanar 1958-1970 (Rome et Istanbul 1970) 388-390.) 2 CONGREGATION POUR LA DOCTRINE DE LA FOI, Sur l'usage approprié de l'expression «Eglises soeurs» , in «La documentation catholique», 2000 nº 2233, pp. 823-824: «5. À l'époque récente, le premier à réutiliser l'expression Églises soeurs a été le Patriarche orthodoxe de Constantinople Athénagoras lº. Quand celui-ci accueille les gestes fraternels et l'appel à l'unité que lui adresse Jean XXIII, il exprime souvent dans ses lettres le souhait de voir rétablie l'unité entre les Églises soeurs. 6. Le Concile Vatican II emploie l'expression églises soeurs pour qualifier les rapports fraternels des Églises particulières entre elles: « Il y a en Orient plusieurs Églises particulières ou locales, au premier rang desquelles sont les Églises patriarcales dont plusieurs se glorifient d'avoir été fondées par les Apôtres eux-mêmes. C'est pourquoi, prévalut et prévaut encore, parmi les Orientaux, le soin particulier de conserver dans une communion de foi et de charité les relations fraternelles qui doivent exister entre les Églises locales, comme entre des soeurs » (1)». ((1) Conc. Vatican II, Décr. Unitaris redintegratio, 14. ) 3 CONGREGATION POUR LA DOCTRINE DE LA FOI, Sur l'usage approprié de l'expression «Eglises soeurs» , in «La documentation catholique», 2000 nº 2233, pp. 823-824: «7. Le premier document pontifical dans lequel se trouve le vocable de soeurs appliqué aux Églises, est le Bref Anno ineunte de Paul VI au Patriarche Athénagoras Iº. Après avoir manifesté sa volonté de faire ce qui est possible pour «hâter le jour où, entre l'Église d'Occident et celle d'Orient, une pleine communion sera rétablie», le Pape s'interroge: «En chaque Église loca le s'opère ce mystère de l'amour divin et n'est-ce pas là la raison de l'expression traditionnelle et si belle selon laquelle les Églises locales aimaient s'appeler Églises soeurs? Cette vie d'Église-soeur nous l'avons vécue durant des siècles, célébrant ensemble les Conciles oecuméniques qui ont défendu le dépôt de la foi contre toute altération. Maintenant, après une longue période de division et d'incompréhension réciproque, le Seigneur nous donne de nous redécouvrir comme Églises soeurs, malgré les obstacles qui furent alors dressés entre nous» (1). 8. L'expression a ensuite été souvent utilisée par Jean-Paul Il, dans de nombreux discours et documents, dont on rappellera seulement les principaux dans l'ordre chronologique. L'Encyclique Slavorum apostoli: «Ils [Cyrille et Méthode] sont pour nous les champions et en même temps les patrons de l'effort oecuménique des Églises soeurs de l'Orient et de l'Occident pour retrouver, par le dialogue et la prière, l'unité visible dans la communion parfaite et totale » (2). Dans une lettre de 1991 aux évêques européens: «Il convient donc d'entretenir des relations avec ces Églises [les Églises orthodoxes] comme avec des Eglises soeurs, selon l'expression du Pape Paul VI dans un Bref remis au Patriarche de Constantinople Athénagoras Iº (3). Dans l'Encyclique Ut unum sint, le thème est surtout développé au n. 56, qui commense ainsi: «Après le Concile Vatican II, se rattachant à cette tradition, l'usage a été rétabli de donner l'appellation d"'Églises soeurs" aux Églises particulières ou locales rassemblées autour de leur évêque. Ensuite, l'abrogation des excommunications mutuelles, supprimant un obstacle douloureux d'ordre canonique et psychologique, a été un pas très important sur la route vers la pleine communion». Le paragra phe se termine en souhaitant. «L'appellation traditionnelle d"‘Églises soeurs" devrait nous être sans cesse présente sur cette route». Le thème est repris au n. 60 dans lequel on observe: «Plus récemment, la Commission mixte internationale a fait un pas important en ce qui concerne la question si délicate de la méthode à suivre pour rechercher la pleine communion entre l'Église catholique et l'Église orthodoxe, question qui a souvent été une pierre d'achoppement dans les rapports entre catholiques et orthodoxes. Elle a jeté les bases doctrinales d'une solution positive du problème, fondée sur la doctrine des Églises soeurs» (4)». ((1) Paul VI. Bref Anno ineunte (25 déc. 1967): AAS 59 (1967) 852-854. / (2) Jean-Paul II. Lett. enc. Slavorum apostoli (2 juin 1985), 27: AAS 77 (1985) 807-808. / (3) Jean-Paul Il. Lettre aux évêques européens sur Les réactions entre catholiques et orthodoxes dans la nouvelle situation de l‘Europe centrale et orientale (31 mai 1991), 4: AAS 84 (1992) 167. / (4) Jean-Paul Il. Lett. enc. Ut unum sint (25 mai 1995), 56.60: AAS 87 (1995) 921-982.) 34 Giovanni Paolo II vengono menzionati qui, ma si dimentica –molto stranamente- qualche estratto non trascurabile come quello molto significativo all‘inizio stesso di tale pontificato 1. Proprio parlando alla Curia romana, il Papa riferisce la dicitura ‗Chiesa sorella‘ al Patriarca di Costantinopoli, nel quale ‗abbraccia tutti i Pastori‘. Anche riguardo alla ―Rus‖ evangelizzata attraverso il Patriarcato di Costantinopoli, il Papa vede in esso il ‗centro‘ della ‗Chiesa orientale‘: tra l‘Ucraina ed il Patriarcato stesso, il riconoscimento non è certo puramente ‗locale‘ 2. Non si tratta senz‘altro di un uso ‗locale‘ verso il Patriarca ecumenico riconosciuto tale nei termini del Papa nella linea fraterna dei rapporti mutuamente graditi tra ‗Chiese sorelle‘. Questo ‗difetto di memoria‘ apparirà particolarmente strumentale ai nostri fratelli e sorelle dell‘oriente cristiano. Il Papa si indirizza al Patriarca di Costantinopoli come Capo di Chiesa: da Capo di Chiesa a Capo di Chiesa. La fine del documento chiarisce –poi- la preoccupazione sostanziale della ‗nota‘: niente di ‗regionale‘ deve muoversi tra Roma ed ogni Chiesa particolare e l‘uso ecumenico non deve permettere di portare avanti l‘apertura su questo tema. Si accetterebbe di restringere gli impegni ecumenici per specificare questa ‗particolarità‘ romana. Ecco, dunque, che si ritrova la scelta giubilare degli organi romani: lasciare esistere il paesaggio ecumenico nella priorità dell‘affermazione delle proprie inderogabili specificità. I riferimenti papali non del tutto concordi con ciò saranno omessi dalle considerazioni della Curia 3. È noto che tale discorso è stato fatto (Nota citata qui sopra) Giovanni Paolo II, Al Sacro Collegio durante l'Udienza per gli auguri, (22 dicembre) , in idem, Insegnamenti di Giovanni Paolo II 1978, vol. 2, Città del Vaticano 1979, p. 1495: «Un cenno almeno voglio dedicare allo "sforzo di intensificare i legami chc 1 uniscono la Chiesa cattolica alle Chiese sorelle dell'Oriente cristiano", in una ricerca di intesa e di comprensione, fondata sulla carità di Cristo e nella comune esaltazione della Gloria divina. Le consegne che il Concilio Vaticano II ha dato nel campo delicato, difficile e promettente dell'ecumenismo, come uno dei suoi principali intenti per il "ristabilimento dell'unità da promuoversi fra tutti i cristiani" (Unitatis Re- dintegratio, 1) rimangono fra gli impegni principali del pontificato. In questo spirito ha acquistato particolare significato l'abbraccio scambiato di recente col Patriarca di Costantinopoli, Dimitrios I, nel quale ho voluto abbracciare tutti i Pastori e fratelli delle Chiese cristiane». Ioannes Paulus II, Lettera per il Millennio del Cristianesimo in Rus-Ucraina (16 giugno) al Cardinale Slipyi, in in idem, Insegnamenti di Giovanni Paolo II 1979 , vol. 1, Città del Vaticano 1979, p. 1562: «Cum autem «Rus» Kioviensis - aucta jam fide christiana sibi inserta exeunte 2 decimo post Christum saeculo - inveniretur ob suum geographicum situm in ambitu ipso autoritatis Ecclesiae orientalis, cuius veluti centrum erat Patriarchatus Constantinopolitanus, mirandum ideo non est quod susceptae plures viae redintegrandi perfractam unitatem saepius in eandem «Rus» confluxerunt. In praesentia hic commemorare sufficit collocutiones illius unitatis causa habitas ad extremum saeculum decimum quartum necnon conatus factos - proh dolor! sine exitu felici - in Conciliis Constantiae et Basiliae ac denique in Florentino Concilio ubi Kioviensis Metropolita Isidorus strenue promovit impetravitque adeo optatam Ecclesiae orientalis et occidentalis coniunctionem. Attamen, dimisso Concilio illo, constat Metropolitam eundem Isidorum, quem Summus Pontifex suum interea destinavisset Legatum «a latere» in Lituania, Livonia, Russia et ad Patris Cardinalis dignitatem evexisset quemque populus suus propter effectam Ecclesiarum junctionem dilaudavisset, plura quidem passum esse ob studiosam suam navitatem oecumerncam, immo etiam in carcerem Moscuae detrusum indeque effugientem demum Romam advenisse unde omnem unitatis causam». 3 CONGREGATION POUR LA DOCTRINE DE LA FOI, Sur l'usage approprié de l'expression «Eglises soeurs» , in «La documentation catholique», 2000 nº 2233, pp. 824-825: «Il. Indications pour l'usage de l'expression. 9. Les éléments historiques exposés dans les paragraphes précédents montrent l'importance quya prise l'expression Églises soeurs dans le dialogue oecuménique. Il est d'autant plus important d'en faire un usage théologiquement correct. 10. En effet, au sens propre, les Églises soeurs sont uniquement les Églises particulières entre elles (ou les regroupements d'Églises particulières, par exemple les Patriarcats entre eux ou les Provinces ecclésiastiques entre elles) (1). Il doit toujours rester clair, même quand l'expression Églises soeurs est utilisée dans ce sens propre, que l'Église universelle, une, sainte, catholique et apostolique, n'est pas la soeur, mais la mère de toutes les É lises particulières (2). 11. On peut aussi parler d‘ Eglises soeurs, au sens propre, en référence à des Églises particulières catholiques et non catholiques; et donc même l'Église particulière de Rome p eut être dite soeur de toutes les Églises particulières. Mais, comme rappelé ci-dessus, on ne peut dire, au sens propre, que l'Église catholique soit soeur d'une Église particulière ou d'un groupe d'Églises. Il ne s'agit pas seulement d'une question de terminologie, mais surtout du respect d'une vérité fondamentale de la foi catholique: celle de l‘unicité de l'Église du Christ. Il existe, en effet, une unique Église (3), et le pluriel Églises ne peut se référer qu'aux Églises particulières. Par conséquent, il faut éviter l'usage de formules comme «nos deux Églises», parce qu'elles sont sources de malentendus et de confusion théologique: elles insinuent, si elles sont appliquées à l'Église catholique et à l'ensemble de l'Église orthodoxe (ou à une Église orthodoxe), une pluralité non seulement au n'veau des Églises particulières, mais à celui de l'Église une, sainte, catholique et apostolique, proclamée dans le Credo, dont l'existence est ainsi offusquée. 12. Enfin, il faut garder à l'esprit que l'expression Églises soeurs au sens propre, comme en témoigne la tradition commune de l'Orient et de l'Occident, ne peut être employée exclusivement que pour les communautés ecclésiales qui ont conservé un Épiscopat et une Eucharistie valides. À Rome, au siège de la Congrégation pour la Doctrine de la Foi, le 30 juin 2000, Solennité du Sacré-Coeur de Jésus. Joseph cardinal Ratzinger, Préfet Tarcisio Bertone S.D.B., Secrétaire archevêque émérite de Vercelli ». 35 secondo l‘uso abituale degli interventi inaugurali all‘inizio del pontificato, e cioè ribadire di voler rispettare la validità di ogni materia affermata dai predecessori, anche quella ecumenica. Per quanto riguarda questa problematica, il criterio ecumenico è stato –nell‘adesione del concilio Vaticano II al movimento ecumenico unico- di seguire l‘uso delle formulazione di ogni tradizione cristiana assumendone i significati dati dalle tradizioni che le usano. Non era necessario rifarsi ad una tematica ecumenica per trattare di un problema del tutto interno al vertice romano. Il rischio, poi, di usare solo certi interventi papali e non altri –segnando quelli che diventano ‗principali‘sembra del tutto contrario ai ‗principi‘ stessi invocati dalla totale fedeltà delle Congregazioni agli indirizzi dei Pontefici… Deterioramenti recenti nei rapporti tra ortodossi ed autorità curiale romana: slittamento di dicitura dalle ‗Chiese sorelle‘ ai ‗due polmoni‘ Una analogia viene suggerita riguardo al ruolo ed alla configurazione dell'oriente cristiano nella vita ecclesiale complessiva: l'immagine dei "due polmoni", un polmone occidentale ed un polmone orientale con i quali 'respira' l'organismo vivo che è la Chiesa (tipologia dell'autore Ivanov, ripresa dal Papa). Si prospetta inoltre -nel contesto del ministero petrino- una intensa partecipazione ed intima condivisione delle responsabilità tra il riferimento a Pietro ed il riferimento ad Andrea, i due fratelli-apostoli. Ed è anche in questo contesto che si parlerà dell'oriente cristiano nella Chiesa come dell'"altro polmone" (con tutto ciò che questa evocazione suggerisce come uguaglianza e mutua insostituibilità nell'organismo vivo) 1. Cosa ne è di tutto ciò ((1) Cf. les textes du Décr. Unitatis redintegratio, 14, et du Bref Anno ineunte du Pape Paul VI à Athênagoras Iº. / (2) Cf. Congrégation pour la Doctrine de la Foi, Lett. Communionis notio (28 mai 1992), 9: AAS 85 (1993) 838-850. / (3) Cf. Conc. Vatican Il. Const. Lumen gentium, 8; Congrégation pour la Doctrine de la Foi, Décl. Mysterium Ecclesi-- (24 juin 1973), 11: AAS 65 (1973) 396-408.) 1 A. Joos, Come affronta l'ecumenismo Giovanni Paolo II, in «Via, verità e vita», 1982 nº 86, pp. 65-66: «VI. IL RUOLO SPECIFICO DEL MINISTERO PAPALE. Vi sono alcuni accenni, nelle stesse espressioni papali, che offrono qualche spunto, per aiutare un ulteriore approfondimento e chiarimento del ruolo specifico e della relazionalità del ministero papale, nell'insieme della comu nità ecclesiale. Si potrebbero, forse, descrivere queste allusioni come «Pietro relazionato». Si possono -- cioè -- trovare, nelle parole del papa, il suggerimento per una certa estensione della responsabilità condivisa -- nel servizio diretto all'unità -- sia riguardo alle relazioni con Pietro stesso, sia riguardo ai rapporti e legami con la Chiesa di Roma. Per quanto concerne il rapporto personale con Pietro, la parola del papa rico nosce un ruolo specifico all'apostolo Andrea e a ciò che egli rappresenta. Andrea e Pietro erano fratelli e, in seno al Collegio apostolico, questo fatto doveva creare una particolare intimità, e implicava una collaborazione più stretta nell'azione apostolica 1. Evidentemente, l'apostolo Andrea rinvia alla Chiesa di Costantinopoli, e la particolare relazione di Andrea con Pietro suggerisce una particolare intimità, nella responsabilità reciproca, verso tutte le Chiese e comunità sorelle. Se il papa non è chiuso in se stesso, nelle sue responsabilità e nell'autorità di cui è stato rivestito per servire la comunione ecclesiale, neanche la Chiesa di Roma dev'essere concepita come circoscritta in se stessa... Infine, considerando il contesto europeo di vita ecclesiale, bisogna tener conto dell'esistenza e dello sviluppo di una duplice tradizione cristiana in questo continente: una tradizione occidentale e una tradizione orientale 2. L'eredità orientale dev'essere chiaramente valorizzata. La decisione di unire come patroni d'Europa San Benedetto e i Santi Cirillo e Metodio si scrive in questa presa di coscienza 3. La stessa gestione della comunione ecclesiale in Europa esige pertanto di tener pienamente conto della realtà «orientale». Ciò implica di concepire l'animazione della comunione ecclesiale in Europa, avendo presente queste due sorgenti vive di intuito cristiano. Detto con altre parole, il movimento ecumenico deve, partendo dai primi contatti in Europa fino all'inserimento di tutte le comunità del mondo, imparare di nuovo -- tramite il dialogo teologico -- a respirare «con due polmoni»: quello occidentale e quello orientale 4. Riguardo alla stessa responsabilità del papa verso l'Europa, il gesto liturgico del «doppio patronato» prende un significato che coinvolge il modo di situare il ministero del Vescovo di Roma». / Giovanni Paolo II, All'incontro promosso da Taizé (30 dicembre), in idem, Insegnamenti di Giovanni Paolo II 1980, vol. 2, Città del Vaticano 1981, p. 1826: «Non a Giovanni, il grande contemplativo, non a Paolo, I'incomparabile teologo e predicatore, Cristo diede il compito di confermare gli altri apostoli, suoi fratelli (cf Lc 22,31-32), e di pascere agnelli e pecorelle (cf Gv 21,15-17), ma soltanto a Pietro. E sempre illuminante e commovente meditare sui testi del Vangelo che esprimono l'unico e irriducibile ruolo di Pietro nel collegio degli apostoli e nella Chiesa degli inizi. E anche imbarazzante, per ciascuno di noi, vedere come Cristo continui a mettere tutta la sua fiducia in Pietro, nonostante la sua momentanea debolezza. E Pietro accettò senamente questo ruolo, fino alla suprema testimonianza dello spargimento del sangue». / Giovanni Paolo II, Durante la Liturgia a S. Giorgio al Fanar -- Viaggio in Turchia (30 novembre), in idem, Insegnamenti di Giovanni Paolo II 1979, vol. 2, Città del Vaticano 1980, p. 1283: «Questo apostolo, patrono dell'illustre Chiesa di Costantinopoli, è il fratello di Pietro. Certamente tutti gli apostoli sono legati tra loro dalla nuova fraternità che unisce coloro il cui cuore è rinnovato dallo Spirito del Figlio (cf Rom 8, 15) e ai quali c stato affidato il ministero della riconciliazione (cf 2 Cor 5, 18) ma questo non annulla i legami specifici creati dalla nascita e dall'educazione in una stessa famiglia. Andrea è il fratello di Pietro. Andrea e Pietro erano fratelli e, in seno al collegio apostolico, doveva unirli una intimità più grande e una collaborazione più stretta nell'azione apostolica». / Giovanni Paolo II, Elevazione dei Santi Cirillo e 36 con quest‘altro simbolo: "il polmone occidentale ed il polmone orientale" della Chiesa. Come farà la nostra Chiesa per dare quella 'parità di respiro' al "polmone orientale"? O è soltanto una formula figurativa, da considerare del tutto ‗non impegnativa‘ 1? Le prese di posizione della fine di questo secolo XX evidenziano i dubbi che i fratelli d‘oriente possano avere sulla ‗parità di respiro‘ dei cosidetti due polmoni 2!!... Un teologo ecumenico di ampio ‗respiro‘, Y. Congar, ha anticipato i Metodio a Patroni d'Europa (31 dicembre 1980) , in «Acta Apostolicae Sedis», 1981, pp. 260-261: «L'Europa, infatti, nel suo insieme geografico è, per così dire, frutto dell'azione di due correnti di tradizioni cristiane, alle quali si aggiungono anche due diverse, ma allo stesso tempo profondamente complementari, forme di cultura. San Benedetto il quale con il suo influsso ha abbracciato non solo l'Europa, prima di mtto occidentale e centrale, ma mediante i centri benedettini è arrivato anche negli altn continenti, si trova al centro stesso di quella corrente che parte da Roma, dalla sede dei successori di Pietro. I santi Fratelli da Tessalonica mettono in risalto prima il contributo dell'antica cultura greca, e in seguito, la portata dell'irradiazione della Chiesa di Costantinopoli e della tradizione orientale, la quale si è così profondamente iscritta nella spiritualità e nella cultura di tanti popoli e nazioni nella parte orientale del continente europeo». / Giovanni Paolo II, Elevazione dei Santi Cirillo e Metodio a Patroni d'Europa (31 dicembre 1980), in «Acta Apostolicae Sedis», 1981, p. 259: «Cirillo e Metodio, fratelli, greci, nativi di Tessalonica, la città dove visse e operò san Paolo, fin dall'inizio della loro vocazione, entrarono in stretti rapporti culturali e spirituali con la Chiesa patriarcale di Costantinopoli, allora horente per cultura e attività missionaria, alla cui alta scuola essi si formarono. Entrambi avevano scelto lo stato religioso unendo i doveri della vocazione religiosa con il servizio missionario, di cui diedero una prima testimonianza recandosi ad evangelizzare i Cazari della Crimea. La loro preminente opera evangelizzatrice fu, tuttavia, la missione nella Grande Moravia, tra i popoli che abitavano allora la penisola balcanica e le terre percorse dal Danubio- essa fu intrapresa su richiesta del principe di Moravia Roscislaw, presentata all'imperatore e alla Chiesa di Costantinopoli». / Giovanni Paolo II, , in idem, Insegnamenti di Giovanni Paolo II 1980, vol. 1, Città del Vaticano 1981, p. 1889: «Il dialogo teologico dovrà superare i disaccordi ancora esistenti, ma, come ho avuto occasione di dire altrove, bisognerà imparare di nuovo a respirare pienamente con due polmoni, quello occidentale e quello orientale». 1 A. Joos, Le Chiese d'oriente: perché si sono deteriorati i rapporti con la nostra Chiesa? , (pro manuscripto), Roma 1993, pp. 1, 16: «Aldilà dei rimproveri, una prima rapida puntualizzazione può essere fatta: parlando di 'polmone' si sa che, nell'organismo, i due po lmoni sono fatti per ossigenare 'tutto' il corpo. Non vi sono 'settori' o 'funzioni' riservati,non c'è una priorità di uno de i due. Se vogliamo prospettare la parità tra oriente ed occidente, come suggerirla? L'impostazione romana afferma come evidente la sua prerogativa di interessarsi allo svolgimento di tutta la vita ecclesiale nel mondo. Ma allora, come valorizzare la 'uguale rilevanza' orientale in questa luce? L'oriente ortodosso ci chiede se prendiamo sul serio le nostre stesse asserzioni, e in che modo intendiamo rispettare gli impegni che ci siamo presi con delle formulazioni così forti quali quelle riportate qui sopra. Un esempio significativo ci evoca direttamente le perplessità orientali: l'ultimo documento sulla "comunione" della Congregazione per la dottrina della fede 1. Potremmo dire che la comunione è come l'ossigeno per la Chiesa tutta. Il 'polmone' occidentale romano segue un suo iter per articolare la comunione (centralizzazione, universalismo...). La difficoltà -per l'orientenon è la comunione in quanto tale ma la sua articolazione romana, il modo di viverla (ibidem). Il 'polmone' orientale avrà un suo iter diverso dall'altro polmone? Ebbene, appare del tutto chiaro agli orientali che non vi sia spazio per questo 'polmone' nel modo di 'gestire' l'ossigeno della comunione per la Chiesa. Vi sono due polmoni ma un solo ciclo o processo di gestire l'ossigeno vitale!... Il 'secondo polmone' appare, al limite, superfluo in questo caso. Si è detto che le difficoltà tra oriente ortodosso e Chiesa cattolica di comunione romana costituivano meno una questione di fondo che -invece- un "problema politico" 2. Per chi cerca di entrare un pò più serenamente nelle discussioni sui i rapporti tra oriente ortodosso e Chiesa cattolica di comunione romana, ben presto appare che le difficoltà 'pratiche' o 'strutturali', o 'di gestione', sono solo la punta dell'iceberg. I due polmoni sono 'uguali' ma 'inversamente configurati' (come la destra e la sinistra dell'organismo si corrispondono e si confrontano). Se vogliamo, possiamo anche dire "uguale ma opposto"! Si dirà che l'occidente è più analitico, mentre l'oriente è più attirato verso la ricapitolazione di sintesi. L'occidente, analitico nel particolare, si vorrà unificare nella struttura. L'oriente, sintetico nella visione, lascerà alle strutture di diversificarsi nella gestione di ogni particolarità '. Tale sembra essere la ragione di fondo della configurazione ortodossa di Chiese autocefale. Sembra, d'altra parte, che il sospetto "latino" tenda a valutare questa diversità strutturale come incoerenza, alla quale deve venire in aiuto una "mano forte" capace di istituire la coesione ecclesiale. Tutto si complica, peraltro, dato che l'oriente cristiano non è più il fatto di una pura geograficità. O meglio "l'oriente non è più soltanto in oriente". L'oriente -poi- non offre una sua compattezza strutturale ed intellettuale come l'occidente cattolico di comunione romana: la sua diversità è culturalmente assai complessa: non solo greci e russi, ma armeni, copti, siriaci, tra tante tradizioni esistenti. Se l'oriente è un 'polmone', esso è una dimensione della esperienza ecclesiale totale, da integrare e da lasciarsi esprimere nella cattolicità o nella multiforme pienezza del cammino verso il regno di Dio... Il significato dei 'due polmoni' acquista -chissà- un suo particolare significato se si tiene conto di questi accenni (molti altri possono essere aggiunti). Come per i polmoni, le difficoltà 'respiratorie' hanno molto a che vedere con ciò che viene assimilato nell'aria e dalle stesse capacità di assimilazione dell'organismo. Il patriarca Bartolomeo I si chiedeva recentemente: "come mai abbiamo potuto vivere insieme per un millennio, pur avendo interpretazioni diverse?... Ci può essere una soluzione:... vivere,... essere in comunione,... pregare,... 3 ». (1 Cfr S. Manna, Ma quale comunione (il documento della Congregazione per la dottrina della fede sulla comunione) , in «O odigos / la guida», 1992 nº 3, pp. 1, 16. / 2 Cfr F. Previ, Interview with Fr Tillard, in «O odigos / la guida», 1992 nº 1, p. 12. / 3 Cfr Intervista, sul giornale «La Croix», 28/3/1992.) 2 A. Joos, Le scommesse dell‘ecclesiologia ecumenica, Roma (pro manuscripto) 1996-19--, Introduzione generale, 1º premessa, impostare un discernimento sul cammino ecumenico odierno: «Qualche anno fa, ci si chiedeva «la domanda ... non è tanto di sapere se possiamo ristabilire la piena comunione, ma ancor più se abbiamo il diritto di restare separati» (1). Si parlava di una prossima Eucaristia comune: «noi affermiamo di nuovo la nostra volontà di fare tutto ciò che è possibile per affrettare il giorno nel quale sarà ristabilita la piena comunione tra la Chiesa cattolica e la Chiesa ortodossa, e nel quale potremmo finalmente concelebrare la divina Eucarestia» (2). Si riconosceva che la Chiesa «dovrà superare i disaccordi ancora esistenti, ma bisognerà imparare di nuovo a respirare pienamente con due polmoni, quello occidentale e quello orientale» (3): parlando di 'polmone' si sa che, nell'organismo, i due polmoni sono fatti per ossigenare 'tutto' il corpo. Non vi sono 37 dubbi che si possa avere su questa evocazione: per lui, la questione non è quella dei ‗polmoni‘, ma della configurazione ‗bipartita‘. Egli lo sottolineava nell‘intento teologico che delineava riguardo al ‗laicato‘. La divisione in ‗due parti‘ della Chiesa ha portato inevitabilmente al ‗divorzio‘ riscontratosi tra ‗laicato‘ e ‗clero‘: o cioè tra una istituzione ‗attiva‘ che regolava tutto per conto proprio ed un ‗popolo‘ che appariva come prevalentemente ‗passivo‘ 1. La convergenza tra 'settori' o 'funzioni' riservati, non c'è una priorità di uno dei due. Il 'respiro' fa muovere inversamente l'aria verso destra e verso sinistra... Tutto appare ugualmente diverso e diversamente uguale nella sua totalità... Perciò si può parlare di complementarietà... Eppure, gli ortodossi esprimono chiaramente il loro rimprovero verso di noi: si tratta del nostro proselitismo che si traduce in vari modi. Se Cost antinopoli ci ha richiamati alla intollerabile strutturazione nel cosidetto 'uniatismo', Mosca ci ha manifestato il suo vivace rissentimento di considerare le terre slave orientali come 'terre di conquista' per le nostre 'iniziative di evangelizzazione'. Non ci sono mancati gli avvertimenti in questo senso da parte di esponenti cattolici stessi, prima ancora che si aprissero le porte della Russia ad una presenza della nostra Chiesa (4). L'oriente ortodosso ci chiede se prendiamo sul serio le nostre proprie asserzioni ed affermazioni ecclesiali di principio, e in che modo intendiamo rispettare gli impegni che ci siamo presi con delle formulazioni così forti quali quelle riportate qui sopra. Gli organi dell‘ecumenismo ufficiale della nostra Chiesa sembrano implicitamente riconoscere che «da uno stretto punto di vista ecclesiologico» le difficoltà appaiono insuperabili (per il mondo ortodosso - ragione di più per ri-aprire l‘ecclesiologia al di là di se stessa) (5). Un esempio significativo ci evoca direttamente le perplessità orientali: l'ultimo documento sulla "comunione" della Congregazione per la dottrina della fede (6). Potremmo dire che la comunione è come l'ossigeno per la Chiesa tutta. Il 'polmone' occidentale romano segue un suo iter per articolare la comunion e (centralizzazione, universalismo...). La difficoltà -per l'oriente- non è la comunione in quanto tale ma la sua articolazione romana, il modo di viverla (ibidem). Il 'polmone' orientale avrà un suo iter diverso dall'altro polmone, ma il 'secondo polmone' appare, al limit e, superfluo in questo caso. Si è detto che le difficoltà tra oriente ortodosso e Chiesa cattolica di comunione romana costituivano meno una questione di fondo che -invece- un "problema politico" (7). Ma queste difficoltà 'pratiche' o 'strutturali', o 'di gestione', sono solo la punta dell'iceberg. I due polmoni sono 'uguali' ma 'inversamente configurati'! Lo si accetterà? Si deciderà davvero di gestire di comune intesa problemi particolarmente delicati per l'oriente, come -per esempio- i riconoscimenti di 'nuovi stati' ai confini storici tra i due 'mondi' (come l'affrettatissimo riconoscimento germanico-vaticano della Croazia negli anni '90) (8)? L'occidente, analitico nel particolare, si vorrà unificare nella struttura. L'oriente, sintetico nella visione, lascerà alle strutture di diversificarsi nella gestione di ogni particolarità '. Tutto si complica, peraltro, dato che l'oriente cristiano non è più il fatto di una pura geograficità. O meglio "l'oriente non è più soltanto in oriente". L'oriente poi- non offre una sua compattezza strutturale ed intellettuale come l'occidente cattolico di comunione romana. Si è detto che la Chiesa cattolica di comunione romana ha confuso per molto tempo evangelizzazione e proselitismo (9). Uno dei problemi più acuti che l'oriente ortodosso considera come invaricabile è "l'uniatismo". Per l'ortodossia esso è una tattica con la quale si è storicamente "separato dalla Chiesa ortodossa delle comunità o dei fedeli ortodossi senza prendere in considerazione... che la Chiesa ortodossa... offre in se stessa i mezzi di grazia e di salvezza" (cfr Commissione cattolico-ortodossa, riunione di Freising del 1990) (10). Anche qui, la difficoltà non è prevalentemente quella di una eventuale 'ruberia' di fedeli... Per l'oriente, noi siamo convinti -da occidentali- che il 'fondo' si rissolve dalla 'struttura', e questa 'struttura di comunione' è ben compatta e precisa. Le tradizioni occidentali di comunione romana insisteranno sempre prioritariamente sulla strutturazione, condizione della autenticità di impegno. L'oriente cristiano non nega certo questa articolazione, ma non si ferma ad essa. L'oriente ha paura di una 'moltiplicazione ossea' dell'organismo, invece di una ossigenazione polmonare . Il problema dell'ossatura va considerato per conto suo. I 'polmoni' incidono aldilà... Perché un 'polmone occidentale' dovrebbe esageratamente 'calcificare' l'organismo? Le Chiese ortodosse non percepiscono nei nostri itinerari una totale convinzione riguardo all'Amore. Ad essi sembra che le notre tradizioni sono più attratte dall'eroismo (magari a nome della 'verità) che dalla carità, persino come criterio di santificazione. I vescovi europei si sono chiesti -recentemente- se la via dell'Amore sia stata davvero assimilata fino in fondo (cfr la dichiarazione finale del Sinodo dei vescovi d'Europa, 1991) (11)». ((1) Giovanni Paolo II, Omelia durante la Liturgia a S. Giorgio al Fanar , (30 novembre), in idem, Insegnamenti di Giovanni Paolo II, vol 1, Città del Vaticano 1979, p. 1286. / (2) Idem, Dichiarazione comune di Giovanni Paolo II e Dimitrios 1, (30 novembre), in idem, Insegnamenti di Giovanni Paolo II, vol 2, Città del Vaticano 1979, p. 1296. / (3) Idem, Ai collaboratori nel governo centrale , (18 giugno), in idem, Insegnamenti di Giovanni Paolo II, vol 1, Città del Vaticano 1981, p. 1889. / (4) Cfr l‘articolo riproposto nel 1996 di p. Ph. De Régis (del 6), Chiesa cattolica e ortodossia russa, in «Vivere in», 1996 n° 3, pp. 8-14. / (5) PONTIFICAL COUNCIL FOR PROMOTING CHRISTIAN UNITY, Presentation of the Work of the Council, Relations with the eastern Churches , in «Information Service», 1991 nº 78, pp. 147-148. / (6) Cfr S. Manna, Ma quale comunione (il documento della Congregazione per la dottrina della fede sulla comunione) , in «O odigos / la guida», 1992 nº 3, pp. 1, 16. / (7) Cfr F. Previ, Interview with Fr Tillard idis, Attese e prospettive, il punto di vista ortodosso, in «O odigos - la guida», 1995 n° 1, p. 1. / (9) Cfr G. Distante, Le resistenze dei cattolici romani all'ecumenismo , in «O L'Eglise orthodoxe et le prosélytisme catholique en Russie , in «Unité des -8; cfr G. Distante, Le resistenze dei cattolici romani all'ecumenismo, op. cit., p. 1. / (11) Cfr SYNODE DES EVEQUES D'EUROPE, La déclaration finale du Synode des Evêques d'Europe, in «Unité des chrétiens», 1992 nº 86, pp. 16-18.) 1 Y. Congar, Jalons pour une théologie du laïcat , Paris 1954, p. 70: «Nous avons rencontré plus haut (p. 32) l'image, naguère employée, d'un corps dont les clercs et les laïcs formeraient les deux côtés. Voici qu'une sorte de divorce s'établissait entre ces deux côtés, entre une communauté des homrnes qui n'étaient plus guère des fidèles, et une institution de clercs dont les problèmes, les activités, les préoccupations, le langage n'étaient plus ceux de la communauté humaine vivante. Ainsi, tandis que la pensée ecclésiologique s'installait dans la considération de l'appareil hiérarchique, dans la réalité concrète, au plan de la situation pastorale ou apostolique, l'Eglise perdait une partie de sa matière humaine. Ici comme là, elle se trouvait comme reduite à sa ‗cause formelle‘: c'est-à-dire, bien sûr, à l'essentiel d'elle-même, un peu comme les Cadres, les règlements et le matériel sont l'essentíel de l'Armée... Son culte, pour nous contenter de cette application, serait bien toujours le culte de l'institution, conforme aux rubriques de l'institution, mais, en bien des régions du moins, il ne serait plus le culte des hommes, des consciences vivantes, de la communauté des hommes. Tandis qu'en face du protestantisme qui faisait 38 ‗occidente attivo‘ ed ‗oriente passivo‘ sembra ricoprire in parte l‘immagine delle ‗due parti‘ del corpo ecclesiale o dei ‗due polmoni‘. Siamo -in una parola- sempre prigionieri di un tipo di dualismo che non ha mai giovato alla Chiesa. E, spesso, uditori e studenti di teologia provenienti da altri continenti hanno fatto notare come proprio le nuove Chiese facevano saltare questo dualismo ‗oriente-occidente‘ cristallizzato nei ‗due polmoni‘. Il ‗divorzio‘ tra oriente ed occidente potrebbe spiegarsi con l‘aiuto della analogia tra ‗le due parti del corpo‘, che non hanno affatto favorito una ‗parità‘ bensì una gerarchizzazione assai segregante. Qualche anno fa, ci si chiedeva «la domanda ... non è tanto di sapere se possiamo ristabilire la piena comunione, ma ancor più se abbiamo il diritto di restare separati» 1. Si parlava di una prossima Eucaristia comune: «noi affermiamo di nuovo la nostra volontà di fare tutto ciò che è possibile per affrettare il giorno nel quale sarà ristabilita la piena comunione tra la Chiesa cattolica e la Chiesa ortodossa, e nel quale potremmo finalmente concelebrare la divina Eucaristia» 2. Si riconosceva che la Chiesa «dovrà superare i disaccordi ancora esistenti, ma bisognerà imparare di nuovo a respirare pienamente con due polmoni, quello occidentale e quello orientale» 3: parlando di 'polmone' si sa che, nell'organismo, i due polmoni sono fatti per ossigenare 'tutto' il corpo. Non vi sono 'settori' o 'funzioni' riservati, non c'è una priorità di uno dei due. Ma l‘evocazione potrebbe suggerire che in ogni caso, per i due polmoni c‘è una testa e una ‗gola‘ sola... Se Costantinopoli ci ha richiamati alla intollerabile strutturazione nel così detto 'uniatismo' cattolico, Mosca ci ha manifestato il suo vivace risentimento di considerare le terre slave orientali come 'terre di conquista' per le nostre 'iniziative di evangelizzazione' 4. Non sono mancati gli avvertimenti in questo senso da parte di esponenti cattolici stessi, prima ancora che si aprissero le porte della Russia ad una presenza della nostra Chiesa dopo il 1989 5. L'oriente ortodosso ci chiede se prendiamo sul serio le nostre proprie asserzioni ed affermazioni ecclesiali di principio, e in che modo intendiamo rispettare gli impegni che ci siamo presi con delle formulazioni così forti quali quelle riportate qui sopra 6. Gli organi dell‘ecumenismo ufficiale della nostra Chiesa sembrano implicitamente riconoscere che ‗da uno stretto punto di vista ecclesiologico‘ le difficoltà appaiono insuperabili (per il mondo ortodosso: ragione di più per ri-aprire l‘ecclesiologia al di là di se stessa) 7. Un esempio significativo ci evoca direttamente le perplessità orientali: un recente documento sulla "comunione" della Congregazione per la dottrina della fede 8. Potremmo dire che la comunione è come l'ossigeno per la Chiesa tutta. Il 'polmone' occidentale romano segue un suo iter per articolare la comunione (centralizzazione, universalismo, dimenticando che una Chiesa universale che sia anteriore alle Chiese particolari non ha ragion d‘essere 9...). La difficoltà -per l'oriente- non de l'Église un peuple sans sacerdoce, les apologistes catholiques établissaient le bon droit du sacerdoce et de l'institution, l'Eglise se voyait, en plus d'un endroit, réduite à la situation d'un appareil sacerdotal sans peuple chrétien». 1 Giovanni Paolo II, Omelia durante la Liturgia a S. Giorgio al Fanar, (30 novembre), in idem, Insegnamenti di Giovanni Paolo II, vol 1, Città del Vaticano 1979, p. 1286. 2 Giovanni Paolo II, Dichiarazione eomune di Giovanni Paolo II e Dimitrios 1, (30 novembre), in idem, Insegnamenti di Giovanni Paolo II, vol 2, Città del Vaticano 1979, p. 1296. 3 Giovanni Paolo II, Ai collaboratori nel governo centrale, (18 giugno), in idem, Insegnamenti di Giovanni Paolo II , vol 1, Città del Vaticano 1981, p. 1889. 4 Bartolomeios I, Lettre au Pape Jean-Paul II, in «La documentation catholique», 1992 nº 89, p. 752. 5 Cfr l‘articolo riproposto nel 1996 di p. Ph. De Régis (del 1955 in base al suo apostolato presso i russi emigrati a Buenos Aires), da p. V. Poggi («Orientalia christiana periodica» 1996), Chiesa cattolica e ortodossia russa -14. 6 Cfr B. Bobrinskoj, Le moment de la vérité , in «Istina», 1990 nº 35, p. 16. 7 PONTIFICAL COUNCIL FOR PROMOTING CHRISTIAN UNITY, Presentation of the Work of the Council, Relations with the eastern Churches , in «Information Service», 1991 n 78, pp. 147-148. 8 Cfr S. Manna, Ma quale comunione (il documento della Congregazione per la dottrina della fede sulla comunione) , in «O odigos / la guida», 9 H. de Lubac, Les Eglises particulières dans l‘Eglise universelle, Paris 1971, p. 54; l‘accentuazione opposta viene ribadita nel documento di Giovanni Paolo II, Lettera apostolica in forma di Motu proprio sulla natura teologica e giuridica delle conferenze episcopali, Città del Vaticano 1998, nº 12. 39 è la comunione in quanto tale ma la sua articolazione romana, il modo di viverla 1. Il 'polmone' orientale avrà un suo iter diverso dall'altro polmone, ma il 'secondo polmone' appare, al limite, superfluo in questo caso. Si è detto che le difficoltà tra oriente ortodosso e Chiesa cattolica di comunione romana costituiva meno una questione di fondo che -invece- un "problema politico" 2. Ma queste difficoltà 'pratiche' o 'strutturali', o 'di gestione', sono solo la punta dell'iceberg, come l'affrettatissimo riconoscimento germanico-vaticano della Croazia negli anni '90 3? Tutto si complica, peraltro, dato che l'oriente cristiano non è più il fatto di una pura geograficità. O meglio "l'oriente non è più soltanto in oriente". L'oriente -poi- non offre una sua compattezza strutturale ed intellettuale come l'occidente cattolico di comunione romana. Si è detto che la Chiesa cattolica di comunione romana ha confuso per molto tempo evangelizzazione e proselitismo 4. Uno dei problemi più acuti che l'oriente ortodosso considera come invaricabile è "l'uniatismo" 5. Alla base della volontà di distaccarsi dal contesto ortodosso, vi sono talvolta delle interpretazioni storiche strumentali e legate a certi intenti politici del passato 6. Per l'ortodossia esso è una tattica con la quale si è storicamente "separato dalla Chiesa ortodossa delle comunità o dei fedeli ortodossi senza prendere in considerazione... che la Chiesa ortodossa... offre in se stessa i mezzi di grazia e di salvezza" (cfr Commissione cattolico-ortodossa, riunione di Freising del 1990) 7. Le Chiese ortodosse non percepiscono nei nostri itinerari una totale convinzione riguardo all'Amore. I vescovi europei si sono chiesti -recentemente- se la via dell'Amore sia stata davvero assimilata fino in fondo (cfr la dichiarazione finale del Sinodo dei vescovi d'Europa, 1991) 8. Eppure, si è anche, in occasione del concilio Vaticano II, ribadito l'inderogabile ed insostituibile ruolo e patrimonio di quell'"oriente cristiano" in seno alle tradizioni cristiane 9. Se guardiamo l'angolatura del concilio Vaticano II, sembra che un primo passo di valorizzazione dell'oriente cristiano sia stato tentato nella disponibilità dialogale con esso. Di fronte all'intento espresso dall'autorità romana, vari esempi della gestione centrale della nostra Chiesa sembrano non dare ascolto all'impegno apparentemente prioritario di assicurare uno 'spazio spirituale di parità' all'"altro polmone". Un documento vaticano degli anni '90 appare particolarmente emblematico. Si tratta di una stesura per un 'sinodo dei vescovi' sulla "vita consacrata" (o vita di radicale impegno evangelico). Si sà che l'oriente cristiano è particolarmente sensibile alla dimensione spirituale della vita ecclesiale. Il contributo orientale cristiano viene menzionato in un paragrafo sintomatico, chiamato "alcune peculiarità" 1 10!!... Non di rado si trovano nei documenti della nostra Chiesa un La gestione centralizzante della «collegialità» -invece di iscriverla nella chiave della «comunione»- è anche tipica del documento pontificio di Giovanni Paolo II, Lettera apostolica in forma di Motu proprio sulla natura teologica e giuridica delle conferenze episcopali , Città del Vaticano 1998, nº 1-23; cfr etiam: S. Manna, Ma quale comunione (il documento della Congregazione per la dottrina della fede sulla comunione), in «O odigos / la guida», 1992 nº 3, pp. 1, 16. 2 Cfr F. Previ, Interview with Fr Tillard, in «O odigos / la guida», 1992 nº 1, p. 12. 3 Ch. Kostantinidis, Attese e prospettive, il punto di vista ortodosso , in «O odigos - la guida», 1995 nº 1, p. 1 4 Cfr G. Distante, Le resistenze dei cattolici romani all'ecumenismo , in «O odigos / la guida», 1992 nº 4, p. 1. 5 L‘uniatismo ucraino, per esempio, nutre i suoi risentimenti acuti contro il Patriarcato di Mosca con svariate accuse: cfr , 6 - . , 1980; I. Choma, Josyf Slipyj «Vinctus Christi» et «Difensor Unitatis», Roma 1997. Per esempio l‘interpretazione di Herder sulla centralità dell‘Ucraina come cuore della Russia stessa, in senso naturale e geografico: in D. Groh, La Russia e l'autocoscienza d'Europa, Torino 1980, p. 86. Y. Poustooutov, L'Eglise orthodoxe et le prosélytisme catholique en Russie, in «Unité des chrétiens», 1992 n° 86, pp 7-8; cfr G. Distante, Le resistenze dei cattolici romani all'ecumenismo, in «O odigos / la guida», 1992 nº 4, p. 1. 8 Cfr SYNODE DES EVEQUES D'EUROPE, La déclaration finale du Synode des Evêques d'Europe , in «Unité des chrétiens», 1992 nº 86, pp. 167 18. 9 CONCILIO ECUMENICO VATICANO II, Decreto «Unitatis redintegratio», Città del Vaticano 1965, nº 14. Cfr un commento sul progetto di documento sulla "vita consacrata" (sinodo sui religiosi): A. Joos, Le tradizioni d'oriente nei 'lineamenta' del prossimo sinodo sulla vita consacrata , (pubblicato su «Vita consacrata» 1993), (etiam pro manuscripto, Roma 1993), p. 1: «Introduzione: come impostare il riferimento all'impegno evangelico dell'oriente? Il nº 19 dei 'lineamenta' 1 propone un accenno al versante 10 'orientale' della 'vita consacrata'. Lo fa nel contesto della parte I (Natura e identità della vita consacrata), dentro del capitolo II (Varietà carismatica e pluralità di istituti di vita consacrata e di società di vita apostolica). Il paragrafo (nº 19) di cui il brano c) fa parte si intitola: "alcune peculiarità all'interno della vita consacrata". I brani a) e b) si interessano alla "vita consacrata femminile" ed ai "religiosi chierici e 40 modo del tutto marginalizzante di inserire le tradizioni d'oriente nella impostazione dei temi maggiori della riflessione e della gestione ecclesiale. Il rischio, poi, di usare solo certi interventi papali e non altri –segnando quelli che diventano ‗principali‘- sembra del tutto contrario ai ‗principi‘ stessi invocati dalla totale fedeltà delle Congregazioni agli indirizzi dei Pontefici… Appare poi strano la volontà di definire –addirittura per l‘uso ecumenico o comune tra i cristiani che non appartiene all‘autorità giuridica della Congregazione- il significato di parole in uso tra le Chiese… Come già accennato, la progressiva sostituzione della dicitura ‗Chiese sorelle‘ con quella ‗fisiologica‘ dei ‗due polmoni‘ pone problemi ulteriori nella mutua comprensione tra le tradizioni d‘oriente e dell‘occidente romano di vertice. Le ambivalenze di una analogia ‗fisiologica‘ o di metafore ‗biologiche‘ in ecclesiologia sono state sottolineate da diverse parti 1. Altri documenti dell‘autorità centrale della Chiesa cattolica di comunione romana sembrano voler restringere -un‘altra volta- la dinamica dei rapporti tra Chiese particolari: «legami di tradizioni comuni di vita cristiana, di radicamento nelle comunità umane unite dalla loro lingua, cultura, storia... Questa relazione è molto diversa dal rapporto di interiorità mutua della Chiesa laici". In 12 righe, il libretto dei 'lineamenta' conclude la panoramica sulla vita evangelica nelle tradizioni d'oriente. Le prime parole del brano sudetto appaiono significative: "Finalmente deve essere ricordata..." 2! Si sa che l'inclinazione a considerare l'oriente cristiano come una 'peculiarità' nella vita e lungo il cammino della Chiesa tra le culture e attraverso i secoli è una costante nell'approccio che l'occidente di comunione romana ha tracciato da tempo riguardo alle tradizioni d'oriente. La questione non è di facile soluzione. Il documento sulla 'vita consacrata' ha una sua logica complessiva dove -di fatto- l'oriente cristiano appare come globalmente estraneo. Se il testo si intende come emanazione della articolazione tipicamente occidentale -ed integrata nella denominazione canonica di 'latina'- esso potrebbe senz'altro riflettere una data 'peculiarità' di organizzazione delle religiose e dei religiosi cattolici in 'ordini', congregazioni [senza parlare di 'movimenti' vari], e via dicendo (lasciando da parte la vita evangelica nella Riforma d'occidente)... In quanto alla incidenza 'attuale', o 'impegnata', o 'significativa', sembra che la vita ecclesiale nostra si sia ambientata 'fuori' di un riferimento dinamico all'"oriente". Sappiamo -pure- che la valutazione occidentale dell'oriente -sia da parte cattolica-romana, sia da parte riformata- non è sempre improntata ad una approbazione consenziente. Dietro le parole di eventuale apprezzamento si muove spesso una intenzione di classificare l'oriente 'di trascurabile rilevanza', o cioè non integrato nell'ambito delle urgenze attualmente percepite come prioritarie nell'impegno cristiano». (1 La vita consacrata e la sua missione nella chiesa e nel mondo , Milano 1992. / 2 Ibidem, p. 29, (nº 19 del documento). Vedere il tipo di inserimento ed il tenore del brano sull'oriente cristiano, in, SEGRETERIA GENERALE DEL SINODO DEI VESCOVI, Lineamente, La vita consacrata e la sua missione nella chiesa e nel mondo, Sinodo dei vescovi / IX assemblea generale ordinaria, Città del Vaticano 1992, pp. 28-30: «Alcune peculiarità all'interno della vita consacrata. 19. A questa fondamentale varietà della vita consacra ta si devono aggiungere alcune peculiarità proprie che vengono da altri fattori e meritano una particolare con siderazione. a) La vita consacrata femminile. Nella comune voca zione riveste una particolare importanza oggi la vita consacrata femminile, alla luce dell'evoluzione della donna nella società e nella chiesa. Essa è numericamente la più cospicua, sia negli istituti di vita contemplativa che in quelli di vita attiva. La chiesa deve molto alla presenza della vita consacrata femminile nel campo delle missioni e dell'apostolato, dell'educazione, dell'azione sociale e della carità. Il ruolo della donna consacrata con le sue accresciute possibilità di presenza evangelizzatrice merita di essere approfondito, specialmente alla luce della lettera apostolica di Giovanni Paolo 11 Mulieris dignitatem 1. Il papa parla in modo particolare della dignità e missione delle donne, in riferimento alla verginità per il regno e alla maternità secondo lo Spirito 2. Il loro prezioso contributo apostolico è stato più volte messo in e, propria della donna, in risposta anche alle concrete 3. b) Religiosi chierici e laici Pur non essendo lo stato di vita consacrata per natura sua esclusiva né clericale né laicale, vi sono non solo istituti clericali ed istituti laicali, ma, anche all'interno degli istituti, religiosi chierici e laici 4. La comune vocazione religiosa e la diversità della loro partecipazione alla vita, al governo e all'apostolato è determinata dal proprio carisma e dalle proprie leggi. I religiosi presbiteri e diaconi sono associati al ministero della chiesa, secondo l'indole propria di ciascun istituto. Oggi sembra necessario approfondire e valorizzare la di gnità, la formazione, la partecipazione e il servizio apostolico proprio dei fratelli laici, sia negli istituti laicali sia in quelli clericali all'interno delle comunità e nella collaborazione con l'apostolato proprio della chiesa. La loro presenza e la loro opera è preziosa sia per la testimonianza della loro vita consacrata, sia per l'originalità e molteplicità dei loro servizi apostolici. c) La tradizione delle chiese orientali. Finalmente deve essere ricordata la tradizione monastica ed eremitica orientale e la varietà di forme della vita consacrata, propria delle chiese orientali, con la rispettiva ricchezza di riti liturgici e le antiche tradizioni. La vita monastica orientale, con le sue proprietà liturgiche, ascetiche e comunitarie, per la prossimità alle esperienze delle chiese orientali non cattoliche, merita di essere rinvigorita e svi luppata, come espressione della ricchezza della tradizione dei Padri e per favorire un ecumenismo spirituale con monaci e monache delle altre chiese orientali che con servano tuttora il grande patrimonio dei primi secoli 5». [1 Cf. IOANNES PAULUS II, epist. apost. Mulieris dignitatem, de dignitate ac vocatione mulieris anno mariali vertente, 15 augusti 1988: AAS 80 (1988) 1653- 1729. / 2 Cf. Ibid, 20-21: AAS 80 (1988) 1700-1705. / 3 SACRA CONGREGATIO PRO RELIGIOSIS ET INSTITUTIS SAECULARIBUS et SACRA CONGREGATIO PRO EPISCOPIS, notae directivae Mutuae relationes, 14 4 Cf. C.I.C, can. 588, 1. / 5 Cf. CONCILIUM OEC. VAT. II, decr. de ecclesiis orientalibus catholicis Orientalium Ecclesiarum, 6; decr. de oecumenismo Unitatis redintegratio, 15.]) 1 A. Joos, Ecumenical ‗Purification of Memory‘ in Order to Overcome the Wear and Tear in Recent Roman Catholic – Orthodox Relationships , maii 1978, 49: AAS 70 (1978) 498-499. / asked by «One in Christ», 2002 n° 3 (there was no further publication of the text). 41 universale con le Chiese particolari» 1. Con ‗interiorità‘, si potrebbe intendere la valenza fondamentale, a differenza di valenze ‗periferiche‘ per il rapporto tra Chiese particolari (elementi contingenti), che permette di specificare il fatto che le ‗Conferenze episcopali‘ non devono entrare nel merito ‗dottrinale‘ senza accorgimenti ben definiti di riconoscimento dal centro supremo di autorità romana 2. Eppure si è ecumenicamente indicato il legame che hanno quest‘ultime con la configurazione orientale 3. Per il Concilio Vaticano II, invece, ogni Chiesa particolare porta alle altre il beneficio dei suoi ‗doni‘ (ovviamente non ‗periferici‘ soltanto) 4. Il riferimento alla Chiesa locale ha –poi- un suo valore ecumenico sostanziale nella dinamica della ‗conciliarità‘ (torniamo su questo tame nella parte V). Nessuna relazionalità viene accennata, nello scritto sulle conferenze episcopali, con l‘antica impostazione patriarcale nei rapporti tra le Chiese (Roma stessa appare, in questo senso, come uno degli antichi patriarcati, e si chiede da parte dell‘autorità dottrinale cattolica stessa di distinguere meglio il compito di ‗successore di Pietro‘ e quella ‗patriarcale romana‘ 5). Neanche l‘apertura ecumenica viene minimamente adombrata nell‘articolazione di questo testo. Di fronte a questo dualismo ‗Chiesa universale‘ - ‗Chiesa particolare‘ (o vescovo particolare e ‗Collegio episcopale‘ universale), si chiede oggi, dall‘intento ecumenico stesso, la riscoperta della ‗Chiesa regionale‘ (non nel solo senso di ‗nazionale‘) come pegno di apertura verso le tradizioni ortodosse 6. Qualcuno chiede, più timorosamente, quale sia la ‗zona intermedia‘ da riconoscere teologicamente alle Conferenze episcopali 7. Come capire -poi- la consistenza e lo statuto ecclesiologico delle ‗Chiese sorelle‘ che la nostra Chiesa ha pure chiaramente recepito 8? Se la Chiesa può essere considerata localmente incarnata nella misura in cui la vita ecclesiale e il suo svolgimento sono attivamente e coscientemente assunti dai cristiani del luogo 9, spesso però le Chiese o comunità locali si trovano in una situazione di dipendenza a vari livelli: dalla dipendenza finanziaria e materiale fino alla dipendenza di formazione e informazione. Vi sarebbero pastori locali, che sarebbero in una situazione di sottomissione, e pastori superiori, ai quali i primi dovrebbero dimostrare soprattutto diretta ubbidienza 10. Dalla "transplantatio ecclesiae" (partire centro d'origine verso la periferia che accoglie la testimonianza) occorrerebbe invece adoperare il Giovanni Paolo II, Lettera apostolica in forma di Motu proprio sulla natura teologica e giuridica delle conferenze episcopali , Città del 1 Vaticano 1998, nº 13. Giovanni Paolo II, Lettera apostolica in forma di Motu proprio sulla natura teologica e giuridica delle conferenze episcopali , Città del 2 Vaticano 1998, nº 22. 3 J. Duval, Allocution à l‘occasion de la visite du Patriarche à l‘assemblée des évêques de France ., in ASSEMBLEE PLENIERE DES EVEQUES DE FRANCE, Vers l‘an 2000. Lourdes 1995 , Paris 1996, pp. 23-24: «L'orthodoxie a poussé à l'extrême la diversité, mais l'existence même du patriarcat œcuménique, les initiatives de Votre Sainteté et celles des autres patriarches orthodoxes comme aussi la préparation du concile panorthodoxe apportent un courant d'équilibre. Le catholicisme pour sa part a poussé à l'extrême l'unité, mais les synodes des évêques et les conférences épiscopales apportent progressivement les compléments ou même les corrections nécessaires. En Occident n'a-t-on pas privilégié l'unité universelle ou la catholicité parfois au détriment de l'identité bien particulière de chaque Église locale? En Orient (et je pense aussi aux Églises coptes, arméniennes et syriaques) n'a-t-on pas privilégié la propre identification ethnique locale sans connaître assez l'exercice de l'universalité? Comment ne pas voir précisément ici à quel point orthodoxes catholiques ont besoin les uns des autres ?». 4 CONCILIO ECUMENICO VATICANO II, Costotuzione dogmatica ―Lumen gentium‖, Città del Vaticano 1965, nº 13. 5 J. Ratzinger, Le nouveau peuple de Dieu, Paris 1968, p. 66. 6 H. Legrand, Le dialogue catholique-orthodoxe. Quelques enjeux ecclésiologiques de la crise actuelle autour des Eglises unies, in «Centro pro unione», 1993 nº 43, pp. 8-9; J. Meyendorff, Régionalisme ecclésiastique, structure de communion ou ouverture de séparatisme? , in G. Alberigo, Les Eglises après Vatican II: dynamisme et prospective (Actes du colloque international de Bologne - 1980), Paris 1981, pp. 329345. 7 A. Antón Gómez, Le Conferenze episcopali in aiuto ai vescovi, in «La Civiltà cattolica», 1999 nº 3568, pp. 336-337. E. Lanne, «Eglises-soeurs». Implications ecclésiologiques du Tomos Agapis , in «Istina», 1975 nº 20, pp. 47-74; H. Legrand, Le dialogue catholique-orthodoxe. Quelques enjeux ecclésiologiques de la crise actuelle autour des Eglises unies , in «Centro pro unione», 1993 nº 43, 8 pp. 9-11. 9 P. Kalilombe, Christian Community Today and Tomorrow. A pastoral option for theAMECEA countries , pro manuscripto 1977, Oakland Symposium (cfr. fiches documentaires "Prospective", sigle EGL/806/78). 10 H. Küng, Die Kirche , Freiburg 1967, S. 506 42 metodo induttivo della "implantatio ecclesiae" 1. Si parte allora dalla presenza di Cristo nello Spirito Santo, si radica la Chiesa come dialogo e si sviluppa l'evangelizzazione come testimonianza e credibilità -orientamento più teologico-spirituale- di fronte al riferimento giuridico, ci si rifà al significato territoriale o geografico con il quale vengono interpretate le Chiese particolari 2: Chiesa locale considerata come diocesi nella più vasta configurazione di cui è una porzione 3, considerando la diocesi come una Chiesa particolare ed incentrando il significato della Chiesa locale sulle realtà "infra-diocesane' 4. Dalla tematica di "Chiesa particolare", si è fatto notare che lo stesso criterio episcopale non premetteva esclusivamente il solo elemento territoriale, se si considerano i casi in cui il riferimento al vescovo non corrisponde a una delimitazione geografica, ma costituisce una appartenenza personale (come nel caso di diverse comunità orientali cattoliche, e anche di diocesi personali nell'ortodossia) 5: Chiesa particolare da situare in una metodologia di comunicazione del messaggio cristiano nell'attuale contesto della viva civiltà e della convivenza di mobilità, ciò che si chiamava un "luogo" 6. Se il "luogo" non può più essere considerato come "materialmente locale", come considerare allora "l'originalità locale"? Si ritorna al criterio episcopale: là dove c'è il vescovo, là è la Chiesa cattolica. Parimenti, si ricorda anche che se Ignazio di Antiochia ha proposto la prima formulazione, un altro Padre della Chiesa, Ireneo, ricordava che la Chiesa è là dove è lo Spirito di Dio e là dove lo Spirito di Dio si muove, là è la Chiesa ed ogni grazia 7. La Chiesa è là dove è il vescovo e lo Spirito di Dio. A seconda che si insista sul riferimento al vescovo o sul riferimento alla libertà d'ispirazione dello Spirito Santo si evidenzierà l'orientamento episcopalista o l'orientamento piú vicino alla Riforma 8. Il nuovo significato del "luogo" geografico in un mondo di rapida comunicazione come l'attuale, della difficoltà di porre la questione della Chiesa locale a partire dalla sola interpretazione giuridica. Se si propone di non identificare pienamente l'ambito locale con le competenze episcopali, si parla di comunità o di unità "sotto-episcopali", ma si può anche parlare di comunità "sopra-episcopale" 9. Si farà anche notare che un eccessivo distanziamento dal centro, come prova la storia ecclesiale, non può che portare a una sottomissione politica nell'ambito piú ristretto dove vive una comunità particolare 10: non dimenticando -però- i ritmi di comunicazione odierni sono improntati a una sempre maggiore interdipendenza e relazionalità tra i diversi gruppi, tra i diversi settori della conoscenza e dell'azione umana 11. L'eccessivo distanziamento può essere poi messo in relazione con i diversi modelli confederali o federativi di Chiese, come lo conosce la Riforma nei suoi vari rami esistenti attualmente: un eccessivo isolamento, pur nella propria originalità, può dare luogo all'ipnosi su se stesso e di se stesso 1 12. Negli scritti di san Tommaso d'Aquino, non pare esista una articolata J. Darmojuwono, De Ecclesia particulari eiusque fidei testimonio, pro manuscripto 1974; cfr. «Communiqué n. 5, Comité pour l'information, Synode des éveques 1974, Sala Stampa della Santa Sede», 2 ottobre 1974, pp. 2-3. 2 Cfr il Diritto canonico del 1917, Città del Vaticano 1917, can. 329, nº 1; ed il nuovo Codice 1983, Città del Vaticano 1983, can. 368-369. 3 CONCILIO ECUMENICO VATICANO II, Decreto "Christus Dominus", Città del Vaticano 1965, I, nº 1. 4 Cfr S. Baggio, De accuratiore usu verbi Ecclesiae 'particularis et localis' , pro manuscripto, Roma 1974. 5 J. Masson, La fonction d'évangélisation des "Eglises nouvelles'' , in «Documents Omnis Terra», l975 nº 3, p.206. 6 S. Baggio, "Discours d'ouverture", Catholic Civil Aviation Chaplains International Meeting , in «On the Move», 1981 nº 32, p. 8. 7 JOINT WORKING GROUP (JOINT THEOLOGICAL COMMISSION) OF THE WORLD COUNCIL OF CHURCHES AND THE ROMAN CATHOLIC CHURCH, Catholicity and Apostolicity, in «One in Christ», 1971 nº 3, p. 480. ORTHODOX - ROMAN CATHOLIC DIALOGUE, (PATRIARCHATE OF MOSCOW), Conversations at Odessa, March 1980, in «Information 8 Service»,1980 nº 3, p. 113 nº 1. 9 J . Masson, La fonction d 'évangélisation des "Eglises nouvelles " , in «Documents Omnis Terra», l975 nº 3, p. 206. 10 A. Bengsch, Intervento al sinodo dei vescovi 1974, pro manuscripto, Roma 1974 (schede "Prospective", Bruxelles 1974); Cfr. «Communiqué n. 17. Comité d'lnformation du Synode des éveques, Sala Stampa della Santa Sede», p. 5; K. Mc Namara, The Fourth Synod of Bishops, in «The Furrow», 1975 nº 1, p. 22. 11 Cfr S. MacBride, Many voices, one World, London 1981. K. McNamara, The Fourth Synod of Bishops , op. cit., pp. 21-22; AA. VV., Conclusions, in P. S. de Aschutegui, Asian Colloquium on Ministries in the Church, Manila 1979, p. 34 nº 48. 12 43 ecclesiologia della Chiesa locale, nel momento distanziamento tra bizantini greci e latini occidentali "comunità locale" 2, la comunità parte da 1. dell'acutizzarsi delle polemiche e del Dal termine "Chiese locali" deriva quello di relazioni interpersonali: dalla possibilità dell'approfondimento della fede nell'autenticità della vita cristiana vissuta insieme in diversi ambiti di vita, dalla possibilità di un impegno apostolico responsabile ed audace particolare 4 3 nel contesto culturale con strutture sociologiche che si modificano rapidamente 5. Certi documenti intercristiani, utilizzando la parola "place" o 'posto' intendono chiarire questa 'non restrizione' del luogo alla sola località 6, con tipi e forme di "leadership" o ministeri nella Chiesa 7. La flessibilità della Chiesa locale coinvolge forse anche una maggiore flessibilità ministeriale, con la comunità dove il numero di persone sia abbastanza ristretto da potersi mutuamente conoscere alla luce della presenza di Cristo risorto, costituendo cosí una comunità autenticamente eucaristica 8: in sintesi, accoglienza della Parola e partecipazione sacramentale, la capacità di autofinanziare, autogestire e autoespandersi, e anche di autoministrarsi 9. Come già accennato, la progressiva sostituzione della dicitura ‗Chiese sorelle‘ con quella ‗fisiologica‘ dei ‗due polmoni‘ pone problemi ulteriori nella mutua comprensione tra le tradizioni d‘oriente e dell‘occidente romano di vertice. Le ambivalenze di un‘analogia ‗fisiologica‘ o di metafore ‗biologiche‘ in ecclesiologia sono state sottolineate da diverse parti. Inoltre, se i pontificati hanno preconizzato un senso non sempre identico della formula ‗Chiese sorelle‘ per indicare la consistenza ecclesiale che si intendeva coprire (tra Chiesa ‗locale‘ e Chiesa complessivamente considerata nella sua configurazione di tradizione specifica), vi è anche chi ha voluto vedere nella dicitura ‗Chiese sorelle‘ soltanto un ―modello‖ di comprensione della Chiesa stessa (cfr infra), sul significato metodologico dei ‗modelli‘ nella dinamica di riconciliazione dottrinale. Se si tratta solo di un modello (o cioè una formulazione ipotetica per arrivare al confronto di vari modelli in vista di una riconciliazione su una formulazione ulteriore nella quale le Chiese convergerebbero), siamo a un livello ancora meno sostanziale di affermazione ecclesiale (non effettivamente una Chiesa, ma solo una ipotesi su come intendere la(e) Chiesa(e) (cfr infra). Non si intravvede come la tradizione ortodossa possa recepire un tale modo di re-interpretare l‘uso ecumenicamente riconosciuto dell‘espressione ―Chiese sorelle‖. Con il superamento ecumenico dell‘impostazione del 'ritorno' fatto dal concilio Vaticano II, si tratta infatti di operare, al di dentro della nostra prospettiva cattolica di comunione romana, un 'chiarimento della storia' riguardo alle configurazioni ecclesiali sorte dal passato e presentate come 'principio' dal quale defluiscono poi prese di posizioni sulla 'unità visibile' in quanto tale. Si coglie, qui, un altro momento di esplicitazione ecumenica: guardare senza tabù verso il proprio passato. Dalla seconda premessa ecumenica (cfr la nostra introduzione generale), questo criterio ecclesiologico fondamentale approfondisce ulteriormente il riesame del passato ecclesiale. Non il "ritorno" di ribelli: casi recenti di sospetto del proselitismo con l'integrazione giuridico1 E. Lanne, L'Eglise locale, sa catholicité et son apostolicité, in «Istina», 1969 n. 1, p . 47. 2 R. Coffy, Mystère de l'Eglise et corresponsabilité dans l'Eglise, in «La documentation catholique», 1980 nº 1792, p. 839. 3 M. Quéguiner, La situation théologique et pastorale dans le monde d'aujourd 'hui, (pro manuscripto, Syndo 1974 / Rencontre Patriarcat de Moscou - Eglise catholique, Trente 1975), p. 19. 4 JOINT WORKING GROUP (JOINT THEOLOGICAL COMMISSION) OF THE WORLD COUNCIL OF CHURCHES AND THE ROMAN CATHOLIC CHURCH, Catholicity and Apostolicity, in «One in Christ», 1971 nº 3, pp. 480-481. 5 K. Rahner, Riflessioni teologiche sul problema della secolarizzazione , in AA. VV., Teologia del rinnovamento ,Assisi 1969, p. 46. 6 WORLD COUNCIL OF CHURCHES, World Assembly: New Delhi l961, "Report on Unity", London 1962, p. 118 n.7 7 AA. VV., Conclusions, in P. S. de Aschutegui, Asian Colloquium on Ministries in the Church , Manila 1979, pp. 33-34, n. 46. 8 AA. VV., Conclusions, in P. S. de Aschutegui, Asian Colloquium on Ministries in the Church, Manila 1979, p. 33, nº 44 e 45. 9 AA. VV., Conclusions, Regional written Reports , in P. S. de Aschutegui, Asian Colloquium on Ministries in the Church , Manila 1979, pp. 178-182. 44 amministrativa ed il 'ritorno' alle modalità 'romane' in una «nuova evangelizzazione» con l‘interrogativo posto dai vescovi europei se la via dell'Amore sia stata davvero assimilata fino in fondo (cfr la dichiarazione finale del Sinodo dei vescovi d'Europa, 1991). L'incontro di Balamand, dopo 1990 e 1993 evidenzia l'impossibilità di promuovere ecumenicamente una strategia unilaterale. La sostituzione del riferimento alle ‗Chiese sorelle‘ con ‗due polmoni‘ sottolinea lo sbilanciamento tra il piccolo ‗oriente‘ e la mole notevole dell‘occidente, con un respiro unico centralizzato. Non si fa la Chiesa con ‗un polmone solo‘ come si disse nell‘incontro delle Chiese cristiane a Graz, nel 1997. Passi di ristabilimento organico della vita ecclesiale di una tradizione sono proposti da parte di responsabili cattolici orientali: come l‘Appello per la riunificazione del Patriarcato d‘Antiochia ipotizzato dal Sinodo della Chiesa Melkita nel 1996 1. N. Samra, Call For Unity - the Melkite Synod. Melkite Synod Calls for Unity - Bishops Agree Reunification of Antiochian Patriarchate is Possible, (A press release first issued, September 20, 1996, by Bishop Nicholas Samra Auxiliary Bishop of Newton ), in «Internet» 2006, 1 http://www.melkite.org/sa3.htm: «The holy Synod of the Melkite Greek Catholic Church met in Rabweh, Lebanon July 22-27, 1996 and, after studying the question of unity within the Patriarchate of Antioch, declared that communicatio in sacris = worship in common is possible today and that the ways and means of its application would be left to the joint decisions of the two Antiochian Church Synods - Melkite Greek Catholic and Greek Orthodox. The Synod of thirty-four bishops and four general superiors under the presidency of Patriarch Maximos V (Hakim) deliberated extensively on the topic of church unity particularly within the Antiochian Patriarchate which has been divided since 1724, and issued a document titled, Reunification of the Antiochian Patriarchate. This document is part of the official minutes of the Synod and was made public on August 15, 1996 in the Middle East. It includes eight points about the unity of the Churches and was sent by the Catholic Patriarch Maximos V to the Orthodox Patriarch Ignatius IV (Hazim). It emphasizes that there is an openness on the part of the Melkite Church to heal the division of 1724 and all the difficulties that followed in order to preserve our one heritage and one worship which is the fount of one belief. The Fathers of the Synod affirmed that unity was not a victory of one church over another, or one church going back to the other, or the melting of one church into the other, but rather putting an end to the separation between brothers... This unity has become possible today because of the extensive work of the Joint International Theological Commission between the Roman Catholic Church and the Orthodox Churches. They site [sic] four specific documents of the International Theological Commission and look forward to the study that this commission will make on the role of the Bishop of Rome in the church and in the ecumenical councils. Emphasis is placed on church unity as it existed in the first millennium when East and West were one. The document quotes Pope John Paul II in his encyclical Ut Unum Sint - That All May Be One: The Catholic Church desires nothing less than full communion between East and West. She finds inspiration for this in the experience of the first millennium (#16). The Melkite Synod sees that the church of the first millennium could be the model for unity today. The Synod strongly affirms its full communion with the Apostolic See of Rome and that this communion would not be ruptured. The Fathers offered their thanks to the International Theological Commission as well as the Joint Synodal Commissions recently reestablished by Patriarch Maximos V and Orthodox Patriarch Ignatius IV. They offer special thanks to Archbishop Elias Zoghby whose 1995 Profession of Faith was the major force for reopening dialogue with the Orthodox brothers. Zoghby, the former archbishop of Baalbek and a long-time leader among the Melkite bishops, offered this brief statement in 1995 and it was subscribed to by 24 of the 26 bishops present at the 1995 Holy Synod». 45