G. FABIANO CRITICITA’ NELLE INFEZIONI IN CHIRURGIA INFLUENZA DEI MATERIALI PROTESICI E DI SUTURA XXII Congresso Nazionale SIFIPAC Padova 2 – 4 aprile 2009 L’aumentato utilizzo di materiali estranei in molti campi della moderna chirurgia è correlato ad un certo rischio di infezione batterica. L’infezione delle protesi è una delle più temibili complicanze correlate alla chirurgia in quanto può esitare spesso in prolungata degenza, in danni funzionali o, talora, in decesso. Biomateriali = Corpi Estranei In circostanze normali sono necessari 100.000 batteri per provocare una infezione clinicamente significativa. Quando vengono utilizzati materiali alloplastici 100 - 1000 batteri possono essere sufficienti. Zimmerli 1982 Biomateriali impiantabili Impianto permanente Impianto temporaneo Materiali di sutura Protesi erniarie Protesi mammarie Protesi ortopediche Protesi valvol. e vasc. Derivazioni SNC Protesi endo-oculari Cateteri dialisi peritoneale Dispositivi intrauterini Impianti dentari Cateteri intravascolari Tubi endotracheali Cateteri urinari Dispositivi di assistenza ventricolare Lenti a contatto Dispensatori di farmaci impiantabili Interazione materiale - ambiente biologico L’impianto di un qualsiasi materiale estraneo in un organismo comporta una serie di effetti che, in ultima analisi, potranno portare all’integrazione dell’impianto oppure, per cause varie, al suo fallimento. Tali effetti possono essere distinti essenzialmente in due grandi categorie: • quelli provocati dall’impianto sul tessuto ospite • quelli invece provocati dal tessuto ospite sul dispositivo impiantato. Interazione materiale - ambiente biologico Effetti dell’impianto sull’ospite 1. LOCALI: a. interazioni con l’ospite (attivazione complemento, adesione e attivazione dei leucociti) b. cito ed emotossicità c. modifica dei processi di guarigione (infiammazione) d. infezione e. carcinogenesi 2. SISTEMICI e LONTANI a. formazione di emboli b. trasporto di materiale di rilascio ed accumulo in organi bersaglio c. sensibilizzazione allergica, tossicità sistemica e reazioni immunitarie Effetti dell’ospite sull’impianto 1. FISICO-MECCANICI a. usura b. fatica c. corrosione d. ossidazione e surface cracking e. degradazione e dissoluzione 2. BIOLOGICI a. absorbimento di sostanze dai tessuti b. degradazione enzimatica c. c. calcificazione 3. MISTI a. environmental stress cracking Interazione materiale - ambiente biologico reazione da corpo estraneo reazione da corpo estraneo La sequenza degli eventi locali successivi all’impianto è: 1. ingiuria tissutale 2. infiammazione acuta 3. infiammazione cronica 4. tessuto di granulazione 5. reazione da corpo estraneo 6. fibrosi. A. L’infiammazione acuta è di breve durata, da minuti a giorni, consiste nell’essudazione di fluidi e proteine plasmatiche (edema) e migrazione di leucociti (soprattutto neutrofli). B. L’infiammazione cronica dipende dalle proprietà chimico-fisiche del materiale e dai movimenti dell’impianto; in genere è di breve durata e rimane circoscritta al sito di impianto. Richiama monociti/macrofagi e linfociti. Si ha neovascolarizzazione e proliferazione di tessuto connettivo. C. La reazione da corpo estraneo con sviluppo di tessuto di granulazione è considerata la risposta normale di integrazione dell’impianto di materiali. Si ha proliferazione di fibroblasti e cellule endoteliali, seguita da cellule giganti (FBGC). D. La fibrosi o l’incapsulazione fibrotica rappresenta in genere l’ultimo stadio della risposta infiammatoria Interazione materiale - ambiente biologico Superficie del materiale A livello della superficie del materiale, i fenomeni conseguenti l’impianto in ordine temporale si possono così riassumere nel modo seguente: •adsorbimento superficiale di proteine •adesione cellulare •attivazione cellulare La natura dello strato proteico adsorbito dipende dalle proprietà e dalla topografia di superficie del materiale/dispositivo, dalle proprietà delle proteine presenti nei fluidi circostanti e dalla organizzazione delle proteine adsorbite. L’adesione e l’attivazione cellulare sono invece dipendenti dal tipo di proteine adsorbite, dalla loro conformazione e dal successivo riarrangiamento dello strato proteico adsorbito. Interazione materiale - ambiente biologico Meccanismo di adesione cellulare a) non specifica, non mediata da recettori b) superficie non adesiva, interazione debole c) adesione specifica, mediata da recettori d) cellule incluse in un gel deposto in superficie Interazione materiale - ambiente biologico Organificazione della superficie L’organificazione della superficie, ovvero il modo e il tipo di adsorbimento delle proteine, condiziona le successive interazioni con gli elementi cellulari con cui la superficie si trova in contatto, che dipendono ovviamente dal sito in cui il materiale è stato impiantato e dalle relative condizioni fisiopatologiche Interazione materiale - ambiente biologico Proprietà di superficie dei materiali • Le proprietà intrinseche di qualsiasi materiale dipendono dalla sua struttura atomica o molecolare interna ed è questa ad influire sul comportamento fisico-meccanico del materiale stesso. • L’interfaccia con l’ambiente in cui il materiale deve operare gioca un ruolo cruciale nel determinare gli eventi successivi ed in questo contesto sono di fondamentale importanza le proprietà della superficie del materiale. Interazione materiale - ambiente biologico Caratterizzazione superficiale •la rugosità, •la bagnabilità (i.e. tensione critica superficiale), •la mobilità superficiale, •la composizione chimica, •la cristallinità Interazione materiale - ambiente biologico Reazioni all’interfaccia Dopo un iniziale assorbimento di liquidi e sostanze a basso peso molecolare (acqua, ioni, lipidi, ecc.), si verifica l’adsorbimento di proteine; il tipo di proteine e le modalità di adsorbimento determinano i successivi eventi temporali di risposta dell’organismo umano al dispositivo impiantato. Interazione materiale - ambiente biologico Adesione batterica Nella comprensione dei fenomeni di adesione batterica a biomateriali, occorre tenere presenti le seguenti considerazioni: • I processi di integrazione tissutale e di adesione batterica sono paralleli dal punto di vista biochimico, possono essere competitivi e anche mutuamente esclusivi. • Le superfici ben colonizzate da cellule vitali tendono ad essere resistenti alle infezioni, mentre le colonie batteriche una volta stabilizzate sulla superficie del biomateriale, distruggono i tessuti e sono resistenti agli antibiotici e ai meccanismi di difesa del corpo umano • I processi di adesione o di integrazione per i batteri e le cellule dei tessuti sono basati su simili meccanismi molecolari Interazione materiale - ambiente biologico Adesione batterica Le infezioni coinvolte con biomateriali richiedono,di regola, il reintervento e possono portare a amputazioni, osteomieliti o persino morte. Si pensi poi che i cateteri intravenosi e i dispositivi urologici di durata superiore ai pochi giorni spesso vanno incontro a infezioni o causano infezioni secondarie nei tessuti adiacenti. L’infezione attorno ai biomateriali e ai tessuti danneggiati è causata proprio dall’adesione batterica a queste superfici. EPIDEMIOLOGIA Negli USA 750000 ernioplastiche / anno Infezioni 1-2% 7500 – 15000 casi Deysine 1998 EPIDEMIOLOGIA Probabilità di infezione di protesi ortopediche • 1% per anca e spalla • 2% ginocchio percentuali probabilmente sottostimate ( alcune perdite asettiche possono essere causate da infezioni non diagnosticate ) Zimmerli 2004, Winder 2001 FONTI DI INFEZIONE Ambiente della Sala Operatoria Cute del paziente Chirurghi Endogena? FONTI DI INFEZIONE Ambiente della Sala Operatoria In un minuto una persona disperde nell‘ambiente circa mille batteri tramite la respirazione, i movimenti e la traspirazione. Di conseguenza la carica batterica in sala operatoria aumenta proporzionalmente al numero delle persone presenti ed alla durata dell’intervento. Noble 1975. FONTI DI INFEZIONE Cute del paziente Inadeguata preparazione preoperatoria Inadeguata antisepsi del campo operatorio FONTI DI INFEZIONE Chirurghi Inadeguato lavaggio Rottura di guanti Infezioni vie aeree FONTI DI INFEZIONE Endogena? Disseminazione di batteri per via ematogena da un altro sito d’infezione (denti, vie urinarie, cute, intestino, tratto genitale, ecc.). EZIOLOGIA Contaminanti di strumenti e presidi medici Valvole cardiache meccaniche S. aureus e S. epidermidis Protesi vascolari Cocchi Gram-positivi Dispositivi ortopedici S. aureus e S. epidermidis Protesi di vari organi S. aureus e S. epidermidis EZIOLOGIA PROTESI ANCA Numero totale di microrganismi isolati Cocchi Gram positivi Stafilococco Aureo Stafilococco coagulasi negativo Enterococco Streptococco Altri Cocchi Gram positivi Cocchi Gram negativi Bacilli Bacilli Bacilli Bacilli Gram positivi Gram negativi, enterobatteri Gram negativi, non enterobatteri anaerobi Altri batteri Funghi, parassiti 695 73.8 % 44.3 % 15.1 % 11.8 % 2.0% 0.6 % 0.0 % 1.4 % 9.8 % 7.5 % 0.7 % 6.5 % 0.3 % Mongardi 2008 Classificazione delle infezioni di protesi ortopediche in accordo con l’inizio dei sintomi dopo l’impianto Infezione precoce ( < 3 mesi ) Acquisita prevalentemente durante l’impianto o nei giorni immediatamente successivi e causata da microorganismi molto virulenti Infezione ritardata o infezione a basso grado ( 3-24 mesi ) Acquisita prevalentemente durante l’impianto e sostenuta da microorganismi meno virulenti Infezione ematogena ( > 3 mesi ) Zimmerli 2004 PATOGENESI La patogenesi delle infezioni di protesi aiuta a comprendere il perché i segni e sintomi di infezione risentono nel breve periodo del trattamento antibiotico, ma recidivano rapidamente dopo la sospensione. Gli elementi patogenetici fondamentali sono: La produzione di Slime Formazione del Biofilm Mongardi 2008 PATOGENESI Slime o Glicocalice Sostanza amorfa polisaccaridica extracellulare prodotta da molteplici specie di batteri Molti ricercatori considerano lo slime come un fattore di virulenza Riduce la chemiotassi e l’opsonizzazione dei granulociti neutrofili Blocca la penetrazione degli antibiotici verso le cellule batteriche Promuove l’adesione cellulare e cattura i nutrienti PATOGENESI Slime o Glicocalice Favorisce l’attecchimento dei batteri alle superfici in ambienti acquatici o alle superfici di tessuti di piante e animali Responsabile della formazione di Biofilm PATOGENESI BIOFILM I bioflilm sono costituiti da microcolonie di cellule batteriche adese a una superficie e incapsulate in una matrice polisaccaridica adesiva (glicocalice) secreta dalle cellule stesse Rappresentano un modello di comunità organizzata che permette ai suoi costituenti di resistere ad aggressioni da parte di elementi esterni ed interni come gli antibiotici e la risposta immunitaria PATOGENESI Biofilm All’ interno del biofilm i batteri: Si organizzano in una complessa comunità che funziona come un organismo multicellulare. Entrano in una fase stazionaria di crescita e vengono protetti dalla azione degli antibiotici. . PATOGENESI Come si forma un Biofilm La crescita rapida, libera, caratteristica delle colture artificiali è una crescita planctonica Ma nella maggior parte dei casi, in natura, i batteri crescono in forma sessile, adesi a superfici PATOGENESI Come si forma un Biofilm In presenza di superfici umide a cui aderire molti microrganismi si organizzano in biofilm Qualunque superficie immersa è un substrato ideale per la colonizzazione microbica perché vi si adsorbono i nutrienti grazie alla tensione superficiale che li spinge all’interfaccia PATOGENESI Come si forma un Biofilm Nei primi minuti, sulla superficie immersa si adsorbe un monostrato di sostanza organica (polisaccaridi e proteine) che favorisce l’attacco di batteri planctonici Il primo adsorbimento dipende da cariche elettriche superficiali, forze di Van der Waals e attrazione elettrostatica, se l’associazione persiste abbastanza a lungo l’adsorbimento si trasforma in un attacco permanente e irreversibile PATOGENESI Come si forma un Biofilm L’ adesione dei batteri alla superficie dipende: Proteine di superficie del batterio AtlE SSP1 – SSP2 CflA – CflB AAP BAP Bhp Acidi teicoici Tipo e dalla natura del dispositivo Trattato o non Con rivestimento idrofilo o idrofobo Presenza di microfratture e microcavità PATOGENESI Come si forma un Biofilm Attacco dei batteri alle proteine dell’ospite Proteine dell’ospite Fibrinogeno Fibronectina Vitronectina Fattore Von Willebrand Albumina Proteine di superficie di S.aureus Adesine proteiche della famiglia MSCRAMM Microbial surface components recognizing adhesive matrix molecules Proteina legante il Fibrinogeno Proteina legante la Fibronectina (FnBPA – FnBPB) Proteina legante il Collagene (Cna) Fattori agglutinanti(CflA – CflB) PATOGENESI Come si forma un Biofilm I batteri iniziano a moltiplicarsi e formano microcolonie Nello stadio finale dell’adesione irreversibile sono prodotte le “sostanze polimeriche extracellulari” (EPS) formate in prevalenza da zuccheri All’interno del biofilm le microcolonie crescono e le EPS fanno da supporto per l’attacco di altre specie microbiche PATOGENESI Come si forma un Biofilm La formazione del biofilm è un processo molto complesso, in cui interviene un particolare tipo di regolazione densità dipendente: il “QUORUM SENSING” regolazione dell’espressione genica in risposta alle fluttuazioni della densità di popolazione mediante la percezione di una concentrazione soglia di una molecola segnale (chiamata autoinduttore). La comunicazione tra le cellule è un fattore cruciale per lo sviluppo del biofilm Le principali molecole segnale sono composti chemiotattici costituiti da lattoni acilati di omoserina o da peptidi. PATOGENESI Come si forma un Biofilm Adesione Interazioni chimico-fisiche Proteine di membrana, Flagello… Colonizzazione Pili, Polisaccaridi (alginato), Fattori di aggregazione cellulare (curli, ecc.) Maturazione EPS: produzione/organizzazione Quorum sensing Costerton 2002 PATOGENESI Come si forma un Biofilm La stuttura di un biofilm maturo è molto complessa: Le microcolonie sono organizzate in agglomerati microbici interrotti da canali per il passaggio dell’acqua per apporto di nutrienti ed eliminazione delle scorie Lo stato metabolico delle cellule nella microcolonia non è uniforme:le cellule più interne sono più piccole e metabolicamente meno attive di quelle superficiali Lungo il biofilm maturo si formano dei ”nastri” e le cellule superficiali si staccano con parte del materiale della matrice BIOFILM RESISTENZA AGLI ANTIBIOTICI I batteri, sotto forma di biofilm, sono 10-1000 volte più resistenti al trattamento antibiotico rispetto al fenotipo planctonico. Gli antibiotici attualmente disponibili agiscono contro il fenotipo planctonico della cellula batterica e non contro il biofilm. BIOFILM MECCANISMI DI RESISTENZA AGLI ANTIBIOTICI Crescita lenta per cambiamenti chimico-fisici nel biofilm Crescita lenta per riduzione di nutrienti Sviluppo di un fenotipo biofilm specifico Barriera meccanica Nel biofilm possono esprimersi meccanismi di resistenza diversa Cellule superificiali Protette dallo SLIME Cellule intermedie Crescita rallentata Cellule più profonde Esprimono un fenotipo biofilm specifico BIOFILM MECCANISMI DI RESISTENZA AL SISTEMA IMMUNITARIO (A) I batteri planctonici possono essereeliminati da anticorpi, fagociti eantibiotici. (B) Le cellule batteriche formano biofilms preferenzialmente su superfici inerti; queste comunità sessili sono resistenti ad anticorpi, fagociti ed antibiotici. (C) I fagociti sono attratti dai biofilms. La fagocitosi non avviene, ma gli enzimi della fagocitosi sono rilasciati. (D) Gli enzimi della fagocitosi danneggiano il tessuto intorno al biofilm e batteri planctonici sono rilasciati dal biofilm. Il rilascio causa la disseminazione e l’infezione acuta nei tessuti circostanti. FATTORI DI RISCHIO legati all’intervento legati alle caratteristiche del paziente Mantenimento della temperatura corporea Durata dell’intervento Natura e struttura del biomateriale Presenza di materiale estraneo nel sito chir. Tecnica Chirurgica (emostasi, trauma tissutale ecc.) Presenza drenaggio chirurgico Età Diabete Uso di nicotina Somministrazione di steroidi Malnutrizione Obesità: 20% superiore al peso ideale Prolungata degenza pre oper. Colonizzazione delle narici con staphylococcus aureus NATURA E STRUTTURA DEL BIOMATERIALE Idrofilia Materiali idrofobi (es. PFTE espanso) più resistenti alle infezioni di materiali idrofili (es. polipropilene) Deysine 1998 Irregolarità di superficie Adesività batterica maggiore per materiale intrecciato rispetto al monofilamento Klinge 2002 PRESENZA DI MATERIALE ESTRANEO NEL SITO CHIRURGICO Attivazione della risposta fagocitaria condizionata da taglia, composizione e densità del materiale presente: Per particelle di piccola taglia ( 0.1 – 15 μm) attività fagocitaria proporzionale alla quantità delle particelle Per particelle più grandi (> 15 μm ) i fagociti si aggregano a formare granulomi (fagocitosi frustrata) Zimerli 1982 In tali circostanze si può osservare inibizione della attività battericida dei fagociti Zimmerli 1984 Bernard 2005, 2007 TECNICA CHIRURGICA La presenza di tessuto necrotico o di ematomi costituisce un ottimo pabulum per i batteri Deysine 1998 Prevenzione Dal momento che l’infezione di qualunque dispositivo protesico comporta spesso l’indicazione alla rimozione, la prevenzione delle infezioni è un obiettivo primario - appropriate misure di controllo delle infezioni attenta tecnica chirurgica profilassi antibiotica materiale impregnato di antibiotico o antibatterico Prevenzione Appropriate misure di controllo delle infezioni Attenta tecnica chirurgica • Le misure di prevenzione sono determinanti per contenere le infezioni • Il mancato rispetto delle misure di prevenzione può annullare l’efficacia della profilassi antibiotica • La profilassi antibiotica affianca e completa la buona pratica chirurgica NON LA SOSTITUISCE Prevenzione ANTIBIOTICOPROFILASSI PERIOPERATORIA • Ha lo scopo di impedire che i batteri venuti a contatto con il campo operatorio si annidino nel sito chirurgico e/o aderiscano al materiale protesico • L’uso profilattico degli antibiotici nei reparti chirurgici riguarda il 40-50% degli antibiotici prescritti • L’uso indiscriminato di tali farmaci aumenta la prevalenza di batteri antibiotico-resistenti • Predispone alle infezioni ( es.colite da clostridium difficile ) FATTORI CHE CONDIZIONANO LA SCELTA DELL’ANTIBIOTICO A SCOPO PROFILATTICO • I batteri responsabili delle infezioni del sito chirurgico • La sede dell’intervento • Le caratteristiche farmacocinetiche dell’antibiotico • La presenza di eventuali allergie ad antibiotici • La tossicità intrinseca del farmaco e le sue possibili interazioni • L’efficacia dimostrata in studi clinici controllati • Gli effetti sull’ecosistema • Il costo Prevenzione Profilassi antibiotica in conclusione… • Somministrarla al momento della induzione della anestesia per via venosa • Utilizzare il dosaggio massimo consentito per singola dose • Mantenere i livelli terapeutici sierici e tissutali per tutta la durata dell’intervento ( somministrare una dose intraoperatoria in caso di prolungamento dei tempi di intervento o abbondante sanguinamento ) • In caso di inserimento di materiale protesico non proseguire la somministrazione oltre le 24 ore dall’incisione Prevenzione Profilassi antibiotica Non tutti d’accordo Perez AR, Roxas MF, Hilvano SS A randomized, double-blind, placebo-controlled trial to determine effectiveness of antibiotic prophylaxis for tension-free mesh herniorrhaphy. J Am Coll Surg. 2006 Jul;203(1):138-9. Prevenzione Ricoprire la protesi con sostanze capaci di neutralizzare l’adesione delle cellule al substrato Rivestire la protesi con sostanze chimiche capaci di inattivare i geni che regolano la sintesi della matrice polisaccaridica extracellulare del biofilm Inibire la sintesi di molecole che servono da “segnale” per la comunicazione intercellulare Prevenzione Materiale impregnato di antibiotico o antibatterico Cemento impregnato di antibiotico Trippel 1986 Reti di e-PTFE-polipropilene impregnate di clorexidina Carbonell 2005, Cobb 2006 Suture varie impregnate di clorexidina Harnet 2009 Suture rivestite di antibiotico (polyglactin 910 e Poliglecaprone 25 con triclosan). Edmiston 2006, Ming 2007, Fleck 2007, Rozelle 2008 Prevenzione PROSPETTIVE FUTURE Uso dei furanoni sostituiti ? • Isolati da Delisea pulchra, un’alga rossa resistente all’attacco dei biofilm. • Questi composti sono simili ai lattoni acilati dell’omoserina. • I furanoni sostituiti si legano alle cellule batteriche nei siti normalmente usati dalle molecole di segnalazione e impediscono l’emissione dello stimolo a formare biofilm CONSIDERAZIONI CONCLUSIVE Le infezioni dei biomateriali rappresentano uno dei problemi principali dei programmi di controllo delle infezioni in ambito assistenziale L’ incidenza degli eventi è bassa, ma il crescente utilizzo di biomateriali rende ragione dell’elevato numero assoluto di queste infezioni Le conseguenze sono spesso molto gravi, quindi la corretta gestione e soprattutto la prevenzione sono elementi fondamentali del controllo Il rispetto delle misure di prevenzione delle infezioni in ambito chirurgico, una buona tecnica chirurgica,la rigorosa applicazione dei principi della profilassi antibiotica, la conoscenza della epidemiologia e delle modalità di diffusione dei germi interessati, l’utilizzo di materiali sempre più affidabili sono, al momento, i passaggi obbligati di questo percorso