Avviso ai Naviganti N. 16 Mendrisio 30 novembre 2011 END GAME? Dieci giorni L'euro è la valuta comune ufficiale dell'Unione europea e quella unica per i diciassette stati membri che attualmente aderiscono all'UEM (Unione economica e monetaria), ossia Austria, Belgio, Cipro, Estonia, Finlandia, Francia, Germania, Grecia, Irlanda, Italia, Lussemburgo, Malta, Paesi Bassi, Portogallo, Slovacchia, Slovenia e Spagna Il complesso di questi paesi, detto informalmente Eurozona, conta oltre 320 milioni di abitanti; prendendo in considerazione anche quei paesi terzi che utilizzano divise legate all'euro, la moneta unica interessa direttamente oltre 480 milioni di persone in tutto il mondo. Il debutto dell'euro sui mercati finanziari risale al 1999, mentre la circolazione monetaria ha effettivamente avuto inizio il 1º gennaio 2002 nei dodici paesi dell'Unione che per primi hanno adottato la nuova valuta.1 Oggi 30 novembre 2011, esiste un concreto ed immediato rischio che l’Euro, così come lo conosciamo, possa liquefarsi nel giro di poche settimane, forse di giorni. I peggiori incubi si stanno realizzando con una velocità che sorprende anche i più accaniti pessimisti. Si tratta di un rischio, concreto ed immediato, come detto, ma ancora a bassa probabilità di realizzazione; d’altra parte se per disgrazia si materializzasse, le conseguenze immediate sarebbero catastrofiche. In queste ore, mentre nei palazzi di vetro della City stuoli di avvocati sudaticci, in maniche di camicia2, valutano criticamente la tenuta, in caso di breakup, dei contratti cross border in Euro e molte grandi aziende studiano i contingency plans da implementare, frenetiche trattative sono in corso tra le principali cancellerie europee, il fondo monetario internazionale, la Banca Centrale Europea, per inventarsi il modo per uscire dal cul de sac nel quale si sono infilati. Non è comunque il caso di farsi troppe illusioni: come ci ha insegnato Carlo Maria Cipolla, non c’è limite alla stupidità umana e non bisogna commettere il fatale errore di credere che i leader politici europei (e non solo) che ci hanno portato per mano fino a qui, ne siano esenti3. 1 Definizione dell’Euro, fonte Wikipedia. 2 Che appartengano agli stessi studi legali che per fee milionarie si occupano di negoziare con i pirati somali la liberazione degli equipaggi dei cargo sequestrati? 3 Gioverebbe rileggersi attentamente il classico in materia di Carlo Maria Cipolla, “The Basic Lows of Uman Stupidity”, ristampa, Il Mulino, 2011. Cipolla, nel suo divertente libretto individua le cinque leggi fondamentali della stupidità che riportiamo di seguito: 1)Sempre e inevitabilmente ognuno di noi sottovaluta il numero degli individui stupidi in circolazione. 2)La probabilità che una certa persona sia stupida é indipendente da qualsiasi altra caratteristica della stessa persona. 3)Una persona 1 Troppo tardi Le squadre sono già scese in campo, i giocatori si riscaldano sotto la luce dei riflettori, affrontano l’ultima partita di campionato: il Borgorosso Football Club4 si gioca l’ultima chance di rimanere in serie A contro la prima in classifica. Solo la vittoria può evitare retrocessione e fallimento di un club già in amministrazione controllata, pieno di debiti, guidato da un allenatore improbabile e folcloristico. Il presidente e i giocatori sanno che senza i ricavi della serie maggiore, si chiuderà bottega pieni di debiti e senza una lira in cassa per pagare gli stipendi. Il presidente, con la genialità figlia della disperazione, alla vigilia della partita della vita decide di scaricare il coach e sostituirlo con il carismatico e competente sergente di ferro che ha allenato gli avversari fino alla stagione precedente. Spera così di rivitalizzare i suoi spenti lottatori che, sotto la sgangherata guida dell’allenatore esonerato, hanno sprecato mille opportunità di salvarsi in tutta tranquillità. All’improvviso l’illuminazione del campo va in tilt, il pubblico invade il campo da gioco, l’arbitro manda tutti negli spogliatoi. Il Borgorosso perde due a zero a tavolino, retrocede e il fallimento che segue si porta via tutto. La metafora del Borgorosso è fin troppo trasparente, speriamo solo che il finale possa essere diverso. La luna di miele con i mercati, seguita all’ultimo vertice europeo del 27 ottobre, è durata lo spazio di pochi giorni, bruscamente interrotta dall’assordante nulla di fatto del G20 del 3 novembre. Senza un clamoroso e convincente sostegno internazionale sono state brutalmente messe a nudo le contraddizioni e la debolezza di decisioni lungamente negoziate ma di fato insufficienti e inapplicabili. Da allora, nel giro di poche terribili giornate l’incendio, inarrestabile, ha bruciato la prateria e la crisi si è estesa al cuore dell’Europa. Tra il 7 e il 9 novembre il Governo Berlusconi è stato costretto a gettare la spugna, sotterrato dall’ormai mitico “spread” e dal discredito internazionale. Paradossalmente, proprio nel momento in cui i king makers dell’Europa che conta rottamavano i governi di Grecia e Italia e li “sostituivano” di fatto con tecnici conosciuti e stimati dalle cancellerie alzando così, a parità di altre condizioni, la credibilità delle tanto evocate politiche di rigore fiscale - si avviava una nuova drammatica fase della crisi dell’Eurozona, probabilmente quella terminale. Essa porterà o verso l’esito catastrofico del break up dell’Euro o verso decisioni clamorose e finora testardamente rifiutate, che, se mai dovessero essere assunte, arriveranno comunque troppo tardi e solo a un passo dall’abisso. Nelle stesse ore in cui Mario Monti saliva al Quirinale si diffondevano indiscrezioni di un downgrading del debito francese, seguite da debolissime smentite, e partiva la corsa al rialzo di tutti gli spread dell’Eurozona, compresi quelli dei satelliti tedeschi con rating tripla A. Successivamente, con le aste dei titoli di stato della terza settimana di novembre, è stupida è chi causa un danno ad un altra persona o gruppo di persone senza nel contempo realizzare alcun vantaggio per sé o addirittura subendo una perdita. 4)Le persone non stupide sottovalutano sempre il potenziale nocivo delle persone stupide.5) La persona stupida é il tipo di persona più pericolosa che esista. 4 Liberissima interpretazione da due film cult del trash della cinematografia italiana; “Il presidente del Borgorosso Footbal Club”, 1970 di Luigi D’Amico, attore protagonista Alberto sordi e “L’Allenatore nel pallone”, 1984, di Sergio Martino, con il mitico allenatore Oronzo Canà interpretato da un indimenticabile Lino Banfi. 2 stata sanzionata l’ingessatura dei mercati obbligazionari governativi dell’eurozona, 5 che si affiancava alla ormai consolidata chiusura totale del funding per il sistema bancario europeo.6 Un sostanziale blocco dei mercati del debito europeo a cui faceva da corollario la caduta dei mercati azionari. Un remake ancora più spaventoso dei film dell’orrore visti nel 2008. Le attese positive per l’evento atteso tanto a lungo in Italia - un nuovo governo caratterizzato finalmente da livelli accettabili di serietà e credibilità - venivano bruciate nel giro di pochi minuti. L’effetto positivo tanto agognato e previsto (almeno 100 punti base di riduzione dello spread sui bund, aveva pontificato Nouriel Roubini e, prima di lui, noi…) si è materializzato solo per un attimo fuggente. Diciamo, per ora, che l’effetto “cambio di allenatore” si è visto solo nei confronti degli altri (comprimari?) periferici, in particolare della Spagna. Poi le luci si sono spente di nuovo. Perché? Nel giro di tre settimane sono state bruciate e spazzate via tutte le ultime decisioni assunte dai vertici europei, dal nuovo ruolo del fondo EFSF, finito precipitosamente nella spazzatura delle decisioni senza paternità, all’haircut del 50% sul debito greco7, al piano di ricapitalizzazione per 106 miliardi di euro delle banche europee, giudicato ormai ridicolo. Perché siamo ridotti così? Inutile mettere in fila la solita litania di recriminazioni e cercare di individuare le responsabilità che, ovviamente, sono rimpallate fin troppo esplicitamente dai vari policy makers. E’ ormai ovvio che, scontate le responsabilità della politica (la famosa sottovalutazione del potere distruttivo della stupidità, eredità indimenticabile di Carlo Maria Cipolla), sono stati commessi errori tecnici clamorosi, in particolare quelli relativi alla regolamentazione bancaria. Per “salvare” le banche le si è costrette a rincorrere ratios di capitale assurdamente elevati, favorendo così una disordinata corsa alla riduzione degli attivi a rischio più velocemente liquidabili sul mercato8. E quali sono questi attivi, se non i titoli di stato in portafoglio, inclusi quelli “sicuri”, vendendo i quali si possono compensare, in parte, le perdite realizzate sulla vendita dei bonds dei paesi periferici? Facile risposta. 5 Il 22 novembre l’asta dei titoli a 3 mesi spagnoli ha visto raddoppiare I rendimenti richiesti dal mercato (5,22%); il giorno successivo, l’asta dei bund tedeschi è stata sottoscritta solo per 2/3; giovedì 24 le aste a 6 mesi e due anni dei titoli italiani hanno visto i rendimenti schizzare rispettivamente al 6,5% e al 7,8%. Dopo l’asta il comparto a breve della curva italiana esprimeva rendimenti superiori all’8%, in un mercato ormai totalmente illiquido, in assenza di compratori. 6 Secondo il Financial Times, “Europe’s banks feel funding freeze”, November, 27, 2011, il sistema bancario europeo non è riuscito a rinnovare funding a medio termine per oltre 240 miliardi di euro nel 2011 e ha un deficit atteso di oltre 700 miliardi nel 2012. 7 Venerdì 25 novembre una indiscrezione dell’agenzia Reuters ipotizzava l’abbandono del piano di coinvolgimento del settori privato nel bail out della Grecia. 8 L’EBA, European Banking Authority, condivide una gravissima responsabilità su questo fronte. 3 Inoltre, in parallelo al dilagare della sfiducia tecnica, di cui sono buoni testimoni i mercati obbligazionari e del credito, lo stallo della politica ha alimentato il tarlo della sfiducia nell’ambito della grande impresa e dei grandi gruppi bancari internazionali. Ormai il breakup dell’Euro, fino a poche settimane fa considerato un’ipotesi astratta e con probabilità frazionali, è diventato una eventualità più che realistica, secondo alcuni commentatori, quasi incombente9. Negli uffici studi delle multinazionali, forse di qualche Governo e di enti sovranazionali si sta cominciando a dipanare l’intricatissima matassa del piano B. Ciò che prima era considerato impossibile e enormemente costoso per tutti, oggi rimane spaventosamente costoso ma diventa uno scenario possibile, sempre più probabile ogni giorno che passa. E infine, gettano la spugna anche i più strenui sostenitori dell’euro, quelli che a lungo avevano bacchettato gli euroscettici, enfatizzando le responsabilità dei paesi devianti e minimizzando gli errori di impostazione iniziali, sottovalutati da tutti per anni. Un pezzo emblematico che mette in luce questo stato d’animo, è quello scritto di recente da Guido Tabellini10 di cui vale la pena, per la chiarezza ed efficacia dell’intervento, riportare un lungo estratto: ”Le riforme nazionali sono una condizione necessaria ma non sufficiente per arrestare la crisi. La ragione è che la sfiducia non riguarda più il singolo Paese, ma l'intera zona euro. Ormai si è diffusa la convinzione che le fondamenta stesse dell'euro sono viziate da un difetto costitutivo. In tutti i Paesi avanzati, la banca centrale ha il compito di tutelare la stabilità finanziaria, agendo da prestatore di ultima istanza. La Bce questo compito può svolgerlo solo a metà: essa può offrire liquidità alle banche in difficoltà, ma non può farlo nei confronti degli Stati dell'euro. Il risultato è che i Paesi ad alto debito pubblico sono lasciati in balia dei mutamenti di umore dei mercati. Fino a che la fiducia dura, tutto va bene. Se per qualche ragione la fiducia vacilla, il peso del debito diventa presto insostenibile. Questo problema è aggravato da un secondo grave difetto nelle fondamenta dell'euro: la politica monetaria è stata centralizzata, ma la supervisione bancaria è rimasta una competenza nazionale. E oggi le autorità di supervisione non si fidano più l'una dell'altra. La sfiducia è così diffusa, che i supervisori nazionali impongono alle banche di non trasferire liquidità fuori dal loro Paese, per non trovarsi esposte nell'eventualità che la crisi degeneri. Siamo arrivati al paradosso di avere una moneta unica, con 17 mercati bancari e del debito pubblico segmentati dai confini nazionali, che praticano tassi di interesse diversi alla loro clientela. Una situazione del genere non può durare a lungo. È difficile immaginare un ritorno della fiducia se La roadmap per il purgatorio La strada che porta al breakout dell’Euro configura altissime probabilità di distruzione dei patrimoni finanziari, rischi significativi per la tenuta di valore di quelli reali e, “last but not least” la concreta possibilità che il processo di fusione nucleare finanziaria porti con sé, come altre volte nella storia, il tracollo dell’assetto istituzionale e sociale che conosciamo, con esiti e conseguenze impossibili da prevedere. Va da subito precisato che i risparmiatori italiani, oltre a proteggersi dall’eventuale break up dell’euro, devono valutare con estrema attenzione la possibilità che il debito pubblico 9 Wolfgang Munchau, “The Eurozone really has only days to avoid collapse”, Financial Times, November 27, 2011. 10 Guido Tabellini, “Il Re è nudo”, Il Sole 24 Ore, 24 novembre 2011. 4 italiano possa essere “ristrutturato”, per costrizione esterna, prima, e proprio per evitare la fine dell’Euro11. La creazione di barriere difensive ex ante per proteggere i propri beni è un esercizio di grande complessità e notevole aleatorietà: troppi sono i percorsi che potrebbero portare all’esito finale e le interconnessioni tra gli innumerevoli fattori in gioco. Le difficoltà di analisi non sono legate solo alle interrelazioni tra innumerevoli variabili aleatorie, economiche, comportamentali, istituzionali, largamente esogene ai mercati finanziari, ma anche alla durata e alla instabilità di un eventuale processo di break up, che ben difficilmente seguirebbe un percorso lineare. Di seguito presentiamo uno schema molto semplificato di rappresentazione degli scenari possibili, per il quale siamo debitori a Gavyn Davies12 Provando ad affrontare il tema sotto il profilo delle fasi di un processo, possiamo ipotizzare, in astratto, tre periodi temporali: 11 Questa ipotesi va distinta da quella di un default non voluto/gestito del debito italiano che potrebbe verosimilmente precedere di poco o seguire il break up dell’Euro. Tra le tante cassandre, si veda, da ultimo, Nouriel Roubini, “Italy’s debt must be restructured”, Financial Times, November 29, 2011. 12 Gavyn Davies, “Thinking the unthinkable on a Euro break up”, Financial Times, November 27, 2011. 5 Fase uno: è quella in cui siamo entrati dalla seconda settimana di novembre; è il periodo nel quale si precipita verso la “soluzione finale” rimanendo però nella massima incertezza fino all’ultima ora: o Si rafforza la consapevolezza che l’Euro è nato su basi economiche fasulle e non sta in piedi; o Si alza il livello dello scontro istituzionale e inizia il gioco degli addebiti di responsabilità le posizioni reciproche rimangono distanti o si allontanano; o Prevale la corsa delle singole istituzioni a “salvare il salvabile” riducendo le esposizioni agli asset a rischio e liquidando comunque le posizioni più liquide; le aste dei titoli di stato “vanno deserte”; o Un comportamento individuale “razionale” quando diventa universale genera una “self fulfilling prophecy” che alimenta il circolo vizioso avvicinando la catastrofe; o Nel frattempo i policy makers continuano ad intervenire con misure tampone travolte sempre più rapidamente dai mercati. o Aumenta rapidamente il deflusso di capitali privati dai paesi e sistemi finanziari a rischio verso quelli considerati sicuri. o L’economia europea, seguita dalle altre, sprofonda in recessione. o Il default non controllato o la ristrutturazione del debito di uno o più stati membri o di istituti finanziari diventa sempre più probabile e accelera la corsa verso l’esito finale, il “tipping point”; o Si precipita verso l’esito finale “binario”, noto in anticipo solo a pochi insiders, che comporta o l’utilizzo di una opzione lungamente avversata da una o più parti in campo (monetizzazione, unione fiscale “integrale”) o la costosa decisione di rinunciare, in qualche modo all’euro. Fase due: si avvia con la decisione di rinunciare all’Euro così come lo conosciamo. Le procedure per l’unificazione delle divise nazionali sono durate anni; il ritorno totale o parziale alle divise nazionali difficilmente potrà richiedere tempi molto più ristretti. Cosa succederà in questo periodo di tempo? Il ritorno a diverse divise sarà negoziato a livello europeo o sarà unilaterale da parte di uno o più stati, senza negoziato? Ci sarà la reintroduzione di una moneta fittizia (come lo è stato l’Ecu) basato su parità reciproche concordate? Quasi impossibile dare risposte. Alcuni passaggi sembrano comunque inevitabili: o Il calcio d’inizio della fase due non potrà non prevedere pervasive misure di repressione finanziaria all’interno dell’Eurozona finalizzate a cristallizzare le posizioni finanziarie reciproche delle unità economiche all’interno dei singoli paesi dell’area e verso l’esterno. o È ovviamente probabile l’introduzione di forti limitazioni ai movimenti di capitali privati, che verrebbero bloccati all’interno dei sistemi bancari nazionali. o I sistemi bancari nazionali potrebbero essere soggetti a “vincoli di portafoglio”, “massimali sugli impieghi all’estero” e altre misure similari finalizzate al sostegno forzoso degli stati e delle imprese nazionali. o Sarà il periodo nel quale si dovrà negoziare il nuovo assetto del regime monetario che sostituirà l’Euro. o La “fase due” evoca la fine della globalizzazione in corso dall’inizio degli anni 80, il ritorno all’economia chiusa, alle barriere doganali, al protezionismo. Sotto il profilo macroeconomico si potrebbe lentamente esaurire la fase di deflazione e si prepara l’atterraggio nella “fase tre” che, probabilmente sarà fortemente inflazionistica. Fase tre: il periodo successivo al ritorno totale o parziale alle divise nazionali. I paesi che saranno stati costretti o avranno deciso per l’”opt out” avranno enormi incentivi 1) a svalutare ben oltre i livelli già negoziati le nuove divise nazionali e/o, 6 2) per chi non l’avrà ancora fatto, in relazione al rapporto debito estero/interno, a non onorare il debito. Sarà la fase della nuova caotica ripartenza, del “liberi tutti”, il momento in cui i fortunati possessori di nuove e vecchie divise forti potranno raccogliere i frutti e investirli sui nuovi compioni dell’export drogato dalla svalutazione. Organizzare le difese Il risparmiatore si trova davanti una “Via crucis” interminabile, zeppa di trappole mortali e di ostacoli insormontabili. Quasi impossibile ipotizzare un “contingency plan” a prova di bomba ma qualche indicazione, consapevolmente schematica ma con il grande pregio della semplicità, possiamo offrirla. 1. Innanzi tutto: agire subito, ma cercando di essere razionali, valutando rischi ed opportunità futuri, piuttosto che rimanere immobili sotto il peso delle perdito teoriche o realizzate sul portafoglio. 2. Con i tempi che corrono l’obiettivo non può che essere la difesa massima del capitale, in attesa che finalmente l’orizzonte si schiarisca. 3. Decidere quale parte del proprio patrimonio finanziario può essere messa a rischio, “giocata sull’evento positivo”13 che potremmo definire “Euro 2, la vendetta”. Va considerato che, in caso di euro breakup, il valore di questo portafoglio “tradizionale” (obbligazioni governative, societarie, azioni, ETF, fondi, ecc.) potrebbe subire perdite anche del 50-60%. Inoltre, va valutata anche l’estrema probabilità di subire forti perdite nel corso dell’estenuante “fase uno”, anche nel caso in cui l’esito finale fosse positivo. Chi riuscirà a resistere? Il premio per chi “terrà duro” e, soprattutto, per chi avrà la forza e il coraggio di aumentare l’esposizione agli asset rischiosi durante la citata “fase uno” potrebbe infatti arrivare tutto insieme ed essere rilevante se l’endgame sarà positivo. 4. La parte rimanente (che secondo noi non può essere inferiore al 50% della ricchezza14) andrà gestita secondo principi di massima prudenza, non tanto e non solo in termini di diversificazione degli investimenti, quanto piuttosto in termini di localizzazione dei conti e sicurezza degli intermediari presso cui sono affidati: a. Prima fondamentale decisione: spostare legalmente i fondi su paesi extracomunitari15 caratterizzati da indiscussa solidità e appoggiarli su banche solide. Difficile oggi capire quali banche apparentemente solventi potrebbero non reggere allo tsunami in arrivo. Qui c’è un rischio difficilmente eliminabile. È necessario farsi consigliare da un esperto affidabile. La ragione prioritaria per trasferire legalmente i fondi non è tanto quella di evitare più che verosimili aggravi 13 L’astratta suddivisione del patrimonio finanziario in due componenti ha un senso considerando non solo le possibilità, reali, che ancora esistono, che l’Europa possa farcela senza danni estremi, ma anche gli aspetti pratici, legati all’impossibilità, in molti casi, di delocalizzare completamente il patrimonio e, infine, all’insopportabile disagio che deriva dalla chiusura totale di posizioni realizzando grandi perdite. 14 La percentuale ovviamente dipende dalla propensione al rischio di ciascuno. 15 I fondi potrebbero essere anche trasferiti in Germania e depositati su banche tedesche. In questo caso, però, andrebbe valutata con la massima attenzione la solidità della banca. 7 b. della tassazione imposta dalle Autorità del paese comunitario di residenza, quanto piuttosto quella di mantenere la piena e totale disponibilità dei fondi se e quando dovesse avviarsi il processo di break up, cioè alla fine della “fase uno”. Sarà quella l’ora nella quale i governi dovranno di necessità imporre draconiani provvedimenti di repressione finanziaria per gestire la “fase due”, cioè il lungo purgatorio dalla moneta unica alle nuove divise nazionali. Il primo inevitabile provvedimento sarà quello di bloccare i movimenti internazionali dei capitali privati, impedendo di fatto ogni via di fuga. Questi fondi potranno essere detenuti in divise estere tendenzialmente “isolate” o che potrebbero trarre beneficio dalla fine dell’euro; il primo ovvio candidato è il Franco Svizzero, con il corollario delle divise dei paesi nordici, del dollaro Usa e di poco altro. Anche perché il breakup avrebbe conseguenze veramente imprevedibili a livello globale. Naturalmente se il portafoglio fosse gestito da un team di prudenti esperti potrà includere asset più diversificati e strategie più articolate. Qualche opportuna precisazione Tenendo presente la “legge di Murphy”16, in tempi estremi, rischi anormali si possono materializzare; senza l’ambizione di essere esaustivi, ricordiamo che: Si, le obbligazioni del tesoro italiano sono a rischio default, quindi potete perdere parte del capitale e/o vedere ridotti i redimenti a scadenza delle emissioni. L’ipotesi più verosimile non è tanto quella del default catastrofico, quanto piuttosto quella della ristrutturazione volontaria/negoziata del debito, finalizzata a ridurre il rapporto debito/pil dal 120 al 90%. In linea di massima, questo significa perdere mediamente un minimo del 30% del capitale investito. Naturalmente le modalità che dovessero essere scelte non saranno completamente neutrali in relazione alle singole emissioni di debito. (Questo è il motivo principale per cui la curva dei rendimenti è invertita: il debito con scadenza a breve termine, con prezzi di mercato più vicini al valore nominale di rimborso, tende a scontare un possibile taglio generalizzato del prezzo di rimborso di tutti i titoli). Si, le obbligazioni bancarie sono a rischio default, soprattutto come conseguenza di un default del tesoro, ma anche per eventi specifici legati al singolo emittente. Ovviamente qui diventa essenziale conoscere qual’è il grado di subordinazione delle obbligazioni (i diritti di priorità rispetto agli altri creditori in caso di fallimento); inoltre, rispetto ai titoli del tesoro le obbligazioni bancarie hanno un mercato che è già diventato totalmente illiquido, nel quale è quindi molto oneroso effettuare negoziazioni. Si, anche gli ETF possono diventare pericolosi: soprattutto quelli che replicano gli indici di riferimento acquistando strumenti derivati emessi da una controparte che può fallire, dando in garanzia un collaterale (di solito obbligazioni) che può rapidamente perdere valore o diventare invendibile. Sono da evitare, in particolare gli ETF che replicano i mercati obbligazionari europei. Si, anche i conti deposito sono a rischio potenziale: i rendimenti civetta che offrono sono molto inferiori a quelli che oggi dovrebbero pagare le stesse banche per 16 “Se qualcosa può andare storto, lo farà”! 8 finanziarsi sul mercato istituzionale; i depositi sono comunque investiti sui mercati interbancario e obbligazionario. Come e dove? Ricordarsi quindi che l’assicurazione sui depositi in Italia garantisce una copertura fino a 100.000 €. No, le azioni non sono il male assoluto: oggi il rischio relativo rispetto a molti investimenti obbligazionari si è ridotto e il potenziale di apprezzamento, sotto certe condizioni, può essere molto maggiore. Le valutazioni spesso sembrano attraenti. Ma i prezzi, in generale, o comunque sul mercato guida, quello americano, non scontano certamente il possibile Armageddon che configurerebbe il breakup dell’Euro, né scontano una più che verosimile recessione incombente. Le azioni, in particolare quelle americane, in generale quelle delle corporation globali esposte ai mercati ancora in crescita, forse quelle di qualche mercato emergente, rappresentano una buona opportunità solo se la crisi dell’euro troverà, alla fine, una soluzione accettabile. Se viceversa si andrà verso l’esito negativo, allora sarà finalmente possibile, per chi ne avrà ancora la possibilità, trovare l’entry point con valutazioni stracciate e cavalcare lo storico rally che potrà seguire. Ma siamo lontani da questo momento. Si, diversificare ma, come abbiamo scritto già in diverse occasioni, la diversificazione tradizionale non funziona più da tempo e, meno che meno funzionerà se si andrà verso la crisi finale dell’Euro. Molti dei tradizionali “risk safe asset” sono già da tempo barcollanti, a partire dai bund tedeschi. Anche l’oro, che rimane su fondamentali solidissimi e brillerebbe di luce propria anche in uno scenario post crisi fortemente inflazionistico, rischia dei possibili contraccolpi di breve termine se qualche banca centrale o grosso operatore finanziario in difficoltà decidessero di vendere le loro riserve. Post scriptum Il mondo non finirà con l’euro. E, tutto sommato, pensiamo che la fine dell’euro rimanga solo una possibilità, benchè non più remota, ma nemmeno così attuale come in tanti oggi sostengono. Vogliamo sbilanciarci e rischiare una previsione: quando mangeremo la colomba pasquale (come vedete, siamo aggressivi, andiamo oltre al classico panettone natalizio) l’Euro sarà ancora qui tra noi. Certo l’Eurozona ben difficilmente arriverà alla fine del 2012 senza perdere almeno un partecipante. E forse l’anno prossimo potrebbe arrivare anche una ristrutturazione controllata del debito italiano oppure quella storica megapatrimoniale, a cui abbiamo fatto cenno di recente. Tuttavia se tutto ciò dovesse avverarsi, il crollo finale dell’Euro sarà (probabilmente) solo rinviato nel tempo, sotterrato dalla consapevolezza collettiva che il prezzo da pagare per rimanere “in” è diventato troppo alto e gli svantaggi superano di gran lunga i benefici. Per evitare tutto ciò è rimasto pochissimo tempo. Si parla ancora di una nuova imminente occasione, quella del meeting europeo del prossimo 9 dicembre, per presentare finalmente un piano convincente di aggiustamento e modifica dei trattati europei da raggiungere firmando inizialmente accordi bilaterali. La BCE ha già garantito il finanziamento a medio termine del sistema bancario; potrebbe anche aprire la possibilità di sostenere con più convinzione il debito italiano presa visione degli imminenti provvedimenti in arrivo dal Governo Monti. Potrebbero arrivare gli Eurobonds, sia pure in una forma accettabile anche per la Merkel e la corte costituzionale tedesca. 17Potrebbe 17 Per una completa analisi delle opzioni ancora disponibili per evitare il disastro si veda The Economist “Is this really the end” numero del 26 novembre 2011. 9 arrivare un convincente sostegno dal Fondo Monetario Internazionale. Potrebbe…arrivare il miracolo. Tutto ciò significa che la partita non è ancora definitivamente persa, anche se, alla lunga, non si vede come il gap strutturale e crescente di competitività tra la Germania e gli altri possa essere bloccato e ridotto. C’è quindi ancora un po’ di tempo, poco, per prepararsi meglio al peggio. Questo avviso è il nostro modesto, anticipato, regalo di Natale. 10