PROSECCO l’Italiano che conquista il mondo [email protected] • www.casavinicolazonin.it La Storia Prosecco. Unico e inimitabile. Come il Palladio. La patria del Prosecco è il Nordest d’Italia, una regione resa famosa nel mondo anche da Andrea Palladio. L’eleganza dei suoi edifici pubblici, come chiese, ville e palazzi, da cinque secoli lascia un’impronta nell’architettura di tutto il mondo. Il Congresso degli Stati Uniti d’America, nel dicembre 2010, l’ha consacrato “padre” dell’architettura americana. Il suo stile, che trasforma la memoria in raffinatezza senza tempo, non nasce per caso. E proprio questo è lo stile del Prosecco. Le architetture di Palladio non si possono comprendere se non inserite nel territorio che le ha generate. Il vino racconta il medesimo paesaggio veneto. I suoi colori sono il bianco della pietra delle 3.500 ville storiche edificate fra Veneto e Friuli-Venezia Giulia; il rosso e ocra della natura d’autunno; il verde delle colline che dolcemente scendono verso la pianura; il blu della laguna di Venezia e del mare. Andrea Palladio, Villa Barbaro a Maser, Treviso. L’imperatrice Livia (58 a.c. - 29 d.c.) e il Prosecco “medicinale” È vicino a Trieste che va cercato un indizio per definire l’identità del Prosecco. La coltivazione della vite è introdotta nel nordest d’Italia dagli antichi Romani: questo territorio veniva chiamato la “X Regio - Venetia e Istria”. Durante il I sec. a.C., i Romani avevano completato l’opera di centuriazione della zona. Il territorio agricolo, cioè, era stato suddiviso tra accampamenti fortificati, città e terreni destinati all’agricoltura. Questi erano affidati, come premio, agli ex legionari, che prima di tutto piantavano la vite. Oltre duemila anni fa, dunque, dopo la scoperta in Grecia e Sicilia, dalla natìa Georgia, la vite si era diffusa nel Nordest d’Italia. Lo testimonia il poeta romano Publio Virgilio Marone, anche lui di queste terre. Nelle “Georgiche”, scritte nel 30 a.C. parla a lungo della coltivazione della vite selvatica, quella che da bambino aveva ammirato sul lago di Garda. Dominio Veneto - Joan Blaeu, Atlas Maior, 1622 2 La conferma della coltivazione del Prosecco giunge da Plinio il Vecchio, contemporaneo di Virgilio: lo storico, autore della “Naturalis Historia”, afferma che l’imperatrice romana Livia, moglie di Augusto, riconosceva il merito di aver raggiunto 82 anni grazie ad un vino che si produceva in prossimità dell’Istria. Esattamente “sulle Livia Drusilla - I secolo a.C. ripide balze che, poco oltre le foci Museo del Louvre del Timavo, dal castello di Duino, giungono sino alle porte di Trieste”. Ciò è quanto afferma il professore Giovanni Dalmasso, vissuto nella prima metà del secolo scorso, uno dei più autorevoli studiosi di viticoltura ed enologia in Italia e direttore della Scuola Enologia di Conegliano. Quel vino tanto caro all’imperatrice, la quale sosteneva che “nessun altro vino è più indicato per uso medicinale” si chiamava Pùcino, che era il “nonno” del Prosecco. È vero che, con lo stesso nome, nei secoli, è stato indicato anche un vino rosso, il Terrano del Carso triestino, quello che più genericamente si chiama Refosco. Ma il professor Dalmasso spiega che è un errore e dà credito al Villifranchi, che nel suo saggio del 1773 ricorda come “tra quelli (i vini) d’Italia era dai Romani infinitamente gradito il Pùcino, latinamente Puxinum, oggigiorno detto Prosecco che tutt’ora si raccoglie nel pendio del Monte di Contuel in faccia al Mare Adriatico, poche miglia da Trieste ...”. Un altro storico, il nostro contemporaneo Gianpiero Rorato, si allinea a questa tesi: ricorda gli studi di Dalmasso e le prove addotte, che ripercorrono cinquecento anni di storia. Dimostra che il Pùcino friulano-giuliano è il Prosecco. Tant’è vero che, alle porte di Trieste, esiste un paese che ha questo nome. 3 Origini veneto-friulane Da almeno due secoli, tuttavia, il Prosecco è legato alla Marca Trevigiana, che lo ha reso famoso affinando, grazie ad Antonio Carpené nel 1868, anche le tecniche di spumantizzazione. È accertato che a metà del XVIII secolo, mentre Carlo Goldoni a Venezia scrive le sedici commedie che ribalteranno la filosofia del teatro e Jean Jacques Rousseau in Francia pubblica i suoi “Pensieri”, nel Vicentino il Prosecco è talmente celebre e affermato da meritare la citazione in un dotto libro. E questa è la prima volta che compare questo nome nel Veneto, prima ancora che a Conegliano e Valdobbiadene. Il “melaromatico Prosecco” prodotto nei dintorni di Monte Berico, a Vicenza, dal canonico conte Jacopo Ghellini fu cantato ne “Il Roccolo”, ditirambo di Aureliano Acanti. Secondo queste rime, il vino era “un po’ fosco e sembra torbido”, ma di qualità sicuramente non inferiore a quella degli analoghi vini di altri paesi. Si tratta della prima segnalazione veneta del Prosecco. Aureliano Acanti (pseudonimo dell’abate berico Valerio Canati), nel suo libretto pubblicato a Venezia nel 1754, immagina che Bacco, giunto a Vicenza per insegnare agli uomini l’arte della viticoltura, si innamori della ninfa Calidonia (la ninfa delle risorgive, da cui il nome di Caldogno) e dal loro amore nasca il Bacchiglione, il fiume di Vicenza e Padova, il cui nome deriva dal dio Bacco. Il libretto di Acanti, commissionato per le nozze dei veneziani conti Ghellini, è decisivo per ripercorrere questa parte di storia del Prosecco. Ecco, nella pagina seguente, lo stralcio di alcuni versi. 4 “Ed or immollarmi voglio il becco con quel melaromatico Prosecco. Di Monteberico questo perfetto Prosecco eletto ci dà lo splendido nostro Canonico. Io lo conosco egli è un po’ fosco, e sembra torbido, ma pur è un balsamo sì puro e sano, che il Sanlorano il Fontignasco sol un Macacco sguaiato impazzito dir potria, ch’è il miglior vino del Prosecco del Ghellino”. ……. ……. Tanto val questo Prosecco Ch’io per me nol cambierei Coll’ambrosia degli Dei 5 Se la provincia di Treviso non è stata la terra in cui il vino ha avuto origine, da qui però il nome s’è diffuso ed è diventato sinonimo di spumante apprezzato in Italia e oggi conosciuto in tutto il mondo come unico ed inimitabile. Fino al termine del ‘700 il Prosecco non era mai stato nominato fra le vecchie varietà della zona. Solo all’inizio dell’ ‘800 Francesco Maria Malvolti, Accademico di Conegliano, ne annota la presenza “… chi non sa quanto squisiti siano i nostri Marzemini, Moscatelli, Prosecchi, Malvasie ed altri che in varie parti di queste colline si fanno…” Anche la Società Enologica Trevisana, fondata a metà dello stesso secolo da Antonio Carpenè e dall’Abate Felice Benedetti, cita il Prosecco come vino fine, emblematico e fortunatissimo delle colline di Conegliano e Valdobbiadene, che nasceva da un’uva non autoctona di quelle colline. E certamente fu il conte Marco Giulio Balbi Venier che selezionò e isolò, dopo il 1850, il tipo particolare di Prosecco detto più tardi Prosecco Balbi e ne iniziò la specializzazione della coltura e la sua coltivazione e vinificazione in purezza. In un aureo libretto del 1868, lo stesso Balbi Venier diceva testualmente di un suo podere “… tutto a vigneto, che piantai a viti prosecchi, più sicure ed ubertose di ogni altra qualità e che danno un vino bianco sceltissimo, pieno di grazia e di forza”. Uva “Glera” 6 Glera: un vitigno storico, legato al territorio L’ipotesi più accreditata sulla provenienza del vitigno Glera colloca la zona di origine a Prosecco (da cui il nome) in un paesino vicino a Trieste, da dove, con la denominazione di “Glera”, si sarebbe spinto poi sino ai Colli Berici e ai Colli Euganei (provincia di Padova). Si tratta, comunque, di un vitigno autoctono, italico, diffuso nella fascia nordorientale del Paese e con formidabile concentrazione nel Veneto e nel Friuli-Venezia Giulia (con le zone storiche di Conegliano e Valdobbiadene). Ampelograficamente il vitigno Glera è in realtà una “popolazione”, composta di diversi biotipi che fanno capo principalmente al Prosecco bianco ed al Prosecco lungo. Morfologicamente il Glera presenta un grappolo medio-grande, di forma piramidale, con acini medi o piccoli e buccia di colore giallo dorata, leggermente punteggiata. Agronomicamente predilige terreni non troppo asciutti, e teme sia la siccità estiva sia le gelate primaverili. Quando il paesaggio finisce in bottiglia Scrive Guido Piovene nel suo insuperato Viaggio in Italia: “Tutto il Veneto intimamente è la meno drammatica delle terre italiane… La civiltà del Veneto è piuttosto sentimentale, che significa appagamento e delizia in se stessi e perciò scarsa inclinazione a mutare …Lo si avverte anche dal paesaggio, dovunque presente nel Veneto come una persona viva”. Viva, perciò vivace, armonica, vitale: esattamente come una bottiglia di Prosecco. Ma cosa ha determinato questo Veneto? Furono i quaranta anni che cambiarono il mondo. Quel mondo compreso tra Vicenza e Udine, tra i Lessini e l’Adriatico. Tra il 1540 e il 1580 la Serenissima Repubblica affidò ad Andrea Pallado un compito che ancora oggi resta a testimonianza 7 della lungimiranza del governo veneziano e della genialità del grande architetto. Doveva il Palladio, su commessa dei Dogi, ridisegnare il paesaggio. Ma da quella trasformazione nacque anche il modello di sviluppo veneto con le ville inserite nel contesto rurale, con i corsi d’acqua e le strade che davano un senso armonico del territorio. Del resto lo stesso Palladio scrive: “ Il vero giardino è la natura e il mio giardino è ciò che vedo dalla finestra della mia casa. Quando costruisco la mia casa cosa vedo dalla mia finestra?”. Ecco la centralità della ruralità intesa come essenza e potenza della natura e come presenza e intelligenza dell’uomo. E’ questo il terroir del Prosecco, vasto e variato ma che ha un denominatore comune in quella sorta di paesaggio progettato che i Dogi affidarono al Palladio. Per comprenderlo Arco Bolani, Udine bisogna attraversare tutte le Andrea Palladio, 1556 terre del Prosecco. Dai Colli di Conegliano e Valdobbiadene fino alle antiche vigne romane di Aquileia. Ovunque la campagna è un disegno di architetture neoclassiche che traggono alimento dalle vestigia antiche, ovunque i corsi d’acqua delimitano con un confine liquido il contado dall’urbanizzato, ovunque il rincorrersi dei filari delle vigne è un reticolo poggiato sul tappeto della terra a disegnare arabeschi di fatica, d’intelletto, al fine di piacere. Così come la Serenissima plasmò tutte le sue terre al bello, così oggi il Prosecco è il tratto unificante di questo territorio e lo condensa nelle sue armonie di bouquet, nella gaiezza della sua spuma, nella assoluta confidenza ai sensi. In un calice di Prosecco si riconosce il biancheggiare nitido delle perdute forme delle ville palladiane di Vicenza, il fondo d’oro dei mosaici di Aquileia, il romanico di 8 Treviso, il gotico delle fortezze medievali dei colli di Conegliano. E ancora si sentono refoli montani e brezze marine, e profumi di pascolo e di bosco. Il Prosecco è un giardino palladiano nella sua intensa armonia e nella sua più profonda essenza è il vino che esprime – per dirla con gli stilnovisti – un intelletto d’amore. Amore per una terra che è ancora Serenissima, che è opima, che è operosa, che è un’opera d’arte. Una terra che è patrimonio dell’umanità con le ville palladiane del Veneto, ma è patrimonio della ruralità con la terra di Conegliano e delle province friulane, e diviene patrimonio della Storia a Treviso e si fa motore economico in un’area viticola di assoluta eccellenza. Ecco, il Prosecco si descrive attraverso questi elementi: storicità, tradizione, modernità e si iscrive in questo universo d’armonie. Di un paesaggio come lo volle Palladio: natura artefatta. Cioè fatta ad arte. Esattamente come il Prosecco che è natura che si fa prodotto: dunque universale e perciò attuale. Se il vino racconta il terroir, se esprime un paesaggio e una cultura come l’architettura di Palladio, qual è l’immagine delle terre del Prosecco? “È un paesaggio lievemente malinconico – risponde il giornalista Bruno Donati – è quella inafferrabile, elegante malinconia aristrocratica, vaporosa come seta, tutto il contrario del lusso volgare del villano arricchito, che deve ostentare le sue attuali possibilità economiche. Il biancheggiare delle ville palladiane ricorda una civiltà sempre viva, inquieta d’intrapresa. Una nobiltà nascosta per innato buon gusto nelle sue dimore che colorano di giglio, senza rumori né tripudio, con quell’incontrarsi pacato, il conversare sorridente, il gergo dialettale che fa capolino a ogni frase come spumeggiando. È un paesaggio fiabesco che ormai molti produttori di Prosecco sanno far affiorare nel bicchiere”. L’area sottesa al nuovo disciplinare di produzione abbraccia diverse province dell’Italia nordorientale, con caratteristiche paesaggistiche anche differenziate. Le aree vitate del Prosecco sono però spesso di elevatissimo valore “estetico”, oltre che 9 produttivo: è il caso di Vicenza e delle Ville del Palladio, in Veneto, riconosciute dall’Unesco già dal 1994 come siti facenti parte del Patrimonio Mondiale dell’Umanità. Lo splendore architettonico di queste zone ha radici lontane: nasce nel ‘500, che fu per Vicenza un secolo di grande rinascita delle arti e della cultura, grazie ad un lungo periodo di tranquillità sotto l’ala protettrice della Serenissima Repubblica di Venezia. Fu soprattutto il secolo di Andrea Palladio, artista che in questa città trovò la patria d’adozione. Considerato il più innovativo architetto del suo secolo e tra i più grandi di ogni tempo, produsse opere intrise di un classicismo e di una purezza mai eguagliata. Fra queste appunto le Ville Palladiane di Vicenza, simbolo di un’eleganza classica e moderna, uno stile perfetto, senza tempo, che funge da sfondo ideale all’immagine del Prosecco. Il Prosecco, infatti, è un vino innovativo e fortemente tradizionale al tempo, ben saldo nel suo passato ma energicamente proteso al futuro, da sempre conosciuto nel luogo di produzione ed oggi ricercato in tutto il mondo come prodotto giovane, anticonformista e dinamico. Andrea Palladio, Villa Almerico Capra, La Rotonda, Vicenza. 10 Il Prosecco e la sua nuova DOC Una complessa procedura di rivisitazione del disciplinare e delle zone di produzione ha portato, dal primo agosto 2009, ad ottenere la Doc “Prosecco” unitamente alle due Docg per le sottozone storiche di “Conegliano Valdobbiadene” e “Colli Asolani” o “Asolo”. Una copertura totale per la massima tutela del Prosecco, grande vino italiano. Era indispensabile avere questa copertura per difendersi dalle imitazioni. Il Prosecco nella sua recente storia ha infatti rischiato un eccesso di successo. La sua prepotente e inarrestabile ascesa nel gradimento dei consumatori di tutto il mondo ha innescato nei quattro continenti imitazioni, contraffazioni, continui tentativi di sfruttamento del cosiddetto “italian sounding” che rischiavano di confondere operatori e consumatori sia in Italia sia all’estero, danneggiando uno dei prodotti più apprezzati dello “stile italiano”. Per questo motivo il 17 luglio 2009 è stato approvato dal Ministero delle Politiche Agricoli Alimentari e Forestali il riordino della denominazione, e dunque anche dei disciplinari del Prosecco, che ha prodotto l’innalzamento dei controlli e delle garanzie, ma soprattutto sancito un cambiamento radicale: Prosecco infatti non è più il vino ottenuto dall’omonimo vitigno, ma il vino che nasce da un preciso territorio. Ne sono scaturiti due definiti livelli quali-quantitativi: l’attribuzione della Docg per le già citate sottozone storiche e la creazione di una DOC che comprende le province di Treviso, Trieste, Pordenone, Udine, Venezia, Belluno, Padova, Vicenza. Copyright per il nome Prosecco, vietate le imitazioni Serviva un marchio forte per difendere un vino inimitabile dai tentativi di contraffazione. E serviva dare un’origine certa al marchio e al nome Prosecco. A livello internazionale solo i nomi geografici sono opponibili come esclusivi. 11 Così per il Prosecco andava definito un toponimo che lo mettesse al riparo dagli imitatori. Insomma bisognava dare un nome, un cognome, una residenza a questo eccellente prodotto della nostra più raffinata capacità vitienologica. Errando si riteneva che Prosecco fosse il nome del vitigno da cui si ricava questo inebriante spumante. In realtà il vitigno da sempre si è chiamato Glera e solo per assonanza dialettale si era trasferito il vero identificativo ampelografico con quello gergale. Dall’agosto del 2009 si è finalmente fatta chiarezza: Prosecco, un piccolo borgo friulano, è la residenza di questo vino che prende il nome da queste terre della Serenissima, prodotto con uve Glera. E questa è l’esatta identità del Prosecco che poi viene declinato nelle sottozone storiche e negli areali di produzione della Docg e della Doc per coprire il territorio costituito dalle nove province del Veneto e del Friuli Venezia Giulia dove da tempo immemore si coltiva l’uva Glera: la madre del Prosecco. Ma per saperlo con certezza andiamo a leggere le antiche carte. Scrive Plinio del Domenichi (Venezia 1580): “Questo vino Pucino nasce in Prosecco non lungi del Timavo, nel contado di Goritia; ed è sottile, chiaro, lucido, proprio di color d’oro, odorifero et al gusto gratissimo. Ed oggi ancora i villani del Carso, chiamato già Lapidia, fanno fede delle parole di Plinio, i quali vivono lungamente perché bevono i vini simili al Pùcino”. E cos’era il Pùcino? Niente altro che il Prosecco. Una conferma?Nel 1950 Montanari e Ceccarelli sulla viticoltura e l’enologia nelle Tre Venezie scrivono sul vitigno Glera: “Questo vitigno, ad uva bianca, è alquanto coltivato nelle provincie di Gorizia e di Trieste. Da quest’ultima provincia dove è maggiormente diffuso nel territorio di Prosecco, il vitigno è stato importato nella provincia di Treviso, e quivi appunto favorevolmente conosciuto con il nome di Prosecco.” Ecco questi sono i natali del Prosecco, questa la sua identità. 12 Prosecco, un vino di successo in Italia e nel mondo Il Prosecco è uno dei pilastri della nostra economia. E non solo di quella agricola. La produzione è aumentata del 40% in soli cinque anni, l’export viaggia ad incrementi di due cifre. Il fatturato complessivo del Prosecco sfiora i 500 milioni di euro. La suddivisione del mercato vede, per le versioni spumante e frizzante, il mercato nazionale attestarsi sul 70% e l’export al 30%, con il mercato europeo che rimane comunque il principale sbocco. Nell’ambito dei mercati extraeuropei, aumenta la quota della tipologia spumante con un’incidenza che tende al 30% e risulta assai significativo l‘incremento del Nord America con oltre il 15% delle esportazioni totali. In termini di volumi esportati, si conferma il ruolo della Germania come mercato driver delle vendite rispetto a tutte le tipologie della denominazione. Per lo spumante, va segnalato anche l’aumento significativo delle vendite destinate a Svizzera e Regno Unito, dove il consumatore anglosassone vive il Prosecco come qualcosa di diverso dallo Champagne, ovvero un prodotto alternativo ma non imitativo, apprezzato perchè viene da una ben definita area geografica, sensorialmente assai gradevole e con un’immagine raffinata. La conquista del mercato globale da parte del prosecco è testimoniata dagli incrementi di vendita anche nei mercati potenziali come Russia, Brasile, Giappone e Australia dove la bottiglia di prosecco sta già diventando una categoria di prodotto. La famiglia Zonin celebra 190 anni di storia... Dal 1821 la famiglia Zonin è legata al mondo del vino e nel 2011 ha festeggiato i 190 anni di attività viticola nella zona DOC di Gambellara, un paese del vicentino dove l’uva più pregiata è ancora oggi la Garganega. Una storia secolare che si tramanda da sette generazioni nel cuore del Veneto. Queste le origini della famiglia Zonin, che controlla una delle più importanti realtà 13 vitivinicole italiane e tra le prime anche in ambito internazionale. “ Viticultori dal 1821 “. Sarà Domenico Zonin nei primi anni del XX secolo a dare una svolta alle attività della famiglia implementando sempre a Gambellara, dove ancora oggi si trova la sede storica, una nuova cantina di produzione con un moderno centro di imbottigliamento. Secondogenito di dieci fratelli, Domenico Zonin nacque nel 1899 da una famiglia di piccoli viticoltori e visse a cavallo di tre secoli fino all’età di 101 anni. A fianco di Domenico si forma Gianni Zonin, il nipote che studia enologia e che già a 29 anni assume la presidenza dell’Azienda. Su input dello zio, egli comincia a esplorare il mondo con gli occhi di chi vuole fare del vino un asset vincente della nostra cultura imprenditoriale e un emblema del nostro patrimonio ideale. Da quel momento la crescita non ha conosciuto pause e con questo amore per la terra e per la vigna Gianni Zonin, ha iniziato, con lungimiranza e competenza, un percorso di espansione che ha avuto come linea guida la qualità totale, la terra come generatrice del vino. Il tutto riassunto in una sorta di impegno morale prima ancora che imprenditoriale: dare valore alla terra, dare valore al lavoro, dare valore al vino. Da un decennio ha fatto ingresso la nuova generazione: i figli Domenico, Francesco e Michele, sono chiamati a continuare con successo la sfida dell’azienda nel mondo del vino. Oggi la famiglia Zonin possiede duemila ettari di vigne ed ha aziende agricole nelle sette regioni d’Italia a più alto valore aggiunto vitivinicolo -Veneto, Friuli, Toscana, 14 Piemonte, Lombardia, Sicilia e Puglia - oltre ad una significativa presenza negli Stati Uniti a Barbousville, Virginia. ... e nasce “Cuvée 1821”: prestigioso Prosecco DOC 190 anni di storia, uniti ai 2000 ettari di vigne in proprietà di cui 200 coltivati a Prosecco DOC , vanno festeggiati: è così che nasce l’esclusiva “Cuvée 1821”, dalle uve dei migliori vigneti di Glera della Famiglia Zonin e dalla continua ricerca dell’eccellenza enologica. Il Prosecco “Cuvée 1821” è una selezione che esalta le doti di questo vino spumante, puntando decisamente sull’eleganza e sul fruttato. È una bottiglia frutto di attentissime selezioni in vigna e in cantina, di una tecnica di spumantizzazione rispettosa della qualità delle uve ma anche del metodo tradizionale italiano di fermentazione in autoclave particolarmente adatto ad esaltare la freschezza e l’aromaticità. È una bottiglia che coniuga il valore della terra con il sapere tradizionale e le più attuali conoscenze tecnologiche. Esattamente il profilo del vero grande Prosecco: un vino storico dalla bevibilità attualissima, ora più che mai emblema delle migliori bollicine “made in Italy”. La “Cuvée 1821” è l’essenza più pura della produzione di Prosecco Doc della famiglia Zonin che intende così ricordare la prima bottiglia di Prosecco Zonin imbottigliata a Gambellara nell’anno 1966. È uno spumante di alta classe con toni fruttati e floreali al naso, un perlage di rara persistenza, un gusto pieno e al tempo stesso carezzevole, una lunghezza al palato invidiabile. È un Prosecco da tutto pasto: perfetto come aperitivo, inimitabile con primi piatti, cristallino nell’abbinamento con i crostacei, impeccabile con la cucina di mare come con le carni bianche. Un vino esclusivo che esalta il Prosecco e sintetizza armonicamente i valori della famiglia Zonin: fare grandi vini per la felicità di chi li degusta. Così dal 1821. 15 Prosecco doc SP UM AN T E B R UT uve Glera in purezza vinificazione e affinamento Le uve sono sottoposte ad una delicata pigiatura e ad una pressatura soffice per estrarre solo il mosto di migliore qualità. La fermentazione si svolge a temperatura controllata di 18°C per una frazione di mosto mentre il rimanente viene conservato a 0°C fino al momento della presa di spuma che avviene in recipienti adatti a mantenere una pressione di circa 5 atmosfere. colore Giallo paglierino chiaro luminoso. Spuma bianca e fine con perlage molto sottile. profumo Gradevolmente intenso, molto fruttato, aromatico con ricordo di fiori di glicine e mela renetta. sapore Fresco e di grande armonia con una leggerissima nota di mandorla dolce, tipica delle uve Prosecco. temperatura di servizio Va servito intorno ai 5-7°C. abbinamenti gastronomici È il vino per eccellenza dell’aperitivo. Quando il menù propone piatti leggeri e delicati può accompagnare l’intero pasto, dessert compreso. gradazione alcolica 11% in volume. produttore Casa Vinicola Zonin S.p.A. Via Borgolecco, 9 36053 Gambellara - Vicenza Tel. 0444 640122 - Fax 0444 640203 e-mail: [email protected] www.casavinicolazonin.it PROSECCO l’Italiano che conquista il mondo [email protected] • www.casavinicolazonin.it