Master management per le funzioni di coordinamento per Infermieri – Roma Università di Tor Vergata L’ integrazione socio-sanitaria Welfare - Servizio Sociale e Intregrazione socio-sanitaria Regione Lazio Lamberto Pignoloni Resp. Servizio Sociale ASL RM G [email protected] A cura di LambertoPignoloni Resp. UOSD Assistenti Sociali ASL G Regione Lazio Lamberto Pignoloni Resp. Servizio Sociale ASL RM G [email protected] Parte prima: la società e il Welfare Regione Lazio Lamberto Pignoloni Resp. Servizio Sociale ASL RM G [email protected] Welfare • Welfare: benessere, assistenza. •Il sistema welfare di un Paese è quindi ,il complesso di leggi per la tutela, la sicurezza sociale e l’assistenza. Cenni storici welfare state: E’ un’ espressione entrata nell’uso in Gran Bretagna negli anni della Seconda guerra mondiale, indica il complesso (detto anche Stato sociale) di politiche pubbliche messe in atto da uno Stato che interviene, in un’economia di mercato, per garantire assistenza e benessere ai cittadini, modificando e regolamentando la distribuzione dei redditi generata dalle forze del mercato. Fonte: dizionario di storia Treccani Il primo welfare Fino alla Rivoluzione industriale gli interventi di protezione sociale si manifestarono come assistenza alla povertà, mentre nel corso del 19° sec., a seguito del processo di industrializzazione e del sorgere della «questione sociale», si definì un sistema di assicurazioni sociali per fronteggiare le situazioni di disagio dei lavoratori e costruire il consenso sociale. Gli anni 50-70 Fino alla metà del 20° sec. gli interventi vennero indirizzati a determinate categorie sociali. I primi provvedimenti a carattere universale (anticipati negli anni Trenta dal New deal negli USA e dai governi socialdemocratici in Svezia) furono attuati in Gran Bretagna con il piano Beveridge (1942), che estendeva la protezione a tutti i cittadini indipendentemente dai contributi versati, e con l’introduzione (1946-48) del sistema della sicurezza sociale, affermatosi negli anni Sessanta e Settanta anche negli altri Paesi industriali. Gli anni 80 Dagli anni Ottanta del 20° sec. il w.s. si è ridimensionato, poiché la sua universalizzazione e l’allungamento della vita media hanno provocato un’eccessiva espansione della spesa pubblica Dal Welfare State (o Stato Sociale) deriva la finalità di ridurre le disuguaglianze sociali. In senso ampio, per Stato sociale si indica il sistema normativo con il quale lo Stato traduce in atti concreti tale finalità; in questa accezione si parla di welfare state (stato del benessere, detto anche stato assistenziale). Con esso ci si propone di fornire e garantire diritti e servizi sociali, quali: Assistenza sanitaria; Pubblica istruzione; Indennità di disoccupazione, sussidi familiari, ecc. (in caso di accertato stato di povertà o bisogno); Previdenza sociale (assistenza d'invalidità e di vecchiaia); Accesso alle risorse culturali: biblioteche, musei, tempo libero Difesa dell'ambiente naturale. Art. 3 della Costituzione “…tutti i cittadini hanno pari dignità sociale e sono uguali davanti alla legge, senza distinzione di sesso, di razza, di lingua, di religione, di opinioni politiche, di condizioni personali e sociali. segue art. 3 E’ compito della Repubblica rimuovere gli ostacoli di ordine economico e sociale che, limitando di fatto, la libertà e l’uguaglianza dei cittadini, impediscono il pieno sviluppo della persona umana e l’effettiva partecipazione di tutti i lavoratori all’organizzazione politica, economica e sociale del Paese. L’ art. 3 è la fonte giuridica del welfare state dei servizi sociali alla persona ed alla famiglia Diritto allo Studio art. 34 Assistenza Sociale art 38 Diritto di Famiglia art. 29 - 30 Art. 3 Costituzione Diritto Al lavoro art 35 - 36 Diritto alla Salute art 32 Strumenti ed obiettivi Gli obiettivi del w.s. sono: • assicurare un tenore di vita minimo a tutti i cittadini, • dare sicurezza a individui e famiglie in presenza di congiunture sfavorevoli, • garantire a tutti i cittadini l’accesso ai servizi fondamentali, come per es. istruzione e sanità. I suoi strumenti sono: • corresponsioni in denaro, in partic. nelle fasi non occupazionali del ciclo vitale (vecchiaia, maternità ecc.) e nei casi di incapacità lavorativa (malattia, invalidità, disoccupazione ecc.); • erogazione di servizi (per es., istruzione, sanità, abitazione ecc.); concessione di benefici fiscali (per carichi familiari, acquisto di un’abitazione ecc.); • regolamentazione di certi aspetti dell’attività economica (per es., locazione di abitazioni a famiglie a basso reddito, assunzione di invalidi ecc.). Le aree di assistenza alla persona Area sociale Area sanitaria Area educativa COS’E’ UNA SOCIETA’? • E’ IL SISTEMA CON CUI LE PERSONE E LE COMUNITA’ ORGANIZZANO LA PROPRIA VITA (diz.Sabatini Coletti: una collettività umana storicamente e geograficamente definita ,unita da leggi e istituzioni comuni al fine di garantire gli interessi generali e la reciproca coesione ) Tutte le società si modificano nel tempo Le società evolute cambiano più rapidamente Una società povera cambia più lentamente. NOI VIVIAMO IN UNA SOCIETA’ EVOLUTA • L’ITALIA E’ IL SETTIMO PAESE INDUSTRIALIZZATO DEL MONDO • E’ UN PAESE DINAMICO CON FORTI MUTAZIONI SOCIALI ED ECONOMICHE • I CAMBIAMENTI SOCIALI DETERMINANO L’EVOLUZIONE DEI SERVIZI SOCIALI DUE ESEMPI NEGLI ANNI 70 CON L’EMANCIPAZIONE FEMMINILE NASCONO I SERVIZI CHE PERMETTONO ALLE DONNE DI LAVORARE ASILI NIDO, SCUOLE MATERNE, TEMPO PIENO,CONSULTORI, CONTRACCEZIONE, ECC. NEGLI STESSI ANNI UN ANALOGO MOVIMENTO CULTURALE, SCIENTIFICO E POLITICO HA PORTATO ALLA LEGGE 180/78 CHIUSURA MANICOMI E CREAZIONE SERVIZI TERRITORIALI: CSM, CENTRI DIURNI, COMUNITA’, ECC. I NUOVI FENOMENI SOCIALI • IMMIGRAZIONE • AUMENTO COSTANTE POPOLAZIONE ANZIANA NECESSITA’ DI AFFRONTARE PROBLEMI E SERVIZI DI NECESSITA’ NUOVI SERVIZI ACCOGLIENZA E RSA, ASS. DOMICILIARE, SCOLASTICI PER COMUNITA’, SPESA PERSONE CON STILI DI PENSIONI, ECC. VITA,RELIGIONI,E CULTURE DIVERSE CAMBIA LA FAMIGLIA NEGLI ULTIMI 20 ANNI LA FAMIGLIA SI “POLVERIZZA” • AUMENTANO IN MODO CONSISTENTE LE FAMIGLIE COMPOSTE DA UN SOLO COMPONENTE (IN ALCUNE REGIONI SONO IL 25%) • AUMENTA LA RICHIESTA DI CURA,AIUTO E ASSISTENZA • AUMENTANO I SERVIZI DI CURA ALLA PERSONA (OPERATORI COOP SOCIALI DAL 94 AL 98 TRIPLICANO) • SI PONE SEMPRE PIU’IL PROBLEMA DELLA FORMAZIONE DEGLI OPERATORI La “coppia light” e le «unioni civili» • 555.000 le unioni di fatto oggi in Italia • I matrimoni sono in calo dal 1972 • 1 su 20 le donne italiane che sceglievano la convivenza negli anni 50 • sono 1 su 3 quelle nate negli anni tra 1975 e 80 • si prevede 1 su 2 tra le nate dopo il 1990 • Nel 2007 il tasso di nuzialità è stato di 4, matrimoni ogni 1000 abitanti. La media europea è 4,9 Parte seconda: La relazione assistenziale Regione Lazio Lamberto Pignoloni Resp. Servizio Sociale ASL RM G [email protected] Il processo di aiuto • Definizione: è la capacità di attivare, a fronte dei problemi e dei bisogni dell’utente, percorsi di risposta articolata e spesso complessi in cui il soggetto (cioè il portatore del problema o del bisogno) ha un ruolo attivo L’utente ha un ruolo centrale di protagonista Soggetti implicati nel processo di aiuto • L’utente (pone il problema, chiede l’intervento, esprime le sue soluzioni all’operatore) • L’operatore (accoglie, ascolta, sostiene, informa, chiarifica, concorda le linee di intervento) • Il servizio (offre risorse e modalità amministrative per l’uso delle stesse) …altri soggetti implicati • L’ ambiente di vita della persona (famiglia, ambiente di lavoro, ecc.) • La comunità sociale ( tutte le risorse del territorio: associative, culturali, sportive,religiose, di volontariato, ecc.) Tenendo conto della situazione socio economica e delle «eventuali povertà» • Povertà di beni materiali cioè mancanza di risorse economiche • Povertà istituzionale cioè mancanza quali-quantitativa di servizi (scuola, sanità, cultura,ecc.) • Povertà relazionale cioè caduta e rottura dei rapporti umani, della solidarietà (isolamento anziani, devianza giovanile,crisi della coppia, ecc.) Le fasi del processo d’aiuto • Individuazione del problema • Analisi del problema e delle risorse • Valutazione e definizione obiettivi • Elaborazione del progetto di intervento e contratto • Attuazione del progetto di intervento • Verifica e valutazione dei risultati • Conclusione del processo di aiuto Parte terza: Il metodo e gli strumenti di intervento Regione Lazio Lamberto Pignoloni Resp. Servizio Sociale ASL RM G [email protected] Le funzioni del Servizio Sociale Possiamo individuare tre funzioni del Servizio Sociale 1. curativo - riparativa 2. preventivo - promozionale 3. organizzativo – gestionale La metodologia del Servizio Sociale • Metodo: procedimento logico, ordinato e sequenziale di attività orientate al raggiungimento di un risultato prefigurato, sulla base di ipotesi congruenti (può essere operativo o conoscitivo a seconda dello scopo e delle attività) Fonte: L’assistente sociale - Manuale di servizio sociale professionale Bartolomei Passera L’individuazione del problema • • • • • • Accogliere professionalmente l’utente Stabilire un rapporto significativo ed empatico Consentire l’esplicitazione della richiesta Individuare se il problema è di competenza Capire se la richiesta corrisponde al problema Individuare le persone coinvolte e se possono essere d’aiuto • Formulare un’ipotesi di massima sul problema e prima ipotesi operativa di intervento Gli strumenti dell’intervento sociale • • • • • Il colloquio La visita domiciliare Il lavoro di gruppo Il lavoro in rete La documentazione professionale Il colloquio • È lo strumento della relazione • Non è una conversazione, una dialogica ed empatica: di discussione,un’intervista, un sostegno all’autodeterminazione interrogatorio, una ed all’autonomia della persona. trasmissione di informazioni dell’operatore all’utente, non è una confessione. • E’ finalizzato a comprendere ed è orientato all’aiuto ed al cambiamento, rilevando i punti di forza e di debolezza della persona e del suo contesto La visita domiciliare • E’ uno strumento molto utilizzato dal servizio sociale. Soprattutto nel passato. E’ un colloquio di tipo particolare perché si svolge nell’ambiente quotidiano dell’utente. • E’ utile per acquisire informazioni dirette sul contesto, sulle relazioni familiari, sullo stile di vita. • E’ necessaria in situazioni, di crisi, di emergenza, o nel caso in cui la persona è impossibilitata a muoversi. • Non è un’ispezione, non è un’iniziativa a sorpresa ma concordata. • Deve essere attentamente valutata per non vanificare l’efficacia della relazione di aiuto L’integrazione socio sanitaria Il Lavoro in «equipe» e Il lavoro in «rete» la legge 328/00 L’integrazione socio-sanitaria Il lavoro in èquipe • • • • L’èquipe di lavoro si costituisce sul caso dagli operatori aventi comune interesse all’intervento. Definisce obiettivi comuni e condivisi nel piano integrato individuale di intervento Lo scopo generale del lavoro di è ottenere una ricomposizione (dell’intervento) in una visione globale Gli attori di questa èquipe sono diversi, sulla base del bisogno e del piano di intervento • Il lavoro in èquipe è uno strumento operativo del servizio sociale. Il metodo più efficace di lavoro per favorire il raggiungimento degli obiettivi professionali ed inoltre tutela l’operatore da eventuali rischi di isolamento e di burn-out professionale. Il lavoro «in rete» Cos’è: • E’ l’insieme di interventi coordinato tra professionisti ed istituzioni finalizzato a legare persone, gruppi, istituzioni tramite connessioni e relazioni in funzione del miglioramento della qualità vita dei singoli e della comunità. A cosa serve: • Evita disfunzioni, sovrapposizioni sprechi di risorse • Razionalizza le risorse aumenta l’efficacia dell’intervento attraverso la collaborazione La legge 328/00 “Legge quadro per la realizzazione del sistema integrato di interventi e servizi sociali” Questa legge detta i principi del sistema integrato. Per molti suoi aspetti delega l’applicazione all’emanazione di decreti attuativi: piani nazionali dei servizi e delle strutture, sulla povertà e l’esclusione sociale, atto di indirizzo di coordinamento, riordino, disciplina dei patronati, ecc. (tra cui… LEA e LIVEAS La nozione dei livelli essenziali concernenti le prestazioni degli utenti dei servizi sociali (LIVEAS) ha fatto ingresso nella materia dell'assistenza sociale con la L. 8 novembre 2000, n. 328, Legge quadro per la realizzazione del sistema integrato di interventi e servizi sociali, che ha costituito un evento di portata storica: per la prima volta è stata emanata una legge organica nazionale che ha posto ordine nel settore dei servizi sociali. Nel 2001 tale nozione è entrata anche a far parte della Costituzione italiana, che, nella versione riformata dell'art. 117, c. 2, lett. m), afferma che lo Stato ha potestà legislativa esclusiva in materia di «determinazione dei livelli essenziali delle prestazioni concernenti i diritti civili e sociali che devono essere garantiti su tutto il territorio nazionale». La norma mira a garantire un livello di uguale godimento dei diritti sociali (e civili) in tutto il territorio nazionale, demandando alle Regioni la definizione delle modalità di organizzazione dei servizi e la possibilità di prevedere livelli ulteriori di assistenza. Il concetto di «livello essenziale» era comunque da tempo presente nel nostro ordinamento sanitario con i cosiddetti livelli essenziali di assistenza (LEA), a partire dal D.Lgs. 30 dicembre 1992, n. 502, Riordino della disciplina in materia sanitaria, a norma dell'articolo 1 della L. 23 ottobre 1992, n. 421. Le aree di intervento • • • • • • • Famiglia, infanzia, adolescenza Anziani Devianza Handicap Immigrazione Disagio mentale Dipendenza da sostanze e “nuove dipendenze” n.b.: Ogni area di intervento ha la legislazione e normativa di riferimento Principi della 328/00 La legge 328/00 delinea un sistema integrato perché nella realizzazione delle reti di servizi coinvolge sia soggetti del pubblico che del privato. Altre caratteristiche fondamentali della legge sono: a) il coordinamento degli interventi assistenziali con quelli sanitari b) l’importanza data al livello territoriale di zona. Il piano nazionale e il piano di zona La legge 328/00 introduce il Piano nazionale degli interventi e dei servizi sociali (elaborato ogni tre anni dal Governo), che indica gli obiettivi di priorità sociale e le linee di indirizzo per l’attuazione degli interventi, le modalità di realizzazione del sistema integrato dei servizi ed altri punti fondamentali per garantire un’omogeneità di base, su tutto il territorio nazionale, degli interventi e dei servizi essenziali e dei diritti fondamentali ai fini della definizione dei Piani di zona 328/00: Lo Stato Lo Stato ha il compito di fissare un Piano sociale nazionale che indichi i livelli uniformi e di base delle prestazioni, stabilire i requisiti che devono avere le comunità-famiglie e i servizi residenziali nonché i profili professionali nel campo sociale e, infine, ripartire le risorse del Fondo sociale nazionale. 328/00: Le Regioni Le Regioni dovranno programmare e coordinare gli interventi sociali, spingere verso l'integrazione degli interventi sanitari, sociali, formativi e di inserimento lavorativo, stabilire i criteri di accreditamento e vigilare sulle strutture e i servizi sia pubblici che privati, costituire un albo dei soggetti autorizzati a svolgere le funzioni indicate dalla normativa, stabilire la qualità delle prestazioni, determinare i livelli di partecipazione alla spesa da parte degli utenti, finanziare e programmare la formazione degli operatori. 328/00: I Comuni I Comuni sono gli organi amministrativi che gestiscono e coordinano le iniziative per realizzare il "sistema locale della rete di servizi sociali". I Comuni devono coinvolgere e cooperare con le strutture sanitarie (ASL), con gli altri enti locali e con le associazioni dei cittadini. 328/00: Il piano di zona • Il piano di zona è lo strumento locale che serve a favorire il riordino e la messa in rete di interventi e di servizi sociali, in modo da programmarli e realizzarli “a sistema” • Il piano di zona è lo strumento ordinario attraverso il quale governare il processo di costante adeguamento, del sistema delle risposte, all’evoluzione dei problemi e delle opportunità da garantire alle persone, alle famiglie, a gruppi particolari o fasce specifiche di popolazione L’integrazione sociosanitaria Possiamo l’integrazione sanitaria si può definire come: “il coordinamento tra interventi di natura sanitaria e interventi di natura sociale, a fronte di bisogni di salute molteplici e complessi, sulla base di progetti assistenziali personalizzati. Attraverso percorsi assistenziali integrati, con il coinvolgimento e la valorizzazione di tutte le competenze e le risorse, istituzionali e non, presenti sul territorio”1 In altre parole, vi sono diverse situazioni in cui la capacità di raccordare interventi di natura sanitaria con interventi di natura sociale rafforza l’efficacia di entrambi. 1 Marceca M, Casagrande S, Pasquarella A, Guasticchi G. Glossario sull’assistenza domiciliare. Laziosanità. Agenzia di Sanità pubblica 2006 Le prestazioni sociosanitarie sono caratterizzate nel modo seguente: a. Prestazioni sanitarie a rilevanza sociale: sono quelle che, erogate contestualmente ad adeguati interventi sociali, sono finalizzate alla promozione della salute, alla prevenzione, individuazione, rimozione e contenimento di esiti degenerativi o invalidanti di patologie congenite o acquisite, contribuendo alla partecipazione alla vita sociale e all’espressione personale. Di competenza delle ASL e a loro carico, sono inserite in progetti personalizzati di durata medio-lunga e sono erogate in regime ambulatoriale, domiciliare o nell’ambito di strutture residenziali e semiresidenziali. a. Prestazioni sociali a rilevanza sanitaria: le attività del sistema sociale che supportano la persona in stato di bisogno, con problemi di disabilità o di emarginazione condizionanti lo stato di salute. Prestazioni sociosanitarie ad elevata integrazione Le prestazioni sociosanitarie appartengono prevalentemente alle aree: • materno infantile; • anziani; • handicap; • patologie psichiatriche e dipendenza da droga, alcol e farmaci; • patologie per infezioni da HIV; • patologie terminali; • inabilità o disabilità conseguenti a patologie cronicodegenerative. Fonte: DPCM del 14 febbraio 2001. Atto di indirizzo e coordinamento in materia di prestazioni sociosanitarie Appendice Appendice : la valutazione e gli strumenti in due campi di intervento La disabilità e l’incapacità di intendere e di volere La genitorialità: l’affido e l’adozione L’incapacità di intendere e di volere L’interdizione • Art. 414 codice civile Il maggiore di età,e il minore emancipato,i quali si trovano in condizione di abituale infermità di mente che li rende incapaci di provvedere ai propri interessi,devono essere interdetti Perché l’interdizione? L'interdizione giudiziale è volta a tutelare (contrariamente al comune modo di pensare che in passato considerava l'applicazione di questo provvedimento come "disonorevole") soggetti individuati in maniera puntuale dalla legge: il maggiore di età e il minore (nell'ultimo anno della sua minore età), che si trovino in condizioni di abituale infermità di mente che li rende incapaci di provvedere ai propri interessi. L'unico modo per tutelare queste persone è, pertanto, quello di privarle della capacità di compiere atti suscettibili di avere rilievo giuridico e potenzialmente lesivi dei loro interessi. Qual è il procedimento? La richiesta di interdizione è fatta con ricorso, contenente l’esposizione dei fatti sui quali la domanda è fondata, diretto al Tribunale del luogo in cui la persona da interdire ha la residenza o il domicilio effettivi. Se si tratta di una persona stabilmente ricoverata, la domanda dovrà essere presentata nel Tribunale del luogo dove realmente vive. Il Presidente del Tribunale dà comunicazione del ricorso al Pubblico Ministero, che può, valutata la domanda, chiedere che la stessa sia respinta con decreto. Se ciò non si verifica, il Presidente nomina il giudice istruttore (incaricato di istruire la causa vale a dire svolgere tutti gli adempimenti) e fissa l’udienza di comparizione di colui che ha presentato domanda, dell’interdicendo e di tutti coloro che sono nominati nella domanda. Chi può presentare la richiesta? • L’istanza per richiedere l’interdizione può essere presentata da determinati soggetti: • dallo stesso interdicendo; • dal coniuge; • dalla persona stabilmente convivente; • dai parenti entro il quarto grado (padre, figlio, fratelli, nonni, nipoti bisnonno, pronipoti, zii); • dagli affini (i parenti del coniuge) entro il secondo grado; • dal pubblico ministero (un magistrato del tribunale). Scelta del tutore Con la sentenza che dichiara l’interdizione viene disposta la nomina di un tutore, scelto di preferenza tra il coniuge che non sia separato, il padre, la madre, un figlio maggiorenne o la persona designata con testamento dal genitore superstite, con il compito di rappresentare legalmente l’interdetto e di amministrare il suo patrimonio. Condizione giuridica dell’interdetto L’interdetto si trova in una condizione simile a quella del minore: non può compiere direttamente nessun atto che abbia una rilevanza giuridica se non quelli necessari a soddisfare le esigenze della vita quotidiana in rapporto alle proprie capacità intellettive. Il Tribunale, peraltro, con la sentenza che pronuncia l’interdizione o con provvedimento separato, può autorizzare l’interdetto a compiere alcuni atti di ordinaria amministrazione autonomamente o con l’assistenza del tutore. Gli atti • Art.427 Gli atti compiuti dall’interdetto … possono essere annullati su istanza del tutore,dei suoi eredi,dell’interdetto o aventi causa.. Art.428 Gli atti compiuti da persona che,sebbene non interdetta si provi essere stata per qualsiasi causa,anche transitoria,incapace di intendere e volere … possono essere annullati su istanza della persona medesima o dei suoi eredi … Revoca dell’interdizione Qualora venissero meno i presupposti che hanno condotto all’interdizione, essa può essere revocata in qualsiasi momento con sentenza del tribunale su istanza del coniuge, del convivente, dei parenti entro il quarto grado, degli affini entro il secondo grado, del tutore, del pubblico ministero. L’inabilitazione • Art. 415 codice civile Il maggiore di età infermo di mente,lo stato del quale non è talmente grave da dar luogo all’interdizione, può essere inabilitato. Possono essere inabilitati coloro che,per prodigalità o per abuso abituale di bevande alcoliche o di stupefacenti, espongono se e la loro famiglia a gravi pregiudizi economici. Che cos’è È uno strumento giuridico diretto a tutelare determinati soggetti individuati dalla legge che si trovano in particolari condizioni psicofisiche non così gravi da essere private totalmente della capacità di agire (ossia la capacità - che si acquista con la maggiore età è di porre in essere validamente atti idonei ad incidere sulle situazioni giuridiche di cui si è titolari, ad es.: vendere o donare un immobile) ma che non sono in grado di comprendere il valore e il significato degli atti eccedenti l’ordinaria amministrazione (ad esempio vendita o acquisto di beni immobili o di beni mobili di valore, accettazione di eredità ecc.) e necessitano, pertanto, dell’assistenza di un curatore nominato dal Tribunale. E’ uno strumento di protezione rivolto a soggetti Chi ne beneficia? • • • • • • Possono beneficiare del procedimento di inabilitazione le seguenti categorie di soggetti: gli infermi di mente non talmente gravi da far luogo all’interdizione (misura di protezione particolarmente incisiva che limita la capacità di agire di alcuni soggetti in situazioni di grave infermità) vale a dire quelle persone che, pur essendo affette da malattia, non sono totalmente prive della capacità di intendere e volere i prodighi (coloro che sono mossi da un impulso patologico che li spinge a sperperare) che espongono se stessi e la famiglia a gravi pregiudizi economici chi abusa abitualmente di bevande alcooliche e di stupefacenti al punto di esporre sé o la propria famiglia a gravi pregiudizi economici i sordi e ciechi dalla nascita o dalla prima infanzia che non abbiano ricevuto un’educazione sufficiente per far acquisire loro la capacità di curare personalmente i propri interessi. L’inabilitazione può essere pronunciata anche nei confronti del minorenne nell’ultimo anno della sua minore età (17 anni) anche se è destinata ad avere effetto dal giorno del raggiungimento del diciottesimo anno. Possono attivare il procedimento di inabilitazione gli stessi soggetti che possono attivare l’interdizione. Anche il procedimento è analogo Compiti e doveri del Curatore • ll curatore non si sostituisce all’incapace ma ne integra la volontà. • Per compiere atti eccedenti l’ordinaria amministrazione (quelli cioè diretti a modificare la struttura e la consistenza di un patrimonio come la vendita o la donazione di un bene) è necessaria, infatti, l’autorizzazione del Tribunale e, qualora nascano dei conflitti o il curatore rifiuti il suo consenso per il compimento di alcuni atti, l’inabilitato può ricorrere al Tribunale che, se stima ingiustificato il rifiuto, nomina un curatore speciale. Condizione giuridica dell’inabilitato • L’inabilitato può compiere in maniera autonoma gli atti di ordinaria amministrazione (cioè quegli atti che tendono unicamente a gestire un complesso patrimoniale senza intaccarne la consistenza). • Gli atti di straordinaria amministrazione, invece, devono essere compiuti con l’assistenza del curatore nominato dal tribunale. • Il Giudice, tuttavia, con la sentenza che pronuncia sull’inabilitazione o con successivo provvedimento, può prevedere che taluni atti che eccedono l’ordinaria amministrazione siano compiuti in maniera autonoma dall’inabilitato, senza l’assistenza del curatore. Vantaggi e svantaggi • L’iter per l’interdizione (e nomina del tutore) o l’inabilitazione (e nomina del curatore) è piuttosto lungo, può essere costoso e complicato • Chi è interdetto non ha capacità di agire,non può stipulare contratti,fare testamento o sposarsi • Sono istituti giuridici pensati per chi si trova “in condizioni di abituale infermità di mente” e “incapaci di provvedere ai propri interessi” Ma sono strumenti rigidi e vincoli eccessivi per chi ha solo difficoltà( magari anche solo temporanee) di curare i propri interessi o gestire particolari pratiche burocratiche. L’amministratore di sostegno La Legge n° 6 del 9 gennaio 2004 istituisce l’Amministratore di sostegno E’ nominato dal giudice tutelare il quale precisa: • quali operazioni potrà effettuare “in nome e per conto” del disabile (anche un solo atto) • Ed eventualmente anche per quanto tempo (indicando data di inizio e fine) L’A.d.S. può essere nominato per tutte le persone che si trovano in difficoltà o hanno bisogno di protezione anche momentanea e limitata (disabili motori e sensoriali, tossicodipendenti, alcolisti, immigrati, persone con trauma temporanei, ecc.) Cos’è L'amministrazione di sostegno è un nuovo strumento giuridico di protezione finalizzato a tutelare, con la minore limitazione possibile della capacità di agire (ossia la capacità - che si acquista con la maggiore età è di porre in essere validamente atti idonei ad incidere sulle situazioni giuridiche di cui si è titolari, ad es. acquisto o donazione di una casa), chiunque si trovi in condizioni di particolare difficoltà e ridotta capacità di autonomia. Si pensi all'anziano che, pur mantenendo buone capacità di relazione e di comprensione della sua situazione, non è del tutto autosufficiente, all'invalido che non sia in grado di compiere alcuni atti, al malato psichiatrico che a seguito di adeguata terapia manifesti un buon grado di autonomia. Queste persone, pur conservando la capacità di agire e di compiere gli atti diretti a soddisfare le esigenze della propria vita quotidiana, necessitano di una persona, l'amministratore di sostegno, che si affianchi a loro e provveda a compiere le azioni necessarie per la gestione dei loro beni. Chi ricorre al giudice tutelare? • • • • • • • • • • • Le persone che possono richiedere al Giudice l’eventuale apertura di un procedimento di amministrazione di sostegno sono: il potenziale beneficiario che ritiene di essere in difficoltà nella gestione della propria vita; il coniuge; la persona stabilmente convivente; i parenti entro il primo grado (padre, figlio), entro il secondo grado (fratelli, nonni, nipoti), entro il terzo grado (bisnonno, pronipoti, zii) fino al quarto grado (primi cugini, zii, pronipoti) in linea retta e collaterale; gli affini (cioè i parenti del coniuge) entro il secondo grado; il tutore; il curatore; il pubblico ministero; i responsabili dei servizi sanitari; i responsabili dei servizi sociali. Scelta dell’amministratore La scelta dell’amministratore di sostegno deve avvenire con esclusivo riguardo alla cura e agli interessi della persona del beneficiario. Il Giudice, generalmente, nomina l’amministratore indicato dal beneficiario stesso e, ove possibile, nella scelta preferisce i parenti e affini più stretti (coniuge, padre, madre, figlio, fratello, sorella). Qualora vi siano ragioni di opportunità o gravi motivi possono essere nominate dal Giudice Tutelare “persone idonee”, anche estranee al beneficiario o enti come Comuni, società, associazioni, fondazioni, ASL. Doveri e compiti dell’amministratore • La scelta dell’amministratore di sostegno deve avvenire con esclusivo riguardo alla cura e agli interessi della persona del beneficiario. Il Giudice, generalmente, nomina l’amministratore indicato dal beneficiario stesso e, ove possibile, nella scelta preferisce i parenti e affini più stretti (coniuge, padre, madre, figlio, fratello, sorella). Qualora vi siano ragioni di opportunità o gravi motivi possono essere nominate dal Giudice Tutelare “persone idonee”, anche estranee al beneficiario o enti come Comuni, società, associazioni, fondazioni, ASL. Durata dell’incarico L’incarico dell’Amministratore di sostegno può essere conferito a tempo determinato (che può essere prorogato prima della scadenza del termine) o a tempo indeterminato (se si tratta di coniuge, convivente, ascendente o discendente del beneficiario). In caso di gravi impedimenti segnalati (in ogni momento) al Giudice Tutelare, quest’ultimo provvede ad una nuova nomina. L’incarico cessa, in qualsiasi caso, con la morte del beneficiario e da subito l’Amministratore non può più compiere alcun atto. Il giudice tutelare La figura di riferimento del procedimento di amministrazione di sostegno è il Giudice Tutelare, giudice in composizione monocratica (cioè un magistrato che decide da solo, come singolo), del luogo dove il possibile beneficiario ha la sua residenza o domicilio. Questo magistrato è il solo competente ad esaminare il ricorso, ad istruire il procedimento, ad emettere l’eventuale provvedimento di accoglimento o rigetto del ricorso e a gestire ogni fase connessa alla pendenza del procedimento di amministrazione come vigilare sul buon andamento della stessa prescrivendo, per esempio, con quale periodicità l’amministratore è tenuto al deposito del rendiconto di gestione o autorizzando l’amministratore a compiere specifici atti. L’affido e l’adozione L’affido Cos’è l’affido? L’affido è uno strumento di intervento psicosociale flessibile e adattabile alle esigenze del bambino e delle famiglie. Può essere : Consensuale (disposto dal giudice tutelare) Giudiziale (disposto dal Tribunale dei minorenni) Può essere RESIDENZIALE O PART-TIME Le caratteristiche dell’affido • Temporaneità • Previsione del rientro del minore nella famiglia di origine • Mantenimento dei rapporti con la famiglia di origine Chi può fare l’affidamento familiare? Lo possono fare tutti: • Coppie sposate o conviventi • Famiglie con o senza figli • Singoli Perché affido e non adozione? • Perché l’ambiente più idoneo per crescere un bambino è la SUA famiglia. • La famiglia AFFIDATARIA accoglie temporaneamente il bambino mantenendo il contatto con i genitori. • Il progetto è il rientro del bambino nella SUA famiglia. Cos’è un corso di formazione per affidatari? E’ un ciclo di incontri con assistenti sociali e psicologi in cui si approfondiscono i temi che riguardano: • le responsabilità dell’affido • I propri modelli genitoriali ed il confronto con diverse modalità relazionali • i vissuti dell’affido • Il confronto con gli altri Affidamento a tempo pieno Il minore temporaneamente privo di un’ambiente familiare idoneo, è affidato ad una famiglia disponibile ad affiancarlo e sostenerlo per un periodo di tempo più o meno lungo, fino a quando la sua famiglia di origine non abbia superato quelle difficoltà che ne hanno determinato l’allontanamento. Affidamento diurno E’ la disponibilità di una famiglia ad occuparsi di un minore in alcuni momenti della giornata e per attività specifiche: • Accompagnamento scuola, attività sportive, strutture sanitarie; • Aiuto nel pomeriggio per i compiti; • Disponibilità per i fine settimana; • Disponibilità per i periodi di vacanza. Altre forme di sostegno • Famiglie di riferimento: È una famiglia che dà la propria disponibilità a seguire un solo minore ospite di una casa famiglia e a diventare per lui un punto di riferimento stabile. • Famiglie di appoggio: È una famiglia che dà la propria disponibilità ad una casa famiglia, ad accogliere per i fine settimana o per le vacanze uno o più minori secondo il progetto educativo concordato • Semiautonomia in famiglia: È una forma di accoglienza attraverso la quale una famiglia ospita nella propria casa un ragazzo/a appena maggiorenne sostenendolo verso l’indipendenza, nel momento in cui ha un proprio lavoro o un percorso formativo avviato. L’adozione Che cos’è l’adozione? • E’ l’istituto giuridico che tende a garantire al bambino in stato di abbandono il diritto a vivere serenamente all’interno di una famiglia. Quali minori possono essere adottati? • I minori da 0 a 18 anni in situazioni di abbandono, privi di assistenza morale o materiale da parte dei genitori o dei parenti tenuti a provvedervi, purché la mancanza di assistenza non sia dovuta a causa di forza maggiore di carattere transitorio. Chi può presentare domanda di adozione? L’adozione è ammessa solo per le coppie unite in matrimonio da almeno tre anni. Per le coppie di fatto che decidono di sposarsi, gli anni di convivenza varranno come anni di matrimonio. Chi ha più di tre anni di convivenza potrà adottare una bambina o un bambino subito dopo il matrimonio, nel caso in cui il Tribunale per i minorenni accerti la continuità e la stabilità di tale convivenza. I coniugi adottanti non devono essere separati e tra di loro non deve esserci stata negli ultimi 3 anni una separazione personale neppure di fatto, devono essere affettivamente idonei e capaci di educare, istruire e mantenere il minore che intendono adottare. Tra i genitori adottivi e la bambina o il bambino deve esserci una definita differenza di età: almeno 18 anni e non più di 45 anni. In alcuni casi particolari tale limite di età può essere derogato: ad esempio quando l'adozione riguarda un fratello del minore già adottato da quella coppia; o quando solo un componente la coppia supera il limite di età in misura non superiore a 10 anni Il percorso adottivo • Le famiglie che intendono adottare un bambino, devono rivolgersi al Servizio Sociale del Comune di residenza per iniziare il percorso di informazione, preparazione e indagine sociopsicologica necessario per presentare la dichiarazione di disponibilità al Tribunale per i Minorenni. Tale indagine, di norma della durata di 4 mesi come stabilisce la legge, prevede una serie di colloqui con gli operatori psico-sociali "che riguardano la capacità di educare il minore, la situazione personale ed economica, la salute, l'ambiente familiare dei richiedenti, i motivi per i quali questi ultimi desiderano adottare minori" (art.22 L. 184/1983). Al termine dei colloqui, la coppia potrà presentare al tribunale per i Minorenni la domanda di adozione, corredata di tutti i documenti che saranno indicati durante il percorso presso i servizi sociali. L’adottabilità Si parla di adozione quando il minore viene dichiarato adottabile da un tribunale per i minorenni. La coppia può presentare più domande, anche successive, a più tribunali per i minorenni. L’abbinamento della coppia ad un minore viene effettuato dal Tribunale per i Minorenni che, in base alle indagini effettuate, sceglie tra le coppie che hanno presentato domanda, quella maggiormente in grado di corrispondere alle esigenze di quel bambino o bambina. Quando il Tribunale propone ad una coppia l'adozione di un bambino, dopo l'accettazione da parte dei coniugi, seguono una serie di incontri col minore, programmati e preparati con cura e attenzione alla gradualità, in rispetto dell’età e del vissuto del bambino. La prima fase del rapporto di adozione è quella dell'affidamento preadottivo, che dura solitamente un anno, e nella quale i servizi sociali sono incaricati di predisporre ogni opportuno intervento di sostegno alla famiglia per consentire il pieno inserimento del minore nel nuovo nucleo. Lo stato di abbandono Il minore cui manchi l’assistenza morale e materiale da parte dei genitori o da parte dei parenti entro il quarto grado, purché la mancanza non sia dovuta a causa di forza maggiore di carattere transitorio (in tali casi non si ricorre all’adozione, ma all‘affidamento temporaneo, è dichiarato in stato di abbandono, anche se si trovi presso istituti di assistenza pubblici o privati o comunità di tipo familiare ovvero sia in affidamento familiare cd. temporaneo. Lo stato di abbandono e il seguente stato di adottabilità è dichiarato dal Presidente del Tribunale per i Minorenni dopo opportuno procedimento di accertamento svolto con l’ausilio anche del Servizio Sociale. Il corso termina qui Vi ringrazio per l’attenzione e per la partecipazione Opera di Sergio Ramaglioni Tivoli 2007