Master management per le funzioni di coordinamento per Infermieri –
Roma Università di Tor Vergata
L’ integrazione socio-sanitaria
Welfare - Servizio Sociale e Intregrazione socio-sanitaria
Regione Lazio
Lamberto Pignoloni
Resp. Servizio Sociale ASL RM G
[email protected]
A cura di LambertoPignoloni
Resp. UOSD Assistenti Sociali ASL G
Regione Lazio
Lamberto Pignoloni
Resp. Servizio Sociale ASL RM G
[email protected]
Parte prima:
la società e il Welfare
Regione Lazio
Lamberto Pignoloni
Resp. Servizio Sociale ASL RM G
[email protected]
Welfare
• Welfare:
benessere,
assistenza.
•Il sistema welfare di
un Paese è quindi ,il
complesso di leggi per
la tutela, la sicurezza
sociale e l’assistenza.
Cenni storici
welfare state: E’
un’ espressione entrata nell’uso in
Gran Bretagna negli anni della Seconda guerra
mondiale, indica il complesso (detto anche Stato
sociale) di politiche pubbliche messe in atto da uno
Stato che interviene, in un’economia di mercato,
per garantire assistenza e benessere ai cittadini,
modificando e regolamentando la distribuzione dei
redditi generata dalle forze del mercato.
Fonte: dizionario di storia Treccani
Il primo welfare
Fino alla Rivoluzione industriale gli
interventi di protezione sociale si
manifestarono come assistenza alla
povertà, mentre nel corso del 19° sec., a
seguito del processo di
industrializzazione e del sorgere della
«questione sociale», si definì un sistema
di assicurazioni sociali per fronteggiare
le situazioni di disagio dei lavoratori e
costruire il consenso sociale.
Gli anni 50-70
Fino alla metà del 20° sec. gli interventi vennero
indirizzati a determinate categorie sociali.
I primi provvedimenti a carattere universale
(anticipati negli anni Trenta dal New deal negli USA
e dai governi socialdemocratici in Svezia) furono
attuati in Gran Bretagna con il piano Beveridge
(1942), che estendeva la protezione a tutti i cittadini
indipendentemente dai contributi versati, e con
l’introduzione (1946-48) del sistema della sicurezza
sociale, affermatosi negli anni Sessanta e Settanta
anche negli altri Paesi industriali.
Gli anni 80
Dagli anni Ottanta del 20° sec. il w.s. si è
ridimensionato, poiché la sua
universalizzazione e l’allungamento della
vita media hanno provocato un’eccessiva
espansione della spesa pubblica
Dal Welfare State (o Stato Sociale)
deriva la finalità di ridurre le
disuguaglianze sociali.
In senso ampio, per Stato sociale si indica il sistema normativo con il quale
lo Stato traduce in atti concreti tale finalità; in questa accezione si parla di
welfare state (stato del benessere, detto anche stato assistenziale).
Con esso ci si propone di fornire e garantire diritti e servizi sociali, quali:
Assistenza sanitaria;
Pubblica istruzione;
Indennità di disoccupazione, sussidi familiari, ecc. (in caso di accertato
stato di povertà o bisogno);
Previdenza sociale (assistenza d'invalidità e di vecchiaia);
Accesso alle risorse culturali: biblioteche, musei, tempo libero
Difesa dell'ambiente naturale.
Art. 3 della Costituzione
“…tutti i cittadini hanno pari dignità sociale e
sono uguali davanti alla legge, senza
distinzione di sesso, di razza, di lingua, di
religione, di opinioni politiche, di condizioni
personali e sociali.
segue art. 3
E’ compito della Repubblica rimuovere gli
ostacoli di ordine economico e sociale che,
limitando di fatto, la libertà e l’uguaglianza
dei cittadini, impediscono il pieno sviluppo
della persona umana e l’effettiva
partecipazione di tutti i lavoratori
all’organizzazione politica, economica e
sociale
del Paese.
L’ art. 3 è la fonte giuridica del welfare state
dei servizi sociali alla persona ed alla
famiglia
Diritto allo
Studio
art. 34
Assistenza
Sociale
art 38
Diritto di
Famiglia
art. 29 - 30
Art. 3
Costituzione
Diritto
Al lavoro
art 35 - 36
Diritto alla
Salute
art 32
Strumenti ed obiettivi
Gli obiettivi del w.s. sono:
• assicurare un tenore di vita minimo a tutti i cittadini,
• dare sicurezza a individui e famiglie in presenza di congiunture sfavorevoli,
• garantire a tutti i cittadini l’accesso ai servizi fondamentali, come per es.
istruzione e sanità.
I suoi strumenti sono:
• corresponsioni in denaro, in partic. nelle fasi non occupazionali del ciclo
vitale (vecchiaia, maternità ecc.) e nei casi di incapacità lavorativa
(malattia, invalidità, disoccupazione ecc.);
• erogazione di servizi (per es., istruzione, sanità, abitazione ecc.);
concessione di benefici fiscali (per carichi familiari, acquisto di
un’abitazione ecc.);
• regolamentazione di certi aspetti dell’attività economica (per es., locazione
di abitazioni a famiglie a basso reddito, assunzione di invalidi ecc.).
Le aree di assistenza alla persona
Area sociale
Area sanitaria
Area educativa
COS’E’ UNA SOCIETA’?
• E’ IL SISTEMA CON CUI LE PERSONE E LE
COMUNITA’ ORGANIZZANO LA PROPRIA
VITA
(diz.Sabatini Coletti: una collettività umana
storicamente e geograficamente definita ,unita
da leggi e istituzioni comuni al fine di garantire gli
interessi generali e la reciproca coesione )
Tutte le società si modificano nel tempo
Le società evolute cambiano più rapidamente
Una società povera cambia più lentamente.
NOI VIVIAMO IN UNA
SOCIETA’ EVOLUTA
• L’ITALIA E’ IL SETTIMO
PAESE INDUSTRIALIZZATO
DEL MONDO
• E’ UN PAESE DINAMICO
CON FORTI MUTAZIONI
SOCIALI ED ECONOMICHE
• I CAMBIAMENTI SOCIALI
DETERMINANO
L’EVOLUZIONE DEI SERVIZI
SOCIALI
DUE ESEMPI
NEGLI ANNI 70 CON
L’EMANCIPAZIONE
FEMMINILE
NASCONO I SERVIZI
CHE PERMETTONO
ALLE DONNE DI
LAVORARE
ASILI NIDO, SCUOLE
MATERNE, TEMPO
PIENO,CONSULTORI,
CONTRACCEZIONE,
ECC.
NEGLI STESSI ANNI UN
ANALOGO MOVIMENTO
CULTURALE,
SCIENTIFICO E
POLITICO HA PORTATO
ALLA LEGGE 180/78
CHIUSURA MANICOMI E
CREAZIONE SERVIZI
TERRITORIALI: CSM,
CENTRI DIURNI,
COMUNITA’, ECC.
I NUOVI FENOMENI SOCIALI
• IMMIGRAZIONE
• AUMENTO COSTANTE
POPOLAZIONE
ANZIANA
NECESSITA’ DI
AFFRONTARE
PROBLEMI E SERVIZI DI NECESSITA’ NUOVI SERVIZI
ACCOGLIENZA E
RSA, ASS. DOMICILIARE,
SCOLASTICI PER
COMUNITA’, SPESA
PERSONE CON STILI DI
PENSIONI, ECC.
VITA,RELIGIONI,E
CULTURE DIVERSE
CAMBIA LA FAMIGLIA
NEGLI ULTIMI 20 ANNI LA FAMIGLIA
SI “POLVERIZZA”
• AUMENTANO IN MODO CONSISTENTE LE
FAMIGLIE COMPOSTE DA UN SOLO
COMPONENTE (IN ALCUNE REGIONI SONO IL
25%)
• AUMENTA LA RICHIESTA DI CURA,AIUTO E
ASSISTENZA
• AUMENTANO I SERVIZI DI CURA ALLA
PERSONA (OPERATORI COOP SOCIALI DAL
94 AL 98 TRIPLICANO)
• SI PONE SEMPRE PIU’IL PROBLEMA DELLA
FORMAZIONE DEGLI OPERATORI
La “coppia light” e le «unioni civili»
• 555.000 le unioni di fatto
oggi in Italia
• I matrimoni sono in calo
dal 1972
• 1 su 20 le donne italiane
che sceglievano la
convivenza negli anni 50
• sono 1 su 3 quelle nate
negli anni tra 1975 e 80
• si prevede 1 su 2 tra le
nate dopo il 1990
• Nel 2007 il tasso di
nuzialità è stato di 4,
matrimoni ogni 1000
abitanti. La media
europea è 4,9
Parte seconda:
La relazione assistenziale
Regione Lazio
Lamberto Pignoloni
Resp. Servizio Sociale ASL RM G
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Il processo di aiuto
• Definizione: è la capacità di attivare, a
fronte dei problemi e dei bisogni
dell’utente,
percorsi
di
risposta
articolata e spesso complessi in cui il
soggetto (cioè il portatore del
problema o del bisogno) ha un ruolo
attivo
L’utente ha un ruolo centrale di
protagonista
Soggetti implicati nel
processo di aiuto
• L’utente (pone il problema,
chiede l’intervento, esprime le
sue soluzioni all’operatore)
• L’operatore (accoglie, ascolta,
sostiene, informa, chiarifica,
concorda le linee di intervento)
• Il servizio (offre risorse e
modalità amministrative per l’uso
delle stesse)
…altri soggetti implicati
• L’ ambiente di vita della
persona (famiglia,
ambiente di lavoro, ecc.)
• La comunità sociale
( tutte le risorse del
territorio: associative,
culturali, sportive,religiose,
di volontariato, ecc.)
Tenendo conto della situazione socio
economica e delle «eventuali povertà»
• Povertà di beni materiali
cioè mancanza di risorse
economiche
• Povertà istituzionale
cioè mancanza quali-quantitativa di
servizi (scuola, sanità,
cultura,ecc.)
• Povertà relazionale
cioè caduta e rottura dei rapporti
umani, della solidarietà
(isolamento anziani, devianza
giovanile,crisi della coppia, ecc.)
Le fasi del processo d’aiuto
• Individuazione del problema
• Analisi del problema e delle
risorse
• Valutazione e definizione obiettivi
• Elaborazione del progetto di
intervento e contratto
• Attuazione del progetto di
intervento
• Verifica e valutazione dei risultati
• Conclusione del processo di aiuto
Parte terza:
Il metodo e gli strumenti di intervento
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Lamberto Pignoloni
Resp. Servizio Sociale ASL RM G
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Le funzioni del
Servizio Sociale
Possiamo
individuare
tre funzioni
del
Servizio Sociale
1. curativo - riparativa
2. preventivo - promozionale
3. organizzativo – gestionale
La metodologia del
Servizio Sociale
• Metodo: procedimento logico, ordinato e
sequenziale di attività orientate al
raggiungimento di un risultato prefigurato,
sulla base di ipotesi congruenti
(può essere operativo o conoscitivo a seconda dello
scopo e delle attività)
Fonte: L’assistente sociale - Manuale di servizio sociale professionale
Bartolomei Passera
L’individuazione del problema
•
•
•
•
•
•
Accogliere professionalmente l’utente
Stabilire un rapporto significativo ed empatico
Consentire l’esplicitazione della richiesta
Individuare se il problema è di competenza
Capire se la richiesta corrisponde al problema
Individuare le persone coinvolte e se possono
essere d’aiuto
• Formulare un’ipotesi di massima sul problema
e prima ipotesi operativa di intervento
Gli strumenti dell’intervento sociale
•
•
•
•
•
Il colloquio
La visita domiciliare
Il lavoro di gruppo
Il lavoro in rete
La documentazione
professionale
Il colloquio
• È lo strumento della relazione
• Non è una conversazione, una
dialogica ed empatica: di
discussione,un’intervista, un
sostegno all’autodeterminazione
interrogatorio, una
ed all’autonomia della persona.
trasmissione di informazioni
dell’operatore all’utente, non è
una confessione.
• E’ finalizzato a comprendere ed
è orientato all’aiuto ed al
cambiamento, rilevando i punti
di forza e di debolezza della
persona e del suo contesto
La visita domiciliare
• E’ uno strumento molto
utilizzato dal servizio sociale.
Soprattutto nel passato. E’ un
colloquio di tipo particolare
perché si svolge nell’ambiente
quotidiano dell’utente.
• E’ utile per acquisire
informazioni dirette sul
contesto, sulle relazioni
familiari, sullo stile di vita.
• E’ necessaria in situazioni, di
crisi, di emergenza, o nel caso
in cui la persona è
impossibilitata a muoversi.
• Non è un’ispezione, non è
un’iniziativa a sorpresa ma
concordata.
• Deve essere attentamente
valutata per non vanificare
l’efficacia della relazione di
aiuto
L’integrazione socio sanitaria
Il Lavoro in «equipe»
e
Il lavoro in «rete»
la legge
328/00
L’integrazione
socio-sanitaria
Il lavoro in èquipe
•
•
•
•
L’èquipe di lavoro si costituisce sul
caso
dagli
operatori
aventi
comune interesse all’intervento.
Definisce obiettivi comuni e
condivisi nel piano integrato
individuale di intervento
Lo scopo generale del lavoro di è
ottenere
una
ricomposizione
(dell’intervento) in una visione
globale
Gli attori di questa èquipe sono
diversi, sulla base del bisogno e
del piano di intervento
• Il lavoro in èquipe è uno
strumento
operativo
del
servizio sociale. Il metodo più
efficace di lavoro per favorire il
raggiungimento degli obiettivi
professionali ed inoltre tutela
l’operatore da eventuali rischi
di isolamento e di burn-out
professionale.
Il lavoro «in rete»
Cos’è:
• E’ l’insieme di interventi
coordinato tra
professionisti ed
istituzioni finalizzato a
legare persone, gruppi,
istituzioni tramite
connessioni e relazioni in
funzione del
miglioramento della
qualità vita dei singoli e
della comunità.
A cosa serve:
• Evita disfunzioni,
sovrapposizioni sprechi di
risorse
• Razionalizza le risorse
aumenta l’efficacia
dell’intervento attraverso la
collaborazione
La legge 328/00
“Legge quadro per la realizzazione del
sistema integrato di interventi e servizi
sociali”
Questa legge detta i principi del sistema
integrato. Per molti suoi aspetti delega
l’applicazione all’emanazione di decreti
attuativi: piani nazionali dei servizi e delle
strutture, sulla povertà e l’esclusione sociale,
atto di indirizzo di coordinamento, riordino,
disciplina dei patronati, ecc. (tra cui…
LEA e LIVEAS
La nozione dei livelli essenziali concernenti le prestazioni degli utenti dei servizi sociali
(LIVEAS) ha fatto ingresso nella materia dell'assistenza sociale con la L. 8 novembre
2000, n. 328, Legge quadro per la realizzazione del sistema integrato di interventi e
servizi sociali, che ha costituito un evento di portata storica: per la prima volta è stata
emanata una legge organica nazionale che ha posto ordine nel settore dei servizi sociali.
Nel 2001 tale nozione è entrata anche a far parte della Costituzione italiana, che, nella
versione riformata dell'art. 117, c. 2, lett. m), afferma che lo Stato ha potestà legislativa
esclusiva in materia di «determinazione dei livelli essenziali delle prestazioni concernenti
i diritti civili e sociali che devono essere garantiti su tutto il territorio nazionale».
La norma mira a garantire un livello di uguale godimento dei diritti sociali (e civili) in tutto
il territorio nazionale, demandando alle Regioni la definizione delle modalità di
organizzazione dei servizi e la possibilità di prevedere livelli ulteriori di assistenza.
Il concetto di «livello essenziale» era comunque da tempo presente nel nostro
ordinamento sanitario con i cosiddetti livelli essenziali di assistenza (LEA), a
partire dal D.Lgs. 30 dicembre 1992, n. 502, Riordino della disciplina in materia
sanitaria, a norma dell'articolo 1 della L. 23 ottobre 1992, n. 421.
Le aree di intervento
•
•
•
•
•
•
•
Famiglia, infanzia, adolescenza
Anziani
Devianza
Handicap
Immigrazione
Disagio mentale
Dipendenza da sostanze e “nuove
dipendenze”
n.b.: Ogni area di intervento ha la legislazione e normativa
di riferimento
Principi della 328/00
La legge 328/00 delinea un
sistema integrato perché nella
realizzazione delle reti di servizi
coinvolge
sia
soggetti
del pubblico che del privato.
Altre caratteristiche
fondamentali della legge sono:
a) il coordinamento degli
interventi assistenziali con quelli
sanitari
b) l’importanza data al livello
territoriale di zona.
Il piano nazionale e il piano di zona
La legge 328/00 introduce il Piano
nazionale degli interventi e dei servizi
sociali (elaborato ogni tre anni dal
Governo), che indica gli obiettivi di priorità
sociale e le linee di indirizzo per
l’attuazione degli interventi, le modalità di
realizzazione del sistema integrato dei
servizi ed altri punti fondamentali per
garantire un’omogeneità di base, su tutto il
territorio nazionale, degli interventi e dei
servizi essenziali e dei diritti fondamentali
ai fini della definizione dei Piani di zona
328/00: Lo Stato
Lo Stato ha il compito di fissare un Piano
sociale nazionale che indichi i livelli uniformi e
di base delle prestazioni, stabilire i requisiti
che devono avere le comunità-famiglie e i
servizi
residenziali
nonché
i
profili
professionali nel campo sociale e, infine,
ripartire le risorse del Fondo sociale
nazionale.
328/00: Le Regioni
Le Regioni dovranno programmare e coordinare gli
interventi sociali, spingere verso l'integrazione degli
interventi sanitari, sociali, formativi e di inserimento
lavorativo, stabilire i criteri di accreditamento e vigilare
sulle strutture e i servizi sia pubblici che privati,
costituire un albo dei soggetti autorizzati a svolgere le
funzioni indicate dalla normativa, stabilire la qualità
delle prestazioni, determinare i livelli di partecipazione
alla spesa da parte degli utenti, finanziare e
programmare la formazione degli operatori.
328/00: I Comuni
I Comuni sono gli organi amministrativi che
gestiscono e coordinano le iniziative per
realizzare il "sistema locale della rete di servizi
sociali".
I Comuni devono coinvolgere e cooperare con le
strutture sanitarie (ASL), con gli altri enti locali e
con le associazioni dei cittadini.
328/00: Il piano di zona
• Il piano di zona è lo strumento
locale che serve a favorire il
riordino e la messa in rete di
interventi e di servizi sociali, in
modo da programmarli e realizzarli
“a sistema”
• Il piano di zona è lo strumento
ordinario attraverso il quale
governare il processo di costante
adeguamento, del sistema delle
risposte, all’evoluzione dei problemi
e delle opportunità da garantire alle
persone, alle famiglie, a gruppi
particolari o fasce specifiche di
popolazione
L’integrazione sociosanitaria
Possiamo l’integrazione sanitaria si può definire come:
“il coordinamento tra interventi di natura sanitaria e
interventi di natura sociale, a fronte di bisogni di salute
molteplici e complessi, sulla base di progetti assistenziali
personalizzati.
Attraverso percorsi assistenziali integrati, con il
coinvolgimento e la valorizzazione di tutte le competenze e le
risorse, istituzionali e non, presenti sul territorio”1
In altre parole, vi sono diverse situazioni in cui la capacità di
raccordare interventi di natura sanitaria con interventi di
natura sociale rafforza l’efficacia di entrambi.
1 Marceca M, Casagrande S, Pasquarella A, Guasticchi G. Glossario sull’assistenza
domiciliare. Laziosanità. Agenzia di Sanità pubblica 2006
Le prestazioni sociosanitarie sono
caratterizzate nel modo seguente:
a. Prestazioni sanitarie a rilevanza sociale: sono quelle che,
erogate contestualmente ad adeguati interventi sociali, sono
finalizzate alla promozione della salute, alla prevenzione,
individuazione, rimozione e contenimento di esiti degenerativi
o invalidanti di patologie congenite o acquisite, contribuendo
alla partecipazione alla vita sociale e all’espressione
personale. Di competenza delle ASL e a loro carico, sono
inserite in progetti personalizzati di durata medio-lunga e
sono erogate in regime ambulatoriale, domiciliare o
nell’ambito di strutture residenziali e semiresidenziali.
a. Prestazioni sociali a rilevanza sanitaria: le attività del sistema
sociale che supportano la persona in stato di bisogno, con
problemi di disabilità o di emarginazione condizionanti lo
stato di salute.
Prestazioni sociosanitarie ad
elevata integrazione
Le prestazioni sociosanitarie appartengono
prevalentemente alle aree:
• materno infantile;
• anziani;
• handicap;
• patologie psichiatriche e dipendenza da droga, alcol e
farmaci;
• patologie per infezioni da HIV;
• patologie terminali;
• inabilità o disabilità conseguenti a patologie cronicodegenerative.
Fonte: DPCM del 14 febbraio 2001. Atto di indirizzo e coordinamento in materia di
prestazioni sociosanitarie
Appendice
Appendice : la valutazione e gli strumenti
in due campi di intervento
La disabilità
e
l’incapacità
di intendere e di
volere
La genitorialità:
l’affido
e
l’adozione
L’incapacità di intendere
e di volere
L’interdizione
• Art. 414 codice civile
Il maggiore di età,e il minore
emancipato,i quali si trovano in
condizione di abituale infermità di
mente che li rende incapaci di
provvedere ai propri
interessi,devono essere interdetti
Perché l’interdizione?
L'interdizione giudiziale è volta a tutelare (contrariamente al
comune modo di pensare che in passato considerava
l'applicazione di questo provvedimento come "disonorevole")
soggetti individuati in maniera puntuale dalla legge: il
maggiore di età e il minore (nell'ultimo anno della sua minore
età), che si trovino in condizioni di abituale infermità di mente
che li rende incapaci di provvedere ai propri interessi.
L'unico modo per tutelare queste persone è, pertanto, quello
di privarle della capacità di compiere atti suscettibili di avere
rilievo giuridico e potenzialmente lesivi dei loro interessi.
Qual è il
procedimento?
La richiesta di interdizione è fatta con ricorso, contenente l’esposizione
dei fatti sui quali la domanda è fondata, diretto al Tribunale del luogo in
cui la persona da interdire ha la residenza o il domicilio effettivi.
Se si tratta di una persona stabilmente ricoverata, la domanda dovrà
essere presentata nel Tribunale del luogo dove realmente vive.
Il Presidente del Tribunale dà comunicazione del ricorso al Pubblico
Ministero, che può, valutata la domanda, chiedere che la stessa sia
respinta con decreto.
Se ciò non si verifica, il Presidente nomina il giudice istruttore
(incaricato di istruire la causa vale a dire svolgere tutti gli adempimenti)
e fissa l’udienza di comparizione di colui che ha presentato domanda,
dell’interdicendo e di tutti coloro che sono nominati nella domanda.
Chi può presentare la
richiesta?
• L’istanza per richiedere l’interdizione può essere
presentata da determinati soggetti:
• dallo stesso interdicendo;
• dal coniuge;
• dalla persona stabilmente convivente;
• dai parenti entro il quarto grado (padre, figlio, fratelli,
nonni, nipoti bisnonno, pronipoti, zii);
• dagli affini (i parenti del coniuge) entro il secondo grado;
• dal pubblico ministero (un magistrato del tribunale).
Scelta del tutore
Con la sentenza che dichiara l’interdizione
viene disposta la nomina di un tutore, scelto
di preferenza tra il coniuge che non sia
separato, il padre, la madre, un figlio
maggiorenne o la persona designata con
testamento dal genitore superstite, con il
compito di rappresentare legalmente
l’interdetto e di amministrare il suo
patrimonio.
Condizione giuridica
dell’interdetto
L’interdetto si trova in una condizione simile a quella
del minore: non può compiere direttamente nessun
atto che abbia una rilevanza giuridica se non quelli
necessari a soddisfare le esigenze della vita
quotidiana in rapporto alle proprie capacità
intellettive.
Il Tribunale, peraltro, con la sentenza che pronuncia
l’interdizione o con provvedimento separato, può
autorizzare l’interdetto a compiere alcuni atti di
ordinaria amministrazione autonomamente o con
l’assistenza del tutore.
Gli atti
• Art.427
Gli atti compiuti dall’interdetto … possono essere
annullati su istanza del tutore,dei suoi
eredi,dell’interdetto o aventi causa..
Art.428
Gli atti compiuti da persona che,sebbene non
interdetta si provi essere stata per qualsiasi
causa,anche transitoria,incapace di intendere e
volere … possono essere annullati su istanza
della persona medesima o dei suoi eredi …
Revoca
dell’interdizione
Qualora venissero meno i presupposti che
hanno condotto all’interdizione, essa può
essere revocata in qualsiasi momento con
sentenza del tribunale su istanza del
coniuge, del convivente, dei parenti entro il
quarto grado, degli affini entro il secondo
grado, del tutore, del pubblico ministero.
L’inabilitazione
• Art. 415 codice civile
Il maggiore di età infermo di mente,lo
stato del quale non è talmente grave
da dar luogo all’interdizione, può
essere inabilitato. Possono essere
inabilitati coloro che,per prodigalità o
per abuso abituale di bevande
alcoliche o di stupefacenti,
espongono se e la loro famiglia a
gravi pregiudizi economici.
Che cos’è
È uno strumento giuridico diretto a tutelare determinati soggetti
individuati dalla legge che si trovano in particolari condizioni
psicofisiche non così gravi da essere private totalmente della
capacità di agire (ossia la capacità - che si acquista con la
maggiore età è di porre in essere validamente atti idonei ad
incidere sulle situazioni giuridiche di cui si è titolari, ad es.:
vendere o donare un immobile) ma che non sono in grado di
comprendere il valore e il significato degli atti eccedenti
l’ordinaria amministrazione (ad esempio vendita o acquisto di
beni immobili o di beni mobili di valore, accettazione di eredità
ecc.) e necessitano, pertanto, dell’assistenza di un curatore
nominato dal Tribunale. E’ uno strumento di protezione rivolto a
soggetti
Chi ne beneficia?
•
•
•
•
•
•
Possono beneficiare del procedimento di inabilitazione le seguenti categorie
di soggetti:
gli infermi di mente non talmente gravi da far luogo all’interdizione (misura
di protezione particolarmente incisiva che limita la capacità di agire di alcuni
soggetti in situazioni di grave infermità) vale a dire quelle persone che, pur
essendo affette da malattia, non sono totalmente prive della capacità di
intendere e volere
i prodighi (coloro che sono mossi da un impulso patologico che li spinge a
sperperare) che espongono se stessi e la famiglia a gravi pregiudizi
economici
chi abusa abitualmente di bevande alcooliche e di stupefacenti al punto di
esporre sé o la propria famiglia a gravi pregiudizi economici
i sordi e ciechi dalla nascita o dalla prima infanzia che non abbiano ricevuto
un’educazione sufficiente per far acquisire loro la capacità di curare
personalmente i propri interessi.
L’inabilitazione può essere pronunciata anche nei confronti del minorenne
nell’ultimo anno della sua minore età (17 anni) anche se è destinata ad
avere effetto dal giorno del raggiungimento del diciottesimo anno.
Possono attivare il
procedimento di
inabilitazione gli stessi
soggetti che possono
attivare l’interdizione.
Anche il procedimento è
analogo
Compiti e doveri del Curatore
• ll curatore non si sostituisce all’incapace ma ne integra la
volontà.
• Per compiere atti eccedenti l’ordinaria
amministrazione (quelli cioè diretti a modificare la
struttura e la consistenza di un patrimonio come la
vendita o la donazione di un bene) è necessaria, infatti,
l’autorizzazione del Tribunale e, qualora nascano dei
conflitti o il curatore rifiuti il suo consenso per il
compimento di alcuni atti, l’inabilitato può ricorrere al
Tribunale che, se stima ingiustificato il rifiuto, nomina un
curatore speciale.
Condizione giuridica
dell’inabilitato
• L’inabilitato può compiere in maniera autonoma gli atti di
ordinaria amministrazione (cioè quegli atti che tendono
unicamente a gestire un complesso patrimoniale senza
intaccarne la consistenza).
• Gli atti di straordinaria amministrazione, invece,
devono essere compiuti con l’assistenza del curatore
nominato dal tribunale.
• Il Giudice, tuttavia, con la sentenza che pronuncia
sull’inabilitazione o con successivo provvedimento, può
prevedere che taluni atti che eccedono l’ordinaria
amministrazione siano compiuti in maniera autonoma
dall’inabilitato, senza l’assistenza del curatore.
Vantaggi e svantaggi
• L’iter per l’interdizione (e nomina del tutore) o
l’inabilitazione (e nomina del curatore) è piuttosto lungo,
può essere costoso e complicato
• Chi è interdetto non ha capacità di agire,non può stipulare
contratti,fare testamento o sposarsi
• Sono istituti giuridici pensati per chi si trova “in condizioni
di abituale infermità di mente” e “incapaci di provvedere ai
propri interessi”
Ma sono strumenti rigidi e vincoli eccessivi per chi ha
solo difficoltà( magari anche solo temporanee) di
curare i propri interessi o gestire particolari pratiche
burocratiche.
L’amministratore di sostegno
La Legge n° 6 del 9 gennaio 2004 istituisce l’Amministratore di
sostegno
E’ nominato dal giudice tutelare il quale precisa:
• quali operazioni potrà effettuare “in nome e per conto”
del disabile (anche un solo atto)
• Ed eventualmente anche per quanto tempo (indicando
data di inizio e fine)
L’A.d.S. può essere nominato per tutte le persone che si
trovano in difficoltà o hanno bisogno di protezione anche
momentanea e limitata (disabili motori e sensoriali,
tossicodipendenti, alcolisti, immigrati, persone con
trauma temporanei, ecc.)
Cos’è
L'amministrazione di sostegno è un nuovo strumento giuridico di protezione
finalizzato a tutelare, con la minore limitazione possibile della capacità di
agire (ossia la capacità - che si acquista con la maggiore età è di porre in
essere validamente atti idonei ad incidere sulle situazioni giuridiche di cui si è
titolari, ad es. acquisto o donazione di una casa), chiunque si trovi in
condizioni di particolare difficoltà e ridotta capacità di autonomia.
Si pensi all'anziano che, pur mantenendo buone capacità di relazione e di
comprensione della sua situazione, non è del tutto autosufficiente, all'invalido
che non sia in grado di compiere alcuni atti, al malato psichiatrico che a
seguito di adeguata terapia manifesti un buon grado di autonomia.
Queste persone, pur conservando la capacità di agire e di compiere gli atti
diretti a soddisfare le esigenze della propria vita quotidiana, necessitano di
una persona, l'amministratore di sostegno, che si affianchi a loro e provveda a
compiere le azioni necessarie per la gestione dei loro beni.
Chi ricorre al giudice tutelare?
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Le persone che possono richiedere al Giudice l’eventuale apertura di un
procedimento di amministrazione di sostegno sono:
il potenziale beneficiario che ritiene di essere in difficoltà nella gestione
della propria vita;
il coniuge;
la persona stabilmente convivente;
i parenti entro il primo grado (padre, figlio), entro il secondo grado (fratelli,
nonni, nipoti), entro il terzo grado (bisnonno, pronipoti, zii) fino al quarto
grado (primi cugini, zii, pronipoti) in linea retta e collaterale;
gli affini (cioè i parenti del coniuge) entro il secondo grado;
il tutore;
il curatore;
il pubblico ministero;
i responsabili dei servizi sanitari;
i responsabili dei servizi sociali.
Scelta dell’amministratore
La scelta dell’amministratore di sostegno deve avvenire
con esclusivo riguardo alla cura e agli interessi della
persona del beneficiario.
Il Giudice, generalmente, nomina l’amministratore indicato
dal beneficiario stesso e, ove possibile, nella scelta
preferisce i parenti e affini più stretti (coniuge, padre,
madre, figlio, fratello, sorella).
Qualora vi siano ragioni di opportunità o gravi motivi
possono essere nominate dal Giudice Tutelare “persone
idonee”, anche estranee al beneficiario o enti come
Comuni, società, associazioni, fondazioni, ASL.
Doveri e compiti
dell’amministratore
• La scelta dell’amministratore di sostegno deve avvenire
con esclusivo riguardo alla cura e agli interessi della
persona del beneficiario.
Il Giudice, generalmente, nomina l’amministratore
indicato dal beneficiario stesso e, ove possibile, nella
scelta preferisce i parenti e affini più stretti (coniuge,
padre, madre, figlio, fratello, sorella).
Qualora vi siano ragioni di opportunità o gravi motivi
possono essere nominate dal Giudice Tutelare “persone
idonee”, anche estranee al beneficiario o enti come
Comuni, società, associazioni, fondazioni, ASL.
Durata dell’incarico
L’incarico dell’Amministratore di sostegno può essere
conferito a tempo determinato (che può essere prorogato
prima della scadenza del termine) o a tempo indeterminato
(se si tratta di coniuge, convivente, ascendente o
discendente del beneficiario).
In caso di gravi impedimenti segnalati (in ogni momento) al
Giudice Tutelare, quest’ultimo provvede ad una nuova
nomina.
L’incarico cessa, in qualsiasi caso, con la morte del
beneficiario e da subito l’Amministratore non può più
compiere alcun atto.
Il giudice tutelare
La figura di riferimento del procedimento di amministrazione
di sostegno è il Giudice Tutelare, giudice in composizione
monocratica (cioè un magistrato che decide da solo, come
singolo), del luogo dove il possibile beneficiario ha la sua
residenza o domicilio.
Questo magistrato è il solo competente ad esaminare il
ricorso, ad istruire il procedimento, ad emettere l’eventuale
provvedimento di accoglimento o rigetto del ricorso e a
gestire ogni fase connessa alla pendenza del procedimento
di amministrazione come vigilare sul buon andamento della
stessa prescrivendo, per esempio, con quale periodicità
l’amministratore è tenuto al deposito del rendiconto di
gestione o autorizzando l’amministratore a compiere specifici
atti.
L’affido e l’adozione
L’affido
Cos’è l’affido?
L’affido è uno strumento di intervento psicosociale flessibile e adattabile alle esigenze del
bambino e delle famiglie.
Può essere :
Consensuale (disposto dal giudice tutelare)
Giudiziale (disposto dal Tribunale dei
minorenni)
Può essere RESIDENZIALE O PART-TIME
Le caratteristiche dell’affido
• Temporaneità
• Previsione del rientro del minore nella
famiglia di origine
• Mantenimento dei rapporti con la
famiglia di origine
Chi può fare l’affidamento
familiare?
Lo possono fare tutti:
• Coppie sposate o conviventi
• Famiglie con o senza figli
• Singoli
Perché affido e non adozione?
• Perché l’ambiente più idoneo per crescere un
bambino è la SUA famiglia.
• La famiglia AFFIDATARIA accoglie
temporaneamente il bambino mantenendo il
contatto con i genitori.
• Il progetto è il rientro del bambino
nella SUA famiglia.
Cos’è un corso di formazione per
affidatari?
E’ un ciclo di incontri con assistenti sociali e
psicologi in cui si approfondiscono i temi che
riguardano:
• le responsabilità dell’affido
• I propri modelli genitoriali ed il confronto
con diverse modalità relazionali
• i vissuti dell’affido
• Il confronto con gli altri
Affidamento a tempo pieno
Il minore temporaneamente privo di un’ambiente
familiare idoneo, è affidato ad una famiglia
disponibile ad affiancarlo e sostenerlo per un
periodo di tempo più o meno lungo, fino a quando
la sua famiglia di origine non abbia superato quelle
difficoltà che ne hanno determinato
l’allontanamento.
Affidamento diurno
E’ la disponibilità di una famiglia ad occuparsi di
un minore in alcuni momenti della giornata e per
attività specifiche:
• Accompagnamento scuola, attività sportive,
strutture sanitarie;
• Aiuto nel pomeriggio per i compiti;
• Disponibilità per i fine settimana;
• Disponibilità per i periodi di vacanza.
Altre forme di sostegno
• Famiglie di riferimento:
È una famiglia che dà la propria disponibilità a seguire un solo minore
ospite di una casa famiglia e a diventare per lui un punto di riferimento
stabile.
• Famiglie di appoggio:
È una famiglia che dà la propria disponibilità ad una casa famiglia, ad
accogliere per i fine settimana o per le vacanze uno o più minori
secondo il progetto educativo concordato
• Semiautonomia in famiglia:
È una forma di accoglienza attraverso la quale una famiglia
ospita nella propria casa un ragazzo/a appena maggiorenne
sostenendolo verso l’indipendenza, nel momento in cui ha un proprio
lavoro o un percorso formativo avviato.
L’adozione
Che cos’è l’adozione?
• E’ l’istituto giuridico che tende a garantire al
bambino in stato di abbandono il diritto a
vivere serenamente all’interno di una
famiglia.
Quali minori possono essere adottati?
• I minori da 0 a 18 anni in situazioni di abbandono,
privi di assistenza morale o materiale da parte dei
genitori o dei parenti tenuti a provvedervi, purché
la mancanza di assistenza non sia dovuta a
causa di forza maggiore di carattere transitorio.
Chi può presentare domanda di
adozione?
L’adozione è ammessa solo per le coppie unite in matrimonio da almeno tre
anni. Per le coppie di fatto che decidono di sposarsi, gli anni di convivenza
varranno come anni di matrimonio. Chi ha più di tre anni di convivenza potrà
adottare una bambina o un bambino subito dopo il matrimonio, nel caso in cui il
Tribunale per i minorenni accerti la continuità e la stabilità di tale convivenza.
I coniugi adottanti non devono essere separati e tra di loro non deve esserci
stata negli ultimi 3 anni una separazione personale neppure di fatto, devono
essere affettivamente idonei e capaci di educare, istruire e mantenere il minore
che intendono adottare.
Tra i genitori adottivi e la bambina o il bambino deve esserci una definita
differenza di età: almeno 18 anni e non più di 45 anni. In alcuni casi particolari
tale limite di età può essere derogato: ad esempio quando l'adozione riguarda
un fratello del minore già adottato da quella coppia; o quando solo un
componente la coppia supera il limite di età in misura non superiore a 10 anni
Il percorso adottivo
• Le famiglie che intendono adottare un bambino, devono rivolgersi al
Servizio Sociale del Comune di residenza per iniziare il percorso di
informazione, preparazione e indagine sociopsicologica necessario
per presentare la dichiarazione di disponibilità al Tribunale per i
Minorenni.
Tale indagine, di norma della durata di 4 mesi come stabilisce la
legge, prevede una serie di colloqui con gli operatori psico-sociali
"che riguardano la capacità di educare il minore, la situazione
personale ed economica, la salute, l'ambiente familiare dei
richiedenti, i motivi per i quali questi ultimi desiderano adottare
minori" (art.22 L. 184/1983).
Al termine dei colloqui, la coppia potrà presentare al tribunale per i
Minorenni la domanda di adozione, corredata di tutti i documenti che
saranno indicati durante il percorso presso i servizi sociali.
L’adottabilità
Si parla di adozione quando il minore viene dichiarato adottabile da un
tribunale per i minorenni.
La coppia può presentare più domande, anche successive, a più
tribunali per i minorenni.
L’abbinamento della coppia ad un minore viene effettuato dal Tribunale
per i Minorenni che, in base alle indagini effettuate, sceglie tra le coppie che
hanno presentato domanda, quella maggiormente in grado di corrispondere
alle esigenze di quel bambino o bambina.
Quando il Tribunale propone ad una coppia l'adozione di un bambino,
dopo l'accettazione da parte dei coniugi, seguono una serie di incontri col
minore, programmati e preparati con cura e attenzione alla gradualità, in
rispetto dell’età e del vissuto del bambino. La prima fase del rapporto di
adozione è quella dell'affidamento preadottivo, che dura solitamente un
anno, e nella quale i servizi sociali sono incaricati di predisporre ogni
opportuno intervento di sostegno alla famiglia per consentire il pieno
inserimento del minore nel nuovo nucleo.
Lo stato di abbandono
Il minore cui manchi l’assistenza morale e materiale da
parte dei genitori o da parte dei parenti entro il quarto
grado, purché la mancanza non sia dovuta a causa di forza
maggiore di carattere transitorio (in tali casi non si ricorre
all’adozione, ma all‘affidamento temporaneo, è dichiarato
in stato di abbandono, anche se si trovi presso istituti di
assistenza pubblici o privati o comunità di tipo familiare
ovvero sia in affidamento familiare cd. temporaneo. Lo
stato di abbandono e il seguente stato di adottabilità è
dichiarato dal Presidente del Tribunale per i Minorenni
dopo opportuno procedimento di accertamento svolto con
l’ausilio anche del Servizio Sociale.
Il corso termina qui
Vi ringrazio per
l’attenzione
e per la
partecipazione
Opera di Sergio Ramaglioni Tivoli 2007
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