Scuola di Sistema Confartigianato Imprese
Grottaferrata (Roma)
27-28 giugno 2012
Le reti di imprese e i processi di
internazionalizzazione
Enzo Rullani
Venice International University, Tedis
Laboratorio Network RLN, Venezia
t.Lab CFMT, Milano
Capire la crisi
per uscirne prima e meglio di altri
ANATOMIA DI UNA CRISI
La crisi non nasce solo da errori o contingenze sfavorevoli:
sarebbe molto facile trovare rimedi che la curano, se così fosse
In superficie, tocchiamo con mano due problemi cronici, che
marciscono da anni e a cui non si e’ ancora trovata risposta:
- l’eccesso di debito, dovuto specialmente al deficit spending
dello Stato e dunque alla bulimia della politica, specie in certi
paesi;
- l’eccesso di speculazione finanziaria che fa lievitare le
aspettative sul futuro per scommetterci su, spesso barando al
gioco, cosicchè ogni boom prepara il successivo sboom
In realtà, ci sono tre cause strutturali che vanno ben oltre:
1.
2.
3.
Un aumento vertiginoso della INTERDIPENDENZA NON
GOVERNATA;
L’esplosione di SQUILIBRI COMPETITIVI globali;
l’INSOSTENIBILITA’ dei molti processi dissipativi messi in
movimento dagli automatismi nei vari campi
SE IL MONDO DIVENTA COMPLESSO, BISOGNA
IMPARARE A VIVERCI IN ALTRO MODO
La crisi non è una malattia da cui si guarisce e tutto ricomincia
come prima: è il segno attraverso cui emerge un nuovo modo di
funzionare del paradigma emergente:
IL CAPITALISMO GLOBALE DALLA CONOSCENZA
In questo nuovo paradigma bisogna correggere le tre crisi con
rimedi diversi e complementari:
1.
INSTABILITA’: dare forma organizzata alla flessibilità
nelle filiere, nei territori, nei rapporti con la finanza e col
fisco con la CONDIVISIONE degli investimenti e dei rischi
2.
COMPETITIVITA’: aumentare di molto la produttività
(valore per ora lavorata e per euro investito) con una
NUOVA ECONOMIA DELLA CONOSCENZA
3.
SOSTENIBILITA’: rigenerare le premesse (ambientali,
sociali, cognitive) della crescita, in modo che possa durare,
costruendo soggetti collettivi che correggano
RIFLESSIVAMENTE gli automatismi dissipativi della
modernità
La domanda di fondo: CRISI O TRANSIZIONE?
• Ciò che farà la differenza – tra dieci o venti anni – sarà la
capacità di persone, imprese e territori di fare
INVESTIMENTI A RISCHIO che scommettono sul
proprio futuro
• L’atteggiamento ATTENDISTA alla lunga non paga,
perché gli investimenti devono rimediare ad un gap di
competitività (e di produttività) rispetto ai nuovi
concorrenti low cost
• C’è differenza tra crisi e transizione: la prima suggerisce
l’idea di ripristinare l’equilibrio pre-crisi come obiettivo
da realizzare; la seconda induce invece ad usare la crisi
come transizione verso un nuovo paradigma
produttivo, un nuovo modo di generare valore
La crisi è un cantiere in cui si de-costruisce il
vecchio edificio e con quei materiali si ricostruisce il nuovo
•
LA CRISI NON SEGNA SOLO CROLLO DEL VECCHIO
SISTEMA, E’ ANCHE IL PERCORSO ATTRAVERSO
CUI SI COSTRUISCE IL NUOVO
La crisi dei paesi ricchi coesiste con un fortissimo ritmo
di crescita dei paesi emergenti (BRIC e dintorni) = è
un fenomeno dualistico, di destabilizzazione indotta
dagli squilibri tra due motori diversi dello sviluppo;
•
La crescita dei BRIC continuerà a prescindere dalla
nostra crisi perché è mossa da un imponente flusso di
conoscenze codificate che si sposta nel mondo alla
ricerca dei paesi che hanno un minor costo dei fattori
•
I paesi ricchi devono investire a rischio in intelligenza
•
Il processo durerà decenni, perché ci sono grandi
riserve di lavoro a basso costo nel mondo da
saturare, e perché la molla dello sviluppo in questo caso è
interna (l’uscita dalla povertà)
Questo processo è in grado di generare un ENORME
POTENZIALE DI VALORE che si traduce genera ogni
anno in un grande SURPLUS (per le differenze di costo e
per i maggiori moltiplicatori della conoscenza)
A CHI VA IL SURPLUS GENERATO DALL’EMERGERE
DEL CAPITALISMO GLOBALE DELLA CONOSCENZA?
• in parte (ma solo in parte) va ai paesi emergenti = alle
loro imprese, ai loro lavoratori, ai loro Stati, alle loro
banche
• in parte va alle multinazionali che attivano e sfruttano i
vantaggi del flusso di conoscenze trasferite nelle nuove
filiere globali (macchine, investimenti diretti, costruzioni,
nuovi mercati di consumo)
• in parte va ai consumatori dei paesi ricchi e agli
acquirenti industriali che possono comprare
componenti, lavorazioni, macchine, prodotti a basso prezzo
NELLE NUOVE FILIERE GLOBALI ESISTE UN GRANDE
POTENZIALE DI VALORE DA INTERCETTARE E
DISTRIBUIRE IN BASE AL POTERE CONTRATTUALE
DI CUI SI DISPONE per cui:
1. Il surplus si concentra nelle fasi (imprese, lavoro, luoghi)
in cui è presente la conoscenza generativa
(intelligenza in azione) necessaria a produrre nuova
conoscenza e a gestirne la moltiplicazione replicativa
2. Questo rende incerto il futuro destabilizzando i valori
finanziari e facendo esplodere il RISCHIO DEL
FUTURO = il vero fulcro intorno a cui ruota la crisi
attuale (non la domanda, non la distorsione politica)
Reti di impresa
OGGETTO OSCURO DEL DESIDERIO
PERCHE’ PARLIAMO DI RETI?
La rete di imprese è una forma stabile di
collaborazione per cui diverse imprese portano
avanti un progetto comune sfruttando le loro
complementarità, senza rinunciare alla propria
autonomia imprenditoriale
OBIEZIONI:
 non sono una novità, quando serviva le
abbiamo praticate da sempre (cooperative,
consorzi, ATI, joint ventures, catene stabili di
fornitura nell’indotto della grande imprese o nei
distretti industriali)
 l’individualismo italiano (e soprattutto
imprenditoriale) le ha ridotte ad una soluzione di
second best: prima viene il fai-da-te e da solo,
se puoi
SE OGGI PARLIAMO ANCORA DI RETI O
PARLIAMO DI NUOVI MODI DI STARE IN
RETE E’ PERCHE’ …
BISOGNA SCALARE UN MURO
E CI SERVE UNA SCALA
LA RETE CI FORNISCE UNA SCALA DA USARE A
QUESTO SCOPO
 Non importa se la scala ci piace poco, è difficile
da realizzare, ha qualche scalino da mettere a
punto
 Non importa se alcuni non vedono il muro e
altri non hanno intenzione di investire e
prendere i rischi necessari per scavalcarlo
 Oltre il muro non c’è solo il superamento della
crisi, ma un nuovo paradigma produttivo
dotato di grandi potenzialità di espansione e
valore
IL MURO: comparazione dei livelli salariali tra
diverse aree concorrenti nel mondo post-2000
Svezia
Germania
Giappone
USA
Francia
28,7
27,1
24,4
24,3
20,9
Portogallo 6,0
Turchia
5,2
Rep. Ceca 4,5
Ungheria 4,3
Argentina 4,1
ITALIA
18,0
Brasile
3,4
Spagna
16,7
Messico
3,0
Corea
16,4
Polonia
2,5
_____________________________________
__
Cina
2,0
Sudafrica 2,2
Romania
1,7
Marocco
2,1
India
0,5
Tunisia
1,5
* salari orari pagati da una nota multinazionale che opera in 23
paesi diversi (Zaghi, Nomisma 2004)
LA SCALA
Lo svantaggio strutturale nei costi dei fattori è
destinato a pesare sempre di più man mano che i
paesi low cost attraggono le conoscenze
trasferibili e imparano a loro volta, investendo
il surplus ottenuto: è quello che sta accadendo e
accadrà nei prossimi 50 anni
Riguarda tutti i settori e tutti i luoghi: non ci
sono nicchie che possano rimanere per sempre al
riparo, conservando gli attuali livelli di reddito
Il rimedio (la scala) può essere solo trovato sul
terreno della produttività (valore per ora
lavorata e per euro investito), realizzando un
differenziale di pari entità e capace di crescere
man mano che i concorrenti attuali apprendono
Si può trovare in un solo modo
INVESTENDO IN CONOSCENZA E FACENDOLA
RENDERE: LA RETE SERVE A QUESTO
CI SONO TANTE FORME DI RETE
QUELLE CHE CI SERVONO SONO QUELLE CHE AUMENTANO DI
QUALCHE ORDINE DI GRANDEZZA
IL VALORE GENERATO DAGLI INVESTIMENTI IN
CONOSCENZA FATTI DA CIASCUNO
In che modo?
- usando diversamente la conoscenza disponibile, in
modo da sfruttare i vantaggi della
complementarità (la conoscenza non si
consuma con l’uso e dunque è una risorsa
moltiplicabile)
- dividendosi il lavoro e l’investimento richiesto
per produrre nuova conoscenza
- aumentando la capacità della piattaforma di
competenze e risorse messe al servizio di un
progetto complesso
- accrescendo la massa critica nei confronti di
clienti, fornitori, banche e pubblica
amministrazione
SI STA INSIEME NON PER AMORE, O PER DOVERE,
MA PERCHE’ E’ CONVENIENTE: AD ESEMPIO ..
Due imprese che si mettono in rete possono:
- Ridurre del 50% l’investimento e il rischio
assunto, specializzandosi reciprocamente
- accedere in tempi rapidi e in modo mirato
alle competenze che servono scegliendo la
«via alta» della competizione, invece che quella
bassa della concorrenza di costo
- aumentare del 100% il bacino di uso (e il
valore) delle proprie competenze, visto che le
usa anche il partner
- co-innovare col committente, col fornitore e con
la pubblica amminitrazione in campi difficili
- condividere in uno spazio affidabile le
eccedenze cognitive di ciascuno (rete tra
imprese, comunità professionali, comunità di
consumo)
Ma anche se abbiamo la scala ….
PER INVESTIRE SUL FUTURO,
BISOGNA CREDERCI
e poi sapere come fare per giocare
al meglio le proprie carte
L’ITALIA NON E’ TAGLIATA FUORI DALLE
NUOVE FORME DELLO SVILUPPO
- viviamo in un mondo che diventa sempre più complesso
(vario, variabile e indeterminato) = dove gli automatismi
(tecnologia, macchine, modelli matematici, mercati, calcolo,
procedure) non funzionano, entra in campo l’intelligenza
fluida degli uomini
- il futuro instabile ci espone a rischi crescenti = il capitalismo
dell’impresa diffusa distribuisce investimenti e rischi
tra qualche milione di imprenditori, non lo concentra in
poche mani, non lo delega alla finanza speculativa
- la piccola impresa ha imparato dalla sua debolezza ad
accettare di dipendere da altri (il mercato, la tecnologia,
ecc.) che non ha il potere di controllare = sa ascoltare e
adattarsi
MA HA ANCHE UN DEFICIT DI
ORGANIZZAZIONE=individualismo E DI
PROIEZIONE SUL FUTURO POSSIBILE =
tradizionalismo, sapere pratico e informale,
localismo
IL NUOVO PARADIGMA DELLA PRODUZIONE post
2000
1.
2.
3.
4.
Lo tsunami che sta cambiando il volto del sistema
produttivo mondiale è l’emergere del
CAPITALISMO GLOBALE DELLA CONOSCENZA
caratterizzato da:
un flusso imponente di conoscenza replicabile
(codificata, meccanizzata, copiabile)si sposta dai paesi
sviluppati (high cost) ai paesi emergenti (low cost)
I paesi ricchi sono «condannati» a riposizionarsi o
forzando il ritmo dell’innovazione o sfruttando in
prima persona il processo di globalizzazione
Per farlo devono investire risorse crescenti nella
conoscenza generativa (esplorazione del nuovo,
relazioni), ad altro rischio e tempi lunghi di ritorno
Outsourcing, alleanze e investimenti diretti all’estero
creano filiere globali, rivoluzionando le catene di
fornitura in tutti i paesi, anche in Italia
LA FILIERA E’ DIVENTATA IL NUOVO
ORGANISMO PRODUTTIVO
Nel fordismo (1900-1970), la regola è la massima
integrazione verticale possibile (massimo
controllo) = l’organismo produttivo è l’impresa
che ricorre ai fornitori esterni per funzioni non
strategiche da ottenere al minimo costo
Quando si sviluppa il capitalismo flessibile (19702000) aumenta l’outsourcing e si sviluppano
catene stabili di subfornitura nei distretti industriali
(specializzati in specifici settori) = l’organismo
produttivo diventano le filiere territoriali
Dal 2000 in poi, con l’avvento del capitalismo
globale della conoscenza, i vantaggi
competitivi passano alle filiere globali (multilocalizzate)
IN ITALIA LE MEDIE IMPRESE ACQUISTANO
ALL’ESTERNO IL 79% DEL VALORE CHE VENDONO AL
CLIENTE (COME FATTURATO)
LA RETE SERVE A RIPOSIZIONARE LE
IMPRESE DELLA FORNITURA E DEI
PRODOTTI DEL MADE IN ITALY
COME?
1. Creando idee originali, che vengano incontro ai
desideri latenti o espliciti degli utilizzatori (fino al
consumatore finale) e che siano, al tempo stesso,
riconoscibili e moltiplicabili negli usi;
2. Costruendo reti che consentano di sfruttarle
allargando il bacino degli usi e interagendo
in modo affidabile con clienti e fornitori anche
lontani,
Le reti sono per le pmi una RISORSA ABILITANTE che
aumenta le competenze disponibili, riduce i costi, i rischi e i
tempi necessari per fare cose NUOVE E DIFFICILI, che
vanno oltre le capacità della singola azienda
1.
CREARE IDEE ORIGINALI E
MOLTIPLICABILI
ovvero
INNOVARE CHE PASSIONE
L’innovazione di oggi è diventata più difficile e
complessa che in passato
LE DUE FONTI DEL VALORE, OGGI
PER ACCRESCERE IL VALORE PRODOTTO DALLE
IMPRESE E DAL LAVORO ISOLARSI NON SERVE
Bisogna invece intercettare e sfruttare l’energia
delle due forze che stanno plasmando il mondo di
oggi:
1. La forza generativa delle innovazioni di
worldmaking (“creazione di mondi” attraverso
nuovi significati e nuove tecnologie) = nuovo
significato dell’innovazione
2. La forza moltiplicativa della sempre più
estesa condivisione della conoscenza (ogni
ri-uso della stessa conoscenza si crea un valore
aggiunto a cui non corrisponde un costo
equivalente) = nuovo significato delle
economie di scala
INOLTRE: NON BASTA MASSIMIZZARE LA
«TORTA» DEL VALORE PRODOTTO
• BISOGNA anche riuscire ad intercettare e avere una
adeguata FETTA DEL SURPUS DI FILIERA (valore
creato meno costi necessari di produzione)
• La distribuzione del surplus di filiera dipende dai
prezzi interni di trasferimento tra i diversi
operatori (dal prezzo pagato dal consumatore finale ai
prezzi delle forniture e dei servizi)
• questi prezzi tendono al minimo (ossia alla copertura
dei costi soltanto) se un operatore di filiera svolge una
funzione altamente SOSTITUIBILE
• Per avere accesso al surplus occorre dunque rendersi
INSOSTITUIBILI in questo processo, in modo da
avere un ruolo attivo nell’evoluzione della filiera e un
potere contrattuale nei confronti dei committenti
Primo step: CREARE NUOVI MONDI
1. Il worldmaking passa per innovazioni di sistema o di
grande impatto che cambiano il modo di vivere o di
lavorare di molte persone
2. Siamo passati dal MONDO DEI BISOGNI (dati e
standard) a quello dei DESIDERI (che vanno costruiti e
sono differenziati)
3. Il valore dei beni è in molti casi legato più al significato
(desideri, esperienze) che alla prestazione fisica di per
sé, in termini di risposta ai bisogni
4. La scienza, i media e internet propagano le idee nel
mondo, più rapidamente di quanto si possa fare con i beni
fisici
5. Questa propagazione delle idee che generano un effetto
di world making aggiunge ai moltiplicatori del ri-uso i
moltiplicatori dell’esplorazione, protesi verso lo
spazio del nuovo e del possibile
Il valore oggi dipende in gran parte dalla
qualità delle IDEE, dei SIGNIFICATI, delle
ESPERIENZE e dei SERVIZI
•
•
•
•
•
•
•
•
•
•
•
•
FONTI immateriali DEL VALORE
che catturano gran parte del valore nelle
filiere globali
scienza, tecnologia
concezione del prodotto
gestione degli acquisti
controllo di qualità
logistica
progettazione,
design
comunicazione, marchi
commercializzazione
garanzie
servizi al cliente
finanza
Secondo step: CONDIVIDERE PER
MOLTIPLICARE
 Le razionalizzazioni efficientistiche servono ma possono
aumentare la produttività di poco
 Le macchine possono essere rinnovate ma non fanno la
differenza perché i produttori low cost le possono comprare
anche loro
E ALLORA? C’E’ UN’UNICA RISPOSTA:
USARE IL POTERE MOLTIPLICATIVO DELLA
CONOSCENZA che
1. Non si consuma con l’uso
2. Ha un costo di riproduzione zero o comunque
basso (rispetto al costo di produzione iniziale)
SE IL BACINO DI USO PASSA DA 1 A 10, DA 100 A 1000, DA
1000 A UN MILIONE
IL VALORE PRODOTTO CRESCE DI ALTRETTANTE
VOLTE SENZA UNA CORRISPONDENTE CRESCITA DEL
COSTO
I MEZZI CHE AUMENTANO I
MOLTIPLICATORI
1. .Internet (web dialogico 2.0, “fine della distanza”,
communities)
2. la globalizzazione (grandi numeri di ri-uso, differenze
tra paesi, outsourcing nelle filiere globali)
3. La smaterializzazione del valore (conoscenze
“liberate”, significati condivisi, servizi personalizzati e
interattivi)
GRANDI MOLTIPLICATORI
=
GRANDE INTERDIPENDENZA
Il problema è come gestire l’interdipendenza sempre più
grande che nasce dalla condivisione
Terzo step: PROTEGGERE IL PROPRIO
SISTEMA DEL VALORE
 Il mercato e la gerarchia (due forme tradizionali di
organizzazione del sistema del valore) non sono efficaci nel
proteggere il valore per ragioni diverse (il mercato non paga
la conoscenza, la gerarchia la fa costare troppo)
 Le forme collaborative (tra cui le reti) sono efficienti nel
ridurre i costi e aumentare il valore della «torta» complessiva,
ma possono essere anche affidabili nel governare gli usi che
se ne fanno e nel distribuire il reddito conseguenti
 Ci possono essere molte forme collaborative diverse:
licenze di uso (per brevetti, copyright, marchi), joint
ventures e srl di scopo, ATI, alleanze tecnologiche,
linee stabili di fornitura, consorzi o cooperative,
contratti di rete
Sono sempre importanti in questi casi le ragioni che rendono
affidabile il comportamento altrui: fiducia, impegni
vincolanti, scambio di ostaggi, investimenti network
specific e infine …. reciprocità e dono
COME CAMBIA LA CATENA DI FORNITURA
 Nel nuovo contesto competitivo i fornitori a monte non hanno
accesso a due chiavi fondamentali nella creazione di valore
della filiera: l’interazione col consumatore finale (per il
consumatore finale); la riconoscibilità del loro apporto
(per risultare insostituibili)
 Devono comunque innovare per presidiare questi due aspetti,
senza dimenticare però che il primo ad essere pressato dalla
nuova concorrenza globale è il committente, che deve
tener dietro alla crescita del worldmaking e dei moltiplicatori
 Il committente si trova per questo a dover gestire una
complessità crescente che vorrebbe volentieri delegare a
qualcuno scelto come fornitore di primo livello
 Il ruolo del fornitore di primo livello diventa dunque quello di
contribuire con le sue competenze e idee alle innovazioni
del committente, diventando così insostituibile
 Per gestire al complessità delegata dal committente il
fornitore di primo livello dovrà anche dotarsi di una propria
rete di fornitori di secondo e terzo livello
2.
COSTRUIRE RETI
andando oltre i confini della prossimità
e dell’informalità
LA PICCOLA IMPRESA E’ GIA’ UNA RETE INFORMALE
INFATTI ESSA NON E’ SOLO PICCOLA MA …….
FA PARTE DI UN SISTEMA PIU’ GRANDE (distretto, catena
di fornitura, sistema territoriale) DA CUI PRENDE UNA
PARTE FONDAMENTALE DELLE SUE RISORSE
Infatti:
1.
lavora in filiera, con altri specialisti, di grande e piccola
dimensione, del manifatturiero e dei servizi
2.
prende dal territorio le sue conoscenze e relazioni
(capitale sociale, imitazione, lavoro qualificato, servizi)
3.
mobilita le persone, mettendo le relazioni familiari e
interpersonali al servizio della produzione
OGGI QUESTE RETI NON BASTANO PIU’ E DEVONO
ESTENDERSI IN SENSO TRANS-TERRITORIALE E TRANSSETTORIALE CERCANDO INTERLOCUTORI NUOVI
LA PICCOLA IMPRESA OGGI TENDE A
TRASFORMARSI IN IMPRESA RETE
La piccola impresa che ereditiamo dal passato si appoggia ad
una rete locale e lavora con conoscenza informale,
incorporata nelle trasformazioni manifatturiere (macchine)
di oggetti materiali (prodotti)
•
La rete locale deve diventare globale e multilocalizzata
•
la conoscenza informale deve appoggiarsi ad una serie di
linguaggi formali (ingegneria, informatica,
management, contabilità, diritto, estetica ecc.) e
produrre risorse immateriali (marchi, reti commerciali,
ricerca, sistemi ERP, CRM, circuiti logistici e di
servizi)
L’IMPRESA RETE NON E’ SOLO UN MODELLO DI PICCOLA
IMPRESA MA ANCHE DELLA GRANDE (IMPRESA
ESTESA)
LA RETE HA UNA BASE TECNOLOGICA, MA E’
SOPRATTUTTO UN MODO PER ESPLORARE INSIEME IL
NUOVO E IL POSSIBILE
La rete è un modo di produrre che usa l’intelligenza fluida e i
legami che le rendono capaci di interagire con: le altre
imprese, i lavoratori della conoscenza, i consumatori, i
finanziatori, il territorio
Le piccole imprese possono essere moderne e usare bene la
conoscenza se si attrezzano per usare la loro risorsa chiave:
l’intelligenza distribuita in tanti nodi diversi e
differenziati
Oggi le ICT sono lo strumento necessario, SPECIE PER LE
PICCOLE IMPRESE, per mettere in rete le idee, cercare
consumatori potenziali, costruire filiere, allargare il bacino di
uso delle proprie soluzioni consentendo il coordinamento a
distanza
MA QUESTA RIMANE PER ORA UNA POTENZIALITA’, NON UNA
RISORSA GIA’ DISPONIBILE
Che cosa è in sostanza una RETE: la trama su cui la
conoscenza si propaga
COMUNICAZIONE
LOGISTICA
interpreta la
conoscenza che cambia
contesto
Trasferisce la conoscenza
nello spazio e nel tempo
Linguaggi, significati e codici
condivisi
Trasporti, Stocks, ICT,
Internet
GOVERNANCE
Regola i diritti e i doveri
dello scambio o della
condivisione
Diritti di proprietà, contratti, consorzi, fiducia,
reciprocità, dono
A COSA SERVONO LE RETI IN TERMINI DI ECONOMIA
DELLA CONOSCENZA
La rete è un sistema stabile di collaborazione tra imprese che
consente ai singoli nodi (persone o imprese) di mantenere la
propria autonomia decisionale ma al tempo stesso di:
• Specializzarsi reciprocamente aumentare il bacino di uso delle
conoscenze di ciascuno
• Abbattere i costi e i tempi di accesso alle conoscenze che
servono per portare avanti innovazioni complesse
• Co-innovare usando competenze diverse distribuendo
l’investimento e il rischio tra più soggetti
• Condividere le conoscenze in un ambiente reciprocamente
affidabile
• Espandere il bacino di uso di una buona idea da un luogo
all’altro, da un settore all’altro, da un’applicazione all’altra
La RETE è una forma di divisione del lavoro conveniente ma
richiede che ciascuno accetti di dipendere dagli altri per aspetti
essenziali del suo processo di produzione del valore
LA RETE: UNA STORIA CHE VIENE DA LONTANO
1.
La rete è una forma organizzativa della produzione che – con i suoi
legami di interdipendenza - occupa la Terra di Mezzo tra
MERCATO (perfetta indipendenza tra venditore e compratore) e
GERARCHIA (perfetta dipendenza da un centro di comando che
coordina tutti)
2.
Una volta si pensava che la collaborazione tra imprese fosse
soltanto collusione tra concorrenti che avrebbero dovuto rimanere
reciprocamente estranei. Poi si è capito che in certi campi la
collaborazione è necessaria per avere soluzioni efficienti
3.
Al tempo del fordismo, le collaborazioni tra imprese prendevano la
forma delle ATI (associazioni temporanee in genere per rispondere
ad una gara di appalto) dei consorzi o delle cooperative di
secondo livello (tra cooperative), essendo il consorzio una impresa
vincolata ad agire per il vantaggio del socio (e non di sé stessa)
4.
La impresa fordista ha “fatto rete” attraverso le forme a gruppo
(stesso centro di comando, differenziazione delle società e
autonomia delle stesse) che possono identificare divisioni
diverse o fasi diverse della stessa filiera: ma non sono autonome
5.
Nelle multinazionali hanno preso forma gruppi internazionali
formati dalle diverse filiali nazionali, ma anche in questo caso
l’autonomia è limitata dall’unità del centro di comando
LA RETE POSTFORDISTA E LE SUE PROMESSE
Reti post-fordiste sono reti che hanno avuto un grande sviluppo
dopo il 1970. Esse sono basate sullo sviluppo di collaborazioni
stabili tra imprese che rimangono autonome:
•
L’impresa estesa che rinuncia all’autosufficienza fordista,
costruendo joint ventures tecnologiche o di mercato, alleanze
non azionarie, licenze brevettuali che impegnano ad allineare i
comportamenti di chi cede la licenza e di chi la acquista
•
Le catene di fornitura che praticano l’outsourcing in forma
stabile e ricorrente, dando luogo ad un sistema articolato di
fornitori che assicura ai committenti le lavorazioni conto terzi, la
componentistica, i servizi, le conoscenze di cui hanno bisogno
•
I distretti industriali sono formati da reti di specialisti delle
diverse competenze e lavorazioni di un settore che, in risposta al
mercato, danno luogo a filiere flessibili e creative, che possono reinventarsi e dilatarsi (per imitazione) giorno per giorno
•
Le 4.000 medie imprese italiane usano l’outsourcing in modo
stabile e massiccio (79% del fatturato per acquisti di materia
prima, energia, componenti, lavorazioni, servizi, conoscenze fa
fornitori in gran parte stabili) = imprese capofiliera
OGGI, LA RETE SERVE PER ARRICCHIRE IL PRODOTTO E
DILATARE LA COMPLESSITA’ GOVERNABILE
1.
Oggi le nuove reti nascono dalla necessità di mettere insieme
competenze diverse per fare cose nuove e difficili (andare all’estero,
aprire un nuovo campo di applicazione, cercare soluzioni originali con la
ricerca, fare marchi comuni ecc.) che le singole imprese non sarebbero
capaci di fare da sè o sarebbero troppo lente nel farlo
2.
La rete serve se le imprese, una volta insieme, non continuano a fare le
stesse cose (come accadeva nei consorzi), ma si specializzano in
competenze e funzioni complementari, riducendo così l’investimento
singolo e condividendo il rischio del risultato in valore ottenuto dalla
collaborazione
3.
La rete serve anche a far crescere le persone e le competenze
interne dell’impresa senza perderle, perché le unità più dinamiche possono
dar luogo a spin offs che danno loro autonomia, rimanendo
collegati
4.
Le reti sono la risposta organizzativa all’esigenza di arricchire il prodotto
per sottrarlo alla concorrenza di costo da parte dei nuovi competitors
emergenti.
5.
Per arricchire il prodotto bisogna aderire al modo di pensare dell’user e,
scendendo nella filiera, del consumatore finale. Che, pensando alla casa,
al cibo, all’abbigliamento, allo stile di vita non si sofferma sui singoli “pezzi”
del mosaico, ma guarda alla sua esperienza emotiva e simbolica del
servizio ottenuto e al significato di insieme che ne ricava.
LA TENDENZA: RENDERE PIU’ IMPEGNATIVE LE RETI
INFORMALI PER FARE COSE PIU DIFFICILI E
COMPLESSE
1.
Il sistema della pmi italiana è ricco di reti informali che esistono
di fatto (nelle filiere, nei territori e nelle relazioni interpersonali),
ma ha anche una grande esperienza di reti formali (consorzi,
cooperative, Associazioni Temporanee di Impresa, joint ventures
ecc.)
2.
Distretti industriali e catene di subfornitura sono reti
informali, legate ai vantaggi della prossimità e del coordinamento
diretto. Oggi la divisione del lavoro tra i nodi fa fatta a scala
internazionale e in presenza di forme complesse di
coordinamento. Si possono fare investimenti e assumere rischi
che dipendono dal comportamento altrui solo se c’è una garanzia
3.
Oggi le reti informali hanno bisogno di riconoscimento giuridico
per impegnare i soci reciprocamente quando si tratta di fare cose
nuove, difficili e che richiedono investimenti consistenti. E’ stato a
questo proposito varato da poco il contratto di rete, legato ad
un progetto condiviso a cui si dedica un patrimonio e un sistema
di governance unitaria che (si spera) sarà riconosciuto anche dai
terzi e dalla Pubblica Amministrazione a tutti gli effetti
LA FORMA GIURIDICA E’ IMPORTANTE PER FARE PASSI
IMPEGNATIVI
Le risorse connettive possono essere presenti come “capitale
sociale” ad accesso gratuito o quasi (distretti) ma in certi casi
vanno invece create con investimenti importanti e con
l’assunzione di rischi condivisi
LA FORMA GIURIDICA IN QUESTI CASI CORRISPONDE ALLA
NECESSITA’ DI ORGANIZZARE IN MODO AFFIDABILE LA
CONDIVISIONE DELL’INVESTIMENTO E DEL RISCHIO
Ma spesso la formalizzazione del rapporto arriva dopo un iter di
reciproca conoscenza che ha creato affidabilità e
complementarità
Il CONTRATTO DI RETE risponde a questa esigenza
(condivisione organizzata dei rischi e delle decisioni,
rappresentanza unitaria verso l’esterno = banche, fisco,
istituzioni, fornitori, clienti)
LA RETE ESISTE IN UNA MOLTEPLICITA’ DI FORME
GIURIDICHE CHE IL CONTRATTO DI RETE ORDINA, NON
CREA
Come si fa rete, in pratica
Una grande varietà di forme e di percorsi
con alcune costanti
Da:
 AIP, Reti di impresa oltre i distretti,
Ed. Il Sole 24 Ore, 2008 = 100 casi
• AIP, Fare reti di impresa, Ed. Il Sole
24 Ore, 2009 = 20 casi
Tipologia di reti (su 100 casi): alcuni esempi
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Baricentriche Lotto Sport (calzature sportive, Treviso),
Luxottica (occhiali, Belluno), Polo aeronautico campano
(Alenia, Napoli)
Orizzontali di condivisione Di.Co Service (meccanica,
Ozzano BO), Consorzi vari
Professionali Studio Legale Bonelli, Erede, Pappalardo
(avvocati, Milano), Turn (designer, Torino)
Associative Km zero (agricoltura, Italia), Samorin
(meccatronica, Vicenza)
Distrettuali estese Tarì (oreficeria, Caserta),
Consobiomed (apparecchi medicali, Mirandola)
Territoriali Consorzio Zai (logistica, Verona), Kilometro
Rosso (meccatronica, Bergamo)
Progettuali per l’innovazione Torino Wireless, ECSA
(Ict+Spazio, Busto Arsizio)
Epistemiche e culturali Slow Food (Piemonte), Habitech
(edilizia sostenibile, Trento)
Generatrici di eventi Festival della letteratura
(Mantova), Esterni (designer, Milano)
L’ARTE E IL CANTIERE
Il kit del costruttore di reti
Che cosa si impara dallo studio dei casi
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Adattarsi alla contingenza l’importante è partire
Mettere in movimento il motore cognitivo della rete
se si guadagna non servono tanti discorsi
Esercitare la leadership o usare il traino di un
megatrend avere un baricentro serve
Puntare su idee motrici qualche volta il baricentro è
un’idea “forte” intorno a cui fare rete
Gestire la discontinuità arriva sempre il momento della
verità
Assicurare la governance discutere va bene, ma ci deve
essere chi decide col consenso degli altri
Imparare a gestire la finanza di rete la finanza di rete
è possibile (es. Cis-Interporto Campano-Vulcano, Napoli)
Gestire i problemi del riconoscimento giuridico o
comunque dei diritti e obblighi la partnership implica la
reciproca responsabilità, ma se gli investimenti sono
consistenti serve la formalizzazione
LA GLOBALIZZAZIONE
IL CONVITATO DI PIETRA, PRINCIPIO E FINE
DI TUTTI I NOSTRI DISCORSI
Tante idee di globalizzazione
 All’inizio c’era l’INTER-nazionalizzazione
(commercio tra diversi) = scambi di mercato
 Poi è arrivata la MULTI-nazionalizzazione
(espansione di una impresa sull’estero e di un paese
leader su altri paesi) = unità dell’organizzazione
e del comando manageriale
 Alla fine arriva la GLOBALIZZAZIONE (anni
ottanta) con l’idea del prodotto globale e del
consumatore universale
= omologazione dei territori, scomparsa
delle differenze
OMOLOGAZIONE?
Le cose non sono andate così
 Le imprese hanno imparato a sfruttare i
territori per le loro differenze
 nel mercato globale le differenze acquistano più
valore perché fanno emergere delle vocazioni
specializzate con clienti in molti paesi
 le differenze possono essere tra imprese ma
anche tra territori ossia tra imprese localizzare in
contesti di esperienza diversi
 Le differenze legate al significato e alla qualità
del territorio sono originali e difficilmente
imitabili altrove
Produzione a rete: la globalizzazione di
oggi dà valore alle differenze
 nelle reti transnazionali ogni nodo (locale) apporta
un valore aggiunto dovuto alla sua differenza e
unicità
 i nodi che contano sono quelli che hanno accesso
a conoscenze, relazioni e a risorse differenziali
 Le conoscenze tacite, l’organizzazione
produttiva (distretti, value chains), il lavoro
qualificato, la cultura, le università, le
infrastrutture creano vantaggi competitivi del
territorio
 questi vantaggi attraggono le imprese nazionali
e
transnazionali nelle loro scelte localizzative o
generano scambi e specializzazioni con altri territori
 La cura strategica dell’identità territoriale
rende riconoscibili e organizza queste differenze
Internazionalizzarsi? Ma come?
 L’Italia delle piccole imprese e dei distretti è stata
da sempre legata ad una forte proiezione sull’export
 Ma oggi questa non è più sufficiente, serve il
presidio delle filiere e dei mercati a scala
internazionale
 Le multinazionali ce l’hanno
 E noi? Facciamo pochi investimenti diretti
all’estero (IDE) e pochi ne riceviamo
 Dunque siamo disallineati rispetto alle nuove
esigenze. Ma è proprio vero?
I DATI NON CI FANNO VEDERE QUELLO CHE LE
IMPRESE HANNO FATTO DI NUOVO SU QUESTO
VERSANTE
L’internazionalizzazione italiana avviene
allargando le reti locali aprendole a monte e a
valle a clienti, fornitori, alleati a scala globale
L’INTERNAZIONALIZZAZIONE
INVISIBILE
UNA SPECIALITA’ ITALIANA
L’internazionalizzazione invisibile
La visione tradizionale
dell’internazionalizzazione:
EXPORT + IDE (Investimenti diretti
all’estero)
(nel capitalismo mercantile + fordismo)
due modi di non vedere,
trascurando:
 le specificità nazionali
 le specificità storiche
GLOBALIZZAZIONE COGNITIVA
L’internazionalizzazione genera valore non
allocando meglio fattori immobili, ma
propagando le conoscenze da un luogo
all’altro
 processo moltiplicativo (la conoscenza non si
consuma con l’uso, ma si può condividere)
 non solo trasferimento, ma apprendimento (ruolo
attivo di chi apprende, rigenerando le conoscenze
altrui)
 economia di filiera (divisione del lavoro tra
diversi specialisti)
 la condivisione delle conoscenze destabilizza la
filiera: necessità di una governance della
distribuzione del valore ottenuto
Perché ce ne siamo accorti solo
adesso
La grande transizione degli ultimi trenta
anni:
 dallo sviluppo per accumulazione
 allo sviluppo per propagazione
 lo sviluppo non trabocca dai centri sulla loro
immediata periferia
ma viene intercettato e agito dalla periferia
(ruolo attivo) che potenzia la propria capacità
di assorbimento e i propri processi di
apprendimento e propagazione delle
conoscenze altrui
ITALIA: ECONOMIA DELLA FILIERA
FILIERA = specialisti che organizzano la
propagazione in un bacino di interdipendenza
IN ITALIA:
 abbiamo filiere frazionate (piccole imprese) e
locali (distretti)
 che usano conoscenze tacite, propagabili SENZA
INVESTIMENTI RELAZIONALI consistenti (usano
capitale sociale gratuito o quasi)
 e che usano conoscenze importate
dall’esterno, non autoprodotte con INVESTIMENTI
in AUTOPRODUZIONE di conoscenze originali ed
esclusive (ricerca, sperimentazione, creazione di
significati)
OSSIA: PROPAGAZIONE SENZA INVESTIMENTO
LA DOPPIA RIVOLUZIONE DA
AVVIARE
1) Ampliare i bacini di
propagazione
(globalizzazione)
2) Spostarsi dalla fabbricazione di
cose alla creazione di significati e di
servizi associati alle cose
(smaterializzazione)
MA CHI LO FARA’?
CHE COSA BISOGNA FARE?
Non solo esportare
Non solo fare investimenti diretti
ma anche irrobustire le reti di
propagazione attiva e passiva del
nostro paese mediante investimenti in:
 comunicazione (linguaggi formali, marchi,
reti di vendita)
 logistica (trasporti, ICT)
 garanzia (sistemi di accreditamento e di
garanzia verso il cliente)
SONO LE FILIERE CHE DEVONO
INTERNAZIONALIZZARSI
L’internazionalizzazione è una cosa troppo seria per
lasciarla alle singole imprese, specie se sono
piccole:
c’è bisogno di nuovi PIONIERI




IMPRESE LEADER
IMPRESE COMMERCIALI E TERZIARIE
ALLEANZE TRANS-NAZIONALI
RETI A PROGETTO CHE NASCONO DAL BASSO
e di nuove FORME
 RELAZIONI CON LA DISTRIBUZIONE E IL CONSUMATORE
FINALE
 FORNITORI STRATEGICI, ACCESSI TECNOLOGICI
LE SCELTE STRATEGICHE
PER ACCELERARE IL PASSO
Nuovi modelli di business nella produzione a rete
 sense making: produrre e vendere significati = si usa la rete
per arricchire il prodotto/servizio offerto di significati, esperienze,
identità attraverso le risorse immateriali (l’innovazione
tecnologica, lo stile di vita, il design, il racconto, la
comunicazione)
 global service: mettersi nei panni del cliente e organizzare la
rete di fornitura a monte = si usa la rete per integrare
competenze e capacità di molte imprese complementari in modo
da offrire al cliente un servizio o un prodotto più complesso
 networking: replicare altrove le idee di successo, anche col
franchising = si usa la rete per trovare partner in questo disegno
 produzione modulare: fare economie di scala con i moduli
senza alla flessibilità nelle architetture che li combinano (modello
Lego) = si usa la rete per mettere insieme – grazie ad una
interfaccia standard condivisa - gli specialisti che fanno singoli
moduli per molti clienti (e usi), con i sistemisti che invece
forniscono prodotti/servizi personalizzati al singolo cliente/uso
Idee motrici
Al crocevia tra lavoro e vita
Un futuro può essere costruito al crocevia tra esigenze
diverse, oggi divenute complementari
SENSO
Passaggio dai bisogni
ai desideri
Senso nel lavoro, nel consumo,
nella produzione
LEGAME
Condivisione della
conoscenza, dei
commons e dei rischi
Reti, cooperazione,
capitale sociale, dono
VALORE
Investire in conoscenze
che sono sostenibili solo se
replicate
Ibridazione con mercato, welfare pubblico, reti
profit per moltiplicare il valore del servizio
offerto
Il crocevia tra senso, legame, valore genera
continuamente significati nuovi
1. in risposta alla domanda di senso, lo scambio di
utilità (mercato) e la norma pubblica (servizio,
regolazione) si affiancano con l’appartenenza
comunitaria, la condivisione etica, il principio di
responsabilità e reciprocità
2. In risposta alla domanda di legame il rapporto
di indipendenza (privato) o di dipendenza
(pubblico) evolve verso i LEGAMI DEBOLI delle
reti di dialogo, interazione, comunicazione,
personalizzazione
3. in risposta alla domanda di valore il calcolo di
convenienza economica ad assumere il rischio di
investimento si associa con la voglia di esplorare
il futuro, di assumere rischi comuni, di mettere in
valore i commons della conoscenza sociale e
dell’ecologia naturale
Usare il senso come collante dell’azione
collettiva intorno ad alcune idee motrici
Nel capitalismo globale della conoscenza bisogna vendere
idee prima che prodotti: le idee corrono più in fretta, si
riproducono a costo inferiore e soprattutto creano un legame
di senso tra coloro che le fanno proprie.
Ma le idee devono riguardare i significati di fondo del
vivere, del produrre e del lavorare, non solo il business e le
utilità spicciole
Abbiamo già due campi in cui il made in Italy si è affermato
appoggiandosi a idee motrici di grande portata:
- la moda, con gli stilisti che hanno creato una batteria
seducente di stili di vita definiti nella forma dell’apparire
- l’alimentare , con esperienze diverse in cui sono recuperati
significati del cibo e della terra (Slow Food, prodotti doc,
marchi collettivi ecc.)
Quante altre idee motrici potremmo elaborare per
organizzare a rete la creatività imprenditoriale intorno a
significati condivisi?

la casa (il “buon abitare”)

la salute (il “ben-essere”)

il divertimento

l’arte, la cultura e l’uso creativo dei media

la storia dei luoghi

la nuova giovinezza degli anziani

il mondo dell’infanzia

il global service nella fornitura (lo “spirito di
servizio”)

la produzione coinvolgente (“credo in quello che
faccio”)

il vivere urbano (“il mio spazio vitale”)

l’educazione ecc.
NODI DA SCIOGLIERE
INVESTIMENTI E UOMINI
IL PRIMO NODO DA SCIOGLIERE:
FARE INVESTIMENTI
ADEGUATI ALLE ESIGENZE DELLA TRANSIZIONE
I nostri punti di forza rischiano di mutarsi in
fattori di debolezza
 le reti locali non bastano più (sono piccole e
non usano i fattori più convenienti) per rendere
convenienti gli investimenti nel nuovo
 il territorio che resiste all’innovazione, non
investe o non lo fa nelle direzioni giuste,
diventando un problema, invece di una risorsa
 le persone invecchiano e possono inibire la
crescita autonoma dell’azienda, che spesso richiede
un ricambio delle persone e delle competenze:
anche in questo caso l’investimento latita
IL TALLONE D’ACHILLE DELL’ATTUALE
CAPITALISMO DI TERRITORIO
LA DEBOLEZZA DI FONDO DEL MODELLO
DISTRETTUALE E’ DATA DALLA
PROPAGAZIONE delle conoscenze SENZA
INVESTIMENTO
 scarso investimento in capitale
intellettuale
 scarso investimento in capitale
relazionale
E INVECE C’E’ STATO un massiccio
sfruttamento di capitale sociale
(intellettuale e relazionale) accessibile a
costo zero nei sistemi locali
Il capitale sociale non basta più:
e allora?
 bisogna investire in CONOSCENZE ORIGINALI
(innovazioni, marchi, comunicazione, sperimentazione,
qualificazione del personale e del management) e
propagarne l’uso in RETI ESTESE (reti tecnologiche,
reti di fornitura e co-produzione, reti commerciali e di
servizio), che richiedono ulteriori investimenti
 ogni famiglia e ogni impresa si trovano di fronte un
sentiero IN SALITA di investimento nelle proprie
capacità, con un fabbisogno che supera i mezzi
finanziari a cui ha normalmente accesso
chi finanzierà questi investimenti?
L’ostacolo chiave da superare
 Linguaggi, ricerca, ambiente creativo, marchi, reti
commerciali e di fornitura richiedono investimenti
rilevanti in CAPITALE INTELLETTUALE
(conoscenze originali) e in CAPITALE
RELAZIONALE (reti esclusive)
 Le piccole imprese sono invece abituate ad avere
accesso gratuito alle conoscenze e relazioni che
trovano embedded nei distretti e nel territorio
 Per alimentare il cambiamento bisogna trovare
nuovi investitori a rischio (le famiglie, le
imprese locali, le imprese internazionali, i territori e
se può lo Stato nazionale) …..
 …….. e nuove fonti di finanziamento (neoimprese, nuovi soci, private equity o capital
venturing, borsa) e un nuovo rapporto con le
banche che sono in grado di stimare il rischio
IL SECONDO NODO DA SCIOGLIERE:
PREPARARE LE DONNE E GLI UOMINI
A LAVORARE A RISCHIO NELLA COMPLESSITA’
LE NUOVE IDEE CAMMINANO SULLE GAMBE DEGLI UOMINI E
DELLE DONNE CHE LE PRODUCONO E SE NE FANNO
PORTATORI
In Italia, finora, chi ha fatto questo mestiere?
• gli imprenditori, piccoli e medi, che hanno anche coperto le
imprese dal lato finanziario;
• i lavoratori esperti prodotti dalle scuole professionali e della
pratica
• i molti apprendisti dell’estetica e del gusto che comunque
il nostro paese ha prodotto, arricchendo la fabbricazione degli
oggetti di un valore immateriale che oggi è diventato prezioso
BISOGNA SPERARE CHE QUESTE RISORSE CONTINUINO
AD OPERARE ATTIVAMENTE NEL PROSSIMO FUTURO. MA
CERTO NON BASTANO PIU’
PROFESSIONISTI DELLA CONOSCENZA CERCASI
(DISPERATAMENTE)
BISOGNA EVITARE CHE, COME E’ AVVENUTO IN PASSATO, CI
SIANO
• imprenditori che accentrano il sapere e il potere, riducendo
i percorsi di esplorazione del nuovo ai territori che sono
culturalmente e finanziariamente alla loro portata;
• lavoratori della pratica privi di sapere di base, che non
riescono a muoversi nelle reti globali e immateriali in cui le
conoscenze sono espresse in linguaggi formali
Utilizzando non solo la competenza tecnica astratta, ma anche
lo spirito creativo delle persone e la loro capacità emotiva di
sviluppare estetica e gusto per comunicare la propria
differenza a nuovi clienti e nuovi paesi, riuscendo a
convincerli
Servono DONNE E UOMINI NUOVI, possibilmente
GIOVANI, dotati di una esperienza diretta delle nuove
tecnologie e dei nuovi significati emergenti nella
comunicazione globale
Le nuove idee di business hanno bisogno di
nuova intelligenza imprenditoriale e di nuovi
lavoratori della conoscenza
• Una nuova intelligenza imprenditoriale, che
riesca a dominare la pratica con i linguaggi formali,
esplorando creativamente il business ed entrando in
relazione diretta con clienti globali. Questa
intelligenza mette a frutto le idee al di fuori del solito
circuito, ricavandone il massimo valore potenziale
possibile
•Una nuova intelligenza del knowledge worker,
che investe sulla sua professionalità prima del
lavoro e durante, chiede autonomia e
responsabilità, assume i rischi relativi a questo
nuovo ruolo
CHE TIPI DI UOMINI e DONNE SARANNO?
Bisogna cambiare la concezione del LAVORO e dei processi
FORMATIVI, passando:
• dalle competenze tecniche alle competenze
intellettuali, associate a canali si professionalizzazione
pratica in alcuni campi su cui cimentarsi sin dai primi anni di
scuola (scienza associata al recupero della manualità e
dell’arte)
• dal binomio generalismo/specializzazione alle risorse
della specializzazione reversibile (robusto zoccolo di sapere
generale, trasversale agli specialismi professionali, con puntate
veloci su argomenti molto applicativi da cui si torna indietro)
• dall’esecuzione secondo programma a ruoli creativi e
di condivisione delle responsabilità, che implicano un
maggiore profilo di autonomia, intelligenza, rischio
• dal teaching (standard) al learning (con percorsi
personalizzati, di auto-apprendimento assistito), nella
FORMAZIONE
Riepilogando: LE CINQUE COSE DA CUI DIPENDE IL
NOSTRO FUTURO
• Sviluppare nuove qualità personali (AUTONOMIA, RISCHIO,
INTELLIGENZA) nel lavoro imprenditoriale e nel lavoro
dipendente. Giovani e donne apportano nuove qualità
• Organizzare la condivisione in rete di conoscenze,
significati, responsabilità, visioni del futuro usando queste
risorse comuni come fonte di valore
• Estrarre e propagare le idee dai prodotti, dai settori, dai
luoghi e dalle aziende in cui sono incorporate
(DEVERTICALIZZAZIONE, IMPRESE AUTONOME DI SERVIZI,
IBRIDAZIONE)
• Organizzare la produzione modulare (MODELLO LEGO =
interfaccia standard, SPECIALISTI DI FILIERA, CORE
BUSINESS)
• Costruire la nuova finanza per l’impresa pluri-personale
(SOCI, BANCA PARTNER, IMPRESE RETE, COOPERATIVE,
FILIERE, ASSOCIAZIONI)
GRAZIE PER L’ATTENZIONE
Per chi volesse approfondire i temi trattati:
• Rullani E. (e altri), Innovazione e produttività, Angeli, Milano
• Rullani E., Modernità sostenibile. Idee, filiere e servizi per
uscire dalla crisi, Marsilio, Venezia, 2010
• Prandstraller F., Rullani E., Creatività in rete. L’uso strategico
delle ICT per la nuova economia dei servizi, Angeli, Milano, 2009
• Rullani E.,Verso una società imprenditoriale consapevole, in
Costruire il futuro. PMI protagoniste: sfide e strategie (a cura di G.
Nardozzi e L. Paolazzi), Sipi, Roma, 2011, pp. 39-102
• Plechero M., Rullani E., Innovare. Re-inventare il made in Italy,
Egea, Milano, 2007
• Bonomi A., Rullani E., Il capitalismo personale. Vite al lavoro,
Einaudi, Torino, 2005
• Rullani E., La fabbrica dell’immateriale, Carocci, Roma, 2004
• Rullani E., Economia della conoscenza. Creatività e valore nel
capitalismo delle reti, Carocci, Roma, 2004
SITO: www.rullani.net
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